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HANS KELSEN

Le scuole di pensiero della democrazia del XX secolo si dividono in due:

1. I sostenitori del concetto di libertà


2. I sostenitori del concetto di uguaglianza.

Hans Kelsen fonda il suo discorso sul concetto di libertà. È un giuspositivista, scrive “lineamenti della
dottrina pura del diritto” pura nel senso depurata da ogni elemento etico-politico. Infatti il giuspositivismo
non si occupa di capire se una norma sia giusta o sbagliata ma se sia emanata correttamente. Quando si
parla di norme non bisogna fare riferimento a discorsi di tipo morale, religiosi e sociologici. Questa
posizione nasce negli anni ‘30/’40, epoca un po’ appesantita dallo scontro ideologico e nella quale il diritto
non veniva visto in quanto tale ma era sempre accompagnato dalla parola ideologia. (se il diritto era
prodotto da un parlamento borghese i socialisti non lo rispettavano). La parola ideologia appare per la
prima volta nello scritto di Marx, “l’ideologia tedesca” in cui criticava l’ideologia, usando questo termine
come dispregiativo della parola idea, e i precedenti filosofi tedeschi come Hegel, Kant, Fichte, ma finisce lui
stesso per creare la più grande ideologia conosciuta nella storia. Kelsen sostiene che l’ideologia renda
asfittico il mondo per questo fonda la dottrina pura del diritto, fondamento del principio di libertà. Esistono
due correnti di pensiero per quanto riguarda l’idea di libertà:

1. La libertà negativa (Hobbes) intesa come una libertà del meno, nella quale le scelte avvengono senza
vincoli esterni, è una libertà dagli altri che si afferma in assenza di vincoli e condizioni. Si è tanto più
liberi quanta meno legge c’è. Per questo è stata definita anche una libertà del meno.
2. La libertà positiva (Kelsen) si basa sulla partecipazione e quindi sulla democrazia. È una libertà positiva
perché richiede più politica, più partecipazione, più stato ed è anche l’unica considerata valida. Quanto
più ci si immerge e si dà il proprio contributo alla società tanto più si è liberi.

L’ultima è una libertà caratteristica dei paesi socialisti, nei quali la collettività è chiamata ad esprimersi
continuamente, la prima è caratteristica delle società liberali.

Kelsen aggiunge il processo di IPOSTATIZZAZIONE: l’ipostasi è quando si rende concreto qualcosa che
concreto non è, ovvero si concretizza la sua essenza, in questo caso dello Stato. Anche se lo stato è un
qualcosa di intangibile è presente e si manifesta nelle nostre scelte come ad esempio “è un dovere verso lo
stato”, “è competenza dello stato”. Kelsen identifica quindi nel principio di libertà la giustificazione per la
democrazia, che non può essere l’uguaglianza in quanto questa ci permette di dire siamo tutti uno, così
facendo si va a creare una maggioranza che è legittimata a legiferare in quanto più forte. Non si può
giustificare la democrazia secondo il diritto del più forte, questo era possibile nelle società selvagge nello
stato di natura. Per questa ragione il fondamento della democrazia è la libertà e non l’uguaglianza.

ESSENZA E VALORE DELLA DEMOCRAZIA- FON VISEN UND VERT DER DEMOCRATÍ

Prima edizione 1920, seconda edizione 1929 intervallo tra due guerre mondiali

CAPITOLO 1

Le rivoluzioni borghesi del 1789 e del 1848 avevano fatto dell’ideale democratico quasi un luogo comune
del pensiero politico. Democrazia è infatti la parola d’ordine dei secoli XIX e XX. I PRINCIPI DELLA
DEMOCRAZIA MODERNA SONO:

la LIBERTÀ intesa come rifiuto della volontà altrui e

l’UGUAGLIANZA nel senso che essendo tutti uguali, nessuno nasce con il diritto di comandare.

Se dobbiamo essere comandati vogliamo esserlo solo da noi stessi, questo è possibile nella democrazia in
quanto in essa le leggi sono create da noi stessi, così facendo obbediamo solo alla nostra volontà.
Si ha il passaggio dalla LIBERTÀ GERMANICA caratterizzata dall’idea di non sottoporsi ad alcuna volontà,
nemmeno quella dello stato alla LIBERTÀ DELLA DEMOCRAZIA intesa come autodeterminazione del
cittadino e il concorso alla creazione dello Stato, si passa dallo stato di natura a un ordinamento statale
coercitivo.

ROUSSEAU attacca il parlamentarismo inglese affermando che il popolo inglese si illude di essere libero, ma
lo è solo nel momento della votazione e solo se ha votato con la maggioranza e non con la minoranza
soccombente. Il PRINCIPIO DEMOCRATICO DI LIBERTÀ esige l’UNANIMITÀ dei voti e una MAGGIORANZA
QUALIFICATA. Non è più lecito pensare che possa prevalere la volontà dei più, solo l’idea che debbano
essere liberi il maggior numero di individui porta al principio di maggioranza.

Il conflitto tra la VOLONTÀ DELL’INDIVIDUO E LA VOLONTÀ STATALE si riflette nel fatto che la libertà
individuale lascia il posto alla libertà della collettività. I cittadini sono liberi solo nel loro insieme, cioè nello
stato, quindi ad essere libero non è il singolo cittadino ma lo stato. Si ha così l’ipostatizzazione dello stato,
ovvero viene reso concreto e acquisisce la libertà riferendosi ad esso come la “persona dello stato”.

CAPITOLO 2

Il passaggio dalla libertà dell’individuo alla libertà della collettività fa sì che la libertà individuale rappresenti
i diritti innati e inalienabili dell’uomo e del cittadino. Questi diritti fondamentali sono il requisito di ogni
democrazia, non proteggono solo dagli abusi di potere ma sono anche a tutela della minoranza e
garantiscono i diritti anche a coloro che non condividono le stesse idee della maggioranza.

La minoranza per questo deve essere rappresentata in Parlamento, attraverso i propri fiduciari, eletti dal
partito di appartenenza. Queste elezioni avvengono tramite il metodo della proporzionale ovvero la
minoranza è rappresentata in parlamento in base alla sua forza numerica, continuerà a prevalere la
maggioranza ma è importante che anche la minoranza sia rappresentata poiché questa è la caratteristica
fondamentale della democrazia.

Rousseau critica l’idea secondo la quale il popolo si governi da sé attraverso il parlamento, è una
FALSIFICAZIONE DELLA DEMOCRAZIA e afferma che l’unica democrazia pura è la democrazia diretta perché
la sovranità popolare si esprime senza intermediari.

Qui interviene la teoria e la prassi del bolscevismo, Lenin infatti chiese l’abolizione del parlamentarismo
sostituito con la rappresentanza dei Soviet, caratterizzati da mandati di breve durata, un contatto intimo tra
i deputati e i loro elettori e il contatto con i lavoratori delle aziende che porterà ad una democratizzazione
dell’economia secondo la quale solo i LAVORATORI ATTIVI hanno diritto al voto, escludendo da questo
diritto i lavoratori intellettuali, gli artigiani e i piccoli contadini.

Il contatto tra VOLONTÀ INDIVIDUALE E VOLONTÀ STATALE non porta all’abolizione del parlamentarismo
bensì ad un’ipertrofia del parlamentarismo.

Inoltre dal parlamento centrale si irradiano tutta una serie di parlamenti locali che hanno una sfera d’azione
limitata al territorio in cui operano. Secondo il NEO-COMUNISMO il parlamento non deve essere una fucina
di chiacchiere ma deve assumere il POTERE ESECUTIVO e CONDURRE IL PERCORSO DI PRODUZIONE DEL
DIRITTO.

CAPITOLO 3

L’ESIGENZA DEMCORATICA si considera soddisfatta quando il potere legislativo funziona con la


partecipazione del popolo. per MONTESQUIEU la DIVISIONE DEI POTERI, che dovrebbe essere la garanzia
della libertà, permetteva al monarca di prevalere sul popolo. l’esempio del presidente degli Stati Uniti, la
cui posizione è copiata a quella del Re d’Inghilterra, evidenzia come il presidente sia il detentore del potere
esecutivo ma non è giustificabile che il potere esecutivo, anche se il presidente è eletto dal popolo, venga
affidato ad una sola persona. Inoltre c’è una considerazione sbagliata del potere legislativo, che viene
sopravvalutato e considerato l’unico luogo in cui si forma il diritto e c’è la sottovalutazione del potere
esecutivo, altrettanto importate, senza il quale le norme non varrebbero niente.

CAPITOLO 4

In uno Stato ben organizzato l’ORGANO LEGISLATIVO deve agire eccezionalmente, i membri del parlamento
non possono esercitare questa funzione come esclusiva e principale della loro vita, il contadino è e resta
contadino così come l’avvocato, l’operaio ecc. il POTERE AMMINISTRATIVO invece costituisce la vita
quotidiana dello stato e richiede l’uomo tutto intero, quindi deve esercitare questa funzione come
professione principale. Una democrazia coerente non dovrebbe tollerare funzionari di professione che
esercitano la funzione vita natura durante, sottoposti all’unico limite dell’età. Per questo Kelsen propone
come soluzione che la nomina sia AD HONOREM E DI BREVE DURATA, che sia in base ALLA SORTE, e che
TUTTI i cittadini esercitino TUTTE LE FUNZIONI. L’ABOLIZIONE della classe funzionaria significherebbe
rinunciare a ogni tipo di divisione del lavoro e ad ogni tipo di sviluppo. Lenin proponeva l’abolizione della
classe funzionaria come condizione finale della società, senza funzionari, senza stato in un clima di
anarchismo.

CAPITOLO 5

Il compito della democrazia è quello di creare una costituzione nella quale il popolo si governi da sé, ma
manca di UNITÀ, sebbene la VOLONTÀ POPOLARE sia il fondamento della democrazia. Identificando nel
PROLETARIATO una classe di privilegiati, anzi l’unica a godere dei diritti politici, si costituiscono dei
CONSIGLI BORGHESI E CONTADINI che vogliono partecipare al potere dello stato. Ma questa
ORGANIZZAZIONE CETUALE ha dei difetti come ad esempio la lotta dei singoli gruppi per la prevalenza
politica, per questo le QUESTIONI DI STATO devono essere risolte in ACCCORDO con tutti i ceti. Il fatto che
la VOLONTÀ DELLO STATO rappresenti la VOLONTÀ DEL POPOLO è una finzione del pensiero democratico
secondo NIETZSCHE. Il problema della MIGLIOR FORMA DI STATO è il problema della SCELTA DEI CAPI; la
democrazia garantisce la più ampia scelta ma questa garanzia è in contraddizione con l’idea stessa di
democrazia che si basa sull’assenza di capi. Inoltre c’è un’incertezza su chi si possa considerare POPOLO,
secondo il concetto naturale il popolo è rappresentato dalla massa di uomini, in senso politico fanno parte
del popolo coloro che godono dei diritti politici ma sono esclusi da questi: fanciulli, malati di mente,
delinquenti, donne e schiavi. In questo modo il popolo politico è estremamente ristretto e questo porta ad
una FARSA DELLA DEMCORAZIA.

CAPITOLO 6

Per ROUSSEAU, e anche PLATONE, si poteva parlare di democrazia se questo si limitasse anche solo alla
metà del popolo. per il NEO-COMUNISMO DEL BOLSCEVISMO la democrazia è limitata ad una classe sociale,
“chi non lavora non mangia” esclude dai diritti politici i non lavoratori, equiparando però ai cittadini gli
stranieri che si trovano in Russia per scopi lavorativi. Inoltre sono esclusi dal diritto al voto coloro che
godono di rendite non prodotte dal lavoro, chi si avvale di operai salariati, sacerdoti e funzionari di
organizzazioni culturali. Il proletariato costituisce l’elettorato di città e gode di un quintuplo del voto
rispetto agli elettori di campagna, ovvero i contadini poveri. In questi casi non si può più parlare di
democrazia, infatti anche la libertà di riunione, di manifestazione delle proprie convinzioni e la libertà di
stampa sono garantite solo agli appartenenti ad un determinato partito politico. Alla democrazia si
contrappone consapevolmente la dittatura e l’annientamento della borghesia è lo scopo principale della
DITTATURA DEL PROLETARIATO

CAPITOLO 7
La democrazia valuta in modo uguale la volontà politica di ciascuno, anche l’opinione contraria deve essere
ritenuta come possibile. Questo si identifica sotto il nome di RELATIVISMO, che è la premessa del pensiero
politico democratico: offre la possibilità ad ogni convinzione politica di farsi strada nella gara per la
conquista delle coscienze umane. Infatti la maggioranza ammette l’opposizione. Il simbolo del relativismo
proposto da Kelsen è il PROCESSO A GESÙ.

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