MASSA E POTERE.
LO STATUTO DELLA DIVINIT NELLANGELO CRISTIANO.
1. INTRODUZIONE METODOLOGICA
Contro unantica condanna, che si espressa in forme diverse, a partire dallinizio
del XIX secolo lOccidente ha cominciato a considerare linsieme dei racconti, delle
leggende e dei miti provenienti dal suo passato e dalle altre civilt non pi come
manifestazioni diminute e relativamente inintelligibili di uno spirito infra-razionale
n come espressioni di una razionalit puramente estetica, ma come realt e
sviluppo di una razionalit autonoma, legittima, autenticamente razionale, tanto
quanto lo quella che si esprime nella scienza o nella stessa natura delle cose. Il
lungo percorso che ha condotto dalla Symbolik di Friedrich Creuzer1 ai volumi di
Mythologiques di Claude Lvi-Strauss2, attraverso le opere di Bachofen3 e Cassirer4,
di Durkeim5 di Krenyi6, Propp7 e Frye8 (per non citare che i pi celebri) ha aperto
F. G. CREUZER, Symbolik und Mythologie der alten Volker, besonders der Griechen (1810-12), 2. vollig
umgearb. Ausg., voli. 4, Leipzig-Darmstadt 1819. Su Creuzer cf. A. MOMIGLIANO, Friedrich Creuzer
and Greek Historiography, in ID., Contributo alla storia degli studi classici, Roma Edizioni di Storia e
letteratura, 1980, pp. 233-248 e F. MARELLI, Lo sguardo da Oriente. Simbolo, mito e grecit in Friedrich
Creuzer, Milano LED, 2000 ; Friedrich Creuzer 1771-1858 Philologie und Mythologie im Zeitalter der
Romantik, hrsg von F. Engehausen, A. Schlechter J. P. Schwindt, W. Moritz, Heidelberg Verlag
Regional 2008.
2
C. LVI-STRAUSS, Mythologiques, 4 voll., Paris, Plon, 1964-71. Su questi volumi di Lvi-Strauss cfr.
il volume di M. Godelier, Lvis-Strauss, Paris Seuil 2013, e linterpretazione di E. VIVEIROS DE
CASTRO, Mtaphysiques cannibales, Paris PUF 2009
3
J. J. BACHOFEN, Versuch ber die Grbersymbolik der Alten, Basilea, Bahnmaier 1859
4
E. CASSIRER, Philosophie der symbolischen Formen. 2. Teil, Das mythische Denken, Berlino, B. Cassirer
1925
5
E. DURKHEIM, Les formes lmentaires de la vie rligieuse, Parigi, PUF 1912
6
K. KERENYI - C. G. JUNG, Einfhrung in das Wesen der Mythologie. Gottkindmythos. Eleusinische
Mysterien, Amsterdam u. a. Pantheon 1942, tr. it. Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia,
Torino Boringhieri 1972
7
V. J. PROPP, Morfologija skazki, Leningrad, Academia, 1928, trad. it., Morfologia della fiaba, con un
intervento di Cl. Lvi-Strauss e una replica dell'autore, Torino, Einaudi, 1966 ; Id., Istoriceskie korni
vol Sebnoi skazki, Leningrad, Edizioni dell'Univ. Statale dell'Ordine di Lenin, 1946, trad. it., Le radici
storiche dei racconti di fate, Torino, Einaudi, 1949.
8
N. FRYE, Anatomy of Criticism, Princeton, Princeton University Press 1957, trad. It. Anatomia della
critica, Einaudi 1969
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in Anghelos. Angelus. From the Antiquities to the Middle Ages, Micrologus XXIII (2015), d. par Agostino
Paravicini Bagliani, p. 79-108.
J.-P. VERNANT, Mythe et pense chez les Grecs. Etudes de psychologie historique, Paris, Maspero, 1965.
R. BARTHES, Mythologies, Paris Seuil 1957
11
H. BLUMENBERG, Arbeit am Mythos, Francoforte, Suhrkamp Verlag 1979, tr. it. Elaborazione del
mito, Bologna, il Mulino, 1991
12
F. JESI, Letteratura e mito, Einaudi, Torino 1968; ID., Mitologie intorno all'illuminismo, Milano
Edizioni di Comunit 1972; ID., Il mito, Milano, ISEDI 1973; ID., Materiali mitologici. Mito e
antropologia nella cultura mitteleuropea, Torino, Einaudi 1979.
13
PAUL RICOEUR, Temps et rcit. Tome I: L'intrigue et le rcit historique, Le Seuil, 1983; ID., Temps et
rcit. Tome II: La configuration dans le rcit de fiction, Le Seuil, 1984; ID., Temps et rcit. Tome III: Le
temps racont, Le Seuil, 1985.
14
Ci sono, ovviamente, notevoli eccezioni. Cfr., tra le tante, E. LEACH, Genesis as Myth and other
Essays, Londra Jonathan Cape 1969 e soprattutto M. DOUGLAS, Leviticus as Literature, Oxford, Oxford
University Press 2000. Sulla scia di Strauss e di Renan teologia contemporanea, a partire da R.
Bultmann, ha assieme riconosciuto e negato il carattere mitologico dei racconti contenuti nel suo
canone. Cfr., tra i i numerosi possibili riferimenti R. BULTMANN Neues Testament und Mythologie. Das
Problem der Entmythologisierung der neutestamentlichen Verkndigung, Mnchen, Kaiser, 1985.
10
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mitologia che ha nel Tanakh giudaico e nella Bibbia cristiana il proprio deposito e
la propria fonte sembra godere di una sorta di eccezione epistemologica che
conferisce a questi racconti uno statuto radicalmente altro da quello dei racconti su
Zeus o Era della tradizione ellenica e da quelli prodotti quotidianamente dalla
pubblicit
dallindustria
cinematografica
contemporanea.
La
produzione
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E di fatto le prossimit tra il corpus narrativo e mitografico giudeo-cristiano e quello di altre civilt
(non solo geograficamente e storicamente circostanti) estremamente significativa. Il cristianesimo,
del resto, riprende e sviluppa temi cari alla mitologia di altri contesti culturali: basti pensare
allantropofagia o alla teofagia celebrata nel rito eucaristico in forma assieme materiale e simbolica, o
allidea di comunit che si costituisce alla morte del suo re fondatore che era stata studiata da
Frazer, ma lelenco potrebbe essere infinito. Cfr. J. FRAZER, Il ramo d'oro, 3 voll., Torino,
Boringhieri, 1965. Tra i pi recenti cfr. J. BOTERO, Nascita di Dio. La Bibbia e lo storico, tr. it. Firenze,
Ponte alle Grazie 1990.
16
Ho pubblicato una parte dei risultati della ricerca nellantologia G. AGAMBEN, E. COCCIA (eds),
Angeli. Ebraismo Cristianesimo Islam, Vicenza Neri Pozza 2009
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ATANASIO DI ALESSANDRIA, Epistula I ad Serapionem: Contra illos qui blasphemant et dicunt Spiritum
sanctum rem creatam esse in MIGNE PG 26, c. 557. Sulla questione cfr. W.-D. HAUSCHILD, Die
Pneumatomachen: eine Untersuchung zur Dogmengeschichte des 4. Jahrhunderts ,Diss., Hamburg, 1967;
A. HERON, The Holy Spirit in Origen and Didymus the Blind. A Shift in Perspective from the Third to the
Fourth Century , in A. M. RITTER (a cura di), Kerygma und Logos , Gttingen, Vandenhoeck und
Ruprecht, 1979, pp. 298-310; E. L. HESTON, The Spiritual life and the Role of the Holy Ghost in the
Sanctification of the Soul, as Described in the Works of Didymus of Alexandria, Diss. St. Meinrad Indiana
, 1938
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solo grazie allo Spirito che gli angeli possono contemplare senza interruzioni il
volto del Padre. Lo spirito riempie ogni cosa [] mentre gli angeli gli sono
inferiori, e non sono presenti che la` dove sono inviati (Athan., Ep. Serap., 1, 2627). Rivendicare cio che solo lo Spirito sostanza e che solo lo spirito produce
santit (sapientiae et sanctificationis effectrix)18, significa non solo escludere gli angeli
al possesso sostanziale della divinit, ma svuotare interamente la loro prassi. Da
dove viene allora la loro capacit di sopravvivere alle decisioni conciliari pi
radicali? V nella loro presenza una sorta di necessit strutturale che sembra porsi
al di l delle decisioni conciliari o dogmatiche e che gli strumenti forniti dalla
storia, dalla filologia o dalla teologia non riescono a spiegare.
Da un punto di vista storico, il cristianesimo non definisce un corpus
mitografico originario, ma una forma di riscrittura del corpus mitografico del
giudaismo del Secondo Tempio e come la quasi totalit delle sue figure e dei suoi
elementi anche gli angeli sono sopravvivenze e prestiti di questo corpus,
contaminati o ibridati con altre forme mitologiche (quali quelle greco-romane). In
ambito giudaico le prime narrazioni che hanno riconosciuto per la prima volta
allangelo un ruolo decisivo nella storia del cosmo sono i racconti e i miti raccolti
nel cosiddetto ciclo enochico. Si tratta di una mitologia parallela e in parziale
concorrenza con quella sedimentasi nel Pentateuco stratificatasi in pi libri, di cui
si conservano redazioni in lingue diverse (dalletiopico classico al copto, al
paleoslavonico) e che sono stati composti in epoche diverse. I suoi strati pi antichi
risalgono secondo le ultime datazioni al III sec. a. C., anche se possono
testimoniare nuclei mitologici pi antichi19.
18
DYDIME LAVEUGLE, Trait du Saint-Esprit, introd., testo critico, trad. e note di L. Doutreleau,
Paris, Cerf, 1992, 11
19
La bibliografia sul tema imponente: cfr. almeno G. BOCCACCINI, Beyond the Essene Hypothesis. The
Parting of the Ways Bewteen Qumran and Enochic Judaism, Grand Rapids (Mich.), Eerdmans, 1998; ID.,
Enoch and Qumran origins. New Light on a Forgotten Connection, Grand Rapids (Mich.), Eerdmans,
2005; ID., J.-J. COLLINS, The Early Enoch Literature, Leiden, Brill, 2007; G. BOCCACCINI, Enoch and
the Messiah Son of Man. Revisiting the Book of Parables , Grand Rapids (Mich.), Wm. B. Eerdmans,
2007; ID., I giudaismi del Secondo Tempio. Da Ezechiele a Daniele, Brescia, Morcelliana, 2008; D.
JACKSON, Enochic Judaism. Three defining paradigm exemplars, London, T&T Clark International,
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secondo libro di Enoch egli assume in cielo le vesti divine) per salvare gli uomini e
gli angeli caduti. Questa riconfigurazione della natura del male ha unaltra
conseguenza importante. Fino ad allora Israele aveva pensato il male sempre e solo
nei termini di una trasgressione umana tutta umana di un patto stretto tra Dio e il
suo popolo: il male, in quanto fatto di natura politica, aveva dimensioni nazionali. Il
ciclo di Enoch segna la fine del nazionalismo tipico della mitologia ebraica: il male
un fatto cosmico, che interessa tutti gli uomini. Il messia dunque non deve salvare
un popolo, ma il cosmo e lumanit nella sua totalit.
Se si confronta il dato giudaico a quello cristiano, si nota una evidente
continuit. Certo, il messianismo cristiano ha tolto ogni effettivit alla mediazione
angelica, ma non ha affatto eliminato la funzione mitologica principale dellangelo:
anche nel cristianesimo infatti langelo la figura divina che, in qualche modo, la
vera responsabile dellintroduzione del male nel mondo. Fu proprio uno di loro,
infatti larcangelo chiliarca ed amministratore che era stato posto da Dio alla testa
degli angeli incaricati della terra a causare la rovina delluomo rendendolo
peccatore Per questo fu punito; e a causa della sua rivolta fu detto in ebraico
Satana, in greco diavolo 21 . Se gli angeli del ciclo enochico hanno peccato per
eccesso di amore per luomo al punto di volervisi unire, quelli dei miti confluiti
nellortodossia cristiana fanno della gelosia la passione che scatenato la ribellione
angelica. E lo stesso Satana a confessarlo ad Adamo: Per causa tua, fummo
cacciati dalla nostra dimora e gettati sulla terra. Dio mi fece espellere dal cielo,
privandomi della gloria, insieme con i miei angeli. Fui [] spogliato di tutta la mia
gloria, mentre a te venivano riservate gioia e delizie. Perci presi ad invidiarti e non
tolleravo che ti gloriassi tanto22. Tutti i mali, le miserie, le meschinit umane sono
riconducibili all'azione di una classe specifica di figure angeliche, gli angeli caduti, i
demoni. Con il loro occulto contagio, lalito dei demoni corrompe le menti con
21
IRENEO DI LIONE, Dimostrazione della Predicazione evangelica, 11-16, in Patrologia Orientalis XII, pp.
762-764. Cfr. anche Vita di Adamo 12, 17; II Baruch LVI, 10 e ATENAGORA, Suppl. 24.
22
Vita di Adamo ed eva, tr. it. in Apocrifi dellAntico Testamento, a cura di P. SACCHI, vol. I Utet, Torino
1981, p. 454.
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Apocalisse di Elia, 4, 30 - 5, 6; trad. it. in P. Sacchi (a cura di), Apocrifi dellAntico Testamento, vol.
iii, Brescia, Paideia, 1999, pp. 150-151. Sullapocalittica cfr. I due studi classici di J. J. COLLINS, The
apocalyptic imagination. An introduction to the Jewish matrix of Christianity, New York, Crossroad, 1984
e P. SACCHI, Lapocalittica giudaica e la sua storia, Brescia, Paideia, 1990. SullApocalisse di Elia cfr. W.
SCHRAGE, Die Elia-Apokalypse, Gtersloh, Gtersloher Verlagshaus 1980; ID., LApocalypse dElie, in
Le Muson, 95 (1982), pp. 269-283; D. FRANKFURTER, Elijah in Upper Egypt. The Apocalypse of Elijah
and early Egyptian Christianity, Minneapolis, Augsburg Fortress, 1993; Id., The cult of the martyrs in
Egypt before Constantine. The evidence of the Coptic Apocalypse of Elijah, in Vigiliae christianae , n.
48, 1994, pp. 25-47
28
Apocalisse di Sofonia, trad. it. in Sacchi (a cura di), Apocrifi dellAntico Testamento, cit., vol. III, pp.
174-182.
29
Apocalisse apocrifa di Giovanni, trad. it. in L. MORALDI (a cura di), Apocrifi del Nuovo Testamento,
Casale Monferrato, Piemme, 1994, vol. III, Lettere, Dormizione di Maria, Apocalissi, p. 474-477.
30
Ascensio Isaiae. Textus, a cura di P. Bettiolo, A. Giambelluca Kossova, C. Leonardi, E. Norelli, L.
Perrone, Turnhout, Brepols, 1995; M. PESCE, Isaia, il Diletto e la chiesa. Visione ed esegesi profetica
cristianoprimitiva
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sociale, senza amministrazione, una societ che si regge da sola e che non ha
bisogno n di giudici n di magistrati di altri simili ufficiali. In essa resterebbero
infatti inerti e sarebbero del tutto inutili36.
Prima societ delluniverso, societ perfetta e paradigmatica, quella angelica
anche la societ che accoglier tutti gli uomini eletti dopo la fine del
mondo : crediamo che a essa salir un cos grande numero di uomini, tanti quanti
sono l gli angeli eletti che ebbero la sorte di rimanere37, scrive Gregorio Magno
facendo eco a un celebre passo di Agostino38. La societ angelica anche il telos
storico di ogni societ umana.
36
GUILELMUS DE ALVERNIA, De universo creaturarum, casa ed., luogo anno, I, 109, ff. 960a-961
b: verum quod propter se imposita sint eis officia quae ex nominationibus earum designantur
impossibile esse, videre facile est: in civitate namque pacatissima pace scilicet inviolabili et in
agregatione iustissimorum atque sanctissimorum seseque perfecte diligentium in qua nullum habet
locum iniuria vel iniustitia ad quam nullus est accessus hostibus nulla cuiquam nocendi facultas,
nulla omnino voluptas nec esse potest, non est opus magistratibus neque iudicibus neque
praetoribus aut aliis quibuscunque iustitiae ministris. Ibi enim nullum est delictum, nulla
querimonia quapropter nullum locum habet ibi punitor aut paena ubi tutissima est innocentia, ubi
nulla est nocendi audacia ; lex etiam quae propter transgressiones ponitur nec necessaria est, nec
locum ibi habet. Ibi enim impossibilis est omnis transgressio; sed neque rectoribus aut ducibus ibi
opus est, ubi nullum erroris aut deviationis periculum; quia igitur talis est illa civitas sanctissimarum
ac beatissimarum substantiarum ut omnino nec iudicibus nec magistratibus nec aliis huiusmodi
officialibus egeat ; otiosi igitur atque omnino inutiles in ea essent, cum igitur eius sit perfectionis ac
puritatis ut nihil supervacuum nihil inutile habere possit manifestum est huiusmodi principatus aut
potesates apud eam non esse, ubi enim unusquisque civium sempetispum per se laudabiliter regere
sufficit et etiam regit nec gubernatione alia nec rectore alio opus est. [] Quid principatus et
potestates et rectores huiusmodi gubernationi civilium illorum adderent si eis praessent? Nec enim
praeciperent aut aliter facererent quam faciant cum omnia faciant prout decet perfectionem gloriae
in qua sunt status aut gloriae ultimitas est perfectionis ultimitas autem perfectionis non recipit
additionem.
37
GREGORIO MAGNO, Omelia 34, in G. AGAMBEN, E. COCCIA (eds), Angeli. Ebraismo Cristianesimo
Islam, cit. p. 1023
38
AGOSTINO, Enchiridion 9, 29: Placuit itaque universitatis Creatori atque moderatori Deo ut
quoniam non tota multitudo angelorum Deum deserendo perierat, ea quae perierat in perpetua
perditione remaneret; quae autem cum Deo illa deserente perstiterat de sua certissime cognita
semper futura felicitate gauderet; alia vero creatura rationalis, quae in hominibus erat, quoniam
peccatis atque suppliciis et originalibus et propriis tota perierat, ex eius parte reparata quod
angelicae societati ruina illa diabolica minuerat suppleretur. Hoc enim promissum est resurgentibus
sanctis, quod erunt aequales angelis Dei. Ita superna Hierusalem mater nostra, civitas Dei, nulla
civium suorum numerositate fraudabitur, aut uberiore etiam copia fortasse regnabit. Neque enim
numerum aut sanctorum hominum aut immundorum daemonum novimus in quorum locum
succedentes filii sanctae matris, quae sterilis apparebat in terris, in ea pace de qua illi ceciderunt,
sine ullo temporis termino permanebunt. Sed illorum civium numerus, sive qui est, sive qui futurus
est, in contemplatione est eius artificis, qui vocat ea quae non sunt tamquam quae sint, atque in
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1996; R. A. ARTHUR, Pseudo-Dionysius as a polemicist. The development and purpose of the angelic
hierarchy in sixth century Syria, Aldeshot, Ashgate, 2008; J. DILLON S. KLITENIC WEAR, Dionysius the
Areopagite and the neoplatonic tradition. Despoiling the Hellenes, Aldershot, Ashgate 2007; H. GOLTZ,
Hiera mesiteia. Zur Teorie der hierarchischen Soziett im Corpus areopagiticum, Erlangen, Lehrstuhl
fr Geschichte und Theologie des christlichen Ostens an der Universitt Erlangen, 1974; H. KOCH,
Pseudo-Dionysius Areopagita in seinen Beziehungen zum Neuplatonismus und Mysterienwesen. Eine
litterarhistorische Untersuchung, Mainz, Franz Kirchheim, 1900; S. LILLA, Dionigi lAreopagita e il
platonismo cristiano, Brescia, Morcelliana 2005; A. LOUTH, Pagan theurgy and Christian sacramentalism
in Denys the Areopagyte, in Journal of theological studies, n. 37, 1986, pp. 38-43; Id., Denys the
Areopagite, London, G. Chapman, 1989; R. ROQUES, Lunivers dyonisien. Structure hirarchique du
monde selon le Pseudo-Denys, Paris, Aubier, 1954; P. ROREM, Biblical and liturgical symbols within the
pseudo-Dionysian synthesis, Toronto, Pontifical Institute of Mediaeval Studies, 1984; Id., PseudoDionysius. A commentary on the texts and an introduction to their influence, New York, Oxford University
Press, 1993; ID., J.-C. LAMOREUX, John of Scythopolos and the Dionysian Corpus. Annotating the
Areopagite, Oxford, Clarendon Press, 1998; CH. SCHFER, The philosophy of Dionysius the Areopagite.
An introduction to the structure and the contents of the treatise On the divine names, Leiden, Brill, 2006; I.
P. SHELDON-WILLIAMS, Henads as angels. Proclus and Pseudo-Dionysius, in Studia Patristica, n. 8, 1972,
pp. 108-117; B. R. SUCHLA, Dionysius Areopagita. Leben, Werk, Wirkung, Freiburg im Breisgau,
Herder, 2008; P. STRUCK, Pagan and Christian theurgies, in Ancient world, n. 32, 2001, 25-38; W.
VLKER, Kontemplation und Ekstase bei Pseudo-Dionysius Areopagita, Steiner, Wiesbaden, 1958.
45
Per la nuova edizione critiqua: JEAN DE LYDIE, Des magistratures de l'tat romain (grec ancienfranais, texte tabli, traduit et comment par M. DUBUISSON, J. SCHAMP, Paris, Les Belles Lettres,
2006. Su di lui cfr. J. CAIMI, Burocrazia e diritto nel "De magistratibus" di Giovanni Lido, Milano,
Giuffr, 1984; M. MAAS, John Lydus and the Roman Past: Antiquarianism and Politics in the Age of
Justinian, London - New York Routledge.
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Dionigi al Peri archn di Giovanni Lido possibile precisare meglio quale sia il
progetto del De
coelesti
hierarchia.
veterotestamentari della Malchut ha-shamaim (il regno dei cieli)46 aveva suggerito di
immaginare gli angeli come gli abitanti di una citt, la citt di Dio, che assieme
modello e assieme destinazione di tutte le citt di tutte e compagini politiche. Se
per il cielo davvero organizzato come una civitas, come uno stato, allora deve
esistere in esso del potere, devono esistere magistrature, incarichi, una certa
organizzazione e una certa prassi che mira a determinati scopi. Questa lidea che
anima il trattato. Gli angeli non sono oziosi cittadini di spazi eterei: sono impiegati,
con specifiche mansioni, con funzioni di ordine pubblico 47 . Essere un angelo
significa innanzitutto essere definito da uno di questi poteri, da una specifica
magistratura celeste. La citt celeste dunque formata da questa compagine di
individui ciascuno dei quali ha un proprio compito: dal contemplare Dio allo
svolgere missioni sulla terra, dal compiere miracoli alla trasmissione della legge.
Viceversa, ciascuna delle attivit compiute dagli angeli non mai motivata da
ragioni private o personali: tutto, anche lamore bruciante per Dio, la
contemplazione della sua natura sono compiti, magistrature che sono state loro
affidate, poteri e non occupazioni casuali. Quale che sia lattivit compiuta da Dio,
si tratta di qualcosa compiuto per imitare Dio, per acquisire un grado di
somiglianza maggiore con lui, e dunque una qualche forma di sovranit. La citt
angelica, nelle parole con cui Tommaso Gallo condensa la definizione dionisiana
una congregazione santa di persone razionali ordinatamente distinte secondo il
grado e i compiti [officia] e dotate del sapere e delle operazioni che competono loro,
46
Sul tema cfr. lo studio di CH. GRAPPE, Le royaume de Dieu. Avant, avec et aprs Jsus, Ginevra, Labor
et Fides, 2011.
47
lo stesso Giovanni di Scitopoli ad affermarlo, glossando il titolo dellopera: la gerarchia, egli
scrive il potere, la magistratura sullorganizzazione delle cose sacre, una specie di cura [phrontis], e
il gerarca il magistrato [ho tn iern archn] il curatore [phrontizn] il provveditore [pronon] delle
cose sacre e non dei sacerdoti. colui che dispone [ho diatassn] sulle cose sacre, che decide sulla
disposizione [katastasis] di queste e su quella della chiesa e dei misteri, ma non larchihereus, il
sommo sacerdote, in MIGNE, Patrologia Graeca, t. 4, c. 29.
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assimilantesi per quanto possibile alla conformit con Dio e dotata divinamente di
illuminazione divine48 .
V per unenorme differenza che separa il trattato di Dionigi dal
capolavoro di Giovanni Lido: quando Giovanni descrive il sistema della
magistratura e la storia della sua lenta decadenza (che imputa, in parte
allassunzione del greco, come reciterebbe un antico oracolo secondo cui la
Fortuna avrebbe abbandonato Roma una volta dimenticata la lingua originaria) egli
non intende affatto descrivere la natura delluomo: il suo non un trattato di
antropologia. Parlare di magistrature significa occuparsi di un aspetto secondario e
non costitutivo dellesistenza umana. Descrivendo le magistrature sacre, invece,
Dionigi non descrive un aspetto particolare e isolato dellesistenza angelica, ma la
natura stessa, lessenza, lintima costituzione di quello che chiamiamo angelo.
Larch negli angeli coincide con la natura, e viceversa il loro essere si risolve nella
magistratura che loro affidata. Questo significa che il politico in essi esaurisce
tutta la realt e ogni forza della loro esistenza: lincarico il compito che essi
svolgono non privatamente ma pubblicamente esprime senza resto il loro volto e la
loro identit. Non c' tratto di vita che non sia espresso dalla loro stessa
magistratura. In fondo quella angelica lesempio di una vita integralmente
politicizzata, nel senso che non c' alcuna slabbratura tra il fatto di esistere, di
essere determinati individui e dal fatto di svolgere un certo incarico pubblico, di
essere cittadini nella citt di Dio. Persino chi tra di loro non ha missioni sulla terra
e si limita a stare accanto a Dio per conoscerlo o amarlo (serafini e cherubini).
Lidentit tra vita e magistratura, tra esistenza e compito da eseguire aveva un
nome preciso nella teologia ellenistica: liturgia. Gli angeli, come recita la lettera agli
ebrei, sono spiriti liturgici [leitourgika pneumata dice il testo greco, ma la traduzione
della vulgata administratorii spiritus spiriti amministrativi o degli amministratori
spirituali] inviati a servizio di coloro che riceveranno leredit della salvezza [Ebr.
48
THOMAS GALLUS, Glosae super angelica hierarchia, cura et studio D. A. Lawell, Turnhout: Brepols
Publishers 2011 (CCCM 223A), p. 27
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Paravicini Bagliani, p. 79-108.
1, 14]. A differenza di quanto oggi siamo soliti considerare il termine liturgia non
designa semplicemente linsieme dei riti consumati nel Tempio. Il termine
appartiene al diritto pubblico ellenistico. Liturgia [leitourgeia] era una prestazione di
lavoro obbligatoria compiuta dal cittadino per linteresse pubblico solo talvolta
legata ad una copertura finanziaria 49 . Secondo letimologia popolare diffusa gi
nellantichit, la liturgia lopera [ergon] del popolo [laos] un servizio espletato dal
popolo e a vantaggio del popolo stesso. Loggetto di questi servizi poteva essere il
pi disparato: la raccolta delle imposte sul grano, pratiche religiose o lavori
pubblici, la costruzione o lallestimento di una festa, il controllo della sicurezza di
citt e di villaggi, ecc. Lobbligo colpiva tutti i cittadini e nemmeno lassenza
prolungata dalla propria circoscrizione poteva liberare un individuo dalla necessit
di prestare il servizio. Occuparsi di una liturgia significava provvedere a spese
proprie di tutto il servizio. Ora, se nello spazio politico terrestre le magistrature
liturgiche sono annuali o limitate, nel cielo la liturgia coincide con lintera esistenza.
Se gli angeli sono spiriti liturgici perch sono sostanze per i quali, a differenza
degli imperi terrestri, il servizio liturgico non limitato temporalmente ma li
coinvolge in tutta la loro esistenza, in ogni suo momento, e in ogni suo aspetto: la
liturgia coincide con il loro essere spiriti. Gli angeli sono lessere proprio della
liturgia divina, il servizio pubblico celeste, meglio il luogo in cui quanto che la
modernit ha chiamato burocrazia assurge a uno statuto metafisico, divino.
Proprio perch arrivata ad una consistenza divina la magistratura qui
sinonimo di eccellenza e di efficienza. Quella angelica, racconta Guglielmo
dAuvergne una societ organizzata nei saperi e nei compiti; essa possiede cio
49
Sulla liturgia cfr. ora oltre all'opera classica di F. RTEL, Die Liturgie. Studien zur ptolemischen und
kaiserlichen Verwaltung gyptens, Leipzig, Teubner, 1917, N. LEWIS, The compulsory public services of
Roman Egypt, Firenze Gonnelli 1997; ID., La mmoire des sables. La vie en gypte sous la domination
romaine, Paris, Armand Colin, 1988, pp. 171-177; ID., Leitourgia studies, in ID., On government and law
in Roman Egypt. Collected papers of Naphtali Lewis, Atlanta, Scholar Press, 1995, pp. 81-93; Id., On the
starting date of liturgies in Roman Egypt, ibid., pp. 114-119. Cfr. anche limportante studio di C.
DECROLL, Die Liturgien im rmischen Kaiserreich des 3. und 4. Jahrhunderts n. Chr., Stuttgart, Franz
Steiner Verlag, 1997. Per Roma cfr. G. PEREIRA-MENAUT, Che cos un munus ?, in Athenaeum.
Studi di letteratura e storia dellantichit , 2004, pp. 169-215
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un ordine definito sia rispetto alle competenze di ciascuno (scientialiter) che alla
ripartizione dei compiti (officialiter), in modo che a nessun angelo sia affidato un
compito che non sappia o non voglia espletare50. Nelle societ umane compiti e
lavori sublimi e gloriosi sono assegnati a chi non sa n compierli n portarli a
termine con dignit e anzi odia la loro esecuzione e deturpa in modo intollerabile la
loro bellezza con la propria perversit. Qui invece, tutto organizzato e costituito
secondo la convenienza, la massima decenza, la perfezione: a ciascuno sono affidati
i compiti per lui pi appropriati, ognuno obbligato al dovere per cui pi
adatto 51 . Lefficienza in fondo lassenza di differenza o di separazione tra il
proprio essere e il compito da svolgere. Ogni angelo il compito che deve svolgere.
Questa coincidenza di esistenza e magistratura non riguarda solo il tempo di
vita di un singolo angelo: si estende anche nello spazio a tutti gli angeli che
popolano la citt celeste. Questo significa per che la citt di Dio priva di semplici
sudditi che non prendano parte al governo. Gli uomini i veri oggetti del potere
angelico abitano fuori da questa citt e quando vi entreranno questa forma di
potere e sovranit si distrugger (I Cor 15, 24). La citt perfetta appare dunque
paradossale: in essa ogni cittadino funzionario, governato (da Dio) solo perch
partecipe del governo52: si fa parte di questa societ solo in quanto si partecipa del
potere a cui si soggetti e lo si esercita. Per questo in questa citt il governo non
una semplice attivit che si esercita al di fuori, sugli uomini, n si incarna in una
parte minoritaria della societ angelica, ma coincide con lessere stesso della societ:
essere in societ, agire socialmente significa sempre e solo avere dei compiti da
svolgere, far coincidere prassi e magistratura. Tradurre il paradosso della societ
50
GUGLIELMO DI AUVERGNE, De universo, Paris 1561, p. 992: Societas ordinata tam scientia quam
officio, seu scientialiter et officialiter, quia in ea ordinate sint scientiae et officia, ita ut nullus
angelus deputateur alici officio quod probe exequi aut nesciat aut nolit
51
Ibid. : praeclariora nacque ac sublimiora officia illis imponuntur qui et minime sciunt illa exequi
et exercere et maxime executionem ipsorum oderunt et pulchritudinem eorum perversitate sua
deturpant intolerabiliter ac deformant; ibi vero omnia ad congruum ad decentiam et decorem omnia
composita sunt et constituta; omni aquippe officia idoneis imposta sunt et aptis altissime coaptata.
52
Su questo aspetto cfr. G. AGAMBEN, Il regno e la gloria. Per una genealogia teologica dell'economia
e del governo. Vicenza, Neri Pozza 2007
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angelica significa pensare il governo non come la semplice attivit di una minoranza
superiore sulla maggioranza inferiore, ma come larticolazione della totalit della
societ. Nella societ divina ci sono solo governanti e si governati solo nella
misura in cui si partecipa al governo perch si possiede una qualche magistratura.
In questo spazio di divinit, appunto, massa e potere coincidono: societ non che
larticolazione di una moltitudine secondo un sistema di magistrature per cui
ciascuno dei suoi membri esercita una speciale magistratura (un munus) che
definisce interamente la sua realt sociale.
La coincidenza tra divinit e potere va compresa anche secondo un altro
senso. La teologia latina ha spesso riflettuto sul fatto che il termine angelo non
raccoglie sotto di s creature accomunate da una natura specifica, ma enti
caratterizzati solo da un certo compito. In greco angeli significa messaggeri e
arcangeli sommi messaggeri; e il termine angelo riferito al compito (officium) e
non alla natura53, scrive Gregorio Magno dopo aver glossato lungamente i nomi dei
cori angelici. Quando si parla di angeli non si fa mai riferimento ad un volto noto, a
dei tratti riconoscibili, ma soprattutto a una certa funzione o a una comune
obbligazione espletata da nature diverse e mai definite davvero con precisione.
Quella angelica dunque la figura di una divinit dispersa tra diversi gradi dessere,
equivocamente diffusa senza e non pi riservata a un singolo livello ontologico. E
come se nellangelo la divinit cessasse di essere una differenza specifica per farsi
quasi una categoria professionale. Le coorti angeliche non definiscono un livello
dessere, ma il fatto che lessere del creato (o una buona parte di esso) sottoposto
a un mandato, ha una certa mansione, vive in vista di un dovere [officium]: quello di
essere una divinit. Nel grado in cui espleta un compito ogni cosa in verit pu
trasformarsi in un angelo. Maimonide lo afferma senza mezzi termini. Il senso di
angelo (malak) quello di inviato, sicch chiunque esegua un ordine un
53
GREGORIO MAGNO Homiliae sup. Ev., II, XXXIV, 6, in GRGOIRE LE GRAND, Homlies sur l'vangile,
livre II Homlies XXI-XL, int., trad. et notes R.taix, G. Blanc, B. Judic, Sources chrtiennes 522,
Paris, Cerf, 2009, p. 336.
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del
De
coelesti
hierarchia.
La
gerarchia,
scrive
Dionigi
MAIMONIDE, Guida dei perplessi , II, cap. VI in G. AGAMBEN, E. COCCIA (eds), Angeli. Ebraismo
Cristianesimo Islam, cit. p. 362
55
PS.-DIONIGI AREOPAGITA, De coelesti hierarchia III, 1, tr. it. (modificata) in DIONIGI AREOPAGITA,
Tutte le opere, Milano Bompiani, 2009, p. 99.
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4. ESSERE-PER-LA-CADUTA
Linsostanzialit della natura divina e il suo carattere pratico sono immediatamente
connesse ad un altro tratto che caratterizza la divinit nellangelo e che si esprime
nel mitologema fondatore della loro esistenza: la caduta. I teologi sono unanimi in
questo: sugli angeli si sa molto poco, ma la prima certezza su di loro il fatto che
sono decaduti. Tommaso ad esempio aveva scritto: presso tutti i cristiani certo
che gli angeli hanno peccato e sono stati trasformati in demoni56. Come scrive
Giovanni di Damasco in un logion che diventer una sorta di ritornello nella
teologia cristiana medievale, Ci che per luomo la morte, questo la caduta per
gli angeli: dopo la caduta per loro non c pi pentimento, cos come neanche per
gli uomini dopo la morte57. Se luomo, come stato detto, lessere-per-la-morte,
il mortale langelo , nel cosmo, lessere-per-la-caduta, colui che pu cadere. Ma
vale soprattutto anche il contrario: la caduta il fatto angelico per definizione,
consustanziale al tipo di potere che incarnano, la gerarchia, e anche al tipo di
divinit che rappresentano ed quanto li distingue da Dio. In Cristo o nel padre la
divinit non pu essere perduta n oggetto di un merito. Gli angeli sono chiamati
a meritare la propria divinit o a cadere, a precipitare, a perderla. La caduta o
lacquisizione del merito il primo evento della vita di queste creature e pi in
generale il primo e pi importante evento nella storia del cosmo. Langelo in
questo senso la divinit in quanto capace di cadere, cio di perdere la propria divinit
(o viceversa la creatura capace di meritare la propria divinit).
56
TOMMASO DAQUINO, Super Sent., lib. 2, dist. 5, qu. 1, art. 1: Apud omnes Catholicos certum est,
Angelos peccasse, et Daemones effectos esse .
57 DAMASCENO, De fide orthodoxa, II, 4, 96
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Si tratta di un dato strutturale generale che nei singoli testi e nelle singole interpretazioni ha
subito notevoli variazioni. Ci sembra per che solo a partire da questa evidenza che il dibattito
medievale sulla possibilit di assimilare angeli e intelligenze planetarie (e lo scandalo suscitato dalle
risposte positive) diventi comprensibile. Cfr. sulla questione il volume di T. SUAREZ NANI, Les anges
et la philosophie, cit.
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60
K. KERENYI - C. G. JUNG, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, cit. 1972
Per un breve excursus della cristologia antica cfr. ALOIS GRILLMEIER, Jesus der Christus im Glauben
der Kirche; 2. verb. u. erg. Aufl., Friburgo Herder 1982.
62
S. FREUD, Die Verdrngung, in ID., Das Ich und das Es. Metapsychologische Schriften, Francoforte
Fischer, p. 112.
61
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