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Quindi informazione e comunicazione rispondono a due diritti diversi, anche se spesso questi due
termini nella società contemporanea si sovrappongono.
Questo va bene “sovrapporli” nel comune parlato, mentre nel linguaggio giuridico distinguiamo:
Perchè due articoli diversi? Perchè uno attiene alla sfera privata, l'altro alla sfera pubblica.
Con il termine comunicazione si indica, la condivisione con altri di un’idea, un’opinione, una
informazione. Tale azione può assumere forme diverse, utilizzare linguaggi diversi (verbale, gestuale,
grafico), ed infine può avere natura monodirezionale (dal comunicatore al destinatario),
bidirezionale o pluridirezionale.
Nelle moderne società avanzate la comunicazione ha assunto un ruolo chiave, al punto che esse
vengono definite società dell’informazione e della comunicazione.
Molto importante è poi una veloce analisi sugli articoli 2 e 3 della costituzione.
Art.2 (MATRICE DEI DIRITTI FONDAMENTALE): “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali dove si svolge la sua personalità e
richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”
Art.3 (UGUAGLIANZA TRA LE PERSONE): “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono tutti eguali
davanti alla legge senza distinzione di sesso, razza, ling,ua, religione, opinioni politiche e condizioni
personali e sociali.”
Messi insieme ci restituiscono un diritto, “IL DIRITTO ALL'IDENTITA'” inteso come diritto alla dignità e
autodeterminazione di una persona.
Significa che ognuno di noi, ha per costituzione diritto ad avere un profilo pubblico, ma soprattutto
un profilo privato.
In realtà la realtà virtuale ormai non è più da intendersi come proiezione di quella fisica, ma da
considerarsi come realtà a parte, autonoma, insomma come una realtà a se.
Spesso addirittura ci poniamo in modi anche diversi nella realtà virtuale e nella realtà fisica.
Bisogna poi inevitabilmente affrontare il tema della PROFILAZIONE.
Col termine “profilazione” dell'utente si intende quell'attività preposta alla raccolta ed elaborazione
di dati relativi agli utenti che fruiscono di un dato servizio, al fine di conoscere il loro comportamento
d'acquisto, le loro preferenze ecc.
Ognuno di noi con l'avvento della società digitale dievnta un produttore inconsapevole di dati.
Se io passo con l'automobile al telepass, sto fornendo i miei dati. (Sono passato in quel giorno, a
quell'ora, in quella strada, seguendo quella direzione.)
Basti pensare, che se io cerco su un motore di ricerca informazioni relativamente ad un dato modello
di scarpe, appena terminata la mia ricerca avrò lo smartphone invaso da annunci pubblicitari
riguardanti quel modello o modelli molto affini.
In Rete sono presenti una pluralità di forme di comunicazione, talune di esse sono rivolte ad
attivare una comunicazione riservata, altre invece, consentono al soggetto di interagire nello spazio
sociale della Rete. La questione non è irrilevante sul piano giuridico, dal momento che un soggetto
potrebbe avviare in Rete una comunicazione di tipo relazionale, nella convinzione erronea che essa
produca una comunicazione di tipo riservato, e acquisire poi in un secondo momento
consapevolezza dell’errore con la diffusione della propria esternazione nella sfera pubblica.
In virtù di ciò bisogna capire e verificare quali sono le comunicazioni appartenenti alla sfera privata, e
quali appartenenti alla sfera pubblica.
Le tipologie di comunicazione in rete sono:
- SOCIAL NETWORK: Comunità di individui che entrano in relazione tra di loro e che si
scambiano messaggi, commenti, foto e altro. E’ basato sulla volontà delle persone di
relazionarsi con altre persone.
Accanto alle forme di comunicazione appena descritte, in Rete è possibile accedere a spazi
dedicati a soggetti indeterminati per la manifestazione e diffusione del pensiero nella sfera
pubblica:
- FORUM: veri e propri gruppi di discussione, nei quali le persone dibattono intorno ad un tema
predefinito. Un aspetto rilevante è la predeterminazione dell’argomento da parte
dell’amministratore, talvolta viene individuato anche un moderatore del dibattito il cui ruolo è
quello di garantire un contesto tranquillo e pacifico, evitando che le discussioni degenerino.
- BLOG: in questo caso è il gestore del sito a pubblicare le sue opinioni, emozioni, informazioni.
Esprime la volontà del singolo di manifestare in rete le proprie idee, spesso ricevendo un
confronto diretto con chi entra in contatto con esso. Il blog può essere considerato un’
embrione di una forma di comunicazione più elaborata.
- IL SITO INTERNET: viene creato da singoli per ragioni personali, da un’azienda per finalità
commerciali, da un soggetto pubblico. In ogni caso esso occupa uno spazio all’interno del
Web, e ciò consente al suo gestore una visibilità che presenta continuità temporale e
proiezione globale, dal momento che può essere visualizzato in tutte le zone del mondo.
La necessità di una tutela giuridica era già avvertita in passato, ciò nonostante, Lo Statuto
Albertino era privo di una disciplina relativa alla trasmissione privata.
Le cose cambiano con l’avvento dello Stato repubblicano e l’entrata in vigore della Costituzione, con
L’Articolo 15: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione
sono inviolabili.” (comma 1), e che “la loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato
dell’Autorita giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge” (comma 2).
Anche la sua POSIZIONE è molto importante, in quanto L’ART. 15 viene inserito nella Parte I della
Costituzione, dedicata ai “Diritti e doveri dei cittadini”. Immediatamente dopo “la libertà personale”
(ART. 13) e “libertà domiciliare” (ART. 14).
Non solo si inserisce quindi tra i diritti fondamentali della persona, ma va altresì ad aggiungersi a
quei principi costituzionali supremi che non possono essere modificati, in quanto appartenenti ai
valori della personalità.
• NB: I concetti di “libertà” e “segretezza” li trovavamo anche nel diritto di voto (Art.48)
Questi elementi pur se connessi, rappresentano distinti profili che conservano la loro autonomia
concettuale, in modo che i soggetti comunicanti possano rinunciare alla segretezza, senza
rinunciare alla libertà.
• Una prima definizione del codice penale, descriveva la corrispondenza come quella
comunicazione tra individui che avviene per via “epistolare, telegrafica, telefonica”…. Con
l’avvento poi della tecnologia e stata modificata ed estesa anche alle comunicazioni per via
“informatica o telematica”.
• Il codice postale invece ritiene corrispondenza “ le lettere, i biglietti posali, le cartoline illustrate,
le fatture commerciali”.
Questo requisito consente di distinguere gli ambiti operativi degli Art. 15 e 21 Cost.
E’ evidente che le nozioni di corrispondenza e comunicazione sono per loro natura destinate ad
assumere un significato dinamico e variabile, mutando in relazione al progresso tecnologico.
I sistemi di comunicazione vedono sempre più estese le proprie potenzialità, ciò impone un
continuo aggiornamento delle discipline legislative.
A tal proposito ricordiamo il rinvio testuale presente nell’articolo 15 Cost., il quale estende la
propria garanzia ad “ogni altra forma di comunicazione”. Consentendo alla norma di adattarsi
automaticamente agli sviluppi della tecnologia.
SMS, E-MAIL: le quali possono inquadrarsi tra le forme di comunicazioni personali riconducibili
all’Art.15, con l’intento del mittente di comunicare in forma riservata con uno o più destinatari
previamente determinati. Questi connotati però possono venire a mancare, se ad esempio vi è
volontà del mittente di comunicare con il più ampio numero possibile di persone.
Ci si riferisce, in particolare, al fenomeno dello spammin, ossia l’invio sostanzialmente casuale di
messaggi pubblicitari a carattere commerciale verso un gruppo non definito di destinatari. In tale
ipotesi, sembra più corretto invocare l’applicabilità dell’Art. 21 Cost.
Per intercettazione si intende “ogni captazione occulta di una comunicazione o conversazione tra
due o più soggetti che agiscano con l’intenzione di escludere altri, attuata da un soggetto estraneo
alla stessa.”
Non sono, pertanto, intercettazioni in senso proprio le registrazioni di conversazioni da parte di uno
dei partecipanti alle medesime. (Perchè nell'intercettazione noi siamo intercettati da soggetti
estranei, in maniera segreta, mentre nella registrazione siamo noi stessi a registrare la nostra
chiamata.)
Inoltre, noi possiamo registrare le telefonate che riceviamo, il problema è poi il successivo utilizzo
delle registrazioni fatte.
L'attività di intercettazione NON PUO' MAI essere posta in essere da un privato. (Viola ART.15)
In Italia può essere usata come strumento di indagine SOLO nei seguenti casi:
• Specifici reati (Traffico di droga, armi; usura, corruzione, concussione, molestie ecc.)
• Disposta dal PM
• Autorizzata dal GIP
TIPI DI INTERCETTAZIONE:
• Intercettazione diretta: quella intercettazione che è stata autorizzata dal giudice, per la quale
è già stato aperto un fascicolo. Registriamo tutte le telefonate ecc. e tutto ciò che ricaveremo
potrà essere usato contro di lui.
• Intercettazione indiretta: mentre stiamo intercettando una utenza per un determinato reato,
durante la conversazione con qualcuno emergono elementi per una nuova ipotesi di reato.
ES: (Sto intercettando Tizio, perchè sospetto che sia un trafficante di droga; durante un'
intercettazione Tizio però parla con Caio di traffico di armi. A questo punto il sospetto che sorge è
che questo soggetto non faccia solo traffico di droga ma anche traffico di armi. Ovviamente questa
non è una prova ma ci consente di aprire un nuovo fascicolo e metterlo sotto intercettazione anche
per il traffico di armi.)
L’attività di intercettazione conosce in ogni caso un termine di durata, fissato in 15 giorni, ferma la
possibilità di una o più proroghe per periodi di pari durata.
CHI NON POSSIAMO INTERCETTARE?
• L'avvocato difensore dell'imputato
• Il presidente della repubblica
• I parlamentari (A meno che non vi sia autorizzazione da parte della camera di appartenenza)
Sequestro di lettere, pacchi, valori, qualora siano stati spediti all’imputato o risultino a lui diretti,
anche sotto nome diverso. Questo sequestro può essere disposto anche dalla polizia giudiziaria, la
quale tuttavia non e ammessa a prendere diretta conoscenza del contenuto degli oggetti
sequestrati, a meno che non vi sia urgenza. In tal caso, la polizia giudiziaria dovrà informare
tempestivamente il pubblico ministero, il quale potrà autorizzare l’apertura immediata e
l’accertamento del contenuto. (Cioè non posso aprire un pacco a un detenuto, se non
preventivamente autorizzato. Sarà il detenuto ad aprire il pacco o la lettera, davanti agli occhi
dell'agente preposto.)
• Detenuti
• Imprenditori soggetti a fallimento: hanno l’obbligo di consegnare al curatore tutte le
comunicazioni, cartacee o elettroniche, riguardante i “rapporti compresi nel fallimento”.
• Minori: (Con casi particolari, es: (se due genitori sono separati, la telefonata tra genitore e
figlio non può essere ascoltata dall'altro genitore); o in ogni caso comunque non può esserci
una “intromissione indebita” nella sfera del minore da parte del genitore, ma sempre deve
essere motivata)
Qualora la libertà di comunicare subisca indebite limitazioni al di fuori di quelle che sono le modalità
prescritte dalla legge, la lesione provocata a tale libertà è da considerarsi illecita.
In tale eventualità, l’ordinamento consente al titolare della posizione violata di agire
giudizialmente al fine di ottenere una pronuncia, a suddetta facoltà si aggiunge poi la possibilità di
ottenere l’eventuale risarcimento del danno, sia patrimoniale che non patrimoniale.
Il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero si pone senza dubbio tra le situazioni
giuridiche di maggior rilievo ai fini della realizzazione di una società democratica. L’esercizio di tale
diritto, infatti, consente a tutti gli individui non solo di esplicitare la propria personalità, ma anche di
partecipare alla formazione dell’opinione pubblica, in più in questo modo (confrontandosi con gli
altri) ciascuno ha la possibilità di evolversi come persona.
L’origine del diritto di manifestare il proprio pensiero risale all’antica Grecia, tuttavia e solo con
l’affermarsi della democrazia che questo diritto assume una sua connotazione più precisa e
completa.
La dichiarazione ONU del 1948 afferma che “ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di
espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione”.
Bisogna ricordare inoltre che non deve essere per forza un pensiero “utile” alla comunità, in
quanto ogni individuo esteriorizza il proprio pensiero per esplicitare la propria persona, ne
deriva quindi che il pensiero espresso possa anche essere frutto di fantasia, o essere non
veritiero, a condizione che non consista nella pubblicazione e diffusione di notizie false in grado
di turbare l’ordine pubblico.
In riferimento al pensiero proprio, parliamo poi della possibilità di esercitare il diritto di
manifestazione in “forma anonima” o mediante l’utilizzo di pseudonimi. L’esigenza di esprimere il
proprio pensiero in forma anonima appare contraddittoria, al tempo stesso però bisogna tener
conto che in una comunità, l’individuo è talvolta limitato da condizionamento sociali, familiari,
lavorativi.
Vi sono delle criticità in relazione al pensiero anonimo, qualvolta questi possano essere lesivi
di diritti altrui, quali la reputazione o la privacy. Il tema è diventato di particolare interesse
anche in relazione all’utilizzo sempre più imponente della Rete.
Maggiormente problematica si presenta, invece, la valutazione circa la tutelabilità o meno del
pensiero “contrario” e di quello “antagonista”.
Contrario chi non è d’accordo con il pensiero prevalente in società, deve essere necessariamente
tutelato, di fatto la tutela costituzionale ha come destinatario privilegiato proprio chi dissente
dall’opinione della maggioranza in virtù della maggior propensione al rischio.
Antagonista colui che promuove idee o valori contrari alla costituzione. In questo caso prevale
l’opinione negativa, secondo cui va punito ogni comportamento teso a contestare e dissacrare i
valori ritenuti fondamentali dalla Costituzione stessa.
L’ultima parte del comma 1 dell’Art. 21 è dedicata ai mezzi di diffusione, prevedendo che il
pensiero possa essere manifestato mediante “la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di
diffusione”. Questo rinvio testuale pone le sue fondamenta sulla presenza del Web (attore
protagonista della nascita di nuovi mezzi), in effetti oggi sono molteplici i mezzi di diffusione nuovi
rispetto al passato e proprio grazie a questo rinvio testuale, quest’articolo è capace di adeguarsi
ed aggiornarsi di pari passo con l’evoluzione.
- LA LIBERTA’ DI INFORMARE
Una seconda declinazione del diritto di manifestazione del pensiero è rappresentata dalla libertà
di informare, intesa come “libertà di dare e divulgare notizie, opinioni, commenti” ad un numero
indeterminato di destinatari.
Possiamo avere un “informazione non professionale”, la quale non è soggetta alle regole del
giornalismo in senso proprio… parliamo quindi della generale libertà di manifestazione del pensiero
prima descritta.
In più abbiamo la cd. “Informazione professionale”, espressamente prevista dall’Art. 21, riservata
a specifici soggetti, i giornalisti, i quali hanno diritti e doveri.
Ogni giornalista, nel narrare un fatto, ha il diritto di filtrare ciò che descrive alla luce del proprio
modo di vedere la realtà. Ne consegue quindi che l’attività informativa di un singolo giornalista sia
tutelata anche qualora risulti essere non imparziale e poco obbiettiva, purchè rispetti il punto di
vista di chi diffonde il messaggio. Diversa invece è la prospettiva qualora si valuti l’informazione nel
suo complesso, dal momento che quest’ultima, nella molteplicità dei punti di vista, deve garantire
correttezza, imparzialità e pluralismo. Questi parametri quindi non vanno ricercati nel singolo atto
di informazione, bensì nel complesso.
Di contro al diritto ad informare, riconosciamo il diritto ad essere informati, come diritto
inviolabile (Art. 21 Cost).
“Buon costume” viene definito un limite “vago” perchè non ha un significato giuridico
determinato, la Corte Costituzionale ha quindi ritenuto necessario interpretare questa locuzione
in modo evolutivo e dinamico. Da qui, la previsione di una limitazione alla libera manifestazione
del pensiero ogni qualvolta la comunità si senta colpita negativamente, danneggiata e offesa dalle
pubblicazioni, dagli spettacoli, dalle manifestazioni…
Bisogna per esempio tutelare il pudore sessuale dei minori; evitare di pubblicare immagini atroci;
ecc. ecc.
Sono stati poi individuati ulteriori limiti, i “limiti impliciti”, i quali hanno l’obiettivo di raggiungere
il cd. “BILANCIAMENTO” tra il diritto di manifestazione del pensiero ed altri diritti di pari
rilevanza, infatti il diritto di espressione non è da considerarsi automaticamente prevalente in
caso di antinomia (presenza di due pensiero/affermazioni contraddittorie). Questi limiti possono
avere natura individuale, volti a tutelare i singoli individui, o destinati a salvaguardare la
personalità dello Stato, volti quindi a difesa della pace sociale.
- COMUNICAZIONE POLITICA
Anche la comunicazione politica influisce sulla formazione dell’opinione pubblica, ha come obiettivo
principale quello di portare a conoscenza dei cittadini sia l’attività politico-istituzionale sia i
programmi, i punti di vista, e i diversi pensieri dei soggetti presenti sulla scena politica.
In un sistema democratico, risulta essere di particolare importanza avere spazi dedicati alla
comunicazione politica e parità di accesso agli stessi.
Si parla di “propaganda”, “informazione” e “pubblicità” elettorale. Tutti i soggetti politici devono
avere parità di trattamento, anche con riferimento alle fasce orarie e al tempo di trasmissione.
La normativa riguardante la comunicazione politica non contiene nessuna disposizione in merito alla
disciplina della Rete. Molto spesso quindi vengono violati elementi come il silenzio elettorale o il
divieto di pubblicare sondaggi, orientamenti di voto nei 15 giorni che precedono le elezioni.
- LA LIBERTA’ DI STAMPA
L’ordinamento giuridico italiano, nel periodo pre-repubblicano, ha disciplinato la stampa con lo
Statuto Albertino nel 1848 (tutelando la libertà di informazione professionale, ma allo stesso
tempo sottoponendola a specifiche limitazioni previste dalla legge). Abbiamo poi l’Editto sulla
stampa del 1848 con il quale si riconosceva il principio della libertà di stampa anche attraverso
l’espresso divieto di limitazioni preventive e di interventi repressivi, salvo in caso di abusi con
l’intervento del giudice.
Tuttavia questo atteggiamento favorevole nei confronti della libertà di stampa ha subito poi nel
tempo una progressiva restrizione, mano a mano che emergeva sempre più evidente il nesso tra
stampa e politica.
Durante il periodo fascista infatti fu significativa la tendenza del regime ad estendere il proprio
controllo. Solo con l’avvio dei lavori dell’Assemblea costituente che si assiste ad un primo
significativo provvedimento legislativo, nel 1946 con l’abolizione del sequestro preventivo.
Con l’entrata in vigore della Costituzione, alla stampa viene poi riconosciuta una tutela
costituzionale con l’Art. 21, dopo aver affermato che la stampa non può essere soggetta ad
autorizzazioni e censure, ha stabilito che si può procedere al sequestro soltanto per atto motivato
dall’autorità giudiziaria nel caso di delitti che la stessa legge prescrive. Lo stesso articolo inoltre
afferma che il sequestro può essere eseguito dagli ufficiali di polizia sono nel caso in cui vi sia
urgenza, si tratta tuttavia si un provvedimento non definitivo che deve poi essere convalidato dal
giudice, pena la revoca dello stesso.
- L’INFORMAZIONE TELEVISIVA
L’informazione televisiva può essere considerata oggi uno dei più importanti strumenti attraverso
il quale gli utenti acquisiscono notizie, la televisione infatti negli anni oltre ad essere strumento di
intrattenimento, è entrata a far parte della categoria di mezzi di informazione (principalmente con
i telegiornali, oltre ai quali riconosciamo anche nuove trasmissioni fondate essenzialmente sulla
conversazione, con la presenza di personaggi pubblici/politici che vengono intervistati su
argomenti di vario genere, i cd. Talkshow).
- L’INFORMAZIONE ONLINE
Nascono i primi giornali online, ovvero versioni telematiche di testate cartacee che conservano
stesso nome, linea editoriale, e che si differenziano da queste ultime solo per la veste grafica.
Nonostante il diritto si conformi alle nuove tecnologie, I nuovi mezzi di comunicazione, tra cui
l’informazione online non possono essere inclusi nel concetto di stampa.
• Analogica
• Caratterizzata in Italia da un iniziale monopolio pubblico poi divenuto oligopolio pubblico-
privato (scarsità delle frequenze)
• Distinta in canali di diffusione nazionale e locale
• Incentrata su programmi di intrattenimento e programmi con una componente informativa
(telegiornali/talk show)
• Durata e frequenze piuttosto limitate (Pochi canali, in onda per 2-3 ore al massimo)
- NEL DETTAGLIO
Agli albori del sistema radiotelevisivo italiano, vi era riserva assoluto allo Stato per l’esercizio
dell’attività in virtù delle frequenze limitate e dell’importanza a livello sociale. Anche con l’avvento
della televisione, questo nuovo servizio veniva gestito dallo Stato attraverso la Rai, anch’essa a
partecipazione statale.
Tale modello però riscontra ben presto dei limiti, in particolare nell’Art. 21 Cost, il quale
riconosceva a tutti la libertà di manifestare il proprio pensiero “con la parola, con lo scritto e con
ogni altro mezzo di comunicazione” (si comprendeva anche il sistema radiotelevisivo).
Tuttavia, nonostante le numerose polemiche avanzate da imprenditori privati, i quali
rivendicavano i propri diritti, la Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi nel 1960 dichiarò
l’impossibilità di modificare quest’assetto in virtù di una possibilità concreta che tutto il sistema
potesse finire nelle mani di uno o pochi soggetti, se veniva lasciato al mercato. Quindi il regime di
riserva statale appariva come unica soluzione.
Inoltre, a quanti evidenziavano la violazione dell’Art. 21, la Corte Costituzionale rispose che in virtù
dell’elevato costo connesso all’esercizio dell’attività imprenditoriale in questione avrebbe
comunque impedito a chiunque di esercitare questi servizi, confermando le preoccupazioni circa il
pericolo di trasformare l’attività radiotelevisiva un privilegio per pochi.
Nonostante la sentenza adottata nel 1960, fu proprio la Corte Costituzionale a farsi promotrice,
pochi anni dopo, del declino del monopolio pubblico. Partendo dalle sentenze N. 225 e 226 del
1974, con le quali si dichiarava l’illegittimità della riserva statale con riferimento a due ambiti
specifici: la ritrasmissione di programmi di emittenti esteri e la diffusione di programmi a livello
locale.
LEGGI DI DISCIPLINA DELLA TELEVISIONE ANALOGICA:
La prima legge di riforma del settore radiotelevisivo varata nel 1975 (legge 103), confermò la
riserva allo Stato dell’attività, ma allo stesso tempo dispose di un regime di autorizzazione per
quelle attività libere da riserva (trasmissioni a livello locale); in altre parole la televisione privata
può nascere, purchè trasmetta solo a livello locale.
Per la prima volta, quindi si concede l’ingresso dei privati nel mercato radiotelevisivo. Questa
legge inoltre per garantire il diritto di partecipazione dei cittadini all’evoluzione democratica della
società, riconosceva il “diritto di accesso” al servizio radiotelevisivo pubblico(ciò significa che i
sindacati, i partiti politici, gli enti, le organizzazioni potevano accedere al servizio per esprimere le
loro opinioni). Questo ebbe, tuttavia, un effetto controproducente ai fini dell’obiettivo pluralista,
la cd. “liberta di antenna” ben presto si rivelò un sistema critico e complesso fatto di occupazioni
abusive delle frequenze, alleanze tra i vari operatori, ancor più grave si diede vita alla pratica
“dell’interconnessione”, ovvero, le emittenti locali, attraverso punti d’appoggio dislocati in quasi
tutte le regioni italiane, riuscivano a trasmettere simultaneamente i programmi creando dei ponti
radio, eludendo quindi il limite territoriale. (Es. Berlusconi)
In questo panorama, ben lontano dagli obiettivi del pluralismo e libertà di accesso, viene adottata
la legge Mammì del 1990, la quale riconosce la partecipazione dell’imprenditore privato nel settore
radiotelevisivo.
La legge Mammì subordinò l’esercizio dell’attività alla preventiva determinazione delle frequenze
disponibili tramite il piano di riparto ed assegnazione delle frequenze. In particolar modo si misero
al bando 7 frequenze. La stessa legge definisce poi anche requisiti specifici per il rilascio di titoli
abilitativi (potenzialità economiche, qualità della programmazione prevista, oggetto sociale
inerente all’attività radiotelevisiva). La specificità di questi requisiti, aveva come obiettivo quello di
limitare il numero di soggetti operanti nel settore, facendo restare solo i più meritevoli.
Si pongono anche i primi limiti antitrust, per garantire la leale concorrenza (es. a fronte di alcune
percentuali si poteva presentare domanda per un numero massimo di reti televisive; comunque è
irrilevante.)
Ben presto la legge Mammì mostra i suoi limiti, soprattutto nella sezione dedicata alla disciplina
antitrust.
L’insieme di limiti non faceva altro che confermare il rigido assetto ormai affermatosi, dominato
sostanzialmente dalla Rai (pubblica) e dalla Fininvest (privata). Nel 1994 la Corte Costituzione fu
chiamata ad esprimersi e dichiarò l’illegittimità costituzionale della legge Mammì.
Nel 1997 nasce la cd. Legge Maccanico, l’obiettivo era quello di superare questo processo di quasi
monopolio venutosi a creare. Stabilì la riduzione della percentuale di reti televisive affidabili ad un
solo soggetto dal 25 al 20%, in questo modo entrambi gli operatori leader del mercato avrebbero
dovuto liberare 1 delle 3 frequenze possedute… cosa che non accadde.
Nel 2005 nasce cosi il Testo Unico. Il primo aspetto di rilievo è rappresentato dall’innovativo
quadro dedicato alla concorrenza a tutela del pluralismo informativo, introducendo ulteriori limiti
antitrust, quali ad esempio: i soggetti tenuti all’iscrizione nel registro degli operatori di
comunicazione (ROC) non possono conseguire ricavi superiori al 20% dei ricavi complessivi del
sistema integrato delle comunicazioni (SIC). Il T.U. prevede che tutte le emittenti esercitino attività
di informazione soddisfacendo vari requisiti (presentazione veritiera dei fatti, trasmissione
giornaliera di telegiornali, libertà di accesso a tutti i soggetti politici, assoluto divieto di utilizzare
metodologie capaci di manipolare il contenuto delle informazioni). Ben presto pero il T.U. mostra
le sue prime lacune, a partire proprio dalla disciplina antitrust. Infatti, prevende che i soggetti non
debbano superare il 20% dei ricavi del Sic, il Sic però non riguarda esclusivamente l’informazione,
ma ha un campo d’azione ampio che varia dall’editoria alle sponsorizzazioni e per questo è un
limite privo di significato ai fini del pluralismo, in quanto anche senza sfiorare il 20% dei ricavi
totali, un soggetto può acquisire una posizione dominante nel mercato.
Con il d.lgs N. 44 del 2010 si ha una fusione tra disciplina delle telecomunicazioni e quella
radiotelevisiva alla luce del processo di convergenza tecnologica, si parla adesso dei cd. “servizi di
media audiovisivi” superando il concetto ormai obsoleto di servizio radiotelevisivo. Nel panorama
moderno, oltre alla presenza della classica programmazione televisiva standard, si afferma la
possibilità di usufruire di questo servizio con una metodologia più flessibile, grazie alla tecnologia
on demand e allo streaming.
Da qui la distinzione tra servizi a carattere lineare (programmazione televisiva standard basata su
un palinsesto, canali pay per view ecc.) e servizi non lineari (non vi è un palinsesto, ma è l'utente a
scegliere cosa e quando guardare qualcosa; es: Netflix.)
Vi è anche un differente peso regolativo sulle 2 diverse tipologie di servizi televisivi, infatti la
maggior flessibilità garantita dai contenuti on demand, soprattutto in relazione alle modalità e di
tempi di utilizzo, consente all’utente di potersi meglio tutelare, in maniera autonoma, dalla
visione di contenuti lesivi o potenzialmente dannosi. Questa maggiore libertà di composizione
della programmazione televisiva, fa si che vi sia una più leggera regolamentazione per i servizi
audiovisivi a richiesta (quindi non lineari). Maggiormente vincolante, invece, per i servizi
tradizionali di tipo lineare.
Negli ultimi anni, il processo di convergenza tra televisione e servizi distributivi via Internet è stato
caratterizzato da una forte accelerazione, resa possibile anche grazie alla diffusione di nuove
piattaforme trasmissive, come spartphone, tablets e mart TV, che offrono un esperienza diversa da
quella tradizionale. In virtù di questo cambiamento, si è resa necessaria una revisione delle norme
applicabili, con particolare riferimento alla tutela dei minori e alla disciplina pubblicitaria.
In tal senso, la direttiva della commissione europea del 2017, ruota intorno a 4 pilastri
fondamentali:
1) Inserimento nel settore dei media delle piattaforme per la condivisione di video (es.
Youtube)
2) Allineamento delle norme a tutela dei minori per i servizi di media audiovisivi tradizionali e
per quelli a richiesta (tali misure possono riguardare l’ora di trasmissione, gli strumenti per la
verifica dell’età dell’utente o altre tecniche) (Anche Netflix deve tutelare i minori)
3) Previsione dell’obbligo per i fornitori di servizi a richiesta di garantire che almeno il 20% dei
contenuti offerti sia di origine europea.
4) Ammodernamento della disciplina pubblicitaria (la nuova proposta pone un unico limite
giornaliero complessivo del 20% che non deve essere superato quotidianamente tra le 7 e le ore
23);
• Si basa sulla tecnologia digitale, la cui sperimentazione è cominciata nel 2001 e conclusa nel
2005, stesso anno dell'approvazione del testo unico radiotelevisivo.
• Tra il 2018 e il 2022 i canali passeranno al nuovo digitale terrestre (Dvb-T2), cioè smetteranno
di funzionare su quei televisori che non hanno determinati requisiti tecnologici.
MOLTO IMPORTANTE E' POI LA LEGGE 28/2000: “Legge sulla par condicio.”
“Par condicio”: Con l'espressione latina par condicio si intendono quei criteri adottati dai mass media
nel garantire un'appropriata visibilità a tutti i partiti e/o movimenti politici.
Controllo affidato:
• Alla commissione parlamentare di vigilanza → per la RAI
• All'AGCOM → per le emittenti private
• La fissazione dei criteri per tutte le emittenti (pubbliche e private) spetta all'AGCOM. Di fatto
ora l'AGCOM, in campagna elettorale, controlla anche le emittenti pubbliche.
CAPITOLO 7 – LA RETE E IL RUOLO DEGLI INTERNET PROVIDER
Internet si configura come una ragnatela di nodi virtuali, costituita da un complesso di host (sia
client sia server), di router, ma privo di un centro, quindi una ragnatela senza ragno, senza un
soggetto propulsore. L’origine di internet viene fatta risalire agli anni 60, negli Stati Uniti,
nell’ambito di un progetto militare, negli anni 80 poi furono ideati i link, fino ad arrivare alla
creazione del web (world wide web), ufficializzato al pubblico solo nel 1992. All’interno del web
troviamo risorse ordinate da ricercare tramite broswer.
Distinguiamo quindi il Web da Internet, il primo è un insieme di siti, il secondo invece è una
ragnatela di nodi virtuali.
• Il provider di connettività: è il soggetto che fornisce all’utente la connessione alla rete Internet
e non ha alcuna responsabilità per le informazioni trasmesse, a condizione che non le modifichi.
L’attività di questo provider appare sostanzialmente neutra, al contrario però esso è in grado di
differenziare la velocità di cambio dei dati, ed è in grado di inibire l’accesso a determinati siti, sia
perché richiesto dall’autorità, sia sulla base di accordi contrattuali con l’utente (si pensi al cd.
Parental control);
• Caching provider: svolge un servizio di memorizzazione temporanea delle pagine web, utile ad
abbreviare i tempo di ricerca di siti frequentemente ricaricati da un utente. Essi non sono
responsabili per i siti in questione, a condizione che non modifichino le informazioni;
• Hosting: fornisce agli utenti uno spazio sul proprio server per gestione di un sito oppure per
l’immissione di dati che possono essere utilizzati da tutti gli utenti della Rete, hanno l’obbligo di
rimuovere contenuti illeciti ogni qualvolta acquisisca conoscenza.
A prescindere dalle responsabilità, ogni Internet provider è tenuto ad informare l’autorità
competente qualora vengono a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti il
proprio cliente.
- CONTENT PROVIDER
I CONTENT PROVIDER possono essere definiti, come gli operatori che mettono a disposizione del
pubblico informazioni ed opere di qualsiasi genere caricandole sulle memorie dei server.
Esistono dei content provider che danno la possibilità di confrontarsi in rete, ospitano quindi
contenuti inviati da terzi, essi sono “blog” e “forum” (sedi di discussione pubbliche tra internauti
caratterizzate da scambio di opinioni, anche critiche). Per questa tipologia di provider, essi sono
considerati intermediari di tipo neutrale, privi di ogni responsabilità, ma con l’obbligo di oscurare i
commenti lesivi.
I motori di ricerca (tra i più importanti google, yahoo) propongono agli internauti determinati siti,
in base ad un algoritmo. Infatti, inserendo determinate parole chiave produce un elenco di siti che
contengono la parola stessa che l’utente ha digitato.
E’ opinione diffusa che l’indicizzazione dei siti da parte dei motori di ricerca venga posta in essere
attraverso algoritmi che privilegiano determinati siti rispetto ad altri, l’attività di ricerca quindi non
è neutrale, con la conseguenza che i motori di ricerca pur non essendo produttori di notizie,
possono dimostrare un criterio editoriale in base alla posizione dei siti che privilegiano.
Art.21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e
ogni altro mezzo di diffusione.”
L’ultima parte del comma 1 dell’Art. 21 è infatti dedicata ai mezzi di diffusione, il quale si conclude
con “la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”.
In realtà l'opinione può essere già espressa attraverso dei comportamenti pratici, che comunque
già di per se sono espressivi di una propria e personale opinione.
Es: Nel 2014 durante il match Villareal – Barcellona al terzino Dani Alves viene lanciata addosso una
banana.
Nella pratica non ci sono state parole o espressioni scritte da parte dei tifosi (seppur una piccola
percentuale) del Villareal, ma comunque questo gesto, questo comportamento pratico ha generato
un messaggio razzista.
Il diritto penale è un “extrema ratio” cioè la soluzione più severa che lo stato può prendere nei
confronti dell'individuo. “Extrema ratio” infatti vuol dire “piano estremo” inteso come ultima
possibile soluzione, ossia la soluzione cui ricorrere quando tutti i possibili rimedi di un determinato
problema sono già stati tentati senza successo.
E' possibile che lo stato limiti la manifestazione del pensiero tramite la sanzione penale? SI
Attenzione però: lo stato non limita l'espressione del pensiero in funzione della mera opinione
dell'individuo (come accadeva nei regimi totalitari, es. durante il fascismo); in quanto nel sistema
democratico ciò non accade poiché l'espressione del pensiero viene punita per tutelare
qualcos'altro.
In parole povere c'è una sorta di limitazione del pensiero solo se quel pensiero lede qualcosa di
grave.
2) Per parlare di REATO di opinione poi, questa opinione dev'essere stata espressa davanti a un
PUBBLICO. (quindi soggetto recettizio)
3) Un ulteriore aspetto rilevante è che il contenuto che si diffonde deve avere una componente
“CRITICA” e non dev'essere quindi un contenuto meramente “informativo.”
Con il termine “reati di opinione” ci si riferisce a fattispecie che incriminano la manifestazione e/o
l’espressione di un determinato contenuto di pensiero.
Quando parliamo dei reati di opinione dobbiamo distinguere due principali MACROCATEGORIE:
1° Categoria: Reati che ledono un interesse INDIVIDUALE:
➔INGIURIAINGIURIA
➔INGIURIADIFFAMAZIONE
➔INGIURIACALUNNIA
Analizziamo la 1° categoria:
ART 594 c.p. INGIURIA: “Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente è punito con
la reclusione fino a sei mesi o con multa fino a 516€.”
Questo reato è stato depenalizzato, in quanto non è stato più considerato dal legislatore come reato
ma come illecito civile.
ART 595 c.p. DIFFAMAZIONE: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente,
comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno
o con la multa fino a milletrentadue euro.”
La differenza principale è che quinci nell'ingiuria si parla di una opinione comunicata in presenza del
soggetto che viene offeso.
Qui si parla de “l'altrui diffamazione.” Cioè l'opinione che terze persone hanno di noi, può dunque
avvenire anche in nostra assenza.
ART 368 c.p. CALUNNIA: “Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o
sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad altra Autorità incolpa di un reato taluno che egli
sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato è punito con la reclusione da 2 a 6
anni.”
-La diffusione dell'opinione deve avvenire attraverso denuncia, querela, richiesta, istanza ecc. (forme
stabilite ; vincolate appunto)
Art. 414 c.p. ISTIGAZIONE A DELINQUERE: “Chiunque pubblicamente istiga a commettere 1 o + reati,
è punito per il solo fatto dell'istigazione:
2) Con la reclusione fino a 1 anno o con una multa fino a 206€ (se si tratta di istigazione a
commettere contravvenzioni.)”
Art. 414 c.p. Comma 3 APOLOGIA: Il quale punisce anche “L'apologia di reato.”
Che cosa significa “Apologia di reato?”
Essa è quella condotta consistente nella difesa o nell'esaltazione di un'azione riconosciuta come
reato dalla legge della nazione in cui si vive.
Si differenzia dall'istigazione per una minore capacità di influenzare i soggetti cui è rivolta.
Nel diritto italiano i due casi di apologia più noti sono “L'apologia di fascismo” e “L'apologia di
delitto” prevista appunto dall'art 414 comma 3.
Nel 1890, in America, si ha la prima definizione di privacy, come il “diritto ad essere lasciati in pace”.
Con le innovazioni tecnologiche e un incremento esponenziale dei mezzi di informazione, si rende
necessaria però una rielaborazione della definizione di privacy, trasformandolo in un vero e proprio
diritto di controllo dei propri dati personali. In sostanza, non si ritiene più che il diritto alla privacy
sia circoscritto al solo potere di vietare qualsiasi circolazione di informazioni private, ma lo si
estende anche al potere di vigilare su queste.
L’intera disciplina del codice ruota intorno alla nozione di “dato personale”, definito come
qualunque tipo di informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile.
• I dati sensibili, quelli idonei a rivelare l’origine razziale o etnica, le convinzioni religiose, le
opinioni politiche. Orientamento sessuale del individuo e informazioni inerenti lo stato di
salute rappresentano i “dati supersensibili”;
• I dati giudiziari, quelli in grado di rivelare la qualità di indagato o imputato del soggetto;
• I dati comuni, quelli che consentono in vario modo l’identificazione e il tracciamento della
persona (nome, cognome, codice fiscale, numero di cellulare);
• I dati semisensibili, categoria dai contorni indefiniti, alla quale si riconducono tutte quelle
informazioni il cui trattamento espone il soggetto al pericolo di pregiudizio rilevante.
Tutti questi dati possono essere oggetto di trattamento da parte di terzi, siano questi privati o
pubblici.
Il trattamento da parte dei privati richiede sempre il consenso dell’interessato, diversa la disciplina
qualora, il trattamento sia effettuato dalla Pubblica amministrazione.. In tal ipotesi, questo non
necessita del consenso da parte dell’interessato se il trattamento ha per oggetto i dati comuni, e
con finalità istituzionali. Nel caso invece di raccolta dei dati sensibili, c’è bisogno di autorizzazione,
a meno che non vi sia un provvedimento in atto di un giudice che lo prevede.
Per trattamento deve intendersi qualsiasi operazione di raccolta, consultazione, elaborazione,
conservazione, organizzazione dei dati.
Il rapido evolversi delle tecnologie e degli strumenti informatici che ha contraddistinto l’ultimo
ventennio ha imposto un ulteriore e più approfondito ripensamento delle modalità di tutela dei
dati personali.
L’Unione Europea ha individuato quindi la necessita di stabilire norme comuni al fine di garantire
tutela adeguata in vista della creazione di un mercato unico digitale, con il Regolamento Ue del
2016.
1) Viene rafforzata la responsabilità del titolare, ovvero del responsabile del trattamento.
L’ampliamento dei flussi informativi pone, infatti, rischi seri per i diritti e le libertà delle
persone fisiche. Un indebito trattamento dei dati personali può provocare ad esempio,
discriminazioni, furti, usurpazioni d’identità.
Alla base del riconoscimento dell’azione dell’oblio vi sono il fattore temporale, l’interesse della
collettività ad essere informata ed il ruolo che i soggetti coinvolti rivestono nella società.
• Il trascorrere del tempo è condizione necessaria, ma non sufficiente, affinchè possa essere
evocato il diritto all’oblio in maniera legittima, infatti la condizione temporale è da associarsi
anche il mancato interesse sociale della notizia (se invece e una notizia di interesse pubblico,
non si potra invocare il diritto all’oblio, ma è più conforme parlare di diritto di cronaca);
• L’ultimo elemento chiave è riconoscere i soggetti legittimati a pretendere la tutela della propria
persona. Parliamo in questo caso del bilanciamento necessario tra tutela dell’identità personale e
diritto di cronaca. In generale, l’inviolabilità della sfera privata di un individuo deve essere
necessariamente riconosciuta anche ai personaggi noti, tuttavia, in alcuni casi, il percorso di vita
di una persona risulta essere strettamente connessa al contesto sociale, e per questo assume
importanza anche la veste storica (non può essere invocato quindi il diritto all’oblio).
Nell’esaminare il diritto d’autore, inteso come istituto a tutela della proprietà intellettuale, non si
può non partire dalla Costituzione Italiana, la quale non contiene un esplicito riferimento alla
proprietà intellettuale, ma trova conforto generico negli Art. 2 (riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo), Art. 4 (diritto al lavoro), Art 21 (libertà di manifestazione del pensiero), Art.
33 (libertà dell’arte e della scienza), Art. 35 (tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni).
La disciplina del diritto d’autore è inoltre regolata da una serie di convenzioni internazionali, quali
la Convenzione di Berna del 1886, o la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata
dall’ONU.
- L’OPERA DELL’INGEGNO:
Nella disciplina normativa italiana non viene enunciata una definizione chiara dell’opera
dell’ingegno, la quale viene piuttosto presupposta.
E’ possibile definire l’opera dell’ingegno come il risultato del lavoro intellettuale e/o materiale di
un individuo. L’opera letteraria, musicale, figurativa, architettonica, programmi per elaborare
(softwere). Tutte queste opere, per il solo fatto di essere create (la creazione dell’opera
costituisce il modo d’acquisto a titolo originario del diritto d’autore) determinano il sorgere in
capo al loro autore del diritto d’autore.
Questo diritto non assicura tutela alle semplici idee, ma solo alla loro concretizzazione.
L’acquisto e la conservazione del diritto d’autore sono indipendenti da qualsiasi formalità, infatti il
deposito e la registrazione dell’opera presso l’Ufficio della proprietà letteraria artistica e scientifica
della Presidenza del consiglio dei ministri ha il solo effetto di far fede alla pubblicazione dell’opera e
della paternità dell’autore, mentre la registrazione ha una finalità generica di controllo. In altri
termini, la creazione dell’opera è atto necessario e sufficiente per l’acquisto del diritto d’autore.
• Il diritto patrimoniale, può essere descritto come il potere che l’autore ha di realizzare l’opera
dell’ingegno e successivamente di sfruttarla economicamente in modo esclusivo, è assimilabile al
diritto di proprietà (diritto esclusivo di pubblicazione, diritto di riproduzione dell’opera). Il diritto
patrimoniale dura tutta la vita dell’autore e per 70 anni dopo la sua morte a favore degli eredi,
successivamente l’opera diventa di dominio pubblico.
• Venendo al diritto morale, rientra fra i diritti della personalità, e in quanto tale, è
insopprimibile ma soprattutto gli conferisce durata illimitata (diritto di paternità, diritto di
integrità dell’opera).
Per ottemperare a tali esigenze, sono state create delle società di intermediazione, le cd. “società
di gestione collettiva” indispensabili per la determinazione, il controllo, la riscossione e la
ripartizione dei proventi ricavati dall’utilizzo delle opere dell’ingegno. Le società di gestone
ricevono un mandato da parte degli aventi diritto, in virtù del quale si occupano della concessione
per conto e nell’interesse degli aventi diritto.
- TRASMISSIONE DEL DIRITTO D’AUTORE
L’affermazione secondo cui il diritto d’autore è liberamente trasmissibile necessita di una
specificazione, infatti a poter essere trasferita è solo la componente patrimoniale del diritti, che in
sostanza rappresenta le forme di utilizzazione economica dell’opera.
Il diritto morale invece, come abbiamo detto in precedenza è un diritto della personalità, ed in
quanto tale intrasmissibile, esso quindi non si perde nemmeno con l’eventuale cessione a terzi de
diritti patrimoniali. L’autore potrebbe anche decidere di non trasferire il diritto, ma solo la
legittimazione ad esercitarlo, in questo caso si parla di contratto con carattere di concessione.