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NEOREALISMO

Il neorealismo è una corrente letteraria italiana tipica del secondo dopoguerra,


caratterizzata da una "critica del costume e da istanze di rinnovamento sociale
maturate durante la Resistenza".
In Italia il termine viene usato per la prima volta nel 1941 per definire un film
del regista Luchino Visconti, ma presto passa anche a definire una corrente
letteraria formata da giovani autori quasi tutti cresciuti e formatisi sotto la
dittatura fascista ma profondamente critici verso quell’esperienza politica ed i
suoi aspetti culturali. Si tratta di intellettuali accomunati dall’interesse per la
letteratura americana contemporanea e dal desiderio di allontanarsi dagli stili
predominanti nel Ventennio in favore di una narrativa maggiormente dedita al
racconto del mondo popolare e che utilizzi un linguaggio più immediato e
diretto.
In questo senso le prime esperienze di romanzo neorealista si possono far
risalire agli anni ’20 e ’30, con Gli indifferenti di Moravia e Gente in
Aspromonte di Alvaro, ma è solo con la fine del fascismo, la guerra e la
nascita della nuova Italia che questa corrente raggiunge la maturità.
Il Neorealismo che matura come conseguenza del dopoguerra si basa
principalmente sull’idea dell’antifascismo. Partendo dall’allontanamento
dell’idee razziste e dittatoriali del Partito Fascista, gli autori del Neorealismo
scrivono seguendo diverse declinazioni e sono tanti i temi trattati:
* c’è chi parla della guerra partigiana (vedi Vittorini o Calvino);
* della guerra (Rigorni Stern);
* c'è chi invece si concentra sull’inquietudine e l'insicurezza degli intellettuali
durante e dopo la guerra (come Cesare Pavese);
* e chi, come Primo Levi, è testimonianza dei campi di sterminio nazista;
* c'è poi chi accentua in maniera ancora più netta la differenza, la frattura
sociale fra il Sud e Nord Italia come Carlo Levi;
* infine c’è chi si concentra sul futuro degli italiani dell'Istria e di Fiume
(Scotti).
L’esperienza neorealista, dunque, prende corpo negli anni Venti e arriva ad
una piena maturità nel dopoguerra: non si tratta di un caso. L’attenzione degli
scrittori neorealisti per la quotidianità del mondo popolare esprime un ideale
che è implicitamente democratico e, perciò, antifascista.
Gran parte della letteratura neorealista si compone di racconti memoriali in cui
gli autori raccontano, spesso in prima persona, le esperienze vissute durante
la guerra sul campo di battaglia, o della loro adesione alla Resistenza,
utilizzando toni asciutti che, stilisticamente, sembrano rielaborare il verismo di
Verga.

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