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IL CONCETTO DI TOTALITARISMO

 
Il termine, pare, sia stato introdotto nel 1923 dal liberale antifascista Giovanni Amendola, che su IL
MONDO attaccava il metodo e il "sistema totalitario" usato dai fascisti per costringere i cittadini italiani a
votare nelle elezioni amministrative di quell'anno. Don Sturzo riprese il neologismo di Amendola, e così
Lelio Basso, per indicare l'uso spregiudicato dello Stato e del monopolio statale della forza al fine di
imporsi su tutta la società civile.
Il termine viene poi adottato dallo stesso Mussolini quando, in un discorso del giugno 1925, definisce in
positivo il fascismo come "una feroce volontà totalitaria". Da questo momento il termine conosce una
fortuna enorme. Tutti cominciano ad utilizzarlo, dandovi connotazioni positive o negative.
Finita la seconda guerra mondiale, sono gli ambienti liberali (in particolar modo quelli statunitensi) a
usare il vocabolo per indicare quella forma di potere assoluto, tipica della società di massa, che pretende
di controllare in modo capillare tutta la società civile (economia, arte e cultura, tempo libero etc.) in nome
di una ideologia onnicomprensiva e in base all'uso combinato di terrore e propaganda.
Importantissimo è stato, al riguardo, lo studio di Hannah Arendt, "Le origini del totalitarismo" (1951), che
ha visto nell'imperialismo e nell'isolamento psichico e sociale, nel senso di estraniazione dell'individuo
nella società di massa le condizioni essenziali per la nascita del totalitarismo, esperienza propria ed
esclusiva del Novecento.
In generale si può dire - seguendo anche la lezione di C. Friedrich e Z. Brzezinskj (in DITTATURA
TOTALITARIA E AUTOCRAZIA, 1965) - che i caratteri del regime totalitario sono:
1. L'essere regime a partito unico (vietati tutti gli altri partiti politici); il partito unico tende a identificarsi
con lo Stato, a 'occuparlo' (in tutte le sue cariche e i suoi uffici burocratici); il regime mono-partito è
guidato da un capo 'infallibile' (alcuni autori - non tutti - lo definiscono 'capo carismatico'), che si presenta
come il salvatore della nazione (fascismo), della razza (nazismo), degli sfruttati di classe (stalinismo);
 
2. Il dittatore, il 'capo' (il 'Duce', il 'Führer', il 'Vozhd' etc.) è il diffusore e il 'sacerdote' di una ideologia
politica (rozza, semplicistica, 'manichea', facilmente comprensibile dalle masse) che chiede agli individui
di lottare per uno scopo supremo (la salvezza della razza ariana o la vittoria del proletariato) sino al punto
di ammettere la possibilità e/o la necessità di sacrificare la propria vita per esso.. Tale ideologia propone
in un'epoca secolarizzata e scettica una nuova fede di tipo 'millenaristico': la fede in una società perfetta
che verrà realizzata quanto prima su questa terra. E' una sorta di 'religione politica' che offre agli individui
dei miti comunitaristici (ricordate il tema della GEMEINSCHAFT?) basati sull'idea della 'comunità' (di
razza o di classe o di popolo) e sul superamento della solitudine degli individui estraniati,  dispersi e
disperati nella società di massa;
 
3. Il regime totalitario cerca di ottenere il consenso delle masse, di mobilitarle attraverso le sue
organizzazioni. Dunque certamente ricorre al terrore (Ceka e G.P.U. sovietiche; Gestapo e SS naziste,
OVRA fascista), ma non solo. Cerca di controllare la psicologia delle masse mediante la propaganda e il
monopolio dei mezzi di comunicazione di massa. Le masse sono chiamate (da cinema, radio, stampa etc.)
a intervenire attivamente (ma sempre in forma subordinata e mai autonoma) a sostegno delle iniziative del
regime. In questo senso, si dice, le masse vengono 'mobilitate'. Per questo il regime totalitario si
differenzia dal semplice (e più rozzo) regime 'autoritario', che usa il terrore e non ricerca la mobilitazione
delle masse (ad esempio, il regime di Crispi in Italia o Pinochet in Cile o Franco in Spagna);
 
4. I regimi totalitari tentano di dirigere e pianificare l'intera economia, cancellando la libera iniziativa dei
privati;
 
5. I regimi totalitari devono trovare nemici (ebrei, kulaki, nazioni capitaliste, nazioni e Stati comunisti)
per tener deste le paure della società civile e organizzare il consenso; questi regimi finiscono, per loro
natura, per scatenare conflitti.
Dunque, il regime totalitario nega le libertà civili, politiche ed economiche. È l'esatto contrario della
democrazia liberale; è demagogico, non democratico; è plebiscitario, non parlamentare (per un totalitario,
il Parlamento è un luogo di corruzione e malaffare ai danni della nazione o della classe o della razza, la
cui voce e il cui interesse sono sempre e solo rappresentati dal capo carismatico, unico depositario della
verità). Per aver idea di cosa sia la democrazia, basta leggere a rovescio i sei-sette caratteri precedenti. Ma
innanzitutto, la democrazia è , come dice Hans Kelsen, "un sistema in cui non c'è un capo infallibile", cioè
in cui i capi politici possono sempre essere destituiti senza far ricorso alla violenza perché li si riconosce
(e, teoricamente, si riconoscono) fallibili. 
Secondo questa definizione, forme storiche di totalitarismo sono stati il nazismo e lo stalinismo (e, forse,
in misura minore, il fascismo, giudicato da molti un "totalitarismo imperfetto" perché incapace di
sottomettere completamente la società civile italiana, vista anche la autonomia formale di monarchia e
chiesa cattolica rispetto al fascismo, e considerata la grande influenza di casa Savoia e del papa sugli
italiani. E' tesi della Arendt e di De Felice)
Per molto tempo la categoria interpretativa del 'totalitarismo' è stata rifiutata dalla cultura marxista perché
la si accusava di mettere sullo stesso piano il nazismo e il regime sovietico (la cui ideologia era marxista-
leninista). Ma ormai anche a sinistra il termine si è largamente affermato.
 
TOTALITARISMO: LA DEFINIZIONE DI TZVETAN TODOROV
(da Memoria del male, tentazione del bene,).
 
Il Novecento è il secolo del totalitarismo, "la grande innovazione politica del secolo e [...] un male
estremo" (p. 9). "Il secolo stesso si abbrevia un po': il suo periodo centrale va dal 1917 [scoppio della
rivoluzione bolscevica] al 1991 [fine dell'Urss], anche se bisognerà risalire indietro e, per altro verso,
interrogarsi sul suo ultimissimo decennio" (p.9).
Nel primo capitolo, IL MALE DEL SECOLO, Todorov dapprima definisce la nostra democrazia liberale
come sistema politico che garantisce due princìpi:
a. L'autonomia della collettività, cioè il principio per cui "la collettività vive sotto leggi che essa stessa si
è data" (p.17); in questo senso autonomia della collettività (il suo auto-governarsi), 'democrazia' e
'sovranità del popolo' "sono termini affini";
b. L'autonomia dell'individuo, cioè la necessità di difendere e proteggere le esigenze degli individui
(anche dai poteri della maggioranza, del popolo etc.): lo Stato deve porsi al servizio del cittadino, di tutti i
cittadini e tutelare i suoi diritti naturali: libertà, proprietà, vita.
Dunque la democrazia liberale è il sistema politico che  sostiene e impone il pluralismo (politico,
religioso, economico, etnico etc.). Ad esempio,  "La democrazia è un regime laico, non ateo; non esige
che i suoi cittadini smettano di credere in Dio, essa domanda loro soltanto di chiudere le loro credenze
nello spazio della vita privata e di tollerare che quelle del vicino siano differenti" (p.21"). Il pluralismo,
poi, "richiede una pluralità di organizzazioni politiche, chiamate partiti, fra i quali il cittadino può
scegliere liberamente. E anche quando, nel corso delle elezioni, uno dei partiti conquista il potere, i partiti
sconfitti, divenuti opposizione, hanno ugualmente dei diritti" (p.22).
 
Come ricorda anche K. Bracher uno dei criteri fondamentali per individuare le democrazie liberali, le
uniche democrazie possibili, è il riconoscimento del "ruolo irrinunciabile delle opposizioni", che - anche
se politicamente sconfitte - non vengono annientate, ma continuano in parlamento a svolgere funzione di
voce critica etc. nei confronti delle forze di governo; a differenza dei totalitarismi, che invece chiedono e
impongono l'unanimismo politico etc.
Certamente, però, il pluralismo, che limita il potere politico impedendogli di divenire assoluto e assicura
l'autonomia dell'individuo, è a sua volta limitato. "mentre lo stato [liberal-democratico] non impone
nessun ideale di vita buona ai propri cittadini, [...] esso punisce coloro che esaltano la violenza o quelli
che praticano la discriminazione”
Certamente, alcune critiche spesso svolte dai conservatori (e anche dai sostenitori del totalitarismo) nei
confronti delle democrazie liberali hanno un loro fondamento, in particolare la critica secondo cui  "la
società [del pluralismo etc.] è minacciata dall'atomizzazione. Gli stati democratici, profetizzano i
conservatori, sono stati popolati di solitari infelici" (pp.23-24) Eppure, solo le democrazie liberali, con
tutti i loro limiti, garantiscono le libertà.
Il totalitarismo è una risposta ai mali della 'società dei solitari infelici'. Il totalitarismo, in tutte le sue
varianti (nazismo, comunismo) offre una via di fuga dalla solitudine e dall'isolamento in cui si trovano gli
individui che vivono nelle società di massa governate dalle democrazie liberali.
Todorov, parlando della figura straordinaria di Margarete Buber-Neumann (giovane comunista reclusa
prima nei campi di concentramento sovietici come pericolosa dissidente, poi nei lager nazisti come ebrea
comunista durante la seconda guerra mondiale) afferma: "una volta in mezzo agli altri simpatizzanti  il
nuovo aspirante beneficia di numerosi vantaggi. Innanzitutto, il fatto di fare parte di una comunità, mentre
fino a quel momento ha sofferto dell'isolamento proprio della società individualista. Adesso migliaia di
altre persone diventano vostri prossimi, vostri "fratelli" [...] Il sentimento di appartenenza a un movimento
collettivo permette di sormontare la maledizione della solitudine Un altro vantaggio deriva dal fatto che si
possiedono certezze [quelle offerte dalla nuova fede politica totalitaria] " (p.117). In questo senso,
Todorov precisa che "Gli strateghi del totalitarismo si sono rivelati migliori antropologi e migliori
psicologi" (p.44).
Dunque, cos'è il totalitarismo? Qual è il suo ideal-tipo, il modello teorico di totalitarismo che noi
possiamo costruire per 'leggere' e chiarire la realtà dei totalitarismi?
Oltre hai caratteri già elencati, Todorov precisa taluni aspetti 'totalitari':
 
1.Ogni autonomia individuale, di pensiero e di azione è condannabile, perché solo il partito può avere
ragione. Chi mostra autonomia di pensiero deve essere eliminato, anche se fa parte dello stesso
movimento.
2.. Quanto all'altro principio, quello dell'autonomia della collettività, lo stato totalitario afferma di volerlo
mantenere ma in realtà lo svuota: la sovranità del popolo è mantenuta solo sulla carta; di fatto tutto viene
deciso dal partito (che dice di voler agire per il bene del popolo) e dal capo infallibile. Si proclama
l'uguaglianza dei fratelli [di razza o proletari] ma di fatto si riproducono gerarchie e privilegi, quelli dei
dirigenti del partito (nazista o comunista).  L'opposizione tra democrazia liberale e totalitarismo è netta e
irriducibile in tutti gli aspetti e i principi elencati (pp.27-28)
3. Ed eccoci al punto più interessante: la forza d'attrazione del totalitarismo (in tutte le sue varianti) sta nel
fatto che, dice Todorov, "Il totalitarismo contiene una promessa di felicità. E' vero che non la mantiene,
ma la promessa rimane lì.[...] La democrazia liberale non comporta una simile promessa; essa si impegna
solo a promettere a ciascuno di cercare da sé felicità, armonia e pienezza. Nel migliore dei casi, essa
assicura [solo] la tranquillità ai cittadini  [...] essa non promette la salvezza" (p.29). Insomma, i
totalitarismi promettono alla società dei "solitari infelici" una salvezza immediata nella costruzione di una
nuova e perfetta comunità di fratelli. I totalitarismo promettono la realizzazione in terra della società
perfetta (attraverso la eliminazione di tutti quei gruppi di 'nemici' che vi si oppongono').
Invece lo stato democratico-liberale, sapendo (come diceva Kant) che l'uomo è "fatto di un legno
particolarmente storto", non pretende di imporre a tutti i suoi cittadini un ideale di felicità e di realizzarla
sulla terra; si limita a permettere e garantire che tutti cerchino a loro modo la loro felicità, senza impedire
agli altri di fare altrettanto. La liberal-democrazia non ritiene che l'uomo sia perfettibile, che si possa
realizzare una società perfetta: basterebbe impegnarsi per rendere l'umanità un po' meno imperfetta . Chi
pretende di voler realizzare la perfezione in terra deve poi scontrarsi con la realtà umana e farle violenza,
aprire i campi di concentramento, ammazzare il prossimo.
Todorov continua e precisa: "La promessa di felicità per tutti permette di identificare la famiglia a cui
appartiene la dottrina totalitaria [...] Il totalitarismo teorico è un utopismo. A sua volta [...] l'utopismo
appare come una forma di millenarismo, cioè di un millemarismo  ateo." (p.29). (Il millenarismo è un
movimento religioso in seno al cristianesimo, un'eresia' che promette ai credenti la salvezza in questo
mondo, qui e subito: prima del Giudizio Universale, Cristo tornerà sulla terra e darà vita al 'regno dei
mille anni' assieme a tutti i giusti . Il millenarismo si diffuse in età medievale  gli apostolici di frate
Dolcino nel Novarese; i seguaci di Hus, i taboriti; i seguaci di John Ball in Inghilterra al tempo della
grande rivolta contadina del 1381).
A differenza del millenarismo medievale, l'utopismo totalitario si diffonde in un'epoca caratterizzata da
fortissima secolarizzazione (si crede assai poco nel dio delle religioni tradizionali), e "consiste nel voler
costruire una società perfetta con i soli sforzi degli uomini, senza alcun riferimento a Dio. [...] Le dottrine
totalitarie sono casi particolari di utopismo e [...] millenarismo, il che significa che esse derivano (come
ogni altra dottrina della salvezza) dal campo della religione. [...] una religione senza Dio" (pp. 30-31).
Dunque, le dottrine totalitarie sono 'religioni politiche' o come anche si dice 'politiche della fede', che
richiedono entusiasmo e dedizione totale ai nuovi 'credenti'.
La conseguenza inevitabile di ogni dottrina e ogni movimento politico totalitario "tenta di introdurre
l'utopia [cioè il sogno del migliore dei mondi , del mondo perfetto] nel mondo reale. L'utopismo è
necessariamente legato alla costrizione e alla violenza [...] perché, pur sapendo che gli uomini sono
imperfetti, cerca di instaurare la perfezione qui e ora" (p.30)
Dunque, la logica del totalitarismo (nazista, fascista o comunista) conduce inevitabilmente ad ammazzare
gli uomini, al dispotismo.
Todorov inoltre distingue l'utopia ("che può servire a nutrire la riflessione e a criticare il mondo esistente"
- p.30 - e in questo svolge una funzione positiva di cui anche il sistema democratico-liberale ha bisogno
per modificare con cautela e nel rispetto dei diritti umani gli aspetti negativi della vita sociale - p.43)
dall'utopismo, che è il folle e feroce tentativo di 'realizzare il sogno' della perfezione; che è delirio di
presunzione, un delirio che si trasforma in omicidio perché non si limita a criticare il mondo alla luce di
un modello ideale, ma vuole adeguare la realtà, forzandola, al modello.
La base concettuale dell'utopismo totalitario e del suo millenarismo ateo è - dice Todorov - lo scientismo,
cioè una dottrina formulata nel corso dell'Ottocento soprattutto negli ambienti positivisti. Secondo questo
modo di pensare, che si fonda su una esaltazione ingenua e acritica della scienza positiva (=le scienze
empiriche, fisica, chimica, biologia etc.), si ritiene che i sapienti (gli scienziati) possano giungere a
conoscere in maniera definitiva e certissima le leggi che dominano il mondo umano, e che essi possano
prevedere gli sviluppi della storia umana e delle varie società.
Questo modo di pensare assurdo e folle, che non tiene conto di fattori come la libertà dell'uomo nel
decidere del suo futuro, e quindi della possibilità di mutare la storia in modo imprevedibile (cfr. p.36) i
sapienti potranno, conoscendo le leggi del mondo umano, modificare a loro arbitrio la realtà, plasmarla,
creare l'uomo nuovo nazista (il purissimo ariano biologicamente selezionato, costruito nelle scuole per
SS, dopo aver espunto dal suo sangue ogni traccia di inferiorità genetica dopo aver ammazzato ebrei e
sottomesso slavi etc.) o comunista (l'uomo che finalmente si è liberato dello sfruttamento capitalista, dopo
aver annientato il nemico, e finalmente vivrà in pace con i suoi fratelli in una società priva di proprietà
privata ed egoismo etc.).
Insomma, secondo la mentalità scientista di cui si nutre l'utopismo totalitario, "la salvezza è apportata dal
sapere" (p.32).
 
Si sviluppa così quella che il sociologo Zygmunt Bauman (in MODERNITA' E OLOCAUSTO) ha
chiamato "la cultura moderna del GIARDINAGGIO": i capi totalitari si considerano dei sapienti
depositari della verità che, nel tentativo di creare la società perfetta considerano la società umana come un
giardino da cui "strappare le erbacce" (i capitalisti, i kulaki, gli ebrei, gli zingari etc.). I genocidi moderni
sono, per Bauman, "lavori di giardinieri" (p.136 dell'opera citata).
Ma lo scientismo non ha nulla a che vedere con la scienza; è una falsa visione della scienza, e anzi esso
può addirittura bloccare la libera ricerca scientifica. Dunque, Todorov conclude che il totalitatismo in
quanto scientismo è una forma di anti-umanismo!
IN conclusione per Todorov, il totalitarismo è una forma di monismo politico anti-democratico, un
utopismo millenaristico ateo che si basa sulla presunzione dello scientismo.

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