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Nei cantieri marxiani: il soggetto e la sua produzione.

Prime approssimazioni di Sandro Mezzadra

Questo testo stato scritto originariamente come dispensa per il corso universitario di Frontiere della cittadinanza, che tengo presso lUniversit di Bologna (anno accademico 20122013). Va dunque letto come tentativo di indicare alcune ipotesi di lavoro, una serie di problemi e di riferimenti da sviluppare durante le lezioni. Bologna, febbraio 2013

1. Marx oltre il marxismo Accade oggi alla dottrina di Marx quel che spesso accaduto nella storia alle dottrine dei pensatori rivoluzionari e dei capi delle classi oppresse in lotta per la loro liberazione. Le classi dominanti hanno sempre ricompensato i grandi rivoluzionari, durante la loro vita, con implacabili persecuzioni; la loro dottrina stata sempre accolta con il pi selvaggio furore, con lodio pi accanito e con le pi impudenti campagne di menzogne e di diffamazioni. Ma, dopo morti, si cerca di trasformarli in icone inoffensive, di canonizzarli, per cos dire, di cingere di una certa aureola di gloria il loro nome (Vladimir Ilic Lenin, Stato e rivoluzione [1917], trad. it. in Id., Opere scelte in sei volumi, Roma-Mosca, Editori Riuniti- Progress, vol. IV, p. 235). In verit, scrisse Marx alla figlia Laura nel 1868, io sono una macchina condannata a divorare libri per vomitarli in una nuova forma, come concime sulla terra della storia. Prende avvio da questa immagine la lettura di Marx recentemente proposta da Pierre Dardot e Christian Laval in un libro tanto ponderoso quanto importante (Marx, prnom: Karl, Paris, Gallimard, 2012). Singolare metabolismo, quello qui delineato: libri, autori e teorie macinati da una macchina di lettura che li restituisce in una nuova forma alla storia, per renderla pi fertile. Un continuum di variazioni e di ripetizioni su temi ereditati dalla storia per produrre dal loro interno quellinnovazione che alla 1

storia deve tornare. bene non esagerare, sia chiaro, il significato di questa privata confessione di Marx alla figlia nellanno del suo matrimonio con Paul Lafargue: e tuttavia essa ci offre una traccia che vale la pena seguire per tornare a leggere Marx, oggi. Fin dalla prefazione di Engels al secondo libro del Capitale (1885), il marxismo ha costruito di Marx unimmagine ben diversa: quella dellassoluto novatore, che forniva la chiave per la comprensione dellintera produzione capitalistica, per chi avesse saputo utilizzarla (C, II, p. 20). Il pensiero di Marx prese cos a essere considerato come un compatto sistema, costruito sulla base di una serie di scoperte (della lotta di classe, della forza-lavoro, del plusvalore, di leggi) e di una serie di radicali cesure con tutto ci che lo aveva preceduto e in particolare con le sue tre fonti fondamentali: la filosofia tedesca, leconomia politica inglese e il socialismo francese. da questo Marx che dobbiamo prendere congedo. Certo, abbiamo spesso ripetuto la frase che Marx avrebbe pronunciato, secondo lo stesso Engels, verso la fine degli anni Settanta dellOttocento: tout ce que je sais, cest que je ne suis pas Marxiste (MEW, XXXVII, p. 436). Si tratta tuttavia oggi di affermare qualcosa di pi radicale: ovvero che, a dispetto dei molti tentativi di rianimarlo, il marxismo finito. bene parlarne con rispetto, ma rigorosamente al passato. Quello che chiamiamo marxismo stato un formidabile edificio di pensiero, costruito storicamente a partire dal lavoro di Engels sui manoscritti del secondo e del terzo libro del Capitale, consolidatosi nella polemica di fine secolo attorno al revisionismo e poi assestatosi dopo lOttobre sovietico e la divisione del movimento operaio. Il marxismo vissuto nelle lotte, nelle insurrezioni e nei sogni di grandi masse, nellazione di movimenti, partiti e regimi. Non stato soltanto un edificio di pensiero, dunque; stato anche una forza materiale che ha contribuito a costruire il mondo che abitiamo. Di per s, tuttavia, il marxismo appartiene al mondo di ieri. Non solo la fine del socialismo reale, di quello che Rita di Leo (Lesperimento profano. Dal capitalismo al socialismo e viceversa, Roma, Ediesse, 2012) ha recentemente definito lesperimento profano, e del movimento operaio a decretare il suo esaurimento. Tanto nella filosofia quanto nella politica, tanto nellinsorgenza anticoloniale quanto sulle barricate del maggio francese e nelle officine di Mirafiori, tanto nella presa di parola delle donne quanto in quella delle minoranze, una serie di movimenti e di lotte si costituisce a partire dalla met del Novecento in eccedenza rispetto al marxismo; prima lo attraversa problematicamente e poi contribuisce a farlo esplodere. Diceva Sartre, sul finire degli anni Cinquanta dello scorso secolo, che il marxismo lorizzonte insuperabile del nostro tempo. Non pi cos. Conviene considerare il marxismo come un sistema di pensiero, nel senso che Michel Foucault assegn a questa formula al momento di assumere il suo incarico al Collge de France. Anche nel 2

marxismo, cio, la produzione del discorso insieme controllata, selezionata, organizzata e distribuita tramite un certo numero di procedure (M. Foucault, Lordine del discorso [1970], Torino, Einaudi, 1972, p. 9). Non si tratta di riprendere laffermazione di Foucault di qualche anno prima, secondo cui il marxismo nel pensiero del XIX secolo come un pesce nellacqua: cio, fuori di l cessa ovunque di respirare (M. Foucault, Le parole e le cose [1966], trad. it. Milano, Rizzoli, 1978, p. 283). Di questa affermazione si potrebbe anzi mostrare la posizione di paradossale internit, ancorch liminare, al campo discorsivo del marxismo. piuttosto la definizione di questo campo che Foucault ci aiuta a cogliere. Studiando in particolare i tre momenti fondativi che si sono precedentemente indicati, credo che sarebbe possibile tracciare in modo quasi cartografico le regole di enunciazione e le problematiche che, in modo relativamente costante combinando le funzioni che ancora Foucault ha definito in termini di persistenza, additivit e ricorrenza (Larcheologia del sapere [1969], trad. it. Milano, Rizzoli, 1980, pp. 166 s.) , hanno governato la produzione e la riproduzione del marxismo come sistema di pensiero. Anche allinterno di questultimo, si pu insomma dire, chiunque parla, ma quello che dice non lo dice da una posizione qualunque. necessariamente implicato nel meccanismo di una esteriorit (ivi, p. 165). Gi sento le obiezioni: non vi sono state allinterno del marxismo straordinarie eresie? Dobbiamo forse confondere il marxismo-leninismo con il black Marxism e con loperaismo italiano, Stalin con Trotski, il marxismo occidentale con il dispotismo orientale? Non scherziamo. La fine del marxismo ci consente piuttosto di riaprire larchivio marxista, di apprezzarne come mai in passato la polifonia e la ricchezza di alternative. Di rileggere unintera schiera di classici, senza limitarci a quelli che una lunga storia ha canonizzato come eretici. Per dirla in modo provocatorio: non escluso che in qualche pagina di Stalin vi siano formulazioni da riscoprire Ma lessenziale formulare un principio di metodo: la condizione per riaprire produttivamente larchivio marxista la sospensione, la disattivazione delle regole di enunciazione che hanno governato la sua formazione. Nella prospettiva di dare un primo, modestissimo contributo a questa impresa necessariamente collettiva, lascio risuonare allinizio di ogni paragrafo di questo testo, in forma di epigrafe e senza commentarle, una serie di citazioni marxiste. Partiamo dunque dalla prima, che si da poco letta, e facciamo uneccezione commentandola brevemente. Quando Lenin, alla vigilia dellinsurrezione di ottobre, parla della trasformazione di Marx in unicona inoffensiva pone in fondo un problema che ci riguarda, nel tempo in cui lEconomist dedica copertine a Marx come geniale profeta della globalizzazione (e in fondo come apologeta del capitalismo). Ma anche il marxismo, quello stesso marxismo-leninismo che si richiamato nei decenni successivi a Stato e rivoluzione, ha trasformato Marx in unicona spesso anche se non sempre inoffensiva, ma comunque in unicona. Non accaduto lo stesso a Lenin? 3

I versi di Majakovskij, scritti allindomani della morte di Lenin, sono troppo noti per essere citati al di l di qualche riga: ho paura che una corona sulla sua testa / possa nascondere la sua fronte / cos umana e geniale, cos vera. Ma restiamo a Marx: il marxismo, novella patristica, si costituito essenzialmente attraverso il commento ai suoi testi, e ha cos costruito di Marx una specifica immagine in primo luogo forgiando un corpus di opere che ha valorizzato listanza di sistema e scientificit. Il lavoro di Engels attorno al secondo e al terzo libro del Capitale da questo punto di vista esemplare. Sia chiaro: non si tratta qui di proporre lennesima contrapposizione tra Marx ed Engels, tra la genialit del primo e la pedanteria del secondo. Engels fece un lavoro straordinario, coniugando dedizione amicale, cura filologica e spirito militante, di partito! Ma impose unitariet e sistematicit a un pensiero che dopo la pubblicazione del primo libro del Capitale (1867) si era mosso in direzioni complesse e spesso contraddittorie, senza pi riuscire ad assestarsi in una sintesi. La pubblicazione dei manoscritti marxiani nella nuova edizione critica delle opere (la cosiddetta MEGA2) ci consente di apprezzare la frammentariet ma anche la ricchezza di questo pensiero: e ci offre nuove chiavi di accesso ai cantieri marxiani. Tocca dire una volta di pi sia chiaro: listanza di sistema e scientificit propria di Marx fin dagli anni della sua formazione. Ma quel che oggi vale la pena di sottolineare il continuo urto di questa istanza con la materialit della storia, della politica, dello stesso sviluppo dei suoi studi e della sua riflessione. I sentieri interrotti, se consentita la battuta, sono innumerevoli nei cantieri marxiano. Se la MEGA2 ha contribuito a rinnovare limmagine di Marx, e a stabilire un nuovo terreno su cui studiarlo, non tanto per gli inediti che ha portato alla luce quanto perch ha mostrato lenorme sproporzione difficilmente riscontrabile in un altro classico tra quanto Marx ha scritto e quanto Marx ha pubblicato. E ha in fondo offerto qualche argomento a chi, come Dardot e Laval, valorizza la metafora della macchina da cui si sono prese le mosse. La fine del marxismo ci consente di apprezzare in modo nuovo il carattere frammentario dellopera marxiana, di esplorarne i cantieri sulla base delle nuove acquisizioni delle lotte e degli sviluppi teorici degli ultimi decenni. Non quello che avvenuto allinterno del marxismo, il cui sviluppo stato periodicamente caratterizzato dalla pubblicazione di inediti attorno a cui si sono accese polemiche che hanno considerato quaderni di appunti e frammenti di teoria come opere a s stanti. accaduto con i Manoscritti economico-filosofici del 1844, accaduto sia pure secondo modalit e in condizioni diverse con i Grundrisse, come ha mostrato di recente ad esempio Marcello Musto (Ripensare Marx e i marxismi. Studi e saggi, Roma, Carocci, 2011). Anche qui si tratta dunque di disattivare e sospendere le regole di enunciazione e le problematiche che hanno governato, in quel Novecento che stato anche il secolo marxista (G. Arrighi, Marxist Century, American Century.

The Marking and Remaking of the World Labour Movement, New Left Review, 179, JanuaryFebruary 1990), la lettura di Marx. Addentriamoci dunque nei cantieri marxiani. Leggiamo di nuovo i suoi testi senza dimenticare che la storia di cui sono intrisi non solo storia di teorie ma anche storia di lotte e di combattimenti di strada, della violenza del dominio e dello sfruttamento, della faticosa conquista e della materiale costruzione di libert e di uguaglianza da parte degli sfruttati. storia vissuta nella luce incerta e tuttavia mai spenta di quello che Marx, in una lettera a Ruge del settembre 1843, chiam il sogno di una cosa (Traum von einer Sache, MEW, I, p. 346), e che avrebbe assunto il nome di comunismo. Vale in fondo anche qui, per apporre una seconda epigrafe marxista a questo incipit, quel che Ernst Bloch scriveva di Thomas Mnzer nel 1921, allindomani della fatale sconfitta della rivoluzione in Germania: noi vogliamo essere sempre con noi. Cos anche qui noi non guardiamo assolutamente indietro. Ma vivi noi stessi ci mescoliamo. Ed anche gli altri si volgono di nuovo trasformati, i morti tornano di nuovo, la loro azione vuole compiersi ancora una volta con noi. Anche Marx, insomma, per noi anzitutto storia in senso fecondo, egli e ci che suo e tutto il passato che merita essere trascritto qui per impegnarci, per entusiasmarci, per sostenere sempre in modo pi ampio ci che da noi continuamente inteso (E. Bloch, Thomas Mnzer teologo della rivoluzione, trad. it. Milano, Feltrinelli, 1980, p. 29). Affermare la fine del marxismo e la necessit del ritorno a Marx, come dovrebbe essere chiaro a questo punto, un gesto teorico che punta a riscoprire e a riattivare nel presente la radicalit, il portato sovversivo e rivoluzionario del suo pensiero e del suo desiderio comunista.

2. Produzione di soggettivit Luomo da concepire come blocco storico di elementi puramente individuali e soggettivi e di elementi di massa e oggettivi o materiali coi quali lindividuo in rapporto attivo. Trasformare il mondo esterno, i rapporti generali, significa potenziare se stesso, sviluppare se stesso. [] Perci si pu dire che luomo essenzialmente politico, perch lattivit per trasformare e dirigere coscientemente gli altri uomini realizza la sua umanit, la sua natura umana (Antonio Gramsci, Quaderni del carcere [Quaderno 10, La filosofia di B. Croce II, 1932-1935], Torino, Einaudi, 1975, p. 1338).

Noi vogliamo essere sempre con noi, scriveva Bloch. Nelle nostre esplorazioni dei cantieri marxiani siamo dunque orientati dai temi su cui ragioniamo e discutiamo nel nostro presente. Avviamo con questi appunti il primo di una serie di sondaggi, e scegliamo di farlo seguendo il filo offerto dalla formula produzione di soggettivit. una formula attorno a cui si in qualche modo riorganizzata negli ultimi trentanni la riflessione sul soggetto, in filosofia come in psicoanalisi, nel femminismo come negli studi culturali e postcoloniali (e si potrebbe continuare a lungo elencando campi e province del sapere). Alle spalle di questa vicenda teorica non vi sono soltanto i dibattiti sul postmoderno tra la fine degli anni Settanta e linizio del decennio successivo, quando pareva a molti anche in Italia che occorresse andare al di l del soggetto, magari per indebolire il pensiero, raffreddare le passioni e comodamente accasarsi nei tempi nuovi (cfr. G. Vattimo, Al di l del soggetto. Nietzsche, Heidegger e lermeneutica, Milano, Feltrinelli, 1981). Agiva certo con forza una stagione di lotte che aveva fatto esplodere le figure della soggettivit politica costruite nellarco di tre secoli dalla modernit. Ma la formula produzione di soggettivit fa anche i conti con linsieme degli sviluppi teorici che tra Otto e Novecento, tra Marx e Freud, tra Nietzsche e Heidegger, aveva in effetti prodotto e consumato la crisi di unimmagine del soggetto che aveva pi in generale orientato gli sviluppi della filosofia europea tra Descartes e Kant. bene non dimenticarlo quandanche si sia maturata una notevole insofferenza (come nel caso di chi scrive) per la stanca ripetizione e per la riduzione a vuoto slogan del sintagma soggetto cartesiano in troppi scritti contemporanei. Lannuncio foucaultiano della morte delluomo, destinato a essere cancellato, come sullorlo del mare un volto di sabbia (Foucault, Le parole e le cose, cit., p. 414), non ovviamente comprensibile al di fuori di questa vicenda di lungo periodo, e intrattiene un rapporto non occasionale, in particolare, con quanto aveva scritto Martin Heidegger a proposito di un subjectum che, traduzione del greco hypokemeinon, [], ci che sta-prima, ci che raccoglie tutto in s come fondamento, aveva trovato la propria incarnazione proprio nelluomo: lessenza stessa di questultimo, chiosava Heidegger in Lepoca dellimmagine del mondo (1938), subisce una trasformazione col costituirsi delluomo a soggetto (M. Heidegger, Sentieri interrotti, trad. it. Firenze, La Nuova Italia, 1984, pp. 85 s.). Dunque, morto luomo tramontato anche il soggetto? Non detto. La morte spesso si accompagna alla nascita, a molte nascite. Che so, si potrebbe dire con qualcosa di pi di una battuta: morto luomo, nasce la donna. Il fatto che anche la donna sarebbe stata di l a poco investita da una serie di tensioni che se non ne avrebbero determinato la morte, forse per via di una diversa relazione con la vita che da sempre la donna intrattiene a differenza delluomo, avrebbe comunque lacerato il suo profilo unitario. La storia del femminismo afro-americano e postcoloniale, che la recente pubblicazione di una silloge italiana degli scritti di Chandra Talpade Mohanty (Femminismo senza 6

frontiere. Teorie, differenze, conflitti, Verona, ombre corte, 2012) consente di rivisitare, ha in fondo questo significato: la donna nera, la donna del Terzo mondo, la donna subalterna sono segni di questo proliferare di differenze e parzialit che non si lasciano ricondurre a un unico significante. Di questo proliferare, in ultima istanza, di figure della soggettivit nel punto dincrocio tra dispositivi di assoggettamento e pratiche di soggettivazione. Ecco delineato in poche battute il significato generale che assume per me la formula produzione di soggettivit, come ho anche di recente sostenuto in un saggio scritto con Sandro Chignola (Fuori dalla pura politica. Laboratori globali della soggettivit, in Filosofia politica, XXVI [2012], 1). Luso che cos propongo di fare del concetto di soggettivazione, anchesso centrale nei dibattiti critici contemporanei (si pensi, per fare solo due nomi, ai lavori di tienne Balibar e Jacques Rancire), ne fa uno dei due poli accanto allassoggettamento attorno a cui si determina la produzione di soggettivit. Ma quel che conta precisamente la tensione tra questi due poli, la loro reciproca implicazione in mutevoli costellazioni storiche, politiche, sociali e culturali (anche qui gli aggettivi si potrebbero moltiplicare a piacere, ma lasciamo perdere). Diciamolo anzi in termini pi netti: lo stesso soggetto diviene impensabile al di fuori di questo campo di tensione, esso stesso questo campo di tensione e di battaglia. Una ricostruzione genealogica della formula produzione di soggettivit dovrebbe fare i conti con due dei pi importanti movimenti di pensiero del Novecento, tanto importanti occorre subito aggiungere quanto elusivi, nebulosi: lo strutturalismo e il post-strutturalismo. Elusivi e nebulosi, questi movimenti di pensiero, lo sono per ragioni molto semplici: gli autori pi importanti che allo strutturalismo sono stati via via associati (da Althusser a Lvi-Strauss, da Lacan a Foucault) hanno fatto a gara, quantomeno a partire dalla fine degli anni Sessanta, nel dichiarare che con esso non avevano avuto niente a che fare; il post-strutturalismo, per parte sua, prende forma a partire dalla lettura statunitense di una serie di pensatori francesi che si sarebbero a dir poco sorpresi di vedere accostati i loro nomi allinterno di ununica corrente di pensiero. E tuttavia vale forse la pena di valorizzare proprio quelli che si sono definiti caratteri elusivi e nebulosi di strutturalismo e post-strutturalismo per accumulare qualche traccia e per arricchire il nostro riferimento alla produzione di soggettivit. Interroghiamo intanto il senso del post in poststrutturalismo. Dopo che cosa viene questultimo? Soltanto dopo lo strutturalismo? In un saggio del 1973, intitolato Da che cosa si riconosce lo strutturalismo?, Gilles Deleuze lasciava intendere fin dalle prime righe la sua risposta: il punto darrivo di questo studio lanno 1967 (F. Chatelet (a cura di), Storia della filosofia, vol. VIII, trad. it. Milano, Rizzoli, 1975, p. 194). Il corsivo deleuziano non lascia spazio a dubbi sulla natura periodizzante del Sessantotto, crinale su cui lo strutturalismo non pu che aprirsi al suo post senza tuttavia smettere di avere una 7

produttivit che quella della nostra epoca (ivi, p. 216). E questo crinale, attorno a cui si ponevano in modo nuovo i problemi del mutamento strutturale o della transizione da una struttura allaltra, anche quello su cui riemerge con prepotenza non solo la questione della prassi ma anche quella del soggetto. Lo strutturalismo, scriveva Deleuze, non affatto un pensiero che sopprime il soggetto, bens un pensiero che lo sbriciola e lo distribuisce in modo sistematico, che contesta lidentit del soggetto, che lo dissipa e lo fa passare da un posto allaltro, soggetto sempre nomade, fatto di individuazioni ma impersonali, o di singolarit ma preindividuali (ivi, p. 214). Ecco delineati, per quel che ci interessa, lorizzonte e la problematica del poststrutturalismo: lo studio delle forme di assoggettamento e dei processi di soggettivazione, della produzione di soggettivit, dopo la fine del soggetto come hypokeimenon e dopo la morte delluomo. Lo stesso lavoro di Deleuze attorno alla categoria di desoggettivazione e asoggettivo (in particolare nei libri nati dalla collaborazione con Felix Guattari) si sarebbe collocato allinterno di questo campo. Il soggetto (la sua produzione) comunque il tema essenziale attorno a cui ruota dopo il Sessantotto il lavoro di molti autori associati in un modo o nellaltro allo strutturalismo nel decennio precedente. Vale ad esempio per Althusser, in particolare per i suoi scritti sugli apparati ideologici di Stato e sul divenire soggetto dellindividuo a partire da uninterpellazione esemplificata dal banale richiamo poliziesco: ehi! Lei, laggi! (L. Althusser, Lo Stato e i suoi apparati [19691970], trad. it. Roma, Editori Riuniti, 1997, p. 193). Non il caso di ricordare le molte critiche, spesso del tutto condivisibili, che a questa riformulazione della teoria dellideologia attraverso la categoria di interpellazione sono state rivolte. Lintera questione non figura del resto se non per accenni nelle pagine che seguono, in attesa eventualmente di tornarvi in una prossima occasione. Ma era intanto importante segnalare lintensit di una riflessione che mostra intera la materialit dellideologia nel momento stesso in cui colloca la produzione di soggettivit sul terreno dellimmaginario (di un immaginario certo riletto attraverso la lezione lacaniana ma dallinterno di una densa trama spinoziana e marxiana). Pi direttamente agiscono nellimpostazione del problema che qui si propone le sollecitazioni di Michel Foucault, che alla discussione contemporanea ha offerto del resto buona parte del suo lessico (assoggettamento, soggettivazione, dispositivi etc.). Non questa la sede per ricostruire il percorso che ha condotto Foucault a installare il soggetto e la sua produzione al centro della sua ricerca (si veda comunque, per un riferimento canonico, M. Foucault, Perch studiare il potere: la questione del soggetto [1983], in Id., Poteri e strategie, trad. it. Milano, Mimesis, 1994). Io e Brett Neilson, in un libro da poco terminato (Border as Method, or, the Multiplication of Labor, Durham, NC, Duke University Press, 2013), abbiamo cercato di evidenziare limportanza in questo percorso del confronto sotterraneo instaurato da Foucault con Marx. E abbiamo in particolare richiamato lattenzione su una 8

conferenza tenuta a Bahia il primo novembre del 1976, in cui Marx esplicitamente discusso. Ci sembrava, e ne abbiamo trovato conferma in un recente e importante intervento di Pierre Macherey (Le sujet productif [2012], http://uninomade.org/le-sujet-productif/), che Foucault stesse l seguendo la traccia offerta dai due lati (individuale e sociale) del concetto marxiano di forza lavoro, attribuendo al primo (quello individuale) le tecnologie atomo-politiche di potere minuziosamente analizzate in Sorvegliare e punire (1975) e proponendosi di approfondire la ricerca su quelle corrispondenti al secondo lato, indicate con il termine bio-politica di cui si ha in questo testo una delle prime occorrenze in Foucault (M. Foucault, Le maglie del potere, trad. it. in Archivio Foucault. Interventi, colloqui, interviste, 3, Milano, Feltrinelli, 1998, p. 164). Individualizzazione e socializzazione: due assi attorno a cui seguire, storicamente e teoricamente, la produzione di soggettivit. In un libro che non tra i suoi pi noti, Antonio Negri collocava del resto gi nel 1987 in modo molto preciso questa problematica in un contesto marxiano, riformulando una serie di temi e concetti classici: la societ della sussunzione reale, scriveva Negri, si caratterizza anche come tentativo di produzione diretta della soggettivit. La categoria di sussunzione reale era del resto gi stata al centro della lettura negriana dei Grundrisse (A. Negri, Marx oltre Marx, Milano, Feltrinelli, 1979). Qui Negri la collegava direttamente alla produzione di soggettivit e allo scompaginamento del nesso tra determinazioni strutturali e determinazioni sovrastrutturali, che attraversa la soggettivit. come una nuova accumulazione primitiva, aggiungeva: come in quella, in questa fase di sussunzione reale si costruiscono non solo le condizioni della riproduzione sociale, ma anche gli attori, i portatori, i soggetti di questa produzione (A. Negri, Fabbriche del soggetto, Livorno, 1987, pp. 76 s.). Ecco nominati alcuni dei concetti e dei problemi essenziali con cui ci confronteremo nelle pagine che seguono. Senza dimenticare che la formula produzione di soggettivit ha in riferimento a Marx sempre un duplice significato, ovvero che doppio (soggettivo e oggettivo) il significato del genitivo che la costituisce: allinterno del modo di produzione capitalistico, in altri termini, essa indica al contempo la costituzione della soggettivit, di uno specifico comportamento soggettivo, e la potenza produttiva della soggettivit, la sua facolt di produrre ricchezza (J. Read, The Micro-Politics of Capital. Marx and the Prehistory of the Present, Albany, State University of New York Press, 2003, p. 153). dallinterno di questa duplicit, come ha ricordato di recente Ranabir Samaddar, che Marx pone il problema della liberazione della soggettivit, ovvero della soggettivit rivoluzionaria (R. Samaddar, The Emergence of the Political Subject, New Delhi, Sage, 2010, p. xxviii).

3. Un doppio inizio La situazione particolare, che rende tanto difficile la comprensione teorica del problema marxismo e filosofia, consiste nel fatto che apparentemente questo travalicare i limiti del punto di vista borghese e solo esso trasforma il contenuto essenzialmente nuovo del marxismo in oggetto comprensibile porterebbe in pari tempo alla soppressione e alla distruzione delloggetto in quanto filosofico (Karl Korsch, Marxismo e filosofia [1923], trad. it. Milano, SugarCo, 1978, p. 48). Una volta segnato, sia pure per accenni, il campo teorico contemporaneo al cui interno si pone il problema della produzione di soggettivit opportuno dire qualcosa sul modo in cui questo stesso problema, diversamente nominato, si presentava al giovane Marx. Tanto sotto il profilo dei concetti politici quanto sotto il profilo dei concetti filosofici, il confronto con Hegel qui ineludibile. Per la semplice ragione che era lo stesso Marx a considerarlo tale in quello che solo per comodit analitica possiamo chiamare un doppio inizio: inestricabile infatti da subito, per Marx, il nesso che stringe politica e filosofia in termini tanto concettuali quanto storici. Tanto pi dopo Hegel. La nostra epoca politica; la nostra politica vuole la libert di questo mondo, aveva scritto nel 1842 Arnold Ruge, dando lapidaria espressione a questo incrocio di politica e filosofia nella storia (A. Ruge, La filosofia hegeliana del diritto e la politica del nostro tempo [1842], trad. it. in Annali di Halle e Annali tedeschi [1838-1843], Firenze, La Nuova Italia, 1981, p. 205). Limitiamoci a proposito di Hegel a pochi cenni, anche qui con lobiettivo di segnare un campo e di delineare i contorni di una problematica. negli anni di Jena che Hegel porta logicamente a compimento lo sviluppo del contrattualismo moderno nel momento stesso in cui ne articola una critica rigorosa e definitiva (cfr. G. Duso, La critica hegeliana del giusnaturalismo nel periodo di Jena, in Id., a cura di, Il contratto sociale nella filosofia politica moderna, Bologna, Il Mulino, 1987). Si potrebbe cos riassumere il punto che maggiormente mi interessa: il problema delle condizioni non individuali dellindividualit, presente sotto traccia nel pensiero politico moderno fin da Hobbes (non vi sono individui senza sovranit, per quanto il patto produca lillusione ottica della pre-esistenza degli individui al Leviatano), assunto con decisione da Hegel come tema fondamentale della sua riflessione. Ne deriva un essenziale movimento, che investe linsieme dei concetti e degli istituti in cui la politica stata modernamente pensata e articolata. Si incontra innanzitutto la vana astrazione di un concetto delluniversale libert di tutti, la quale sarebbe separata dalla libert dei singoli, scrive Hegel nel 1802 con trasparente riferimento a Rousseau; poi, daltro lato, appunto questa 10

libert dei singoli, parimenti isolata (G.W.F. Hegel, Scritti di filosofia del diritto [1802-1803], trad. it. Bari, Laterza, 1962, p. 57). questa opposizione astratta tra i singoli e i tutti che deve essere superata. Importa qui pi la posizione (o la riapertura) del problema da parte di Hegel di quanto non importino le soluzioni che gi in questi anni egli comincia a cercare in un nuovo concetto di costituzione (Verfassung) e sul piano delleticit. Lopposizione tra individuo e potere sovrano, attorno a cui si era sviluppato lintero giusnaturalismo, appare spezzata, lindividuale e il collettivo (il singolare e il comune, per usare termini che ricorrono negli scritti hegeliani, non sempre con il medesimo significato di particolare e universale) si presentano come figurazioni non necessariamente stabili prodotte da un movimento che conosce s i propri momenti e la propria articolazione ma che ha anche, filosoficamente e politicamente, una sua propria autonoma consistenza come movimento produttivo. In un libro dedicato alla ricostruzione storico-filosofica della figura del cittadino/soggetto, tienne Balibar ha mostrato lo svolgimento di questa problematica hegeliana nella Fenomenologia dello spirito. Io che Noi, e Noi che Io (Ich, das Wir, und Wir, das Ich ist) e lattivit di tutti e di ciascuno (das Tun aller und jeder): sono queste le due formule su cui maggiormente lavora Balibar. Ancora lindividuale e il collettivo, stretti in un nesso che impedisce di pensarli come termini opposti e sembra piuttosto indicare in una problematica messa in comune il luogo della soggettivit (. Balibar, Citoyen sujet et autres essais de anthropologie philosophique, Paris, PUF, 2011, in specie p. 238). E daltro canto: lo stesso concetto di universale pare a Balibar aprirsi in direzione del comune, nella filigrana dellAllgemeinheit traspare ci che all(en) gemein, a tutti comune (ivi, p. 269). Leggiamo il brano in cui compare la seconda delle formule hegeliane richiamate (e conviene farlo tenendo a mente il marxiano sogno di una cosa): la Cosa stessa unessenza il cui essere consiste, a un tempo, nellattivit del singolo individuo e in quella di tutti gli individui, e la cui attivit immediatamente per altri, una Cosa; essa cosa soltanto come attivit di Tutti e di Ciascuno, lessenza che costituisce lessenza delle essenza: la cosa stessa lessenza spirituale (G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, ed. it. con testo tedesco a fronte, Milano, Bompiani, 2000, p. 565). Die Sache selbst, la cosa stessa, vale qui la causa o laffare comune, come Balibar afferma convocando lautorit di traduttori e grandi interpreti francesi di Hegel (J.-P. Lefebvre, J. Hyppolite). Viene cos meglio in luce lo spiazzamento operato da Hegel rispetto alla questione aristotelica di ci che costituisce il proprio delluomo: lergon idion, lopera propria che anche lopera particolare, deve divenire anche un koinon ergon, una causa comune che si realizza in unopera, attraverso cui lattivit individuale comunica con luniversale (Balibar, Citoyen sujet, cit., pp. 271 s.). nello spazio aperto da questo spiazzamento che si colloca il doppio inizio di 11

Marx, nella filosofia e nella politica, nellunit che le stringe e che proprio attorno al problema del soggetto si d a vedere nel modo pi chiaro. Leggiamo da questo punto di vista un passo di quelli che conosciamo come Manoscritti economicofilosofici del 1844: il lavoro, lattivit vitale, la vita produttiva stessa appaiono alluomo in primo luogo soltanto come un mezzo per la soddisfazione di un bisogno, del bisogno di conservare lesistenza fisica. Ma la vita produttiva la vita della specie. la vita che produce la vita (das Leben erzeugende Leben). In una determinata attivit vitale sta interamente il carattere di una species, sta il suo carattere specifico; e lattivit libera e cosciente il carattere delluomo. La vita stessa appare soltanto come mezzo di vita (MEF, pp. 77 s.). La produzione produce luomo, dunque (MEF, p. 90). Produzione di vita, produzione delluomo, la creazione pratica di un mondo oggettivo (MEF, p. 78): ecco delineata, in poche battute, la problematica marxiana. Nellenfasi posta sul momento della produzione, su una creazione spogliata di ogni carattere trascendente, possiamo ascoltare echi epicurei e lucreziani, possiamo vedere la traccia delle grandi tradizioni del materialismo rinascimentale. Ma lo scarto con quello che si presentava a Marx come materialismo allindomani della morte di Hegel non potrebbe essere pi netto. Prima tesi su Feuerbach (1845): il difetto principale dogni materialismo fino a oggi (compreso quello di Feuerbach) che loggetto, la realt, la sensibilit, vengono concepiti solo sotto la forma dellobietto o dellintuizione; ma non come attivit sensibile umana (sinnlich menschliche Ttigkeit), prassi; non soggettivamente (nicht subjektiv). Fissiamo questo punto: non v materialismo, per Marx, se non superando lopposizione di soggetto e oggetto e la mediazione del loro rapporto attraverso lintuizione ovvero rinnovando profondamente limmagine stessa del soggetto. Hegel dovr certo essere rovesciato, perch, come si legge ancora nella prima tesi su Feuerbach, il lato attivo fu sviluppato astrattamente, in opposizione al materialismo, dallidealismo che naturalmente non conosce lattivit reale, sensibile in quanto tale. Lintensit della riflessione marxiana di questi anni sullestraneazione, sullalienazione (categorie, lo si ricordi, hegeliane) segnala del resto, per riprendere i termini impiegati da Balibar, una radicale interruzione nella comunicazione dellattivit individuale con luniversale. Ma il materialismo nuovo che Marx annuncia nelle tesi su Feuerbach non torner indietro rispetto a Hegel. E avr piuttosto il suo punto donore nel tenere ferma come chiave di una complessiva ricostruzione dellontologia la centralit dellattivit sensibile umana: di quella attivit pratica degli individui che spiazza le alternative che dividevano la filosofia tedesca post-hegeliana, quella tra reale e razionale non meno di quella tra sostanza e coscienza (cfr. Dardot Laval, Marx, prnom: Karl, cit., cap. II).

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Ontologia, si detto, dottrina dellessere. Lessere appare in questi anni, a Marx, come essere di massa (massenhaftes Sein), in cui luomo immerso (HF, p. 56). Ontologia dellimmanenza, ontologia dellessere sociale, ontologia delle relazioni attraverso cui sempre di nuovo luomo costruisce la sua storia e produce la sua natura: lesserci delluomo per laltro uomo, la sua relazione umana con laltro uomo, il rapportarsi sociale delluomo alluomo (HF, p. 44). celebre del resto laffermazione contenuta nella sesta tesi su Feuerbach: lessenza umana non qualcosa di astratto che sia immanente allindividuo singolo. Nella sua realt essa linsieme dei rapporti sociali (in seiner Wirklichkeit ist es das ensemble der gesellschaftlichen Verhltnisse) (se ne veda il commento in . Balibar, La filosofia di Marx, trad. it. Roma, Manifestolibri, 1994, pp. 32 ss.). Meno commentato un altro passo di questi stessi anni, in cui la critica dellastrazione si carica di valenze ulteriori. In questione qui, in La sacra famiglia (1845), la critica della critica critica di Bruno Bauer e consorti. Questa critica, scrivono Marx ed Engels, troneggia nella solitudine dellastrazione; essa pare occuparsi di un oggetto, ma non esce dalla sua solitudine priva doggetto per entrare in un rapporto realmente sociale con un oggetto reale, perch il suo oggetto soltanto loggetto della sua immaginazione, soltanto un oggetto immaginato (HF, p. 167). La critica dellastrazione qui critica della solitudine, di un soggetto che afferma la propria sovranit (che troneggia) soltanto nella misura in cui si erge solo al di sopra del mondo delle cose e degli uomini per ritrovarsi a maneggiare soltanto un oggetto immaginato. Una mera apologia di questa solitudine appare conseguentemente a Marx limmagine degli individui che abitano la societ borghese come atomi, condannati a muoversi irrelati in un mondo vuoto (cfr. HF, pp. 127 s.). Essi sono piuttosto, per riprendere una grande immagine dallIdeologia tedesca (1845-1846), individui empiricamente universali (IT, p. 34), uomini che sono s diventati individui astratti, ma proprio per questo e solo per questo sono messi in condizione di entrare come individui in collegamento tra loro (IT, p. 72). Il massimo di isolamento coincide qui con il massimo di socialit (cfr. L. Basso, Socialit e isolamento: la singolarit in Marx, Roma, Carocci, 2008). allinterno di questo nesso che occorre collocarsi, per studiare le condizioni che hanno condotto a strappare lindividuo allinsieme di condizioni (evidentemente non individuali, bens universali) che pure, empiricamente, ne determinano lesistenza e ne producono la soggettivit. Contro la critica critica si tratta di mettere al centro della ricerca lattivit essenziale del soggetto reale, che vive e soffre nella societ presente, partecipando dei suoi tormenti e delle sue gioie (HF, 169). Siamo cos passati, quasi senza accorgercene, dal primo inizio, quello filosofico, al secondo, quello politico: sono del resto lo Stato e la propriet privata i dispositivi, come oggi diremmo, che trasformano gli uomini in astrazioni in quanto essi stessi prodotti delluomo astratto (HF, p. 204). Si vede bene come il tema che si scelto come filo conduttore di questa esplorazione dei 13

cantieri marxiani la produzione di soggettivit illumini fin dalle opere giovanili la specularit di Stato e propriet privata. Nel punto dincrocio tra i due inizi di Marx c poi necessariamente la religione, terreno eminente di esercizio della critica nella filosofia post-hegeliana. Sarebbe interessante mostrare come Marx assuma anche qui una posizione di grande originalit, seguendo una traccia essenzialmente spinoziana (cfr. K. Marx, Quaderno Spinoza 1841, trad. it. Torino, Bollati Boringieri, 1987). Emergerebbe cos rispetto ai passi che si sono appena visti della Sacra Famiglia una diversa valenza, affatto materiale e incardinata nei processi di produzione storica della soggettivit, dellimmaginazione. Il punto che qui maggiormente rileva tuttavia un altro: ancora polemizzando con Bruno Bauer, in La questione ebraica (1844) Marx determina uno spiazzamento della politica moderna che ne investe in profondit le logiche e le categorie. Al centro del suo ragionamento nuovamente la figura di soggettivit corrispondente allo Stato moderno, solcata da una radicale scissione (Spaltung) tra il lato pubblico e il lato privato della sua esistenza, tra la vita nella comunit politica (im politischen Gemeinwesen) e la vita nella societ civile (QE, p. 58). Il riconoscimento da parte di Marx di quella che altri avrebbe chiamato la struttura teologico-politica della moderna forma Stato netto: la religione il riconoscersi delluomo per via indiretta. Attraverso un mediatore. Lo Stato il mediatore tra luomo e la libert delluomo (QE, p. 56). Quanto pi il mediatore si perfeziona, quanto pi lo Stato politico perfetto (der vollendete politische Staat) d espressione, rappresentandola, alla vita generica (Gattungsleben) delluomo, tanto pi si approfondisce la scissione tra questultima e la vita materiale delluomo stesso (QE, p. 57). Al contrario della critica critica di Bauer, la critica marxiana non pu dunque arrestarsi al terreno della pura politica: lanalisi dellemancipazione degli ebrei diventa anzi occasione per una critica complessiva dellemancipazione politica, nonch di concetti come democrazia e cittadinanza. Il movimento della critica va del resto apprezzato nella sua specificit: la politica innanzitutto assunta da Marx nei suoi effetti di realt, a loro volta descritti sotto il profilo della produzione di una figura specifica della soggettivit nel tempo storico in cui lo Stato si affermato come monopolista della politica stessa. Non qui, dallinterno di questa politica, che si pu muovere verso il superamento della scissione sopra indicata. Lorizzonte dunque segnato: quella che Marx chiama in La questione ebraica emancipazione umana (QE, p. 66) indica lo scarto che si comunque prodotto rispetto alla politica moderna. Laggettivo, umana, sar messo a dura prova dagli sviluppi degli anni successivi, sia per la progressiva presa di distanza di Marx dallumanesimo giovanile sia per il peso che assumer in modo sempre pi deciso nel suo lavoro, accanto allo Stato, unaltra potenza storica caratterizzata da precise modalit di produzione di soggettivit: il Capitale. Ma al centro del pensiero e dellazione di Marx rester il rompicapo della liberazione. Per intanto, la politica per cos dire messa in dissolvenza. 14

Ma non quel che accade anche con la filosofia? Non v in Marx un urto continuo, in questi anni, contro il limite della filosofia? Non avvia il nuovo materialismo, quantomeno nelle intenzioni, la dissolvenza della filosofia stessa? A me pare evidente che le cose stiano cos. Non dimentichiamo le difficolt, le vere e proprie aporie che segnano il programma di Marx tanto in politica quanto in filosofia. Mi interessa di pi, tuttavia, segnalare che, pensato insieme, questo doppio movimento di dissolvenza sembra indicare un rapporto tra filosofia e politica decisamente diverso da quello che Jacques Rancire ha definito in riferimento a Marx con la formula meta-politica (J. Rancire, La Msentente. Politique et philosophie, Paris, Galile, 1995, pp. 118 ss.). Decisiva non in Marx, neppure in La questione ebraica, la denuncia della non-verit della politica, la scoperta del sociale come verit del politico. Una volta presi sul serio gli effetti di realt della politica moderna, e una volta misurati questi effetti sul terreno specifico della produzione di soggettivit, il sociale non pu in particolare, se non per unillusione ottica, essere pensato come altro dalla politica, appunto come sua verit. Quella di Marx semmai, se vogliamo giocare con le formule, una anti-politica, nel senso preciso di una politica che incorpora al proprio interno lelemento che la eccede e ne mostra continuamente il limite.

4. Il soggetto della storia, il soggetto nella storia E molti di noi affondarono nei pressi delle coste, dopo lunga notte, alla prima aurora. Verrebbero, dicevamo, se solo sapessero. Che sapevano, noi non lo sapevamo ancora (Bertold Brecht, Labic della guerra [1945], n. 48, trad. it. in Poesie, vol. II, Torino, Einaudi, 2005, p. 509). Il nuovo materialismo prima di tutto materialismo storico. E la storia si presenta prima di tutto a Marx come regno della libert: la storia non fa nulla, leggiamo ancora in La sacra famiglia, luomo, luomo reale, vivo, che fa tutto, che possiede, che lotta. Non ad esempio la Storia che ha bisogno delluomo come mezzo, per realizzare i suoi scopi, come se fosse una persona originale: al contrario essa non nullaltro che lattivit degli uomini che perseguono i propri scopi (HF, p. 98). Durer poco questa inebriatura di libert, lombra della necessit si distender progressivamente sulla storia nella stessa riflessione marxiana. Lineluttabilit della rivoluzione verr ammantandosi in molte pagine di Marx (per tacere dei marxismi) di un carattere oggettivo, il movimento della struttura sembrer esso stesso il soggetto della storia, a cui si affider il 15

maturare delle condizioni per il superamento del capitale. In un testo tanto breve quanto celebre, la prefazione del 1859 a Per la critica delleconomia politica, la successione dei modi di produzione (asiatico, antico, feudale, borghese) presentata come successione di epoche che marcano il progresso della formazione economica della societ. E Marx scrive: una formazione sociale non perisce finch non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui pu dar corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai, prima che siano maturate in seno alla vecchia societ le condizioni materiali della loro esistenza (C, I, p. 958). Certo, il Manifesto del partito comunista (1848) aveva proclamato fin dalle prime sue righe: la storia di ogni societ esistita fino a questo momento storia di lotte di classi (MPC, p. 100). Ma qual il ruolo della lotta di classe nel maturare delle condizioni di nuovi e superiori rapporti di produzione? Come interviene la soggettivit dentro e contro questo processo? E di quale soggettivit stiamo parlando, della classe o forse di unavanguardia, di un partito? Sono domande che, indipendentemente dagli sviluppi teorici e politici successivi alla sua morte, interpellano radicalmente il pensiero di Marx, attraversato da una continua oscillazione e da formidabili tensioni rispetto al problema che quelle stesse domande pongono. In una pagina del 18 brumaio di Luigi Bonaparte (1852), i termini di questo problema sono fissati in modo tanto preciso quanto impegnativo dal punto di vista teorico: gli uomini fanno la storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bens nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a s, determinate dai fatti e dalla tradizione (18B, p. 172). Si deve qui cogliere un elemento di pessimismo marxiano, dovuto agli sviluppi della rivoluzione del 48, bagnati del sangue degli insorti di giugno a Parigi? Non parrebbe, se vero che gi in Lideologia tedesca possiamo rinvenire formulazioni che anticipano quella che si appena citata (cfr. ad es. IT, pp. 35 s.), a partire da una riflessione sullestraneazione (IT, p. 33). pi corretto vedervi lo svolgimento di un problema interno allo stesso nuovo materialismo di Marx, del problema cio del rapporto, costitutivo dellattivit pratica degli individui, che questultima intrattiene tanto con le condizioni determinate al cui interno essa si svolge quanto con quelle che essa stessa produce: ogni attivit condizionata e produce delle nuove condizioni trasformando quelle che essa ha dapprima incontrato davanti a s, come date al di fuori di s e indipendentemente da s (Dardot Laval, Marx, prnom: Karl, cit., p. 139). Restiamo alla formulazione del 18 brumaio. Vi si pu vedere enunciato un tema che segner, in particolare in Germania, la grande cultura borghese dei decenni successivi, tra storicismo (W. Dilthey), sociologia classica (G. Simmel, M. Weber) ed ermeneutica filosofica (H.G. Gadamer). Si tratta di sviluppi in cui prevarranno progressivamente tonalit tragiche nella descrizione della gabbia dacciaio che progressivamente si stringe attorno alla libert del soggetto nella storia: lultimo Simmel, quello della tragedia della cultura, da questo punto di vista esemplare. La 16

pagina marxiana appare pi controllata, anche se limmagine con cui prosegue il passo citato non delle pi rassicuranti: la tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello dei viventi (18B, p. 172). Ci nondimeno, per quanto non in modo arbitrario, sono pur sempre gli uomini che fanno la storia. Si sarebbe tentati di parlare di equilibrio marxiano. E tuttavia credo che nulla sarebbe pi sbagliato: in questione non qui una semplice opposizione tra le circostanze oggettive e gli uomini, bens unaltra lacerazione che attraversa il soggetto. Gayatri Spivak, commentando un altro passo del 18 brumaio, ha scritto che Marx obbligato a costruire i modelli di un soggetto diviso e dislocato, le cui parti non sono continue e coerenti tra loro (G. Ch. Spivak, Critica della ragione postcoloniale (1999), trad. it. Roma, Meltemi, 2004, p. 271). Il punto che il soggetto al tempo stesso prodotto dalle circostanze che gli si presentano come esterne, come oggettive, e produttore di quelle medesime circostanze, tanto nel senso che esse nulla hanno di naturale (essendo state a loro volta prodotte da uomini che hanno fatto la storia) quanto nel senso che, sapendole costruite, il soggetto pu trasformarle o distruggerle. La divisione, come sottolinea Spivak, attraversa il soggetto stesso, non scinde soggetto e oggetto. Pi che alla ricerca dei passi marxiani in cui loggettivismo che dominerebbe la critica delleconomia politica cede il campo alla logica della guerra di classe (questa, un poco semplificando, lipotesi su cui lavorano Dardot e Laval nel libro pi volte citato), si tratta allora di forzare lanalisi proprio sul terreno della produzione di soggettivit. E qui lequilibrio, nella prospettiva marxiana, non potr che apparire come forma della dominazione, come capacit per riprendere due categorie che si sono gi incontrate (e che Marx utilizza anche prima del 48 [cfr. MF, p. 79] dei rapporti di produzione di contenere al proprio interno le forze produttive. A ben vedere, il brano del 18 brumaio anticipa sul terreno della storia la tensione e lantagonismo tra queste categorie cruciali della critica delleconomia politica, riformulando una classica problematica machiavelliana. Fortuna (le circostanze) e virt (la capacit degli uomini di fare la storia) vengono qui a indicare i due poli attorno a cui si determina materialmente la costituzione del soggetto. La riflessione marxiana terr fermo questo schema analitico negli anni successivi, e il problema che ne occuper il centro minacciando di tanto in tanto di trasformarsi in un rompicapo sar la fondazione teorica (e al tempo stesso necessariamente politica) di quello che possiamo chiamare il momento delleccedenza soggettiva. Detto in altri termini: di una libert materialisticamente rinnovata nella storia. Nella storia, in ogni caso, gli uomini reali (noi aggiungeremmo e le donne reali, ma non usava ai tempi di Marx) vivono e soffrono, lottano e fanno i conti con le circostanze in cui si trovano ad agire. Lo stesso Marx, in quanto uomo reale, partecip intensamente tanto dei tormenti quanto delle gioie della porzione di storia che gli capit di vivere. Il 48, in questo senso, fu per 17

lui come del resto per lintera Europa un tornante decisivo. Allinizio di quellanno usciva il Manifesto del partito comunista, con lobiettivo di farla finita con la favola dello spettro del comunismo e di esporre apertamente in faccia a tutto il mondo il programma dei comunisti (MPC, pp. 64 s.). Di questo testo, pamphlet politico tra i pi straordinari e influenti che siano mai stati scritti, conviene qui evidenziare un unico punto: la potenza di anticipazione teorica di una presa di parola che diventa immediatamente politica. Gli anni Quaranta dellOttocento erano stati caratterizzati da grandi dibattiti sulla questione sociale, su cui appunto aleggiava lo spettro del comunismo. La rivolta dei canut (i tessitori di seta) di Lione del 1831 aveva prefigurato lirruzione sulla scena europea di un nuovo e minaccioso soggetto, che lanno successivo Blanqui avrebbe nominato con un termine antico: proletario. Ma certo, allinizio del 1848 non erano in molti a pensare che nel corso di quellanno i due grandi campi nemici, le due grandi classe contrapposte luna allaltra, borghesi e proletari (MPC, p. 101) si sarebbero scontrati armi in pugno. Non sembravano esservene le condizioni oggettive, per riprendere il tema appena trattato, e ancora a febbraio, a Parigi, borghesi e proletari avevano lottato fianco a fianco contro la monarchia di luglio e per la repubblica. Poi venne giugno, la terribile insurrezione in cui venne combattuta la prima grande battaglia tra le due classi in cui divisa la societ moderna (LCF, p. 44). Alexis de Tocqueville riconobbe nei suoi Ricordi (1851), da posizioni politiche antitetiche rispetto a quelle di Marx, la cesura che questa insurrezione determin rispetto alla moderna storia delle rivoluzioni: gli insorti combatterono senza grido di guerra, senza capi, senza bandiere, e tuttavia presentando un insieme meraviglioso e unesperienza militare che meravigli i pi vecchi ufficiali. Quello che la distinse ancor pi tra gli avvenimenti del genere accaduti da sessantanni a questa parte tra noi, fu il fatto che essa non ebbe per iscopo quello di cambiare la forma di governo, ma di alterare lordine della societ. A dir la verit non fu una lotta politica (nel senso che avevano dato fino allora a questa parola), ma una lotta di classe, una specie di guerra servile (A. de Tocqueville, Scritti politici, vol. I, Torino, Utet, p. 422). Marx, questa cesura, la aveva anticipata. Le locomotive della storia: cos Marx, in Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850 (una serie di articoli storici scritti in presa diretta sugli eventi), definisce le rivoluzioni (LCM, p. 132). Ci sono momenti, nella storia, in cui il tempo accelera vertiginosamente. Ma in quale direzione? In quella oggettivamente stabilita dalla ragione, dal progresso o dalle leggi di movimento della struttura economica? Conviene leggere sulla base di questa domanda gli scritti marxiani sul 48. A me pare che si debba parlare, a questo proposito, di una concentrazione nel tempo di una serie di vettori di sviluppo, di una loro scomposizione e di una tendenziale esplosione dellunit della storia stessa. Certo, la pagina marxiana spesso ci rassicura sullesito di questo complesso movimento. Quando leggiamo che la rivoluzione va fino in fondo alle cose, che lavora con 18

metodo, intravediamo il sicuro riscatto della sconfitta di giugno, nel giorno in cui lEuropa balzer fuori dal suo seggio grider: ben scavato, vecchia talpa! (18B, pp. 300 s.). Ma dovrebbe forse stupirci questa rassicurazione nello scritto di un rivoluzionario non pentito? Evidentemente no: si renda piuttosto lonore delle armi al vecchio Karl! Ci che mi interessa di pi, sotto il profilo teorico, quello che ho chiamato il movimento di scomposizione e la tendenziale esplosione dei diversi sviluppi ricostruiti da Marx negli scritti sul 48 nonch dei tempi storici che li caratterizzano. Da una parte almeno due storie di lungo periodo conoscono, passando attraverso limbuto della rivoluzione del 48, unaccelerazione che non sembra alterarne il corso da tempo intrapreso: quella della moderna forma Stato (tutti i rivolgimenti politici non fecero che perfezionare questa macchina, invece di spezzarla, 18B, p. 302) e quella del capitale (laristocrazia finanziaria non solo non stata abbattuta dalla rivoluzione, ma anzi ne ha tratto maggior forza, LCF, p. 150). C per almeno una terza storia che corre parallela a queste, le attraversa e le condiziona acquisendo progressivamente autonomia: quella che potremmo chiamare la storia politica dei subalterni (termine che Marx non usa e che provvisoriamente adottiamo, seguendo pi Spivak che Gramsci, per enfatizzare la problematicit della nominazione dei suoi soggetti). una storia contraddistinta da uno specifico regime di accumulazione di esperienze, di invenzione di istituti, di linguaggi, di rapporti, da tempi propri e da originali dispositivi di produzione di soggettivit. La rivoluzione di febbraio era stata la bella rivoluzione, scrive Marx, la rivoluzione della simpatia generale, perch gli antagonismi che erano scoppiati in essa contro la monarchia sonnecchiavano tranquilli luno accanto allaltro, non ancora sviluppati. Ecco nuovamente posto il problema delle circostanze, della maturazione delle condizioni oggettive della rivoluzione. Il punto che qui i tempi di maturazione sono bruciati, non passano che quattro mesi e subentra la rivoluzione di giugno, la rivoluzione brutta, la rivoluzione ripugnante, perch al posto della frase subentrata la cosa, perch la repubblica stessa ha svelato la testa del mostro, abbattendo la corona che la proteggeva e la copriva (LCF, p. 45). Nello scarto tra febbraio e giugno intravediamo dunque i lineamenti di unaltra storia. E nellanalisi marxiana cogliamo preziose indicazioni di metodo per ricostruire in chiave genealogica la forza con cui le lotte e i movimenti dei subalterni fanno la (propria) storia: si pensi allanalisi dei club, in cui Marx vede altrettante Assemblee costituenti del proletariato (LCF, p. 84), ma anche allinsistenza sulla capacit dellautonoma iniziativa proletaria di dettare il ritmo dello sviluppo delle forme istituzionali borghesi, dapprima elaborando alla perfezione il potere parlamentare, per poterlo rovesciare, poi spingendo alla perfezione il potere esecutivo per concentrare contro di esso tutte le sue forze di distruzione (18B, pp. 300 s.). Sar bene non dimenticare che su questa storia incombe il massacro degli insorti di giugno. E sar dunque il caso, una volta riconosciuta la 19

sua autonomia, di non isolare analiticamente la storia politica dei subalterni dalla costellazione pi generale in cui si inserisce. A me pare tuttavia che lindicazione marxiana sia preziosa, tanto per il lavoro storiografico quanto per quello teorico-politico. Possiamo scorgervi del resto, sia pure in frammenti, una traccia di riflessione non soltanto su unaltra storia ma anche su unaltra politica, che emerge nella dissolvenza di quella costruita dallo Stato moderno. Gi nei Manoscritti del 1844, del resto, Marx aveva cercato di fissare questa traccia, alludendo a quello che possiamo chiamare un momento di eccedenza strutturale della lotta proletaria rispetto ai suoi obiettivi immediati. Quando gli operai comunisti si riuniscono, aveva annotato, essi hanno primamente come scopo la dottrina, la propaganda, ecc. Ma con ci si appropriano immediatamente di un nuovo bisogno, del bisogno della societ, e ci che sembra un mezzo diventato scopo. E aveva aggiunto: questo movimento pratico pu essere osservato nei suoi risultati pi luminosi, se si guarda a una riunione di ouvriers socialisti francesi. Fumare, bere, mangiare, ecc. non sono pi puri mezzi per stare uniti, mezzi di unione (MEF, p. 137). Ripetiamolo: unannotazione. Che pu tuttavia rivelarsi preziosa.

5. Lavoro vivo Se lalienazione del lavoro significa un totale annullamento ed estraneazione della natura umana, lo stesso lavoro deve essere allora inteso come espressione e realizzazione propria e peculiare della natura umana. Ma ci significa che esso concepito come una categoria filosofica. Anche se le cose stanno, dunque, nel modo che abbiamo cercato di spiegare, non oseremmo tuttavia usare a proposito della teoria marxiana un termine di cui stato fatto cos cattivo uso come quello di ontologia, se non lo usasse esplicitamente Marx (Herbert Marcuse, Nuove fonti per la fondazione del materialismo storico [1932], trad. it. in Id., Marxismo e rivoluzione, Torino, Einaudi, 1975, p. 73). Passarono solo pochi anni dalle rivoluzioni del 48, e gi queste ultime venivano definite da Marx soltanto dei poveri episodi piccole rotture e crepe nella dura crosta della societ europea. Eppure, aggiungeva, esse resero visibile una voragine. Esse rivelarono, al di sotto della 20

superficie apparentemente solida, un mare di materia fluida, che aveva solo bisogno di espandersi per mandare in frantumi continenti di roccia compatta (MEW, XII, p. 3). Al momento di scrivere queste righe, nel 1856, Marx viveva ormai da diversi anni in esilio a Londra, in quellInghilterra che, in quanto domina il mercato mondiale, gli appariva gi in Le lotte di classe in Francia come il paese in cui la prossima rivoluzione avrebbe dovuto trovare il proprio inizio di organizzazione (LCF, p. 124). Intanto si era immerso nel mare di materia fluida della critica delleconomia politica, intraprendendo un itinerario di ricerca che soltanto con la pubblicazione del primo libro del Capitale (1867) avrebbe trovato una provvisoria conclusione. Una nuova rivoluzione, aveva scritto dopo il 48, non possibile se non in seguito a una nuova crisi. Luna per altrettanto sicura quanto laltra (LCF, p. 152). In condizioni di estrema povert, tormentato da problemi di salute e da stenti di ogni genere, Marx scrutava in questi anni lorizzonte alla ricerca dei segni della crisi che doveva arrivare. Quando cominci la grande recessione degli anni 1856-1858, egli ne fu analista e cronista straordinariamente acuto (cfr. S. Bologna, Moneta e crisi: Marx corrispondente della New York Daily Tribune, 1856-57, in AA.VV., Crisi e organizzazione operaia, Milano, Feltrinelli, 1974). Lipotesi del nesso necessario tra crisi e rivoluzione non trov alcuna conferma: ma sotto la spinta della crisi (come tonificato dallattesa della rivoluzione) Marx impresse unaccelerazione al suo lavoro di critica delleconomia politica, di cui tent di fissare tra il 1857 e il 1859 i lineamenti fondamentali (Grundrisse). Ne derivarono una serie di manoscritti destinati a giacere tra le tante bozze provvisorie di Marx fino alla pubblicazione nel 1939 (ma solo con la ristampa del 1953 cominci la vera e propria ricezione dellopera). In questi manoscritti troviamo alcune delle formulazioni pi suggestive per chi voglia leggere Marx alla luce della problematica della produzione di soggettivit. La produzione di capitalisti e di operai salariati, leggiamo ad esempio nella sezione nota come forme che precedono la produzione capitalistica, dunque un prodotto fondamentale del processo di valorizzazione del capitale (G, II, p. 145). Si badi, per anticipare un problema che verr affrontato pi avanti: il processo di valorizzazione del capitale produce le figure soggettive del capitalista e delloperaio salariato, ma al tempo stesso non logicamente possibile senza queste stesse figure che appaiono quindi, al tempo stesso, come suo presupposto. La produzione di soggettivit (e la riproduzione delle sue figure) appare in ogni caso collocata al centro dellanalisi del processo di valorizzazione del capitale. Il problema che Marx aveva affrontato in giovent sotto la rubrica della estraneazione si ripresenta in questo brano nei termini di un processo di oggettivazione del lavoro. Questultimo, che occupa ormai il campo dellattivit pratica degli individui, si traduce in prodotti (in oggetti) la cui appropriazione e accumulazione in mani diverse rispetto a quelle dellindividuo che lavora d luogo al sorgere di una potenza a lui estranea e ostile. in questo 21

processo che sorge il capitale, letteralmente impensabile per Marx al di fuori di un rapporto antagonistico nella cui definizione immediatamente in gioco il significato stesso assunto dai termini oggettivit e soggettivit. Scrive Marx: poich in questo processo il lavoro oggettivato posto al tempo stesso come non oggettivit delloperaio, come oggettivit di una soggettivit contrapposta alloperaio, come propriet di una volont a lui estranea, il capitale necessariamente al tempo stesso capitalista (G, II, pp. 145 s.). E ancora: nel concetto di capitale insito che le condizioni oggettive del lavoro e queste sono il prodotto vero e proprio assumano una personalit (Persnlichkeit) contrapposta al lavoro o, che lo stesso, che esse siano poste come propriet di una personalit estranea al capitale (G, II, p. 146). Il capitale non una cosa, ma un rapporto sociale tra persone mediato da cose, avrebbe scritto Marx nelle ultime pagine del primo libro del Capitale (C, I, p. 941; cfr. anche C, III, p. pp. 1095 s.). Leggere questa definizione alla luce del brano dei Grundrisse che abbiamo appena commentato ci consente di fissare due punti importanti. In primo luogo, le figure soggettive tra cui si determina il rapporto sociale che il capitale non sono date: devono essere piuttosto prodotte e continuamente riprodotte dal processo di valorizzazione del capitale. In secondo luogo, la mediazione delle cose agisce in modo essenzialmente diverso ai due estremi soggettivi del rapporto: la personalit del capitalista si definisce come una sorta di supporto (Trger, portatore, termine centrale in Marx proprio a proposito dellanalisi della soggettivit) delle condizioni oggettive del lavoro prodotte dalloperaio. Non pare esservi pi alcuno spazio per una figura unitaria di soggettivit allinterno di un campo che piuttosto segnato da una radicale asimmetria (ed questo il significato ultimo del congedo marxiano dallumanismo). Lo stesso concetto di lavoro, di cui si ricorder la definizione marxiana nel 1844 come vita che produce la vita, conosce allinterno del laboratorio della critica delleconomia politica, una serie di trasformazioni e di dislocazioni fondamentali. Si scompone, o meglio si scinde, in una serie di coppie concettuali attraversate anchesse dallantagonismo: lavoro vivo e lavoro morto, lavoro presente e lavoro passato, lavoro astratto e lavoro concreto, forza lavoro e lavoro, lavoro produttivo e lavoro improduttivo, lavoro necessario e pluslavoro, per ricordarne alcune delle pi significative. Quello che tuttavia Marx tiene fermo della sua folgorante definizione giovanile che il lavoro indica una soggettivit di massa che attraverso la produzione di oggetti d avvio al processo al cui interno il capitale emerge appropriandosi (in forme mutevoli) di questi oggetti. Il capitale si presenta dunque sulla scena come una sorta di oggettivit alla seconda potenza, contrapponendosi ai lavoratori, convertendo gli oggetti appropriati e accumulati in qualcosa di fondamentalmente diverso, in condizioni oggettive del lavoro stesso (G, II, p. 133). Il capitalista sorge, lo si visto, come personificazione di queste condizioni oggettive. Daltro canto, abbiamo qui soltanto uno 22

schema formale dellorigine e del funzionamento del rapporto sociale capitalistico: nel suo distendersi nella storia, nel suo farsi modo di produzione dominante, questo rapporto continua a produrre e riprodurre le sue figure di soggettivit. Lo sviluppo del capitalismo da una parte inconcepibile senza lazione di questi soggetti e in primo luogo del lavoro, che ha nella prospettiva marxiana una vera e propria priorit ontologica sul capitale: le stesse forme di soggettivazione del lavoro, i suoi movimenti e le sue lotte svolgono un ruolo fondamentale nello spingere innanzi lo sviluppo capitalistico. Ma daltra parte questultimo retroagisce per cos dire tanto sulle figure soggettive del lavoro quanto su quelle del capitale, modificandone la composizione e riproducendone su scala allargata il rapporto. Il movimento del capitale senza misura (C, I, p. 184), un processo infinito (G, I, p. 250); laccumulazione capitalistica non conosce limiti, n sociali n geografici: abbiamo imparato quanto Marx avesse ragione su questo punto. Il capitalismo non , al contrario di quanto ancora oggi si sente ripetere, la logica di uno dei sistemi in cui si articola la societ nazionale o mondiale, ovvero del sistema economico. In quanto rapporto sociale tende a strutturare linsieme della societ in modo coerente con la propria razionalit con la valorizzazione e laccumulazione senza limiti di capitale. Riproducendosi su scala sempre pi allargata, del resto, il modo di produzione capitalistico non produce soltanto merce e plusvalore, bens - Marx lo ripete nel primo libro del Capitale produce e riproduce il rapporto capitalistico stesso: da una parte il capitalista, dallaltra loperaio salariato (C, I, p. 710). Produzione e riproduzione di un rapporto, ovvero delle due figure in cui la soggettivit si presenta scissa allinterno del capitalismo: unindicazione di metodo, quella che deriviamo dai testi di Marx, che ci consente anche, una volta assunta nella sua rilevanza costitutiva per la critica delleconomia politica, di spiazzare le discussioni sul rapporto tra struttura e sovrastruttura. E ci suggerisce piuttosto di analizzare dal punto di vista della produzione di soggettivit lo scomporsi e il ricomporsi in mutevoli assemblaggi dei fattori economici, politici, giuridici, culturali etc. (cfr. S. Mezzadra, Bringing Capital Back In: A Materialist Turn in Postcolonial Studies?, in Inter-Asia Cultural Studies, XII [2011], 1). Oggetto della nostra analisi, si legge allinizio della cosiddetta Introduzione del 1857 ai Grundrisse, innanzitutto la produzione materiale (G, I, p. 3). Ma Marx non torna indietro rispetto allo scarto determinato dal nuovo materialismo degli anni giovanili nella stessa definizione della materia. E nella produzione materiale, rinnovandone in profondit il concetto, disloca linsieme delle acquisizioni filosofiche che abbiamo cercato di leggere alla luce della problematica contemporanea della produzione di soggettivit. Un principio di indeterminazione agisce cos sul terreno della produzione materiale (ancora: la vita che produce la vita), aprendola

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costitutivamente in direzione di una serie di dimensioni che solo in apparenza (agli occhi del materialista volgare) si presentano come immateriali. E tuttavia rimane vero che ormai, in Marx, non c categoria che possa essere definita fuori dalla potenzialit della scissione (cfr. Negri, Marx oltre Marx, cit., p. 56). La vita ora interamente collocata sul versante del lavoro, e questultimo appare come lunico soggetto, di fronte a un capitale che acquisisce soggettivit soltanto in una sorta di gioco di specchi (Marx parla di transustanziazione [G, I, p. 296]), in quanto immagine rovesciata delloggettivit, della morte e del passato: lunica cosa differente dal lavoro oggettivato il lavoro non oggettivato ma ancora da oggettivare, il lavoro come soggettivit. Oppure: il lavoro oggettivato, ossia spazialmente presente (rumlich vorhanden), pu essere anche contrapposto, come lavoro passato, al lavoro temporalmente presente (zeitlich vorhanden). Nella misura in cui deve essere presente temporalmente, come lavoro vivo, esso pu esserlo soltanto come soggetto vivo, in cui esiste come capacit (Fhigkeit), come possibilit (Mglichkeit); perci come operaio (G, I, pp. 251 s.). Non solo asimmetria, dunque: eccedenza costitutiva del lavoro nel rapporto di capitale. E tuttavia questo rapporto lo stringe con quelle che potremmo definire variando una formula utilizzata in precedenza come le condizioni non soggettive della sua soggettivit materialmente rappresentate dal capitale. Nel corpo a corpo con il lavoro passato, morto, ovvero con le macchine, il lavoro come soggettivit, il lavoro vivo sottoposto esso stesso alla potenza materiale della scissione. Nellet della grande industria, in particolare, il corpo operaio collettivo amputato del suo cervello: la scissione fra le potenze mentali del processo di produzione e il lavoro manuale, la trasformazione di quelle in poteri del capitale sul lavoro, si compie [] nella grande industria edificata sulle macchine (C, I, p. 518). Certo, questa espropriazione non senza resti, il cervello operaio si ricostruisce nella cooperazione sovversiva e nelle lotte contro lorganizzazione capitalistica del lavoro in fabbrica. Dentro lo sviluppo capitalistico, e sotto la pressione di queste lotte, la figura soggettiva del lavoro sfruttato dal capitale conoscer trasformazioni profondissime, e sar ben lungi dal limitarsi al lavoro manuale. Dispendio di cervello, nervi, muscoli, organi sensoriali, ecc. umani (C, I, p. 87): linsieme delle attivit corrispondenti a questo succinto elenco marxiano sar () coinvolto in questo processo. Diverso sar di volta in volta il rapporto tra il lavoro vivo e le condizioni oggettive del lavoro (tra il soggetto e le condizioni non soggettive della soggettivit), il general intellect di cui Marx parla in un passo celebre dei Grundrisse (G, II, p. 403) diventer esso stesso terreno di antagonismo. Ma la scissione si riprodurr sempre, in forme che si tratta di indagare anche nel nostro presente.

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bene del resto seguire lindicazione di Dipesh Chakrabarty e leggere il concetto di lavoro vivo alla luce di unaltra essenziale categoria marxiana, ovvero quella di lavoro astratto (cfr. D. Chakrabarty, Provincializing Europe. Postcolonial Thought and Historical Difference, Princeton, NJ, Princeton University Press, 2000, cap. 2). Marx propone in primo luogo, di questo concetto, unapologia: il lavoro che si contrappone al capitale lavoro astratto in quanto lavoro puro e semplice, assolutamente indifferente a una particolare determinatezza, ma capace di ogni determinatezza. Se nel capitale la ricchezza generale esiste oggettivamente, come realt, questo lavoro anchesso la ricchezza generale ma come sua possibilit generale, che si conferma nellattivit come tale (G, I, p. 280). Pura potenza sociale appare qui il lavoro astratto, e la sua indifferenza a ogni determinatezza (cio ai contenuti concreti del lavoro) pone le condizioni per la soggettivazione antagonistica del lavoro stesso. Ma il lavoro astratto anche quello su cui si esercita la misura capitalistica, il modo in cui il capitale rappresenta il lavoro, prima di tutto attraverso il salario e poi nelle dimensioni sociali su cui si esercita la sua produttivit. Un valore duso o bene, scrive Marx nel capitolo sulla merce del primo libro del Capitale, ha valore soltanto perch in esso viene oggettivato, o materializzato, lavoro astrattamente umano (C, I, p. 47). Il lavoro astratto la produttivit generale del lavoro cos come appare attraverso la norma della valorizzazione del capitale. il criterio di disciplinamento che vive al cuore del lavoro vivo linteriorizzazione del vampiro, per richiamare unaltra immagine utilizzata da Marx per definire il capitale (cfr. M. Neocleus, Il mostro e la morte. Funzione politica della mostruosit [2005], trad. it Roma, DeriveApprodi, 2008, cap. 2).

6. Spettri hobbesiani Il segno che contraddistingue la societ borghese al suo tramonto proprio questa contraddizione: da un lato, il crescente svuotamento delle forme della reificazione si potrebbe dire il lacerarsi della loro crosta per via del loro vuoto interno , la loro crescente incapacit di comprendere i fenomeni, sia pure nella loro singolarit e secondo modi calcolistico-riflessivi; dallaltro, la loro crescita quantitativa, il loro vuoto diffondersi estensivamente sullintera superficie dei fenomeni (Gyrgy Lukcs, Storia e coscienza di classe [1923], trad. it. Milano, SugarCo, 1978, p. 274). 25

noto: la distinzione tra valore duso e valore di scambio delle merci, non certo inventata da Marx, trova uno sviluppo vertiginoso nelle prime pagine del Capitale, fino a culminare nelle acrobazie concettuali della sezione intitolata il carattere di feticcio della merce e il suo arcano (in buona misura aggiunta alla seconda edizione dellopera, del 1873). Grilli sgomitolati dalla testa di legno di un tavolo, trasformato in una cosa sensibilmente soprasensibile, ci avvertono del carattere mistico della merce (C, I, p. 87): questultima, una volta che lattenzione si sia fissata sulla sua forma, risulta una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici (C, I, p. 86), un geroglifico sociale (C, I, p. 90). Pagine celebri, queste di Marx, e a loro volta imbrogliatissime. Il problema teologico-politico che abbiamo visto in La questione ebraica ritorna qui disseminando spettri nel mondo delle cose e nella loro vita sociale (cose sociali sono infatti le merci, C, I, p. 88). Marx stesso nota del resto che qui, per trovare unanalogia, dobbiamo involarci nella regione nebulosa del mondo religioso (C, I, p. 88). In un altro contesto (nel capitolo del terzo libro del Capitale dedicato alla formula trinitaria) introduce limmagine di una religione della vita quotidiana (C, III, p. 1115; cfr. L. Basso, Agire in comune. Antropologia e politica nellultimo Marx, Verona, Ombre corte, 2012, cap. I). Una chiave concettuale per leggere queste pagine dal punto di vista della produzione di soggettivit ci offerta dalla semantica (eminentemente teologico-politica) della rappresentanza, di cui bene assumere lintero spettro dei significati. Qualcosa di comune (ein Gemeinsames) costituisce il sostrato del mondo delle merci, caratterizzato da una spettrale oggettivit (C, I, pp. 46 s.). Le merci rappresentano questo qualcosa di comune, la sostanza dei loro valori, hanno anzi in generale valore (di scambio) soltanto perch in esse viene oggettivato, o materializzato, lavoro astrattamente umano (C, I, p. 47). Quando Marx parla del lavoro rappresentato nelle merci, usa il verbo darstellen, e non vertreten o reprsentieren, i due verbi solitamente utilizzati per indicare la dimensione politica della rappresentanza. Ma il problema di fondo che a partire da Hobbes sta al cuore di questultima (la produzione sovrana dellunit politica e del popolo, di un ordine sovra-individuale riconoscendosi nel quale gli individui divengono cittadini) ben presente nellanalisi di Marx. Rappresentato nelle merci, quel qualcosa di comune che costituisce la sostanza dei loro valori esibisce lo stesso scarto tra individuale e collettivo che segna la sovranit e il popolo costruiti dalla teoria politica moderna. Scrive Marx: la forza lavoro complessiva della societ che si presenta nei valori del mondo delle merci vale qui come unica e identica forza lavoro umana, bench consista di innumerevoli forze lavoro individuali (C, I. p. 48). La cittadinanza nel mondo delle merci si acquista partecipando a un gioco dello scambio in cui continuamente quello che gli uomini hanno in comune si presenta ai singoli nella forma di unoggettivit separata, cosificata.

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Lestraneazione politica analizzata criticamente da Marx in La questione ebraica si presenta cos dislocata rispetto al terreno classico dello Stato, della sovranit e della cittadinanza, per infiltrarsi nei pi minuti rapporti di scambio che tessono la trama della quotidianit nella societ delle merci. Acquisisce cos tutto il suo significato, ai fini dellanalisi che si sta conducendo, il feticismo delle merci: il suo arcano, scrive Marx, consiste nel fatto che la forma merce, come uno specchio, restituisce agli uomini limmagine dei caratteri sociali del loro proprio lavoro, facendoli apparire come caratteri oggettivi di quelle cose, e quindi restituisce anche limmagine del rapporto sociale tra produttori e lavoro complessivo (Gesamtarbeit), facendolo apparire come un rapporto sociale fra oggetti esistente al di fuori di essi produttori (C, I, p. 88). Non insisto sul parallelo con la teoria hobbesiana della rappresentanza, che dovrebbe essere a questo punto evidente (e il rilievo dellimmagine in quella teoria stato opportunamente segnalato, allinterno di un dibattito filosofico-politico che sul tema stato molto intenso in Italia negli anni Ottanta del Novecento, da Carlo Galli: si veda il secondo capitolo del suo Modernit. Categorie e profili critici, Bologna, il Mulino, 1988). il caso di sottolineare come il carattere di feticcio della merce consista essenzialmente in una specifica produzione di soggettivit, ovvero nella separazione degli individui come produttori dal lavoro complessivo e dunque nel congelamento della produttivit di questultimo, dei suoi caratteri sociali e comuni, in una dimensione sottratta alla disponibilit da parte dei singoli. Daltro canto, le merci non possono andarsene da sole al mercato e non possono scambiarsi da sole. Lindagine marxiana non pu dunque procedere altrimenti che concentrandosi sui loro tutori, ovvero sui possessori di merci. Questi ultimi si pongono luno di fronte allaltro come persone, si riconoscono reciprocamente come proprietari privati attraverso il rapporto giuridico del contratto (C, I, p. 103). Il termine persona qui utilizzato da Marx in senso tecnico giuridico, e la migliore critica marxista del diritto ha preso le mosse proprio da questa inestricabile implicazione di forma merce e forma giuridica per mostrare come la persona diventi nel diritto borghese moderno pura incarnazione di un soggetto di diritti, astratto e impersonale, un puro prodotto di rapporti sociali (E.B. Pasukanis, La teoria generale del diritto e il marxismo [1927], trad. it. Bari, De Donato, 1975, p. 125). Seguiamo ancora il testo di Marx: le persone esistono qui luna per laltra soltanto come rappresentanti di merci. [] Le maschere teatrali economiche (die konomischen Charaktermasken) delle persone sono soltanto le personificazioni di quei rapporti economici come portatrici (Trger) dei quali esse si trovano luna di fronte allaltra (C, I, pp. 103 s., c.n. e trad. modificata). Ho forzato il significato teatrale del termine Charaktermaske, la cui importanza allinterno del Capitale non pu essere sottovalutata (cfr. W.F. Haug, Charaktermaske, in Historisch-kritisches Wrterbuch des Marxismus, a c. di W.F. Haug, Vol. 2. Berlin Hamburg, Argument, 1995), e ho 27

posto in corsivo rappresentanti per fare emergere pi chiaramente come risuonino anche in questi passi echi hobbesiani. Nel capitolo XVI del Leviatano (1651), Hobbes aveva infatti ricordato loriginario significato teatrale del termine persona, centrale nella sua intera teoria della rappresentanza e della sovranit, e laveva in particolare collegato alla maschera che traveste il volto dellattore sul palcoscenico. Anche in Hobbes il contratto distinto dal patto da cui ha origine il Leviatano ha un ruolo essenziale nellorganizzare le relazioni sociali tra gli individui privati. Queste relazioni diventano per lui relazioni tra individui proprietari con la nascita dello Stato, e la sovranit (attraversata e strutturata da una specifica logica rappresentativa) costituisce per cos dire la priori di quelle stesse relazioni, nel senso che a rigore gli stessi soggetti tra cui si determinano non sono possibili senza di essa. Nella prospettiva marxiana, questo stesso a priori si sdoppia e accanto alla sovranit dello Stato, in un equilibrio sempre instabile che si tratta di indagare tanto storicamente quanto teoricamente, emerge la sovranit del denaro. Anche qui in questione un problema di rappresentanza: se nella merce rappresentato, come sostanza del suo valore, astratto lavoro umano, il valore della merce, affinch essa possa essere scambiata, deve essere commisurato rispetto a un equivalente generale altrettanto astratto, capace appunto di rappresentarlo. stato in particolare Balibar a mostrare come nel descrivere lorigine del denaro come equivalente generale Marx riformuli le logiche del contrattualismo moderno, ma come al tempo stesso allazione degli individui come possessori di merci si sostituiscano nel progredire dellanalisi le forze oggettive che premono al di sotto della maschera delle persone (Balibar, Citoyen sujet, cit., pp. 330-331). Costoro, scrive Marx, possono riferire le loro merci come valori, e quindi come merci, soltanto riferendole per opposizione, oggettivamente, a qualsiasi altra merce quale equivalente generale. Lemergere della convenzione dellequivalente generale un passaggio essenziale per la generalizzazione dei rapporti di scambio, per uscire da una situazione in cui la merce particolare pu essere scambiata soltanto con unaltra merce particolare di cui il possessore della prima ha bisogno a condizione ovviamente che il possessore della seconda abbia a sua volta bisogno della prima. Ma in teoria, come si visto, ogni altra merce pu svolgere la funzione di equivalente generale: soltanto lazione sociale pu fare duna merce determinata lequivalente generale. Quindi lazione sociale di tutte le merci esclude una merce determinata nella quale le altre rappresentino universalmente i loro valori. Cos la forma naturale di questa merce diventa forma di equivalente socialmente valida. Mediante il processo sociale, lesser equivalente generale diventa funzione sociale specifica della merce esclusa. Cos essa diventa denaro (C, I, pp. 105 s.). Forma del valore, il denaro non si limita a mediare lo scambio (Marx parla a questo proposito di denaro come denaro). Esso rende possibile anche la valorizzazione e laccumulazione, la trasformazione del valore in valore in processo: il denaro stesso diventa cos denaro in processo 28

e, come tale, capitale (C, I, p. 187). Lanalisi della formula generale del capitale (D-M-D, in cui la somma di denaro originariamente anticipata per lacquisto di una merce ritorna nella tasca del capitalista con un incremento, un plusvalore, C, I, p. 182) conduce Marx a demistificare lapparenza di una autovalorizzazione del capitale (C, I, p. 186). Il capitale un rapporto sociale nella misura in cui lincremento di valore, il plusvalore non si genera nella sfera della circolazione bens in quella della produzione, dove agisce il lavoro vivo. Anche il capitale del resto viene scomponendosi nellanalisi marxiana: e il riferimento non tanto qui ai capitali che operano in diversi settori economici (capitale commerciale, capitale industriale, capitale finanziario) o ai diversi stadi del processo ciclico del capitale (capitale monetario, capitale produttivo, capitalemerce), bens alla divisione dello stesso concetto di capitale. Questultimo si scinde, nel processo di valorizzazione, in una parte costante e una parte variabile, che corrisponde a quelli che, considerati dal punto di vista del processo lavorativo, si distinguono come fattori oggettivi e fattori soggettivi, mezzi di produzione e forza lavoro (C, I, p. 253). Qui dunque i fattori soggettivi, la forza lavoro, sono rappresentati allinterno del capitale (come sua parte variabile nel senso che soltanto i fattori soggettivi, soltanto il lavoro ha la capacit di produrre valore e dunque di determinare una variazione incrementale del valore del capitale). La natura di rapporto sociale del capitale qui al tempo stesso espressa e mistificata, il lavoro come soggettivit come congelato e imbrigliato in una oggettivit contabile che in realt quella del dominio e dello sfruttamento. La soggettivit del capitalista, daltro canto, agisce il dominio e lo sfruttamento, si costruisce a partire da questi. Pu accadere al capitalista di essere soddisfatto della vita che conduce. Ma sotto il profilo concettuale la sua una ben singolare soggettivit: prima di tutto perch, come si visto, si costituisce come negativo di una vita non sua (della vita del lavoro come soggettivit); ma anche perch assai problematico il problema della costruzione di una soggettivit collettiva dei capitalisti, di quello che Marx chiama il capitale complessivo (concetto di cui opportuno sottolineare la differenza rispetto a quello di borghesia). Ogni capitale, infatti, deve essere considerato come una frazione del capitale complessivo, e ogni capitalista non in realt che un semplice azionista dellimpresa complessiva della societ, che partecipa al profitto complessivo in proporzione della sua quota di capitale (C, III, p. 297). Il fatto che le cose raramente funzionano nel modo indicato da questo brano del terzo libro del Capitale, che sembra fissare in un modello statico (non per questo meno rilevante per gli effetti che dispiega) la realt del capitale complessivo. In quanto movimento, il capitale non pu essere infatti considerato come cosa in riposo. I movimenti del capitale appaiono s come azioni del singolo capitalista, scrive Marx nel secondo libro: ma il movimento del valore tende ad autonomizzarsi dal capitale singolo, a porsi come astrazione in actu che con lallargarsi della scala di riproduzione del capitale si fissa come 29

norma sociale indipendente dai singoli capitalisti. Quanto pi acute diventano le rivoluzioni di valore, tanto pi il movimento del capitale autonomizzato, operante con la violenza di un processo elementare di natura, si fa valere contro la previsione e il calcolo del singolo capitalista, tanto pi il corso della produzione normale viene ad assoggettarsi alla speculazione anormale, tanto pi grande diviene il pericolo per lesistenza dei capitali singoli (C, II, p. 122).

7. Forza lavoro Il lavoro come lavoro astratto e quindi come forza-lavoro cera gi in Hegel. La forza-lavoro e non solo il lavoro come merce cera gi in Ricardo. La merce forza-lavoro come classe operaia: questa la scoperta di Marx. La duplice natura del lavoro solo la premessa di questo: non la scoperta, ma solo la via per arrivarci. Dal lavoro non si passa alla classe operaia, dalla forza-lavoro, s (Mario Tronti, Operai e capitale [1966], Torino, Einaudi, 1971, p. 130). Il concetto di forza lavoro (Arbeitskraft) figura marginalmente nei Grundrisse, mentre nel primo libro del Capitale occupa una posizione strategica: su di esso (nonch sulla distinzione tra forza lavoro e lavoro) si fonda lintera teoria marxiana dello sfruttamento, nonch pi in generale limmagine del soggetto operaio. Forza lavoro certo concetto di una forza: ma di una forza che si definisce in termini di potenza (il sintagma potrebbe tradursi anche come facolt di lavoro, per analogia con la Urteilskraft kantiana, facolt di giudizio). La forza lavoro, ha scritto Paolo Virno, pura potenza, ben distinta dagli atti corrispondenti (P. Virno, Il ricordo del presente, Torino, Bollati Boringhieri, 1999, p. 121). Vediamone la definizione marxiana: per forza lavoro o capacit di lavoro (Arbeitsvermgen) intendiamo linsieme delle attitudini fisiche e intellettuali che esistono nella corporeit, ossia nella personalit vivente di un uomo, e che egli mette in movimento ogni volta che produce valori duso di qualsiasi genere (C, I, pp. 201 s.). E ancora: luso della forza lavoro il lavoro stesso. [] Attraverso tale processo [il portatore di forza lavoro] diventa actu quello che prima era solo potentia, forza lavoro in azione, lavoratore (C, I, p. 215). V intanto da osservare la prossimit, e al tempo stesso la differenza, tra il concetto di forza lavoro e quello di lavoro astratto. Entrambi esprimono qualcosa di generalmente umano, ma la forza lavoro vive come presupposto del processo di produzione, mentre il lavoro astratto, come misura del dispendio della forza lavoro stessa, media e compone in unit processo lavorativo e processo di 30

valorizzazione. E, una volta calcolato il lavoro che oggettivato in [un] prodotto (C, I, p. 226), il lavoro astratto si iscrive allinterno della sua forma di merce, la abita come spettro della sua oggettivit. Il punto , tuttavia, che allinterno del modo di produzione capitalistico la forza lavoro essa stessa una merce (nel senso che tale modo di produzione si regge sullesistenza di una classe di individui costretti a rendere merce linsieme delle proprie attitudini fisiche e intellettuali per poter riprodurre le basi materiali della propria vita). Il lavoro astratto vive dunque anche nella forza lavoro, come misura del suo valore, ovvero del salario che il capitalista paga al lavoratore retribuendo il tempo di lavoro necessario a produrre la massa di valore consumando la quale il lavoratore riproduce appunto le condizioni materiali della sua vita. Quello che caratterizza il modo di produzione capitalistico, tuttavia, che la giornata lavorativa non pu esaurirsi in questo tempo: al lavoro necessario si associa sempre un tempo di pluslavoro, in cui si produce una massa di valore aggiuntivo (un plusvalore) di cui il capitalista si appropria senza corrispondere alcun equivalente, sfruttando il lavoro. Le pagine dantesche in cui Marx invita il suo lettore ad abbandonare il mondo degli scambi e della circolazione, questa sfera rumorosa che sta alla superficie ed accessibile a tutti gli sguardi, per discendere nel segreto laboratorio della produzione e scoprire infine non solo come produce il capitale, ma anche come lo si produce, il capitale (C, I, p. 212), sono tanto note quanto straordinarie. Non le commenter ulteriormente. Tratteniamoci piuttosto per un attimo sulla superificie, dove il possessore di denaro incontra la forza lavoro come merce (C, I, p. 202). Il verbo qui utilizzato vorfinden, che indica un trovare davanti a s, un incontrare qualcosa che viene prima. E infatti Marx scrive che perch lincontro tra le due dramatis personae (C, I, p. 213) del rapporto di capitale sia possibile debbono essere soddisfatte diverse condizioni (C, I, p. 202). Esse (le due figure soggettive di cui qui in questione lincontro) devono cio essere prodotte: il capitale nasce soltanto, come specifico rapporto sociale, dove il possessore di denaro (e dunque di mezzi di produzione e di sussistenza) trova sul mercato il libero lavoratore come venditore della sua forza lavoro e questa sola condizione storica comprende tutta una storia universale (eine Weltgeschichte). Quindi il capitale annuncia fin da principio unepoca del processo sociale di produzione (C, I, p. 205). Si vedr nellultima parte di questo scritto come questepoca sia cominciata attraverso limmane violenza che caratterizza la cosiddetta accumulazione originaria, in cui si producono appunto le condizioni dellincontro tra possessore di denaro e possessore di forza lavoro. Vale la pena intanto di segnalare un punto problematico nella costruzione teorica marxiana: questo stesso incontro descritto in una linea di perfetta continuit con gli scambi tra privati possessori di merci che si sono visti in precedenza. Anche lincontro tra possessore di denaro e possessore di forza lavoro, cio, mediato dallistituto giuridico del contratto ( questa la ragione 31

dellinsistenza di Marx sul fatto che il possessore di forza lavoro si presenta come libero lavoratore e non come servo o schiavo). Di pi: da un contratto di compravendita (compera e vendita della forza lavoro si intitola appunto la sezione del quarto capitolo del primo libro del Capitale da cui sono tratte le ultime citazioni). Ho mostrato altrove gli enormi problemi che tanto sotto il profilo storico quanto sotto il profilo teorico questo aspetto della teoria marxiana pone: la vendita di forza lavoro presupporrebbe dal secondo punto di vista una sua alienazione (in senso giuridico), impossibile nel caso della forza lavoro se non a condizione di trasferire in propriet altrui la corporeit, la personalit vivente del lavoratore (che cesserebbe cos di essere libero). Storicamente poi, una volta che sia considerato nella scala mondiale che proprio Marx ha per primo evidenziato, il capitalismo moderno caratterizzato dalla continua riproduzione di forme di lavoro coatto che risulta davvero arduo considerare come anomalie rispetto a una supposta norma del lavoro libero, salariato (cfr. S. Mezzadra, How Many Histories of Labour? Towards a Theory of Postcolonial Capitalism, in Postcolonial Studies, XIV [2011], 2). Ribadisco qui che si tratta di liberare lanalisi dellincontro tra possessore di denaro e possessore di forza lavoro dallimmaginario giuridico che ne plasma, attraverso listituto del contratto, la descrizione da parte di Marx. Una pluralit di incontri e una pluralit di dispositivi di cattura (tanto in senso letterale quanto in senso metaforico) della forza lavoro: non forse quel che ci troviamo di fronte nel nostro stesso presente? Ma il caso ora di aggiungere qualcosa a proposito delle due figure di soggettivit, il possessore di forza lavoro e il possessore di denaro, la cui esistenza comprende tutta una storia universale (e si capir ora limportanza del termine usato da Marx, Weltgeschichte: una storia davvero mondiale quella qui in questione). Il termine essenziale di confronto, per comprendere la radicalit dello scarto prodotto da Marx con unintera tradizione di pensiero, indubbiamente John Locke, la cui teoria della propriet di s resta fino a oggi uno dei capisaldi del liberalismo e in particolare del modo in cui esso immagina e costruisce il suo soggetto. Marx al tempo stesso accetta questo terreno e opera su di esso un radicale spiazzamento: denaro e forza lavoro non sono soltanto categorie economiche, sono anche categorie per cos dire antropologiche (si riferiscono cio al piano che la filosofia europea ha definito della natura umana). E indicano in particolare le due modalit essenziali attraverso cui lindividuo pu essere costruito (prodotto) come proprietario di s. Il campo della soggettivit moderna appare cos, attraverso lanalisi di Marx, irrimediabilmente soltanto (una volta di pi) da una scissione. Alla potenza (forza lavoro) si oppone il potere (denaro). Che la forza lavoro sia potenza lo si visto. Che il denaro sia potere Marx lo afferma con altrettanta nettezza in un passo dei Grundrisse che vale la pena citare per esteso: la mutua e 32

generale dipendenza degli individui reciprocamente indifferenti costituisce il loro nesso sociale. Questultimo espresso nel valore di scambio, e solo in esso, per ogni individuo, la propria attivit o il proprio prodotto diventano unattivit o unattivit fine a se stessi; egli deve produrre un prodotto generico il valore di scambio o considerato questo per s isolatamente o e individualizzato denaro. Daltra parte il potere che ogni individuo esercita sullattivit degli altri o sulle ricchezze sociali, egli lo possiede in quanto proprietario [Eigner] di valori di scambio, di denaro. Il suo potere sociale, cos come il suo nesso con la societ, egli lo porta in tasca (G, I, p. 97). Si vede bene, mi pare, come siano qui riepilogati una serie di temi su cui siamo venuti ragionando nelle pagine precedenti (a partire dal rapporto tra isolamento e socialit). E si potrebbe a lungo indugiare sulla categoria di potere sociale presentata da Marx in questo passo (cfr. in merito M. Ricciardi, La societ come ordine. Storia e teoria politica dei concetti sociali, Macerata, eum, 2010). Cospicue sono del resto anche qui le tracce dei classici della filosofia politica moderna, in particolare della definizione pi generale, antropologica appunto, di potere offerta da Hobbes nel capitolo X del Leviatano come linsieme dei mezzi che [un uomo] ha al presente per ottenere qualche apparente bene futuro. Questo dominio sul tempo che il denaro attribuisce a chi lo possiede struttura lincontro con il possessore di forza lavoro, distende sul futuro di questultimo lombra del potere del primo, in procinto di trasformarsi (lo si vedr tra poco) in comando. Ma pi in generale fonda un rapporto di propriet con il s e dunque un modo di abitare il mondo radicalmente diverso rispetto a quello che caratterizza il possessore di forza lavoro, continuamente rinviato allinsieme delle sue attitudini fisiche e intellettuali per costruire e riprodurre la propria soggettivit, la propria vita. Ancora una radicale asimmetria, dunque. Ma non meno netta appare da questo punto di vista quella che si in precedenza definita leccedenza costitutiva del lavoro nel rapporto di capitale. Il lavoro lunico fattore produttivo di nuovo valore proprio perch la soggettivit del singolo portatore di forza lavoro affonda le proprie radici in ci che gli uomini hanno in comune, in ci che Marx, come si visto, definisce ununica e identica forza lavoro umana (C, I, p., 48). Anche se non mi pare di trovare riscontri testuali della differenza da lui postulata tra Arbeitskraft e Arbeitsvermgen (n del resto delluso da parte di Marx del termine Vermgenskraft), Pierre Macherey ha colto in modo molto preciso lo scarto che il concetto marxiano di forza lavoro, con lenfasi posta sulla sua natura potenziale, determina rispetto alla teoria ricardiana, nei cui confronti Marx per altri versi debitore: non essendo una forza in atto a venire mercificata, ma una forza in potenza, tale che essa non ancora, la forza lavoro si presenta come portatrice di virtualit su cui possono essere esercitati una pressione e un controllo che vanno nel senso della loro intensificazione. la plasticit, la flessibilit della forza lavoro ci che consente 33

lintensificazione di cui parla Macherey, che anche immediatamente una forzatura dei confini dellindividualit del singolo lavoratore, dei limiti della sua propria esistenza una trasformazione del singolo portatore di forza lavoro in un componente del lavoro sociale (Macherey, Le sujet productif, cit.). Il lavoro sfruttato dal capitale infatti sempre lavoro combinato, da cui si sprigiona (moltiplicato dallaumento di rendimento individuale dei singoli che si genera per via del semplice contatto sociale) un differenziale di forza (forza produttiva, forza di massa, delloperaio combinato o operaio complessivo). La somma meccanica delle forze dei lavoratori singoli, scrive Marx, sostanzialmente differente dal potenziale sociale di forza che si sviluppa quando molte braccia cooperano contemporaneamente a una stessa operazione indivisa (C, I, p. 398). la potenza sociale della cooperazione, che Marx descrive in riferimento alla grande industria del suo tempo in termini in cui non difficile vedere ancora una volta spettri hobbesiani. Lo stesso rapporto tra loperaio e la sua associazione e cooperazione con altri operai un rapporto di estraneit, un rapporto con modi di operare del capitale, si legge nei Grundrisse (G, II, p. 242). Certo, Marx afferma esplicitamente che nella cooperazione pianificata con altri loperaio si spoglia dei suoi limiti individuali e sviluppa la facolt della sua specie (C, I, p. 402). Ma la connessione delle loro funzioni e la loro unit come corpo produttivo complessivo stanno al di fuori degli operai salariati, nel capitale che li riunisce e li tiene insieme. Quindi agli operai salariati la connessione tra i loro lavori si contrappone, idealmente come piano, praticamente come autorit del capitalista, come potenza di una volont estranea che assoggetta al proprio fine la loro attivit (C, I, p. 405). Prende avvio da qui il ragionamento marxiano sul dispotismo del capitale, nonch su una specifica tecnologia di potere disciplinare, quel comando (Kommando) che Marx definisce per analogia con lorganizzazione di un esercito e che, mano a mano che si intensifica la cooperazione diviene condizione reale della produzione (C, I, p. 404), assumendo di fronte ai lavoratori il carattere oggettivo di una potenza estranea: entro questo processo, il capitale stesso si presenta come loro soggetto (G, II, p. 241), nel senso che pretende di rappresentare e dominare lintero collettivo operaio, opponendo la soggettivit di questultimo allindividualit dei singoli lavoratori. Sono pagine, queste di Marx, di straordinaria importanza per lo studio dellorganizzazione del lavoro e delle tecnologie di potere che la innervano. Fondamentale, in ogni caso, sottolineare che la pretesa del capitale si scontra continuamente e necessariamente con la resistenza operaia, in cui Marx stesso indica uno dei motori dellintero processo: con la massa degli operai simultaneamente impiegati cresce la loro resistenza, e quindi necessariamente la pressione del capitale per superare tale resistenza. La direzione del capitalista non soltanto una funzione particolare derivante dalla natura del processo lavorativo sociale e a tale processo pertinente: ma insieme funzione di 34

sfruttamento di un processo lavorativo sociale, ed quindi un portato dellinevitabile antagonismo tra lo sfruttatore e la materia prima da lui sfruttata (C, I, pp. 404 s.). La cooperazione comandata dal capitale si trova di fronte una cooperazione antagonistica, in cui le facolt della specie sono sviluppate dai singoli operai in diverse figure di soggettivit collettiva, in una diversa interpretazione del rapporto di estraneit. Sotto la spinta di queste lotte il rapporto di capitale si modifica profondamente nella storia, cambia il lavoro ma cambiano anche le sue condizioni oggettive appropriate e rappresentate dal capitale. Quantum mutatus ab illo, scrive Marx con qualche ironia concludendo un capitolo del primo libro del Capitale (La giornata lavorativa) metodologicamente essenziale da questo punto di vista (C, I, p. 367). La cooperazione pu assumere caratteri di autonomia mano a mano che la produzione rompe le mura della fabbrica e si distende nellintera societ, gli stessi mezzi di lavoro possono essere in parte incorporati nel cervello sociale, perdendo la fissit che caratterizza il sistema delle macchine analizzato da Marx (cfr. C, II, p. 189). Il profitto pu certo allora, come ha sostenuto in particolare Carlo Vercellone in riferimento alla situazione contemporanea (cfr. da ultimo C. Vercellone, La legge del valore nel passaggio dal capitalismo industriale al nuovo capitalismo [2012], http://uninomade.org/vercellone-legge-valore/), divenire rendita; il capitale pu cio sviluppare il potere di appropriarsi (aneignen) e impadronirsi (abfangen) di valori creati senza il suo intervento, che Marx indicava come caratteristica essenziale proprio della rendita fondiaria (C, III, p. 869). Ma linsieme dei problemi che si sono visti (il rapporto di assoggettamento dei singoli lavoratori a una volont estranea, la separatezza del criterio che regola la produzione e riproduzione della loro unit collettiva) non pu che riprodursi finch esiste il capitalismo, dividendo e lacerando in ultima istanza la stessa soggettivit del singolo. Il processo di socializzazione del (rapporto di) capitale tra laltro descritto da Marx, in particolare nei Grundrisse e nel cosiddetto capitolo VI inedito del Capitale, come un processo di sussunzione (o sottomissione, come viene talvolta tradotto in italiano il termine Subsumption) del lavoro. Non questa la sede per tornare sul tema e sul significato della sussunzione (cfr. A. Negri, Spunti di critica preveggente nel Capitolo VI inedito di Marx [2012], http://uninomade.org/criticapreveggente-capitolo-sesto/). Baster ricordare che la distinzione marxiana tra sussunzione formale e sussunzione reale corrisponde alla distinzione tra le due forme di plusvalore identificate da Marx: il plusvalore assoluto, ottenuto prolungando il tempo di lavoro nelle condizioni della sussunzione formale (C, I, p. 1240), e il plusvalore relativo, ottenuto modificando il rapporto tra tempo di lavoro necessario e pluslavoro, ovvero riducendo il primo e ottenendo una estensione (appunto relativa) del secondo attraverso lintervento delle macchine e il potenziamento della cooperazione lavorativa (sussunzione reale, cfr. C, I, pp. 1255 s.). La 35

socializzazione del capitale certo descrivibile nei termini di un avanzamento della sussunzione reale, ma la sussunzione formale in quanto forma generale di qualunque processo di produzione capitalistico (C, I, p. 1237) si riproduce essa stessa continuamente su scala allargata, cos come il plusvalore relativo si combina con il plusvalore assoluto. Ne abbiamo avuto unevidenza empirica negli ultimi anni, caratterizzati a livello globale da una parte da una rivoluzione completa (che prosegue e si ripete costantemente) nel modo stesso di produzione, nella produttivit del lavoro e nel rapporto fra capitalisti e operai (C, I, p. 1256) e dallaltra da un allungamento della giornata lavorativa sociale che ha invertito una tendenza secolare, costruita materialmente entro violente lotte di classe, alla sua riduzione. In ogni caso, la categoria di sussunzione reale offre una chiave di lettura particolarmente efficace dellintensit dello sviluppo capitalistico (che sotto il profilo dellestensione, come si gi detto e meglio si vedr in seguito ha come proprio orizzonte il mercato mondiale). La produzione di plusvalore relativo, infatti, investe immediatamente la sfera dei consumi e dei bisogni, esige la produzione di nuovi consumi attraverso un ampliamento quantitativo del consumo esistente ma soprattutto attraverso la produzione di bisogni nuovi e la scoperta e la creazione di nuovi valori duso. Il lavoro stesso trasformato in questo processo, la sfera delle differenze qualitative che lo caratterizzano costantemente ampliata, resa pi varia e internamente differenziata (G, II, pp. 9 s.). In una pagina dei Manoscritti del 1844, Marx aveva scritto che con la soppressione positiva della propriet privata luomo si appropria del suo essere onnilaterale in maniera onnilaterale, e quindi come uomo totale: ne sarebbe seguita la completa emancipazione di tutti i sensi e di tutti gli attributi umani (MEF, pp. 116 s.). Se questo il comunismo, i Grundrisse ci parlano del comunismo del capitale: la coltivazione di tutte le qualit delluomo sociale e la sua produzione come uomo per quanto possibile ricco di bisogni perch ricco di qualit e di relazioni; ossia la sua produzione come prodotto per quanto possibile totale e universale della societ []: tutto ci anchesso una condizione della produzione basata sul capitale (G, pp. 10 s.). Produzione delluomo, produzione di soggettivit: questo il terreno su cui insistono in ultima istanza gli antagonismi che segnano il modo di produzione capitalistico.

8. (Lotta di) classe I lavoratori bianchi, mentre ricevevano un basso salario, erano in parte compensati da una sorta di salario pubblico e psicologico. Venivano loro riservati deferenza e titoli di cortesia proprio perch erano bianchi, erano liberamente ammessi, con i bianchi di tutte le 36

classi, alle funzioni pubbliche, ai parchi pubblici, alle migliori scuole. La polizia era reclutata tra le loro fila, e i tribunali, che dipendevano dai loro voti, li trattavano con tale indulgenza da incoraggiarli quasi allillegalit (W.E.B. Du Bois, Black Reconstruction in America 1860-1880 [1935], New York, The Free Press, 1998, p. 700). Questi antagonismi sono per Marx antagonismi di classe. Ma che cos una classe? Le fonti delluso marxiano di questo concetto sono state ampiamente studiate (da ultimi, cfr. Dardot Laval, Marx, prnom: Karl, cit., pp. 227 ss.), e in fondo sulla base di quanto si detto al punto precedente su forza lavoro e denaro sembrerebbe semplice definirlo. Assunta la scissione del campo della soggettivit attorno ai due poli indicati, gli individui che costruiscono la propria vita attorno al possesso di forza lavoro formerebbero la classe contrapposta a quella degli individui per cui decisivo il possesso di denaro. Ma questa definizione delle due grandi classe contrapposte luna allaltra nella societ capitalistica, per riprendere la definizione che si incontrata nel Manifesto, ha tuttal pi valore logico. Nulla dice sulla produzione di un soggetto collettivo capace di azione in quanto tale (e si visto quanto problematica sia da una parte la relazione tra i singoli capitalisti e il capitale complessivo, dallaltra quella tra i singoli operai e loperaio complessivo). I due campi che abbiamo logicamente distinto sono del resto internamente stratificati, per via di una molteplicit di condizioni che intervengono a mediare e differenziare il rapporto che gli individui intrattengono da una parte con il denaro e dallaltra con la forza lavoro. Non qui solamente in questione la moltiplicazione delle classi sotto il profilo dellanalisi sociologica (si pensi ai dibattiti sulla classe media che prendono avvio gi nel primo Novecento). Fattori come il genere e la razza dividono originariamente il campo della classe, introducendovi essenziali differenziali di potere e dispositivi di gerarchizzazione. Originariamente, ho scritto: nel senso che strutturano quello che si appena definito il rapporto che gli individui intrattengono con il denaro e la forza lavoro. Le contraddizioni che attorno a genere e razza si determinano non possono dunque essere considerate secondarie rispetto a una contraddizione di classe qualificata come fondamentale. Un secolo di lotte e di sviluppi teorici su questi terreni dovrebbe ormai avercelo insegnato. Lungi dal poter trovare una soluzione semplice, quello della definizione del concetto di classe resta dunque un problema aperto, e come tale ce lo consegna linsieme della riflessione marxiana. noto che il cinquantaduesimo capitolo del terzo libro del Capitale, intitolato Le classi, rimasto poco pi che un abbozzo. Marx si limita qui a impostare il problema e a presentare una ipotesi di soluzione altrettanto semplice di quella da cui siamo qui 37

partiti: lipotesi che allorigine delle classi (qui indicate nel numero di tre, per linserimento di quella dei proprietari fondiari) vi sia cio lidentit dei loro redditi e delle loro fonti di reddito. Ma questa ipotesi subito scartata, con le ultime righe scritte prima dellinterruzione del manoscritto: tuttavia, da questo punto di vista, anche i medici, ad es., e gli impiegati verrebbero a costituire due classi, poich essi appartengono a due distinti gruppi sociali, e i redditi di ognuno di questi gruppi affluiscono da una stessa fonte. Lo stesso varrebbe per linfinito frazionamento di interessi e di posizioni, creato dalla divisione sociale del lavoro fra gli operai, i capitalisti e i proprietari fondiari. Questi ultimi, ad es., divisi in possessori di vigneti, possessori di terreni arativi, di foreste, di miniere, di riserve di pesca (C, III, p. 1188). Che cosa possiamo derivare da questo momento di vera e propria vertigine concettuale di fronte allo scomporsi delloggetto classe per via dellinfinito frazionamento di interessi e di posizioni? Quantomeno unindicazione in negativo: la classe, per Marx, non riducibile a concetto sociologico, si costituisce in eccedenza rispetto a una semplice cartografia della stratificazione sociale (cfr. S. Aronowitz, How Class Works: Power and Social Movement, Yale, Yale University Press, 2003). Una volta posta in questi termini la questione, tuttavia, si semplicemente qualificato il problema posto dalla classe, non se ne certo approssimata la soluzione. Daltro canto quella di classe anche, evidentemente, una categoria sociologica, oltre che allo stesso tempo un concetto politico, una congiuntura storica, una parola dordine militante: il punto , tuttavia, che come ha scritto di recente Frederic Jameson una definizione nei termini di una sola di queste prospettive non potr che risultare insoddisfacente (F. Jameson, Representing Capital. A Reading of Volume One, London, Verso, 2011, p. 7). Tutti questi usi (e pure qualcun altro) sono ampiamente documentabili nei testi di Marx, con il risultato che la classe sembra definire una costellazione concettuale al cui interno rientrano valenze e stratificazioni di significato che davvero difficile (anzi: sbagliato) tentare di ricondurre a unit. In termini generali, tuttavia, il caso di sottolineare che la violenta oscillazione che si riscontrata a proposito della storia si riproduce anche negli usi pi significativi da parte di Marx del concetto di classe: questultimo appare anchesso diviso tra lazione degli uomini e le circostanze, tra una connotazione soggettiva (inseparabile dalla lotta di classe) e una connotazione oggettiva, strutturale. Un brano dellIdeologia tedesca a questo riguardo esemplare: i singoli individui, leggiamo, formano una classe solo in quanto debbono condurre una lotta comune contro unaltra classe; per il resto essi si trovano luno di fronte allaltro come nemici, nella concorrenza. Daltra parte la classe acquista a sua volta autonomia di contro agli individui, cosicch questi trovano predestinate le loro condizioni di vita, hanno assegnata dalla classe la loro posizione nella vita e con essa il loro sviluppo personale, e sono sussunti sotto di essa (IT, p. 63). In un altro scritto dello stesso periodo, Miseria della filosofia (1847), Marx sviluppa 38

ulteriormente i termini di questa divisione del concetto di classe, scrivendo che la dominazione del capitale ha creato a questa massa [di lavoratori] una situazione comune, interessi comuni. Cos questa massa gi una classe nei confronti del capitale, ma non ancora per se stessa. Nella lotta [] questa massa si riunisce, si costituisce in classe per se stessa. Gli interessi che essa difende diventano interessi di classe. Ma la lotta di classe contro classe lotta politica (MF, p. 120).! Per quanto non sia stata successivamente ripresa da Marx, la distinzione qui accennata tra classe in s e classe per s stata straordinariamente influente allinterno del marxismo proprio perch parsa dare plastica espressione alloscillazione tra dimensione soggettiva e dimensione oggettiva che si in precedenza richiamata. Ha del resto anche aperto lo spazio concettuale per lelaborazione del concetto di coscienza di classe, di cui invano si cercherebbe una fondazione teorica in Marx ma che tuttavia ha giocato un ruolo essenziale nei molteplici tentativi di colmare lo scarto tra le due dimensioni indicate. Intrecciandosi con il dibattito sul partito e con quello sullideologia, lo sviluppo delle controversie attorno alla coscienza di classe costituisce un capitolo fondamentale della storia del marxismo e dei movimenti che a esso si sono richiamati. difficile oggi proporne un bilancio positivo: lobiettivo di dissipare le nebbie delle rappresentazioni ideologiche di cui sono prigionieri i singoli membri della classe operaia, rendendo trasparente il loro rapporto con la verit dei rapporti sociali di produzione e aprendo il processo di formazione della classe per s, appare troppo pesantemente gravato da intenti pedagogici e da uneredit illuministica che per mille ragioni non ci appare riproponibile. Lazione del partito, inteso come portatore di una coscienza rivoluzionaria esterna alla classe operaia, era certo stata pensata originariamente (da Lenin, in primo luogo) in un rapporto dialettico che doveva esaltare la spontaneit operaia, ma si troppo spesso fissata in un ulteriore rapporto di estraneit (per richiamare i Grundrisse) con i singoli operai. E lespressione della spontaneit, dellautonomia di classe, si continuamente determinata dopo Marx in forme e secondo una temporalit che sembrano contraddire il carattere lineare e progressivo della maturazione di una coscienza per strappi e cesure successive. bene dunque accantonare, almeno in via di ipotesi di lavoro, il concetto di coscienza di classe, e in generale coerentemente con il dibattito contemporaneo a cui si accennato al punto 2 la filosofia della coscienza come terreno privilegiato su cui svolgere il tema della produzione di soggettivit. Indicazioni preziose potranno semmai venire dalle ricerche di coloro che, come E.P. Thompson e il movimento della history from below, hanno insistito sulla necessit di analizzare i complessi processi del farsi (making) della classe, o dal grande lavoro svolto attorno alla nozione di composizione di classe allinterno delloperaismo italiano. In forme diverse (e ciascuna scontando specifici limiti), queste due correnti teoriche hanno dato un contributo essenziale alla

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dinamizzazione del concetto di classe, allargandone i contorni senza scioglierne il carattere politico. La dominazione del capitale, abbiamo letto nella Miseria della filosofia, ha creato a questa massa [di lavoratori] una situazione comune, ponendo le basi per la costituzione, nella lotta, della classe per s come soggetto politico. Indipendentemente dal lessico hegeliano utilizzato in questo passo (in s, per s), troviamo qui formulata unidea spesso ripresa da Marx negli anni successivi, quella cio secondo cui il capitale prepara le condizioni per linsorgere della lotta operaia: come afferma icasticamente il Manifesto, la borghesia non ha soltanto fabbricato le armi che le porteranno la morte; ha anche generato gli uomini che impugneranno queste armi: gli operai moderni, i proletari (108). I due termini qui utilizzati come sinonimi, come diversi nomi dello stesso soggetto, si separeranno successivamente, e nel Capitale saranno gli operai a occupare interamente la scena, mentre i proletari come si vedr al prossimo punto risulteranno sostanzialmente assenti. Rester tuttavia ferma in Marx lidea secondo cui il modo di produzione capitalistico, per le sue stesse modalit materiali di funzionamento, caratterizzato da una tendenza a intensificare la cooperazione produttiva e a spogliare di ogni differenza il lavoro, rendendolo astratto e omogeneo. Su queste basi diventa possibile (quando non necessario) il rovesciamento del rapporto stesso di capitale, attraverso lazione di una classe operaia disciplinata e unificata dallo stesso comando capitalistico. Sono molti i passi marxiani che potrebbero essere convocati a sostegno di questa lettura del rapporto tra sviluppo capitalistico e formazione della classe operaia (mentre va detto che altri passi, a cominciare da quelli sulla cooperazione che si sono visti in precedenza, sembrano smentire ogni ipotesi di semplice e lineare rovesciamento del rapporto di capitale). Siamo qui di fronte a unipotesi che ha spesso trovato conferma in passaggi storici determinati (per fare solo due esempi: dalle grandi lotte operaie degli anni Trenta negli USA a quelle degli anni Sessanta in Italia), ma che occorre riconoscerlo non funziona in quanto teoria generale. Si deve anzi qui rinvenire lorigine di un secondo problema (dopo quello a cui si alluso attraverso il riferimento alla coscienza) inerente al concetto di classe nel marxismo: assunto come concetto di una omogeneit, esso ha spesso chiuso lo spazio della soggettivazione ritagliandolo sullimmagine rovesciata della rappresentazione dellunit del lavoro operata dal capitale (e spesso adottata dal partito quando non dallo Stato operaio). Ne sono derivati enormi problemi e conflitti, a cui allude il riferimento che si fatto allinizio di questo punto a genere e razza (ma si dovrebbero qui richiamare le controversie relative al concetto di lavoro produttivo nonch il protagonismo e le lotte, tanto al di fuori quanto allinterno dellOccidente, di soggetti non riconducibili allimmagine tradizionale di questultimo).

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Daltro canto, restando allinterno di uno schema lineare come quello appena presentato, difficile evitare il problema che Lenin, genialmente, affront nel 1902 sotto le rubriche di economicismo e tradeunionismo, intendendo con queste formule una politica essenzialmente sindacale, che si riferisce unicamente ai rapporti tra gli operai di una data categoria e i loro padroni e non [ha] altro risultato che dinsegnare ai venditori di forza lavoro come vendere pi vantaggiosamente questa merce e come lottare contro lacquirente sul piano puramente commerciale (V.I. Lenin, Che fare? [1902], trad. it. in Id., Opere scelte, cit., vol. I, p. 288). Nelle condizioni delloffensiva operaia degli anni Sessanta, in Italia cos come in altri Paesi occidentali, affermare il carattere direttamente politico della lotta sul salario ha avuto un effetto dirompente, da non dimenticare. Possono certo verificarsi anche oggi situazioni in cui quellaffermazione trova importanti verifiche. Ma di nuovo: ricavarne una teoria generale sarebbe errato. Negli ultimi anni, muovendoci sul terreno del precariato sociale, abbiamo piuttosto continuamente assistito al riproporsi del tradeunionismo, alla ricerca di forme associative che, per citare una pagina di Marx sui sindacati, cercassero di stabilire un piano di parit nella negoziazione del valore della forza lavoro, agendo come societ di assicurazione (C, I, pp. 1335 s.). Non si tratta certo di stigmatizzare questa ricerca, ma non si pu neppure negare che essa abbia nutrito (e continui a nutrire) tendenze corporative che militano contro una politica di classe del lavoro vivo contemporaneo. Daltro canto, questa politica non pu che formarsi dentro e contro il rapporto di capitale, non pu dunque che investire una serie di determinazioni che si presentano come economiche. Nellottavo capitolo del primo libro del Capitale, Marx ha analizzato le pi rilevanti riforme strappate dalla lotta operaia nel corso dellOttocento: la legislazione di fabbrica e la limitazione della giornata lavorativa. Sono tra le pagine pi intensamente politiche dellintera opera, in cui Marx mostra come gli operai siano riusciti a ottenere a viva forza, come classe, una legge dello Stato, una barriera sociale potentissima, che impedisca a loro stessi di vender s e la loro schiatta alla morte e alla schiavit, per mezzo di un volontario contratto con il capitale (C, I, p. 367). Lo Stato si mostra qui percorso dalla lotta operaia, che vi inscrive una propria essenziale conquista e lo piega ai propri bisogni. Ma al tempo stesso Marx mostra in questo capitolo una trasformazione essenziale della stessa classe operaia determinata non dallazione del capitale, ma dalla lotta. Precisiamo: da una lotta che si sviluppa attorno allantinomia fondamentale che costituisce il rapporto di capitale e che dunque investe questultimo nella sua interezza. Nella lotta attorno alla giornata lavorativa, scrive Marx, il possessore di denaro e il possessore di forza lavoro si fronteggiano dotati di uguali diritti: e fra diritti eguali decide la forza. Cos nella storia della produzione capitalistica la regolazione della giornata lavorativa si presenta come lotta per i limiti

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della giornata lavorativa lotta fra il capitalista collettivo, cio la classe dei capitalisti, e loperaio collettivo, cio la classe operaia (C, I, p. 284).

9. La forma politica finalmente scoperta La democrazia in una situazione rivoluzionaria, la democrazia sotto la pressione di un proletariato rivoluzionario armato, la democrazia che nel processo rivoluzionario si trasforma da strumento dellegemonia di classe della borghesia in strumento del proletariato per sconfiggere e neutralizzare la borghesia, per spezzare con la violenza la sua resistenza, per confiscare la sua propriet, per distruggere il suo ordine sociale: ecco qual era lidea della dittatura del proletariato per il socialismo pi antico (Otto Bauer, Tra due guerre mondiali? La crisi dell'economia mondiale, della democrazia e del socialismo [1936], trad. it. Torino, Einaudi, 1979, p. 134). In particolare se la leggiamo dal punto di vista della problematica della produzione di soggettivit, la critica marxiana delleconomia politica determina una serie di dislocazioni del politico, che abbiamo ad esempio analizzato a proposito della forma merce, della cooperazione e del comando allinterno della fabbrica. Categorie politiche essenziali, relative alla natura del potere cos come al rapporto tra dimensioni individuali e dimensioni collettive dellesperienza e dellazione, sono state da Marx strappate al riferimento privilegiato allo Stato, private di autonomia e purezza e felicemente contaminate attraverso limmersione nel mondo profano delleconomia e della societ. Il concetto di sfruttamento, colto nella sua differenza specifica rispetto al piano su cui si svolge tanto la storia dello Stato moderno quanto quella dei diritti, indica nel suo insieme la radicalit di queste dislocazioni. La critica giovanile dellemancipazione politica trova qui un maturo svolgimento. Se ne possono ora ricapitolare i termini essenziali (pur ricordando che nelle pagine del Capitale non si trovano riferimenti espliciti allemancipazione). Le teorie dellemancipazione non fanno i conti con il problema assolutamente materiale dellarticolazione tra gli effetti di dominazione e di produzione di soggettivit che fanno capo allazione dello Stato con quelli che fanno capo allazione del capitale. Pongo laccento sullarticolazione per sottolineare che in gioco non qui semplicemente la contrapposizione tra una dimensione materiale e una dimensione formale. Dal punto di vista della critica marxiana, la politica moderna si costituisce in 42

una strutturale eteronomia, nel senso che appare originariamente stretta in un rapporto di coimplicazione con il capitale che la apre in direzione delleconomia e della societ. Non un rapporto di identit o di mera funzionalit, ma un rapporto originario, nel senso che non v nella modernit concetto o istituto politico che non sia costretto a misurarsi con esso. Lo svolgimento della critica delleconomia politica, del resto, riqualifica quello che si in precedenza ridefinito il rompicapo della liberazione. Sono gli antagonismi costituitivi del modo di produzione capitalistico a determinare la scena in cui questo rompicapo ora si presenta. E sono quegli stessi antagonismi a guidare la ricerca e la fondazione del soggetto di una politica della liberazione. Se in Marx la politica (ricordiamolo: messa in dissolvenza negli anni giovanili) conosce un momento di autonomia in senso forte, di questa politica che si parla. Di una politica che si definisce a fronte di un problema enunciato da Marx con parole tanto semplici quanto impegnative: la liberazione (Befreiung) della classe operaia deve essere opera della classe operaia stessa (MEW, XIX, p. 165). Una volta contaminata la politica con leconomia e la societ, del resto, i movimenti e le lotte di questo soggetto della classe operaia si collocano in un contesto in cui tradeunionismo ed economicismo, come si detto, sono tendenze in qualche modo oggettivamente presenti. E in cui si pone comunque il problema di distinguere e articolare lotta economica e lotta politica. Ma al tempo stesso, una volta politicizzato leconomico, questa distinzione non potr certo assumere come riferimento lesistenza di ambiti separati e autonomi. Abbiamo appena visto, con lesempio della lotta sulla giornata lavorativa, come uno scontro su temi economici si carichi di valenze profondamente politiche nel senso che finisce per investire lo stesso rapporto di capitale e la sua giuntura con la forma Stato. Di pi: quella lotta trasforma le stesse figure soggettive del rapporto di capitale (quantum mutatus ab illo, come si ricordato pi sopra, il motto virgiliano con cui si conclude il capitolo di Marx sulla giornata lavorativa). Essa entra cio a far parte di quellaltra storia di cui si parlato a proposito del 48 proprio in quanto contraddistinta da una specifica produzione di soggettivit. Modificando la soggettivit operaia (quella che loperaismo italiano ha definito la composizione politica di classe), una lotta vittoriosa come quella per la regolazione della giornata lavorativa contribuisce a trasformare materialmente le condizioni della lotta di classe, spostandola su un terreno tendenzialmente pi favorevole per gli sfruttati. Al tempo stesso costringe il capitale a collocarsi su questo terreno, a produrre cambiamenti nella sua composizione organica (il rapporto tra capitale costante e variabile, nonch fra la massa dei mezzi di produzione usati da una parte e della quantit di lavoro necessaria per il loro uso dallaltra, C, I, p. 753): a innovare cio le basi tecniche e organizzative della produzione, con conseguenze di fondamentale importanza per la composizione tecnica di classe (per continuare a utilizzare il lessico operaista). Il soggetto della politica della liberazione cambia nella storia, al ritmo di questi processi, ed fondamentale 43

porre in evidenza il fatto che essi (cos come lo sviluppo capitalistico nel suo complesso), lungi dallessere riducibili a una razionalit tecnica o meramente economica, sono attraversati e segnati da momenti politici (da lotte) che ne scandiscono il ritmo e ne condizionano la direzione. Nel Capitale abbiamo altri esempi di lotte di questo genere, ad esempio a proposito della storia della legislazione di fabbrica inglese. Proprio parlando della limitazione della giornata lavorativa, nellIndirizzo inaugurale dellAssociazione internazionale degli operai (1864), Marx arriva a postulare lesistenza di un antagonismo tra leconomia politica della borghesia e leconomia politica della classe operaia (MEW, XVI, p. 11), una formulazione suggestiva nella misura in cui sembra fondare lidea di unautonomia sociale ed economica della classe operaia (fatta non solo di grandi lotte, ma anche di una molteplicit di conflitti, pratiche di resistenza e insubordinazione, comportamenti quotidiani di rifiuto e sabotaggio del comando capitalistico). Daltro canto, in un testo di un anno successivo (Salario, prezzo e profitto), ancora in riferimento alla giornata lavorativa Marx spiega che la sua limitazione non si sarebbe mai verificata senza la pressione costante degli operai dallesterno dello Stato. aggiunge: proprio questa necessit di una azione politica generale che ci fornisce la prova che nella lotta puramente economica il capitale il pi forte (SPF, pp. 108 s.). Si legge ancora, in Salario, prezzo e profitto, che la classe operaia non deve lasciarsi assorbire esclusivamente dallinevitabile guerriglia che scaturisce dagli attacchi continui del capitale o dai mutamenti del mercato. La distinzione tra lotta economica e lotta politica sembra qui formulata in modo netto: invece della parola dordine conservatrice: Un equo salario per unequa giornata di lavoro, gli operai devono scrivere sulla loro bandiera il motto rivoluzionario: Soppressione del sistema del lavoro salariato (SPF, p. 113). una distinzione netta, ma difficilmente la si pu considerare soddisfacente sotto il profilo teorico (ed importante ricordare che Salario, prezzo e profitto il testo preparato da Marx per unesposizione divulgativa delle sue teorie al Consiglio generale dellInternazionale). Anche a prescindere da quanto si diceva in precedenza sul carattere politico della lotta sul salario, immaginabile che gli operai arrivino a lottare per la soppressione del sistema del lavoro salariato senza passare attraverso un insieme di lotte sulle proprie condizioni materiali che necessariamente assume anche caratteri economici? E non allinterno di queste lotte che maturano quelle esperienze, quelle forme di organizzazione attraverso cui la classe operaia comincia a cimentarsi con limmane compito di essere protagonista della propria liberazione, per riprendere la formula marxiana? Marx stesso avverte che se la classe operaia cedesse per vilt nel suo conflitto quotidiano con il capitale, si priverebbe essa stessa della capacit di intraprendere un qualsiasi movimento pi grande (SPF, pp. 112 s.). Pi che considerare la lotta economica di per s come espressione di economicismo e 44

tradeunionismo, conviene allora assumere come criterio di misurazione della politicit delle lotte lintensit con cui queste ultime investono e riqualificano quello che si pi volte definito il rompicapo della liberazione. Daltronde Marx, nel postulare il carattere intrinsecamente politico della lotta di classe, non si riferiva certamente soltanto a lotte che, come quella sulla giornata lavorativa, richiedessero una azione politica generale o a uniniziativa esplicitamente rivoluzionaria. Ogni movimento di classe (Klassenbewegung), scriveva ad esempio alla figlia Laura e a Paul Lafargue nel 1870, in quanto movimento di classe ed sempre stato necessariamente un movimento politico (MEW, XXXII, p. 675). In questo riconoscimento Marx indica qui la questione essenziale al centro del suo scontro con Bakunin e lanarchismo, che si qualifica dunque come uno scontro attorno al significato stesso della politica. Considerato dal punto di vista delle lotte e dei movimenti di classe, il concetto della politica sembra dividersi nel Marx critico delleconomia politica. Da una parte un elemento essenziale di politicit contraddistingue ogni movimento di classe nella misura in cui esso insorge e si sviluppa dentro un campo presidiato dai dispositivi di produzione di soggettivit che fanno capo allo Stato e al capitale, contestandone gli effetti di assoggettamento. Dallaltra parte lintensit politica di una lotta determinata dalla forza con cui giunge a investire il rompicapo della liberazione, contribuendo a ridefinirne i termini e a farne emergere lurgenza (attraverso un movimento che si pu definire di politicizzazione, ovvero di soggettivazione). Trasversalmente, rispetto a questi due poli del concetto di una politica di classe che mi pare di potere estrapolare dalla critica marxiana delleconomia politica, agiscono le tendenze alleconomicismo e al tradeunionismo. Ma possono anche determinarsi dinamiche di accumulo di forza e di generalizzazione del tipo che Marx ha analizzato in particolare nel caso della lotta per la regolazione della giornata lavorativa, esempio classico (e tuttora metodologicamente attuale) di uno scontro su questioni economiche che giunge ad avere un significato politico generale a modificare cio i rapporti di forza tra le classi (e dunque, come si detto, a costruire un terreno pi favorevole su cui affrontare il rompicapo della liberazione). La critica delleconomia politica, scrive Marx nel poscritto alla seconda edizione del primo libro del Capitale (1873), esprime un punto di vista di parte. Essa pu infatti rappresentare solo la classe la cui funzione storica il rovesciamento del modo capitalistico di produzione, e, a conclusione, labolizione delle classi: cio il proletariato (C, I, p. 14, c.n.). Gi, il proletariato. In realt, nella critica marxiana delleconomia politica, il nome stesso di proletariato assente (. Balibar, La paura delle masse. Politica e filosofia prima e dopo Marx [1997], trad. it. Milano, Mimesis, 2001, p. 123). Grande questione, quella del nome del soggetto dal cui punto di vista (nel cui nome, 45

possiamo dire) la critica delleconomia politica viene svolgendosi. Nel primo libro del Capitale, quel soggetto sostanzialmente la classe operaia industriale: tanto le condizioni del suo sfruttamento quanto le sue lotte sono analizzate da Marx attraverso un riferimento privilegiato al caso inglese, ritenuto quello pi avanzato dal punto di vista dello sviluppo capitalistico e dunque per certi aspetti paradigmatico. C qui una prima ragione che suggerisce di non considerare sinonimi classe operaia e proletariato. Conviene anzi, certo forzando la lettera dei testi marxiani, assumere la tensione tra questi due termini come essenziale istanza critica da far lavorare nellanalisi della produzione di soggettivit nel capitalismo (tanto per quel che riguarda la polarit

dellassoggettamento, ovvero leterogeneit delle forme assunte dallo sfruttamento, quanto per quel che riguarda la polarit della soggettivazione, ovvero delle pratiche e delle lotte in cui si esprime la tensione alla liberazione). Ma la seconda ragione, direttamente legata allinterpretazione dei testi di Marx, consiste nel fatto che, dal punto di vista politico, il concetto di proletariato sembra far riferimento a forme di azione collettiva, a pratiche di insorgenza rivoluzionaria, piuttosto diverse rispetto a quelle discusse da Marx nel primo libro del Capitale a proposito della classe operaia inglese. Dietro il riferimento al proletariato nel poscritto alla seconda edizione, difficile non vedere il ritorno degli spettri delle vittime dellinsurrezione parigina del giugno del 48 (GCF, p. 71), lesperienza vittoriosa (ancorch di breve durata) della Comune nel 1871. Certo, Marx la presenta (in La guerra civile in Francia, lIndirizzo che scrisse alla fine di maggio di quellanno per conto del Consiglio generale dellInternazionale) come un governo della classe operaia (GCF, p. 85). Ma facile notare che la composizione del proletariato parigino in armi protagonista della Comune era assai diversa da quella della classe operaia descritta nelle pagine del primo libro del Capitale (cfr. da ultimi Dardot Laval, Marx, prnom: Karl, cit., cap. V): il riferimento al proletariato nel poscritto del 1873 potrebbe perfino apparire in questo senso come una sorta di lapsus di Marx, come espressione della sua consapevolezza della natura interamente politica del gesto con cui aveva nominato come classe operaia il soggetto della Comune, allinterno di una dura polemica con blanquisti e proudhoniani. Leggendo La guerra civile in Francia, del resto, si incontrano nuovamente i problemi (essenzialmente politici in senso classico) confrontandosi con i quali il giovane Marx aveva introdotto il concetto di proletariato dallinterno del suo confronto critico con la filosofia hegeliana del diritto pubblico. La scansione teorica del testo ruota attorno alla figura dello Stato (e dunque alla specifica produzione di soggettivit ad essa collegata, assai pi che a quella collegata al capitale), giungendo a innovare in profondit il modo in cui lo Stato stesso era stato considerato in uno scritto 46

fondamentale come il Manifesto del partito comunista (si veda la prefazione alledizione tedesca del 1872, MPC, pp. 308 s.). La Comune appare a Marx come la forma politica finalmente scoperta nella quale si poteva compiere lemancipazione economica del lavoro, come una forma politica fondamentalmente espansiva, mentre tutte le precedenti forme di governo erano state unilateralmente repressive (GCF, p. 85). Al centro del dibattito marxista sullo Stato nel Novecento soprattutto per via dellinterpretazione offertane da Lenin alla vigilia dellinsurrezione dottobre in Stato e rivoluzione, lanalisi marxiana della Comune riprende, pur in un diverso contesto (si tratta qui del resto dellindirizzo di unorganizzazione politica internazionale), alcuni dei temi al centro dei suoi scritti sugli anni attorno al 48. In sede di bilancio, quasi ricollegandosi al passo del 18 brumaio su ci siamo soffermati nel paragrafo 4, Marx scrive ad esempio che la lotta di classe operaia dovr passare per lunghe lotte, per una serie di processi storici che trasformeranno le circostanze e gli uomini (GCF, p. 87). Ma la Comune ha in particolare a suo giudizio determinato un gigantesco salto in avanti nella storia politica del proletariato, nella misura in cui ha rappresentato e affermato la forma positiva di quella repubblica sociale che allinizio della rivoluzione di febbraio aveva rappresentato per il proletariato parigino soltanto una vaga aspirazione (GCF, p. 80). la stessa forma politica della repubblica a scindersi nelle pagine di Marx di fronte allirruzione nella storia di una forma politica fondamentalmente espansiva che scompagina il piano delle tradizionali forme di Stato e di governo al cui interno si colloca la repubblica borghese e parlamentare analizzata nel 18 brumaio. Ma definitiva anche la separazione, che si compie in Marx di fronte alla Comune, tra la politica comunista e lo Stato moderno: la classe operaia, infatti (ecco il passo richiamato nella prefazione alledizione del 1872 del Manifesto), non pu mettere la mano semplicemente sulla macchina dello Stato bella e pronta, e metterla in movimento per i propri fini (GCF, p. 76). una separazione che va intesa in senso letterale, non solo metaforico (e nessuno meglio di Lenin lo comprese sotto il profilo teorico): nel senso che la politica comunista si definisce come azione di massa che punta a separare le funzioni comuni (nel senso di quel Gemeinwesen con cui Engels, in una lettera del 1875 ad August Bebel propone di sostituire il termine Stato, MEW, XXXIV, p. 129) svolte dallo Stato dal suo apparato repressivo, appropriandosi delle prime e distruggendo il secondo. Dittatura del proletariato indica originariamente la forma politica di questa azione di massa. Scrive Marx nel 1875, criticando il programma di Gotha varato dalla socialdemocrazia tedesca sotto linfluenza di Lassalle: non assolutamente compito degli operai, che si sono liberati del gretto spirito di sudditanza, rendere libero lo Stato (CPG, p. 51). N la classe operaia ha da liberare il lavoro, visto che ha da liberare se stessa (CPG, p. 44). Ancora il rompicapo della liberazione, come tema essenziale su cui si determina la costituzione della classe operaia e del proletariato in soggetto politico. Nel corso 47

della storia successiva sar spesso qualcun altro (un partito, uno Stato) a pretendere di agire in luogo e in nome dei proletari e degli operai, rappresentandoli. Ma la politica comunista, in quanto politica di una auto-liberazione, non potr che rivolgersi criticamente contro ogni dispositivo di rappresentanza, perfino quando, allinterno di circostanze specifiche, ne deve riconoscere la necessit.

10. Marx ad Algeri Il capitalismo nasce storicamente in un ambiente sociale noncapitalistico. [] Allinterno di questambiente il processo di accumulazione del capitale si apre una strada. [] In realt, laccumulazione capitalistica non solo non pu, nel suo espandersi a balzi, contare sul semplice incremento naturale della popolazione lavoratrice, ma non pu neppure attendere la lenta decomposizione naturale delle forme non-capitalistiche e il loro pacifico trapasso alleconomia mercantile. Il capitale non conosce altra soluzione al problema che la violenza: metodo costante dellaccumulazione del capitale, non solo al suo primo nascere, ma anche oggi (Rosa Luxemburg, Laccumulazione del capitale [1913], trad. it. Torino, Einaudi, 1968, pp. 365 s.). Lenin non mai stato in Inghilterra, Marx non mai stato a Detroit e, per quel che conta, Adam Smith non mai stato a Pechino. Ad Algeri, invece, Marx c stato davvero, sul finire della sua vita: per un paio di mesi allinizio del 1882, per cercare (invano) ristoro dal rigido inverno londinese, seguendo le raccomandazioni dei medici. Il titolo di questultimo paragrafo, come quelli celebri che si sono appena evocati (di Mario Tronti, in primo luogo, ma anche di Giovanni Arrighi), non deve tuttavia essere inteso in termini letterali. Per quanto non manchino, nel soggiorno di Marx ad Algeri, elementi di interesse, non alla ricostruzione di quel soggiorno che sono dedicate le pagine che seguono (cfr. in questo senso M. Vesper, Marx in Algier, Bonn, Pahl-Rugenstein, 1995). Il passaggio a oriente di un Marx duramente provato non solo dalla malattia ma anche dalla morte, lanno precedente, della moglie Jenny verr piuttosto assunto come metafora, molto allusiva in verit, di una serie di spiazzamenti che si producono nel suo pensiero dopo la pubblicazione del primo libro del Capitale. Vale la pena, in questo senso, di forzare il senso di un enigma a proposito della vera e propria sospensione dei lavori per la conclusione della sua opera di critica 48

delleconomia politica che si verifica dopo il 1870. Cattivo stato di salute, ci informa Engels (C, II, p. 6). certo vero, e tuttavia pensando alla passione con cui Marx si impegn a fianco della Comune e negli scontri interni allInternazionale, risulta difficile credere che non sarebbe riuscito a trovare le energie per riordinare sistematicamente la gran mole di manoscritti che aveva approntato per il secondo e terzo libro del Capitale gi prima della pubblicazione del primo. Forzare il senso di un enigma, come si diceva, significa dunque formulare lipotesi che una serie di blocchi teorici si fossero presentati a interrompere lordine dellesposizione (Darstellung), imponendo a Marx la riapertura della ricerca (Forschung) (sul rapporto tra questi termini, si veda Negri, Marx oltre Marx, cit., p. 24). Negli ultimi anni della sua vita egli si immerse nello studio delle scienze naturali del suo tempo (dalla chimica alla geologia), certamente anche per via dellinfluenza di Darwin, accumul materiali attorno al tema di una storia critica della tecnologia (C, I, p. 454, n. 89), si confront intensamente con antropologi ed etnologi, riempiendo fitti taccuini dappunti. Questultimo aspetto delle ricerche marxiane degli ultimi anni particolarmente importante, combinandosi con lintensificazione dellinteresse per realt e aree del mondo diverse rispetto a quelle su cui Marx aveva fino a quel momento costruito le proprie teorie del capitalismo (lInghilterra) e della rivoluzione proletaria (la Francia). Gi si richiamata lattenzione (nel paragrafo 7) sullimportanza che in Marx assume il concetto di Weltgeschichte, con quel riferimento al mondo che si perde nella traduzione italiana canonica con storia universale. Non una questione meramente terminologica. Fin dagli anni giovanili, Marx prende sul serio il riferimento spaziale contenuto nel sintagma Weltgeschichte, entrato nelluso filosofico di lingua tedesca nel XVIII secolo, e lo fa consapevolmente interagire con il riferimento temporale. Si legge ad esempio nellIdeologia tedesca: certo un fatto empirico che i singoli individui, con lallargarsi dellattivit sul piano storico mondiale (mit der Ausdehnung der Ttigkeit zur Weltgeschichtlichen), sono stati sempre asserviti a un potere loro estraneo [], a un potere che diventato sempre pi smisurato e che in ultima istanza si rivela come mercato mondiale (Weltmarkt) (IT, p. 36, trad. modificata). Si vede bene qui, mi pare, il significato spaziale assolutamente concreto che assume in Marx la formula Weltgeschichte, fino a indicare il tempo storico dominato da una potenza (Macht) che assume il mondo come ambito della propria azione. un altro punto di straordinaria originalit della riflessione di Marx, che si tratta di valorizzare anche dal punto di vista della produzione di soggettivit. In unepoca storica in cui era ben lungi dallessersi concluso in Europa il processo di affermazione degli Stati nazionali e di rottura delle appartenenze locali, il suo sforzo interamente teso a cogliere lazione di forze la cui costituzione e la cui efficacia si collocano allinterno di coordinate mondiali. E queste forze determinano la stessa produzione ed esperienza quotidiana di soggetti che, come gi si visto, proprio per questo 49

vengono definiti individui empiricamente universali (IT, p. 34). Con una radicalit che non trova riscontro in nessun esponente delleconomia classica, Marx individua nella scala fin da principio mondiale delle sue operazioni uno dei caratteri distintivi del moderno modo di produzione capitalistico. Leggiamo un brano tratto dai manoscritti marxiani pubblicati postumi da Karl Kautsky con il titolo Theorien ber den Mehrwert (Teorie sul plusvalore): soltanto il commercio estero, lo sviluppo del mercato in mercato mondiale che trasforma il denaro in denaro mondiale e il lavoro astratto in lavoro sociale. La ricchezza astratta, il valore, il denaro, cio il lavoro astratto, si sviluppano nella misura in cui il lavoro concreto si sviluppa in una totalit di differenti specie di lavoro che abbraccia il mercato mondiale. La produzione capitalistica si basa sul valore o sullo sviluppo del lavoro contenuto nel prodotto in lavoro sociale. Ma ci non [possibile] che sulla base del commercio estero e del mercato mondiale. Questo dunque, nello stesso tempo, presupposto e risultato della produzione capitalistica (SDE, III, p. 274). Il mercato mondiale dunque per Marx, secondo una formulazione da lui spesso ripetuta in particolare nei Grundrisse, presupposto e risultato della produzione capitalistica. La tendenza (Tendenz) a creare il mercato mondiale data immediatamente con il concetto stesso di capitale. Ogni limite (Grenze) si presenta qui come un ostacolo (Schranke) da superare (G, II, p. 9). Se il capitale non pu esistere al di fuori dellorizzonte del mercato mondiale, questo stesso orizzonte deve tuttavia essere continuamente prodotto e affermato. Limportanza del colonialismo e della conquista allorigine del moderno modo di produzione capitalistico, sottolineata da Marx nella sua analisi della cosiddetta accumulazione originaria, trova qui le proprie ragioni teoriche di fondo. Ma pi in generale, una volta aperto lo spazio del mercato mondiale, questultimo ha caratteri che si potrebbero definire formali. Nel senso che pu essere materialmente articolato e organizzato in modi molto diversi, secondo geometrie variabili di egemonia, dominazione e dipendenza: se il capitale rivoluzione permanente (G, II, p. 12) lo anche sotto il profilo della produzione degli spazi al cui interno si determinano la sua valorizzazione e la sua accumulazione. Il grande dibattito di inizio Novecento attorno allimperialismo registra precisamente questo problema, che Marx colse distinguendo il mercato mondiale dai rapporti internazionali (cfr. L. Ferrari Bravo, vecchie e nuove questioni nella teoria dellimperialismo, in Id., a cura di, Imperialismo e classe operaia multinazionale, Milano, Feltrinelli, 1975, pp. 7-67). Quel che qui vorrei sostenere che in un primo momento Marx stato come abbagliato da quelli che ho definito i caratteri formali del mercato mondiale, e vi ha costruito attorno unimmagine lineare della tendenza del capitale ad affermare in modo necessario e senza resti la propria logica, secondo un modello sostanzialmente unitario e omogeneo. Indipendentemente dalla loro efficacia retorica (in primo luogo per quel che riguarda la critica del socialismo utopistico), i toni apologetici sul ruolo rivoluzionario della borghesia nella 50

storia moderna nel Manifesto, cos come sul colonialismo inglese in India in uno scritto del 1853 (La dominazione britannica in India), possono essere considerati anche come sintomi di uno sbilanciamento tra i due aspetti temporale e spaziale, per cos dire della comprensione marxiana della Weltgeschichte. Una certa idea di progresso come necessit storica si infiltra indubbiamente in queste come in altre pagine marxiane, disincarnandosi per cos dire dalleffetto di concretezza potenzialmente prodotto dal riferimento spaziale. Analogo discorso, del resto, pu essere fatto per le sezioni dei Grundrisse dedicate alle forme che precedono le societ capitalistiche, complessivamente dominate da una lettura retrospettiva volta a evidenziare i caratteri distintivi (e la superiorit) del modo di produzione capitalistico. Se linteresse per gli sviluppi delletnologia e dellantropologia a lui contemporanee mostra come Marx abbia sentito negli ultimi anni della sua vita lesigenza di problematizzare questa lettura, fin dagli anni Cinquanta (in particolare attraverso il lavoro giornalistico per la New York Daily Tribune) laccumulo di letture e riflessioni su societ diverse da quelle europee occidentali, sullIndia e sulla Cina, sulla schiavit negli Stati Uniti, sui nazionalismi irlandese e polacco gli consent di riempire di determinazioni materiali il concetto di mercato mondiale (cfr. in particolare K.B. Anderson, Marx at the Margins. On Nationalism, Ethnicity, and Non-Western Societies, Chicago London, University of Chicago Press, 2010). bene non sopravvalutare gli effetti di spiazzamento e di revisione che da questo insieme di letture, riflessioni e ricerche derivarono allinterno della riflessione marxiana, soprattutto dopo la pubblicazione del primo libro del Capitale. Lettere, abbozzi di lettere, quaderni di appunti vanno letti con una qualche cautela, e supportano al pi la formulazione di ipotesi. Quel che mi pare plausibile in ogni caso affermare che Marx si mosse nella prospettiva di un approccio multilineare alla storia e allo sviluppo del capitalismo, considerando cio la possibilit di una molteplicit di forme eterogenee, calibrate su diverse scale storiche e geografiche, di imposizione e organizzazione del rapporto sociale costitutivo del capitale (cfr. ad es. Anderson, Marx at the Margins, ma anche E. Dussel, Lultimo Marx, Roma, Manifestolibri, 2009, in specie p. 230). Marx stesso ad affermarlo a proposito della sua analisi della cosiddetta accumulazione originaria: la fatalit storica del movimento di transizione al capitalismo, scrive a Vera Zasulic nel marzo del 1881, espressamente limitata ai paesi dellEuropa occidentale (ICR, p. 237), mentre poco pi di tre anni prima in una lettera alla redazione di una rivista russa aveva messo in guardia dal trasformare la sua analisi in una teoria storico-filosofica della marcia generale fatalmente imposta a tutti i popoli (ICR, p. 236). In termini teorici, vale la pena riprendere a questo punto il passo dei Grundrisse citato in precedenza: la tendenza a creare il mercato mondiale data immediatamente con il concetto stesso 51

di capitale. Ogni limite si presenta qui come un ostacolo da superare (G, II, p. 9). Se la tendenza indica il momento universale che inerisce tanto al concetto di capitale quanto alla sua azione, lincontro con il limite (definito tanto dal punto di vista dellestensione geografica quando dal punto di vista dellinsieme delle condizioni storiche, sociali e culturali che determinano tra laltro il lavoro vivo) allorigine della profonda eterogeneit del capitalismo tanto storico quanto contemporaneo (si veda, pur allinterno di una diversa prospettiva, Th.C. Petterson, Karl Marx, Anthropologist, Oxford New York, Berg, 2009, p. 144; ma centrale, su questi passaggi, continua a essere per me il lavoro di Chakrabarty, Provincializzare lEuropa, cit.). interessante notare come in questo passo Marx combini i due significati del limite che si sono appena richiamati quello geografico, immediatamente associato alla tendenza a creare il mercato mondiale (nonch alluso del termine Grenze, che indica il confine), e quello sociale, al centro delle righe immediatamente successive. La tendenza del capitale, prosegue infatti Marx, di subordinare anzitutto ogni momento della produzione stessa allo scambio, e di sopprimere la produzione di valori duso immediati che non rientrino nello scambio, ossia appunto di sostituire una produzione basata sul capitale ai modi di produzione precedenti e, dal suo punto di vista, primitivi (G, II, p. 9). Tanto sul limite della sua estensione geografica quanto sul limite della sua penetrazione intensiva allinterno di formazioni sociali determinate (per richiamare i termini utilizzati nel paragrafo 7), il capitale si trova di fronte, in questo passo dei Grundrisse, spazi non capitalistici. il problema della transizione al capitalismo, classicamente analizzato da Marx come pi volte si detto nel capitolo 24 del primo libro del Capitale, dedicato alla cosiddetta accumulazione originaria. Mi sono ampiamente occupato di questo testo in un libro di qualche anno fa (S. Mezzadra, La condizione postcoloniale. Storia e politica nel presente globale, Verona, ombre corte, 2008, appendice), e non vi torner qui se non per ribadire la mia convinzione condivisa con molti studiosi e molte studiose che si debbano ritenere i problemi e i procedimenti studiati da Marx a proposito della cosiddetta accumulazione originaria come caratteristici, certo in forme di volta in volta rinnovate, dellintero arco storico di sviluppo del modo di produzione capitalistico. La produzione di quelli che appaiono al tempo stesso come presupposti e risultati della produzione capitalistica il mercato mondiale, certo, ma anche e soprattutto i soggetti che al suo interno si muovono si ripropone continuamente come problema che interrompe la linearit storica dello sviluppo, in particolare in quei momenti di crisi in cui il capitale dispiega al massimo grado la propria natura di rivoluzione permanente. In questi momenti si ripresenta anche il problema del limite, della trasformazione di una serie di rapporti sociali, di processi produttivi, di forme di organizzazione politica, di specifici assetti spaziali in ostacoli da superare. La situazione contemporanea mostra chiaramente (ad esempio attraverso lattacco al welfare) come questi 52

ostacoli non siano necessariamente ambienti non capitalistici, ma possano essere costruiti come esterni al capitale (dal suo interno, se concesso il gioco di parole) per aprire nuove frontiere alla sua valorizzazione. A me pare che questa dinamica di apertura, immediatamente presidiata da precisi dispositivi di chiusura (si pensi, per rimanere allesempio del welfare, alla generalizzazione del debito), sia un tratto strutturale del modo di produzione capitalistico, un suo momento universale da comprendere criticamente nelle circostanze specifiche in cui si produce. del resto accompagnato da una specifica produzione di soggettivit e da specifici conflitti, non riducibili allo standard del lavoro salariato n alle due immagini fondamentali attorno a cui viene svolgendosi limmaginazione rivoluzionaria di Marx quella della classe operaia industriale e quella del proletariato insorto nelle strade di Parigi. In questi processi e in questi conflitti, come del resto nella scena della cosiddetta accumulazione originaria, le diverse forme della propriet comune e del rapporto comunitario non possono che rivestire ruoli centrali tanto come punto dattacco per il capitale quanto come base per la resistenza. Se si accetta lipotesi che Marx avesse sviluppato negli ultimi anni della sua vita unacuta consapevolezza dellimportanza di questi problemi su scala globale, il suo confronto con gli antropologi e gli etnologi (documentato dai taccuini del 1880-1882) si carica di significati ulteriori rispetto a quelli indicati da Engels nella prefazione a Lorigine della famiglia, della propriet privata e dello Stato (1884). Marx, in altri termini, non sarebbe stato soltanto alla ricerca delle origini storiche di una serie di criteri di gerarchia sociale, ma avrebbe anche lavorato alla costruzione di un archivio di forme del comune con cui leggere politicamente alcuni dei conflitti pi significativi determinati nel presente dallespansione mondiale del capitalismo. in particolare attorno al caso russo, alla possibilit che lobscina, la comunit rurale, potesse rappresentare la base per un passaggio diretto al comunismo, che Marx ragion negli ultimi anni della sua vita (cfr. Basso, Agire in comune, cit., pp. 94-117). Anche in questo caso, i testi di cui disponiamo frammentari, e i tentativi che sono stati fatti in questi anni di ricavarne un Marx comunitarista sono decisamente poco convincenti (si vedano per un bilancio i saggi raccolti in A. Curcio, a cura di, Comune, comunit, comunismo, Verona, ombre corte, 2011). Quel che mi interessa estrapolare dallultimo Marx non una revisione teorica e neppure la soluzione delle aporie del suo pensiero. piuttosto la tensione a riqualificare continuamente i termini di un problema quello della liberazione rimasto costante fin dagli anni della sua riflessione giovanile. E certo, nellintensit del confronto con le forme della propriet comune e del rapporto comunitario si pu leggere in filigrana la tensione a riavviare la ricerca proprio sul tema della produzione di soggettivit allinterno di un capitalismo definitivamente e materialmente pensato nella sua dimensione mondiale. Possiamo immaginare che fosse questa la sua preoccupazione mentre camminava per le 53

strade di Algeri in quellinizio del 1882, mentre raccoglieva informazioni sui muratori che, per quanto sani e autoctoni, si ammalavano di febbri violente dopo tre giorni di lavoro e ricevevano come parte del salario una dose quotidiana di chinino (Vesper, Marx in Algier, cit., p. 190) o mentre sorseggiava un caff in un locale moresco, affascinato dallo spirito di assoluta uguaglianza che osservava tra i frequentatori arabi. Riferendone alla figlia Laura il 13 aprile, aggiungeva tuttavia a scanso di equivoci, nel suo caratteristico impasto di tedesco e inglese: und dennoch gehen sie zum Teufel without a revolutionary movement, e tuttavia sono fottuti senza un movimento rivoluzionario (Vesper, Marx in Algier, cit., p. 200).

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Opere di Marx citate (sigle) 18B = Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, in K. Marx, Rivoluzione e reazione in Francia 1848-1850, Torino, Eianudi, 1976. C, I = Il capitale. Critica delleconomia politica, libro primo, Il processo di produzione del capitale, Torino, Einaudi, 1975. C, II = Il capitale. Critica delleconomia politica, Libro secondo, Il processo di circolazione del capitale, Torino, Einaudi, 1975. C, III = Il capitale. Critica delleconomia politica, Libro terzo, Il processo complessivo della produzione capitalistica, Torino, Einaudi, 1975. CPG = Critica del programma di Gotha, Roma, Savelli, 1975. G = Lineamenti fondamentali della critica delleconomia politica, 2 voll., Firenze, La Nuova Italia, 1978. GCF = La guerra civile in Francia, Roma, Editori Riuniti, 1977. HF = K. Marx F. Engels, Die Heilige Familie, oder Kritik der kritischen Kritik. Bruno Bauer und Konsorten, in MEW, 2. ICR = K. Marx F. Engels, India, Cina, Russia, Milano, Il Saggiatore, 1976. IT = K. Marx F. Engels, Lideologia tedesca, in Opere, vol. V, Roma, Editori Riuniti, 1972 LCF = Le lotte di classe in Francia dal 1848 al 1850, in K. Marx, Rivoluzione e reazione in Francia 1848-1850, Torino, Eianudi, 1976. MEF = Manoscritti economico-filosofici del 1844, Torino, Einaudi, 1980. MEW = K. Marx F. Engels, Werke, 39 Bde. und 2 Erg.Bde., Berlin, Dietz, 1958-1971. MF = Miseria della filosofia. Risposta alla Filosofia della miseria del signor Proudhon, Roma, Editori Riuniti, 1993. MPC = K. Marx F. Engels, Manifesto del partito comunista, Torino, Einaudi, 1979. QE = La questione ebraica, Roma, Editori Riuniti, 1978. SDE = Storia delle teorie economiche, 3 voll., Torino, Einaudi, 1954. 55

SPF = Salario, prezzo e profitto, Roma, Editori Riuniti, 1977.

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