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ANNO 2020/2021
3.6) LA PERSONALIZZAZIONE ( significa fare esperienze su misura per i visitatori del sito in base alle loro
preferenze, invece che uniforma per tuti)
La tendenza alla personalizzazione si ritrova anche nei media tradizionali, non si tratta ciò è di una
caratteristica intrinseca solo ai media digitali, tuttavia, è con la digitalizzazione che alcuni elementi si
enfatizzano. Basta pensare al primo vero medium personale: il “Walkman” (primo dispositivo che ha
consentito di ascoltare la musica ovunque) esso ha stravolto la fruizione della musica, che è diventata
personale e mobile.
Gli elementi principali che definiscono il processo di personalizzazione sono:
1. La crescente adattabilità dei prodotti alle scelte dell’utente
2. La flessibilità dei tempi e degli spazi del consumo digitale
3. Lo sviluppo di azioni di bricolage sui media
Il primo gruppo, quello degli innovator, è composto da soggetti con un alto livello d’istruzione, che hanno
specifiche abilità nella comprensione e nell'applicazione delle conoscenze tecniche e sono esposti a più
fonti di informazione. Gli early adopter sono quegli individui che hanno alti livelli di istruzione e un elevata
reputazione all’interno della comunità, cosa che li porta a ricoprire una funzione di leader all'interno della
società. Il terzo gruppo (early majority) è caratterizzato da soggetti che hanno una forte interazione con i
pari, hanno una posizione di leadership e tendono a seguire un processo deliberativo per ciò che concerne
l'adozione di una nuova idea. I late majority comprendono soggetti che hanno un capitale economico
basso, che subiscono fortemente la pressione dei pari e che sono molto prudenti: sono normalmente
scettici e tradizionalisti. Infine ci sono i laggard, cioè individui isolati e sospettosi che hanno relazioni solo
con vicini e parenti; hanno risorse limitate e affrontano il processo di decision making lentamente. Gli
individui entrano a far parte di una comunicazione personale di massa e, in modo più o meno consapevole,
si rendono conto di essere protagonisti attivi nella comunicazione grazie all’accumulazione e alla diffusione
delle pratiche che consentono di auto rappresentarsi. Alla base di tutto c’è la propensione dell’attore
sociale a farsi media ovvero a diventare soggetto della comunicazione anche grazie all’interiorizzazione
delle logiche dei linguaggi mediali, così come delle forme espressive ed estetiche dei media. Il linguaggio dei
mezzi di comunicazioni viene fatto proprio ibridandolo con quello della vita quotidiana grazie anche
all’occasioni che i media digitali mettono oggi a disposizione, i contenuti mediali partono perlopiù dalle
esperienze della vita concreta dei soggetti che pensano alla propria comunicazione attraverso i social media
soprattutto in funzione dei potenziali elettori. Le scienze sociali spiegano che l’identità di ciascuno si trova
in un rapporto dialettico continuo con la società. Un tempo essere affidata alla classe di appartenenza, al
gruppo religioso al gruppo sociale di riferimento. Oggi però i suoi confini, anche grazie le nove tecnologie
digitali, si allargano, ma l’identità rimane pur sempre al centro del rapporto tra me e le altre persone. Da
sempre i media hanno avuto un ruolo rilevante nelle dinamiche identitarie fornendo spesso la possibilità di
entrare in contatto con sfere esperienziali e modelli di riferimento non direttamente accessibili nella vita
quotidiana. Identità, come abbiamo già affermato, è un’istanza razionale e passa da tutti quegli strumenti
che permettono, anche in forma immediata delle a media digitali compresi. Pertanto le risorse le quali
ciascuno accede per poter costruire la propria identità sono in larga misura presenti anche nella realtà
strutturale e mediale. I media digitali, soprattutto se contempliamo le piattaforme di social media, sono
strumenti importanti in cui e con cui i differenti attori costruiscono e mettono alla prova la propria identità.
Le piattaforme sociali e i nuovi media offrono ciascuno nuovi modi di rappresentarsi e ne articolano le
dimensioni pubbliche e private ridefinendone i confini. Costruire la propria “faccia” significa oggi curare
anche la presentazione del sé che viene fatta mediante i nuovi media.
Erving Goffman ha prodotto un corpus di lavori molto differenziato che l'ha portato a occuparsi di
interazione e situazioni di vita quotidiana, ma anche di linguistica e media. I suoi primi lavori si sono
concentrati principalmente sull'identità e la gestione del self. Nel 1959, con il libro La vita quotidiana come
rappresentazione teorizzò che la rappresentazione del sé fosse una performance. Attraverso la metafora
drammaturgica Goffman spiega come ciascuno di noi incarni differenti ruoli nella vita di tutti i giorni. Ci
sono spazi di ribalta dove mettere in atto la nostra performance in relazione al pubblico che abbiamo di
fronte (genitori, insegnanti, colleghi, amici ecc.) e spazi di retroscena dove prepararci alla performance.
Aprire un profilo su una determinata piattaforma, scegliere una foto degna di presentarci o iscriversi a un
particolare gruppo ecc., sono tutti azioni che fanno parte della selezione delle nostre caratteristiche per con
concepire una facciata pubblica della nostra identità. Al fine di costruire la percezione stessa che gli altri
hanno di noi, ciascuno rivela qualcosa di sé, esplicitando i propri gusti musicali, le proprie scelte politiche e
altre molte cose. Tutto ciò, ovviamente, viene calibrato anche in base alla piattaforma, perché, come
Goffman insegna, ogni situazione prevede specifici comportamenti anche in relazione ai pubblici di
riferimento. Nel profilo professionale in LinkedIn ad esempio, che serve per trovare lavoro, non metterò
mai le stesse foto che pubblico su Facebook. L’avvento del web sociale ovvero tutte quelle piattaforme
presenti in Internet che permettono agli individui di interagire tra di loro, che è un importante spartiacque
all’interno dell’analisi del rapporto tra identità e media digitali. Nel primo periodo di analisi dei media
digitali spesso è stata tracciata una netta linea di demarcazione tra il mondo online e quello off line.
Frequentemente i due universi sono stati descritti come separati e aventi qualità del tutto differenti.
Secondo alcuni autori lo spazio virtuale è concepito come un miglioramento di quello reale, un luogo privo
di materialità e disembodied, in cui vi è una iper-realizzazione del reale, una zona ricca di libertà e isolata
dalla realtà esteriore, dove possibile la sospensione del sé fisico. Per altri il virtuale invece non è autentico è
semplicemente una brutta copia del reale. In passato gli analisi si sono soffermati maggiormente sulla
presentazione del sé online, visto come qualcosa che si separava dal identità personale per inserirsi in una
serie di pratiche, come l’abbellimento virtuale (ovvero di scriversi più belli di quello che si è) in multitasking
identitario (avere più profili con identità differenti) ho il gender-swapping (fingersi donne pur essendo
uomini e viceversa), fondate sull’equazione corpo uguale identità; equazione che nei Digital media e nella
comunicazione immediata in generale risulta poco credibile.
4.2) I NUOVI APPROCCI CHE SI SONO OCCUPATI DI IDENTITÀ E NUOVI MEDIA
Grazie all’analisi dei nuovi media e sulla nuova cultura digitale è stato mostrato come la vita virtuale in
Internet non si è mai decontestualizzata o disincarnata, questi studi sono ormai d’accordo sul fatto che lo
spazio digitale è materialmente reale, socialmente regolato e discorsivamente costruito. Gli spazi offerti
dalla rete vedono la convergenza del concreto e del virtuale. Gli spazi fisici e quelli digitali vanno a fondersi
in un continuum che perde l’eccezione reale e virtuale, online offline per definirsi in toto semplicemente
come esperienza e interazione, che sia essa è mediata o meno. In altri termini, sei in passato il gioco
dell’identità consisteva nel fingersi qualcuno diverso da noi, oggi il continuo confronto con gli altri utenti, la
valutazione dei feedback che riceviamo, e riconoscimento che otteniamo attraverso quello che mostra in
rete, fanno parte di un processo che si allontana dalla finzione per avvicinarsi invece al continuo dialogo tra
identità personale sociale che avviene nella vita quotidiana. A mutare e specialmente, l’eccezione di
anonimato, che perde di significato in particolar modo quando parliamo di alcuni social media come ad
esempio Facebook. Nel flusso comunicativo il pubblico di riferimento non è più formato da network
segregati, ma da una rete che li contiene tutti al suo interno. I media sociali possono aumentare l’accesso
alla propria intimità, ma la performance identitaria che ciascun soggetto compie all’interno degli spazi
digitali e messa in atto con forti intenti di desiderabilità sociale (il termine desiderabilità descrive
quell’effetto di disturbo che può essere presente in una ricerca con un soggetto che risponde un’indagine
da risposte che possono essere considerate più accettabili socialmente). Attraverso i continui feedback
l’identità è messa alla prova al fine di operare continui aggiustamenti che puntano nella direzione
dell’accettazione sociale. Il raccontarsi attraverso i nuovi media trascende pertanto la semantica del vero e
del falso, del reale del virtuale, che perdono la loro valenza analitica nell’epoca del Web 2.0.si esplicita
piuttosto il processo di produzione dei contenuti da pubblicare e le tracce che questi lasceranno. La facciata
che soggetti mostrano attraverso i media digitali e il risultato di una negoziazione tra immagini e immagini
dentro e fuori dalla rete, tra lo spazio pubblico e quello privato. Ciò che vogliamo mostrare è il frutto di un
continuo gioco di riflessioni su come si potrebbero vedere gli altri, come vediamo noi stessi, come
vorremmo che gli altri ci vedessero e su cosa vorremmo che gli altri vedessero di noi. L’identità diventa un
canovaccio al cui soggetto lavora costantemente attraverso l’integrazione delle auto narrazioni e delle
narrazioni altrui, dei sistemi di relazioni, delle appartenenze, dei prodotti mediali che l’individuo crea o
consuma. In questo complesso lavoro di bricolage i nuovi media hanno la posizione non di poco conto. Essi
mettono a disposizione risorse variegate alle quali accedere per gestire le narrazioni del sé così come
sistemi di interazione. Gli utenti ripropongono all’interno dei social media stati d’animo, sensazioni,
emozioni, che prendono forma nel digitale eri acquisiscono forza nella vita quotidiana una volta che gli altri
li visualizzano. I media digitali divengono in tal modo strumenti attraverso i quali misurare la propria
identità sociale e personale così come veri e propri banchi di prova per entrambe. I nuovi media, quindi
fungono da ribalta dove poter mettere scena la propria identità attraverso atti performanti durevoli grazie
all’incorporazione delle tecnologie. Il web sociale ha forti legami con il concetto di memoria privata e
collettiva, esso può essere considerato come un grande archivio ti ricordi privati resti immediatamente
pubblici e condivisi dagli utenti, sia ricordi privati e autobiografici sia ricordi mediati da frammenti della
cultura popolare di massa tra parentesi una canzone un film ecc.)
Sull'uso della rete come palcoscenico, finestra sulla propria intimità e sulla propria identità, che conduce gli
utenti a un continuo impegno di ridefinizione della loro facciata. Un comportamento presente nella
quotidianità di ogni soggetto, ma che esplicita i suoi funzionamenti con il web e con i Social Network Site in
particolare modo, ambienti digitali che, per non incorrere nell'esclusione sociale o nelle sanzioni
simboliche, gli individui devono imparare a governare attraverso l'esperienza. Non sempre si pone la
dovuta attenzione a questo processo e ciò può esporre gli utenti a quella che Goffman (1969) definirebbe
«perdita della faccia, e cioè la disgregazione di quella maschera che nel tempo riusciamo a costruire e che
utilizziamo abilmente nelle differenti situazioni.
In definitiva i social media divengono strumenti grazie ai quali rielaborare il sé e con un alto valore
identitaria. Queste piattaforme non sono altro che una delle differenti possibili esperienze relazionali che la
vita quotidiana propone di entrare in contatto con gli altri attraverso un medium digitale, nella fattispecie
un sito di social network, vuol dire accedere a un ambiente comunicativo coinvolgente e che
può rivelarsi molto intimo. La mediazione digitale permette una maggiore protezione che, se da un lato può
sfruttare la così detta visual anonymity*per superare le barriere connesse alla timidezza e all'imbarazzo,
dall'altro permette una continua negoziazione dell'avvicinamento della presa di distanza dall'altro.
Il processo esplicito di costruzione della facciata e delle relazioni nei Social Network Site crea una flessibilità
della negoziazione della distanza relazionale. Queste piattaforme proprie del web 2.0 danno modo a ogni
utente di decidere cosa mostrare - o non mostrare - e a chi mostrarlo. Sono piattaforme che, se usate
consapevolmente, aiutano a gestire le relazioni distinguendole secondo l'importanza che ciascuno dà a
ognuna di esse. Anche la reputazione personale così come la privacy passa attraverso i social media.
All’interno dei social media i differenti membri acquistano reputazione in base a ciò che pubblicano sulle
proprie bacheche, in relazione a quello che pensano i pubblici di riferimento che viene dettato dei valori
condivisi. Più alte la reputazione migliore sarà la possibilità di partecipazione all’interno del gruppo.
L’importanza che ciascuno da all’interazione con un determinato pubblico mostra quanto sia fondamentale
tale interazione per la costruzione della propria identità personale. Se osserviamo il tema della privacy
all’interno dei social media, dal punto di vista generale, in prima istanza possiamo notare un importante
fenditura in quella che la dimensione privata. Riportare in rete numerose informazioni sul proprio conto
rende l’esposizione pubblica di ciò che normalmente considerato privato qualcosa che fa rivalutare il
rapporto tra due dimensioni sono rimasti separati, ma che già con i media elettronici avevano iniziato a
confondersi. Rapporto di pubblico e privato se le va due ordini di problemi: da una parte quelli connessi
all’uso dei nostri dati da parte delle grandi aziende, il cosiddetto “dossieraggio digitale”, e dall’altra
l’accesso da parte dei singoli alle informazioni private informatiche possono incrementare le minacce della
privacy a causa della mancata percezione spaziale dei confini dei differenti pubblici, esso può portare a
quello che Barnes chiama il paradosso della privacy, secondo cui gli adolescenti all’interno dei social media
tendono a dare maggiori informazioni su di te per aumentare il dignità dei rapporti sociali, ma al contempo
vorrebbero anche avere un controllo maggiore sui dati che inseriscono in queste piattaforme. Descriversi
bene dare molte informazioni su sé stessi in un social media può voler dire esporsi maggiormente, ma il
contempo mostrarsi in modo più efficace e quindi farsi conoscere di più a meglio il proprio Self branding
personale. Come ricorda Sonia Livingston la privacy diventa soprattutto per i giovani un processo continuo
in cui scegliere cosa nascondere e cosa rivelare. Tutto questo discorso ci porta a rivedere i confini tra
pubblico e privato, l’interno dei new media, più sfumati. Il mutamento di fondo si connette con una certa
sovrapposizione dei contesti sociali di pubblico all’interno degli ambienti digitali. Con i social media e tutto
è ridefinito: le variazioni spazio-temporali, così come le modalità comunicative, vanno rimodulare l’interno
di un panorama in cui le rigidità di questo tipo di divisione svaniscono. Si entra in quella che bocci artieri
definisce intimità digitale ovvero uno stato in cui si possono vivere forte condivisione emotiva e senza che
siano un preludio alla capacità di dare vita a relazioni profonde