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Storia del comunismo

Con storia del comunismo si intende l'insieme di studi storici riguardanti le


teorie, i fatti, gli eventi legati al comunismo, inteso sia come movimento
ideologico politico, sia come forma di governo e di Stato dei paesi dove alcune
forme di comunismo sono state prese a modello.
Nonostante gli eventi più significativi e rilevanti risalgano alla storia della
modernità, l'aspirazione a creare una società egualitaria ha origini assai più
lontane e ha dato vita nel corso dei secoli a teorie che nel tempo hanno
assunto connotazioni e realizzazioni differenti suscitando consensi e critiche
di ogni genere. Tali connotazioni spesso notevolmente divergenti sono
comunque collegate con la visione utopica di una soci
età di tipo egalitario, e le applicazioni pratiche di tale ideale spesso sono
entrate in conflitto anche violento tra loro.
(Utopia è un assetto politico, sociale o religioso che non trova riscontro
nella realtà, ma che viene proposto come ideale e come modello).
Molti pensatori occidentali hanno concepito e propugnato idee di comunismo,
alcune molto simili a quelle poi divenute note con questo termine solo nel XIX
secolo, e differenti civiltà hanno applicato, in totale o in parte concetti
comunistici, dal lavoro collettivo a fini sociali delle società precolombiane del
continente sudamericano, ai diversi livelli di condivisione della proprietà in
diverse culture tribali. Alcune analisi marxiste, confutano spesso tali esempi di
comunismo di differente matrice, relegandoli a ruoli differenti.
Anche nel Cristianesimo delle origini vi sono aspirazioni, non coercitive, di tipo
comunistico. Gli Atti degli Apostoli nel secondo capitolo ai versetti 44-48
descrivono il funzionamento della prima comunità cristiana mettendo in risalto
l'aspetto della comunione dei beni.
Gli stessi ideali liberamente accettati troveranno spazio negli ordini monastici
oppure, nel Medioevo e non solo, in alcuni movimenti ereticali come quello
dei dolciniani. Fra Dolcino viene difatti citato da filosofi di matrice marxista
quali Antonio Labriola, e viene preso come spunto ed esempio in movimenti
popolari di matrice socialista nell'Italia del primo novecento.
Ideali di tipo comunistico e un progetto di abolire la proprietà privata torna in
auge all'epoca della Riforma protestante, con la guerra dei contadini
tedeschi, che sconvolge l'Europa ed è soffocata nel sangue.
Rivolte popolari e insurrezioni più tardi definibili proletarie non erano nuove
nel vecchio mondo, anche in epoca premoderna. Il Tumulto dei Ciompi, che
avvenne a Firenze tra il giugno e l'agosto del 1378 è uno dei primi esempi di
sollevazione per scopi economico-politici della storia europea, operaista, ma
ascrivibile ad una società largamente pre-industriale, e non supportato da
basi teoriche.
Più tardi L'Utopia di Tommaso Moro e La città del Sole di Tommaso Campanella
descrivono ugualmente altre comunità ideali in vario grado comuniste.
L'idea di comunismo aleggia durante l'Illuminismo, influenzando diversi
filosofi e soprattutto Jean-Jacques Rousseau.
Molti idealisti del XIX secolo, colpiti dalla miseria materiale e morale della
rivoluzione industriale, fondano con poca fortuna comunità utopistiche,
soprattutto nel Nuovo Mondo.

Karl Marx e Friedrich Engels, il 21 febbraio 1848, pubblicarono il libro


Manifesto del Partito Comunista, che spiegava le idee sull'abolizione della
proprietà privata e sull'abbattimento dei governi borghesi lasciando il posto a
governi proletari. Con loro il comunismo diventa un moto rivoluzionario. Per
Marx se la classe proletaria di tutti i paesi prendesse coscienza dei suoi
comuni obiettivi, si unirebbero per rovesciare il sistema capitalista.
Il capitalismo è un sistema economico – sociale caratterizzato dalla
proprietà privata dei mezzi di produzione e dalla separazione tra la
classe dei capitalisti-proprietari e quella dei lavoratori.
Lo considerava, se lo svolgimento della storia avesse seguito la logica di una
razionalità hegeliana, un risultato inevitabile di un processo storico in atto;
potendosi comunque verificare, qualora il socialismo non fosse riuscito ad
imporsi, l'imbarbarimento della società attraverso la rovina di ambedue le
classi in lotta. Dalle rovine del capitalismo sarebbe sorta una società in cui,
dopo un periodo di transizione, la dittatura del proletariato, in cui lo Stato
avrebbe controllato i mezzi di produzione, la loro proprietà sarebbe passata
alla società stessa nel suo complesso, quindi lo Stato era destinato a
dissolversi. Vale la pena di notare come, secondo il pensiero marxiano, il
comunismo si sarebbe dovuto sviluppare inizialmente in un paese ad alto
tasso di industrializzazione come gli Stati Uniti d'America e non, come poi
effettivamente avvenne, in un paese arretrato e prevalentemente agricolo
com'era all'epoca dei fatti la Russia.
Contemporaneamente alle idee di Marx si sviluppa un'altra forma di idee
vicine al comunismo: l'anarchismo. Esso è basato sul pensiero di Pierre-
Joseph Proudhon. (Anarchismo, dottrina che propugna l'abolizione di
ogni governo sull' individuo, che teorizza che lo Stato sia
indesiderabile, non necessario e dannoso). Tra il marxismo e l'anarchismo
nacque una forte polemica. Tra il 1871 e il 1872 Marx e Engels riuscirono a
mettere gli anarchici in minoranza e a farli espellere dall'Associazione.
Il più importante teorico anarchico del primo periodo è Michail Bakunin che
espose le sue idee nel libro Stato e Anarchia. Per Bakunin libertà e
uguaglianza erano due obiettivi inscindibili. Lo Stato, con la sua divisione tra
governati e governanti, tra chi possiede la cultura e chi esegue il lavoro fisico,
era in sé stesso un apparato repressivo e doveva essere dissolto senza il
passaggio per una fase intermedia. Il modello proposto da Bakunin era quello
di una libera federazione di comuni, regioni e nazioni in cui i mezzi di
produzione, collettivizzati, sarebbero stati direttamente nelle mani del popolo
tramite un sistema di autogestione.

La prima metà del Novecento


L'Europa occidentale e l'Italia
All'inizio del Novecento il pensiero socialista è ancora troppo influenzato da
Marx e perciò non abbiamo ancora una vera separazione tra i movimenti
socialdemocratici (riformisti e liberal-democratici) e quello comunista
(rivoluzionario), cosa che avverrà dopo la Rivoluzione d'ottobre, quando i
primi approderanno alle idee socialdemocratiche e liberalsocialiste. Nel
biennio 1919-1920, in Italia si generavano tumulti, scioperi e manifestazioni.
Quest'evento (guidato soprattutto dai comunisti) venne soprannominato
"Biennio rosso" e c'era chi pensava (alcuni con terrore e altri con speranza)
che si trasformasse in una rivoluzione. Dopo la presa al potere dei fascisti in
Italia, ogni rappresentazione sindacale, socialista e comunista venne
repressa e ne fu molto colpito il Partito Comunista d'Italia, fondato da Antonio
Gramsci a Livorno nel 1921.
La Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa e l'URSS
Alla rivolta che rovesciò il regime monarchico zarista, nel 1917, generando la
Repubblica russa, seguì una prima vittoria bolscevica, e la nascita della
Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa.
(Il bolscevismo è una corrente del pensiero politico marxista,
sviluppatasi all'inizio del XX secolo all'interno del Partito Operaio
Socialdemocratico Russo (POSDR) e concretizzatasi nella formazione del
Partito bolscevico, poi Partito Comunista dell'Unione Sovietica (PCUS)).
A questo, fece seguito, dal 1917 al 1921 (o 1923 secondo molti storici) la
Guerra civile russa che vide la vittoria dell'Armata Rossa, bolscevica,
sull'Armata Bianca, contro-rivoluzionaria. L'egemonia bolscevica si impose
anche su altre correnti comuniste, antizariste e rivoluzionarie, ma di spirito
anarchico e libertario, come quelle ispiratrici della Rivolta di Kronštadt, o la
Machnovščina ucraina. A conclusione, nel 1922, verrà istituita l'Unione delle
Repubbliche Socialiste Sovietiche, il primo Stato teso, almeno idealmente e
inizialmente, a seguire molti degli ideali comunisti teorizzati da Marx,
rielaborati da Lenin, ma purgati da molte istanze libertarie e spontaneiste,
proprie del comunismo tout court. L'URSS crollò nel 1991.
Rivoluzione russa

Cominciò il 9 gennaio 1917, quando in molte città iniziarono manifestazioni


contro la guerra e il 23 febbraio gli operai di una delle maggior industrie della
città insieme ad altri lavoratori, scesero in piazza a proclamare lo sciopero
generale. Il 25 febbraio lo zar ordinò al comandante della guarnigione di
liquidare i disordini. Il 26 febbraio il reggimento della guardia sparò sulla folla
lasciando sul terreno più di sessanta manifestanti, ma questo non bastò per
riportare la calma in città. Il 27 febbraio alcuni reggimenti della guardia si
uniscono agli operai a cui distribuiscono anche parte delle armi. La sera
stessa, nel Palazzo di Tauride, si riunì il primo soviet di Pietrogrado.
Il Soviet( letteralmente «consiglio») è una struttura assembleare
finalizzata alla gestione democratica e livellata del potere politico ed
economico da parte della classe operaia e contadina. I Soviet nacquero
nell'Impero russo all'inizio del XX secolo e divennero fondamento
costituzionale dello Stato socialista dapprima nella RSFS Russa e poi in
Unione Sovietica. Analoghe strutture, sull'esempio russo e sovietico, si
svilupparono successivamente anche in altri Paesi.
Il 28 febbraio la rivolta scoppia anche a Mosca con esiti analoghi a quelli di
Pietrogrado. Nel frattempo lo zar decreta, senza alcun effetto, lo stato
d'assedio nella capitale e nomina un dittatore militare. Nella notte tra il 1º ed il
2 marzo, lo zar, ormai impossibilitato a raggiungere la famiglia, firmò un
manifesto che prometteva una Costituzione. Il 2 marzo il Soviet e il Comitato
della Duma raggiunsero un accordo sulla deposizione dello zar e sulla
formazione di un governo provvisorio che indica le elezioni per l'Assemblea
Costituente. Nella notte del 15 marzo lo zar Nicola II abdica in favore del
fratello, il Granduca Michele, ma questi lo stesso giorno rinuncia al trono
ponendo così fine alla monarchia in Russia ed ai cinque secoli di dominio
della dinastia Romanov.
I Bolscevichi non avevano avuto un ruolo da protagonisti nella rivoluzione di
febbraio; infatti, il partito, benché avesse cinque rappresentanti alla Duma,
era privo dei suoi dirigenti migliori, tutti in volontario esilio all'estero o
deportati in Siberia. Anche nei soviet che si vanno ricostituendo in tutta la
Russia la maggioranza è quasi sempre costituita da Socialisti rivoluzionari.
Non appena appreso dei fatti di febbraio Lenin, che si trova inSvizzera,
decide di tornare in Russia. Il 4 aprile 1917, alla conferenza del partito
bolscevico Lenin espone quelle che diventeranno le linee guida del partito per
i mesi futuri. Il proletariato deve porre fine al dualismo dei poteri, abbattendo il
governo provvisorio, di ispirazione borghese, trasferendo tutto il potere ai
soviet. I contadini devono occupare le terre dei grandi latifondisti. La guerra
deve essere immediatamente fermata per giungere ad una pace senza profitti
per alcuna delle parti. Con il passare dei mesi le contraddizioni insite nella
complessa situazione della Russia dopo il febbraio 1917 si fanno sempre più
evidenti. La situazione nelle città peggiora di giorno in giorno, i rifornimenti di
viveri sono sempre più aleatori ed i prezzi di quei pochi disponibili crescono a
vista d'occhio provocando una pesante inflazione della moneta. Nelle
campagne le occupazioni di terre aumentano, nel mese di giugno si
registrano ottocentosettantacinque espropri illegali. A tutto ciò va aggiunto
che tra i lavoratori si fa sempre più strada la consapevolezza che malgrado
l'economia sia allo sfascio i profitti delle imprese impegnate nella produzione
bellica crescono in modo vertiginoso. Tutti questi fattori concorrono nel
portare sempre più lavoratori e soldati a prestare orecchio alla propaganda
dei Bolscevichi che affermano la necessità di abbattere il governo e di trasferire
tutto il potere ai soviet. Il governo, nel tentativo di aumentare il suo controllo
sulla capitale, decide di trasferire al fronte, poco alla volta, le unità della
guarnigione che hanno partecipato alla rivoluzione di febbraio per sostituirle
con truppe maggiormente fedeli. I bolscevichi si convincono che bisogna
stringere i tempi per realizzare il passaggio del potere dal governo
provvisorio, nato dalle giornate di febbraio ed emanazione della proprietà
terriera e della borghesia industriale, ai soviet, rappresentanti le masse
operaie e contadine. Nel settembre 1917 la diffusione dei soviet nella Russia è
disomogenea e comunque le due componenti: operaia e contadina
rimangono ancora separate, nei soviet degli operai e soldati che si vanno
formando nelle città i bolscevichi vedono aumentare costantemente la loro
influenza mentre i soviet contadini sono saldamente nelle mani dei
socialrivoluzionari.

Rivoluzione d'ottobre
L'insurrezione (o secondo molti il colpo di Stato) prende il via la sera del 24
ottobre; durante la notte vengono occupati i punti più importanti di
Pietrogrado: poste, telegrafi, stazioni ferroviarie, banche, ministeri. Il governo
provvisorio praticamente cessa di esistere senza alcuna resistenza. 
Nel frattempo, la sera del 25 ottobre, si è riunito il Secondo Congresso dei
Soviet, ed è a questo organo che i bolscevichi consegnano il potere appena
conquistato. Quella notte la discussione prosegue senza sosta ed alle cinque
del mattino del 26 ottobre, mentre si arrendono le ultime sacche di resistenza
nel Palazzo d'Inverno, viene decretato il passaggio del potere ai soviet. Come
primo atto il congresso rivolge a operai soldati e contadini un proclama in cui
afferma che il governo sovietico, in via di formazione, avrebbe offerto ai
tedeschi la pace immediata ed avrebbe consegnato la terra ai contadini. Nei
giorni che seguono viene organizzato il primo governo sovietico che prende il
nome di Soviet dei commissari del popolo.
A Mosca la rivoluzione inizia il 26 ottobre e gli scontri si concludono solo il 2
novembre con la resa del Cremlino.
Mentre la rivoluzione si diffonde il nuovo governo sovietico muove i suoi primi
passi ed emette i suoi primi atti formali. Come già annunciato da Lenin il 26
ottobre il decreto sulla terra prevede l'immediata distribuzione delle terre ai
contadini privi di terra. Con il decreto sulla pace si propone a tutti i belligeranti
l'apertura immediata di trattative per una pace "giusta e democratica"
accompagnate da un immediato armistizio di almeno tre mesi. Al vecchio
sistema giudiziario si sostituiscono i tribunali del popolo inizialmente di tipo
elettivo; la polizia viene sostituita da una milizia composta prevalentemente di
operai; viene realizzata la completa separazione tra Stato e chiesa; viene
introdotto il matrimonio civile, con uguali diritti per entrambi i coniugi, e viene
introdotto il divorzio; la donna ottiene la totale parità di diritti rispetto all'uomo;
viene introdotta la giornata lavorativa di otto ore. Riguardo all'esercito
vengono tolte la differenze di trattamento fra soldati e ufficiali. Sul fronte
dell'economia vengono nazionalizzate tutte le banche private; il commercio
estero diviene monopolio dello stato; flotta mercantile e ferrovie diventano
statali, mentre le fabbriche vengono affidate direttamente agli operai. Il nuovo
governo denuncia anche tutti gli accordi internazionali compresi quelli segreti
e sospende il rimborso dei prestiti ottenuti all'estero dal regime zarista.
Il socialismo sovietico con Stalin.
Nel 1924 come successore di Lenin salì al potere Iosif Stalin: con lui la
politica sovietica e la prassi comunista cambiarono radicalmente. Elaborò una
ideologia sotto la facciata della continuazione del pensiero di Marx e di Lenin
e trasformò l'Unione Sovietica in uno dei peggiori regimi totalitari del XX
secolo.

Il totalitarismo è un idealtipo usato da alcuni studiosi politici e storici per


spiegare le caratteristiche di alcuni regimi nati nel XX secolo, che mobilitarono
intere popolazioni nel nome di un'ideologia o di una nazione, accentrando il
potere in un unico partito o in un gruppo ristretto.
È il termine più usato dagli storici per definire un tipo di regime politico,
affermatosi nel XX secolo al quale possono essere ricondotti il nazismo, il
fascismo e lo stalinismo. Uno Stato totalitario è caratterizzato soprattutto dal
tentativo di controllare capillarmente la società in tutti gli ambiti di vita,
imponendo l'assimilazione di un'ideologia: il partito unico che controlla lo
Stato non si limita cioè a imporre delle direttive, ma vuole mutare
radicalmente il modo di pensare e di vivere della società stessa.
Il termine totalitarismo, inoltre, è usato nel linguaggio politico, storico e
filosofico per indicare "la dottrina o la prassi dello stato totalitario", cioè di
qualsiasi Stato intenda ingerirsi nell'intera vita, anche privata, dei suoi
cittadini, al punto da identificarsi in essi o da far identificare essi nello Stato.
Stalin estromise al potere il vecchio gruppo dirigente bolscevico, del quale Lev
Trockij era l'esponente più brillante, quindi si sbarazzò dei suoi rivali reali o
potenziali accusandoli di varie deviazioni politiche o tradimenti immaginari.
Ogni forma di libertà fu eliminata e fu instaurato un regime di terrore in cui
tutti potevano essere da un momento all'altro accusati di qualcosa, arrestati,
torturati e, quando si trattava di membri del Partito Comunista dell'Unione
Sovietica, spesso costretti ad ammettere i loro inesistenti delitti in pubblici
processi prima di venire uccisi o internati in campi di concentramento.
Alla passione ed alle idee della rivoluzione del 1917 si sostituì l'arbitrio di Stalin.
La collettivizzazione forzata, che provocò milioni di morti, e
l'industrializzazione sotto la guida statale non avevano più lo scopo di
produrre una qualche forma di società socialista ma piuttosto quella di
rafforzare la nazione sovietica e il potere del suo dittatore. La politica estera
di Stalin passava dal sostegno aperto ai movimenti antifascisti quando la sua
posizione poteva uscirne rafforzata alla ricerca di un compromesso semi-
segreto con la Germania nazista per spartirsi la Polonia. Le indicazioni che
impartiva ai partiti comunisti erano ugualmente capaci di subire brusche
sterzate da un momento all'altro. Ad ogni "capriola ideologica" chi sosteneva
una tesi contraria veniva perseguitato e tacciato di tradimento.
Paradossalmente negli anni trenta ben pochi si accorsero della piega che la
situazione stava prendendo nell'Unione Sovietica: al contrario, Stalin, con in
mano tutti i mezzi d'informazione e propaganda raggiunse una popolarità
anche maggiore dei dirigenti sovietici precedenti. Seppe presentarsi ai
comunisti come una guida solida e abile, alla sinistra in generale come uno dei
pochi leader che facesse qualcosa per combattere il fascismo e a liberali e
conservatori come un "moderato" che aveva abbandonato le velleità di Trockij di
una rivoluzione permanente e che non costituiva perciò più un pericolo per gli altri
paesi capitalisti. Con l'avvento del fascismo molti avevano infatti cominciato a
pronosticare la morte della "democrazia borghese" e a ritenere che fascismo
o socialismo sovietico fossero le sole vie possibili. L'abilità manipolatoria della
propaganda e l'impossibilità per molti militanti comunisti di visitare di persona
l'Unione Sovietica e rendersi conto della reale situazione del paese favorirono
il dittatore.
Tra le testimonianze, comparse solo più tardi, sui campi di concentramento
staliniani possiamo citare quella di Alexander Solzhenitsyn, e tra le opere
letterarie di denuncia sulla repressione staliniana il romanzo Buio a mezzogiorno
di Arthur Koestler, che aveva rotto con il comunismo proprio per questa
ragione. Altri intellettuali che spezzarono il conformismo sull'URSS, allora
imperante nel mondo progressista, furono George Orwell, André Gide, Ignazio
Silone (tutti e tre ex-comunisti). Anche Antonio Gramsci, l'ex segretario del
Partito Comunista d'Italia, dal carcere dove era detenuto a causa della sua
opposizione al fascismo, fece conoscere la sua opposizione alla
persecuzione di Trotzkij e dei vecchi dirigenti bolscevichi.
Alla fine della seconda guerra mondiale il potere di Stalin e la sua ideologia si
affermarono nelle zone che l'Armata Rossa aveva liberato dal nazismo. Dove
esisteva un movimento comunista di massa, come in Cecoslovacchia, le
purghe eliminarono presto i dirigenti non in linea con l'Unione Sovietica o non
sufficientemente malleabili. Alla fine l'Europa orientale aveva visto nascere
una cintura di Stati satelliti saldamente controllati dall'Unione Sovietica e con
sistemi politico-sociali ricalcati sul modello sovietico.
La reazione dell'Occidente, che in quel momento voleva dire soprattutto gli
Stati Uniti d'America, all'espansione dell'influenza dell'Unione Sovietica fu in
alcuni momenti eccessiva e portò ad un progressivo irrigidimento dei due
grandi blocchi, che si configurò come guerra fredda.

Il trotskismo
Lev Trockij, il teorico della Rivoluzione permanente, bollato come il traditore
numero uno e costretto a fuggire dall'Unione Sovietica, denunciò la politica di
Stalin ma con scarso successo. Fondò una Quarta Internazionale di Partiti
comunisti dissidenti detti da lui trotskisti, ma fu ucciso in Messico da un sicario
di Stalin.
Nonostante Lenin preferisse Trockij come successore, Stalin riuscì ad
esautorarlo e ad esiliarlo, riuscendo a portare a compimento il proprio
progetto di Stato nazionale e di partito. Ne risultò una società paralizzata da
un apparato burocratico elefantiaco. La cura a questa situazione fu teorizzata
da Trockij ne La rivoluzione tradita e consisteva in una seconda rivoluzione
("politica" in contrasto a quella "sociale" dell'Ottobre) che avrebbe dovuto
portare il popolo a riprendersi lo Stato, togliendolo di mano ai "burocrati" che
avevano assunto il ruolo di casta privilegiata al potere (una forma di nuova
"classe dominante") al posto dei lavoratori salariati.

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