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it UD 1 - Benedetto Croce e la cultura del suo tempo Lunit didattica prende in considerazione la formazione della cultura crociana attraverso il riferimento ai movimenti culturali e agli avvenimenti storici del suo tempo. Croce rappresenta una figura di intellettuale molto complessa: egli si interess non solo di critica letteraria, ma di filosofia, di arte, di economia, di estetica, di storiografia, segnando con la sua attivit di studioso gli ultimi anni del XIX secolo e tutta la prima met del Novecento. 1.1 - Cenni sulla vita e sul pensiero di Croce 1.2 - Introduzione allopera critica di Croce 1.3 - La cultura al tempo di Croce 1.4 - I riferimenti di Croce 1.5 - La critica letteraria prima di Croce 1.1 - Cenni sulla vita e sul pensiero di Croce Benedetto Croce nacque a Pescasseroli, oggi in provincia dellAquila, nel 1866 e mor a Napoli nel 1952. Come egli raccont in una sua breve autobiografia, Contributo alla critica di me stesso, scritta nel 1915, il terremoto di Casamicciola nellisola di Ischia segn in modo tragico la sua vita: i suoi genitori e la sorellina rimasero uccisi e lui stesso fu estratto gravemente ferito, dopo ore di ricerca, dalle macerie. La Benedetto Croce scomparsa dei genitori port Croce a Roma, nella casa dello zio Silvio Spaventa, uomo politico della destra storica e fratello del filosofo hegeliano Bertrando Spaventa. In questo modo il giovane Benedetto venne a contatto con i politici e gli intellettuali del tempo, e questo fatto contribu non poco alla creazione nel ragazzo di una cultura allargata e non specialistica. Ben presto Benedetto si dedic a studi di cultura erudita, soprattutto dopo il trasferimento a Napoli: qui egli inizi a studiare la storia napoletana, soprattutto del Seicento e del Settecento, scrivendo alcuni saggi come La Rivoluzione napoletana del 1799 (1897), I teatri di Napoli dal Rinascimento sino alla fine del secolo decimottavo (1916). Ma furono gli studi filosofici a indirizzare lattenzione del giovane studioso verso una concezione pi ampia della cultura, soprattutto sul versante hegeliano. Croce infatti lesse il filosofo tedesco direttamente nella lingua originale e prese da Hegel non solo alcuni elementi che diverranno, rielaborati, parte integrante del pensiero del filosofo italiano, ma soprattutto linclinazione a vedere nella storia il farsi di una ragione immanente (cio interno alla materia). Il primo grande contributo alla filosofia lo studioso lo pubblic con La logica come scienza del concetto puro nel 1902 e poi nel 1909 in edizione definitiva (vedi il modulo Il concetto di individuo nella filosofia italiana del Novecento, 2.2), nel quale egli presentava un pensiero orientato verso una personale forma di idealismo: al sistema hegeliano composto dallopposizione di tesi-antitesi-sintesi egli contrappone la distinzione di quattro categorie, il bello, il vero, lutile, il buono, attraverso i quali lo Spirito della Storia si va realizzando, anche se tra fratture e temporanee limitazioni della libert. Insieme al filosofo Giovanni Gentile, Croce fond nel 1903 la rivista "La Critica", che continu ad uscire fino al 1944. Su questa rivista Croce pose le basi per la diffusione dellidealismo filosofico che combatteva contro il positivismo e il materialismo: la stessa simpatia del filosofo napoletano per il marxismo era durata assai poco, anche perch essa era stata alimentata dallamicizia tra Croce e Antonio Labriola, filosofo che aveva aderito al pensiero marxista. Ancora in ambito filosofico, Croce dette alle stampe la Filosofia della pratica (vedi il modulo Caratteri della filosofia italiana contemporanea, 3.5), nel 1909, per poi portare a temine la sua interpretazione idealistica di Hegel: in Teoria e storia della storiografia (vedi il modulo Il concetto di storia nella filosofia di Giambattista Vico e di Benedetto Croce, 6.1), edita nel 1917 e in La storia come pensiero e

come azione (vedi il modulo Il concetto di prassi nella filosofia italiana del Novecento , 4.3) nel 1938 egli identific nella storia il cammino e il compimento della filosofia (mentre prima, nel 1893, in una memoria letta allAccademia Pontaniana di Napoli, La storia ridotta sotto il concetto generale dellarte, egli aveva sostenuto lidentit tra storia e arte) poich il conoscere storico il solo modo possibile di conoscere veramente in quanto armonizzato con il procedere del fatto reale. Questo lo port ad una visione dellazione umana piuttosto disincantata e realista, poich solo ci che veniva realmente prodotto nel cammino delluomo, e non i sogni, le utopie, poteva dirsi realizzazione di questa Idea che si auto-compie nella storia. Di qui il suo impegno politico con Giolitti prima della Grande guerra come senatore, e poi oppositore del fascismo attraverso i suoi scritti e liniziativa del Manifesto degli intellettuali antifascisti nel 1925. Il fascismo toller questa opposizione solo perch il nome di Croce era celebre in tutto il mondo e una sua persecuzione avrebbe creato un caso internazionale. Dopo la Seconda guerra mondiale egli continu a partecipare alla vita politica, contribuendo alla ricostituzione del partito liberale e partecipando allAssemblea Costituente della Repubblica. 1.2 - Introduzione allopera critica di Croce La prima opera organica del filosofo napoletano (fu considerato tale perch visse fino alla sua morte nella citt campana) non pass certamente inosservata, poich pose le basi per un profondo ripensamento sulla natura dellarte. LEstetica come scienza dellespressione e linguistica generale, comunemente chiamata Estetica, uscita in volume nel 1902, "prover in maniera irrefutabile la perfetta identit di intuizione ed espressione " (Attisani 1950: 293). In questo modo Croce cercava di superare il problema che era stato posto fin dal Settecento: la spaccatura tra quanti consideravano nellopera darte soprattutto il contenuto, relegando la forma in secondo piano, e coloro che invece privilegiavano la tecnica formale a discapito del contenuto, visto come materia grezza da nobilitare attraverso il contributo indispensabile della componente formale. Ma uno dei motivi di grande fascino che egli esercit su molti giovani del tempo fu la creazione, insieme al filosofo Giovanni Gentile, della rivista "La critica" nel 1903 (vedi 1.1). I giovani intellettuali dei primi anni del Novecento videro nelle idee di Croce la possibilit di rinnovare lo scenario culturale italiano rimasto impigliato in un verismo ormai declinante e mancante di una spinta idealistica e spiritualistica. Gli articoli di letteratura del pensatore napoletano saranno poi raccolti nei volumi della Letteratura della Nuova Italia, stampato da Laterza di Bari, cui si deve ledizione di tutte le opere di Croce. Nel 1903 esce il saggio su Verga, che per il critico grande scrittore al di l dei programmi del verismo e del naturalismo. Nello stesso periodo esce il saggio su Gabriele DAnnunzio che segner una sostanziale condanna del Novecento "decadente" e "malato". Ma anche un altro periodo fatto cenno di condanna e di sospetto (insincerit, gusto dellesteriore e delleffetto) verr studiato da Croce: nel 1911 escono infatti i Saggi sulla letteratura italiana del Seicento e poi, nel 1919, un volume su Goethe, nel quale lo studioso riconosceva lelemento positivo e costruttivo della civilt europea: il poeta tedesco " artista nella vita" e "maestro di vita", poich la sua opera aderisce, contempla e illustra " la vita stessa" (Croce, Goethe: 12). Il 1921 decisivo per il Croce critico: esce in quellanno il suo libro La poesia di Dante, nel quale egli distingue momenti impoetici, legati alla struttura formale e storica, da altri autenticamente poetici nella Commedia, scatenando reazioni e critiche nei puristi. Ma la sua concezione critica fa un passo avanti rispetto allEstetica: la struttura, la "letteratura" che egli distingue dallautentica arte, non pi nemica della poesia, ma contribuisce alla costruzione dellopera darte. Nel 1920 era uscito Ariosto, Shakespeare e Corneille, dove si rafforzava la concezione di arte come istintivo accordo con la vita, mentre nel 23 Croce d alle stampe Poesia e non poesia, dove vengono analizzati alcuni scrittori e poeti dellOttocento, con una decisa antipatia per quanti come Flaubert e Valery evidenziano i primi sintomi della "malattia" del Novecento: estetismo, irrazionalit, edonismo. Nel 1933 lo studioso si rivolge, dopo aver affrontato con celebri stroncature i "moderni" Pirandello e Fogazzaro, alla letteratura dalle origini fino al Rinascimento con Poesia popolare e poesia darte e poi, nel 1949 allArcadia e al XVIII secolo con la Letteratura italiana del Settecento. Nelle prossime unit didattiche vedremo in modo pi

articolato queste tappe critiche di Croce, ponendole in modo da iniziare con la letteratura delle origini fino al Novecento, per facilitare la comprensione della metodologia con la quale Croce affronta le questioni critiche della nostra letteratura. 1.3 - La cultura al tempo di Croce Nella seconda met dellOttocento si era affermato in Europa e in Italia il positivismo, una corrente di pensiero che poneva la scienza al di sopra delle altre forme di conoscenza ed indagine, e che metteva le altre forme di pensiero in un rapporto di subordinazione rispetto allo studio empirico fondato sullanalisi dei fatti reali del mondo (vedi la voce positivismo). Per questo ogni branca del sapere doveva mirare solo alla conoscenza della realt effettiva e non porsi domande sul perch della vita e sullorigine delluniverso, domande cui luomo non solo non pu e non deve rispondere, ma che devono essere poste fuori dal moderno pensiero. Compito dello studioso quindi conoscere le leggi che regolano la vita della natura e applicarle a tutte le discipline, come la letteratura, lo studio dei fenomeni sociali (nasce in questo periodo la sociologia), letnologia, ecc. In letteratura il positivismo favor il nascere di un programma nuovo in Francia: il naturalismo, che si poneva lobiettivo di descrivere con precisione scientifica i comportamenti e la psicologia delluomo, indagandone le basi sociali ed economiche (vedi la voce naturalismo). Anche in Italia si form un gruppo di intellettuali e scrittori che adottarono questo metodo per analizzare soprattutto i modi di vita di contadini, borghesi, nobili nel sud della penisola: il caso di Verga, De Roberto e dellintelligente contributo critico e creativo di Capuana. Questo clima culturale fa s che ogni aspetto della ricerca letteraria sia contaminato da un atteggiamento razionale e pragmatico, che privilegia gli aspetti documentari e storicamente verificabili rispetto a quelli interpretativi e creativi. Scrive Giulio Marzot: Il positivismo dominava sulle cattedre, dalle quali era disceso per invadere tutti gli ambienti della cultura, da quelli giornalistici a quelli di educazione popolare; e positivismo voleva dire assoluta fede nel valore dei fatti, senza riferimento a principii che non fossero di pura scienza. La critica letteraria doveva limitarsi a constatazioni solide e materiali: di qui linteresse speciale per le biografie, le descrizioni degli ambienti, le ricerche sulle origini e le influenze degli scrittori, o, come allora si diceva, le fonti e la fortuna delle opere letterarie (Marzot 1950: 451). Si ebbero cos studiosi come Rajna e DAncona che applicarono il metodo positivo alla letteratura, trattando il testo come organismo da studiare scientificamente nel suo sviluppo e nelle sue influenze. Anche il grande critico Francesco De Sanctis terr conto della lezione del naturalismo, soprattutto di Zola, per combattere quella letteratura da cui erano assenti i problemi reali della societ. Un'altra componente importante in quel tempo era formata dagli intellettuali che si rifacevano al pensiero di Karl Marx e che vedevano nella cultura una sovrastruttura legata alla base economica e storica di un dato periodo. Soprattutto le lezioni del filosofo Antonio Labriola (vedi la voce Labriola, Antonio) servirono a Croce per conoscere il marxismo e il socialismo (vedi 1.1). Per un breve periodo lo studioso ader a questa visione del mondo, ma ben presto egli se ne allontan, anzi, ne confut i presupposti teorici. Ma in quegli anni si andava sviluppando una nuova cultura, in parte ereditata dai poeti francesi cosiddetti "maledetti", in parte influenzata dalla filosofia tedesca e soprattutto da Nietzsche, e nutrita di estetismo, spiritualismo estenuato, chiamata da alcuni critici "decadentismo" (vedi la voce decadentismo). Croce vide in questa nuova concezione dellopera letteraria una sorta di malattia, di patologia e di dilettantesca esercitazione di sensualit. Per questo egli tratt negativamente gli esponenti letterari del periodo e prefer invece gli scrittori della seconda met dellOttocento. 1.4 - I riferimenti di Croce Essenzialmente Benedetto Croce ebbe come riferimenti positivi per la sua visione della cultura Gianbattista Vico (vedi la voce Vico, Giovanbattista) e Francesco De Sanctis. Del primo lo studioso napoletano apprezz sia la teoria del carattere creativo e non convenzionale della poesia, nella quale possibile rintracciare una fase di sapienza antica e pre-filosofica, sia

lattenzione ai fatti della storia come conversione del vero in fatto: il che si accordava con la tendenza di Croce ad una visione realistica e pragmatica del fatto storico, lontana dai furori mistici di alcuni rivoluzionari e da utopie staccate dalla realt. Francesco De Sanctis trasmise a Croce lattenzione al problema della forma, intesa come unit a-priori con il contenuto. Da qui il pensatore napoletano prender le mosse per la sua concezione dellarte come intuizione pura, momento in cui si fondono intuizione ed espressione. Ma De Sanctis offrir a Croce un altro importante strumento di metodo: la storia della letteratura possibile solo se la si intenda come monografica, cio approfondendo larte e la poetica di un singolo scrittore in rapporto con il proprio tempo (vedi il modulo La Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis, 3.1). Prende le mosse da qui la convinzione crociana che ogni storia sia una storia contemporanea, in continuo farsi e comprensibile solo approfondendo i nessi che legano lo scrittore al suo tempo. 1.5 - La critica letteraria prima di Croce Con Benedetto Croce la critica letteraria assume le coordinate di una disciplina vera e propria, che deve indagare non la storia della letteratura, poich per Croce (si appena visto in 1.4) ogni storia storia contemporanea, ma per monografie, approfondendo un autore o un concetto. Questo atteggiamento, che proviene dal metodo di De Sanctis, innovativo rispetto alla tradizione critica: questa, partendo dal Quattrocento, o si era interessata di definire il canone linguistico della letteratura italiana (come Pietro Bembo nelle Prose della volgar lingua del 1525; vedi il modulo Pietro Bembo nella storia della lingua italiana , UD6) o tentava soprattutto nel Cinquecento di individuare la scelta del genere pi adatto alla sensibilit del tempo. Gi Torquato Tasso si era occupato di teoria letteraria nei giovanili Discorsi dellarte poetica (vedi il modulo Torquato Tasso, 3.3) che poi verranno compresi nei pi tardi Discorsi del poema eroico, con la convinzione che il diletto e la meraviglia dovessero armonizzarsi con il rispetto della storia e della religione e con losservanza delle regole aristoteliche. Un passo indietro rispetto alle convinzioni di Giambattista Giraldi Cinzio che a met del Cinquecento, e quindi nello stesso periodo dei Discorsi di Tasso, plaudiva allOrlando furioso di Ludovico Ariosto e poneva il gusto di un dato tempo come arbitro del giudizio sulle opere; inizia a prendere forza la convinzione che si debbano storicizzare le regole della composizione poetica, e non pensarle valide una volta per tutte. Nel Seicento questa rottura contro la rigida osservanza delle regole aristoteliche sar pi profonda, anche se non si pu parlare ancora di una critica letteraria intesa come disciplina autonoma, ma semmai dello sviluppo di riflessioni teoriche che gli scrittori andavano facendo, come nel caso di Battista Guarini e del suo attacco alla troppo rigida tradizione aristotelica. Dalla fine del Seicento in poi nasce la convinzione che si possa fare una storia della letteratura, cio che si possano tracciare le linee di una evoluzione cronologica e qualitativa della letteratura. La pi importante e celebre di queste storie sicuramente quella di Girolamo Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, in 9 tomi, uscita per la prima volta dal 1772 al 1782. Nel Settecento sorge qualcosa che si pu avvicinare alla moderna critica e alla terza pagina dei giornali, con la nascita del giornalismo militante. Soprattutto Giuseppe Baretti con la sua "Frusta letteraria", uscita a Venezia tra il 1763 e il 1765, si propone come un innovatore della concezione del fare letteratura, poich egli attacca la vuota osservanza dei canoni e delle regole e si batte per lavvento di unarte realistica e profondamente collegata con i tempi. C in questa battaglia per lo svecchiamento della cultura italiana un primo accenno a quello che il secolo dopo sar la definitiva rottura con le retoriche antiche: la critica di De Sanctis. Con lavvento del positivismo, la critica diviene critica storica ed erudita, che mette da parte il momento spirituale e creativo dellopera per divenire ricerca di fonti, di rapporti con scrittori pi antichi o contemporanei. Una scuola che Croce avversa, tenendo conto per di distinzioni senza fare di tutta lerba un fascio; non un caso che pur combattendo contro leccessiva tendenza analitica e "scientifica" della filologia, il filosofo sottolineasse la profonda gratitudine che si deve a uomini come Alessandro dAncona, Adolfo Bartoli, Graziadio Ascoli e Domenico Comparetti, che con lesempio e con linsegnamento

disciplinarono i giovani e crearono una nuova filologia italiana, da stare a petto di quella di qualsiasi altro popolo (Croce, La critica erudita della letteratura e i suoi avversari : 381). Croce citava alcuni dei maestri a lui immediatamente precedenti (il DAncona era nato nel 1835, lAscoli nel 1829) che avevano rinnovato il metodo critico ma che avevano avuto il torto, secondo lo studioso, di fermarsi agli elementi che egli riteneva marginali e non artistici del testo: la sua struttura, la datazione esatta, ledizione, i dati archivistici. Questi studi vennero pubblicati oltre che nelle opere degli autori citati, anche su riviste specialistiche, come "Il giornale storico della letteratura italiana" e il "Bullettino" della Societ Dantesca. Croce, come si vede, non attaccava indiscriminatamente le correnti a lui contemporanee o immediatamente precedenti, ma era attento a sottolineare anche ci che di costruttivo vi si poteva trovare, e, soprattutto, tendeva ad attribuire gli elementi negativi di quelle correnti a quello che lui giudicava un "immeschinimento degli animi che fu il positivismo " (Croce, La critica erudita e i suoi avversari: 383). UD 2 - La novit e limportanza dellEstetica per la critica crociana e post-crociana Lunit didattica si propone di valutare limpatto che luscita dell Estetica ebbe sulla cultura italiana di primo Novecento e soprattutto sulle interpretazioni dellorigine dellopera artistica. Dopo lEstetica di Croce anche la critica letteraria non sar pi quella di prima, ma anzi per molti versi far proprie alcune considerazioni apparse in questopera, tanto da iniziare una vera e propria ricopiatura di modi crociani da parte dei critici coevi o pi giovani dello studioso napoletano. 2.1 - Lo "scandalo" dellEstetica 2.2 - Lattacco si sposta sui contemporanei 2.3 - Contro le intrusioni cerebralistiche 2.4 - Larte va oltre la materia 2.5 - Il Croce critico dopo lEstetica 2.1 - Lo "scandalo" dellEstetica Nel 1902 esce lEstetica come scienza dellespressione e linguistica generale di Benedetto Croce, rielaborazione di una memoria accademica del 1900 presentata nellAccademia Pontaniana di Napoli (Atti dellAccademia, volume XXX). La sua apparizione nel panorama culturale italiano subito salutata da entusiasmo e da polemiche, perch, come ha scritto Attisani, essa" rappresenta per una parte la liquidazione delle illegittime intrusioni della metafisica, della scienza naturale, della psicologia, ecc., nei domini dellestetica, e per laltra parte un magnifico e, per quei tempi inconsueto sforzo di pensare i problemi dellarte in relazione con altri problemi dello spirito" (Attisani 1950: 291-292). La concezione estetica di Croce si era gi delineata prima dell Estetica, come scrive Mario Puppo: "Prima dellEstetica si delinea gi con chiarezza la tendenza a considerare in contrasto con la critica positivistica laspetto individuale e creativo dellopera darte []" (Puppo 1964: 27). Larte vista da Croce come espressione lo suggerisce il titolo completo dellopera ed insieme atto di contemplazione ingenua del mondo (interpretazione questa che svela quali siano state le influenze del Vico su Croce). Contemplazione ed espressione formano quindi un solo momento, un tuttuno; ecco che il momento dellespressione assume una funzione importantissima nel sistema linguistico crociano: essa precede qualsiasi momento logico e razionale. Ecco perch il titolo completo dellopera cita il termine linguistica: lespressione investe il linguaggio, quindi larte, che a sua volta espressione pura, coincide con il linguaggio stesso e diviene parte integrante di esso. Questo vuol dire che gli studi specialistici di linguistica sono da Croce considerati unicamente esercitazioni erudite e incapaci di cogliere la natura dellarte. Inizia la demolizione di tutto ci che lo studioso riteneva estraneo alla purezza dellarte, come la linguistica, la filologia, la psicologia e la psicanalisi. Larte perfetta identit di intuizione ed espressione:

La teoria dellarte come intuizione e dellintuizione come tuttuna con lespressione aveva il doppio merito di fornire una pi precisa e filosoficamente pi rigorosa determinazione del concetto di "forma" del De Sanctis [] (Attisani 1950: 293). Il concetto di unit intuitiva ed espressiva era cos la sistemazione di unoperazione iniziata da De Sanctis e tesa a ricucire lo strappo che nei secoli precedenti si era venuto a formare tra due concetti ritenuti se non opposti, di diversa natura: il contenuto e la forma, la materia grezza e labito esteriore. Croce afferma che non esiste un prima e un dopo nella creazione artistica, ma che lopera darte una unit inscindibile di pensiero ed espressione, e che non pu essere concepita lesistenza separata delle due realt. Non solo: Croce attaccava qualsiasi concezione dellarte in cui trovassero spazio elementi estranei allintuizione lirica o intuizione pura, e cos facendo metteva in crisi, dallalto della sua autorit, la visione del mondo positivistica, che Francesco De Sanctis privilegiava i modi e lo studio dellespressione intesa come linguaggio da analizzare scientificamente e che ignorava polemicamente tutto ci che non potesse essere studiato materialmente, ignorando cos i problemi dello spirito, dellintuizione, che Croce rimette al centro della sua filosofia dello spirito. In termini critici questo significa che lattenzione di chi studia una data opera darte dovr essere di nuovo posta sul momento generativo, sullelemento lirico puro, che nel corso dei secoli erano stati messi in disparte a vantaggio degli elementi formali o contenutistici. L Estetica crociana considerata per questo un punto di snodo in tutta la cultura di primo Novecento: essa uno degli strumenti che affosseranno il positivismo e apriranno la strada al nuovo pensiero novecentesco, liberandolo dallo scientismo (ovvero eccessiva dipendenza dalla scienza) dal meccanicismo materialistico e dalla vuota erudizione che imperavano a fine Ottocento in Europa. 2.2 - Lattacco si sposta sui contemporanei Per Croce la letteratura si fermata a Carducci, vale a dire che dopo limpegno etico, politico e insieme letterario del poeta toscano, si assistito ad una inesorabile decadenza. Negli scritti propriamente critici il pensatore napoletano attaccher direttamente gli scrittori a lui contemporanei, come Pascoli, Pirandello, Fogazzaro, con leccezione relativa di Gabriele DAnnunzio, sul quale il giudizio positivo sar sempre condizionato da una critica pi generale alla dissolutezza, alla malattia decadente. Nell Estetica si coglie gi un atteggiamento aspramente negativo sullarte moderna in generale, considerata senza un centro vero e proprio, vaga, incapace di descrivere sentimenti e sensazioni non veramente provati e posseduti. Scrive Croce: Si ode spesso taluni affermare "di avere in mente molti e importanti pensieri, ma di non riuscire ad esprimerli". In verit, se li avessero davvero, li avrebbero coniati in tante belle parole sonanti, e perci espressi. Se, nellatto di esprimerli, quei pensieri sembrano squagliarsi o si riducono scarsi e poveri, gli che o non esistevano o erano appunto scarsi e poveri (Croce, Estetica: 12). Come si vede (anche dalluso di un verbo dispregiativo come "squagliarsi") emerge lavversit per una letteratura del nebuloso, dellastratto, dellindicibile, che pi volte il pensatore attaccher come essenzialmente vuota e priva di veri contenuti. Non solo, ma qui appare netta leredit di Francesco De Sanctis che teorizzava lunit di forma e contenuto, per cui una poesia del non-dicibile, o del non-esprimibile non poteva avere ascolto presso un estimatore di De Sanctis come Croce. 2.3 - Contro le intrusioni cerebralistiche Lattacco di Croce ai suoi contemporanei non riguarda solo i mistici e i sognatori, ma si estende anche agli artisti che sovraccaricano le loro opere di cerebralismo, di razionalit estrema, in breve compiono quellerrore fondamentale contro il quale era stata scritta l Estetica: lintrusione

di elementi extra-artistici nella creazione che , ricordiamolo, intuizione pura, assoluto momento creativo e non critico, non razionale. Scrive Croce: I concetti che si trovano misti e fusi nelle intuizioni, in quanto vi sono davvero misti e fusi, non sono pi concetti, ma conservando essi indipendenza ed autonomia. Furono gi dei concetti, ma sono diventati, ora, semplici elementi dintuizione. Le massime filosofiche, messe in bocca a un personaggio di tragedia o di commedia, non stanno col in funzione di concetti, ma come di caratteristiche di quei personaggi (Croce, Estetica: 4). Ecco spiegata lantipatia di Croce per Pirandello, che, come vedremo in 7.4, sar accusato di cerebralismo poich secondo Croce immetteva nella sua opere elementi "impuri" e non artistici, come il ragionamento, la filosofia, la psicologia. Perfino Leopardi e Dante subiranno lo stesso destino di essere passati al vaglio della critica crociana, che in loro ha voluto distinguere gli elementi di poesia "pura" da tutto ci che le estraneo, soprattutto lintellettualismo: "Libererete [] la conoscenza intuitiva da ogni soggezione intellettualistica e da ogni aggiunta posteriore ed estranea" (Croce, Estetica: 8). 2.4 - Larte va oltre la materia Croce attacca anche il contenutismo puro, e cio quellatteggiamento artistico che presenta la realt dipinta o descritta come materia essenziale dellarte, senza la mediazione di una forma, o per lo meno senza lintervento delle forme classiche, viste come tramontate e non pi in grado di descrivere il mondo. Contro questa interpretazione Croce oppone la convinzione che la materia da sola non sia in grado di divenire elemento artistico: La materia, nella sua astrazione, meccanicismo, passivit, fatto organico ci che lo spirito umano subisce, ma non produce. Senza la materia non possibile alcuna conoscenza ed attivit umana; ma la mera materia ci d lanimalit, ci che nelluomo di brutale ed impulsivo, non il dominio spirituale, ch lumanit (Croce, Estetica: 8). Di qui il rifiuto delleccessiva brutalit e animalit di alcune pagine dannunziane e del programma naturalista-verista, visto come abbassamento delluomo alla pura materialit, ma non di alcuni autori, tra cui Verga, che Croce rivaluta come artista e non come componente di una corrente che parte da presupposti non poetici, in quanto la scienza, la storia, il documento sono fattori estranei alla vera poesia e perci a qualunque tipo di arte. Lintromissione della scienza nella letteratura e nellarte in genere, come avvenne con il naturalismo, vista da Croce non solo come perdita di autonomia della poesia, ma anche come cedimento delluomo di fronte alla materia bruta, che deve essere sollevata dalla forma per poter diventare manifestazione dello spirito e quindi dellarte: La materia, investita e trionfata dalla forma, d luogo alla forma concreta. [] La forma costante, lattivit spirituale; la materia mutevole, e senza di essa lattivit spirituale non uscirebbe dalla sua astrattezza per diventare questo o quel contenuto spirituale, questa o quella intuizione determinata (Croce, Estetica: 8-9). 2.5 - Il Croce critico dopo lEstetica Aggiustamenti e revisioni saranno portati all Estetica del 1902, unopera che pone le basi per il metodo critico crociano. La critica crociana che ne scaturir sar tuttavia una "traduzione", in termini di analisi dei singoli autori e non di storia letteraria negata dal Croce in quanto non riducibile allunit e alla profondit di una analisi monografica , dei precetti dell Estetica; la critica crociana privileger quelle opere in cui lo spirito del tempo si accordi con le forme e i contenuti in un tuttuno equilibrato, che aveva il grande modello nellopera di Goethe: in questo scrittore, il senso di appartenenza ad una realt e ad una classe la borghesia degli intellettuali e dei "cercatori" di equilibrio si conciliava con lo sguardo al passato classico latino e greco: Ma la figura di Volfango Goethe composta di virt tranquille, di seria bont e giustizia, di saggezza, di equilibrio, di buon senso, di sanit, e, insomma, di tutto ci che si suole irridere come "borghese" (Croce, Goethe: 2). Qui come nel resto della sua opera critica, Croce tende a preferire lo scrittore che dia una sensazione di penetrazione profonda nella vita e di accettazione dei limiti dellesistente: " La sua

[di Goethe] biografia, congiunta allopera sua, offre un corso classico e completo [] di alta umanit" (Croce, Goethe: 2). UD 3 - "La Critica" di Benedetto Croce e il suo programma Lunit didattica esamina il programma della rivista "La Critica" fondata e diretta da Benedetto Croce, condotta per i primi anni in collaborazione con il filosofo Giovanni Gentile e la grande influenza che questa rivista ebbe sulla cultura italiana di primo Novecento. Molti degli articoli e dei saggi pubblicati su questa rivista confluiranno nei sei volumi della Letteratura della Nuova Italia, centro fondamentale di riferimento per la critica crociana e "palestra" per tutti gli studiosi di letteratura e filosofia. 3.1 - La nascita della "Critica" 3.2 - Contro l"anarchia di giudizi" 3.3 - Lomaggio al metodo storico 3.4 - Un attacco alle "formole" 3.5 - Linfluenza della "Critica" sui giovani 3.1 - La nascita della "Critica" E gi pi volte con lamico Gentile si era discorso dellopportunit di una nuova rivista, che avesse un preciso indirizzo ideale; [] Nellestate del 1902, mi parve che questo tempo fosse venuto, e disegnai la "Critica", rivista di storia, letteratura e filosofia, nel cui programma esposi con nettezza glindirizzi che ci saremmo adoperati a difendere e a promuovere e quelli che avremmo avversati. E affinch la rivista non si restringesse ad una monotona sequela di severe recensioni, e daltro canto non si disperdesse in argomenti svariati e saltuari, stabilii di rivolgerne gli articoli alla illustrazione della vita intellettuale italiana dellultimo cinquantennio, ossia della formazione del nuovo Stato italiano, della nuova Italia [] (Croce, Contributo alla critica di me stesso: 31). un passo del Contributo alla critica di me stesso che Croce scrisse nel 1915 per illustrare il proprio itinerario umano e culturale. In esso facile cogliere gli intenti dello studioso, che lasci a Giovanni Gentile, fino alla rottura tra i due, gli argomenti prettamente filosofici e tenne per s quelli letterari e storici: promuovere la cultura di cui egli si sentiva depositario ed alfiere (lidealismo), e combattere contro quel pensiero che Croce riteneva fuorviante e dannoso per lo spirito umano, per prima cosa il positivismo e lirrazionalismo. Non a caso nel Programma della "Critica" del 1902 Croce scriveva che la rivista avrebbe avversato " coloro (naturalisti ed eruditi, o pseudonaturalisti e pseudoeruditi) che, assumendo tono di gente positiva, spregiano ogni tentativo di pensiero filosofico []" aggiungendo poco dopo che la "Critica" avrebbe attaccato "le correnti mistico-reazionarie o gesuitico-volterriane, dalle quali molti ai giorni nostri si lasciano sedurre" (Croce, Il programma della "Critica" : 356). In realt, la "Critica" fu quasi interamente redatta da Croce, in una sorta di recupero della tradizione settecentesca, quando le riviste erano opera di poligrafi (cio scrittori che si interessavano di molte materie) che le scrivevano praticamente da soli. Ha scritto Giulio Cattaneo: Il fatto insolito che una rivista come "La Critica" per un quarantennio sia stata scritta quasi interamente da lui [Croce] come se fosse la revivescenza (cio la rinascita) di un periodo settecentesco di Addison, di Gozzi o di Baretti, un nuovo "Spectator" o una "Frusta letteraria" rediviva, abbastanza indicativo del suo intento di assolvere un compito da enciclopedista senza trovare tra i suoi amici "alcuno che vi fosse adatto" (Cattaneo 1988: 585). La "Critica" il tentativo di mettere in pratica in campo letterario, attraverso recensioni e saggi, il programma pi generale proclamato nell Estetica e applicarlo ad opere del recente passato e del presente. 3.2 - Contro l"anarchia di giudizi" Uno dei motivi che spinse Croce a scrivere praticamente da solo gli articoli della "Critica" fu che egli intendeva combattere una battaglia decisa contro la mancanza di metodo e di spiritualit allinterno della cultura italiana, che egli vedeva in bala del materialismo

positivistico e dellirrazionalismo. Per questa battaglia contro una cultura che aveva ormai invaso tutte le discipline, egli aveva bisogno di punti solidissimi e fermi, che egli non credeva potessero avere altri. Lorganicit delle idee e dei contenuti era per lui fondamentale: Peggiore linconveniente che nelle riviste pel [= per il] gran pubblico nasce dallassenza di criteri fermi e di un organico sistema di idee: onde [= da questo motivo deriva] unineguaglianza e unanarchia di giudizi [] (Croce, Il programma della "Critica": 354). La nuova rivista deve essere per Croce un argine contro il relativismo etico e culturale, che per lo studioso napoletano significava la fine di ogni discernimento e il trionfo dello scetticismo e dellindifferenza morale. Aggiunge infatti nello stesso passo: Niente , infatti, pi dannoso al sano svolgimento degli studi di quel malinteso sentimento di tolleranza, ch in fondo indifferenza e scetticismo [] (Croce, Il programma della "Critica": 354). Secondo il programma della rivista, e quindi in accordo completo con il pensiero di Croce, la libert dello spirito si serve soprattutto con il prendere una posizione precisa, in modo che lo sviluppo della dialettica tra le idee si possa svolgere con correttezza e con una precisa conoscenza dei principii dellaltro, per evitare confusione e pericolose mescolanze di posizioni inconciliabili. In realt questa parte di programma un attacco neanche troppo velato alla passivit della cultura italiana a lui contemporanea, che gli sembra schiava di mode e tendenze confuse e prive di riferimenti sicuri, come lestetismo, lirrazionalismo paganeggiante o neoguelfo (ovvero che cerca di riportare la Chiesa al centro della vita nazionale), il materialismo e ledonismo, il dilettantismo divenuto programma culturale. 3.3 - Lomaggio al metodo storico Alcuni sbrigativi divulgatori di Croce hanno considerato lo studioso napoletano come uno spietato demolitore dei metodi precedenti, compreso quello filologico e storico. In realt Croce non attacc quella tendenza che privilegiava lo studio erudito e la ricerca delle fonti, ma le esagerazioni che provenivano soprattutto dagli imitatori e dai dilettanti, che applicavano ciecamente e senza maturit di riflessione quel metodo. Lo stesso filosofo ebbe parole di riconoscenza e stima per i protagonisti di quella scuola, e, al momento di scrivere il programma della "sua" critica, egli volle ancora tributare un omaggio alla "vecchia" scuola: Il compilatore di essa [la "Critica"] crede, dunque, fermamente che uno dei maggiori progressi compiuti in Italia negli ultimi decenni sia stato lessersi disciplinato, merc le universit e le altre istituzioni [] il metodo della ricerca e della documentazione; ed perci un leale fautore di quello che si chiama metodo storico o metodo filologico (Croce, Il programma della "Critica": 355). Lo studioso e il critico Croce cercava, con la rivista da lui fondata, non tanto di distruggere una cultura, ma di gettare le basi per il recupero di un sistema di pensiero che era stato messo da parte dopo lunificazione dItalia; si trattava, secondo il filosofo, di Promuovere un generale risveglio dello spirito filosofico; e che, sotto questo rispetto, la critica, la storiografia, e la stessa filosofia, potranno trarre profitto da un ponderato ritorno a tradizioni di pensiero, che furono disgraziatamente interrotti dopo il compimento della rivoluzione italiana e nelle quali rifulgeva lidea della sintesi spirituale, lidea della humanitas (Croce, Il programma della "Critica": 355). Pi che di una rivoluzione si pu parlare, per il metodo crociano, di unoperazione di recupero e ripensamento di quella cultura italiana che proveniva da molto lontano, dal Rinascimento fino a quella idea di letteratura e pensiero in generale come arte ed insieme veicolo di civilt umanistica, che ebbe, secondo Croce, in Carducci lultimo grande rappresentante. 3.4 - Un attacco alle "formole" Il programma della "Critica", lo abbiamo gi visto, lapplicazione in termini di critica letteraria dei concetti generali dell Estetica, e come tale non poteva non fare riferimento alle scuole, ai programmi, ai manifesti letterari di quel tempo, che per Croce erano intrusioni extraartistiche l dove contava solamente lespressione genuina e autenticamente poetica, scaturita

dallintuizione lirica, che si poteva trovare solo nellopera del genio artistico. Tutto il resto era formula, programma, metodo, ma non arte. Scrive Croce nel programma della "Critica": Circa, infine, alle formole di critica estetica, crede, naturalmente, che non se ne debba aver nessuna; e che, se gli artisti capricciosamente si sentono e si vantano veristi, simbolisti, mistici, psicologi, classici, neoclassici, alessandrini, bizantini, adoratori della bellezza pura e portavoci di dolori sociali, al critico convenga sorridere di tutte le formole e stare a guardare soltanto ci che lartista fa nel mondo dellarte, ch insieme il pi liberale e il pi rigorosamente governato dei mondi (Croce, Il programma della "Critica": 355). Ecco perch, per fare un esempio, pur osteggiando il programma del naturalismo e del verismo, che in quanto programma era cosa diversa dalla poesia e dallarte, egli consider positivamente lopera di Giovanni Verga: perch secondo Croce la vera arte verghiana non poteva scaturire dalle formule e da considerazioni teoriche, soprattutto quelle che cercavano di conciliare scienza ed arte (cosa inammissibile per il filosofo), ma solo dalla poesia interiore, dallintuizione assolutamente soggettiva e non razionale dellartista che ricrea con la sua opera un mondo ideale e non una copia programmatica e ideologica del mondo reale.

Giovanni Verga 3.5 - Linfluenza della "Critica" sui giovani Il destino della "Critica" davvero eccezionale: come nel campo letterario DAnnunzio avrebbe regnato incontrastato dallultimo quindicennio dellOttocento fino alla Seconda guerra mondiale, cos Croce, attraverso quella rivista, influenz le scelte e le opere di molti giovani che allora si riproponevano di rifondare il concetto di letteratura nel nostro paese attraverso gli strumenti delletica, della filosofia, dellimpegno nelle questioni sociali. Scrive Gianfranco Contini: "Attraverso l Estetica, e soprattutto attraverso lautorizzata divulgazione compiuta dalla rivista [cio la "Critica"], il poco pi che trentenne Croce [] conquista la cultura italiana" (Contini, La parte di Benedetto Croce nella cultura italiana: 3). La conferma nelle parole di un ex-crociano come Natalino Sapegno: " Legemonia del modello crociano costante e indiscussa" (Sapegno 1988: 634). Si scritto da pi parti che i giovani di primo Novecento hanno seguito dapprima Croce e poi, soprattutto in termini politici, con ladesione allattualismo fascista, Gentile. In realt la presenza di Croce nella cultura italiana del periodo pi profonda di quanto non appaia, e ha una funzione di magistero di vita. Parlando dello scritto crociano Contributo alla critica di me stesso, Contini ha affermato giustamente che il nuovo metodo " una ricerca di salute, ha una portata religiosa ", perch il pensatore napoletano ha offerto gli strumenti ai giovani della sua epoca per pensare una rifondazione della figura dellintellettuale che dopo la distruzione di ci che veniva allora considerato vecchio e dannoso si ponesse il compito di contribuire alla ricostruzione di una nuova e nel medesimo momento classica cultura. Il particolare importante, perch Croce voleva il riconoscimento di una classicit sempre valida, e non la restaurazione di un classicismo legato esclusivamente allammirazione per i classici. Scrive Contini che Croce " goethianamente ha sempre inteso sottolineare la propria classicit (non classicismo), cio il momento della vittoria [cio momento della salute creativa]". Questa ricerca di armonia proponeva un nuovo modello spirituale e ideale che molti giovani talenti guardarono con interesse. I giovani apprezzavano di Croce soprattutto latteggiamento mentale dell Estetica, che lo avvicinava ai filosofi amati dalle nuove generazioni, Bergson soprattutto: lattenzione al momento creativo. Ecco quindi il nascere di riviste che si rifacevano allidealismo crociano: tra tutte, "La Voce", nel 1908, per iniziativa del crociano Giuseppe Prezzolini, che intendeva fare della nuova rivista proprio lorgano dellidealismo militante (vedi la scheda "La Voce"). Alla rivista collaborarono giovani

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elementi emergenti, che si rifecero sempre o per un certo periodo al metodo crociano: Giovanni Papini, inquieto e disordinato interprete dello spirito di quellepoca, che fu anche direttore della "Voce", Giuseppe Antonio Borgese, Giovanni Amendola, Renato Serra, Scipio Slataper, Pietro Jahier e tanti altri, che volenti o nolenti dovettero fare i conti con una cultura egemonizzata dal modello crociano: alcuni agirono in senso crociano, come Borgese e Prezzolini, altri ne discussero alcuni caratteri, come Serra, altri lo combatterono, ma tutti dovettero confrontarsi con linflusso di Croce sulla nostra cultura. Anche le altre riviste che vennero fondate in quegli anni, crearono una serie di allievi e prosecutori, come Francesco Flora, Luigi Russo, Alfredo Gargiulo, ed altri, di cui parleremo in 7.5. UD 4 - Croce e la letteratura delle origini In questa unit didattica si esamina in dettaglio come il Croce critico si confronta con la letteratura italiana delle origini e con gli autori, come Dante, Petrarca e Boccaccio, che hanno posto le basi per il canone della nostra letteratura. Si approfondir la metodologia critica crociana a contatto diretto con autori che egli sottoporr a verifica per il suo concetto di poesia pura, e tra lo scandalo dei puristi separando in Dante la poesia dalla struttura della Commedia, vale a dire enucleando la lirica pura dagli elementi da lui ritenuti secondari e non poetici. 4.1 - Poesia delle origini, ma sempre lirica individuale 4.2 - Lequivoco della struttura nella Commedia 4.3 - Dante poeta, ma con delle distinzioni 4.4 - L"infermit" amorosa del Petrarca 4.5 - Il paradosso di Croce critico: Boccaccio "poeta" 4.1 - Poesia delle origini, ma sempre lirica individuale Croce si interesser soprattutto di letteratura otto-novecentesca, anche se non mancano eccezioni, soprattutto per quello che riguarda il Seicento e il Settecento. Ma alcuni suoi studi hanno toccato anche la letteratura delle origini, e soprattutto Dante, come nel celebre studio La poesia di Dante, uscito nel 1921, dove egli "os" affermare che alcuni momenti della Commedia erano impoetici o comunque legati alla forma o alla struttura dellopera, a elementi non strettamente lirici e creativi. Ma anche prima di Dante la letteratura, secondo il filosofo napoletano, presenta la conferma delle sue teorie esposte nell Estetica del 1902: la poesia un fatto individuale, che scaturisce dal momento privilegiato in cui espressione ed intuizione si congiungono e formano un universo di senso e di comunicazione. In questo modo Croce attaccava lideologia romantica, soprattutto di ambito germanico, che teorizzava la creazione poetica del Medioevo e delle origini letterarie come una produzione collettiva, anonima, manifestazione dello spirito di una cultura. Soprattutto nellopera Poesia popolare e poesia darte, del 1933, dove relega la capacit di creazione da parte del popolo al componimento breve. Ma, daltra parte, egli precisava la sua concezione di popolare: " una guisa [= un modo] di sentire semplice e chiaro, e di esprimersi schietto e franco, che stata chiamata 'borghese', aggettivo che vale, nel caso, lo stesso che 'popolare' " (Croce, Poesia popolare e poesia darte: IV, 46). Questa produzione frutto, secondo Croce, della grande coesione sociale e religiosa allinterno della Toscana comunale del XII-XIII secolo. La poesia darte "altissima" di Dante, Petrarca e Boccaccio secondo Croce paragonabile al dominio irraggiungibile di "tre cime di montagna" che dominano su una produzione umile e popolare. Ma tutto giudicato da Croce sulla base del criterio di individualit poetica, per cui a dare la dignit di poesia non il programma, il "manifesto", la "scuola", come nel caso del Dolce stil novo, ma la singola creazione soggettiva: [] lo "Stil nuovo", nel significato sopradetto, una concezione etico-intellettuale, e non gi un concetto artistico; si riferisce non alla forma poetica, ma al contenuto filosofico-religioso di essa, alla materia (Croce, Problemi di letteratura italiana: II, 210). Non un caso che Croce chiuda Poesia popolare e poesia darte con le seguenti parole:

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Ma, nellarrestarmi qui, mi preme ripetere [] lavvertenza che la ricerca, di cui stato dato saggio, [] non punto ricerca di critica e storia della poesia, la quale deve farsi sempre secondo le varie personalit poetiche [] (Croce, Poesia popolare e poesia darte: IV, 54). La poesia un evento che trasmette la bellezza delluniverso nel mondo delluomo, ma sempre e comunque individuale. 4.2 - Lequivoco della struttura nella Commedia Quando Croce d alle stampe nel 1921 il volume La poesia di Dante, si ha come lidea che egli cerchi di far rientrare unopera cos complessa come la Commedia allinterno della sua metodologia estetica. Ma a far arricciare il naso a molti vi furono anche elementi extra-letterari. Come ricorda Giulio Cattaneo "Croce era allora ministro della Pubblica Istruzione e non appariva contagiato dal clima accesamente nazionalista che avvolse la manifestazioni ufficiali per lanniversario [della morte]" (Cattaneo 1988: 596). Negli anni immediatamente precedenti il fascismo, infatti, il clima si era fortemente tinto di esasperato nazionalismo, e alcuni grandi esempi della nostra letteratura venivano portati come prova della grandezza della cultura italiana, che nella retorica del regime fascista dopo poco diventer il "genio italico". Ma anche uno studioso sicuramente non ostile a Croce come Contini mette in guardia contro leccessivo appiattimento sulle teorie dell Estetica di autori complessi e lontani cronologicamente dal Novecento: "Va perfino detto che, [] qualche stridore soprastorico e metafisico accade talvolta di avvertire nellapplicazione del canone unitario (come nella costrizione di Shakespeare entro la formula di "tragedia della volont") []" (Contini 1989: 38). Croce era intenzionato non solo a distinguere ci che vi era di artistico in Dante da ci che non lo era, ma anche a contestare gli studi di quanti secondo lui avevano confuso con la vera poesia le strutture retoriche, la collocazione degli spazi simbolici e dei luoghi reali. In poche parole, ci che per Croce era materiale non era immediatamente poetico, anzi appesantiva la comprensione del verso: "Croce affrontava il problema compositivo della Commedia con quel senso della distinzione che sempre stato alla base di tutte le sue operazioni culturali " (Cattaneo 1988: 597). Croce favor lo snellimento e il rinnovamento degli studi danteschi, che erano divenuti per molti versi esercitazioni erudite e oziose su particolari retorici, spaziali, strutturali della Commedia, come scrive Giulio Marzot: "Da allora quasi sono scomparse quelle specie di oziosi e parassitari contributi allinterpretazione della Commedia sulle indagini allegoriche, sulla struttura fisica dei tre regni, sulle similitudini, sulle fonti; e i problemi che non riguardano larte furono condotti con la coscienza dei loro particolari fini " (Marzot 1950: I, 464-465). 4.3 - Dante poeta, ma con delle distinzioni La struttura della Commedia lidolo polemico di Croce: lo studioso napoletano sa che essa informa buona parte dellopera e che impossibile far finta che non esista, ma inizia ad ammonire i critici a non darle soverchia importanza, e soprattutto a non confonderla con la vera poesia: "Solo che sarebbe da ripetere [] la raccomandazione che gi s fatta, di guardarsi dal troppo, e di non dimenticare che queste [cio le particolarit della "geografia" e delle allegorie della Commedia] di Dante sono mere costruzioni immaginative, di scarsissima importanza, soprattutto per noi che abbiamo altre immaginazioni per capo []" (Croce, La poesia di Dante: 62). Dante Per il pensatore napoletano non c alcun dubbio: " Dante [] ha pur lasciato lacune nel congegno del suo romanzo teologico, e, per attento che sia stato, incorso in alcune contraddizioni" (Croce, La poesia di Dante: 62), e quindi si debbono trovare i punti deboli, le zone oscure in cui limpianto dottrinale e teologico soffocano la vera poesia. Croce afferma che

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alcuni episodi della Commedia hanno un valore di poesia a se stante non in virt della ricostruzione allegorica, della situazione spaziale, dei riferimenti alla religiosit dellepoca, ma solo perch la poesia diviene autonoma forza creativa, al di l di ogni altra sovrastruttura. Croce si accorge che il suo pensiero potrebbe essere attaccato come contraddittorio, perch di fatto egli sta separando elementi che in Dante uomo medievale consistono in un tuttuno, e allora ammette che "schema e poesia, romanzo teologico e lirica, non sono separabili nellopera di Dante" (Croce, La poesia di Dante: 67), ma avverte che chi esercita diligentemente il mestiere critico deve discernere sempre nel poema "ci che strutturale e ci che poetico " (Croce, La poesia di Dante: 68). Croce non chiarisce ulteriormente in che cosa dovrebbero riconoscersi i passi di vera poesia da quelli impoetici, limitandosi a fare degli esempi: nel canto X dellInferno, il personaggio di Farinata passa da una condizione di autentica commozione, dipinto com nel suo vivo, palpabile disdegno, ad una di esplicazione, di chiarimento dottrinale sui limiti della preveggenza dei dannati secondo la legge del contrappasso. Si nota per in questo atteggiamento critico di Croce un passo avanti rispetto all Estetica del 1902, che poi nel volume del 1936, La poesia, sar portato a coscienza completa, e che cio la letteratura distinta dalla poesia in quanto non intuizione pura, ma cultura, forma, tradizione, retorica non sia elemento contrapposto allarte (come appariva nell Estetica) ma complementare, seppure di carattere inferiore. La letteratura non nasconde, non esclude larte, ma pu servire come materia dappoggio. Croce, insomma, aggiustava il tiro e quindi modificava il suo giudizio sulle parti non-poetiche della Commedia: "Con ci sembra chiarito il modo in cui bisogna trattare, o il conto in cui bisogna tenere, le parti strutturali della Commedia, che non di prenderle come schietta poesia, ma nemmeno di respingerle come poesia sbagliata, s invece di rispettarle come necessit pratiche dello spirito di Dante [] (Croce, La poesia di Dante: 69). 4.4 - L"infermit" amorosa del Petrarca Se Dante per Croce stato poeta completamente immerso nella cultura della propria epoca, diventandone il pi alto rappresentante, unaltra grande figura poetica del Trecento appare allo studioso napoletano sotto un aspetto meno benevolo. Francesco Petrarca, in uno studio apparso su Poesia popolare e poesia darte, visto dal Croce critico come un uomo praticamente fissato sullamore per una unica donna, e che, a differenza di Dante, non riesce a penetrare nello spirito del suo tempo, quasi ignorandone i problemi sociali, politici, storici. Vi sono delle eccezioni in cui Petrarca infiammato da "lo zelo morale e civile", ma ci accade solo in "certe occasioni solenni", e "quasi si meraviglia che questo glintervenga, che ci possa infiammare e appassionare per altre cose che non siano quella donna la cui immagine lo riempie di un pensiero 'alto e soave' ed sola cagione del suo affanno e del suo riposo " (Croce, La poesia del Petrarca: 68). La sbandierata "modernit" di Petrarca per Croce una proiezione psichica, una fissazione che pone il poeta fuori dalla realt del suo tempo, e gli fa credere che una figura femminile possa essere lelemento universale della poesia, mentre esso non che una parte dellesistente, e non la felicit "ricercata nel sentimento e nella passione, ossia nel particolare non redento nelluniversale ma posto esso come luniversale; con la disperazione e la malinconia che a ci segue" (Croce, La poesia del Petrarca: 71). Croce precisa allora in che senso sia da intendersi la definizione di Petrarca come "primo poeta moderno", iniziatore di un modo poetico che avrebbe avuto tanti imitatori: Primo infermo di uninfermit che corre attraverso tutto il mondo e la poesia moderna, e che poi si propag epidemicamente e si fece sogno sterminato, spasimo e suicidio nel romanticismo, che si accrebbe di tristizia nel postromanticismo o decadentismo, e forse ancor oggi sarebbe da riconoscere, sotto forme che la celano, in pi ravvolti e pi astrusi erotismi, non escluso lardore cupo e insaziabile per la Vita [] (Croce, La poesia del Petrarca: 71-72). Appare chiaro che il critico mette sul conto di Petrarca non solo le estremizzazioni romantiche dellamore idealizzato, portato fino alla morte, al suicidio, ed una critica pesantemente negativa per uno studioso che ha fatto dellequilibrio la sua base conoscitiva, ma gli imputa anche qualcosa che non sembrerebbe avere contatti con il poeta di Laura: il superomismo

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dannunziano (vedi il modulo Gabriele D'Annunzio, UD3), non citato direttamente, ma accennato sotto quel riferimento agli " astrusi erotismi" e all"ardore cupo e insaziabile per la Vita" che un chiaro riferimento a DAnnunzio. Alla esagerata fissazione di Petrarca su di un amore lontano, irraggiungibile, e per Croce astruso, da attribuire anche la deviazione dalla norma, lesagerazione, la trasgressione e il sogno di amori non reali del decadentismo dannunziano e non solo dannunziano. 4.5 - Il paradosso di Croce critico: Boccaccio "poeta" Fedele alla sua teoria della poesia come intuizione lirica e non momento razionale e tantomeno critico, Croce affronta in uno studio raccolto in Poesia popolare e poesia darte, lanalisi critica dellopera di Giovanni Boccaccio, giudicando soprattutto il Decameron, lopera fondamentale dello scrittore toscano, come opera senzaltro poetica. Lo studioso napoletano sa bene di aver sorpreso i suoi lettori e gli studiosi in generale, poich Boccaccio da sempre considerato il massimo prosatore italiano, colui che ha dato alla novella la dignit di genere autonomo e indipendente dallexemplum medievale (exemplum= racconto o parabola edificante, in genere costruito sul modello di vite esemplari di santi o eremiti). Croce spiega il paradosso ribadendo la sua convinzione che poesia non sia solo versificazione metrica, ma qualsiasi momento in cui la liricit creativa si traduce in scrittura. Boccaccio non quindi poeta solo perch qualcuno ha considerato la sua scrittura "prosa poetica", ma proprio in quanto essa " poesia o canto, ancorch composta di metri che difficilmente si riesca a scomporre e fissare nei paradigmi dei trattati di metrica, che, del resto, cos poco adeguano la realt del verso e del canto " (Croce, Il Boccaccio e Franco Sacchetti: 81). Boccaccio come poeta, quindi, perch in lui il genio creativo, il suo narrare "tutto foga di senso e fantasia" pervade di musicalit i dialoghi, le scene, che si illuminano della vita di una creazione che attimo generativo assoluto, e quindi, per Croce, poesia. La sua prosa si anima, per lo studioso, di grazia e musicalit che sollevano ad altezza di poesia anche quelle scene che in altri scrittori scadrebbero nel licenzioso e nellosceno. Anche nei personaggi pi negativi, come il celebre ser Ciappelletto, esempio di perversione e immoralit, tanto da fornire in fin di vita una confessione completamente menzognera, Boccaccio sembra cogliere una qualche "piacevolezza", non riguardo al modello morale, ma alla vitalit che lo scrittore riesce a donare ai suoi personaggi. Lo scrittore fiorentino appare quindi come un creatore di poesia, e cio di immagini vive, aperto a tutte le combinazioni dellesistente, sia ai valori antichi della cavalleria, sia a quelli della lealt, ma anche a quelli della furbizia, dellabilit, della scaltrezza, della capacit di adeguarsi al nuovo mondo dei mercanti e dei borghesi arricchiti, in cui bisogna cercare di non farsi truffare truffando per primi. Croce ammira in Boccaccio la capacit non solo di aderire alla cultura del suo tempo, ma di rappresentarla senza giudizi moralistici, facendosi cantore e poeta di un mondo reale e pulsante, di contro ad un Petrarca completamente e "patologicamente" assorto nel suo sogno di donna ideale e quasi metafisica. UD 5 - La critica sul periodo tra Rinascimento e Illuminismo Questa unit didattica spiega latteggiamento critico di Croce verso periodi di preparazione alla cultura italiana moderna, approfondendo soprattutto le modalit di giudizio dello studioso verso periodi che sono stati generalmente considerati secondari e a parte il Cinquecento specchio della crisi generale italiana dopo le invasioni straniere. Si presenta anche qualche esempio di critica su grandi autori stranieri per evidenziare la complessiva fedelt di Croce ai motivi dominanti della sua estetica. 5.1 - Oltre il petrarchismo: Gaspara Stampa 5.2 - Ariosto poeta dellarmonia 5.3 - Shakespeare e Corneille 5.4 - Marino precursore di DAnnunzio 5.5 - Un Settecento di preparazione al Nuovo 5.1 - Oltre il petrarchismo: Gaspara Stampa

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"Gli ultimi decenni del trecento e [] gran parte del quattrocento" sono considerati da Croce, in un saggio compreso in Poesia popolare e poesia darte, un periodo molto lungo in cui nasce solo letteratura, "ma una letteratura stanca, che vive di ricordi e di abitudini " (Croce, Il secolo senza poesia: 191), in cui echeggia malinconicamente il ricordo inarrivabile dei grandi autori Dante, Petrarca, Boccaccio. Solo nel Cinquecento si assister ad una rinascita della poesia, non soltanto con il grande esempio dell Orlando Furioso di Ludovico Ariosto (vedi il modulo La letteratura cavalleresca del Rinascimento e lOrlando Furioso di Ludovico Ariosto, UD4, UD5, UD6), ma con laffermarsi del petrarchismo (vale a dire di una lirica di imitazione dei modi poetici, quelli pi esteriori ed imitabili, del Canzoniere di Petrarca; vedi il modulo Petrarca e il petrarchismo, UD6 e UD7). Se Croce non stato tenero con il cantore di Laura, giudicando il suo fissarsi su una sola donna quasi come una malattia (come stato detto in 4.4) tuttavia la qualit della sua lirica non poteva essere messa in discussione neanche da un critico talvolta cos severo come il napoletano. Il petrarchismo, sempre in Poesia popolare e poesia darte, visto da Croce come una componente della nostra letteratura che ha " ridato dignit al verseggiare italiano" (Croce, La lirica cinquecentesca: 325): uno degli esempi pi alti di questa corrente stata per il critico napoletano la poetessa Gaspara Stampa, soprattutto perch supera alcuni luoghi comuni petrarchisti, come il tema dellassassinio damore subito dai poeti, come se la sofferenza fosse dovuta ad una causa esterna, e non alla volont stessa del poeta di soffrire per una pena nel contempo cos acuta e dolce come quella damore. evidente che il "canzoniere" della Stampa non sia opera di alta poesia, ma " un epistolario o un diario damore" (Croce, La lirica cinquecentesca: 331), vale a dire una confessione non artificiosa, ma schietta e sincera, di una passione e di un modo di concepire lamore. 5.2 - Ariosto poeta dellarmonia LArmonia lelemento che Croce (nel primo dei tre grandi studi raccolti in Ariosto, Shakespeare e Corneille) mette in evidenza nellOrlando Furioso di Ludovico Ariosto, ma unarmonia particolare, "ariostesca" come lha scherzosamente chiamata Croce nel saggio dedicato al poeta di Reggio Emilia: vale a dire lo svolgersi di un mondo del tutto fantastico dominato da leggi completamente diverse da quelle della realt. Ariosto appare a Croce un poeta tutto immerso nel mondo delle favole, della leggerezza, del mito, che il critico napoletano paragona non ad altri poeti del suo tempo, ma ad Ovidio, per la sua passione nei confronti della "vaghezza e variet" delle "favole". La grandezza dellAriosto sta, secondo lautore dellEstetica, nell"operare" e nello stesso tempo nel " superamento" della "materia sentimentale e passionale" (Croce, Ariosto: V, 57). Questo vuol dire che Croce apprezza nel poeta emiliano la capacit di aderire ad un mondo ideale che non esiste pi, senza per rimpiangerlo, realizzando unopera dove regna sovrano il sorriso armonioso: Ariosto un uomo che vive la sua epoca e nel medesimo tempo ama giocare con il tempo e con lo spazio, proponendo serenamente lo spettacolo di un mondo che, pur non essendoci, sembra avere le sue leggi, i suoi luoghi, i suoi valori; un mondo che nasce - almeno sembra - senza sforzo, senza studio razionale, ma seguendo la fantasia, secondo quelle che sono le basi, per Croce, dellarte come intuizione lirica. 5.3 - Shakespeare e Corneille

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Nel saggio su Shakespeare del 1920 Croce anticipa di circa quarantanni gli studi di W. C. Booth (The rhetoric of fiction, 1961) sulla separazione tra autore reale di un libro, colui che materialmente scrive, e le idee dellautore presenti nellopera, che Booth ed altri critici dopo di lui chiameranno "autore implicito". Lo studioso napoletano, infatti, in apertura di saggio avverte che loggetto dello studio non la figura storica dellautore inglese, ma " Il carattere e lo svolgimento dellarte sua" (Croce, Shakespeare: 73). Lavvertenza crociana in accordo con la teoria esposta nellEstetica sulla necessit di liberare lopera darte da tutte le incrostazioni extra-artistiche, e quindi anche dalla biografia. Per questo stesso motivo Croce esclude dalla valutazione lideologia, la William Shakespeare fede, la politica, criticando coloro che attaccarono Shakespeare proprio per la sua apparente assenza di valori saldi. Per il napoletano Shakespeare grande poeta proprio perch rappresenta nelle sue opere la vita intera, senza sovrapporvi elementi non artistici. Nellopera del francese Pierre Corneille, Croce vede la poetica della grandezza, della solennit, lepica dello spirito che drammaticamente sceglie e che porta fino ad estreme conseguenze, che " giunto alla risoluzione, vi si attiene fermo e incrollabile, come sopra un terreno a passo a passo, faticosamente, conquistato e rafforzato " (Croce, Corneille: 225). 5.4 - Marino precursore di DAnnunzio Nel 1911 esce un volume di Croce dal titolo Saggi sulla letteratura italiana del Seicento : questo libro segna linizio di un programma di attenzione critica verso la cultura del XVII secolo che continuer con la Storia dellet barocca in Italia nel 1929 e la revisione del libro prima citato con il titolo Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento nel 1931. Questo interesse piuttosto insolito, visto che il Seicento stato giudicato per lo pi come il secolo della decadenza sia politica che artistica, della insincerit artistica e del formalismo esasperato, tesi condivise anche dal "maestro" De Sanctis. Ma Croce va pi in l di questi giudizi: lo studioso nota certamente la mancanza tranne eccezioni di arte vera e di sincerit artistica in quel periodo, ma contemporaneamente egli vi vede la necessaria pausa di apprendimento ed esercitazione per trovare la poesia, l'arte davvero moderna e non pi medievale. A livello propriamente letterario il secolo vede il predominio del "marinismo", cio limitazione della poesia di Giambattista Marino. Questo marinismo, e pi generalmente la poesia della prima parte di quel secolo , secondo Croce, divisibile in due componenti: quella " sensuale", per usare le stesse parole dello studioso, e quella " ingegnosa". Il critico vede solo nella prima la capacit di essere feconda, in quanto rappresenta la reazione poetica agli eccessi del petrarchismo, e soprattutto contro "ogni traccia residuale di concezione stilnovistica o platonica " (Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento: 359). Non un caso che Croce avvicini il sensualismo di Marino, ma soprattutto dei suoi seguaci, i quali trasmettono anche alla natura questa grande carica sensuale ed erotica, alla poesia di DAnnunzio (in questo modo dando al pescarese anche un giudizio di valore negativo di imitatore di imitatori) anche a livello di ambientazione: " In tutti quei poeti c perfino, come si visto, quellamore per le fontane e i giuochi dacqua, grande predilezione del DAnnunzio" (Croce, Saggi sulla letteratura italiana del Seicento: 406). 5.5 - Un Settecento di preparazione al Nuovo In La letteratura italiana del Settecento, uscito nel 1949, Croce riprende il metodo di non lasciarsi condizionare dalle formule ormai consolidate (come fece per quanto riguarda il Seicento, rilevandone anche i contenuti positivi: per questo si rimanda a 5.4) e invita ad approfondire anche la cultura di quel particolare momento culturale che venne chiamato Arcadia (vedi il modulo La poesia pastorale e l'Arcadia di Jacopo Sannazaro, UD 7), spesso considerato dagli studiosi un episodio di conformismo letterario e di sterile imitazione. Croce vede nellArcadia "la reazione contro il barocchismo, il quale aveva imperversato per oltre un secolo nella letteratura e nel costume italiano " (Croce, La letteratura italiana del Settecento:

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3). Una giusta reazione, che spian alla cultura italiana le porte di una concezione pi aperta e moderna, visto che secondo lautore dell Estetica nel barocco vi era ancora molto di barbarie medievale, di attenzione al particolare, allornamento e non alla sostanza. Il grande rinnovamento del razionalismo settecentesco dovuto in Italia, secondo il Croce, proprio allazione di demolizione del vecchio e di preparazione del nuovo da parte dellArcadia: il critico ricorda che perfino Giambattista Vico (vedi 1.4) vi fece parte sotto lo pseudonimo di Eufilo Terio. Certamente, secondo lo studioso napoletano, lArcadia manc di vera poesia, ma anche in questo essa da considerarsi parte integrante di quel Settecento in cui regnarono la ragione lo spirito di analisi: la poesia rinascer, vero, alla fine del Settecento con Alfieri e Foscolo, ma, afferma Croce, questi due autori appartengono gi al secolo del romanticismo. UD 6 - LOttocento In questa unit emerge particolarmente il limite del giudizio critico crociano, con le sue predilezioni, Carducci, Verga e alcuni veristi minori, e le sue stroncature, quasi sempre dedicate ai programmi o alle correnti letterarie, che per lo studioso non potevano generare arte vera: il naturalismo, il positivismo, il verismo, ma anche Manzoni, la cui opera viene giudicata pi oratoria, religiosa che poetica, e De Roberto, giudicato un naturalista attardato e vincolato al procedimento non artistico della impossibile fusione tra arte e scienza. 6.1 - Il giudizio sullOttocento 6.2 - Lultimo grande poeta: Carducci 6.3 - Un Leopardi (cattivo) filosofo e talvolta poeta 6.4 - Manzoni: la poesia e il problema della lingua 6.5 - Verga e dintorni 6.1 - Il giudizio sullOttocento Per definizione, loggetto della Letteratura della Nuova Italia quella parte di scrittori che si sono trovati ad agire nella seconda met dellOttocento, con la fine delle guerre dIndipendenza (vedi la voce guerra di indipendenza italiana (terza)) e lunificazione del Regno dItalia (vedi il modulo La fondazione dello Stato nazionale: da Cavour a Crispi , UD1). Non che Croce non guardi a quello che accade fuori dalla nazione italiana, lo abbiamo gi visto nei suoi saggi su Shakespeare e Corneille (vedi 5.3), ma sono saggi riferiti a scrittori di due secoli prima; inoltre, lo studioso non dimostra molta simpatia per i poeti e gli scrittori doltralpe (cio della Francia) che a partire dallOttocento pongono le basi per il decadentismo, come Mallarm, Valery e Rimbaud, ed anche il Flaubert del romanzo Salammb, che Croce bolla come "erotomane che delira" (Croce, Poesia e non poesia: 275). Essi rappresentano per Croce la cosiddetta malattia, leccessiva sensualit, il troppo peso del vissuto e della psicologia, cui egli contrapponeva, per rimanere fuori dItalia, il grande esempio di equilibrio di Goethe, che condanna le avventure al di l del bene e del male proponendo il buon senso e la accettazione dei limiti umani. Per lo studioso napoletano Vittorio Alfieri a preannunciare lOttocento romantico, e ad essere il pi vicino degli italiani al movimento dello Sturm und Drang che ha iniziato il pre-romanticismo, con il suo individualismo e il suo sfrenato amore per la libert. Croce suddivide in due parti la letteratura moderna: La moderna vita spirituale e letteraria italiana si spartisce, allocchio del riguardante, in due periodi, il primo delimitato cronologicamente, dal 1865 al 1885 (o dal 1870 al 1890), e il secondo dal 1885 (o 1890) ai giorni nostri, che si possono riassumere e designare il primo col nome di Giosue Carducci, il secondo con la triade onomastica DAnnunzio, Fogazzaro e Pascoli (Croce, Di un carattere della pi recente letteratura italiana: 188). Croce preferisce il primo periodo per i caratteri "virili" espressi dagli scrittori e per quei veristi che erano riusciti ad " attingere il cielo dellarte ", soprattutto quelli pi "regionali", come ha notato Gianfranco Contini, "massimo il Verga, e subito assieme la Serao, il Di Giacomo, e via via" (Contini 1989: 21). Siamo di fronte, quindi, ad una valutazione positiva per la prima parte della periodizzazione che lo stesso Croce aveva proposto, ed una negativa, per la seconda parte che, per il critico, non pi ottocentesca realista, romantica, storicistica ma ormai "malata",

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estenuata, decaduta, segnata dallestetismo radicale e da un ambiguo ritorno ad una religiosit senza religione. 6.2 - Lultimo grande poeta: Carducci Carducci, considerato il vero, autentico esponente dellOttocento "sano", lultimo "omerida" (cio continuatore della poesia di Omero) ad essere "sulla linea della grande poesia" (Croce, Di un carattere della pi recente letteratura: 189). Il poeta toscano apparve a Croce come il cantore dellItalia in un momento in cui il paese mostrava politicamente fiacchezza e timidezza, e che fece della forza e della decisione gli strumenti della sua battaglia controcorrente. Nei saggi raccolti nella Letteratura della Nuova Italia, ma gi usciti sulla "Critica", lo studioso mostra di amare in Carducci soprattutto la sua profonda adesione allesistenza: "Al suo istinto sicuro, al suo quadrato buon senso, la vita apparve quella che essa : la Vita; da accettarsi qual e da non velarla Giosu Carducci con domande assurde, che formano, esse, il mistero " (Croce, Le varie tendenze, e le armonie e disarmonie del Carducci : 41). Vi gi in nuce in queste parole il suo attacco contro le tendenze fantastiche, sognanti, del romanticismo e poi del decadentismo. Nella sua analisi critica dellOttocento il filosofo napoletano non poteva non tributare un omaggio al suo maestro, colui che attraverso la linea Vico-Hegel mostr a Croce la possibilit di unificare lespressione e il concetto, la poesia e la storia, Francesco De Sanctis; non solo, ma lallievo riconosce al maestro la capacit di aver saputo riversare lessenza universale dellarte nel contesto italiano, in modo che i giovani potessero apprendere questi valori eterni e metterli in relazione con la specifica cultura italiana: " Lopera critica del De Sanctis, cos universale comera nel suo spirito, cos umana, cos libera da preconcetti nazionali, sincarn, per altro, in una materia tutta nazionale " (Croce, Francesco De Sanctis: 363). Per sintetizzare, gli scrittori che Croce ebbe a cuore nella prima fase dellOttocento furono quelli che avevano mostrato un carattere poetico deciso, come Alfieri, Foscolo e Carducci, poeti alieni da divagazioni filosofiche, che lo studioso considerava, come gi abbiamo visto, non poetiche, e tesi unicamente ad una poesia che fosse testimonianza della loro complessit umana. In tutti Croce amava la poesia della vita. Foscolo, per esempio, veniva valutato positivamente per il suo "accresciuto amore della vita". Per lo studioso, "larte esprime la realt, certamente, quando per realt sintenda lunica realt, che lanima, lo spirito " (Croce, Postille, in La poesia: 197). Da questo si comprende come il metodo critico crociano sia, ovviamente con i dovuti e comprensibili aggiustamenti, quello sviluppato dall Estetica: la poesia arte quando germina spontanea non da un ragionamento, ma dal naturale porsi nello spirito della vita. 6.3 - Un Leopardi (cattivo) filosofo e talvolta poeta Leopardi il poeta che pi di tutti ha sofferto la convinzione crociana che qualsiasi elemento filosofico o razionale sia al di fuori della vera arte: in questo modo il recanatese pag lo scotto di aver elaborato e razionalizzato il suo pensiero in opere non poetiche, come lo Zibaldone di pensieri e le Operette morali; per lo studioso napoletano, questo pensiero ha impacciato il sorgere della vera poesia. Leopardi, secondo Croce, ha eccessivamente ristretto il suo campo allo studio e alla riflessione, per cui "nella contemplazione e nella riflessione su questo mistero di dolore, era lunica fonte dispirazione della sua fantasia, lunico punto di meditazione del suo pensiero" (Croce, Poesia e non poesia: 109). In accordo con la sua concezione della poesia e questo accordo, lo abbiamo gi visto altre volte, una costante nelle opere critiche di Croce larte di Leopardi visibile " non dove egli polemizza, ironizza e satireggia, e ride male, ma dove si esprime serio e commosso " (Croce, Poesia e non poesia: 112). Per Croce, la poesia sgorga dalla vita, dallunione spirituale con il suo fluire e con la sua accettazione, e allora anche il recanatese, ma solo in alcune occasioni, si innalza al canto puro " in quei momenti in cui egli, nel lontano o nel prossimo ricordo, si rivedeva congiunto col mondo " (Croce, Poesia e non poesia: 115-116). La sera del d di festa, LInfinito, A Silvia, Il sabato del villaggio sono alcune

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tra le poesie in cui "la commozione trema riflettendosi nella pura e lucente goccia di rugiada della poesia" (Croce, Poesia e non poesia: 116). Questi momenti privilegiati, secondo Croce, non sono coincidenti con lintero svolgimento delle singole poesie leopardiane, ma ne rappresentano episodi: quindi non bisogna semplificare eccessivamente e parlare di assoluta poesia, magari fuorviati dal verso elegante e affascinante del poeta, ma capire che i momenti davvero lirici si succedono a quelli prosastici, ma avvertendo che in quei momenti privilegiati si "fa meglio sentire il miracolo della creazione poetica " (Croce, Poesia e non poesia: 119). Si noti qui la particolare concordanza tra questo studio su Leopardi, in volume nel 1923, e la ricerca di elementi poetici e non poetici in Dante nello studio del 1921, che stanno a testimoniare la particolare organicit e coerenza di quelle opere che suggellano " la prima fase della critica crociana" (Cattaneo 1988: 599). 6.4 - Manzoni: la poesia e il problema della lingua Lattenzione critica verso Alessandro Manzoni si concretizza in un intervento risalente al 1911, poi raccolto nel primo volume della Letteratura della Nuova Italia (1914) e nelle pagine di Poesia e non poesia (1935); in questultimo intervento era presente una sorta di contraddizione: da una parte lautore dei Promessi sposi veniva sminuito come portatore di un messaggio limitato alla dottrina cattolica, e quindi non immediatamente poetico, in quanto legato a elementi "oratori" e confessionali; dallaltra Manzoni veniva lodato per aver trasposto la vita con la sua variet nel suo romanzo, e questo, lo abbiamo visto, per Croce uno dei riconoscimenti pi alti che si possano fare ad uno scrittore. Rimaneva per una valutazione decisamente negativa della dimensione poetica, che faceva salva la statura etica (questo accaduto anche per altri scrittori stroncati da Croce, come nel caso di Fogazzaro) ma poneva laccento su una narrativa guidata da una matrice moraleggiante e confessionale, che non poteva essere confusa con la vera poesia: secondo questa ottica, i Promessi sposi sono, ai tempi del saggio crociano presente in Poesia e non poesia, soprattutto "Il poema di una morale religiosa, il mondo appercepito da un fermo e intransigente moralista " (Croce, Manzoni: 144). Anche loperazione di unificazione linguistica che il Manzoni tent con la riscrittura del capolavoro e con studi teorici attaccata da Croce, nel primo volume della Letteratura della Nuova Italia, come operazione intellettualistica e fuori dalla realt: " Si trattava di una semplice fissazione, nata nel cervello stanco di un artista e prodotta da uno spirito che fu sempre sottile e alquanto sofistico" (Croce, Alessandro Manzoni e la questione della lingua: 154). Ma, al di l della forte ironia di queste parole, Croce dovette riconoscere a Manzoni il merito di aver liberato il panorama letterario italiano dalla preziosit aristocratica, dalle passioni travolgenti, dai fatti eccezionali, riportandolo "nelle condizioni della societ italiana di allora " (Croce, Alessandro Manzoni e la questione della lingua: 159). Ma questo recupero di Manzoni serviva strumentalmente al Croce critico, che faceva rimarcare come questo lato positivo del manzonismo fosse stato di nuovo messo in ombra dal ritorno di " una nuova pettoruta prosa letteraria", quella dellodioso-amato Gabriele DAnnunzio, portatore di quellestetismo e di quel rilassamento nella letteratura del Novecento che il filosofo napoletano non aveva mai amato. 6.5 - Verga e dintorni Il giudizio critico di Croce distingue la letteratura scaturita dal positivismo, il naturalismo, dalla corrente del verismo in Italia e dagli scrittori che partendo dal verismo hanno raggiunto le vette dellarte, come Giovanni Verga (vedi il modulo Giovanni Verga e la narrativa verista , UD3). Non poteva che essere questo il giudizio di uno studioso che sin dal 1902 aveva fatta sua la battaglia di unarte purificata da tutte le sovrastrutture, dai programmi ideologici, dai manifesti, unarte che fosse solo espressione ed intuizione, distinta dal lato razionale e critico. Nel 1907 lo studioso aveva posto la questione del verismo come corrente letteraria teoretica e programmatica distinta dalla grande opera di alcuni veristi: il programma " era sbagliato; la scienza e larte sono inconciliabili, non perch avverse, ma perch diverse " (Croce, Di un carattere della pi recente letteratura italiana : 190). Il critico continuava, nella stessa opera,

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con il notare che latteggiamento naturalista e verista riduceva la vita umana a guerra tra gruppi animaleschi per la conquista del cibo e della preda, e che solo alcuni tra questi riuscirono a raggiungere livelli davvero artistici. Ma, appena quattro anni prima, nello studio su Giovanni Verga apparso sulla "Critica" e poi inserito nella Letteratura della nuova Italia, Croce aveva ricostruito la lunga e laboriosa vicenda della maturazione artistica di Verga, fino al suo personale verismo, e il termine "personale" non casuale in Croce: " Larte sempre personale" (Croce, Giovanni Verga: 19). Un verismo che diviene per lo studioso napoletano altra cosa dalla corrente letteraria, perch "il verismo non fu per lui [cio per Verga] sostituzione di una moda a una moda come accade negli spiriti superficiali []: fu soltanto una spinta liberatrice" (Croce, Giovanni Verga: 15). Il Verga vero scrittore perch " non distratto da fini estranei, e tutto intento a formare, seguendo il suo personale sentimento, 'pezzi di vita' "(Croce, Giovanni Verga: 26). Lo stesso Luigi Capuana (vedi il modulo Luigi Capuana, 3.2), considerato il teorico del verismo, valutato positivamente da Croce come teorico, meno come artista, poich la teoria invade in Capuana il campo della creazione e impone a questultima " il proposito dellimpersonalit" (Croce, Luigi Capuana: 115). Anzi, nella valutazione del Capuana critico, Croce inserisce il siciliano (Capuana era nato a Mineo, in provincia di Catania, nel 1839) nella scia dellinsegnamento di De Sanctis, e questo costituisce un riconoscimento di grande valore, perch, come abbiamo visto, Croce si considerava egli stesso un continuatore del metodo desanctisiano (vedi 6.2). Una vera e propria incomprensione, Croce dimostr per un altro dei veristi italiani, Federico De Roberto, accusato di essere " incapace di poetici abbandoni" (Croce, Castelnuovo-De Roberto-"memini": 143), probabilmente perch lo scrittore appare il pi vicino alle coordinate del naturalismo e dello psicologismo che provenivano dalla Francia; in compenso il critico am quei "veristi" che evitarono programmi teoretici di avvicinamento di arte e scienza, come Matilde Serao e Salvatore Di Giacomo, pi vicini a quellumanit e a quella pietas (ovvero piet nel senso di partecipazione emotiva ai problemi del popolo) che Croce prediligeva. UD 7 - Allalba del Novecento In questa unit didattica si indagheranno i motivi del giudizio, in gran parte negativo, che Croce ha dato alla letteratura tra fine '800 e primi del '900. Si analizzer inoltre lambigua analisi critica che lo studioso ha dedicato a Gabriele DAnnunzio, e ad altri scrittori che, di fronte a Croce, "peccarono" di estetismo, o di misticismo, o di intellettualismo, elementi, per lautore dellEstetica, estranei alla vera arte. Si concluder con un breve accenno ai critici che seguirono del tutto o in parte la linea del metodo crociano. 7.1 - Il giudizio su fine Ottocento e su Novecento 7.2 - La critica ambigua su DAnnunzio 7.3 - Pascoli poeta di "inezie" 7.4 - Altre incomprensioni: Pirandello e Fogazzaro 7.5 - Gli "Allievi" 7.1 - Il giudizio su fine Ottocento e su Novecento Il secondo periodo nella famosa distinzione crociana allinterno della vita letteraria italiana recente, quello che sarebbe andato dal 1885 o 1890 " ai giorni nostri" , secondo lo studioso, contrassegnato dalla "triade onomastica DAnnunzio, Fogazzaro e Pascoli " (Croce, Di un carattere della pi recente letteratura italiana: 188). Mentre nel periodo precedente, quello che individua tra il 1856 al 1890 il critico napoletano aveva collocato lultimo vero grande poeta, Carducci, e una serie di scrittori di rilevante valore, come Verga, nel secondo egli trova una "maggiore finezza e sottigliezza spirituale ", che per lasciano intravedere una sostanza ambigua, dalla quale "spira vento dinsincerit" (Croce, Di un carattere della pi recente letteratura italiana: 189; leggi l'antologia testuale). Si coglie la simpatia di Croce per il primo periodo da lui delineato e la condanna, quasi senza appello, per il secondo: nel primo vi erano "il patriota, il verista, il positivista", alti e bassi, ma comunque legati ad una concezione salda del mondo, mentre nel secondo Croce situa " limperialista, il mistico, lesteta", vale a dire le

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esagerazioni, lamplificazione senza pi il contenuto, la rarefazione estetica di motivi di per s discutibili ma con un carattere saldo in partenza. Per il periodo incriminato, che si affaccia sul Novecento (non dimentichiamo che Croce inizia "La critica" nel 1903), e che possiamo assimilare, se abbiamo ben capito il giudizio crociano, generalmente al secolo XX, si pu parlare di "industria del vuoto" (Croce, Di un carattere della pi recente letteratura italiana : 195). Laccusa di insincerit poi spiegata dal critico nel medesimo saggio: il mistico vorrebbe essere cattolico e francescano, ma non porter mai a conseguenze logiche la sua scelta, non seguir mai le orme del Cristo e di San Francesco nella povert e nella privazione. Cos gli esteti, gli imperialisti, che sembrano esercitarsi in vuote parole che non hanno poi reali contenuti, che non diventano esempi di vita. Non solo: Croce accusa la cultura del periodo di voler conciliare scienza e religione, lascetismo alla vita attiva, insomma di voler fare convivere realt che non possono farlo, in uno sforzo insincero di eclettismo che vada bene per tutte le stagioni, senza un vero impegno morale. Insomma, la decadenza, la rarefazione dello spirito, una sorta di ritorno al compiacimento barocco, alla forma per la forma, tanto che Croce costretto a tornare con nostalgia sul modello Carducci: parlando di DAnnunzio, Fogazzaro e Pascoli lo studioso afferma: " Nel passare da Giosu Carducci a questi tre, sembra, a volte, come di passare da un uomo sano a tre malati di nervi " (Croce, Di un carattere della pi recente letteratura italiana: 200). Ma se in DAnnunzio Croce trover anche degli elementi positivi negli altri due, specialmente in Fogazzaro, lo studioso coglier solo gli esempi di un periodo di decadenza e di infiacchimento, di pianto sul proprio dolore e di rinuncia alla vita, quella vita che Croce individuava come componente essenziale dellopera darte. 7.2 - La critica ambigua su DAnnunzio Gabriele DAnnunzio per Croce un "idolo polemico", vale a dire uno scrittore che in parte ammirato per la sua indubbia capacit inventiva e trasfigurativa, ma che nel contempo sentito come insincero, "malato", tutto teso al risultato formale, allapparenza, allapplauso del pubblico, e non veramente proteso alla sostanza delle cose. Infatti, Croce scrive nel 1903 (il saggio conflu poi nel IV volume della Letteratura della Nuova Italia) che " fuor di dubbio che DAnnunzio occupa una gran parte nellanima moderna e che lo occuper di conseguenza nelle storie che si scriveranno della vita spirituale dei nostri tempi " (Croce, Gabriele DAnnunzio: 7), aggiungendo per che "Il DAnnunzio non sente, ma un dilettante di sensazioni" (Croce, Gabriele DAnnunzio: 10). Croce precisa subito che questo aggettivo, "dilettante" non diretto allarte dannunziana, perch, e questo aggiustamento importante, il pescarese dotato poeticamente ed " esperto dei segreti dellarte ", ma al suo atteggiamento verso la vita, che non pi quello ottocentesco di comprensione dellesistenza in tutte le sue variet, ma quello di un moderno attratto dai " bagliori" e dalle "sfumature" pi che dai contenuti. Non vi in DAnnunzio una molla ideale che lo porti a sostenere una profonda visione del mondo, ma solo la curiosit di approfondire non tanto le cause, quanto gli effetti, il capriccio delle apparenze. Croce torner pi tardi sul pescarese, analizzando il periodo successivo al Piacere e alle Vergini delle rocce, osservando che questo secondo DAnnunzio non fa altro che vivere di rendita, ripetendo costantemente il suo fortunato repertorio con "mestiere letterario" e ribadendo, infine, il giudizio primitivo di " dilettante di sensazioni". Questo secondo saggio critico quindi pi negativo rispetto al primo: Croce arriva quasi a cancellare lammissione che quella di DAnnunzio in ogni caso poesia, perch ora a lui sembra che la sua poesia manchi di umanit, e senza umanit non pu esserci arte. Anche nelle cose pi mirabili, per Croce, come le poesie di Alcione (ma la grafia dannunziana Alcyone), si sente s ammirazione per perizia tecnica e abilit, ma esse " non ottengono mai una completa adesione del nostro spirito" (Croce, Lultimo DAnnunzio: 259). Lo studioso conclude facendo del poeta pescarese il simbolo stesso dellepoca, perch " egli rimarr monumento insigne di arte decadente" (Croce, Lultimo DAnnunzio: 261). Come si vede, un atteggiamento critico ambiguo e talvolta contraddittorio, anche perch Croce si rende conto che larte di DAnnunzio essa stessa contraddittoria e ambigua, composta di quegli stessi elementi che lo studioso condannava nel Novecento: la commistione tra sincerit tentata e falsit reale, tra religiosit

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esteriore e pigrizia interiore, tra scienza e fede. Anche in questo per Croce DAnnunzio luomo ideale del Novecento. 7.3 - Pascoli poeta di "inezie" Nel 1906 Benedetto Croce scrive un articolo-saggio sulla "Critica", poi ripreso nel IV volume della Letteratura della Nuova Italia, riguardante uno dei poeti pi rappresentativi del panorama letterario italiano di fine Ottocento e inizi Novecento: Giovanni Pascoli. Abbiamo gi visto che questo nome compreso nella "triade onomastica" DAnnunzio-Fogazzaro-Pascoli che rappresenta per lo studioso la punta pi alta e rappresentativa della "decadenza" letteraria italiana (vedi 7.1). Il difetto che Croce trova in Pascoli leccessivo sentimentalismo, la concessione continua e compiaciuta alla delicatezza estenuata degli affetti domestici, e, daltra parte, la caduta nellinfantilismo soprattutto a causa delleccessivo uso della figura retorica dellonomatopea (per esempio: rifare il suono stesso della cosa o dellanimale nominato): " Il delicato poeta si rimesso a rifare il verso ai polli! " (Croce, Giovanni Pascoli: 76). Ci che infastidisce Croce "leccessiva sollecitudine dellautore per inezie di costumi e di corrispondenti parole" (Croce, Giovanni Pascoli: 84), ed anche quello che il critico giudica leccessivo altalenare di momenti di autentica poesia e cadute di gusto, infantilismi di maniera. Per il poeta di San Mauro di Romagna vale lo stesso giudizio su DAnnunzio: la parola, anche se a tratti poetica, si sofferma sul particolare, sul frammento, sulleffetto, e abbandona il centro unitario, la visione del mondo, le profondit conoscitive. Croce arriva a condannare lintera poesia pascoliana, che attaccata da questo male " nelle sue radici pi intime " (Croce, Giovanni Pascoli: 118). Qui, come nel saggio su DAnnunzio di qualche anno prima, si notano alcune contraddizioni del Croce critico: in alcuni momenti egli nega proprio la poesia profonda a Pascoli, in altri improvvisamente si aprono spiragli di " momenti poetici felicissimi" (Croce, Giovanni Pascoli: 121). Il fatto che il critico deve da una parte tenere ferma la sua teoria sullarte come intuizione pura e manifestazione della vita come unit, dallaltra deve riconoscere in alcuni autori come in Pascoli la presenza di elementi poetici; laporia (cio la contraddizione) viene risolta con lattribuzione del valore poetico solo a frammenti sparsi e non unitari, metodo, e in questo studio su Pascoli il critico lo preannuncia, che sar valido anche per il grande "padre" Dante: "La Comedia dantesca [] poesia applicata: un gran mare, nel quale di tanto in tanto si pesca una perla, un prodotto di poesia pura " (Croce, Giovanni Pascoli: 123). 7.4 - Altre incomprensioni: Pirandello e Fogazzaro Il Novecento, almeno di quella parte iniziale di secolo che Croce poteva conoscere, il periodo letterario per cui il filosofo napoletano mostra una notevole idiosincrasia (cio forte avversione). Alcuni scrittori che poi verranno considerati tra i pi rappresentativi autori di questo secolo sono da lui praticamente stroncati senza remissione. Si prenda lesempio di Luigi Pirandello (premio Nobel per la letteratura nel 1934), considerato anche allestero come una delle voci pi alte nel teatro e nella narrativa della crisi delluomo contemporaneo: per molti anni sulla sua prima narrativa peser il giudizio crociano di " prosecuzione, alquanto in ritardo, dellopera della scuola veristica italiana " (Croce, Luigi Pirandello: 353). Anzi, sullo scrittore siciliano pende la medesima Antonio Fogazzaro accusa che Croce aveva riservato per il verismo come programma (e non per Verga ed altri autori "minori"): di essere portavoce di una umanit "bassa, volgare, egoistica, turpe, e sovente delittuosa " (Croce, Luigi Pirandello: 353), di rappresentare insomma una sola parte di umanit, quella pi misera e perversa, tanto che il critico gli mette davanti per spirito poetico non solo Verga, ma anche Salvatore Di Giacomo, scrittore che se pure di buona qualit, oggi non paragonabile allarte pirandelliana. I Vecchi e i giovani, testimonianza dolente della crisi dei valori post-risorgimentali, addirittura posta sulla falsariga dei Vicer, romanzo storico di De Roberto, che Croce aveva per altro stroncato in una

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sua recensione. Il problema di Pirandello secondo Croce lo stesso di Leopardi: la presenza di una filosofia che impedisce il sorgere dellarte, la soffoca, la tiene sottoposta; ma una cattiva filosofia, cosicch, anche in quello che da alcuni considerato il capolavoro del siciliano, Il fu Mattia Pascal (vedi il modulo Luigi Pirandello, 5.4, 5.5), egli vede un ibrido che non diviene n filosofia n arte, ma libro in cui il ragionamento, lanalisi, prendono il sopravvento facendo profetizzare a Croce, insieme ad altri " intelligenti [] la poca fiducia nella durevolezza di questa fortuna" (Croce, Luigi Pirandello: 370). Altra stroncatura illustre quella del cattolico Antonio Fogazzaro, che Croce vede con sospetto proprio per la sua fede, che egli considera dimpaccio per larte, "perch egli si presenta, oltre che con le parole di artista, con un intero sistema di idee religiose, metafisiche, etiche, politiche, estetiche " (Croce, Antonio Fogazzaro: 130). Lo scrittore vicentino (Vicenza era la patria di Fogazzaro) giudicato negativamente perch larte soffocata nella sua opera da elementi non poetici, ma anche a causa della sua adesione al modernismo, una corrente di primo Novecento che cercava di conciliare religione e scienza, che per Croce dovevano essere tenute distinte. Da questo compromesso tentato da Fogazzaro, lo studioso prende spunto per accusare lo scrittore di una colpa che sicuramente egli non aveva, confondendolo con un naturalista in ritardo: " La sua estetica, infine, si aggira sullequivoco che levoluzione possa dettare legge allattivit artistica; laddove lattivit artistica essa una delle forze che muovono ci che comunemente si dice levoluzione e che poi semplicemente la storia (Croce, Antonio Fogazzaro: 131). Sorprende allora la valutazione positiva della poesia di uno degli autori pi emblematici di quella letteratura dellabbandono, della mollezza e del ricordo estenuato che fu Guido Gozzano (vedi il modulo Corazzini, Gozzano e i crepuscolari, UD6): Croce lo "salva" perch nonostante lironia, la riflessione, il critico nota in lui la presenza del sentimento unita a quella di una coscienza sincera. Questo sentimento induce Croce ad avvicinare la poesia di Gozzano allarte, da lui intesa come unione di sentimento ed espressione. 7.5 - Gli "Allievi" Dopo luscita dellEstetica e della "Critica", tra il 1902 e il 1903, il pensiero crociano inizier a diffondersi e ad influenzare non solo i giovani scrittori, soprattutto quelli "vociani" (cio quelli che collaborarono con la rivista "La Voce", vedi 3.5), ma anche studiosi e critici accademici che colsero nel nuovo pensiero la possibilit di svecchiamento della cultura italiana dopo legemonia della poesia e della figura dannunziana e dopo la crisi delle certezze positivistiche. Si cre una continuit tra Croce a una serie di giovani studiosi che ne seguirono le indicazioni pi profonde, ma che nel contempo le aggiornarono con contributi diversi. Una maggiore attenzione ai motivi della storia e dellimpegno sociale si ebbe, per esempio, in Luigi Russo, portato per carattere al dibattito e alla convinzione della assoluta unit tra momento culturale e quello umano. Pi attento al contesto letterario puro, allelemento classico di ogni periodo letterario fu Francesco Flora, che privilegi "la bella immagine" e il "frammento lirico", come scrive Natalino Sapegno (Sapegno 1988: 640), uno studioso che per un certo periodo fu "crociano". Francesco Flora approfond ed esasper soprattutto la difesa della liricit assoluta contro le intrusioni storicistiche. Un altro seguace del metodo crociano fu Giuseppe Antonio Borgese, che in un primo momento applic integralmente linsegnamento del maestro, soprattutto con la Critica romantica in Italia, per poi allontanarsene gradualmente. " Il vero tecnico del crocianesimo e il pi stretto difensore del valore puramente e permanentemente estetico della poesia il Gargiulo ": ecco nelle parole di Giulio Marzot (Marzot 1950: 480) un sintetico ma esatto ritratto di Alfredo Gargiulo, che tenne fermo il concetto di intuizione lirica, simpatizzando per il lavoro di purificazione e concentrazione sulla parola compiuto dagli ermetici, soprattutto Ungaretti. Attenzione alla possibilit espressiva della parola, alla sua capacit di evocazione e di gioco verbale pose anche Emilio Cecchi, che esib una critica essa stessa esercitazione stilistica ed artistica. Approfondimento della psicologia dellautore attraverso una raffinata lettura dellopera emerge nella critica di Attilio Momigliano. Si potrebbero fare ancora tanti altri nomi, dal "carducciano" Renato Serra, che nella sua breve vita si confront criticamente con il metodo crociano, a Giuseppe De Robertis, fino a Natalino

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Sapegno, poi confluito nella metodologia marxista. Ma se dovessimo citare tutti i nomi, ci accorgeremmo che gran parte della cultura italiana del Novecento ha fatto i conti con la critica crociana. Una critica che sembra partire da una base fin troppo semplice, larte come identit di intuizione ed espressione, ma che in realt non possibile rinchiudere in schemi preconcetti: se vero che il napoletano ha sempre applicato il suo schema, anche vero che nei singoli contributi critici egli ha praticato eccezione e distinzioni, privilegiando per sempre luomo nella sua solida appartenenza alla propria epoca. Le sue simpatie sembrano andare a quegli scrittori che restituiscono un senso di vitalit, di accettazione dellesistente, e che di questa accettazione facciano il contenuto della loro arte. Fonti Per quello che riguarda la bibliografia completa delle opere di Benedetto Croce, si rimanda a Fausto Nicolini, L"Editio ne varietur" delle opere di Benedetto Croce. Saggio bibliografico con taluni riassunti e passi testuali, Napoli, a cura dellIstituto Italiano per gli studi storici, 1960; e S Borsari, Lopera di Benedetto Croce, Napoli, a cura dellIstituto Italiano per gli studi storici, 1964. Specialmente nel secondo sono riportate edizioni e riedizioni delle opere di Croce anno per anno, che facilita non poco nel cercare di districarsi attraverso la grande produzione di filosofia, letteratura, storiografia, erudizione dello studioso. Le opere crociane sono state pubblicate in un piano editoriale voluto dallo stesso autore dalla casa editrice Laterza di Bari, la quale ha unificato in un unico progetto anche quegli scritti, la minor parte, che non erano usciti per i tipi Laterza. Il piano editoriale ha titolo complessivo Opere di Benedetto Croce e conta di settantasei volumi divisi in quattro serie: I: Filosofia dello Spirito; II: Saggi filosofici, III: Scritti di storia letteraria e politica; IV: Scritti vari. La terza serie, che quella che ci riguarda da vicino, composta da quarantaquattro volumi. Elenchiamo qui di seguito i volumi citati nel nostro lavoro secondo la numerazione progressiva delledizione Laterza. Le eccezioni a questa regola sono indicate. Il numero romano dopo la data, separato da una barra, indica ledizione, successiva alla prima, dalla quale sono state tratte le citazioni I) Saggi sulla letteratura italiana del Seicento, 1948/III; II) La rivoluzione napoletana del 1799, 1953/VI; III-VI) La letteratura della Nuova Italia , 4 volumi; le citazioni sono state tratte dai seguenti saggi (dopo il titolo del saggio appare il volume in cui esso compreso): Francesco De Sanctis, pp. 359-379, vol. I, 1914; Le varie tendenze e le armonie e disarmonie di Giosue Carducci , pp. 25-54, vol. II, 1914; Giovanni Verga, pp. 5-32, Luigi Capuana, pp. 103-120 e La critica erudita della letteratura e i suoi avversari, pp. 378-396, vol. III, 1949/V; Gabriele DAnnunzio, pp. 7-70, Giovanni Pascoli, pp. 72-128; Antonio Fogazzaro, pp. 130-140; Di un carattere della pi recente letteratura italiana , pp. 189-206, vol. IV, 1942/IV; I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo decimottavo , 1916; La Spagna nella vita italiana durante la Rinascenza, 1917; IX-X) Conversazioni critiche, 1918; XI) Storie e leggende napoletane, 1919; Goethe, 2 volumi, 1959/XII; Una famiglia di patrioti e altri saggi storici e critici, 1919; XIV) Ariosto, Shakespeare e Corneille, 1929; XV-XVI) Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono, 1923; XVII) La poesia di Dante, 1921; Poesia e non poesia. Note sulla letteratura europea del secolo decimonono, 1935; le citazioni sono tratte dai saggi Leopardi e Manzoni; Storia del Regno di Napoli, 1925; XX-XXI) Uomini e cose della vecchia Italia, 1927; XXII) Storia dItalia dal 1871 al 1915, 1928; Storia dellet barocca in Italia: pensiero, poesia e letteratura, vita morale , 1929; Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento, 1931; XXV-XXVI) Conversazioni critiche, 1932;

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XXVII) Storia dEuropa nel secolo decimonono, 1932; Poesia popolare e poesia darte. Studi sulla poesia italiana dal Tre al Cinquecento , 1933. Ledizione da noi citata per quella stampata a Napoli dalleditore Bibliopolis, 1991 (riguarda i saggi La poesia del Petrarca, pp. 67-79, Il Boccaccio e Franco Sacchetti, pp. 81-100, Il secolo senza poesia, pp. 191-216 e La lirica cinquecentesca, pp. 301-387) ; Variet di storia letteraria e civile, serie prima, 1935; Vite di avventure, di fede e di passione, 1936; XXXI) La letteratura della Nuova Italia, vol. V XXXII) Conversazioni critiche, serie seconda, 1950/IV (per gli articoli Problemi di letteratura italiana, pp. 209-254; Il programma della "Critica", pp. 353-357); XXXIII) La letteratura della Nuova Italia , vol. VI, 1950: contiene i saggi da noi citati Castelnuovo-De Roberto-"memini", pp. 131-143, Lultimo DAnnunzio, pp. 247-260; Luigi Pirandello, pp. 353-370. XXXIV) Poesia antica e moderna, 1941; XXXV-XXXVI) Poeti e scrittori del pieno e del tardo Rinascimento, vol. I e vol. II, 1945; XXXVII) La letteratura italiana del Settecento. Note critiche, 1949; XXXVIII) Variet di storia letteraria e civile, serie seconda, 1949; XXXIX) Letture di poeti e riflessioni sulla teoria e la critica della poesia , 1950; XL) Poeti e scrittori del primo e del tardo Rinascimento, vol. III, 1952; XLI-XLIV) Aneddoti di varia letteratura, 4 volumi, 1953-54. Volumi al di fuori di questa serie ma di grande importanza per la comprensione della critica letteraria crociana: LEstetica come scienza dellespressione e linguistica generale , Napoli, Remo Sandron, 1902; La poesia. Introduzione alla critica e storia della poesia e della letteratura , Bari, Laterza, 1936; Contributo alla critica di me stesso, Bari, Laterza, 1945; Bibliografia Adelchi Attisani (1950), Gli studi di Estetica (in particolare: Lestetica di Benedetto Croce), in Cinquantanni di vita intellettuale italiana 1896-1946. Scritti in onore di Benedetto Croce per il suo ottantesimo anniversario, vol. primo, a cura di C. Antoni e R. Mattioli, Napoli, Esi: 289359. Giulio Cattaneo (1988), Benedetto Croce teorico e critico della letteratura , in Storia della letteratura italiana, Il Novecento, tomo primo, ristampa della nuova edizione 1987, Milano, Garzanti: 583-629. Gianfranco Contini (1989), La parte di Benedetto Croce nella cultura italiana, Torino, Einaudi. Gianfranco Contini (1969), Benedetto Croce, in Letteratura dellItalia unita 1861-1969, seconda ristampa, Firenze, Sansoni: 423-482. Giulio Marzot (1950), La critica e gli studi di letteratura italiana (1945), in Cinquantanni di vita intellettuale italiana 1896-1946. Scritti in onore di Benedetto Croce per il suo ottantesimo anniversario, vol. primo, a cura di C. Antoni e R. Mattioli, Napoli, Esi: 451-522. Mario Puppo (1964), Il metodo e la critica di Benedetto Croce, Milano, Mursia. Natalino Sapegno (1988), Linee della critica novecentesca, in Storia della letteratura italiana, Il Novecento, tomo primo, ristampa della nuova edizione 1987, Milano, Garzanti: 633-656. Letture consigliate Ernesto G. Caserta (1972), Croce critico letterario (1882-1921), Napoli, Giannini. Croce, Benedetto (1986), in Dizionario Critico della letteratura italiana, I vol., diretto da Vittore Branca, II edizione, Torino, Einaudi: 74-78. Luigi Ferrari (1962), Crocianesimo e critica classica, Trapani, Radio. Francesco Flora (1925), Benedetto Croce, in Dal romanticismo al futurismo (1921), nuova edizione, Milano, A. Mondadori: 347-395. Mario Fubini, (1966), Appunti sul Croce critico (1964), in Critica e poesia, II edizione, Bari, Laterza: 403-421.

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