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Milan Kundera e Franz Kafka in due disegni di Tullio Pericoli

Un testo dello scrittore boemo in esclusiva per Repubblica

KUNDERA
MILAN KUNDERA i sono scritte un numero infinito di pagine su Franz Kafka, eppure rimasto (forse proprio grazie a questo numero infinito di pagine) il meno compreso di tutti i grandi scrittori del secolo scorso. Il processo, il suo romanzo pi noto, cominci a scriverlo nel 1914, esattamente dieci anni prima che uscisse il primo Manifesto dei Surrealisti, i quali non avevano la pi pallida idea dellimmaginazione sur-realista di un Kafka, autore sconosciuto e i cui romanzi sarebbero stati pubblicati molto tempo dopo la sua morte. perci del tutto comprensibile che questi romanzi che non assomigliavano a nulla siano apparsi estranei al calendario della storia letteraria, nascosti in un luogo che apparteneva soltanto al loro autore. Eppure, malgrado lisolamento, le loro anticipazioni estetiche rappresentavano un evento che non poteva non influenzare (anche se a scoppio ritardato) la storia del romanzo. Kafka che mi ha fatto capire che un romanzo si poteva scrivere in un altro modo, mi ha detto una volta Gabriel Garca Mrquez.

Il mio Processo
LINSOSTENIBILE BELLEZZA DEL ROMANZO DI KAFKA
Kafka, non ha il minimo dubbio che K. nasconda una grave colpa: secondo lui K. colpevole di Lieblosigkeit (incapacit di amare); allo stesso modo Eduard Goldstcker, un altro celebre kafkologo, pensa che K. sia colpevole perch ha lasciato che la sua vita si trasformasse in quella di una macchina, di un automa, di un alienato e cos facendo ha trasgredito la legge alla quale tutta lumanit deve sottomettersi e che recita: sii umano. Ma ancora pi frequente (e io direi ancora pi stupida) linterpretazione contraria che, per cos dire, orwelizza Kafka: secondo tale lettura K. perseguitato dai criminali di un potere totalitario ante litteram, com il caso, ad esempio, del celebre adattamento cinematografico del romanzo realizzato nel 1962 da Orson Welles. Ora, K. non innocente n colpevole. Egli un uomo colpevolizzato, cosa del tutto diversa. Sfoglio il dizionario: il verbo colpevolizzare stato usato in Francia per la prima volta nel 1946 e il sostantivo colpevolizzazione ancora pi tardi, nel 1968. La nascita tardiva di queste parole prova che non erano banali: ci facevano capire che ogni uomo (se posso io stesso giocare con i neologismi) colpevolizzabile; che la colpevolizzabilit fa parte della condizione umana. La colpevolizzabilit sempre fra noi, sia quando la nostra bont teme di ferire i deboli, sia quando la nostra vilt ha paura di offendere quelli pi forti di noi. Kafka non ha mai formulato riflessioni astratte sui problemi della vita umana; non amava inventare teorie; atteggiarsi a filosofo; non assomigliava n a Sartre n a Camus; le sue osservazioni sulla vita si trasformavano immediatamente in fantasia; in poesia la poesia della prosa. Un giorno K. invitato (da una voce anonima, per telefono) a presentarsi la domenica successiva in una casa di periferia per partecipare a una breve inchiesta che lo riguarda. Per non complicare e tanto meno prolungare il processo, decide di ottemperare allinvito. Dunque ci va. Sebbene non sia stato convocato a una ora precisa, si affretta. Allinizio vuole prendere un tramvai. Poi si rifiuta per non umiliarsi, grazie a una puntualit troppo docile, davanti ai suoi giudici. Tuttavia non desidera prolungare lo svolgimento del processo e perci si mette a correre; s, corre (nelloriginale tedesco la parola correre,

te: un mattino due signori del tutto ordinari giungono a casa di K., che ancora a letto, per informarlo, nel corso di una piacevole conversazione, che accusato e che lesame del suo caso andr per le lunghe. La conversazione tanto assurda quanto comica. Del resto, quando Kafka lesse per la prima volta questo capitolo ai suoi amici, tutti si misero a ridere. Delitto e castigo? Ah no, queste due nozioni dostoevskijane non centrano assolutamente nulla. Ciononostante reggimenti di kafkologi le hanno considerate come i temi principali del Processo. Max Brod, il fedele amico di

Grazie a uno storico

Non dice una parola sullaspetto fisico del protagonista, K. n sulla sua vita prima delle vicende narrate
Kafka, come si pu vedere chiaramente nel Processo, analizza i protagonisti dei suoi romanzi in maniera del tutto particolare: non dice una parola sullaspetto fisico di K. n sulla sua vita prima dei fatti narrati nel romanzo; anche del suo nome ci permette di conoscerne soltanto una lettera. Invece, dal primo paragrafo alla fine del libro, si concentra sulla situazione del personaggio, sulla situazione della sua esistenza. Il Processo esplora la situazione di colui che accusato. Allinizio tale accusa si presenta in modo piuttosto diverten-

STRAGE DI SANTANNA PROCESSO DA RIAPRIRE


ROMA Il processo contro i militari autori della strage di SantAnna di Stazzema (12 agosto 1944) va riaperto. Lo chiede la perizia eseguita da uno storico, Carlo Gentile, per conto dei familiari delle vittime. La richiesta stata inviata, da Colonia dove lavora lo studioso, alla procura di Stoccarda che nellottobre del 2012 aveva archiviato il procedimento. Secondo Gentile, che pubblicher prossimamente un libro sullargomento per leditore Einaudi, i magistrati hanno compiuto chiaramente errori dal punto di vista dei fatti storici e ignorato importanti testimonianze sulla strage, una delle pi orribili della Seconda Guerra mondiale, dove furono trucidati oltre 500 civili, quasi tutti donne e bambini. Il massacro sarebbe stato, secondo lo studioso, accuratamente programmato e non sarebbe possibile classificarlo come azione di guerra.

Una combinazione unica di comicit e tristezza, gravit e leggerezza senso e non senso
laufen si ripete tre volte nello stesso paragrafo); corre perch vuole salvare la sua dignit e, allo stesso tempo, per non arrivare in ritardo a un appuntamento la cui ora resta sconosciuta. Tale combinazione di gravit e leggerezza, di comicit e tristezza, di senso e non senso, accompagna tutto il romanzo fino allesecuzione di K. e fa nascere una bellezza strana e incomparabile; mi piacerebbe definire questa bellezza, ma so che non ci riuscir mai. Milan Kundera (traduzione di Massimo Rizzante)
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