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Altro complice di Béla Kun arrestato a Vienna

«Corriere della Sera», Milano, Anno VI, 4 Maggio 1928

Vienna, 3 maggio, notte. (a. b.)

La polizia di Vienna ha tratto oggi in arresto un altro complice di Béla Kun, il comunista Giorgio
Lukács che con l’ex-commissario del popolo ebbe nel famoso magazzino di coloniali della
Neubaugasse ripetuti colloqui. L’arrestato imitando la tattica seguita da Béla Kun e dagli altri
detenuti ha rifiutato di dare qualsiasi indicazione sugli scopi di quei colloqui limitandosi a
dichiarare: «Non intendo rispondere».
L’emigrato ungherese Lukács, che secondo alcuni avrebbe dovuto sostituire il comunista Ländler
nella direzione della propaganda in Ungheria, ha 39 anni, è figlio di un ricco possidente, già
direttore di una banca di Budapest, morto tre mesi or sono lasciando un’eredità che si fa ascendere a
parecchi milioni di scellini. Durante il regime sovietico Lukács fece parte del Governo in qualità di
vice-commissario del popolo all’Istruzione. È dottore in filosofia e in scienze sociali e viene
considerato come un teorico del bolscevismo.
Dopo la caduta di Béla Kun, Lukács si trasferì con la famiglia a Vienna dove collaborò a vari
giornali comunisti. Pochi giorni prima che la presenza dell’ex-dittatore venisse scoperta, egli fece
le valigie e lasciò la capitale austriaca ritornandovi stanane per cadere nelle mani della polizia che
l’ha messo subito a disposizione dell’autorità giudiziaria sotto l’accusa di aver partecipato alla
costituzione di una società segreta.
Da Budapest giunge notizia che delle persone arrestate ieri, sono state trattenute tre, due uomini e
una donna, che dopo molte reticenze, davanti alle prove che il consigliere di polizia Schweintzer
aveva recate da Vienna, hanno finito per confessare di essere state in relazione con l’ex-dittatore. Le
autorità di Budapest sono state sempre bene informate sui viaggi di Béla Kun. Alla fine del mese di
marzo due ispettori della polizia politica ungherese si trovavano a Vienna dove avevano ragione di
ritenere che egli si nascondesse.
Il Neues wiener Tagblatt narra questo episodio che dà un’idea dell’ambiente e dei metodi degli
emigrati ungheresi. I due ispettori che alloggiavano in un albergo del quartiere di Wieden si misero
a frequentare sotto mentite spoglie i circoli degli emigrati, ma poco dopo dovettero ripartire avendo
ricevuto all’albergo un biglietto con questo avvertimento: «È prudente che torniate subito a casa
vostra».
In mancanza di comunicazioni ufficiali sui risultati dell’istruttoria, taluni giornali continuano a
pubblicare ogni sorta di informazioni. Un organo di destra dice ad esempio che la presenza di Bela
Kun a Vienna era nota ai capi socialisti i quali ne avevano ricevuto notizia da Mosca. Da principio
essi minacciarono di denunciarlo per timore che facesse propaganda antisocialista, ma poi, per
intercessione del conte Michele Karoly venuto espressamente nella capitale austriaca, promisero di
non tradirlo, purché li avesse lasciati in pace. Karoly, l’ex-presidente del Consiglio ungherese che
consegnò il potere nelle mani di Béla Kun è, secondo queste informazioni, ai servizi della Russia
sovietica e il negozio di antichità aperto da sua moglie a Parigi serve soltanto a mascherare la sua
attività politica.
Secondo altri Béla Kun fu denunciato alla polizia dagli amici del defunto Ländler i quali non
volevano restituire i fondi per la propaganda che il capo comunista aveva loro consegnati prime di
morire. Per rimanere in possesso delle somme, essi fecero di tutto perché al posto del Ländler
venisse nominato uno dei loro, e quando videro che la scelta di Béla Kun sarebbe caduta su un’altra
persona, se ne sbarazzarono avvertendo le autorità.
In merito alla domanda di estradizione avanzata dall’Ungheria in questi ambienti giuridici si
persiste nel credere che sarà respinta. Comunque una decisione dovrà essere presa dal Governo sul
parere che emetterà la Camera di Consiglio del Tribunale statale. L’opinione pubblica e la stampa
ungherese sono unanimi nel ritenere invece che l’estradizione debba essere concessa.
A questo proposito il Pester Lloyd nell’articolo di fondo scrive fra l’altro che l’Ungheria attende la
consegna di Béla Kun accusato di reati comuni.
«Lo Stato ungherese – dice il giornale – ha già rivolto in passato eguale richiesta al Governo
austriaco, il quale allora non ebbe modo di pronunciarsi in merito, ma respinse la domanda con la
motivazione che Béla Kun aveva nel frattempo lasciato il territorio dell’Austria. Oggi è in potere di
quest’ultima di esaudire la domanda dell’Ungheria e viene inoltre offerta a tutti gli Stati minacciati
un’ottima occasione per formare una fronte unica contro Mosca. Ora si vedrà se l’Austria è disposta
a partecipare a un’azione di questo genere».

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