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Con Gramsci oltre Marx e oltre Gramsci



Domenico Losurdo




1. Perch, nonostante la disfatta del socialismo reale e la conclusione del ciclo
storico nellambito del quale dobbiamo pur collocare Gramsci, egli continua a rivelare
grande vitalit e forza suggestiva, tanto da esser letto e discusso anche in ambienti
politici ben lontani dal marxismo e dal comunismo e in contesti culturali e geografici
assai remoti rispetto allItalia?
Si tenta talvolta di staccare questo straordinario autore dalla storia tragica del
comunismo novecentesco. Ma un tale approccio fuorviante. Gi come pensatore,
Gramsci mostra chiaramente di aver fatto tesoro della lezione di Hegel e di Marx:
filosofare significa pensare concettualmente il proprio tempo; elaborare un pensiero e
un progetto di emancipazione significa tracciare un bilancio storico dei movimenti di
emancipazione concretamente emersi e sviluppatisi. Ma oltre che pensatore, Gramsci
stato anche dirigente comunista di primo piano: non pu essere trasformato in una
sorta di Horkheimer o di Adorno italiano, impegnato a costruire una teoria critica
senza rapporto o con un rapporto esclusivamente polemico nei confronti del
movimento comunista e del movimento reale di trasformazione della societ. Il
problema dellunit tra intellettuali e coscienza comune assente nella Scuola di
Francoforte. Questa assume idealmente le posizioni di Erasmo, cui i Quaderni del
carcere contrappongono, ripetutamente e positivamente, Lutero. Ben lungi dallavere la
finezza e la cultura del grande umanista, il contadinesco riformatore mette tuttavia in
moto un processo di tumultuosa trasformazione: nella sua rozzezza esprime il
travaglio del parto di una societ nuova; il vecchio mondo si presenta certo pi
luccicante o pi laccato, ma lo splendore di una civilt fondata sullesclusione e al
tramonto.
Oltre che un avvenimento storico concreto, la Riforma anche la metafora della
rivoluzione dOttobre e del processo rivoluzionario in quanto tale. Per la sua accanita
difesa dellordine nuovo, nelle configurazioni da esso via via assunte nel corso della
storia, Gramsci potrebbe essere considerato lantagonista di Nietzsche. Questi, nel
perseguire sin nelle sue pi remote origini la modernit e la rivoluzione, contrappone
ad ogni tappa di tale rovinosa parabola la maggiore ricchezza culturale e il maggior
equilibrio dellantico regime di volta in volta rovesciato. Paragonato a Voltaire o
Montaigne fa una pessima figura Rousseau, e lo stesso vale per Lutero nel confronto
con Erasmo e il Rinascimento; rispetto poi agli autori dellantichit classica, Ges e gli
agitatori cristiani [...] chiamati Padri della Chiesa sono come lesercito della
salvezza inglese rispetto a Shakespeare e agli altri pagani che esso pretende di
combattere. Non solo sul piano piu propriamente culturale, anche su quello morale,
gli esponenti del vecchio regime si rivelano superiori ai rappresentanti del nuovo,
immancabilmente rozzi e fanatici. Ha un valore paradigmatico e esemplare il modo in
cui Nietzsche descrive il contrasto tra romanit e cristianesimo: da una parte Pilato, il

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quale dichiara di non sapere cos la verit, dallaltra Ges che con essa pretende di
identificarsi; da una parte la nobile e frivola tolleranza di Roma, che ha al suo centro
non gi la fede, ma la libert dalla fede, dallaltra lo schiavo che vuole
lincondizionato, comprende solo il tirannico, anche nella morale. Poco propenso a
distinzioni o giustificazioni, Nietzsche traccia una linea di continuit dal fanatico Credo
quia absurdum di Tertulliano e dei cristiani che attendono il Giudizio universale alla
fede altrettanto fanatica del movimento socialista nella palingenesi sociale.
Gramsci pienamente consapevole del fatto che il vecchio ordinamento pu
esprimere un canto del cigno talvolta di mirabile splendore. E come se tutte le
diverse configurazioni dellantico regime rovesciato dalle successive ondate della
modernit e della rivoluzione avessero trovato in Nietzsche un canto del cigno
straordinariamente seducente. Ma non per Gramsci, il quale continua ad essere con
lordine nuovo, di cui tuttavia non sottovaluta e non occulta le terribili difficolt e
asperit. Nel salutare la rivoluzione dOttobre, egli sottolinea che essa inizialmente
produrr solo il collettivismo della miseria, della sofferenza. Ma non neppure
questo laspetto pi importante. Gramsci simpegna in uno sforzo di comprensione
simpatetica del nuovo anche quando, agli occhi di un osservatore superficiale e ignaro
della terribile complessit del processo storico e rivoluzionario, esso appare tradire le
ragioni stesse della sua nascita. Straordinaria la pagina dedicata, nel 1926, allanalisi
dellURSS e di un fenomeno mai visto nella storia: una classe politicamente
dominante viene nel suo complesso a trovarsi in condizioni di vita inferiori a
determinati elementi e strati della classe dominata e soggetta. Le masse popolari che
continuano a soffrire una vita di stenti sono disorientate dallo spettacolo del nepman
impellicciato e che ha a sua disposizione tutti i beni della terra; e, tuttavia, ci non
deve costituire motivo di scandalo o di ripulsa, in quanto il proletariato, come non pu
conquistare il potere, cos non pu neppure mantenerlo se non capace di sacrificare
interessi particolari e immediati agli interessi generali e permanenti della classe.
2. Epper, la consapevolezza della straordinaria complessit del processo di
costruzione del nuovo non sta a significare appiattimento acritico e
giustificazionista sulla configurazione in un determinato contesto storico assunta
dal nuovo. Se da un lato comprende le ragioni dello stato deccezione che pesa sulla
Russia sovietica, dallaltro Gramsci non perde mai di vista leredit che il socialismo
deve saper assumere della precedente tradizione culturale e politica, delle conquiste
del liberalismo e della democrazia. Il tema delleredit si salda strettamente col tema
della democrazia socialista.
Compiamo cos un passo avanti nel cammino per la comprensione della
permanente vitalit del nostro autore, che tuttavia non certo lunico a porsi il
problema del rapporto tra socialismo e democrazia. E, dunque, resta ancora
sostanzialmente da spiegare la collocazione privilegiata di Gramsci nellambito del
marxismo novecentesco. Conviene intanto tener presente che lItalia del tempo un
punto alto del dibattito filosofico e politico, e non solo per la presenza di Croce e
Gentile. Si pensi a Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto e Roberto Michels, cio agli elitisti
che hanno elaborato o contribuito in modo considerevole ad elaborare la teoria della
democrazia oggi dominante. Sono questi gli autori che Schumpeter ha alle spalle
allorch definisce la democrazia come una leadership concorrenziale garantita dal
mercato politico. Espunta dalla definizione di questo regime politico ogni idea di

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emancipazione e di partecipazione popolare al potere. Come il mercato economico
consente ai consumatori di scegliere liberamente tra diversi prodotti, cos il mercato
politico cosente ai consumatori-elettori di scegliere liberamente tra diversi leaders e
diverse lites. Fuori discussione resta lavvicendarsi delle lites, rispetto alle quali le
masse popolari continuano ad essere una moltitudine bambina che ora possibile
controllare e governare attraverso strumenti di comunicazione e di manipolazione
sempre pi potenti e irresistibili.
Si potrebbe dire che tutta la riflessione filosofica e politica in Gramsci un
tentativo di rispondere alla sfida costituita dallelitismo e dalla teoria elitista della
democrazia. E una teoria che celebra i suoi trionfi in occasione della prima guerra
mondiale. Dinanzi allatteggiamento ostile o di estrema diffidenza delle masse
popolari nei confronti dellintervento, esponenti di primo piano dellItalia liberale del
tempo invocano apertamente una minoranza audace e geniale capace di trascinare
per la gola questa turba di muli e di vigliacchi a morire da eroi o a vincere da
trionfatori. Ad esprimersi cos Guido Dorso. Pi tardi, nel 1920, Pareto traccia un
bilancio assai significativo. Prima della conflagrazione -osserva- si diceva che i
proletari e specialmente i socialisti lavrebbero impedita con lo sciopero generale o in
altro modo. Dopo s bei discorsi, venne la guerra mondiale. Lo sciopero generale non
si vide; allopposto nei vari parlamenti, i socialisti approvarono le spese per la guerra,
o non fecero troppo opposizione ad esse, sicch il precetto del maestro [Marx]:
Proletari di tutti i paesi unitevi! si trov implicitamente trasformato nellaltro:
Proletari di tutti i paesi uccidetevi. Il crollo pressoch totale della discriminazione
censitaria e lavvento della democrazia non avevano significato la conquista di una
autonoma soggettivit politica da parte delle masse popolari; a decidere erano state le
lites. La loro circolazione e il loro avvicendarsi costituivano la trama eterna del
processo storico. Diametralmente contrapposto il bilancio che Gramsci traccia della
tragedia della prima guerra mondiale: si tratta di far s che il popolo lavoratore non
rimanga nella condizione di preda buona per tutti, di semplice materiale umano,
di materiale grezzo per la storia delle classi privilegiate. Tale condizione risulta
insuperabile fino a quando le classi subalterne continuano ad essere una massa
amorfa che ondeggia perennemente fuori di ogni organizzazione spirituale.
3. Epper questa organizzazione spirituale e politica si configura come un
processo che pu essere interrotto e spezzato dalliniziativa delllite dominante, la
quale pu cooptare al suo interno gli elementi pi capaci e pi pericolosi delle classi
subalterne. Si spiega cos, secondo Pareto, levoluzione del socialista intellettuale e
trasformista Bissolati che, in occasione della guerra libica e poi del primo conflitto
mondiale, fa proprie le parole dordine colonialiste e interventiste della borghesia. Si
comprende allora il problema attorno a cui si arrovellano in particolare i Quaderni del
carcere: come impedire alllite dominante di decapitare, ideologicamente e
politicamente, il movimento di emancipazione delle classi e dei popoli tenuti in
condizione subalterna dal sistema dominante? Tali decapitazioni risultano agevoli
anche per il fatto che generalmente -osserva Pareto- i movimenti rivoluzionari degli
strati inferiori sono capitanati da individui degli strati superiori. E di nuovo
vediamo Gramsci cimentarsi, in modo al tempo stesso rigoroso e appassionato, coi
problemi sollevati dal geniale teorico dellelitismo: come evitare che, durante le

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grandi svolte storiche, gli intellettuali formatisi sul terreno del movimento
operaio ritornino alle classi intermedie tradizionali da cui provengono?
Oltre a cooptare dalle classi subalterne elementi volpini che tengano a bada le
masse con lastuzia e le promesse, al fine di consolidare ulteriormente il suo potere
llite dominante dovrebbe secondo Pareto riuscire anche a reclutare elementi forniti di
istinti bellicosi: in fondo, la societ romana fu salvata dalla rovina dalle legioni di
Cesare e da quelle di Ottavio (di estrazione popolare) e persino dagli stessi barbari.
E dunque -conclude il teorico dellelitismo- potrebbe anche darsi che la societ nostra
fosse, nel futuro, salvata dalla decadenza da coloro che saranno allora gli eredi dei
sindacalisti e degli anarchici nostri; questi transfughi della sinistra e del movimento
operaio saranno chiamati a difendere lordinamento esistente anche mediante atti
energici e ad agire a guisa dei soldati degli agenti di polizia, dei bravi dei secoli
passati.
Ora il pensiero corre non pi a Bissolati, bens a Mussolini e agli anarco-
sindacalisti che passano al nazionalismo e al fascismo, un fenomeno a cui anche i
Quaderni del carcere dedicano notevole attenzione a dimostrazione dellestrema
difficolt per il proletariato di un ceto di intellettuali e dirigenti ad esso legato in modo
stabile e organico. Daltro canto, lo stesso Mussolini a vantarsi, nel 1919 e nel 1924,
della sua parabola ideologica e politica, di essere un eretico espulso dalla chiesa
ortodossa del socialismo, nel quale aveva comunque da giovane immesso, lui per
primo, la lezione di Blanqui. Gramsci non solo condanna il blanquismo di questo
epilettico, ma esprime anche un giudizio complessivo: Il blanquismo, nella sua
materialit, pu essere oggi sovversivo, domani reazionario, ma giammai
rivoluzionario. Larticolo, pubblicato su LOrdine Nuovo del 22 giugno 1921, porta
il titolo Sovversivismo reazionario.
4. Il sovversivismo non di per s sinonimo di rivoluzione o di rinnovamento. I
Quaderni del carcere richiamano lattenzione sul fatto che le frasi di ribellismo, di
sovversivismo, di antistatalismo primitivo ed elementare sono espressione di
apoliticismo, e dunque di rinuncia, di accettazione o interiorizzazione di una
situazione di subalternit. In realt, scarsa comprensione dello Stato significa scarsa
coscienza di classe. Una classe subalterna dimostra di essere matura per la conquista
del potere solo allorch si rivela in grado di costruire concretamente un ordine
nuovo. Comincia ad emergere il carattere originale del pensiero di Gramsci e della
sua collocazione nellambito della tradizione marxista. A definire tale originalit non
solo lattenzione al problema della democrazia, certo non estranea a Marx, Engels e
Lenin. Epper, in questi autori il problema della democrazia si affaccia, si presenta
talvolta anche con forza, ma per dileguare immediatamente. Col superamento degli
antagonismi di classe e delle classi sociali, destinato ad estinguersi lo Stato e dunque
la democrazia, essa stessa una forma di Stato.
Alle spalle della tesi, ovvero dellillusione, di Marx e Engels c un drammatico
bilancio storico. In Francia, la Prima Repubblica, nata sullonda della rivoluzione del
1789, si trasforma nella dittatura e, poi, nell'impero di Napoleone I; la Seconda
Repubblica, scaturita dalla rivoluzione del 1848 cede poi il posto alla dittatura
bonapartistica di Napoleone III. Per quanto riguarda lInghilterra, in situazioni di crisi
la classe dominante procede agevolmente alla sospensione dellhabeas corpus e delle
garanzie costituzionali e sottopone ad una sorta di stato dassedio permanente

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lIrlanda riottosa al dominio imperiale britannico. E dunque, col verificarsi o il
profilarsi di una situazione di crisi, lo Stato liberale e democratico non ha difficolt a
trasformarsi in una dittatura aperta e persino terroristica. A maggior ragione simpone
questa conclusione per Lenin. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, il dirigente
bolscevico vede anche gli Stati di pi consolidata tradizione liberale procedere ad una
totale irreggimentazione della popolazione e trasformarsi in Moloch sanguinari in
occasione della prima guerra mondiale che, col ricorso alla legge marziale, ai plotoni
desecuzione e, talvolta, alla pratica della decimazione, impongono il sacrificio in
massa dei loro cittadini sullaltare della volont di potenza e del dominio
imperialistico.
Bench comprensibile nella sua genesi storica e psicologica, la tesi dellestinzione
dello Stato sembra sfociare nella visione escatologica di una societ priva di conflitti e,
conseguentemente, non bisognosa di norme giuridiche capaci di limitarli e
regolamentarli. Del carattere astrattamente utopistico della loro parola dordine
sembrano in certi momenti rendersi conto Marx e Engels che, con significativa
oscillazione, talvolta parlano di abolizione o estinzione dello Stato in quanto tale,
talaltra dello Stato nellattuale senso politico ovvero del potere politico
propriamente detto. Daltro canto, secondo la loro stessa analisi, oltre ad essere uno
strumento del dominio di classe, lo Stato anche una forma di garanzia reciproca, di
assicurazione reciproca tra gli individui della classe dominante. Non si comprende
allora perch, dopo lo scomparsa delle classi e della lotta di classe, dovrebbe diventare
superflua la garanzia o lassicurazione da fornire ai singoli membri di una
comunit unificata.
In ogni caso, lattesa del dileguare di ogni conflitto e dellestinzione dello Stato e
del potere politico in quanto tale rende impossibile la soluzione del problema della
trasformazione in senso democratico dello Stato scaturito dalla rivoluzione socialista;
questa attesa favorisce lemergere o il permanere di un atteggiamento fatto di
sovversivismo banale e inconcludente, incapace di conferire concretezza e stabilit
allemancipazione delle classi subalterne.
Gramsci si dimostra piuttosto critico nei confronti delle tendenze anarchiche e
messianiche. Il socialismo viene visto dall'Ordine Nuovo non come linizio del
processo di estinzione, bens come la costruzione dello Stato sociale del lavoro e della
solidariet; e non pu essere diversamente, dato che non esiste societ se non in uno
Stato. Si tratta, secondo i Quaderni, di trovare una forma di organizzazione della
societ che, superando ogni antagonismo di classe, sappia fare a meno dellapparato di
repressione, costruito in vista della guerra di classe all'interno e dello scontro armato
con altre classe sfruttatrici concorrenti a livello internazionale. Ma tale forma di
organizzazione della societ comunista essa stessa una forma di Stato: Lelemento
Stato-coercizione si pu immaginare esaurientesi man mano che si affermano elementi
sempre pi cospicui di societ regolata (o Stato etico o societ civile). Naturalmente,
non mancano dichiarazioni che vanno in direzione diversa e contrastante e che
prospettano cio uno sparire dello Stato e il riassorbimento della societ politica
nella societ civile; tuttavia da tener presente che per Gramsci la societ civile [...]
anchessa Stato, anzi lo Stato stesso, e dunque resta da vedere fino a che punto il
riassorbimento della societ politica nella societ civile comporta lavvento di una
societ realmente senza Stato. I Quaderni del carcere mettono esplicitamente in guardia

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contro lerrore teorico che, nellindagare il rapporto tra societ civile e Stato,
trasforma una distinzione metodica in distinzione organica, dimenticando che
nella realt effettuale societ civile e Stato si identificano. Ma non per lappunto in
questo errore che incorre la tesi dellestinzione dello Stato?
5. Per un verso, la presa di distanza da questo mito la condizione preliminare
per pensare realmente la negazione determinata (non quella indeterminata che si
esprime nel messianismo e nellanarchismo) dellordinamento esistente, il progetto e il
processo di costruzione di una societ post-capitalistica; per un altro verso, tale presa
di distanza consente una comprensione pi completa e pi profonda della stessa
societ capitalistica, che ora possibile indagare alla luce di una fenomenologia del
potere pi ricca e pi concreta. Certo, per quanto riguarda questultimo punto,
Gramsci si colloca sulla scia di Marx ed Engels che, a tale proposito, si differenziano
nettamente dalla tradizione liberale. Questa individua il luogo del dominio e della
sopraffazione esclusivamente nello Stato, sicch lemancipazione non pu consistere
che nella progressiva riduzione della presenza dello Stato. Il Manifesto del partito
comunista sorprende invece allinterno della fabbrica capitalistica un dispotismo di
carattere militare, rispetto al quale lintervento dello Stato, e persino dello Stato
borghese, pu costituire un ostacolo e un contrappeso. Epper, in pi occasioni,
Engels celebra gli USA come il paese in cui labolizione dello Stato gi realizzata,
almeno nel senso borghese del termine. Nessuna attenzione sembra essere riservata
alla sorte degli indios e a quella dei neri, prima sottoposti a schiavit e, negli anni
successivi alla guerra di Secessione, costretti ad un regime di apartheid e di white
supremacy che giunge sino alle forme pi efferate di linciaggio. Negli USA della fine
dellOttocento, forse debole lo Stato (centrale), ma tanto pi forte il Ku Klux Klan,
espressione certo della societ civile, la quale per essa stessa il luogo dellesercizio
del potere, e di un potere assai brutale. Nel 1883, la Corte Suprema dichiara
incostituzionale una legge federale che pretende di vietare la segregazione dei neri sui
luoghi di lavoro o sui servizi (le ferrovie) gestiti da compagnie private, per definizione
sottratti ad ogni interferenza statale. Nella misura in cui sussiste un argine alla
sopraffazione a danno dei neri e degli indios, esso risiede nel potere politico centrale,
di cui Engels celebra lestinguersi o il dileguare! Il fatto che nei testi sopra citati, il
luogo della violenza e del dominio viene identificato esclusivamente nello Stato, e il
luogo della libert nella societ civile, proprio come nella fenomenologia del potere
cara alla tradizione liberale.
Ben pi feconda, ai fini della comprensione della storia degli USA e del mondo
contemporaneo in genere, si rivela la tesi di Gramsci secondo cui la societ civile essa
stessa una forma di Stato. A questo punto, il problema dell'emancipazione diventa pi
complesso e pi drammatico. Se anche fosse possibile, l'estinzione dello Stato non
sarebbe di per s sinonimo di emancipazione, dato che la societ civile pu ben
esprimere una carica di violenza e sopraffazione non inferiore a quella dispiegata dello
Stato politico, anzi tanto pi priva di scrupoli, in quanto suscettibile di dispiegarsi
senza impacci, senza neppure la preoccupazione di mantenere la forma o la parvenza
dellimparzialit.
6. Allattesa dellestinzione dello Stato sintreccia spesso, nellambito della
tradizione marxista, la rivendicazione della democrazia diretta. Questo tema da un
lato in stridente contraddizione col primo (per diretta che sia, la democrazia pur

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sempre una forma di Stato), dallaltro un suo riecheggiamento in forma pi blanda
ed incerta (cos diretta lauto-espressione del popolo che diventano irrilevanti sino a
dileguare del tutto gli organismi rappresentativi, le istituzioni statali e dunque,
paradossalmente, la stessa democrazia). La contrapposizione della democrazia diretta
a quella rappresentativa scaturisce comunque dal rifiuto di una democrazia che non
riesce a dispiegare alcuna efficacia nei luoghi di produzione, nelle fabbriche, dove,
secondo lanalisi del Manifesto del partito comunista, gli operai, organizzati
militarmente e, come soldati semplici dell'industria [...] sottoposti alla sorveglianza
di tutta una gerarchia di sottufficiali e di ufficiali, continuano ad essere sottoposti ad
un dispotismo che in pratica li priva di quella stessa libert negativa che pure la
tradizione liberale dice di avere a cuore. Per un altro verso, per, la contrapposizione
in questione sembra scaturire dall'illusione che, col dileguare della mediazione
costituita dalla rappresentanza, il popolo riuscirebbe a esprimere la sua carica
autentica di emancipazione senza pi ostacoli o distorsioni. E unillusione ben si
comprende a partire dai presupposti anche epistemologici dell'anarchismo che talvolta
assume toni irrazionalistici, con Bakunin costantemente impegnato a celebrare
listinto e la vita in contrapposizione al pensiero e alla sua pretesa di
prescrivere regole alla vita: come violenza e sopraffazione si configura allora lidea
di rappresentanza in quanto tale, che al dirigente anarchico fa pensare a Saturno il
quale rappresentava i propri figli a misura che se li divorava
i
. Ma questa fede in una
spontaneit mitica, senza mediazioni e senza storia, ben difficilmente pu essere
conciliabile con la tesi di Marx secondo cui le idee dominanti sono le idee della classe
dominante, quella che monopolizza i mezzi di produzione materiale e spirituale.
La rappresentanza diverrebbe superflua dopo il rovesciamento del potere politico
ed economico della borghesia? Stato e rivoluzione cade nel momento in cui pi aspra
era, e non poteva non essere, la denuncia dei regimi rappresentativi liberali o liberal-
democratici: nel corso della prima guerra mondiale, essi effettivamente funzionano nel
modo descritto dal dirigente anarchico, dato che tranquillamente immolano milioni di
uomini e di rappresentati in un gigantesco rito sacrificale. Eppure, persino in tale
scritto possiamo leggere che anche la democrazia pi sviluppata non pu fare a meno
di istituzioni rappresentative. E tuttavia, il mito dell'estinzione dello Stato continua
ad alimentare la diffidenza nei confronti dell'idea di rappresentanza nello stesso
momento in cui la Russia scaturita dalla rivoluzione dOttobre vede moltiplicarsi i
Soviet, organismi rappresentativi che non rifuggono neppure da una rappresentanza a
pi gradi. Daltro canto, a dirigere il nuovo Stato un partito che, ben lungi
dallabbandonarsi al culto dellimmediatezza e della spontaneit, si organizza e si
articola mediante una complessa rete di mediazioni e di rappresentanza a pi gradi.
Ai giorni nostri si assiste ad un paradosso: ad agitare la parola d'ordine della
democrazia diretta, s'intende non quella che interviene nelle fabbriche e nei luoghi
di lavoro, bens quella che fa a meno della mediazione dei partiti e del Parlamento,
sono proprio i fautori del bonapartismo soft che si vantano di voler la designazione del
leader della nazione (nell'ambito del regime presidenziale) o del leader di un
determinato collegio elettorale (in base al sistema elettorale uninominale) direttamente
dal popolo, atomizzato, privato dei suoi sia pur modesti mezzi di autonoma
produzione spirituale e politica, e consegnato inerme allo strapotere totalitario dei
mass-media monopolizzati dalla grande borghesia. Parole dordine analoghe agitano i

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movimenti federalisti-secessionisti che, a somiglianza del Ku Klux Klan insofferente
degli ostacoli frapposti dal potere centrale allimposizione della white supremacy,
rivendicano il dominio diretto e incontrasto di una societ civile nordica e
fanatizzata in nome dei valore nordici.
Protagonista dellesperienza dei Consigli fondati, come i Soviet, sul principio della
rappresentanza e persino della rappresentanza a pi gradi, Gramsci non attribuisce
alcun rilievo al tema della democrazia diretta; forse, nei Quaderni persino assente
lespressione. La cosa ben si si comprende. Se la societ civile una forma di Stato ed
essa stessa il luogo del potere e del dominio, demandare ad essa linvestitura diretta di
un leader politico o di un gruppo dirigente non affatto sinonimo di emancipazione.
Gramsci il pensatore marxista che fornisce gli strumenti teorici pi adeguati per la
lotta contro il bonapartismo soft, per la lotta cio contro la riduzione della democrazia
a investitura diretta e plebiscitaria di un leader pi o meno carismatico e fornito di
amplissimi poteri. Ed il pensatore altres che meglio pu aiutare a comprendere il
carattere ultrareazionario della Lega Nord, un movimento che oggi, ben pi di
Alleanza Nazionale, rappresenta il vero pericolo di estrema destra e che, tuttavia,
grazie al suo sovversivismo e antistalismo, pu contare talvolta sulla simpatia di
transfughi del 68 e di anarchici (a quanto riferiscono i giornali, Valpreda tra gli
ascoltatori simpatetici dei concioni di Bossi).
7. In conclusione, potremmo dire che in Marx e Engels, dopo aver giocato un
ruolo fondamentale nella conquista del potere, la politica sembra poi dissolversi
assieme allo Stato e al potere politico. Tanto pi che, oltre alle classi, allo Stato e al
potere politico, dileguano anche la divisione del lavoro, le nazioni, le religioni, il
mercato, ogni possibile fonte di conflitto. Sostanzialmente immutata rimane questa
piattaforma teorica in Lenin; epper, in contraddizione con essa, abbiamo visto il
dirigente bolscevico impegnarsi nella costruzione concreta del nuovo Stato e dei suoi
organismi rappresentativi. Ma solo con Gramsci che il messianismo comincia a
cadere in crisi anche sul piano teorico: se risulta assai difficile o impossibile separare
nettamente societ civile e Stato, di una straordinaria vitalit si rivelano gli organismi
nazionali (nella cui identit spesso presente una forte componente religiosa); quanto
poi al mercato, converrebbe parlare di mercato determinato piuttosto che di mercato
in quanto tale. Assistiamo allo sforzo di conferire un corpo politico ovvero un corpo
politico pi robusto al pensiero marxista.
Emerge ora con nettezza il posto originale nellambito del marxismo
novecentesco occupato da Gramsci. Questi agisce in una situazione relativamente
privilegiata. LItalia interviene pi tardi nel primo conflitto mondiale, e questa ha un
impatto catastrofico soprattutto in Russia e in Germania, dove particolarmente elevato
il numero delle vittime e dove alla guerra propriamente detta sintrecciano la
rivoluzione e una guerra civile esplicita o latente, un radicale mutamento di regime,
una crisi economica, politica e ideale di carattere epocale. Tutto ci favorisce la lettura
in chiave apocalittica del marxismo, tanto pi che ad alimentarla ulteriormente il
peso della grande intellettualit ebraica. La tradizione religiosa e culturale alle sue
spalle per un verso stimola potentemente la ribellione contro la guerra e il massacro
imperialista, per un altro verso tende a conferire a tale ribellione una valenza
messianica. Il richiamo alla tradizione religiosa ebraica talvolta esplicito e dichiarato.
E il caso di Benjamin e, in modo pi sfumato e mediato, anche di altri autori. Il

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giovane Bloch viene descritto da testimoni a lui contemporanei come un nuovo
filosofo ebreo che si crede, manifestamente, il precursore di un nuovo Messia. E, in
effetti, fa pensare pi ad Isaia che a Marx lo Spirito dellutopia che, nella sua prima
versione, chiama la Russia sovietica e il comunismo a realizzare la trasformazione del
potere in amore.
In Gramsci, invece, la rivoluzione comunista rappresenta certo un momento di
rottura ma non la negazione pura e semplice del passato e lapprodo ad un Novum
trasfigurato dallutopia. Lesperienza traumatica del macello consumatosi nel corso
della prima guerra mondiale e del successivo avvento del fascismo stimola nel
marxismo novecentesco un atteggiamento di liquidazione della storia della borghesia,
anzi di tutta la storia passata, come un cumulo di errori e orrori. Contro tale
antistoricismo, sinonimo di metafisica, polemizzano i Quaderni del carcere: non ha
senso liquidare il passato come irrazionale e mostruoso riducendo cos la storia
politica e delle idee a un trattato storico di teratologia, a una grottesca vicenda di
mostri.
8. Prendere le distanze dal messianismo e dallanarchismo e sforzarsi di conferire
un corpo politico ovvero un corpo politico pi robusto al marxismo significa anche
rompere con la lettura in chiave economicistica di questa tradizione di pensiero. In
Italia, il lorianesimo non solo riduceva il materiale alleconomico, ma pretendeva di
istituire una sorta di corrispondenza bi-univoca tra singolo fatto economico e singola
espressione ideologica e politica. Ed cos che, nel confutarli, Max Weber legge Marx
ed Engels. Il grande sociologo tedesco sembra avuto una certa stima di Achille Loria.
E forse anche per questo che considera imprecisa lespressione di materialismo
storico e ritiene che si dovrebbe piuttosto parlare di interpretazione economica del
corso storico ovvero della realt. In modo analogo argomentano in Germania altri
grandi intellettuali, come Scheler e Sombart.
Da questa tipo di lettura prende le distanze gi Lenin: Ma dove avete letto in
Marx e in Engels che essi parlassero necessariamente di materialismo economico?
Quando essi definirono la loro concezione del mondo, la chiamarono semplicemente
materialismo
ii
. Epper, sia pur con qualche riserva, il Che fare? sembra accettare la
denominazione di economismo (alla quale non abbiamo nessuna intenzione di
rinunziare poich, in un modo o nellaltro, essa ha ormai ottenuto diritto di
cittadinanza)
iii
. Se nel suo metodo di analisi concreta della situazione concreta il
rivoluzionario russo generalmente ben lontano dalleconomismo, sul piano teorico
sembra rifuggire da una condanna netta e senza equivoci.
Diverso il caso di Gramsci, alle cui spalle agisce la lezione di Croce. Questi
richiama lattenzione sul fatto che le due formule di concezione economica della
storia e di materialismo storico non sono sinonimiche. Dopo aver fatto risalire a
Loria la stessa espressione di economismo storico (caratterizzato come un insieme di
concezioni pi o meno sgangherate), i Quaderni del carcere sottolineano: Avviene
spesso che si combatta leconomismo storico, credendo di combattere il materialismo
storico
iv
.
Ma Gramsci procede oltre. Non solo distingue nettamente la visione del processo
storico propria di Marx e Engels dalle sue interpretazioni o contraffazioni in chiave
economicistica, ma, sia pur timidamente, critica i residui di economicismo e
meccanicismo presenti in quella stessa visione. Nei testi dei due fondatori del

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materialismo storico possibile sorprendere due diverse e contrastanti versioni della
teoria della rivoluzione, anche se il punto di partenza pur sempre costituito
dall'acutizzarsi della contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione.
Grevemente meccanicistica la versione consegnata alla celeberrima pagina del
Capitale che vede la rivoluzione socialista come conseguenza immediata e automatica
del compiersi del processo di accumulazione capitalistica che avanza implacabilmente
espropriando i piccoli produttori sino al momento in cui suona lultima ora della
propriet privata capitalistica e gli espropriatori vengono espropriati. La politica, le
peculiarit nazionali, i fattori ideologici, la stessa coscienza rivoluzionaria, tutto ci
sembra non giocare alcun ruolo, ed chiaro che tale teoria inservibile per spiegare
una qualsiasi rivoluzione concretamente determinata. Al contrario, il Manifesto del
partito comunista prevede la possibilit di una rivoluzione socialista in un paese come
la Germania che, sul piano dello sviluppo capitalistico ancora piuttosto arretrato
rispetto all'Inghilterra e che, per quanto riguarda l'assetto propriamente politico, al
di qua della rivoluzione borghese.
In Gramsci non c traccia della prima versione, quella economicistica, della
rivoluzione. Questa scaturisce da una molteplicit e un intreccio di contraddizioni
diverse. Per usare il linguaggio di Althusser, potremmo dire che la rottura
rivoluzionaria per definizione sovradeterminata: essa presenta unineludibile
dimensione nazionale, e dunque si colloca in un contesto storico e culturale
determinato e con caratteristiche peculiari. Considerazioni analoghe potrebbero
ovviamente essere fatte valere anche per Lenin, ma solo Gramsci a spingersi sino alla
critica di Marx e Engels. Il celebre articolo che saluta la rivoluzione dOttobre
scoppiata contro Il capitale (positivisticamente interpretato dalla Seconda
Internazionale) sottolinea che da incrostazioni positivistiche e naturalistiche (ed
economicistiche) non sono immuni neppure nei fondatori del materialismo storico.
E in questo contesto che va collocata lattenzione tutta particolare rivolta al tema
dellegemonia. Per comprendere adeguatamente questo punto, non ci si pu limitare
alla dicotomia egemonia/dittatura ovvero consenso/coercizione. Gramsci sottolinea
ripetutamente che ogni Stato comporta entrambi i momenti, anche se il secondo, nei
paesi di consolidata tradizione liberale, diviene evidente soprattutto in situazioni di
crisi acuta; peraltro, questi due momenti sono presenti allinterno della stessa societ
civile. Se anche progetta un ordinamento in cui sia ridotto al minimo il momento della
coercizione, il teorico dellegemonia non il profeta disarmato o lanima bella che
evade dal terreno delle contraddizioni reali. Il tema dellegemonia istituisce in primo
luogo una polemica contro ogni visione meccanicistica ed economicistica della storia,
del processo rivoluzionario e dello stesso processo di formazione della coscienza
rivoluzionaria. Il Manifesto del partito comunista insiste sul fatto che lorganizzazione del
proletariato in classe continuamente rimessa in discussione dalla concorrenza
economica che il capitale suscita tra i membri della classe operaia. Senza ignorare
questo aspetto, Gramsci richiama lattenzione sugli aspetti politici e persino morali del
passaggio dalla classe in s alla classe per s. Per conquistare autonoma soggettivit
politica, le classi subalterne devono saper realizzare una riforma intellettuale e
morale, devono riuscire a distaccarsi dallarroccamento corporativo e saper procedere
ad una catarsi culturale e politica (emergono qui una problematica e una

11
terminologia che rompono definitivamente con linterpretazione in chiave
economicistica del materialismo storico):
Il metallurgico, il falegname, ledile, ecc. devono non solo pensare come proletari e non pi
come metallurgico, falegname, edile, ecc., ma devono fare ancora un passo avanti; devono pensare
come operai membri di una classe che tende a dirigere i contadini e gli intellettuali, di una classe che
pu vincere e pu costruire il socialismo solo se aiutata e seguita dalla grande maggioranza di questi
strati sociali. Se non si ottiene ci, il proletariato non diventa classe dirigente.
Tutta una tradizione di pensiero, liberale o reazionaria, pretende di individuare
nellinvidia o nel ressentiment la molla del socialismo: cos Nietzsche e cos in Italia, per
fare solo un esempio, Pareto. La riflessione di Gramsci in carcere si sviluppa mentre in
Germania il nazismo attizza il risentimento e linvidia degli strati popolari pi
arretrati nei confronti degli intellettuali soprattutto rivoluzionari e incanala contro gli
ebrei la frustrazione delle masse impoverite dalla guerra e dalla crisi economica.
Contrariamente al luogo comune della tradizione di pensiero liberale o reazionaria, il
ressentiment si rivela uno strumento della reazione per deviare su falsi bersagli la
protesta sociale, per frantumare le classi subalterne in innumerevoli rivoli corporativi
e spezzare e liquidare il movimento operaio e comunista. Alla luce di tutto ci,
acquista particolare rilievo la riflessione dei Quaderni che, significativamente,
individuano nel momento catartico [...] il punto di partenza per tutta la filosofia
della prassi.
9. Con Gramsci siamo in presenza di un autore e di un dirigente politico che ha
vissuto la tragedia della sconfitta del movimento operaio e della vittoria del fascismo
e, proprio per questo, stato costretto a rompere con le speranze di rapida e definitiva
palingenesi rivoluzionaria, per approfondire invece lanalisi del carattere complesso e
contraddittorio del processo di trasformazione politica e sociale. Per quanto riguarda
la Francia, il ciclo della rivoluzione borghese abbraccia un periodo che va dal 1789 al
1871; il passaggio dal capitalismo alla societ regolata, cio al comunismo, durer
probabilmente dei secoli. Tale approccio teorico non pu non risultare
particolarmente stimolante e fecondo in un momento storico come quello attuale, in
cui il movimento di emancipazione delle classi e dei popoli in condizione subalterna
costretto a registrare una nuova e disastrosa sconfitta. Non si tratta di un motivo
consolatorio. Ricapitoliamo il cammino sin qui percorso. Gramsci richiama
lattenzione sulle ampie possibilit che si offrono alla classe dominante di decapitare
politicamente e ideologicamente le classi subalterne; con la sua fenomenologia del
potere individua il luogo del dominio non solo nello Stato politico propriamente detto
ma nella stessa societ civile; insiste sulla dimensione non solo economica e politica,
ma anche ideologica e persino morale del processo di formazione della coscienza
rivoluzionaria. Per tutte queste ragioni, Gramsci non solo assai lontano da ogni
teoria del crollo ma sviluppa una visione della storia basata sulla complessit del
processo di trasformazione, sui tempi lunghi del passaggio dallantico regime
allordine nuovo.
Questo stesso ordine nuovo comincia ad essere pensato con un approccio pi
realistico rispetto alla tradizione che prende le mosse da Marx. Questi, nella Miseria
della filosofia, rimprovera agli economisti borghesi di essere attaccati ad una visione
per cui c' stata storia, ma ormai non ce n' pi. Paradossalmente, tale visione ha
finito con lessere ereditata dal socialismo reale; dopo il brusco risveglio ai suoi
ideologi imposto dalla storia, la parola dordine della fine della storia ritornata

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agli apologeti della societ borghese. Criticare questultima, confutare gli ingenui
ideologi della sua eternit e intranscendibilit non significa riprendere acriticamente,
come se nulla fosse successo, utopie astratte. Heri dicebamus: questo pu essere
latteggiamento degli idealisti pronti a ridurre la concreta vicenda storica ad una sorta
parentesi che pu essere tranquiillamente ignorata, non gi di coloro che fanno
professione di materialismo storico.
Con la sua, sia pur timida, presa di distanza da ogni visione anarchica e pi o
meno apocalittica della trasformazione politico-sociale, Gramsci ha indicato una via
che devessere ancora percorsa sino in fondo: pensare un incisivo progetto di
emancipazione che non pretenda di essere la fine della storia. Si tratta di prendere
congedo da utopie astratte, spiegando al tempo stesso le ragioni storiche del loro
emergere. Possiamo qui far tesoro di unindicazione di Engels, il quale, nel fare il
bilancio della rivoluzione inglese e francese, osserva: Affinch potessero venire
assicurate almeno quelle conquiste della borghesia che erano mature e pronte ad
essere mietute, era necessario che la rivoluzione oltrepassasse il suo scopo [...] Sembra
che questa sia una delle leggi dellevoluzione della societ borghese. Non c motivo
per sottrarre alla metodologia materialistica elaborata da Marx e Engels il movimento
storico reale e la rivoluzione che a loro si sono ispirati. In fondo, ogni rivoluzione
tende a presentarsi come lultima, anzi come la soluzione di ogni contraddizione e
quindi come la fine della storia
v
.
Lincisivo progetto di emancipazione che non pretenda di essere la fine della
storia e di ogni conflitto devessere pensato in una situazione radicalmente diversa
rispetto al passato, il quale tuttavia non pu essere sommariamente liquidato.
Nonostante gli orrori della prima guerra mondiale e del fascismo, abbiamo visto i
Quaderni del carcere rifiutarsi di leggere la storia moderna come un trattato di
teratologia; non c' motivo di leggere in questo modo la storia del socialismo
reale, nonostante gli errori, le colossali mistificazioni e gli orrori che l'attraversano.
L'autore che ha chiamato il movimento operaio e comunista ad ereditare i punti alti
della rivoluzione francese pu ben essere d'aiuto oggi a comprendere il problema
dell'eredit anche per quanto riguarda la rivoluzione d'Ottobre.



Con Gramsci oltre Marx e oltre Gramsci, in Critica Marxista, n. 5-6, 1997, pp. 56-66; ora in Giorgio
Baratta- Guido Liguori (eds.), Gramsci da un secolo allaltro, Editori Riuniti, Roma, 1999, pp. 95-112; tr.
argentina in Herramienta, n. 13, inverno 2000, pp. 167-181; tr. brasiliana in Gramsci 100 anos
(Educaao em foco, settembre-febbraio 2000-2001), pp. 63-79.



I
temi gramsciani qui accennati sono stati pi ampiamente sviluppati nel mio Antonio Gramsci dal
liberalismo al comunismo critico (Roma, Gamberetti, 1997), al quale rinvio per la necessaria
documentazione.
i
Su ci cfr. D. Losurdo, Democrazia o bonapartismo. Trionfo e decadenza del suffragio universale, Torino,
Bollati Boringhieri, 1993, pp. 311 sgg.
ii
V. I. Lenin, Che cos asono gli Amici del Popolo e come lottano contro i socialdemocratici? (1894), in Opere
scelte, Roma, Editori Riuniti, 196 (II ristampa), p. 18.
iii
V. I. Lenin, Che fare? (1902), in Opere scelte, cit., p. 115.

13

iv
Su ci cfr. D. Losurdo, conomisme historique ou matrialisme historique? Pour une relecture de Marx et
Engels, in Archives de Philosophie, 57, gennaio-marzo 1994, pp. 141-155.
v
Riprendiamo qui alcune considerazioni svolte pi ampiamente in Utopia e stato deccezione.
Sullesperienza storica del socialismo reale, Napoli, Laboratorio politico, 1997, pp. 107 sgg.

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