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Bellini e Bonvecchio
LE IDEOLOGIE
LIBERALISMO
Il liberalismo è una dottrina economica, politica e etica, nato in Inghilterra (all’epoca della Gloriosa
Rivoluzione del 1688-89) e poi diffusasi in altri paesi europei nel XIX secolo.
Quando si affermarono altre ideologie politiche, come comunismo, socialismo, fascismo e
nazionalsocialismo, si fermò fino alla seconda metà del XX secolo. Successivamente alla fine della Seconda
Guerra Mondiale tutta l’Europa occidentale con la sconfitta del fascismo ci fu un liberalismo rinnovato. Tutte
le costituzioni degli stati occidentali nel dopoguerra furono improntate al rispetto dei valori liberali
fondamentali.
Inoltre dopo la fine del comunismo in Unione Sovietica il liberalismo rappresenta il paradigma politico di
riferimento a livello globale.
Il liberalismo si presenta come una dottrina della limitazione del potere, ma una definizione univoca è
difficile per il lungo arco storico (dal XVII al XXI secolo) e perché è influenzato dalla cultura nazionale e dal
modello sociale dove si sviluppa.
Francia e Inghilterra sono due esempi storici sell’interazione tra ideologia liberale, cultura e storia nazionale:
- In Francia il liberalismo assume un carattere radicale in relazione alle rivendicazioni e al desiderio degli
strati più colti della classe borghese di partecipare a processi decisionali, a causa di una politica autoritaria
attuata da Napoleone.
- In Inghilterra, al contrario, il liberalismo si configura dall’inizio come una dottrina attraverso cui viene
legittimata l’azione della borghesia all’interno della società.
Il modello inglese è sempre stato considerato il liberalismo classico.
Per il liberalismo classico furono determinanti l’influenza dell’economia politica con opere di: Adam Smith,
David Ricardo, Thomas Maltus, John Locke, Alexis de Toqueville, John Mill, Gaetano Mosca.
Per l’evoluzione del liberalismo nel XX e XXI secolo sono importanti autori come: Luigi Einaudi, John
Rawls, Milton Friedman.
• ECONOMIA
Inizialmente il liberalismo, in senso economico, si presenta come liberismo o dottrina del laissez-
faire, secondo cui lo Stato non deve intervenire nel regolare il libero mercato. Quindi le tariffe e le
transazioni devono essere libere da restrizioni di ordine politico e i governi non devono condizionare
la produzione e lo scambio di merci attraverso agevolazioni di qualsiasi natura.
La teoria di Adam Smith della mano invisibile del mercato esprime una concezione del benessere
economico individuale e collettivo, secondo cui gli individui agendo esclusivamente in funzione del
loro interesse personale, perseguono inconsapevolmente anche il benessere comune della società
all’interno del quale operano.
Il liberalismo si è adattato nel corso del XX secolo a un ruolo più rilevante del potere politico nei
momenti di crisi del mercato e nel considerare gli Stati come attori fondamentali per il corretto
funzionamento della libera concorrenza e per l’organizzazione della vita pubblica.
• POLITICA
In senso politico il liberalismo è una dottrina che ha tra i suoi obiettivi più importanti la difesa dei diritti
individuali e l’affermazione della dottrina di equilibrio e della Separazione dei poteri.
4. habeas corpus: nessun individuo può essere arbitrariamente arrestato senza il benestare dell’autorità
giudiziaria competente che dovrà sottoporlo a un processo e comunicargli chiaramente i motivi della sua
eventuale detenzione.
A questi diritti che si trovano all’interno della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (1948), la
Separazione dei poteri è enunciata nel XVIII secolo da Montesquieu nel suo trattato Lo spirito delle
leggi. Secondo questa dottrina il i 3 poteri fondamentali dello Stato, Legislativo, Esecutivo e
Giudiziario, devono essere rigidamente separati e non possono essere esercitati insieme dallo stesso corpo
politico o dalla stessa persona.
Il liberalismo ha come sua caratteristica che il potere non agisce mai in senso arbitrario, ma si esprime
sempre attraverso regole chiare, universalmente condivise e rispettose dei diritti fondamentali.
• ETICA
L’etica liberale ha come principi fondamentali la libertà individuale, la responsabilità e
l’autonomia decisionale e morale. Per il pensiero liberale ognuno ha il diritto di vivere secondo le
proprie convinzioni, il proprio credo religioso e la propria personale morale, senza recare danno agli
altri.
L’individuo precede ogni ordinamento politico; la società e il potere che egli costituisce deve essere
al suo servizio permettendo la realizzazione dei desideri e delle aspirazioni personali (egoismo
individualistico).
▲ Democrazia rappresentativa: l’idea è che il potere deriva dal popolo a cui spetta la sovranità
politica. E’ legittimo solo quel potere che si costituisce sulla base della volontà popolare e nella
democrazia moderna il popolo esercita il potere a maggioranza in forma diretta o indiretta:
- democrazia diretta: si ha la forma referendaria, per cui le leggi e le azioni di governo possono
essere sottoposto all’insindacabile giudizio del popolo che decide a maggioranza.
- democrazia indiretta:si ha un potere costituito che rappresenta il potere costituente del popolo,
quindi i rappresentati del corpo politico sovrano legifero, governano e amministrano la giustizia.
Tutti gli Stati moderni che adottano la democrazia come forma di governo e di legittimazione del
potere combinano la democrazia rappresentativa con la democrazia diretta. Ciò permette al popolo di
esprimersi attraverso i propri rappresentanti regolarmente eletti, avendo però anche la possibilità di
interrogare direttamente la volontà popolare (referendum) su particolari materie di interesse
generale.
▲ Democrazia liberale: in tutti i paesi occidentali le democrazie sono evolute in senso liberale.
Questo connubio tra democrazia e liberalismo presuppone un sistema politico che esprime una
sintesi tra il principio della sovranità popolare e il rispetto dei diritti individuali, considerati come
inviolabili.
Si fonda su 3 fondamentali postulati:
1. Il potere appartiene al popolo il senso desacralizzato.
2. l’unica forma possibile di governo è la democrazia di tipo rappresentativo che ammette a volte, in
materia legislativa, il ricorso a forme di democrazia diretta (come il referendum).
3. Tale potere ha dei limiti espressi dai diritti individuali fondamentali, dalla dottrina della
separazione dei poteri e dalla libertà economica.
Consiste in una concezione dell’origine del potere basata sull’idea di popolo sovrano e in un ordine
di tipo costituzionale, che abbia la democrazia rappresentativa come l’unica legittima.
Esistono storicamente due diverse concezioni di popolo:
1. Quella del romantico idealista di Volk (popolo in tedesco): cioè il popolo è inteso come
condivisione di una stessa lingua, cultura e identità etnica.
2. Quella pragmatica e liberale derivata da un vincolo giuridico: cioè i membri sono tra loro uniti da
un vincolo giuridico indipendente dalla loro appartenenza etnica.
Secondo John Stuart Mill: l’individuo è considerato arbitro di se stesso in senso fisico e morale e
ha diritto alla libertà di pensiero e di opinione , la sua libertà può essere limitata solo nel caso in cui
le sue azioni nuocciano ad altri. Ciascuno ha il diritto di scegliere la propria condotta di vita e la
SOCIALISMO
Nell’800, con la Rivoluzione Industriale e l’affermarsi della Borghesia come classe detentrice del potere, si
iniziò ad affermare il Capitalismo. In questo contesto, il lavoratore non è più proprietario degli strumenti
con cui lavora e il prodotto dell’attività lavorativa viene alienato al possessore dei mezzi di produzione in
cambio di denaro (salario). Il lavoratore vive in pessime condizioni di vita, con salari minimi e si
svilupparono degli insediamenti urbani, intesi come veri e propri ghetti dove gli uomini-operai si trovarono
a vivere in condizioni di profondo degrado.
La società industriale di tipo capitalista aveva caratteristiche molto diverse rispetto alle speranze di
uguaglianza e di miglioramento sociale. Contro questo modello di sfruttamento imposto dal Capitalismo e in
nome di una società più umana e egualitaria, si sviluppò il Socialismo, nato in Inghilterra intorno al
1827-1830 e poi rapidamente si diffuse in Francia e nel resto d’Europa.
Lo scopo del socialismo era la riforma radicale della società che avrebbe dovuto porre al primo posto la
costruzione di una comunità in cui i membri potessero godere di pari diritti, doveri e opportunità.
♦ Socialismo utopico
è la prima corrente del socialismo sviluppatosi tra il 18esimo e 19esimo secolo in Europa. Le prime
forme del socialismo cercarono di dare voce alla protesta dei lavoratori per migliori retribuzioni e
rapporti più umani sui luoghi di lavoro.
I socialisti utopici si radunavano in piccoli gruppi di intellettuali e da questi gruppi si differenziarono
le teorie di Proudhon: ha una visione arcaica della società come comunità di
contadini e di artigiani fondata sulla famiglia, sull’indissolubilità del matrimonio
e sulla posizione subordinata della donna. Egli è considerato il padre dei
concetti di mutualismo, e federalismo e uno degli ispiratori del pensiero
anarchico. L’associazionismo mutualistico è fondato sul libero mercato dei
produttori e sorretto da un sistema bancario di credito, che avrebbe dovuto
garantire il capitale necessario a far funzionare il mercato grazie a crediti a
interesse ridotto.
Per superare il socialismo utopistico Marx e Engels idearono il socialismo scientifico, che ebbe come
esito la teorizzazione del comunismo, della società senza classi e della rivoluzione come mezzo per
ottenere tali scopi.
Il fondamento di tale dottrina politica consiste in un’interpretazione materialistica della storia e della
società (materialismo storico), basata su una teoria dialettica della realtà (materialismo dialettico),
intesa come schema di interpretazione generale di ogni fenomeno storico e naturale.
Marx indicò con il termine “struttura” l’insieme delle forze produttive (macchine e mezzi produttivi,
capitali, forza-lavoro) e dei rapporti di produzione (rapporti tra le classi nel processo produttivo) di una
data società in un determinato periodo storico.
Chiamò “sovrastrutture”, invece, gli ordinamenti giuridici e politici e le forme della coscienza sociale –
la religione, la filosofia, i valori morali e culturali – che accompagnano e in qualche modo
“rispecchiano”, in ogni epoca storica, la struttura economica.
Per Marx, le sovrastrutture hanno le proprie radici nella struttura. La struttura economica, producendo la
divisione del lavoro, genera classi sociali che entrano in conflitto tra loro, per cui si genera una lotta di
classe. Dall’antico antagonismo tra liberi e schiavi, patrizi e plebei, signori e servi si arriva alla
contrapposizione tra borghesi e proletari. In quest’ultimo Marx individua il Plusvalore, cioè la modalità
principale di sfruttamento del proletariato da parte dei borghesi. Il Plusvalore è la differenza tra il valore
♦ Socialdemocrazia
Si origina nella seconda metà dell’800 in coincidenza dell’unificazione della Germania e con il suo
sviluppo industriale. Si ispira alla teoria marxista, di cui condivide l’analisi sociale, la critica
all’economia capitalistica e la lotta antiborghese. La socialdemocrazia sostiene la trasformazione delle
modalità produttive e il cambiamento dei rapporti sociali di produzione, tendendo a realizzare una società
ispirata ai principi del socialismo. Ciò però si scontrava con l’idea politica della classe dirigente e di
buona pare della società tedesca del tempo. Infatti in Germania, lo sviluppo dell’industria aveva reso la
classe borghese padrona dell’economia, ma non in ambito politico, dove dominava l’aristocrazia agraria ,
che fondava la propria ricchezza sul possesso di enormi latifondi e controllava le due strutture su cui si
sosteneva lo Stato: burocrazia e esercito. Ciò si scontrava con i tradizionali presupposti del Marxismo
che vedeva la società capitalista divisa nella classe degli sfruttatori (borghesia) e degli sfruttati
(proletariato), rendendo così più incerta l’evocazione alla lotta di classe.
Si sviluppa così la Socialdemocrazia che si era organizzata in un partito a cui aderiva la maggior parte del
proletariato tedesco ed era appoggiato dal Reichstag (parlamento tedesco). Il proletariato avrebbe potuto
diventare classe egemone attuando la trasformazione della Germania secondo il modello socialista e ciò
avrebbe portato al superamento della divisione in classi e della diarchia tra borghesia e aristocrazia.
- Il pensiero di Bernstein: la sua tesi è che la nozione marxiana di rivoluzione sarebbe del tutto
infondata sul piano filosofico, economico e sociologico, ma egli gli da uno scopo etico: l’emancipazione
sociale. Metteva in discussione alcuni punti fermi del Marxista (es. il Plusvalore) a cui sostituiva il
modello scientifico delle scienze naturali ritenuto fondamentale anche per ciò che riguarda la società e la
struttura.
Il partito rivoluzionario si trasformava in riformista e lo Stato veniva riconosciuto come un importante
soggetto politico, la democrazia era ritenuto la garanzia migliore di ogni reale trasformazione. Di
conseguenza la conflittualità si spostava dalle piazze al parlamento.
- Un oppositore a questo pensiero è Kautsky: seguace del marxismo ortodosso di cui accetta le tesi
fondamentali, individuando lo Stato borghese simbolo dello sfruttamento e da eliminare.
Percorse la via riformista e riteneva infatti che il successo elettorale della Socialdemocrazia, avrebbe
portato i socialisti a ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento e di conseguenza il controllo totale
dello Stato. Questo poteva avvenire senza dover necessariamente passare per la dittatura del proletariato
come prevedeva il marxismo.
- All’interno della socialdemocrazia tedesca si affermò la linea luxemburghiana così chiamata per Rosa
Luxemburg che rifiutava ogni logica parlamentarista, credendo solo nella possibilità di una rivoluzione
del socialismo. Ciò la portò alla rottura con il partito. Il capitalismo aveva risolto i problemi di crescita
interna espandendo il mercato e solo quando questa fase imperialista si fosse conclusa allora sarebbero
scoppiate contraddizioni interne che avrebbero fatto implodere il sistema. Bisognava quindi combattere i
• Si afferma come coscienza del popolo che rappresenta solo una grande massa di manovra in continua
espansione;
• Lenin considerava il partito come una dirigenza in grado di raggiungere lo scopo del socialismo.
La dittatura del partito avrebbe avuto il compito di difendere il nuovo stato da ogni tentativo contro-
rivoluzionario e avrebbe dovuto realizzare un nuovo modello di democrazia fondato sui consigli di base,
i soviet.
Lenin riuscì ad attuare questo programma in Russia per via della situazione creata per il caos della Prima
Guerra Mondiale e la successiva rivoluzione. Questa sarebbe dovuto essere il modello che doveva
riguardare tutti gli altri stati capitalistici. Invece una volta realizzata la rivoluzione in Russia, ma non
altrove, questa tensione andò scemando a vantaggio degli apparati del partito e dello stato, generando
una dittatura degli apparati chiamata nomenklatura.
Successivamente, con il Muro di Berlino (13 agosto 1961) schiacciò il movimento socialista tra
un’adesione al blocco sovietico (assumendo in molti casi anche il nome di partito comunista) e
l’appartenenza allo schieramento filo-occidentale che lo obbligava invece a perseguire politiche orientate
verso gli obiettivi riformisti delle socialdemocrazie.
Negli stati dell’est Europa, i partiti socialisti erano vicini al comunismo e diedero vita al Socialismo
reale: erano regimi indipendenti dall’URSS che li sosteneva economicamente, politicamente e
militarmente. In un contesto simile, l’idea socialista di eliminare lo Stato non fu nemmeno presa in
considerazione, ma aumentò la burocratizzazione dell’ordinamento politico coerente con la natura dello
stato moderno.
Questa situazione entrò in crisi con la caduta del muro di Berlino (1989) che segnò la fine della divisione
della Germania, dell’egemonia sovietica e del partito comunista di tipo leninista. I partiti socialisti
europei mondiale scomparvero o abdicarono e optarono per una socialdemocrazia riformista a in realtà
sempre più liberale e liberista. Nel XXI secolo il socialismo si è del tutto consumato.
STALINISMO E MAOISMO
Lo stalinismo fu un’ideologia della Russia post-rivoluzionaria, mirante a costituire un ordine politico
comunista. Dalla morte di Lenin (1924), lo stalinismo rappresentò il modello di organizzazione comunista
sulla base del quale si formarono tutti i partiti comunisti rivoluzionari. Lo scopo principale di Stalin fu la
realizzazione di un processo di modernizzazione della Russia, che Lenin aveva cominciato con la rivoluzione
Una variante dello stalinismo è il Maoismo di Mao Tse Tung. Nel maoismo non prevale però l’idea della
necessità dell’industrializzazione forzata, ma è fondamentale la massa contadina della Cina agraria (fu
perseguita anche una politica di sviluppo industriale, ma non fu prioritaria). Inoltre non fu la classe operaia il
principale agente rivoluzionario, ma il ceto contadino.
Il maoismo si rifà all’esperienza stalinista basata sulla centralità del partito e degli apparati burocratici, a cui
affianca la democrazia diretta e il dibattito popolare sugli obiettivi della rivoluzione. Anche nel maoismo fu
fondamentale la propaganda indirizzata verso la civiltà americana e occidentale e quella sovietica, con lo
scopo di sostenere una mobilitazione popolare. Si scatenò una rivoluzione culturale e l’obiettivo era quello
di favorire, in nome della politica, un arresto del processo di burocratizzazione nell’edificazione della società
comunista. Inoltre era convinzione comune che un politico, un dirigente o un universitario avrebbero potuto
reintrodurre nella società la gerarchia e la divisione sociale, bisognava quindi tenere sotto controllo queste
figure. Per questo il maoismo diede molta importanza alla scuola e all’indottrinamento ideologico, che
divennero prioritari per la rivoluzione culturale.
Fu molto importante anche la diffusione del Libro Rosso, che ebbe il potere propagandistico di attrarre
attenzione anche sul comunismo europeo.
Dopo la fine della rivoluzione culturale e dopo la morte di Mao, a causa dell’errata considerazione delle
competenze necessarie a governare un paese popoloso come la Cina e per la depressione produttiva , ci fu
un abbandono progressivo dell’ideologia comunista. Inoltre ci fu un ridimensionamento dell’agricoltura e un
aumento degli aspetti tecnologici e produttivi che hanno portato la Cina una delle potenze più
industrializzate.
ANARCHISMO
L’anarchismo si afferma con la Rivoluzione francese e con l’egemonia della classe borghese. Infatti i temi
tipici di questa dottrina sono la libertà dell’uomo, lotta contro l’autoritarismo, rifiuto della religione,
tolleranza e centralità della società civile, che sono caratteristici anche della cultura illuministica e borghese.
La speranza era una società più libera e più giusta. Fece proprie anche alcune tematiche provenienti dal
socialismo e dal capitalismo, come il desiderio di combattere la società capitalista, lo sfruttamento della
società, ma mantenne sempre il suo imprinting borghese e individualista.
Rifiuta l’analisi dei meccanismi strutturali della riproduzione sociale, privilegiando invece il rapporto
• Anarchismo filosofico: il principale esponente è William Godwin, che fece proprio il pensiero
roussoniano della bontà e perfezione umana, si schierò contro la società inglese che giudicò liberale
solo in senso formale, ma repressiva. Per lui l’uomo deve privilegiare unicamente la ragione,
rifiutando ogni imposizione e violenza, compresa quella rivoluzionaria. Condanna la Rivoluzione
francese che considerò tirannica. Rifiuta il contrattualismo, privilegiando la società come luogo dello
sviluppo dell’individuo (caposaldo della dottrina anarchica). Quindi ogni decisione deve essere presa
dalla collettività (senza nulla togliere alla libertà individuale), credeva in un modello utopico della
società dove ciascuno avrebbe potuto soddisfare le proprie necessità personali servendosi dei beni
comuni.
• Anarchismo comunista: esponenti Bakunin e Kropotkin. Centrale è il rapporto tra libertà e società.
Bakunin ritiene che l’affermazione della libertà unita a una società in cui sia possibile lo sviluppo
dell’uomo siano in contraddizione con ogni forma di Stato e con ogni tipo di religione. Allo stato e
alla religione contrappone il progresso dell’umanità attraverso stadi (come affermava Comte), il cui
termine ultimo è la scienza, che coincide con l’infinita creatività dell’uomo e con la sua libertà
sociale (come sosteneva Feuerbach). Tale esito,a livello economico deve coincidere con la
cooperazione tra lavoratori uniti e il perseguimento del bene comune (secondo la dottrina di
Proudhon).
Sulle stesse posizioni di Bakunin si trova anche Kropotkin, che vede le cause dell’autoritarismo e
della mancanza di libertà nella divisione sociale del lavoro e nell’esistenza della proprietà privata.
Egli vuole l’abolizione della proprietà privata e l’istituzione della proprietà associata dei mezzi di
produzione, controllati da lavoratori riuniti in comunità, dove si sarebbe praticato sia il lavoro
agricolo che quello industriale. Un ruolo importante in questo modello di organizzazione sociale
ebbe l’attività semi-artigianale che avrebbe trovato nella scienza il motore principale del proprio
sviluppo.
L’anticapitalismo di Bakunin e Kropotkin rifiuta la violenza marxista, collocandosi sulla scia della
tradizione socialista. Inoltre a differenza del marxismo e del Comunismo sostengono che solo
l’uomo poteva cambiare la società e non la massa operaia; ciò provocò nella II internazionale uno
scontro tra i marxisti che privilegiavano il proletariato, e gli anarchici che invece si basavano sulla
volontà individualista e la lotta contro ogni forma di autorità.
• Anarchismo sindacalista: nato nel 900 con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita della
classe operaia in una società sovra-nazionale e federata dei lavoratori. Sviluppò un modello di lotta
di classe di tipo romantico e irrazionale che tendeva a perdere di vista gli obiettivi reali della lotta.
George Sorel inizialmente condivideva le idee marxista, poi contestò il marxismo giudicandolo un
mito sociale, e contestò la società borghese ponendo al primo posto la violenza come unica forza
creativa. Lo strumento principale era lo sciopero generale. Egli si basava sulle idee di Bergson,
credendo che il proletariato avrebbe dovuto assumere un carattere guerriero, costruendo il proprio
mito inteso come affermazione della lotta e dello scontro. Così l’individualismo romantico, tipico
Con la Prima guerra mondiale e successivamente con i totalitarismi, le varie componenti anarchiche
scomparvero, perseguitate dal fascismo, dal nazismo e dal comunismo. Un caso emblematico fu nel 1939
con la Guerra di Spagna, in cui i comunisti sovietici eliminarono fisicamente la componente anarchica
che combatteva al loro fianco contro le truppe del generale Franco.
Dopo la Seconda guerra mondiale non ottenne più il consenso politico.
FASCISMO
Nasce in Italia dopo la Prima Guerra Mondiale. Socialmente, fu la risposta violenta alla crescita del
movimento operaio da parte dei posseditori agrari prima e degli industriali poi.
Il fascismo si propose di lottare contro l’individualismo borghese e i suoi principi (libertà formale,
democrazia parlamentare, priorità della legalità), sia contro gli obiettivi principali del socialismo
(abolizione della proprietà privata e eliminazione dello Stato) in nome della totalizzazione e armonizzazione
dello Stato.
Attraverso lo Stato unitario e centralizzato, la massa avrebbe dovuto assumere un’identità precisa,
diventando Popolo, che doveva favorire l’emergere di individui perfetti, veri e eroi moderni. Nacque così il
mito del guerriero e il sogno dell’impero. Per questo progetto furono fondamentali le liturgie di massa
grazie anche alla divinizzazione del capo indiscusso, Benito Mussolini.
Questa idea si applicò anche in ambito economico: veniva esaltata la nazione che si oppone alla volontà
capitalistica del mercato, traendo da se stessa la ricchezza necessaria alla propria sopravvivenza.
Per raggiungere ciò era fondamentale la propaganda e grazie ai mezzi di comunicazione che proprio in quel
periodo si stavano sviluppando, il fascismo tentò di diventare il modello globale di vita. Mussolini e
Giovanni Gentile volevano fascistizzare ogni aspetto della vita sociale e politica in un modello teorico che
può essere riassunto con la formula mussoliniana “tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla
contro lo Stato”.
Lo scopo era militarizzare il paese e chiunque cercava di opporsi venne messo al mando come nemico della
nazione, dello stato e del partito.
Il fascismo ebbe però anche degli aspetti positivi:
• assistenza
• divulgazione culturale
• modello pensionistico
Al fascismo si ispirarono molti movimenti di estrema destra europei, il Franchismo in Spagna, la Guardia di
Ferro in Romania e il Salazarismo in Portogallo. Molti sparirono con la fine del fascismo dopo la Seconda
Guerra mondiale; gli unici a sopravvivere furono il Franchismo, che terminò nel 1975 con la morte di
Franco, e il Salazarismo che terminò nel 1970 con la morte di Salazar.
NAZISMO
Nasce in Germania dopo la Prima guerra mondiale, come risposta politica all’impoverimento delle masse
popolari e alla crisi istituzionale, ma che in realtà si rivelò ancora più tragica dei problemi che voleva cercare
di risolvere.
Come il fascismo, pur essendo un movimento di massa, disprezzava le masse popolari che giudicava amorfe
CATTOLICESIMO POLITICO
Nato nei primi anni dell’800 e si può considerare il frutto dell’opposizione romantica al razionalismo
dell’illuminismo e dell’esito della restaurazione dopo la scomparsa di Napoleone e dei regimi da lui imposti.
Con il romanticismo, il sentimento del soggetto e la dilatazione dell’animo presero il sopravvento sulla
ragione e sulla sua centralità nell’organizzazione sociale.
Il pensiero di Hegel che la storia fosse come la macchina logica delle grandi trasformazioni epocali, venne
sostituita da un’interpretazione del divenire storico inteso come il luogo della misteriosa realizzazione della
Divina Provvidenza, capace di muovere uomini e popoli.
Il progetto fu messo in atto inconsciamente dall’aristocrazia e dai grandi proprietari agrari per attuare, quello
che altrove veniva realizzato con l’impiego delle forze militari dai governi della Santa Alleanza e dal
Congresso di Vienna. Era un’azione di contrasto nei confronti della classe borghese che, affermatasi con la
Rivoluzione francese, aspirava all’egemonia sociale e politica. Era una lotta armata, ma anche con l’utilizzo
del pensiero e la potenza dell’ideologia. Era necessaria quindi un’ideologia che potesse esprimere in modo
semplice e raggiungibile ad ogni strato sociale, la necessità del ritorno dell’alleanza trono e altare: un
aspetto fondamentale dell’antico regime, il sovrano pretendeva dal clero obbedienza e collaborazione.
Bisognava trovare una proposta culturale e politica che trovasse consenso sia tra le classi popolari sia tra i
borghesi critici al radicalismo rivoluzionario.
Il cattolicesimo ne fu l’interprete e per la prima volta si impegnò nella politica. Fin a quel momento la chiesa
e i tutti i movimenti che a essa facevano riferimento, avevano svolto solo una funzione esterna di garanzia
rispetto a quello che avveniva nella società, evitando di farsi coinvolgere negli avvenimenti politici.
Però quando il cattolicesimo si trovò minacciato dall’aggressività razionalista di matrice illuminista, dalla
secolarizzazione, dall’egemonia esercitata dalla borghesia e dalla crisi economica causata
dall’incameramento dei beni ecclesiastici da parte degli Stati, entrò attivamente nella vita politica e sociale.
Il suo obiettivo era riprendere il ruolo avuto in passato, sopratutto in Italia e Francia, alleandosi inizialmente
con gli aristocratici e i latifondisti agrari.
2 furono i pensatori rappresentanti: Joseph de Maistre eLouis de Bonald. Entrambi si batterono per un
cattolicesimo reazionario, visto come l’unica possibilità per riaffermare la legittimità politica, l’ordine
In Italia nel 1919, si costituì un vero e proprio partito cattolico, sotto la guida del sacerdote Luigi Sturzo: il
Partito Popolare. Egli rifiutava la lotta di classe, ma voleva una visione sociale e riformista più aperta
adottando anche il sistema democratico. Si schierò in difesa della piccola proprietà, dei diritti dei lavoratori,
della riforma amministrativa e degli interventi per il Mezzogiorno d’Italia.
Il partito ebbe ampia diffusione trai ceti medi e popolari, ma con la Marcia di Roma e l’ascesa del partito
Fascista, don Sturzo dovette lasciare la direzione del partito e nel 1926 il Partito venne sciolto.
Nel secondo dopoguerra si assistette a una ripresa politica del Cattolicesimo Politico, dando vita alla
Democrazia Cristiana, un partito di centro con frange di destra e di sinistra, che durò fino alla Caduta del
muro di Berlino (1989).
Invece in Germania il Cattolicesimo Politico dopo la seconda guerra mondiale, fu chiamato Unione
Cristiano Democratica di Germania: un partito cristiano conservatore fondato da esponenti cattolici (come
Adenauer) che permisero ai protestanti di governare. Aveva lo scopo di costruire una terza via tra il
capitalismo e il socialismo, ispirato ai valori morali e solidaristici del cristianesimo.
Dopo essere stata molte volte al governo, è tutt’ora al governo perseguendo una politica moderata volta alla
difesa dell’ecologia, dei diritti umani e del solidarismo sociale.
LE FORME SIMBOLICHE
IL MITO
“Mito” deriva da un termine greco il cui significato originario era parola, ma non intesa come semplice
elemento del linguaggio, ma simbolicamente come la parola che comprende la realtà e quindi spiega
qualcosa che è reale e immutabile. Nel corso del tempo il termine assunse una valenza leggendaria che ha
tradito il suo significato originario.
In tutte le civiltà umane esistono delle narrazioni collettivamente condivise per dare una spiegazione alla
realtà. Spesso hanno come protagonisti divinità o potenze soprannaturali.
Il mito contribuisce allo sviluppo delle facoltà logiche e razionali, mobilitando le energie emotive e
l’intuizione.
Secondo il Positivismo, per esempio, il mito rappresenta una sorta di età infantile dell’umanità e questa
concezione ha portato a una svalutazione, confinandolo esclusivamente all’ambito del fantastico.
Il mito è una visione del mondo caratterizzata dalla capacità di connettere ed equilibrare elementi tra loro
opposti, costantemente presenti nei suoi stessi schemi narrativi. Nel mito emozione e ragione non sono divise
secondi schemi razionalistici e quindi si può considerare il mito come un racconto fondante che evidenzia i
nessi reciprocamente interattivi che costituiscono il reale. Tende a spiegare la totalità del reale, le cause della
sua stessa generazione e il suo futuro.
Il mito rappresenta un costruttore immaginativo dinamico, che permette di organizzare ed esprimere una
dimensione simbolica trans-personale dove, attraverso narrazioni condivise e accettate come vere, si
manifesta una cornice mentale collettiva (brainframe). Tale cornice mentale caratterizza le modalità
attraverso cui una determinata cultura esprime la propria specifica identità, all’interno di schemi
• principio di non contraddizione: un ente o un’asserzione on possono essere allo stesso tempo
qualcosa e il suo contrario
• principio del terzo escluso: dato un’asserzione positiva e una negativa dello stesso oggetto, tali
asserzioni non possono essere entrambe vere o false, quindi o sono vere o sono false.
• Principio enantiodromico di derivazione eraclitea: ogni cosa tende a virare verso il suo contrario.
• Il mito è qualsiasi racconto che ha come scopo quello di mostrare e giustificare l’origine di qualcosa
o del cosmo in generale. I miti si possono distinguere in due categorie:
1. Miti d’origine: narrano l’origine di una determinata entità come per esempio un animale, una
pianta o un’istituzione sociale.
Insieme costituiscono un insieme narrativo unitario, dove i primi hanno a funzione di completare la genesi
del cosmo arricchendone e modificandone l’aspetto e la struttura.
MITO POLITICO
Il mito è una delle componenti principali della politica, grazie al suo linguaggio simbolico e in base alle
diverse epoche storiche ha assunto precise caratteristiche e funzioni.
• Per esempio, la fondazione e la giustificazione dell’autorità sovrana: terreno comune dei miti
fondativi della regalità in cui compare sempre la figura simbolica del re o dell’imperatore e che
riassume l’immagine dell’uomo perfetto e realizzato, creato da un’entità divina posto nel migliore
dei mondi possibili. Così il mito proietta l’autorità imperiale o la regalità su un piano sacrale
unificato e in questo modo si è potuto ritenere inviolabile la figura del sovrano, perché la sua
uccisione equivale alla violazione di un ordine patriarcale simile al parricidio.
Al re era attribuita la possibilità di guarire alcune malattie o compiere azioni quasi miracolose su
modello di Artù e nascono le mitologie del ritorno del Sovrano come salvatore dei sudditi o del
Sovrano ch si sovrappone a Cristo per salvare il mondo.
• Un altro grande mito è quello del popolo sovrano: è un mito che può essere visto in forma giuridica
come contratto o patto stabilito da individui liberi e consenzienti (popolo) o in forma storica e
culturale (nazione) come comunità unita dalla stessa lingua e dalle stesse tradizioni.
La storia occidentale ha poi oscillato tra questi due estremi con degli esiti inquietanti (come
ideologia nazista e fascista dove la nazione, intesa come razza, assume una dimensione totalizzante).
Il mito in senso politico ha quindi la funzione di riconoscere il potere, rappresentandone l’aspetto legato
all’esercizio dell’autorità.
Un esempio importante per la civiltà occidentale è il mito di Roma e si può quindi affermare che il mito
definisce la politica e la cultura di ogni civiltà sia perché ha la funzione di legittimare il potere, sia perché
costituisce un collante identitario, da cui nessun sistema politico è in grado di prescindere.
L’UTOPIA
Il termine deriva dal greco e significa non luogo. Nell’uso comune viene coniata dal filosofo e politico
Thomas More (1478-1535)ha il significato di progetto o idea impossibile da realizzare.
Può essere definita come un racconto che esprime un modello ideale (politico e/o sociale) con lo scopo di
modificare il reale (utopia positiva), di prevenire una sua possibile involuzione (distopia o utopia negativa)
o di presentare un insieme di possibili alternative alla realtà stessa.
A differenza del mito:
1. Eutopia: progetto positivo che può realizzarsi. Es. modello di fabbrica realizzato da Adriano Olivetti
nel secondo dopoguerra nella città di Ivrea.
2. Utopia: progetto positivo ma irrealizzabile e concepito come puro gioco intellettuale. Es. l’opera
Utopia di Thomas More in cui racconta di un’isola immaginaria in cui si cerca di risolvere tutte le
contraddizioni culturali, economiche, politiche, sociali e religiose dell’Inghilterra del XVI secolo.
Un altro esempio importante è La città del sole di Tommaso Campanella, parla di una città
immaginaria in cui descrive la perfezione del sistema di fortificazione di cui è dotata e che la rende
inespugnabile. Per l’autore è un vero e proprio programma politico da realizzare in futuro e la
concepisce come un modello per il miglioramento della società umana.
3. Distopia: progetto negativo ma attuabile, dove vengono presentate situazioni sociali, politiche e
umane inquietanti, negative e non auspicabili. Es. 1984 di George Orwell in cui viene descritto un
mondo dove ci sono regime totalitari che governano attraverso il controllo, la sorveglianza e la
propaganda politica.
4. Antiutopia: progetto negativo, assurdo e impossibile. Es. Limbo di Bernard Wolfe dove si ipotizza
una società impazzita e malata in cui è comune la prassi dell’amputazione degli arti e la sostituzione
con protesi computerizzate per evitare che si possano compiere atti violenti.
In ogni narrazione ibrida, che assimila la metodologia scientifica, viene eliminato ogni ricorso possibile al
divino e al soprannaturale, che renderebbe il fenomeno o l’oggetto immodificabile e immateriale. Ogni
manipolazione della realtà, all’interno di un mondo considerato sacro, perché immagine del divino,
rappresenta una violazione illegittima di un ordine cosmico fissato da potenze che superano l’uomo e lo
sovrastano.
LO STATO/NAZIONE
Un esempio di narrazione ibrida in ambito politico riguarda la Nazione in senso moderno, come detentrice
del potere e della sovranità, e lo Stato come forma giuridica, politica e istituzionale.
La nazione nell’età moderna è intesa in due modi:
1. Popolo/nazione: Volk, in quanto unità linguistica, culturale ed etica, fondata sull’idea di un comune
destino storico. I singoli individui appartengono ad esso indipendentemente dalle scelte personali.
Lo stato è stato introdotto nel lessico politico da Machiavelli con il significato che attualmente possiede. E’
stato interpretato in senso contrattualistico da Hobbes e Lock, in modo organicistico da Hegel, con un
significato giuridico-formale da Kelsen.
Lo stato-nazione risulta quindi essere la combinazione di due elementi: la nazione come luogo di fondazione
mitico-identitaria del corpo sociale, e lo Stato come modello politico che vi corrisponde. Lo stato-nazione
costituisce una moderna narrazione ibrida tanto come proiezione istituzionale della nazione, quanto come
forma di potere creatore dell’identità nazionale. Quindi lo stato-nazione è una narrazione sempre
condizionata da un mito delle origini che gli conferisce una specifica identità. Lo stato invece è la forma
giurida-istituzionale che interpreta tale identità, da cui poi a sua volta è condizionato.
La nazione, che in relazione alla propria identità (momento mitico), chiede allo stato di corrispondervi in
quanto progetto (momento utopico);l o stato, che in quanto espressione di un potere dotato di una specifica
rappresentazione di se stesso e della nazione (momento mitico), tenta di forgiare il popolo che è assoggettato,
secondo i propri ideali (momento utopico).
L’IMMAGINARIO POLITICO
L’immaginario è un insieme di elementi eterogenei prodotti dall’immaginazione, tra loro correlati e uniti da
meccanismi non semplicemente riconducibili né alla casualità né a schemi logico-razionali.
Inoltre esso è un prodotto collettivo e condiviso la cui posizione è sempre sospesa tra reale e virtuale.
L’immaginario comprende:
2. Contenuti psichici autonomi cui non corrispondono necessariamente oggetti o dati empirici
osservabili
3. Le forme archetipiche o schemi universali oggettivabili attraverso cui vengono creati miti, utopie.
L’immaginazione è un’attività mimetica, cioè la semplice capacità di produrre copie di elementi sensibili,
forgiando oggetti che non esistono nella dimensione dell’esperienza sensibile, ma che sono soggetti a una
nuova interpretazione del reale.
L’immaginario quindi influenza la struttura mentale (forma mentis) di ciascun individuo, ma determina anche
in senso collettivo, l’esistenza di ogni cultura e l’efficacia di ogni formula politica attraverso le narrazioni e
simboli.
l’immaginario è il frutto dell’interazione tra ambiente e dimensione psicofisica dell’essere umano che
comprende anche la sua esperienza percettiva primaria.
L’immaginario collettivo quindi si forma in base a un’interazione tra ambiente e diade corpo-mente.
L’immaginario politico consiste nel’insieme di narrazioni di carattere simbolico e/o ideologico sulla base
delle quali si legittima socialmente l’ordine costituito e l’esercizio del potere da parte della classe politica
• Quello materiale, corporeo e pesante che raccoglie l’eredità del positivismo, privilegiando le
conoscenze scientifiche;
• Quello virtuale, leggero e incorporeo che si sviluppa lungo una dimensione immaginativa che
condiziona le scelte e i comportamenti individuali e collettivi. Questo unifica l’immaginario
collettivo planetario intorno a uno schema gnostico.
Per esempio, nel conflitto culturale che oppone Occidente all’Islam, entrambi costituiscono l’altro
come l’oscuro e demoniaco nemico da sconfiggere. Il presidente degli Stati Uniti, Bush nel 2002,
definì i paesi come Iran,Iraq e corea del Nord: asse del male, che si arma per minacciare la pace nel
mondo; mentre nel mondo islamico si è diffusa l’immagine degli Stati Uniti come Grande satana.
Il potere politico riprende le strategie di corruzione de consenso tipiche dei regimi totalitari, all’interno di
una concezione generale che si afferma come soft power, basato sull’uso dei mezzi di comunicazione di
massa che preparano i cittadini alla competizione elettorale.
IL COMPORTAMENTO POLITICO
Il comportamento politico è l’atteggiamento che un individuo o un gruppo hanno in relazione al sistema
politico di riferimento, al potere e ai loro processi di legittimazione.
Storicamente si può considerare il comportamento politico come il modo attraverso cui gli individui e i
gruppi umani interagiscono con l’ordinamento politico-istituzionale dove vivono.
E’ un fenomeno connesso con l’esistenza del genere umano: da sempre, la stessa sopravvivenza della specie
umana non sarebbe possibile se gli uomini non si associassero tra loro. Questa necessità determina delle
gerarchie tra gli individui.
Il criterio per qualificare un atteggiamento dipende in ultima istanza dalla divisione tra la sfera pubblica e
quella privata, per cui solo ciò che ricade o ha conseguenze dirette in riferimento alla dimensione pubblica
può essere interpretato in senso politico.
Un esempio è l’adozione di una dieta vegetariana per motivi di ordine etico: tale comportamento finchè
rimane confinato all’interno della sfera privata non ha un valore di ordine politico, ma può acquisirlo quando
l’individuo o il gruppo agisce con il fine di diffondere questa pratica a livello sociale per creare una forza
politica per modificare l’ordinamento giuridico.
Questi fattori contribuiscono a orientare le scelte politiche degli individui, delle classi sociali e dei gruppi di
pressione nei sistemi politici. Sono tre aspetti basilari dell’esistenza umana che condizionano il
comportamento dei principali attori politici.
Nel corso della storia della filosofia e della teoria politica per un certo periodo di tempo ha prevalso
un’interpretazione di stampo marxiano del comportamento politico, per cui tutti i fenomeni storici e culturali
venivano interpretati in relazione alle condizioni materiali di esistenza, intese in funzione del sistema
economico di produzione e di scambio. Secondo questa interpretazione, le logiche di tipo economico erano
considerate come le cause ultime di ogni comportamento politico, in quanto si riteneva che da esse
derivassero non solo l’ideologia e l’immaginario più comunemente diffusi, ma la spinta fondamentale per
ogni atto umano dotato di senso.
Questa impostazione, ancora dominante negli anni ’70 in Italia, è stata progressivamente abbandonata dalla
maggior parte degli studiosi a vantaggio di un’interpretazione dei fenomeni politici, in cui gli elementi di
carattere ideologico, simbolico e immaginativo assumono un ruolo altrettanto determinante (al pari delle
condizioni materiali) nell’orientare il comportamento umano.
• Per capire l’importanza di questi 3 elementi si può usare l’esempio del sistema dei vasi comunicanti:
come accade all’interno di questo sistema fisico, dove il livello di liquido in ciascun vaso non
dipende dal singolo contenitore in cui il liquido è introdotto, ma rimane sempre identico in ognuno,
così il cambiamento che si verifica in uno degli elementi considerati (ideologico, simbolico o
economico) ricade sugli altri, senza che ce ne sia uno necessariamente dominante o preminente.
• Un altro esempio viene spiegato dal sociologo tedesco Max Weber: i convincimenti religiosi dei
calvinisti, basati sul culto del lavoro e sull’idea che il successo negli affari e nella professione
fossero il segno di benevolenza divina e della predestinazione alla salvezza, favorì lo sviluppo della
civiltà industriale e del capitalismo, portando a una nuova organizzazione del lavoro e dell’esistenza.
Come mostrano questi esempi è quindi necessario interpretare i comportamenti e i fenomeni politici che
sono connessi secondo una logica circolare.
L’ORGANIZZAZIONE POLITICA
L’organizzazione politica è la modalità attraverso cui ogni sistema politico gestisce e struttura al proprio
interno i suoi 3 elementi fondativi:
1. Forza: individua ogni forma di costrizione o violenza che un individuo, gruppo o sistema politico,
esercita su almeno un altro individuo, gruppo o sistema politico.
In un qualsiasi sistema politico la Forza organizza le parti che lo compongono secondo precise
2. Potere: è una qualsiasi relazione tra uomini, gruppi o sistemi politici che abbia una natura
asimmetrica e gerarchica. Queste relazioni possono a loro volta essere gestite da apparati giuridici
formalizzati con lo scopo di creare un ordinamento oggettivo.
Il potere deve essere interpretato come un modo per regolare i rapporti di forza secondo schemi
ordinati. Fin dalle epoche più antiche, il potere tende a essere concepito sulla base della sua
possibilità di tradurre i rapporti di forza vigenti in termini giuridici:
- Famoso è la trattazione ciceroniana della Repubblica (res publica) come sistema politico che
appartiene al popolo romano, in quanto comunità di uomini liberi che si riconosce in un medesimo
ordine giuridico fondato, oltre che sulla comunanza di interessi anche sulla giustizia e
sull’osservanza delle stesse leggi.
- anche nel caso dell’impero bizantino, nonostante la forza dell’imperatore fosse creatrice della
legge stessa e superiore a essa, il potere era comunque definito come forza sottoposta al diritto.
Infatti imperatore era qualificato come legge vivente.
- i sistemi politici moderni, come lo stato, tendono a trasformare il potere nel governo impersonale
delle leggi, interpretate all’interno delle relazioni di comando e obbedienza che lega tra loro
individui, gruppi e organi di ordinamenti, secondo precise relazioni gerarchiche.
3. Autorità: indica le modalità attraverso cui un ordinamento politico e chi lo costituisce legittimano la
propria esistenza e le relazioni di potere che vi hanno luogo. Più dettagliatamente, consiste ella
giustificazione del sistema politico in se stesso e nella legittimazione delle relazioni di comando e di
obbedienza che vi si instaurano.
Per esempio lo stato viene spesso giustificato in funzione dell’ordine che esso realizza; invece
l’impero in epoca medievale, legittimava la sua stessa esistenza fondandola sulla necessità di una
guida di tutti i cristiani.
LA CITTA’
La città come forma politica appare in Grecia intorno all’VIII secolo a.C. Per la cultura e la civilizzazione
greca antica, la polis rappresentò un modello politico di riferimento e può essere considerata una delle prime
esperienze fondanti dell’identità e delle categorie politiche della civiltà occidentale.
Per alcuni storici, le città sono il frutto dell’invasione dorica della Grecia, già abitata dagli achei, che
abbattendo i regimi monarchici a vantaggio di un modello oligarchico, fondarono le poleis come nuove
forme di aggregazione politica. Per altri storici, che non credono all’invasione dorica della Grecia, la polis
sorse dal passaggio della monarchia all’oligarchia all’interno della società achea, dove al dominio del re si
sostituì quello dell’aristocrazia militare, mentre il termine Dori fu un nuovo nome degli achei sopo la loro
espansione territoriale.
La polis ha caratterizzato, oltre la politica greca, anche quella romana, fenicia e di tutti i popoli che abitarono
l’area mediterranea fino alla conquista romana.
Dopo l’anno Mille, in particolare in Italia, ci fu l’affermazione di un autonomo orizzonte politico comunale,
• Spartiati: classe dominante dalla nascita e godevano di pieno diritto alla cittadinanza, si dedicava
solo alla guerra e alle attività connesse. Già da piccoli venivano separati dalle famiglie ed educati da
un prefetto della gioventù, fino all’età di 19 anni, quando diventavano combattenti. A 30 anni
potevano partecipare all’assemblea dei cittadini e acquisiva il diritto di vivere in abitazioni private
con moglie. Ognuno di loro aveva il diritto ad un appezzamento di terra che poteva essere ereditato
solo dal primogenito maschio. Inoltre tutti erano tenuti a consumare quotidianamente i pasti in
comune (sissizi).
• Perieci: erano gli abitanti delle altre comunità cittadine sottomesse a Sparta, erano obbligai a
combattere a fianco degli Spartiati e dovevano accettare le loro decisioni amministrative.
• Iloti: erano i discendenti delle popolazioni autoctone che gli Spartani di stirpe dorica avevano
asservito, erano privi di diritti ed erano obbligati a coltivare le terre degli spartiati.
• 2 Re
• L’apella: assemblea generale degli spartiati. Aveva la funzione di eleggere i magistrati, decidere
la successione al trono, inviare ambascerie e dare la cittadinanza in casi del tutto eccezionali.
• L’eforato: 5 efori venivano eletti dal popolo degli Spartiati, avevano il potere di proporre leggi,
presiedere l’apella e la gherusia attraverso l’eforo eponimo. In origine avevano il cpmpito di
vigilare sulla vita pubblica e sul comportamento dei cittadini; successivamente divenne l’organo
più importante di Sparta perché il potere si estese alle relazioni esterne, alle ambascerie, alla
stipulazione di trattati, dichiarazioni di guerra.
2. Il rex non doveva necessariamente appartenere alla città, poteva essere anche uno straniero. Le
procedure seguivano questo schema:
a. Apertura dell’interregnum
3. Il potere del rex riguardava la direzione della vita pubblica. I suoi limiti venivano posti solo dagli
altri organi che compongono l’ordinamento politico e giuridico della città.
Alla figura del rex era associato il Senatus, composto da 300 membri scelti dai patrizi. I patrizi si
distinguevano dalla classe plebea (la moltitudo), in quanto detentori di un nome gentilizio che simboleggiava
la loro discendenza da un unico progenitore.
Il Senato era legato all’esercizio:
- dell’interregnum: consisteva nella costituzione di un collegio di 10 senatori, uno dei quali si occupava a
rotazione di 5 giorni di governare la città temporaneamente, in mancanza del rex.
- dell’auctoritas: approvava le deliberazioni dei comitia.
- il senato aveva il compito di fornire pareri su ogni materia che il rex riteneva di dover portare alla loro
attenzione (consultum).
I Comitia curiata erano le assemblee dei cittadini maschi adulti in grado di portare le armi. Avevano la
funzione di eleggere il rex, votare proposte ad essi sottoposte e deliberare sulla pena capitale. Importanti
anche dal punto di vista bellico: da ogni curia venivano prelevati 100 uomini che costituivano la fanteria
formata da 3000 uomini.
Nel 509 a.C. ebbe fine il Regnum con la cacciata di Tarquinio il Superbo, che trasformò Roma in libera Res
Publica. Al rex si sostituì il Senato, formato da 300 membri che appartenevano a entrambe le classi (patrizi,
chiamati patres, e plebei, chiamati conscripti). Il senato dirigeva la res publica attraverso lo strumento del
consultum: era un parere rilasciato al magistrato che lo richiedeva, formalmente non vincolante, ma non
disatteso mai. Normalmente le cariche consolari e delle magistrature erano annuali.
Al senato si aggiungevano i magistrati ordinari:
1. Consules (consoli): in numero di 2, erano attribuite a loro le competenze che non venivano esercitate
esplicitamente dagli altri magistrati e indirizzavano la politica della res publica attraverso l’iniziativa
legislativa e la richiesta di consigli al senato (senatus consulta).
2. Quaestores (questori): avevano compiti civili e spettava loro la sorveglianza dei tesori e archivio di
Roma, aiutavano i consoli nelle loro funzioni militari. E poi aveva funzioni legate alla sorveglianza
delle coste e all’allestimento della flotta.
3. Censores (censori): in numero di 2 ed eletti ogni 5 anni, si occupavano del censimento della
popolazioni in base al quale si stabiliva il patrimonio dei cittadini e di conseguenza il loro peso
all’itero dell’assemblea. Avevano funzioni controllo dei costumi dei cittadini e del regolamento delle
entrate e uscite pubbliche.
5. Aediles curules (edili curuli): in numero di 2, esercitavano funzioni di polizia e organizzavano feste
pubbliche.
6. Dictator: poteva essere nominato dal senato e dai consoli solo per massimo 6 mesi, temporaneamente,
aveva la funzione straordinaria di permettere alla Repubblica di superari i momenti di crisi. Aveva la
pienezza dei poteri militari e civili imponendosi su tutti gli altri magistrati subordinati.
7. Tribuni plebis (tribuni della plebe): erano 10, esercitavano l’auxilium dei plebei, quindi attraverso il
vero potevano impedire qualsiasi atto di governo o dei pubblici poteri.
IL REGNO
Il regno è un sistema fondato su una singola persona che assorbe nella propria funzione una serie di poteri, in
relazione ai quali si possono avere monarchie feudali, assolute, costituzionali o parlamentari .
Il Sovrano, nella tradizione medievale, era simbolo del legame che univa la terra con il cielo: il re con gli dei
o con Dio. Questo ha reso il sovrano un individuo dotato di speciali attribuzioni che si estendevano dal
comando militare alla funzione sacerdotale,
In tempi arcaici il vecchio sovrano veniva sacrificato in favore del giovane in modo da assumere la pienezza
del potere e la rappresentanza divina. Nel corso dei secoli il sacrificio venne sostituito con la frase rituale: Il
re è morto, viva il re.
• Monarchia feudale: nasce come istituto militare in cui il re è un capo militare che tende ad
assumere anche funzioni politiche. E’ tipica dei primi regni romano-gemanici ed è limitata dai poteri
di un qualche tipo di senato (inteso come assemblea generale dei liberi). Il monarca di tipo feudale
ha un potere ridotto sia del senato (quando c’è), sia dell’aristocrazia e dei suoi capi. In questi regni
domina l’idea di Personalità della legge: mancando un sistema giuridico unitario in senso territoriale,
a ciascun individuo viene permesso di osservare le leggi e costumi della propria natio o stirpe di
appartenenza.
Questo tipo di regno fu praticato soprattutto durante l’alto medioevo e si basava sulla costruzione di
una società fondata sul possesso della terra e su profonde distinzioni di classe. Ciò finì con l’avvento
delle monarchie assoluto che diventarono i regimi più diffusi in tutta Europa dal XVI al XVIII
secolo, a eccezione dell’Inghilterra che non volle accettarla.
• Monarchia assoluta: è un regime politico in cui il sovrano non è soggetto alle leggi positive, il suo
potere non è limitato da nessuna assemblea o parlamento, né dal potere giudiziario e non subisce
condizionamenti da parte di altri poteri ecclesiastici o laici. Le monarchie assolute tendono a
organizzare i regni secondo caratteri tipici dello Stato moderno che possiede la Sovranità come
potere non subordinato ad altri poteri. Inoltre la Sovranità è assoluta, perpetua, indivisibile,
inalienabile e imperscrittibile: ovvero non è limitata dalle leggi, non coincide con le persone che la
esercitano perché appartiene perpetuamente al sistema politico che la esprime, non può essere ceduta
ad altri, non si estingue per un suo mancato esercizio.
La corona ha funzione legislativa, esecutiva e giudiziaria e vengono esercitate dal re, ma non da lui
stesso possedute.
L’IMPERO
l’impero è una forma di potere che va al di sopra di ogni gruppo etnico e/o politico. Ha origini in Oriente e la sua
principale fonte di legittimazione è che concepisce se stesso come la copia terrena di un potere superiore: il potere
celeste e divino. L’autorità ha quindi una concezione sacra, chiunque osa opporsi all’imperatore contrasta la volontà di
dio. L’imperatore era considerato Il figlio del cielo. Infatti per esempio l’imperatore cinese Wu viveva in un palazzo che
era una gigantesca rappresentazione del cosmo di cui l’Imperatore era il centro.
L’imperatore coniugava insieme potere politico e autorità sacerdotale. Nel caso della figura dell’Imam della dottrina
gnostico-sciita, era un’autorità politica e spirituale.
Nella tradizione buddista, l’imperatore veniva concepito come un Siddarta (colui che ha realizzato lo scopo
dell’esistenza) e plasma la propria figura sull’esempio di Buddha. La carica di imperatore nella storia dell’Occidente
non fu ereditaria, ma elettiva.
Anche la civiltà romana aveva una concezione universalistica dell’Impero, dove l’imperatore aveva oltre che potere
politico e militare, era anche Pontefice Massimo, capo del collegio sacerdotale.
I cristiani accettavano l’autorità dell’impero, ma non accettarono mai di adorare l’Impero come un dio. Fino all’editto
dell’Imperatore Costantino che concesse piena libertà di culto ai cristiani, permettendo al cristianesimo di affermarsi
progressivamente come la principale religione dell’Impero. Ciò cambiò il senso della figura imperiale che non perse il
suo carattere sacrale, ma non fu più equiparate a una divinità.
Quando cadde l’Impero romano d’Occidente, sopravvisse all’interno della civiltà bizantina la concezione dell’impero
come manifestazione di dio sulla terra, dove l’imperatore era il coreggente insieme a cristo stesso. Infatti il trono
dell’imperatore bizantino aveva due posti, uno per Cristo e l’imperatore veniva onorato come fosse un dio vivente.
Diverso fu l’atteggiamento in Occidente: dopo le invasioni barbariche e i numerosi regni sorti dopo la caduta
dell’Impero romano, Carlo Magno fondò un sistema imperiale secondo la concezione della Respublica Christiana.
L’imperatore era considerato solo il rappresentante sulla terra di Cristo Pantocratore, Signore del Mondo, che si faceva
chiamare vescovo dei vescovi. Alla fine dei tempi, egli avrebbe dovuto restituire il potere a Cristo stesso.
Ci poi un progressivo indebolimento della figura imperiale e il rafforzamento dei Signori locali. A questo si aggiunse
anche la presenza nella Respublica Christina della Grande Chiesa e della sua gerarchia centrata sulla figura del
pontefice che oltre al potere religioso aveva, in parte anche quello temporale. Ciò determinò il costituirsi dell’impero
• Impero Orientale: si caratterizza per un totale accentramento del potere nelle mani dell’Imperatore
che acquisisce i caratteri di un monarca assoluto la cui figura viene associata a quella di un dio. Es.
il Faraone egiziano considerato un dio.
• Impero Occidentale: il caso in cui il potere dell’Imperatore è limitato da atri soggetti o gruppi
organizzati, per esempio il senato nell’antica Roma, il papato o il potere dei feudatari in epoca
medievale.
Il modello di riferimento è la tradizione romana: in particolare L’impero romano all’epoca
dell’instaurazione del principato da parte di Giulio cesare.
• Modello romano
Il sistema politico romano all’epoca del principato di Augusto, che trasformò la Repubblica
Quindi l’imperatore è un princeps che non ha un potere autonomo e illimitato, ma coordina ogni altro potere.
Dal punto di vista religioso ha la carica di Pontefice Massimo, diventando il capo del collegio sacerdotale
romano.
Con la presa del potere di Diocleziano nel 284 d.C. si trasformò in un Impero di tipo orientale secondo forme
accentratrici caratterizzanti la monarchia assoluta.
• Modello medievale
l’Impero medievale fu fondato da Carlo Magno nell’800 d.C. e ha come sua fonte principale di
legittimazione la religione cristiana e si identifica con la Respublica Christiana. C’è un forte
richiamo ideologico e simbolico al modello romano, ma se ne discosta anche molto:
• insiste su una struttura sociale fondata su una divisione in classi: clero, aristocrazia e popolo.
• Il potere dell’imperatore dipende dalla forza del proprio esercito ed è limitato dal potere dei signori
feudali e dai liberi comuni che ne popolano il territorio.
Il potere imperiale esercita un dominio di natura prevalentemente etica, e lascia pieni poteri alle entità
politiche locali: regni, comuni e feudi.
Terminò con la morte di Federico II.
• Modello moderno
La civiltà moderna si costituisce politicamente sul sistema Stato-Nazione che rappresenta l’antitesi del
modello imperiale. Questo sistema nuovo ha conosciuto un’espansione coloniale così ampia che lo ha
configurato come un sistema di potere imperiale o paraimperiale.
2 casi che rappresentano quanto di più simili a un Impero durante la modernità:
- L’impero britannico: realizza un sistema paraimperiale fondato su una monarchia parlamentare che estende
il proprio dominio a popoli e nazioni eterogenei sul piano culturale e linguistico, ma per esempio in America
e Australia si scontra con popolazioni nomadi e arcaiche, e tende a imporre il modello etnico inglese.
- L’impero americano: è un unione federale di stati con un ordinamento repubblicano e presidenziale che
estende la propria egemonia a una parte consistente del globo attraverso sistemi di alleanze che riconoscono
alla sua stessa cultura, lingua e forma politica un ruolo preminente, conferendo al Presidente degli Stati Uniti
un’Autorità morale, etica e politica che ricorda per molti aspetti il modello romano.
In ogni caso, l’emergere dello Stato-nazione e delle sue logiche etniche e linguistiche in seno alla modernità
non ha mai veramente permesso la trasformazione dei sistemi federali, confederali o coloniali in veri e propri
imperi.
1. FORZA: consiste nella capacità ed efficacia del comando e rappresenta un’entità politica in grado di
imporre la propria volontà a ogni individuo che vi è assoggettato.
2. POTERE: rappresenta l’esercizio della forza secondo procedure e norme qualificate in senso
giuridico.
3. AUTORITA’: è l’esercizio di un potere legittimo, qualificato come tale in funzione di una narrazione
simbolica fondativa dotata di senso, che giustifica l’esistenza delle leggi e del controllo giudiziario
che ne consegue.
4. SOVRANITA’: èl’indipendenza dello Stato da ogni altro sistema politico e come assoluta
preminenza su ogni altra persona fisica e giuridica che appartenga al suo territorio.
E’un concetto giuridico che si è affermato con la pace di Westfalia nel 1648, che ha condizionato le
sorti dell’Europa e che è alla base dell’ordine mondiale scaturito dall’età moderna.
Però dopo la divisione del pianeta in due blocchi, Stati Uniti e Unione Sovietica, ha perso la propria
condizione. Dopo la fine del comunismo il fenomeno non si è attenuato, lo Sato vede ridurre la
propria sovranità a vantaggio di organismi politici e di istanze economiche e politiche globali.
Le sue caratteristiche più importanti sono: indivisibilità (non tollera la separazione dei poteri) e
unicità (esercitato da una sola persona).
LA SOCIETA’ CIVILE
In origine il termine appare come una variazione lessicale della parola Stato.
• Hobbes, Locke e Kant: utilizzano società civile per indicare l’uscita dell’umanità dallo stato di
natura, allo scopo di associarsi ai propri simili istituendo un ordine politico coincidente con lo Stato.
• Rouseau: il termine società civile ha un significato diverso dalla parola Stato (inteso come società
politica), cioè è legato a un processo di civilizzazione non ancora segnato dall’emergere di
• Hegel: sostiene che la società civile è un elemento intermedi tra la famiglia e lo Stato, e costituisce
lo spazio simbolico degli scambi economici, della libertà individuale regolata dal diritto e dalla
repressione poliziesca dell’illecito.
• Marx: sostanziale distinzione tra società civile e Stato, qualificando la prima come società borghese
dove dominano incontrastate le leggi economiche derivante dai rapporti di produzione e di scambio
tra gli uomini.
In termini più generali si può definire la società civile come l’insieme di quei rapporti tra individui, gruppi e
classi, che si svolgono tanto sul piano virtuale e reale, quanto sul piano del possibile e dell’attuale, al di fuori
delle istituzioni dello stato o ogni sistema politico.
Per comprendere meglio la società si possono individuare 3 modelli:
1. Piramidale: la società è divisa in classi e l’appartenenza a esse è legata alla nascita e alla funzione
svolta. Il vertice della piramide è occupata dai sacerdoti (oratores) e guerrieri (bellatores) e la base
da coloro che lavorano (laboratores).
3. Reticolare: la società è organizzata secondo uno schema reticolare di tipo aristocratico, dove la
posizione di ciascuno è determinata dalle connessioni che possiede sia individualmente che in
funzione della propria appartenenza al gruppo. Fondamentale è la natura delle connessioni
(economiche, mediatiche, culturali..) e il loro numero e forza. IL modello è rappresentato dal web.
LA CONFEDERAZIONE
Le confederazioni come forme di aggregazione politica hanno un’antica tradizione, la più antica e importante
è la Confederazione (o Lega) peloponnesiaca, risalente al VI secolo a.C. capeggiata da Sparta e formata
dalle città del Peloponneso per contrastare i Persiani e combattere le tirannidi.
Essa divenne sempre più fragile e fu sconfitta dalla Confederazione achea, che a sua volta si scontrò con la
lega etolica. In Grecia ci furono anche altre confederazioni: quella dei Lici o quella di Atene, alcune furono
brevi, altri più lunghe e alcune per combattere un nemico immediato, altre un nemico storico.
Con il dominio romano sul Mediterraneo, le confederazioni furono inglobate all’interno del sistema di potere
creato da Roma, che stringeva con i singoli regni e città un patto di amicizia e di reciproco aiuto (foedus).
Questo patto poteva essere:
- foedus aequum: in cui gli obblighi erano reciproci
- foedus iniquum: era Roma che stabiliva gli obblighi di obbedienza cui erano tenuti i confederati.
I confederati erano liberi di amministrarsi come meglio credevano, contribuivano alle finanze romane..
Con la caduta dell’impero romano il concetto di confederazione si cancellò e venne ripreso nel Medioevo
Nel XIX secolo si riprese l’idea di Confederazione, concepita come unione di Stati Sovrani che, mantenendo
la propria indipendenza, potevano delegare alcune prerogative sovrane ad uno Stato che ne assumeva la
leadership. Nel 1806 sorse la Confederazione del Reno, composta da Stati dell’area germanica e aveva
un’impronta filo-francese e comportava un’alleanza militare e strategica per sostenere la politica
espansionistica di Napoleone in funzione anti-inglese.
Con la crisi, la confederazione del Reno si sciolse e il Secondo Trattata di Parigi (1814) dichiarò che gli Stati
Tedeschi erano indipendenti e sciolti da vincoli federativi.
Poco dopo, per rispondere a un bisogno di coesione a fronte di un possibile nemico comune, nel 1815, venne
costituita a Vienna la Confederazione Germanica, presieduta dall’Austria e si proponeva di difendere la
sovranità dei singoli stati dalla pressione giacobina e liberal-borghese. Si sciolse con la guerra austro-
prussiana del 1866 cedendo il posto alla Confederazione della Germania del Nord, voluta dalla Prussia e
dal cancelliere Bismarck. Questa era strutturata come uno stato sovrano, governata da un Presidente (re di
Prussia) che aveva la pienezza dei diritti. era un vero e proprio stato unitario e nazionale. Successivamente si
trasformò nel Reich tedesco, mantenendo la propria struttura interna e rinominando il Presidente, Imperatore
del Reich.
Ciò dimostra come la perdita parziale della sovranità dei singoli membri di cui si compone, può facimente
generare lotte per la supremazia che portano a un implosione e frammentazione che trasforma la
confederazione in una unione federativa.
Il termine significa è un patto o alleanza stretta da Stati sovrani che, senza abdicare alla loro sovranità,
intendono conferire ad organi comuni specifiche competenze di politica interna o esterna.
Questa abdicazione è la risposta a situazioni di particolare gravità per sfuggire a una sicura sconfitta e a uno
stato di anarchia. Rappresenta anche il tentativo di razionalizzare le risorse materiali e spirituali a scopo di
espansione territoriale e economica.
La confederazione è dotata di organi centrali comuni che convivono con una indipendenza degli stati
membri.
Il fondamento politico su cui si ergono le confederazioni è rappresentato dalla subordinazione degli organi
confederali agli interessi dei singoli Stati tra loro associati.
Unione Europea
Il caso dell’Unione Europea è interessante per comprendere il difficile equilibrio tra spinte unitarie e
tendenze alla frammentazione che contraddistinguono specificamente i sistemi confederali.
L’Unione è un aggregato di Stati-nazione che per un verso riconoscono alcune fondamentali istituzioni
comuni, ma per un altro ne disattendono spesso le decisioni, riservandosi il diritto di difendere i propri
interessi nazionali. L’Unione infatti è priva di una politica estera comune: nonostante prevede la figura di un
Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, spesso i singoli stati-nazione che la
compongono promuovono la loro politica estera autonoma. Inoltre l’Unione non ha un vero e proprio
esercito, ma affida la propria difesa all’azione dei singoli stati membri.
Le principali istituzione che la compongono sono:
1. Parlamento europeo: è l’organo legislativo dell’Unione, viene eletto a suff. Univ. Da tutti i
cittadini, secondo quote assegnate a ciascuno Stato direttamente proporzionali alla sua popolazione.
2. Consiglio europeo: composto da Capi di stato e di governo dell’Unione, dal Presidente della
Commissione Europea e dal’Alto rappresentate per gli affari esteri e la politica di sicurezza.
Definisce l’indirizzo politico generale dell’Unione, non ha potere legislativo, gestisce qustioni non
risolvibili a livello inferiore, adotta una politica esterna comune, nomina ed elegge i candidati della
Banca centrale europea e della commissione.
3. Consiglio dell’Unione Europa: non ha membri permanente, ogni Stato invia di volta in volta i
ministri competenti. Ha il compito di negoziare e adottare le leggi dell’UE insieme al Parlamento
europeo, coordinare le politiche dell’Unione, elaborare politica estera e di sicurezza, sigla accordi
internazionali e approva il bilancio dell’Unione insieme al Parlamento.
4. Commissione europea: è l’organo del potere esecutivo dell’Unione, attua le decisioni del
Parlamento e del consiglio dell’UE. Presenta al Parlamento e al Consiglio le proposte di legge,
gestisce le politiche comuni e i finanziamenti, garantisce il rispetto della legislazione e rappresenta
l’UE a livello internazionale negoziando gli accordi.
E’ comporta da un numero di commissari pari agli Stati membri: il presidente viene scelto dal
Consiglio ma deve ottenere la maggioranza di voti in Parlamento, tutti gli altri commissari vengono
scelti dal presidente su indicazione dei singoli stati e approvati dal Parlamento e consiglio.
5. Corte di giustizia dell’Unione Europea: interpreta la normativa dell’UE e giudica controversie tra
i governi degli Stati membri e le istituzioni dell’Unione. E’ divisa in Tribunale e Corte di giustizia
con diverse competenze. I giudici e avvocati che ne fanno parte vengono nominati dai governi degli
stati membri con mandato di 6 anni.
6. Banca centrale europea: gestisce la moneta comune alla maggior parte degli stati dell’Unione,
l’Euro. E’ composta dal Presidente e vicepresidente che presiedono il comitato esecutivo, i cui
membri sono nominati dal Consiglio europeo
7. Corte dei conti europea: ha funzioni di controllo sulla gestione uso dei fondi a disposizione
dell’Unione. I membri sono nominati per 6 anni dal Consiglio dell’UE e essi scelgono tra di loro il
Presidente.
UNIONE FEDERALE
I sistemi federali sono un fenomeno tipico dell’età moderna, attraverso cui si è tentato di superare lo Stato-
nazione. Nel corso del XVIII e XIX secolo si costituirono i primi sistemi federali:
• Gli Stati Uniti nel 1787, dopo la guerra di indipendenza vs la Gran Bretagna, si dotarono di una
costituzione federale.
• Nel corso del XIX secolo sorsero altre strutture politiche federali, come quella canadese, che
unisce tra loro in un'unica entità politica l’area francofona e anglofona.
L’unione federale è un sistema che si fonda su un vasto insieme di entità politiche sovrane che si coordinano
tra loro al fine di creare un’entità a esse sovraordinata, dotata di una minima quantità di competenze da
garantire l’unità politica della federazione e la sua stessa sovranità.
All’unione federale vengono attribuite: il monopolio delle competenze riguardanti la politica estera, la
difesa, gestione della politica economica e della moneta.
Ogni cittadino e ogni parte del territorio sono soggetti a 2 distinti ordini sovrani: Stato o Unione Federale nel
suo insieme. Ciò da luogo a 3 possibili esiti:
1. Federalismo duale: si fonda su una divisione tra Stato (o sistema feudale) e Stati membri (o entità
federative). Ciò accade quando gli Stati membri (o entità federative) accettano una limitazione della
propria sovranità su una serie di materie, così che l’Unione federale e i suoi membri possiedono
poteri propri e tra loro indipendenti di natura legislativa e esecutiva.
3. Federalismo organico: rappresenta una forma impropria di federalismo. C’è una centralizzazione
dei poteri che lascia poca autonomia all’entità federale.
Rispetto allo stato-nazione, che tende all’omogeneità culturale e linguistica e persegue una centralizzazione
delle proprie funzioni e competenze, il sistema federale permette maggior rispetto delle diversità.
E’ necessario osservare che spesso l’affermarsi del federalismo è il frutto di un processo politico determinato
dalla necessità di evitare una secessione di una parte all’interno di un’entità politica unitaria oppure come esito
di un processo aggregativo passante per uno stadio confederale non più replicabile a seguito di eventi
politicamente traumatici.
Modello americano
l’esempio di Unione federale di Stati è rappresentato dagli Stati Uniti che hanno scelto questo sistema dalla
loro fondazione. Questa federazione ha oscillato sempre tra un federalismo duale e cooperativo, in base alle
circostanze e alle scelte politiche operate dalla Classe dirigente (establishment).
Gli Stati Uniti sono una repubblica federale di tipo presidenziale, le cui principale istituzioni sono:
1. Congresso: è composto da una Camera e un Senato, ha funzione legislativa secondo la forma del
bicameralismo, per cui ogni legge prima di essere promulgata deve essere approvata sia dalla Camera che
dal Senato. I membri della Camera sono eletti nei singoli Stati dell’Unione in modo proporzionale alla
popolazione; quelli del Senato in ragione di due per ciascuno Stato indipendentemente dalla numerosità
dei suoi abitanti.
4. Stati: i singoli stati sono entità politiche su cui si fonda l’intera Unione e esercitano competenze su ciò che
avviene al loro interno in particolare per quanto riguarda la sanità pubblica, istruzione, trasporti, controllo
industria..
FORME DI GOVERNO
• Le forme di governo risalgono a Erodoto tra il 480 a.C. che le distingueva in 3 tipi fondamentali:
governo di uno, di pochi, di tutti.
• Platone riprese questa classificazione nella Repubblica dove considerava l’aristocrazia l’unico ordine
politico giusto e individuava altre 4 forme di governo possibili:
• Timocrazia
• Oligarchia
• Democrazia
• Tirannide
Successivamente nel Politico distingue queste forme tra: Monarchia (governo regio), Aristocrazia (governo
di pochi) e Democrazia (governo di molti). Quando essi degenerano, per il mancato rispetto delle leggi,
danno luogo alla Tirannide, all’Oligarchia e a una forma corrotta di Democrazia in cui la moltitudine
comanda in modo arbitrario attraverso la violenza.
• Aristotele sostiene invece che esistono soltanto 2 di queste tipologie: la democrazia come governo
dei liberi e l’oligarchia come governo dei ricchi. Questa classificazione è stata mantenuta fino all’età
moderna.
Poi però con l’emergere dello Stato, i maggiori pensatori furono obbligati a riconsiderare le forme di
governo.
• Hobbes (1588-1679) sostiene che l’uomo allo stato di natura vive in una condizione di egoismo che
conduce all’eterna lotta con i propri simili e individua nello Stato, inteso come persona artificiale
chiamata Leviatano, il soggetto politico cui ciascun individuo trasferisce il proprio diritto di
autogovernarsi. Il Leviatano acquisisce così la sovranità e chi incarna tale persona artificiale ne
ottiene il potere sovrano. E quindi quando questo potere sovrano appartiene a un singolo uomo si ha
la monarchia. A un’assemblea ristretta di uomini aristocrazia. A un assemblea generale di uomini
democrazia.
Mentre tirannide, oligarchia e anarchia per H. sono solo nomi peggiorativi dati da colori che non
condividono il governo monarchico, aristocratico o democratico.
• Repubblicano (forma mista in cui coesistono elementi tipici della democrazia e dell’aristocrazia)
• Monarchico
La forma di governo è l’interazione tra il potere legislativo e esecutivo o il modo in cui tali poteri vengono
esercitati congiuntamente (come accade nelle monarchie assolute).
- Polibio (200 a.C.): sostiene che il potere dei consoli sia espressione del principio monarchico; quello del
senato come manifestazione di un fondamento aristocratico; quello del popolo come un presupposto di tipo
democratico.
- Cicerone (100 a.C.): allo stesso modo sostiene che il governo misto sia il migliore, perché armonico e
temperato.
Anche nella politica moderna il governo misto è tenuto in considerazione, come per esempio la monarchia
inglese e la repubblica di Venezia.
Machiavelli (1469-1527): sostiene che la forma mista è quella che garantisce maggiore stabilità.
Norberto Bobbio (1909-2004): sostiene che non si deve confondere il governo misto con la dottrina della
separazione dei poteri. Il primo ha come obiettivo quello di distribuire il potere tra le varie componenti della
popolazione ed è pensato per società in cui è riconoscibile una divisone verticale in classi secondo uno
schema piramidale: i molti (la base), i pochi (coloro che stanno in mezzo) e l’uno (il vertice).
Nel secondo l’accento si sposta invece sulla separazione dei poteri nei diversi organi, senza che sia
necessaria una loro distribuzione tra le varie classi sociali.
In realtà il governo misto mira a realizzare uno equilibrio delle forze sociali, menre la separazione dei poteri
ha il solo scopo di evitare il monopolio dell’esecutivo, del legislativo e del giudiziario da parte di un solo
organo politico, gruppo o sola persona.
Carl Schmitt (1888-1985): sostiene che nello Stato di diritto borghese i 3 principi dei governi puri secondo la
tradizione classica si sono mescolati.
Gaetano Mosca (1858-1941): elogia i molteplici pregi di questa forma di governo considerandola come
un’idea comune ai più grandi pensatori politici che garantisce la stabilità degli ordinamenti.
2. Governo Semipresidenziale: prevede l’elezione popolare del Presidente della Repubblica con
specifiche competenze e prerogative legate all’esercizio del potere esecutivo. Al presidente si
affianca il Primo Ministro che ha il compito di coordinare l’azione di governo sulla base di una
maggioranza parlamentare.
Il modello per eccellenza è la V Repubblica francese del 1958.
In questo sistema l’esecutivo non ha bisogno di un voto di fiducia del Parlamento. Il presidente
nomina il Primo Ministro e gli altri ministri e può scegliere il principale organo legislativo
(Assemblea Nazionale) e indire elezioni. In Francia il Parlamento è diviso in 2 camere: Assemblea
Nazionale e Senato. La prima prevale sulla seconda.
Maurice Duverger (1917-20049: sintetizza caratteristiche del governo semiparlamentare con uno
schema:
1. Il Presidente della Repubblica viene eletto direttamente dai cittadini
2. Il Presidente ha ampi poteri
3. Il Primo Ministro e gli altri membri del governo bilanciano la fora politica e il dominio
sull’esecutivo del presidente e a loro volta dipendono da un rapporto fiduciario con il Parlamento.
Questo modello da luogo a un esecutivo duale perché questo potere è condiviso dal Presidente e dal
Primo Ministro: il Presidente non dipende dal Parlamento ma non può governare direttamente; Il
Primo Ministro e il suo gabinetto sono nominati dal Presidente, ma responsabili davanti al
parlamento con cui sono legati da un rapporto fiduciario.
3. Governo Presidenziale: si costituisce sulla base di un organo esecutivo il cui titolare è un solo
individuo (monocratico) che congiunge in se le funzioni tipiche del presidente e primo ministro, cui
si aggiunge un rapporto fiduciario con il potere legislativo (Parlamento).
Il parlamento non può sfiduciare il presidente e il presidente non può sciogliere le camere: i due
poteri sono così nettamente divisi.
Il prototipo di tale sistema è il governo presidenziale degli stati uniti d’America. tale modello è
soggetto al principio del check and balance (verifiche e bilanciamenti) per cui tutti i poteri
(esecutivo, legislativo, giudiziario) sono indotti a coordinarsi e controllarsi vicendevolmente.
IL CONSENSO
la parola deriva dal latino consensus cioè concordare, essere d'accordo. Nel pensiero politico, equivale
all'affermazione di una condivisione che si traduce nell'appoggio volontaristico a una determinata concezione
del mondo, a una linea politica o a un determinato governo. Il consenso è sempre stato considerato come la
prova della verità ottenuta con la discussione, il dialogo e inglobando anche coloro che possono dissentire. Il
consenso ha la funzione di porsi come il fondamento di un retto governo e di un retto agire miranti al bene
comune. Ovviamente di tratta di tutto ciò che non divide ma unisce.
Con il bonum faciendum et malum vitandum (bisogna fare il bene ed evitare il male) ha determinato il
collegamento del consenso con la volontà divina.
Nell'antichità si è cercato di quantificare il consenso. La forma che si è diffusa è stata la maggioranza di
coloro che sono chiamati ad esprimersi. Nel antica Grecia, come racconta lo storico Tucidide, l'approvazione
da parte della maggioranza ha assunto il carattere di consenso.