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1 CONCETTO DI NAZIONE
- liberalismo e democrazia
La restaurazione trovò come primi oppositori i liberali, ovvero gli esponenti della borghesia
che continuava ad aspirare a un riconoscimento politico adeguato al ruolo svolto
nell'economia della società. Le loro radici ideologiche affondano nelle teorie di Locke e
Montesquieu. Il loro obiettivo era la libertà dell'individuo, idea che prende origine dalle teorie
giusnaturalistiche e contrattualistiche, per cui ogni persona, in quanto titolare di un diritto
naturale indipendente da ogni istituzione politica, doveva essere posta in condizione di
seguire le proprie inclinazioni al riparo da abusi dello stato, ma le azioni non potevano ledere
la libertà altrui. Lo stato per loro aveva origine dal contratto sociale stabilito dalla libera
volontà degli individui e doveva essere la tutela dei diritti e degli interessi dei cittadini. La sua
funzione consisteva solo nel regolare i contrasti tra i singoli attraverso l'amministrazione
della Giustizia. Quindi Il liberalismo mette in centro la Libertà, l'individuo e il diritto. Per Il
liberalismo tutti gli individui nascevano liberi ed uguali e la libertà era il presupposto per la
realizzazione della persona. Il cardine fondamentale della vita pubblica consisteva nel
consenso del cittadino. Tutto ciò aveva fondato le promesse del principio democratico della
rappresentanza parlamentare e del governo della maggioranza e anche un sistema
costituzionale fondato sulla separazione dei poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. I
principi del liberalismo si saldavano con quelli del costituzionalismo. La Costituzione
americana e poi le costituzioni francesi avevano dato forma scritta e sistematica a diritti e
istituzioni in Europa. Nel periodo della restaurazione però il potere era stato restituito ai
sovrani assoluti e quindi l'istituto costituzionale era stato indebolito o cancellato. I liberali
ritenevano necessario scongiurare qualsiasi forma di onnipotenza del potere politico.
Comunque per i liberali bisognava abolire anche la democrazia diretta o plebiscitaria, che
era incompatibile con la democrazia liberale costituzionale, perché imponeva un modello
tirannico in cui le libertà individuali e le garanzie costituzionali erano destinate a essere
soppresse.
Secondo Constant, scrittore e politico francese (1767-1830), soltanto la salvaguardia delle
libertà individuali poteva porre un freno alla degenerazione della democrazia nel dispotismo,
nel momento in cui il progresso dell'Industria dei commerci prendeva impraticabile la
democrazia diretta. Per i liberali e per Constant la migliore forma di governo era la
monarchia costituzionale a base censitaria in cui la rappresentanza politica risultava
collegata alla proprietà che era la garanzia di autonomia e stabilità.
L'opera che sottolineò i rischi di una deriva totalitaria della democrazia fu la democrazia in
America scritta da Tocqueville (1805-1859) che parlò dei pericoli rappresentati dalla dittatura
della maggioranza. Il futuro dell'Europa era nella democrazia ma proprio per questo motivo
era necessario studiare le dinamiche per individuare i pericoli. Ad esempio l'affermazione
della democrazia negli Stati Uniti aveva determinato la diffusione del conformismo: gli spazi
di libertà individuale e di contestazione nei confronti del potere politico erano ristretti. I
sistemi di governo democratici erano in grado di agire sulle coscienze rendendo difficile la
formazione di opinioni contrarie a quelle della maggioranza e quindi Tocqueville riteneva la
difesa della Libertà più importante dell'obiettivo dell'uguaglianza e la riteneva realizzabile
soltanto con il pluralismo politico e le autonomie locali.
Nell'ambito del pensiero liberale, prima in Gran Bretagna poi in Francia, partì una spaccatura
tra le componenti moderate e i movimenti radicali. I radicali propugnavano una
trasformazione della società in senso Democratico con l'estensione dei diritti civili e del
Suffragio a fasce più ampie della popolazione.
La componente radicale in Gran Bretagna aveva fondato le sue radici nel pensiero del
filosofo Bentham (1748-1832) che contestò la tradizione giusnaturalista e contrattualistica
sostenendo il principio utilitaristico. Tra gli interpreti del pensiero di Bentham si distinse il
filosofo inglese Mill (1806-1873). Egli affermava che il pluralismo politico era l'unica garanzia
reale contro ogni forma di autoritarismo.

- popolo e nazioni
A partire dagli anni venti del XIX secolo ci furono continue tensioni sociali e politiche ed
erano espressioni dei movimenti che reclamavano la limitazione dei poteri dei governi e
l'allargamento dei diritti politici ed economici. Inoltre negli Stati sottoposti a un dominio
straniero le rivendicazioni liberali si unirono a delle istanze nazionali ovvero alla lotta per
l'indipendenza di interi popoli. La rivoluzione francese aveva diffuso il concetto di nazione
come una comune volontà politica dei cittadini ponendo il principio di sovranità nazionale in
alternativa al principio di legittimità. Nella prima metà dell'Ottocento il principio di nazionalità
si affermò di concreto con gli ideali del liberalismo che considerava la nazione una comunità
a garante dei diritti fondamentali. Lo sviluppo del concetto di nazione si accompagnò alla
progressiva ascesa della borghesia sulla scena economica e sociale, visto che lo Stato per
questa classe poteva garantire lo sviluppo del libero scambio. L'interpretazione dello Stato
come nazione fece convergere due matrici: l'idea della sovranità popolare di tradizione
illuminista francese e il concetto di spirito del popolo che veniva soprattutto dal romanticismo
tedesco. Da una parte quindi questa idea di nazione favoriva l'abbattimento dei privilegi e la
creazione di cittadini liberi dotati di pari diritti e doveri ma dall'altra si definiva la comunità
nazionale in termini spirituali e quindi conteneva in sé un'idea escludente che di fatto poteva
sancire il ritorno a una nuova ragione di Stato. Comunque nella prima parte del secolo
prevalse il carattere liberale e democratico.

- concetti della storia — nazione


Con il termine stato si intende una forma di organizzazione del potere che esercita una
sovranità esclusiva sul territorio sui cittadini. Nel corso dell'Ottocento sul concetto di stato
prevalse quello di nazione poiché lo Stato era considerato una stazione politica e giuridica
mentre la nazione indicava un raggruppamento omogeneo di persone che condividevano
lingua, cultura, storia e costumi. Il concetto politico di nazione ebbe due matrici ideologiche:
1 Quella di Rousseau che riteneva che la nazionalità si fondasse su un processo volontario
tramite Plebiscito o suffragio dei rappresentanti. Si basava quindi su concetti di volontà
generale e di sovranità popolare.
2 Quella della Herder che individuava nello spirito del Popolo l'elemento distintivo della
nazionalità e affondava le sue radici nella reazione tedesca all'illuminismo. Questa idea di
nazione poneva in primo piano elementi involontari come la lingua e le tradizioni mettendo in
secondo piano l'idea volontaristica.

2 COMUNE DI PARIGI
La comune di Parigi del 1871 creò fin da subito polemiche e problemi di interpretazione nel
mondo democratico e socialista, la definizione più corretta venne data da Marx nel “ Indirizzo
del consiglio generale dell'associazione internazionale degli operai sulla guerra civile in
Francia nel 1871” dove ne definisce il carattere di “creazione storica completamente nuova”
ovvero un governo della classe operaia, un araldo glorioso di una nuova società diventando
così testo per gli esponenti del movimento operaio.
Nel settembre 1870 Marx aveva avvertito i parigini sui rischi dell'avvio di un'insurrezione
prematura, considerando follia il tentativo di rovesciare il governo con il nemico alle porte.
Marx vedeva nelle tradizioni nazionali del ‘92 il modello che avrebbe portato la rivoluzione
verso il passato impedendo un'evoluzione futura, però all'avvio dell'insurrezione egli seguì
tutti gli avvenimenti convinto dell'importanza di ciò che stava accadendo: l'insurrezione di
Parigi portava alla lotta delle classi operaie contro il mondo capitalista e come risultati portò
la guerra civile, la settimana di sangue e la repressione.
Due giorni dopo la sconfitta della comune nel ”indirizzo” Mars la rivaluta,formulando il primo
giudizio dell'esperimento di autogoverno democratico: la comune è “antitesi diretta
dell'impero”, un impero che si manifesta come la forma più bassa di un potere di Stato
trasformato dalla società borghese in strumento.per sottomettere il lavoro al capitale.
Marx si era convinto che nella Rivoluzione ci fosse la necessità di indirizzare contro il potere
esecutivo le sue forze di distruzione invece di perfezionare la macchina dello Stato
spezzarla.
La comune tentava di spezzare la macchina statale e Marx esamina tutte le misure politiche
che cercavano di attuare questo tentativo: l'abolizione della coscrizione e dell'esercito
permanente, la Guardia Nazionale come sola forza armata, la separazione della chiesa dallo
Stato, un progetto di autogestione da parte degli operai delle fabbriche abbandonate, la
eleggibilità e la revocabilità delle cariche pubbliche pagate con i salari degli operai.
Marx voleva sottolineare che nonostante la comune non risolva i problemi della classe
operaia esprimeva una nuova volontà politica-sociale dimostrando che la classe operaia non
può semplicemente impadronirsi della macchina statale ma deve essere pronta a costruire
una realtà nuova.
Ferdinando D. Nieuwenhuis nel 1881 chiedeva a Marx quali fossero le misure da adottare
da parte dei socialisti per assicurare la loro vittoria in caso di una presa di potere, Max
afferma che un governo socialista potrà gestire il potere solo quando saranno sviluppate le
condizioni necessarie per avviare una rivoluzione e successivamente riflette sulla teorica
della comune ovvero la definizione del rapporto stato-rivoluzione.
Nel 1891 Engels definiva la comune come la prima esperienza storica della dittatura del
proletariato.
Non solo Mars aveva insistito sulle misure prese per spezzare la macchina dello Stato, infatti
il problema dello Stato viene analizzato da M. Bunkin che vede come elementi fondamentali
l'ipotesi di libere federazioni di comuni e accoglie come aspetto qualificante la negazione
dello stato centralizzato che la comune rappresenta.
Mentre i capi del movimento operaio internazionale traevano dalla lezione della comune
indicazioni teoriche, Mazzini vide nelle vicende del ‘71 la negazione dei suoi presupposti
teorici e attua uno scontro con i capi riconosciuti dell'internazionale e con i loro seguaci
italiani, dato che l'insurrezione di Parigi aveva spostato l'attenzione sulla lotta di classe che
era contraria ai principi mazziniani
Nel mondo socialista l'interpretazione dominante rimase quella di Marx,consacrata anche da
Lenin, leader della rivoluzione bolscevica, e nella metà degli anni 60 Jacques Rougerie
sottolinea, invece, che è il socialismo del XIX secolo che ritorna. Inoltre afferma che la
comune è stato il primo tentativo di organizzare il lavoro femminile; è proprio dall'Unione
delle donne che vengono le voci più esplicite, più socialiste, impegnate per la ristrutturazione
sociale

3 MARX
- critica al socialismo utopistico e al liberalismo
nel manifesto del partito comunista Marx ed Engel distinguono varie forme di socialismo:
– socialismo conservatore o borghese, tra i suoi sostenitori vi è un’ampia schiera di ideologi
che difendono le società attuali, propongono alcune forme per rimediare all’inconveniente
che in essa si riscontrano. secondo Marx appartengono economisti riformatori morali e
religiosi, animati dal desiderio di perpetuare l’esistenza della società capitalistica, senza
voler ammettere le sue insanabili contraddizioni. Marx li definisce borghesi poiché la
borghesia accetta la disuguaglianza nelle classi sociali. Marx inserisce Prudohn, uno
scrittore che egli giudica in quanto da una parte insorge contro l’ingiustizia sociale e dall’altra
pensa che essa si possa combattere con uno sterile riformismo sociale. Marx si oppone
accusandolo di tollerare la proprietà, senza tener conto dei difetti che essa comporta,
proponendosi non tanto di eliminarla quanto di estenderlo ai lavoratori.
– socialismo critico utopistico, al quale viene attribuito il progetto di una società futura vista
come il sogno realizzato nel paradiso in terra. Marx tratta con rispetto questa forma perché
hai il merito di avere svelato la miseria morale e materiale del sistema capitalistico.
esponenti di questo socialismo sono San Simon, Fourier e Owen. Simon è un autore
cristiano, in cui critica le religioni positive e auspica un ritorno al vero cristianesimo fondato
sull’amore del prossimo e attento alla sorte delle classi meno abbienti. egli sostiene la
rivoluzione francese durante la quale subisce la confisca dei beni di famiglia e predice
l’avvento di una società più giusta in cui le forze produttive siano meglio organizzate. Fourier
si oppone all’affidamento della natura umana nell’ingiusta società industriale moderna, infatti
in tale società fondata sulla concorrenza sul profitto egli vede una forma di degenerazione
dei rapporti morali vissuti all’insegna dell’egoismo. le sue dottrine infatti prendono forma nel
progetto di un’associazione di operai produttori, organizzate secondo principi comunitari.
Owen è un industriale animato da ideali filantropici, infatti nella sua fabbrica mette in opera
un’attività riformatrice riducendo anche le ore di giornata lavorativa.fu il primo a progettare la
legge che vieta a lavorare bambini al di sotto dei 10 anni.
– socialismo scientifico, nasce sulla base di un’analisi delle caratteristiche oggettive
dell’industria moderna e dei rapporti economici e sociali che in essa si determinano. la
scientificità deriva dalla concezione materialistica della storia. Marx afferma che una
formazione sociale muore quando si sviluppano in essa nuove condizioni materiali e ideali in
grado di farne maturare una migliore. da una parte condanna il revisionismo di coloro che
voterebbero per riformare il sistema borghese senza batterlo, dall’altra guarda con differenza
ogni utopismo di chi ipotizza progetti di trasformazione della società esistente.
adam smith: è con ricardo l’esponente più importante della economia politica classica. nella
sua opera sono espresse le sue tesi principali:
– la ricchezza delle nazioni deriva dal lavoro manuale produttivo, mentre il lavoro
immateriale vi concorre soltanto indirettamente.
– la ricchezza di una nazione tanto maggiore quanto minore è la massa degli oziosi.
– lo Stato deve lasciare gli individui liberi di agire e lavorare, per conseguire il massimo
benessere personale.
se ciò avverrà se ne avvantaggerà tutta la società, infatti c’è una mano invisibile che
riconduce i comportamenti egoistici dei singoli verso un esito socialmente positivo. se ogni
uomo persegue liberamente il proprio interesse ne conseguirà inevitabilmente la sua la
salvaguardia dell’interesse della collettività. si tratta di una prospettiva armonicista in quanto
ritiene che il progresso dei singoli costituisca la condizione per la ricchezza complessiva di
una nazione.
david ricardo: è il teorico del libero scambio e all’interno della nazione tra le nazioni. secondo
lui il prezzo migliore per le merci è quello che si realizza in un libero mercato, attraverso il
libero gioco della domanda e dell’offerta. la sua visione dell’economia meno ottimistica di
quella di Smith, infatti egli si rende conto che nella società moderna gli interessi delle classi
non coincidono, anzi tra capitale e lavoro salariato c’è un antagonismo irriducibile che
nessuna mano invisibile potrebbe comporre e armonizzare. Marx sottolinea questi aspetti
critici della dottrina di Riccardo con grande rispetto, e si infatti aprono una breccia nella
visione ingenuamente ottimistica dell’economia politica di smith.

- marx contro marx video

- padrone/servo in seneca-hegel-marx
nel romanzo filosofico di Hegel, le figure del signore del servo vengono introdotte come
esemplificazioni della lotta per il riconoscimento, intesa come lotta per la vita e per la morte.
ne risulta un riconoscimento asimmetrico: io riconosco l’altro senza che l’altro mi riconosca.
così facendo io divento suo servo e lui il mio signore, d’altra parte quello che il signore non
ha è riconoscimento totale perché egli non riconosce a sua volta la realtà e dignità o male il
servo. ciò induce a rovesciamento della rapporto tra signoria e servitù, perché nel servizio la
coscienza servile sopprime il suo attaccamento all’esistenza naturale in tutti gli elementi
costruttivi ed elimina questa esistenza.
come osserva uno dei maggiori interpreti di Hegel, il servo diviene mediante il lavoro signore
della natura, quindi si libera della propria natura e anche nel signore.ne consegue che
l’avvenire e la storia non appartengono al signore guerriero, ma al servo lavoratore. nella
lotta per la sopravvivenza, il servo è colui che in questa lotta avuto paura di morire e sia
sottomessa al vincitore, che diventa così il suo padrone, imponendo al servo la fatica del
lavoro dal quale ricava i mezzi per soddisfare i suoi bisogni. ma il servo attraverso il lavoro
comprende che il padrone dipende ormai da ciò che gli produce. In questo ma lo diventa
padrone del suo padrone, il padrone e servo del suo servo. le parti si sono dunque
rovesciate: ora è il padrone che ha paura di morire, perché dipende totalmente dal lavoro del
servo, mentre quest’ultimo si è emancipato attraverso il lavoro. la nozione di lotta ritorna con
Marx in particolare nel manifesto. alla lotta per il compimento dell’auto coscienza si
sostituisce la lotta di classe. dall’altro lato al binomio signore servo subentra il dualismo
borghesia proletariato, ovvero negli scritti maturi di critica dell’economia politica, l’antitesi
capitalista operaio. la logica del rovesciamento, ben prima di Hegel e Marx si trovava già nel
monito che Seneca rivolge nelle lettere al giovane Lucillo dove compare già l’assunto
riguardante l’intercambiabilità e dunque la potenziale riversibilità dei ruoli fra il servo e il
padrone.

- diritti dei lavoratori articolo 35-40 costituzione


le condizioni dei lavoratori nel mondo contemporaneo sono molto diverse rispetto all’epoca
di Marx. la costituzione della Repubblica italiana fu promulgata nel 1948 ed è composta da
139 articoli e 18 norme conclusive.stabilisce il sistema di regole fondamentali su cui si basa
il patto originario tra cittadini e poteri dello Stato, disciplinando diritti e doveri in equilibrio che
tende a evitare il predominio di una parte di popolazione a scapito dell’altra. l’articolo 1
afferma che l’Italia una Repubblica democratica fondata sul lavoro, l’articolo 4 sottolinea che
la Repubblica riconosce a tutti cittadini il diritto al lavoro. viene così riconosciuto che il lavoro
è il fondamento del nostro Stato della via democratica. l’articolo 35 afferma che la
Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, dichiarando la cura per la
formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.inoltre afferma che la Repubblica
promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e
regolare i diritti dell’uomo e riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla
legge e nell’interesse generale che tutela il lavoro italiano all’estero. l’articolo 36 riconosce al
lavoratore una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni
caso sufficiente ad assicurare asse e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
l’articolo 37 stabilisce poi la parità dei diritti e di trattamento economico tra uomo e donna nel
campo lavorativo, nello specifico è consentito alla lavoratrice madre di svolgere la sua
essenziale funzione familiare, assicurando alla madre al bambino una speciale adeguata
protezione. per quanto riguarda il lavoro minorile la costituzione afferma che il limite minimo
di età per intraprendere l’attività lavorativa è stabilita dalla legge ordinaria, che lo ha fissato a
15 anni compiuti. l’articolo 38 tutela i cittadini inabili al lavoro e sprovvisto dei mezzi
necessari per vivere. l’articolo 39 riguarda le organizzazioni sindacali, associazioni private le
quali i lavoratori difendono i propri interessi di categoria, hanno l’unico obbligo della
registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. infine l’articolo 40
riconosce che il diritto di sciopero si esercita nell’ambito della legge che lo regolano.lo
sciopero è diventato un diritto costituzionale comporta soltanto la perdita della retribuzione
corrispondente alle ore non lavorate.

- partito politico
partiti politici sono gruppi particolari, considerati come fazioni che nell’età moderna
cominciano ad essere visti come un elemento positivo per la vita politica.nascono in senso
moderno con le rivoluzioni liberali e democratiche del 700, che portano la costituzione dei
primi parlamento in Inghilterra, negli Stati Uniti in Francia. nel corso dell’ottocento si
sfruttarono come partiti di notabili. l’allargamento del suffragio determinò una trasformazione
della forma di partito, spinta dall’estensione del diritto di voto legata alle battaglie del
movimento operaio e alla capacità di accendere i riflettori dell’opinione pubblica sulle
diseguaglianze sociali.con l’avvento della democrazia emerge necessità di conquistare il
consenso delle masse. non basta più il dominio, secondo Gramsci, ma serve una capacità di
direzione, c’è bisogno di una egemonia in grado di salvare i governanti e governati. quindi
per dirigere la popolazione è necessario costruire organizzazioni stabili e radicate sul
territorio, nascono così partiti di massa ovvero forze politiche dirette non solo già da notabili
ma anche da politici di professione.
ai giorni nostri si parla di partiti personali, partiti che nascono e si sviluppano non più di
riferimento, non più in relazione a una specifica base sociale e che non sono nemmeno più
comprensibili secondo le dinamiche di una nomenclatura oligarchica, ma sono invece
caratterizzati dalla presenza di un capo carismatico che abbia doti comunicative di capire e
capacità di leadership, cioè di direzione e consenso. Gramsci rappresenta questo scenario
parlando di cesarismo, spiegando che la politica affidata alla grande personalità non era
qualcosa di arcaico ma una caratteristica delle società di massa che i regimi parlamentari
non avrebbero eliminato.

- scheda la storia ha un senso?


– hegel: con il romanticismo e l’idealismo di Hegel la concezione della storia come
progresso
raggiunge la sua massima espressione. hegel dà vita con il suo sistema idealistico a una
visione complessiva della realtà che afferma la fiducia in un senso della storia della duplice
affermazione di direzione e significato. lo sviluppo storico per il filosofo tedesco ha una
direzione lineare che tende a una meta finale e ogni evento di cui si compone acquista un
significato in relazione al contributo che dà al raggiungimento di tale meta.
– marx: anche nel pensiero di Marx la storia ha un senso, essa marcia verso una direzione e
trova il suo significato unitario nel progressivo superamento di ogni conflitto di classe.
inspirando allo storicismo Marx individua nella storia e luogo in cui l’uomo perde e
riconquista la propria essenza. per Marx l’uomo dopo aver smarrito la propria essenza
comunistica nella civiltà borghese, ritrova se stesso nell’epoca del comunismo celebrato
come la soluzione dell’enigma della storia. per Marx la storia si sviluppa in maniera
discontinua in quanto tra uno stadio dello sviluppo storico e successivo non vi è continuità
ma una rottura rivoluzionaria. Il compimento della storia per Marx sta nel futuro poiché il suo
stadio finale deve ancora attuarsi, potendola nascere esclusivamente dalle ceneri
dell’attuale società capitalistico borghese.

- brani antologici: i limiti del materialismo feuerbach


Marx accusa il materialismo di essere caduto nelle loro posto quello dell’idealismo la quale
va concepito la realtà solo soggettivamente, mentre il materialismo solo oggettivamente. Il
materialismo naturalistico di Feuerbach è anche su un errore proprio perché non riconosce
l’importanza della prassi grazie al quale il soggetto può modificare l’oggetto. Feuerbach
aveva scritto che la dottrina della creazione, introdotta dal giudaismo, immagina il mondo
come creato da Dio, in funzione dei desideri egoistici dell’uomo. Dunque avrebbe identificato
la prassi con l’egoismo e la teoria con l’atteggiamento disinteressato. Marx contesta la
concezione classica della verità come rispecchiamento della realtà da parte del pensiero.
Secondo lui una teoria è vera nella misura in cui viene realizzata. nella terza tesi Marx
preme sottolineare che l’uomo non è un essere passivo. Sbagliano i materialisti quando
affermano che l’uomo è il prodotto delle circostanze dell’educazione. La vita dell’uomo è
auto trasformazione in quanto con la prassi rivoluzionaria l’uomo può trasformare l’ambiente
in cui vive. Secondo egli Feuerbach non ha compreso che la religione è fondata sulla
alienazione socio economica e che quindi per superarla non basta la riflessione filosofica ma
occorre la prassi rivoluzionaria. Feuerbach ha avuto il merito di evidenziare l’importanza e la
sensibilità senza coglierne la dimensione pratica, contro Hegel. Marx contesta a Feuerbach
di non aver colto la storicità dell’uomo, quest’ultimo a una concezione statica e astratta
dell’uomo che prescinde dai rapporti sociali in cui egli vive. Secondo Marx non esiste
un’essenza umana atemporale, immutabile. l’essenza umana è storica perché l’uomo è figlio
della società del tempo in cui vive. Nella settima tesi si puntualizza la critica presente nella
quarta, ovvero che Feuerbach non si rende conto che l’alienazione religiosa è un prodotto
sociale, deriva dal tipo di società in cui l’uomo vive. Marx aveva infatti già scritto che la
religione è l’oppio del popolo. il misticismo può essere sconfitto solo con la prassi, Marx
aggiunge che la prassi deve essere accompagnata da riflessione. Nella nona e la decima
tesi viene ribadita e sviluppata l’accusa al materialismo del passato di essere contemplativo
individualistico, dunque espressione della società borghese. Il nuovo materialismo invece,
pratico e sociale rappresenta il punto di vista dell’umanità sociale. Il testo finisce con un
appello all’azione che testimonia la rivoluzione di Marx affermando che l’arma della critica
non può certamente sostituire la critica delle armi.
Marx accusa il materialismo di essere caduto nell’errore opposto a quello dell’idealismo, la
quale aveva concepito la realtà solo oggettivamente

- brani antologici: dalla critica della religione alla critica della società
nel brano emerge l’ambivalenza del pensiero marxiano immaturo che da una parte proclama
la fine della critica alla religione e dall’altra considera la critica religiosa come il presupposto
di ogni altra critica. Secondo Feuerbach e la sinistra di Hegel avevano fatto della critica
religiosa il perno della riflessione, riconoscendo che è l’uomo che fa la religione e non
viceversa, cioè che Dio è una creazione dell’uomo in quanto proiezione delle sue qualità più
elevate. Marx cerca di prendere le distanze da tale posizione, per lui infatti l’uomo non può
essere considerato al di fuori delle sue reali condizioni di vita che determinano il suo
pensiero e le sue produzioni spirituali. per Marx la religione è una dimensione in cui si
riflettono e in cui si trovano completamente le contraddizioni della società capitalistica. in
essa infatti convogliano le loro speranze, le illusioni, le aspirazioni, essa è esito più diretto
dell’alienazione degli uomini, ma non è la causa la quale deve invece essere ravvisata nel
loro concreto modo di vivere.
Si ribadisce l’idea che una volta soppressa la religione occorre trasformare la realtà. se
infatti la religione è un’illusione è inevitabile per sopportare determinate condizioni di vita,
allora è evidente che il desiderio di rinunciare a tale illusione coincide con quello di abolire le
circostanze che la rendono indispensabile, cioè corrisponde al bisogno di costruire una
società in cui non ci sia più necessità di illusioni consolatorie. La filosofia in particolare deve
incaricarsi di fare luce sul fondamento concreto all’inazione degli uomini, dopo che è stata
smascherata l’alienazione religiosa e se ne sono compresi i presupposti e le ragioni. Deve
far emergere ciò che ti vergognoso esiste nella società in modo da sollecitare lo sdegno e
tramutarlo in azione, se la teoria non può sostituire la prassi, tuttavia può diventare prassi
nel momento in cui costituisce un incitamento delle masse alla rivolta.

- brani antologici: il ruolo della borghesia è la missione del proletariato


secondo Marx e tutta la storia è stata una storia di lotte di classe.ogni lotta di classe a
comportato l’instaurarsi del dominio di una nuova classe sulle altre, pertanto non hai
eliminato i presupposti dell’antagonismo tra le parti sociali. la teoria di Marx è che nella
società borghese il conflitto si sia semplificato in due sole classi, capitalisti e proletari, e che
il divario tra essi sia destinato ad ampliarsi sempre di più, per i meccanismi interni al sistema
produttivo. la borghesia è vista da Marx come la classe che ha avuto ruolo rivoluzionario
nella storia dissolvendo le vecchie condizioni di vita e le idee e le dottrine tradizionali. il
passaggio a una visione del mondo disincantata, in cui gli interessi materiali che condiziona
le relazioni umane non sono più mistica, ma resi espliciti. Si crea un’immensa forza
produttiva che implica un lavoro sempre più socializzato e si spezza il mondo da illusioni e
fantasie, fondando la società su rapporti di commercio produzione. con questo si smaschera
il sistema dello sfruttamento, che non è più sorretto da sovrastrutture ideologiche che lo
giustificano e lo legittimano, ma si presenta aperto, spudorato, indiretto e arido. In questo
modo i ruoli sociali e mestieri sono diventati vere prestazioni offerte in cambio di denaro.
Marx afferma che la borghesia ha creato gli uomini che impugneranno le armi, oltre che solo
le armi. Quest’ultime sono le contraddizioni insite del capitalismo, i secondi sono i
proprietari, la classe dominata, asservita gli interessi del capitale e ridotto a merce e venduta
per salari sempre più esigui. secondo le previsioni di Marx nella società moderna il conflitto
sociale è destinato ad ampliarsi sempre di più, si concentrerà tutta la ricchezza al potere
nelle mani di pochi grandi capitalisti e la scomparsa progressiva delle classi medie, i cui
rappresentanti andranno a
ingrandire le file dei proletari occupati e disoccupati. Marx infine descrive il fenomeno per cui
quando ormai sono mature le condizioni per la rivoluzione alcuni strati della borghesia si
uniscono i proletari. Si tratta di una parte di intellettuali che scelgono di assecondare il corso
e di appoggiare l’avvento della nuova società. In questo modo l’unica classe che può avere
un potere davvero rivoluzionario e il proletariato, ingranditosi per l’acquisizione di tutti i
declassati degli altri gruppi sociali.

4 GRAMSCI
- vita e pensiero
– americanismo e fordismo
«Americanismo» e «fordismo» sono termini appaiati nel titolo del Quaderno 22, in cui
Gramsci teorizza una vera e propria trasformazione epocale. Il capitalismo cui il Vecchi.
continente dovrà adeguarsi è analizzato nella sua dimensione culturale e antropologica,
detta "americanismo», e nella sua dimensione economica e organizzativa, detta «fordismo»
e contraddistinta soprattutto dall'introduzione della catena di montaggio nelle fabbriche.
Sono i congegni escogitati dal capitalismo per reagire alla grande crisi, ma il fatto che
tutt'oggi se ne parli indica come il loro non sia stato un avvento effimero.
– filosofia della praxis
Gramsci recupera l'espressione «filosofia della praxis» dall'opera di Antonio Labriola, ma
negli "Appunti di filosofia" dei suoi Quaderni del carcere se ne serve per riformulare il
materialismo storico al di là dello schematismo ortodosso che vuole una struttura economica
volta a determinare la sovrastruttura politica, giuridica, culturale. Per Gramsci, che si
immagina così fedele allo spirito marxiano delle Tesi su Feuerbach e della Sacra famiglia, la
«filosofia della praxis» indica invece l'intreccio immanente, e mai risolvibile a tavolino, di
teoria e pratica, di filosofia e politica.
– rivoluzione passiva
Per Gramsci la rivoluzione è passiva quando viene condotta "dall'alto" anziché "dal basso".
E questo carattere di rivoluzione apparente, coniugato a una sostanziale conservazione
quando non alla restaurazione, avrebbe condizionato in forma diversa il Risorgimento
italiano, il regime fascista e lo stesso processo di formazione degli Stati europei nella
seconda metà dell'Ottocento. Ma se oggi rimane una delle categorie gramsciane più
utilizzate è perché, come lo stesso pensatore sardo ammoniva, la «rivoluzione passiva» è
un principio generale di scienza e arte politica.
– società civile
Solo in Occidente la «società civile» è distinta e, insieme, dialetticamente intrecciata allo
Stato. È questo l'assunto di fondo di Gramsci, che intuisce il destino di crescente
interventismo delle istituzioni pubbliche, nonché la loro capacità di produrre società: perché
lo Stato, come in fondo già Hegel aveva insegnato, non è riducibile ai suoi apparati coercitivi
o economici. Lo Stato, come si legge nella lettera alla cognata Tania del settembre 1931,
equivale a «società politica + società civile, apparati governativo- coercitivi + apparati
egemonici».
– egemonia
Quello di «egemonia» è il concetto più celebre del pensiero gramsciano. Gramsci parla di
egemonia come combinazione di direzione intellettuale e morale e di dominio politico ed
economico, come capacità di produrre e radicare consenso, da un lato, e come capacità di
conservare il potere, dall'altro. Per Gramsci, infatti, l'egemonia culturale non dura se rimane
troppo a lungo priva del controllo politico delle risorse economiche.
– subalterno
Gramsci parla di «subalternità» fin dai suoi scritti giovanili, eppure l'elaborazione teorica più
matura dimora nel Quaderno 25. I «gruppi subalterni» non sono un sinonimo della «classe
operaia». Essi rappresentano dei potenziali rivoluzionari ma sono politicamente inetti, non
solo perché mancano di organizzazione, ma prima di tutto perché, succubi dell'ideologia
borghese, costituiscono una massa eterogenea, disgregata e priva di coscienza di sé.
– intellettuale organico.
La figura di Gramsci è stata spesso associata all'idea di «intellettuale organico» come
acritico apologeta del partito, marionetta dalla sua ideologia. Ma il lavoro filologico degli
ultimi anni ha mostrato come la riflessione gramsciana sugli intellettuali fosse irriducibile a
quello stereotipo. Nel Quaderno 4, si legge che ogni gruppo sociale «crea insieme,
organicamente, un ceto o più ceti di intellettuali che gli danno omogeneità e
consapevolezza».
– il moderno principe
La metafora del partito politico come «moderno Principe» viene ideata da Antonio
Gramsci nei Quaderni del carcere. Egli mette in guardia i propri contemporanei: nell'epoca
delle masse, il mito machiavelliano del Principe non può più essere incarnato da un
individuo concreto; ormai è il partito l'unica forma politica capace di riassumere in sé la
«volontà collettiva», di esercitare una «riforma intellettuale e morale» dei cittadini e di
fondare un «nuovo tipo di Stato».
– guerra di posizione
Se Lenin aveva preso il potere assaltando il Palazzo d'Inverno, Gramsci pensa che in
Occidente la lotta di classe richieda ben altra strategia. E trasferendo nella scienza politica
l'arte militare introdotta dalla prima guerra mondiale, egli forgia l'idea di «guerra di
posizione». Mentre la «guerra di movimento»
bolscevica era stata lanciata da milizie specializzate in una fase eccezionale, nelle pacifiche
democrazie d'Occidente le battaglie politiche si decidono innanzitutto sul terreno culturale,
con una guerra di posizione che coinvolge l'intera popolazione.

- brani
nei quaderni del carcere Gramsci polemizza con Croce, che reputa il filosofo borghese più
intelligente e più influente del suo tempo. una delle più incandescenti materia della disputa
riguarda Marx. Croce aveva sostenuto che il marxismo fosse un canone di interpretazione
storica, il marxismo non sarebbe altro che un ammonimento affinché gli storici prendessero
in maggiore considerazione i fattori economici e materiali. dopo un po’ Croce cambia idea e
presenta al marxismo come una concezione peggio che metafisica, addirittura teologica,
dividendo l’unico processo del reale in struttura e sovrastruttura, noumeno e fenomeno, e
ponendo sulla base come noumeno un Dio ascoso, l’economia, chi ti da tutti i fili e che è la
sola realtà. Gramsci ritiene essenziale dimostrare la superiorità filosofica della propria
energia rispetto all’ideologia del moderatismo borghese , il cui massimo rappresentante
sarebbe stato Croce.
– la filosofia della prassi come storicismo assoluto
Gramsci rifiuta in modo nettissimo entrambe le critiche che Croce va rivolta al marxismo.
Gramsci sostiene che il marxismo è una filosofia, infatti egli ad un certo punto comincia a
sostituire l’espressione materialismo storico con quella di filosofia della prassi, in secondo
luogo il marxismo in quanto filosofia non ha fatto la dottrina metafisica, e anzi l’unica
coerente concezione storicistica della realtà. Egli sostiene inoltre che il marxismo più
avanzato abbia preso non solo da Marx, ma anche Croce stesso sostiene il giusto proposito
di espungere dalla filosofia ogni traccia e residua di trascendenza e di teologia e quindi di
metafisica. Secondo Gramsci la critica in efficace qualora venga rivolta ad un marxismo
ripensato come filosofia della prassi, egli parla di puro umanesimo per significare che alla
prossima il motore della storia. secondo Gramsci, Croce aveva compreso meglio di
chiunque altro da natura filosofica del marxismo, aveva paura però delle conseguenze
politiche che il suo successivo avrebbe determinato. Per questo motivo Croce avrebbe
ingaggiato una polemica meschina e avvocatesca contro il marxismo, di cui aveva inteso
tutta la forza la pericolosità, scegliendo di difendere gli interessi della borghesia, cioè i suoi
stessi interessi.
– il ruolo dell’intellettuale nella società civile
secondo Gramsci la funzione degli intellettuali riveste una grande importanza politica,
soltanto attraverso l’attività che diventa possibile ottenere l’egemonia culturale della società.
questa egemonia è indispensabile per conquistare non soltanto il dominio di un paese, ma
anche la sua direzione. Per questo egli distingue l’attività degli intellettuali organici da quella
degli intellettuali tradizionali: i primi sono figure di letterari, filosofi artisti che operano in
connessione con la classe dominante riescono a conquistare il consenso della società civile,
i secondi sono uomini di cultura che si richiamano i valori della tradizione e svolgono il loro
attività intellettuale in modo indipendente autonoma rispetto all’ideologia del gruppo sociale.
Secondo Gramsci il proletariato, per abbattere la classe borghese dominante diventare
classedirigente deve conquistare l’egemonia culturale. Tale scopo può essere svolto
integrando tra le proprie figlie gli intellettuali tradizionali, oppure formando nuovi intellettuali
organici. Gramsci sottolinea l’importanza della scuola ai fini della formazione di nuovi
intellettuali organici. Secondo lui i paesi economicamente industrialmente più evoluti sono
quelli che hanno le scuole più numerosa e qualificata. Fa un paragone tra l’istituzione
scolastica la realtà economica: quest’ultima ha un grado di sviluppo tecnologico, allo stesso
modo la qualità delle scuole loro diffusione sul territorio sono indicative del livello culturale di
un paese. Le tue realtà, industriale e culturale, sono interconnesse. Secondo il filosofo la
formazione deve comprendere sia le competenze scientifiche sia quelle umanistiche. Il suo
modello di intellettuale, è quello che sa coniugare la conoscenza del latino con le dispense
abilitazioni tecniche.
– il fallimento del partito d’azione e le sue conseguenze
Gramsci analizza le vicende italiane alla luce della storia della rivoluzione francese: il partito
d’azione avrebbe dovuto svolgere il ruolo avuto in Francia dei giacobini. invece non si può
affrontare la questione agraria, ovvero quella di una riforma agraria che mutasse
radicalmente rapporti sociali tra proprietari terrieri e contadini nelle regioni meridionali. La
conseguenza di un processo di unificazione nazionale capace di coinvolgere gli Stati
popolari e guidato la classe liberale moderata per mezzo di un compromesso con il vecchio
ordine feudale. In questo modo Risorgimento italiano fu in ultima analisi una rivoluzione
borghese mancata, che determinò uno Stato non completamente liberale moderno,
condizionato da un perenne distacco con le masse e dal ritardo dello sviluppo economico.

- l’intellettuale deve trasformare il mondo o solo comprenderlo?


platone: l’intellettuale deve mettere il proprio sapere al servizio della comunità, promuovendo
un progetto politico e assumendo una vera responsabilità di governo. nella storia della
filosofia, egli fu il primo a teorizzare l’esistenza di uno stretto legame tra ricerca filosofica e
progetto politico. Dal momento che la filosofia consiste in un possesso di scienza, che può
esserci utile, i filosofi devono porsi al servizio del governo dello Stato.
– aristotele: l’intellettuale trova la sua missione più alta dell’essere un osservatore neutrale
disinteressato delle dinamiche del mondo. Egli deve comprendere la realtà, ma spetta gli
altri con più di trasformarli. Contro la commissione tra vita contemplativa e vita attiva, egli si
schiera affermando il valore puramente teorico contemplativo della filosofia.e se infatti
ricerca sapere per il semplice piacere che ne deriva, non per fini pratici e politici.
– epicuro: l’intellettuale deve tenersi lontano dal tumulto della politica e dall’agone pratica in
cui gli uomini rivaleggiano, poiché ogni impegno pubblico turba la capacità di comprendere
adeguamente la realtà. Egli teorizza l’opposizione tra filosofia e politica in quanto terapia o
tecnica individuale per la felicità, la filosofia richiede isolamento, un ripiegamento del privato,
una presa di distanza dei conflitti della vita pratica.
– marx: i filosofi hanno solo compreso il mondo, ora si tratta anche di trasformarlo.
– gramsci: l’uomo di cultura deve mettersi al servizio del partito e contribuire alla lotta di
classe per trasformare la società.
– bobbio: l’ideale dell’intellettuale civile deve vivere in sintonia con il suo tempo e occuparsi
di politica, tenendosi prova certa distanza e conservando sempre la capacità di un giudizio
autonomo indipendente. Solo in questo modo egli potrà dare il suo contributo alla società in
cui vive.

4 LA II RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
- la questione femminile
Nell'800 si sviluppò, soprattutto in Inghilterra, un movimento che rivendicava la necessità di
affrontare la questione dell'emancipazione femminile. La filosofa inglese Harriet Taylor si
dedicò a organizzare i movimenti di protesta che svolsero un importante ruolo politico. Tra le
campagne da lei promosse vi fu quella per l'estensione del diritto di voto delle donne. Taylor
e bel grande merito di portare la questione femminile All'attenzione della classe media grazie
delle manifestazioni pubbliche e suo marito, Mill, si fece sostenitore della causa femminile
pubblicando una serie di opere e pronunciando dei discorsi in cui affermava l'uguaglianza
dei diritti civili politici e sociali tra uomini e donne.
○ l'emancipazione delle donne, brano di Harriet Taylor
Con questo testo la filosofa solleva una questione che sarebbe stata destinata a occupare la
scena pubblica europea e americana per la almeno un secolo: l'eguaglianza tra uomini e
donne nella sfera pubblica e nella vita politica. Il 1850 sono stati tenuti degli incontri da cui si
è formata la Convenzione per i diritti delle donne presieduta da una donna e quasi tutti i
relatori erano donne accompagnate da uomini. Sono poi stati nominati dei comitati generali
e quattro comitati speciali allo scopo di portare avanti l'impresa annualmente. il risultato della
convenzione è stato incoraggiante per quelli che l'hanno convocata: questa convenzione è
destinata a inaugurare uno dei movimenti più importanti per le riforme politiche sociali che
sono la migliore caratteristica dell'era dell'Ottocento. Ogni essere umano adulto, che abbia
risieduto per un tempo adeguato sul suolo nazionale Ed è obbligato ad osservare le leggi, ha
diritto di avere voce nella loro promulgazione, perciò le donne hanno diritto al suffragio e ad
essere considerate e leggibili per gli incarichi pubblici e ogni partito che pretende di
rappresentare l'umanità, la civiltà e il progresso dell'epoca è tenuto a scrivere sulle sue
bandiere l’eguaglianza di fronte alla legge, senza distinzioni di sesso o di colore.

- anarchia
Il termine anarchia significa mancanza di governo e fu utilizzato da quelle correnti che
individuavano la mancanza di un'autorità politica la condizione indispensabile per la piena
esplicazione della Libertà individuale. L'anarchismo si distaccava dal liberalismo in quanto
rifiutava l'organizzazione economica della società borghese fondata sulla proprietà privata. Il
primo teorizzare in senso positivo sulla prospettiva anarchica fu Proudhon.

- classe
Il termine classe è usato per designare un gruppo di individui che presenta un omogenea
condizione di reddito e di modo di vivere. In una società divisa in classi è sempre possibile il
passaggio da una classe all'altra, contestualmente all'acquisto o alla perdita delle
caratteristiche della nuova classe di collocazione. Quindi questo sistema è un sistema
aperto e fondato sulla mobilità sociale. Da un punto di vista politico sociale questa società
presuppone un sistema Democratico che si basa sui principi di libertà e di uguaglianza.
Riguardante questo tema, una delle più importanti teorie è quella di Marx che indicava la
causa fondamentale della divisione in classe L'opposizione tra il capitale e il lavoro.

- uguaglianza
Con il termine uguaglianza si intendeva un principio giuridico secondo cui tutti i membri di
una collettività dovevano essere considerati allo stesso modo senza privilegio distinzione di
condizioni socio-economica o livelli di istruzione. Tutti i movimenti riformisti dell'Ottocento
ponevano l'uguaglianza tra i loro obiettivi. I moderati vanno a raggiungere l'uguaglianza
giuridica, cioè la parità dei diritti. I movimenti più radicali giungevano invece a sostenere la
necessità dell'uguaglianza sociale che doveva essere realizzata attraverso la creazione di
un assetto socio economico in grado di prevenire la disuguaglianza di reddito e di proprietà.
L'uguaglianza sociale è sostanziale perché deve essere garantita da una distribuzione equa
delle risorse e implica la tutela dei diritti civili, politici e sociali.

- sindacato
Con questo termine si indica un'organizzazione di lavoratori costituita per tutelare gli
interessi della categoria. Nell'Ottocento il sindacato ha conosciuto forme di evoluzione legate
alle fasi del processo di industrializzazione e all'aspetto assunto dalla struttura in classi della
società. All'inizio del XIX secolo la struttura produttiva era caratterizzata dalla presenza di
tante piccole imprese, le prime organizzazioni sindacali si svilupparono solo su base
territoriale con un orientamento più improntato all'azione politica che alla contrattazione
collettiva. In questa fase le associazioni di lavoratori presentavano un apparato
organizzativo frammentato e le lotte operai avevano il carattere di rivolte isolate. Il fallimento
Nella seconda metà dell'Ottocento i sindacati cominciarono a formarsi sul criterio della
specializzazione professionale. Si affermarono quindi i sindacati di mestiere in cui
confluivano solo gli strati più qualificati della classe operaia, cioè i lavoratori specializzati che
godevano del privilegio nel mondo del lavoro. Negli ultimi decenni del XIX secolo il sindacato
venne chiamato a svolgere compiti sempre più ampi e diversificati che andavano
dall'ottenimento di migliori condizioni normative e più alti salari attraverso la contrattazione
collettiva.

- engels: l’inferno della classe operaia


Nel brano proposto, tratto dalla situazione della classe operaia in Inghilterra del 1845 Era
chiusa una delle più lucide descrizioni della condizione dei lavoratori e delle dinamiche
socio-economiche indotte dalla fabbrica moderna. Le connotazioni delle periferiche
industriali del sistema di sfruttamento dell'economia capitalistica sembrano sprofondare
l'operaio in una sorta di moderno e ineluttabile inferno metropolitano, determinato da
molteplici effetti della capacità accentratrice dell'Industria. Questo avviene perché l'industria
accentra la proprietà nelle mani di pochi e richiede grandi capitali, mandando in rovina la
piccola borghesia artigiana. Anche la popolazione viene accentrata come il capitale:
l'operaio viene considerato come una porzione di capitale che si mette a disposizione del
fabbricante e alla quale il fabbricante paga un interesse sotto il nome di salario.
- marx: i paradossi dell’operaio merce
Nel brano proposto emergono con forza i paradossi individuati da Marx nel rapporto tra
l'operaio merce e il lavoro come produzione, che costituiscono la radice e il meccanismo
dell'alienazione. L'operaio diventa tanto più povero quanto Maggiore la ricchezza che
produce. L'operaio diventa una merce quanto più grande è la quantità di merce che produce.
La svalutazione del mondo umano cresce il rapporto diretto con la valorizzazione del mondo
delle cose. Il lavoro non produce soltanto merci ma produce se stessi l'operaio come una
merce, è proprio della stessa proporzione in cui produce in generale le merci. L'attività
dell'operaio è l'attività che appartiene a un altro ed è considerata la perdita di se stessi? La
conseguenza di tutto ciò è quindi che l’uomo si sente libero soltanto delle sue funzioni
animali come il mangiare, il bere e il procreare. E invece si sente nulla più che una bestia
nelle sue funzioni umane. Quindi ciò che è animale diventa umano, e ciò che è umano
diventa animale.

- germinal
Germinale è un celebre romanzo francese dello scrittore Émile Zola e fu pubblicato tra il
1884 e il 1885. Germinale di Zola è un romanzo che denuncia il trattamento e le condizioni
dei lavoratori francesi nelle miniere del Paese. Viene anche presentato uno spaccato della
società francese di fine Ottocento, ovvero la classe operaia che lotta attraverso i sindacati al
fine di ottenere i propri diritti e da migliorare le proprie condizioni di vita.
trama
Il protagonsita del romanzo di Emile Zola è Etienne Lantier, figlio di Gervaise Macquart e
Auguste Lantier, che viene licenziato per aver schiaffeggiato il suo capo. Il giovane, rimasto
senza lavoro, decide di partire per il Nord della Francia alla ricerca di un nuovo impiego.
Viene assunto alle miniere di Montsou, dove viene a conoscenza delle spaventose
condizioni di lavoro dei minatori. Étienne conosce una famiglia di minatori, i Maheu, e si
innamora della giovane Catherine; quest'ultima è promessa ad un rude operaio, Chaval, e
sebbene la ragazza sembri interessata ad Étienne, mantiene nei suoi confronti uno strano
comportamento. Chaval geloso di Étienne e temendo che la ragazza preferisca a lui il nuovo
arrivato, fa in modo di costringere la giovane al matrimonio riparatore, abusando di lei.
Étienne, intanto, sconvolto per le condizioni di vita dei minatori, inizia a diffondere idee
rivoluzionarie e, quando la compagnia mineraria decreta una riduzione dei salari, spinge i
minatori a scioperare. Durante lo sciopero, la compagnia mineraria assume una posizione
molto rigida e rifiuta ogni trattativa. I minatori, dopo settimane di protesta, decidono di
rompere i macchinari e aggrediscono alcuni esponenti della borghesia. A quel punto arriva
l'esercito per ristabilire l'ordine, ma lo sciopero continua. Molti minatori sfidano i soldati, che
iniziano a sparare sui manifestanti: Maheu, l'operaio presso il quale Lantier abitava, viene
ucciso. Lo sciopero si rivela un fallimento, e i minatori si rassegnano a riprendere il lavoro.
Souvarine, un operaio anarchico, sabota la miniera provocando un incidente in cui muoiono
molti minatori, mentre Étienne, Catherine e Chaval rimangono bloccati nelle gallerie. Chaval
provoca Étienne, e quest'ultimo lo uccide e può finalmente diventare il compagno di
Catherine, ma Catherine muore poco dopo aver trovato l'amore. Étienne esce vivo
dall'inferno della miniera, e decide di tornare a Parigi. Anche se la rivolta è fallita, Étienne
continua a credere nella causa della lotta degli operai contro le disuguaglianze, ed è
persuaso che un giorno riusciranno ad eliminare l'ingiustizia.

padre e figlio
Il romanzo dal titolo Padri e figli è stato pubblicato nel 1862 come “Ottsy i deti”. Si tratta di un
romanzo
molto controverso rispetto all’epoca della sua pubblicazione. Infatti riguarda l'inevitabile
conflitto tra generazioni e tra i valori dei tradizionalisti e degli intellettuali. Il medico Bazarov,
il quale è il protagonista del romanzo, rappresenta la più potente delle creazioni di Turgenev.
Si tratta di un nichilista che nega la validità di tutte le leggi tranne quelle delle scienze
naturali. È una persona rozza e schietta nel dire il suo pensiero, ma è anche suscettibile
all'amore e proprio per questo condannato all'infelicità. In termini socio-politici, rappresenta
la vittoria dell'intellighenzia rivoluzionaria sull'aristocrazia, a cui apparteneva Turgenev. Alla
prima apparizione del romanzo, la generazione più
giovane lo attaccò come una calunnia e i conservatori lo condannarono come troppo
benevolo nella sua caratterizzazione del nichilismo.
trama
Il 20 maggio 1959, il neolaureato Arkady Kirsanov e insieme al suo amico Yevgeny
Vassilyitch Bazarov arrivano a Maryino per soggiornare nella tenuta del padre di Arkady,
Nikolai Petrovich. Nikolai rivela ad Arkady di aver avuto di recente un figlio con la sua
giovane amante, Fenitchka. Successivamente in una conversazione con suo padre e suo
zio, Arkady rivela che Bazarov è un nichilista. Bazarov, non esitante a condividere le sue
opinioni con gli uomini della vecchia generazione, ha un'intensa discussione con Pavel
Petrovich, affermando che tutti i principi e le regole sono inutili e devono essere negati.
Arkady e Bazarov, desiderosi di trovare un po' di spazio dopo l'acceso scambio, partono
verso una città sconosciuta per visitare il ricco parente di Arkady, Matvei Il'ic Kolyazin.
Incontrano uno dei vecchi conoscenti di Bazarov, Viktor Sitnikov, che li porta a visitare
Madame Kushkin. Dopo alcune notti, i due giovani partecipano a un ballo nella residenza del
governatore della città e fanno conoscenza con Anna Sergeyevna Odintsova, che li invita a
rimanere come ospiti nella sua tenuta. Nel corso di due settimane, Bazarov trascorre molto
tempo con Anna Sergeyevna, mentre Arkady diventa buon amico di sua sorella, Katya.
Nonostante la sua dichiarata mancanza di fede nei principi, Bazarov si innamora di Anna, le
confessa i suoi sentimenti e viene respinto. Arkady e Yevgeny Vassilyitch lasciano la tenuta
di Odintsov e si recano a casa dei genitori di Bazarov, che tratta i suoi genitori con poco
amore o rispetto, nonostante siano felicissimi di vederlo tornare. Dopo un soggiorno di soli
tre giorni, Bazarov diventa irrequieto e lui e Arkady tornano a Maryino. Dieci giorni dopo,
Arkady decide di tornare nella tenuta di Anna Sergeyevna a Nikolskoe e lascia il suo amico
nella tenuta di suo padre. Bazàrov corteggia Fenitchka e la bacia con forza, mentre si
siedono in riva al lago. Pavel Petrovich, dopo aver assistito al comportamento inappropriato
del nichilista, è deciso a difendere l'onore del fratello e sfida a duello Bazarov. Durante il
duello, Bazarov spara Pavel colpendolo alla coscia. Bazarov lascia Maryino, si reca nella
tenuta di Anna Sergeyena per raccontare ad Arkady del duello e per annunciare la fine della
loro amicizia. Arkady confessa il suo amore a Katya; la donna ricambia il suo sentimento.
Yevgeny Vassilyitch torna a casa dei suoi genitori e assiste suo padre nel curare gli abitanti
del villaggio malati. Si taglia un dito, mentre seziona il corpo di una vittima del tifo e,
trascurando di disinfettare la ferita abbastanza presto, contrae la malattia. Sul letto di morte,
Bazarov chiede la visita di Anna Sergeyevna, morendo poco dopo. Sei mesi dopo, Arkady e
Nikolai Kirsanov si sposano e in seguito vivono felici con le loro nuove famiglie.

cuore di tenebra
Cuore di tenebra è stato spesso interpretato sia come un atto di accusa al colonialismo
europeo sia
come un percorso di introspezione psicologica nell’animo umano, alla ricerca delle radici del
Male e delle sue motivazioni. La scelta di Conrad è di fare di queste due dimensioni le parti
del “cuore di tenebra” che l’europeo Marlow, partito come avventuriero al solod di una
compagnia commerciale, scopre a poco a poco durante la risalita del fiume. Il punto è che
questa scoperta non è affatto neutrale e senza conseguenze. Da un lato, sul piano storico, è
una severa denuncia degli orrori nascosti su cui si regge l’economia e il benessere della
“società civilizzata”: Kurtz (e la Compagnia per suo tramite) si arricchiscono sfruttando
ciecamente le risorse dell’Africa da un posizione di potere politico e militare; le norme di
Kurtz sullo sterminio dei nativi sono il punto d’arrivo finale ed estremo di una logica perversa
di dominio. D’altro canto, la ricerca di Kurtz da parte di Marlow porta in superficie tutta
l’ambiguità affascinante del lato oscuro dell’umanità; i contorni tra Bene e Male cominciano a
sfumare a mano a mano che si procede verso la verità, tanto che la figura di Kurtz - centro
gravitazionale del “cuore di tenebra” del romanzo - è ammantata da un’aura irresolubile di
ambiguità, cui Marlow non riesce a sottrarsi. Vi è un momento rivelatore nella parte finale del
romanzo (Parte III, cap. 3), in cui Marlow, sulla via del ritorno, istituisce un evidente parallelo
tra il cuore di tenebra dell’Africa - la giungla del Congo, luogo inospitale e pericoloso, come
brutale e violento è lo sfruttamento coloniale dell’Africa, eufemisticamente definito processo
di civilizzazione - e il cuore di Kurtz. Entrambi sono per Marlow oggetto di grande
fascinazione e, a livello dei meccanismi narrativi del romanzo, sono i due motori
dell’azione.Il rapporto con il Male, incarnato dalla figura demoniaca di Kurtz, è però sempre
ambivalente: ciò che in lui a prima vista disgusta o crea repulsione, in realtà affascina e
attrae profondamente Marlow, e con lui il lettore. Ecco come Marlow descrive Kurtz pochi
istanti prima della morte.Del resto, Kurtz è sia uno sfruttatore abile e carismatico sia la figura
semi divinizzata dagli indigeni; e il giudizio su di lui si complica se ascoltiamo il coro delle
voci che lo circondano. I colleghi della Compagnia lo odiano e lo temono, ma al tempo
stesso ne mitizzano le capacità; quando Marlow torna in patria, egli entra in contatto con un
presunto cugino di Kurtz e con un giornalista interessato alla storia. Da entrambi, pur con
sfaccettature ambigue, Marlow ha la conferma di ciò che già sa: Kurtz - o Mistah Kurtz,
come lo chiamano gli indigeni - è un genio, un “talento” pieno di risorse (pittore, musicista,
scrittore e politico). La patetica menzogna di Marlow alla compagna di Kurtz,
strategicamente posta alla fine del romanzo, rivela forse la posizione di Conrad riguardo alla
questione dell’ambiguità morale del suo protagonista. Alla fine, se lo smascheramento di
Kurtz da parte di Marlow c’è stato, quest’ultimo lo tiene per sé, e come lettori non sappiamo
se questo è un omaggio alla memoria di Kurtz, un gesto di pietà verso la sua compagna o
un atto di autoassolvimento della propria coscienza.
trama
L’azione prende avvio a Londra, su una nave sul Tamigi in attesa di salpare. A bordo ci sono
cinque uomini: tra di loro vi è il narratore - di cui sappiamo ben poco - e un uomo di nome
Marlow, che appare tutt’altro che un uomo di mare e di cui non si specifica la professione.
Marlow esprime giudizi molto duri sulle atrocità del colonialismo di cui ha preso coscienza
durante un suo viaggio in Africa. Il racconto in prima persona di Marlow costituisce il resto
del romanzo 2.
Marlow, nonostante il parere contrario di un medico che sembra alludere ad alcuni problemi
psichiatrici nella sua famiglia, viene assunto da una Compagnia commerciale belga che
commercia in avorio dall’Africa nera all’Europa. Marlow è da subito molto impressionato dal
paesaggio insieme selvaggio e devastato dell’Africa coloniale. All’arrivo presso il
campo-base della Compagnia balza agli occhi di Marlow il disumano sfruttamento dei
bianchi sulla popolazione locale, che è letteralmente schiavizzata; i rappresentanti della
compagnia, ipocriti ed arrivisti, non fanno molto per migliorare la situazione e curano solo il
proprio tornaconto personale. Tutti parlano invece del famigerato Kurtz, un tedesco rintanato
da tempo nel cuore più impenetrabile della foresta. Benché Kurtz sia fonte di grandi
guadagni per i quantitativi d’avorio che procura, egli è invidiato e detestato dalla maggior
parte dei membri della Compagnia, che vorrebbe sbarazzarsi di lui ritenendolo un
ingombrante rivale. La cortina di fascino e mistero attorno a questo personaggio si fa ancor
più fitta quando circola la voce che Kurtz sia gravemente malato; Marlow parte allora su un
battello per risalire il fiume con un equipaggio composto prevalentemente da quelli che lui
chiama “i pellegrini”, cioè un gruppo di cannibali, più alcuni coloni europei. Durante una
sosta vengono inspiegabilmente attaccati: ci sono alcune vittime e Marlow dà credito alla
notizia che Kurtz è perito poco tempo prima in un attacco simile.
Arrivati in quella che era la base di Kurtz, un uomo di nazionalità russa che si trova lì
comunica loro che Kurtz è vivo anche se molto malato: egli sottolinea la forte personalità di
Kurtz, la sua dedizione feroce e il suo grande ascendente sulla popolazione indigena.
All’arrivo all’accampamento di Kurtz, circondato da pali con teste mozzate in cima, Marlow
capisce che l’uomo è diventato una sorta di dio per la popolazione indigena e che egli,
malato e ormai folle, ha sfruttato questa condizione per approvvigionarsi senza scrupolo di
avorio, ordinando anche l’attacco contro il vaporetto di Marlow. Progressivamente, Kurtz non
si è più interrogato sulle conseguenze morali delle sue azioni, identificandosi solo ed
esclusivamente nel perseguimento dei propri fini, che sono poi quelli del ritorno economico
per la Compagnia. Marlow, date le condizioni di salute dell’uomo, lo carica non senza
difficoltà sul traghetto e decide di ripartire la mattina successiva.
Durante il ritorno, mentre anche Marlow s’ammala gravemente, Kurtz muore, consegnando
al protagonista alcune carte e una fotografia, mormorando solo “L’orrore! L’orrore!”. Tornato
in Europa ma profondamente traumatizzato dal viaggio, Marlow legge le carte di Kurtz e le
consegna alla Compagnia (che vuole rivelazioni sull’avorio), dopo aver rimosso un post
scriptum di Kurtz stesso intitolato “Sterminate tutti i nativi”. Marlow incontra poi la donna
sulla fotografia, che si rivela essere la fidanzata di Kurtz. A lei, senza il coraggio di rivelare le
scoperte atroci dell’uomo che ha amato, Marlow dice che le ultime parole di Kurtz sono state
per lei.

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