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La Resistenza

25 luglio 1943 = sfiducia a Mussolini da parte del Consiglio del fascismo, cade il fascismo
8 settembre 1943 = armistizio di Cassabile, l’Italia firma la resa agli Alleati
Resistenza = periodo che va dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 (date periodizzanti), guerra di
liberazione dal nazifascismo
Discussione storiografica sulla Resistenza = molti storici hanno iniziato a utilizzare l’espressione guerra
civile poiché si tratta di una guerra che vide contrapposti italiani contro italiani, sebbene sia ambigua
poiché sembra mettere le due fazioni su due piani; invece, mentre una parte combatteva per la
liberazione dell’Italia dal nazifascismo (occupazione straniera), l’altra per mantenere il governo fantoccio
della Repubblica di Salò a cui Mussolini era stato messo a capo (dittatura).
La Resistenza è stato un importante momento anche dal punto di vista della cultura politica della
nazione, di fatto, si tratta di una fase storica in cui si profila una nuova coscienza civile dell’Italia: si
coagula una coscienza civile che porterà alla nascita dell’attuale Italia repubblicana, della nostra
democrazia.
Resistenza = obiettivo comune di liberare gli italiani dal nazifascismo, non include sono partiti di
sinistra. Sebbene ombre nella resistenza. Sul dopo, iniziano a esserci delle divergenze:
o comunisti vedono una possibilità di instaurare un regime di socialismo reale, la Dittatura del
proletariato;
o cattolici e liberali = vogliono restaurare lo Stato liberale prefascista;
o alcune frange del PCI = vogliono cogliere l’occasione per instaurare un regime popolare,
proletario.
I partigiani, di fatto, non solo lottavano contro i nazifascisti, ma ci sono stati anche degli scontri interni in
merito alle diverse prospettive dopo la guerra.
Eccidio di Porzûs = eccidio perpetrato in Friuli da alcuni partigiani comunisti ai danni di un
gruppo di partigiani cattolici (tra le vittime c’è anche Guido Pasolini, fratello minore di Pierpaolo).
Questo perché i partigiani comunisti friulani volevano annettere il Friuli orientale alla Jugoslavia
di Tito.
Da un punto di vista intellettuale, la Resistenza è importante perché si ristabilisce quella dialettica delle idee, quel
dibattito intellettuale che il fascismo aveva soffocato per vent’anni → ha un rilievo culturale perché rappresenta
un momento di consapevolezza ideologica, formazione di una nuova coscienza civile.
Le componenti fondamentali della resistenza sono:
- liberale, che si identifica nel Partito d’azione = il Partito d’azione nasce dai gruppi di giustizia e
libertà di Piero Gobetti, principale esponente dell’antifascismo di marca liberale; torinese,
muore molto giovane in seguito alle percosse subite dai fascisti. Il Partito d’azione incarna la
componente liberale di origine gobettiana ed è una componente importante poiché comprende
degli intellettuali di grande prestigio. Il problema di questo partito è il fatto che non aveva una
base popolare, era elitario (altoborghese, di borghesi intellettuali), di fatto, si dissolve già nel
1947, dopo aver dato il primo Capo di governo del dopoguerra, Ferruccio Parri,
vicecomandante del CLN (Comunità di Liberazione Nazionale);

- cattolica, che si identifica nella Democrazia Cristiana = la Democrazia Cristiana è l’erede del
Partito popolare prefascista fondato da Don Luigi Sturzo nel 1978. Affluiscono alla DC le
vecchie leve del Partito popolare e giovani derivanti dalla formazione nelle file dell’Azione
cattolica (uno dei due motivi, insieme alla monarchia, per cui si parla di totalitarismo imperfetto per
quanto riguarda il fascismo);

- marxista, costituita da due branche, da una parte i comunisti e dall’altra i socialisti (nel 1921 i comunisti si
erano staccati dai socialisti nel Congresso del Partito Comunista d’Italia a Livorno). I comunisti erano più vicini a Mosca
rispetto ai socialisti → lotta fascista dura e pura.
Tra queste tre componenti, è il PCI quella che assume la leadership politica e ideologica della Resistenza.
Posizione degli intellettuali italiani
Durante la guerra, l’intellettuale si ricava una nicchia al riparo dalla politica, non si immischia nei problemi
sociali. Nei primi anni del secondo dopoguerra (primi anni che seguono la Seconda guerra mondiale) c’è il rovesciamento di
questa posizione: l’intellettuale tende a subordinare la sua specifica attività alla politica, perlopiù mettendosi al
servizio delle forze di sinistra (milita nel PCI)  stagione dell’impegno, engagement (proposto da Sartre,
filosofo esistenzialista che coniuga l’esistenzialismo con il marxismo), ora l’intellettuale vuole sporcarsi le mani
dei temi politici.
In Italia, il principale esponente della stagione dell’impegno è lo scrittore Elio Vittorini, il quale dirige la rivista
Il Politecnico, pubblicata tra il 1945 e il ’47; si tratta di una rivista aperta anche alla contaminazione con altri
ambiti disciplinari (come la rivista settecentesca), che tratta tanti argomenti, tra cui il tema dell’aborto tra
letteratura e politica, e su questo tema si incaglia nella discussione  Sulle colonne del Politecnico si sviluppa
una polemica tra il segretario del PCI dell’epoca, Palmiro Togliatti e Vittorini: il primo chiedeva, come tutti i
leader comunisti dell’epoca, che la letteratura fosse al servizio della causa comunista; di tutta risposta Vittorini,
che pure era schierato a sinistra, afferma di essere prima di tutto uno scrittore, e l’artista non può che essere libero:
non esiste un’arte di propaganda che possa essere arte; se diventa propaganda non è più arte. Tra i due c’è dunque
uno scambio di articoli in cui, a un certo punto, Vittorini dichiara: Io non intendo suonare il piffero della
rivoluzione → non si può pretendere che il letterato sia semplicemente un pifferaio, cioè uno che abbellisce dal
punto di vista oratorio e retorico l’azione politica, poiché l’arte ha una sua libertà che non può essere repressa né
soppressa.

Il Neorealismo
All’epoca, dunque, i leaders comunisti dei vari Paesi davano indicazioni precise agli artisti e ai letterati, e la
poetica che essi propugnavano era il Realismo.
Realismo = oggettività, attenzione alla realtà esterna, un ribaltamento rispetto a ciò che avveniva nel
Ventennio (es. Ermetismo, dove il fulcro non era la socialità ma l’individualità, l’io).

In letteratura, (Neo)realismo = Nel secondo Novecento, Antonio Gramsci e gli esponenti dei partiti
comunisti sostengono che manca una letteratura nazionalpopolare (in senso positivo) e quindi
un’arte realista (dove un’opera è tanto più riuscita quanto più riproduce fedelmente la realtà esterna –
es. natura morta di Caravaggio), perché l’arte d’avanguardia non è un’arte popolare ma difficile (es. Joyce,
Kafka, Picasso, Dalì…); gli intellettuali italiani sono sempre stati una casta rispetto al popolo  arte
come strumento di trasmissione dei messaggi e degli ideali politico-ideologici. Essa può servire a
rendere il proletariato consapevole delle condizioni di sfruttamento in cui versa da secoli, e quindi
invitarlo a un riscatto, a una rivoluzione (epoca senza televisione e media → arte importante).

Vi sono però varie gradazioni del Realismo del secondo novecento:


- realismo critico, proposto da György Lukács = il valore di un’opera d’arte si misura sulla sua
capacità di rispecchiare la realtà. Il valore di un’opera d’arte è direttamente proporzionale al suo
grado di “rispecchiamento” (= capacità di un’opera di rispecchiare la realtà; può essere fatto
anche da autori conservatori, non necessariamente deve essere fatto dai progressisti – es.:
Honoré de Balzac = massimo esponente del Realismo, primo Ottocento. Scrive la
Comédie humaine, opera monumentale e primo modello del Realismo  mostra della
mentalità borghese, il dio denaro, facendo cogliere le strutture della società (es. Le père
Goriot, in cui le figlie pensano solo all’eredità) o Verga (es. Rosso Malpelo, denuncia
terribile delle condizioni dei lavoratori);
- realismo socialista, gradino più spinto, propugnato dal marxismo realizzato dal regime
comunista sovietico = l’arte non deve solo rispecchiare la realtà come diceva Lukàcs, ma deve
anche interpretare le istanze rivoluzionarie del proletariato: deve proporre degli ideali marxisti
rintracciabili nel testo, deve celebrare le conquiste del proletariato;

- Zdanovismo (da Zdanov, rappresentante ufficiale della politica culturale di Stalin) gradino
ancora più spinto = forma ulteriormente estremizzata di realismo socialista.

In Italia non si arriva al realismo zdanovista ma a quello socialista sì, voluto da Togliatti (Vittorini non ci
sta). Ci sono stati scrittori che hanno cercato di realizzare questo tipo di arte, come:
o Vasco Pratolini, Metello (1955) → il protagonista, Metello Salani, è un muratore fiorentino dell’inizio
Novecento che all’inizio è anarchico, poi si avvicina al socialismo in maniera episodica finché, alla fine
del romanzo, diventa socialista in senso convinto: è pronto a scioperare, a sostenere i compagni nella lotta
sindacale, ecc. Nel campo della vita privata, al principio è un donnaiolo che diventa fedele quando
diventa socialista, a sostenere la tesi che il socialismo ha dei valori morali forti (romanzo molto
schematico). (Tema centrale: battaglie portate avanti dal mondo popolare operaio).
o Pier Paolo Pasolini, Una vita violenta, secondo romanzo romano (1959) → si tratta di un romanzo per
certi versi influenzato dal socialismo, in cui il protagonista Tommasino, un ragazzo di borgata, passa
attraverso varie esperienze: prima si avvicina all’MSI (partito erede del Partito fascista), poi
democristiano e infine comunista, pronto a sacrificare la vita per una prostituta che stava annegando nel
fiume Aniene a costo della sua stessa vita  schematismo ideologico = quando sei comunista, finalmente
sei anche buono.

Tornare al Realismo significa tornare a un modello letterario ottocentesco, di fatto, si abbandonano


le sperimentazioni più interessanti del primo Novecento (arte relegata all’inconscio)  tipo di
impostazione del problema estetico che determina una chiusura provincialistica della cultura
italiana per alcuni anni poiché si torna a modelli vecchi, saltando a piè pari tutta l’esperienza più
avanzata dell’arte e della letteratura del primo Novecento.
Accusa di “Decadentismo” = accusa peggiore che si potesse muovere a uno scrittore
comunista (es. con l’uscita del romanzo Ragazzi di vita (1955), Pasolini viene accusato di
“Decadentismo” dai suoi stessi compagni di partito, i critici comunisti).

Neorealismo = corrente letteraria che riguarda la letteratura della fine del secondo Dopoguerra,
sviluppatosi soprattutto nella narrativa (poesia poco, Rocco Scotellaro).
I temi sono quelli della storia recente = la guerra, la resistenza e le condizioni del presente caratterizzato da
povertà, fame, problemi sociali, disoccupazione, … → l’Italia esce da venti anni di dittatura e sei anni di guerra,
distrutta moralmente e materialmente (le città sono state bombardate dagli Alleati).
Tutto ciò viene documentato molto bene dalla narrativa e dal cinema neorealisti: in questo periodo
abbiamo dei capolavori assoluti per quanto riguarda il cinema (più importante della letteratura in questo
periodo).
Per quanto riguarda gli scrittori, dal punto di vista delle forme e dello stile, si riprende un tipo di racconto
neorealista, quindi il più possibile oggettivo e meno possibile sperimentale.

Mentre è facile definire il Neorealismo in termini astratti (poetica), è più difficile capire quali sono gli scrittori
veramente neorealisti: l’approccio neorealista è vario da parte dei vari scrittori.
Sono state individuate 4 categorie:
1. Alcuni autori trattano del Neorealismo solo nella parte iniziale della loro carriera, poi se ne
distaccano:
es. Italo Calvino scrive Il sentiero dei nidi di ragno (1947), fase iniziale, ma poi si
allontana dal Neorealismo e passa a una letteratura di tipo fantastico, postmoderno;
2. Altri autori iniziano come neorealisti ma non riescono più a staccarsi da quel modo di scrivere,
da quel tipo di storie e temi  identificano completamente se stessi con il Neorealismo,
sono fedeli al Neorealismo per tutta la vita:
es. Mario Rigoni Stern scrive Il sergente nella neve (campagna di Russia) e continua a
raccontare storie legate alla guerra.
Renata Viganò scrive L’Agnese va a morire;
3. Altri invece avevano iniziato a scrivere prima del Neorealismo, si affacciano al Neorealismo
e poi continuano in altre direzioni (il Neorealismo costituisce solo una fase della loro produzione):
es. Alberto Moravia esordisce molto giovane con Gli indifferenti (1929), poi - negli anni
Quaranta e nei primi del Cinquanta – scrive dei libri di stampo neorealista come La
romana e La ciociara (racconti romani del 1954);
4. Ci sono anche scrittori apparentemente neorealisti per i temi affrontati, ma che in realtà non
sono interessati ad altri aspetti non contemplati dal Neorealismo:
es. Pavese e Fenoglio raccontano di guerra e di Resistenza, ma a loro sta a cuore altro: a
Cesare
Pavese stanno a cuore i motivi del mito e del simbolo più che il Realismo diretto della
rappresentazione piuttosto che una rappresentazione oggettiva della realtà.
Giuseppe (Beppe) Fenoglio, per il quale conta maggiormente la dimensione esistenziale dei
personaggi.

Lo stesso Pasolini degli esordi potrebbe essere confuso con un neorealista, poiché i romanzi romani
Ragazzi di vita (1955) e Una vita violenta (1959) sembrano per certi versi dei romanzi neorealisti, come
anche alcuni film ambientati nelle borgate. In realtà, a lui sta a cuore la definizione di un modello
antropologico, umano, diverso da quello borghese: il suo obiettivo principale non è quello di
rappresentare la realtà così com’è, sebbene le sue opere abbiano un valore documentario.

Dunque, il Neorealismo comincia a metà degli anni Quaranta, dopo la guerra, nel 1943 se vogliamo.
Si tende a dire che il Neorealismo finisce nel 1955, anno in cui esce Metello di Vasco Pratolini e si scatena un
dibattito critico molto politico intorno a questo libro (data convenzionale per dire che la spinta propulsiva è finita).

Già all’epoca si percepiva che il Neorealismo rischiava di diventare una maniera, qualcosa di molto
schematico, volontaristico.
A metà degli anni Cinquanta (“a metà del movimento”), lo scrittore e critico importante Niccolò Gallo affermò “”
Carlo Emilio Gadda, pur essendo uno scrittore espressionista e surreale, non realista, dichiarò: Io chiedo al
romanzo che dietro quei due ettogrammi di piombo ci sia una tensione tragica.  Non basta rappresentare la
realtà per avere un’opera d’arte, ci vuole la “tensione tragica”, la quale è indipendente dai contenuti, è qualcosa
che appartiene alla capacità creativa, immaginativa e intuitiva dell’autore.
Silvio D’Arzo scrive Tra cronaca e Arcadia (A = letteratura esteriore, vuota di contenuti), in cui afferma che
prima della guerra eravamo degli arcadi (Arcadia = letteratura vuota di contenuti, esteriore), oggi invece c’è la cronaca, la nuda
realtà, che però anche questa sta diventando una maniera. Egli però vuole altro oltre al nudo racconto: vuole la
tensione tragica, una componente umana ed espressiva.

Cinema italiano in quel periodo = modello mondiale (i francesi studiano il cinema italiano)
o Ladri di biciclette – (1948) Vittorio De Sica = film considerato il capolavoro del Neorealismo;
o Roma città aperta - (1945) Roberto Rossellini = primo film girato nell’Italia liberata (a Roma),
addirittura mancava la corrente elettrica. In una delle scene finali, Anna Magnani viene uccisa
dai nazisti (storia ispirata alla vicenda realmente accaduta di Teresa Gullace);
o Paisà (1946) – Roberto Rossellini = film a episodi piuttosto difficile, soprattutto senza sottotitoli
perché è parlato nel dialetto di varie parti d’Italia;
o Germania anno zero (1948) – Roberto Rossellini;
o Ossessione (1943) - Luchino Visconti;
o La terra trema (1948) - Luchino Visconti = trasposizione cinematografica de I Malavoglia di
Verga.

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