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Garelli Margherita 4B

Testo argomentativo di storia


Nell’età della Restaurazione, la riflessione sul ruolo dello Stato è determinata dai valori
diffusisi durante la Rivoluzione francese.
Scaletta:
1. Cos’è l’età della Restaurazione?
2. Obbiettivi
3. Compromesso
4. Cosa la Rivoluzione ha cambiato
5. Valori della Rivoluzione che sono rimasti dopo la caduta di Napoleone
6. Perché non si può tornare all’Antico Regime?
7. Esempio della Francia con Luigi XVIII
8. Idea di nazione
9. Uguaglianza
10. Educazione del popolo
11. Il problema dell’ignoranza
12. Fratellanza
13. Libertà
14. Libertà di espressione/stampa
15. Il popolo è sovrano
16. Perché la libertà di stampa fa paura?
17. Conclusione
Con il termine “età della Restaurazione” si intende il periodo che va dal 1815 al 1830. Dopo la
sconfitta di Napoleone, si avvertiva il bisogno impellente di ristabilire un certo ordine in Europa. Si
intende, inoltre, ristabilire l’Antico Regime precedente alla Rivoluzione Francese in modo da
eliminare i cambiamenti e le innovazioni, sia pratiche che morali, che avevano portato al caos a cui
si tentava di porre rimedio durante la Restaurazione. Dopo la caduta di Napoleone le potenze
vincitrici, Inghilterra, Russia, Prussia e Austria, si riunirono nel Congresso di Vienna (novembre
1814-giugno 1815) per decidere le sorti dell’Europa. Nonostante avesse subito una violenta
sconfitta e fosse in netto svantaggio rispetto agli altri Stati, la Francia venne comunque coinvolta
nel congresso per evitare ripercussioni interne che avrebbero minato all’equilibrio che si cercava di
ristabilire. L’obbiettivo finale di creare un clima di accordo tra le nazioni così da garantire la pace,
era comune a tutti gli Stati, ma il modo in cui si voleva ottenere quel risultato era diverso.
Bisognava trovare un compromesso, che mettesse d’accordo le esigenze di tutti gli Stati che
cercavano di approfittare della sconfitta di Napoleone per arricchire il proprio territorio. Inoltre da
una parte c’erano i sovrani degli Stati che spingevano per un totale ritorno al passato, ma dall’altra,
gli ideali nati dalla Rivoluzione e poi diffusi in tutta Europa ormai erano più che consolidati e
questo si scontrava inevitabilmente con gli ideali della Restaurazione. La Rivoluzione francese
aveva innanzitutto cambiato il piano sociale di un’intera nazione ponendo fine ai diritti feudali e
togliendo i privilegi di cui nobiltà e clero godevano da sempre; aveva innovato il piano politico
allontanandosi sempre di più da una monarchia assoluta spingendo verso una monarchia
costituzionale e poi una repubblica, se pur per poco. Era stata un Rivoluzione che apparteneva al
popolo e che era riuscita a far nascere un patriottismo molto forte e radicato che ormai non si poteva
più cancellare. Le persone avevano lottato per i loro diritti e per quell’agognata libertà che, anche se
in piccola parte erano riusciti ad ottenere. Nel Testamento politico scritto da K. Metternich, viene
ripreso questo concetto della libertà e il ruolo che lo Stato gioca per mantenerla; è scritto: “Verso la
libertà quale risultato immancabile dell’ordine, verso l’eguaglianza nella sua unica forma
applicabile di eguaglianza davanti alla legge, verso il benessere, inconcepibile senza la base di una
tranquillità morale e materiale, verso il credito che può fondarsi soltanto sulla fiducia, in tutto ciò ho
riconosciuto il dovere del Governo e la salute vera dei popoli governati.” Quando un popolo lotta
così duramente per rovesciare un sistema oppressivo per guadagnarsi la libertà che si merita, non si
torna più indietro. Era impensabile tornare all’Antico Regime ignorando completamente i
cambiamenti che la Rivoluzione francese aveva portato con sé. Come scrisse R. Remond nella sua
opera Introduzione alla storia contemporanea: “Per loro le idee della rivoluzione non sono morte, il
duplice retaggio della trasformazione delle istituzioni e dell’emancipazione nazionale rimane vivo”.

Dal Congresso di Vienna l’Europa uscì comunque modificata, ma i valori e i principi che ormai
erano alla base del pensiero di migliaia di individui non poterono essere alterati. Anche se in alcuni
Stati il sentimento di una Restaurazione era stato in parte esaudito con l’applicazione del principio
di legittimità, uno dei tre principi alla base del Congresso di Vienna che prevedeva il ritorno sul
trono dei legittimi (perché voluti da Dio) sovrani sul trono, ignorando le aspirazioni del popolo.
Questo successe in Francia con Luigi XVIII che tornò sul trono nonostante la volontà dei francesi di
eliminare la monarchia. Per evitare nuovi moti rivoluzionari il sovrano concedette una Carta
costituzionale così da accontentare in minima parte il suo popolo. Nonostante questo la Francia
continuerà ad essere molto legata ai principi fondamentali della Rivoluzione che ne erano anche
diventati il motto: liberté, égalité, fraternité. Si era creato, inoltre, un grande senso di appartenenza
che si era tradotto nell’idea di nazione. Con questo si intende una collettività umana unita dalla
coscienza dei suoi membri di avere in comune origine, lingua, etnia, religione, economia, territorio
e cultura. L’idea di nazione è una realtà ideale che ha la sua maggiore influenza sul sentimento che
gli individui appartenenti ad una certa nazione provano. Grazie a questa idea si sentono parte di
qualcosa e sono pronti a difendere questa sensazione che li fa sentire in qualche modo tutti uniti,
uguali e fratelli.

L’idea nazionale, per l’appunto, venne fondata sui tre principi fondamentali della rivoluzione
perché essi rispecchiavano alla perfezione quegli anni di lotte e le motivazioni che hanno spinto alla
ribellione. L’uguaglianza è il primo di questi valori. Su di essa si fonda la volontà generale della
nazione che porta alla sovranità del popolo che fonda uno Stato democratico. L’uguaglianza davanti
alla legge è il primo elemento che pone gli uomini sullo stesso piano, in questo modo non ci sono
distinzioni religiose, raziali o politiche e così tutti hanno le stesse possibilità. Questo riguarda anche
l’istruzione che deve essere un diritto per tutti. A. Angiulli nella sua opera La pedagogia, lo Stato e
la famiglia, scriveva: “L’educazione del popolo è un fatto di utilità generale, tocca l’esistenza di
tutto l’organismo sociale, e perciò è un dovere nazionale, e cade nelle appartenenze o nei diritti
dello Stato. […] Il lasciare i figliuoli privi di educazione è un delitto contro questi e contro la
società intera.” Fare in modo che tutti i cittadini siano educati nello stesso modo permette di
renderli tutti uguali portandoli tutti allo stesso livello di conoscenze. Lo Stato ha il dovere di
garantire l’istruzione perché permette ai suoi abitanti di essere colti. Per secoli l’istruzione è stata
riservata solo alle classi altolocate escludendo gli umili, principalmente per fare in modo che la
classe egemone rimanesse tale senza opposizioni, perché gli ignoranti non possono ribellarsi, non
hanno gli strumenti per farlo. L’ignoranza comprende anche la non conoscenza da parte di un
popolo dei propri diritti e per questo è più facile da sottomettere e governare. Chi studia, o
semplicemente sa leggere, può informarsi tramite libri e giornali che lo aiuteranno a crearsi una
propria opinione che è fondamentale in uno stato democratico. Questo perché in una democrazia il
popolo è sovrano ed è la maggioranza a decidere, quindi l’opinione personale è fondamentale per
stabilire il futuro dello Stato. Per gli illuministi tutti sono dotati di ragione e per questo tutti sono
uguali. La Rivoluzione Francese aveva proprio come scopo quello di portare tutti i cittadini sullo
stesso livello eliminando i privilegi di certe classi sociali che si imponevano sulle altre. La
condivisione degli stessi valori porta poi ad un sentimento di fratellanza che crea un senso di unione
tra gli uomini che si traduce nella creazione di una coscienza nazionale. Questo sentimento è alla
base dell’idea di nazione perché unisce le persone in qualcosa più grande di loro. La libertà, ultima
di questi tre fondamentali valori, è un altro elemento che riguarda tutti. Non si può pensare
solamente alla libertà individuale, ma bisogna liberare dall’oppressione, in quel caso del monarca,
tutti quanti. Deve chiamarsi libertà collettiva, altrimenti non sarà mai una libertà effettiva. Come
diceva Voltaire: “La libertà consiste nel non dover dipendere da null’altro che dalla legge”. Questo
significa che ogni individuo ha il diritto di dire e fare quello che vuole finché rispetta le leggi in
vigore nello Stato in cui vive. Non ci possono essere restrizioni soprattutto sulla libertà di parola e
di stampa.
B. Constant nel Discorso parlamentare scriveva: “Tutti sanno che la stampa altro non è che la
parola estesa e ingrandita […] Come i cittadini hanno bisogno di chiamare aiuto quando sono
aggrediti per strada o quando di notte si viola il loro domicilio, così hanno bisogno della stampa per
poter reclamare quando sono colpiti dall’arbitrio e dalle vessazioni.” La libertà di espressione
costituisce uno dei principi fondamentali degli ordinamenti democratici e sancisce il diritto di ogni
cittadino di esprimere liberamente le proprie convinzioni e idee, sia individualmente sia
collettivamente. Così come scriveva M. Leopardi nel Il viaggio di Pulcinella: “Nei regni
costituzionali non si può stare senza libertà della stampa. […] Perché il popolo è sovrano, e vuol
essere libero di parlare a suo modo.” Durante la Rivoluzione francese il sentimento rivendicatore
era molto forte e tra le altre cose anche la libertà di stampa era rivendicata a gran voce. La stampa è
un potentissimo mezzo di opinione e raramente, nel passato, era usufruibile liberamente. Questo
perché avere una propria opinione crea timore: parlare vuol dire criticare, opporsi e denunciare,
tutte cose che i regimi totalitari dovevano evitare per restare al potere. L’importanza della libertà di
espressione e di pensiero sta anche nella pericolosità che una mente indipendente e con idee proprie
può costituire. Le menti rivoluzionarie, particolarmente aperte o “elastiche”, hanno infatti da
sempre costituito una minaccia per alcuni che in molti casi ha portato a restrizioni riguardo la
conoscenza, l’arricchimento personale, lo studio della cultura o anche solo la lettura di libri, in
quanto elementi che avrebbero potuto portare ad un distoglimento da una ristretta e limitata
mentalità che si voleva imporre alla popolazione. Il controllo del pensiero di una persona, della sua
libertà di movimento, di espressione, garantisce inevitabilmente il controllo totale su tutto ciò che
riguarda l’uomo in quanto tale. Se mettiamo un limite alla libertà di pensiero, di espressione, di
conoscenza dell’uomo, mettiamo un freno anche alla sua evoluzione, mettiamo un freno al
cambiamento, ad una possibilità di continuo miglioramento. Per questo quelli a sfavore della
Restaurazione erano così legati a questi principi, perché costituivano tutto quello per cui avevano
lottato.
La Restaurazione a sicuramente cambiato il volto dell’Europa, ma non è riuscita a scardinare i
valori che si erano consolidati durante la Rivoluzione francese. Inoltre il ruolo dello Stato è
diventato dipendente da questi valori che hanno fatto in modo che fesse quest’ultimo a rendersi
carico di garantire l’uguaglianza, la fratellanza e la libertà. Questi principi non possono essere
lasciati liberi ai singoli cittadini, ma c’è l’esigenza che sia lo Stato a ricoprire il ruolo di guida per i
suoi cittadini. Deve imporre delle regole per garantire l’ordine che è quello su cui veramente si
basano i principi rivoluzionari.

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