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                                      Georg Büchner 
                                       
Büchner nasce a Goddelau nel Granducato d'Assia nel 1813 e muore giovanissimo a soli 24 anni nel 37 a
Zurigo, questo perché era stato costretto per motivi politici a lasciare il Granducato d'Assia e recarsi in
Svizzera. 

Il poeta Paul Celan lo definisce un poeta della creatura, perché nelle sue opere spesso parla per conto di altri
che sono stati travolti dalla storia o dal destino.

Heinrich Lenz è un poeta dello Sturm und Drang, che come ci racconta Büchner divenne pazzo. Di questa
storia Büchner ci restituisce la tragicità. 
Büchner sceglie di occuparsi della vicenda di Lenz, perché è anche un poeta a cui si sente particolarmente
affine e perché ne condivide la concezione dell’arte.
In effetti, sono due le questioni del testo :
 la prima è quella relativa al senso dell’esistenza umana, che è una domanda che si complica dal
punto di vista della poetica di Büchner perchè leggendo le sue lettere, questa questione si complica
per la concezione tragica della storia che ha Büchner, una concezione fatalistica in cui gli uomini
sono delle marionette nelle mani della storia;
 l’altra domanda è quale deve essere il compito dell’arte in senso ampio secondo Büchner e qual è il
compito nello specifico di Büchner in quanto drammaturgo.

Büchner come oggetto degno dell’arte ritiene debba esserci un’esaltazione della nuda realtà, una realtà
raccontata così come è avvenuta, senza fronzoli, abbellimenti, senza alcun tipo di idealismo.

Questi due interrogativi, quindi senso dell’esistenza umana e compito dell’arte, sono due interrogativi che se
guardiamo alla poetica di Büchner risuonano nel vuoto.
Siamo negli anni 30 dell’800. Nel testo i termini che risuonano più spesso sono angoscia, vuoto,solitudine. 
Tuttavia in Büchner troviamo un'affermazione della vita positiva nonostante ciò che la svuota e la priva di
senso, nonostante non sia possibile rintracciare in essa una scintilla divina; perché per Büchner la vita è come
se fosse uno spietato decadere verso la morte.

Inoltre, Büchner ha una formazione medica, fu un medico e uno scienziato, oltre che un drammaturgo e uno
scrittore. Morì giovanissimo, aveva solo 24 anni , ma ci ha lasciato 3 drammi e uno studio novellistico che ne
fanno un grande autore.
Questi tre testi sono :
La morte di Danton:   in cui utilizza discorsi politici tenuti a Parigi negli anni del Terrore. 
Il Woyzeck : in cui utilizza degli atti giudiziari ed un referto medico relativo ad un processo che era stato
celebrato a Lipsia e che si concluse nel 24 con la condanna capitale del barbiere Woyzeck.
Il Lenz : in cui viene utilizzato il diario del teologo e medico Oberlin che nel 1778 ospitò e curò il poeta
Lenz.

Büchner parte sempre da documenti, da fonti specificamente documentarie che vengono utilizzate spesso alla
lettera . 

Per quanto riguarda il Lenz, la fonte è il diario di Oberlin. Da un lato c’è sempre una attenzione a quelle che
sono le fonti, proprio perché le storie non devono mai essere abbellite, idealizzate; ma devono essere
raccontate da Büchner così come sono avvenute. 
Questo viene chiarito nelle sue lettere in cui questi documenti vengono sempre valorizzati da parte di
Büchner per raccontarci quali sono le gravi e dolorose vicende cui si riferiscono. Questo anche con lo scopo
di combattere il male nella società, nel senso che per Büchner lo scrittore deve conoscere e far conoscere la
verità affinché questa possa essere trasformata.
Ci sono lettere in cui Büchner scrivere ad esempio “combatterò con le parole.”

Mittner di lui scrive che è il più caratteristico rappresentante della  zerrissenheit (lacerazione) degli anni 30. 
Nel mondo che viene costruito da Mittner domina un angoscioso nichilismo. Si percepisce leggendo il Lenz,
che è un testo molto doloroso. Leggendolo sappiamo che si tratta di una storia vera raccontata sulla base di
documenti, la storia di un poeta che va incontro alla follia e di cui ci vengono raccontati tutti i tormenti, sia
fisici che psicologici, tormenti religiosi in modo particolare. 

L’altro aspetto che viene sottolineato da Mittner è lo spirito rivoluzionario di questo autore. A questo
proposito si fa riferimento alla vicenda legata alla diffusione del libello “Der Hessische Landbote” "Il
Messaggero Assiano" del luglio del 1834 che fa sì che Büchner sia costretto a scappare, che finì col
provocare la morte del collaboratore e stretto amico di Büchner Weidig che morì in seguito alle torture della
polizia e si suicidò dopo tre anni di detenzione preventiva e costrinse all’esilio Büchner che si rifugiò a
Zurigo, dove scrisse i drammi.
Il Messaggero Assiano è un libello con cui Büchner e Weidig incitavano la popolazione alla rivolta contro il
Granducato d'Assia con le parole che sono poi diventate famose “"Pace alle capanne! Guerra ai Palazzi”,
quindi contro i nobili e contro la stessa borghesia che opprimevano il popolo. Questa vicenda fece sì che
Büchner dovette appunto lasciare la Germania e rifugiarsi in Svizzera. 

Se guardiamo all’opera del Woyzeck , Büchner ci racconta la storia di un personaggio umile del popolo, un
barbiere, che viene spinto inesorabilmente al delitto della donna amata, Marì per gelosia. Ma quello che
viene messo fortemente in luce in questo testo sono anche le condizioni miserabili in cui vive il barbiere
Woyzeck. C’è anche un'attenzione alle condizioni dei più umili, di coloro che sono stati travolti o dalla
storia, come il caso di Danton o dal destino, come il caso di Woyzeck e soprattutto di Lenz. 

Büchner nelle sue lettere esplicita quella che è la sua concezione della storia e quella che è la sua idea del
compito dell’arte.
Lettura della lettera scritta alla fidanzata di Büchner, scritta alla metà di gennaio del 1834 , informandoci su
quello a cui sta lavorando. In questo caso sta lavorando sul Danton e quindi sulle vicende legate agli anni del
Terrore, a come la Rivoluzione francese si era trasformata in un orrore.

(lettere caricate sulla pagina docenti)


“Ho studiato la storia della Rivoluzione, mi sono sentito come annientato sotto il mostruoso fatalismo della
storia. Trovo nella natura umana.. riconoscerla è il massimo, dominarla impossibile.”

Quindi la storia vista come qualcosa che determina e travolge la vita degli individui rispetto alla quale i
singoli sono ”schiuma del mare”, vengono quindi travolti nell’onda del divenire.

Questo stesso passaggio in cui si parla del mostruoso fatalismo della storia, per cui è un caso se si diventa
grandi o se si viene travolti, si diviene vittime della storia. 

Büchner si fa voce di coloro che sono stati travolti dal destino o dalla storia. La grandezza è un puro caso, ma
anche la caduta è un puro caso; come accade a Danton, Lenz, Woyzeck. In altre parole, per  Büchner ciò che
noi diveniamo è sempre frutto delle circostanze. Tant’è che subito dopo scrive “io non sono la lama di una
ghigliottina..Se solo potessi appoggiare questo cuore freddo e martoriato sul tuo seno!”. 

Quindi la storia, ma anche le vicende legate alla vita di una persona trasformano gli uomini in vere e proprie
marionette, tant’è che Büchner si domanda che “cos’è in noi che mente, uccide, ruba ? E’ un caso chi
diventa genio, chi pazzo come Lenz, chi omicida?”

Lettera alla famiglia scritta nel mese successivo del febbraio del 1834 in cui ci dice anche qual è il suo modo
di porsi nei confronti del creaturale:

“Io non disprezzo nessuno, meno che mai ..e perché le circostanze sono al di fuori di noi.” 

Qui si legano le questioni. Da una parte la storia e anche le vicende personali che qualcuno vive come ciò
che determina che cosa si diventa, quindi la centralità dell’ambiente e la centralità degli eventi storici con cui
ci si ritrova ad essere coinvolti, le circostanze al di fuori di noi che determinano cosa diventiamo. Tutto
questo si traduce anche in una postura di Büchner, ovvero nel suo non poter disprezzare nessuno. “Non
disprezzo nessuno, proprio perchè in eguali circostanze noi non possiamo escludere che saremo diventati
stolti, malfattori, pazzi come il caso di Lenz.”

Questa constatazione del fatalismo della storia, ma anche della centralità dell’ambiente nel decidere di quella
che è l’esistenza di  un individuo si traduce anche nell’impossibilità di trovare disprezzo verso alcun uomo,
salvo che verso colore che disprezzano, di coloro che si pongono al di sopra delle parti e giudicano della vita
degli altri. 

Continuo :
“Mi chiamano un beffeggiatore…e quindi rido di me stesso che condivido la sua sorte.”

Cioè lui ride del fatto che in quanto uomo è un essere necessariamente limitato e ridendo dell’uomo in
quanto uomo, ride anche di sé stesso essendo uomo.
Questo passaggio spiega anche quello precedente in cui lui aveva detto “io non sono la lama di una
ghigliottina", nel senso che si pone in una sospensione del giudizio rispetto a quelle che sono le vicende
umane. 

Woyzeck si rende colpevole della morte dell’amata e viene condannato a morte. 


Lenz è un poeta che va incontro a un progressivo decadimento psichico.
ll poeta Paul Celan lo chiama “poeta del creaturale” , perché in lui c’è un'estrema attenzione a quelli che
sono i limiti dell’uomo per un verso e le circostanze che determinano la vita stessa di un particolare uomo,
circostanze che possono essere sia l’ambiente familiare sia anche i fatti storici che determinano che cosa si
diventa.
Tuttavia, la centralità che viene data alle circostanze nel determinare che cosa un uomo diviene, fa si che
Büchner non possa provare disprezzo verso nessuno se non verso coloro che disprezzano.

“L’odio è permesso altrettanto quanto l’amore..superbia contro superbia..”.

Quindi il disprezzo si traduce soltanto verso coloro che disprezzano ponendosi in una situazione superiore
come se fossero superiori agli altri uomini, perché tutto questo rappresenta per Büchner un disprezzo di
quello che è il sacro spirito umano.
Nei suoi testi c’è una particolare attenzione verso i sofferenti, gli oppressi, verso coloro che stati travolti o
dalla storia o dal destino e la cui storia deve essere raccontata sospendendo il giudizio, questo è anche ciò
che determina la differenza profonda tra il diario di Oberlin e il Lenz di Büchner, pur essendo il diario di
Oberlin la fonte principale per la stesura del testo. 

Abbiamo due prospettive : quella del pastore Oberlin che accoglie Lenz e che giudica la sua esistenza ;
invece la prospettiva di Büchner  sospende alcun tipo di giudizio per raccontarci la storia di un uomo, di un
poeta che è andato incontro a un progressivo decadimento psichico.

Questa è la questione del fatalismo, della storia e dell'attenzione di Büchner    per quanto riguarda coloro che
sono stati travolti dalla storia o dal destino.

Qual è per lui il compito dell’arte e quello che gli si assume come suo compito in quanto drammaturgo ?

Lettura della lettera alla famiglia del 28 luglio 1835, Strasburgo :


“Il poeta drammatico non è ai miei occhi nient'altro che uno storiografo … e personaggi invece di
descrizioni.”

Il poeta è uno storiografo, ci racconta la storia. Il poeta drammatico deve raccontare vicende reali, che sono
accadute realmente , che riguardano la storia ma anche le vicende come quelle di Lenz.

 Büchner racconta la storia di Lenz anche perché si sente vicino a quella che è la stessa idea di poesia che
aveva Lenz, quindi sceglie un animo affine al suo. 
Le fonti devono sempre essere documentarie. Büchner parte sempre da fonti documentarie. È però superiore
alla storia , perché la storia necessariamente viene ricreata per la seconda volta; nel senso che non è che il
poeta drammatico ci riporta semplicemente dei fatti, ma da vita a questi fatti. Il compito del poeta è dare una
nuova vita a questi fatti raccontandoceli così come sono accaduti, sia nella loro realtà senza abbellimenti sia
anche sospendendo il giudizio, qualcosa a cui si ridà vita per trasportarci direttamente nella vita di un’epoca,
per darci delle figure che siano reali.

“Il suo più alto compito è quello di avvicinarsi il più possibile alla storia così come essa è realmente
accaduta.”
raccontare la storia così come è accaduta.

Passaggio importante:
“Il suo libro non deve essere nè più morale nè più immorale della storia stessa, ma la storia…per servire da
lettura alle giovinette..”

Le opere non devono essere né morali né più immorali della storia stessa, la storia va raccontata anche
raccontando quella che è l’atrocità della storia, per questo Büchner precisa che la storia non è un racconto per
giovani donzelle, non è qualcosa che deve essere raccontato per intrattenere, ma deve essere raccontato nella
sua atrocità. Proprio perché Büchner riconosce la storia come una tragedia incommensurabile che spesso
travolge gli individui e che non deve essere abbellita. 

Qui il riferimento è alla morte di Danton :


“Non bisogna neppure aversela a male con me.. farli parlare come atei.”

Da questo punto di vista le opere, né più morali né più immorali, raccontano la storia così com'è con la sua
atrocità. 

Poco più avanti, proseguendo questo discorso, viene precisato qual è secondo Büchner il compito del poeta
drammatico. 

Lettura : 
“Il poeta non è un maestro di morale….così tanta dissolutezza.”

Il punto importante di questo passaggio è che il poeta non è un maestro della morale, non ci racconta la storia
per ammaestrarci, ma ci racconta la storia per raccontarci così come si sono svolti i fatti, poi sta a chi legge
imparare qualcosa da questi fatti. 

Il poeta deve sospendere quello che è il suo giudizio morale sui fatti che sono accaduti, raccontarli in
maniera oggettiva e soprattutto non deve abbellire la storia, sia perché la storia non è fatta per giovani
donzelle sia perchè c’è una motivazione molto più profonda. La questione è quella di mostrare il mondo,
l’esistenza così com’è. Si impara osservando la storia, ma anche la vita nella sua atrocità. Chi non è disposto
a vedere questa atrocità farebbe bene, come scrive nella lettera “a camminare per strada con gli occhi
bendati”, cioè a non guardarsi intorno, perché la storia e la vita comportano eventi che sono atroci e che
vanno raccontati in quanto tali. Chi non accetta tutto questo dovrebbe gridare all’ assassino contro un Dio
che ha creato un mondo così com’è, questo è il punto fondamentale, perché Büchner contrappone il
materialismo all’idealismo.

Il materialismo inteso a mostrare il mondo, l’esistenza così com’è.


L’idealismo che vuole creare un mondo così come dovrebbe essere.

Il punto è che creare un mondo così come dovrebbe equivale a voler gareggiare con Dio nella creazione, cioè
equivale a considerare ingiusto il mondo fatto da Dio.  Questa frase è detta da Büchner, che è ateo. Non è
solo un atto d'accusa contro Dio, quanto un atto d’accusa contro coloro che si mettono al posto di Dio con la
pretesa di presentarci un mondo così come dovrebbe essere, rifiutandosi di accettare il mondo così com’è.
Quindi presentandoci un mondo ideale a cui il mondo reale dovrebbe confrontarsi.
L’amore di Büchner per il mondo è così profondo da accettarlo così com’è e non così come dovrebbe essere,
così come viene abbellito dagli idealisti. 
Gli idealisti è come se teorizzassero una sorta di dover essere del mondo che vuole negare al mondo la
possibilità di essere qual è ,anche nella sua atrocità.

Continuo della lettura della lettera :


“Si dovrebbe gridare contro un Dio che ha creato un mondo…il mondo come deve essere.”

Quindi materialismo VS idealismo. Raccontare la storia così com’è nella sua atrocità, mentre idealizzare il
mondo è una profanazione, nella misura in cui si ipotizza un dover essere del mondo pretendendo un mondo
ideale al quale il mondo reale dovrebbe conformarsi. 
Quindi potremmo dire che è l’arte ideale che si fa maestra della morale, rispetto alla posizione di Büchner
che intende raccontare la storia così com'è.

Quindi la storia non come qualcosa di fatta per giovani donzelle, poiché atroce che travolge gli individui
come accade a Danton, ma anche l’esistenza è atroce e comporta vicende come quella di Lenz. Nel caso di
Woyzeck è una profonda miseria sociale che spinge il protagonista all’omicidio.
In tutti e tre i casi abbiamo a che fare con vittime travolte dalla storia o dal destino. Queste storie vanno
raccontate così come sono accadute, chi ritiene che la storia sia raccontata con intenti morali sbaglia, dal
punto di vista di Büchner, perchè non accetta il mondo così com’è.

Büchner nella sua profonda umiltà sostiene che lui non sarebbe in grado di fare un mondo migliore di come è
stato fatto da Dio stesso.
Büchner era ateo, a differenza di come ci viene presentato Lenz. Questo passaggio lo ritroveremo, anche se
diversamente, anche all’interno del testo di Lenz. C’è una parte tutta dedicata all’arte e al compito dell’arte,
in cui ritroviamo questa contrapposizione tra materialismo vs idealismo. L’idealismo come una
profanazione, un volersi porre al posto di Dio per fare l’esistenza meglio di come Dio l'ha creato. 

Questo passaggio della lettera non è tanto un atto d’accusa contro Dio per come ha fatto il mondo, perché la
storia, come afferma Büchner, la fanno gli uomini.E’ un atto di accusa contro coloro che si mettono al posto
di Dio volendoci presentare un mondo ideale al quale il mondo reale dovrebbe conformarsi. Questo per
Büchner è un modo di disprezzare il mondo così com’è, anche e nonostante la sua atrocità. 
Büchner è anche colui che se racconta la storia è perché vorrebbe incidere nella storia. Per un verso,
riconosce questa tragicità della storia; per un altro verso ci deve essere una parte di Büchner che spera sia
possibile raccontando la storia e le vicende degli uomini migliorare l'esistenza umana.
Cui sono lettere in cui Büchner ci parla del suo desiderio di combattere con le parole, quindi di migliorare le
condizioni degli uomini, in particolar modo dei più umili, dei sofferenti, degli oppressi, a cui Büchner volge
il suo favore. 

Quindi drammi né più morali né più immorali della storia stessa. Lo stesso vale, come  nel caso della novella
Lenz, quando si racconta una storia umana. nello specifico una storia di un uomo, un poeta che impazzisce.
Come afferma Büchner questa storia va raccontata in maniera oggettiva, sospendendo il giudizio. In questo
senso la sua stessa opera è documentaria. Parte da una fonte, che è il diario di Oberlin, che aveva accolto
Lenz a casa sua. Ci sono dei passaggi nel diario di Oberlin in cui c’è un giudizio che viene espresso da parte
di Oberlin rispetto alla vita di Lenz; così non è invece per Büchner che si astiene da qualsiasi giudizio morale
per raccontarci la vicenda di un uomo/poeta che è andato incontro ad un progressivo disfacimento psichico.

Lenz è vittima della sua follia, di un progressivo decadimento psicologico, ma è vittima del suo tormento
religioso molto forte. 
Tutto questo seguirà in seguito alla morte di una bambina di cui ci viene raccontato all’interno del testo; ma
anche nel caso di Lenz ci troviamo di fronte ad un personaggio che è anche vittima delle circostanze che nel
suo caso prendono la forma di un dovere morale.
Non ci sono solo le circostanze della storia che determinano la vita degli individui, ma ci sono anche gli
uomini che incarnano il dovere morale pretendendo di decidere a quale vita dovrebbe conformarsi la vita di
Lenz.
Vedremo come il padre incide nella vita di Lenz incarnando il dovere morale, nel senso di a quale vita
dovrebbe conformarsi la vita di Lenz, a cui si affiancherà anche la prospettiva di Oberlin. 
C’è un passaggio nel testo in cui Lenz si è rifugiato presso il pastore Oberlin. Qui arriva un amico che lo
informa che il padre vorrebbe che torni a casa. 
Il padre manda a dire a Lenz che lui deve tornare a casa. Questo dover tornare a casa segnerà un
peggioramento nelle condizioni di Lenz, perché il padre incarna il dovere morale, pretendendo di decidere a
quale vita dovrebbe conformarsi la vita di Lenz.

 Questo dovere morale verrà assunto anche da Oberlin nella misura in cui anche lui facendo presente a Lenz
che dovrebbe onorare il padre e la madre, lo invita a ritornare a acs,a cosa che segna un peggioramento in
Lenz che si sente scisso tra il voler tornare a casa e il voler restare invece presso il pastore Oberlin.
Il dissidio di Lenz è multisfaccettato, sono varie le cause che contribuiscono al suo peggioramento.
C’è questo aspetto del dovere morale  incarnato dal padre e da Oberlin che assume la prospettiva del padre di
Lenz.
Ci sarà poi un altro evento fondamentale che è  la morte di una bambina che acuisce il profondo tormento
religioso di Lenz.

Già tormentato dal punto di vista religioso , nel momento in cui muore questa bambina nel suo animo ci sarà
lo scatenarsi dell’inferno, perché trova ingiusta la morte di questa bambina, quindi un ingiusto Dio. 

Lenz prova un tormento religioso che non appartiene a Büchner è che tuttavia lui ci restituisce per
raccontarci questa storia. 

Tra le concause che contribuiscono al peggioramento delle condizioni psicologiche di Lenz ci sono  due
eventi :
 da una parte il dover tornare dal padre, per cui Lenz peggiora; Tanto più che viene calcolato facendo
riferimento ad un comandamento da parte di Oberlin ovvero : onora il padre e la madre.
 Dall'altro la morte della bambina come espressione di quanto più terribile ci possa essere nell'ambito
dell’esistenza umana, quindi inaccettabile dal punto di vista dell'esistenza umana.

Il senso del dovere contrapposto alla libertà che dovrebbe essere concessa a Lenz di essere ciò che vorrebbe
essere; dall’altro la questione del mondo così com’è in cui accadono anche i fatti atroci, quale appunto può
essere la morte di una bambina.

                                          La questione dell’arte


Questa contrapposizione tra naturalismo-idealismo la ritroviamo anche all'interno del Lenz. C’è un passaggio
che Büchner inventa. Nel testo di Oberlin non c’è traccia di questo discorso di Lenz sull’arte.
 Buchner però lo inserisce proprio per dirci qual è il compito dell’arte e in quel caso troveremo questa stessa
contrapposizione tra una visione materialista-naturalista contrapposta ad una visione idealistica dell’arte.

Ci sono dei riferimenti anche alla pittura oltre al fatto che ci viene detto che Lenz disegna anche.
Ci viene detto che la storia, l’esistenza, il mondo va raccontato così com’è senza alcuna forma di
abbellimento e giudizio morale. Quindi sospendendo il giudizio e non idealizzandolo, perché chi idealizza il
mondo crea un mondo ideale a cui il mondo reale dovrebbe conformarsi. 
Il registro è cambiato . Siamo sempre all'interno dell’800 tedesco che è complesso, perché ci sono varie
correnti.

Negli anni 30 ci troviamo di fronte ad un autore che è centrale nella letteratura tedesca, cioè Büchner in cui
rintracciamo un angoscioso e doloroso nichilismo. 

(Lenz è una novella, incompiuta - Woyzeck anche è incompiuto, ci sono diverse versioni.)
In un passaggio del Lenz che Büchner si inventa per raccontarci la sua prospettiva e quella di Lenz sull’arte
ci viene detto che le Madonne del Raffaello e l’Apollo del Belvedere lasciano Lenz del tutto indifferente ,
proprio perché creano un mondo ideale. Non è così pacifico che l’arte non debba essere anche bella, anche
quelle sono una forma di profanazione nella misura in cui noi nella realtà non incontreremo mai una
Madonna del Raffaello . Qui si sta considerando immorale l’arte bella. 
 
                                                      Lenz
Secondo Mittner si può definire uno studio clinico, perché ci viene raccontata la storia di un poeta, vissuto
realmente, che impazzisce e di cui Büchner ci offre tutto il tormento dell’animo di Lenz.
In questo caso viene svolto con un'analisi profonda da parte di Büchner e con un'attenzione a tutto quello che
tormenta l’animo di Lenz, partendo dalla fonte documentaria.

Per Büchner si tratta di essere storiografi, di ricreare la storia, quindi dà vita a Lenz. E’ un caso di
alienazione, ma è anche una pagina di storia letteraria in cui Büchner fissa indirettamente, ma
consapevolmente, anche la propria posizione nella letteratura tedesca, cioè quella che è la sua idea dell’arte e
di quello che è il compito dell’artista. 
Nella pagina inventata da Büchner ( in cui non c'è traccia nel diario di Oberlin),  immagina un dialogo tra
Lenz e l’amico Kaufmann. In questo dialogo Lenz esprime quella che è la sua idea dell’arte che è anche
l’idea che Büchner ha dell’arte, di quello che è il compito dell’artista.   
Non abbiamo una trama ma una serie di eventi. 
 Non abbiamo una trama ma una serie di piccoli eventi, che riguardano la vita di Lenz a partire dal momento
in cui varca le montagne per andare dal pastore Oberlin, presso il quale si fermerà per un certo periodo di
tempo.  E’ il 20 gennaio del 1778 (in realtà nell’incipit non troviamo un riferimento all'anno, ma
semplicemente indicato il 20 gennaio.) Büchner ci racconta una serie di piccoli eventi che riguardano il suo
soggiorno. Il racconto di questi eventi sono tratti dal diario di Oberlin ( ad eccezione del discorso sull’arte) e
via via segneranno il progressivo peggioramento di Lenz.

Incipit del testo :


Ci viene detto che il 20 gennaio Lenz traversò la montagna , l’anno, quello del 1778 che è la data che segna
proprio l’avvio della malattia mentale da parte di Lenz.  Alla diretta collocazione temporale segue una
descrizione del paesaggio in cui compare più volte la parola grigio (almeno 3 volte termine molto
ricorrente). 
Lenz si trova immerso in un paesaggio grigio e che attraverso questa assenza di colore Büchner ci restituisce
anche “l’indifferenza” di Lenz. Se il paesaggio appare grigio, l’animo di Lenz ci appare come indifferente a
tutto quello che gli accade intorno. 

Büchner scrive :
“Non gli importava nulla del cammino, ora su ora giù, stanchezza non ne sentiva. Solo gli rincresceva
talvolta di non poter camminare sulla propria testa.”

Qui c’è un immagina bellissima di Celan, dedicata al Lenz, in cui scrive che qui Büchner ci presenta un IO
che attraversa le montagne andando incontro al suo destino, un IO di cui ci viene mostrato il paesaggio “ora
su, ora giù”, come se il paesaggio ondegiasse insieme a lui. Questo fatto di non poter camminare sulla
propria testa, in una prospettiva rovesciata, per cui il cielo non è più quanto è sopra, ma è quanto appare sotto
i propri piedi come se fosse un abisso.

Quindi Büchner fin da subito ci presenta un IO, in questo caso del poeta che attraversando la montagna va
incontro a quello che è il suo destino di progressivo disfacimento psicologico. 
Relativamente al paesaggio abbiamo questa predominanza del colore grigio, che fa da contrappunto a quella
che è l'indifferenza di Lenz, rispetto al procedere di questo paesaggio, come se ci fosse una specie di accordo
tra l’indifferenza di Lenz e il grigiore stesso del paesaggio , un analoga assenza di colore. Anche la nebbia
appare come qualcosa che divora le forme. 
A Lenz tutto appariva piccolo , talmente tanto piccolo, che con il suo passo sembrava accelerare quasi le
distanze. 
A questa iniziale fase di indifferenze che genera in Lenz il vuoto mentale, l'indifferenza tiene dietro un
tumulto emotivo di Lenz, che fa significamente da contrappasso a quello che è il risveglio del paesaggio,
perché all’improvviso c’è una tempesta. L’irrompere della tempesta fa sì che i dati sensoriali di Lenz mutino
radicalmente.

Lettura :
“e al grigio uniforme succede una sinfonia di luce..”

Domina la luce chiara, accecante. “Un lago azzurro di luce”, per cui le vette improvvisamente appaiono
nitide, ferme, ma anche scintillanti.

Questo passaggio dall’indifferenza al tumulto emotivo corrisponde ad un variare del paesaggio, come se
Lenz corrispondesse al paesaggio che sta attraversando.  E’ come se Lenz si risvegliasse. Alla natura
maestosa e possente che si rivela nel temporale corrisponde il tumulto dell’animo di Lenz che sente qualcosa
che improvvisamente gli lancinava dentro.

Si tratta di un “godimento” → Lust che gli faceva male, un qualcosa che viene presentato nella sua
ambivalenza.

al grigiore → l’indifferenza rispetto al paesaggio;


al tumulto → il tumulto dell’animo , che fa male;

Vi è un'opposizione tra la presenza e l’assenza delle emozioni. Si prosegue con la descrizione del paesaggio
laddove compare improvvisamente la sera. Con la sera l’atmosfera diviene calma, però anche in questo caso
la calma ( Ruhe) della sera è ambigua perché si avvicina molto più al grigio e all’indistinto del paesaggio
iniziale e in cui Lenz avverte improvvisamente un senso profondo di solitudine. 
Lenz starà male soprattutto di notte, poi ci sarà un momento in cui inizierà a star male anche di giorno con il
progressivo peggiorare della malattia.Nel finale vedremo divenire di nuovo tutto buio e una cupa angoscia
crescere dentro di lui quanto più gli oggetti si perdevano nell’oscurità. Di qui sul finale qualche tentativo di
togliersi la vita, ma quello che resta in lui è questo terribile senso di vuoto che compare più volte.

Qui non si parla ancora di follia. In Lenz con il progressivo sentire la solitudine esplode in lui l’angoscia, si
sente spaventosamente solo e per la prima volta nella narrazione diventa esplicito lo spettro della follia.

Lettura :
“E’ come se qualcosa d’orribile (espressione che ritorna più volte nel testo, cioè la follia) lo dovesse
raggiungere, qualcosa che gli uomini non possono tollerare. Come se dietro di lui, la follia cavalcasse
sfrenata i suoi destrieri.”

Qui segue il cavalcare veloce della follia (Wahnsinn)  → a cui corrisponde la velocità del passo di Lenz che
si affretta a raggiungere la casa di Oberlin che gli dà il benvenuto.

Abbiamo il riferimento anche ad un possibile monologo interiore del protagonista, voleva parlare con sé
stesso ma non ne fu capace. Il modello del monologo interiore qui diventa un atto mancato da parte di Lenz.
Anche questo è un indice di quello che di lì a poco viene definito come l’essere preso da qualcosa di
angosciante, di orribile che è appunto la follia.
Oltre la profonda solitudine, la paura che qualcosa di orribile ( la follia) potesse raggiungerlo, compare
questa impossibilità nella solitudine non soltanto di estrinsecare la propria anima con altri esseri umani ma
l’impossibilità stessa di parlare con sé stesso.

Oberlin dà il benvenuto e Lenz si sente improvvisamente più tranquillo. 


Il rapporto con Oberlin è ambivalente. Oberlin è una figura che accoglie Lenz e diviene quasi una figura
ideale di immagine paterna, salvo l'incrinarsi laddove Oberlin si allinea a quella che è la posizione del padre.

Per un verso, Oberlin è una figura positiva per Lenz di possibile padre, quindi una figura accogliente e un
modello, perché Oberlin è un pastore. Lenz fa un sermone al suo posto, quindi è un modello da questo punto
di vista.
Tuttavia questa immagine poi si incrinerà, perchè Oberlin prenderà la posizione del padre per dirgli che
appunto non può restare presso di lui ma deve tornare a casa.

Quando Oberlin gli dà il benvenuto e Lenz si sente improvvisamente a casa ha questo attimo di tranquillità.
Di nuovo però abbiamo l’arrivo delle tenebre che divorano tutto, quindi di nuovo l’indistinto del paesaggio.
Ancora una volta viene preso da un'angoscia indicibile.

“le tenebre divoravano tutto, una tenebra indicibile l’afferrò.”

Anche in questo caso pur trovandosi a casa di Oberlin, non appena le tenebre avvolgono tutto viene preso
dallo stesso senso di angoscia che aveva sentito in un primo momento. Di qui, il suo gettarsi nella vasca della
fontana .Questo gesto viene ripetuto più volte nel corso del testo e ci viene raccontato da Oberlin stesso. 
Nel diario di Oberlin viene fatto riferimento al fatto che Lenz era solito gettarsi nella vasca della fontana. 
Non viene esplicitata la ragione, però il fatto che si faccia riferimento a Oberlin questo lo ha racconta
dicendo che la motivazione 

Lenz farà diversi tentativi di suicidio nell'ambito della novella. Il gettarsi nella fontana , quindi, è un essere
abituato ai bagni freddi.

In Büchner si fa riferimento al fatto che l’acqua non era profonda, come se facesse riferimento ad un
intenzione suicida da parte di Lenz. 

“Si gettò nella vasca della fontana, ma l’acqua non era profonda.”

E’ come se Büchner propendesse per la prospettiva di un Lenz che aveva tentato di annegarsi. Büchner non
può ricostruire quale sia la motivazione .
Il dato che gli viene fornito da Oberlin è un evento reale.Successivamente Lenz ritorna in sé. 

Büchner individua una sorta di corrispondenza tra l’animo di Lenz e il paesaggio, al grigio corrisponde
l’indifferenza di Lenz; alla tempesta corrisponde un godimento che fa male, come se Lenz avesse bisogno,
per non essere indifferente,  del sentire una natura sublime.
Laddove invece c’è una prevalenza delle tonalità grigie, laddove scende la sera e le tenebre avvolgono tutto e
non è più possibile distinguere il paesaggio, prevale in Lenz la solitudine, l’angoscia e il senso di vuoto.
Tre questioni che ritornano più volte all'interno del testo. Quello che fa male a Lenz è proprio il vuoto e la
solitudine che avverte intorno a sé, rispetto alla quale inizialmente Oberlin sembra offrirgli un riparo, in
quanto figura positiva di immagine paterna.
                                   

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