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Dante: citazioni
De vulgari eloquentia
Prima sistemazione critica delle esperienze letterarie degli esordi
Il latino lingua del trattato
La datazione
Nel Convivio: "luce nuova, sole nuovo, lo quale surgerà là dove l'usato tramonterà" e «Di
questo si parlerà altrove più compiutamente in uno libello ch’io intendo di fare, Dio
concedente, di Volgare Eloquenza»
I libro, il subiectum: "chiamo lingua volgare quella alla quale i bambini sono avvezzati da
chi sta loro appresso, quando dapprima cominciano ad articolare le parole, ovvero, poiché
si può dirlo in breve, affermo essere lingua volgare quella che si apprende senza norma
alcuna imitando la nutrice (nutrix= la madre, chi alleva)"
Origine dei linguaggi umani, loro distribuzione in Europa
ydioma tripharium: "il bel paese là dove ‘l sì suona"; “comunione linguistica”
"Che poi dall'unico e medesimo idioma di codesti derivino i volgari di tre nazioni è
evidente, poichè si vede che denominano molti concetti con gli stessi vocaboli: come DIO,
CIELO, AMORE, MADRE, TERRA, È, VIVE, MUORE, AMA
Le varietà locali e la lingua comune
Caratteristiche del volgare comune
Illustre: "Con questa parola illustre intendo appunto qualche cosa che illumini e che,
illuminato, molto rifulga: ed in tal maniera si chiamano illustri gli uomini, o perché,
illuminati dal potere, illuminano gli altri e colla giustizia e colla carità, o perché,
altamente addottrinati, alta dottrina impartiscono... Ed il volgare di cui parlo è
sublimato da magistero e da potere, e sublima i suoi con onore e con gloria. E
veramente appare sublimato da magistero, poiché dai tanti rozzi vocaboli, dalle tante
intricate costruzioni, dalle tante difettose pronunce, dai tanti villani accenti degli
Italiani lo vediamo tratto fuori così nobile, così chiaro, così perfetto, di così urbana
finezza, quale lo mostrano nelle canzoni loro Cino pistoiese e l'amico suo.
Che sia esaltato da potenza è evidente. E qual maggiore potenza di questa, ch'esso è
capace di trasmutare i cuori umani, sì da far che non voglia chi vuole, com'esso e ha
fatto e continua a fare?
Che poi sublimi coll'onore è manifesto. Forse che i domestici (= seguaci) suoi non
superano in rinomanza qualsivoglia re, marchese, conte e magnate?... Quanto poi
faccia gloriosi i suoi famigliari lo so io stesso, che, per la dolcezza d'una tal gloria,
l'esilio mio non curo"
Cardinale: "Come infatti la porta tutta segue il cardine - spiega Dante-, di modo che
dove il cardine gira, anch'essa si volge...cosi anche la greggia tutta dei volgari
municipali si volge e si rivolge, si muove e sta, alla maniera di questo, che appare
appunto essere il vero capofamiglia. Forse che non estirpa ogni giorno i cespugli
spinosi dall'italica selva? Ed ogni giorno non innesta marze (= porzione di ramo o
gemma che viene innestata su un'altra pianta) o trapianta pianticelle?"
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Aulico: "Che se poi lo chiamo aulico - prosegue Dante- questa è la ragione, che se noi
Italiani avessimo la Reggia, esso - cioè il volgare illustre- apparterrebbe al Palazzo.
Poiché se la Reggia è casa comune di tutto il regno, e di tutte le parti del regno augusta
reggitrice, tutto ciò che sia tale da essere a tutti comune e non proprio di alcuno si
conviene che in essa abbia consuetudine ed abiti; né alcun'altra dimora è degna di
cotanto abitatore: tale veramente appare quel volgare di cui parlo. E questa è la
ragione per cui quelli che hanno consuetudine in tutte le regge parlano sempre nel
volgare illustre; e questa è pure la ragione per cui l'illustre nostro va peregrinando
come forestiero e trova ospitalità in umili asili, poiché manchiamo di reggia"

Curiale: “conforme alla curialitas, l’equilibrata norma dell’agire che si pratica nella curia,
anch’essa mancante in Italia (ma ciò non toglie che esistano anche in Italia, sia pur
materialmente disperse, le membra che la costituiscono-poeti, letterati, uomini colti- unite
dalla luce divina della ragione)” (Manni)
II libro: la canzone

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