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University of Toronto

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I/8RARN
LA

DIVINA COMMEDIA
DANTE ALIGHIEEI

LA

DIVINA COMMEDIA
COMMENTATA
DA

G. A. SCARTAZZINI
OTTAVA EDIZIONE IN GRAN PARTE RIFUSA
DA

G. VANDELLI
col RIMARIO PERFEZIONATO
DI

L. POLACCO
E INDICE DEI NOMI PROPRII E DI COSE NOTABILI

ULRICO HOEPLI
EDITORE-LIBRAIO DELLA REAL CASA
MILANO
1920
PROPRIETÀ LETTERARIA

241 75

26-919. — Firenze, Tipografia "L'Arte della Stampa", Sncc. Landi


Via Santa Caterina, 14
ALL' ONOREVOLE

GUGLIELMO WAKKEN VEKNON


ACCADEMICO CORRISPONDENTE DELLA CRUSCA

DOTTO TRADUTTORE E COMMENTATORE DI DANTE


AMICO MAGNANIMO E SINCERO

QUESTO UMILE LAVORO

IN SEGNO DI RIVERENZA, GRATITUDINE ED AMICIZIA

IL COMMENTATORE

D. D. D,
PREFAZIONE

Isidoro Del Lungo - e suoni qui lieto auspicio al


volume il nome del venerando dantista, al quale gli anni
come non scemano il naturale vigore dell intelletto, così
7

sembrano avvivare in cuore ogni dì più V ardente e ope-


roso amore per tutto ciò eh è diritto e onore dell'Italia
7

antica e nuova - Isidoro Del Lungo in un suo recente


scritto ebbe a chiamare con frase dantesca permutazioni
4

che non hanno tregue 7


appor-
le molteplici modificazioni
tate al commento scartazziniano nelle quattro ristampe
sin qui da me curate: arguto e amichevole motteggio,
che afferma una verità e si risolve in una gradita lode
per chi da quasi quattro lustri si è assunto il carico non
lieve di dare ali opera stessa cure paternamente assidue
7

e amorose. Le permutazioni ? infatti non potrebbero


4

i aver tregue se non quando, ciò che non può ne deve


?

essere, si spegnesse o affievolisse il desiderio del bene


e V amore del vero di cui quelle sono la sincera mani-
festazione; e in lavoro di ricerca e di studio, quale è
di necessità ogni commento, e più che mai un commento
ad opera così variamente difficile com'è la D. C, specie
se, come il nostro, miri soprattutto a chiarire il senso
della parola del Poeta con la maggior possibile preci-
sione, è inevitabile, e corrisponde a un dovere di coscien-
za, questo procedere per graduali ritocchi e rimaneggia-
menti. Solo quando V opera al commentatore apparisse
ormai in qualche modo perfetta, egli potrebbe, sodisfatto,
Vili PREFAZIONE

ristarsi dalmettervi ancora le mani e riposare; ma di


giungere a tal segno per il Poema Sacro a nessuno è
lecito presumere o sperare, mentre per quotidiana espe-
rienza vediamo che quanto più con nuove e sempre più
svariate e insistenti indagini si riesce a penetrare ad-
dentro nel midollo di quella potente parola, a scanda-
gliare nella sua cupa profondità il sentimento, ad ab-
i '

bracciare nella sua mirabile larghezza e accompagnare


nelle sue ardue ascensioni il robusto e agilissimo pen-
siero, a scoprire e lumeggiare le mille e mille bellezze
e perfezioni formali, tanto più e parola e pensiero e sen-
timento e arte dantesca assumono agli occhi nostri il
carattere dell infinito, e tanto più ci persuadiamo che
7

1' esegesi dantesca, pur progredendo e perfezionandosi,


è stata, è e sarà in perpetuo divenire.
In questa 8 a edizione i mutamenti nelle chiose sono
ancora più numerosi e più radicali che nella 7 a dove ,

pur confessavo di avere ardito « di metter le mani nel


vecchio commento con più risolutezza che non avessi
fatto le altre volte » Con le nuove fatiche ho anzi tutto
.

procurato di sfrondare o potare molti rami dell'annosa


pianta che le toglievano snellezza e vigore e impedivano
la luce. Si vedrà, p. es., come sia scomparso molto di
quel materiale di erudizione e meramente bibliografico
che lo Scartazzini dall'edizione maggiore lipsiense, fatta
per i dotti, aveva creduto bene trasportare anche in que-
sta editio minor, e spesso trasportare soltanto nella sua
parte formale; un materiale, non che necessario o desi-
derato, inutile o ingombrante per la massima parte del
pubblico colto e degli scolari, al quale e ai quali il com-
mento in particolare si dirige. L'edizione lipsiense, del
resto, non è diffìcile a trovarsi; e in essa potrà, chi di
ciò sia curioso, riscontrare, poniamo, chi siano precisa-
mente i commentatori che hanno adottato una od altra
interpretazione ma dell' avere io di regola tagliate
;

via le lunghe file di abbreviazioni Lan., Ott., An. Fior.,


4

Benv. ecc. ecc.' che spesso occupavano persin due o


PREFAZIONE IX

né si sarebbe potuto ben dire a che


tre righe di seguito,
e a chi propriamente servissero, sono certo che i let-
tori di questo libro mi saranno riconoscenti. E opera
di sfrondamento e potatura è stato anche il toglier di
mezzo inutili ripetizioni del significato di un dato passo,
e, in genere, interpretazioni e varianti (due cose che
talora si riducono ad una) la cui falsità è o dovrebbe
essere ormai a tutti evidente e sicura. Ottima cosa è cer-
tamente, e in molti casi doverosa, il rispetto delle altrui
opinioni ; ma in un libro scolastico e di cultura generale
riferire accanto alle diritte le opinioni erronee senza aver
agio di fare insieme la piena confutazione di queste, non
è solo un perditempo uno sciupio di spazio, ma può
e
avere lo sciagurato effetto, per un lettore che non sia in
grado d'andar a fondo da sé, di fare apparir dubbio quel
che è certo, e possibile o probabile quel che invece non
resiste a un 7 osservazione larga e penetrante e a un ra-
gionamento diritto. Così pure non mi sono fatto scrupolo
di togliere riscontri troppo tenui, e proprio insignificanti,
con autori latini e anche con, passi biblici; ho procurato
di render più sobrie e serrate molte dichiarazioni senza
danno alcuno, anzi di solito, se non m'inganno, con no-
tevole guadagno della chiarezza e della esattezza; mentre
poi, dove mi è parso che la buona intelligenza del testo
lo richiedesse, ho rimpastato e rifatto a modo mio intere
note, di due o più facendo una sola e in non pochi luo-
ghi ampliando notevolmente le primitive dichiarazioni e
aggiungendo, per la lingua e pe concetti, passi di autori
7

antichi, che valgono meglio di ogni nostra dichiarazione.


Così.... ma sarà meglio interrompere la litania delle nuove
i
permutazioni ? al commento, che confido siano, e siano
per parere, migliorie sostanziali: i lettori, senza bisogno
I di ascoltare tutta la litania, che per essere insieme auto-
apologia, riuscirebbe doppiamente fastidiosa, vedranno
e giudicheranno da se. Certo è che, nella mole qualche
po' diminuita, il commento non è men ricco di prima, e
ha serbate intatte le linee fondamentali.
PREFAZK

Ancheal testo lio consacrato particolari cure. Mentre


si attende quello, diremo così, ufficiale della Società Dan-
tesca Italiana, al quale anche il nostro commento sarà
lieto a suo tempo di conformarsi, si è guardato ancor più
del consueto alla correttezza materiale, e pur non mu-
tando gran che delle vere e proprie lezioni, si ò studiato
di rendere più uniforme e sistematica la punteggiatura,
es'è introdotto un po' più che sin qui non si fosse fatto,
di quegli arcaismi fonetici e morfologici - non parlo, si
badi, dimera ortografia dove si può ragionevolmente am-
modernare senza guastar nulla -, ch'erano forme vive
nelle bocche e negli scritti de' tempi di Dante e che,
primamente accolti nel testo della grande edizione del-
l' Alinari, si avranno di certo più copiosi in quello della
Società Dantesca, e saranno poi, giova sperarlo, accet-
tati da quanti sono persuasi che se all' integrità schietta
e genuina della parola di qualsiasi autore deve scru-si

poloso rispetto, tanto più scrupoloso si deve, quanto più


lo scrittore è grande. Ogni alterazione consapevole della
forma - alterazione reale, non soltanto apparente - è ir-
riverenza non perdonabile; ma se la fìsonomia vera del
testo dantesco comincerà ad essere rispettata nella scuola,
tramite principalissimo a diffondere la conoscenza e il
culto del Poeta tra le persone colte, anche queste fini-
ranno col far buon viso al colorito antico, ossia al colo-
rito autentico di tutto il testo, così comehanno di
1'

necessità accolto e tollerato nelle parole in rima, dove


1' ammodernatura era intrinsecamente impossibile. Nel-
l'uso di segni diacritici (accenti e apostrofi) in servizio
dell'ortoepia siamo stati stavolta più parchi, e più sa-
remmo stati, se il desiderio d'aiutare i lettori più gio-
vani e inesperti non ci avesse qua e là fatto allargare
la mano. Una novità, in aiuto dell'ortoepia, è anche la
separazione mediante lineetta delle due parti di alcuni
avverbi in -mente, le quali, se il verso deve tornare,
vanno pronunziate ben distinte e con V accento della
prima parte non meno sensibile di quello che cade su la
PREFAZIONE XI

sillaba -men-: separati, del resto, troviamo non di rado


i due elementi di siffatti avverbi nell' ortografia di anti-
chi codici toscani, né dobbiamo dimenticare come Dante
stesso una volta usasse tale separazione, quando nel
e. XXIV del Paradiso scrisse differente in fine del v. 16 e
mente a capo del v. 17. La riduzione poi di molti ed a e,
che non mancherà di essere osservata, è stata suggerita
dal fatto che né dava in antico né dà ora all'orecchio e
alla profferenza toscana alcuna noia la dialefe tra la cong. e
e la vocale iniziale della parola che segue e la forma ed
;

fu ed è molto rara nel toscano, tranne, forse, davanti ad e.


Di qualche incoerenza rimasta in queste e altre mi-
nuzie grafiche, come di cosa che non nuoce alla corret-
tezza essenziale né alla intelligenza, speriamo ci sarà
concessa facilmente venia. La quale dobbiamo e vogliamo
chiedere esplicitamente per gl'imperativi da', fa', sta',
va', dove l'apostrofo che s'intese nelle altre edizioni
d'usar solamente quale segno che valesse a far di-
stinguere a prima vista la 2 a singolare dell' impera-
tivo dalla 3 a dell'indicativo presente, in realtà, come
privatamente ci molta bontà e
faceva osservare con
cortesia Francesco d'Ovidio, può far erroneamente
pensare che già nell'antico toscano fossero in uso per
l'imperativo di questi verbi le forme dai, fai, stai, vai,
proprie del toscano moderno. L'apostrofo in questo caso
può portare a un' induzione anacronistica. Ma il savio
avvertimento, di cui rendiamo qui grazie all'illustre
uomo, ci giunse quando la stampa di questa edizione era
avanzata, e facciamo perciò ammenda della non appro-
vabile grafìa con questa dichiarazione che metta sull' av-
viso i lettori inesperti.
E volentieri

di più direi, ma.... il sermone


più lungo esser non può

per un preambolo che non vuol essere se non una pre-


sentazione della nuova ristampa al pubblico che all'opera
XII PREFAZIONE

da più che un quarto di secolo si mostra benevolo e fido.


Commetterei però una colpa grave di sconoscenza, se,
come ebbi a dichiarare nella prefazione alla 7 a edizione
che di gran lume e di valido aiuto m'erano state certe
solide e fini recensioni del mio Michele Barbi, ora
non dichiarassi che mi sono avvantaggiato assai per que-
sta nuova edizione e della nutritissima recensione ch'egli
stesso ha fatto del nuovo commento passeriniano nel vo-
lume XXV del Bidlettino della 8. D. I. e delle numerose
osservazioni, ricche di elettissima dottrina filologica, filo-

sofica e teologica, e di senso quanto mai acuto e vivo del


pensiero e dell'arte dantesca, che, prendendo occasione
dalla edizione 7 a , E. G. Parodi fece nel voi. XXIII del
Ballettino medesimo. Perfino di certe punterelle agro-
dolci che, dirette all'opera del dantista svizzero, non
potevano non essere sentite da chi porta ora il peso e
la responsabilità delle ristampe, devo essere grato al-
l' amico carissimo esse mi furono sprone a procedere
:

più franco nella ri elaborazione, quantunque a lui, e non


a lui solo, parrà forse che ancora io non sia stato ab-
bastanza oso '.
i

Ma se mi bastino la vita e le forze, verrà giorno in


cui oserò come e quanto molti benevoli avrebbero desi-
derato ch'io già facessi: intanto essi e tutti vorranno,
spero, riconoscere il buon passo in avanti che in servi-
gio dello studio del Poema vien fatto, in confronto con
quelle che la precedettero, dalla 8 a edizione del vecchio
commento scartazziniano.

Firenze, 28 settembre 1919.

Giuseppe Vandelli.
TAVOLA DI ABBREVIATILE
E INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

Agra. — Topo-Cronografìa del Viaggio Dantesco per Giovanni Agnelli. Milano,


1891. voi. con 15 tavole).
(1

Aid. — Edizioni Aldine della D. C, delle quali abbiamo sott' occhio la prima del
1502 e la 2 a Aldina del 1515.
Aia tir. — La D. C. di D. A. col commento di Raffaele Andreoli. Napoli, 1856.
jSlu.ove ediz. di Napoli del 1863, ecc.; e di Firenze, Barbèra, dal 1870 in poi.
(1 voi.).

An. Coiai. Inf. —


Commento alla cantica dell'Inferno di D. A. di Autore ano-
nimo, ora per la prima volta dato in luce per cura di Lord Vernon. Firenze,
184S. (1 voi. È la traduzione del Baintogl.).
An. Fior. —
Commento alla D. C. d' Anonimo Fiorentino del sec. xiv ora per la
prima volta stampato a cura di Pietro Fanfani. Bologna, 1866-1874. (3 vo-
lumi).
Aia. Sei. — Cliiose anonime alla prima Cantica della %. C. di un contemporaneo
del Poeta, per Francesco Selmi. Torino, 1865. (1 voi.).
Ant. — Sulle dottrine astronomi che della D. C. Ragionamenti di G. Antonella
Firenze, 1865. (1 fase).
— Studi particolari sulla D. C. di G. Antonelli. Firenze, 1871. (1 fase).
— Annotazioni astronomiche del P. G. Antonelli, nella D. C. col commento del
TOMMASEO; cfr. TOBtt.
Arrivai». Sec. —
Il secolo di Dante. Commento storico di Ferdinando Arri-
vabene. Udine, 1827. (1 voi. che forma la parte I del in voi. del Dante Bar-
toliniano,- cfr. Viv.).

Bambgl. — Il Commento dantesco di Graziolo de' Bambaglioli, dal «Colombino


di Siviglia» con altri codici raffrontato [per cura di] Antonio Fiammazzo.
Savona, 1915. (1 voi.).
Barg. —
Lo Inferno della Commedia di D. A. col comento di Guiniforto delli
Bargigi, tratto da due manoscritti ined. del sec. xv, con introduzione e note
di G. Zacheroni. Marsiglia, 1838. (1 voi.).
JBarlow — Criticai, historical and philosophical contributions to the study of
the D. C. by H. C. Barlow. Londra, 1864. (1 voi.).
Bass. —
Alfred Bassermann, Orme di Dante in Italia. Opera tradotta sulla
2 a edizione tedesca da E. Gorra. Bologna, Zanichelli, 1902. (1 voi.).

Benna», La D. C. col commento cattolico di Luigi Bennassuti. Verona, 1864-68.
(3 voi.).
XIV TA\ PIATURK

Benv. — Benvenuti de Rambaldis de Imola Comentum supei Mdi-


gherij Comcediam, arme primum integre in Lucetti editam, snmptibna Gui-
i.iKi.Mi Warren Vernon, curante Lacobo Philippo Lacaita. Firenze, 1887.
(5 voi.).
Bertli. — La D. C. con commenti secondo la scolastica del P. Gioachino Ber-
tiiier. Freiburg, 1892 e sgg. (1 voi.).
Betti — Salvatore Betti, Postille alla D. C. ora per la prima volta edite di
su il manoscritto autore da Giuseppe Cugnoni. Città di Castello, 1893.
dell'
(3 voi.).
— Scritti Danteschi in appendice alle postille del medesimo autore alla D. C. rac-
colti da G. Cugnoni. Città di Castello, 1893. (1 voi.).
Biag. — La D. C. col commento di Giosafatte Biagioli. Parigi, 1818-19. Ristam-
pato di poi molte volte. (3 voi.).

Blanc Vocabolario Dantesco, ou Dictionnaire critique et raisonnée de la D. C.
de D. A. par L. G. Blanc. Leipzig, 1852. (1 voi.). Trad. ital. di G. Carbone.
Firenze, 1859. (1 voi.).
— Yersuch einer blos philologischen Erklarung mehrerer dunklen und streitigen
Stellen der Gottlichen Komòdie von Dr. L. G. Blanc. Halle, 1860-65. (2 parti).
Blanc — Die Gòttliche Komodie des D. A. ùbersetzt und erlautert von L. G.
Blanc. Halle, 1864. (1 voi.).
Bocc. — Comento alla D. C
Il a cura di Domenico Guerri. Bari, Laterza,
1918. (3 voi.).

Bocci — Dizionario storico, geografico, universale della D. C. di Donato Bocci.


Torino, 1873. (1 voi.).
Borgli. — La D. C. con nuovi argomenti e note di G. Borghi. Parigi, 1844.
(1 voi.).
Boi'ghiiii — Studi sulla D. C. di Gal. Galilei, Vincenzo Borghini ed altri,
pubbl. da Ott. Gigli. Firenze, 1855. (1 voi.).

Br. B. — La Commedia D. A. novamente riveduta nel testo e dichiarata da


di
Brunone Bianchi. Nona edizione. Firenze, 1886. (1 voi.).
Bull. — Bullettino della Società Dantesca Italiana. Serie I a 14 fase. Firenze, 1890-93. ,

Serie II a , Voi. I-XXV, Firenze, 1893-1918. Della 2 a serie si cita soltanto il

numero del volume senza indicazione di serie.


Buon. — Discorso di Vinc. Buonanni sopra la prima cantica del divinissimo theo-
logo Dante d'Alighieri del Bello. Firenze, 1572. (1 voi.).

Btuse. Cam, — Alberto Buscaino Campo, Studii Danteschi. Edizione completa.


Trapani, 1894. (1 voi.).
Buti — Commento di Francesco dà Buti sopra la D. C. di D. A. pubbl. per cura
di Crescentino Giannini. Pisa, 1858-62. (3 voi.).

Cam, —
La D. C. di D. A. con note tratte dai migliori commenti per cura di
Eugenio Camerini. Milano, 1868-69. (3 parti).
Campi —
La D. C. ridotta a miglior lezione con l'aiuto di ottimi manoscritti e
corredata di note edite ed inedite antiche e moderne per cura di Giuseppe
Campi. Torino, 1888-91. (3 voi.).

Cass. — Cassinese; cfr. JPost. Cass.


Cast. — Sposizione di
Lod. Castelvetro a XXIX
canti dell'Inferno dantesco
ora per la prima volta data in luce da Giovanni Franciosi. Modena, 1886.
(1 voi.).
Caverni — Voci e Modi nella D. C. dell'uso popolare
toscano. Dizionarietto com-
pilatoda Raffaello Caverni. Firenze, 1877. (1 voi.).
Ces. —Bellezze della D. C. Dial. di Antonio Cesari. Verona, 1824-26. (3 voi.).
Cornili. Ijips. —
La D. C. di D. A. riveduta nel testo e commentata da G. A.
Scartazzini. Lipsia, 1874-900. (3 voi.).
TAVOLA DELLE ABBREVIATURE XV

Cora, — La D. C. di D. A. col commento di Giovanni Maria Cornoldi. Roma,


1887. (1 voi.).
Costa — La D. C. con note di Paolo Costa. Napoli, 1830. (3 voi.).
Crus. — La D. C. di D. A. Nobile Fiorentino, ridotta a miglior lezione dagli
Accademici della Crusca. Firenze, 1595. (1 voi.).
— Vocabolario degli Accademici della Crusca. Quinta impressione. Firenze, 1863
e sgg.

Dan. — Dante con l'espositione di M. Bernardino Daniello da Lucca, sopra


la sua Commedia dell'Inferno, del Purgatorio e del Paradiso. Venezia, 1568.
(1 voi.).

I>. e il suo see. — Dante e suo secolo, xiv maggio mdccclxv. Firenze, Cel-
il

imi e C, 1865. (1 voi.).


Dante-Sf andb. — Dante-Handbuch. Einfùhrung in das Studium des Lebens
und der Schriften Dante Alighieri's von Dr. G. A. Scartazzini. Lipsia, 1892.
(1 voi.).
Della Valle — Il senso geografìco-astronomico della D. C. per Giov. Della
Valle. Faenza, 1869. (1 voi.).
— Supplemento al libro: Il senso ecc. Faenza, 1870. (1 fase).
— Nuove Illustrazioni sulla D. C. Faenza, 1877. (1 voi.).

I>el Lungo — Dino Compagni e la sua cronica, per Isidoro del Lungo. Fi-
renze, 1879-87. (3 voi.).
— D. ne' tempi di D. Eitratti e studi. Bologna, 1888. (1 voi.).
»e Marzo — Commento su la D. C. di D. A. di Antonio Gualberto de Marzo.
Firenze, 1864-81. (3 voi.).
I>iez, Wórt. — Etymologisches "Worterbuch der romanischen Sprachen von Frie-
drich Diez. 3 il ediz. Bonn, 1869-70. (2 voi.).
Bion. —
La D. C. di D. A. con introduz. ed aggiunta critica del can. G. I.
de' Dionisi. Parma, 1795. (3 voi.).
— Preparazione istor. e crit. alla nuova ediz. di D. A. Verona, 1806. (2 voi.).
Di Siena —
Commedia di D. A. con note di Gregorio di Siena. Inferno. Na-
poli, 1867-70. (1 voi.).
»ol. — La D. C. per Lodovico Dolce. Venezia, 1555. (1 voi.).
I>' Ovidio o J>' Ov„ Studii —
Studii sulla Divina Commedia. Milano-Paler-
mo, 1901. (1 voi.).
— N# St. I — Nuovi Studii Danteschi, I: Il Purgatorio e il suo preludio. Milano,
1906. (1 voi.).
— N. $t. II — Nuovi Studii Danteschi, II: Ugolino, Pier della Vigna, I simoniaci,
e discussioni varie. Milano, 1907. (1 voi.).

Ed. Aue. — La D. C. Firenze, insegna dell'Ancora, 1817-19. (4 voi.).


all'

Ed. Pad, — La D. C. col com. Lombardi, ora nuovamente arricchito


del P. B.
di molte illustrazioni edite ed inedite. Padova, Tip. della Minerva, 1822.
(5 voi.).
En elei, — G. A. Scartazzini e A. Fiammazzo, Enciclopedia Dantesca. Di-
zionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di D. A.
Milano, 1896-1905. (3 voi.).

Falso Bocc. — Chiose sopra Dante. Testo inedito, ora per la prima volta pubbli-
cato da G. G. TVarren Lord Vernon. Firenze, 1846. (1 voi.).
Fani*. — Studi ed Osservazioni di Pietro Fanfani sopra
il testo delle opere di

Dante. Firenze, 1873. (1 voi.).


— Indagini Dantesche, messe insieme da Niccola Castagna. Città di Castello, 1895.
(1 voi.).
XVI TAVOLA DELLE ABBREVIATURE

Filai. — Dante alighieri' e Gottliche Comodie. Metrisch abertragen and mit kri-
tisclicn and aistorischen Erlautertmgen rersehen von Piiilaletiies (Ite Gio-
vanni di Sassonia). Lipsia, 1865-66. voi.). ('.'>

Foie. —
La I). C. illustrata da Ugo FOSCOLO. Londra, 1842-43. (4 voi.).

Frane La I). C. di D. A. con note de' più celebri commentatori per (Giovanni
FBANCE8IA. Torino, 1873. (3 voi.).
Frsmckc —
Dante Al.'s Gottliche Komodie. G-enan nach dem Veramaaae dea
Originala in dciitsclie Reime iibertragen und mit Amnerkongen veraehen von
Julius .Fkancke. Lipaia, 1883-85. (3 voi.).
Frat. — La D. C. di D. A. col com. di P. Fraticelli. Firenze, 1865. (1 voi.).

Gal. — Lettere au Dante Alighieri del can. Carmine Galanti. Kipatransone e


Prato, 1873-88, Serie 1-36. Serie II,
I, lett. 1-33. (69 fase). lett.
CJalv. — G. Galvani, Saggio di alcune postille alla D. C. con prefazione di Gio-
vanni Franciosi. Città di Castello, 1894. (1 voi.).
Oel. — Letture edite e inedite di G. B. Geli.i sopra la C. di D. raccolte per cur*
di Carlo Negroni. Firenze, 1887. (2 voi.).
Ciaob. — La D. C. ridotta a miglior lezione dagli Accademici della Crusca con le
Vincenzo Gioberti. Napoli, 1865. (1 voi.).
chiose di
Oìoni. Danai. Giornale Dantesco, diretto da G. L. Passerini. Venezia e Fi-
renze, 1894-1914.
ftiiil. — Metodo di commentare la C. di D. A. proposto da G. B. Giuliani. Fi-
renze, 1861. (1 voi.).
— La Commedia raffermata nel testo giusta la ragione e 1' arte dell' autore. Fi-
renze, 1880. (1 voi.).
Oreg. — La D. C. interpretata da Francesco Gregoretti. Venezia, 1868. (1 voi.).

Iae. Dani, — Chiose alla Cantica Inferno di D. A. attribuite a Iacopo suo


dell'
figlio, ed. per cura di Lord Vernon. Firenze, 1848. (1 voi.).

Kraus — Dante. Sein Leben und sein Werk, sein Verhaltniss zur Kunst und zur
Politili, von Franz Xaver Kraus. Berlin, 1897. (1 voi. con 3 tavole e 81 illu-
strazioni).

Xjan. —
La D. C. col commento di Jac. Della Lana per cura di L. Scarabelli.
Bologna, 1866. (3 voi.).
liaaid. —
Comedia del divino poeta Danthe Alighieri, con la dotta & leggiadra spo-
sitene di Christophoro Landino. Venezia 1536. (1 voi.).

Lectnra S>antis o JLeet. 1>. Così si designano le conferenze dantesche d' Or-
sanmichele pubblicate dalla Ditta Sansoni di Firenze col titolo generale di
Lectura Dantis.
lienz. —
Carlo Lenzoni, In difesa della lingua fiorentina et di Dante. Con le
regole da far bella et numerosa la prosa. Firenze, 1556. (1 voi.).
liomb. — La D. C. novamente corretta, spiegata e difesa da F. B. L. M. C.
(Fra Baldassarre Lombardi Minor Conventuale). Boma, 1791. (3 volumi, ri-
stampati molte volte. Noi ci serviamo dell' edizione di Roma, 1815-17, 4 voi.).
Lor«l Vernon Isaf. —
L'Inferno di D. A. disposto in ordine grammaticale e cor-
redato di brevi dichiarazioni da G. G. Warren Lord Vernon. Londra, 1858-65.
(3 voi. Splendida pubblicazione fuor di commercio).
lioria. — L'Italia nella D. C. del Dr. Cesare Loria. 2 a ediz. Firenze, 1872. (2 voi.).
IiUt>. —La D. C. di D. A., preceduta dalla vita e da studj preparatori illustra-
tivi, esposta e commentata da Antonio Lubin. Padova, 1881. (1 voi.).

li. Vesti. —
Le similitudini dantesche illustrate e confrontate da Luigi Venturi.
2 a ediz., Firenze, 1889. (1 voi.).
TAVOLA DELLE ABBREVIATURE XVII

Mag. — Coniente sui primi cinque canti dell' Inferno di Dante di Lorenzo Ma-
galotti. Milano, 1819. (1 voi.).
Mar. — La D. C. esposta al giovinetto da L. Mariani. 2 a ediz. Firenze, 1873.
(1 voi.).
Mari. — La D. C. dichiarata secondo principii della
i per Lorenzo Mar-
filosofìa
tini. Torino, 1840. (3 voi.).

Mazz. — Della difesa della C. di D. distinta in sette di Jac. Mazzoni. Ce-


libri,

sena, 1C88. (2 voi.).


Mazz. Gius. — Dr. Giuseppe Mazzoni. Alcune osservazioni sul Com. della D. C.
pubblicato dal Dr. G. A. Scartazzini. Lugo, 1893. (Opuscolo).
Maz.-Tos. — Voci e passi di D. chiariti ed illustrati con docum. a lui contem-
poranei per 0. Mazzoni-Tosellt. Bologna, 1871. (1 voi.).
Monti — Postille comenti del Lombardi e del Biagioli sulla D. C. Ferrara, 1879.
ai
(1 voi.).

Moore Crit. — Contributions to the textual criticism of the D. C. Cambridge,


1889. (1 voi.).
— La D. C. di D. A. nuovamente riveduta nel testo dal Dr. E. Moore, con in-
dice dei nomi proprii compilato da Paget Toynbee M. A. 3a ediz. Oxford,
1904. (1 voi.).
Mossotti — O. E. Mossotti, Illustrazioni astronomiche a tre luoghi della D. C.
raccolte da G. L. Passerini. Città di Castello, 1894. (1 voi.).

Nannue. — Analisi critica dei verbi italiani del prof. Vino. Nannucci. Fi-
renze, 1843. (1 voi.).
— Teorica dei nomi della lingua italiana. Firenze, 1847. (1 voi.).
— Intorno voci usate da Dante secondo
alle commentatori in grazia della rima.
i

Corfù, 1840. (1 voi.).


— Manuale della letteratura del primo secolo della lingua italiana. 2 a ediz. Fi-
renze, 1856-58 (ristampato più volte: 2 voi.).
Kociti — G. A. Nociti, Orario completo della D. C. Cosenza, 1894. (Opuscolo).
Nuovo CJioru. Dant. Nuovo Giornale Dantesco diretto da G. L. Passerini.
Firenze, Voi. I e II, 1917-18.

©tt.— L'Ottimo Commento della D. C. edito da Alessandro Torri. Pisa, 1827-29.


(3 voi.).
Ozan. — Dante et la philosophie catholique au xiii siècle par A. F. Ozanam.
Paris, 1845 (1 voi.).
— Le Purgatoire. Traduction et commentaire. Paris, 1862. (1 voi.).

Paganini — Carlo Pagano Paganini, Chiose a luoghi della D. C. rac-


filosofici
colte e ristampate per cura di
G. Franciosi. Città di Castello, 1894. (1 voi.).
Papanti — Dante secondo la tradizione e novellatori. Ricerche di Giovanni
i

Papanti. Livorno, 1873. (1 voi.).


Pasq. — Le quattro giornate del Purgatorio di D. o quattro età leuomo, dell'
per Francesco Pasqcaligo. Venezia, 1874. (1 voi.).
Pass. — La D. C. di D. A. nuovamente annotata da G. L. Passerini. Firenze, 1897.
(3 voi.).
Peraz. — Note latine alla D. C. di Bart. Perazzini edite da Fil. Scolari nel
suo lavoro « Intorno alle epist. di Dante Venezia, 1844, pp. 71-192.
lat. ».
Perez — I sette cerchi del Purg. di Dante. Saggio di studi di Paolo Perez.
2 a ediz. Verona, 1867. (1 voi.).
Peti*. Dant. — Petri Allegherii super Dantis ipsius genitoris Comosdiam Com-
mentarium, nunc primum in lucem editum Consilio et sumptibus G. J. Bar.
Vernon, curante Vincentio Nannucci. Firenze, 1845. (1 voi.).
XVIII TAVOLA DELLE ABBREVIATURE

Picei —
I luoghi piti oscuri e controversi della I). C. di D. dichiarati da Giu-
seppe Picei. Brescia, 1843. (1 voi.).
l*og. —
La D. C. già ridotta miglior lezione dàgH Accademici della Crusca, ed
;i

ora accuratamente emendata, ecc. per Gaetano Poggiali. Livorno, 1807-13.


(4 voi.).
I*oi.— Dizionario Dantesco Giacomo Poletto. Siena, 1885-87.
di (7 voi.).
— Alcuni studi su D. A. Siena, 1892. (1 voi.).
— La C. I). A. col commento del prof. Giacomo Poletto. Roma e Tour-
di I).

nay, 1894. (3 voi.).


Ponta — Opero su Dante di Marco Giovanni Ponta (Nuovo esperimento-Oro-
logio di Dante, ecc.). Novi, 1846. (1 voi.).
I»orA. — La D. C. illustrata di note di Luigi Portirelli. Milano, 1804. (3 voi.).
PòsA. Cass. — Postillatore Cassinese. Codice Cassinese della D. C.
Il per la
prima volta letteralmente messo a stampa per cura dei monaci di Monte Cas-
sino, 1865. (1 voi.).
Proleg. —
Prolegomeni della D. C. Introduzione allo studio di D. A. e delle
sue opere per G. A. Scartazzini. Lipsia, 1890. (1 voi.).

QuaAAro Fior. —
Quattro Fiorentini. La D. C. ridotta a miglior lezione col-
l' ajuto di varj testi a penna da G. B. Niccolini, Gino Capponi, Giuseppe
Borghi e Fruttuoso Becchi. Firenze, 1837. (3 voi.).

Ricci — Corrado Picei, L'ultimo rifugio di Dante Alighieri, illustrazioni e do-


cumenti. Milano, 1891. (1 voi.).
Ross. — La D. C. col commento analitico di Gabriele Rossetti, volumi I e H
(Inferno). Londra, 1826-27. (2 voi.).
— Sullo spirito antipapale che produsse la Riforma, ecc. Londra, 1832. (1 voi.).
— Il mistero dell'amor platonico del medio evo. Londra, 1840. (5 voi.).

RuAli — Studien ùber D. A. Ein Beitrag zum Verstàndniss der Gottlichen Ko-
modie von Emil Ruth. Tùbingen, 1853. (1 voi.).

Serr. — Fratris Iohannis de Serra valle translatio et comentum totius libri


Dantis Aldigherii ecc. Prato, 1891. (1 voi.).
SAreclcC —
D. Al.'s Gottliche Komodie iibersetzt und erlautert von Karl Streck-
fuss. 3e Ausg. letzter Hand, 9e Aufl. Braunschweig, 1871. (1 voi.).
SAnd. ined. —
Studi inediti su D. A. di S. Centofanti, A. Torri, Colomb De
Batines, Lelio Arbib, Pietro Fraticelli. Firenze, 1846. (1 voi.).

Todescli. — Scritti su Dante di Giuseppe Todeschini, raccolti da Bartolom-


meo Bressan. Vicenza, 1872. (2 voi.).
Tomi. —
Commedia di D. A. con ragionamenti e note di Niccolò Tommaseo. Mi-
lano, 1865 e seg. (3 voi.).
Tomi. JMz. §JIm. —
Dizionario dei Sinonimi della Lingua italiana, per cura di
Niccolò Tommaseo. Quinta edizione Milanese. Milano, 1867. (1 voi.).
Torel. —
Postille alla D. C. di G. Torelli, nelle sue Opere varie in verso ed '

in prosa '. Pisa, 1833. (2 voi.).


Torraca. —
La Divina Commedia di D. A. nuovamente commentata da Fran-
. cesco Torraca. 3 a ediz. Roma-Milano, Albrighi, Segati e C, 1914.
Torràcel. —
Studi sul Poema sacro di D. A. del conte F. M. Torricelli di
Torricella. Napoli, 1850-53. (2 voi.).

Triss. La D. C. esposta in prosa dal conte Francesco Trissino, 2 a ediz. Mi-
lano, 1864. (3 voi.).
Varchi — Benedetto Varchi. Lezioni su Dante e Prose varie ed. da G. Aiazzi
e L. Arbib. Firenze, 1841. (2 voi.).
TAVOLA DELLE ABBREVIATURE XIX

Teli. —
La Commedia di D. A. con la nova espositione di Alessandro Vellu-
tello. Venezia, 1544. (1 voi.).
Vent. —
Dante con una breve e sufficiente dichiarazione del senso letterale di-
versa in più luoghi da quella degli antichi commentatori, del P. Pompeo Ven-
turi. Lucca, 1732. (3 voi.).
Tern. —
Readings on the Inferno ecc. of Dante chiefly based on the commentary
of Benv. da Imola. By the hon.hle William Warren Vernon M. A. Lon-
dra, 1889 sgg. (6 voi.).

Viv. —
Quirico Viviani. La D. C. giusta la lezione del codice Bartoliniano
Udine, 1823-28. (4 voi.).
Foc. Crus. —
Vocabolario degli Accademici della Crusca, 4 a impress. Firenze,
1729-1738. (6 voi.).
Voi. — Giov. Ant. Volpi, Indici ricchissimi che spiegano tutte le cose più dif-
ficili e tutte le erudizioni della D. C. Padova, 1727. (1 voi.).

Witte —
La D. C. di D. A. ricorretta sopra quattro dei più autorevoli testi a
penna da Carlo Witte. Berlino, 1862. (1 voi.).
— D. Al.'s Gottliche Komòdie ùbersetzt von Karl Witte. 3 a ediz. Berlino, 1876.
(2 voi.).
— Dante-Forschungen. Altes und Neues von Karl Witte. Halle und Heilbronn,
1869-79. (2 voi.).

Zamb, — Vocabolario etimologico italiano di Francesco Zambaldi. Città di Ca-


stello, 1889. (1 voi.)
Z.-F, — Di varie lezioni da sostituirsi alle invalse nell'Inferno di D. A. Saggio
di Marcaurelio Zani de' Ferranti. Bologna, 1855. (1 voi.).

Le abbreviazioni usate per citare la Bibbia, S. Tommaso e i classici latini


sono così chiare per sé, che non crediamo occorra inserirle in questa tavola.
Tranne pochi casi dove è parso opportuno scrivere i nomi in extenso, si sono poi
usate di regola le sigle D. =
Dante V. ;
=
Virgilio B. ; =
Beatrice P. Poeta
;

o Poeti; e con In/., Purg., Par. designiamo sia i tre regni oltremondani, sia le
tre cantiche che da essi hanno nome. Le citazioni della Vita Nuova e del De Vul-
gari Eloquentia sono fatte di su le edizioni critiche del Barbi e del Eajna quelle ;

delle altre Opere minori di su la 3a edizione di Oxford di Tutte le Opere di D. A.


curate da E. Moore.
LA

DIVINA COMMEDIA
CANTICA PEIMA

INFERNO

1. — JDiv. Comm., 8 a ecìiz.


CANTO PRIMO

PROEMIO GENERALE

LO SVIAMENTO, LA FALSA VIA E LA GUIDA SICURA

Nel mezzo del cammin di nostra vita


mi ritrovai per una selva oscura,
che la diritta via era smarrita.
E quanto a dir qual era è cosa dura

V. 1-12. La Selva, D. che si figura sta vita», Oonv. IV, 24, ossia la vita pec-
- ed è figurazione antica - la vita umana caminosa, Purg. XXIII, 115-119. Cfr.
quale un viaggio, racconta che, a metà Geremia V, 6. Gli antichi interpreti
di questo, si accorse d'avere smarrita sono concordi nel credere che la selva
la via diritta e di esser dentro una selva figuri il vizio e l'ignoranza. Invece al-
oscura, selvaggia e difficile, nella quale
, cuni moderni hanno creduto che figuri
era entrato senza saper come, in un mo- la miseria di D. privato d' ogni cosa
mento di sonnolenza grave. JSTel senso più cara nell'esilio (Marchetti), o « il
allegorico personale D. viene a dire che, disordine morale e politico in generale
dopo aver vissuto un tempo vita pecca- d'Italia e più specialmente di Firenze »
minosa Dell' a. 1300 (v. n. 1) si avvide (Br. B.), od altro ancora. - oscura: «prop-
del suo stato e volle rimettersi sulla via ter ignorantiam et peccatum qnse obcce-
del bene. Nel senso allegorico univer- cant et obscurant et tenebras petunt,
sale poi vuol dire, che l'uomo si perde quia qui male agit, oditlucem»; Benv.
senza avvedersene nelle passioni e nei Cfr. Prov. II, 13-15 e anche II Pietr. II,
vizi, e vi resta, finché la divina grazia 15: « Derelinquentes rectam viam erra-
non lo illumini e risvegli. verant ».
1. Nel mezzo: La nostra vita, si legge 3. che: perchè. Al. considerano il che
nel Conv. IV, 23 (e si ripete nel 24) pronome, e spiegano in cui; ma la di-
« procede ad imagine d'arco, montando ritta via non era nella selva oscura. AL,
e discendendo... il punto sommo di que- pur giudicando il che una congiunzione,
sto arco [il mezzo del cammin di nostra spiegano talmente che ma cagione di
;

vita) ... nelli perfettamente naturati è smarrire la verace via fu il sonno del
nel 35° anno ». E già in Sai. LXXXIX, Poeta, non il buio della selva, la quale
10 « Dies annorum nostrorum septua-
: è fuori della diritta via. - diritta via :

ginta anni ». Cfr. Isaia XXXVIII, 10: vita virtuosa. « Via recta est via vir-
« Ego dixi In dimidio dierum meorum
: tutum, quse recte ducit hominem ad bea-
vadam ad portas inferi ». Nato nel 12G5, titudinem. Etnotanter dicit auctor smar-
D. nel 1300, anno del giubileo, era ap- rita, idest non perdita; nam quamvis
punto nel 35° anno di sua vita, e in esset viciosus tunc, tamen poterat re-
tale anno pone il fittizio viaggio oltre- dire ad viam rectam virtutum »; Benv.
mondano. Così, a ragione, i più. 4. E il Witte preferì leggere Eh; al-
:

2. una selva la « selva erronea di que-


: tri Ahi, Ah, O. Noi ci atteniamo ai co-
4 [proemio genkr.] Inf. i. 5-15 [la selva]

està selva selvaggia e aspra e forte


che nel pensier rinnova la paura !

Tant' è amara, che poco è più morte $

ma per trattar del ben eh' io vi trovai,


dirò dell'altre cose eh' io v'ho scorte.
10 non com'io v'entrai,
I' so ben ridir
tanto era pien di sonno in su quel punto
che la verace via abbandonai ;

13 ma poi ch'io fui al pie d'un colle giunto,


là dove terminava quella valle
che m' avea di paura il cor compunto,

dici più. antichi e autorevoli che hanno, ra, il principio del poema si libera dalla

si può
dire concordemente, la congiun- sintassi sconnessa e sospesa e perples-
zione copulativa (Et o il noto 7 et), = sa ». Mala lez. foscoliana, attraente per
pur riconoscendo che un' interiezione non ha fondamento nei codici,
sé stessa,
non sarebbe fuor di luogo in principio né apparisce necessaria.
di un periodo esclamativo in ciò sarà, ; 8. ben V. che appare nel gran diserto
:

anzi, da ravvisare impulso a mutar l'jE7


l' ad aiutare il Poeta contro le tre fiere. -
in interiezione. - dura ardua e dolorosa.
: vi: nella selva.
5. està: è forma arcaica per questa. - 9. altre cose: le fiere.
selvaggia incolta e disabitata. - aspra
: : 10. non so cfr. Qiov. XII, 35 lo sa
: :

intricata e ispida di pruni. - forte diffi- : poi ridire Beatrice, Purg. XXX, 115 sgg.
cile a superare. 11. sonno: dell'anima, il qual sonno
6. nel pensier: solo a ripensarvi. - la nel linguaggio scritturale è simbolo del
paura: provata allorché si avvide d'es- peccato; cfr. Isaia XXIX, 10; Gerem.
sere in quella selva allegoricamente è
: LI, 39 Rom. XIII, 11 Efes. V, 14.
; ;

la paura che del giusto giudizio di Dio, 12. via della pace (Isaia LIX, 8. Rom.
:

cioè delle pene temporali ed eterne, prova Ili, 17), della verità (II Pietr. II, 15) e
il peccatore, quando acquista coscienza della giustizia (ibid. v. 21); in una pa-
della propria condizione. rola, la via della virtù: cfr. v. 3.
7. amara: l'aggettivo potrebbe rife- V. 13-30. Il dilettoso monte. Spa-
rirsi a cosa, o a selva, o a paura. In fa- ventato di trovarsi in luogo sì terribile,
vore di cosa stanno in ispecie coloro che prosegue il cammino, finché, giunto a
ammettono la correlazione tra tanto e pie d' un colle, leva gli occhi in alto,
quanto. « Ma chi ebbe animo di mettersi e vedendo la parte superiore di quello
all'opera molto più dura di descriver illuminata dai raggi del sole, riconfor-
fondo a tutto V universo (Inf. XXXII, 8), tato, tenta di salire lassù. Forse è sim-
avrebbe sentito orrore e amarezza di boleggiato l'uomo che si lusinga di con-
morte del dire quale fosse la selva, pur seguire la salvezza con le sole sue forze.
avendovi trovato il bene ?»; JBusc.-O. - Cfr. però Parodi, Bull. XXIII, 5.
1

Tutti gli antichi ed i più dei moderni* 13. al pie: vede il bene, ma non lo
riferiscono a ragione amara a selva, di ha ancora conseguito. - colle il dilet- :

cui si continua a parlare nei vv. segg. toso monte, v. 77, o monte del Signore,
Né vale il dire che 1' è amara accenna come lo chiama la Scrittura (cfr. Ge-
non a una paurosa ricordanza, ma a cosa nesi XXII, 14. Sai. XV, 1 ; XXIII, 3.
effettivamente presente: se lo smarri- Gerem. XXXI, 23, ecc.) è l'opposto della
mento del Poeta è. cosa del passato, la selva, e figura qui la vita dedicata alla
selva è realtà sempre presente. Di co- virtù, e quindi umanamente felice e bea-
loro che riferiscono amara a, paura, in- ta. Grande incertezza fu tra gli antichi
terpretazione giustamente ormai messa commentatori interpretazione del
nell'
da parte, ricorderemo honoris causa il colle: cfr. Oomm. Lips, e Parodi 1. e.
Foscolo, che voleva leggere tanta e amara 14. valle : la selva oscura, cfr. Inf. XV,
osservando « Per questa lezione i due
: 59 ed anche Par. XVII, 63.
aggiunti riferendosi direttamente a pau- 15. compunto: afflitto.
[PROEMIO gener.] Inf. i. 16-30 [il dilettoso monte] 5

10 guardai in alto, e vidi le sue spalle


vestite già de' raggi del pianeta
che mena dritto altrui per ogni calle.
19 Allor fu la paura un poco queta
che nel lago del cor m'era durata
la notte eh' io passai con tanta pietà.
22 E come quei che con lena affannata
uscito fuor del pelago alla riva,
si volgeacqua perigliosa e guata ;
all'
25 così l' animo mio, eh' ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò giammai persona viva.
28 Poi ch'èi posato un poco il corpo lasso,
ripresi via per la piaggia diserta,
sì che '1 pie fermo sempre era il più basso,

16. in alto: cfr. Sai. CXX, 1: Levavi 257 sg. - èi è forma arcaica per ebbi
oculos in montea, un de veniet au-
meos (Oaix, Orig., p. 224).
xilkim mihi. - spalle: parte superiore. 29. piaggia il pendìo del colle, v. la
:

17. pianeta tale era il sol6 per l'astro-


: n. sg. - diserta le conversioni essendo
:

nomia del tempo. H


sole poi raffigura rare; cfr. Matt. VII, 14. Rom. Ili, 12.
Dio eh' illumina e assiste chi vive virtuo- 30. il pie ecc.: Passo assai controverso.
samente. Gonv. Ili, 12 Par. XXV, 54. ; Alcuni credono che il P. descriva il cam-
18. che mena ecc. cfr. Giov. VILI, 12,
: minare nel piano, nel qual caso avrebbe
e, meglio, Sai. XXII, 4 « .... et si am-: detto una cosa che s'intende da sé. Tutti
bulavero in medio umbrae mortis, non gli antichi, che si fermano sul senso let-
timebo mala, quoniam tu [Domine] me- terale di questo luogo, intendono di un
cum es. Virga tua et baculus tuus ipsa camminare in salita. -Preso rigidamente
me consolata sunt ». non potrebbe riferirsi
alla- lettera, il v.
19. fu ecc.: mi riconfortai un po'. se non al camminare in piano ma poiché ;

20. lago : ove s' adu-


la cavità del cuore, piaggia vale di certo pendio (cfr. Barbi,
nali sangue. «Inprofundocordis»; Benv. Bull. XVIII, 3) intenderemo o che il v.
21. notte: del peccato e dell'ignoran- significhi essersi il P. incamminato su
za; cfr. Rom. XIII, 12. I; Tessal. V, 5. per la pendice deserta con passo peri-
- pietà (latinismo, dal nominativo pie-
: toso, timoroso; che cioè egli saliva sì,
tas) affanno, angoscia che muove altri ma il piede più alto, il piede che si por-
a pietà. tava innanzi a tentar l'altezza era il men
22. quei: naufrago. - lena: respiro. saldo (D'Ovidio in Nuovi studii, II, 447
guata: guarda fiso.
24. sgg.); o che ad ogni nuovo passo, il piede
per la paura, detta fuga
25. fuggiva: fermo, quello su cui si reggeva la per-
dell'animo; cfr. Oic., Tusc. Qucest. IV, 8. sona, era più basso del luogo cui era
26. passo: la selva. Il rimirare espri- diretto per posarvisi il piede moventesi ;

me il ripiegarsi dello spirito del P. su con che il P. mirerebbe a rilevare ch'egli


appena uscito e di cui
la vita da cui è veramente ad ogni passo guadagnava in
vede e contempla tutto l'orrore. altezza (Guerri, Di alcuni versi dotti
27. che soggetto. La selva non lasciò
: della D. C., Città di Castello, 1908, pp. 51
mai vivere persona che in essa s'indu- sgg.). E piaggia si dovrà distinguere dal-
giasse, ma l'uomo deve e può lasciare la l'erta del v. 31; « Piaggia » scrive il Gelli
selva ; peccaminosa mena
ossia, la vita « chiamiamo noi nella nostra lingua quei
alla morte spirituale ed eterna, ma l'uo- luoghi e quegli spazii del terreno, i quali
mo deve e può lasciare tal vita, e si salva. sono fra il fine della pianura e l'erte
28. Poi ch'èi posato un poco. Sulle va- gagliarde delle montagne, che si elevano
rianti di questo verso cfr. Moore, Orit., e innalzano alquanto dal piano. »
6 [proemio gener.] Inf. i. 31-46 [le tre fiere]

31 Ed ecco, quasi al cominciar dell'erta,


una lonza leggierae presta molto,
che di pel maculato era coverta ;

34 e non mi si partìa d' innanzi al volto,


anzi impediva tanto il mio cammino,
eh' io fui per ritornar più volte vòlto.
37 Tempo era dal principio del mattino,
e '1 sol montava
in su con quelle stelle
con lui quando l'amor divino
eh' eran
40 mosse di prima quelle cose belle ;

sì eh' a bene sperar m' era cagione

di quella fera alla gaietta pelle


43 l' ora del tempo e la dolce stagione y
ma non sì, che paura non mi desse
la vista che mi apparve d' un leone.
46 Questi parea che contra me venesse
V. 31-60. T,e tre fiere. Mentre il P. in lo cuore». Per gl'interpreti politici
s'ingegna di salire il colle, è impedito cui testé si accennava, la lonza è figura
da tre belve, e però, suo malgrado, re- di Firenze, divisa in Bianchi e Neri. -
spinto indietro. Sono esse mia lonza leggiera: agile, moventesi con facilità.
(Lince o leopardo?), un leone, una lupa. Allude all'instabilità.
Queste tre fiere sono evidentemente tolte 33. maculato: chiazzato, di color va-
da Gerem. V, 6. Tutti gli antichi rav- rio; cfr. Inf. XVI, 108.
visano in esse tre vizi capitali i più, ed; 36. fui ecc. : mi voltai più volte per
è opinione a cui anche noi ci accostiamo, tornare indietro.
lussuria (lonza), superbia (leone) ed ava- 37. Tempo Venerdì Santo, 25 marzo,
:

rizia (lupa). Alcuni, posteriori: concu- o 5 o 8 aprile 1300. - dal principio: al


piscenza della carne, degli occhi e su- principio la prima ora del giorno. Per
;

perbia della vita altri


; incredulità,
: l'uso del da in compi, di tempo cfr. Inf.
superbia e falsa dottrina. Moderni inter- XXXIII, 118 « qui è da mane », e XV,
preti politici videro simboleggiate qui 18 « da sera ».
tre potenze, Firenze, Francia e Roma, 38. quelle stelle 6cc: l'Ariete. Gli an-
che ostacolarono la pace del P. Altri tichi credevano che il mondo fosse stato
ravvisarono in esse la superbia, l' invi- creato in Primavera, col Sole in Ariete,
dia e l' avarizia alcuni, infine, « incon-
; lo stesso giorno (25 marzo) dell'incar-
tinenza, malizia e la matta bestialitade » nazione e della morte di Cristo.
cioè « le tre disposizioni che il ciel non 40. mosse ecc.: cominciò a muoverei
vuole» (Inf. XI, 81). La discussione tra cieli per mezzo degli angeli, che, creati
i dantisti è ancora viva. insieme con quelli, principiarono subito
31. quasi al cominciar dell'erta: v. 30 ad esercitare il loro ufficio di motori;
in fine. Par. XXIX, 25-45.
32.lonza (lat. lynx) « significa lus-
: ; 42. alla: dalla, -gaietta: piacevole a
suria, il quale intra tutti gli altri pec- vedere in quanto screziata, variopinta.
cati mortali tormenta l'uomo con solleci- Costr.: « L'ora del tempo e la dolce sta-
tudini »; Bambgl. Così tutti gli antichi, gione m'erano cagione a sperar bene di
tranne Lan. che spiega: « Questo ani- quella fiera dalla pelle gaietta ». Cfr. la
male è molto leggiero e di pelo macu- lonza alla, pelle dipinta d'Inf. XVI, 108.
lato a modo di leopardo. Or mette elio 45. leone: simbolo della superbia. Se-
questa leggerezza a somiglianza che la condo la interpretazione storico-politi-
vanagloria leggermente sale in lo cuore ca, il leone raffigurerebbe la Francia.
umano, e per la varietade mette come 46. venesse venisse forma « tolta da-
: ;

per varie cagioni similmente s'accende gli antichi lirici»; Parodi, Bull. Ili, 139.
[PROEMIO GENER.] Ine. i. 47-60 [LE TRE FIERE] 7

con la test' alta e con rabbiosa fame,


sì che parea che l' aere ne temesse.
49 Ed una lupa, che di tutte brame
serabiava carca nella sua magrezza,
e molte genti fé' già viver grame )
52 questa mi porse tanto di gravezza
con la paura eh' uscìa di sua vista,
ch'io perdei la speranza dell'altezza.
55 E qual è quei che volentieri acquista,
e giugne il tempo che perder lo face,
che in tutti i suoi pensier piange e s' attrista ;

58 Tal mi fece la bestia senza pace,


che, venendomi incontro, a poco a poco
mi ripingeva là dove il sol tace.

48. AL: tremesse: da treme-


temesse: che B. fa più tardi al P. in Purg. XXX,
<re = tremare,
lezione troppo sprovvista 130 sgg.; XXXIII, 85 sgg.
di autorità. Cfr. Moore, Crii., 263-64. 55. quei ecc. :
1' avaro, desideroso di

49. ed una: Al.: e d'una lupa, con la guadagnare e di conservare.


qual lezione converrebbe considerare 57. piange « È dolore di speranza per-
:

come parentetica la terzina precedente duta, dolore che non si spande in la-
e far dipendere d' una lupa da la vista crime, ma contrista l'anima profonda-
del v. 45 quasi termine coordinato a d'un mente. E in questo senso hanno spesso
leone costrutto non impossibile, ma, per
;
usato i poeti (come qui il nostro) il ver-
la sua soverchia complessità, non pro- bo Piangere. Dante, nelle Mime "Come
:

babile. Per noi una lupa è un sogg., che, l'anima trista piange in lui (nel core)"
dopo le proposiz. relative che.... grame, [Canz. 14]. Cino da Pistoia: "Lasso! di
è ripreso col questa dal v. 52, ed ha per poi mi pianse ogni pensiero Nella mente
predicato porse. Di tale costrutto si han- dogliosa " [Bini. 16]; e Guido Cavalcan-
no esempi citeremo solo questo di
altri ; ti: "L'anima mia dolente e paurosa
Fra Giord., Pred. s. Genesi, Fir., 1830, Piange" [Bim. qual concetto
antic.]. Il
p. 40 « Santo Dìonisi, che fu discepolo
: ritorna più volte nel Cavalcanti, e sem-
di Santo Pavolo, questi ne disse degli pre con forma nuova e mestamente gen-
Angioli quasi ciò che noi sappiamo ». tile»; L. Veni., Simil., 303.
La lupa è simbolo dell' avarizia così, e : 58. tal: così triste. - bestia: lupa. -
rettamente, tutti i comment. antichi e senza pace: cfr. Is. LVII, 21. Gal.Y, 19-22.
i più fra i moderni. Per gli interpreti 60. là: nella selva oscura. - tace non
:

storico-politici la lupa sarebbe il sim- penetra e però non fa sentire la sua be-
bolo di Roma o, meglio, della Curia pa- nefica azione. Taluno vide qui, ma senza
pale. Ma questa ed altre interpretazioni fondamento, un'allusione all'antica cre-
politiche, parse accettabili quando si denza, che il moto del sole e delle sfere
preparava il risorgimento italiano, han- produca soave e« dolce armonia.
no fatto ormai il loro tempo. V. 61-99. Virgilio. Mentre retrocede
50. sembiava sembrava, essendo tanto
: verso la selva, il P. vede una figura
magra. umana, della quale lì per lì non capisce,
51. grame dolenti. Cfr. Matt. VII,
: 15. se sia uomo vivo o semplice ombra. È
Atti XX, 29. V., mandatogli in soccorso da B. Ne in-
52. mi porse tanto di gravezza: mi voca D. l'aiuto, e V. lo esorta a scegliere
sbigottì così fortemente. un'altra via per conseguire la salvazione,
53. la paura eh' uscìa di sua vista: non permettendo la lupa ad alcuno di
l'espressione paurosa del suo aspetto. procedere per quella sulla quale D. si è
54. dell'altezza: del colle; disperai di messo. V., che libera il P. dalla selva
guadagnare la cima. Cfr. i rimproveri oscura e lo guida sino al Paradiso terre-
8 [PROEMIO GK V
Inf. i. 61-74 [VIRGILIO]

61 Mentre ch'io minava in basso loco,


dinanzi agli occhi mi si fu offerto
chi per lungo silenzio parea fioco.
64 Quando vidi costui nel gran diserto,
« Miserere di me » gridai a lui,

« qual che tu od ombra od uomo certo


sii, ! »
G7 Rispuosemi « Non uomo,
: uomo già fui ;

e li parenti miei furon lombardi


Mantovani per patria ambedui.
70 Nacqui sub Julio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto il buon Augusto,
al tempo degli dei falsi e bugiardi.
73 Poeta fui, e cantai di quel giusto
fìgliuol d'Anchise che venne da Troia,
sfere, figurante la felicità di questa vita, per lungo silenzio? Né si può pensare,
è simbolo dell' autorità imperiale, alla collegando per lungo silenzio a parea
quale incombe di guidare il genere uma- piuttosto che a> fioco, che D. dal silenzio
no alla felicità temporale « secundum che V. teneva con lui, lo giudicasse fioco:
pbilosopbica documenta »; De Mon. Ili, D. rivolge subito la parola a V., che su-
16 e appunto perchè simbolo dell' auto-
;
bito risponde, sicché di silenzio lungo
rità imperiale, rappresenta anche la ra- non si può parlare. Nessuna delle spie-
gione umana, Purg. XVIII, 46 sgg., o gazioni tentate soddisfa interamente e ;

la Filosofia (cfr. la n. ai vv. 112-136). Più preferiamo credere che qui il P., fissa la
ragioni indussero D. a scegliere V. quale mente al senso allegorico, non si sia trop-
guida per i regni del dolore eterno e po curato della perfetta convenienza di
delle pene temporali nel medio evo V.
: ciò eh' ei diceva al senso letterale.
fu reputato sommo scienziato, a segno 66. certo: reale; corpo ed anima.
da farne un gran mago; era creduto 68-69. lombardi qui si accenna alla re-
:

inoltre profeta del cristianesimo; cfr. gione in generale, e Lombardia fu detta


Purg. XXII, 64-73. V. fu poi non solo gran parte dell' Italia nordica ma poi il ;

il gran cantore del Sacro Impero Ko- P. aggiunge che per patria furono man-
mano, ma cantò anche il regno de' morti, tovani; dove per 'patria' devesi inten-
avendo descritto l'andata di Enea a «se- dere il particolar luogo (città o territorio)
colo immortale ». Cfr. Comparettì, V. nel ond'uno è nativo: cfr. Inf. X, 26 e Par,
Medio Evo, 2 voi., 2 a e*., Firenze, 1896. XXI, 107. - « Virgilius Maro in pago,
61. rumava: Al. rimirava; ma D. non qui Andes (= Pietole) dicitur, band pro-
soltanto mirava verso il basso loco, ben- cul a Mantua nascitur Pompejo et Crasso
sì, impedito dalla lupa, vi ritornava-, consulibus, idibus Octobr. »; Hieronym.,
cfr. v. 76 e Par. XXXII, 138. in Euseb. Chron. noi Olymp., 177, 3.
63. fioco debole di voce. Se nel senso
: 70. sub Julio: sotto, o, meglio, ai tempi
allegorico la fiocaggine di V. è facil- di Giulio Cesare, perchè V. nacque nel
mente spiegabile, in quanto che per essa 70 a. C, prima che Cesare acquistasse
ben può essere significato come al pec- la supremazia nello stato romano. -
catore in cui ha lungamente taciuto, la tardi : Cesare, assassinato nel 44 a. C,
voce della ragione, allorché egli princi- quando V. aveva appena 26 anni e forse
pia a ravvedersi, stenta dapprima a farsi non aveva ancora veduto Roma, non
sentire, gli sembra fioca, e solo col tempo potè conoscerlo né onorarlo.
viene acquistando all' orecchio di lui 71. buon: uomo di alto valore. Cfr.
chiarezza e forza, non altrettanto bene buon Barbarossa, Purg. XVIII, 119.
ci rendiamo ragione di essa fiocaggine 72. al tempo ecc. V. morì l'anno 19 a. C.
:

nel senso letterale. Come mai, vien fatto Enea, «quo iustior alter
73. giusto:
di domandare, può uno, quando ancora nec pietate fuit nec bello maior et ar-
non ha aperto bocca, parer fioco, e fioco mis»; Virg., Aen. I, 544 sg.
[proemio gbner.] Inf. i. 75-91 [VIRGILIO] 9

superbo Iliòn fu combusto.


poi che '1

76 Ma tu perchè ritorni a tanta noia?


perchè non sali il dilettoso monte
eh' è principio e cagion di tutta gioia »
1

79 « Or
se' tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar sì largo fiume?»
rispuos' io lui con vergognosa fronte.
82 « degli altri poeti onore e lume,
vagliami il lungo studio e '1 grande amore
che ni' ha fatto cercar lo tuo volume.
$5 Tu se' lo mio maestro e il mio autore )

tu se' solo colui da cui io tolsi


lo bello stilo che m' ha fatto onore.
8S Vedi la bestia per cui io mi volsi :

aiutami da lei, famoso saggio,


eh' ella mi fa tremar le vene e i polsi. »
91 « A te convien tenere altro viaggio »

. 75. superbo : « Ceciditque superbitili Virgilio. E all' onore conseguito già in


Ilium »; Virg., Aen. Ili, 2 sg. In Purg. particolare con le canzoni avrà inteso
XII, 61 sg., l'eccidio di Troia è posto alludere qui il P. che nello scrivere que-
a esempio di superbia punita. sto verso aveva presenti al pensiero le
76. noia: pena, tormento, molestia, teoriche dell' età sua intorno allo stile.
cioè alla selva selvaggia. Ma, pur così pensando e scrivendo, egli
79. fonte: «Coloro che sanno, porgono di fatto ben altro tolse da Virgilio ne :

della loro buona ricchezza alli veri poveri, apprese (secondo ciò che giustamente
e sono quasi fonte vivo, della cui acqua scriveva il Parodi in Atene e Poma,
sirefrigera la naturai sete»; Conv. I, 1. XVIII, 106 sgg.) «i segreti di un' arte
81. luia lui cfr. Inf. VII, 67; Purg.
: ; senza paragone più sicura di sé che
I, 52 ecc. - vergognosa perchè si trova : l' arte medievale a lui nota, senza para-

d' improvviso egli, umile discepolo, da- gone più profonda, più varia, più deli-
vanti al suo grande maestro e ci si trova cata, più soavemente e dignitosamente
inun momento, in cui, indietreggiando, composta », quale era V arte classica di ;

può apparir vile. cui la sua, anche nelle liriche anteriori


84. ha: AL: haii;
grande amore hail al 1300, ben può dirsi degna compagna
fatto cercare il lungo studio.
il libro per e talora emula vittoriosa.
- volume l' Eneide, la Bucolica e forse le
: 88. bestia: lupa. Dall'apparizione di
Georgiche, ma più specialmente V Eneide; V. in poi non menziona più delle tre
cfr. ìnf. XX, 113 sg. e Purg. XXI, 94 sgg. fiere se non la sola lupa, perchè la lupa
87. stilo « È da intendere per lo bello
: fu l'ostacolo più grave, quello che ve-
stile» scrive il Del Lungo, Lect. Dantis, ramente gli tolse ogni speranza di sa-
29, e cfr. la n. del Torraca « lo stile tra- •
lire sul colle (52 sg.). -mi volsi: per ritor?
gico ossia nobile, alto, secondo la tri-
'
nare nella selva oscura, cfr. v. 58 sgg.
plice distinzione da D. seguita di tra- ! 89. famoso saggio Saggi o savi dice D.
:

gico, comico, elegiaco alto, mezzano, '


i poeti degni di particolar considerazione

umile; lo stile, dunque, proprio della e così chiama in altri passi della C. il

'tragedia' virgiliana», cioè àolY Eneide-, suo V.; così Stazio in Purg. XXIII, 8;
quello stile che D. nel D. V. E. II, 4 XXVII, 69 ; XXXIII, 15 ; e come savi
assegna alle Canzoni e che, ib. II. 6, sono designati tutti insieme Omero, Vir-
afferma potersi attingere allo studio di gilio, Orazio, Ovidio e Lucano in Inf.
scrittori eccellenti antichi, di poesia e IV, 110. Cfr. V. N. XX, son. 10.
di prosa, primo dei quali è nella serie 91. altro viaggio via diversa. Quella
:
10 [PROEMIO GENEK.] INF. I. 92-103 [LA LUPA]

rispuose poi che lagriraar mi vide,


« se vuoi campar <T esto loco selvaggio ;

94 che questa bestia, per la qual tu gride,


non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo impedisce che V uccide ;
07 e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo il pasto ha più fame che pria.
100 Molti son gli animali a cui si ammoglia,
e più saranno ancora, infìn che il Veltro
verrà, che la farà morir con doglia.
103 Questi non ciberà terra né peltro,

per cui s'era avviato il P., sarebbe stata tà, ol'arcangelo San Michele Parecchie !

ottima, ma « non era in quelle condi- di. questeinterpretazioni, anche se state


zioni, possibile conveniva che il Veltro
; sostenute con dottrina e calore, si con-
cacciasse via la Lupa che V impediva » futano da sé. (Cfr. Medin, La profezia
(Parodi, Bull. XXIII, 8), e il Veltro del Veltro, Padova, 1889. Kraus, p. 468
era ancora di là da venire. sg. Gian, Sulle orme del Veltro, Mes-
94. gride: gridi, la desinenza e per i sina, 1897). Per conto nostro, senza, en-
nella 2 a pers. sing. fu usitatissima nel- trare in una discussione che sarebbe
l'ital. antico: cfr. Bull. Ili, 125. troppo lunga e inopportuna, diremo so-
95. sua: sulla quale si trova la lupa; lamente sembrarci cosa sicura che D. ac-
cfr. Inf. XXIV, 97 Purg. XXVIII, 42.
; cenni qui ad un principe, e più propria-
98. voglia: cfr. i vv. 49-50. mente a un imperatore, da lui vagheg-
99. più fame: « Avarus non implebi- giato quale liberatore, e che egli fer-
tur pecunia»; Eccles. V, 9. -«In nullo mamente credeva sarebbe venato, pur
tempo si compie né si sazia la sete della non potendo determinatamente dire chi
cupidità » Cic. cit. in Conv. IV, 12.
; sarebbe stato, né in quale momento sa-
V. 100-111. Profezia del Veltro. La rebbe apparso nel mondo.
lupa continuerà a fare in terra danni 100. Molti ecc.: in generale vuol dire,
sempre più gravi, finché un Veltro là ri- che la lupa fa gran danno nel mondo e ne
caccerà nell' Inf. e libererà la povera Ita- farà sempre più. L' interpretazione spe-
lia. Allude D. a un personaggio determi- ciale poi dipende dall'allegoria della lupa.
nato ?E chi è esso ? Gli uni dicono che è Ma se, come crediamo, è simbolo del-
Cristo che verrà a giudicare i vivi ed i
, l' avarizia, gli animali sono i vizi a cui

morti, opinione suggerita dalla viva e l'avarizia s'accoppia, secondo la senten-


ferma credenza "degli uomini medievali za di Paolo, I ad Timot. VI, 10: «Radix
nella prossima seconda venuta di Cristo. omnium malorum est cupiditas»; oppure
Altri credono che nel Veltro sia adom- gli uomini avari, coi quali l'avarizia si
brato un papa (o un papa indeterminato, con giunge indivisibilmente, come mo-
o Benedetto XI) altri un Imperatore
; glie col marito.
(o un Imperatore indeterminato o Ar- 101. Yeltro: cane da caccia, abile e ve-
rigo VII di Lussemburgo); altri inten- locissimo, atto quindi a fugare la lupa.
dono di un capitano ghibellino (o perso- 102. yerrà: il tempo futuro esclude
naggio indeterminato, o Uguccione della 1' allusione a persone viventi nel 1300. -

Faggiuola, o Can Grande della Scala), né con doglia: AL: di doglia.


manca chi crede che D. parli di sé stesso, 103. Questi ecc. : qui D. pensa al Veltro
dimentico di essere già venuto Si arrivò
! solo nel suo senso allegorico, e dice che
perfino a supporre che il Veltro fosse non sarà ingordo di beni materiali (ter-
Federigo III, landgravio di Turingia, ra = dominii di paesi ;
peltro = denaro).
o lo Spirito Santo, o un principe della Il peltro è zinco raffinato con argento
Tartaria, o Castruccio Castracani, o Gi- vivo ; francese antico peautre ma qui è ;

no da Pistoia, o il progresso della civil- per metallo non prezioso in generale.


[proemio gbner.] Inf. i. 104-115 [il veltro] 11

ma sapienza, amore e virtute,


e sua nazion sarà tra Feltro e Feltro.
106 Di quell' umile Italia fi a salute,
per cui morì la vergine Cammilla,
Eurialo e Turno e Ni so di ferute.
109 Questi la caccerà per ogni villa,
fin che 1' avrà rimessa nello Inferno,
là onde invidia prima diparti Ila.
112 Ond' io per lo tuo me' penso e discerno
che tu mi segui, ed io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco eterno ;

115 ove udirai le disperate strida,

104. sapienza: cfr. Inf. Ili, 5-6, dovepo- 111. là onde: nell'ant. ital. là ove e
testate è su per giù quel che qui è virtute. là onde equivalgono spessissimo ai sem-
105. tra Feltro e Feltro coloro che in- : plici ove (dove) e onde (donde) così è :

tendono di Cristo venturo, spiegano tra : qui. - invidia : laprima invidia fu del
cielo e cielo oppure « inter sceleratores
: : serpente ad Adamo ed Eva: cfr. Sap.
impios et peccatores»; Bambgl. Quei che II, 24.- dipartilla la mandò fuori. Dun-
:

intendono di* un personaggio indetermi- que la lupa uscì dall' Inf., e venne nel
nato: di parenti bassi e poveri « in quanto mondo sin dai tempi di Adamo. Anche
questa spezie di panno {feltro) è, oltre ad ciò esclude la possibilità di veder nella
ogni altra vilissima »; Bocc. Quei che in- lupa il simbolo della Curia Romana.
tendono di Can Grande scrivono Feltro V. 112-136. La via della salvazione.
e intendono: tra Feltre, città della Marca Dopo aver detto a D. che la via per cui
di Trevigi (cfr. Purg. IX, 52), e Monte s'è messo, non è la buona, V. gli di-
Feltro nella Romagna. Noi ci associamo chiara che sola via di salvazione è il
al Bocc, il quale candidamente confessa viaggio per l'Inf. e per il Purg., e gli
di non intendere, e si limita ad essere si offre a guida. Se poi vorrà salire al
« recitatore de' sentimenti altrui ». Par., un'anima beata (Beatrice) ve lo gui-
106. umile: «humilemque videmus Ita- derà. D. risponde professandosi pronto
liani » Virg., Aen. Ili, 522 sg.
; « in Ma al mistico viaggio. -L'uomo si lusinga
Virgilio si tratta di una determinazione di potere da sé giungere alla sua mèta,
adattata a quelle sponde italiane [Lazio] eh' è duplice, vale a dire la felicità ter-
che. prima videro i compagni d'Enea » rena « quae in operatione propriae vir-
non avrà certo D. « voluto
alle quali sole tutis consistit et per terrestrem Paradi-
riferirsi.Dunque, o egli ha inteso male sum figuratur», e la beatitudine celeste
humilem ; che al tempo dell' arrivo di
'
« ad quam propria virtus ascendere non
Enea era ancora in umile stato o s'è '
: potest nisi lumine divino adiuta, quao
compiaciuto di torcere T epiteto ad un per Paradisum terrestrem intelligi da-
significato non corografico ma politico ; tur ». Così nel De Mon. III, 16, dove
cfr. Bull. N. S. XII, 232, e si pensi si continua osservando che alla prima
pure alla misera Italia di Conv. IV, 9 » ; arriviamo par philosophica documenta
Parodi, Bull. XXIII, 8. [cioè con la sola umana ragione]; alla
107. Cammilla: figlia di Metabo, re dei seconda par docuìnenta spiritualia quae
Volsci vergine guerriera che morì com-
; humanam rationem transcendant [cioè
battendo contro i Troiani: v. Virg., Aen. con le verità rivelate] È chiaro che V. .

VII, 803; XI, 535 sgg. e 759-831. raffigura quelli (cfr. n. 61-99) di questi è
108. Eurialo.... e Niso giovani troiani, : simbolo B. Il P. infatti è guidato da V.
morti insieme combattendo contro i Vol- fino al Par. terrestre; da questo fino al-
sci; Aen. IX, 179 sgg. - Turno: principe l'Empireo la guida è Beatrice.
dei Rutuli, ucciso da Enea Aen. XII, ; 112. me': (=mei), meglio, eh' è la sa-
in fine. - ferute: ferite. lute del Poeta. - discerno giudico. :

109. villa: città. 114-115. loco eterno ecc.: l'Inf. che


12 [PROEMIO GENER.] INF. I. 116-134 [LA VIA VERA]

vedrai gli antichi spiriti dolenti,


che la seconda morte ciascun grida ;
118 e vederai color che son contenti
nel fuoco, perchè speran di venire
quando che sia alle beate genti.
121 Alle qua' poi se tu vorrai salire,
anima fìa a ciò più di me degna :

con lei ti lascerò nel mio partire ;


124 che quello imperador che lassù regna,
perch' io fui ribellante alla sua legge,
non vuol che 'n sua città per me si vegna,
127 In tutte parti impera e quivi regge ;

quivi è la sua città e 1' alto seggio :

oh felice colui cui ivi elegge » !

130 Ed io a lui« Poeta, io ti


: richeggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch'io fugga questo male e peggio,
133 che tu mi meni là dov' or dicesti,
sì eh' io veggia la porta di san Pietro,

dura eterno ( Inf. Ili, 8) come il Par. ;


rano di tornare in nulla, se essere po-
il Pitrg. un giorno cesserà. tesse ». Cfr. anche le pred. dello stesso
116. antichi: discesi nell'Inf. anche edite dal Manni nel 1739, p. 109; Inf.
in tempi remotissimi. XHI, 118 e Thom. Aq., Sum. theol. Ili
117. seconda morte: la dannazione è Suppl., XCVHI, 3 « !Non esse non est :

così chiamata nella S. Scrittura. « Et in- per sed per accidens, in quan
se eligibile
fernus et mors missi sunt in stagnum tum scilicet est miserise terminativum »
ignis haec est mors secunda » Apocal.
; ; 118-119. contenti nel fuoco: «non credo
XX, 14; cfr. XXI, 8. E
se intendiamo che si possa trovare contentezza da com
grida per '
piange, deplora o anche solo
'
parare a quella d'un'anima del Purgato
* annunzia ad alte grida '
tale significato rio, eccetto quella de' Santi nel Paradi
biblico torna benissimo; ma' poiché gri- so » S. Cater. da Gen., Tratt. del Purg
;

dare in D. è usato con compi, oggetti C. 2 cfr. Purg. XXIII, 72. Il fuoco
;

assai varii per i quali il suo generico come purificatore per eccellenza, designa
e fondamentale significato di dire ad qui le pene tutte del Purg.
alta voce acquista speciali determina- 122. anima più-di me degna Beatrice. :

zioni (p. es. persuadere, Par. V, 79 ren- ; 123. con lei: infattiV. abbandona D.
der rinomato, Purg. Vili, 125) è possi- all' apparire di B. Purg. XXX, 43 sgg.
;

bile che D. voglia dire che i dannati 124. imperador: Dio; cfr. Par. XII,
invocano nelle loro grida l'annienta- 40; XXV, 41. - lassù: nel Paradiso.
mento dell'anima che sarebbe per essi 125. ribellante: cfr. Inf. IV, 38.
la seconda morte e insieme la totale, 126. città: il Paradiso; cfr. Ebrei XI,
desiderata estinzione del loro essere, se- 10, 16. Apocal. XXII, 14.
condo che leggiamo, p. es., in Fra Giord. 127. parti: dell' universo. -impera: go-
Pr.in., ediz.Narducci p.316: «però, e' chia- verno mediato. - regge : governo imme-
mano la morte continov amente e non la diato. « Il cielo è, il trono di Dio, e la
possono trovare.... disiderano continova- terra è lo scannello de' suoi piedi»; Isaia
mente di tornare in nulla, e non essere, LXVI, 1; cfr. HI
Beg. VIII, 27.
per campare quelli tormenti. Per molte . . . 132. questo male il male temporale. - :

ragioni in grande copia.... vi mostrerei, peggio: il male eterno, la dannazione.


e per la Scrittura, che i dannati diside- 134. porta di san Pietro del Purgatorio :
[PROEMIO INF.] Inf. i. 135-136 - il. 1-7 [preludio] 13

e color clie tu fai cotanto mesti ».


136 Allor si mosse, ed io gli tenni retro.

(cfr. Purg. IX, 76 sgg.), il cui angelo mine del Purg., e D. gli chiede appunto
portiere è detto Vicario di San Pietro. che lo meni là dove or disse, distiguendo
Al.: La Porta del Paradiso. Al.: La poi la porta di San Pietro, e color che
porta del Purgatorio e quella del Para- tu fai (dici, nel v. 116 sg.) cotanto mesti.
diso ma D. parla di una sola porta, le
; Se questi sono i dannati, nel verso 134
cui chiavi tiene l'Angelo portiere del si parla evidentemente del solo Purg.
Purg.; cfr. Purg. IX, 117-129, il qual Del resto la porta del Purg. è, per quanti
passo esclude ogni dubbio. Y. ha detto la passano, anche porta del Par., dove
a D. di poterlo guidare sol sino al ter- tutti son certi di salire prima o poi.

CANTO SECONDO

PEOEMIO DELL'INFERNO

SGOMENTO E CONFORTO, LE TRE DONNE BENEDETTE

Lo giorno se n' andava e 1' aere bruno


toglieva gli animai che sono in terra
ed io sol uno
dalle fatiche loro ;

m' apparecchiava a sostener la guerra


sì del cammino e sì della pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.
Muse, o alto ingegno, or m' aiutate )

V. 1-9. Preludio ed invocazione. 6. ritrarrà: riferirà, narrerà. Cfr. Inf.


S' avvicina la sera. Il P., che è già si IV, 145 e Purg. V, 32. -mente: memo-
mosso dietro le orme di V., prima di pro- ria. « Mens prò memoria accipitur »;
seguire il racconto del suo viaggio, fa S. Aug., Trin. IX, 2. - non erra: non
la solita invocazione, poetica, conside- isbaglia. D. si mostra sicuro di riferir
rando essergli necessaria, come diceva con tutta esattezza i particolari del suo
Benv., profondità o piuttosto universa- viaggio, così come li ha via via regi-
lità di scienza, perspicacia d' intelletto strati, o scritti (v. 8), la memoria, di
e vivacità e di memoria. cui vanta nel v. 9 la nobilitate, che è
1. Lo giorno se n'andava: imbruniva; (Co?iv. IV, 16) « perfezione di propria na-
cfr. Virg., Aen. Vili, 26-27. tura in ciascuna cosa ».
2. animai : esseri animati, tra' quali 7. alto ingegno il P. qui invoca -quan-
:

l' uomo ; cfr. Purg. XXIX, 138. tunque altri abbiano pensato altrimenti
3. uno: dei viventi: V. è ombra.
sol proprio il suo ingegno, di cui proclama
guerra ecc. la doppia difficoltà,
4-5. : l'altezza anche in Inf., X, 59 e di cui
del viaggio per una via aspra e forte, non meno che delle Muse (arte e scienza)
Purg. II, 65, e del far forza all'animo avea bisogno per descrivere e narrare
per non esser vinto da pietà pei dannati. degnamente il suo viaggio oltremon-
l'i [PROEMIO INF.] Inf. il. 8-27 [LO SGOMENTO]

o mente che scrivesti ciò eli' io vidi,


qui si parrà la tua nobilitate.
10
Io cominciai : « Poeta che mi guidi,
guarda la mia virtù s ella è possente, 7

prima eh' all' alto passo tu mi fidi.


13 Tu dici che di Silvio il parente
corruttibile ancora ad immortale
secolo andò, e fu sensibilmente.
L6 Però se 1' avversario d' ogni male
cortese pensando 1' alto effetto
i fu,
eh' uscir dovea di lui e il chi e il quale,
19 non pare indegno ad uomo d' intelletto ;

eh' ei fu dell' alma Roma e di suo impero


nell' empireo ciel per padre eletto :

22 la quale e il quale, a voler dir lo vero,


fur stabiliti per lo loco santo
u' siede il successor del maggior Piero.
25 Per quest' andata onde gli dai tu vanto,
intese cose che furon cagione
di sua vittoria e del papale ammanto.
dano. Così invoca la memoria (mente) 21. empireo : « lo cielo Empireo, che
con parole, come si è or ora visto, di tanto vuol dire, quanto cielo di fiamma
lode e di fiducia. ovvero luminoso.... E questo quieto e
V. 10-42. io sgomento. Appena in- pacifico cielo è lo luogo di quella Som-
cominciato il viaggio, D. si scoraggia, e ma Deità, che sé sola compiutamente
chiede a V. « Son io da tanto? » Il suo
: vede. Questo è lo luogo degli spiriti
è qui il linguaggio della*. ragione, non beati, ecc. »; Gonv.11, 4. - padre avendo :

quello della fede, la quale V. ridesta un discendente di Enea fondato Roma.


poi nel cuor suo. 22. la quale: Roma. - il quale: l'impero.
12. prima che così i più alcuni codd.
: ; 23. stabiliti: divina è
« Ragione....
anzi che: cfr. Moore, Critic, 265. - alto : stata principio del Romano Imperio ».
arduo, difficoltoso. - mi fidi: mi com- Roma è « imperadrice, e da Dio ha spe-
metta. Cfr. Horat., Ars poet., 38 sgg. ziai nascimento e da Dio ha speziai pro-
13-14. Tu dici ecc. nella Aen. VI, : cesso » Conv. IV, 4. - « Ordinato fu per
;

236 sgg., V. racconta come Enea {pa- lo. divino Provvedimento quello popolo
rente, cioè padre, di Silvio, natogli da e quella città.... cioè la gloriosa Roma » ;
Lavinia) andasse vivo (corruttibile an- ibicl., 5.
cora) nel regno degli spiriti: immortale 24. successor il Pontefice. - maggior
: :

secolo è il mondo di là in generale. di tutti gli altri santi di nome Pietro.


15. sensibilmente: corporalmente. Oppure 'maggiore sta qui per sommo, o
16. l'aTversario ecc.: Dio; cfr. Sai. V, 5. per titolo d' onore cfr. Barbi in Bull. ;

17. i :a lui, ad Enea. - pensando


gli, : XVIII, 4.
se pensiamo. - eifotto cfr. vv. 20-24. : 25. gli dai tu vanto: nell'Eneide.
18. il chi e il quale: è lo scolastico 26-27. intese cose che furon cagione ecc.:
quis et qualis; intendasi dell' Impero e avendo Anchise preannunziato ad Enea
di'Roma, sede dell'impero e del papato; giù nell' Elisio le future glorie di Roma
o di Roma e dell'autorità imperiale. e incoratolo a combattere contro Turno
,

19. indegno cosa indegna, sconve-


: e a vincere la qual vittoria fu la lon-
;

niente la cortesia usata da Dio ad Enea. tana cagione della fondazione di Roma,
20. alma: così i più. Al.: alta. futura sede del papato.
[PROEMIO INF.] Inf. li. 28-45 [IL CONFORTO] 15

28 Andovvi poi lo Vas d'elezione,


per recarne conforto a quella fede
eli' è principio alla via di salvazione.
31 Ma per che venirvi? o chi '1 concede?
io,
Io non Enea, io non Paulo sono :

me degno a ciò né io né altri crede.


34 Per che, se del venire io m' abbandono,
venuta non sia folle
temo che la :

se' savio ; intendi me' eh' i' non ragiono. »


37 E quale è quei che disvuol ciò che volle
e per nuovi pensier cangia proposta,
sì che dal cominciar tutto si tolle ;
40 tal mi fec' io in quella oscura costa )

perchè, pensando, consumai la impresa


che fu nel cominciar cotanto tosta.
43 « Se io ho ben la tua parola intesa »
rispuose del magnanimo quell' ombra,
« 1' anima tua è da viltate offesa,

28. Andovvi : ad immortale secolo, efr, 41. pensando : riflettendo sulle diffi-

v. 14. - Vas d' elezione così è chiamato : coltà, sui pericoli del viaggio propostomi
l'apostolo San Paolo, cfr. Atti, ix, 15. da V. - consumai : terminai l' impresa,
Paolo, come egli stesso ci attesta, fu in quanto rinunziai per le nuove rifles-
rapito fino al terzo cielo. « Se in corpo, o sioni a proseguirla.
fuor del corpo, io non so Iddio lo sa »; : 42. nel cominciar cotanto tosta: accet-
II Cor. XII, 2 sgg. Secondo un' antica tata prontamente e subito cominciata •

leggenda popolare, San Paolo sarebbe ad attuare. Quando minava in basso


disceso altresì nell' Inferno. loco, la proposta liberatrice di V. era
29. recarne dal Paradiso. - conforto
: stata accettata* dal P. senza alcuna esi-
a quella fede: alla fede cristiana col tazione; i dubbi eran venuti poi.
rafforzare la speranza di salire al Par. V. 43-126. Il conforto. V. rimpro-
30. principio perchè « senza fede è
: vera D. de' suoi scrupoli, che derivano
impossibile di piacere a Dio », Ebrei da viltà d'animo, la quale distoglie
XI, 6 e perchè « la fede senza le opere
; spesso 1' uomo dall' operare il bene. Per
è morta»; Giac. II, 26. liberamelo gli espone come ei sia ve-
31. per che: a quale scopo? - venirvi: nuto in soccorso a lui, pregatone da B.,
al '
secolo immortale '.
eh' è scesa ella stessa nei Limbo, inci-
34. m' abbandono consento, mi : lascio tata da due altre donne del cielo a soc-
indurre. correre D. Sicuro del celeste soccorso,
35. folle: sconsigliata, da pazzo. il P. riacquista coraggio.

36» intendi : Al. : e intendi. - me' : cfr. 43. Se io con questa propos. dubbiosa
:

Inf. I, 112. V. mitiga il rimprovero a D.


37. disvuol: non vuole più. 44. delmagnanimo quell'ombra: per
38. proposta: proposito. l'ombra di quel magnanimo. Bene è ri-
39. si tolle: si distoglie. La similitu- levata tale qualità di V. qui dove D. ap-
dine dipinge la lotta interna di chi vor- parisce pusillanime. « Sempre il magna-
rebbe convertirsi, ma non ha coraggio nimo, si magnifica in suo cuore; e così
di prendere risoluto la nuova via. lo ptisillanimo per contrario sempre si
40. oscura essendosene ormai andato
: tiene meno che non è »; Conv. I, 11.
il giorno, v. 1. - costa la piaggia diser- : 45. viltate: pusillanimità vergognosa;
ta, Inf. I, 29 agg. cfr. Inf. Ili, 15 ; IX, 1.
16 [PROEMIO INF.] Inf. ii. 46-65 [il conforto]

46 la qual molte fiate 1' uomo ingombra,


che d' onrata impresa lo ri voi ve,

come falso veder bestia quand' ombra.


49 Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch' io venni e quel che intesi
nel primo punto che di te mi dolve.
52 Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandar io la richiesi.
55 Lucevan gli occhi suoi più che la stella ;

e cominciommi a dir soave e piana,


con angelica voce, in sua favella :

58 i
anima cortese mantovana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto il mondo lontana,
61 1'amico mio, e non della ventura,
nella diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che volto è per paura ;

64 e temo che non sia già sì smarrito,


eh' io mi sia tardi al soccorso levata,

47. onrata: onorata. ziosa, epiana, cioè modesta, e come per-


48. falso veder ecc. : cosa falsamente sona grave » Gelli. ;

veduta fa tornar indietro la bestia quan- 57. con angelica voce in sua favella:
do ombra, cioè ne piglia ombra e se con voce d' angelo nel suo favellare :

ne spaventa. « Veggiamo molti uomini cfr. Bull. XXIII, p. 9.


tanto vili e di sì bassa condizione, che 60. mondo: Al. moto. dura ancora nel '

quasi non pare essere altro che bestia » ;


mondo e durerà quanto il mondo '
si
Oonv. Ili, 7. presenta indubbiamente come espres-
solva, cioè sciolga, liberi.
49. solve: sione più naturale, piana ed armonica
forme are. regol. di
51. dolve: e dolfe, che non dura ancora nel mondo e du-
'

perf. forte per dolse Bull. Ili, 131.


' '
: rerà quanto il moto ma il senso è ot- '
;

52. sospesi quelli del Limbo non sono,


: timo anche se si legge moto, poiché il
né hanno speranza di divenire mai beati, moto durerà, non meno del mondo. Che
ma nemmeno sono interamente dannati, se leggiamo in Fra Giord., Pred. I sulla
perchè senza martìri, Inf. IV, 24 sgg. ; Gen. « Le cose che furono in prima
:

sono dunque in uno stato medio tra dan- create, come è il cielo, gli angioli, gli
nazione e beatitudine. elementi, staranno eternalmente il mo- ;

54. tal: la bellezza di B. e la sua vimento e il tempo no », si può osserva-


espressione di beatitudine fecero certo re che il movimento, in quanto fu dato,
senz'altro V., che essa dal cielo era aggiunto da Dio, come Fra Giord. stesso
scesa a lui per esprimergli qualche de- dice, alle cose create, cioè almondo, col
siderio; onde la pregò di comandarlo. finire del mondo cesserà; sicché tanto
55. stella: stella in generale la stella ; vale l'una, quanto l'altra espressione.
fu detto dal P. per una stella qualsiasi E moto (lectio difficilior) piacque al Fo-
anche in Vita Nova, § XXIII e in Oonv. scolo ed al Moore, Text. Crit., 270 sgg.
IH, 9. Altri, sottilmente, intesero del 61. l'amico ecc.: amato da me, non
Sole, al. di Venere. Per la lez., più che dalla fortuna, la quale fu nemica del P.
una stella, cfr. Moore, Oritìc, 226-70. 62. piaggia cfr. Inf. I, 29. - impedito
: :

56. soave e piana con pacata dolcezza


: Cfr. Inf. I, 35.
e benignità. « /Soave, cioè dolce e gra- 64. smarrito : cfr. Purg. XXX, 136 sgg.
[PROEMIO INF.] Inf. il. 66-81 [il conforto] 17

per quel eh' i' ho di lui nel cielo udito.


67 Or muovi, e con la tua parola ornata
e con ciò eh ha mestieri al suo campare,
7

1' aiuta sì eh' io ne sia consolata.

70 Io son Beatrice che ti faccio andare :

vegno del loco ove tornar disio :

amor mi mosse, che mi fa parlare.


73 Quando sarò dinanzi al Signor mio,
di te mi loderò sovente a lui. '

Tacette allora, e poi comincia' io :

76 * donna di virtù, sola per cui


l' umana spezie eccede ogni contento
da quel ciel che ha minor li cerchi sui,
79 tanto m' aggrada il tuo comandamento,
che 1' ubbidir, se già fosse, m' è tardi )

più non t' è uo' eh' aprirmi il tuo talento.


66. nel cielo udito: cfr. v. 103 sgg. 76-78. donna di YÌrtù: piena di ogni
67. ornata: epperò efficace. virtù. Di B. nella Vita Nuova il P. dice
70. Beatrice: è il nome della donna che « fue distruggitrice di tutti li vizi
amata dal P. vedi la Vita Nuova. Nella
: e regina de le vertudi. » - sola ecc. la :

Commedia B., pur non cessando di es- cognizione di Dio eleva l'uomo al disopra
sere la donna amata, è principalmente di ogni altro essere terrestre, cioè d'ogni
personaggio allegorico. Chi ne fa il sim- essere contenuto (contento), ossia cinto,
bolo della Teologia, chi dell'Intelligenza dal cielo della luna, che, per essere il
attiva, chi dell'Anima tendente a Dio più vicino alla terra, il primo dei cieli, è
colle ali dell' amore, chi della Sapienza il meno ampio di tutti. Cfr. Conv. II, 3-4.
religiosa morale e civile, chi della Vita 80. se già fosse ecc. : se già da me fosse
contemplativa, chi della Visione intima attuato, mi sembrerebbe ritardato.
dell'artista, chi della Rivelazione, ecc. 81. no' ch'aprirmi: la comune lezione
ecc. Dal Paradiso terrestre, cioè dalla è più non t' è uopo aprirmi, che il Moore
:

beatitudine di questa vita (De Mon. trovò in 77 codd., mentre trovò ch'aprir-
HI, B. guida D. al Paradiso cele-
15), mi in 140 de' codd. da lui esaminati;
ste, cioè alla beatitudine di vita eterna Crit., 273 e seg. Il Fiammazzo (Oiorn.
(ibid.) Guida a quest'ultima è per l'uomo Dani. II, 169-92) ha efficacemente difesa
l'Autorità Ecclesiastica (ibid. cfr. Gonv. la lezione uo' eh' aprirmi. Egli inter-
IV, 4-6) epperò B. sarebbe in qualche
; preta « Sappi che a te non d' altro è
:

modo simbolo di questa. Se non che do- d' uopo eh' esprimermi la tua volontà,
vendo l'Autorità Ecclesiastica drizzare come già facesti superfluo è tutt' il re-
;

l'uomo alla felicità spirituale secondo sto » e aggiunge più oltre « Quelle lodi
; :

le dottrine rivelate (ibid.), essadiviene che B. rivolge in una mirabile apostrofe


più propriamente figurazione in terra a V., appena apparsagli, e che gli pro-
della Teologia, eh' è scienza delle verità mette anche maggiori presso Dio, esi-
rivelate (cfr. n. a I, 112-136). gono dalla modestia del poeta latino un
72. amor: cfr. v. 61 e n. cenno di risposta gareggiando questi ;

74. di te mi loderò « Hoc autem si-


: adunque donna beata
di cortesia con la
gnificat quod theologia saepe utitur ser- e bella, all'esordio di lei risponde con
vitio rationis naturali s, ut ex notioribus un altro ispirato a non minor ammira-
nobis deveniat ad minus nota » Benv. ;
zione, e, dettosi così dispostoall' obbe-

Potrà così essere nel senso allegorico; dienza da sembrargli averla già ritar-
nel senso letterale è espressione lusin- data, dichiara quindi tosto soverchia la
ghiera per V. e forse contiene, dice bene lusinghiera perorazione di B., dichiara
il Torraca, un' arcana promessa. cioè che, per un servigio di lui, essa

2. — Div. Comm., 8 a ediz.


18 [PROEMIO INF.] INF. II. 82-101 [IL conforto]

82 Ma dimmi la cagion elio non ti guardi


dello scender quaggiuso in questo centro
dall' ampio loco ove tornar tu ardi. '

85 1
Da che tu vuoi saper cotanto addentro,
dirotti brevemente mi rispuose, '

'
perdi' io non temo di venir qua entro.
88 Temer dee di sole quelle cose
si

e' hanno potenza di fare altrui male }

dell' altre no, che non son paurose.


91 Io son fatta da Dio, sua mercè, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d' esto incendio non m' assale.
94 Donna è gentil nel ciel, che si compiange
di questo impedimento ov' io ti mando,
sì che duro giudicio lassù frange.
97 Questa chiese Lucia in suo dimando
e disse u Or ha bisogno il tuo fedele
:

di te, ed io a te lo raccomando ".


100 Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov' io era,

non ha maggior bisogno che esprimerne, XXXIII, 16 sg., simbolo, secondo i più
senza blandimento vernno, il desiderio ». antichi commentatori, della Grazia pre-
La stessa scena si ha Purg. I, 78-93.- veniente. « Et hic nota quod auctor non
talento: volontà, desiderio. nominat expresse istam dominam pri-
82. che: per la quale. mam, quia ista grafia advenit homini
83. centro: l'Inferno, Fra Giord., Pred. occulte, quod non perpendit » Benv. D. ;

Ediz. del 1739, p. 22 : « La terra.... è cen- tace il nome della Vergine come quello
tro del mondo imperò ch'ella è nel mezzo di Cristo in tutto l' Inf., perchè questi
di tutti i cieli e di tutti gli elementi. nomi sacri si profanerebbero, pronun-
Ma il diritto centro si è appunto quel ziati nel regno del peccato.
miluogo della terra dentro, che è in 96. duro giudicio della divina giusti-
:

mezzo della terra come la granella è in zia: giudicio vale sentenza. - frange:
mezzo del pome. Quello è il diritto cen- spezza, ne vince la durezza.
tro, ove noi crediamo che sia il ninferno ». 97. Lucia: probabilmente la martire
84. ampio loco 1' Empireo, cfr. v. 71
: di Siracusa, sulla quale cfr. Brev. Rom.
e per ampio v. Purg. XXVI, 63. - ardi : ad 13 Decem. Allegoricamente: la Gra-
ardentemente desideri. zia illuminante. Cfr. Kraus, p. 447 sg.
90. non son paurose: non potendo far 98. fedele santa Lucia, si invoca da
:

male, non son tali da metter paura. chi soffre mal d' occhi, ed anche D. ne
92. tange: tocca; commuove. Secondo sofferse (« per affaticare lo viso molto a
gli Scolastici, il gaudio dei beati non è studio di leggere, in tanto delilitai gli
turbato dall'aspetto delle pene dei danna- spiriti visivi che ecc. »; Conv. Ili, 9) on-;

ti, che essi, non veduti, possono vedere. de le era forse particolarmente devoto.
93. fiamma: «In fiamma sua non com- 100. nimica ecc. « odiò ogni crudeltà
buret iustos » Eccles. XXVIII, 26. -
; come quella che sofferse ingiusto dolo-
esto incendio: B. parla dei dannati e re » Tom. - « Ma questo sarebbe a dirsi
;

dell' Inf in generale, non del ^olo Lim-


. di tutti i martiri. Meglio, forse, perchè,
bo; esto =questo cfr. Inf. I, 5.
: secondo Salomone, Dio darà grazia ai
94. Donna la Vergine Maria, cfr. Par.
: mansueti » Pass*
:
[PROEMIO INF.] Inf. li. 102-120 [il conforto] 19

che mi sedea con l antica Eachele.


7

103 Disse " Beatrice, loda di Dio vera,


:

che non soccorri quei che t' amò tanto,


eh' uscio per te della volgare schiera*?
106 Non odi tu la pietà del suo pianto ?
non vedi tu la morte che il combatte
su la fiumana ove il mar non ha vanto ? '
'

109 Al mondo non fur mai persone ratte


a far lor prò né a fuggir lor danno,
coni' io dopo cotai parole fatte :

112 venni quaggiù del mio beato scanno,


fidandomi nel tuo parlare onesto,
che onora te e quei che udito 1' hanno,
115 Poscia che m' ebbe ragionato questo,
gli occhi lucenti lagrimando volse ;

per che mi fece del venir più presto ;


118 e venni a te così coni' ella volse;
d' innanzi a quella fiera ti levai
che del bel monte il corto andar ti tolse.

102. Rachele: figlia secondogenita di scorrente tra la selva oscura ed il di-


Labano moglie del patriarca Giacobbe,
e lettoso monte, « il quale era tanto im-
è simbolo della vita contemplativa Lia, ; petuoso, per scendere da luoghi alti, che
sua sorella maggiore, anch' essa moglie il P. dice che il mare non ha vanto, cioè

di Giacobbe, simboleggia la vita attiva. non si può dare il vanto di superarlo e


103. loda: lode. « Quando passava per di tempesta e d'impeto»; ma D. di tal
via, le persone correano per veder lei, fiume non fa cenno.
e altri diceano: .... benedetto sia lo Se- 109-111. Al mondo ecc.: B. accorre in
gnore che sì mirabilemente sa adopera- aiuto al poeta pericolante con prontezza
re »; V. N. § 26. - « La santa Teologia, e premura quali nel mondo non ha al-
con la grazia cooperante e consummante cuno neppure a cercar l'utile proprio
accompagnata, sempre, loda Iddio vera- e a schivare il proprio danno.
mente e non fintamente, ovvero nell'eser- 113-114. onesto ecc. parlare pieno di :

cizio delle attività, ovvero nel riposo della dignità e decoro, eh' è di onore e a V.
contemplazione » Buti. ; stesso e a coloro che hanno ascoltato e
105. uscio ecc.: « fuggì dalla pastura fatto tesoro di tale parola: vero di V.
del vulgo » Conv. I, 1. Il P. come aveva
; poeta (cfr. Inf. I, 82); vero di V., quale
scritto ispirato dall'amor di B. mirabili simbolo della ragione.
liriche, così erasi dato tutto agli studi 116. lagrimando è riferito all' ogg.,
:

per rendersi abile a parlare degnamente come spesso in antico si faceva del ge-
di lei, V. JST., 42. rundio, e vale lagrimanti.
107. morte spirituale, per effetto delle
: 117. per che: per il che, cioè per aver-
tre fiere. mi con sue lagrime commosso.
108. fiumana grande, impetuosa cor-
: 118. volse: volle, forma tuttora vivis-
rente di un fiume, ed anche
dilagazione '
sima in bocca ai toscani.
delle acque di un fiume '. Qui fig. per la 119. fiera lupa. - ti levai D. avea te-
: :

selva oscura, più pericolosa del mare in nuto dietro a V. Inf. 1, 136; e i due P. son
,

tempesta. La frase ove il mar non ha lontani dal luogo dove si mostrò la lupa.
vanto significa che il mare non può van- 120. il corto andar: la via breve. « Chi
tare sulla selva superiorità di pericoli salirà al Monte del Signore?... L'uomo
mortali. Il Oellì intende di un fiume puro di cuore » ; Sai. XXIII, 3-4. Ma al
20 [proemio inf.] Inf. ii. 121-140 [conforto]

121 Dunque che è? perchè, perchè ristai?


perchè tanta viltà nel core allette?
perchè ardire e franchezza non hai,
124 poscia che tai tre donne benedette
curan di te nella corte del cielo,
e il mio parlar tanto ben t' impromette 1 »
127 Quali i fioretti, dal notturno gelo
chinati e chiusi, poi che il sol gì imbianca, '

si drizzan tutti aperti in loro stelo j

130 tal mi mia virtute stanca


fec' io di ;

e tanto buono ardire al cor mi corse,


eh' io cominciai come persona franca :

133 « Oh pietosa colei che mi soccorse !

e te cortese che ubbidisti tosto


alle vere parole che ti porse !

136 Tu m ?
hai con desiderio il cor disposto
sì al venir con le parole tue,
eh' io son tornato nel primo proposto.
139 Qr ysl,che un sol volere è d' ambedue :

tu duca, tu signore e tu maestro. »

P. convien tenere un'altra via, quella 128. imbianca: rischiara con la sua
assai lunga della contrizione e peni- bianca luce mattinale cfr. Purg. IX, 2, ;

tenza, finché il suo arbitrio sarà libero, Par. VII, 81. « Imbiancarsi esprime il
diritto e sano; cfr. Purg.XXYJl, 140. passaggio che fa gradatamente un colore
121. ristai : fermi, sosti.
ti da men vivo a più vivo. Qui, usato at-
122. allette: alletti, accogli in te stesso. tivamente, vale gì' illumina » L. Vent.
: ;

Cfr. Inf. IX, 93. 130. tal ecc.: io che, vinto per viltà da
125. curan di te: son tue avvocate. paura, avevo l'animo abbattuto e chiuso
126. parlar: Inf. I, 112 sgg. - ben di : alla 'fiducia nella riuscita, lo sentii ora
salire alle beate genti Inf. I, 121 sgg.
; riaprirsi e risollevarsi ardito e franco
V. 127-142. Gli effetti salutari del (cioè interamente libero: cfr. v. 123).
conforto divino. Solennemente assi- 133. colei: Beatrice. Anche le altre due
curato dell'assistenza celeste (e nei versi ebbero cura di lui, ma la sola B. discese
coi quali chiude il suo -breve discorso dal Cielo nel Limbo.
V. investe con tanta veemenza il disce- 135. Tere cfr. Par. IV, 95. Le vere pa-
:

iolo [vv. 121-23] e così efficacemente rias- role sono, quelle dei versi 61-66.
sume la privilegiata condizione di lui 136. desiderio d' intraprendere il mi-
:

[vv. 124-26], che il discepolo non può stico viaggio- da te propostomi,


non rimanerne scosso e persuaso), D. ri- 137. parole ricordanti l'aiuto celeste,
:

prende coraggio ed espressa la-sua gra-


; vv. 52-126.
titudine a B. e a V., si dichiara oramai 138. proposto: proposito di seguirti,
risoluto a proseguire il viaggio. Inf. I, 130-134.
127. notturno gelo: la notte figura 140. Tu ecc.: « Tu duca [cioè guida],
l'ignoranza e L'errore; JZom. XIII, 12 e quanto è all'andare; tu signore, quanto
I Tess. V, 5; il gelo, la mancanza di è alla preeminenza ed al comandare; e
fede e di carità; Apocal. III, 15-16. La tu maestro, quanto è al dimostrare [cioè
similitudine quindi, poeticamente bellis- insegnare] » È'occ. - « Queste tre qua-
;

sima nel senso letterale, è assai parlante lità che D. dà a V. saranno da lui spes-
anche nel senso figurato. , sissimo impiegate nel corso del poema,
[porta infernale] Inf. ii. 141-142 - ni. 1-9 [entrata] 21

Così gli dissi ) e poi che mosso fue,


142 entrai per lo cammino alto e Silvestro.

ma con un' arte sopraffina \ e non met- 141. tue : fu, forma freq. nell' ant. to-
terà mai a caso una delle tre, ma sempre scano scritto, e viva tuttora in Toscana.
a ragion veduta.... E prima di dichia- 142. alto difficile Inf. II, 12 XXVI,
: ; ;

rarlo suo duca, suo signore e suo mae- 132. -Silvestro: aspro. Il P. accenna al
stro, lo ha precedentemente appellato viaggio per l'Inf., come a cammin Sil-

col semplice nome di poeta » ; Boss. vestro, anche in Inf. XXI, 83.

CANTO TERZO

PORTA E VESTIBOLO INFERNALI, IGNAVI,


PASSO DELL'ACHERONTE
(GÌ' ignavi corrono nudi e piangono, punti da vespe e mosconi, mentre a' loro piedi
vermi schifosi succhiano il sangue colante dalle punture e le lagrime)

Per me si va nella citta dolente,


per me si va nell' eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore :

fecemi la divina potestate,


la somma sapienza e il primo amore.
Dinanzi a me non fur cose create
se non eterne, ed io eterno duro :

lasciate ogni speranza, voi ch'entrate.


V. 1-21. Entrata per la porta in- sunt totius Trinitatis. La potestate è il
fernale. I due P. sono giunti alla porta Padre, la sapienza il Verbo, o Figliuolo,
sempre aperta, dell' Inf. Sopra essa D V amore lo Spirito Santo. Cfr. Conv. II,
legge un' iscrizione, che, ammonendo 6 « Che si può contemplare la potenza
:

chi entra di lasciare ogni speranza, rin somma.del Padre.... la somma sapienza
nova in lui lo sgomento. Ma V. lo ri del Figliuolo.... e.... la somma e ferven-
conforta, e i due P. entrano. tissima carità dello Spirito Santo ».
1. Per«me parla la porta. - città l'Inf.
: : 7. Dinanzi a prima di. - non fur l'In
: :

in generale, sebbene tal nome sia poi ferno fu creato per i diavoli, cfr. Matt
dato più specialmente alla parte più XXV, 41, quando Lucifero cadde dal eie
bassa di esso, detta città di Dite, Inf. lo, cfr. Inf. XXXIV, 121 sg., epperò pri
VIII, 68 ; città del fuoco, Inf. X, 22 e ; ma della creazione dell'uomo. Prima del
città roggia, Inf. XI,
opposizione
73, in l'Inf. furono create sol cose eterne, i
al Paradiso, che è città di Dio, Inf. I, cieli, gli angeli, la terra quanto alla sua
126 e 128 vera città, Purg. XIII, 95
; ;
materia: le cose corruttibili, quale la for-
città dei beati, Par. XXX, 130. ma della terra, piante, animali, uomi-
5-6. feceiniecc: circoscrive la SS. Tri- ni ecc., furono create dopo.
nità. Secondo la teologia, opera ad extra 8. eterno eternamente. Benv.: « idest
:
22 [PORTA infernale] Inf. III. 10-27 kata]

10 Queste parole di colore oscuro


vid' io scritte al sommo d' una porta ;

per eh' io : « Maestro,


senso lor m' è duro il »,
13 Ed egli a me, come persona accorta :

« Qui si convien lasciare ogni sospettò;


ogni viltà convien che qui sia morta.
16 Noi siam venuti al luogo ov' io t' ho detto
che tu vedrai le genti dolorose
e' hanno perduto il ben dello intelletto. »
19 E poi che la sua mano alla mia pose
con lieto volto, ond' io mi confortai,
mi mise dentro alle segrete cose.
22 Quivi sospiri, pianti ed alti guai
risonavan per l' aere sanza stelle ;
Per eh' io al cominciar ne lagrimai.
25 Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d' ira,
voci alte e fioche e suon di man con elle

seterne ». Al. : eterna, lez. di molti codd. io morrò: e morendo gloriosa, alle se-
e anch'essa ottima; Cfr. Moore, Orit., 275. andrò»; Ie\ti.
grete cose dell'altra vita
10. colore oscuro scritte con tinta : V. 22-69. Ignavi ed angeli neutri.
scura. - « Le lettere in luogo chiaro po- Appena entrato nel vestibolo, il P. ode
ste, a voler essere ben vedute, conven- sospiri, pianti, lamenti e un tumulto
gono essere di colore oscuro e nero ma, ; di lingue diverse, di favelle spavente-
se sono poste in luogo oscuro, conven- mani percotenti. Qui sono i vili,
voli, di
gono essere di colore chiaro e bianco. mischiati agli angeli neutri. D. vede e
Laonde veggasi Dante come abbia fatto ravvisa uno de' primi; sicché non gli
bene a fare le lettere oscure in luogo occorrono ulteriori schiarimenti. Ignudi,
oscuro per voler col senso loro spaven- punzecchiati da mosconi e da vespe, so-
tare il lettore » ; Cast. no condannati a correr dietro a una ban-
duro: penoso, che sconforta l'ani-
12. diera che mai non si arresta un mo-
mo. Cfr. Ev. S. Giov. VI, 61 « Durus : mento. Essi, che, indolenti al male co-
est hic sermo ». Duro era riuscito spe- me al bene, si compiacquero solo del
cialmente il v. 9. dolce far niente, devono eternamente
13. accorta: perchè aveva prontamente correre senza posa dietro l'insegna.
intuito il nuovo sgomento del "discepolo. 22. guai: lamenti.
Qui nel luogo del peccato e dell'in-
14. : 23. senza stelle: è condizione comune
ganno. - sospetto timore, dubitazione. : di tutto V Inf. ma qui è rilevata la cosa
;

Cfr. Aen. VI, 261: « Nunc animis opus, forse con allusione ai vili, che non mi-
Aenea, nunc pectore firmo ». rano in alto, non avendo ideali religiosi,
16. detto nel Canto I, 114 sgg.
: morali o politici.
18. il ben dello intelletto: la visione 25. Diverse forse perchè tutti conven-
:

di Dio, del Vero assoluto. « Il Vero è il gon qui d' ogni paese (v. 123) seppure ;

Bene dello intelletto » Conv. II, 14. ; la voce non vale qui, come altrove,
19. la sua mano alla mia pose mi prese : strane; cfr. Inf. VI, 13; XXII, 10. -orri-
per mano, come in Inf. XIII, 180. bili favelle bestemmie (cfr. v. 103 sgg.),
:

21 segrete cose « scerete cose dissero : a che i son sempre pronti.


vili
i nostri antichi il mondo de' morti. E 26. parole cfr. Virg. Aen. IV, 665 sg.
:

perciò nei Beali di Francia si dice (lib. I, 27. suon di man: di mani percosse;
e. 44) : E
poiché veduto V avrò, allegra battono le mani disperati. - con elle :
[VESTIBOLO] Inf. ni. 28-41 [ignavi] 23

28 facevano un tumulto, il qual s' aggira


qnell' aria senza tempo tinta
sempre in
rena quando turbo spira.
come la
31 Ed io, eli' avea d' orror la testa cinta,
dissi « Maestro, che è quel eh' i' odo'?
:

e che gent' è che par nel duol sì vinta? »


34 Ed egli a me « Questo misero modo:

tengon 1' anime triste di coloro


che visser sanza infamia e sanza lodo.
37 Mischiate sono a quel cattivo coro
degli angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
40 Cacciarli i ciel per non esser men belli ;

né lo profondo Inferno li riceve,

'
elio, ella, elli, elle '
furono spesso usati bassa e misera materia, che di sé non
da D. come casi obliqui uso « frequen- ; davano alcuna cagion di parlare, e per-
tissimo non solo ne' più antichi poeti, ciò si può dire che senza infamia vives-
ma anche nei tardi trecentisti » Parodi ; sero e senza lodo, cioè senza fama, per-
;

in Bull. Ili, p. 122 sg. ciocché come del loro male adoperare è
29. senza tempo tinta: in eterno oscu- detto, il simigliante dir si può, se alcun
ra, caliginosa. Invece il Ross.: « Aria bene adoperavano»; Bocc- Molti leggono
oscura senza variazion alcuna, cioè sem- senza fama, che Benv. spiega « sine vir- :

pre oscura ». tute et valore ». Ma se lodo è lo stesso


30. come ecc.: « tamquam pulvis ante che fama, secondo che spiega il Bocc,
faciem venti » Sai. XXXIV, 5. Non pa-
;
si avrebbe in questo verso una ripeti-
ragona il tumulto e lo strepito infernale zione inutile, e inoltre il P. si ripete-
a quel dell'arena, ma l'aggirarsi di quel rebbe, e proprio usando la parola fama,
tumulto all'aggirarsi della rena pel tur- nel v. 49. La lezione adottata è di certo
bine, aggirarsi furioso e celerissimo. - più semplice e chiara, quantunque non
turbo spira lez. data da buoni- codd. e
: ben sicura. Cfr. Z. F., 15, Fanf., Mud.,
confortata da ìnf. XXVI, 137 e XXXIV, 144 sg. Moore, Crit., 276 sg. - lodo lode, :

4. I più: a turbo spira: lez. dove c'è anticamente anche in prosa Bull. Ili, ;

uno spira, impersonale (= il vento spira), 119. D. l'usa soltanto qui, in rima.
di cui non si ha altro esempio. 39. fuoro: furono; non apocope ài fu-
31. d' orror: per quello spaventevole rono, ma voce intera in sé stessa. Fuoro
tumulto e le parole di colore oscuro. È (o foro) fu adoperato anticamente spesso
il Virgiliano : At me tum primum soevus anche in prosa. - Quando Lucifero si ri-
circumstetit horror', Aen. II, 559, e Arrec- bellò' contro Dio, alcuni angeli, secondo
teeque horror e cornee ibid. IV, 280 ecfr.
,-
un' antica credenza, rimasero neutrali,
VI, 559 sg. AL: d'error, che andrebbe volendo veder l' esito della lotta, prima
interpretato non « ignoranza » (cfr. Z.F., di decidersi.
14 sg.; Moore, Crit., 275 sg.), bensì « dub- 40. Cacciarli: li scacciarono. Al. càc-
bio, incertezza », come erro in Inf. cianli o cacciarli, cfr. n. a Purg. II, 45.
XXXIV, 102, ed errore in Inf. IV, 48 e I discacciarono una volta per
cieli li
X, 114; cfr. Barbi, Bull. XVIII, 11 sg. sempre « Proiectus est cìraco ille ma-
:

33. vinta: (lat. vieta dolore) abbattuta gnus,... et angeli eius cum ilio missi
dal forte dolore così da non poterne più. sunt»; Apocal. XII, 9. Mn lo profondo
35. triste: addolorate; cfr. v. 78 e IV, 84. inferno ricusa continuamente di. rice-
senza infamia ecc.: senza compiere
36. verli che, invidiosi d' ogni altra sorte,
;

azioni che li rendessero o infami o degni sarebbero sempre pronti a scender giù,
di lode. « Quantunque non buone fos- se fosse loro, concesso. - men belli se es- :

sero, erano {le azioni loro) intorno a sì seri senza carattere vi avessero albergo.
24 [VESTIBOLO] Inf. ih. 42-60 [ignavi]

che alcuna gloria i rei avrebber d'elli. »


43 E io « Maestro, che è tanto greve
:

a lor, che lamentar li fa sì forte ? »


1

Rispuose : « Dicerolti molto breve.


46 Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che invidiosi son d' ogni altra sorte.
49 Fama di loro il mondo esser non lassa ;

misericordia e giustizia sdegna li :

non ragioniam di lor, ma guarda e passa » !

52 E io, che riguardai, vidi una insegna


che girando correva tanto ratta,
che d' ogni posa mi pareva indegna )
55 e dietro le venia sì lunga tratta
di gente, eh' io non avrei mai creduto
che morte tanta n' avesse disfatta.
58 Poscia eh' io v' ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi 1' ombra di colui
che fece per viltate il gran rifiuto.

42. alcuna: qualche. Al paragone di 54. indegna aliena, sdegnante. Al.


: :

costoro gli scellerati energici potrebbero Immeritevole.


gloriarsi di essere da più di loro. Al.: 55. lunga tratta: lunga fila.
Niuna. Ma già è molto discutibile se 59-60. colui ecc.: secondo i più, è papa
alcuno in D., abbia mai il senso di Celestino V, che i maneggi fraudolenti
ninno (cfr. Inf. XII, 9) inoltre, se ; di colui che fu poi il suo successore, Bo-
il profondo Inferno non li ricevesse in nifacio Vili, indussero ad abdicare il
quanto i rei non ne potrebbero aver papato. Benv. dice che a' suoi tempi
gloria, ne deriverebbe, assurdamente, questa era l' opinione « communis et
che li accoglierebbe, se i rei potessero vulgaris fere omnium ». L' Ott. riferisce
averne gloria! - elli: cfr. v. 27. questa opinione con un «Vuole alcuno»,
46. non hanno come nessuno nel mon-
: ma senza decidersi. Petr. Dani, intende
do di là, ma costoro la afferrerebbero pure di Celestino V, aggiungendo però
con gioia. Conscii di loro assoluta nul- « ut credo ». Il Cass. ed altri intendono
lità, avrebbero gran conforto dalla spe- di Diocleziano, il quale in vecchiaia ri-
ranza di ritornare nel nulla. nunciò all' impero. JBocc. confessa « Chi
:

47. cieca: oscura: cfr. Inf. IV, 13; costui si fosse, non si sa assai certo », e
X, 58; XXVII, 25, ecc. riferisce quindi le opinioni a lui note
d'ogni altra sorte anche di chi sta
48. : senza decidere. Benv. fa un lungo elogio
nel profondo Inf. ma questo non li riceve.
, di Celestino V, combatte la communis et
49. lassa: lascia. vulgaris opinio, ponendola tra le vance
50. misericordia: non avendo meriti, voces vulgi che non sunt audiendee, ed
liricusa (sdegna) il Par. - giustizia li : intende di Esaù, che per un piatto di
ricusano anche Inf. e Purg., non aven- minestra cedette la primogenitura a Gia-
do commesso colpe. cobbe cfr. Gen. XXV, 29 sg. Buti non
;

52. insegna: stendardo, bandiera. « Om- sa decidersi. Alcuni hanno ravvisato


nes isti ribaldi trahunt ad unum signum, in questo innominato Augustolo; altri
nec discernuntur aut distia guuntur in- Giano della Bella o Vieri de' Cerchi e
ter se » JBenv. Per i senzabandiera ci
; persino Pilato. Ma l' antica comune opi-
voleva la bandiera. Essa gira sempre nione è accettata dalla gran maggio-
veloce; e gl'ignavi dietro! ranza dei moderni. Né ad essa osta
[VESTIBOLO] Inf. hi. 61-71 [ignavi] 25

GÌ Incontanente intesi, e certo fui,


che questa era la setta de' cattivi
a Dio spiacenti ed a nemici sui. 7

CI Questi sciaurati, che mai non fur vivi,


erano ignudi e stimolati molto
da mosconi e da vespe ch'eran ivi.
67 Elle rigavan lor di sangue il volto,
che, mischiato di lagrime, a lor piedi 7

da fastidiosi vermi era ricolto.


70 E poi che a riguardare oltre mi diedi,
vidi gente alla riva d un gran fiume j
7

il fatto, che Celestino fu canonizzato l' uomo, e così da quello uso partire ò

nel 1313, poiché il relativo decreto forse partire da essere, e così è essere morto » ;
giacque per 15 anni negli archivi pa- Conv. IV, 7.
pali, non conosciuto nel mondo. E nep- 65-69. stimolati ecc. stimolati vai
:

pur vale il dire che conobbi importa co- quanto punti. - da mosconi e da vespe :

noscenza personale, quale D. certo non « haec enim ammalia generantur ex pu-
ebbe di Celestino V
anzi l'avere il P.; trefactione et superfluitate ideo bene;

nel v. precedente usato il verbo ricono- cruciant istos miseros » Benv. Di animi
;

scere e qui conoscere ci fa pensare, come bassi non sarebbero degni grandi tor-
bene nota il Parodi, eh egli voglia di- '
menti. La bassezza spregevole degli
stinguere tra il ravvisare per precedente ignavi è simboleggiata anche da' vermi
conoscenza personale (riconoscere) e un che ne raccolgono il sangue e le lagrime.
riconoscimento qualsiasi (conoscere) di li sangue di questi eroi, feriti da ne-
cui lascia del tutto indeterminati la for- mici formidabili quali mosconi e vespe,
ma e il modo mentre è certo che « le
; torna in fine a profitto de' vermi schi-
parole di D. vidi e conobbi e poi subito fosi che strisciano ai loro piedi il san- :

Incontanente intesi, esprimono una tale gue de' vili nutre altri esseri vilissimi.
intensità e freschezza di sdegno e di re- V. 70-136. U
passo dell'Acheronte,
pulsione che difficilmente potrebbero I due P. giungono alla riva di un gran
adattarsi ad altri che a un contempo- fiume, il primo dei fiumi infernali. Ivi
raneo del P., ossia proprio a Celestino » ; convengono tutte le anime dannate, per
Parodi, Bull. XXIII, 10. Certo è ad ogni essere trasportate da Caronte all'altra
modo 1° che il gran rifiuto è anteriore
: riva e andarsene « al loro luogo » (Atti,
al 1300 2° che chi lo fece era già pas-
; I, 25). Caronte tenta, come più tardi altri
satoci più nella primavera del 1300, demoni, di spaventare D. e farlo tornare
epoca fittizia del viaggio dantesco. V. a indietro; ma V. riduce al silenzioil de-
favore di Celestino F. Tocco, Quel che monio dicendo ch'essi vengono per vo-
non e' è nella D. C. Bologna, 1899, lere di Dio. Caronte sfoga V impotente
81 sgg. e Parodi, 1. e. sua ira battendo le anime dei dannati
62. cattivi vili, senso arcaico di que-
: che per avventura s' adagino entrando
sto agg. cfr. il v. 37 e Bull. XII, 255.
; nella barca; e come la barca è piena,
63. a' nemici sui ai diavoli. « dispiac-
: s' avvia verso la riva opposta. Intanto
ciono a' demonii coloro che son pigri, V. conforta D. osservandogli che l'ira
oziosi e tardi, e non si esercitano in di quel demonio gli è indizio di salva-
male adoperare » Bocc. ; zione. D' improvviso la terra è scossa da
64. sciaurati: vili, abbietti (Bull. XXV, un terremoto, a cui succede un baleno,
42). non ebber nome né per
- mai ecc. : e D. cade come chi è preso dal sonno.
buone nò per cattive opere. « A mag- 71. fiume: Acheronte, o fiume del do-
gior detrimento dico questo cotal vilis- lore, il quale, secondo le credenze dell'an-
simo essere morto, parendo vivo.... Ve- tichità classica, le anime attraversano
ramente morto il malvagio uomo dire per andare alle pene infernali; cfr. Virg.,
si può.... Vivere nell' uomo è ragione Aen. V, 99 VI, 107, 205 VII, 91, 312,
; ;

usare. Dunque se vivere è l' essere del- 569; XI, 23.


26 [vestibolo] Im\ ni. 72-9G [ACHBkO

per eli' io dissi : « Maestro, or mi concedi


73 eh' io sappia filali sono e qual costume
le fa di trapassar parer sì pronte,
coni' io discerno per lo fioco lume. »
7G Ed egli a me : « Le cose ti rìen conte
quando noi fermerem li nostri passi
su la trista riviera ci' Acheronte. »
70 Allor con gli occhi vergognosi e bassi,
temendo no '1 mio dir gli fosse grave,
infìno al fiume di parlar mi trassi.
32 Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando « Guai a voi, anime prave
: !

85 Non isperate mai veder lo cielo :

i' vegno per menarvi all' altra riva

nelle tenebre eterne, in caldo e in gelo.


88 E tu che se' costì, anima viva,
partiti da cotesti che son morti ! »
Ma poi eh' ei vide eh' io non mi partiva,
91 disse : « Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare ;

più lieve legno convien che ti porti. »


94 E il duca a lui : « Caron , non ti crucciare :

vuoisi così colà dove si puote


ciò che si vuole, e più non dimandare ».

costume: ordine stabilito, legge;


73. moniis immolant et non I)eo », D. fece
cfr. Inf. XIV, 21. Purg. I, 89. delle divinità mitologiche demoni. Ca-
75. discerno: se il lume era fioco, il ronte è il contrapposto di Catone, guar-
P. non poteva leggere loro in volto. diano del Purg.; cfr. Purg. I, 31 sg.
Bisognerà dunque supporre che quelle 84. prave perverse. :

anime si affollassero gareggiando per 87. in caldo ecc.: cfr. Matt. XIII, 42:
entrare prime nella barca di Caronte. - « Et (angeli) mittent eos in caminum
fioco debole. « Come è oscura ad in-
: ignis : ibi erit fletus et stridor dentili m ».
tender la voce fioca, così si può dire lo 88. E
tu: volge la parola a D. -viva:
lume fioco, quando non è chiaro »; Bull. in senso duplice: non ancora separata
76. conte: cognite, palesi; cfr. v. 121sgg. dal corpo, e non dannata; cfr. v. 127 sgg.
78. trista : dolorosa. - Acheronte : è il 89. morti: sciolti dal corpo e dannati.
fiume del v. 71. 91-93. Per altra via ecc. dal futuro :

81. temendo no 1: temendo che: è il verrai si può inferire, che Caronte al-
lat. vereor' ne. - grave importuno. : lude alla via ed al lieve legno del. Purg.
81. di parlar ecc.: m'astenni dal parlare. II, 101 sgg. Piaggia qui vale spiaggia ', '

un vecchio il
83. : ritratto di Caronte, come in Purg. II, 50 e XVII, 78.
figliuolo dell' Èrebo
e della Notte, vec- 95. colà: in cielo; cfr. Inf. V, 23 sgg.;
chio e lordo barcaiuolo dell'Averno, è VII, 11 sgg.
ispirato da V., Aen. VI, 298 sgg. Atte- 96. e più « quasi voglia per questo dir-
:

nendosi alla sentenza di San Paolo, I gli: Non è convenevole eh e a te si dimo-


Cor. X, 20 « Quse immolant gentes, da>
: stri la cagione della volontà di Dio »; Bocc.
[VESTIBOLO] Inf. ih. 97-111 [ACHERONTE] 27

97 Quinci fur quete le lanose gote


al nocchier della livida palude,
che intorno agli occhi avea di nani me rote.
100 Ma quell'anime, eh' eran lasse e nude,
cangiar colore e dibatterò i denti,
ratto che inteser le parole crude.
103 Bestemmiavano Iddio e i ìor parenti,
1' umana spezie, il luogo, il tempo e il seme
di lor semenza e di lor nascimenti.
106 Poi si quante insieme,
ritrasser tutte
malvagia
forte piangendo, alla riva
che attende ciascun uom che Dio non teme.
109 Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie ;

batte col remo qualunque s' adagia.

97. lanose: barbute.Per tutto il verso - dibatterò denti cfr. Matt. XIII, 42
i : :

cfr. Vìrg., Aen. VI, 102 « Ut primum : «Ibi stridor dentium ».


erit....
cessit furor et rabida ora quierunt ». 102. ratto che subito che. - parole
:

98. palude cfr. Inf. VII, 106. - livida


: crude: v. 85-87.
palude, per palude di acqua bruna, è il 103. Iddio conforme la dottrina sco-
:

vada livida di Yirg., Aen. VI, 320. lastica, che i dannati inveiscono tanto
99. di fiamme rote dagli occhi di Ca-
: più contro Dio, quanto più sono colpiti
ronte, eh' eran di bragia (v. 109), pare- dalla sua giustizia. Cfr. Thom. Aq., Sum.
vano raggiar fiamme, segno di grandissi- th. II, il, 13, 4. Inoltre essi maledicono
ma ira, cagionata dalla vista dell'anima, gli antenati, i genitori, tutti gli uomini,
viva e dalle parole di V.: cfr. Aen. VI, il luogo ed il tempo in cui nacquero,
300: « stant lumina fiamma». ed il seme di cui furono generati. L' idea
100. lasse: in conseguenza della re- è tolta da Giobbe III, 3 sgg. e da Gere-
cente separazione dal corpo. - nude i : mia XX, 14 sgg. Il seme di lor semenza
« Di consiglioe di aiuto » Bocc. - « Spo- ; sono i progenitori il seme di lor nasci-
;

liatae veste corporis » Benv. - « Come di


; menti i genitori. Vorrebbero, insomma,
vestimenti, così d'ogni defensione»; Bu- o non esser mai nati, o esser nati bruti,
ti. - « Senza il corpo »; An. Fior. - « Spo- con anima mortale, per non trovarsi
gliate de' corpi, e private di ogni difen- nella triste condizione di dannati di ;

sione »; Barg. -« Spogliate de' corpi, o qui le bestemmie contro l'umana spezie.
veramente nude della divina grazia, nu- 106. ritrasser: AL: raccolser, che dà
de d'ogni riparo » Land. Bene il Blanc
; pure ottimo senso.
che intende nude nel suo significato 108. attende ecc.: « la riva d' Acheròn
proprio. « È da notare che Dante, per aspetta ciascun che non teme Dio. Chi
quanto pare, dà questo epiteto alle ani- non teme Iddio è dannato, et ogni dan
me quando vuol porre in -evidenza la nato è aspettato da quella riva » Buti. ;

miseria di loro condizione; per il che l'at- 109. di bragia: accesi d'ira.
tribuisce soltanto alle anime dei dannati 110. raccoglie: nella sua nave.
e non mai a quelle del Purgatorio ». Cfr. 111. s'adagia: fa adagio ad entrare
G. Vili., Cron. Vili, 70 C altri aveano nella barca. Vero è che sono tutte rjronte
figura d'anime ignude [nella rappres. a trapassare, v. 74, e che spronati dalla
delle pene infernali, fatta in Firenze sul divina giustizia, desiderano di trapassar
ponte aliai Carraia il 1° maggio ,1304]. lo rio, v. 124 sgg., ma «alla. fretta rab-
101. cangiar colore impallidirono. I
: biosa di Caronte anche un'anima meno
corpi aerei hanno non solo la forma, ma sollecita delle altre sembra lenta, e non
anche il colore del corpo d'ossa e di pol- glipar vero di poter menare il remo so-
pe. Cfr. Purg. Ili, 31 sgg.; XXV, 79-107. pra di lei; e d'altra parte è troppo na-
28 [vestibolo] Inf. hi. 112-133 [ACHERONTE]

112 Come (T autunno si levan le foglie


l
7
una appresso dell' altra, infin che il ramo
vede alla terra tutte le sue spoglie ;

115 similemente ilmal seme d' Adamo :

gittansi di quel lito ad una ad una


per cenni, come augel per suo richiamo.
118 Così sen vanno su per 1' onda bruna ;
ed avanti che sian di là discese,
anche di qua nuova schiera s aduna.
1

121 « Figliuol mio » disse il maestro cortese,


« quelli che muoion nell' ira di Dio,
tutti convegnon qui d ogni paese ;
7

124 e pronti sono a trapassar lo rio,


che la divina giustizia li sprona,
sì che la tema si volge in disio.
127 Quinci non passa mai anima buona ;
e però, se Caron di te si lagna,
ben puoi saper ornai che il suo dir suona. »
130 Finito questo, la buia campagna
tremò si forte, che dello spavento
la mente di sudore ancor mi bagna.
133 La terra lagrimosa diede vento,

turale che quella interna lotta fra il desìo 118. onda bruna: Virg., Aeri. V, 2:
e il terrore [v. 101 sg.] non solo del tor- «fluctusque atros aquilone secabat».
mento annunciato ma dello stesso pau- 121. Figliuol ora V. risponde alla do-
:

roso demonio, induca l'una o l'altra delle manda di D. contenuta nei vv. 72-75.
anime a mostrare meno sollecitudine del 122. nell'ira di Dio: fuor della divina
bisogno»; Parodi, Bull., XIII, 289. grazia, impenitenti sino agli estremi.
112. Come ecc.: Cfr. la n. 117. 126. si Tolge: si muta. - disio: perchè
114. Tede così il più dei codd. e
: sentono tutta V ineluttabilità della giu-
de'iComm. ant. e molte ediz. Cfr. Virg., stizia divina, e si sentono ineluttabil-
Georg. II, 81 sg.: « Exit ad coeluni ra- mente portati ad assecondarla.
mis, felicibus arbor Miraturque novas 127. anima buona anima viva, v. 88, :

frondes et non sua poma. » Al. rende non dannata.


lez. che il Crit. 278 sg. trovò in
Moore, 129. suona significa. Dal rimprovero
:

soli 6 dei 240 codd. da lui esaminati. di Caronte puoi arguire che sei desti-
115. il mal seme gli empi, ora dannati.
: nato alla salvazione.
116. di quel lito dal lido nella barca.
: 130. buia: « perchè ivi non ha né sole
117. cenni di Caronte. - come augel
: : né stelle e ancora buia per la oscurità
;

Virg,, Aeri. VI, 309 sgg.: « Quam multa de' peccati»; An. Fior.
in silvis autumni frigore primo Lapsa 131. tremò: cfr. Matt. XXVIII, 2. Inf.
cadunt folia aut ad terram gurgite ab IX, 64 sgg.
alto Quam multss glomerantur aves ». - 132. mente memoria soggetto di ba-
: ;

« Qui fa la similitudine dell'uccellatore gna: il solo ricordo di quello spavento


che richiama lo sparviere con l' uccel- mi fa anche ora sudare.
lino, e lo falcone con l' alia delle penne, 133. lagrimosa : cfr. v. 68 e 107. - diede :

e l' astore col pollastro, e ciascuno con spirò. Si credeva prodotto il terremoto
quel di che l' uccello è vago » Buti. ; da aria serrata nelle viscere della terra.
[CERCHIO PRIMO] INF. III. 134-136 - IV. 1-2 [RISVEGLIO] 29

che balenò una luce vermiglia


la qualmi vinse ciascun sentimento )

136 e caddi come 1' uom cui sonno piglia.

134. balenò : sprigionò a guisa di ba- si parla solo di baleno e tuono ; neppur
leno. Credettero gli antichi, che le esala- uno degli attributi degli angeli. Vera-
zioni frigide della terra fossero cagione mente, sulle prime Caronte si rifiutò
del vento, e che, innalzandosi e incon- di tragittare il P., ma si acquetò poi,
trandosi nelle nubi, generassero i lampi udite le parole di V. e i vv. 97-99 po-
;

e i tuoni. Cfr. de, De divinai 1. II, 44. trebbero lasciar supporre che in fatti li
Purg. XXI, 43 sgg. Inf. IX, 67 sg. tragittasse. Se, dopo aver detto che Ca-
135. mi vinse ecc.: mi tolse i sensi. ronte si acquetò, D. avesse voluto ac-
136. caddi: V occhio riposato (IV, 4) cennare ad un passaggio, operato per
presuppone un sonno di qualche durata. mezzo di un Angelo, dovremmo vera-
Svegliatosi, D. si trova sull'altra riva del- mente aspettarci qualche cosa* di più
l' Acheronte. Come vi arrivò? Dal Buti che terremoto, vento, baleno e lo stor-
in poi è opinione comune, che durante il dimento del P. Dato il silenzio assoluto
sonno il P. fosse portato all'altra riva di D. circa il suo passaggio, tutte le ipo-
da un angelo, opinione che dicono con- tesi sono destinate a restare per sempre
fermata così dal passo tutto simile d' Inf. ipotesi. Allegoricamente, Giov. Ili, 8:
IX, 64 sgg., come da quello del Purg. « Il vento spira dove vuole e il suono
;

IX, 52 sgg. Ma nel 1° passo l'angelo ne odi, ma non sai d'onde venga, né
è menzionato espressamente; nel 2° si dove vada: così avviene a chiunque è
racconta come Lucia trasportò in alto nato di spirito ». Il P. descrive qui i
il P. durante il suo sonno, mentre qui primordi della sua nascita di spirito.

CANTO QUARTO

CERCHIO PRIMO: IL LIMBO

PARGOLI INNOCENTI, PATRIARCHI E UOMINI ILLUSTRI


'Non sottoposti a vera e propria pena, li affligge un perpetuo desiderio,
che non sarà mai speranza, della beatitudine celeste)

Ruppemi 1' alto sonno nella testa


un greve tuono, sì eh' io mi riscossi
V. 1-24. JLa località. Un greve tuono vestibolo degl' ignavi, sua creazione ori-
svoglia il P. dal suo sonno. Egli si guar- ginale. Per la topografìa del Poema rir
da attorno, e s'accorged'esserenell'Inf. mandiamo una volta per tutte, tra i tanti,
Confortato da V., che non sa nascondere al lavoro dello Agnelli, Topocronografia
il proprio turbamento, prosegue il viag- del viaggio Dantesco, con XV
tavole, Mi-
gio, e si trova nel primo cerchio infer- lano, 1891; e per il Limbo a Bottagisio,
nale, ossia nel Limbo. Dei due Limbi Il Limbo Dantesco, Padova, 1898.
degli Scolastici, limhus infantum e X. pa- 1. alto :profondo « sopor altus »;
;

trigni (cfr, Thom. Aq., Sum. theol. P. Ili, Virg., Aen. Vili, 27.
Suppl., qu. LXIX, art. 1 sgg.; art. 6), 2. tuono: il rumore infernale, tuono
D. ne fa uno solo, ponendo al disopra il d' infiniti guai, v. 9. Così molti comm.
30 [cerchio primo] Inf. iv. 3-22 [la località]

come persona eli' è per forza desta j

e 1' occhio riposato intorno mossi,


dritto levato, e fiso riguardai
per conoscer lo loco dov' io fossi.
Vero è che in su la proda mi trovai
della valle d' abisso dolorosa,
che tuono accoglie d' infiniti guai.
10 Oscura, profonda era e nebulosa,
tanto che, per ficcar lo viso al fondo,
non vi discerneva alcuna cosa.
io
13 « Or discendiam quaggiù nel cieco mondo »
cominciò il poeta tutto smorto :

« io sarò primo e tu sarai secondo. »


10 E io, che del color mi fui accorto,
dissi « Come verrò, se tu paventi,
:

che suoli al mio dubbiare esser conforto ? »


19 Ed egli a me « L' angoscia delle genti
:

che son quaggiù, nel viso mi dipigne


quella pietà che tu per tema senti.
22 Andiam, che la via lunga ne sospigne ! »

ant. e moderni ; altri non danno alcuna 9. tuono: - guai: lamenti.


cfr. v. 2.
spiegazione altri intendono altrimenti.
; 11. per ficcar ecc.per quanto ficcassi
:

Iac. Dant.: « Il trono di tutti i peccati ». lo viso, cioè gli occhi, verso il fondo.
Il Bocc. dimostra che un vero tuono non 13. cieco mondo: l' Inf., privo di luce:
può aversi giù nell'Inf.; poi continua: cfr. Inf. X, 58; XXVII, 25, ecc. Mait.
« Per che assai chiaro puote apparerò, Vili, 12; XXII, 13; XXV, 30. Sapienza
1' autore per questo tuono intendere al- XVII, 20. Giuda v. 6-13.
tro che quello che la lettera suona ». - 15. primo: «hoc dicit, quia V. pri-
Land.: « La grazia di Dio ». è poi chi V mo descripsit latine istam materiani, et
intende di un vero tuono, successo al etiam quia ratio semper debet prece-
baleno accennato in III, 134, e spiega : dere»; JBenv. V. del resto, come duca
« La campagna infernale si scuote ter- (II, 140), deve preceder l'alunno, ch'ei
ribilmente, un baleno vermiglio solca guida: anche I, 136.
cfr.
quell'aere tenebroso, il P. cade fuori 16. color: V. era tutto smorto, v. 14.
dei sensi, l'angelo discende, lo piglia 18. suoli lo aveva confortato nella di-
:

tra le sue braccia, lo porta di là dal- serta piaggia, I, 91 sgg.; quando aveva
l'Acheronte e scompare prima che il fra- temuto non fosse per lui follia l'intra-
gore del tuono lo svegli ». Così Bambgl., prendere quel viaggio, II, 43 sgg. poi,
Puccianti, Mazz., ecc. Ma, si è già os- all'entrata della porta, III, 13 sgg.
servato, di un angelo D. non dice sil- 21. quella pietà: cioè il pallore, effetto
laba e se 1' occhio suo potè riposarsi, il
;
della pietà. Questa più giù è illecita;
suo risveglio non fu certo così presto. qui no, perchè il cerchio non è abitato
5. levato: era caduto, (III, 136) ed da malvagi (cfr. Della Torre, .La pietà
aveva dormito (v. 4) tanto, che l'occhio nell'Inferno Dantesco, Mil. 1893); ep-
s' è riposato ed egli riacquista la facoltà poi qui sono i compagni di V., che ad
visiva e gli altri sensi perduti all'im- essi « anche nel Furg. non sa accennare
provviso balenare della luce vermiglia. senza turbamento»; D'Ovidio, St., 82.
7. Vero è: il fatto è. - proda: orlo, - per tema senti: stimi timore.
come Inf. XXXI, 42. 22. sospigne: ci sprona ad affrettarci.
[CERCHIO primo] Inf. iv. 23-40 [innocenti] 31

Così si mise e così mi fé' entrare


nel primo cerchio che l' abisso cigne.
25 Quivi, secondo che per ascoltare,
non avea pianto ma' che di sospiri,
che 1' aura eterna facevan tremare.
28 Ciò avvenìa di duol senza martìri
eh' avean le turbe, eh' eran molte e grandi,
d' infanti e di femmine e di viri.
31 Lo buon maestro a me « Tu non dimandi :

che son questi che tu vedi?


spiriti
Or vo' che sappi, innanzi che più andi,
34 eh' ei non peccaro e s' elli hanno mercedi,
;

non basta, perchè non ebber battesmo,


eh' è parte della fede che tu credi ;
37 e se furon dinanzi al cristianesmo,
non adorar debitamente a Dio ;
e di questi cotai son io medesmo.
40 Per tai difetti, e non per alti rio,

23. Così: così dicendo. - si mise: en- 36. parte: Al.: porta. Contro la lez.
trò primo. Cfr. Moore, Grit., 279. ' parte '
si è osservato che la fede cri-
V. 25-45. Gl'innocenti. Sono nel stiana non ha diverse parti al che si po-
;

Limbo, dove non soffrono pene fìsi-si trebbe rispondere col Bocc. che « gli arti-
che, positive, ma soltanto negative e coli della fede son dodici, de' quali do-
morali privazione della beatitudine,
: dici è il battesimo uno » o con Benv.
;

quindi sospiri e dolori senza martìri. che « Baptismus est articulus fidei et
Qui sono molte e grandi turbe di morti per consequens pars », se fosse davvero
senza battesimo, non per altro esclusi il battesimo compreso fra gli articoli

dal cielo, che per mancanza di fede. - della fede ; il che non è. A
favore di
Sant' Agostino « Ci creasti, o Dio, a
:
'
porta si ricorda che il battesimo è
'

te ed inquieto è il cuor nostro, finché


;
detto janua sacramentorum ma questa ;

riposi in te ». Nel mondo infernale tale espressione non è equivalente a janua


inquietudine è eterna. fidei. Piuttosto si può citare Par. XXV,
25. secondo che per ascoltare per quel : 11-12, dove il battesimo è considerato
che si poteva giudicare ascoltando, non come l' atto per cui l' uomo entra nella
potendosi vedere per 1' oscurità. fede, cioè come porta della fede; e un
26. ma' che più che lat. magis quam
: ; ;
passo di Fra Giordano (Barbi, Bull.
spagn. mas que. XII, 256), ove s' ha il vocab. porta: «Que-
29. molte molte le turbe, ed ogni tur-
: sta circoncisione si era porta della legge
ba grande, comprendendo ognuna gran vecchia, siccome è oggi il battesimo della
numero d'anime il che spiega come i lo-
; nuova ». Vero è che codd. e comment.
ro sospiri bastassero a far tremar l'aria. antichi leggono parte. Sembra anzi che
30. infanti: bambini morti senza bat- nessun cod. ant. abbia porta (cfr. Moore,
tesimo. -Tiri: uomini (latinismo). Grit., 25, nt. 36); ma, anche se è con-
33. andi: vada. « In luogo di vo, vai, gettura, porta può essere accettabile.
va gli antichi diceano andò, andi, an- 38. debitamente: credendo in Cristo
da » Dan. Cfr. Parodi, Bull. Ili, 130.
; venturo; Par. XXXII, 24. Cfr. Giov.
34. non peccaro attualmente. - mer-
: XIV, 6. Atti IV, 12. -a Dio: il verbo
cedi meriti, e, come qui, mercede è op-
: adorare in antico reggeva anche il da-
posta a peccato in altri antichi testi tivo: cfr. Barbi, Bull. XII, p. 256.
italiani: cfr. Bull. XVIII, 5. 40. difetti: mancanza di battesimo e
32 [cerchio primo] Iot. iv. 41-58 [discesa di cristo]

senio perduti, e sol di tanto offesi,


che senza speme vivenio in disio. »
43 Gran duol mi prese al cor, quando lo intesi,
però che gente di molto valore
conobbi che in quel Limbo eran sospesi.
40 « Dimmi, maestro mio, dimmi, signore »
comincia io per voler esser certo
7

di quella fede che vince ogni errore :

49 « Uscicci mai alcuno, o per suo merto


o per altrui, che poi fosse beato? »
E quei, che intese il mio parlar coperto,
52 rispuose « Io era nuovo in questo stato,
:

quando ci vidi venire un possente,


con segno di vittoria coronato.
55 Trasseci 1' ombra del primo parente,
d' Abel suo figlio, e quella di Noè,
Di Moisè legista e obbediente )
58 Abraàm patriarca e David re,

di debita adorazione di Dio. - rio : reità, 53. un possente: Cristo ei non lo cono-
colpa; cfr. Purg. VII, 7 sgg., 25 sgg. sceva quando discese agi' inferi, epperò
41. e sol ecc.: afflitti sol da questo. non lo nomina. Del resto D. circoscrive
42. speme: speranza di salire al cielo. sempre nell'in/, il nome di Cristo, per
V. 46-63. Discesa di Cristo agl'in- riverenza.
feri» Fondandosi sopra passi scrittu- 54. con segno « Coronato come re,
:

rali, come I Pietro III, 18 sgg., la con palma che significa vittoria, e col
Chiesa insegna che, nell'intervallo tra gonfalone della croce che significava che
la morte e la risurrezione, Cristo di- aveva triunfato, in sulla croce, del di-
scese nel Limbo a liberare le anime monio nostro avversario » Buti, e così
;

dei pii dell' antico Patto, colà ritenute. molti altri. Ma il segno di vittoria de-
D. coglie l'occasione di farsi confer- v' essere la croce stessa. Neil' Evangelio
mare da V. la verità di tale dottrina. di Nicodemo, o meglio Descensus Christi
48. fede ecc. fede cristiana, che basta
: ad inferos (Tischendorf, Evang. Apocr.,
a distruggere ogni dubbio : tale è qui il p. 430) leggesi: « posuitque Dominus
senso di errore; cfr. n. a Inf. Ili, 31. crucem suam in medio inferni, quae est
49. uscicci: uscì di qui, del Limbo. signum victorice. » (Cfr. Barbi, Bull.
Cfr. il trasseci
'
del v. 55, che vale
'
XII, 256). E corona e croce formano tut-
'
trasse di qui ci, quale particella di
'
; t'una cosa, poiché qui si allude all'au-
luogo enei, o proci, valse in antico non reola crocifera di cui si raffigurò sem-
solo qui, ivi, ma anche di qui. Dice Fra pre cinta la testa di Cristo, come già
Giordano dei peccatori che gli andavano accennò il Oavedoni, e meglio dimostrò
a chieder consiglio senza parlar chiaro : F. Romani nel Oiorn. dant., XIV.
« Ma s' egli aprissero bene, e' n' andreb- 55. parente: padre, cioè Adamo.
bono consigliati: torti ci (qui, a me) 57. ubbidiente: benché legislatore del
vengono, torti ci (di qui, via da me) suo popolo, fu ubbidiente a Dio, onde
vanno»; Ediz. 1739, p. 33. il suo epiteto di servus Domini, cfr.

51. coverto: D. allude alla liberazione Josuè, I, 1, ecc. AL: «e l'ubbi-


2, 7,
de' santi padri, anziché parlarne espres- diente j
patriarca »; ma tal lez.
Abraàm
samente. non ha per sé né codd. né comm. anti-
52. nuovo vi era da oltre 50 anni, es-
: chi, e inoltre distrugge la bella antitesi
sendo morto il 22 sett. del 19 a. C. del v. 57.
[cerchio primo] Inf. iv. 59-76 [emisp. luminoso] 33

Israel padre e co' suoi nati


con lo
e con Kachele, per cui tanto fé'
GÌ ed altri molti e feceli beati :
;

e vo' che sappi che, dinanzi ad essi,


spiriti umani non eran salvati. »
64 Non lasciavam 1' andar perdi' ei dicessi,
ma passa vani la selva tuttavia,
la selva, dico, di spiriti spessi.
07 Non era lunga ancor la nostra via
di qua dal sonno, quand' io vidi un foco
eh' emisperio di tenebre vincìa.
70 Di lungi v' eravamo ancora un poco,
ma non sì, eh' io non discernessi in parte
che orrevol gente possedea quel loco.
73 « tu che onori e scienza ed arte,
questi chi son, e' hanno cotanta onranza,
che dal modo degli altri li diparte ? »
70 E quegli a me « L' onrata nominanza :

59. Israel Giacobbe. - padre Isacco.


: : dei codd. e comm. antichi. Al. di qua :

60. tanto fé' servì, per ottenerla, 7 an-


: dal sono, dove sono è il greve tuono del
ni, e poi altri 7 cfr. Genesi XXIX, 18-30.
;
v. 2; dunque: di qua dal luogo, dove
63. non eran salvati: non erano stati fui risvegliato dal greve tuono. Al.: dì
salvati; cfr. Bull. XXIII, 12: il Par. qua dal sommo cioè di qua dalla som-
; :

restò chiuso fino alla morte di Cristo. mità della valle d'abisso, ossia dalla pro-
V. 64-105. Emisperio luminoso e i da su cui mi trovai svegliato cfr. Alo ore, ;

sommipoeti. I P. continuano il cammi- Crit., 279 sg. Il Bocc. osserva: «Ciascuna


no. Poco lungidal luogo dove T>. s'era di queste lettere è buona, perciocché per
trovato svegliandosi dal sonno che l'ave- alcuna di esse non si muta né vizia la
va colto presso l'Acheronte (III, 136; sentenza dell' autore ».
IV, 1), egli vede un fuoco, eh' illumina in vinceva fugava le tenebre
69. vincìa : ;

forma di emisfero una parte del Limbo. infernali in quella parte. Così i più.
È la luce dell' umana ragione, che vince Z/omb. e altri' derivano vincìa dal lat.
le tenebre dell' ignoranza ma è ragione ;
vincire, abbracciare, circondare
'
e in '
;

senza fede, onde essa luce, anziché dal- questo caso emisperio dovrebbe essere
l'alto, viene dal basso. La luce dall'alto il soggetto di vincia e che l'oggetto.
simboleggia il lume della rivelazione la ; 70. Di lungi: dal fuoco. « Cognovit a
luce dal basso il lume dell'umana ra- longe praerogativam honoris, qua gau-
gione. Perciò 'tal luce non è beatificante. dent isti » Benv. ;

Quell' emisperio luminoso è occupato da 71. discernessi dal loro contegno, dal-
:

gente che lasciò nel mondo onorata no- l' aspetto, dallo stesso loro essere in di-
minanza di sé. Ed ecco venir avanti sparte.
quattro sommi poeti, che salutano V. e 72. orrevol: onorevole, -possedea ecc.:
accolgono D. fra loro. Il P. mostra aver occupava, quell' emisperio illuminato.
chiara coscienza del proprio valore. 73. onori ecc.: colla tua opera eminen-
64. perchè vale benché. - dicessi for-
: : temente scientifica, dettata in una for-
ma ant. (tuttora vivissima in bocca al ma eminentemente artistica.
popolo toscano) per dicesse '. '
74. onranza: onoranza.
65. selva: calca. li distacca dalla con-
75. li diparte:
68. dal sonno dal luogo ove
: io mi sve- dizione degli altri abitatori del Limbo.
gliai dal sonno. Così il più e il meglio 76. onrata: onorata.

3. — Div. Comm., 8 a ediz.


31 [cerchio primo] Inf. iv. 77-95 [I SOMMI POETI]

clie di lor suona su nella tua vita,


grazia acquista nel ciel, che sì gli avanza. »
79 Intanto voce fu per me udita :

« Onorate 1' altissimo poeta :

ombra sua torna eh' era dipartita ».


1'

82 Poi che la voce fu restata e queta,


vidi quattro grand' ombre a noi venire ;

sembianza avevan né trista né lieta.


85 Lo buon maestro cominciò a dire :

« Mira colui con quella spada in mano


che vien dinanzi a' tre sì come sire.
88 Quegli è Omero, poeta sovrano;
l'altro è Orazio, satiro, che viene;
Ovidio è il terzo, e 1' ultimo è Lucano.
91 Però che ciascun meco si conviene
nel nome che sonò la voce sola,
fannomi onore ; e di ciò fanno bene. »
94 Così vidi adunar la bella scuola
di quei signor dell' altissimo canto

77. tua Tita: mondo dei viventi. tendo sperare di essere beati. Oltre a ciò
78. gli avanza: dà loro vantaggio; li « proprio è atto di savio non si ralle-
distingue. « Isti habent mercedem suam, grare troppo delle cose prospere, nò tur-
quia potissime fecerunt opera scientise barsi delle avverse » An. Fior. ;

et virtù tis propter famam et gloriam, 86. con quella spada per aver cantato:

et illam bene habent » Benv. «-Dicunt


;
le armi, e anche come capo della schiera.
theologi quod licet quis in mortali pec- 89. satiro: scrittore di satire.
cato decedat, tamen si aliqua bona fe- 90. ultimo: ultimo di età e anche di
cerit, vadat ad Infernum, tamen
licet pregio. « Accepit Dantes tres insignes
propter bona iam facta minorantur ei poetas latinos in triplici stilo, Horatium
pcenas » Petr. Dant.
;
in satira, Ovidium in comedia, Lucanum
79. voce non di tutti insieme, che in
: in tragedia») Benv.
tal caso avrebbero detto onoriamo, ma 91-92. si conviene ecc.: si accorda con
di uno che volge la parola agli altri di- me nel nome ; è poeta come me. - sola :

cendo: Torna Virgilio ; onoratelo! E que- v. la n. al v. 79.


st'uno non può essere che Omero, che 93. fannomi ecc. D. « vuol dare al
:

viene avanti agli altri tre sì. come sire suo V. l' atteggiamento d' una squisita
(v. 87). Cfr. D' Ovidio, St., 522 sgg. modestia. S'era sentito chiamare V al-
81. dipartita: cfr. Inf. II, 52 sgg. tissimo poeta, ed egli dice a D. Son :
*

83. ombre dei poeti che per D. erano


: poeti anch' essi questi che m' onorano,
sommi. Omero lo conosceva di nome, e in quanto onorano in me la qualità
non sapendo di greco (cfr. Gonv. II, 15) che ho comune con essi, devo io mede-
e non essendone i poemi ancora tradotti simo ammettere che fanno bene '. Di
(Oonv. I, 7) ma i latini Orazio, Ovidio
;
ciò, che è un de hoc, è come dire quanto
e Lucano li conosceva, e dei poeti « era- a ciò, entro questi limiti»; D'Ov., St., 521.
no, oltre Stazio, i più cari a Dante e 95. quei: cinque poeti. Così ottimi codd.
i piti consacrati allora dalla scuola » ;
e comm. antichi. Al. leggono quel, in-
J>' Ovidio, St., 523. tendendo chi di Omero, chi, non bene,
84. ne trista: non soffrendo pene po- di V. Un senso buono si ha da ambe
sitive ; - né lieta non essendo né po-
: le lezioni. Cfr. D'Ov., St., 524 sgg.
[CERCHIO PRIMO] INF. IV. 96-114 [IL NOBILE CASTELLO] 35

che sovra gli altri com aquila vola.


,

97 Da eh' ebber ragionato insieme alquanto,


volsersi a me con salutevol cenno ;

e il mio maestro sorrise di tanto :

100 e più d' onore ancora assai mi fenno,


che sì mi fecer della loro schiera,
sì ch'io fui sesto fra cotanto senno.
103 Così n' andammo infìno alla lumiera,
parlando cose che il tacere è bello,
sì coni' era il parlar colà dov' era.
106 Venimmo al pie d' un nobile castello,
sette volte cerchiato d' alte mura,
un bel fiumicello.
difeso intorno d'
109 Questo passammo come terra dura ;

per sette porte entrai con questi savi )


giugnemmo in prato di fresca verdura.
112 Genti v' eran con occhi tardi e gravi,
di grande autorità ne' lor sembianti )

parlavan rado, con voci soavi.

96. che :il qual canto. « Sicut enim sofia (fìsica, metafìsica, etica, politica,
aquila volat altius, et videt actius inter economica [che oggi direbbesi economia] ,

aves, ita isti ascenderunt altius, et vide- matematica, sillogistica). È poi difeso da
runt sub tilius inter poetas»; Benv. un bel fiumicello, simbolo probabilmente
97. ragionato: i quattro chiedendo, e dell'eloquenza, con che le sette cose raf-
V. rendendo conto di D. figurate dalle mura s'insegnano e si
98. saluteTol cenno: come a collega. persuadono, cfr. Inf. I, 79-80. Passano
99. di tanto: di ciò, lieto dell'onore agevolmente il fiumicello (ai grandi e
fattomi da quei poeti. nobili' ingegni non occorrono eloquenti
102. sesto: loro pari: profezia avve- persuasioni), entrano per sette porte, sim-
rata. - senno: i poeti per D. e per l'età boleggianti le sette arti liberali del tri-
sua erano savi; cfr. I, 89. vio, e quadrivio (grammatica, dialettica,
103. lumiera: cfr. v. 67-9. rettorica, musica, aritmetica, geometria
104. bello: che, dicendole, uscirebbe ed astronomia) e giungono in un prato
;

dal soggetto del poema e andrebbe per verdeggiante, dimora degli spiriti magni.
le lunghe: avran parlato, poniamo, di 106. nobile: la sapienza nobilita l'uomo.
poesia: cfr. Purg. XXII, 101-105. 109. dura: asciutta.
105. era: bello. - do?' era: cioè dove 110. sette: ognuna delle sette mura
avveniva esso parlare. AL: Dove io era. aveva la sua porta.
Ma i due era è naturale che abbiano 111. prato « similiter Virgilius Aen.
:

uno stesso soggetto. VI, et Homerus Odys. XI, fingunt viros


V. 106-114. Hcastello del Limbo. illustres stare in prato virenti » Benv. ;

Arrivano a pie d' un castello, simbolo 112-113. tardi e gravi ecc.: cfr. Purg.
della sapienza umana (o tempio della VI, 63. « In facie prudentis lucet sa-
gloria?). È esso cerchiato da sette giri pientia » Prov. XVII, 24.
;

d' alte mura, simboli o delle sette virtù 114. rado come si conviene al savio
:

(cioè delle morali: prudenza, giustizia, « .... le parole si deono molto discreta-
fortezza e temperanza e delle specula-
; mente sostenere e lasciare »; Oonv. TV, 2.
tive: intelligenza, scienza e sapienza), o, Cfr. Prov. XVIII, 27; XXIX, 20. -soavi:
secondo altri, delle sette parti della filo- piene di dolcezza, cfr. Eccles. X, 12.
30 [cerchio primo] Inf. IV. 115-134 ÒI l scienziati]

115 Traeimnoci così dall' un de' canti


in loco aperto,luminoso ed alto,
sìche veder si potean tutti quanti.
118 Colà diritto sopra il verde smalto
mi fur mostrati gli spiriti magni,
che del vedere in me stesso n' esalto.
121
Io vidi Elettra con molti compagni,
tra' quai conobbi Ettore ed Enea,
Cesare armato con gli occhi grifagni.
124 Vidi Cammilla e la Pentesilea
dall' altra parte, e vidi il re Latino
che con Lavina sua figlia sedea.
.127
Vidi quel Bruto che cacciò Tarquino,
Lucrezia, Julia, Marzia e Corniglia,
e solo in parte vidi il Saladino.
130 Poi che inalzai un poco più le ciglia,
vidi il maestro di color che sanno
seder tra filosofica famiglia.
133 Tutti lo miran, tutti onor gli fanno :

quivi vid' io Socrate e Platone,


V. 115-129. Gli eroi, I sei poeti si ri- in bocca a Lucifero (Inf. XXXIV, 65). -
tirano da un lato, su di un poggerello Tarquino il Superbo, ultimo re di Eoma.
:

donde è agevole il vedere ; e lì sono mo- 128. Lucrezia: la pudica moglie di Col-
strati a D., in primo luogo, gli spiriti latino, violata da Sesto Tarquinio. - Ju-
magni che cooperarono alla fondazione lia: figlia di G. Cesare, moglie di Pom-
dell' impero romano poi anche il Sala-
;
peo. - Marzia: moglie di Catone, cfr.
dino, che se ne sta in disparte. Purg. I, 79 sgg.; Conv. IV, 28. - Corni-
118. smalto: del prato. glia Cornelia, figlia di Scipione Africano
:

120. del vedere: dello spettacolo. - e madre dei Gracchi; cfr. Par. XV, 129.
n'esalto: ne esulto. 129. solo: o perchè estraneo alla fede
121. Elettra: madre di Dardano, fon- degli altri, o forse -perchè senza prede-
datore di Troia, cfr. Vìrg., Aen. Vili, cessori né successori che gli somiglias-
134 sgg. De Mon. II, 3. - compagni: sero. - Saladino: sultano di Egitto e di
« Troiani, discendenti di lei, tra' quali Siria, n. 1137, m. 1193, celebre per le sue
Ettore ed Enea, l'uno difensore di Troia, alte virtù; cfr. Conv. IV, 11 dove il
l'altro portator dell'impero in Italia. Saladino è ricordato fra i signori più li-
Però da Enea salta a Cesare » Tom. ; berali e Bocc., Decani. I, 3 X, 9. ;

123. grifagni vividi. JBrun. Lat., Tes.


: V. 130-151. Gli scienziati e uscita
V, 11 « Grifagni sono quelli uccelli....
: dal castello. Vede più oltre gli uomini
che hanno gli occhi rossi come fuoco ». di scienza, ed enumera prima i filosofi
124. Cammilla cfr. Inf. I, 107 e n. -
: teoretici, poi i savii di storia naturale,

Pentesilea: regina delle Amazzoni, vinta indi quelli d' eloquenza e quelli di me-
da Achille; cfr. Virg., Aen. I, 490 sgg. dicina. D. e V. lasciano poi gli altri
125-126. Latino re del Lazio. - Lavi-
: quattro, e continuano' il loro viaggio.
na: moglie d'Enea De Mon. II, 3 « La-
; : 131. maestro ecc.: Aristotele, «il mae-
vinia.... AlbanorumRomanorumque ma- stro della umana ragione»; Oonv. IV,
ter, regis Latini fìlia pariter et heres ». 2, ecc.
127. Bruto: Lucio Giunio Bruto, primo 133. lo miran
guardano lisamente in
:

console (Oonv. IV, 5); non Marco Giu- lui : così il più dei codd. e comm. ant.
nio Bruto, l' uccisore di Cesare, che sta Al.: l' ammirali.
[CERCHIO PRIMO] INF. IV. 135-151 [SCIENZIATI E USCITA] 37

che innanzi agli altri più presso gli stanno )

136 Democrito, che il mondo a caso pone,


Diogenès, Anassagora e Tale,
Empedoclès, Eraclito e Zenone ;

139 e vidi il buon accoglitor del quale ' '

Dioscoride dico e vidi Orfeo, ;

Tullio e Lino e Seneca morale,


142 Euclide geometra e Tolommeo,
Ippocrate, Avicenna e Galìeno,
gran commento feo.
Averroìs, che il

145 Io non posso ritrar di tutti appieno,


però che sì mi caccia il lungo tema,
che molte volte al fatto il dir vien meno.
148 La sesta compagnia in due si scema :

per altra via mi mena il savio duca,


fuor della queta, nell' aura che trema -,

151 e vengo in parte ove non è che luca.

135. più presso: essendo, dopo Aristo- 143. Ippocrate: antico medico greco. -
nel Ctonv.
tele, i più. eccellenti filosofi: Avicenna: medico arabo, fiorito nel se-
IV, 6 D. nota come Arist. riducesse a colo XI. - Oalieno medico di Pergamo :

perfezione la filosofìa morale, iniziata nell' Asia minore.


da Socrate e proseguita « dal suo suc- 144. Averroìs filosofo arabo del se-
:

cessore Platone » e dagli Accademici. colo XII, commentatore di Aristotele.


136. Democrito di Abdera, che inse-
: 145. ritrar: raccontare. Cfr. Inf. II,
gnava il mondo
essere stato fatto a caso 6. -tutti: coloro che io. vidi colà.
per il cieco concorso degli atomi. 146. caccia: spinge, incalza.
137. Dì'ogenès Diogene il cinico di Si-
: 147. vien meno non potendo il P. ob- :

nope. - Anassagora: di'Clazomene, mae- bediente al fren dell' arte, dire proprio
stro di Pericle. - Tale Talete di Mileto. : tutto quel che ha fatto, udito, veduto nel
138. Empedoclès d'Agrigento, autore
: suo viaggio oltremondano.
d' un poema su la natura e su i principii Omero, Orazio, Ovi-
148. sesta: di sei:
delle cose. - Eraclito d'Efeso. - Zenone : : dio, Lucano, Virgilio e Dante. - in due
da Cizio, stoico. Cfr. Gonv. IV, 6. si scema si riduce a due i quattro primi
: :

139. del quale


'
delle 'qualità me-
'
:
'
restano nel nobile castello'
i due ul- '
;

diche delle erbe e delle piante. timi ne escono per continuare il viaggio
140. Dioscoride: medico greco del 1° se- verso il basso Inferno.
colo. -Orfeo: mitico poeta e musico greco. 149. altra: diversa dalla percorsa.
141. Tullio Cicerone. - Lino mitico
: : 150. che trema è l' aura del Limbo,
:

poeta greco; cfr. Virg., JEJclog. IV, 56; che, fuori del castello, trema per i con-
VI, 67. AL: Lìtìo, Aliuo; su di che cfr. tinui sospiri delle numerose turbe ivi
Moore, Crit., 282 sgg. raccolte; cfr. v. 27.
142. Tolommeo: celebre geografo ed 151. ove ecc.: dove né sono anime chia-
astronomo. re per scienza e virtù, né luce alcuna.
38 [CERCHIO SECONDO] INF. V. 1-12 [MINOSSE]

CANTO QUINTO

CERCHIO SECONDO : LUSSURIOSI


(Travolti di continuo in tutti i sensi da una bufera violenta)

MINOSSE, PECCATORI CARNALI, FRANCESCA DA RIMINI

Così discesi dal cerchio primaio


giù nel secondo, che men loco cinghia
e tanto più dolor, che pugne a guaio.
Stavvi Minòs orribilmente e ringhia )

esamina le colpe nell' entrata,


giudica e manda, secondo che avvinghia.
Dico che quando V anima mal nata
gli vien dinanzi, tutta si confessa 5

e quel conoscitor delle peccata


10 vede qual loco d inferno è da essa
7
:

cignesi con la coda tante volte,


quantunque gradi vuol che giù sia messa.
V. 1-24. Minosse, il giudice del- 3. i cerchi diventano via via più
più:
l'Inferno. Scendono giù nel' 2° cerchio, peccati più gravi, le pene più
stretti, i
assegnato ai peccatori carnali. Sull'en- acerbe, -a guaio: sì fortemente, chele
trata sta, per udire la confessione de 'dan- anime mandano lamenti {guai); cfr. v. 48.
nati e assegnar loro la pena, Minosse, il 4.Minòs il mitico figliuolo di Giove
:

savio re di Creta, che aveva già trovato e di Europa, giusto re e legislatore di


posto, come giudice, nell'Inf. pagano. Creta, sul cui ufficio nell' Inf. pagano
Minosse è più bestiale di Caronte: sta cfr. Virg., Aen. VI,' 432. - ringhia digri- :

orribilmente, ringhia ed ha la coda. Con gna i denti.


questa si cinge tante volte il corpo, 5. colpe: delle anime. - entrata: in-
quanti sono i cerchi infernali che l'ani- gresso, di questo cerchio.
ma deve scendere, e ciò fa, appena l'ani- 6. manda: nel cerchio in cui si puni-
ma si è confessata, con sicuro criterio di sce la relativa colpa. - secondo che av-
giustizia. Ignaro della ragione del viag- vinghia: secondo il numero delle volte
gio di D., vorrebbe farlo retrocedere che avvolge la coda intorno a sé, v. 11.
come già Caronte; ma V. gli risponde 7. mal nata: nata per sua sventura; cfr.
per modo, eh' ei non fa più opposizione. Matt. XXVI, 24. Inf. III, 103 sgg. ecc.
1. Così: non accompagnato se non da 8. tutta: pienamente.
V. e attraversando l'aura che trema 9. conoscitor: giudice « a cui fallar
cfr. IV, 148 sgg. - primaio : primo. non lece » Inf. XXIX, 120.
;

cinghia circonda, da cinghiare (lat.


2. : 10. da essa: degno di essa.
cingere). L'Inf. di D. è una immensa 12. quantunque quanti. - gradi cer-
: :

voragine circolare, che, restringendosi chi dell' Inf., via via più bassi e stretti,
via via a mo' d' imbuto, si sprofonda formanti come una gradinata. Cfr. Inf.
fino al centro della terra. XXVII, 124 sgg.
[CERCHIO SECONDO] INF. V. 13-32 [LUSSURIOSI] 39

13 Sempre dinanzi a lui ne stanno molte :

vanno a vicenda ciascuna al giudizio ;

dicono e odono e poi son giù volte.


1G « tu che vieni al doloroso ospizio »
disse Minos a me quando mi vide,
lasciando 1' atto di cotanto uffizio ;

19 « guarda coni' entri e di cui tu ti fide :

non t' ampiezza dell' entrare »


inganni 1' !

E il duca mio a lui « Perchè pur gride 1:

22 Non impedir lo suo fatale andare :

vuoisi così colà, dove si puote


ciò che si vuole, e più non dimandare. »
25 Ora incomincian le dolenti note
a farmi si sentire or son venuto ;

là dove molto pianto mi percote.


Io venni in loco d' ogni luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.
31 La bufera infernal, che mai non resta,
mena gli spirti con la sua rapina ;
molte: cfr. Inf. Ili, 119 sgg.
13. qui rilevate in quanto possono figurare
a vicenda: l'una dopo l'altra.
14. l'offuscamento dell'intelletto, prodotto
15. dicono confessano i peccati. -
: dalla passione; la bufera corrisponde
odono: la «condanna, proferita da Mi- alla furia impetuosa e varia delle pas-
nosse, e suggellata nello strano modo sioni e voglie che agitano i lussuriosi; il
già descritto. - son giù volte precipi- : pianto doloroso ben si conviene a chi pec-
tano nel cerchio infernale loro assegna- cò d'amore. Cfr. Virg., Aen. VI, 440 sgg.
to, o vi son portate da qualche diavolo 25. Ora incomincian perchè nel Lim-:

(cfr, Inf. XIII, 97 e XXI, 29 sgg.). bo' donde;è or ora uscito il'P., non vi
16. doloroso ospizio: Inferno, città do- sono propriamente dolori positivi; cfr.
lente, sede dell' eterno dolore (III, 1 e 3). però Inf. IH) 43 sg., 64 sgg. - note voci. :

18. cotanto: sì elevato e terribile. 27. mi percote: cfr. Inf. Vili, 65.
come nel v. 21 gride per
19. fide: fidi, 28. muto privo cfr. Inf. IV, 151, e per
: :

gridi forme arcaiche. Sospeso 1' eser-


: il traslato Inf. I, 60' « dove il sol tace ».

cizio del suo ministero, Minosse è qui 29. mugghia « risuona questo luogo
:

soltanto il demonio, che, geloso del suo per lo ravvolgimento delle strida e
regno, non vorrebbe ch'altri vi pene- de' pianti, il suono de' quali raccolto
trasse evia' aggirasse, se non condotto insieme fa un rumore simile a quello
dai diavoli e in loro servitù. che noi diciamo, che mugghia il mare
20. l'ampiezza: cfr. Matt. VII, 13 e ne' tempi tempestosi » Boce. ;

Tirg., Aen. VI, 126 sgg. 31. non resta: cfr. però il v. 96; ma
21. pur : anche tu, come Caronte, cfr. il tacere del vento del v. 96 o ò un'ec-

Inf. Ili, 88 sgg. cezione concessa in grazia di D. o il P. ;

22. fatale: voluto dal fato o destino; immagina, com'è probabile (v. 86), che
cfr. Inf. VII, 8 sgg. Francesca, da lui chiamata, esca dalla
V. 25-45. I
lussuriosi in generale» regione dalla parte dove più infuria il
I lussuriosi sono fra le tenebre, travolti turbine, e, solo per questo, abbia ed
di continuo da una bufera violenta, e esprima l'impressione che il vento taccia.
piangono dolorosamente. Le tenebre, 32. rapina: forza che trascina; simbolo
benché proprie di tutto l'inferno, sono della passione che trascinò l'anima.
40 [CEiicnio secondo] Inf. v. 33-47 [lussuriosi]

voltando e percotendo li molesta.


34 Quando giungon davanti alla mina,
quivi le strida, il compianto e il lamento ;

bestemmian quivi la virtù divina.


37 Intesi che a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion som mettono al talento.
40 E come gli stornei ne portan l' ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato gli spiriti mali :

43 di qua, di là, di giù, di su li mena;


nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.
46 E come igru van cantando lor lai,
facendo in aere di se lunga riga ;

34. mina: per i piti è scoscendimento, l'ali: nominativo. Alcuni intendono por-
prodotto dal terremoto alla morte di Cri- tan V ali per volano, unendo poi in una
sto (cfr. Inf. XII, 31-45; XXI, 112 sgg.) sola proposizione i vv. 42-43.
e per cui i P. son calati dal Limbo 41. freddo tempo inverno: - a schie-
:

nel cerchio dei lussuriosi. AL: «Buina ra: mostra la folla grande.
dell' altro giro, dove temon di cadere». 42. flato vento. - mali malnati (v. 7),
: :

Ciò contradice alle leggi dell'inferno e travagliati da perverso male (v. 93).
dantesco. Al. « Balzo dirupato, contro
: Quel fiato porta gli spiriti, come le ali
cui vanno a percotere ». Falso: si per- portano gli stornelli.
cuotono Tun l'altro per gì' incomposti 43. di qua, di là ecc.: « coi suoni rotti
movimenti a cui li costringe la bufera. di questi avverbi, che l' un l' altro s' in-
Al. leggono de' venti alla mina, e spie-
: calzano, dipinge La bufera infernal che
gano « Alla foce onde i venti soffiano
: mai non resta, e da cui sono quegli spi-
rovinosamente ». La lez. è sprovvista di riti per ogni parte miseramente ag-
autorità, ma, anche con la lez. comune, girati»; fu. Vent., Sim., 432. -mena:
tale senso è possibile, anzi preferibile senza alcun modo ed ordine. Quadro stu-
agli altri per il Parodi (Bull. XXIII, pendo della continua irrequietezza d'ani-
13) che ammette che il turbine circolare mo de' lussuriosi.
abbia « una foce dalla quale spira, la mi- V.46-72. Lussuriosi che peccarono
na », e che ci sia « una parte in cui re- per bassa carnalità o per amore.
gna una relativa calma (v. 96) ». Par lecito argomentare dai vv. 46-49 e 85,
36. la virtù divina: «quella terribile che il P. disponga anche qui, come in
Onnipotenza che muove la bufera, onde altri gironi del suo Inferno, i dannati
sono aggirati. Dopo le strida e il lamen- in ischiere; ma nessuna determinazio-
toso ululato esce la parola disperatamen- ne ulteriore è permesso di fare. V. no-
te feroce. Così nell'atto della percossa mina e addita molti spiriti di persone
altri mette uno strido; poi bestemmia morte per amore, e D., vinto da. pietà,
ed impreca » Frane.
; n'è quasi smarrito.
37. Intesi :dalla natura della pena 46. lai canti mesti e lugubri pro-
:
;

Serrav., Boss.), oppure da V. (Boce., venz. Lai, Lais, ecc.


Biag., Mazz., Poi.). 47. facendo « Illae, clangore fugaci,
:

38. enno: sono: forma frequente ne- Umbra fretis arvisque volant sonat :

gli scrittori antichi e tuttora viva in avius asther » Stat., Theb. V, 13. - ri-
;

Toscana. Cfr. Par. XIII, 97 e Moore, ga « però che vanno in ordine l' una
:

Crit., 283 sgg. dietro all' altra » Buti. - « Perciocché


;

39. talento: volontà, appetito. stendono il collo, il quale essi hanno


40. stornei stornelli
: accusativo. -
; lungo innanzi, e le gambe, le quali si-
[CERCHIO SECONDO] Inf. v. 48-67 [lussuriosi] 41

così vid 7 io venir, traendo guai,


49 ombre portate dalla detta briga -,

per eh' io dissi « Maestro, chi son quelle :

genti che 1' aura nera sì gastiga » *?

52 « La prima di color di cui novelle


tu vuoi saper » mi disse quegli allotta,
« fu imperatrice di molte favelle.
55 A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé' licito in sua legge
biasmo in che era condotta.
per torre il

58 Eli' è Semiramìs di cui si legge


che succedette a Nino e fu sua sposa ;

tenne la terra che il Soldan corregge.


61 L' altra è colei che s' ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo ;
poi è Cleopatràs lussuriosa.
Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi il grande Achille,
che con amore al fine combatteo.
67 Vedi Paris, Tristano » e più di mille ;

milmente hanno lunghe, e così fanno 60. tenne: pome regina. - Soldan: il
di sé lunga riga » Bocc. ; Sultano di Babilonia in Egitto, regione
49. briga,: il soffio impetuoso dei ven- su cui Nino avrebbe esteso il suo domi-
ti: cfr. v. 31; e per briga Par. Vili, 69. nio secondo antiche testimonianze, sep-
50. chi aveva già inteso esser questi
: pure D. della Babilonia assira e della
i peccatori carnali (v. 37-39) desidera : egiziana non ne fece una sola su di che ;

ora sapere i nomi dei singoli spiriti. cfr. ora Bull. XXHI, 15 sgg., dove si
51. P aura nera Al. Faer nero « è
: : ; mostra come tale confusione potè avve-
pretto sinonimo di bufera, che rende nire. - corregge governa, ora nel 1300.
:

sempre torbido il cielo, quaudo imper- 61. colei Didone cfr. Yirg., Aen. I
: ;

versa » Betti.
; e IV ; Par. Vili, 9 IX, 97. - ancise ; :

53. allotta allora vivo tuttora nella


: ; uccise; cfr. Purg. XIV, 62, 133 ecc.
campagna toscana. 62. ruppe fede ecc. promise di restar :

54. favelle popoli dell'Asia, parlanti


: fedele al marito Sicheo anche dopo la
diversi linguaggi. sua morte, e poi s'innamorò d'Enea.
56. libito: ciò che piace, lat. libitum. 63. Cleopatràs Cleopatra, la famosa
:

- licito lecito, lat. licitum. - legge


: : regina d' Egitto, amica di G. Cesare, poi
« Praecepit enim ut inter parentes ac d'Antonio.
filios, nulla delata reverentia naturse, 64. Elena: la moglie di Menelao, re
def coniugiis adpetendis, quod cuique li- di Sparta, rapita da Paride onde la ;

bitum, esset licitum fieret » Paul. Oros., ; guerra troiana. Cfr. Yirg., Aen. VI, 517
Hist. I, 4. Che D. avesse letto questo sgg. - 64-65. tanto reo tempo i dieci :

passo, risulta da De Mori. II, 9. anni della guerra di Troia.


58. Semiramìs Semiramide, regina
: 66. al fine: s'innamorò di Polissena
dell'Assiria, regnò dal 1356 al 1314 a 0. (cfr. Inf. XXX, 17), e per questo amore
« "Fu la piti crudele e dissoluta femmina fu ucciso cfr. Yirg., Aen. Ili, 321 sgg.
;

del mondo » G. Vili., Cron., I, 2. - si


; 67. Paris Paride, figlio secondogenito
:

legge: Paolo Orosio, 1. cit.: Huic (Nino) di Priamo, il rapitore di Elena. Così i
mortuo Semiramis uxor successit, parole più. Al. intendono del cavaliere erran-
tradotte alla lettera nel v. seg. te dei romanzi medievali, amante di
42 [CERCHIO SECONDO] INF. V. 68-85 [PAOLO E FRANCESCA]

ombre mostrommi, e nominòlle, a dito,


amor di nostra vita dipartine.
clie
70 Poscia eh' io ebbi il mio dottore udito
nomar le donne antiche e cavalieri, i

pietà mi giunse e fui quasi smarrito.


73 Io cominciai : « Poeta, volentieri
parlerei a que' due che insieme vanno,
e paion vento esser leggieri ».
sì al
7C Ed egli a me quando saranno
: « Vedrai
più presso a noi e tu allor li prega ;

per quell' amor che i mena, e quei verranno »


79 Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce « anime affannate,
:

venite a noi parlar, s' altri noi niega » !

82 Quali colombe dal disio chiamate,


con 1' ali alzate e ferme, al dolce nido
vengon per 1' aere dal voler portate ;

85 cotali uscir dalla schiera ov' è Dido,

Vienna ma costui non morì per cagion


; uni sugli altri, quasi nuvola su nuvola,
d'amore. -Tristano: cavaliere della Ta- ora divisi e sparpagliati nell' aria a so-
vola Rotonda s' innamorò d' Isotta, mo-
: miglianza di grano lanciato dal venti-
glie di suo zio Marco, re di Cornova- labro, or l'uno dietro all'altro solo due ;

glia, che lo uccise. non si scompagnano mai, quasi tenuti


69. dipartine le allontanò morirono
: ; stretti da un legame invisibile. Il fatto
per amore. singolare richiama l'attenzione del P. »;
72. mi giunse: mi colse. - quasi smar- Franciosi.
rito: sul punto di venir meno per la 75. leggieri non opposero, nota il
:

gran compassione il qual sentimento si


; Tortini. resistenza all' impeto della pas-
,

farà sentire ancor più forte al P. sicché sione; epperò non ne possono opporre
cadrà svenuto, quando avrà intesi i casi a quello del vento.
di Francesca (ofr. vv. 140-142). 78. i: i per li occorre anche altrove
V. 73-142. Francesca da Himini in D. per es., Inf. VI, 87 e VII, 53.
;

e Paolo Malatesta. Appena D. si è 81. noi dativo dip. da parlar. - altri:


:

riavuto da quel principio di smarri- Dio; se Iddio ve lo permette.


mento, due- spiriti attirano la sua atten- 82. Quali: cfr. Virg,, Aen. V, 213 sgg.
zione, perchè uniti e perchè si muovono 83. alzate: così i migliori codd. e com.
con maggior rapidità che gli altri. De- ant. Al.: aperte.
sidera parlar loro, e V. gì' insegna come. 84. vengon così i più Al. volan. -
: ; :

Li scongiura per l' amore che li porta, D. ricordò certo i vv. di Yirg., Aen.,
e quelli vengono subito, pronti ad udire VI, 190 e V, 213 sgg.; eppure, osserva
e parlare. Sono Francesca, da Rimini e il Parodi, la similitudine « non riesce

il suo cognato e seduttore, Paolo Mala- meno originale, sia perchè così perfet-
testa. Francesca, pregatane, racconta la tamente rende l' imagine dei due amanti,
pietosa storia de* suoi illeciti amori e che volano di pari verso il P., senza che
della sua tragica morte. È la prima nulla si scorga d'uno sforzo e d'un
anima dell' Iuf. che parla con D. Uditi i mezzo esterno che li aiuti ad uscire dal
casi dolorosi di quella coppia, il P., vinto vortice eia perchè le colombe di V. non
;

da compassione, sviene e cade a terra. sono che graziose colombe, e queste di


74. insieme: « gli spiriti portati dal D. paiono animate da una volontà quasi
vento non vanno come compagni, ma umana ».
seguendo l'impeto della bufera; or gli 85. Dido: Didone; cfr. v. 61 sg.
[CERCHIO SECONDO] INF. V. 86-101 [PAOLO E FRANCESCA] 43

a noi venendo per 1' aere maligno,


sì forte fu 1' affettuoso grido.
88 « animai grazioso e benigno,
che visitando vai per 1' aere perso
noi che tingemmo il mondo di sanguigno ;

91 se fosse amico il re dell' universo,


noi pregheremmo lui per la tua pace,
poi che hai pietà del nostro mal perverso.
94 Di quel che udire e che parlar ti piace,
noi udiremo e parleremo a vui,
mentre che il vento, come fa, ci tace.
97 Siede la terra dove nata fui,
su la marina dove il Po discende
per aver pace co' seguaci sui.
100 Amor, che al cor gentil ratto s' apprende,
prese costui della bella persona

86. maligno contrapposto a quello per


: Gianciotto Malatesta, signore di Rimini,
cui volano le' colombe, eh' è (Inf. VII, di aspetto deforme e zoppo, ma assai
122) « l'etere dolce che dal sol s'allegra». valente. Da queste nozze nacque una
87. sì forte ecc. tanto su quell' anime
: figliuola, di nome Concordia. Dicesi che
potè la mia preghiera, fatta in tono af- Francesca fosse ingannata, credendosi
fettuoso, insolito per esse. di sposar Paolo, mentre la mattina se-
88. animai: cfr. Inf. II, 2;Purg. XXIX, guente al dì delle nozze si trovò sposa
138; Par. XIX, 85. -grazioso: cortese. di Gianciotto. Poco probabile, poiché già
89. perso oscuro. « Il perso è un co-
: prima, nel 1269, Paolo si era sposato ad
lore misto di purpureo e di nero, ma Orabile Beatrice di Ghiaggiuolo, che lo
vince il nero, e da lui si denomina » ;
fece padre di due figliuoli, Uberto e
Conv. IV, 20. Margherita. Francesca era zia di quel
90. tingemmo: col nostro sangue sparso. Guido Novello da Polenta, presso cui
91. amico a noi se fossimo nella gra-
: : D. passò a Ravenna gli ultimi anni della
zia di Dio. Vorrebbe pregare, ma sa che sua vita. Cfr. Ricci, L' ultimo rifugio di
Dio non ascolta preghiere di dannati. D. AL, p. 128 sgg., Torraca, Studi dan-
93. mal perverso pena grave, orribile.
: teschi, Napoli, Perrella, 1912, pp. 383-442
JBenv. legge amor pervèrso, e chiosa : e Parodi in Lectura Dantis genovese
« compateris nostro amori perverso, cuius I, 173 sgg.
causa ita iactamur ». Tale lezione è stata 98-99. marina: paese lungo il mare.
difesa con argomenti buoni se non che ; A' tempi del Ravenna distava tre
P.,
l'amore illecito dei due cognati potrebbe chilometri dal mare passava poi presso
;

anche essere denominato male perverso, la città il Padoreno, e fra le sue mura
ma poi D. realmente ha pietà del male s' inoltrava il Padenna, due rami del
eh' egli vede, non dell' amore, che an- Po; in "prossima vicinanza il Po di Pri-
cora non conosce. maro. Quindi per quei tempi Ravenna
94. ti piace: AL: vi piace. è qui molto ben definita. - seguaci af- :

95. vui voi anticam. anche in prosa.


: ; fluenti.
96. ci: qui. - tace: cfr. la n. al v. 31 100. Amor ecc. è la teorica eh' è svolta
:

e Barbi, Bull., XXV, 44. nella canz. del' Guinizelli « Al cor gentil
97. terra: Ravenna. - nata fai: forma ripara sempre Amore » e che D. richiama
are. = nacqui. Fu Francesca figlia di nel Son. «Amore e '1 cor gentil» (V.
Guido Minore da Polenta, morto il 23 gen- N., XX).
naio 1310. L'anno della nascita di essa è 101. costui: Paolo Malatesta, fratello
ignoto. Poco dopo il 1275 andò sposa a di Gianciotto, nato verso il 1250, uomo,
44 [CERCHIO SECON1X)] INF. V. 102-113 [PAOLO E FRANCESCA]

che mi fu tolta ; e il modo ancor m' offende,


103 Amor, che a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
106 Amor condusse noi ad una morte :

Caina attende chi vita ci spense. »


Queste parole da lor ci fur porte.
109 Da che io intesi quelle anime offense,
chinai il viso, e tanto il tenni basso,
fin che il poeta mi disse : « Che pensee »
112 Quando risposi, cominciai : « Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio

dice 1' Ott., molto bello del corpo e ben nell' onore, si concede anche oltretomba
costumato, ma acconcio più a riposo che di stare insieme a Francesca 1... La sto-
a travaglio (cfr. n. 97). Fu Capitano del ria, oltre a farci sentire una certa com-
Popolo in Firenze nel 1282, dove rimase passione pel marito ingannato, introduce
quasi un anno intero, e potè allora es- altre pietose e ben dolenti figure nella
sere conosciuto da D. - persona corpo. : tragedia, figure che sole basterebbero a
102. il modo modo orribile; che, aven-
: farci parere più odioso l'atto dei due co-
do il tradito Gianciotto colto e trafìtto gnati. Ma
d'esse il P. non facendo ri-
nella colpa i due adulteri - il fatto se- cordo, vie più contribuì, sia. pure incon-
guì tra il 1283 e il 1286 -, essi non ebber sciamente, a rendere sensibile il dolo-
tempo di pentirsi, sicché morirono in roso passo. Oltre al marito, Francesca
peccato mortale. Il modo, adunque, onde tradiva la cognata oltre al fratello, ;

le fu tolto il bel corpo, la offende ancora. Paolo tradiva la moglie. L'adulterio


Al. : il mondo ; ma il mondo non offen- era doppio E.se poca pietà poteva de-
!

deva Francesca, morta già da un pezzo ; stare Gianciotto, brutto, aspro e vendi-
cfr. Moore, Orit., 286-90. cativo, immensamente compassionevole
103. Amor ecc.: la sentenza non è sem- oggi appare Orabile di Ghiaggiuolo,
ci
pre vera; ma Francesca, che, amata, si al cui cordoglio nessun poeta grande o
sentì come trascinata da una forza in- piccolo fece giustizia, e che pur vide ,

vincibile a riamare, considera, sente ed rapito a 3è l' amore del marito e per la
esprime quel, che è accaduto a lei, come scellerata colpa rimanere orbati di pa-
legge ineluttabile con che mira ad at- ; dre i due teneri figliuoli, mentre invano
tenuare la propria colpa. Concordia cercava le carezze materne»;
104. piacer: bellezza, fonte e cagione Ricci, o. e, 132 sg. Cfr. la n. finale a
di piacere. Cfr. p. es. Purg. XXX, 50 questo canto. *

e 52; dove piacere vale bellezza. 108. da lor Francesca parla anche in
:

105. non m'abbandona: sono uniti in nome di Paolo, -porte: dette.


eterno ; sollievo e nello stesso tempo ag- 109. offense: offese, travagliate non
gravamento di pena; uniti in sempiterno tanto dalla bufera, quanto dai ricordi
ma nella stessa sempiterna pena ! soavi e tremendi.
106. una: perchè uccisi insieme. 110. chinai il viso dolorosamente me- :

107. Caina : la zona di Oocito assegnata ditando sulle cose udite.


ai traditori dei parenti. Inf. XXXII. - 111. pense: pensi; cfr. vv. 19 e 21.
chi Gianciotto. « Perchè tanta pietà per
: 112. Quando non sa risponder subito,:

la coppia d' Arimino e nemmeno una e, quando^ risponde, non volge la parola
scusa per la giusta vendetta di Gian- a V., ma parla come continuando e sin-
ciotto? Perchè condannare questo di- tetizzando ad alta voce la. sua medita-
sgraziato, che i tribunali d'oggi assol- zione. - lasso : esclamazione di pietà.
verebbero, con una frase cruda e spie- 113. dolci benché colpevoli
: dolci, !

tata ad esser fitto nel duro gelo della « Aqua3 furti vob dulciores sunt, et panis
Caina, mentre al fratello che l'oltraggiò absconditus suavior»; Prov. IX, 17.
[cerchio secondo] Inp. v. 114-133 [paolo e Francesca] 45

menò costoro al doloroso passo » !

11 5 Poi mi rivolsi a loro e parla' io,


e cominciai « Francesca, i tuoi martìri
:

a lagrimar mi fanno tristo e pio.


118 Ma dimmi : tempo de' dolci sospiri,
al
a che e come concedette Amore
che conosceste i dubbiosi disiri ? »
121 Ed ella a me « Nessun maggior dolore
:

che ricordarsi del tempo felice


nella miseria e ciò sa il tuo dottore.
;

124 Ma se a conoscer la prima radice


del nostro amor tu hai cotanto affetto,
farò come colui che piange e dice.
127 Noi leggevamo un giorno per diletto
di Lancialotto, come amor lo strinse :

soli eravamo e senza alcun sospetto.


130 p er più fiate gli occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso :

ma solo un punto fu quel che ci vinse.


133 Quando leggemmo il disiato riso

114. doloroso passo : alla morte vio- « Virgilio,il quale e nel principio della

lenta, cui seguì la dannazione eterna. narrazion fatta da Enea de' casi troiani
AL: Al punto di lasciarsi vincere dalla a Didone e ancora nel dolore di Didone
passione, che poi fu cagione ad essi di nella partita d'Enea, assai chiaramente
dolore. il dimostra ». Altri, primo forse il Dan.,

117. tristo e pio: m'addolorano e mi intesero di Boezio, di cui è la sentenza


impietosiscono per modo, che- ne piango. riportata nella n. 122 ma nò D. chiamò
;

118. dimmi nel racconto di Francesca


: mai Boezio suo dottore, né Francesca
D. nota una lacuna come mai ella e
: può voler qui citare una sentenza, letta in
Paolo sono giunti alla colpa? Circa la Boezio. V. è qui il dottore come nel v. 70.
ragione di tale curiosità di D. v. la n. 126. farò: moltissimi codd. hanno dirò:
fin. di questo canto. - tempo de' dolci cfr. Moore, Grit., 290. - piange e dice :

sospiri: di. amore tuttor celato. parla piangendo; cfr. Inf. XXXIII, 9.
119. a che: a quale indizio. 127. per diletto per mero passatempo,
:

120. dubbiosi : di esser corrisposti, per- senza cattive intenzioni e senza preve-
chè non ancora espressi. dere le conseguenze della lettura.
122. ricordarsi: «In orani adversitate 128. Lancialotto: eroe dei romanzi del-
fortunae infelicissimum est genus infor- la Tavola Rotonda, i quali erano allora
turni fuisse felicem » Boet., Gons. phil.
; in voga. D. vi allude altre volte. - amor:
II, pr. 4. - « Memoria praeteritorum bo- per la regina Ginevra, moglie di Artù.
norum.... in quantum sunt amissa, cau- 129. soli eravamo ecc.: « Francesca e
sat tristiam»; Thom. Aq., Sum. theol. Paolo erano soli e senza. alcun sospetto,
II, li, 36, 1. perchè i loro cuori si conservavano puri
123. sa: per esperienza propria. - dot- e leali, e se forse qualche pensiero di
tore « Virgilio che ricordandosi del suo
: amore vi s' era insinuato, ella, buona e
essere in lo mondo spoeta e in grande sicura di sé, non n'era neppur consa-
stato, e ora.vedersi nel limbo senza gra- pevole a sé stessa » Parodi. ;

zia e speranza di bene, non è senza do- 130. sospinse: a sguardi amorosi,
lore e gramezza»; Lan. E il Bocci 133. disiato riso: bocca sorridente tanto
46 [cerchio secondo] Txf. v. 134-142 [paolo e Francesca]

esser baciato da cotanto amante,


questi, che mai da me non fìa diviso,
136 labocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse :

quel giorno più non vi leggemmo avante. »


139 Mentre che V uno spirto questo disse,
1' altro piangeva sì, che di pietade

io venni men così coni' io morisse )

142 e caddi come corpo morto cade.

amata e desiderata. Nel romanzo : « Et la nel soavissimo verso, ecco affacciarsi im-
per il mento, et lo bacia
reina.... lo piglia provviso il precipizio che attende, e i
davanti a Galehault assai lungamente ». dolci pensieri e il disio trascinare ine-
137. Galeotto: nel romanzo di Lanci- vitabilmente al doloroso passo. Collo-
lotto Galehault, o italianamente Galeot- cata dopo le prime parole di Francesca,
to, è colui che prega Ginevra di baciar la mirabile terzina è come il sospiro
Lancialotto, che se ne sta timido e come dell'uomo saggio e pietoso, che com-
sbigottito davanti a lei. E la regina lo prende e scusa, ma giudica collocate:

bacia. Cfr. la n. precedente. Senso ciò : nel bel mezzo dell'episodio, essa ne
che per Ginevra e Lancialotto fu Galeot- esprime il profondo significato morale,
to, fu per noi il libro ed il suo autore. collegando insieme le due parti con ben
138. quel giorno ecc.: «verso di mira- altro legame che quello d' una ricerca
bile verecondia » Bull. XXILT, 29.
;
psicologica naturale e poetica senza dub-
139. l'uno spirto: di Francesca. bio, ma insufficiente e quasi- crudele.
140. V altro : di Paolo. Piange pel do- D., che conosce la fine della tragedia
lore di cui niuno è maggiore, v. 121-122 ma non il principio che alla sua inci-
;

e per il rinfrescarsi nel suo pensiero di piente esperienza, al suo urgente biso-
tutta la tragica, dolorosissima storia. gno di spingere lo sguardo ben addentro
142. caddi per effetto della pietà pro-
: nella storia dell'infelicità umana, per
vata, come ripeterà in VI, 2. recarne a tutti ammaestramento di sa-
lute, sente mancare la cognizione più
Se può a prima giunta parere che il necessaria, quella del primo passo alla
P. con V arte sua mirabile abbia troppo colpa, si rivolgerà con la commossa ma
abbellita e con particolare indulgenza ferma risoluzione di chi compie un do-
attenuata la disonesta passione de' due vere, a quelle due anime.... ed esse gli
cognati, il vero è che, insistendo su apriranno forse uno spiraglio nelle chiu-
quella tragica storia sino a chiedere se porte del pauroso mistero. Ahimè !

a Francesca a che e come concedesse un solo istante, un libro, un nulla: ecco


Amore ch'ella e Paolo conoscessero i il mistero e l' abisso L' insegnamento
!

dubbiosi desiri, « si proponeva » così del rigido moralista è compiuto. » Né ò,


giustamente il Parodi 1. e. « di scoprire d' altra parte, improbabile che, nell' at-
a vantaggio di tutti una verità piti pro- tribuire C03Ì forte e sinistra efficacia
fonda.... » Già « nelle prime parole di alla lettura del Lancialotto, il P. avesse
Francesca si contrappongono terribil- « anche il fine » come osserva il D' Ovidio
mente, l' uno all' altro, due versi Amor, : (Nuovi St., II, 527-531) « di additare gli
che al cor gentil ratto s' apprende, ove effetti perniciosi di quella letteratura
brilla come una facile e gioiosa spen- d'origine celtica, così funesta al buon co-
sieratezza di vita, e Amor condusse noi stume », intento particolarmente palese
ad una morte, che quasi rappresenta nel v. 137 « ove si fa risaltare che il per-
l' inesorabile vendetta delle leggi sociali nicioso romanzo fece proprio da mezzano
oltraggiate, contro chi s'abbandona sul ad un amore illecito tragicamente finito,
delizioso e ingannevole pendio ». Così e dove, come ciò fosse poco, s'aggiunge
più oltre, vv. 112-114, in cui il P. rifa risalto a risalto, e dell' effetto del libro
« la vera storia morale e sentimentale si chiama in causa 1' autore stesso, di-
dell' amore colpevole », « di fronte alla rettamente, senz'ambagi». E bene con-
voluttà dell'amore, il cui ricordo trema clude il D' Ov. che D. « volle tutt' altro
[cerchio terzo] Inf. vi. 1-4 [golosi] 47

che glorificare ,l' amore senza freno, la riamente alla purificazione sua e dei
passione adultera, la ribellione alla legge lettori. Egli si propone ben altro che
divina e umana. Sarebbe già troppo dire risicar d' andare a finir lui dov' è Fran-
che in lui l'artista vincesse un momento cesca o risicar di farci andare qualcuno
la mano al moralista, e, pur contro la dei suoi lettori. Gli farebbe orrore d'es-
sua intenzione, lo facesse sdrucciolare ser così lui pure Galeotto a qualcuno.
in una dipintura troppo seducente del- E nell' accenno al romanziere lampeggia
l' adulterio. Nel fondo del quadro c'è alla fin fine la coscienza e il proposito
la dannazione eterna, e un colore fosco, di mettere un, abisso tra l'arte sua ma-
cupo, se ne riverbera sulla donna e sul gnanima, pensosa degli effetti dell'opera
suo compagno e la passione loro è de-
;
propria, e l'arte; sboccata che va spen-
lineata con tratti coraggiosi sì, ma so- sieratamente incontro all'immoralità e
brii e pudichi. Il moralista pensava se- a divenir lenocinlo ».

CANTO SESTO

CERCHIO TERZO: GOLOSI


(Giacciono per terra, flagellati da greve e fredda pioggia, fatta d'acqua sudicia,
grossa grandine e neve, e straziati con unghie, sanne e latrati da Cerbero).

CERBERO, CIACCO E SUA PROFEZIA

Al tornar della mente, che si chiuse


dinanzi alla pietà de' due cognati,
che di tristizia tutto mi confuse,
nuovi tormenti e nuovi tormentati

V. 1-33. I golosi e la loro pena, rato col puzzo, la vista colle tenebre, l'u-
Riavutosi dallo svenimento, il P. si tro- dito coi latrati di Cerbero, il tatto colla
va nel 3° cerchio. Il passaggio dal 2° pioggia e coi dilaniamenti del mostro.
al 3° cerchio è da lui taciuto, come quel- 1. si chiuse perduti i sensi, la mente
:

lo dal Vestibolo al 1° cerchio. Cfr. ni, si chiude alla percezione delle cose este-
136 con V, 142 IV, 1 sgg. con VI, 1 sgg.;
; riori. « Ma tornando alla mente - Mi
IV, 7 con VI, 7 ecc. Nel 3° cerchio son volsi e posi mente »; Brun. Lat., Teso-
ret., e. 3. Cfr. Nannuc, Man. I
puniti i golosi, i-quali giacciono per ter- 2 161 sg.
,

ra, battuti da fredda e brutta pioggia 2. dinanzi: alla vista. - pietà: aspetto e
d'acqua, di neve e di grandine, e assor- atteggiamento pietoso, compassionevole.
dati e dilaniati da Cerbero, urlano come 3. tristizia; cfr. Inf. V, 117. - tutto
cani. La pena- è quadro parlantissimo di mi confuse turbò gravemente tutto il
:

questi peccatori (il cui Dio è il ventre mio spirito.


[cfr. Filipp. Ili, 19] e il cui prototipo 4. nuovi: di genere diverso. Al.: stra-
è Cerbero) che si sono spogliati dell'uma- ni, inauditi.Eran forse i tormentati stra-
nità per assumere la caninità. E hanno ni, inauditi? E D. non usò certo nuovi
puniti i sensi che troppo accontentarono: in due diversi sensi nello stesso verso
il gusto col fango in cui giacciono, l'odo- e in due espressioni così parallele.
48 [cérchio terzo] Inf. vi. 5-22 [cerbero]

mi veggio intorno, come ch'io mi muova


e eh' io mi volga, e come eh' io mi guati.
Io sono al terzo cerchio, della piova
eterna, maladetta, fredda e greve :

mai non 1' è nova.


regola e qualità
10
Grandine grossa, e acqua tinta, e neve
per l'aere tenebroso si riversa :

pute la terra che questo riceve.


13 Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole canina-mente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.
10 Gli occhi ha vermigli, la barba unta ed atra,
e il ventre largo, e unghiate le mani;
graffia gli spiriti, i scuoia ed isquatra.
19 Urlar li fa la pioggia come cani ;

dell' un de' lati fanno all'altro schermo ;

volgonsi spesso i miseri profani.


22 Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,
5-6. come ecc. da qualunque parte io
: il grottesco d' un parassita » ; Del Lun-
mi rivolga e guardi. - eli' io mi guati: go, 1. e.
Guatare qui vale guardare attentamente. 15. sommersa: entro al sozzo miscu-
piova: pioggia.
7. glio che copre il terreno.
9. regola ecc.: quella pioggia cade per- 16. vermigli: infiammati per la sua
petua e sempre la stessa e d'un modo. furia rabbiosa altri ci vede un'allusione
;

10. tinta: sporca, sozza. agli occhi, facilmente rossi, de' beoni. -
11. perl'aere ecc.: «mirabile di suono atra nera. « Però che (i golosi) man-
:

imitativo questo endecasillabo, ebe scen- giono bruttamente et ungonsi; la barba


de di sillaba in sillaba come verso ter- per la unzione ne diviene atra, cioè nera
ra » Del Lungo, Lectura Dantìs.
; et obscura » An. Fior. ;

12. questo miscuglio « indistinto e


: 17. largo: capace di' molta roba, -un-
indefinibile; perciò questo, a modo di ghiate per rapire e ritenere.
:

neutro, senza distinzione » Del Lungo, ; 18. iscuoia: scortica. AL: ingoia. Con
1. e. - riceve: «accoglie e n'è infetta" la lezione, autorevolissima, graffia gli
appestata. Questa sozzura in forma di spiriti, ingoia ed isquatra [squarta, fa
pioggia è appropriato gastigo, quasi fe- a pezzi] sarebbero espresse qui non tre
tente reciticcio di crapula, agl'ingordi azioni che si succedano con una specie
gustatori d' ogni più raffinata squisi- di crescendo, quali il graffiare, lo scuoia-
tezza di cibi e di bevande » Del Lun- ; re, lo squartare, ma, semplicemente tre
go, o. e. maniere con cui Cerbero, oltre che colia
13. Cerbero : cane mostruoso, secondo voce, martoria le anime dei golosi.
la mitologia antica, a tre teste, guar- 19. cani cui somigliarono per voracità.
:

diano dell'Inferno; cfr. Virg., Georg. 20. schermo: difesa.


IV, 483. Aen. VI, 417, Ovid., Met. IV, 21. profani: «profano come Esaù, il
450. Lo troviamo come cane infernale in quale per una pietanza vendè la sua
documenti di poesia medievale tedesca primogenitura » Ebrei XII, 16. ;

e in molti di poesia latina. D. -lo tra- 22. verino: chiama così anche Luci-
sforma in un'altra fiera mostruosa {di- fero, Inf. XXXIV, 108. I golosi ser-
versa) che agli elementi canini ne con- vono al ventre eh' è pasto di vermi, e un
giunge altri d'altra specie, quali barba vermo li tormenta in eterno. Nella Scritt.
e mani (v. 16 sg.). « Avete in questa il verme figura i'rimorsi della coscienza ;

descrizione d'un cagnaccio antropoide, cfr. Is. LXVI, 24; Marco IX, 43, 45, 47.
[CERCHIO TERZO] Inf. vi. 23-39 [ciacco fiorentino] 49

bocche aperse e mostrocci le sanne


le :

non avea membro che tenesse fermo.


25 E '1 duca mio distese le sue spanne;
prese la terra, e con piene le pugna
la gittò dentro alle bramose canne.
28 Qual' è quel cane che abbaiando agugna,
e si racqueta poi che il pasto morde,
che solo a divorarlo intende e pugna;
31 cotai si fecer queHe facce lorde
dello demonio Cerbero, che introna
l' anime sì, eh' esser vorrebber sorde.

34 Noi passavam su per l' ombre che adona


la greve pioggia, e ponevam le piante
sopra lor vanità che par persona.
37 Elle giacean per terra tutte quante,
fuor ch'una che a seder si levò, ratto
eh' ella ci vide passarsi davante.

23. sanne : denti da presa atto di cane


; re, eper troppo mangiare e bere divenne
adirato. Cfr. Inf. XXII, 56. sì guasto degli occhi, che non conoscea
24. non avea ecc.: tremava per ira e le monete, e quasi divenne ritruopico,
per la smania di mordere e ingoiare. e era da le genti schifato » An. Sei. -
;

25. spanne mani allargate, dal polli-


: «Fu costui uomo non del tutto di corte,
ce al mignolo. L' atto di V. somiglia a ma perciocché poco avea da spendere,
quello della Sibilla che getta a Cerbero erasi, come egli stesso dice, dato del
l'offa che ha portato apposta con sé tutto al vizio della gola. Era morditore
Virg., Aen. VI, 419 sgg. di parole, e le sue usanze erano sempre
26. terra: perchè un goloso dimentichi co' gentili uomini e ricchi, e massima-
il suo uffizio, basta dargli da mangiare mente con quelli che splendidamente e >:

27. bramose canne: gole fameliche. dilicatamente mangiavano e beveano,


28. agugna: agogna, cioè il pasto. Cfr da' quali se chiamato era a mangiare,
v. 19. Virg., Aen. VI, 421. La forma agu v'andava, e similmente se invitato non
gna è ancor viva in qualche parte della era, esso medesimo s'invitava. Ed era
campagna Toscana, cfr. Bull. XXIII, 18 per questo vizio notissimo uomo a tutti
e XXV, 45. i fiorentini senzachè fuor di questo egli
:

intende è tutto intento. - pugna


30. : : era costumato uomo, secondo la sua con-
s'affatica; nel qual senso pugnare fu dizione, ed eloquente e affabile e di buon
spesso usato nel sec. xin e xrv; cfr. sentimento per le quali cose era assai
;

Bull. XXV, 46. volentieri da qualunque gentile uomo


31. facce: tre ceffi di quel mostro. - ricevuto » Bocc. che di lui parla anche
;

lorde: sudice; cfr. v. 16. in Dee, IX, 8. Questo Ciacco è stato


32. demonio « Cerbero classicamente
: da alcuni identificato con Ciacco del-
fiera, fantasticamente vermo, cristiana- l'Anguillaia, rimatore fiorentino dei sec.
mente demonio »; Del Lungo, o. e. - in- xm. Cfr. n. al v. 52.
trona assorda latrando, v. 14. Cfr. Inf.
: adona: doma, abbatte. Adonare
34.
XVII, 71. prov. adonar, consegnare, spagn. ado-
V. 34-57. Ciacco Fiorentino. Delle narse, frane, s'adonner, ecc. Cfr. Purg.
ombre che giacciono per terra, una, si XI, 19. Parodi, Bull. Ili, 145 e XV, 77.
leva a sedere, e chiede al P. se la ri- 36. vanità: corpi vani; cfr. Purg. II,
conosce; e, avuta risposta negativa, si 79. Vedi però Inf. XXXII, 78 sg. -per-
nomina. È un tal Ciacco, del quale ben sona: vero corpo umano.
poco sappiamo. «Fu fiorentino, banchie- 38-39. ratto ch'ella ecc.: tosto che ci

4. — Div. Oomm.. 8a ediz.


50 [CERCHIO TERZO] I\F. VI. 40-60 [VICENDE DI FIRENZE]

40 « tu che se' per questo Inferno tratto »


mi disse, « riconoscimi, se sai;
tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto. »
43 Ed io a lei « L' angoscia che tu li ai
:

ti tira fuor della mia mente,


forse
che non par eh' io ti vedessi mai.

46 Ma dimmi chi tu se', che in sì dolente
loco se' messa ed a sì fatta pena,
che, s' altra è maggio, nulla è sì spiacente. »
49 Ed egli a me « La tua città, eh' è piena
:

d'invidia sì, che già trabocca il sacco,


mi tenne in la vita serena.
seco
52 Voi cittadini mi chiamaste Ciacco :

per la dannosa colpa della gola,


come tu vedi, alla pioggia mi fiacco.
55 Ed io, anima trista, non son sola,
che tutte queste a simil pena stanno
per simil colpa » e più non fé' parola. ;

58 Io gli risposi « Ciacco, il tuo affanno


:

mi pesa sì, che a lagrimar m' invita;


ma dimmi, se tu sai, a che verranno
vide passare davanti a lei passarsi per : Buti « Ciacco dicono alquanti che è
:

passarle è detto secondo un uso dell' an- nome onde costui era così chia-
di porco ;

tico italiano, più conforme al latino, di mato per la golosità sua ». Ciacco Ma
cui vedi esempi in Bull. XXIII, 18 e fa in Firenze anche nome di persona
XXV, 67, e cfr. Par. Ili, 7-8. (cfr. Fan/., An.Fior. 1, 169) e, secondo al-
42. tu fosti ecc. : nascesti prima che cuni, italianizzazione deLfranc. Iacques
io morissi. o abbreviamento di Giacomo. Certo -la
frase Voi cittadini mi chiamaste Ciacco
'
43. a lei : queir ombra. Al. a lui.
a. :
'

44. ti tira ecc.: il dolore angoscioso al- parrebbe alludere piuttosto a un sopran-
tera sì i tuoi lineamenti, che non so ri- nome, che a nomo; ma D. nei vv. 58-59
conoscerti. poteva forse rivolgere oarole di così viva
48. maggio : maggiore. Forma usita- pietà a quel dannato e dargli intanto
tissima nell'ant. toscano (dal nom. lat. qUel nomignolo di spregia? La frase
maior) e tuttor viva in Firenze nella dà senso soddisfacente anche senza che
denominazione « Via Maggio », che vale Ciacco sia soprannome.
«Via Maggiore»: cfr. Irif. XXXI, 84, 53. dannosa più d'altre colpe la gola
: :

Par. VI, 120 ecc. Più giù sono pene nuoce agli averi, al corpo, all'anima.
maggiori e più spiacenti; ma D. non le V. 58-76. Vicende politiche di Fi-
ha ancora vedute. renze dopo il 1300. Chiede D. a Ciac-
49. città: Firenze. - piena: cfr. v. 74. co : « A qual termine si ridurranno i
« Per le invidie si incominciarono tra divisi cittadini di Firenze? Vi è colà al-
cittadini le sette » G. Vili. Vili, 39. ; cun giusto ? E perchè sono sì discordi ? »
50. trabocca « avvi tanta invidia in
: Ciacco risponde vaticinando i fatti av-
Fiorenza, che già esce fuori; et vedesi venuti dopo il 1300, e però implicita-
nell' operazioni » ; An. Fior. mente l'esilio del P.; poi accenna ai fio-
paragonata colla vita tra-
51. serena: rentini giusti e ai tre vizi che hanno
vagliosa di laggiù; cfr. Inf.X.V, 49. prodotto le discordie.
52. Ciacco: fu soprannome di spregio. 59. mi pesa ecc. mi addolora.
:
[CERCHIO TERZO] Ine. vi. 61-74 [vicende di Firenze] 51

61 li cittadin della città partita ;

s'alcun v' è giusto } e dimmi la cagione


per che l' ha tanta discordia assalita. »
04 Ed egli a me: «Dopo lunga tencione
verranno al sangue, e la parte selvaggia
caccerà l'altra con molta offensione.
67 Poi appresso convien che questa caggia
infra tre soli, e che l' altra sormonti
con la forza di tal che testé piaggia.
70 Alte terrà lungo tempo le fronti,
tenendo 1' altra sotto gravi pesi,
come che di ciò pianga e che ne adonti.
73 Giusti son duo, ma non vi sono intesi.
Superbia, invidia ed avarizia sono

61 partita: Firenze .lacerata dai partiti.


. 69. tal: Bonifacio VIII; cfr. Par.
64. tendone forma are. per tenzone
: : XVII, 49 sgg. Altri intendono di Carlo
è la contesa tra i partiti de' Cerchi e dei di Valois. Ma
questi venne a Firenze nel-
Donati, o Bianchi e Neri. l'autunno del 1301, e nel 1300 Bonifa-
65. al sangue: « La sera di colendi cio Vili aveva soltanto preso consiglio
maggio anno 1300, veggendo uno ballo di farlo venire a Firenze-, G. Vili. Vili,
di donne che si facea nella piazza di San- 43, 49. Di Carlo di Valois Ciacco nella
ta Trinità, l'una parte contro l'altra si primavera del 1300 non poteva dunque
cominciarono a sdegnare, e a pignere dire: che testé piaggia. - testé: ora, in
l'uno contro all'altro i cavalli, onde si questo momento, -piaggia: si barcame-
cominciò una grande zuffa e mislea, na. E nel 1300 Bonifacio Vili piag-
ov'ebbe più fedite»; G. Vili. Vili, 39. giava cfr. G. Vili. Vili, 40 sg. « Dicesi
;

Cfr. Del Lungo, Dino Comp. 165 sgg.


I, appo i Fiorentini colui piaggiare, il
- selvaggia dei Bianchi, ossia dei Cer-
: quale mostra di voler quello che egli
chi, i quali si potevano dire « salvati- non vuole, o di che egli non si cura che
chi », perchè venuti dalla campagna ; avvenga: la qual cosa vogliono alcuni
cfr. Par., XVI, 65.
1
in questa discordia de' Bianchi e de Neri
66. l'altra: i Neri capitanati dai Do- di Firenze aver fatta papa Bonifazio,
nati. Allude al fatto, che nel giugno del cioè d'aver mostrata egual tenerezza di
1301 i capi dei Neri furono mandati ai ciascuna delle parti » Bocc. ;

confini, in seguito alla congiura fatta da 79. Alte ecc.: i Neri insuperbiranno su
essi Neri (e detta di Santa Trinità dal i Bianchi. - lungo tempo: dunqueiD.
nome della chiesa dove si radunarono) dettò questi vv. parecchio dopo il 1302.
per cacciare i Bianchi. - offensione: offesa. 71. pesi esclusione dagli uffici pubbli-
:

67. questa: i Bianchi, parte selvaggia. ci, sbandimenti, confìsche dei beni, ecc.
68. infra tre soli: entro tre anni. Il 72. ne adonti se ne adiri cfr. Purg.
: ;

colloquio di D. con Ciacco si fìnge av- XVII, 121. Al. se ne vergogni. :

venuto nel marzo o nell'aprile del 1300 ;


73. duo avendone il P. taciuto i nomi,
:

i Bianchi, e con loro D., furono sbanditi non si può sapere di chi. intendesse par-
da Firenze nei primi del 1302. Poteva lare. Bocc. « Quali questi due si sie-
:

dunque dire infra due soli ma dice tre,


; no, sarebbe grave l'indovinare». Si. volle
o perchè questo numero aveva per lui però indovinarlo D. e Dino Compagni :
;

simbolica importanza, o piuttosto per- D. e Guido Cavalcanti Barduccio e ;

chè le condanne dei Bianchi prosegui- Giovanni da Vespignano, ecc. Non im-
rono sino all'ottobre del 1302. Del resto probabile che uno dei due sia Dante. -
il 1302 è il « terzo. anno solare dalla prò- intesi: ascoltati.
fezia di Ciacco »; Del Lungo, Lect. Dan- 74. Superbia ecc.: Di superbia e invi-
tis. - l'altra: dei Neri. dia e avarizia parla anche G. Vili. Vili,
52 [CERCHIO terzo] Inf. vi. 75-87 [fiorentini benemeriti]

le tre faville ch'hanno i cori accesi. »


76 Qui pose fine al lagrimabil suono.
Ed io a lui « Ancor vo' che m'insegni,
:

e che di più parlar mi facci dono.


79 Farinata e il Tegghiaio, che fur sì degni,
Iacopo Rusticncci, Arrigo e il Mosca,
e gli altri che a ben far poser gl'ingegni,
82 dimmi ove sono, e fa' ch'io li conosca;
che gran disio mi stringe di sapere
se il Ciel gli addolcia o lo Inferno gli attosca. »
85 E quegli « Ei son tra le anime più nere
: :

diversa colpa giù li grava al fondo ;

se tanto scendi, là i potrai vedere.

68 e 96 forse è reminiscenza dantesca.


;
fra i Sodomiti, Inf. XVI, 41. Tegghiaio

Questi versi « non contengono solamente è qui bisillabo, come, p. es., primaio in
un gruppo d'imagini ben disposto, ma Purg. XIV, -66 : fenomeno comune nel-
una storia di fatti fedele. Superbia di l'antica poesia italiana.
Grandi avea rotto il quieto vivere di Fi- 80. Rusticucci: anche costui trovere-
renze guelfa; superbia di Popolo aveva mo tra i Sodomiti, Inf. XVI, 44. - Ar-
nella repressione ecceduto: da un lato rigo di costui il P. sembra essersi poi
:

Berto Frescobaldi, dall'altro Giano della scordato, non avendone più fatto men-
Bella. Invidia e malevolenza avea fo- zione. Probabilmente, poiché è posto qui
mentati e fatti alzare cotesti bollori in- ; col Mosca, sarà uno dei Fifanti, che fu
vidia di vicini verso vicini, di nobiltà tra gli uccisori di Buondelmonte cfr. ;

vecchia contro fortune subitanee, di mer- G. Vili. V, 38. Altri credono che si parli
catanti contro mercatanti, di popolo bas- qui di Arrigo Giandonati. Cass.: «De
so contro popolo alto di là i Donati, di
; Ariguciis ». - Mosca: de' Lamberti; D.
qua i Cerchi. Avarizia e cupidigia di lo trova poi tra' seminatori di discordia
brutti guadagni aveva attizzato il fuoco nella 9 a bolgia; Inf. XXVIII, 103 sg.
per trar partito da codesti disordini, avea 81. a ben far: con queste, e con le pa-
seminato corruzione per raccoglier fio- role che fur sì degni del v. 79, è chiaro
rini; l' Aguglione, 1' Acciaiuoli, messer che D. parla sul serio, ma intende di
Fazio, i giudici. La pace della città si bontà civile, non di morale cristiana,
era, per tal guisa, perduta in un senti- poiché ei son tra le anime più nere. Al.
mento universale di malevolenza e d'o- intesero queste lodi come un' ironia ma ;

dio, che pure invidia, nel senso della l'episodio di Farinata {Inf. X), e ciò che
parola più cupo e più tristo, chiama il di Tegghiaio e di Iacopo dicesi .nel e.
Poeta»; Del Lungo, Dino Comp., 1. e. XVI, 40-51, mostrano che tale opinione
76. lagrimabil suono parole che invi-
: è «penitus falsa, quia licet sint damnati
tavano a sparger lagrime, vaticinando propter aliqua vicia enormia, tamen sunt
a Firenze casi tanto sciagurati. laudabile^ et famosi mundo » Benv. ;

V. 77-93. Fiorentini benemeriti. 84. addolcia consola di sue dolcezze. -


:

D. chiede a Ciacco dove siano alcuni al- attosca avvelena, amareggia colle pene.
:

tri degni Fiorentini dell'età passata, di 85. nere colpevoli.


:

cui desidera conoscere la sorte. Ciacco 86. al fondo dell' Inf. Il peccato è se-
:

risponde « Li troverai più giù, perchè


: parazione dell'anima da Dio. Quanto più
più di me colpevoli. Se torni al mondo, grave fu la colpa, tanto maggiore è la
rinfresca la mia memoria. Io non ti di- lontananza dell'anima dannata dal cielo
co più altro. » Volto quindi un ultimo e minore da Lucifero, il quale sta nel
sguardo al P., ricade nel fango. XDunto al qual si traggon d'ogni parte ì
79. Farinata: degli Uberti; lo trova pesi, il più lontano dalla sede di Dio.
fra gli eretici, Inf. X, 32 sgg. - Teg- 87. tanto « quanto essi son giuso » ;
:

ghiaio Aldobrandi degli Adimari ch'è


: ; Bocc. - i: li.
[CERCHIO TERZO] INF. VI. 88-104 [I DANN.D. LA RISURR.] 53

88 Ma quando tu sarai nel dolce mondo,


pregoti che alla niente altrui mi rechi :

più non ti dico e più non ti rispondo. »


91 Gli diritti occhi torse allora in biechi :

guardomnii un poco, e poi chinò la testa


cadde con essa a par degli altri ciechi.
94 E il duca disse a me « Più non si desta :

di qua dal suon dell' angelica tromba,


quando verrà la nimica podestà :

97 ciascun ritroverà la trista tomba,


ripiglierà sua carne e sua figura,
udirà quel che in eterno rimbomba. »
100 Sì trapassammo per sozza mistura
dell'ombre e della pioggia, a passi lenti,
toccando un poco la vita futura.
103 Per eh' io dissi : « Maestro, esti tormenti
cresceranno ei dopo la gran sentenza,

88. dolce: paragonato con quel mondo XXIV, 31. I Corìnt. XV, 52, I Testai.
amaro che è l'Inf. Così Ciacco ha nel IV, 15. Elucid. e. 70 : « Angeli crucem
v. 51 parlato di vita serena. eius ferentes praeibunt, mortuos tuba et
89. alla mente ecc.: mi richiami alla voce in occursum eius excitabunt ».
memoriale' viventi; desiderio di molti 96. podestà : podestà, giudice : è Cri-
dannati, Inf. XIII, 55 XV, 119, ecc.
; sto. «Al tempo di Dante si diceva più
91. torse : turbato ripensando al dolce comunemente la podestà e messer la po-
mondo, alla morente o già morta sua destà che non il podestà » {Barbi, Bull.
fama, alla sua miseria attuale ed eterna. XVIII, 5). Ma mentre podestà è la forma
92. chinò altro atto di dolore, di do-
: normale ital. dal lat. potestatem, la for-
lore natoi dal tacito paragone tra la sua ma podestà corrisponde al nom. lat. pò-
e la condizione di D. testas, benché a noi sia probabilmente
93. essa: testa. - a par: a livello dei venuta dal di fuori cfr. prov. podestà ;

suoi compagni. - ciechi dannati. « Cieco


: ecc. Forme diverse per l'accento, secon-
l' Inferno, ciechi i dannati » Torraca. ; do che derivino dal nom. o dai casi obi.
V. 94-115. Della condizione dei lat. sono trinità e trinità, pietà e pietà,
dannati, dopo la risurre&ione. Co- maggio e maggiore cfr. v. 48. ;

me Ciacco è ricaduto nel fango, V. dice 97. trista tomba: è trista, rinchiu-
a D.: « Costui non si rialzerà, più sino dendo quel corpo che fu causa di per-
al dì del giudizio ». S'incamminano dun- dizione, e « dannato a pena la quale dopo
que di nuovo i P., e mentre lentamente la risurrezione s'aggrava»; Tom.
attraversano quel sozzo cerchio, D. chie- 99. quel la sentenza finale di Dio.
:

de al maestro se dopo il giudizio finale i Matt. XXV, 41 « Via da me, maledetti,


:

tormenti dei dannati resteranno gli stes- al fuoco eterno, che fu preparato pel
si, o si aumenteranno, o si faran minori. diavolo e pe' suoi angeli ».
«Si faranno maggiori», risponde V., e 101. ombre: sozze sia perchè già lor-
ciò secondo una dottrina aristotelica che date da sozzo vizio, sia perchè ora gia-
V. stesso accenna. Così parlando, arri- centi nel fango.
vano là dove si discende al 4° cerchio, 102. toccando ecc.: ragionando un poco
e ivi trovano Pluto, il demonio delle della vita futura. Cfr. Oonv. II, 9.
ricchezze. 103. esti: questi: cfr. I, 5.
94. desta: si alza da giacere. 104. gran sentenza : finale, che si darà
95. di qua: prima. - tromba cfr. Matt. : il dì del giudizio universale.
54 [CERCHIO TERZO] INF. VI. 105-115 [l DANN. DOPO LA RISURR.]

o fien minori, o saran


sì cocenti? »
106 Ed egli a me « Ritorna a tua scienza,
:

che vuol, quanto la cosa è più perfetta,


più senta il bene e così la doglienza.
109 Tutto che questa gente maladetta
in vera perfezion giammai non vada,
di là, più che di qua, essere aspetta. »
112 Noi aggirammo a tondo quella strada,
parlando più assai eh' io non ridico ;

venimmo al punto dove si digrada :

115 quivi trovammo Pluto, il gran nimico.

105. sì: così come sono ora. di essere » {Del Lungo, Lect. D.), in
106. tua scienza : la dottrina aristote- quanto si ricostituisce l'unità di corpo
lica,secondo la quale l'anima in corpo e di anima; e, insieme con le pene del-
più perfetto meglio conosce; in corpo l'anima, saranno più sensibili e pungenti
cui alcun organo manchi, manco è V in- quelle del corpo, che sarà novamente di
tendere. Per tua cfr. Inf. XI, 80, nel carne ed ossa. Anche ora, del resto, sof-
qual luogo V. parlando a D. dell' Etica frono tali pene, benché più moderate, coi
di Aristotele, dice la tua Etica, come corpo aereo di che sono provvedute. Cfr.
in Inf. XI, 101 la tua Fisica. Purg. XXV, 88 sgg. e III, 31-33.
107. perfetta: « Anima© nunc in In- 112. a tondo: in circolo, da destra a
ferno sunt separata a corpore et sunt sinistra sull' orlo interno del cerchio,
sine carne quando isti resurgent, tunc
: dopo essere trapassati per la sozza mi-
animse erunt coniunetse corporibus, et stura delle ombre e della pioggia (vv.
tunc isti erunt perfectiores quantum ad 100101).
esse essentiale, quia perfectior est com- 114. si digrada: si scende un altro
posito ex anima et corpore, quam anima gradino della gradinata infernale.
solum, vel corpus solum; et ideo post 115. Pluto il Dio delle ricchezze della
:

resurrectionem, quia isti erunt amma- mitologia antica, figlio di Iasione e di


lia perfectiora et habebunt complexiones Cerere. AL: Plutone, Pluto, DU, figlio
suas, tunc damnati habebunt et sentient di Saturno e imperatore dell' Averno.
maiorem penam, et salvati maius gau- Ma, se Pluto fu tutt'una cosa con Dite
dium » Serrav.
;
per gli antichi, per Dante Dite è Luci-
108. doglienza: da dogliente per do- fero, {Inf. XXXIV, 20), confitto nel
lente ; lat. dolentia, Dolore, Atto del do- ghiaccio eterno di Cocito. - nimico della :

lersi, Afflizione, Angoscia e simili. pace e felicità dell'uomo, perchè a que-


111. di là : cioè dopo il suon dell'ange- ste osta la cupidigia delle ricchezze. Cfr.
lica tromba. - essere aspetta « si aspet-
: JEccl. V, 12 e I Tim. VI, 10 « Radix
:

tano, sono riserbati a maggior pienezza omnium malorum cupidi tas ».


[CERCHIO QUARTO] INF. VII. 1-3 [PLUTO] 55

CANTO SETTIMO

CERCHIO QUARTO: AVARI E PRODIGHI


(Divisi in due schiere spingono col petto e rotolano dei pesi,
percorrendo ciascuna una metà del cerchio, e si oltraggiano poi a vicenda,
quando, alle estremità de' semicerchi, s'incontrano e devono voltare addietro).

PLUTO, PENA DEGLI AVARI E PRODIGHI, LA FORTUNA

CERCHIO QUINTO: IRACONDI


(Immersi nelle acque fangose dello Stige)

« Pape Satàn, pape Satàn aleppe ! »


cominciò Pluto con la voce chioccia ;

e quel savio gentil, che tutto seppe,

V. 1-15. Fiuto, il custode del quar- che ha a dimostrare quella affezione del-
to cerchio. Ogni cerchio è custodito da l' animo, che è con stupore e maravi-
un essere mitologico, simbolo del vizio gliarsi; e due volte il disse, per più espri-
quivi punito. Pluto, dio della ricchezza, mere quello maravigliarsi; Satan è il
guarda avari e prodighi. Anche Pluto, grande Demonio A leppe è una dizione,
;

pieno di rabbia, si prova, con accenti che ha a dimostrare l'affezione dell'ani-


strani e mal intelligibili, a impedire il mo quando si duole » Ott. - « O Satan,
;

viaggio del P. ma a lui, come già a Mi-


; o Satan, caput et princeps Dzemonum,
nosse e a Caronte, V. rammenta il vo- quid est hoc videre? Nam papce Ìnte-
lere supremo e Pluto cade a terra come
; riectio est admirantis aleph vero prima
;

annichilito. litera est Hebrseorum»; Petr. Dant. -


1. Pape :dal v. 9 risulta che queste Anche modernamente molti si adopera-
parole sono espressione di furore; dai rono, coi'più varii resultati, all'interpr.
vv. 5-6 e 10-12, che scopo delle parole del verso strano. Più sodisfacente di
è intimorire il P. Dal v. 3 poi si inferisce tutte, perchè trovata metodicamente, ci
che V. intese lo strano linguaggio di Plu- pare la recente spiegazione di D. Guerri
to, e ciò vuol dire che è o vuol essere un {Di alcuni versi dotti ecc., Città di Ca-
linguaggio umano qualunque. Le inter- stello, 1908, pp. 3 sgg.): «Letto, come si
pretazioni tentate di questo v. sono nu- deve, secondo il vocabolario del medio
merose e molto diverse. «Hoc est dicere, evo, questo verso suona Oh Satana, oh
o satan, o satan demon, quale mirum et Satana Dìo. Non è un discorso, ma. uno
novum est istud, quod isti novi hospites sfogo subitaneo, col quale Pluto comin-
huc accedunt?»; Bambgl. - «In lingua cia a manifestare i suoi sentimenti, ove
ebrea, ed è tanto a dire quanto : mara- nella sorpresa è già la minaccia».
viglia, maraviglia»; In. Sei. «Pape è 2. chioccia: rauca e aspra di suono. Da
ìnteriectio admirationis-, quasi a dire che, chiocciare e crocciare, lat. glocìre, frane.
quando Plato vide Dante vivo, chiamòe glousser, ecc. Cfr. Diez, W'órt. I 3 124. ,

Satan demonio sotto voce di maravi- 3. gentil nobile. - tutto dunque, an-
: :

gliarsi e dicendo veh veh »; Lari. -


: ! ! che volessero dire le strane parole di
«Pape.... è.... una parte di grammatica, Pluto.
56 [CERCHIO QUARTO] INF. VII. 4-21 [PLUTO]

disse per confortarmi : « Noii ti noccia


latua paura, che, poder ch'egli abbia,
non ti torrà lo scender questa roccia ».
Poi si rivolse a quella enfiata labbia,
e disse« Taci, maladetto lupo ;
:

consuma dentro te con la tua rabbia!


10 Non è senza cagion l'andare al cupo :

vuoisi nell' alto là dove Michele


fé' la vendetta del superbo strupo. »
13 Quali dal vento le gonfiate vele
caggiono avvolte, poi che l' alber fiacca,
tal cadde a terra la fiera crudele.
16 Così scendemmo nella quarta lacca,
pigliando più della dolente ripa,
che il mal dell' universo tutto insacca.
19 Ahi, giustizia di Dio tante chi stipa !

nuove travaglie e pene quante io videi i ?


e perchè nostra colpa sì ne scipa?
4-5. Non ti noccia ecc.: non lasciarti lando pesi col petto, e si cozzano e s'ol-
vincere, cosa che ti nocerebbe, dalla pau- traggiano ad alta voce incontrandosi nei
ra. - poder ecc. per potente eh' ei sia.
: punti estremi de' semicerchi. Gran parte
6. torrà: impedirà. - roccia: balzo dal degli avari furono papi e cardinali e chie-
terzo al quarto cerchio. rici, ma non si riconoscono più. In questo
7. enfiata: gonfia d' ira. - labbia fac- : cerchio i peccatori sono uniti e distinti
cia; Inf. XIV, 67; XIX, 122 ecc. secondo il principio che « ciascuna. vir- . . .

8. lupo « Lo chiamò lupo per dare ad


: tù, ha due nemici collaterali, cioè vizi,
intendere eh' egli è posto per lo demo- uno in troppo e un altro in poco » ;

nio dell'avarizia; la quale di sopra, cap. Conv. IV, 17. I massi rotolati figurano
primo, chiamò lupa » JButì. ; le grosse somme di denaro che gli avari
10. cagion: una buona ragione. - al serbarono gelosamente e i prodighi sper-
cupo: nella- profondità dell' Inf. perarono. Credettero farsi un nome, gli
11-12. alto: cielo. - Michele: uno Ar- uni colle ricchezze, gli altri colla libe-
cangelo che contribuì a debellare gli an- ralità invece si resero irriconoscibili a
;

geli ribelli: cfr. Apoc. XII, 7-9, dove si segno, che non uno ne può D. nominare.
parla di un combatti mento* e di una vit- 16. lacca: fossa, ossia il quarto cer-
toria di Michele e degli angeli sul gran chio.
serpente, qui vocatur diabolus. - strupo : 17. pigliando: co' passi; inoltrandoci
metatesi di stupro violenza qui ribel-
:
;
ancora giù per la ripa, o pendio, della
lione violenta ^contro Dio. Al. spiegano cavità infernale.
schiera, derivando la voce dal basso lat. 18. dell'universo: anche degli angeli
stropus — branco di pecore ma come la ;
mali. - insacca: spregiativamente per
l a interpretazione sia per il senso e la '
raduna e contiene '

fonetica da preferirsi, mostrò il Parodi, 19. stipa: ammassa, dal lat. stipare.
Bull. Ili, 115 sg. e cfr. XXIII, 18. 20. nuove: inaudite. - travaglio: for-
14. fiacca: neutr. si spezza: fiaccare ma femminile arcaica per travagli. Fatti
in senso neutro è dell'antico italiano. di Cesare I, 5 « avete sofferto per me
:

V. 16-66. A-vari e prodighi. Scen- molte travaglie e molte pene»; dove tro-
dono nel 4° cerchio. Qui è gran molti- viamo associate, come in Dante, trava-
tudine di anime che in due opposte glie e pene. - Yiddi: forma reg. antica
schiere, a ognuna delle quali è assegnata per vidi'
nel toscano moderno veddi.
'
:

una metà del cerchio, camminano roto- 21. scipa: strazia, malmena.
[CERCHIO QUARTO] Inf. vii. 22-39 [avari e prodighi] 57

22 Come fa l'onda là sovra Cariddi,


ohe si frange con quella in cui s' intoppa,
così convien che qui la geo te riddi.
25 Qui vid' io gente piti che altrove troppa,
e d'una parte e d'altra, con grand' urli
voltando pesi per forza di poppa :

28 Percotevansi incontro, e poscia pur lì


si rivolgea ciascun, voltando a retro,

gridando « Perchè tieni ? » e « Perchè burli ? »


31 Così tornavan per lo cerchio tetro
da ogni mano all' opposito punto,
gridandosi anche loro ontoso metro ;
34 poi si volgea ciascun, quando era giunto,
per lo suo mezzo cerchio all' altra giostra.
Ed io, ch'avea lo cor quasi compunto,
37 dissi « Maestro mio, or mi dimostra
:

che gente è questa, e se tutti fur cherci


questi chercuti alla sinistra nostra ».
22. l'onda che viene dal Mare Jonio.
: con gli altri, per esprimere che i beni
- là nello stretto di Messina. - Cariddi
: : di questo mondo, girano continuamente,
lat. Charybdis, voragine nello stretto di dalle mani del prodigo passando in quelle
Messina, incontro a Scilla: cfr. Virg., dell'avaro e viceversa; ma tale cosa non
Aeri. Ili, 420 sgg. 558; VII, 302. apparisce affatto dal testo di D.
23. con quella che vien dal Tirreno.
: 30. tieni :tu, o avaro. - burli: tu, o
24. riddi: faccia la ridda: giri a ton- prodigo. Burlare significò presso gli an-
do. Ridda, dal vb. riddare, danzare in tichi gettare, spargere, sparpagliare e
giro (dal ted. ant. ga-ridan, ted. medio simili. « Burli, idest, proiicis, et est vul-
riden = volgere). gare lombardum » Benv. Cfr. Parodi,
;

25. più : l'avarizia ed il sno contrario Bull. Ili, 150; XXIII, 18.
sono i vizi più diffusi nel mondo. - trop- 31. tornavan: giravano.- tetro: tene-
pa: molta, numerosa. broso.
26-27. d'una parte: gli avari. - d'al- 32. mano parte i prodighi dalla de-
: ;

tra: i prodighi. - poppa: per stra, gli avari dalla sinistra di D. e V.


'
petto '

in generale. « E perchè su quei pesi o 33. anche: parimente, nel medesimo


macigni, simbolo delle accumulate ric- modo. - ontoso: ingiurioso, -metro: il
chezze, che ci ricordano anche il sup- Perchè tieni ? e Perchè burli ?
plizio di Sisifo, quasi si prostesero, tanto 34. giunto all' opposito punto del v. 32.
:

per dissiparle, quanto per accrescerle, li 35. all'altra giostra: all'altro incon-
voltolano qui nell'inferno non solo con tro nel punto opposto. Avari e prodighi
le mani, ma, sforzandosi e protendendo- non posson mai passare gli uni nel mezzo
si, col petto come ancor tenendovi so-
: cerchio degli altri. S' incontrano e s' in-
pra il cuore»; O. Bacci, Lect. Dantis. giuriano; poi voltan faccia e ripercor-
28. incontro: quando le due schiere, rono il loro semicerchio.
degli avari a sinistra, e dei prodighi a 36. compunto: trafìtto da pietà.
destra, s'incontravano. - pur lì: sul pun- 38. gente: sorta di peccatori. - cherci :

to medesimo dello scontro va pronun- : plur. di cherco, sincope di cherico (lat.


ziato pùrli, ed è un caso di rima com- '
clericus), persona ecclesiastica; cfr. v.
posta', di che fecero largo uso i nostri 46. Inf. XV,106; XVIII, 117.
poeti antichi: cfr. Inf. XXX, 87, ecc. 39. chercuti sincope di chericuti, ton-
:

29. voltando: i loro pesi. Qualcuno surati, aventi cherica. - alla sinistra:
ha inteso che si scambino i pesi gli uni gli avari.
58 [CERCHIO quarto] Inf. vii. 40-61 [avari e prodighi]

40 Ed egli a me: « Tutti quanti fur guerci


sì della niente in la vita primaia,
che con misura nullo spendio férci.
43 Assai la voce lor chiaro l'abbaia,
quando vengono ai duo punti del cerchio
ove colpa contraria li dispaia.
46 Questi fur cherci che non han coperchio
piloso al capo, e papi e cardinali,
in cui usa avarizia il suo soperchio. »
49 Ed io : « Maestro, tra questi co tali
dovre' io ben riconoscere alcuni
che furo immondi di cotesti mali ».
52 Ed egli a me « Vano pensiero aduni
: :

la sconoscente vita che i fé' sozzi,


ad ogni conoscenza or li fa bruni.
55 In eterno verranno alli duo cozzi;
questi risurgeranno del sepulcro
pugno chiuso, e questi co' crin mozzi.
col
58 Mal dare e mal tener lo mondo pulcro
ha tolto loro, e posti a questa zuffa :

qual ella sia, parole non ci appulcro.


61 Or puoi, fìgiiuol, veder la corta buffa

40. Tutti avari e prodighi. - guerci


: : dettero gli uni ammassando ricchezze,
stravolti della mente, non avendo ricono- gli altri spendendo largamente, di ren-
sciuto il valore, il fine, l'uso dei beni dersi celebri nel mondo invece ; si resero
della terra. Guercio (lat. barb. guelcus, che niuno
tali, li conosce ed il lor nome
probabilmente dal ted. ant. twer, o dverch, è perduto.
provenz. guer) è propriamente chi ha 55. cozzi: descritti nei vv. 28 sgg.
guardatura torta per difetto de' nervi 56. questi ecc.: gli avari risorgeranno
dell'occhio, cioè patisce di strabismo. dal sepolcro col pugno chiuso, ad atte-
42. spendio: dispendio, spesa. - férci : stare il loro viziosi tutto serbare. «Si^
ci fecero, cioè fecero qui, in terra. ISTon nistra compressisdigitis tenacitatem at-
osservarono la giusta misura, spendendo que avaritiam signifìcat » Diod. Sicul.;

o troppo poco, o con troppa larghezza. 57. e questi: prodighi. - mozzi: per
43. voce: Perchè tieni? e Perchè burli? avere, secondo un proverbio italiano,
- abbaia grida, manifesta.
: dissipato fino a' capelli. <*, ..

45. dispaia: separa. 58. pulcro: bello: il cielo. Il non retto


a sinistra; avari. - coper-
46. Questi: uso de' beni terrestri li ha esclusi dal
cMo che hanno la tonsura.
ecc.: capelli; cielo e precipitati quaggiù.
48. soperchio eccesso. Per l' avarizia
: 59. zuffa i duo cozzi ne' due opposti
:

de' papi cfr. Inf. XIX, 112 sgg. punti del cerchio.
52. aduni: accogli nella mente. 60. non ci appulcro: verbo foggiato
53. sconoscente; priva di conoscenza, da D. che vale non & aggiungo, per
'

non guidata da giusto criterio; cfr. la descrivertelo, belle parole cioè lo vedi
'
;

n. 40. - i : li, come


Inf. V, 78 e spesso. da te. Cfr. Fan/., Stud., 150 sg.
- sozzi brutti del vizio di avarizia o di
: 61. buffa: non vanità, instabilità, come
prodigalità. di un soffio di vento, ma piuttosto (cfr.
54. bruni: oscuri, irriconoscibili. Cre- Inf. XXII, 133), beffa (Bull., Ili, 149).
[CERCHIO QUARTO] INF. VII. 62-76 [LA FORTUNA] 59

de'beo che son commessi alla Fortuna,


per che 1' umana gente si rabbuffa ;
64 che tutto 1' oro eh' è sotto la luna
e che già fu, di queste anime stanche
non poterebbe farne posar una. »
67 « Maestro » di ss' io lui, « or mi di' anche :

questa Fortuna, di che tu mi tocche,


che è, che i ben del mondo ha sì tra branche? »
70 E quegli a me « creature sciocche,
:

quanta ignoranza è quella che vi offende !

Or vo' che tu mia sentenza ne imbocche.


73 Colui lo cui saper tutto trascende,
fece li cieli, e die lor chi conduce,

sì che ogni parte ad ogni parte splende,


76 distribuendo egualmente la luce :

63. per che: per i quali beni. - rab- contro. La differenza tra Gonv. e D. C.
buffa : « Il significato di questo voca- viene dal considerare la natura e le vi-
bolo rabbuffa par eli' importi sempre al- cende de' beni mondani, là, quali sono
cuna cosa intervenuta per riotta o per sentite di fatto dagli uomini; qui, ob-
quistione, sì come è l'essersi l'uno uomo biettivamente, in sé stesse.
accapigliato con l'altro, perla qual capi- 68. tocche: tocchi, fai cenno.
glia i capelli sono rabbuffati, cioè disor- 69. che è, che: che è mai, che tiene
dinati, e ancora i vestimenti talvolta e ; così ecc. -tra branche: nelle sue mani.
però ne vuole l'autore in queste parole Termine esprimente, a torto, disprezzo;
dimostrare le quistioni, i piati, le guerre donde la riprensione di V. ne' vv. 70-71.
e molte altre male venture, le quali 70. creature « drizza qui lo sermone
:

tutto il dì gli uomini hanno insieme per a tutti li uomini »; Buti. - sciocche:
li crediti, per l'eredità, per le occupazioni poiché, nella vostra ignoranza, v' imma-
e per li mal regolati desideri » JBocc. ; ginate i beni terrestri essere della' For-
65. fu: consumato. Il tempo e i casi tuna, mentre ella n' è soltanto ministra
ne banno sottratto non poco all'uso de- e distributrice, ordinata da Dio.
gli uomini. Senso: Tutte le ricebezze 72. imbocche: imbocchi, riceva, tolta
terrestri de' tempi passati e de' presenti l'imagine dal bambino che viene im-
non varrebbero a ottenere ad una sola boccato.
di quest'anime pur un istante di requie. 73. Colui Dio. - tutto
: conoscendo :

V. 67-96. JLa Fortuna. Avendo V. non solo tutte le cose che hanno esi-
accennato alla Fortuna, D. lo prega di stenza reale, ma altresì tutte quelle che
dirgli, che sia questa potenza che tiene n' hanno una solo ideale e possibile.
i beni del mondo in sua balìa. E per 74. die : assegnò. - chi conduce le In- :

bocca di V. egli parrebbe confutar l'opi- telligenze motrici che sono «sustanze se-
nione già espressa nel Convivio, dove parate da materia, cioè Intelligenze, le
aveva detto (IV, 11) dei beni di questo quali la volgare gente chiama Angeli »;
mondo, « che la loro imperfezione pri- Oonv. II, 5 Par. XXVIII, 76 sgg. Al-
;

mamente si può notare nella indiscre- lude alla simultanea creazione de' cieli
zione del loro avvenimento, nel quale ed angeli, secondo la dottrina tomistica.
nulla distributiva giustizia risplende, 75. ogni parte del cielo immateriale. -
:

ma tutta iniquità quasi sempre ». Qui ad ogni parte del cielo materiale, ossia
:

la Fortuna è invece una intelligenza ce- delle nove sfere celesti. - splende gra- :

leste, eh' è ordinata da Dio al, governo zie al girare dei 9 cieli, eh' è opera di
dei beni mondani, e ad assegnarli via chi li conduce.
via or a questo, or a quello, senza curarsi 76. distribuendo: ogni parte del cielo
delle accuse che gli uomini le scagliano immat. - la luce : di Dio ; cfr. Par. I, 2-3.
60 [CERCHIO QUARTO] Inf. VII. 77-96 [LA FORTUNA]

similemente agli splendor mondani


ordinò general ministra e duce,
79 che permutasse a tempo li ben vani
di gente in gente e d' uno in altro sangue,
oltre la difension de' senni umani :

82 per che una gente impera ed altra langue,


seguendo lo giudicio di costei,
come in erba 1' angue.
che è occulto,
S5 Vostro saper non ha contasto a lei :

questa provvede, giudica e persegue


suo regno, come il loro gli altri Dei.
88 Le sue permutazion non hanno triegue :

necessità la fa esser veloce ;

sì spesso vien chi vicenda consegue.


91 Quest' è colei eh' è tanto posta in croce
pur da color che le dovrian dar lode,
dandole biasmo, a torto, e mala voce.
94 Ma ella s' è beata e ciò non ode :

con V altre prime creature lieta


voi ve sua spera, e beata si gode.

77. splendor mondani: ricchezza, onori, 88. permutazion passaggio de' beni
:

bellezza, forza, potere, gloria ecc. da uno ad altro. - triegue soste. :

ministra la Fortuna, amministra-


78. : 89. necessità: volere divino; cfr. Ho-
trice generale de' mondani splendori. rat., Od. I, 35, 18. La Fortuna è veloce,
79. a tempo: di quando in quando, al come la Necessità eh' ella deve seguire.
momento ch'ella giudica opportuno. 90. sì per tal motivo. - vien chi si dà
: :

80. gente: nazione. -sangue: famiglia. il caso di chi.... -vicenda: mutazione di

81. oltre ecc. senza che ingegno uma-


: stato. Tom.: «Sono tanti che devono pas-
no possa darle impedimento (offensione ;
sare alla volta loro, che poco spazio re-
cfr. v. 85). sta a ciascheduno». I. Del Lungo (Dal
84. che è : Al. : ched è, per evitare sec. e dal p. di D., p. 403 sgg.) difende
l'iato; ma gli- antichi di questo usarono con validi argomenti la lezione vien che,
molto largamente. - angue serpe cfr. : ; e interpreta « Spesso avviene che se-
:

Yirg., Eclog. ILI, 93: «Frigidus (o pueri, guano, succedano, mutazioni nello cose
fugite hinc) latet anguis in nerba ». di questo mondo, in conseguenza delle
85. contasto è forma comune nell'ant.
: mutazioni incessanti, necessarie, velo-
tose, .per contrasto. cissime della Fortuna. »
86. persegue : eseguisce nel regno suo 91. posta in croce: bestemmiata.
ciò e' e giudicato. «Prov-
ha provveduto 92. da color ecc. dagli uomini tutti. -
:

vede, cioè col suo sapere pensa e discer- dar lode: perchè giusta.
ne; giudica, come ha provveduto, e per- 93. mala voce: denigrandola.
segue, cioèmette in esecuzione » Buth. ; 94. non ode: non se ne cura.
87. Dei
« Intelligenze, le quali la vol-
: 95. prime creature: angeli, creati in-
gare gente chiama Angeli.... e chiamale sieme coi cieli; dunque prime creature.
Plato Idee, che tanto è a dire, quanto 96. suaquella dei beni terrestri. È
:

forme e nature universali. Li Gentili le nota l' immagine


della ruota della For-
chiamavano Dei o Dee avvegnaché non ; tuna. Qui veramente si parla di spera,
così filosoficamente intendessero quelle, ma spera dove equivalere a ruota, poi-
come Plato»; Gonv. II, 5. ché in Inf. XV, 95 si dice « giri For-
[cerchio quarto] Inf. vii. 97-114 [discesa] 61

97 Or discendiamo ornai a maggior piòta :

già ogni stella cade che saliva


quando mi mossi, e il troppo star si vieta. »
100 Noi ricidemmo il cerchio all' altra riva
sovra una fonte che bolle e riversa
per un fossato che da lei deriva.
103 L' acqua era buia assai più che persa :

e noi, in compagnia dell'onde bige,


entrammo giù per una via diversa.
106 Una palude fa, che ha nome Stige,
questo tristo ruscel, quando è disceso
al pie delle maligne piagge grige.
109 Ed io; che di mirar mi stava inteso,
vidi genti fangose in quel pantano,
ignude tutte e con sembiante offeso.
112 Questi si percotean, non pur con mano,
ma con la testa, col petto e co' piedi,
troncandosi coi denti a brano a brano.

trina la sua ruota » ; ed' altra parte le - Stige: lat. Styx, palude che circonda
«pere celesti sono chiamate anche rote-, la città di Dite. - maligne malagevoli,
:

Purg. XXIV, 88 Par. IV, 58, ecc.


; scoscese. Al.: malyage, cfr. Moore, Crìi.,
V. 97-108. Discesa al quinto cer- 292 sg. - grige: fosche, tetre.
chio. È passata la mezzanotte, ed inco- V. 109-130. Gl'iracondi. Nelle fan-
mincia il 2° giorno dell'azione del poema. gose acque dello Stige stanno immersi
D. e V. scendono alla palude Stigia. gì' iracondi, qual più, qual meno, secon-
97. a maggior pietà: in luogo ove son do la gravità e la forma speciale della
tormenti maggiori, più compassionevoli. loro colpa, in gran parte resi quasi irri-
99. mi mossi Inf. I, 136 e II, 1. Sin
: conoscibili dal fango che li insozza. Quelli
qui il viaggio è durato sei ore. - troppo : che sono immersi solo in parte, si per-
molto, una notte sola nell'Inf., come cuotono e s'addentano tra loro feroce-
Enea. Lomb.: « Allude all'insegnamento mente i sommersi del tutto gorgogliano
;

degli Ascetici, che nella considerazione parole e sospiri. Lo Stige figura la pas-
de' vizi non si fermi la mente di so- sione dell'ira; il percuotersi e l'adden-
verchio, ma solo quanto basta a cono- tarsi sono la continuazione del contegno
scere la bruttezza loro e pernizie » (?). terrestre di questi peccatori, e così pure
100. ricidenimo ecc.: tagliammo la cir- il gorgogliare degli intieramente som-
conferenza interna (l'altra riva) del cer- mersi. Cfr. n. 118' e 123.
chio, ossia piegammo per uscire dal 4° 109. inteso: intento; mirava attento.
e scendere nel 5° cerchio. 110. pantano: della palude Stigia.
101-102. riversa ecc.: si riversa o si 111. offeso sdegnoso e crucciato, pro-
:

volge con le sue acque giù per un fos- prio di chi è vinto dall'ira.
sato, il quale è scavato da essa fonte. 112. Questi: dannati. AL: queste, cioè
Sulla origine dei fiumi infernali v. Inf. genti. - si percotean vicendevolmente.
:

XIV, 112-138. «È conveniente che nell'Inf. si perco-


dunque nera, o qua-
103. più che persa : tano coloro che nel mondo s' hanno per-
si. Cfr. Inf. V, n. al v. 89. cosso, e straccinsi con li denti a pezzo a
104. in compagnia ecc.: lungo le onde pezzo, come hanno stracciato nel mondo
oscure, nella direzione della corrente. lo prossimo e ancora sé medesimi im- ;

105. diversa: insolita e malagevole. però che molti irosi si percuotono e mor-
106-108. palude: cfr. Yirg., Aen.YI, 323. donsi le mani » Buti. ;
62 [cerchio quarto] Inf. vii. 115-130 [iracondi]

115 Lo buon Maestro disse : « Figlio, or vedi


l' anime di color cui vinse l' ira ;

ed anco vo' che tu per certo credi


U8 che sotto l' acqua ha gente che sospira,
e fanno pullular quest'acqua al summo,
come l'occhio ti dice, u' che s'aggira.
121 Fitti nel limo, dicon Tristi fummo : '

nell' aere dolce che dal sol s'allegra,


portando dentro accidioso fumino :

124 or ci attristiam nella belletta negra '

Quest' inno si gorgogliai nella strozza,


che dir noi posson con parola integra. »
127 Così girammo della lorda pozza
grand' arco tra la ripa secca e il mézzo,
con gli occhi volti a chi del fango ingozza
130 venimmo al pie d'una torre al da sezzo.
117. credi: creda. sfogo della loro collera »; Todeschini. TI
118. sotto ecc. : Ci fu chi intese di co- Torraca e il Bacci, che riconoscono nei
loro che furono schiavi assoluti della dannati sporgenti dallo Stige quegl' ira-
feroce loro passione altri, invece, rav-
; condi che S. Tommaso chiama pronti ed
visano negl' interamente sommersi « co- acuti, e negl 'interamente sommersi quelli
loro che chiudono e nutriscono V ira nel che S. Tommaso dice amari e difficili
fondo del proprio cuore, ira tanto più (cioè gl'iracondbd'ira repressa di cui s'è
terribile, quanto piti rattenuta onde la ; toccato già nella n. al v. 118 e di cui
prima divampa, e l'altra fuma»; e così parla anche il Todeschini), riportano que-
intendiamo anche noi; cfr. n. al v. 123. sti versi dal Tesoretto di B. Latini « In :

119. pullular gorgogliare, sorgere bol-


: ira nasce e posa Accidia neghittosa »,
le alla superficie. «Per lo fiatare sotto perchè 1' adirato « è 'n tanto tormento,
l'acqua venivano li bollori suso »; Buti. Che non ha pensamento Di neun ben
- al summo: sulla superfìcie. che sia .... Ma croio e neghittoso È ver
120. u' che : ove che, dovunque. Dio glorioso. »
121. limo: fango, poltiglia. 124. belletta forma varia di melletta
:
;

122. aere dolce : vita terrestre; cfr. Inf. melma, deposito di acque torbide.
VI, 88. - dal « Dal risponde qui alla
: 125. inno: così, per ironia, è chiamato
prep. a o de lat. che significa e cagione il lamento de' sommersi, a cui V acqua

e 'tempo sicché dal sol varrebbe e per


; fangosa entra in bocca, e scende in gola,
cagione del Sole, e dopo che il Sole sia sicché gorgoglian barbugliano. È « il :

sorto»; Di Siena. romore che uno fa gargarizzandosi: il


123. dentro: nel cuore. - accidioso: pronunziare indistintamente come fa-
lento, e anche tristo, significati del lat. rebbe uno che avesse dell'acqua nella
acedia. « Accidioso fummo non vuol dir gola»; Blanc. -strozza: canna della gola.
altro che lenta ira, perchè l'ira presta 128. grand' arco: gran porzione della
e subita (con ciò sia che i primi moti riva esterna, circolare, della pozza, pa-
non sono in potestà di noi medesimi) non lude. - mézzo con 1' e stretto e le z
:

è peccato »; Dan. - « Con la frase acci- aspre: il fradicio della x^alude.


dioso fummo il Poeta significò vivamente 129. a chi ecc.: a quelle povere anime.
il dispetto che covarono nell'animo i tri- 130. al da sezzo da ultimo arcaismo ;
: :

sti d'ira repressa nel trattenersi dallo Solo da sezzo in Furg. XXV, 139.
« '
[CERCHIO quinto] Inf. viii. 1-10 [le due fi ammette] 63

CANTO OTTAVO

CERCHIO QUINTO: IRACONDI

FLEGIAS, FILIPPO ARGENTI, MURA E PORTA DI DITE


OPPOSIZIONE DEI DEMONI

Io dico, seguitando, eh' assai prima


che noi fossimo al pie dell' alta torre,
gli occhi nostrin'andar suso alla cima
per due fìammette che i' vedemmo porre,
e un'altra da lungi render cenno,
tanto che appena il potea l' occhio torre.
E io mi volsi al mar di tutto il senno :

dissi « Questo che dice, e che risponde


: .

quell'altro foco? e chi son quei che '1 fenno 1 »


10 Ed egli a me « Su per le sucide onde
:

V. 1-30. U custode del quinto cer- 4. ì': ivi. Le due nammette, poste
chio. Dopo di aver girato grand' arco sulla sommità della prima torre, sono se-
di quella lorda pozza, con gli occhi volti gno del fatto straordinario, che un'ani-
a quei che ingozzano del fango, i due ma viva discende nell' Inferno. Il Bocc.
P. sono giunti a pie d'un'alta torre ma, ; paragona questi segnali di fiamme a ciò
già*molto prima, il loro sguardo è stato che « far si suole per le contrade nelle
attirato dalla cima di essa dove hanno quali è guerra, che, avvenendo di notte
visto porre due nammette, alle quali alcuna novità, il castello o il luogo, vi-
un'altra, in lontananza, ha fatto cenno cino al quale la novità avviene, incon-
come di risposta. D., nulla comprenden- tanente per un fuoco o per due, secondo-
do di quei segnali, ne domanda V., il che insieme posti si sono, il fa manifesto
quale gli risponde « Lo vedrai tra po-
: a tutte le terre e ville del paese. »
co ». Ed ecco, più veloce d'una saetta 5. da lungi onde fu poi necessaria una
:

che corre via per l'aere snella, venir per grande aggirata, v. 79. La fiammetta da
l'acqua una piccola nave, guidatacela, un lungi è nella città di Dite, probabilmente
solo nocchiere, che grida irose parole. sull'alta torre alla cima rovente, di cui
È Flegiàs, che crede di venir a pren- in Inf. IX, 36. - render cenno in ri- :

dere un'anima fella ma, disingannato


; sposta al segnale delle due fìammette.
da V., accoglie, costretto da una forza 6. tanto va unito a da lungi
: - torre
' '
. :

superiore invisibile, a cui non si può re- togliere, afferrare, epperò, detto dell'oc-
pugnare, i due pellegrini nella sua bar- chio, scorgere è il virgiliano « locum
; :

chetta per tragittarli all' altra riva. capies oculis »; Georg. II, 230. Cfr. Lu-
1. seguitando: continuando il racconto can., Phars. IV, 19 sg.
incominciato ed interrotto nel canto pre- 7. mar ecc.: Virgilio; cfr. Inf. VII, 3.
cedente, dove ha già toccato della colpa 8. questo fuoco delle due fìammette.
:

e della pena degli iracondi cfr. Ario-


; 9. il fenno fecero il fuoco qui. e là.
:

sto, Ori. XVI, 5 ; XXII, 3, ecc. lO.sucide: fangose; cfr./?i/.VII,124,129.


64 [CERCHIO QUINTO] IXF. Vili. 11-30 [flegiàs]

già scorgere puoi quello che s'aspetta,


se il fummo del pantan noi ti nasconde ».
13 Corda non pinse mai da sé saetta
che sì corresse via per l'aere snella,
coni' io vidi una nave piccioletta
16 venir per l'acqua verso noi in quella,
sotto il governo d'un sol galeoto,
che gridava :« Or se' giunta, anima fella ! »
19 Flegiàs, Flegiàs, tu gridi a voto »
disse lo mio signore « a questa volta :

più non ci avrai, che sol passando il loto ».


22 Quale colui che grande inganno ascolta
che gli sia fatto, e poi se ne rammarca,
fecesi Flegiàs nell' ira accolta.
25 Lo duca mio discese nella barca,
e poi mi fece entrare appresso lui ;

e sol quand' io fui dentro, parve carca.


28 Tosto che il duca e io nel legno fui,
secando se ne va l' antica prora
dell'acqua più che non suol con altrui.

11 s'aspetta: si aspetta lì presso la parole come rivolte o al solo D. o al solo


torre cioè la barchetta di Flegiàs, chia-
; V., sono da considerare quale un grido
mata col doppio fuoco dalla cima della spontaneo dell' iracondo ed impetuoso
torre, e già annunziata dal fuoco che ha Flegiàs, che crede di venir a prendere
in lontananza fatto cenno di risposta. un nuovo dannato; e le parole Or se'
12. il fummo la « nebbia folta » (Inf.
: giunta si devono interpretare col Bar-
IX, 6) innalza dal pantano.
che s' bi (Bull. XII, 258) 'Or se' raggiunta,
13. pinse: spinse; da fingere lat. = presa! ecco, se' in mio potere ', eh' è il
impingere. Cfr. Virg., Aeri. XII, 855 senso del Tu se' giunto d'In/. XXII,
sgg. « Illa volat celerique ad terram
: 126, e quello con cui meglio s' accorda
turbine fertur, Non secus ac nervo per la risposta di V. (vv. 19-21).
nubem impulsa sagitta, ecc. »; e X, 247 19. Flegiàs: personaggio mitologico.
sg.: «Fugit per undas Ocior et ia-
illa Irato contro Apollo, che gli avea sedotta
culo ec ventos acquante sagitta». Ovid., la figlia Coronide (madre di Esculapio),
Met. VII, 776 sgg.: «Non ocior ilio Ha- mise fuoco al tempio di Delfo e lo arse ;

sta, nec excussae contorto verbere glan- cfr. Virg., Aen. VI, 618. Stat., Theb. I,
des, Nec Grortyniaco calamus le vis exit 713. Val. FI. II, 193 sgg. Alcuni lo di-
ab arcu ». cono presidente della città di Dite; i
proprio in quel momen-
16. in quella: più, a ragione, custode del 5° cerchio.
to :uso frequente. Qui nel momento
d' '
a questa volta: per questa volta.
20.
in cui V. rispondeva a me'. 21. piùper maggior tempo. - avrai
: :

17. galeoto: galeotto, come Baco per in tuo potere. - loto: fango dello Stige.
Bacco, affigge per affigge, fusi per fussì, 24. accolta repressa e rinchiusa nel-
:

sana per sanna, ecc. « Galeotti son chia- l'animo. « Concepta mente et facie » ;

mati que' marinari, i quali servono alle Benv. « Collecta fatigat edendi Ex longo
galee; ma qui, licentia poetica, nomina rabies»; Virg., Aen. IX, 63 sg.
galeotto il governatore d'una piccola 27. carca: per il peso del corpo di
barchetta » Bocc. ; D. V. è ombra.
:

18. Or ecc. Anziché intendere queste


: 30. con altrui: Parecchi spiegano colle
[cerchio quinto] Inf. viii. 31-39 [Filippo argenti] 65

31 Mentre noi corra vani la morta gora,


dinanzi mi si fece un, pien di fango,
e disse « Chi se tu che vieni anzi orai? »
:
7

34 E io a lui « S io vegno, non rimango


:
7
:

ma tu chi se', che sì se' fatto brutto? »


Eispuose « Vedi che son un che piango
: »,
37 E io a lui « Con piangere e con lutto,
:

spirito mal adetto, ti rimani ;

ch'io ti conosco, ancor sie lordo tutto ».

ombre, persuasi che Flegiàs abbia uffi- Bambgl., An. Sei., Lan., Iac. e Pietro
cio di barcaiuolo, destiuato a traghet- da D. e Ott. apprendiamo solo che fu
tare sulla palude Stige tutte quante le della famiglia Adimari, uomo ricco, su-
anime condannate al basso Inf. Ma le perbo, iracondo. Il Bocc. ne sa qualcosa
anime, appena udita da Minosse la loro di più « Fu questo Filippo Argenti (se-
:

sentenza, son giù volte (Inf. V, 15), ca- condo che ragionar solea Coppo di Bor-'
dono (Inf. XIII, 97), piovono (Inf XXIV, ghese Domenichi) de' Cavicciuli [uno
122), minano (Inf. XXXÌII, 133), giù de' rami degli Adimari], cavaliere ric-
nel cerchio a cui son condannate, op- chissimo, tanto che esso alcuna volta
pure vengono ivi portate da un diavolo fece il cavallo, il quale usava di caval-
(Inf. XXI, 29 sgg.) dunque non sono
;
care, ferrare d'ariento, e da questo trasse
tragittate da Flegiàs. Infatti D. non ac- il soprannome. Fu uomo di persona gran-

cenna che esse si raccolgano alla riva de, bruno e nerboruto e di maravigliosa
di Stige né su quella riva, di cui i due
;
forza, e più che alcuno altro iracundo,
Poeti percorrono grand' arco, dice d'aver eziandio per qualunque menoma cagio-
veduta una sola ombra che attenda di ne né di sue opere si sanno che queste
;

essere tragittata. Dove sarebbero dun- due, assai ciascuna per se medesima bia-
que le moltitudini che incessantemente simevole». Falso Bo ce. aggiunge che fu
si radunano sulla riviera d'Acheronte « nimico di Dante, perch' era di parte
(Inf. Ili, 70-120)? Eppure uno spetta- nera e Dante era di parte bianca ». E
colo consimile dovrebbe di necessità ri- Benv.: «Habebat sùmme odio popu-
petersi qui, se Flegiàs dovesse traghet- lum florentinum habebat unum equum :

tarle. Il viaggio dei due P. è diverso da quem vocabat equum populi Fioren-
quello delle anime dannate: cfr. p. es. ti», quem promittebat omnibus peten-
Inf. XVI, 106 sgg.; XVII, 1-42 e 76-134 ;
tibus eum mutuo de mane equus erat ;

XXXI, 112, 145 (v. Cipolla, Il passo dello paratus tempestive et dabatur primo
Stige, Verona, 1891). D'altra parte V al- venienti; postea aliis supervenientibus
trui devesi pur riferire ad anime, quali dicebatur Tarde, tu fuisti praeven-
:

ch'esse siano e quale che sia la ragione tus, et sic eludebat spes multorum, et
per cui Flegiàs le accoglie nella sua bar- de hoc habebat solacium et risum ». -
chetta. Forse è da riferire a Flegiàs « Dna
volta, avendo questione con Dan-
stesso, cfr. vv. 13 sgg. te,diede uno schiaffo a Dante, perchè
V. 31-64. Filippo Argenti. Mentre erano di diverse e contrarie parti. E
passano la palude, ecco Filippo Argenti, sempre fu inimicizia massima fra loro
iroso e bizzarro fiorentino, il quale tenta due »: Anon. Laur. XLII, 14. - Avendo
di offendere D. che gli ha rivolte dure dato motivo anche a una novella (Bocc,
parole ma V. respinge il dannato, a cui
; Dee. IX, 8), dovè essersi l'Argenti se-
poi tutti gli altri spiriti, secondo che D. gnalato per il vizio dell'iracondia.
stesso desidera, danno addosso. E l'Ar- 33. anzi ora: anzi tempo, prima di es-
genti, non potendo sfogar l'ira sua contro sere morto ; cfr. v. 18.
altri, si volge coi denti contro sé stesso. rimango: come te. L'Argenti avea
34.
31. corraYam: forma comune nel tose, creduto D. un nuovo compagno di pena.
antico della l a pi. della 2 a coniug. nel- 35. brutto : lordo di fango.
l'imperf. indie.; così- s ap av am, potavam 36. un: disdegna nominarsi ; cfr. Inf.
ecc. - morta: Benv.: «idest immota». XXXII, 94.
32. un: Filippo Argenti, cfr. v. 61. Da 39. ancor : ancorché ; cfr. Purg. X, 1.

— T)iv. Comm., 8 a ediz.


G6 [CERCHIO QUINTO] Inf. Vili. 40-63 [FILIPPO ARGENTI]

40 Allora stese legno ambo le mani;


al
per che il maestro accorto lo sospinse,
dicendo « Via costà con gli altri cani »
: !

43 Lo collo poi con le braccia mi cinse ;

baci omini il volto, e disse: «Alma sdegnosa,


benedetta colei che in te s'incinse !

46 Quei fu al mondo persona orgogliosa;


bontà non è che sua memoria fregi :

così s' è l' ombra sua qui furiosa.


49 Quanti si tengon or lassù gran regi,
che qui staranno come porci in brago,
di sé lasciando orribili dispregi ! »
52 E molto sarei vago
io: « Maestro,
di vederlo attuffare in questa broda,
prima che noi uscissimo del lago ».
55 Ed egli a me « Avanti che la proda
:

ti si lasci veder, tu sarai sazio :

converrà che tu goda ».


di tal disio
58 Dopo poco vidi quello strazio
ciò
far di costui alle fangose genti,
che Dio ancor ne lodo e ne ringrazio.
GÌ Tutti gridavano « A Filippo Argenti »
: !
;

e '1 fiorentino spirito bizzarro


in sé medesmo si volvea co' denti.
40-41. stese al legno ecc.: per offendere 52. vagobramoso. « Sequitur auctor
:

D. - accorto: della intenzione di Filippo humanum appetitimi quasi dicat: si-


Argenti. cut delectabatur.distraciare et ludificari
44. sdegnosa altera. « Bene qui si con-
: alios, ita vellem, antequam recedami
trappone lo sdegno del Poeta all'orgoglio hinc, neri destracium et ludibrium de
e burbanza dell'Argenti; nulla sendo a eo»; Benv.
cotali uomini più dura pena che l'altrui 53. attuffare: desidera il P. divedere
disprezzo » Di Siena. ; più chiaramente come l' ira abbia il pro-
45. colei tua madre; cfr. Lue. XI, 27.
: prio gastigo; veduto ciò, ne ringrazia
- in te « seguitando il volgare antico,
: Dio (v. 60). - broda: melma dello Stige.
che dicono molti d'una donna gravida; 57. converrà: AL: convien.
Ella è incinta in uno fanciullo cioè eli' , 58. quello: tale, siffatto.
gravida » An. Fior.; 59. alle : <dalle. - genti : della palude.
46-48. orgogliosa: dunque iraconda per 61. À: addosso a.
orgoglio. Neil 'Inf. dantesco è punito per 62. bizzarro: stizzoso, iroso. «Credo
l' ira, della quale la superbia fu radice. questo vocabolo, bizzarro sia solo dei
- così : itaque, perciò. Fiorentini, e suona sempre in mala par-
49. lassù : nel mondo. - gran regi per- : te; perciocché noi tegnamo bizzarri co-
sonaggi di gran conto. loro che subitamente e per ogni piccola
50. brago prov. brac, frane, ant. brai;
: cagione corrono .in ira, né mai da quella
fango, melma; cfr. Purg. V, 82. per alcuna dimostrazione rimuovere si
51. lasciando: nel mondo. - dispregi: possono » Bocc.
;

memoria di azioni degne di disprezzo, 63. in sé: non potendo offendere gli
alle quali furono trascinati dall'ira. altri, strazia sé stesso coi denti.
[CERCHIO QUINTO] Inf. viii. 64-79 [la città di dite] (>7

04 Quivi il lasciammo, che più non ne narro;


ma negli orecchi mi percosse un duolo,
per ch'io avanti intento l'occhio sbarro,
07 Lo buon maestro disse: « Ornai, figliuolo,
s'appressa la città e' ha nome Dite,
coi gravi cittadin, col grande stuolo ».
70 E io: « Maestro, già le sue meschite
là entro certo nella valle cerno
vermiglie, come se di foco uscite
73 fossero ». Ed ei mi disse « Il foco eterno
:

ch'entro le affoca, le dimostra rosse,


come tu vedi in questo basso Inferno. »
76 Noi pur giugnemmo dentro all'alte fosse
che vallan quella terra sconsolata :

le mura mi parean che ferro fosse.


79 Non sanza prima far grande aggirata,
04. che : Dopo aver narrato co-
sicché. della città le sue torri infocato, ch'ei
me l' ira ha
suo inferno in sé stessa,
il chiama meschite, forse per alludere ai
non rimaneva qui a D. altro da dire. miscredenti che là sono poiché con un ;

V. 05-81. la città che ha nome tal nome i Saraceni chiamano i templi


Dite. D. ode grida di dolore e spalanca del falso lor culto » Ross. ;

gli occhi guardando avanti. « È Dite » 71. certo: chiaramente. - cerno: lati-
osserva il duce. « Veggo già » risponde nismo, vedo. Chiama valle il sesto cer-
D. « le sue meschite, rosse come ferro chio, il quale sembra giacere sopra lo
rovente ». « Ciò deriva » spiega V. « dal stesso ripiano del quinto, ma ne è se-
fuoco eterno che arde là dentro ». Giunti parato da fosse, mura e meschite, ed of-
ai valli della città infernale, FI. addita fre l'aspetto di città fortificata.
l'entrata, e intima ai P. di sbarcare. 72. vermiglie : rosse infocate, come le
65. duolo: doloroso lamento, che ve- arche là dentro.
niva da Dite, e propriamente dai gravi 75. basso : puniscono i peccati
in cui si
cittadini, dalgrande stuolo, di cui V. fa mentre nell'alto
di malizia e di bestialità,
subito parola, vedendo D. guardare in Inf., fuori di Dite, sono puniti i peccati
avanti con l'occhio sbarrato per capire d'incontinenza; cfr. Inf. XI, 70-90.
donde e da chi venga esso duolo. 76. pur finalmente. - alte profonde.
: :

66. sbarro: spalanco. 77. vallai» circondano e difendono.


:

68. Dite: la parte inferiore dell' Inf., « VoAlo, secondo il suo proprio signifi-
che prende il nome da Dite (lat. Bis), o cato è quello palancato, il quale a' tempi
Lucifero, l'imperador del doloroso regno; di guerre si fa d' intorno alle terre, ac-
cfr. Inf. XI, 65 XII, 39; XXXIV, 20.
; ciocché siano più forti, e che noi volgar-
69. gravi di colpa e di pena. - stuolo:
: mente chiamiamo steccato e da questo ;

moltitudine. « Est enim ista civitas po- pare venga nominata ogni cosa la quale
pulosa et piena gentibus totius mundi fuor delle mura si fa per afforzamento
quae habitant in diversis vicis » Benv. ; della terra; e perciò dice l'autore che
70. mesciute: moschee (cfr. Parodi, giunse nelle fosse che vallano, aioè fan-
Bull. III, 153) così chiamansi le chiese
; no più forte quella terra » Bocc. ;

dei Mussulmani e simili ad esse pare


; 78. fosse: questo verbo è accordato col
che D. si figurasse le fortezze della città nome del predicato, come col termine
infernale. Forse vuol dire con ciò, che più vicino. La lez. che ferro fosse è del
la religione di Maometto trae sua origine più dei codd.; cfr. Moore, Crii., 293.
dall' Inferno. « La barca si è già tanto 79. grande aggirata lungo giro. Nella
:

accostata all'altra riva di Stige, che D. nave piccioletta dunque percorsero un al-
comincia a vedere nelle fossato esterne tro buon tratto del cerchio;cfr.VII,127 sg.
68 [CERCHIO QUINTO] Inf. Vili. 80-97 [demoni s. porta di dite]

venimmo in parte dove il noccliier forte


« Uscite » ci gridò : « qui è l' entrata ».
82 Io vidi più di mille in su le porte
da che stizzosamente
ciel piovuti,
dicean « Chi è costui clic, senza morte,
:

65 va per lo regno della morta gente? »


E il savio mio maestro fece segno
di voler lor parlar segretamente.
88 Allor chiusero un poco il gran disdegno,
e disser « Vien tu solo, e quei sen vada,
:

che sì ardito entrò per questo regno.


91 Sol si ritorni per la folle strada :

provi, se sa 5 che tu qui rimarrai,


che gli hai scorta sì buia contrada. »
94 Pensa, lettor, se io mi sconfortai
nel suon delle parole maladette 5

ch'io non credetti ritornarci mai.


97 « caro duca mio che più di sette
80. nocchieri Elegiàs. E che fu poi di nell'Inf., come cadono le gocciole della
lui ? Rimasenella sua nave ? tornò in-
lì pioggia sulla terra; cfr. Lue. X, 18. Apo-
dietro ? entrò nella città ? La prima cosa cal. XII, 9.
sembra la più probabile, e pare che Ele- 84. senza morte : o morte corporale, e
giàs, quasi vedetta, abbia lì, all'entrata allora il senso è •
prima di morire o'
;

di Dite, suo posto che abbandona sol


il morte spirituale, e allora le parole valgo-
quando è necessario, come più tardi farà no : non essendo dannato Preferibile,
' '
.

Gerione. L' opposizione dei demoni al- come più naturale, la l a interpretazione.
l'entrata di Dite mal s'accorda coli' idea 85. morta: di corpo e d'anima.
che Elegiàs vi entrasse, e molto meno con 87. segretamente: a parte. Poiché pa-
l'altra che ne fosse il capo, poiché Ele- revano sdegnati solo della venuta di D.
giàs sapeva già essere vana ogni opposi- e non di V., questi spera placarli più
zione. I vv. 1-18 contrastano alla ipote- facilmente, trattando con loro in segreto.
si che EL, sbarcati i P., tornasse indie- «Hic auctor ostendit quomodo V. ten-
tro. - forte come sogliono gl'iraconda
: taverit primo per se intrare, quia audie-
81. l'entrata: di Dite. Come il Pu {,
bat quod illi solummodo conquereban-
propriamente detto, così anche il basso tur de ipso qui vivens erat » Benv. ;

Inf. ha una sola porta, o entrata. 88. chiusero: frenarono, contennero;


V. 82-130. Opposizione dei demoni. probabilmente solo in apparenza, per
Anche qui i diavoli si provano di im- iscoraggiare tanto più D.; cfr. i vv. sgg.
pedire viaggio del P.; ma stavolta
il 90. sì ardito così suppongono i demo-
:

l'impedimento si presenta più serio e ni; in realtà vi era entrato titubante.


più grave, giacché non è un sol diavolo, 91. folle strada: via per la quale si è
ma più di mille; né questi cedono su- messo temerariamente, follemente.
bito alle parole di V., come Caronte, Mi- 92. se sa: se sa tornare da solo.
nosse e Pluto, ma lo costringono a tor- 93. scorta: fatta vedere guidandovelo.
nare indietro. L'umana ragione non basta 96. ritornarci: -ci = qui, sulla terra.
a vincere l'eresia onde V. non può qui
; 97. sette: qui pel numero indetermi-
nulla: ci vuole il Messo del cielo. nato, come sovente nella Bibbia; cfr.
83. da: da, senza articolo, com'era del- Prov. XXTV, 16. JEccl. XI, 2. Volendo,
l' uso antico con cielo, anche con altre si potrebbero annoverare nove volte:
preposizioni: da cielo, di cielo, in cie- Inf. I, 91 sgg.; II, 130; III, 94; IV, 16
lo ecc. - piovuti: caduti giù dal cielo sgg.; V, 21; VI, 22; VII, 8; Vili, 19 e 41.
[CERCHIO QUINTO] INF. Vili. 98-119 [DEM. S. PORTA DI DITE] 69

volte m' hai sicurtà renduta e tratto


d'alto periglio che 'ncontro mi stette,
100 non mi lasciar » diss' io « così disfatto :

e se '1 passar più oltre e' è negato,


ritroviam 1' orme nostre insieme ratto ».
103 E quel signor che lì m'avea menato,

mi disse « Non temer che '1 nostro passo


: ;

non ci può torre alcun da tal n' è dato. :

106 Ma qui m'attendi, e lo spirito lasso


conforta e ciba di speranza buona,
eh' io non ti lascierò nel mondo basso. »
109 Così sen va, e quivi m' abbandona
dolce padre, ed io rimango in forse;
lo
che sì e 'no' nel capo mi tenciona.
' '

112 Udir non potei quello che a lor porse )


ma ei non stette là con essi guari,
che ciascun dentro a prova si ricorse.
115 Chiuser le porte que' nostri avversari
nel petto al mio signor, che fuor rimase
e rivolsesi a me con passi rari.
118 Grli occhi alla terra, e le ciglia avea rase
d' ogni baldanza, e dicea ne' sospiri :

99. alto grave, grande. - che incontro


: 110. in forse: in dubbio.
mi stette: che mi
si parò innanzi. 111. sì e no: ritornerà sì o no? I de-
100. disfatto angosciato, smarrito per
: moni hanno detto Tu qui rimarrai V.
: ;

paura, perchè privo di aiuto ed in gran- invece: Io non ti lascerò qui. Oppure:
de pericolo. « Non pare improbabile che Riuscirà V., o no, a vincere la resistenza
disfatto qui non valga né smarrito, o di quei diavoli ? - nel capo mi tenciona si :

senza aiuto, e nò perduto o rovinato, ma combattono nella mia mente, e cfr. per
piuttosto stanco e lasso, non solo del tenciona (= tenzona) n. a VI, 64.
cammino, ma del combattimento ed ab- 112. che a lor porse: che V. disse a
battimento dell'animo suo, per aver ve- quei demoni. Non potè udire a motivo
duti tanti dannati e ora sé in sì grave della lontananza, o perchè V. parlò con
periglio. Infatti alle parole del nostro voce sommessa? V. avrà ripetuto su per
Poeta fanno risposta quelle altre del suo giù quanto avea detto a Caronte, IH, 93
Duca, v. 106-107»; Di Siena. sgg., a Minosse, V, 22 sgg., a Pluto,
101. il passar AL: l'andar. - ci è Al.
: : VII, 8 sgg.
m'è: cfr. Z. F., 55 sgg. 114. a prova a gara. I demoni si ri-
:

102. ritroTiam ecc. torniam subito (rat


: tirarono, più velocemente che ciascuno
to) indietro insieme per la via percorsa potè, dentro della porta.
104. passo è il passar del v. 101.
: 115. avYersari « il diavolo vostro av-
:

105. torre: impedire. - tal: Dio: « si versario » I Pietro V, 8


;

Deus prò nobis, quis contra nos,? » 117. rari lenti, come quegli che tor-
:

Rom. Vili, 31. nava di malavoglia, dolente e crucciato


106. lasso: «faticato per la paura»; Bocc di non aver conseguito il suo scopo.
107. buona: sicura; vi sono anche spe 118-119. rase: prive, -baldanza: espres-
ranze incerte e fallaci. sione serena e franca, segno di animo
108. nel mondo
basso: lo stesso che lieto. Cfr. F. Sacchetti (Amico mio, quan-
basso Inferno, v. 75. do vai per rettore, v. 99 sg.) « Gruarti :
70 [CERCHIO QUINTO] INK. Vili. 120-130 [DEMONI S. PORTA DI DITE]

« Chi m'ha negate le dolenti case ! »


121 E a me disse « Tu, perdi io m' adiri,
: '

non sbigottir, eh' io vincerò la prova,


qual ch'alia difension dentro s'aggiri.
124 Questa lor tracotanza non è nuova,
che già l'usaro a men secreta porta,
la qual senza serrarne ancor si trova.
127 Sovr' essa vedestù la scritta morta :

e già di qua da lei discende l' erta,


passando per li cerchi senza scorta,
130 tal che per lui ne fìa la terra aperta. »

da questi così fatti casi che fanno li |


si fa dalli assediati nelle castella e nelle
rettor d' ogni onor rasi ». cittadi » ; Buti. Ma difensione signifi-
120 Chi parole di cruccio e di dolore.
: cherà qui piuttosto l'atto, il tentativo
Vedi chi ori' ha vietato l'entrare! Vedi d'impedire, come in Inf. VII, 81.
tracotanza! - dolenti case: dimore do- 125. porta: d'Inf. Ili, 11. Quivi i de-
lorose, cioè la città di Dite. moni si opposero, secondo un'antica tra-
121. m'adiri: qui non si deve inten- Limbo;
dizione, alla discesa di Cristo al
dere di vera e propria ira, ma (v. n. prec.) onde Egli spezzò la porta, che da allora
di cruccio e dolore, che turbano l'abi- restò aperta. Quindi la Chiesa canta :

tuale dolcezza e serenità dell'animo e Hodie portas mortis et seras pariter Sal-
del volto di V., e son cagione di sospiri, vator noster dirupit.
e suggeriscono a lui le parole del v. 120 ;
126 senza ecc. «Xoctes atque dies patet
:

sospiri e parole che non indicano affatto atri ianua Ditis»; Virg., Aen. VI, 127.
quella forte irritazione ed accensione 127. Tedestù: vedesti tu. -morta: per-
dello spirito che sogliamo chiamare ira. chè annunzia morte eterna, e perchè
Questa parola e i suoi derivati occorrono morta può dirsi ogni cosa del regno della
frequentemente in antiche scritture in morte. È l'iscrizione d'Inf. HI, 1 sgg.
senso di dolore, rammarico e anche af-
'
128. di qua vi è già entrato. - lei por-
: :

fanno, tormento ci basti citare i vv.


'
; ta. - l'erta rispetto al luogo in cui sono
:

5-8 del son. Amor, Fortuna del Petrar- i P.; china o scesa per colui che veniva.

ca « Amor mi strugge il cor, Fortuna


: Come lo sapeva V., non iscorgendosene
il priva d' ogni conforto onde la mente
|
: ancora nulla, (cfr. IX, 5-6)? Sono parole
stolta s'adira e piange; e così in pena
|
di ferma speranza, fondata su una inde-
molta sempre^ convien che combattendo
|
fettibile promessa cfr. qui sopra i vv.
;

viva»; dove s'adira vale si duole, si '


104-105 e Inf. IX, 8: Tal ne s'offerse.
cruccia '. Cfr. Barbi, Bull. XVIII, 6 sg. 129. senza scorta: senza bisogno di
122. la prova: cfr. Inf. IX, 7. guida, a differenza di D., scortato da
123. qual ecc.: chiunque sia che den- V. ; dunque un Essere sovrumano.
tro si opponga al nostro entrare. «Ben- 130. tal: un tale, da del messo, IX,
ché dentro s'aggiri intorno alle mura 85, che ben da lui ci sarà aperta la porta
per quelli dentro .alla difensione, come della terra, cioè della città di Dite.
[porta di dite] TnI<\ IX. 1-8 [SGOMENTO DI DANTE] 71

CANTO NONO

ALLA PORTA DI DITE


LO SGOMENTO, LE TRE FURIE, IL MESSO CELESTE

CERCHIO SESTO: ERETICI


(Giacciono dentro avelli roventi)

LA REGIONE DOVE SON DANNATI GLI ERGICI

Quel color che viltà di fuor mi pinse,


veggendo il duca mio tornare in volta,
più tosto dentro il suo nuovo ristrinse.
Attento si fermò com' uom che ascolta ;
che l'occhio noi potea menare a lunga
per l'aere nero e per la nebbia folta.
« Pur a noi converrà vincer la punga »
cominciò ei, « se non Tal ne s'offerse !

V. 1-33. Zio sgomento, D., vedendo 5. a lunga lontano di lì. Non potendo
:

V., respinto dai demoni, tornarsene tur- veder lontano per l'oscurità, V. ascol-
bato indietro, si sgomenta e impallidi- tava attento se alcuno venisse.
sce. V. si sforza di mostrarsi tranquillo, 6. nebbia: il fummo d'In/. Vili, 12.
ma non sa reprimere talune vaglie pa- 7. punga: pugna; come spunga per

role indicanti un po' di dubbio, che ac- spugna, vengo per vegno, rimanga per
crescono lo sgomento del P. Il quale, per rimagna, ecc. (Parodi, Bull. Ili, 104 sg.
assicurarsi della possibilità di proseguire e XXIII, 19). Senso: ad onta dell' oppo-
il viaggio, chiede a V. se alcuno discenda sizione dei demoni, noi dovremo entrare.
mai giù dal Limbo nel profondo Inf . E 8. se non reticenza, della quale è
:

V. risponde esservi disceso altra volta difficile determinare il senso preciso.


egli stesso, e riconforta cosìl' alunno. Si noti il forse del v. 15, « il qual forse
Quel: nominativo. - color: pallido.
1. dice espresso che non seppe neppur egli
- viltà paura. - pinse mi dipinse (op-
: : [Dante] che cosa V. volesse inferire, cioè
pure: mi spinse) sul volto. che noi seppe, in quanto, nel metter
2. in volta: indietro. quelle parole in bocca a V., non avrà
3. più tosto: che non avrebbe fatto, pensato neppur egli a nulla di determi-
se mi avesse veduto men pauroso. - den- nato»; Fanf., Étud. 51 sg. - Tal: tale,
tro : nel suo interno. - il suo nuo-
di lui ; così verace, credibile personaggio Bea- :

vo V., turbato, s'era mutato di colore in


: trice. Di un angelo (Bl.) fin qui non si
viso (Vili, 121), - ristrinse fé' ritirare. : è fatto cenno. - ne s' offerse ci si offerse
:

Senso : il mio pallore fece


che V. ri- sì, in aiuto. B. si è offerta, cioè presentata,
compose più presto a serenità il suo vol- a V. e gli ha detto d'andare, e che quella
to, su cui tornò il naturale colorito. è una missione celeste.
72 [porta di dite] Inf. ix. 9-29 [sgomento di dante]

quanto tarda a me ch'altri qui giunga! »


Oli
10 Io vidi ben sì oom'ei ricoperse

lo cominciar con l'altro che poi venne,


che fur parole alle prime diverse ;

13 ma nondimen paura il suo dir dienne,


perdi' io traeva la parola tronca
forse a peggior sentenza che non tenne.
16 « In questo fondo della trista conca
discende mai alcun del primo grado,
ciré sol per pena ha la speranza cionca ? »
1

19 Questa question fec' io e quei « Di rado ;

incontra » mi rispose « che di nui


faccia il cammino alcun per quale io vado.
22 Ver*è ch'altra fiata quaggiù fui,
congiurato da quella Eriton cruda
che richiamava l'ombre a' corpi sui.
25 Di poco era di me la carne nuda,
ch'ella mi fece entrar dentro a quel muro,
per trarne un spirto del cerchio di Giuda.
28 Quell' è il più basso loco e il più oscuro
e '1 più lontan dal ciel che tutto gira :

9. altri : più possente di me ; il messo in maniera che non possa andare eguale
celeste del v. 85. e diritto, onde cammini fuor della na-
10. ricoperse: moderò la frase comincia- turale positura » Bianchini.
;

ta: se non.... con la seg. Tal ne s'offerse. 19-20. questioni domanda, -incontra:
12. diverse: di'flducia, mentre le prime accade, cfr. Inf. XXII, 32; Par. XIII, 118.
parevano esprimere dubbio e timore. 23. congiurato: scongiurato. - Eriton:
13. nondimen nonostante le ultime
: Eritone, famosa maga di Tessaglia, che
parole esprimenti schietta fiducia. fece rivivere un morto pei' predire a Se-
14. parola tronca: la frase se non.... sto Pompeo l'esito della battaglia di Ear-
del v. 8, a cui D. teme aver dato senso salo, come narra Lue, Phars. VI, 508
più brutto di quel che conteneva. sgg. Ciò fu 30 anni prima della morte
16. fondo è il basso Inferno del canto
: di V. O D. errò qui nella cronologia, o
Vili, 75. -conca: la cavità dell' Inf., che piuttosto, perchè apparisse naturale la
ha forma d'imbuto, o di cono rovesciato. conoscenza che V. mostra del cammino
17. primo grado Limbo, cfr. Inf. IV,
: infernale, inventò lui che Eritone so-
42. D. vuole assicurarsi se V. sia vera- pravvivesse a V. e facesse già vecchia
mente esperto del cammino ma, invece ; rivivere un altro morto, cosa ignota alla
di chiedergli apertamente Ma sei già:
'
leggenda. Cfr. D'Ov., St. 98-101 e Bull,
stato tu altre volte quaggiù? ', domanda XXV, 19. - cruda: turbando' i sepolcri,
velatamente, per non mostrare diffidenza Fera, effera, tristis la chiama Lucano,
verso il Maestro (che anche or ora gli 25. di me: dell'anima: io era morto
ha detto parole rassicuranti, Vili, 121 da poco tempo.
sgg.): Discende mai quaggiù alcuno di 26. muro: della città di Dite.
quei che stanno nel Limbo ì La
risposta 27. cerchio di Giuda: Giudecca, una
di V. mostra ch'egli ha inteso assai bene delle zone di Cocito. Cfr. Inf. XXXIV.
con che animo è stata fatta la domanda. 29. ciel ecc.: Primo Mobile, che tutto
18. cionca: monca o storpia. «Cionco quanto ra.'pe L'altro universo seco; Par.
= che è impedito delle gambe o de' pie, XXVIII, 70-71. Cfr. Gonv. II, 15.
[PORTA DI DITE] INF. IX. 30-48 [furie] 73

ben so canimin; però ti fa' sicuro.


il

31 Questa palude che il gran puzzo spira,


cinge dintorno la città dolente,
non potemo entrare ornai sanz' ira. »
u'
34 E altro disse, ma non 1' ho a mente $

però che l' occhio m' avea tutto tratto


vèr l'alta torre alla cima rovente,
37 dove in un punto furon dritte ratto
tre furie infernal di sangue tinte,
che membra femminine aveano e atto,
40 e con idre verdissime eran cinte ;
serpentelli e ceraste avean per crine,
onde le fiere tempie erano avvinte.
43 E quei, che ben conobbe le meschine
della regina dell'eterno pianto,
« Guarda » mi disse « le feroci Eri ne.
40 Questa è Megera, dal sinistro canto ;

quella che piange dal destro, è Aletto;


Tesifone è nel mezzo ». E tacque a tanto,

31. spira . esala « sicut vallis mortila»; giormente lasciansi trasportare dal fu-
Benv. rore»; Dan.
33. sanz' ira: colle buone; e fr. sul si- 40. idre: «in orbe terrarum pulcher-
gnificato d'ira la n. a Vili, 121. rimum anguium genus est, quod in aqua
V. 34-60. Ze tre Furie, Mentre D. vivit hydri vocantur, nullis serpentium
:

ascolta le confortanti parole di V. è atter- ,


inferiores veneno »,- Plin., JEList. Natur.
rito dalla subita apparizione di tre Furie XXIX, - cinte: alla vita.
4.

infernali di aspetto spaventevole sull'al- 41. ceraste « Sono ceraste una spezie
:

to della torre. Le Furie fanno gesti di di serpenti, li quali hanno o uno o due
rabbia feroce e gridano alto, pronunzian- corniceli! in capo e da questo son di-
;

do una fiera minaccia nel vedere che un nominati ceraste,però che ceras in greco
vivente osa penetrare laggiù. V. con pron- [y.épaq\ tanto vuol dire quanto corno »;
tezza affettuosa difende l'alunno suo. Bocc. Al.r serpentelli ceraste.
34-35. non l'ho a mente ecc.: non me 43. quei: Virgilio. - meschine: ancel-
ne ricordo, perchè la mia attenzione era le, serve; prov. e frane, ant. meschine;

tutta rivolta a ciò che l'occhio aveva cfr. Diez. Etym. W'órt. I 3 p. 274 sg. ,

veduto apparire sull'alta torre; sicché 44. regina: Ecate o Proserpina, mo-
non badai più a V. glie di Plutone, re dell' Inferno, regno
36. alla cima: il punto, a cui sono in- del pianto eterno. « Sembra che D. ac-
tenti gli occhi del P. I più spiegano al- cordi a Satanno una moglie di cui que-
la = dalla, come in Inf. I, 42. st' Erine fosser le serve, il che non è af-
37. dove sulla cima rovente della tor-
: fatto; poiché una tal diavolessa Impe-
re, -ratto: subitamente. Tutte e tre si ratrice si trova per ombra nel suo
non
rizzarono in un punto. Inferno Boss. D. qui si attiene sempli-
»;
38. di sangue tinte «quia istis operan- : cemente alla mitologia; cfr. Inf. X, 80.
tibus devenitur ad sanguinis effusio- 45. Erine plur. regolare di Erina, an-
:

nem » (?) ; Benv. ticamente anche in prosa oggi Erinni, ; :

39. atto : « Xon solamente avevano for- nome greco delle Furie. (Cfr. Parodi,
ma di femmina, ma atti e maniere fem- Bull. Ili, 108). Le Erinni figurano i ri-
minili ancora; perciocché le femmine più morsi della coscienza.
sovente che gli uomini s'adirano e mag- 46-48. Megera: cfr. Yirg., Aen. XII,
71 [POKTA DI DITE] Inf. ix. 49-63 [furie]

49 Con l'unghie fendea ciascuna il petto;


batteansi a palme, e grida van si alto,


ch'io mi strinsi al poeta per sospetto.
52 « Venga Medusa sì '1 farem di smalto » :

dicevan tutte riguardando in gin so :

« mal non vengiammo in Teseo 1' assalto. »


55 « Volgiti indietro e tien lo viso chiuso ;

che se il Gorgon si mostra e tu il vedessi,


nulla sarebbe di tornar mai suso. »
58 Così disse il maestro ed egli stessi ;

mi volse, e non si tenne alle mie mani,


che con le sue ancor non mi chiudessi.
(51
voi che avete gV intelletti sani,
mirate la dottrina che s' asconde
sotto il velame delli versi strani.

846, « lanemica ». - canto lato della tor- : 59. tenne contento non fidandosi ab-
:

re. - Aletto «che non ha mai requie»;


: bastanza di me.
«Allecto luctifìca»; Yirg., Aen. VII, 60. chiudessi coprisse gli occhi. Forse
:

324. «Ab ista emanat omnis causa plan- Medusa simboleggia il dubbio, lo scet-
ctus »; Benv. - Tesifone « la vendicatri- : ticismo, cui 1' uomo non deve guardare
ce dell'omicidio »; cfr. Yirg., Georg. Ili, in faccia, se non vuole impietrare.
552. Aen. VI, 555, 571 ; X, 761. - a tanto: V. 61-103. Il Messo celeste. Un fra-
ciò detto. casso spaventoso su per la palude dello
49-50. con l'unghie: cfr. Yirg., Aen. Stige annunzia cosa straordinaria. Ar-
IV, 672-3. - a: colle. riva un Messo del cielo, che passa lo
51. sospetto: timore. Stige colle piante asciutte, apre la porta
52. Medusa: la minore delle tre Gor- di Dite/con una verghetta, sgrida i de-
goni, la cui testa convertiva in pietra moni, quindi tacito e solenne torna in-
chi la guardava. - smalto « Lo smalto : dietro per la lorda strada. Secondo tutti
è pietra, però che di pietra si fa»; Buti. gli antichi commentatori e i più dei mo-
54. Mal per noi. Mal facemmo a non
: derni, questo Messo è un angelo. Alcuni
vendicarci (vengiammo vendicammo) = pochi dicono che è Mercurio. Michelan-
dell' assalto Teseo se ne avessimo
di : gelo Caetani voleva che fosse Enea. Ma
fatto vendetta, nessun uomo avrebbe Messo da cielo non può chiamarsi che un
più osato venir vivo quaggiù. Secondo angelo; cfr. Cipolla, TI Messo celeste O.
la mitologia, Teseo discese con Piritoo IX dell'In/., Rovereto, 1894.
nell' Inf. per rapire Proserpina. Piritoo 63. strani misteriosi, allegorici. I più
:

fu divorato da Cerbero; Teseo rimase riferiscono questa terzina ai versi ante»-


laggiù prigioniero, finché fu liberato da cedenti, cioè all' allegoria di Medusa e
Ercole; cfr. Yirg., Aen. VI, 393, 617. La delle tre Furie. D. suole però richiamare
lez. mal non eh' è della gran maggio- constali moniti l'attenzione del lettore
ranza dei codd. è certo la vera. Alcuni a ciò che sta per dire cfr. Purg. Vili, 19
;

hanno ma non, che dovrebbe, se mai, leg- sgg.; IX, 70 sgg. Par. II, 1 sgg., ecc.
gersi ma' non. Civ.Moore, Grit., 294 sg. Se la terzina a quello che se-
si riferisce
55. lo viso chiuso gli occhi coperti con
: gue, il senso potrebbe essere Mirate :

le mani; cfr. v. 59 sg. quanto è piccolo e folle il più orgoglioso


56. Gorgon: Medusa, cfr. v. 52. potere, quando vuol resistere al principio
57. nulla ecc.: non sarebbe più possi- d'ogni vero potere, che ò l'Essere eterno!
bile di ecc.; cfr. Inf. XXII, 143. -suso: Meglio però riferire la terzina a tutto
su nel mondo. il racconto, e la dottrina sarà all'incirca
58. stessi per stesso è forma comune
: la seguente: Nella città di Dite sono
negli antichi (Parodi, Bull. III, 123). puniti gli eretici, cioè i peccatori contro
[porta di dite] Inf. ix. 64-75 [messo del cielo] ,75

64 E già venia su per le torbid' onde


un fracasso d'un suon pien di spavento,
per cui tremavano ambedue le sponde,
G7 non altrimenti fatto che d'un vento
impetuoso per gli avversi ardori,
che fìer la selva e senza alcun rattento
70 li rami schianta, abbatte e porta fuori ;
dinanzi polveroso va superbo,
e fa fuggir le fiere e li pastori.
73 Gli occhi mi sciolse e disse « Or drizza il nerbo
:

del viso su per quella schiuma antica,


per indi ove quel fummo è più acerbo ».

la vera fede. Il peccatore, messosi sulla 64. torbid' onde : dello Stige.
via della conversione (Dante), vuol en- 65. fracasso: «Et factus<est repente
trarvi per « considerare il fine di coloro » de ccelo sonus tamquam advenientis spi
Sai. LXXII, 17, ed arrivare mediante ritus vehementis »; Act. Apost. II, 2. Cfr.
questa considerazione alla contrizione, e Stai., Theb. VH, 65.
dalla contrizione alla conversione. V. 68. avYersi ardori : « Ad intendere que-
procura di persuadere i demoni custodi , sto si dee sapere che il vento si genera
della città, colle buone, (ragioni filoso- di vapori secchi levati dalla terra e mon-
fiche), ad aprirne l'ingresso; ma è re- tati in alto infino. alle nuvole, tanto che
spinto con beffe, poiché i miscredenti sono percossi dalli ardori dell' aere su-
hanno sempre argomenti in pronto da periore, cioè del sole, che vengono a
opporre agli argomenti, e lo scherno è quelli che montano onde sono costretti ;

e fu sempre loro» arma prediletta. Alla andare in lato e ripercuotono l' aria e
conversione del peccatore si oppone inol- l'una parte dell'aria ripercuote l'altra,
tre la mala coscienza (le Erinni), e vi e così si genera lo vento che non è al-
si oppone pure il dubbio, che ha la virtù tro che aere ripercosso e dibattuto; e
di render l'uomo insensibile come pie- quanto li ardori sono più avversi, tanto
tra. (Medusa). Per « drizzare gli uomini 10 vento è più impetuoso » Buti. ;

alla temporale felicità secondo gli am- 69. fìer: ferisce, pere note. Cfr. Ducan.,
maestramenti filosofici» (De Mon. III, Phars. I, 389 sgg. - rattento cosa che :

16), l'autorità imperiale (Virgilio) esorta rattenga, impedisca.


l'uomo di fare attenzione alla mala co- 70. fuori : della selva; cfr. Virg., Georg.
scienza (v. 45) e di non volgere lo sguardo II, « .... sìIvsb Quas animosi
440 sg. :

al dubbio petrifìcante (vv. 55-57); inol- Euri adsidue franguntque feruntque ».


tre, affinchè l'uomo non si lasci cogliere Al.: i fiori per portar i fiori non ci vuole
:

nelle reti del dubbio e della miscreden- un vento impetuoso, e portare non si-
za, essa autorità gli viene in soccorso gnifica auferre, se non aggiuntavi la
coll'opera (v. 58-60), cioè colle leggi con- particella ne, o l'avverbio fuori, o via.
tro* gli eretici. Ma non bastando neppur 11 passo cit. di Virg. par decisivo, e più
quella.a guidare l' uomo alla contrizione decisiva l'autorità dei codd., di cui solo
dei peccati concernenti la fede, l'auto- pochissimi e poco autorevoli leggono
rità ecclesiastica interviene (Tal ne s'of- fiori cfr. Moore, Grit., 296 sg. Buti ha
: :

ferse), ministrando la divina illumina- abbatte fronde e fiori.


zione (il Messo celeste), che vince tutte 73. Gli occhi mi sciolse: allontanan-
le difficoltà. - Circa le varie interpreta- done le mani sue e le mie vv. 59-60. -
zioni delli versi strani cfr. Venturi, Dee- nerbo l'acume dell'occhio. È Vacies ocu-
:

tura Dantis, pp. 12 sgg. e le relative lorum dei latini.


note a pp. 28 sgg., e vedansi anche le schiuma: superficie schiumosa
74-75.
buone osservazioni del Porena, Espos. dello antico Stige. - per indi per quella :

del e. IX dell' Inf., Palermo, Sandron, parte. - fummo cfr. n. 6. -


più acerbo
: :

1903, pp. 21-31. più molesto agli occhi, perchè più denso.
76 [porta di dite] Inf. ix. 76-93 [messo del cielo]

7fl
Come rane innanzi alla nimica
le
biscia per l'acqua si dileguali tutte,
fin eh' alla terra ciascuna s' abbica ;

70 vid' io più di mille anime distrutte


fuggir così dinanzi ad un che al passo
passava Stige con le piante asciutte.
82 Dal volto rimovea quell'aere grasso,
menando la sinistra innanzi spesso ;

e sol di quell'angoscia parea lasso.


85 Ben m'accors' io ch'egli era da ciel messo,
e volsimi al maestro e quei fé' segno
;

ch'io stessi cheto e inchinassi ad esso.


88 Ahi quanto mi parea pien di disdegno !

Venne alla porta, e con una verghetta


l'aperse che non v'ebbe alcun ritegno.
91 « cacciati del ciel, gente di spetta »
cominciò egli in su l'orribil soglia,
« ond' està oltracotanza in voi s' alletta 9
77. biscia « Dice qui l'Autore la nimi-
: 80-81. al passo ecc.: di passo, cioè cam-
ca biscia, usando questo vocabolo gene- minando co' piedi suoi a fior d'acqua sì
rale quasi di tutte le serpi, per quello che lepiante non si bagnavano.
della idra, la quale è quella serpe che 82. grasso denso, caliginoso, causa il
:

sta nell'acqua, e clie inimica le rane, fumo o nebbia, esalata dallo- Stige.
siccome quella che di loro si pasce » ;
83. sinistra: nella destra portava la
Bocc. - si dileguali « Et modo tota cava
: verghetta, v. 89.
subm ergere membra palude»; Ovid., 84. angoscia del rimuovere dal volto
:

Met. VI, 371. quell'aere grasso, fastidioso che del re- ;

78. s'abbica atteggia il corpo a foggia


: sto egli, messo della severa giustizia di-
di bica. <<Da bica, quel monte de' covoni vina, non era commosso né da pietà pei
del grano di forma conoidea, che fanno i dannati, né da paura dei demoni, né da-
contadini ne' campi dopo segatura, per gli orrori dell' Inf.; cfr. Inf. II, 91-93.
difenderlo intanto dalle pioggie, finché « Solummodo ex ilio magno labore fu-
non sia portato a battersi sull'aia. Se al- gandi fumumvidebatur fessus, quia
cuno osservasse il modo come la si pone maxime laboriosum est adducere veri-
a terra, giù in fondo del bozzo, una rana tatem in lucem » Benv. ;

impaurita, direbbe, anche senza pensare 85. da ciel: Al.: dal o del ciel; cfr.
a D., ch'ella fa di sé una bica, o ch'ella n. a Vili, 83. Dal cielo non potea ve-
s'abbica, così solleva il dosso e si racco- nire Enea (Inf. IV, 122), né Mercurio,
glie tutta raccosciandosi e serrandosi al bensì un angelo.
petto le braccia»; Caverni. AL: si so- 86. e volsimi ecc.: come per chiedere
vrappone, s' attacca, si ammucchia. qualcosa o esprimere proprie impressioni.
79. anime distrutte iracondi « che si
: 87. stessi cheto: tacessi. - inchinassi:
struggevano, mordevano e laceravano a facessi atto di riverenza al messo celeste.
brano a branp»; Dan. Il Betti: «Av- 89. verghetta « gli angeli venivano
:

vilite, vinte da spavento, prostrate da spesso dagli antichi rappresentati con


spavento, o cosa simile come appunto
: una verga d'oro in mano, come vedesi in
fanno le rane che non per altro fuggono, vari dipinti»; Frat. La verghetta è, come
allorché veggono venir la serpe. Ed in- lo scettro, segno di autorità e di comando.
fatti l'orgoglio di queste anime, che ora 91. dispetta: spregevole e spregiata
fuggono così distrutte, era morto ». Cfr. agli occhi di Dio e degli uomini.
Inf. Vili, 100. 93. oltracotanza: orgoglio insolente con
[PORTA DI DITE] INF. IX. 94-110 [MESSO DEL CIELO] 77

94 Perchè ricalcitrate a quella voglia


a cui non può il fin mai esser mozzo,
e che più volte v'ha cresciuta doglia?
07 Che giova nelle fata dar di cozzo ? 1

Cerbero vostro, se ben vi ricorda,


ne porta ancor pelato il mento e il gozzo.
100 Poi si rivolse per la strada lorda,
e non fé' motto a noi, ma fé' sembiante
d'uomo cui altra cura stringa e morda,
103 che quella di colui che gli è davante ;

e noi movemmo i piedi inver la terra,


sicuri appresso le parole sante.
106 Dentro gli entrammo senza alcuna guerra ;

e io, eh' avea di riguardar disio


la condizion che tal fortezza serra,
109 Com'io fui dentro, l'occhio intorno invio;
e veggio ad ogni man grande campagna,
cui resistete ai voleri supremi. - s'al- tatis imago»; Virg., Aen. IX, 294. -
letta si accoglie, cfr. Inf. II, 122.
:
morda: «Si iuris materni cura remor-
94. voglia divina. « Duro è per te il ri-
: det » Virg., Aen. VII, 402. - « Coi quali
;

calcitrare contro il pungolo »; Atti, IX, 5. due esempi di V. si spiega come nel
95. mozzo; tronco, impedito. «Voluntati Messo di D. il pensiero di tornare al
enim eius quis resistit ?»; ad Eom. IX, 19. cielo sia ad un tempo e affetto che strin-
96. più volte: ogni qualvolta voleste ge, e acuto desiderio che morde » ; L.
opporvi ad esso. - cresciuta: secondo gli Vent., Sim. 269.
Scolastici, le pene dei dannati, e spe- V. 104-133. Jja regione degli ere-
cialmente dei demoni, sono aumentabili tici. Entrano per la porta di Dite senza
sino al dì del giudizio finale. incontrare più alcun ostacolo. I più di
97. fata: decreti fatali, immutabili di mille demoni (Vili, 82), le feroci Urine,
Dio. «Fatimi da fari = parlare, è la pa- Medusa, tutto è sparito. Guardandosi
rola dell' Ente immutabile »; Di Siena. - intorno scorge un vasto cimitero. Ovun-
«Fatum est in ipsis causis creatis, in que avelli, e fiamme cl*e li arroventano.
quantum sunt ordinatse a Deo ad ali- I coperchi di essi, sono levati, sicché si
quos effectus producendos»: Thom. Aq., odono i duri lamenti di que' che vi stan-
Sum. ih. I, 116, 2. - dar di cozzo: ur- no dentro. Richiestone, V. dichiara al
tare contro, opporre resistenza. P., ch'entro le tombe stanno i capi
99. pelato ecc.: Quando Cerbero volle delle varie eresie, ciascuno coi proprii
opporsi all' entrata di Ercole nell'Inferno, seguaci.
voluta dal Fato, Ercole gli mise una ca- 104. terra: città di Dite.
tena al collo e lo trascinò sin fuori della 105. appresso ecc.: dopo aver udito le
porta; cfr. Yirg., Aen. VI, 392 sg. parole del messo celeste, v. 91 sgg.
100. strada lorda: palude Stigia. 106. gli: particella avverb. che vale
101. non fé' ecc.: non ci disse parola. 'vi'. - guerra: opposizione.
Il Messo eseguisce quanto Dio gli ha or- 108. condizion stato e specie dei pec-
:

dinato, eh' è di aprire la porta di Dite e catori e forma delle pene. - che: accu-
sgridare i diavoli nulla ha da dire né
: sativo. - serra: rinchiude.
a V. né a D. « Non fecit verbum nobis, 110. ad ogni man: a destra e a sini-
quia nobis servi verat opere » Benv.
; stra. - grande campagna un vasto spa-
:

102. altra cura: per il Messo è la cura zio; dunque gli eretici nor sono collo-
di ritornare in cielo: cfr. Inf. II, 71, 84. cati solo lungo le mura infocate, come
- stringa « Animum patrise strinxit pie-
: alcuni supposero.
78 [porta di dite] Inf. ix. 111-125 [Eli ETICI]

piena duolo e di tormento rio.


di
112 Sì come ad Ai li, ove Rodano stagna,
sì come a Pola, presso del Quarnaro
che chiude e suoi termini bagna,
Italia
115 fanno i il loco varo
sepolcri tutto ;

così facevau quivi d ogni parte, 7

salvo che il modo v'era più amaro ;

118 che tra gli avelli fiamme erano sparte,


per le quali eran sì del tutto accesi,
che ferro più non chiede verun' arte.
121 Tutti li lor coperchi eran sospesi,
e fuor n'uscivan sì duri lamenti,
che ben parean di miseri e d'offesi.
124 E io « Maestro, quai son quelle genti
:

che, seppellite dentro da quell'arche,

112. Arli Arles, città della Provenza,


: era nella località detta Prato grande;
sulla sinistra del Rodano. Le tombed'Ar- v. Bassermann 461 sg.
les sono de' tempi romani. Vedasi una 116. così così vario facevano tutto il
:

leggenda su di esse nella n. al v. 115. luogo gli avelli eh' eran quivi.
- stagna: forma palude. amaro: più doloroso che ad
117. più
113. Fola: città dell'Istria, la Pietas Arli e a Pola eli è laggiù gli avelli sono
;

Iulia dei Romani. - Quarnaro Carnaro : roventi. Credettero questi dannati che
o Quarnero, golfo del mare Adriatico l'anima morisse col corpo; e le anime
fra l'Istria e la costa di Dalmazia. loro giacciono a ino' di cadaveri in avelli;
115. Taro: vario (come avversavo per ma vive e con tormento eterno di fuoco.
avversario, Purg. Vili, 95 centravo per ; 118. tra gli avelli così leggono, si
:

contrario, Purg.XVIII, 15 matera per ; può dire, tutti. Ma, osservando che nel
materia, Purg. XVIII, 37, ecc.), inegua- canto sg., v. 37 sg., D. dice che V.
le per le tombe che s' innalzano nume- lo pinse tra le sepolture a Farinata,
rose in quei piani. « La cagione per che il che non bene si comprende, se tra

ad Arli siano tanti sepolcri, si dice che, gli avelli erano sparte fiamme, Z. F.
avendo Carlo Magno combattuto quivi vuol che si legga: ch'entro agli avelli,
con infedeli et essendo morta grande osservando: «Il musaico d'alcuni codd.
quantità di Cristiani, fece prego a Dio Chetragli fu risoluto in Che tra, gli; lad-
che si potessero conoscere dagl'infedeli, dove, tenendo conto della lineetta so-
per poterli sotterrare e, fatto lo prego,
; vrapposta all'è, volea risolversi in Ch'en-
l'altra mattina si trovò grande molti- tr' agli ». Può chiedersi come potè il P.
:

tudine d' avelli et a tutti li morti una appena entrato in questo cerchio, accor-
scritta in su la fronte, che dicea lo nome gersi che entro gli avelli erano fiamme
e il soprannome e così conosciuti li sep-
; sparte? Del resto anche il Gelli Cast.,
pellirono in quelli avelli »; Buti. - «Sed Campi, leggono come Z. F.
e altri, p. es.
quidquid dicatur, credo quod hoc sit va- Poi. legge tra, ma spiega « Qui tra non :

num et fabulosum et credo quod erat


; ha il senso che prende al v. 38 del C.
ex consuetudine patriae sepelire mortuos, seg. onde, non già tra l'uno e l'altro de-
sicut vidi apud alias inultas terras in gli avelli.... sibbene intra gli avelli, on-
partibus illis, licet non in tanta multitu- de le fiamme gli accendevano ».
Iuxta Polam civitatem est etiam
dine.... 119. accesi: roventi.
magna multitudo arcarum audio quod ; 120. che ferro ecc. : che nessun' arte
sunt quasi septingentse numero, et fer- di fabbro o fonditore esige, per lavo-
tur quod olim portabantur corpora de rarlo, che il ferro sia più rovente.
Sclavonia et Histria sepelienda ibi iuxta 121. sospesi: alzati; cfr. Inf. X, 8.
maritimam»; Benv. La necropoli diPola 125. arche: avelli; cfr. Inf. X, 29.
[porta di dite] Inf. ix. 126-133 [eretici] 79

si fan sentir con li sospir dolenti? »


121 Ed egli a me : « Qui son gli eresiacene,
co 7
lor segnaci, d'ogni setta, e molto
più che non credi son le tombe carene,
130 Simile qui con simile è sepolto,
e i monimenti son più e men caldi. »
E poi ch'alia man destra si fu volto,
133 passammo tra i martìri e gli alti spaldi.

127. eresiarche: (plurale antico di ere- alla miscredenza, non sono peccaminosi,
siarca; cfr. Bull. Ili, 121) capi di ere- che impulso primo alle eresie suol es-
sia. - « Auctor flngit quod quilibet he- sere la sete naturale di sapere. Inoltre
resiarca habet hic arcam magnani, in miscredenza e frode sono due peccati,
qua sunt simul' secum in pcena omnes le cui armi sogliono essere parole false
sequaces eius qui pertinaciter tenue- o parole- ipocrite, simulate. L'andare a
runt, defenderunt et seminaverunt opi- man destra simboleggia dirittura, sin-
nfonem eius erroneam»; Benv. cerità, schiettezza, che sono le migliori
128-129. molto ecc.: in ogni avello vi armi per combattere e miscredenza e
sono assai più anime che tu non credi ;
frode. Avrà dunque voluto il P. inse-
« poiché un altro tratto dell'eresia è che gnarci, che contro la miscredenza e la
molti la professano occultamente, onde fraudolenza, dobbiamo armarci di sin-
ciascuna ha più seguaci che non paia»; cerità e di schiettezza? Forse. Il Land.:
D'Ovidio, St. 280. «La città era mala- « Qui pone che Virgilio volse alla man
mente corrotta di resìa, intra l'altre della destra, et poi dimostra, che poco dopo
setta degli Epicurei per vizio di lussu- alquanto viaggio si volse a sinistra, il
ria e di gola, e era sì grande parte, che che dinota, che '1 viaggio prese a man
intra' cittadini si combatteva per la fede destra, perchè andavano per aver co-
con armata mano in più parti di Firenze, gnizion del peccato, e non coinquinar-
e durò questa maladizione in Firenze sene, ma purgarsene, la qual azione è
molto tempo»; G. Vili. IV, 30. virtuosa. Poi volse alla sinistra a dino-
130. Simile ecc.: ad ogni setta di ere- tar che benché l'operazion sia virtuosa,
tici è assegnato luogo speciale con spe- nondimeno la materia e il suggetto è
ciali tombe in questa regione infernale. vizio.» E VAndr.: «Di cosiffatta ecce-
131. monimenti sepolcri. - più e men
: zione io credo non si possa dare altra
caldi secondo la gravità dell'eresia.
: ragione che questa, che avendo i Poeti
132. alla man destra è un fatto nuovo,
: dovuto fare una grande aggirata (cfr.
opperò D. lo nota. jRel loro viaggio per VIII, 79) per isbarcare alla porta di Di-
l'Inf. i P. volgono sempre a man sini- te, nell" entrare poi si trovassero aver
stra solo 2 eccezioni troviamo a questa
: già percorso più della solita nona parte
regola. La prima qui, dove quelli si vol- del cerchio e perciò questa volta, per
;

gono a man
destra entrando nel cerchio trovare il punto prefìsso alla loro tra-
degli eretici la seconda, quando vanno
; versata nel cerchio seguente, invece di
verso Gerione, simbolo della frode, Inf. procedere a sinistra, avessero dovuto re-
XVII, 31. Quale senso allegorico vi si trocedere a destra. »
nasconda, non è facile indovinare. Qui 133. martìri: avelli roventi, dove so-
può darsi che il P. voglia insegnarci, no martoriati gli eretici. - spaldi parti
:

eie i primi passi sulla via, che porta superiori delle mura; Inf. X, 2.
80 [CERCHIO SESTO] Inf. x. 1-12 [eretici!

CANTO DECIMO

CERCHIO SESTO: ERETICI

FARINATA DEGLI UBERTI, CAVALCANTE CAVALCANTI


FEDERICO II IL CARDINALE

Ora sen va per un secreto calle,


tra il muro della terra e li martìri,
lomio maestro, e io dopo le spalle.
« somma, clie per gli empi giri
virtù
mi volvi » cominciai, « come a te piace,
parlami e sodisfammi a' miei desiri.
La gente che per li sepolcri giace,
potrebbesi veder? Già son levati
tutti i coperchi, e nessun guardia face. »
10 E quelli a me: « Tutti saran serrati,
quando di Josafàt qui torneranno
coi corpi che lassù hanno lasciati.

V. 1-21. Domanda e risposta. Men- 4. virtù somma: uomo sommamente


tre camminano tra muro
e i sepolcri,
il virtuoso. - empi giri cerchi d' Inf. ri-
:

D. chiede a V., che gli va innanzi, di pieni di anime ree d' empietà.
poter vedere coloro che giacciono negli 5. mi volvi mi guidi per un cammino
:

avelli, osservando che tutti i coperchi circolare.


sono levati e che non ci è guardiano. V. 6. a' miei: è retto dal satisfammi
risponde che, dopo il gran dì del giu- Conforme al lat. satisfacere è costrutto
dizio tutti gli avelli saranno serrati in col dativo salvo che qui e nel v. 126 e' ò
;

eterno e soggiunge che nella parte del


;
il dativo e della cosa e della persona.

cerchio dov'essi ora si trovano, sono se- 8. Già: come spesso in antico, ha ca-
polti que' che negarono in vita l'immor- lore qui puramente asseverativo Emi.
;

talità dell' anima, Epicuro co' suoi se- XXV, IX, 121
47. -levati: cfr. Inf.
guaci. Aggiunge poi, cheD. vedrà subito 9. guardia: cfr. Inf. VIII, 82 sgg
appagato e il desiderio espresso e - dice face: fa. D. vuol mostrare, con le cr-
V. che legge nell'animo di D. - anche costanze che rileva nei vv. 7-9. come ap-
un altro che il discepolo ha taciuto. paia possibile vedere i dannati deje
1. secreto: separato, distinto. Yirg., arche infocate.
Aen. VI, 443: «Secreti celant calles. » 11. Josafàt: valle presso Gerusalem-
AL: stretto: Virg., Aen. IV, 405. «Con- me, dove si terrà il ghltìizio finale. « Coi-
vectant calle angusto. » - In favore di gregabo omnes gentes, et deducam eie
questa lez. si adduce il fatto che D. e in vallem Josaphat et disceptabo cu r
:

V. vanuo l'uno dietro l'altro, v. 3. eis ibi.... Consurgant et ascendànt gei


2. martìri cfr. Inf. IX, 133.
: tes in vallem Josaphat: quia ibi sede)»
3. dopo: dietro; il calle è stretto; cfr. ut iudicem omnes gentes in circuitu >
Inf. XXIII, 2. Joel III, 2, 12.
[CERCHIO SESTO] Ine. x. 13-30 [eretici] 81

13 Suo cimitero da questa parte harmo


con Epicuro tutti i suoi seguaci,
che V anima col corpo morta fanno.
16 Però alla dimanda che mi faci,
quinc' entro satisfatto sarà tosto,
e al disio ancor che tu mutaci. »
li)
E io « Buon duca, non tegno riposto
:

a te mio cor, se non per dicer poco ;

e tu in hai 7
non pur mo a ciò disposto »,
22 « tosco che per la città del foco
vivo ten vai così parlando onesto,
piacciati di restare in questo loco.
2:>
La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patria natio,
alla qual forse fui troppo molesto. »
28 Subitamente questo suono uscio
d' una dell' arche ; però m' accostai,
temendo, un poco più al duca mio.

13. SUO: loro; cfr. Inf. XXII, 144. rono suoi nemici, e si vanta di averli
Epicuro filosofo greco, fondatore
14. : scacciati due volte. D. risponde che i
della scuoia degli Epicurei. Fu di Atene, suoi ritornarono ambedue le volte, men-
e nacque nel 341 a. C. Di lui cfr. Cicer., tre i partigiani e parenti del dannato,

De Nat. Deor. I, 26. De Fin. I, 19. Oonv. una volta scacciati, non seppero ritor-
IV, 6, 22. De Mon. II, 5. nar più.
15. che l'anima ecc.: affermano morir 22. tosco toscano. - del foco cfr. Inf.
: :

l'anima col corpo. La negazione del so- XI, 73.


prannaturale, quindi dell' immortalità 23. onesto : garbato e rispettoso (cfr. II,
dell'anima, è centro e pernio di eresia, 113): lo spirito ha udito le riverenti pa-
anzi di irreligiosità e D. nel Conv. II, 9
; role di D. a V. (vv. 4 e 19-20) e dalla
afferma « che intra tutte le bestialitadi breve conversazione de' due ha com-
quella è stoltissima, vilissima, e danno- preso altresì che D. è vivo.
sissima, chi crede, dopo questa vita, al- 24. restare: soffermarti.
tra vita non essere ». 25. loquela: linguaggio. «Loquela tua
18. disio di veder Farinata degli liber-
: manifestum te facit»; Watt. XXVI, 73.
ti; Inf. VI, 79.
cfr. 26. nobil patria: Firenze, «la bellis-
20. per dicer poco: per non importu- sima e famosissima figlia di Koma » ;

narti col troppo parlare, non già per Conv. I, «....la nobiltà e grandezza
3.
tenerti celati i miei pensieri. della nostra città»; G. Vili. I, 1.
21. non pur mo: non soltanto ora: 27. forse « Questo modo dubitativo
:

cfr. Inf. Ili, 76 sgg. Mo deriva dal- di parlare si trovò qui, per usare la dot-
l' aw. latino modo ora. = trina di Cato, il quale dice Non ti lo- :
'

V. 22-51. Farinata degli Vberti, dare e non ti biasimare' [se] senza quello:

Dalla loquela uno spirito avendo rico- forse avesse detto, si biasimava forte-
nosciuto D. per Fiorentino, si alza e mente » Ott. - molesto combattendo
; :

sporge fuori del suo avello invitando il contro i Guelfi di Firenze, cfr. €r. Vili.
P. a fermarsi. D., consigliato e spinto VI, 74-88.
da V., si accosta alla tomba di quello, 30. temendo: perchè «res animos in-
che lo fissa bene in volto, e, non rico- cognita turbat»; Virg., Aen. I, 515; e
noscendolo, gli chiede chi siano stati i fors' anche per l' ambigue parole udite,
suoi antenati. Uditolo, dichiara che fu- v. 24.

6. — Div. Comm., 8^ ediz.


82 [CERCHIO 8] Inf. x. 31-43 [farinata]

31 Ed ei mi disse : « Volgiti : che fai!


Vedi Là Farinata clic s'è dritto :

dalla ci ni ola in su tutto il vedrai. »


34
I'avea già il mio viso nel suo fitto ;

ed ei s'ergea col petto e colla fronte,


come avesse lo Inferno in gran dispitto.
B7 E l' animose man del duca e pronte
mi pinser tra le sepolture a lui,
dicendo : « Le parole tue sien conte ».
40 Coni' io al piò della sua tomba fui,
guardommi un poco, e poi, quasi sdegnoso,
mi dimandò « Chi fur : li maggior tui ? »
43 Io ch'era d'ubbidir desideroso,

31. che fai ì « quasi dicat quid fugis : per l'importanza che gli ha dato il P. e
timide illum ad quem deberes avide ac- per l'alto posto che occupa nel suo pen-
cedere?»; Benv. Il dolce rimprovero di siero. E non lo vediamo ancora e già ce
V. è naturale, poiché D. si mostra ti- lo figuriamo colossale dalle parole di V.:
moroso proprio quando sta per essere Dalla cintola in su tutto il vedrai. Vo-
soddisfatto il disio taciuto. levi vederlo: eccolo tutto innanzi a te»;
Farinata
32. della nobile famiglia
: De Sanctis.
degli Uberti, nato nei primi del Dugen- appena udite le parole Vedi
34. già: '

to, capo della sua famiglia, e per conse- là Farinata ', prima ancora che Virgilio
guenza di parte ghibellina sino dal 1239, avesse finito. - viso: occhi. - nel suo:
cooperò alla cacciata dei Guelfi nel 1248. viso, cioè negli occhi « dove il sembiante
Eitornati i Guelfi nel 1251, Farinata più ficca» Purg. XXI, 111.
si
«fidandosi troppo del riso della fortuna, 35. s'ergea: per la sua grandezza e
e volendo quasi solo governare la repub- fiera alterezza d' animo.
blica» (FU. Vili.), fu cacciato co' suoi nel 36. dispitto dispetto, disprezzo. Vivo
:

1258 (G. Vili. VI, 65) e riparò a Siena, negò la vita futura, morto la disprezza.
e di là addimandò ed ottenne aiuto dal re « Fuit enim Farinata superbus cum tota
Manfredi, onde sconfisse nel 1260 l'eser- sua stirpe»; Benv.
cito guelfo a Montaperti presso il fiume 38. pinser: spinsero. - lui: Farinata.
Arbia (G. Vill.VI, 78) e rientrò trionfante 39. conte: o dal lat. cognitus, o da
in Firenze, donde i Guelfi furono discac- comptus. I più intendono Parole chiare,
ciati. Ei solo si oppose nella dieta di Em- precise, meditate altri Parole contate,
;

poli al consiglio di disfare la città di Fi- misurate: altri Parole ornate, cortesi,
renze (G. Vili. VI, 81). Morì nel 1264. «Fu dignitose. Il Parodi, fondandosi su al-
di statura grande, faccia virile, membra cuni luoghi di F. Da Barberino, crede
forti, continenza grave, eleganza solda- che il vocabolo valga 'convenienti' (Bull.
tesca, parlare civile, di consiglio saga- Ili, 150).
cissimo, audace, pronto e industrioso in 40. Com'io al pie: Al.: Tosto ch'ai pie.
fatti d'armi. Fiorì, vacante l'imperio per 41. guardommi per riconoscermi. -
:

la morte di Federigo II » FU. Vili., ; quasi sdegnoso: dopo le parole di pre-


Vite. - « Imitator Epicuri non credebat. ghiera quasi accorata a colui che ha ri-
esse alium mundum nisi istum; unde conosciuto tosco e fiorentino (vv. 22-27),
omnibus modis studebat excellere in ista Farinata, trovandosi ora di fronte ad
non sperabat aliam me-
vita brevi, quia esso, ripiglia la, sua naturale fierezza e
liorem»; Benv. parla in tono quasi sdegnoso si noti il :

33. tutto : « l' inattesa comparsa di Fa- quasi che ci fa vedere come uno sforzo
rinata sulla scena è apparecchiata in nel fiero uomo di dominare un po' la
modo, eh' egli è già grande nella nostra propria natura.
immaginazione, e non l'abbiamo ancora 43. ubbidir: a V., che gli ha detto:
né veduto né udito. Farinata è già grande «Le parole tue sien conte», e a Fari-
[CERCHIO SESTO] INF. X. 44-56 [farinata] 83

non gliel celai, ma tutto gliel' apersi ;

oncl'ei levò le ciglia un poco in soso,


IO poi disse : « Fieramente furo avversi
a me e a ?
miei primi e a mia parte,
sì che per due fiate li dispersi. »
4-.)
« S' ei fur cacciati , ei tornar d' ogni parte »
rispuos' io lui « V una e l' altra fiata ;

ma i vostri non appreser ben quell'arte. »


Allor surse alla vista scoperchiata
un' ombra lungo questa infìno al mento :

credo che s' era in ginocchie levata.


5r, Dintorno mi guardò come talento i

avesse di veder s' altri era meco )

nata che gli ha rivolta la domanda e per V. 52-72. Cavalcante Cavalcanti,


il quale egli sente nell'animo stima e ri- Simile qui coìi simile è sepolto. Mentre
verenza; cfr. VI, 79. D. parla con Farinata, sorge dallo stesso
44. tutto ecc.: gli dissi apertamente e avello un' altr' ombra, e dimanda al P.
pienamente- ciò ch'ei desiderava di sa- vedendolo solo « Perchè mio figlio non
:

pere de' miei maggiori. è teco? » D. risponde « Io sono con co-


:

45. levò ecc. atto naturale di chi si


: lui che vostro figlio ebbe. a disdegno.»
concentra, sforzandosi di richiamare « Ebbe? Non vive egli dunquepiù? » D.
qualche cosa alla memoria. - in soso: esita un momento a rispondere, e l'om-
in su, in alto. Soso e suso per 'su' son bra ricade, né più si rialza. È l'ombra
forme comuni presso gli antichi. di Cavalcante Cavalcanti, guelfo, padre
46. furo: i tuoi maggiori. di Guido. Di lui Iac. Dant.: « Con si-
47. primi antenati. - parte ghibellina.
: : migliante credenza vivendo si ritenne ».
48. (lue fiate : la prima volta nel 1248, - Bocc.: « Leggiadro e ricco cavaliere, se-
colla forza dell'imperatore Federigo II, guì l'opinion d'Epicuro, in non credere
cfr. G. Vili. VI, 33 la seconda nel 1260,
; che l'anima dopo la morte del corpo vi-
dopo la battaglia di Montaperti, cfr. vesse, e che il nostro sommo bene fosse
G. Vili. VI, 79. - dispersi scacciandoli : ne' diletti carnali». ~ Benv.: «Iste....
da Firenze e mandandoli in esilio. sarpe habebat in ore istud dictum Salo-
49. d'ogni parte da ogni luogo ove si
: monis: TJnus est interitus hominis- et ju-
erano ricoverati. mentorum, et cequa utriusque conditio».
50. l'ima: nel gennaio 1251, dopo la - Buti: «Fu della setta di messer Fa-
sconfitta dei Ghibellini a Fegghine, cfr. rinata in eresia, e però lo mette seco in
G. Vili. VI, 38, e dopo la morte di Fede- un sepolcro; e non mostrò l'eresia sua
rigo II e di Einiero di Montemerlo, suo sì palese, come messer Farinata, e però
podestà a Firenze, cfr. G. Vili. VI, 42. fìnge che non si mostri tanto fuori dei
- l'altra :nel 1266, dopo la morte di Man- sepolcro; e non fu ancor sì superbo, e
fredi, cfr. G. Vili. VII, 13 sg. però finge che si levasse in ginocchia,
51. vostri: Ghibellini. - arte: di ritor- e non ritto come messer Farinata».
nare a Firenze dopo esserne stati di- 52. vista: apertura o bocca dell'avello,
scacciati. « Cacciati a pasqua del 1267 al cfr. Purg. X, 67. - scoperchiata tutti
:

venire di Guidoguerra, mandatovi da i coperchi essendo levati, vv. 8-9.


Carlo d'Angiò, nessuno ne tornò per al- 53. lungo: accanto; cfr. Inf. XXI, 98,
jora ma taluni nel febbraio del 68, per
; Purg. XXVII, 83 ecc. - questa: l'ombra di
intercessione del legato apostolico. Lo Far.- mento: sporse dunque tutta la testa.
e degno di Farinata muove Dante, mal- 54. credo: poiché non la vedeva che
grado la riverenza, ad acerba risposta. dal mento in mentre Farinata, ch'era-
su,
Forse voli' egli rimproverare ai compa- si rizzato, si vedeva dalla cintola in su.
gni d' esilio, che non sapessero riacqui- - in ginocchie: Al.: in ginocchion.
stare la patria»; Tom. 55. talento: voglia, desiderio.
84 [capono sesto] Ini", x. 57-68 [cavalcanti;]

ma poi che il sospecciar fu tutto spento,


58 « Se per questo cieco
piangendo disse :

carcere vai per altezza d' ingegno,


mio figlio ov' è ? e perchè non è teco ? »
ci
E io a lui : « Da me stesso non vegno :

colui eh' attende là, per qui mi mena,


Guido vostro ebbe a disdegno »
forse cui
U Le sue parole e '1 modo della pena
m'avean di costui già letto il nome;
però fu la risposta così piena.
Di subito drizzato, gridò « Come? :

dicesti ' Egli ebbe '


? non viv' egli ancora

57. sospecciar: sospetto, dubbio. Al. era soprattutto da scienziato e da pen-


suspicar (cfr. il lat. suspicari) o suspic- satore, da filosofo naturale e da laico;
ciar. Cfr. Purg. XII, 129. nella poesia, nella lirica soltanto, si se-
58. cieco privo di luce e di conoscenza.
: gnalò perchè aveva fino l'ingegno e l'ani-
60. mio Aglio Guido Cavalcanti, nato
: mo, toscanamente temprato il gusto, ma
a Firenze verso il 1250, morto ivi nel- s'era formato solo sui provenzali e sul
l'agosto del 1300, lirico squisito, « que- Guinicelli. Fu una singolarità dell'in-
gli - dice D. - cui io cliiamo primo de' gegno sovrano di Dante il sublimare in
miei amici»; Vita N., 3. - « Era, come sé codeste medesime facoltà mercè l'acu-
filosofo, virtudioso uomo in più cose, se to senso, affatto ignoto sino a lui, del-
non ch'era troppo tenero e stizzoso»; l' arte antica e di spingersi fino alla
;

a. Vili. Vili, 42 cfr. Bocc., Dee. G. VI,


;
ideazione d'un poema classicamente ro-
nov. 9. FU. Vili., Vite. - teco compa- : mantico, ricalcando l'Eneide più di quel
gno del viaggio e partecipe della gloria. che generalmente si dica, nonostante lo
61. Da me: Cavalcante suppone che, dica in tutti i toni egli stesso» (p. 176).
per fare un viaggio di tal natura, basti Il disdegno dunque «non può riguardare
l' altezza d'ingegno-, nella sua risposta che l'Eneide e se l'epicureismo di Guido
;

D. accenna che ci vuol altro ancora. c'entra per qualcosa, sarà come antitesi
63. ebbe: il motivo del disdegno di alla religiosità dell'Eneide, alle sue de-
Guido per V. non è chiaro. Alcuni spie- scrizioni della vita futura, a quello in-
garono Perchè Guido non amava il lati-
: somma che pel mistico Dante fu una
no, cfr. Vita N.i § 30. Al.: Perchè Guido delle principali attrattive e ispirazioni »
stimava più la filosofìa che non la poesia (p. 197).
(ma non era egli stesso poeta?) Al.: Gui- 64. le sue parole che mostravano es
:

do, guelfo, ebbe in dispetto V., non come sere chi parlava padre di un amico in
poeta o filosofo, ma come cantore entu- timo e degno di D. - modo della pena
siastico dell' impero. Al. Perchè per : che Cavalcante Cavalcanti era stato no^
l'epicureo Guido, V. era troppo religio- toriamente epicureo.
so, o perchè V. rappresenta la ragione insegnato, manifestato. Al.
65. lètto :

sommessa alla fede. - Al. riferirono il detto. Cfr. Moore, Crit., 298 sg.
disdegno di Guido non a V. ma a Bea- 66. piena compiuta in ogni sua parte.
:

trice ecc. Cfr. Del Lungo, Dal secolo e 67. drizzato: in piedi; fin qui ei s'era
dal poema di Dante, pp. 3-61, e D'Ovi- soltanto levato ginocchione, v. 54; ma
dio, Studii sulla D. C., pp. 150 sgg. - quando d' improvviso gli è annunziato
Che il disdegno di Guido sia soprattutto, - così almeno egli crede o teme - che
per non dire esclusivamente, per Virgi- è morto, alla pacata tristezza sin
il figlio
lio poeta, è l'opinione ora validamente qui mostrata, sottentra un vivo, cocente
difesa dal D'Ovidio, il quale un tempo dolore e quasi terrore, che lo fa rizzare
aveva opinato altrimenti. Egli scrive, in piedi e lo porta a investir di domande
fra. l'altre, le seguenti giustissime pa- il viatore infernale intorno a quella pe-

role « La cultura e la tendenza di Guido


: nosa notizia.
[CERCHIO SESTO] INF. X. 69-84 [farinata] 85

non fiere gli occhi suoi lo dolce Ionie? »


70 Quando' s'accorse d'alcuna dimora
eli' io faceva dinanzi alla risposta,

supin ricadde, e più non parve fuora.


78 Ma quell' altro magnanimo a cui posta
restato m' era, non mutò aspetto,
uè mosse collo, né piegò sua costa ;
70 E « Se » continuando al primo detto
« s' egli han quell' arte » disse « male appresa,
ciò mi tormenta più che questo letto.
79 Ma non cinquanta volte fìa raccesa
la faccia della donna che qui regge,
che tu saprai quanto quell' arte pesa.
82 E se tu mai nel dolce mondo regge,
dimmi, perchè quel popolo è sì empio
incontro a' miei in ciascuna sua legge ? »
69: Aere: cfr. Inf. IX, 69.
ferisce; è anche da rilevare la frase non aver
Purg. XXVIII, - lome: luce del sole,
8. imparata l'arte, frase familiare, da pro-
cfr. Eccl. XI, 7 lome per lume sarà un
;
verbio, popolare, artigiana: adattissima,
caso della cosiddetta rima bolognese (Pa- quindi, all'ironia democratica guelfa con-
rodi, Bull. Ili, 96). tro quel superbo ghibellino che ostenta
70. dimora indugio il motivo del suo
: : ancora, laggiù nell'inferno, le sue gran-
indugio lo dice poi, v. 94, sgg. digie di fedel dell'Impero.... E Farinata
71. dinanzi ecc.: prima di rispondere. da del tu a D. famigliarmente e D. a ;

72. ricadde il preterito ebbe, v. 63, e


: Farinata e poi a Cavalcante del voi. con
il breve silenzio di Dante, v. 70, l'in- reverenza di minore a maggiori; come
dussero a credere che Guido fosse già dei personaggi episodiaci del viaggio, a
morto. Morì (cfr. n. al v. 60) poco doj)o due altri soli a ser Brunetto e a mes-
:

l'epoca fittizia della visione dantesca. ser Cacciaguida » Del Lungo, Lectura
;

V. 73-93. Ancora Farinata. La sce- Dantis, p. 20 sg.


na di Cavalcante non ha punto commosso 78. letto: avello rovente. Il letto di
Pannata, che tutto fìsso alla risposta ul- morte dell'anima è terribilmente diver-
tima datagli dal P. (vv. 49-51), ribatte so da quello sognato mentre viveva.
che l'udire come i suoi non abbiano ben 80. donna: Proserpina (=Luna), mo-
appresa l'arte del tornare in patria, gli è glie di Plutone, il Dio dell'Inferno; cfr.

più grave che la stessa pena d' Inferno. Inf. IX, 44. Senso: non passeranno cin-
Vaticina poùa D. l'esilio, e gli chiede quanta plenilunii (quattro anni e. due
perchè i Fiorentini continuino ad incru- mesi), che tu sperimenterai quanto è diffi-
delire contro i suoi. D. risponde « : A cile, quanto pesa, il ritornare a Firenze a
motivo della sanguinosa battaglia di cbi ne è stato bandito. E nel giugno 1304,
Monta perti». E Farinata: questa «A epoca a cui si allude in questi versi, Dante
battaglia non fui io solo; bensì fui io lo sapeva troppo bene, vani essendo riu-
solo che salvai Firenze». sciti tutti gli sforzi dei Bianchi di rien-
73. a cui posta: «a cui richiesta»; trare in Firenze cfr. G. Vili. Vili, 60,
;

Bocc: cfr. sopra v. 24. 69, 72, ecc. D'Ovidio, St. 549 sgg.
74. non mutò: benché Guido Caval- 82. se :desiderativo così tu ecc. -
:

canti fosse suo genero. regge ritorni (da redeas) cfr. Parodi,
: ;

75. mosse AL: torse


:
; cfr. Z. F., 66 sg. Bull. Ili, 130 e XXIII, 31. Per il pen-
76. (letto : il discorso interrotto dal- siero cfr. Inf. XVI, 82 sg.
l'ombra del Cavalcanti. 83. popolo: Fiorentino. - empio: cru-
77. egli eglino, cioè quei vostri del v.
: dele, spietato.
51. - arte di ritornare a Firenze. « Dove
: 84. a' miei: agli Uberti. -in ciascuna
86 [cerchio sesto] Ixk. x. 85-100 [F A RINATA]

Ond' io a lui : « Lo strazio e il grande scempio


che fece l'Arbia colorata io rosso,
tali orazion fa far nel nostro tempio ».
88 Poi ch'ebbe sospirato e '1 capo mosso,
« A ciò non fu' io sol » disse, « nò certo
senza cagion con gli altri sarei mosso.
01 Ma fu' io solo là dove sofferto
fu per ciascun di torre via Fiorenza,
colui che la difesi a viso aperto. »
94 « Deh, se riposi mai vostra semenza »
lui, « solvetemi quel nodo
prega' io
che qui ha inviluppata mia sentenza.
97 E' par che voi veggi ate, se ben odo,
dinanzi quel che il tempo seco adduce,
e nel presente tenete altro modo. »
100 « Noi veggiam, come quei e' ha mala luce,
sua legge: «Fra tutti i Ghibellini, in- Fiorentini suoi avversarli, -altri: Ghi-
fatti, sugli U berti, clie erano considerati bellini. - mosso: a combattere.
come i capi della Parte, si aggravava 91. colà: a Empoli, dove (G. Vili. VI,
la maledizione della patria: le loro case 81), Far., nel convegno dei Ghibellini
spianate, e fattovi piazza, la piazza della Toscani, disse, contro chi voleva di-
Signoria, perchè mai non si rifabbricas- strutta Fir., che « s'altri ch'egli non fos-
sero da ogni richiamo di esuli (in cia-
; se, mentre eh' egli avesse vita in corpo,
scuna sua legge) eccettuati gli Uberti; con la spada in mano la difenderebbe ».
al loro nome apposta popolarmente la V. 94-120. Il vedere dei dannati*
qualificazione di 'nemici del Comune'; Farinata ha predetto a D. il futuro Ca- ;

se a mano del Comune veniva alcuno valcante si è mostrato ignaro del pre-
di loro, decapitati si legge altresì che
: sente. Quest'è un enimma, e D. prega
alle litanie fosse aggiunto questo ver- Farinata che glielo sciolga. E il dannato
setto di nefanda preghiera a Dio, ut '
risponde « Noi, per volere di Dio, sap-
:

domum Ubertam disperdere et eradicare piamo le cose lontane, l' avvenire ma ;

digneris' »; Del Lungo, o. e, 31. nulla possiamo saper più, quando le cose
86. rosso: di sangue. Allude alla bat- s'avvicinano ad essere, o sono. » Saputo
taglia di Montaperti siili' Arbia, 4 set- ciò, D. prima prega^Far. di dire al Cat
tembre 1260. Di questa scriveva un con- valcanti che il suo Guido vive ancora)
temporaneo: «tutte le strade e' poggi e poscia di nominare i suoi compagni»
ogni rigo d' acqua pareva uno grosso « Siamo qui » risponde Farinata, « pili
fiume di sangue»; Bull. XXV, 18. di mille tra gli altri e' è Federigo II e il
;

87. orazion leggi, decreti, -tempio:


: Cardinale degli altri non vo' dir nulla»*
;

chiesa -di S. Giovanni, dove solevansi Cfr. Parodi, Bull. XIX, pp. 169-183. I

radunare i priori e i savi del popolo fio- 94. se: desiderativo: così possa ripoj
rentino. Del Lungo « tempio, forse, pro-: sare una volta la vostra discendenza !

prio la chiesa, e fors' anche con allusione 95. nodo: dubbio, difficoltà.
a quella preghiera nefanda oppure deve ; 96. sentenza: pensiero.
intendersi figuratamente La memoria di '
97-98. veggiate: va unito con dinanzi'.
Montaperti fa'esser tali i sentimenti del preveggiate. Se ben odo, cioè se ben in-*
popolo fiorentino verso di voi. » '
tendo, pare che voi prevediate le cose
88. sospirato: per il dolore nell'udire future: anche Ciacco avea predetto a
che i Fiorentini, dimentichi di Empoli, D. il futuro, Jnf. VI, 64 sgg.
serbano solo memoria di Montaperti. 99. tenete altro modo: cioè non cono-'
89. A ciò alla battaglia di Montaperti.
: scete le cose presenti.
90. cagion era esule perseguitato dai
: 100. Noi dannati in generale, sebbene
:
[CERCHIO SESTO] Inf. x. 101-120 [prescienza dei dann.] 87

» disse « che ne son lontano ;


le cose
cotanto ancor ne splende il sommo duce.
103 Quando s'appressano o son, tutto è vano
nostro intelletto; e s'altri non ci apporta,
umano.
nulla saperti di vostro stato
106 Però comprender puoi che tutta morta
fìa nostra conoscenza da quel punto

che del futuro


chiusa la porta. » ria
109 Allor, come di mia colpa compunto,
dissi : « Or direte dunque a quel caduto
che il suo nato è co' vivi ancor congiunto :

112 e s'io fui dianzi alla risposta muto,


fate i saper che il fei, perchè pensava
già nell'error che m'avete soluto. »
115 E maestro mio mi richiamava ;
già il

per eh'
i' pregai lo spirito più avaccio

che mi dicesse chi con lui istava.


118 Dissemi « Qui con più di mille io giaccio
: :

qua dentro è lo secondo Federico,


e '1 Cardinale; e degli altri mi taccio ».

Ciacco sembri vedere anche il presente ; la n. a Inf. Ili, 31). Pensare in


usarono
cfr. Inf. VI, 73 sgg. - ha mala luce è : sovente XII, 31 sg.
gli antichi; cfr.
presbite. 116-117. più avaccio ecc.: più alla le-
101. che ne son lontano: che debbono sta; va unito a mi dicesse '. Per 'avac-
'

avvenire in un futuro non prossimo. cio cfr. Inf. XXXIII, 106 Par. XVI,
'
;

102. cotanto ecc.: «Iddio cotanto di 70. - con lui: nello stesso avello; cfr.
splendore ancora dà a noi dannati, che Inf. IX, 129.
noi sappiamo le cose future per le loro 119. Federico: l'imperatore Federigo H.
cagioni»; Buti. Fu accusato di grave eresia, anzi di atei-
103-104. s'appressano ecc.: quindi Ca- smo, e creduto (a torto) di essere autore
valcante non sa nulla della morte vicina del libro De tr'ibus impostoribus.
del suo Guido. - altri: dannati che ar- 120. Cardinale: il famoso Ottaviano,
rivano di fresco. - apporta novelle del : o Attaviano, degli TTbaldini il quale fu
dolce mondo, v. 82. vescovo di Bologna dal 1240 al 1244,
106. morta estinta « Scientia destrue-
: ; cardinale dal 1245, morto nel 1273. «Fu
tur»; I ad Cor. XIII, 8. un mondano uomo, lo quale ebbe tanta
107. punto: dopo il giudizio finale, cura di queste mondane cose, che non
quando non ci sarà più tempo avvenire. par ch'elli credesse che altra vita fosse
109. colpa : di avere indugiato a rispon- che questa: fu molto di parte d'imperio
dere alla dimanda di Cavalcante, v. 67-72, e fece tutto quello che seppe in suo ara-
e così dato al suo cuore di padre la tre- torio. Avvenne ch'egli, avendo bisogno
menda convinzione della morte del figlio. di- soccorso di moneta, dimandolla alla
110. quel caduto: cfr. v. 72. parte ghibellina, o vero d'imperio di To-
111. nato: figliuolo; Inf.IY, 59. Par. scana: fulli vietato; sì che costui, la-
XXII, 142 ; XXIII, 2. Cfr. la n. al v. 60. mentandosi, disse quasi conquerendo
112. dianzi : poco fa. - muto : lì per lì d'essi: 'Io posso dire, se è anima, che
non gli risposi, v. 70 sg. l' ho perduta per parte ghibellina, e un

113. i: gli. solo non mi soccorre'; sì che mostrò in


114. nell'error: è il dubbio (il nodo questo suo parlare quando disse se è ani-
del v. 96) circa il veder de' dannati (cfr. ma, ch'elli non fusse certo d'avere ani-
88 [CERCHIO sesto] Inf. X. 121-136 [SOSTA DEI POETI]

121 Indi s'ascose; e io invér l'antico


poeta volsi i passi, ripensando
a quel parlar che mi parea nimico.
124 Egli si mosse; e poi, così andando,
disse : « Perchè se' tu sì smarrito ì »
E io gli satisfeci al suo dimando.
127 « La mente tua conservi quel eh' udito
hai contra te » mi comandò quel saggio.
« E ora attendi qui » (e drizzò il dito) :

130 « quando sarai dinanzi al dolce raggio


di quella il cui bell'occhio tutto vede,
da lei saprai di tua vita il viaggio. »
133 Appresso volse a man sinistra il piede :

lasciammo il muro e gimmo invér lo mezzo


per un senti er eh' ad una valle fiede,
136 che infìn lassù facea spiacer suo lezzo.
ma»; Lan. Lo stesso ripetono Ott., Cass., tentativi di rimpatriare rende D. tacito
Bocc, ecc. - «Fuit vir valentissimus e pensoso. V. lo conforta, predicendogli
tempore suo, sagax et audax, qui curiani che B. gli svelerà a suo tempo i suoi
romanani versabat prò velie suo, et ali- casi venturi (il che non fa poi B., ma
quando tenuit eain in montibus Floren- Cacciaguida, Par ad. XVII). Quindi i

tiae in terris suorum per aliquot menses ;


due Poeti continuano loro viaggio. il

et ssepe defendebat palam rebelles ec- 121. s'ascose: nel suo avello, non ri-
clesia}contra Papam et Cardinale^ fuit
; cadendo giù come Cavalcante, ma ripo-
magnus protector et fautor ghibelino- nendosi a giacere, sempre dignitoso.
rum, et quasi obtinebat quidquid vole- 123. parlar di Farinata, v. 79, 81 ni-
:
;

bat. Ipse fecit primum Archiepiscopum mico, perchè prediceva sciagure.


de domo Vicecomitum Mediolani, qui 125. smarrito: perturbato.
exaltavit stirpem suam ad dominium il- 126. satisfeci cfr. v. 6 e la nota.
:

altam potentiam in Lom-


lius civitatis et 127-128. mente memoria. - contra te : :

bardia: erat multum honoratus et for- circa i futuri casi, avversi a te.
midatus: ideo, quando dicebatur tunc : 129. attendi qui fa' attenzione a quello
:

'Cardinalis dixit sic: Cardinalis fecit che ora io ti voglio dire. - drizzò il dito :

sic', intelligebatur de Cardinali Octa- « alzò la mano, additando in alto »; Bel


viano de Ubaldinis per excellentiam. Lungo, o. e.
Fuit tamen epicureus ex gestis et ver- 131. quella: Beatrice. - tutto vede: V.
bis eius»; Benv. - altri «Con quell'acri
: sa tutto (Inf. VII, 3) ne' limiti dell'uma-
volle certamente il P. che Farinata in- na ragione B. vede ogni cosa in Dio.
;

dicasse tutta quella povera gente che 132. da lei: solo indirettamente. B. gli è
[in Fir.] nei misteri dei conciliaboli pa- guida nel Par. e lo esorta a interrogar
,

terini.... traviava i sentimenti religiosi, Cacciaguida, e questi, non B., chiarirà a


in cotesta età riboccanti »; Bel Lungo, Dante « di sua vita il viaggio»; v. Par.
o. e, dove si ricorda come un processo XVII, 7 sgg. e in particolare i vv. 94-96.
dell'Inquisizione contro quelli eretici 134. muro della città di Dite. - mezzo
: :

colpiva « con sentenza condannatoria, del cerchio. Sin qui V. e D. avevano


nel 1283, diciannove anni dopo la morte, camminato lungo le mura cfr. vv. 1-3. ;

Farinata degli liberti e, viventi, la mo- 135. flede : ferisce, riesce all'orlo donde
glie suaMaria Adeletta e i figliuoli ». si scende nel settimo cerchio.
V. 121-136. Conforti di Virgilio. La 136. lassù dove eravamo. - lezzo puz-
:
;

nuova predizione dell'esilio e dei vani zo: cfr. XI, 4-5.


[CERCHIO SESTO] Inf. xi. 1-8 [PAPA ANASTASIO] 89

CANTO DECIMOPBIMO

CERCHIO SESTO: ERETICI

TOMBA DI PAPA ANASTASIO


DISTRIBUZIONE DEI DANNATI NELL'INFERNO

In su l'estremità d'un' alta ripa


che facevan gran pietre rotte in cerchio,
venimmo sopra pia crudele stipa ;

e quivi, per l'orribile soperchio


del puzzo che profondo abisso gitta,
il

ci raccostammo dietro ad un coperchio


d'un grande avello, ov' io vidi una scritta
che diceva: « Anastasio papa guardo,

V. 1-13. La tomba di papa Ana~ 4.soperchio eccesso. :

sta s'io. I due P. sono già sull'orlo in- puzzo: simbolo della nauseante brut-
5.

terno del 6° cerchio ma il puzzo enorme


; tezza delle piti gravi colpe. « Bona fama
che vien su dal cerchio sottostante, li bonus odor, mala vero foetor » S. Ag. ;
'

induce a raccostarsi ad un sepolcro (che cit. dal Post. Oass. Cfr. Eccl. VII, 2.
è di un papa eretico), e lì soffermarsi 6. raccostammo ritirammo. - coper-
:

per abituare il senso a tanto puzzo. chio: levato cfr. Inf. IX, 121; X, 8-9.
;

1. estremità: orlo. - ripa: per cui dal 7. grande : per poter contenere il gran
6° cerchio, degli eretici, si scende al se- numero di monofisiti (credenti che Cri-
guente, eh' è dei violenti. sto fosse solo uomo). La scritta nomina
2. che: accusativo; la quale ripa. - soltanto un papa, capo della Chiesa.
facevan formavano. - gran pietre ecc.:
: 8. Anastasio: Anastasio II, che fu
la ripa era formata di grandi pezzi di papa dal 496 al 498. Vivendo al tempo
roccia staccati, effetto di un terremoto dello scisma tra la chiesa
orientale e
violento; cfr. Inf. XII, 31 sgg. V occidentale, ed amando assai la pace,
3. stipa: congerie, ammassamento di spedì nel 497 due vescovi legati all' Im-
spiriti più crudelmente tormentati. « Que- peratore greco, pregandolo di togliere
sta voce stipa (quando ella è nome, co- dai sacri Dittici il nome di Acacio, ere-
nvella è qui) significa una massa di sterpi, tico, già vescovo di Cesarea in Pale-
come sono i pruni, ginestre e altre cose stina. Verso lo stesso tempo venne a
simili, tagliate e inviluppate insieme a Roma Fotino, diacono di Tessalonica e
caso, e fattone fastella per la comodità seguace di Acacio. Anastasio II lo ac-
del portarle, per arderle di poi nelle for- colse amorevolmente e comunicò con Ini,
naci, o adoperarle a riempire fosse o ba- il che eccitò l' ira del clero di Roma.
stioni, o altre simili macchine. Onde è Quindi la leggenda accolta anche da
presa qui questa tal voce, metaforica- Graziano, Decret. dist. XIX, 8-9, che
mente o per traslazione, dal Poeta; per Anastasio II fosse stato condannato
la moltitudine delle anime racchiuse in dalla Chiesa; e tutti gli storici eccle-
questo baratro infernale » Qelli. - Cfr.
; siastici sino al secolo XVI, lo dissero a
Inf. VII, 19; XXIV, 82. torto eretico; cfr. Doellinger, Papstfa-
90 [CERCHIO SESTO] INF. xi. 9-22 [basso inferno]

Fotin dalla via dritta ».


lo qual trasse
LO « Lo nostro scender conviene esser tardo
sì che s'ausi prima un poco il senso

al tristo fiato non fìa riguardo. »


; e poi
13 Così il maestro ed io «Alcun compenso »
j

dissi lui « trova, che il tempo non passi


perduto ». Ed egli : « Vedi eh' a ciò penso »,
16 « Figliuol mio, dentro da cotesti sa^si »
cominciò poi a dir «son tre cerchietti
di grado in grado, come quei che lassi.
19 Tutti son pien di spirti maladetti ;

ma perchè poi ti basti pur la vista,


intendi come e perchè son costretti.
22 D' ogni malizia, ch'odio in cielo acquista.

beiti, Monaco, 1863, p. 124 sgg. D. seguì a dire dei traditori, distinti alla lor volta
la tradizione erronea, a' suoi tempi cre- in 4 classi, punite in 4 distinto zone,
duta storia vera. Altri suppongono che concentriche, di esso cerchio.
il P. facesse confusione tra Anastasio II 14. Ini a lui. - tempo
: « Tutte le no- :

papa e il suo contemporaneo Anastasio I, stre brighe, se bene vogliamo cercare li


imperatore (491-518), che sarebbe stato loro princìpi, procedono quasi dal non
indotto all' eresia da Fotino. - guardo : conoscere l' uso del tempo »; Gonv. IV,
custodisco. 2; cfr. Purg. Ili, 78; XVII, 84. Par.
9. lo qual: accusativo. - Fotin: dia- XXVI, 4 sgg.
cono di Tessalonica, da non confondersi 16. dentro: al disotto della cinta for-
come fecero molti, i quali accusarono il mata dalle gran pietre rotte (v. 2), e
P. di anacronismo (cfr., p. es., Parto- quindi dentro, che i cerchi inferiori, più
Uni, Studi dant. I, Siena, 1889), col stretti, sono abbracciati tutti da essa.
molto più conosciuto sabeiliano Fotino, 17. cerchietti: diminutivo per ri-
il

vescovo di Sirmio, condannato come ere- guardo più ampii.


ai cerchi fuori di Dite,
tico dai concilii di Antiochia (345), di 18. di grado in grado digradanti via :

Milano (347) a di Sirmio (351). - dalla via come i sei già percorsi.
Tia dritta dalla via della fede cattolica.
: 19. spirti maladetti diavoli e dannati.
:

10-12. tardo: ritardato dalla sosta. - « Discedite a me, maledirti, in ignem


s'ausi, cioè e' avvezzi, il senso, che qui aaternum, qui prseparatus est diabolo et
è l' odorato, al tristo flato, ossia, cat- angelis eius»; Matth. XXV, 41.
tiva esalazione. - non fia riguardo non : 20. ti basti per sapere qual sorta di
:

ci bisognerà più cautela, cioè continue- peccatori si trova in ogni cerchio, senza
remo franchi il nostro viaggio senza cu- più dimandarmene. Infatti non leggere-
rarci della fetida esalazione. mo più d' ora in poi dimando come Inf.
V. 13-66. Divisione del basso In- Ili, 33, 73; IV, 74 V, 50-51 VII, 37-38;
; ;

ferno. Per non passare inutilmente il IX, 124, sebbene non manchino schiari-
tempo, V. disegna a D. com' è fatto il menti e indicazioni particolari.
basso Inferno. Vi sono 3 altri cerchi il : 21. come in qual modo e secondo qual
:

1° de' violenti, distinto in 3 gironi (vio- ordine gli spiriti maladetti sono costretti,
lenti contro il prossimo, contro sé stessi cioè stretti insieme, stipati. Alcuni rife-
e contro Dio); il 2° dei frodolenti che usa- riscono costretti ai cerchietti e spiegano :

rono la frode con chi non aveva partico- Sono stretti, serrati 1' un dentro l' altro;
lar ragione di fidarsi di essi (distinti in cfr. Piane, Versuch, 103 sg.
dieci classi e puniti in dieci fossi o, bol- 22. odio: «Odisti omnes, qui operan-
ge) l'ultimo, e più profondo, de' frodo-
; tur iniquitatem » Psal. V, 7. - « Cum
;

lenti eh e .usarono la frodecon chi aveva autemduobus modis, idest vi aut fraude,
particolar ragione di fidarsi di loro, vale fìat iniuria, fraus quasi vulpeculse, vis
[cerchio sesto] Inf. xi. 23-40 [basso inferno] 91

ingiuria è il fine, e ogni fin cotale

o con forza o con frode altrui contrista.


25 Ma perchè frode è dell' uom proprio male,
più spiace a Dio ; e però stan di sutto
li frodolenti e più dolor li assale.
28 De' violenti il primo cerchio è tutto ;

ma perchè si fa forza a tre persone


in tre gironi è distinto e costrutto.
31 A Dio, a sé, al prossimo si puone
far forza, dico in loro e in lor cose,
come udirai con aperta ragione.
Morte per forza e ferute dogliose
nel prossimo si danno, e nel suo avere
ruine, incendi e< toilette dannose ;

:<7
onde omicidi e ciascun che mal fiere,
guastatori e predon, tutti 'tormenta
lo giron primo per diverse schiere.
40 Puote uomo aver in sé man violenta

leonÌ8 videtur:utrumque alienissimum peccato eh' è contro Dio, e termina col


nomine, sed fraus odio digna raaiore »; meno grave eh' è contro il prossimo: qui
Cicer., De Off. I, 13. -«Nulla [cosa] è sotto invertirà»; Ross. - puone: può,
da odiare, se non per sopravvenimento come fene per fé', ecc.; forme dell'uso
di malizia»; Conv. IV, 1. tose. ant. e mod. (Bull. Ili, 116).
23. ingiuria: infractìo iuris, violazione 32. in loro : nella persona. - in lor cose:
di diritto; « ingiustizia, parola solenne nella roba.
d'Aristotele »; Tom. - fine : i rei di mali- 33. ragionamento. Cfr. Vita
ragione :

zia, sono rei d' ingiustizia, o contro Dio, Nova, 30 « ciò eh' è narrato in questa
:

o contro il prossimo, o contro sé stessi. ragione », e qui sotto il v. 68.


24. con forza ecc.: «per forza o per 34-36. Morte per forza: cioè morte
fraude » Conv. IV, 11.
; violenta, contrapposta alla morte, natu-
25. proprio tutti gli animali possono
: rale; cfr. Purg. V, 42. -ferute: ferite;
usare della forza; solo l'uomo può of- Aa,feruto part. diferere. - toilette: que-
}

fendere altrui colla frode, che nasce da sto vocabolo, o in questa o nella forma
abuso dell' intelletto, di cui 1' uomo solo maltolletto, significò ruberie, estorsioni
è dotato. « Fraus magis proprie perti- ed anche balzelli posti illegalmente e
net ad executionem astutise, secundum vessatomi, e simili. Cfr. Barbi in Bull.
quod fit per facta » Thom. Aq., Sum. ; X, 4 XXV, 48. - dannose rovinose, da
; :

theol. II, il, 55, 5. mandare in rovina cfr. Inf. VI, 53. ;

26. sutto : sotto


lat. subtus. ; è il 37. omicidi plur. di omicida. Al.
: :

28. primo cerchiodei tre cerchietti : omicide, e plurali maschili in e si hanno


accennati di sopra nel v. 17. - « Cioè, in Inf. IX, 127 e XIX, 113 in rima. -
un solo cerchio, [il settimo] come i prece- mal ilere ferisce per malizia, cioè con
:

denti, diviso in tre sparti menti [gironi] mente determinata al male, non per im-
tuttiad un solo livello; e i tre sparti- peto o per difesa.
menti son tre aree circolari concentri- 33. guastatori: colpevoli di devasta-
che, una dentro l'altra»; Ross, -tutto: zioni ed incendi. - predon ladri, gli au- :

interamente occupato. . tori delle toilette dannose.


29. persone sorte di persone Dio,
: : 39. diverse schiere: secondo la qualità
prossimo, sé stesso. della violenza fatta.
31. A Dio: «comincia dal più grave 40. in sé: contro di sé, uccidendosi.
92 [CERCHIO SESTO] Inf. xi. 41-58 [IÌASSO INFERNO]

e ne' suoi beni; e però nel secondo


giron convien che sanza \)ro si penta
43 qualunque priva sé del vostro mondo,
biscazza e fonde la sua facultade,
e piange là dov' esser dee giocondo.
46 Puossi far forza nella deitade,
col cor negando e bestemmiando quella,
e spregiando natura e sua bontade ;

49 e però lo minor giron suggella


del segno suo e Soddoma e Caorsa
e chi, spregiando Dio col cor, favella.
52 La frode, ond' ogni coscienza è morsa,
può 1' uomo usare in colui che 'n lui fida,
ed in quei che fidanza non imborsa.
55 Questo modo di retro par eh' uccida
pur lo vinco d' amor che fa natura ;
onde nel cerchio secondo s' annida
58 ipocrisia, lusinghe e chi affattura,

41. ne' suoi benidissipandoli.


: segno o suggello, eh' è la pioggia di fuoco
43. priva se ecc. è suicida.: la quale, cadendo sui dannati del mi- '

44. biscazza dissipa gli averi (la sua


: nor girone ', li scotta e produce loro
facultade) nelle bische, al giuoco. Il orride piaghe; cfr. Apocal. XX, 3.
verbo è foggiato dal nome biscazza = 50. Soddoma: i sodomiti, così detti da
bisca. « Questa voce biscazza significa Sodoma, cfr. Genes. XIX. - Caorsa gli :

nella nostra lingua un luogo nel quale usurai, così detti da Cahors (lat. Gadur-
si ritenga il giuoco, ma non così pubbli- cum), già capoluogo dell'alto Quercy, nel
camente come nelle baratterie ;• perciò medio evo nido di usurai. « Usurarii qui
che nelle baratterie va a giuocare chiun- Caursini dicuntur » Bambgl. - « Come
;

que vuole, senza esservi conosciuto e 1' uom dice d'alcuno 'egli è Gaorsino\

senza aver conoscenza di quei che vi così s'Intende cb' egli sia usuraio»; Bocc.
giuocano e nelle bische vi vanno a giuo-
;
Cfr. Todeschini, II, 301-12.
car solamente quei che vi hanno pratica 51. favella: bestemmiando e dimo-
e conoscenza » Gelli. - fonde strugge,
; : strando così il dispregio eh' egli sente
consuma. 1 prodighi del canto VII pecca- in cuor suo per Dio; cfr. v. 47.
rono di eccesso nel dare {mal dare, v. 58); 52. ogni coscienza ecc.: ogni coscienza
questi qui scialacquarono i loro beni nel si sente rimorsa, offesa. « Nella frode
giuoco, o in spese smodate e pazze. c'è sempre il concorso della ragione,
45. piange, ecc.: «ridotto alla miseria, e' è sempre la consapevolezza del male,
piange (cfr. Purg. VI, 2) nel mondo, là e perciò la coscienza riman sempre in-
dov' esser dee, dovrebbe essere lieto » ;
taccata»; Barbi, Bull. XXV, 49.
Torraca. 53. fida :ha ragione di fidarsi.
contro Dio.
46. nella deitade: 54. fidanza non imborsa non accoglie
:

47. col cor: con intimo deliberato sen- in sé, non sente particolar fiducia, man-
timento « Dixit insipiens in corde suo
: : candogliene un determinato motivo.
Non est Deus»; Psal. XIII, 1; LIT, 1. 55. Questo ecc.: l'usar frode contro
48. spregiando natura: commettendo chi non si fida. - uccida rompa, spezzi.
:

peccati contro natura, come i Sodomiti. 56. pur ecc.: solo il vincolo dell'amor
- sua: della Deitade, cfr. più sotto naturale. «Ciascun uomo a ciascun uomo
v. 95-96. è naturalmente amico»; Gonv. I, 1.
49. minor: il terzo, più stretto degli 58. lusinghe : adulazioni. - chi affat-
altri due. - suggella : imprime loro il suo tura: maghi, maliardi.
[CERCHIO SESTO] INF. XI. 59-73 [BASSO INFERNO] 93
_ _ f
,

fai sita , ladroneccio e simonia ,,

ruffian, baratti e simile lordura.


61 Per 1' altro modo quel!' amor s' oblia
che fa natura, e quel eh' è poi aggiunto,
di che la fede speziai si cria ;

64 onde nel cerchio minor, ov' è il punto


dell' universo in su che Dite siede,
qualunque trade in eterno è consunto. »
67 E io « Maestro, assai chiara procede
:

la tua ragione, e assai ben distingue


questo baratro e '1 popol eh' e' possiede.
70 Ma dimmi : quei della palude pingue,
che mena il vento, e che batte la pioggia,
e che s' incontran con sì aspre lingue,
73 perchè non dentro dalla città roggia

60. baratti: baratterie; il JButi per condì, lussuriosi, golosi, avari e prodi-
altro intese « barattieri ». ghi. Peccarono d' incontinenza, rispon-
r\ a ~ a > peccatori• de V., e l'incontinenza offende meno
Quadro
x de* *
4.

T ^- e procaccia quindi a- *
minor infamia,
• •
Iddio
ricordati nei vv. 58-60 messi in corrispon-
denza delle bolgie e dei canti.
e m i uor pena5 c h e non ] a bestialità (vio-

Unm) e ^
malMa (frode) e dò in c(m . .

ipocriti (bolgia 6
1

) Inf. XXIII formila della teoria aristotelica delle tre


n
lusingatori (bolgia 2 )
» XVIII disposizioni che il del non vuole, e che
indovini e maghi. . (bolgia 4
:
<) » XX gono ap p Un t in ordine di gravità, in-
,

FALSiFicAToui.
* XXIX ^
continenza, bestialità e malizia.
(bolgia 10')
. . .
\
{
» XXX 68. ragione: ragionamento, cfr. v. 33.
*
ladri (bolgia 7 ! 69, fearatr0 lat oarathrum luogo
)
* x xv^ - ;

*
profondo, oscuro e cavernoso qui per il
™L
;
s,MONIACI b °!^ a
ruffiani
<

(bolgia
2
3
l
a
»
» XVIII
basso Inferno. -Al.: che possiede (=chV
, . . .. . .
possiede). Al. che il possiede; ma non
) , . .

'
,

a
barattieri (bolgia 5 ) \
xxil sono i dannati che posseggono, pur oc-
cupandoli, i cerchi d' inferno, bensì son
Con 1' espressione generica simile lor- questi che tengono, loro malgrado, pri-
ora- si accennano dunque genericamente gioni i peccatori; e i cerchi sono consi-
i mali consiglieri (bolgia 8 a c.XXYI sg,) , derati come attivi, quasi esecutori della
e i seminatori di discordia (bolgia 9 a ,
giustizia divina, rispetto ai dannati, an-
c. XXVIII). che nei vv. 37 sgg. e 49 sgg., e cfr. Inf.
61-63. Per l'altro modo ecc.; usando XVIII, 99.
frode contro chi si fida, si rompe non 70. pingue: fangosa: Inf. VII, 106 sgg.
solo il vincolo naturale, ma anche quello 71. che mena il vento lussuriosi. - che :

di parentela, di amicizia, della data batte la pioggia golosi, :

fede, onde si crea, o nasce, tra gli uo- 72. che s' incontrali avari e prodighi. :

mini la fiducia speciale. - aspre lingue: cfr. 1' ontoso metro in


64-65. punto ecc.: il centro della terra Inf. VII, 30-33.
e, secondo il sistema tolemaico, dell'uni- 73. roggia: « Tre colori abbiamo rosso :

verso (cfr. Oonv. Ili, 5), dove sta con- eh' è quello del cinabro; vermiglio eh'
fitto Lucifero. del verzino e della lacca roggio eh' è del ;

66. trade: tradisce. - consunto: tor- ferro rovente e che tende al colore della
mentato. ruggine, il che manifestamente si vede
V. 67-90. I dannati fuori
della nelle pere per questo colore chiamate
città di Dite. D. chiede a V. perchè Rogge»; JBorghini. Cfr. Purg. Ili, 16,
non sian puniti nella città di Dite ira- Par. XIV, 87 e Parodi, Bull. UE, 100.
94 [CERCHIO sesto] Ini •'.
xi. 71-90 [dannati fuor di dite]

son ei paniti, se Dio li ha in ini?


e se non li ha, porcile sono a tal foggia? »
70 Ed egli a me: « Perchè tanto delira »
disse « lo ingegno tuo da quel che suole?
ovver la mente dove altrove mira?
Non ti rimembra di quelle parole
con le quai la tua Etica pertratta
le tre disposiziou che '1 ciel non vuole,
82 incontinenza, malizia e la matta
bestiali tade? e come incontinenza
men Dio offende e men biasimo accatta?
85 Se tu riguardi ben questa sentenza,
mente chi son quelli
e rechiti alla
che su di fuor sostengon penitenza,
88 tu vedrai ben perchè da questi felli
sien dipartiti, e perchè men crucciata
la divina vendetta li martelli. »

75. a tal foggia: tormentati così. 84. accatta si tira addosso. La pecca
:

76. delira:devia dalle rette norme, degl'incontinenti viene solo dal cedere
esce dal solco del vero che « Lira, Uree ; troppo, irriflessivamente, all' impulso
si è il solco il quale il bifolco arando della concupiscenza, eh' è per sé natu-
mette diritto co' suoi buoi, e quinci viene rale e necessario quindi sono minori
;

deliro, deliras, il quale tanto viene a di- e la colpevolezza e 1' infamici.


re, quanto '
uscire del solco ', e però, 85. riguardi: cogli occhi dell'intelletto.
metaphorice parlando, in ciascuna cosa 87. su nei cerchi superiori - di fuor
: : :

uscendo della dirittura e della ragione, della città di Dite. - sostengo»! peni-
si può dire e
dicesi delirare »; Bocc. ' '
tenza: son puniti.
dove ecc. o a quale altra cosa pensa
78. 90. vendetta: Al.: giustizia. Cfr. Moo-
ora la mente tua? AL: la mente tua al- re, Crit., 299 sg. - martelli tormenti.
:

trove lez. introdotta di chi giudicò lo-


;
V. 91-115. Come V usura offenda
cuz. poco felice dove altrove '.
'
la bontà divina. Dante dimanda, co-
80. tua d'Aristotele, che facesti tua
: me mai l' usura offenda Dio, mentre essa
studiandola. - pertratta lat. pertractat, ; sembra offendere soltanto il prossimo.
tratta distesamente; cfr. Arisi., Eth. « La proposta quistione solve qui Vir-
VII, 1 sgg. gilio e procede in questo modo la na- :

81. disposiziou: dello spirito, viziose. tura prende il corso suo da Dio on- ;

82. incontinenza: secondo Aristotele, d' ella è un' arte da Dio, cioè suo ordine
consiste nel godimento immoderato di e processo naturale: e ciò che procede
piaceri dilettevoli per sé stessi e aventi dalla natura, e seguitala, potremo dire
a fondamento o bisogni corporali, come che sia figliuolo di natura l' arte natu-
;

mangiare, bere e piaceri carnali, o la rale procede da natura e lei come suo
propria desiderabilità, come vittoria, maestro seguita; sicché questa arte è
gloria, ricchezze, ecc.; onde la distin- quasi nipote di Dio. E da queste due,
zione di incontinenza semplice, e di in- cioè da natura e arte, conviene che l' uo-
continenza aggiunta. - malizia il vizio, : mo prenda sua vita e eh' elli s' avanzi.
che consiste nel mal uso della ragione : E perchè 1' usuriere non seguita natura,
qui vale quanto frode '. - matta bestia-
'
né arte naturale, ma tiene altra via par-
litasìe che consiste nella soddisfazione
: tita da questa, adunque dispregia elli na-
di voglie che non sono dilettevoli per tura, figliuola di Dio, e arte naturale, che
sé stesse crudeltà, antropofagia, peccati
; è nepote di Dio e pone in altro la spe-
;

contro natura, ecc. me sua, cioè nelle cose temporali »; Ott.


[CERCHIO SESTO] INF. XI. 91-112 [usura] 95

91 « sol che sani ogni vista turbata,


sì, quando tu solvi,
turni contenti
non men che saper, dubbiar m' aggrata,
che,
94 Ancora un poco indietro ti rivolvi »
di ss' io, « là dove di' che usura offende
la divina bontade, e il groppo svolvi. »
97 « Filosofìa » mi disse « a chi la ntende, ?

nota non pure in una sola parte,


come natura lo suo corso prende
100 da divino intelletto e da sua arte ;

e se tu ben la tua Fisica note,


tu troverai, non dopo molte carte,
103 che 1' arte vostra quella, quanto puote,
segue, come il maestro fa il discente ;

sì che vostr' arte a Dio quasi è nipote.


10G Da queste due, se tu ti rechi a mente
lo Genesi dal principio, conviene
prender sua vita e avanzar la gente ;

109 e perchè 1' usuriere altra via tiene,


per sé natura e per la sua seguace
dispregia, poi eh' in altro pon la spene.
112 Ma seguimi oramai, che il gir mi piace;

91. sol cfr. Inf. I, 82. « Il sole na-


: 105. sì che vostr' arte ecc.: vedasi la
turale caccia via le tenebre della notte n. ai vv. 91-115 e anche ai vv. 110-111.
;

et disfà i nuvoli e la cechità della neb- 106. due: natura ed arte.


bia: così V. nello Autore dissipò et 107. dal principio : II, 15 : « Tulit ergo
spense ogni cechità d' ignoranzia; et Dominus Deus hominem, et posuit eum
pertanto per similitudine chiama V. in paradiso voluptatis, ut operaretur et
sole » Ari. Fior.
; custodiret illum. »-III, 17 «in labori-
dubbi miei.
92. solvi: quistioni e bus comedes ex ea [terra] cunctis die-
non men ecc.: mi è grato l'essere
93. bus vitae tuae » e 19 « In sudore vul-; :

in dubbio non meno del sapere, giacché tus tui vesceris pane. » - Conviene dun-
il dubbio mi procura il diletto de' tuoi que che la gente campi e progredisca
ragionamenti dichiarativi. con la natura e con 1' arte o lavoro.
94. ti rivolvi: rivolgiti. 109. altra diversa da quella prescrit-
:

95. di': dici; cfr. v. 48. ta a noi, da Dio.


96. svolvi : svolgi, disviluppa il nodo. 110-111. per se : in lei stessa. - se-
Al.: solvi. guace : l' arte ; cfr. Conv. IV. 9. Volendo
98. non pure: non soltanto. solo dal denaro trar frutti di denaro per
100. arte : dal modo di operare di Dio, campare la vita e arricchire e volgendo
il qual modo costituisce l'arte di Dio. a suo prò gli altrui sudori, anziché lavo-
101. tua: la Fisica d'Aristotele da te rare e sudare, come Dio gli ha imposto,
studiata; cfr. v. 80. - note: noti, consideri. egli stesso, 1' usuraio,mostra di sprezzare,
102. non dopo: quasi al principio, II, e però offende, sì la natura, figlia di Dio,
2 : « Ars imitatur naturam in quantum e sì 1' arte, eh' è seguace e figlia di na-
potest ». tura, epperò in certo modo nipote di Dio.
103. quella : la natura. L'arte nostra se- 112. oramai si erano fermati presso la
:

gue la natura, come discepolo il maestro. tomba di papa Anastasio, v. 6.


96 [CERC. 7. GIR. 1J INF. XI. 113-115 -XII. 1-3 [riva scoscesa]

che i Pesci guizzali ku per 1


?
orizzonta,
e il Carro tutto sovra il Coro giace,
115 e il balzo via là oltra si disinonta. »

113. Pesci la costellazione zodiacale


: dai Greci detto Argeste, voce clic col
dei Pesci, lontana 30 gradi dall' A liete, l'andar dei secoli si è stupidamente tra-
in cui il Sole .si trovava. Accenna qui il sformala in Maestro. Esso spira fra Set-
principio dell' A mora. Cfr. Della Valle, tentrione e Ponente, quindi verso la
Senso geogr.-astron. dei luoghi della D. sinistra dèlia stella Polare. I l'esci si
0. Faenza, 1809, p. 9 sg. -orizzonta
n
: trovano in perfetta opposizione col Cai-
orizzonte: questo e Flegetonta, Caletta- ro, cioè con l'Orsa Maggiore, mediante
ta ecc. son riflessi di accus. greci, freq. la Stella Polare. E trovandosi i Pesci ad
negli scrittori latini: cfr. Bull. Ili, 120. oriente, cioè a destra, il Carro si trova
114. carro di Boote, cioè l' Orsa mag-
: verso la sinistra della Stella Polare, e
giore. -Coro: il Caurus o Corus dei la- quindi verso il punto donde spira il Coro.
tini. Maestro, vento che spira tra po- Or i Pesci precedono di due ore l'Ariete,
nente e tramontana, ed anche la parte non ancora spuntato. E, stante l'equino-
da cui spira. « Allorché il segno dei Pe- zio, essendo la notte di ore 12, ne segue
sci si trova sull'orizzonte all'Oriente, che in Jerusalem sono ore 10 » Nociti, ;

V Orsa maggiore o il Carro giace tutto Orario della D. C, Cosenza. 1894, p. 6.


sulla direzione di questo vento»; Della 115. balzo: l'alta ripa. - via ecc.: un
Valle. -«Il vento Coro, lat. Caurus, fu po' lontano di qui. - dismonta discende. :

CANTO DECIMOSECONDO

CERCHIO SETTIMO
GIRONE PRIMO: VIOLENTI CONTRO IL PROSSIMO
(Tuffati, pia o meno secondo la gravità della colpa,
nel Flegetonte, riviera di sangue bollente)

MINOTAURO, LE ROVINE DELL'INFERNO


IL
IL FLEGETONTE E I CENTAURI
DIVERSE CLASSI DI VIOLENTI CONTRO IL PROSSIMO

Era lo loco ove a scender la riva


venimmo, alpestro, e per quel ch'ivi er'anco,
tal, eh' ogni vista ne sarebbe schiva.

V. 1-30. Il Minotauro. D. e V. sono sarcasmo, lo fa infuriare frattanto :

giunti dove per una mina si scende dal P. corrono al varco, e cominciano la no*
6° al 7° cerchio. Custode di questo è il agevole scesa per quella mina.
Minotauro, simbolo della violenza be- 2. quel: il Minotauro; v. 11 sgg.
stiale. V., vedendolo far atti di rabbia, 3. tal: sì spaventevole per causa dell*
con parole energiche e non scevre di bestia (v. 19) che vi stava a guardia.
[CERC. 7. GIR. 1] Inf. xii. 4-20 [MINOTAURO] 97

Qual' è quella mina che nel fianco


di qua da Trento l' Adice percosse,
o per tremuoto o per sostegno manco,
che da cima del monte, onde si mosse,
piano è sì la roccia discoscesa,
al

ch'alcuna via darebbe a chi su fosse ;

10 cotal di quel burrato era la scesa )

e in su la punta della rótta lacca


l' infamia di Creti era distesa
13 che fu concetta nella falsa vacca;
quando vide noi, sé stesso morse,
e
come quei cui l' ira dentro fiacca,

16 Lo savio mio invér lui gridò « Forse :

tu credi che qui sia il duca d'Atene,


che su nel mondo la morte ti porse?
19 Partiti, bestia; che questi non viene
ammaestrato dalla tua sorella,

4. mina frana. Secondo alcuni, qui si


: 11. punta: orlo. - lacca: fossa, cavi-
allude al varco apertosi dall'Adige a tra- tà; cfr. Inf. VII, 16. Purg. VII, 71.
verso le falde del monte Pastello nel 12. infamia: Minotauro; custode del
luogo detto la Chiusa; secondo altri, a cerchio dei violenti, perchè si pasceva di
uno scoscendimento chiamato li Slavini carne umana. - Creti V isola di Creta, :

di Marco tra Marco e Mori fecondo al- ;


oggi Candia, detta dai nostri antichi
tri, alla rovina di Castel della Pietra a Greti cfr. Conv. IV, 27. D. si immagina
;

nord di Rovereto. - Petr. Dant.: « In il Minotauro come un toro con testa


quadam ruina simili illi minse qu?e est d' uomo, interpretando liberamente il se-
inter civitatem Veronse et civitatem Tri- mib ov cinque virum, semivirumque bovem
denti super flumine Aticis, in contrata di Ovidio le medaglie e le sculture anti-
:

quadam quse dicitur Marcomodo ». - che ci danno invece un uomo con testa di
Il Bassermann, p. 419 sgg. e 649 sg. toro cfr. Mazzoni, Lectura Dantis, p. 14.
;

mostra quanto sia probabile che D. al- 13. falsa di legno, in cui entrò Pa-
:

luda agli Sia vini di Marco, che è l' opi- sife per unirsi al toro di cui s' era in-
nione anche di G. Mazzoni, Lectura vaghita; dalla quale unione nacque il
Danti», p. 13 e del Torraca, che cita mostro, eh' era insieme uomo e toro.
un passo molto notevole delle Meteore Cfr. Purg. XXVI, 41 sg. e 86 sg.
di Alberto Magno, autore ben noto a 14. se stesso : per la gran rabbia.
Dante (Par. X, 99 e Conv. Ili, 5, ecc.), 15. fiacca vince, togliendo l'uso della
:

dove si ricorda codesta ruina e se ne ragione, oppure, col Venturi, dà all'uomo


dà ia fisica spiegazione. il sentimento della propria impotenza.
6. manco: venuto a mancare per l'as- 16. Lo savio ecc.: cosìipiù; alcuni codd.
sidua opera d'erosione del fiume; Inf. leggono invece: Lo savio mio Virgilio.
XXXIV, 131. Cfr. Moore, Crit., 300 sg.
mosse: quella ruina.
7. si 17. duca d'Atene Teseo, figlio di Egeo
:

8. al piano sino al piano, -discoscesa


: : re di Atene, che uccise il Minotauro,
rotta ed ingombra dalle sue stesse rovine. chiuso nel Labirinto e nutrito colle carni
9. alcuna: una qualche via, benché di giovanetti ateniesi che gli erano pe-
malagevole, per discendere. Al.: Nessu- riodicamente dati in pasto.
na (Benv.). Ma se i due Poeti discesero 20. sorella: Arianna, figlia di Minos
per 1' appunto lì, una via c'era. re di Creta, e di Pasife, epperò sorella,
10. burrato luogo scosceso, dirupato
: per parte di madre, del Minotauro, in-
e profondo. Cfr. Inf. XVI; 114.. namorata di Teseo, gì' insegnò il modo
Div. Oomm., 8 a ediz.
08 [CERC. 7. GIR. 1] Inf. xii. 21-10 [ROVINE infernali]

imi vassi per roder k vostre pene.»


22 Qual è quel toro che si slaccia in quella
e' ha ricevuto già il colpo mortale,

che gir non sa, ma qua e là saltella;


25 vid'io lo Minotauro far cotale;
e quegli accorto gridò « Corri al varco : :

mentre eh' è in furia, è buon che tu ti cale p.


28 Così prendemmo via giù per lo scarco
di quelle pietre, che spesso moviènsi
sotto i miei piedi per lo nuovo carco.
31 Io già pensando ; e quei disse: « Tu pensi
forse in questa rovina, eh' è guardata
da quell'ira bestiai ch'io ora spensi.
34 Or vo' che sappi che 1' altra fiata
eh' io discesi quaggiù nel basso Inferno,
questa roccia non era ancor cascata.
37 Ma certo poco pria, se ben discerno,
che venisse colui che la gran preda
levò a Dite del cerchio superno,
40 da tutte parti 1' alta valle feda
da tenersi per uccidere il Minotauro e V. « a questa rovina. Essa non e' era
uscire poi dal Labirinto. ancora l' altra volta che discesi quaggiù
21. per yeder: e non per far danno a (cfr. Inf. IX, 22 sgg.). Ma, po<jo prima
te o a chicchessia, come fece Teseo, che venisse il Possente (CristoT a libe-
quando s' introdusse nel tuo Labirinto. rare tante anime dal Limbo, tutto l' In-
22. toro ottimo paragone del figlio col
: ferno tremò in modo, che mi tornò a
padre. Virg., Aen. II, 223 sg.: « Quali mente l' opinione di Empedocle, secon-
mugitus, fugit cum saucius aram Taurus do la quale il mondo sarebbe formato
et incertam excussit cervice securim ». dalla discordia degli elementi ; che la
- si slaccia in quella rompe il suo laccio: loro concordia avrebbe per effetto di
proprio nel momento che ecc. cioè rom- riunirli in una massa confusa, che è il
pe il suo laccio. caos. Queir insolito terremoto (cfr. Matt.
25. cotale : così. XXVII, 51) fu causa di questa e di al-
26. quegli : del mo-
Virgilio, -accorto : tre rovine infernali. »
mento opportuno per passare varco, il 32. in : Al. a ; ma cfr.
Inf. X, 113 sg.
cioè il passo dianzi guardato dal Mino- 33. ira bestiai:bestia irosa, che è il
tauro, il quale, saltellando qua e là, non Minotauro. - spensi tolsi di mezzo col
:

attendeva in queir istante al suo uffizio renderla impotente a impedirci il passo.


di guardiano. - Corri affrettati a passare.
: 37. poco pria: il terremoto avvenne
27. ti cale: ti cali, discenda. allo spirare del Redentore, il quale di-
28. scarco : scarico, o ammasso di pie- scese agl'inferi subito dopo la sua morte.
tre «le quali erano dalla sommità di - se ben discerno se non erro pensando
:

quello scoglio cadute, come caggiono le a questo terremoto come alla causa per
cose che talvolta si scaricano » Bocc. ; cui la roccia qui franò.
30. carco carico, peso insolito, cioè di
: 38. colui: Cristo; cfr. Inf. IV, 53 sgg.
persona viva « non essendo solite scen- - preda di anime tratte dal Limbo.
:

dere in tal luogo, se non ombre che non 39. Dite : Lucifero, Vimperador del do-
pesano » Gelli.
; loroso regno.
V. 31-45. Xe rovine infernali. D. 40. alta: profonda, -feda: brutta, im-
cammina, pensoso. « Tu pensi » gli dice pura: latinismo (foeda).
[CERC. 7. GIR. 1] Inf. xii. 41-55 [centauri] 99

tremò sì, eh io pensai che l'universo


7

sentisse amor, per lo qual è chi creda


13 più volte il mondo in caos converso;
e in quel punto questa vecchia roccia
qui e altrove tal fece riverso.
40 Ma ficca gli occhi a valle f che s' approccia
la riviera del sangue, in la qual bolle
qual che per violenza in altrui noccia. »
49 cieca cupidigia, o ira folle,
che sì ci sproni nella vita corta,
e nell'eterna poi sì mal e' immolle !

^2 Io vidi un' ampia fossa in arco torta,


come quella chetutto il piano abbraccia,
secondo eh' avea detto la mia scorta ;

55 e tra il pie della ripa ed essa in traccia

41. tremò : Matt. XXVII, 51 : « La a D. anche Chirone e Eolo, si avvicina


terra tremò, e le pietre si schiantarono », a Chirone, che apparisce il capo di quel-
- anche nell'Inf., suppone il P. (cfr. le fiere snelle, e, dettogli del viaggio che
Inf. XXI, 112 sgg.) - nel momento in D. vivo deve compiere laggiù sotto la
cui Cristo morì. sua guida, chiede uno dei centauri che
42. sentisse amor che gli elementi tor-
: guidi lui e il compagno fino al gur.do, e
nassero in concordia. - è chi creda lat. : porti poi D. sulla groppa per il guado
est qui credat. D. conosceva probabil- stesso. Chirone, cortese, dà loro per
mente l'opinione di Empedocle dalle guida Nesso.
opere di Aristotele, che la combatte 46. ficca ecc.: guarda laggiù, -s'approc-
cui come falsa. cia: si approssima. Cfr. Inf. XXIII, 48.
43. converso: mutato, ridotto. 47-48. riviera: il Flegetonte, terzo fiu-
45. altrove: più intendono che D.
i me infernale, in cui sono tuffati i vio-
alluda ai ponti che coprono la bolgia de- lenti, che furono sitibondi del sangue e
gli ipocriti, cfr. Inf. XXI, 106 sgg. Ma degli averi altrui; Inf. XIV, 130 sgg.
di questa rovina V. non sa ancora nulla, - qual che: chiunque.
tanto che si lascia gabbare dai demoni : 49. cupidigia cupidigia e ira sono le
:

cfr. Inf. XXIII, 136


sgg. IL' altrove sarà passioni motrici della violenza rappre-
dunque da intendersi detto qui da V. in sentate, come osservò il Della Giovanna,
generale, senza allusione speciale ad un (Giom. Dant., Vili), dai centauri e dal
dato luogo dell' Inf. - tal fece riverso: Minotauro che hanno « comune la dop-
si rovesciò in tal modo. pia natura e vivono parimenti di sangue
V. 46-99. U
Megetonte ed i cen- e di rapina».- o ira: Al., men bene:
tauri. « Ma guarda laggiù » seguita a e ria e folle. L'ira, come testé si no-
dire V. « il Megetonte, riviera di san- tava, è una delle principali fonti della
gue bollente, in cui sono tuffati i vio- violenza, ed è veramente folle, così come
lenti [contro il prossimo, secondo la sen- la cupidigia è cieca.
tenza « Fosti assetato di sangue be-
: : 51. sì mal: sì male, tanto dolorosa-
vilo!»]. Intorno alla riviera D. vede mente nella riviera di sangue bollente.
correre centauri armati di saette, che 52. fossa la riviera del sangue, v. 47.
:

saettano chiunque, per alleggerire la - in arco torta arcuata, circolare.


:

pena, si sporge fuori dal bollente san- 54. detto in Inf. XI, 28 e 34-39 e an-
:

gue più che la sua colpa non gli per- che or ora nei vv. 46-48.
metta. V., dopo avere chetato il cen- 55. essa fossa. - in traccia in schiera
: :

tauro Nesso, che con gesto e parole di (cfr. Inf. XV, 33 e XVIII, 79). AL: In
minaccia ha chiesto a che martirio ven- cerca di anime da saettare; interpre-
gano i due viaggiatori, e aver additato tazione che parrebbe confortata dai vv.
100 [CERC. 7. GIR. 1] INF. XII. 56-73 [centauri]

correan centauri armati di saette,


come Bolean nel mondo andare a caccia.
58 Vedendoci calar, ciascun ristette,
e della schiera tre si dipartirò
con archi e asticciuole prima elette.
CI
E P un gridò da lungi « A qual marti ro :

venite voi che scendete la costa?


Ditel costinci; se non, Parco tiro. »
64 Lo mio maestro disse «La risposta :

farem noi a Chiron costà di presso :

mal fu la voglia tua sempre sì tosta ».


07 Poi mi tentò e disse: « Quegli è Nesso,
che morì per la bella Deianira,
e fé' di sé la vendetta egli stesso ;

70 e quel di mezzo, che al petto si mira,


è il gran Chirone, il qual nudrì Achille ;

quelP altro è Folo, che fu sì pien d' ira.


73 Dintorno al fosso vanno a mille a mille,

73 sg., se in traccia, posto così sen- dermi attento ; in Inf. XXVII, 32 : mi


z'altra determinazione, potesse, che non tentò di costa. - Nesso centauro che
: è il

è, avere tal senso. tentò di rapire Deianira, moglie di Er-


56. centauri : esseri mitologici, che cole, onde questi lo ferì mortalmente per
conoscono solo il diritto della forza mezzo di una freccia, avvelenata col san-
simboli, perciò, della violenza (cfr. n. al gue dell' Idra di Lerna.
v. 49), ed appunto per questo tormenta 69. egli stesso: vinto e morente, dette
tori dei violenti. Il vizio nell' Inf. dan a Deianira la sua veste insanguinata
tesco è castigo a sé stesso. Cfr. Ovid. dandole a intendere che questa aveva
Met. XII, 210 sgg. virtù di far innamorare chi la vestisse.
58. Vedendoci calar giù per lo scarco : Deianira gli credette e, volendo conser-
;

delle pietre rotte; v. 28 sgg. Cfr. Virg., varsi o riguadagnarsi V amore di Ercole,
Aeri. VI, 384 sg. gliela mise indosso. Com' Ercole l'ebbe
59. tre: Nesso, Chirone e Folo. indosso, ne divenne furioso e morì.
60. asticciuole frecce. - elette scelte
: : 70. al petto si mira tien china la te-
:

prima di staccarsi da' loro compagni. sta, perchè assorto in pensieri, essendosi
« Tendunt nervis melioribus arcus Cu- ; accorto che D. è vivo, v. 80 sgg.
ra fuit pharetras implere sagìttis »;
lectis 71. Chirone: figlio di Saturno e della
Lucan., Phars. VII, 141 sg. ninfa Fillira. Secondo la mitologia, fu fa-
61. l' un Nesso, v. 67. - martiro mar-
: : moso medico, indovino, astronomo e mu-
tirio, genere di pena. sico, ed educatore di Achille (cfr. Purg.
63. costinci della lingua viva del 300
: : IX, 37) « le paterne cure di queir edu-^
:

di costì, dal luogo dove siete altrimenti, ; cazione sono, quasi affettuosamente,
soggiunge, ri saetto; cfr. Purg. IX, 85. riassunte nel verbo nudrì»; Mazzoni,'
65. costà: giunti che vi saremo vicini. Lect. Dantis, p. 21.
Chirone, qui capo dei centauri, fu, se- 72. Folo: nelle nozze di Piritoo con.
condo la mitologia, il più giusto di essi ;
Ippodamia, riscaldato dal vino, volle far
epperò V. vuol parlare a lui, e come al ca- violenza alla sposa ed alle altre donne'
po, e come meno
furioso della brigata.
al dei Lapiti. - «In Nesso è figurata la cu-
66. mal: per te. -tosta: precipitosa. pidigia violenta; in Folo, il violento fu-
Cfr. la n. seg. rore»; Tom.
67. tentò toccò leggermente per ren-
: 73. vanno: i centauri.

<*«***£,
^«e,
[CBRC. 7. GIR. 1] Inf. xii. 74-94 [centauri] 101

saettando quale anima si svelle


del sangue più che sua colpa sortille. »
Noi ci appressammo a quelle fiere snelle ;

Chiron prese uno strale, e con la cocca


fece la barba indietro alle mascelle.
7!) Quando s' ebbe scoperta la gran bocca,
disse ai compagni : « Siete voi accorti
che quel di retro muove ciò eh' ei tocca ?
82 Così non soglion fare i pie de' morti. »
E mio buon duca, che già gli era al petto
'1

dove le duo nature son consorti,


85 rispuose « Ben è vivo, e sì soletto
:

mostrargli mi convien la valle buia :

necessità il e' induce e non diletto.


SS Tal si partì da cantare alleluia,
che mi commise quest' officio nuovo :

non è ladron, né io anima fuia.


91 Ma per quella virtù per cui io muovo
li passi miei per sì selvaggia strada,

danne un de' tuoi, a cui noi siamo a pruovo,


91 e che ne mostri là dove si guada,

74. si STelle : dal sangue.


si trae fuori nimus non ad martirium, sicut Nessus
diede in sorte.
75. sortille: le petebat paulo ante, imo ut videat pcenas
76. fiere: Centauri, fiere dall'ombelico aliorum » ; JBenv.
in giù. - snelle veloci hanno tronco e
: ; 87. necessità Cfr. Inf. I, 91-93 e 112
:

gambe e quindi anche movenze e agi- sgg.: Purg.60 sg. -il c'induce: AL:
1,
lità di cavallo. necessità '1 conduce. - diletto piacevole :

cocca tacca o piccolo solco ch'è


77. : soddisfacimento di curiosità.
nella parte posteriore della freccia. 88. Tal: Beatrice. - da cantare alle-
78. fece ecc.: « Chirone ci è figurato, luia : dal Paradiso, dove si canta alle-
mentre, in atto di leggiadro costume, si luia, che vale lode al Signore.
trae indietro la gran barba dalle due 89. mi AL:
: ne; ma cfr. Inf. II, 67 sgg.
parti della bocca con uno strale dianzi : - ufficio nuoYO : di guidare un vivo per
egli, con lo sguardo fìsso, pensava ora, ; questi regni ufficio davvero inusitato.
;

innanzi di parlare, s' indugia questi al- : 90. ladron violento rapitore dell'altrui
:

meno non è un bestiale!»; Mazzoni. avere, quali molti dei dannati di que-
81. quel di retro Dante, -ciò che ecc.:
: sto girone, -fuia: ladra; da/ùr, fùrius
le pietre cfr. vv. 29-30.
: (cfr. Parodi, Bull. Ili, 152) cfr. Purg. ;

83. al petto non gli arrivava più su,


: XXXIII, 44. Veda chi voglia nel Comm.
tanto Chirone era alto. - « Idest qui iam lipsiense i vari altri modi in che fu spie-
pervenerat ad pectus equi, ita quod gata questa parola dai commentatori.
cum capite attingebat pectus equi»; 91. quella Virtù: divina.
JBenv. 93. tuoi centauri. - a pruOTO ap-
: :

duo nature: dell'uomo e del ca-


84. presso, a lato; dallat. adprope (cfr. Pa-
vallo. - son consorti sono congiunte.
: rodi, Bull. Ili, 134). Fu anticamente
85. tìvo: «quasi dicat: vere vivit et usato anche in prosa, ed è modo ancora
beate, quia nulli quserit nocere, immo vivo nell'Italia settentrionale.
omnibus prodesse; non est vir sangui -
94. si guada il fiume del sangue bol-
:

num sicut vos fuistis, et ecce quare ve- lente.


102 [CERC. 7. G1K. 1] INF. XII. 95-107 [tiranni]

e che porti costui in su la groppa ;

che non è spirto che per acre vada. » 1'

97 Cliiron si volse in su la destra poppa,


e disse a Nesso : « Torna, e sì li guida,
e fa' cansar s' altra schiera v' intoppa. »
100 Or ci movemmo con la scorta fida
lungo la proda del bollor vermiglio,
dove i bolliti facean alte strida.
103 Io vidi gente sotto infìno al ciglio ;

gran centauro disse: « Ei son tiranni


e '1

che dier nel sangue e nell' aver di piglio.


10G Quivi si piangon gli spietati danni ;

quivi è Alessandro, e Dionisio fero,

96. per l'aere vada: possa volare per sopra 71} si legge di Chirone, da ri-
[v.

l' aria come gli spiriti. ferirsi invece alla maestria e alla fama »;
97. poppa mammella sul destro lato
: ; ;
Mazzoni, Lectura Dantis, p. 22.
cfr. Inf. XVII, 31. 106-107. spietati: crudeli. - danni re- :

98. Torna : indietro. I centauri erano cati altrui. - Alessandro: il Grande o


venuti incontro ai due P., sicché dove- quel di Pere ? I più intendono del Ma-
vano ora tornare indietro. - sì come V. : cedone, veramente meritevole di stare
ha detto. co' violenti e tiranni cfr. Lucan, Phars.
;

discostare. - schiera: di
99. cansar: X, 10 sgg. Benv. mostra a lungo (I, 405-
Centauri, cfr. v. 73. - v'intoppa; v'in- 408) come Alessandro Magno fosse vio-
contra. AL: s'intoppa s'imbatte in voi. : lento « in Deum, in se, in proximum,
Cfr. Inf. XXV, 24, Z. F., 75. sg. et peius in suos quam in extraneos ».
V. 100-139. Diversi violenti contro Che se D. ne parla favorevolmente al-
il prossimo. Guidati da Nesso, i P. trove, De Mon. II, 9. Gonv. IV, 11, ciò
continuano il loro viaggio lungo la ri- non significa che non lo potesse dan-
viera.Nesso addita loro prima i tiranni nare. Altri intendono di Alessandro di
immersi in quel bulicame sino al ciglio ;
Pere, che faceva vestire gli uomini di
e il centauro nomina Alessandro, Dio- pelli ferine e gettarli così ai cani, e fa-
nisio, Azzolino, Obizzo da Este (così ceva pur seppellire viva la gente; cfr.
come dall'altra parte, aggiungerà poi, Diod. Sicul. lib. XV
e XVI; Plut., Pe-
nel profondo del bulicame sono puniti lop. 27 29. Corn. Nep., Pelop., 5. ila gli
Attila, Pirro, Sesto ed i ladroni Pinier Alessandri essendo tanti, «cum dicimus,
de Corneto e Einier Pazzo). Vedono Alexander [senz'altro'] debet intelligiper
quindi gente che tiene fuori tutta la excellentiam de Alexandro Magno»;
testa, e fra questi il Centauro addita Benv., conformemente a ciò che già ave-
Guido, conte di Montfort; poi altri che va osservato col suo gran buon senso
lascian vedere testa e petto, e così via il Bocc. - E in Orosio, da lui studiato, D.

via dannati che s' elevano con una parte leggeva sul conto di Alessandro Magno;
sempre maggiore della persona fuori del III, 16 « Inde profecturus ad persicumi
:

sangue, fino a che questo è così basso bellum, omnes cognatos ac proximos suos'
da cuocere i soli piedi. Qui è il guado, interfecit». E III, 18 «No?i minor eiusl :

che i P. passano; dopo di che Nesso in suos crudelitas, quam in hostem ra- 1
torna indietro. bies fuit». E inoltre ibid.: « Humani
100. Ada sicura. - Barg.: «Con Nesso,
: sanguini» inexsaturabilis, sive hostium
alla fede del quale eravamo raccoman- sive etiam sociorum, recentem tamen ,

dati». AL: Noi ci raOYemmo. semper sitiebat cruorem ». E di nuovo


104. gran: Nesso: cfr. v. 71. «L'epi- III, 20 : « Cum adhuc sanguinem sitiens, I

teto [di grande dato a Nesso] da rife-


' '
, mala castigata aviditate, ministri insi- j

rirsi alla prestanza delle membra, sem- diis venenum potasset, interiit ». Nò
bra compiere quell' altro grande che ' '
meno che da Orosio è rappresentato
[CERC. 7. GIR. 1] INF. XII. 108-120 [TIRANNI H OMICIDI] 103

che fé' Cicilia aver dolorosi anni -,

109 e quella fronte e' ha il pel così nero,


è Azzolino; e quell'altro che è biondo,
è Obizzo da Esti, il qual per vero
112 fu spento dal figliastro su nel mondo. »
Allor mi volsi al poeta, e quei disse :

« Questi ti sia or primo, e io secondo »


115 Poco più oltre il Centauro s' affisse
sovr' una gente che infìno alla gola
parea che di quel bulicame uscisse.
118 Mostrocci un' un canto sola,
ombra dall'
dicendo « Colui fesse in grembo a Dio
:

lo cor che 'n su Tamigi ancor si cola ».

Alessandro come crudelissimo da Seneca, narrano le cronache, soffocò il proprio


autore ben noto a D. e fonte in parte padre con un piumaccio. Cfr. T. Sandon-
di Orosio stesso {Bull. XXIII, p. 20); nini, Dante e gli Estensi, Modena, 1893.
sicché è certo che D. qui parla proprio 113. mi Tolsi meravigliato, chiedendo
:

di Alessandro Magno. -Dionisio: tiranno collo eguardo la conferma o la confuta-


di Siracusa, probabilmente il seniore, zione di quanto aveva or ora udito.
tiranno dal 407 al 367 a. C. e conside- 114. primo Nesso, che ne sa in pro-
:

rato dagli antichi qual tipo de' tiranni posito più di me. Bene il Bocc. «Vuole :

inumani e crudeli cfr. Tal. Max. 1, 1


; ;
in questo affermar Virgilio che al cen-
IV, 7 IX, 19. Oic, Tusc> V, 21 sgg. Del
; tauro sia da dar fede a quel che dice ».
resto anche Dionisio il giovine fu assai Invece il Bambgl. «Dicit Virgilius: :

crudele; cfr. Iustin. XXI, 5. Iste centaurus prsecedat te et ego se-


108. Cicilia Sicilia
: cfr. Tal. Max. ; quar te »; e così parecchi altri. Ma qui
IX, 16. Stat., Achil. I, 80. si tratta di un dubbio di D., ed il modo
109. fronte sola visibile, essendo co-
: d' andare non e' entra affatto. Si legga
storo immersi infino al ciglio, v. 103. - la buona dichiarazione deìVAn. Fior.:
il pel il crine.
: « Nesso... aveva detto all'Autore assai
110. Azzolino Ezzelino da Romano,
: cose dell'anime di coloro che erano in
conte di Onara, morto in prigione nel quel sangue. Onde l'Autore, dubitando
1259. « Fu il più crudele e ridottato ti- che Nesso non dicesse la verità, si volse
ranno che mai fosse fra' cristiani, e si- a V. per dimandarlo e chiarirsi onde V. ;

gnoreggiò per sua forza e tirannia.... gli rispose: Questi ti fìa primo, ciò è,
grande tempo tutta la Marca di Trevigi Nesso ti dica testé ogni cosa innanzi a
e la città di Padova e gran parte di Lom- me, e io secondo, ciò è, poi te lo conterò
bardia e' cittadini di Padova molta gran
; io quasi voglia dire Non dubitare, che
;
:

parte consumò, e acceconne, pur de' mi- ciò che Nesso t'ha detto, è la verità ».
gliori e de' più nobili, in grande quantità, 115. s' affìsse : si fermò.
e togliendo le loro possessioni, mando meno rei dei
116. gente ecc.: omicidi,
gli mendicando per lo mondo, e molti al- tiranni, quindi meno
nel bulicame, fìtti
tri per diversi martirii e tormenti fece cioè nel fiume di sangue bollente cfr. ;

morire, e a un' ora undicimila Padovani Inf. XIV, 79.


fece ardere, ecc.»; Q. Vili. VI, 72. 118. sola per l'enormità e singolarità
:

111. Obizzo Obizzo II d'Este, mar-


: del suo misfatto.
chese di Ferrara e della Marca d'An- 119. fesse (da fendere) trafìsse. - in
:

cona, morto nel 1293. - per vero : sin grembo a Dio nel tempio, e nelT ora
:

d' allora se ne dubitava, né l'autorità di del sacrifìcio solenne v. la n. seg. ;

D. basta ad accertare il fatto. 120. su Tamigi a Londra. - si cola


: :

112. figliastro : figlio snaturato, o, se- si venera. « Si cola, cioè si onora, e


condo altri, figlio illegittimo, quale fu da viene da colo, colis, e per tanto dice
taluno creduto Azzo Vili, che, a quanto che egli s' onora, in quanto con reveren-
104 [CERC. 7. GIR. 1] INF. XII. 121-137 [OMICIDI E PREDONI]

121 Poi vidi gente che di fuor del rio


tenea la testa e ancor tutto il casso ;

e di costoro assai riconobb'io.


124 Così a più a più si facea basso
quel sangue, sì che cocea pur li piedi ;

e quivi fu del fosso il nostro passo.


127 « Sì come tu da questa parte vedi
bulicame che sempre si scema »
lo
disse il Centauro, « voglio che tu credi
130 che da quest' altra a più a più giù prema
lo fondo suo, infìn ch'el si raggiunge
ove la tirannia convien che gema.
133 La divina giustizia di qua punge
quell'Attila che fu flagello in terra,
e Pirro e Sesto ; ed in eterno mnnge
136 le lagrime, che col bollor disserra,
a Rinier da Corneto, a Rinier Pazzo,

za e compassione, avendo riguardo alla meno vi stavano fitti i peccatori»; Buti.


benignità e alla virtù di colui di cui fu, Sono tanto meno immersi quanto minore
è da tutti quelli che per quella parte fu la colpa loro.
passano, riguardato»; JRocc. -Così inte- 125. cocea: lezione della gran maggio
sero tutti gli antichi. Per cola da colere, ranza dei codd.; altri hanno copria, cfr
usato anche da' provenzali, cfr. annue. N Moore, Grit., 302 sg. - pur solamente :

Terbi, 337. Il Casini invece con altri, 126. passo valico. « E questo fu il luo
:

fra cui Parodi, Bull. Ili, 124, intende: go dove noi valicammo il fosso»; Betti
« Versa ancora il sangue agli occhi dei 127. da questa parte dalla parte onde :

connazionali, cioè tien viva in essi la siamo venuti.


memoria del delitto e il desiderio della 129. credi: per creda; freq. in antico.
vendetta ». - Il fatto a cui il P. allude, 130. a più a più ecc.: cfr. v. 124.
avvenuto nel 1272, è così raccontato da 133. di qua da quest' altra parte (v.
:

G. Vili. VII, 39 « Essendo Arrigo,


: 130). - punge: tormenta.
fratello d'Adoardo (Edoardo I), figliuolo 134. Attila: il re degli Unni, detto
del re Ricciardo d' Inghilterra in una flagellum Dei, che regnò dal 433 al 453
chiesa (a Viterbo) alla messa, celebran- 135-136. Pirro re d' Epiro, n. 319,
: m
dosi a queir ora il sacrifizio del corpo 272 a. C, guerreggiò contro i Romani e
di Cristo, Guido, conte di Monforte, il contro i Greci; fu terribile non solo a'suoi
quale era per lo re Carlo [Carlo I d' An- nemici, ma agli stessi suoi sudditi. Al
giò] vicario in Toscana, non guardando intende del figliuolo d'Achille e di Dei
reverenza di Dio, né del re Carlo, suo si- damia, sul quale cfr. Yirg., Aen. II, 526
gnore, uccise di sua mano con uno stocco sg. - Sesto figlio di Pompeo il Grande,
:

il detto Arrigo per vendetta del conte famoso corsaro cfr. Lucan., Phars. VI,
;

Simone di Monforte, suo padre, morto 113 sgg. Secondo altri, Sesto Tarquinio,
a suaxolpa per lo re d'Inghilterra.... figlio di Tarquinio, ultimo re di Roma. -
Adoardo.... il cuore del detto suo fra- munge ecc.: spreme, per mezzo del tor-
tello in una coppa d'oro fece porre in mento del sangue bollente, le lagrime.
su una colouna in capo del ponte di Lon- 137. Rinier da Corneto : ladrone fa-
dra sopra il fiume Tamigi, ecc. ». moso delle spiagge marittime di Roma
122. casso petto cfr. Inf. XX, 12 ecc.
: ;
ai tempi di Dante. -Rinier Pazzo: della
124. a piò a più di più in più. « Quanto
: nobil famiglia dei Pazzi di Valdarno,
più si andava in là, più si trovava man- fierie violenti Ghibellini (da non con-
care l'altezza del sangue nella fossa, e fondere coi Pazzi di Firenze), che si se-
[CERC. 7. GIR. 2] INF. XII. 138-139 - XIII. 1-2 [selva] 105

che fecero alle strade tanta guerra. »


139 Poi si rivolse, e ripassossi il guazzo.
gnalarono per lunghi anni per aggres- fermata da Gregorio X nel 1271. Di lì
sioni, ruberie e usurpazioni di cui la a non molto « a onore e riverenza della
politica e la guerra non sempre furo- sacrosanta chiesa romana e del sommo
no ragione o pretesto. Scrive l' Ott. : pontefice » il comune fiorentino, ormai
« Rinieri Pazzo fu uno cavaliere de' Pazzi guelfo, dichiarava « ribelli i delinquenti
di Valdarno, del contado tra Firenze e con tutte le conseguenze gravissime de-
Arezzo, antichi uomini questi fu a ru-
; rivanti, col bando, da questa qualità;
bare li prelati della Chiesa di Koina per la confisca, la pena implicita di morte,
comandamento di Federigo II, impera- la perdita di ogni diritto, di ogni bene-
dore delli Romani, circa li anni del Si- fizio etc. etc». Cfr. E. Regis, Una legge
gnore MCCXXVIII; per la qual cosa fiorentina inedita contro Rinier de' Pazzi,
elli e li suoi discendenti furon sottoposti Torino, 1912 ;pp.4, 6-7, 8-10 ecc. Quanto

a perpetua scomunicazione, e contro a al comandamento di Federigo Udì cui


loro f ur fatte leggi municipali in Firenze, parla V Ottimo, può darsi ch'egli, o la
le qnali li privarono in perpetuo d'ogni sua fonte, abbiano assegnata al delitto
beneficio». I fatti di cui parla V Ott. del 67-68 la ragione d'altro fatto con-
sono, salvo la data e talune circostanze, simile che ben potè esser compiuto dai
attestati da documenti. Sullo scorcio Pazzi per mandato dell'imperatore, di
del 1267, o sui primi del '68, Rinieri dei cui furono ardenti partigiani (ibid.,
Pazzi e molti suoi complici e satelliti p. 11). Gli uccisori dei prelati in Val
assalirono improvvisamente il vescovo d'Arno furono esclusi dalla pace del
Silvense e il suo seguito, diretti a Roma, cardinal Latino (Barbi, Bull., XXV, 49).
e li depredarono trucidandoli quasi tutti. 139. Poi ecc.: detto questo, Nesso voltò
Contro Rinieri e i suoi complici e i loro indietro, ripassando la riviera là ove si
discendenti fu pronunziata la scomu- guada, v. 94. - guazzo guado. Cfr. Inf.
:

nica da Clemente IV nel 1268, e con- XXXII, 72.

CANTO DEOIMOTERZO
CERCHIO SETTIMO
GIRONE SECONDO: VIOLENTI CONTRO DI SE
O CONTRO LE PROPRIE COSE
(Le anime de' suicidi, cadute nel loro girone,
germogliano e crescono in pruni di cui si pascono le Arpie e tra cui corrono ignudi
gli scialacquatori, inseguiti da nere e avide cagne che ne fanno strazio)

LA DOLOROSA SELVA, PIER DELLA VIGNA E I SUICIDI


LANO DA SIENA, GIACOMO DA S. ANDREA E GLI SCIALACQUATORI
UN FIORENTINO SUICIDA

Non era ancor di là Nesso arrivato,


quando noi ci mettemmo per un bosco
V. 1-21. Io dolorosa selva. Var- V. dice a D. che sono nel 2° girone,
cato il Flegetonte, i P. entrano in una dove son cose che non crederebbe, se
quale nulla è che
orribile selva, nella appunto non le vedesse co' propri occhi.
verdeggi e dove fanno nido le Arpie. 1. di là: dal guado; Inf. XII, 130.
106 [CERC. 7. GIR. 2] Inf. xiii. 3-19 [m.i.va]

che da nessun sentiero era segnato.


Non fronda verde, ma di color fosco ;

non rami schietti, ma nodosi e involti ;

non pomi v'eran, ma stecchi con tosco.


Non han sì aspri sterpi né sì folti

quelle fiere selvagge che in odio hanno


tra Cecina e Corneto i luoghi colti.
IO Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar delle Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno.
13 Ali hanno
late e colli e visi umani,
pie con artigli e pennuto il gran ventre ;

fanno lamenti in su gli alberi strani.


1G E il buon maestro « Prima che più entre,
sappi che se' nel secondo girone »
mi cominciò a dire, « e sarai, mentre
19 che tu verrai nell' orribil sabbione :

3. nessun non vi era mai venuta per-


: « I due fiumi Cecina e Marta (sul qua]
sona viva, di cui si potessero vedere le siede Corneto) formano all'incirca i co
vestigia. «E per questo si può compren- fini della Maremma toscana, luogo in-
dere, il bosco dovere essere stato salva- salubre, dove anche oggidì non si vedono
tico, e per conseguente orribile poiché ;
generalmente che boschi e macchie fol-
alcuna gente non andava per esso pe- ;
tissime»; Witte. Cfr. Bassermann, pp.
rocché se alcuni per esso andati fossero, 323 sgg. e D'Ovidio, N. St. II, 203 n.
era di necessità il bosco avere alcun sen- 10. Arpìe: esseri favolosi, raffigurati
tiere » ; JBocc. con volti di donne e corpi di uccelli.
4-6.Non fronda ecc. non si vedeva : Cfr. Yirg., Aen. Ili, 209 sgg. - «Le
fronda verde come negli altri boschi, Arpìe hanno qui a significare, che le ri-
ma di color fosco, cioè scuro, quasi nero ; cordanze triste e memorie di quelli che
i rami non erano diritti e lisci (schietti), sé stessi privano della vita, sono corrose
ma pieni di nodi e contorti (nodosi e in- e dilacerate da puzzolente infamia»; Ott.
volti); non frutti (pomi), ma spine vele- Secondo Petr. Dani., Gass., Benv., ecc.
nose (stecchi con tosco). le Arpìe figurerebbero l' avarizia.
7. sterpi: «Sterpi sono pruni et altri 11. cacciar insozzando le mense cfr.
: ;

piccoli quali sono molto


arbuscelli, i Yirg., Aen. Ili, 219 sgg. - Strofade,:
folti et involti insieme... che si chiamano isole nel Mar Ionio, dove approdò Enea
macchie » Buti. ; co' suoi, dimora delle Arpìe.
8-9. fiere: « Hanno le fiere salvatiche 12. annunzio: Celeno, un'Arpìa, an-
i luoghi lavorati ed espediti [colti] in nunziò ai Troiani i loro futuri danni e la
odio, in quanto gli fuggono perciò che fame crudele che li costringerebbe a man-
né vi truovano pastura, né gli truovano giar le mense: cfr. Yirg., A e/i. ILI, 247 sgg.
atti alle lor latebre, né sicuri come le 13. late: larghe.
selve e hannogli in odio, in quanto tal-
; 15. strani: può riferirsi agli alberi, o
volta, uscendo delle selve e vegnendo ai lamenti. Meglio agli alberi, i quali, se?
ne' luoghi colti, tutti gli guastano, come condo i vv. 4-6, erano veramente assai
massimamente fanno i cinghiari»; Bocc. strani. Cfr. Yirg., Aen. Ili, 226 sgg. I
- Cecina il piccolo fiume di questo nome
: 16. più entro: tu penetri più adden^
che scorre per la regione volterrana e tro nella selva.
sbocca nel Mediterraneo al mezzogiorno 18-19. mentre che: fino al momento
di Livorno. -Corneto: piccola città presso che. - sabbione: del terzo girone; cfr;.
Civitavecchia nella Maremma romana. Inf. XIV, 13, 28 sgg.
[CKRC. 7. GIR. 2] INF. XIII. 20-39 [PIER DELLA VIGNA] 107

però riguarda ben, e sì vedrai


cose che tornei) fede al mio sermone. »
22 Io sentia d' ogni parte tragger guai,
e non vedea persona che il facesse ;

per ch'io tutto smarrito m'arrestai.


35 Io credo ch'ei credette ch'io credesse,
che tante voci uscisser tra que' bronchi
da gente che per noi si nascondesse.
28 Però disse iì maestro « Se tu tronchi
:

qualche fraschetta d'una d'este piante,


'li pensier e' hai, si faran tutti monchi ».
31 Allor porsi la mano un poco avante,
e colsi un ramicel da un gran pruno )

e il tronco suo gridò « Perchè mi schiante ? »


:

34 Da che fu fatto poi di sangue bruno,


« Perchè mi scerpi ì
ricominciò a gridar :

non hai tu spirto di pietate alcuno ?


37 Uomini fummo, ed or sem fatti sterpi :

ben do vrebb' esser la tua man più pia,


se state fossim' anime di serpi. »

riguardando bene. AL: be-


20. sì: così, 22. tragger guai: trarre, mandar la-
ne, sì vedrai ben e vederai bene se ve-
; ; menti; cfr. Inf. V, 48.
drai, ecc. Cfr. Moore, Crit., 303 sg. 24. smarrito confuso di stupore e in-
:

21. torridi ecc.: che non crederesti, sieme di paura. - mi arrestai cfr. Purg. :

se te le dicessi. AL: daran fede; ma a XXXHI, 106-108.


qual sermone ? Cfr. Betti, Post. I, 72 sgg. 25. Io credo ecc.: artifizio di parole, cre-
Secondo il Fosc. «Virgilio allude alla duto bello dagli antichi. « Qui dove tra
meraviglia narrata da esso (Aen. Ili) poco l'ombra di Pietro dovrà fare tanto
de' giunchi che, svelti da Enea, stillavano sfoggio di cotali vezzi [v. la n. a' vv. 71-72]
sangue, e del lamento che di sotto al mirto ilpoeta può averne voluta quasi antici-
usciva dal tumulo di Polidoro »; cfr.v. 48. pare l'intonazione, darne lo spunto»;
V. 22-78. Pier della Vigna. D. non D'Ov., o. e, 206.
sa ancora che negli alberi strani sono 26. bronchi grossi sterpi, tronchi ra-
:

incarcerate le anime dei suicidi, eudeiHo mosi ed ispidi. Dal lat. brocchus, che an-
gemiti da tutte le parti e non vedendo che trovasi scritto bronclius.
persona, s'arresta smarrito. « Cogli una 27. per noi: «a noi, rispetto a noi;
fraschetta, » gli dice V., « e vedrai come insomma gente che agli occhi nostri ri-
in realtà stanno le cose ». D. coglie un manesse nascosta»; D'Ov., o. e, 207.
picciol ramo, e dal troncone della pianta 29-30. este: queste, -si faran tutti mon-
escon sangue e parole. È l'anima di Pier chi : saranno del tutto troncati, recisi.
della Vigna, che si lagna, prima, del- 33. schiante: schianti, smembri; cfr.
l' offesa testé fattagli, e racconta poi, Virg., Aen. Ili, 37 sgg. «Però che l'Au-
cortesemente pregatane da V., della sua tore non era ministro posto dalla divina
sua fedeltà, del torto fattogli
vita, della giustizia a tormentarli, però si duole il
da avversarli invidiosi e del maggior tronco » An. Fior.
;

torto eh' ei fece a sé stesso disperandosi 35. ricominciò il tronco. - scerpi rom-
: :

e uccidendosi. Conchiude pregando D. pi, laceri.


di ri vendicare su nel mondo il leso suo 37. sterpi: piante silvestri, v. 100.
onore. 38-39. pia: pietosa. - se se anche. :
108 [CKRC. 7. GIR. 2] INF. XIII. 40-58 [PIER DELLA VIGNA]

IO Come d'un stizzo verde ch'arso sia


dall' un de' capi, che dall'altro geme
e cigola per vento che va via ;

4:;
sì della scheggia rotta usciva insieme
parole e sangue; ond' io lasciai la cima
cadere, e stetti come l' uom che teme.
46 « S'egli avesse potuto creder prima »
rispose il savio mio, « anima lesa,
ha veduto pur con la mia rima,
ciò e'
49 non averebbe in te la man distesa ;

ma la cosa incredibile mi fece


indurlo ad ovra che a me stesso pesa.
52 Ma digli chi tu fosti, sì che, in vece
d'alcuna ammenda, tua fama rinfreschi
nel mondo su, dove tornar gli lece. »
55 E il tronco« Sì col dolce dir m' adeschi,
:

eh' ionon posso tacere e voi non gravi, ;

perch' io un poco a ragionar m'inveschi.


58 Io son colui che tenni ambo le chiavi

40-42 . Come ecc. come esce 1 umore (ge-


:
'
48. pur solamente. - mia rima « La
: :

me) e lo stridore (cigola). « Comparatio rima è l'Eneide [lib. III]. Il vocabolo


est propria ex omni parte sui, quia de ra- doveva anche allora sonare non del tutto
mo ad ramum, de humore ad sanguinerei, proprio pel gran poema latino, e coone-
de stridore rami ad clamorem rami, de starsi con la vezzosa elasticità del lin-
violentia ardoris ad violentiam doloris »; guaggio poetico, ed un tantino finanche
Benv. col bisogno della rima appunto ma non ;

43. scheggia rotta: legno rotto. - usci- era assurdo e temerario come sarebbe
Ta: uscivano. AL: uscieno. AL: uscirò. - oggi, che rima non s'era ancor circo-
Fu nell' ant. ital. tutt' altro che raro an- scritto al piccolo senso sopravvissuto,
che in scrittori toscani l'uso del verbo al e potea dire in genere ritmo, verso, poe-
singolare con un sogg. plur., e in prosa sia»; D'Ov., o. e, 209.
e in verso, specie poi se, come qui, il ver- 51. ovra di troncare qualche fraschetta
:

bo preceda e il sogg. sia da dir plurale in (v. 28 sg.). - pesa incresce, che troncare
:

quanto è fatto di più soggetti singolari. un ramoscello dava dolore allo spirito.
44. cima è il ramicel del v. 31 vetta
: ; 52-53. in vece d'alcuna ammenda: in
in tal senso è tuttora dell'uso toscano. luogo di ammenda alla lesione (v. 47)
45. teme « Non determinando ciò che
: che t' ha fatto. - rinfreschi rinnovi in :

l'uomo teme, né descrivendo gli effetti bene vv. 61 sgg.).


(cfr.
della paura di lui, quella breve compa- 54. gli lece: è lecito a lui vivo.
razione comprende nella generalità del- 55. m'adeschi mi lusinghi, mi alletti;
:

l' idea, infiniti oggetti spaventosi, e la- cfr. Purg. XXVI, 140 sgg.
scia che il lettore immagini a suo talento 56. voi non vi sia grave.
non gravi :

non solo la cosa più atta ad incuter ti- perch'io ecc.: se mi trattengo un
57.
more, ma anche l' aspetto pallido, e la poco a ragionar con voi. Ma con l' im-
figura tremante, sbigottita di colui che magine contenuta in inveschi, Pier della
teme»-, L. Vent., Simil., 61. V. viene a dire « Per me il vostro ra
:

47. il savio mio: Virgilio. - lesa: of- gionare è una dolce pania alla quale vo
fesa, lacerata. Il ramicello era, per così lentieri mi lascio prendere » Parodi ;

dire, un membro del corpo arboreo di Bull. XXV, 20. E


cfr. Par. XVII, 32
quell' anima dannata. 58. colui : Pier della Vigna, capuano
[CBRC. 7. GIR. 2] INF. XIII. 59-66 [PIER DELLA VIGNA,] 109

del cor di Federigo, e che le volsi,


serrando e disserrando, sì soavi,
61 che dal segreto suo quasi ogni uom tolsi :

fede portai al glorioso o fi: zio,


tanto eh' io ne perdei li sonni e i polsi
G4 La meretrice che mai dall' ospizio
di Cesare non torse gli occhi putti ,

morte comune e delle corti vizio,

nato da umili genitori sul finire del sec. tifici,et sic de aliis (« e chi dice che li
XII, studiò a Bologna, e fu poi protono- fu apposto disonestà della imperadrice»;
taro e logoteta di Federigo II impera- Buti). Imperator suspectus et credulus
tore, lungo tempo suo confidente e di fecit ipsum exoculari, et bacinari, et
grande autorità, finché, accusato, secon- tradì carceri; in quo ipse non valens
do D. e altri a torto, di tradimento, nel ferre tantam indignitatem.... se ipsum
1248 Federigo lo fé' incarcerare ed ab- interfecit ». - tenni fui padrone. - ambo
: :

bacinare. Vinto da dolore e sdegno, Piero del volere e non volere, dell' amore e
si uccise nel 1249 a Pisa o nelle sue vi-
dell'odio. Nicola della Rocca, amico di
cinanze, o, secondo altri, a S. Miniato ;
Piero, scriveva di lui: « tamquam Im-
se in carcere, o fuori, non si sa con cer- perli claviger, claudit, et meno aperit ;
tezza. Fu celebre per la sua eloquenza aperit et nemo claudit »; nella qùal frase
e per la maestria di stilista latino se- è l'eco di Isaia, XXII, 22 « dabo cla-
condo i criterii retorici allora seguiti; vem domus David super humerum eius ;

di che fanno prova le sue lettere a lungo et aperiet et non erit qui claudat; et
considerate quali insuperabili modelli claudet, et non erit qui aperiat».
del perfetto dittare. - «Lo 'mperadore 60. serrando ecc.: chiudendolo a ciò che
fece abbacinare il savio uomo maestro io non voleva, ed aprendolo a ciò che a
Piero dalle Vigne, il buon dittatore, op- me piaceva. - sì soavi: con tanta dolcezza,
ponendogli tradigione; ma ciò gli fu che egli non se ne accorgeva. Indica le
fatto per invidia di suo grande stato; fini e piacevoli maniere usate per domi-
per la qual cosa il detto savio per do- nare l'animo del monarca.
lore si lasciò tosto morire in pregione, 61. tolsi allontanai sì che io solo ero
: ;

e chi disse ch'egli medesimo si tolse la messo a parte de' suoi segreti. E pro-
vita»; G. Vili. VI, 22. - An. Sei.: «Fu babilmente fu questa la principale ca-
tanto innanzi a lo 'nperadore Federigo, gione della sua rovina.
che tutti suoi segreti sapia, e il tutto 63. li sonni e
i polsi: il riposo e la

di lui facea e disfacea. E i baroni suoi vita; forse meglio, il riposo durante
o,
di ciò ebbero invidia, e accusarono a la notte, e di giorno il vigore e le forze
torto ma furono tanti e tali, che lo 'npe-
: mentali. Al.: le vene e i polsi come in
radore lo fece abbacinare. E questi es- Inf. I, 90. AL: li sensi (o senni) e i polsi :

sendo in Pisa aportato [secondo Iac. cfr. Moore, Grit., 304-7.


Dant., da San Miniato] per disdegno e 64-65. la meretrice l'invidia, cfr. v. 78.
:

credendo col morire acquistare fama, - ospizio di Cesare: corte imperiale. -


tanto percosse il capo al muro, che esso putti degni di meretrice cfr. Purg.
: ;

uccise sé medesimo ». - JBenv. dice qual- XI, 114.


cosa di più, « Minia felicitas provocavit 66. morte comune: «Invidia diaboli
ineum invidiam et odium multorum; mors orbem terrarum »; Sa-
introivit in
nam ceteri quasi curiales et consiliarii «mosse il diavolo
pient. TI, 24. L'invidia
videntes exaltationem istius vergere in a tentare Eva, e perdere il genere uma-
depressionem ipsorum, cceperunt, coniu- no principio che il poeta aveva e non
:

ratione facta, certatim accusare ipsum potea non avere ben presente, e che sta
fictis criminibus. TJnus dicebat, quod bene in bocca di Pietro il quale fu cor-
ipse era factus ditior principe; alius, rivo a richiamar luoghi e concetti bi-
quod ascribebat sibi quicquid imperator blici, e qui in tutta la terzina assume
fecerat prudentia sua; alius dicebat, biblico linguaggio » D' Ovidio, o. e, ;

quod ipse revelabat secreta romano pon- 224; dove non si esclude del tutto che
110 [CERO. 7. GIK. 2] INF. XIII. 67-78 [PIER DELLA VICINA]

07 infiammò contro ine gli animi tutti;


e gì' infiammati infiammar sì Augusto,
che i lieti onor tornaro in tristi luttL
70 L' animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo con morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contra me giusto.
73 Per le nuove radici d'esto legno
vi giuro che giammai non ruppi fede
al mio signor, che fu d' onor sì degno !

70 E se di voi alcun nel mondo riede,


conforti la memoria mia che giace
ancor del colpo che invidia le diede. »

morte comune sia un'espressione vigo- radici di un gran pruno. Kesta che qui
rosa per dire peccato o peste comune, nuove significhi singolari, considerata la
che realmente parrebbe « il miglior av- singolare genesi di quelle radici da un
viamento all'osservazione che l' invidia germe tutto spirituale»; D'Ov., o. e,
è vizio più particolare dei cortigiani». 161 sg. Al Parodi pare che qui « baleni
68. infiammati: animi de' cortigiani. - un pensiero da esprimere più largamente
Augusto: l'Imperatore Federigo II. cosi: 'per le radici di quest'albero che
69. tornaro si convertirono.
: è la mia terribile vita nuova'»; Bull.,
70. per disdegnoso gusto preso da
: XXIII, 31.
sdegno. 75. sì degno: come principe,
d'onor
71-72. disdegno altrui. Senso Per tur-
: : gran capitano, gran politico, cortese,
pe sottrarmi all'altrui spregio, alla fama generoso e colto, amico delle lettere,
di traditore, io, innocente, mi resi col- anzi letterato egli stesso (cfr. Vulg. Eloq.
pevole di ingiustizia contro me stesso, I, 12) ; come
cristiano no Inf. X, 119. ;

uccidendomi. Si osservi che fin qui, nelle Sulla sepoltura di Federigo (G. Vili. VI,
antitesi studiate, quali lieti onori e tri- 41) « volendo scrivere molte parole di sua
sti lutti, ingiusto me e me giusto, nel- grandezza e podere e grandi cose fatte
l'uso a brevissima distanza, o di seguito per lui, uno cherico Trottano lece questi
addirittura, di più parole derivanti da brievi versi, i quali piacquero molto a
una stessa radice, come inftammò-in- Manfredi e agli altri baroni, e fecegli in-
fiammati-infiammdr (cfr. v. 25) e disde- tagliare nella detta sepoltura, gli quali
gnoso gusto - fuggir disdegno e in altri diceano: - Si probitas, sensus, virtutum
artifici retorici facili a rilevarsi, si pa- gratia, census, Nobilitas orti possent
]

lesa il dictator famoso, che di siffatti or- resistere morti, Non foret extinctus
|

namenti abbelliva il suo latino, destando Federicus, qui jacet intus-».


l' ammirazione de' contemporanei; ma, 76. se: V. gliel'aveva detto nel v. 54;
finito il racconto, quando Piero vuole ma lo spirito par che stenti a crederlo.
riaffermare la propria fede e lealtà verso 77-78. conforti ecc. rivendicando il :

il degno signore e invocare una parola mio onore. - giace sotto l'accusa di tra-
:

che lo riabiliti agli occhi del mondo, par- ditore, eh' è il colpo datola dall' invidia.
la con semplicità e schiettezza efficacis- V. 79-108. I suicidi avanti e dopo
sime. Cfr. Parodi, Bull. VI, 154 sg. ; la risurrezione» Pier d. V. tace. « Di-
XXV, 20 sg., e D' Ov., o. e, 229 sgg. manda, se vuoi udirne di più » dice V.
73. nuoTe: recenti? Da 51 anno era al P. « La compassione m' impedisce di
morto Piero. Ora «lasciamo da parte se parlare dimanda tu » risponde questi.
: !

mezzo secolo sia poco o molto, che si


4 E V.: «In qual modo le anime di voi
tratta di una materia assai elastica, mas- suicidi entrano in questi tronchi e vi
sime considerandola* da un mondo so- sono incarcerate? ed una liberazione è
prannaturale ed eterno ma mezzo se- ; possibile ?» E Piero « L'anima del sui-:

colo non è poco per una pianta; e ad cida, appena avuta la sentenza di Mi-
ogni modo non posson dirsi recenti le nosse, cade, senza che le sia scelto uno
[CERO. 7. GIR. 2] INF. XIII. 79-98 [LA PENA DE' SUICIDI] 111

Un poco attese, e poi « Da eh' el si tace »


disseil poeta a me, « non perder l' ora;

ma parla, e chiedi a lui, se più ti piace.


82 Ond' io a lui : « Domanda tu ancora
di quel che credi eh' a me satisfaccia;
eh' io non potrei tanta pietà m' accora » !

85 Perciò ricominciò « Se l' uom ti faccia


:

liberamente ciò che il tuo dir priega,


spirito incarcerato, ancor ti piaccia
88 di dirne come P anima si lega
in questi nocchi; e dinne, se tu puoi,
se alcuna mai da tai membra si spiega. »
91 Allor soffiò lo tronco forte, e poi
si convertì quel vento in cotal voce :

« Brevemente sarà risposto a voi.


94 Quando si parte P anima feroce
dal corpo ond' ella stessa s' è disvelta,
Minòs la manda alla settima foce.
Cade in la selva, e non P è parte scelta ;

ma là dove fortuna la balestra,


o altro luogo, in questa selva, qual se- Gli coceva quanto mai che il beli' idillio
me, e vi germoglia e cresce come pianta, tra grande imperatore e il degno mini-
il

delle cui foglie si pascono le Arpìe. Nel stro fosse così miseramente finito. »
dì del giudizio finale ciascuna ripren- 85-86. Puom: D. vivo; cfr. v. 54. Il
derà il proprio corpo e lo appiccherà al se è deprecativo od ottativo. - ciò ecc.:
suo albero ». Bene il De Sanctis : « L'ani- rinfrescare nel mondo la tua fama; e
ma separatasi violentemente dal corpo, ciò liberamente « con tutto il cuore, ex
non lo riavrà più mai, e riman chiusa in abundantia cordis, cioè non quasi per
un corpo estraneo di natura inferiore, in forza o per semplice osservanza della
una pianta, e la pianta sentirà ad ogni promessa data»; D'Ov., o. e, 287.
ora la trafittura che il suicida si fece in 87. incarcerato: in questo tronco.
vita. La separazione è eterna, la ferita è 89. nocchi tronchi nodosi. - se tu può!
: :

eterna l' inferno dei suicidi è il suicidio


; se lo sai et'è concesso parlar ancora.
ripetuto eternamente in ogni istante. » 90. da tai membra: da questi nocchi
79. attese: se l'anima volesse dir altro. che fanno per essa le veci di membra
80. l'ora: il tempo opportuno. corporee, -'spiega: scioglie.
81. se^più ti piace: se altro ti piace 91. soffiò: questo forte soffio è il sospiro
di chiedere. di chi rammenta, come si formò la pena
83. credi: V. conosce i pensieri di D. ond' è e sarà tormentato. Non avendo
.

84. accora commuove.


: A
renderci ra- altri organi con cui esprimersi, il so-
gione di tanta pietà il D'Ovidio, o. e, spiro diventa un soffio.
;

pp. 248-285, dimostra come Pier della 92. si convertì: il soffio diventò parola
Vigna fosse per Dante (p. 280-1) « una articolata per 1' uditore.
delle figure storiche che più lo attraevano 94. feroce : «imperò che come fiera in-
per conformità d'idee o di personali ten- crudelisce contro so medesima»; JButi.
denze. Gli pareva non solo il consigliero 96. Minòs la. manda: nel modo detto
li colui nel quale egli venerava il Cesare in Inf. V, 1 sgg. - foce: cerchio.
3 l'amico dei dotti e dei poeti, ma il 97. scelta: prestabilita.
'ore politico, lo scrittore, il corti- 98. dove ecc.: dove il caso la porta. But-
inno salito per mera virtù d'ingegno. tarono via il proprio corpo, e vengono
112 [CERO. 7. GIR. 2] INF. XIII. 99-114 [SCIALACQUATORI j

quivi germoglia come gran di spelta.


100 Surge in vermena ed in pianta silvestra :

l'Arpìe, pascendo poi delle sue foglie,


fanno dolore, ed al dolor finestra.
103 Come l'altre, verrem per nostre spoglie,
ma non però che alcuna sen rivesta ;

che non è giusto aver ciò eli' uom si toglie.


106 Qui le strascineremo, e per la mesta
selva saranno i nostri corpi appesi,
ciascuno al prun dell'ombra sua molesta. >:

109 Noi eravamo ancora al tronco attesi,


credendo ch'altro ne volesse dire,
quando noi fummo d' un romor sorpresi
112 similemente a colui che venire
sente il porco e la caccia alla sua posta
eh' ode le bestie, e le frasche stormire.

essemedesime buttate via dal fato. « Dice nemica, starà come a rinfacciarle quel-
che a caso hanno l'anime quelli luoghi, la nimistà, quella repulsa. » «....quelle
notantemente per mostrare che la despe- due voci con una vocale cupa, ciascuno
razione non ha gradi imperò che in pari
; al prun, a cui ne sussegue una terza
grado è ognuno che si dispera »; Buti. (sua), esprimono efficacemente il cupo
99. spelta: « è la spelta una biada, la dolore di Piero; e sono le ultime note
qual gittata in buona terra, cestisce mol- con cui chiude definitivamente il suo di-
to, e perciò ad essa somiglia il germo- scorso, e l'eco triste che il personaggio
gliare di queste misere piante»; Bocc. lascia, sparendo, nell' animo del letto-
100. vermena: pianticella. poi si Ma re»; D'Ovidio, o. e, 292 sgg.
impianta silvestra, albero selvatico. «Si- V. 109-129. Violenti contro sé nella
cut anima in humano corpore exercet roba: Jjano da Siena e Giacomo da
diversas potentias et virtutes per diversa Sant'Andrea. Ecco due spiriti nudi e
membra vel organa, ita nunc in arbore se graffiati fuggire inseguiti da nere, avida
resolvit per diversos ramos»; Benv. cagne! L'uno s'allontana l'altro, sfìni-i
;

101. pascendo: pascendosi. to, si lasciacadere e s'appiatta in un ce^


102. finestra: apertura onde escono i spuglio ove le cagne gli sono addosso
guai, esprimenti dolore.
il lo lacerano e* ne portan via le membra.
103. altre : anime. - Terrena : nella valle 109. attesi: intenti.
di Giosaffat il dì del giudizio ; cfr. Inf. 111. sorpresi « Constitit 2Enea3 stre
:

X, 11.- per nostre spoglie a riprendere : pituque exterritus hsesit »; Yirg., Aen
i nostri corpi; cfr. Inf. VI, 97-98. VI, 559.
104. non però non per questo. I corpi
: 112. a colui ecc.: « a quel cacciatore
li riprendono, ma non vi rientrano. Han- appostato nella selva ad aspettare il pa
no separato violentemente cose che Dio saggio delle fiere, mentre altri uomini e
aveva congiunte, e Dio non le congiunge cani cercano la selva»; Lomb.
una seconda volta. Le anime resteran 113. porco: selvatico, cinghiale, -e
separate dai corpi in eterno. eia i cani e i cacciatori. - alla sua
:

108. al prun: ov'è rinchiusa l'anima. sta : al luogo dove è postato.


-molesta: «infesta, nemica, crudele 114. stormire « La concitazione
:

al suo corpo, in quanto lo fastidile lo espressa dall'accento di quarta e setti


uccise. Poetico è il pensiero e l'espres- del primo e del terzo verso della terzini
sione, e più intimamente, poetico è il come la qualità del rumore lo è dalle
contrappasso che ne risulta. Il corpo lì bilanti complicate e da altri suoni
appeso, di fronte all'anima che gli fu terzo. È opportuna l'osservazione del
[CERC. 7. Gli*. 2] Inf. xiii. 115-125 [scialacquatori] 113

115 Ed ecco duo dalla sinistra costa,


nudi e graffiati, fuggendo sì forte,
che della selva rompièno ogni rosta.
]18 Quel dinanzi «Ora accorri, accorri, morte
: ! »
e T altro, cui pareva tardar troppo,
gridava « Lano, sì non furo accorte
:

121 le gambe tue alle giostre del Toppo » ;

e poi che forse gli fallìa la lena,


di sé e d'un cespuglio fece un groppo.
124 Diretro a loro era la selva piena
di nere cagne, bramose e correnti

gutini, che in cotal verso abbiasi un'en- dulum sonum provocaretur sibi som-
dìadi, che lo stormire non è anche delle nus.... Alia vice cum iret de Padua Ve-
bestie per sé stesse, ma sol delle frasche, netias per flumen Brentse in navi cum
per l'urto delle bestie»; D'Ov., o. e, 295. aliis iuvenibus sociis, quorum aliqui pul-
116. nudi: «condizione.... qui richia- sabant, aliqui cantabant, iste fatuus, ne
mante di certo l'essersi coloro nel mon- solus videretur inutilis et otiosus, coepit
do spogliati d'ogni cosa: ridursi in ca- accipere pecuniam, et denarios singula-
micia, venderebbe la camicia, diciam noi tim deiicere in aquam cum magno risu
oggi in simili casi»; id., ib., p. 194. omnium.... Cum semel esset in rure suo,
117. rompièno rompevano. - rosta:
: audivit quemdam magnatem cum comi-
« Questo vocabolo rosta usiam noi in co- tiva magna nobilium ire ad prandium
tali fraschette o ramicelli verdi d'alberi, secum et quia non erat provisus, nec po-
;

con le quali la state cacciam le mosche»; terat in brevissimo temporis spatio pro-
Bocc. vider secundum quod suaB prodigalitati
118. Quel: Lano (Arcolano Maconi'O videbatur convenire, subito egregia cau-
da Siena, il quale del resto non sembra tela usus est; nam fecit statim mitti
fosse poi un grande scialacquatore. Tro- ignem.in omnia tuguri a villse suge satis
vò la morte nella battaglia del Toppo apta incendio, quia ex paleis, stipulis et
del 1287, nella quale i Sanesi furono scon- canulis, qualia sunt communiter domi-
fìtti dagli. Aretini. Alcuna comm. anti- cilia rusticorum in territorio paduano-
chi, fra cui Bocc, dicono /che Lano
il rum et veniens obviam istis, dixit quod
;

cercò volontariamente la": morte in que- fecerat hoc ad festum et gaudium propter
sta battaglia per non vivere più oltre eorumadventum, utipsos magnificentius
nella povertà in cui s'era ridotto col honoraret»; Benv. - tardar troppo: cor-
troppo spendere; ma con le parole che rere troppo lentamente rispetto a Lano.
gli son gridate dietro (vv. 120;<sg.) è 120. sì non furo ecc.: cfr. n. 118.
chiaro che gli si vuole ironicamente rin- Pieve del Toppo si
121. giostre: alla
facciare che anche alla Pieve del Toppo combattè quasi a corpo a corpo, come
egli te' uso delle gambe per fuggire, se nelle giostre.
non che esse non furono allora così ac- 122. fallìa. la lena : mancava il fiato.
corte, cioè così destre e svelte, come ora 123. groppo: gruppo; si lasciò cadere
nell'inferno (Cfr. D'Ovidio, o. e, 299 in un cespuglio per nascondersi.
sg. e Medin, Lect. Dantis, p. 36). 125. cagne « Canes persequentes eos et
:

119. l' Griacomo\da< Sant' An-


altro : devorantes sunt creditores, seu indigen-
drea, da Padova, famoso scialacquatore, tiee supervenientes post lapsum faculta-
fatto uccidere, come si crede, da Ezzelino tum, unde ut desperati fugiunt homines
IV nel 1239; Medin, o. e, pp. 34 sgg. et se occultant»; Petr. Bant. Altri nelle
«Ut audivi a fidedignis de terra sua, cagu e videro raffigurati i rimorsi che
fecit multas ridendas vanitates. Semel straziano* chi ha dilapidato i suoi beni.
,

cum non posset dormire, mandavit, ut Comunque, « è chiaro il valore allegorico


portarentur plures peti» pignolati ci- di tutta la scena, e il contrappasso che
priani facti cum colla, et lacerarentur a ne risulta. Costoro nel mondo sperpera-
familiaribus in camera, ut ad illum stri- ron la roba or non hanno che il corpo
:

8. — Biv. Oomm., 8 a ediz.


114 [cerc. 7. GIR. 2] Inf. xin. 126-144 [UN SUICIDA]

come veltri eli' uscisser di catena.


127 In quel che s' appiattò miser li denti,
e quel dilaceraro a brano a brano ;

poi sen portar quelle membra dolenti.


130 Presemi allor la mia scorta per mano,
e menommi al cespuglio, che piangea,
per le rotture sanguinenti, invano.
133 « Giacomo » dicea « da Sant'Andrea,
che t è giovato di me fare schermo 1
7

che colpa ho io della tua vita rea? »


136 Quando il maestro fu sopr' esso fermo,
disse « Chi fusti, che per tante punte
:

soffi con sangue doloroso sermo? »


139 Ed elli a noi « anime che giunte :

siete a veder lo strazio disonesto


e' ha le mie fronde sì da me disgiunte,
142 raccoglietele al pie del tristo cesto :

io fui della città che nel Battista


mutò '1 primo padrone; ond' ei per questo

(l'ombra), e questo vien loro sperpera- que' molti ». Questa ragione fu poi ri-
to»; D'Ov., o. e, II, 196. petuta da Benv.
126. veltri : « Bontà propria.... nel vel- 131. cespuglio dov'erasi rifugiato Gia-
:

tro è bene correre»; Conv. I, 12. como da Sant'Andrea.


127. quel: Giacomo da Sant'Andrea. 132. rotture: fattegli dalle cagne nel
V. 130-151. Un
Fioi'entino suicida» dilacerar Giacomo e da Giacomo stesso
Lo spirito imprigionato nel cespuglio ^nell'appiattarsi. - invano perchè il pian- :

piange. «Chi fosti 1» domanda V. Que- to non rimedia allo strazio (Parodi) e
gli risponde solo che fu Fiorentino e perchè «il pianto si risolve in rimprover
parla della statua di Marte sul Ponte a chi s'era appiattato, e questi orania
Vecchio, aggiungendo di essersi impic- non c'era più, essendosene le cagne poi-
cato nelle proprie case. È costui, secondo tate via a brani le membra dolenti, co
i più, Lotto degli Agli, giurista, « qui, sicché non poteva udire i rimproveri »
data una sententia falsa, ivit domum, D'Ov., o. e, 306.
et statini se suspendit »; Benv. Altri di- 133. Sant'Andrea di Codiverno, a sette :

cono invece che fosse Rocco de' Mozzi, miglia da Padova.


«il quale fu molto ricco, e per cagione 134. schermo riparo, giacché le cagne
:

che la compagnia loro fallì, venne in ti hanno ugualmente straziato.


tanta povertà, ch'egli stesso s'impiccò 135. colpa: da esser rotto e
straziato.
per la gola nella sua casa » in. Sei. ; 136-138. fermo: fermato. - punte: estre-
Dice il Bocc.: « Né è costui dall'autore mità di rami rotte. - soffi: cl'r. v. 91. -
nominato, credo per l'una delle due ca- sermo: sermone, parole.
gioni, o per riguardo de' parenti che di 139-140. anime non vede e non sa che
:

questo cotale rimasero, i quali per av- D. è vivo. - disonesto sconcio brutto : , :

ventura sono onorevoli uomini, e perciò cfr. Virg., Aeri. VI, 497 « truncas inho- :

non gli vuole maculare della infamia di nesto vulnere nares ».


così disonesta morte ovvero perciocché
; cespuglio sventurato.
142. tristo cesto :

in que' tempi, quasi come una maladi- Firenze. - Battista S. Gio-


143. città : :

zione mandata da Dio nella, città nostra, vanni Battista, patrono di Firenze.
più se ne impiccarono acciocché ciascun
; 144. primo Marte. - per questo per
: :

possa apporlo a qual più gli piace di vendetta del ripudio.


[CERC. 7. GIR. 2] INF. XIII. 145-151 [UN SUICIDA] 115

145 sempre con l'arte sua la farà trista ;

e se non fosse che in sul passo d'Arno


rimane ancor di lui alcuna vista,
148 quei cittadin che poi la rifondarno
sovra il cener che d'Attila rimase,
avrebber fatto lavorare indarno.
151 Io fei giubbetto a me delle mie case. »

145. l'arte sua: la guerra. quello se ne potesse comprendere, ella


146. passo d'Arno: Ponte Vecchio. fu piccola cosa per rispetto alla gran-
147. alcuna yista: « un'immagine, una dezza d'uno uomo a cavallo, e di rozzo
figura comunque ridotta»; Barbi {Bull, e grosso maestro.» Ma nella grande inon-
XXV, 49 dove si chiarisce come vista dazione del 1333 « cadde in Arno la sta-
significò in antico 'immagine, figura'). tua di Marte, eh' era in sul pilastro a
Cfr. « quella pietra scema » di Par. XVI, pie del detto Ponte Vecchio di qua. E
146. Firenze pagana avrebbe avuto per nota di Marte che gli antichi diceano e
suo protettore Marte, in cui onore eresse lasciarono in iscritto, che, quando la sta-
un tempio maraviglioso G. Vili. I, 42.
; tua di Marte cadesse o fosse mossa, la
Convertita la città al cristianesimo, il città di Firenze avrebbe gran pericolo
tempio fu dedicato a S. Giovanni, e la e mutazione »; G. Vili. XI, 1. Su le vi
statua di Marte, a cavallo, posta sopra cende e le leggende di questa statua fa
una torre presso l'Arno; G. Vili. I, 60. mosa, che raffigurava probabilmente un
Quando Firenze fu distrutta, la statua re barbarico, cìv.Davidsohn, Storia di Fi
cadde nell'Arno, Vili. II, 1. Riedificata renze (Firenze, Sansoni) II, pp. 1156 sgg
la città ai tempi di Carlo Magno, «di- 149. Attila: che avrebbe distrutto Fi
cesi che gli antichi avevano oppinione, renze nel 458 G. Vili. II, 1 IH, 1.
; ;

che di rifarla non s'ebbe podere, se prima 151. giubbetto: dal frane, ant. gibet
non fu ritrovata e tratta d'Arno l' inda- forca, patibolo. Ma i commentatori an
gine di marmo, consacrata per li primi
'
tichi intendono luogo del supplizio
'

edificatori pagani per nigromanzia a «Et propterea dicit: Io feci, etc. quia
Marti, la quale era stata nel fiume d'Ar- locus in quo suspenduntur homines in
no dalla distruzione di Firenze infìno a partibus Francice, vocatur Jubeth, et
quello tempo .e, ritrovatala, la puosero
; ipse idem de domo propria constituit
in su uno piliere in su la riva del detto sibi furcas » Bambgl. - Così anche
;

fiume, ov' è oggi il capo del Ponte Vec- Lan. e altri. Il nostro verso sarà perciò
chio»; G.Vill. Ili, 1. «Questa statua» da interpretare « non propriamente mi '

dice il Bocc. «era diminuita dalla -cin- servii delle travi della mia casa per im-
tola in su, senza che essa tutta era per piccarmi .... ma ' io feci della mia casa
'

l'acque e per li freddi e per li caldi molto un luogo di supplizio cioè non già una
'
,

rosa per tutto, tanto che quasi, oltre al forca, ma un luogo dove si eseguiscono
grosso de' membri, né dell'uomo né del le condanne alla forca»; D'Ov., o. e,
cavallo alcuna cosa si discernea; e per 330 S£.
116 [CEKC. 7. GIR. 3] Inf. xiv. 1-11 [LANDA INFOCATA]

CANTO DECIMOQUARTO
CERCHIO SETTIMO
GIRONE TERZO: VIOLENTI CONTRO DIO
(Supini e immobili, tormentati da una pioggia perenne di fuoco)

CAPANEO, IL VEGLIO DI CRETA, I FIUMI INFERNALI

Poi che la carità del natio loco


mi strinse, raunai le fronde sparte,
e rende' le a colui ch'era già fioco.
Indi venimmo
al fine ove si parte
losecondo giron dal terzo, e dove
si vede di giustizia orribil arte.

A ben manifestar le cose nuove,


dico che arrivammo ad una landa
che dal suo letto ogni pianta rimuove.
10 La dolorosa selva 1' è ghirlanda
intorno, come il fosso tristo ad essa :

V. 1-42. La pioggia di ftioco. Ar- 3. rende' le: le rendei, -a colui: allo


rivano al terzo girone, eh' è de' violenti spirito di quel fiorentino che aveva testé
contro Dio una landa sabbiosa su cui
: parlato. - fioco: Giova ricordare col D' Ov.
incessantemente piove fuoco. I colpevoli (N. St. II, 288 sg.) che solo gli schianti,
di violenza diretta contro Dio (bestem- le lacerazioni rendono possibile alle pian-
miatori) giacciono in terra supini e im- te-suicidi di mandar fuori la voce e che
mobili; i violenti contro natura (sodo- « via via che la ferita si rimargina, la
miti) girano continuamente; i violenti favella deve andarsi facendo viepiù dif-
contro natura ed arte (usurai) seggono ficile e finalmente impossibile. » Ecco
raccolti. L' idea della pioggia di fuoco perchè colui era già fioco.
fu ispirata a D. dal Genesi XIX, 24 (cfr. 4. fine: confine, -si parte: si divide.
n. 28). La pena più grave l'hanno i rei 6. orribil arte spaventevole magiste-
:

di violenza diretta contro Dio, costretti ro della divina giustizia. Orribile il pec-
a giacer supini e immobili sotto la tre- cato, orribile la pena.
menda pioggia; la più leggera i sodo- 7. nuove: non ancor viste; cfr. Inf.
miti, che durano la fatica del camminare, VII, 20.
ma possono schermirsi e aver qualche 8. landa campagna piana ed aperta,
:

ristoro dallo stesso moto continuo. cfr. Purg. XXVII, 97. «Landa è vo-
1. carità ecc.: amor patrio. « .... Samum cabolo fran cesco, e propriamente la via
biberimus ante dentes et Florentiam adeo che va lungo alcuno fiume » An. Fior.;

diligamus, ut quia dileximus, exilium 9. letto: suolo, eh' è infocato e dove


patiamur iniuste » De Vulg. eloq. I, 6.
; perciò nessuna pianta attecchisce.
D., presso quello sventurato fiorentino, 10-11. selva: dei suicidi. - l'è ghir-
sente più vivo 1' amor di patria. landa: circonda questa landa, come il
2. mi strinse: sicché ne sentii la forza. - fosso tristo, cioè la riviera di sangue,
fronde del cespuglio cfr. XIII, 123 sgg.
: ; (XII, 47 sg.) circonda la selva.
[CKRC. 7. GIR. 3] Inf. xiv. 12-28 [landa infocata] 117

quivi fermammo
i passi a randa a randa,

13 Lo spazzo era una rena arida e spessa,


non d'altra foggia fatta che colei
che fu da' pie di Caton già soppressa.
10 vendetta di Dio, quanto tu dei
esser temuta da ciascun che legge
ciò che fu manifesto agli occhi miei !

19 D'anime nude vidi molte gregge,


che piangean tutte assai miseramente,
e parea posta lor diversa legge.
22 Supin giaceva in terra alcuna gente ;

alcuna si sedea tutta raccolta,


e altra andava continua-mente.
25 Quella che giva intorno era più molta ;

e quella men che giaceva al tormento,


ma più al duolo avea la lingua sciolta.
28 Sovra tatto il sabbion, d'un cader lento,

12. randa: (dal ted. Band) orlo, mar- cielo contro cuiosarono scagliare, vivi,
gine a randa a randa vale vicino, ra-
;
'
le loro bestemmie. questo ardimento A
sente l' orlo di essa landa « in su la
'
: temerario fa contrapposto l'impotenza
pianura non potevano scendere, perchè presente, che non consente loro neppure
v' era fuoco » Buti. ; di muoversi, mentre dall'alto le bestem-
13. spazzo: lat. spatium lo spazio, = mie ricadono, per così dire, in forma di
il suolo di questa landa. fiamme ardenti, sulle loro persone.
14. colei l'arena della Libia, calcata
: 23. sedea: usurai. Sono qui come nel
dai piedi di Catone d' litica, quando per mondo invece
: di lavorare colle proprie
il- deserto di Libia condusse i residui del- mani, vollero vivere del frutto 'del de-
l'esercito di Pompeo al re Giuba ; cfr. naro, sedendo e conteggiando e qui sta- ;

Lucan., Phars. IX, 382 sgg. Circa l'uso ranno seduti in eterno. - raccolta: es-
dei pronomi di persona per designare sendo stata poco o punto socievole, in-
cose inanimate cfr. Bull. Ili, 123 n. tesa solo al guadagno «ma anche stretta ;

15. Catou che fu il primo a mettervi il


: per toccare meno della rena»; Buti.
piede: «Priinus arenas Ingrediar, pri- 24. altra violenti contro natura, o so-
:

musque gradus in pulvere ponam »; Lu- domiti. Trascinati, anche loro malgrado,
cali., Phars. IX, 394. -soppressa calcata. : dalle proprie sozze passioni, sono co-
16. vendetta giustizia punitrice cfr.
: ; stretti a muoversi continuamente, come
Inf. VII, 19 sgg. - dei: devi. i peccatori carnali del e. V, ma sopra un

19. nude: tutte le anime sono nude terreno più. triste e sotto orribile piog-
XXIII, 61 sgg.);
(eccettuati gìiipocriti, e. gia: terreno e pioggia 3ono contro na-
ma P. ricorda espressamente questa
il tura, quale fu il loro peccato.
circostanza, quando vuol farci vedere © 25. Quella sodomiti. Moltissimi i so-
:

sentir meglio la loro miseria, il loro mar- domiti in numero minore gli usurai ed
;

tirio; cfr. Inf. Ili, 100; XIII, 116; ancor più scarsi i bestemmiatori.
XXIII, 118; XXIV, 92; XXX, 25. - 27. al duolo ai lamenti. Come nel mon-
:

gregge: schiere, torme. do ebbero la lingua sciolta, alle bestem-


21. parea: dai diversi loro atti e modi mie, così l'hanno qui alle grida di dolore.
di stare appariva che quelle anime erano 28. cader « Dominus pluit super So-
:

sottoposte a leggi diverse soffrivano il ; domam et Gomorrham sulphur et ignem


supplizio del fuoco in più maniere. a Domino de crelo » Genes. XIX, 24. :

Supin ecc.: sono i bestemmiatori che


22. « Ignem et sulphur pluam super eum»;
giacciono supini, col viso rivolto verso il JEzech. XXXVIII, 22.
118 [CEHC. 7. GIR. 3] 1\K. XIV, 29-46 [PIOGGIA DI FUOCO]

piovean fuoco dilatate falde,


di
come di neve in alpe sanza vento.
)]
Quali Alessandro in quelle parti calde
d' India vide sovra lo suo stuolo
fiamme cadere infìno a terra salde ;

84 per eh' ei provvide a scalpitar lo suolo


con le sue schiere, acciò che lo vapore
me' si stingueva, mentre eh' era solo ;

37 tale scendeva l' eternale ardore ;


onde la rena s'accendea, com'esca
sotto focile, a doppiar lo dolore.
40 Senza riposo mai era la tresca
delle misere mani, or quindi or quinci
iscotendo da sé 1' arsura fresca.
43 Io cominciai « Maestro, tu che vinci
:

tutte le cose, fuor che i demon duri


che all'entrar della porta incontro uscìnci,
46 chi è quel grande che non par che curi

30. come «come nevica la neve a


ecc.: la pietra focaia manda la scintilla che
quando non è vento; im-
falde nell'alpi, accende l'esca.
però che quando è vento, la rompe, e 40. tresca: trescone, ballo molto agi-
nevica più minuta»; Buti. tato, saltereccio, che
usa ancora nelle
si
31. Quali fiamme. Anziché diretta-
: campagne. Menavano «or qua, o là l'una
mente dalle narrazioni leggendarie in- o l'altra mano, a palme aperte, scotendo
torno ad Alessandro Magno, nelle quali e, per così dire, schiaffeggiando via via
si parla bensì di pioggia di ..fuoco ma quelle falde dal luogo della persona ove
è tutt' altro il modo escogitato dall'eroe si posavano»; Fari/., Stud., p. 62 sg.
per ripararsi da essa, e dicesi usato lo 42. fresca: nuova.
scalpicciamento del suolo contro una im- V. 43-72. Capaneo. De' violenti con-
provvisa nevicata, D. derivò la notizia tro Dio uno, più e prima degli altri, dì
che qui riferisce, completandola e dan- nell'occhio a D. per la sua grande cor
dole forma poetica, da Alberto Magno, poratura e perchè,, pur sotto il inartirh
De Meteoris, 1,4,8, dove si legge: «Admi- del fuoco, sembra sfidare, con la sua at
rabilem autem impressionem scribit Ale- titudine dispettosa, la potenza divina
xander ad Aristotilem in epistola de mi- « Chi è costui ? » dimanda il P. Lo spi
rabilibus Indise [il chef non è esatto] di- rito si affretta arisponder lui con pa
cens quod ad modum nivis nubes ignitae role tracotanti e irose.E V.: «La tua
de aere cadebant, quas ipse militibus cal- superbia e la tua rabbia sono, o Capa-
care prcecepit ». Cfr. Toynbee, Ricerche neo, il tuo maggiore e più degno tor-
e note dantesche, l a serie, Bologna, 1899, mento. » Quindi a D.: « È uno dei sette
p. 35 sg. e Bull. XIII, p. 399. re che fecero guerra a Tebe tuttora in-
;

33. salde aventi una certa consistenza


: domito. Ma, gliel' ho detto, il suo fu-
«ad modum nivis ». rore è pena degna di lui. »
34. scalpitar:pestar co' piedi. 44. duri: alla porta di Dite; cfr. Inf.
35-36. acciò che: perciò che. - stin- Vili, 82 sgg.
gueva: Al.: stringeva; cfr. Z. F., 82 sg. 45. usciuci ci uscinno, cioè uscirono,
:

- solo prima che cadessero altre fiamme.


: incontro. La desinenza -inno del perf. è
37. tale: «gli accenti gravi «;del verso di tipo toscano occidentale-meridionale
esprimono l'incessante e interminabile piuttosto che fiorentina: cfr. Bull III, 129.
pioggia di fuoco»; L. Vent., Simil. 589. 46. quel grande: Capaneo, v. 63, figlio
39. focile acciarino, percossa dal quale
: di Ipponoo e di Laodice, uno dei sette re

I
[CERC. 7. GIR. 3] Inf. xiv. 47-62 [CAPANEO] 119

lo incendio, e giace dispettoso e torto,


sì che la pioggia non par che il maturi ? »
4L) E quel medesmo che si fue accorto
ch'io dimandava il mio duca di lui,
gridò « Qual io fui vivo, tal son morto.
:

52 Se Giove stanchi il suo fabbro, da cui


crucciato prese la folgore acuta
onde l' ultimo dì percosso fui ;
5i>
o s' egli stanchi gli altri a muta a muta
in Mongibello alla fucina negra,
chiamando 'Buon Vulcano, aiuta, aiuta! %
58 sì com'ei fece alla pugna di Flegra,

e me saetti con tutta sua forza,


non ne potrebbe aver vendetta allegra » !

61 Allora- il duca mio parlò di forza


tanto, ch'io non Pavea sì forte udito:

della Grecia, confederati con Polinice 56. in Mongibello: nell'Etna in Sici-


contro Tebe. Salito sulle mura della lia, dove la mitologia poneva la fumosa
città assediata, mentre furiosamente le e nera fucina di Vulcano.
smantellava, sfidò Giove a difenderle; 57. chiamando: gridando, come fece
e il nume con una folgore l' uccise cfr. ; nella guerra coi Giganti cfr. Virg., Aen.
;

Stat., Theb. X, 845 sgg. Stazio lo descri- Vili, 439 sgg. (quando Vulc. ordina ai
ve gigantesco e lo chiama magnanimus suoi fabbri le armi per Enea) :

e Superimi contemptor^et x cequi. < Tollite cuncta » inquit < coeptosque auferte
47. torto: torvo, bieco. [labores,
48. maturi : ammollisca, renda mite ed JEtn&i Cyclopes, et huc advertite mentem.
umile. «Acerbi diconsi gli orgogliosi; Arma acri facienda viro. Nunc viribus usus,
Nunc manibus rapidis, omni nunc arte magi-
acerbo. è> contrario di maturo; e la'piog-
Prsecipitate moras. » [stra.
gia ammollisce le frutta cadendo »; Tom.
Al., malamente: marturi: da, martoria- 58. Flegra valle in Tessaglia, dove ac-
:

re = martoriare. Cfr. Moore, Grit., 307. cadde il combattimento fra Giove e i Gi-
51. Qual da vi-
ecc.: fiero, inflessibile ganti, i quali avevano sovrapposto monte
vo, tale io restoanche morto e dannato. a monte per dare la scalata al cielo. Il ri-
52. fabbro: Vulcano, che fabbricava cordo di Flegra si ridesta, secondo Sta-
le saette di Giove. Capaneo bestemmia zio, nell'animo di Giove vedendo e uden-
tuttora laggiù come.; un tempo quassù. do Capaneo che infuria sulle mura di
53. crucciato: perchè schernito efsfi- Tebe: anche costui è enorme di corpo
.

dato con parole superbe. Stazio ci rap- come i Giganti, né meno di essi empio.
presenta crucciati gli altri dei, non Gio- 60. non ne ecc.: non potrebbe aver mai
ve, che ride e non perde la sua serenità, la soddisfazione e la gioia di vedermi
si direbbe, neppure quando scaglia sul- umiliato.
l' empio il suo fulmine. Capaneo, Ma 61-62. di forza tanto, ecc.: con tale e
nella sua insanabile superbia, parla del tanta veemenza, quale e quanta non ave-
cruccio di Giove per Vanteria : non è va mai usato parlando ad alcuno laggiù
davvero piccolo vanto, il dire di aver nell'Inferno. La> veemenza di V. è na-
v

commosso con le sue parole e il suo con- turale e necessaria, perchè la risposta
tegno l' animo* dell' Olimpio. suoni efficace all' orecchio di Capaneo
54. l'ultimo dì di mia vita terrena.
: che ha parlato con foga e violenza inau-
55. altri suoi fabbri, cioè i Ciclopi. -
: dite. Di fatto alle parole di V., brevi ma
a muta a muta a vicenda, l' uno dopo
: recise, vigorose, vivaci, Capaneo non
l' altro, dando loro la muta. osa più replicare.
120 [ckrc. 7. gir. 3] Inf. xiv. 63-80 [CAPANEO]

« Capaneo, in ciò clie non s'ammorza


64 la tua superbia, se' tu più punito :

nullo niartìro, fuor che la tua rabbia,


sarebbe al tuo furor dolor compito ».
07 Poi si rivolse a me con miglior labbia,
dicendo un de' sette regi
: « Quel fu l'

che assiser Tebe; ed ebbe e par ch'egli abbia


70 Dio in disdegno, e poco par che il pregi :

ma, come io dissi a lui, li suoi dispetti


sono suo petto assai debiti fregi.
al
1?>
Or mi vien dietro, e guarda che non metti
ancor li piedi nella rena arsiccia ;

ma sempre al bosco li ritieni stretti. »


70 Tacendo, divenimmo là ove spiccia
fuor della selva un piccol fìumicello,
lo cui rossore ancor mi raccapriccia.
79 Quale del Bulicame esce ruscello
che parton poi tra lor le peccatrici,
63. non s'ammorza: la superbia di C. tienli stretti alla selva del secondo gi-
non si spegne « quasi fuoco, che si ali- rone. » Così V. Vanno i due P. avanti,
menta di quell'altro fuoco onde e' fu ed arrivano là dove esce dalla selva la
fulminato ed è ora avvolto»; Del Lungo, riviera del sangue. V.: «Dacché en-E
Lect. Dantis Genovese, II, 96. trammo nell'Inf., non vedesti cosa più
compito interamente adegnato. Se
66. : notabile di questo fiumicelio ». D. gliene
Capaneo non persistesse nella sua pazza dimanda il perchè.
superbia di cui deve pure sentire in cuor 74. ancor : guarda altresì, venendomi
suo tutta la vanità e dalla quale perciò dietro. - arsiccia: infocata.
dee venirgli un cruccio continuo e tor- 76. diTeiiimmo: giungemmo; dai lat.
mentosissimo, egli avrebbe la sola x>ena devenire, che equivale spesso al sémplice
fìsica: così, invece, egli ha pena fisica venire. Cfr Inf. XVIII, 68. Purg. III,
e morale, e questa senza dubbio è più 46. - spiccia: sgorga, scaturisce.
terribile di quella. 78. rossore : colore sanguigno ; cfr. Inf.
67. con miglior labbia: con viso più XII, 47, 75, 101.
sereno: Inf. VII, 7.
cfr. 79. Bulicame: laghetto di acqaa mi-
68. sette: Capaneo, Adrasto suo suo- nerale bollente, a due miglia da Viterbo,
cero, Tideo, Ippomedonte, Anfìarao, Par- da cui usciva un ruscello, l'acqua del
tenopeo e Polinice. quale le meretrici (le peccatrici) a certa
69. assiser assediarono ^prma arcaica.
:
; distanza dalla sorgente, quando è già raf-
- ebbe vivendo. - par sembra, qui nel-
: : freddata alquanto, si dividevano tra loro,
l'Inf. La fiera superbia non è (v. n. 00) volgendo alle proprie case, tenute an-
altro che vana apparenza. che ad uso di stufe (bagni e luoglii di ri-
70. Dio parlò di Giove, v. 52, e non
: trovo) quella quantità che a ciascuna era
di Dio; ma appunto col dissimular di necessaria. - « La città di Viterbo fu
conoscere questo e la sua potenza, Capa- fatta per li Romani.... E gli Romani vi
neo si direbbe quasi che voglia mostrare mandavano gl'infermi per cagione de' ba-
il suo dispregio per lui. gni eh' escono del Bulicame, © però fu
72. debiti fregi: ornamenti meritati. chiamata Vita Erbo, cioè vita agl'in-
Parlare ironico. fermi, ovvero città di vita»; G. Vili.,
Y. 73-93. Il Flegetonte. « Basti di I, 51. Cfr. Bull. II, 2, 103 sgg.
quésto insano Seguimi, e guarda di non
! 80. parton dividono. - peccatrici me-
: :

mettere i piedi nell'arena infocata; ma retrici. Alcuni leggono pecsatrici o pez«-


[CERC. 7. GIR. 3] Inf. xiv. 81-93 [flegetonte] 121

tal per la rena giù sen giva quello.


33 Lo fondo suo ed ambo le pendici
fatt'eran pietra, e margini da lato;
i

per eli' io m'accorsi che il passo era liei.


86 « Tra tutto l' altro eh' io t' ho dimostrato,
poscia che noi entrammo per la porta
lo cui sogliare a nessuno è negato,
cosa non fu dalli tuoi occhi scorta
notabile, com' è il presente rio,
che sopra sé tutte fiammelle ammorta. »
91 Queste parole fur del duca mio :

per che il pregai che mi largisse il pasto


di cui largito m' avea il disio.

zatriei,ed interpretano maceratrici '


gambe e piedi sono di ferro, tranne il
della canapa ', lezione senza autorità pie destro, sul quale più che sul sinistro
e cui contraddice la storia, sapendosi egli si regge e eh' è di terra cotta. Pa
che le pecsatrici o pezzatrici in quel di tutte le parti, salvo che dal capo, goc-
Viterbo compivano con fìsse norme la ciano per certe fessure lagrime, le quali,
macerazione in apposite piscine sotto la forata la roccia sottostante, vanno a
vigilanza di unpiscinarius cfr. Bull. 1. e. ; formare giù nell' Inf. Acheronte, Stige,
81. per la rena: attraverso la sabbia Flegetonte e Cocito. Il Veglio è tolto
del 3° girone. - quello quel iiumicello.
: quasi di peso dal profeta Daniele, H,
82-88. pendici i due pendii delle spon-
: 31 sgg. « Tu, rex, videbas et ecce quasi
;

de. - fatt' eran lat. facta erant, si erano


: statua una grandis: statua illa magna,
impietrite per virtù del fiurnicello. An- et statura sublimis stabat contra te, et
che i ruscelli che derivano dal Bulicame intuitus eius erat terribilis. Huius sta-
di Viterbo hanno le sponde impietrite ;
tuse caput ex auro optimo erat, pectus
Bass., p. 292. - margini: i dorsi delle autem et brachia de argento, porro ven-
rilevate sponde. ter et femora ex sere. Tibia} autem fer-
84. m'accorsi: per non essere quei rose, pedum quidam pars erat ferrea,
margini coperti di arena infocata, come quaedam autem fictilis. » La statua nel
tutto l'altro suolo. - passo: per attra- sogno di Nabucadnesar figurava i regni
versare il girone. - liei: lì. Liei, laci, di lui e de' suoi tre successori, cfr. Dan.
quid, costici, ecc. dissero gli antichi an- II, 37 sgg.; il gran Veglio di D. può
che in prosa per lì, là, qui, costì, ecc. figurare le diverse età del mondo, che ci
87. sogliare: soglia della porta infer- mostrano un successivo peggioramento.
nale; Inf. Ili, 1 sgg. « Per hunc senem significatur et figura-
90. ammorta: spegne; cfr. Inf. XV, tur tota etas et decursus mundi ac etiam
2 sgg. regni Saturni usque ad hec tempora po- :

92-93. largisse pasto ecc.: mi desse


il nitur autem iste senex erectus in monte
la spiegazione, di che mi aveva destata Ida, quod ipsius montis et insule Satur-
egli stesso la curiosità, circa le ragioni nus fuit primus rector et dominus»;
per cui quel rio era cosa tanto notabile. Bambgl. E così i più. Un'altra inter-
- pasto così la scienza delle cose divine
: pretazione fu validamente sostenuta, su
è detta pan degli angeli Par. II, 11 ; : elementi forniti in ispecie da Riccardo da
Conv. 1,1. S. Vittore, da Giovanni Busnelli, e ha
V. 94-120. U
Veglio di Creta e i molti caratteri di probabilità la statua
:

fiu?ni d'inferno. Risponde V.: «In del vecchio sarebbe figura dell'umanità
Creta, dentro il monte Ida, sta ritto un corrotta e invecchiata nel peccato e le ;

gran Veglio che ha le spalle volte ver- fessure sarebbero le ferite che il peccato
so Daini ata e il volto verso Roma. Ha ha inflitte ad essa umanità ferite sem-
;

capo d'oro, braccia e petto d'argento; pre aperte e donde « scaturisce e preci-
di là sino alle cosce è di rame; cosce, pita nel baratro V onda peccaminosa »;
122 [CBRC. 7. GIR. 3] INF. XIV. 94-112 [VEGLIO DI CRETA]

« In mezzo mar siede un paese guasto »


diss' egli allora, « che s' appella Creta,
sotto il cui rege fu già il mondo casto.
97 Una montagna che già fu lieta
v' è
d' acque e di frondi, che si chiamò Ida;
ora è diserta, come cosa vieta.
100 Rea la scelse giù per cuna fida
del suo figliuolo, e per celarlo meglio,
quando piangea, vi facea far le grida.
103 Dentro dal monte sta dritto un gran veglio,
che tien vòlte le spalle invèr Damiata,
e Roma guarda sì come suo speglio.
106 La sua testa è di fin oro formata,
e puro argento son le braccia e il petto,
poi è di rame infìno alla forcata ;

109 da indi in giuso è tutto ferro eletto,


salvo che il destro piede è terra cotta,
e sta in su quel, più che in su 1' altro, eretto,
112 Ciascuna parte, fuor che l'oro, è rotta

Busnelli, L'etica nicomachea e l'ordì- 103. Dentro pone il Veglio in Creta,


:

natii, morale dell'Inferno. Bologna, Za- perchè quivi fiorì sotto Saturno l'età
nichelli, 1902; pp. 159 sgg. dell'oro e perchè si credeva che V isola
94. mezzo e ir. Vìrg., Aen. Ili, 104 sgg.
: giacesse proprio nel mezzo delle tre parti
- mar: Mediterraneo, detto nel Medio del mondo conosciuto, epperò fosse cen-
evo il mare per antonomasia. - guasto : tro e principio del genere umano.
rovinato. Si credeva che anticamente 104-105. inver Damiata: eh' è in Egitto,
avesse cento città, Yirg., Aen. Ili, 106. cioè verso Oriente. - guarda: essendo Ro-
96. rege Satnrno, primo re di Creta.
: ma l'unica speranza dell'avvenire della
-casto: puro, senza vizi. Fu l'età del- monarchia universale cfr. De Mon. II ;
;

l'oro, cfr. Yirg., Aen. Vili, 319 sgg. Oonv. IY, 5.

98. Ida oggi Psylory, Psiloì'iti, o Mon-


: 106. testa :monarchia di Saturno, età
te Giove, monte nel centro dell' isola di dell'oro. Alcuno ha pensato che D. in-
Creta, la cui sommità è per lo più co- tenda del secolo d'Augusto, cfr. Oonv.
perta di nevi. Su di esso, secondo la mi- IV, 5. De Mon. I, 16.
tologia, Giove fu allevato da' Coribanti. 107. argento: seconda età; età d'ar
99. Yieta: lat. vetus-, «vecchia, fracida gento (o principio della decadenza dell
e siappa onde si dice saper di vieto una
;
monarchia romana).
cosa, quando è divenuta vecchia »; Dan. 108. forcata il punto del corpo umano
:

100-102. Bea: Bkea o Cibele, moglie dal quale si partono le cosce terza età ;

di Saturno e madre di Giove, Nettuno o del rame (o decadenza della monarch


ecc. cfr. Yirg., Aen. Ili, 111 sgg. - far sino alla sua divisione dopo la morte di
le grida :ai Cureti, suoi servi. Volendo Teodosio).
render vana la profezia, secondo cui i 109. eletto: non misto con altri me-
suoi figli lo avrebbero privato del trono, talli: quarta età, che per Dante era il
Saturno se li mangiava l'uno dopo l'al- tempo presente. H
piede di ferro è l' im-
tro. Nato Giove, Rea lo fece trasportare pero ; piede di terra cotta è il papato
il
;

sull'Ida per salvarlo, e perchè Saturno quello forte, questo assai fragile.
non ne udisse le grida, comandò a' Cu- 112. parte: della statua. - fuor che:
reti di fargli gran rumore attorno con gli uomirii felici non piangono, e tali
si^ade, scudi, cembali e altri strumenti. furono nell'età dell'oro (e nei tempi di
[CERC. 7. GIR. 3] Inf. xiv. 113-122 [fiumi infernali] 123

d' una fessura che lagrime goccia,


le quali, accolte, foran quella grotta.
115 Lor corso in questa valle si diroccia :

fanno Acheronte, Stige e Flegetonta;


poi sen van giù per questa stretta doccia
118 infìn là ove più non si dismonta :

fanno Oocito \ e qual sia quello stagno,


tu il vederai ; però qui non si conta. »
121 E io a lui « Se il presente rigagno
:

si deriva così dal nostro mondo,


Augusto). Il Busnelli (v. la n. 94-120 in cia fuori alquanto sotto, ossia dalla trista
fine) dà naturalmente di tutti questi par- selva dei suicidi col nome di Flegetonte;
ticolari della statua altre spiegazioni, ar- e pervenutovi fondo- che divora Luci-
monizzanti col significato generale da fero con Giuda, si rappiglia in una im-
Ini attribuito alla statua stessa. mensa sfera di ghiaccio denominata Oo-
114. accolte radunate insieme ai piedi
: cito. Codesto fiume derivato 4 da sì rea
del Veglio. - grotta: roccia; cfr. Purg. fonte, che percorrerle diverse regioni
XIII, 45. dell'Inferno sotto quattro nomi, è il con-
115. si diroccia: scende di roccia in trapposto di? quell'altro che pullula dal
roccia giù nell'Inferno. mezzo e irriga la divina foresta del Pur-
116. Acheronte: cfr. Inf. HI, 71, 78. - gatorio, e si biparte in. .. Lete e.
. Eunoè.
. . .

Stige : Inf. VII, 106. - Flegetonta


cfr. : Il fiume infernale è originato dalla corru-
Flegetonte (cfr. Inf. XII, 47) come oriz- zione dell'uman genere, cresce in mali-
zonta per orizzonte, Inf. XI, US. gnità 'db mano in mano che avanza nei
117. doccia: canale, condotto; cfr. Inf. corso, funesta la<dimora de' presciti, os-
XXIII, 46. sia -del ? secolo malvagio, ed è strumento
il fondo dell'Inferno
118. là ore ecc.: è di punizione dei medesimi quello della
;

cioè, stesso D., «il punto


come dicelo |
divina foresta .... esce di fontana salda e
al qual si traggon d'ogni parte i pesi » certa, |
Che tanto dal voler di Dio ri-
4

{Inf. XXXIV, 110 sg.), e oltre il quale, prende, Quant' essa versa da due parti
|

perciò, più>non si scende. Da questo aperta {Purg. XXVIII, 124-26); fluisce


punto all'altro emisfero si passa non già con onda limpidissima ad abbellire la
dismontando, mardi nuovo montando, Chiesa ; di Dio, acquista correndo virtù :

cioè salendo {Inf. XXXIV, 76-90). dall'una parte di astergere ogni memo-
119. fanno : tutte quante quelle lagri- ria delle passate colpe, dall'altra di con-
me vanno <giu a formare
Oocito, sede il ferire ogni doviziavdi beni spirituali. In
della causa prima di esse, cioè di Luci- una parola, il- primo è l'emblema della
fero; cfr. Inf. XXXII, 23, sgg. colpa, il, secondo della grazia; quello del
120. non si conta: non ne parlo. - «Le male, questo* del rimedio. » Barelli, Al-
lagrime che il Veglio, figurante l'uman leg. della Div. Oomm., 90 sgg.
genere, piove da tutte le fessure ond' è V. 121-142. ALncora i fiumi infer-
vulnerato, fuor che dal capod'oro, sono nali. « Ma se questo fiume deriva dal
l'universalità; dei peccati commessi da nostro mondo, perchè si vede sol qui, e
tutti. gli uomini- delle tre ultime (
'età vi- non nei cerchi superiori?» chiede D. E
ziate, e calanti neUgran ^baratro Ohe il V.: «Il luogo è circolare, e tu non hai
mal dell'universo tutto intacca { Zn/.VII, ancora percorsa l' intiera circonferenza;
18); e fanno dapprima' il fiume nomato la sicché non devi meravigliarti, se, t'ap-
trista riviera d'Acheronte il quale fiume ; paiono solo in un dato cerchio cose vi-
;

poi ricompare buio molto più che perso sibili manche in cerchi precedenti. <<Ma
nel cerchio degli; avari; si dilaga nella dove sono Flegetonte e Lete ? » « Il Flege-
palude Stige, ove stanno attuffati gl'ira- tonte è questo, e dovevi argomentar ciò
condi forse [certo] nella intenzione del
; dal suo bollore. Lete vedrai sulla vetta
Poeta, è il medesimo che, trasmutato in della montagna savia. Ed ora, avanti » !

sangue bollente, cruccia i violenti del pri- 121. rigagno: rigagnolo; cfr. v. 77.
mo girone, perocché rosso e bollente spic- 122. nostro: dei viventi.
124 [CERO. 7. GIR. 3] INF. XIV. 123-142 [fiumi infernali]

perchè appar pur a questo vivagno? »


ci
124 Ed egli a me: « Tu sai che il luogo è tondo,
e tutto che tu sii venuto molto
pur a sinistra, giù calando al fondo,
127 non se' ancor per tutto il cerchio vòlto ;

per che, se cosa n' apparisce nuova,


non dee addur maraviglia al tuo volto »,
130 E io ancor « Maestro, ove si trova
:

Flegetonta e Lete? che dell' un taci,


e l' altro di' che si fa d' està piova. »
133 « In tutte tue question certo mi piaci »
rispose ) « ma il bollor dell'acqua rossa
dovea ben solver 1' una che tu faci.
136 Lete vedrai, ma fuor di questa fossa,
là ove vanno P anime a lavarsi
quando la colpa pentuta è rimossa. »
139 Poi disse « Ornai è tempo da scostarsi
:

dal bosco fa' che diretro a me vegne


; :

li margini fan via, che non son arsi,

142 e sopra loro ogni vapor si spegne. »

123. pur: solamente. -vivagno: propr. flammis ambit torrentibus amnis Tarta-
l'orlo o cimosa del panno qui per il 3° ;
reus Phlegethon », e Serv., Ad Aen. YI,
girone del settimo cerchio del quale cer- ; 265, dove è detto che V. « Phlegethonta
chio esso girone forma Vorlo interno. vocat ignem»), il bollore di questo fiume
124. il luogo: il baratro infernale. doveva farti accorto che esso è per l'ap-
126. pur: sempre a sinistra. AL: più; punto il Flegetonte. Né occorreva sa-
cfr. Moore, CriL, 307-10. pere di greco; bastava avere in mente
127. non se' ecc.: hai percorso una par- il verso di V. e conoscere la glossa di

te di ogni cerchio sempre proseguendo il Servio, o anche solo aver letta la spiega-
cammino a sinistra, ma ancora non hai zione che davano di Phlegethon i lessici
girata l'intera circonferenza. «Quasi vo- allora in uso. Cfr. Toynbee, Ricerche ecc.,
glia dire e però non ti maravigliare, se
: 2 a serie, Bologna, 1904, p. 34.
ancora veduto non hai lo scender di quo- 135. l'una: la questione: ove si trova
st' acqua, perciocché tu non eri ancora Flegetonta^ Eccolo lì.

pervenuto a quella parte del cerchio, 136. vedrai: cfr. Purg. XXVIII, 121
dalla quale ella scende»; Bocc. sgg. - fossa: cavità infernale.
129. addur ecc.: nel volto si esprime 137. là ove ecc.: nel Par. terrestre,
la meraviglia dell'animo. sulla vetta della montagna del Purg.
131. Lete: così Olimene, Par. XVII, 1. 138. pentuta: dall'ant. pentere, di cui
-dell' un: di Lete. Il fiume deH'obblìo ilcolpevole siasi pentito a tempo; cfr.
non può essere nell' Inf. cristiano (come Purg. XXXI, 85-87. - rimossa: tolta via
era nel pagano), non essendo concesso interamente, lavata dalle pene del Pur-
ai dannati di dimenticare i peccati com- gatorio.
messi e i mezzi di grazia negletti. 140. dal bosco: dalla dolorosa selva
132. T altro:Flegetonte. - piova:
il del secondo girone. - vegne: tu venga.
pioggia le lacrime del Veglio di Creta.
; 141. arsi: infocati.
134. il bollor: Flegetonte venendo a 142. vapor: fiamma; cfr. v. 35. - si
dire fiume bollente (da (pXéyco ardo, = spegne per il motivo accennato nel v. 90,
:

cfr. Virg., Aen. VI, 550 sg.: «Quae rapidus e spiegato ne' primi vv. del e. XV.
[CERC. 7. GIR. 3] INF. XV. 1-9 [SODOMITI] 125

CANTO DECIMOQUINTO

CERCHIO SETTIMO
GIRONE TERZO: VIOLENTI CONTRO NATURA
(Camminano continuamente, tormentati dalla pioggia di fuoco)

BRUNETTO LATINI , PRISCIANO, FRANCESCO D ACCORSO ?

ANDREA DE' MOZZI

Ora cen porta 1' un de' duri margini ;

e '1 fummo del ruscel di sopra aduggia,


sì che dal fuoco salva 1' acqua e gli argini.

Quale i Fiamminghi tra Guizzante e Bruggia,


temendo il fiotto che vèr lor s' avventa,
fanno lo schermo perchè il mar si fuggia ;
e quale i Padovan lungo la Brenta,
per difender lor ville e lor castelli,
anzi che Chiarentana il caldo senta )

V. 1-21. la regione dei sodomiti. I di contro le isole della Zelandia verso il


P. camminano sopra l'uno degli argini nord cfr. Dalla Vedova in D. e Padova,
;

(di cui ci è fatta capire la struttura con p. 89 sgg. - Bruggia : Bruges (dal ted.
due opportune similitudini) avendo così Die Bruche) città capitale della Fiandra
a sinistra il ruscello, a destra il sab- •
occidentale. «Trovandosi Wissant verso
bione infocato. A
gran distanza dalla il confine occidentale della Fiandra Dan-
selva de' suicidi e scialacquatori vedono tesca, Bruggia verso 1' orientale, appa-
venire lungo l'argine, incontro a loro, risce che Dante con que' due nomi volle
una schiera di violenti contro natura, indicare la diga fiamminga da un capo
che fissano non senza stento i due in- all'altro del paese. La distanza de' due
soliti viandanti. luoghi è presso a 120 chilometri o-65 mi-
1. duri: pietrificati, non sabbiosi. glia geografiche italiane » Dalla Ve- ;

2-3. il fummo ecc.: il vapore che dal dova, 1. e, p. 90.


ruscello si leva per l' aria a mo' di neb- 5. flotto flusso del mare. - s'avventa
: :

bia, vi fa ombra (aduggia), e, in pari vien loro addosso impetuoso.


tempo, spegne con la sua umidità le 6. schermo: riparo, cioè argini e dighe.
fiamme che scendono dall' alto, salvando - fuggia fugga, sia respinto lontano.
:

così dalla pioggia di fuoco acqua e ar- «Nunc rapidus (pontus) retro atquesestu
gini. Al.: salva l'acqua gli argini, le- revoluta resorbens Saxa fugit litusque
zione che dà pure un buon senso e che vado labente relinquit » Virg., Aeri. ;

parecchi, tra cui il Foscolo, hanno pre- XI, 627 sg. - Da questi versi alcuni in-
ferita. feriscono, ma è illazione non necessaria,
4. Guizzante : i più, a ragione, inten- che D. abbia visitato la Fiandra. Cfr.
dono Wissand (cfr. G.Vill. XII, 68), vil- Bass., 12-13.
laggio della Fiandra a S-O. di Calais; 7. e quale: fanno lo schermo.
altri, non bene, Cadsand, isola e città 9. Chiarentana: secondo ogni probabi-
126 [CERC. 7. GIR. 3] INF. XV. 10-21 [SODOMITI]

10 a tale imagine erari fatti quelli,


tutto che ne sì alti né sì grossi,
qual che si fosse, lo maestro felli.
13
Già eravaui dalla selva rimossi
tanto, eh' io non avrei visto dov' era,
perch' io indietro rivolto mi fossi j

16 quando incontrammo d' anime una schiera,


che venian lungo 1' argine, e ciascuna
ci riguardava come suol da sera
19 guardar un altro sotto nuova luna ;

e sì vèr noi aguzzavan le ciglia,


come '1 vecchio sartor fa nella cruna.

lità, Carinzia, la Clarentana degli scrit- esprime la propria meraviglia e gli


che anche il Vili, chiama ben
tori latini, stende il braccio. D. lo fissa, e aven-
undici volte Chiarentana. Così quasi dolo ravvisato per Brunetto Latini, ha
tutti gli antichi (tra cui Bambgl. e con lui un affettuoso colloquio. Nacque
Benv.). Cfr. Bass., 428 sgg. - il caldo Brunetto da illustre famiglia fiorentina
senta per il quale si sciolgono le nevi
: tra il 1210 e il 1230 e morì a Firenze
e si gonfiano d' acque i fiumi. nel 1294. Uomo politico, prese parte a
10. a tale ecc. gli argini del ruscello
: molti avvenimenti della città sua. Fu
erano fatti, benché di minor mole, a si- notaio, onde il titolo di sere ;
poi cancel-
militudine de' ripari che i Fiamminghi liere del comune di Firenze. Venne man-
oppongono al mare, e degli argini che dato ambasciatore ad Alfonso di Carti-
i Padovani innalzano lungo la Brenta. glia nel 1260 (cfr. G. Vili. VI, 73), e,
12. qual che ecc.: chiunque fosse l'ar- durante il ritorno, avendo saputo dei
tefice che li costruì. « In questo li di- rivolgimenti della patria in conseguenza
scenti all'artefice ovvero maestro, sug- della sconfìtta de' Guelfi a Montaperti
getti non sono »; Conv., IV, 9. Bene il (4 sett. 1260), andò in Francia e rimpa-
Parodi (Lectura D. gen.) « Il maestro : triò, insieme cogli altri Guelfi, dopo la
fu Dio, naturalmente ma il Poeta si di- ; battaglia di Benevento (22 febbraio 1266).
verte a fare sfoggio di esattezza e di pru- Nel 1269 era notarius nec non scriba con-
denza nessuno gli ha detto chi fosse il
: siliorum communis Florentice, e scriba
soprannaturale costruttore, quindi egli era tuttavia nel 1273. Nel 1280 intervenne
si tiene in un prudente riserbo: in fin nella conclusione del compromesso tra
de' conti, potrebb' essere anche il dia- Guelfi e Ghibellini nel 1287 fu priore e
;

volo Un modo consimile ritorna nel


! nel 1289 arringatore nei consigli gene-
e. XXXI (v. 85 sg.) ». rali di Firenze. Cfr. Th. Sundby, Bella
13. eravam .... rimossi ci eravamo al- : vita e delle opere di B. Latini, trad. dal
lontanati. danese da JB. Renier, Firenze, 1884. Sche-
14. dov'era: la selva dei suicidi. rillo, Alcuni cap. della biogr. di D.,
15. perch'io: se anche io. Tor., 1896, p. 116-221. Non fu maestro
18. riguardava: per inaudita novità
l' di D., nel senso tecnico della parola, ma
del fatto; cfr. Virg., Aen. VI, 2G8 sgg., suo autorevole consigliatore negli studi.
450 sgg. Del vizio di che D. lo fa colpevole, ab-
19. un nominativo altro accusativo.
: ; : biamo notizia solo dalle parole del P. ;

- nuova luna che o non si vede, o manda


: ma, data la natura della colpa, si ca-
scarso lume. « Nam cum luna est nova, pisce come non sia facile trovarne trac-
non prsestat nobis lumen, quia est co- cia in cronache o in altri documenti.
niuncta soli.... Isti ergo tamquam sub Cfr. Scherillo, o. e, p. 135. «Fu grà*hde
nocte respiciunt, quia eorum obscuris- filosofo, e fu sommo maestro in retto-
sima culpa fugit omnino lucem » Benv. ; rica, tanto in bene saper dire, quanto
V. 22-54. Brunetto Latini. Uno di in bene dittare. E fu quegli che spuose
quegli spiriti., avendo riconosciuto D., la Rettorica di Tullio [cfr. F. Maggini,
[CERC. 7. GIR. 3] Inf. xv. 22-34 [brunetto latini] 127

22 Così adocchiato da cotal famiglia,


fui conosciuto da un, che mi prese
per lo lembo e gridò « Qual maraviglia
: ! »
25 E io, quando il suo braccio a me distese,
per lo cotto aspetto,
ficcai gli occhi
che il viso abbruciato non difese

28 la conoscenza sua al mio intelletto :

e chinando la mano alla sua faccia,


rispuosi « Siete voi qui, ser Brunetto? »
:

31 E quegli « fìgliuol mio, non ti dispiaccia


:

se Brunetto Latino un poco teco


ritorna indietro e lascia andar la traccia ».
34 Io dissi a lui : « Quanto posso, ven preco ;

La Rettorica
' italiana di B. Latini
'
sus »; Benv. Per il verbo '
chinare ', cfr.
Firenze, 1912], e fece il buono e utile Inf. XXI, 100.
libro detto Tesoro e il Tesoretto e.... più 30. qui : sembra esprimere maraviglia
altri libri in filosofìa e fu; dittatore [epi- di trovarlo in tal luogo. « voler tener A
stolografo] del nostro Comune. Fu mon- conto dell'esclamazione di Dante, nel ri-
dano uomo, ma di lui avemo fatta men- conoscere in un sodomita ser Brunetto,
zione, perchè fu cominciatore e maestro e dal fatto eh' ei non richiese anche di
in digrossare i Fiorentini e fargli scorti lui, come invece fece del Rusticucci e
in bene parlare, e in sapere guidare e di Tegghiaio, a Ciacco, sembra potersi
reggere la nostra repubblica secondo la supporre o che la colpa non ne fosse
politica » G. Vili. Vili, 10. - Il Bocc.
;
generalmente: nota e il Poeta per caso
scrive che « la sua principal facultà fu la venisse a sapere qualche anno prima
notaria, nella quale fu eccellente molto, o dopoxdel 1300, o che da principio ei
e fece di sé e di questa sua facultà sì la credesse una calunnia, e solo più tar4
grande stima, che, avendo in un con- di, magari quando già il notaio era morto,
tratto fatto per lui, errato e per quello avesse modo di sincerarsi essere invece
essendo stato accusato di falsità, volle quella voce conforme alla verità » Sche- ;

avanti essere condannato per falsario, che rillo, o. e, p. 136.


egli volesse confessare d' avere errato ». 32. Latino: Al. Latini. Preferiamo
22. cotal « scilicet tam infami»; Benv.
: scrivere Latino, perchè oltre esserci data
-famiglia: schiera, brigata. tale forma da molti codici, la usò Bru-
24. lembo: della veste, perchè, essendo netto stesso nel Tesoretto, v. 70, dove la
giù nella rena, rimaneva assai più basso terminaz. in -o è sicura dovendo la pa-
di D., ch'era sull'argine. -maraviglia: rola rimare con fino, e altrettanto ab-
di vederti qui, e vivo ancora ! biamo nel Favolello, v. 159.
26. ficcai ecc. guardai fisamente nel
: 33. indietro per ragionar teco. - trac-
:

volto abbrustolito (cotto) dal fuoco. cia: la comitiva di cui faceva parte e
27-28. non difese ecc.: non m'impedì che andava in direzione opposta a quella
di riconoscerlo. dei P. Cfr. Inf. XVIII, 79. Bocc. legge
29. la mano: così i più, e il gesto è e punteggia «Non ti dispiaccia Ser Bru-
:

naturalissimo. AL: lamia; e si dovrebbe netto Latini un poco teco ritorna indie- :

intendere: Chinando la mia faccia verso tro, ecc. »; cioè «non ti dispiaccia d'avere
la sua, non già per riconoscerlo meglio, me alquanto teco .... Ritorna indietro;
ma per ossequio; ma per ficcar gli occhi eragli per avventura alquanto innanzi
per lo cotto aspetto D. aveva chinata la l'autore, e però il priega che ritorni ecc. »
taccia di già. Cfr. Moore, Orit., 105 nt. 29. Ma chi ritorna indietro, è Brunetto, non
« Ut tangerem eum in fronte, quee erat D.: il Boccaccio fu tratto in inganno dalla
rnihi magis vicina, sicut ipse ceperat me lez. ser, che nel v. 32 s introdusse in
1

per infimam vestem quse erat sibi magis molti codd., falsa eco di ser del v. 30.
vicina, quia ego eram altus et ipse bas- 34. preco è il lat. precor
: prego. =
128 [CERC. 7. GIR. 3] Inf. xv. 35-51 [brunetto latini]

e se volete che con voi ni' asseggià,


faròl, se piacea costui, che vo seco ».
B7 « fi gliuol » disse, « qual di questa greggia
s' arresta punto, giace poi cent' auni

san za arrostarsi, quando il fuoco il feggia,


40 Però va' oltre; io ti verrò a' panni,
e poi rigi ugnerò la mia masnada,
che va piangendo i suoi eterni danni. »
43 Io non osava scender della strada
per andar par di lui ma il capo chino ;

tenea coni' uom che reverente vada.


46 Ei cominciò : « Qual fortuna o destino
anzi P ultimo
quaggiù ti mena? dì
e chi è questi che mostra il cammino ? »
49 « Lassù di sopra in la vita serena »
mi smarrì' in una
rispos' io lui « valle,
avanti che P età mia fosse piena.

« cioè ristea » Bocc.


35. ni'asseggia : ; 40. a' panni : presso, di fianco : « ita
vo seco sono in sua compagnia e
36. : quod cum capite attingebat pannos auto-
non posso separarmi da lui. Il Barbi ris, et agger iste videtur esse altus per
{Bull. XXV, 50) toglie l'accento al che, staturam unius hominis » Benv. ;

e intende che vo seco come « propo-


' '
41. masnada: compagnia. Anticamente
sizione puramente determinativa di co- questa voce non aveva cattivo senso la ;

stui: '
se piace a costui col quale io usarono sovente il Villani e il Machia
vado », osservando e dimostrando con
'
velli. E Brunetto iLatini la usò più volte
esempi che simili costruzioni, irregolari nel senso di famiglia (Trés., p. 257,
' '

per noi, non parevano tali al tempo di 258, 333, ecc.), e '
famiglia ', nel v. 22
D. e anche poi. da D. chiamata la masnada de' sodomiti
37. greggia: compagnia. Nel nome 42. eterni danni: pene eterne.
greggia « è una sfumatura di disprezzo ;
43. non osava per paura delle fiamme :

il povero Maestro colle sue velate allu- cadenti e dell'arena infocata; cfr. Inf.
sioni vuol far comprendere al discepolo XVI, 46 sg.
eh' egli stesso è giudice ben severo della 44. par di lui: allo stesso livello di
propria vergogna»; Parodi, 1. e. lui. - chino per reverenza.
:

39. arrostarsi adoperarsi, agitarsi per


: 46. fortuna o destino « qual celeste in-; :

ischermirsi come che sia dalla pioggia flusso, o qual divina provvidenza?»; Veli.)
di fuoco. Nel Casentino dicono, p. e. : 47. anzi l'ultimo dì: prima della mor-;
« Pensa che il tu' babbo, il mi' marito, te; cfr. Virg., Aen. VI, 531 sg.
e tutti ci arrostiamo giorno e notte per 48. mostra il cammino fa da guidai :

raccattar qualche cosa » ; Gaverni s. v. 49. serena paragonata a quella di lag^


:

Rosta (v. Inf. XIII, 117 e Barbi, Bull. giù nell'Inferno.


XII, 260 e XVIII, 7) valse impedimento, 50. valle la valle con la selva oscura,,
:

schermo e più particolarmente ventaglio di cui parla il P. nel e. I, 1 sgg.


per schermirsi, p. es., dal calore o dalle 51. piena compiuta
: prima di avere] :

mosche arrostarsi significherà dunque


: raggiunto l' età di 35 anni, che, secondOj
propriamente farsi schermo, come con Dante, è 1' età piena, o compiuta cfrJ ;

ventaglio, con le mani per iscuoter da '


Gonv. IV, 23 ed anche Efes. IV, 13. a|
fiè l'arsura fresca (XIV, 40 sgg.). AL: '
35 anni si ritrovò nella selva oscura,;
senza rostarsi, restarsi, ecc. Moore, Crit., Inf. I, 1 sgg. ; ma vi era entrato, sen-
311 sgg. - feggia --=fieda (così chieda e
: z' accorgersene, un po' prima ; cfr. Purg.t
cheggia) ferisca cfr. Bull. Ili, 130.
: XXXI, 34 sgg.
[CKRC. 7. GIR. 3] Inf. xv. 52-63 [brunetto latini] 129

52 Par mattina le volsi le spalle


ier :

questi ni' apparve, tornand' io in quella,


e riducemi a ca per questo calle. »
Ed egli a me « Se tu segui tua stella,
:

non puoi fallire al glorioso porto,


se ben ni' accorsi nella vita bella ;

58 e s' io non fossi sì per tempo morto,


veggendo il cielo a te così benigno,
dato t' avrei all' opera conforto.
01 Ma quello ingrato popolo maligno
che discese di Fiesole ab antico
e tiene ancor del monte e del macigno,

52. Pur : soltanto. - volsi le spalle pro- : 57. m' accorsi


è dedotto di qui, spe- : si

curando di salire il dilettoso monte. cie dagli antichi commentatori, che, na-
53. questi: nell'Ini". D. non presenta scendo D., Brunetto gliene facesse l'oro-
mai V. ai dannati nominandolo, forse scopo. È vero che un astrologo non
per reverenza, come non nomina mai mette innanzi dubitatamente quali sem-
nell'Inf. nò la Vergine, né Cristo. Di plici congetture, come fa qui ser Bru-
lui fa la presentazione dicendone il no- netto, le sue predizioni, ma le spaccia
me a due sole anime a Stazio, per esor-; per infallibili se non che, ora che è lag-
;

tazione di V. stesso, Purg.XXX, 118 sgg.; giù nel settimo cerchio, Ser Brunetto
e a Forese, Purg. XXIII, 130. V. dal avrà imparato a dubitare alquanto della
canto suo non si dà a conoscere che ad propria infallibilità. - beila del mondo. :

Ulisse e a Sordello. Cfr. Parodi in Lect. 58. per tempo troppo presto rispetto :

Dantis genovese, p. 150 sg. -in quella: a D. che Brunetto morì vecchio.
;

valle con la selva oscura; cfr. Inf. I, 61. 59. veggendo Brunetto vedeva ciò co- :

54. a ca: a casa: al mondo di sopra, me « optimus astrologus » Bambgl. ;

al cielo che è la ca stabile, dell' uomo; 60. opera di scrittore, d' uomo e di cit-
:

cfr. Ebrei XIII, 14 « Non habemus hic


: tadino.
manentem civitatem, sed futuram inqui- 61. popolo : che
fiorentino. « Cioè quei
rimus ». - calle via. : reggevano che si reggeva in
la città,
V. 55-99. Vicende di Dante, Ser quel tempo a popolo, il quale egli chia-
Brunetto predice a D. e la ventura sua ma ingrato, perchè gli renderebbe male
gloria, e le prossime sventure, cagionate per bene, e maligno, perchè giudiche-
dal suo ben operare, e la bestiale ingra- rebbe a mal fine tutto quello eli e Dante
titudine de' suoi concittadini. « Vi sono facessi a buono » ; Gelli.
preparato, » risponde il.P., « né tale va- 62. Fiesole :antica città
lat. Fcesulce,
ticinio mi è nuovo. Purché non mi ri- d' Etruria a tre miglia circa da Firenze ;

morda la avvenga ciò che


coscienza, la quale, come
credeva, « avendo - dice
si
vuole !» E V. si volge a D. e dice un il Bocc. - seguita la parte di Catellina,

motto che suona monito o lode (?). quando congiurò contro alla salute pub-
55. stella: nacque Dante quando il blica di Roma, fu per li Romani disfatta,
Sole era in Gemini, e da questi egli stesso e parte.de' suoi cittadini ne vennero ad
dichiara di riconoscerò il suo ingegno, abitare Firenze, la quale per li Romani
Par. XXII, 110 sgg. Gli astrologi del in quegli medesimi tempi si fece e fu
tempo crede vano che Gemini fosse « si- abitata primieramente di questi due po-
gnificatore di scrittura, e di scienza e di poli, cioè di Romani e di Fiesolani ». Cfr.
cognoscibilitade » Ott. Cfr. Inf. XXVI,
; a. Vili. I, 7, 9, 35 sg.; II, 2 III, 1, ecc. ;

2o sg. Brun. viene a dire così Se colti- : 63. tiene ecc.: è ancora rozzo e duro.
verai con lo studio e la meditazione l' in- « Del monte, in quanto rustico e salva-
gegno di che sei dotato, te ne verrà macigno, in quanto duro e non
tico, e del
somma gloria. Cfr. Colagrosso, La pre- pieghevole ad alcuno liberale e ci vii co-
dizione di B. L., Roma, 1896. stume » Bocc. ;

Dio. Goììim., 8a ediz.


130 [CKRC. 7. GIR. 3] Txf. XV. 64-78 [bri mix

64 ti si ben far, ni mino


iarà, per tuo :

ed è ragion, che tra li lazzi sorbi


si disconvien fruttare al dolce fico.
67 Vecchia fama nel mondo li chiama orbi,
gente avara, invidiosa e superba :

da' lor costumi fa' che tu ti forbi.


70 La tua fortuna tanto onor ti serba,
che 1' una parte e altra avranno fame 1
'

di te ) ma lungi ria dal becco 1' erba.


73 Faccian le bestie fìesolane strame
di lor medesme, e non tocchin la pianta,
s'alcuna surge ancor nel lor letame,
70 in cui riviva la sementa santa
di quei Roman che vi rimaser, quando
fu fatto il nido di malizia tanta. »

64. ben far: s'oppose alla venuta in « Ambedue le parti dei tuoi concittadini
Firenze di Carlo di Valois. Nella sen- ti odieranno a morte, ma non potranno
tenza del 27 Gennaio 1302 « Vel qnod : riuscire nel loro intento; si strazino fra
darent, si ve expenderent contra.... do- loro, ecc. » Non solo i Neri s'avvente-
minnm Karolum prò renitentia sui ad- ranno furiosi contro di te, ma gli stessi
ventus ». Ma qui, oltre che a ciò, si Bianchi, compagnia malvagia e scempia,
allude in generale alla rettitudine co- e ciò ti sarà grande onore. Cfr. Par.
stante dell'operare, che, disconosciuta XVII, 61 sgg.
dai concittadini, attirerà al P. inimici- 72. lungi ecc.: non potranno abboccarti.
zie; donde l'esiglio immeritato. 73. bestie chiama così i suoi concitta-
:

65. lazzi : di sapore aspro. I lazzi sorbi dini, che crede, nella loro grande mag-
sono Fiorentini; D. è il dolce fico.
i gioranza, discendenti dei Fiesolani cfr. ;

sull'origine di questo pro-


67. orbi: n. 62. - strame Anziché intendere con
:

verbio scrive G. Vili. II, 1 « Totale : Benv. « sterquilinium et lectum, di lor


mandò a' Fiorentini che volea esser loro medesme, quasi dicat: faciant distra-
amico, e in loro servigio distruggere la cium de se ipsis », ci atterremo al Buti,
città di Pistoia, promettendo e mostran- che, col Bocc, spiega: « pascansi e fac-
do loro grande amore, e di dare loro cino strazio di lor medesimi », cioè si
franchigie con molti larghi patti. I Fio- mangino tra loro. Strame « in Toscana,
rentini malavveduti (e però furono poi nel trecento e anche oggi, valeva vera-
sempre in proverbio chiamati ciechi) cre- mente foraggio » e in questo luogo di
;

derono alle sue false lusinghe, ecc. ». D. « il legame e la coerenza delle imma-
Secondo un'altra tradizione, i Fiorentini gini (avranno fame di te ma Iwigifta\

si lasciarono gabbare dai Pisani, che of- dal becco l'erba) richiedono che si con-
fersero loro due colonne di porfido guaste tinui nell'idea del divorare»; Barbi,
dal fuoco e perciò coperte di scarlatto, le Bull. XVIII, 7-8.
quali i Fiorentini presero, avvedendosi 74. pianta: D. qui si gloria di essere
sol tardi dell' inganno di qui la fama di : disceso da quegli antichi Romani che
orbi. Così i più dei comm. ant. fondarono Firenze e vi rimasero insieme
68. avara ecc. cfr. Inf. VI, 74 sg.
: coi Fiesolani.
69. forbi forbisca, conservi puro.
: 76. santa: «populus ille sanctus, pius
70. fortuna che è effetto della « dispo-
: et gloriosus»; T>eM.on. II, 5. Nel Oonv.
sizione de' cieli »; An. Fior. IV, 5, Roma è la santa città, i Romani
71. l'ima parte e l'altra: Bianchi e divini cittadini; cfr. Inf. II, 22 sgg.
Neri. - fame Molti intesero desidere-
:
' 77. rimaser: ad abitarvi.
ranno averti dalla loro ma il contesto '
;
78. il nido ecc.: Firenze. « E nota, per-
rende necessario l'intendere col Todesch.: chè i Fiorentini sono sempre in guerra
[CERC. 7. GIR. 3] INF. XV. 79-92 [BRUNETTO LATINI] lol

79 « Se fosse tutto pieno il mio dimando »


rispuos'io lui, « voi non sareste ancora
dell' umana natura posto in bando -,

82 cliè in lamente m' è fìtta, eorm' accora,


la cara e buona imagine paterna
di voi, quando nel mondo ad ora ad ora
85 m' insegnavate come V uom s' eterna :

e quant' io V abbia in grado, mentre io vivo,


convien che uella mia lingua si scerna.
88 Ciò che narrate di mio corso scrivo,
e serbolo a chiosar con altro testo
a donna che saprà, se a lei arrivo.
91 Tanto vogl' io che vi sia manifesto,
pur che mia coscienza non mi garra,

e in dissenzione tra loro, che non è da poteva ribellarsi, questo, che un peccato
maravigliare, essendo stratti e nati di mortale, anche isolato, se non è smentito,
due popoli così contrari e nemici e di- col pentimento almeno dell' ultim' ora,
versi, come furono gli nobili Romani danna irreparabilmente anche l'uomo
virtudiosi, e' Fiesolani ruddi e aspri di più virtuoso e nobile in tutto il resto.
guerra » ; Q. Vili. I, 38. Non pensa che è anzi da ammirare la
pieno: esaudito. - dimando: pre-
79. magnanimità e la relativa spregiudica-
ghiera. Se ogni mia preghiera fosse esau- tezza di D., che senza ribellarsi, ed anzi
dita, voi sareste ancor vivo ; cfr. v. 58. facendosi banditore della divina giusti-
82. accora: commuove, perchè vedo zia verso tali uomini, mantiene però in-
l' immagine stessa deformata dalla piog- tatto il suo ossequio alle vere virtù che
gia di fuoco; cfr. vv. 26 sg. li ornarono. Né considera l'effetto mo-

84. ad ora ad ora: di quando in quando, rale che D. certo si proponeva di conse-
ad ogni propizia occasione. Se insegna- seguire dimostrando come l' uomo quasi
vate può far credere che Brunetto sia in tutto virtuoso non debba però gittarsi
stato maestro vero e proprio di D., la spensieratamente in un grosso vizio con
limitazione ad ora ad ora, dimostra che la speranza che questo resti neutraliz-
l'insegnamento fu occasionale; e D. zato dalle virtù avvertimento non inu-
:

« forse aveva appreso soprattutto » così tile al certo, in una^età selvaggia qual
il Parodi nella Lectura Dantis gen, era quella, in cui tanto facilmente il
p. 142 sg. « ad amare il sapere, presen- tratto gentile, l' alta coltura della men-
tendone l'austera dolcezza e a non di- te, il coraggio a tutta prova, si trovavan
sgiungere mai 1' attività intellettuale da uniti nella stessa persona con qualche
precisi e austeri intendimenti d' utilità abito rozzo o tristo ».
morale e civile»; con che l'uomo s'eterna, 88. corso vita avvenire, -scrivo nella
: :

acquistandosi solida fama. mia mente; Prov. VII, 3.


cfr.
86. mentre: finché. 89. chiosar farmelo spiegare. - altro
:

lingua: parole. - si scerna: si ri-


87. testo le parole udite da Ciacco, Inf. VI,
:

conosca. Ma non contradice il P. a sé 64 sgg., e da Farinata degli liberti, Inf.


stesso, collocando la cara e buona ima- X, 79 sgg.
gine paterna di Ser Brunetto tra i. so- 90. donna B., dalla quale saprò di mia
:

domiti nell'Inf. e tramandandone così il vita il viaggio, Inf. X, 132. - se ecc. :

nome coperto d'infamia alla posterità? se Dio mi concede di giungere. a lei.


Al Littré, che s'era maravigliato di tale 91-92. Tanto: lat. tantum, soltanto.
contradizione, così rispondeva il D'Ov. Sappiate soltanto che, purché la mia co-
(N. St., II, p. 492 sgg. e cfr. 511 sgg.). scienza non mi rimorda, né le vicende e
« E non pensa [il Littré] che è appunto i colpi di Fortuna, né le persecuzioni dei

nella dottrina cattolica, a cui Dante non malvagi potranno mai atterrarmi, sen-
132 [CERO, 7. Giù. 3j INF, XV. 93-107 [ALTRI SODOMlllJ

Fortuna, conio vuol, son presto.


che, alla
94 Non è nuova agli orecchi miei tale arra ;

però giri Fortuna la sua ruota


come le piace, e il villan la sua marra » !

97 Lo mio maestro allora in su la gota


destra si volse indietro, e riguardommi ;

poi disse : « Bene ascolta chi la nota ».


100 Né pertanto di men parlando vommi
con ser Brunetto, e dimando chi sono
li suoi compagni più noti e più sommi.
103 Ed egli a me : « Saper d' alcuno è buono ;

degli altri fìa laudabile tacerci,

che '1 tempo sarìa corto a tanto suono.


106 Insomma sappi che tutti fur cherci
e letterati grandi e di gran fama,

tendoini ben tetragono' ai colpi di ventu- non concede di parlare. Tutti furono che-
ra; cfr. Par. XVII, 19-24. - garra: gar- Ci sono Prisciano
rici e celebri letterati.
risca, riprenda di avere mal fatto, cfr. e Francesco d'Accorso potresti vedervi ;

Inf. XXVIII, 115 sgg. « Quanto più. l'uo- il vescovo Andrea de' Mozzi. Ma non

mo soggiace allo intelletto, tanto meno posso allungarmi di più, che viene in qua
soggiace alla Fortuna » Conv. IV, 11. ; una schiera con la quale non mi è lecito
93. presto pronto a sostenerne i colpi.
: di stare. Ti raccomando il mio Tesoro ;

94. arra caparra. Questa come già


: né ti prego d' altro. » Ciò detto, ritorna
le predizioni di Ciacco (e. VI) e di Fa- indietro veloce a raggiungere la sua ma-
rinata (e. X) sono a D. quasi caparre snada. D. si figura questi dannati divisi,
che anticipatamente l'accertano di quel secondo la condizione loro nel mondo, in
che gli riserba il futuro. ischiere, e passare dall'una all'altra non
95. giri volva sua spera, cfr. Iìif. VII,
: è loro concesso.
96 e la nota. 100. pertanto: per questo, cioè per-
96. marra: «Faccia la Fortuna e faccia- chè V. si fosse volto un momento in-
no li uomini, come piace loro, eh' io sono dietro a parlarmi.
per sostenere [= resterò saldo ne' miei 102. noti per fama. - sommi per di-
: :

propositi]»', Buti. Cfr. Yirg., Aen. V, gnità. Cfr. Par. XVII, 138. In antico il
710 « Quidquid erit, superanda omnis
: superlativo si trova abbastanza spesso,
fortuna ferendo est ». come qui sommo trattato come agg.
' '
,

98. destra avendo udito un' ottima


: di grado positivo, in quanto se ne forma
sentenza. un altro comparativo o superlativo: p. es.
99. Bene ecc. V. gli ripete con una : « Cristo fece la maggior pace e la più som-
sentenza generale, che par quasi un pro- ma»; Fra Giord., Fred., ediz. del 1739,
verbio, ciò che gli avea detto, Inf. X, p. 134 ; « tutti i beni infìno al più mi-
127 sgg. Al. Hai ben badato ai miei
: nimo », id. ibid., p. 20 « [il peccato mor-
;

detti con allusione al v. or ora citato tale]è molto più pessima cosa che la
nella n. 96. Al. Utilmente ascolta chi : morte » id., Pred., Ed. Moreni del 1831,
;

ben imprime nella mente le parole dei II, p. 235.


savi. Benv.: « quasi dicat: non dixisti a così lungo discor-
105. a tanto suono:
surdo magna laus est ista et bene va-
; so, tanto numerosi sono i letterati e che-
lens eris, si feceris li oc. » Il significato di rici sodomiti!
questa sentenza è tutt' altro che sicuro. oberici. La masnada di ser
106. cherci :

V. 100-124. letterati sodomiti. D. Brunetto compone di uomini di chiesa,


si
dimanda a Brunetto « Chi sono i più. : come Andrea de' Mozzi, o di lettere, come
famosi de' voshi compagni? » E Br.: « È Francesco d'Accorso, o di chiesa e nello
bene conoscerne alcuno di tutti il tempo ; stesso tempo di lettere, come Prisciano.
[CERC. 7. GIR. 3] INF. XV. 108-121 [BRUNETTO LATINI] 133

d' un peccato niedesmo al inondo lerci.


109 Priscian sen va con quella turba grama,
e Francesco d'Accorso anche ; e vedervi,
se avessi avuto di tal tigna brama,
ir. colui potei che dal servo de' servi
fu trasmutato d'Arno in Baccliiglione,
dove lasciò li mal protesi nervi.
115 Di più direi ; ma il venir e il sermone
più lungo esser non può, però eh' io veggio
là surger nuovo fummo del sabbione.
118 Gente vien, con la quale esser non deggio :

sieti raccomandato il mio Tesoro,


nel quale io vivo ancora; e più non cheggio. »
121 Poi si rivolse, e parve di coloro

108. lerci: lordi, macchiati. fratello,il quale era onorevole cavaliere,

109. Priscian : Priscianus Ocesarien- e grande nel cospetto del papa, per levar
gis, celebre grammatico della la metà dinanzi dagli occhi suoi e de' suoi citta-
del 6° secolo dell' èra volgare. - « Pri- dini tanta abominazione, fu permutato
scianus ponitur hic tamqtiam clericus, dal papa di vescovo di Firenze in ve-
quia monachus fuit et apostatavi t ut scovo di Vicenza ». E di sciocchezze ci
acquireret sibi maiorem famam et glo- ha lasoiato saggi Benv. che narra come
riaui.... Ponitur etiam tamquam magnus costui (dichiarato dal commentatore ma-
literatns in genere eloquentiae, quia fuit gnus bestìonus) « saepe publice praedica-
doctor, regulator et corrector gramma- bat populo dicens multa ridiculosa. In-
tiche, vir vere excellentissirnus, princeps ter alia dicebat quod providentia Dei
in hac arte primitiva, magnus orator, hi- erat similis muri, qui stans super trabe
storicus et autorista » Benv. Prisciano ; videt quaecumque geruntur sub se in
dettò la migliore grammatica latina an- domo et nemo videt eum etc. » - potei :

tica ed altri lavori filologici di minor potevi avresti potuto. - servo de' servi
: :

mole si hanno di lui anche due poemi


;
: Bonifacio Vili, chiamato così « non
De laude imperatoris Anastasii e Periege- senza una punta d' ironia » nota il Pa-
sift (Poetce lat. min., voi. V, Lips., 1883). rodi, se si ricorda che egli era « colui che
110. Francesco d'Accorso : figlio ®[ ce- voleva assidersi super reges et regna. »
lebre giurista fiorentino Accursio, in-. 113. Arno: Firenze. - Baccliiglione: Vi-
segnò il diritto a Bologna andò nel 1273 : cenza. I fiumi per le città.
con Edoardo I in qualità di professore a 114. lasciò: morendo.
Oxford ritornò nel 1280 a Bologna, dove
; 117. fummo: polverìo, per la rena mos-
morì nel 1294. « Fu giudice in legge va- sa dallo scalpitar di gente, o piuttosto,
lentissimo, e chiosò tutfc'i libri di legge»; giacché le ombre non muovono ciò che
An. Sei. toccano (Inf. XII, 80-82), « proprio fumo
111. tigna : malattia schifosa, il cui di fiamme calpestate » Parodi.
;

nome è qui usato a designare quel sozzo 118. Gente ecc. È un' altra schiera di
peccatore. sodomiti con la quale a Brunetto non è
112. colui : Andrea de' Mozzi, fatto ca- lecito di unirsi cfr. n. 100-124 in fine.
;

nonico di Firenze nel 1272 vescovo ivi ; 119. Tesoro: titolo dell'opera princi-
nel 1287 trasferito al vescovado di Vi-
; pale di Brunetto Latini, scritta in lin-
cenza nel 1295, ove morì il28 agosto 1296. gua francese. Al. intendono, a torto, del
Dice il Bocc. che egli « per questa mi- Tesoretto, poemetto allegorico morale,
seria, nella quale forse era disonesto pec- dettato in lingua italiana. Vedi i lavori
catole, e per molte altre sue sciocchezze citati in n. ai vv. 22-54.
che di lui si raccontano nel vulgo, per 120. vivo: nella fama di quest'opera.
opera di messer Tommaso de' Mozzi, suo - cheggio chiedo; cfr. Inf. I, 130.
:
134 [cerc. 7. GIR, 3] Inf. xv. 122-124 -xvi. 1-4 [BRUNETTO latini]

che corrono a Verona il drappo verde


per la campagna; e parve di costoro
124 quegli clie vince, non colui che perde.

122. drappo
il spettacolo popolare
: veloce per raggiungere la sua masnada,
istituito nel 1207, che eolea farsi ogni (cfr. v. 41). Si rammenta oltre a colui
anno la prima domenica di quaresima. che vince anche chi perde, perchè nella
Negli Stat. Yeron.: «Exponi debent qua- corsa de'palii (li A'erona, che « si compie-
tuor bravia, quorum primum sit VI bra- va tutta o almeno dovea finire, inori di
chi or uni panni viridis sanibugati et fini ;
città », non solo si dava al vincitore il
ad quod curretur per mulieres honestas, drappo verde, ma a chi restava ultimo un
etiam si esset ima ». gallo « ch'egli doveva portare alla sco-
124. quegli che vince tanto Br. corse : perta usque in civitatem»; Bull. VI. 217.

CANTO DEOIMOSESTO

CERCHIO SETTIMO
GIRONE TERZO: VIOLENTI CONTRO NATURA

GUIDO GUERRA , TEGGHIAIO ALDOBRANDI E IACOPO RUSTIOUCCI


CASCATA DEL FIUME, GERIONE

Già era in loco ove s' udìa il rimbombo


dell'acqua che cadea nell'altro giro,
simile a quel che l'arnie fanno rombo ;

quando tre ombre insieme si partirò,


V. 1-27. Altra schiera di sodomiti. dell'acqua cadente appariva simile, nel
Procedendo per l'argine, vedono nel sab- luogo dove i poeti erano, al rombo che
bione un' altra schiera, dalla quale tre fanno le api. - arnie leggono colla gran
si staccano per venire a parlare a D. maggioranza dei codd. quasi tutti com- i

V. esorta qnesto ad esser loro cortese, menti antichi. U


Ott. legge arme, che,
perchè quelli furono uomini valenti e se il senso non rendesse preferibile ar-
però son degni di considerazione e ri- nie, sarebbe paleograficamente lezione
guardo. Secondo Petr. Dani., è questa la accettabile. Cfr. Moore, Grit., 312 sg. -
schiera de' sodomiti che peccarono in rombo voce onomatopeica, esprimente
:

forme più turpi. Ma di tal criterio di di- quel romore cupo e confuso che fanno
visione non c'è indizio nel poema: sem- le api. Cfr. Virg., Georg. IV, 2G0-G3:
bra piuttosto, come s' è detto, che le ma- «Tum sonus auditur gravior tractimque
snade sian distinte secondo la condizione susurrant, Frigidus ut quondam silvis
|

de' dannati in vita: prima cherici e let- inmurmurat auster, |


Ut mare sollicitum
terati ora guerrieri e uomini di stato.
; stridit refluentibus undis, |
iEstuat ut
1. Già: allorché Brunetto si congedò. clausis rapidus fornacibus ignis ».
2. giro: cerchio ottavo. 4. tre: Guido Guerra, Tegghiaio Al-
3. arnie alveari qui per le api stesse,
: : dobrandi e Iacopo Rusticucci. - si par-
ronzanti intorno ad essi. Il rimbombo tiro si staccarono dai loro compagni.
:
[CEKC. 7. GIR. 3] Inf. xvi. 5-23 [sodomiti] 135

correndo, d' una torma che passava


sotto la pioggia dell' aspro martìro.
Venìan vèr noi, e ciascuna gridava :

« Sostati tu che all' abito ne sembri


essere alcun di nostra terra prava ! »
10 Ahimè, che piaghe vidi uè' lor membri,
recenti e vecchie, dalle fiamme incese !

Ancor men duol, pur eh' io me ne rimembri.


13 Alle lor grida il mio dottor s' attese )
volse il viso vèr me, e « Or aspetta »
disse : « a costor si vuole esser cortese;
16 e se non fosse il foco che saetta
la natura del loco, io dicerei
che meglio stesse a te che a lor la fretta. »
19 Kicominciàr, come noi ristemmo, ei
l' antico verso ) e quando a noi fur giunti,

fenno un rota di sé tutti e trei,


22 qual sogliono i campion far nudi ed unti,
avvisando lor presa e lor vantaggio,

5. correndo non è lor concesso di fer-


: 14. Or : più AL: disse ora aspetta
così i ;

marsi, cfr. Inf. XV, 37 sgg. - torma: Disse, ecc. Cfr. Moore, Crit., 313 sg.
gruppo di persone. Voce usata dagli an- 15. cortese: aspettandoli ed ascoltan-
tichi anche in prosa. AL: turba. doli con deferenza.
7. venìan: dal mezzo del sabbione ve- 16-18. se non ecc.: esorterei te a cor-
ni van di fianco verso D. e V., ch'erano rere incontro a loro, uomini ragguarde-
su l'argine, gridando per attirar l'at- voli, se non fosse il fuoco che la natura
tenzione di D. di questo luogo manda sul sabbione.
8. Sostati fermati. - all' abito al ve-
: : 19. ei: eglino.
stire. «Puossi in queste parole compren- 20. l'antico verso: i soliti lamenti, in-

dere in quanto dicono che all'abito ne '


terrotti un
istante per parlare al P.
sembri', che quasi ciascuna città aveva 21. rota: essendo loro vietato di arre-
un suo singular modo di vestire distinto starsi mai, si dispongono in cerchio e gi-
e variato da quello delle circun vicine, rano a tondo sul posto. Cfr. Inf. XV,
perciò che ancora non eravamo divenuti 37 sgg. - trei: tre.
inghilesi né tedeschi, come oggi agli 22. sogliono AL: solieno o soleano ma
: ;

abiti siamo »; JBocc. Cfr. G. Vili. XII, 4, il passato non può stare col pres. nien

dove si dice che in antico il vestire dei del v. 24, eh' è lezione sicura. - campion :

Fiorentini «era il più bello e nobile e lottatori. S' allude ai campioni che com-
onesto che di niuna altra nazione, a modo battevano nei duelli giudiziarii per so-
di togati Romani ». stenere le ragioni d'altri che avesse il
9. terra: Firenze. - prava: corrotta. diritto di non combattere personalmente.
11. incese: accese dalle fiamme. Incese Cfr. Davidsohn in Bull. VII, 39 sgg. -
si riferisce a piaghe. Benv.: «Impressa© unti per dar meno presa. « Exercent
:

carni eorum ab incendio flammarum. » patrias oleo labente palsestras Nudati


- «Le fiamme aprivan la piaga, poi la socii »; Virg., Aen. IH, 281 sg.
bruciavano»; Tom. 23. avvisando ecc.: badando al modo di
12. pur ecc.: solo che me ne ricordi; cfr. prender l'avversario con vantaggio. «TJt
Taf. I, 6 ;
XIV, 78 ; XXXIII, 5-6, ecc. sese permensi oculis, et uterque priorem
13. s' attese : porse attenzione. Al. in- Speravere locum etc. »; Stat., Theb. VI,
tendono '
si fermò '.
758 sg.
136 [CERO. 7. gir. 3] Inf. xvi. 24-38 [TRE FIORENTINI]

prima che sien tra lor battuti e punti •

28 e sì rotando, ciascuna il visaggio


drizzava a me, che in contrario il collo

faceva a' pie continuo viaggio.


28 E « Se miseria d' esto loco sollo
rende in dispetto noi e nostri preghi »
cominciò l'uno, « e il tinto aspetto e brollo,
31 la fama nostra il tuo animo pieghi,
a dirne chi tu se' che i vivi piedi ,

così securo per lo Inferno freghi.


34 Questi, l'orme di cui pestar mi vedi,
tutto che nudo e dipelato vada,
fu di grado maggior che tu non credi.
37 Nepote fu della buona Gualdrada :

Guido Guerra ebbe nome, ed in sua vita

24. che sien ecc.: prima di venire al- brolli di richiedere di battagliai re? »;

l'attacco e di percuotersi. Bono Giamboni, Tratt. morali, p. 351.


25. visaggio: viso; forma antica. 33. freghi: stropicci: cammini vivo
26. in contrario: girando in tondo, per per l'Inf. senza abbruciarti. I dannati
tener lo sguardo su D. eh' è fermo sul- hanno apparenza di piedi, D. piedi vivi.
l'argine, erano costretti a volgere ogni 35. dipelato « quia scilicet erat totus
:

momento il collo in direzione contraria spoliatus capillis, barba et omnibus pi-


ai piedi. Benv. legge sì che contrario, : lis»; Benv. Al.: orpellato, che varrebbe
ecc.: VAn. Fior.: sì che contrario al collo quanto brollo, inteso come scorticato.
Faceano i pie ecc. ; lezioni che dicono 37. Gualdrada figliuola di messer Bel-
:

tutte la stessa cosa. lincione Berti de' Kavignani, il maggior


V. 28-45. Tre Fiorentini illustri. e il più onorato cavaliere di Firenze (cfr.
Parla uno degli spiriti in nome dei tre : Par. XV, 112 sgg.), moglie del conte
« Quand' anche il luogo dove siamo ed Guido il vecchio, da cui discesero tutti
il nostro orrido aspetto ci renda spre- i conti Guidi; cfr. G. Vili. V, 37. Am-

gevoli, la nostra fama t' induca a dirci mirato, Albero e Storia della famiglia
chi tu sei. Questi che mi precede, è Guido de' conti Guidi, Fir., 1640. Fu madre
Guerra; quest'altro che mi vien dietro, è di quattro figliuoli, tra' quali il padre
Tegghiaio Aldobrandi, ed io sono Iacopo di Guido Guerra, che G. Vili. (loc. cit.)
Eusticucci. » Del 2° e del 3° Dante aveva chiama Ruggero, altri Marcovaldo, conte
chiesto notizia a Ciacco, Inf. VI, 79 sgg. di Dovadola. « Guido vecchio prese per
28. E « Se miseria ecc.: I tre non po- moglie la figliuola di Messer Bellincione
tevano ancora saperlo. Al. E se, che : Uberti de' Ravignani.... la quale ebbe
viene interpretato per anche se o per ' '
nome Gualdrada. la quale egli tolse per
'
sebbene AL: Eh, Deh, se; cfr.Z. F., 96.
'
moglie per una leggiadria, che la vidde
- sollo: cedevole, perchè arenoso. Cfr. fare nella cattedrale Chiesa di Firenze
V ingolla di Purg. V, 17 e il solla di ad una festa, alla quale era Otto IV im-
Purg. XXVII, 40. peradore. Era la fanciulla in compagnia
29. rende in dispetto: fa parer degni di donne, ed era molto bella; il Conte
di disprezzo. la motteggiò di volerla baciare la fan- ;

30. tìnto : perchè cotto ed abbruciato, ciulla disse, che né elli, né altri potrebbe
Inf. XV,
26 sgg. - brollo brullo, cioè : ciò fare, se suo marito non fosse onde il ;

nudo e dipelato, v. 35 oppure scorti- ; Conte, considerata la savia risposta, per


cato, cfr. Inf. XXXIV, 59 sgg. Purg. mano dell' Imperadore la sposò »; Ott. Lo
XIV, 91. « O misera gente, non vi ver- stesso narrano G. Vili., Bocc, Benv., ecc.
gognate voi con così cattivi cavalieri di 38. Guido Guerra: de' conti Guidi, n.
popolo.... e con uomini tutti poveri e verso il 1220, fu valoroso e prode sol-
[CERC. 7. GIR. 3] Inf. xvi. 39-54 [tre fiorentini] 137

fece col senno assai e con la spada.


40 L'altro, clie appresso a me la rena trita,
è Tegghiaio Aldobrandi, la cui voce
nel mondo su dovrìa esser gradita.
43 E io, che posto son con loro in croce,
Iacopo Rusticucci fui, e certo
la fiera moglie più ch'altro mi nuoce. »
46 S' io fussi stato dal foco coperto,
gittato mi sarei tra lor di sotto,
e credo che il dottor 1' avrìa sofferto ;

40 ma perch' io mi sarei brusciato e cotto,


vinse paura la mia buona voglia,
che di loro abbracciar mi facea ghiotto.
52 Poi cominciai « Non dispetto, ma doglia
:

la vostra condizion dentro mi fìsse


tanta, che tardi tutta si dispoglia,

dato, duce dei guelfi di Firenze che nel particolari non sappiamo se e qual fon-
1255 scacciarono i ghibellini da Arezzo damento abbiano nella realtà.
(G. Vili. VI, 61). Bandito poi da Firenze, 46-90. Corruzione di Firenze. Dan-
(G. Vili. VI, 77), capitanò i guelfi usciti te, dopo aver dichiarato il proprio do-

di Firenze, ebbe molta parte nella bat- lore davanti a quegl' infelici, risponde
taglia di Benevento e rientrò nel 1267 alla dimanda fattagli (v. 32 sgg.): «Sono
coi guelfi in Firenze. Morì nel 1272 (G. vostro concittadino ho sempre udito e
;

Vili. VII, 9. Cfr. FU. Vili., Vite, ecc.). raccontato con affetto l'opere vostre;
Del suo vizio tocca il solo Dante. - « Fra faccio questo viaggio per conseguire la
F altre cose che si narran del detto Gui- salvazione». E il dannato: «Di' un po' :

do, si dice che '1 detto re Carlo [lo d'Ari- è vero che valore e cortesia non fiori-
giò] per lo suo senno e prodezza vinse scono più in Firenze? Guglielmo Bor-
in Puglia lo re Manfredi»; Lan. siere recò testé intorno alla nostra città
40. trita: calpesta; cammina e gira novelle che ci attristano ». « Firenze è
calcando la rena. assai corrotta » replica pronto D.
! e ;

41. Tegghiaio Aldobrandi: degli Adi- l'anima: «Tu parli davvero con grande
mari, cavaliere valoroso e uomo piace- facilità e franchezza. Vedi un po' di par-
vole e savio e molto autorevole, morto lare su nel mondo di noi ». Ciò detto,
prima del 1266; cfr. G. Vili. VI, 77. i tre dannati fuggono via velocissimi.

Anche di costui D. è il solo accusatore. 46. coperto: riparato.


- voce se i Fiorentini gli avessero dato
: 47. di sotto dalla ripa giù nel sabbio-
:

retta, non avrebbero sofferto la sconfitta ne, e ciò per reverenza; cfr. Inf. VI, 81.
di Monta perti, poiché egli aveva sconsi- 48. credo: argomentandolo dalle pa-
gliato l' impresa contro i Sanesi termi- role di V., v. 16 sgg.
nata con quella sconfitta. 50. paura: di essere bruciato e cotto
43. posto ecc. : tormentato con essi ;
dalle fiamme e dal sabbione infocato. -
Inf. XXXIII, 87. voglia: di gittarmi di sotto ad abbrac-
ricco ed onorato ca-
44. Rusticucci : ciarli.
valiere Fiorentino, di cai si hanno ri- 52. dispetto: come voi supponete, cfr.
cordi per gli anni 1235, 1236, 1254 e che v. 28 sgg. - doglia : dolore, compassione.
viveva tuttavia nel 1266. Dicono Pietro 53. condizion: il misero vostro stato.
di D. e altri antichi .comm. che avesse - dentro mi fìsse: m'impresse in cuore.
moglie ritrosa, dalla quale si separasse 54. si dispoglia: si dilegua. La doglia
per darsi, infastidito della moglie e delle per la vostra condiziono solo dopo molto
donne, alla sodomia. Ma questo ed altri tempo si dileguerà dall'animo mio.
138 [ckrc. 7. gir. 3] Inf. xvi. 55-70 [tre fiorentini]

55 tosto elio questo mio signor mi disse


parole per le quali io mi pensai
che, qual voi siete, tal gente venisse.
58 Di vostra terra sono; e sempre mai
Povra di voi e gli onorati nomi
con affezion ritrassi ed ascoltai.

Lascio lo fele, e vo per dolci pomi,
promessi a me per lo verace duca ;

ma fino al centro pria convien ch'io tomi. »


64 « Se lungamente 1' anima conduca
le membra tue » rispose quegli allora,
« e se la fama tua dopo te luca,
67 cortesia e valor di' se dimora
nella nostra città come suole,

o se del tutto sen'è gita fuora ;

70 che G-uiglielnio Borsiere, il qual si duole

55-57. tosto ecc.: subito che perle pa- 64-66. Se: ottativo; così tu viva lun-
role (v. 14 sgg.) di V. compresi che voi gamente, e così splenda la tua fama dopo
che correvate verso di noi, eravate per- la tua morte. - quegli J. Rusticucci.
:

sone degne di ogni riguardo. 67. cortesia: onesto e virtuoso opera-


58. vostra terra: Firenze. Risponde re. « Cortesia e onestade è tutt' uno e ;

così e alle parole con cui i 3 dannati da perocché nelle corti anticamente le vir-
lontano hanno invitato D. a sostare, e tudi e li belli costumi s'usavano (sì come
in particolare alla dimanda del Rusti- oggi s'usa il contrario), si tolse questo
cucci, v. 31 sgg. vocabolo dalle corti; e fu tanto a dire cor-
59. l'ovra: opere pubbliche. tesia, quanto uso di corte »; Conv. II, 11.
60. ritrassi raccontai, cfr. Inf. II, 6;
:
- valor « avvegnaché valore intender
:

IY, 145. - ascoltai raccontate da altri.


: si possa per più modi, qui si prenda va-
61. fele: del male, -pomi: del bene; lore quasi potenza di natura, ovvero
cfr. Purg. XXVII, 115 XXXII, 73 sg. ; bontà da quella data»; Conv. IV, 2.
D. dà ragione dell' esser venuto laggiù 68. suole: soleva ai tempi nostri; cfr.
ancor vivo, di che (v. 32 sg.) i tre eranai Purg. XVI, 115 sg.
maravigliati. s
69. gita: estinta. AL: gito:
gita ac-
promessi ecc.: cfr. Inf. 1, 112-123. -
62. corda con 4
cortesia', gito con
valore'. '

per lo verace duca: da Virgilio. 70. Borsiere: valoroso e gentile citta-


63. centro: dell'universo, dove sta Lu- dino fiorentino cfr. Bocc, Decani. I, 8.
;

cifero. - tomi cada, discenda, cfr. Inf.


: - « Fu cavalier di corte, uomo costu-
XXXII, 102. Tornare significa propria- mato molto e di laudevol maniera; ed
mente cadere a capo in giù, ciò che Dan- era il suo esercizio, e degli altri suoi
te,arrivato al centro, deve in certo modo pari, il trattar paci tra grandi e gentili
fare (Inf. XXXIV, 76 sgg.). « Questo dice uomini, trattar matrimoni e parentadi,
l' autor moralmente ; cioè che lascia la e talora con piacevoli e oneste novelle
viziosità, significata per l'Inferno, che recreare gli animi de' faticati e confor-
è amara più eli e fiele, e va per le virtù targli alle cose onorevoli»; Bocc. - «Fuit
promesse a lui per la ragione, significata quidam civis fiorentinus, faciens bursas,
per V., la qual guida l'uomo nelli atti virsecundum facultatem suam placibi-
virtuosi, li quali sono dolci; ma prima qui tractu temporis ha-
lis et liberalis ;

li convien vedere ogni distinzione e par- bens odio ofiicium bursarum, quibus
ticolarità di peccati, innanzi che se ne clauditur pecunia, factus est homo cu-
possa o sappia guardare, et andare alle rialis, et ccepit visitare curias domino-
virtù»; Buti. rum et domos nobilium » ; Benv.
[CERO. 7. GIR. 3] Inf. xvi. 71-85 [tre fiorentini] 139

con noi per poco, e va là coi compagni,


assai ne cruccia con le sue parole. »
« La gente nuova e i sùbiti guadagni
orgoglio e dismisura han generata,
Fiorenza, in te, sì che tu già ten piagni !

70 Così gridai con la faccia levata ;

e i tre, che ciò inteser per risposta,


guatar V un 1' altro, come al ver si guata,
70 « Se l' altre volte sì poco ti costa »
risposer tutti « il satisfare altrui,
felice te, che sì parli a tua posta!
82 Però, se campi d' esti lochi bui
e torni a riveder le belle stelle,
quando ti gioverà dicere '
Io fui ',

S5 fa' che di noi alla gente favelle ! »

71. per poco: da poco tempo in qua. 78. guatar: dolorosamente stupefatti.
« Par che morisse vecchissimo verso il - come come persone cbe udendo con-
:

1300»; Tom. Cfr. Inf. X, 100-108. AL: fermare un fatto che tutte prima stenta-
Per poca colpa così p. es. Bocc. - com-
;
vano a credere, ma della cui triste verità
pagni non si era separato dalla torma,
: non possono ormai dubitare, si guardano
come i tre, per avvicinarsi a D. tra loro, e con gli occhi e con l'espres-
72. cruccia: ci affligge con sue parole sione del volto paion dire l'uno all'altro :

che dipingono corrotta la nostra città. « Dunque è proprio vero !» - « Illi obsti-
73. nuova: o venuta di poco ad abitare puere silentes Gonversique oculos inter
Firenze, come i Cancellieri, trapiantativi se atque ora tenebant»; Virg., Aeri. XI,
nel 1300 da Pistoia (cfr. G. Vili. Vili, 120 sg. - « Fixosque oculos per mutua
38) o venuti su, negli ultimi tempi, da
;
paulum Ora tenent»; Stai., Theb. II,
umile stato (cfr. Par. XVI, 49 sgg.). V. 173 sg.
Del Lungo, D. ne' tempi di D., p. 1-132. 80. satisfare altrui: il rispondere alle
- sùbiti ricchezze accumulate in breve
: dimando che altri ti fa.
tempo. « E che altro cotidianamente pe- 81. posta a tuo talento. «Parendo lo-
:

ricola e uccide le città, le contrade, le ro, ch'egli avesse trovata veramente la


singi ilari persone, tanto quanto lo nuo- causa per la quale era tanto peggiorata
vo raunamento d'avere appo alcuno?»; Firenze ne' costumi e nel modo di vi-
Conv. IV, 11. vere, e dipoi espressala con sì brevi pa-
74. orgoglio e dismisura vizii proprii
: role e con modo tanto efficace di dire,
specialmente di chi è salito rapidamente gli risposero tutti insieme ad una voce,
ad alta condizione. Sulla dismisura cfr. che la sua era una grandissima felicità,
Par. XV, 97-111. se egli soddisfaceva con sì poca fatica
75. già: nel 1300; cfr. G. Vili. VIII, a tutti quegli che gli domandavano di
39. - ten piagni te ne duoli. : qualcosa si volesse, e parlava in così
76. levata:in alto, in atteggiamento fatta maniera a sua posta e qualunque
fiero e disdegnoso, come per volgersi volta ei voleva »; Gelli. Ma va aggiunto
anche col viso verso la corrotta Firenze che nei vv. 79-81 è espressa anche una
nell' atto che le dirige un' apostrofe di bella lode alla franca sincerità del poeta.
rimprovero. Inoltre « fuit signum doloris 82. se: desiderativo. - campi ecc.: ti
et ine. Dolebat enim auctor quod rustici salvi da questo buio Inferno.
venissent ad civitatem, et ipse et alii no- 84. dicere il poter dire di aver veduto
:

biles exularent»; Benv. ed udito ciò che tu vedi ed odi in questo


77. inteser ecc.: compresero che la mia mistico tuo viaggio; Virg., Aen. I, 203:
apostrofe a Fir. era risposta alla loro «Forsan et hcec olim meminisse iuvabit.»
domanda. 85. favelle parli. I dannati sono bra-
:
140 [CERO. 7. GIR. 3] Inf. XVI. 86-102 [CASCATA DEL flegkt.]

Indi r upper la ruota, ed a fuggirsi


ale sembiàr le gambe loro snelle.
88 Un amen non sarìa potuto dirsi
tosto così, coni'ei furon spariti ;

per che maestro parve di partirsi.


al
91 Io lo seguiva, e poco eravam iti,
che il suon dell' acqua n' era sì vicino,
che per parlar saremmo appena uditi.
94 Come quel fiume e' ha proprio cammino
prima da Monte Veso in vèr levante,
dalla sinistra costa d'Appennino,
07 che si chiama Acquacheta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,
100 rimbomba là sovra San Benedetto
dell'Alpe, per cadere ad una scesa
ove dovrìa per mille esser ricetto ;

mosi di fama nel mondo e si manifestano mente quello che ha nome Acquacheta. -
al P. nellasperanza che egli ne rinfre- proprio cammino: che va direttamente
schi la memoria; solo i traditori desi- al mare, poiché tutti i fiumi tra il Po ed
derano essere dimenticati, Inf. XXXII, il Montone dalla sinistra parte di Apen-

94 o si manifestano solo per la maligna


;
nino, entrano in Po e non hanno proprio
speranza di accrescere infamia a' loro corso. Cfr. Bull. II, 2, 105 sgg.
nemici; cfr. Inf. XXXIII, 7 sgg. 95. Monte Teso Mons Vesulus, Mon-
:

86-87. rupper ecc.: sciolsero il cerchio viso, nelle Alpi Cozie, dove nasce il Po.
che facevan di sé, v. 21, e fuggirono con 97-98. suso in alto, prima che scenda
:

tanta velocità come se le gambe fossero al basso letto, eh 'è la pianura romagnola.
state ali. « Pedibus timor addidit alas »; 99. vacante privo chiamandosi ivi
:

Virg., Aen. VIII, 224. Montone. Cfr. Turg. V, 97. V. del Te-
88. amen « In un amen usasi tuttora
: vere, Aen. Vili, 332 « Amisit verum :

da tutti per in un attimo, in brevissimo vetus Albula nomen. » E Lucano, del


tempo »; Fanf. Dovevano anch' essi ri- fiume Isara, Phars. I, 400 « Ad sequo- :

giugnere la loro masnada, cfr. Inf. XV, reas nomen non pertulit undas ».
41 sg., 121 sgg. 100-101. San Benedetto dell'Alpe mo- :

90. parve: è il lat. visum est, cioè nastero sui fianchi dell'Appennino, so-
parve opportuno. pra Forlì e poco lontano dal luogo dove
V. 91-136. la corda di Dante, se- l'Acquacheta forma la cascata cui ac-
gno a Gerione. Giungono sull'orlo del- cenna il v. sg. Dipendeva allora questo
l'alta ripa, dove si ode il rumore del Fle- luogo dai conti Guidi.
getonte che si precipita giù nell'ottavo 101. per cadere perchè cade. - scesa
: :

cerchio. Quivi D. si scioglie da una corda discesa, dove il fiume precipita dal mon-
che aveva cinta intorno, e la porge rav- te giù in una valle.
volta a V., il quale la butta giù nel- 102. ove nel monastero di San Bene-
:

1' 8° cerchio. A
tal segno vien su nuo- detto dell'Alpe. - dovrìa a motivo delle :

tando per l'aere un mostro, Gerione, il sue ricche rendite (Barg.) che soltanto
custode addetto al regno dei frodolenti. pochi si godono. - « Io fui già lunga-
93. per parlar ecc.: parlando, ci sa- mente in dubbio di ciò che l'autore vo-
remmo appena uditi l' un 1' altro, tanto lesse in questo verso dire poi per ven- ;

era il fracasso di quell'acqua. tura trovatomi nel detto monisterio di


94. fiume: il Montone, o piuttosto nno San Benedetto insieme con l'abate del
dei torrenti, che lo formano, e precisa- luogo, ed egli mi disse, che fu già te-
[CERC. 7. GIR. 3] INF. XVI. 103-116 [CORDA DI DANTE] 141

103 così, giù (V una ripa discoscesa,


trovammo risonar quell' acqua tinta,
sì che in poc' ora avrìa 1' orecchia offesa.
10G Io aveva una corda intorno cinta,
e con essa pensai alcuna volta
prender la lonza alla pelle dipinta.
109 Poscia che l' ebbi tutta da me sciolta,
sì come il duca ni' avea comandato,

porsila a lui aggroppata e ravvolta ;


112 ond' ei si volse in ver lo destro lato,
e alquanto di lungi dalla sponda
la gittò giuso in quell ' alto burrato.
115 « E' pur convien che novità risponda »
dicea fra me medesmo « al nuovo cenno

nuto ragionamento per quelli conti, i ha, ed è essa la più antica, grande va-
quali son signori di quella Alpe, di vo- lore. Cfr. Bull. X, 85 e II, 10. Gli an-
lere assai presso di questo luogo dove tichi commentatori pensarono che D.
quest'acqua cade, siccome in luogo molto alludesse coi vv. 107 sg. all'aver voluto
comodo agli abitanti, fare un castello, « con inganno pigliare alcuna lussuria»,
e riducervi entro molte villate da torno ma '
prender
la lonza vale catturarla,
' '

di lor vassalli; poi morì colui che que- vincerla sicché la corda deve simbo-
',

sto, più che alcun degli altri, metteva leggiare una virtù o contegno virtuoso
innanzi, e così il ragionamento non ebbe che si oppone al vizio raffigurato nella
effetto: e questo è quello che l'autor lonza. E poiché qui la corda stessa ha
dice»; JBocc. Così pure Benv. Si com- potere di comando su Gerione, simbolo
prende che quell'abate non disse: La di frode, anche contro di questa deve
Badia è grande, i monaci son pochi Bas- ; valere quel che la corda simbolicamente
sermann, pp. 187-190. Altri intendono significa. O ammettere dunque un du-
che il nume ha ivi tanta copia di acque,' plice significato alla corda (p. es. di ca-
che dovrebbe essere ricetto (ricevuto) stità contro la lonza —
lussuria, e di giu-
non da una, ma da mille scese. stizia e verità contro la frode [Nardi,
104. trovammo: così i più. AL: sen- N. Giorn. Dani., II, quad. 2°]), o pen-
timmo, udimmo, ritrovammo, faceva ri- sare a qualcosa che valga contro e lonza
sonare, ecc. Cfr. Moore, Grit., 315. - e Gerione (come p. es. l'osservanza della
tinta sanguigna, cfr. Inf. XIV, 78, 134.
: legge [Torraca]). - alcuna volta: una
105. sì che ecc.: quel fracasso era tale, volta; così nel v. 9 alcuno vale uno. -
che in poc'ora ci avrebbe storditi. alla pelle: dalla pelle; cfr. Inf. I, 42.
106-108. corda: il cordone dell'ordine 111. ravvolta fattone come una matas-
:

di S. Francesco? «Dante.... fu frate mi- sa (cfr. Inf. XXXI, 90), per poterla meglio
Bore, ma non vi fece professione, nel lanciar giù nel burrato. Doveva dunque
tempo della sua fanciullezza»; Buti, I, ben essere una vera corda che vien but-
438. - « Per questo appare che '1 nostro tata giù per avvertir Gerione che salga.
autore, infine quando era garzone, s' in- 112. destro dovendo scagliare la cor-
:

namorasse della s. Scrittura; e questo da colla destra.


credo che fusse, quando si fece frate 113. lungi: perchè non si appiccasse
dell'ordine di s. Francesco, del quale a qualche scoglio prominente dalla spon-
uscitte inanti che facesse professione »; da, ma cadesse giù dov'era Gerione.
Buti, II, 735. Certo il P. professò per 114. burrato: cfr. Inf. XII, 10. «In
S. Francesco e per la regola francescana aliud fossum obscurum etburum »; Benv.
una sentita ammirazione (cfr. Par. Ili, Altrove baratro cfr. Inf. XI, ,69.;

97 e il canto XI); ma, per dir D. cor- 115. novità: alcun che di insolito.
digliero, la testimonianza del Buti non 116. nuovo anche qui nel senso di in-
:
142 [CERO. 7. GIR. 3] INF. XVI. 117-134 [gerione]

che il maestro con 1' occhio sì seconda. »


118 Ahi, quanto cauti gli uomini esser denno
presso a color che non veggon pur 1' opra,
ma per entro i pensier miran col senno !

321 Ei disse a me « Tosto verrà di sopra :

ciò ch'io attendo e che il tuo pensier sogna ;

tosto convien ch'ai tuo viso si scopra».


124 Sempre a quel ver e' ha faccia di menzogna,
dee 1' uom chiuder le labbra fin eh' ei può te,
però che sanza colpa fa vergogna ;

127 ma qui tacer noi posso e per le note ;

di questa Commedia, lettor, ti giuro,


s' elle non sien di lunga grazia vote,
130 eh' io vidi per quell' aere grosso e scuro
venir notando una figura in suso,
maravigli osa ad ogni cor sicuro,
133 sì come torna colui che va giuso
talora a solver 1' àncora eh' aggrappa

solito, non mai visto. È la prima e l'uni- 127-129. note parole in rima, versi che
:

ca volta che V. fa cenno col gettare un si cantano. Cfr. Inf. XIX, 118. Par.
oggetto. A
sì insolito cenno, D. si aspetta XIX, 98. - Commedia coll'accento sull'i
:

con ragione di veder cosa insolita. alla greca. Il giuramento è Possa pe-:

117. seconda: segue coll'occhio, guar- rire questo mio poema se non dico il
dando fisso giù nel burrato, dov' ha git- vero Si giura per le cose sante, oppure
!

tata la corda, per vedere se il cenno è per quelle che ci son più care. Il poe-
stato inteso. ma era a D. non pur caro, ma sacro ;

118. cauti persino ne' loro pensieri.


: 'cfr. Par. XXV, 1. - s' elle ecc. così :

119. opra: atti e parole. possano, com' io fermamente spero, le


120. per entro ecc.: penetrano con l'acu- note della commedia piacere a lungo
me della mente entro l'altrui pensiero. agli uomini.
122. sogna: D. aspettava alcun che
si 130. grosso: «siccome pieno di fetidi
di insolito, ma di Gerione non sapeva vapori, i quali non aveano onde svapo-
ancor nulla; intra vvedeva colla imma- rare di quel luogo » Bocc. ;

ginazione, come in sogno, qualcosa di 131. v. notando.... in suso: salire a


strano che doveva apparire. nuoto per quell'aere grosso e scuro, come
124. faccia apparenza. « Tal veritade
: altri per l'acqua. Cfr. Virg., Aen. VI,
dèi dire che ti sia creduta altramente ; 14 sgg. - una figura: Gerione.
ti sarebbe reputata per buscia»; Albert. 132. maravigliosa di quella maravi-
:

Giud. in Nannuc., Man. II 2 p. 49. «La ,


glia che incute spavento. - sicuro: co-
veritade ha molte volte facce di menzo- raggioso, saldo. «Li uomini sicuri presi
gna»; Bono Giamb., id. p. 425. t
dalla fraudo, se ne maravigliano »; Buti.
125. chiuder le labbra: trattenersi dal - « La sicurtà è non dubitar delle cose che
dire. - fin ch'ei puote non sempre dun-
: sopravvengono»; Bono Giamb. in Tom.
que, che in certi momenti, come accade 133. colui ecc.: il marinaio. - giuso :

ora a D., uno deve risolversi a dire an- al fondo del mare. Cfr. Lucan., Phars.
che cose che hanno dell'incredibile. Ili, 697 sgg.
126. fa vergogna poiché altri la riter-
: 134. solver: Al. :scioglier, che è la
ranno bugia. L' incredibile è qui, che la chiosa, -aggrappa: s'attacca co' raffi a
sozza imagine di froda salga all' invito scoglio o altro, e se non ne sia prima
fattole colla corda buttata giù. staccata, la nave non può salpare.
[CERC. 7. GIR. 3] INF. XVI. 135-136 - XVII. 1-5 [gerione] 143

o scoglio od altro che nel mare è chiuso


136 che 'n su si stende , e da pie si rattrappa.

135. chiuso: nascosto, celato. distende verso l' alto, e le gambe ripiega
136. in su ecc.: colla parte superiore, e tira in su per nuotare così verso la
vale a dire col petto e colle braccia si superfìcie.

CANTO DECIMOSETTIMO

CERCHIO SETTIMO
GIRONE TERZO: VIOLENTI CONTRO L'ARTE
(Seggono sotto la pioggia di fuoco,
con borse pendenti dal collo, nelle quali son raffigurati i loro stemmi)

GERIONE, SCROVIGNO, BUIAMONTE


DISCESA AL CERCHIO OTTAVO

« Ecco la fiera con la coda aguzza,


che passa i monti, e rompe i muri e l'armi ;

ecco colei che tutto il mondo appuzza ! »


Sì cominciò lo mio duca a parlarmi :

e accennolle che venisse a proda,

V. 1-33. Gerione. Ecco Gerione, un tamquam corona© similes auro, et facies


mostro che ha faccia d' uom giusto, due earum hominum. Et habe-
sicut facies
branche pelose, corpo serpentino di- bant capillos sicut capillos mulierum, et
pinto di nodi e di rotelle, coda aguzza dentes earum sicut dentes leonum erant.
e velenosa. Egli, a un cenno di V., ap- Et habebant loricas ferreas, et vox ala-
proda colla parte anteriore del suo corpo rum earum sicut vox curruum equorum
sull'orlo estremo del 7° cerchio, a de- multorum currentium in bellum. Et ha-
stra e poco lunghi dall'estremità del- bebant caudas similes scorpionum, et
l'argine su cui son venuti i P. I quali aculei erant in caudis earum. »
dall' argine scendono su queir orlo per 1. aguzza: appuntata. Cfr. v. 26 sg.
accostarsi a Gerione. Il Gerione della 2. che passa ecc.: cui nulla resiste;
mitologia, figlio di Crisaore e dell'ocea- che penetra per compiere il male in ogni
nica Calirroe, fu un gigante a tre teste luogo, vincendo ogni ostacolo. Contro
o a tre corpi (Virg., Aen. Vili, 202. la frode poco o nulla valgono difese di
Horat., Garin. II, 14, 8. Ovid., JSeroid. natura (monti) e d' arte (muri e armi).
IX, 91. Seme, Agam. 834, ecc.). D. si 3. tutto : cfr. Inf. XI, 52. Rom. Ili,
scosta qui dalla mitologia. Il suo Ge- 12, 13. - appuzza: ammorba del suo fe-
rione somiglia piuttosto in certi parti- tore e corrompe.
colari alle locuste infernali di cui leg- 5. accennolle alla fiera o bestia mal-
:

giamo néiV Apocal. IX, 7-11: «Et sinii- vagia cfr. v. 1, 23, 30, 97, 133. - a proda:
;

Htndines locustarum similes equis para- all' orlo superiore del burlato, a cui dalla
tia in prcelium, et super capita earum testa dell'argine eransi affacciati D. e V.
144 [CEKC. 7. Gin. :j] Jnf. XVII. 6-21 [gerionk]

vicino al fin de' passeggiati marmi.


E quella .sozza imagine (li froda
sen venne, e arrivò la testa e il busto )
ma in su la riva non trasse la coda.
10 La faccia sua era faccia d' uora giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d' un serpente tutto l'altro fusto ;

13 Due branche avea pilose infìn l' ascelle ;

lo dosso e il petto ed ambedue le coste


dipinte avea di nodi e di rotelle.
1G Con più color, sommesse e soprapposte
non fèr mai drappo Tartari né Turchi,
nò fur tai tele per Aragne imposte.
19 Come talvolta stanno a riva i burchi,
che parte sono in acqua e parte in terra,
e come là tra li Tedeschi lurchi

6. passeggiati da noi percorsi. - mar-


: 13-15. branche : « piedi artigliati come
mi: argini impietrati del Flegetonte, veggiamo che a' dragoni si dipingono »;
nel tratto che attraversa il sabbione. Bocc. - infili: fin sotto le ascelle.- co-
7. froda: frode
cfr. loda, Inf. II, 103.
; ste: lati. - nodi: figurano i lacciuoli di
8-9. trasse sopra la riva. - non
arrivò : cui servono gl'ingannatori. - rotelle:
si
trasse la coda « però che sempre cela e
: cerchietti e scudi qui figuratamente per
;

nasconde il sno fine il frodolente » Ott. ; macchie rotonde. Figureranno le arti


10. faccia cfr. Apocal. IX, 7. Ariosto,
: con che la frode procura di coprirsi.
Ori. XIV, 87. «La faccia è il principio 16. Con più ecc. né Tartari né Turchi :

del corpo il busto è il mezzo la coda è


; ; fecero mai drappo con più colori, o con
il termine. La Frode comincia con lo spi- più sommesse e soprapposte. - soprap-
rarti fiducia (faccia d'uom giusto); tesse poste «soprapposta si dice quel disegno
:

in seguito suoi inganni (fusto di astuto


i a rilievo che spicca sul fondo, o som-
serpente); vibra finalmente il colpo fatale messa, de' drappi rabescati » Pass. ;

(coda aguzza). Questa figura dunque pre- 17. mai: AL: ma' in =^= mai in onde ;

senta quasi una storia visibile del prin- la costr. sarebbe né Tartari nò Turchi,
:

cipio, mezzo e termine della Frode. E si abilissimi tessitori, fecero mai in drappo
noti che le frasi di tramare inganni, or- sommesse e soprapposte con più-colori.
dire insidie e tesser frodi, daran subito 18. per: da. - Aragne: la celebre tes-
luogo a due similitudini desunte da tes- sitrice di Lidia, che osò gareggiare in
sitori ed applicate al fusto serpentino »; quest'arte con Minerva, e da questa fu
Ross. Il Boccaccio nella Oen. deor. I, 21, vinta e mutata in ragno. Cfr. Ovid.,
dice che Gerione attirava nella sita di- Met. VI, 5 sgg. Plin. VII, 56. Purg.
mora, allettandoli con cortesie e blan- XII, 43. - imposte: abbozzate. « Dise-
dizie, amici e juirenti; poi li uccideva. gnando l'abbozzo, il che alcuni chia-
11. la pelle: « La prima apparenzia mano imporre » Vasari. Il Barbi in-
;

dell' astuzia par buona, e pare procedere tende composte e richiama V imposta =*
con semplicità, ma sempre va con ma- scolpita di Purg. X, 52 (Bull. XVIII, 8).
lizia e callidità » Buti. ; 19. burchi: burchielli, piccole barche
12. serpente « serpens est astutissimum o zattere a remi. « La specie per il ge-
animalium» osservacene., e sotto forma nere, cioè i burchi per ogni naviglio »;
di serpente è raffigurato l'ingannatore Dan.
del genere umano; cfr. Genes. III, 1. 21. lurchi: «lurcos, idest gulosos »;
II Cor. XI, 3. - V altro fusto il resto : Pietr. Dani. Dei Germani già scriveva
del corpo. Tacito : Dediti sommo ciboque.
[CKRC. 7. GIR. 3] Inf. xvii. 22-33 [gerione] 145

lo bivero s' assetta a far sua guerra ;


così la fiera pessima si stava
su 1' orlo che, di pietra, il sabbion serra.
25 Nel vano tutta sua coda guizzava,
torcendo in su la venenosa forca,
che a guisa di scorpion la punta armava,
28 Lo duca disse « Or convien che si torca
:

la nostra via un poco infìno a quella


bestia malvagia che colà si corca».
51 Però scendemmo alla destra mammella,
e dieci passifemmo in su lo stremo,
per ben cessar la rena e la fiammella.

22. bivero: castoro. « Dicitur de bi- consueto cammino significa che « per
vero animali, quod cum cauda piscatur vincere il torto procedere dalla frode,
inittendo ipsani in aquam et ipsam agi- non sempre può battersi la via regolare ».
tando, ex cuius pinguedine resultant 32. lo stremo: l'orlo interno del 7°
guttse ad moduin olei, et dum pisces ad cerchio.
eas veniunt, tunc se revolvendo eoa ca- 33. cessar: causare; cfr. Par. XXY,
pit »; Petr. Dani. Tale, conforme la 133. - rena : perchè infocata - fiammella :

credenza popolare, apparisce essere stata pioggia di fuoco.


l' opinione del P. - s'assetta si colloca : V. 34-75. Gli usurai. Poco distante
e dispone. « Dante coi burchi dipinge dal luogo dove stava G erione, vede D.
il solo atteggiamento materiale di Ge- gli usurai. Y. gli dice di andarli a ve-
rione; e col bevevo, il fine insidioso di dere da vicino per compiere la cono-
cotesto atteggiamento. Così resta com- scenza del girone in cui si trovano an-
piuta l'immagine del mostro, nel quale cora, esortandolo però a far presto. D.
ilPoeta simboleggia la Frode»; L. Vent., va e vede gli usurai, che, seduti a terra,
Sìmil. 359. - guerra: ai pesci. per difendersi in qualche modo dalla
24. serra: cinge d'intorno l'ardente pioggia di fuoco e dal calor della rena,
sabbione del settimo cerchio. agitano di continuo le mani, somigliando
25. Nel vano: nell'aria, cfr. v. 9. a cani tormentati ne' calori estivi da in-
26. forca: coda biforcuta, con allu- setti.Sdegnarono guadagnarsi il pane
sione forse al poter 1' uomo usar frode col lavoro delle propriemani; ed ora
in chi si fida e in chi non si fida ; cfr. quelle mani devono muoversi e lavorare
Inf. XI, 52 sgg. continuamente. Ciascuno ha pendente
27. che: nominativo. - scorpion cfr. ;
dal collo una tasca - il sacchetto dei
Apocal. IX, 3, 5, 10. Non può pertanto denari, che qui è sventuratamente vuo-
offendere i P. con quella sua coda, se- to - su cui tien fìsso lo sguardo, e la
!

condo la promessa « Ecce dedi vobis : tasca mostra uno stemma, dal quale si
potestatem calcandi supra serpentes et può riconoscere la famiglia a cui appar-
scorpiones, et supra omnem virtutem ini- tenne il peccatore. Lo stemma è dipinto
mici, et nihil vobis noeebit »; Lue. X, 19. sulla tasca degli usurai dannati, affin-
28. torca « Non si potea per diritto
: chè veggano lì insieme tutto ciò che ap-
calle andare alla frode, anzi per tortuo- prezzarono in vita ed abbiano sott' oc-
so; nulla via mena a lei diritto » Ott-. ; chio il contrasto tra lo stemma, segno
30. si corca: è coricata, giace. di nobiltà, ed il loro ignobile operare.
81. destra : nell' Inf. vanno sempre a Un Padovano parla al P. di due famosi
sinistra. Due sole eccezioni, in Inf. IX, usurai viventi, il cui posto laggiù è già
132 e qui ; v. nella nota a quel verso, pronto. Non può essere casuale che, dopo
le spiegazioni che si danno di tali ec- aver cominciato a parlar della frode (. e- :

cezioni e per questa 2 a cfr. pure qui so-


; rione), D. torni ai violenti del sabbione
pra la n. 28. Anche per il Porena (Eiv. infocato, e precisamente agli usurai. È
d'It., Marzo 1916, p. 366) il deviare dal probabilmente « un' allusione alla na-

10. — Div. Comm., 8 a ediz.


14G [ci;nc. 7. gir. 3] Inf. xvn. 34-55 [usurai]

34 E quando noi a lei venuti senio,


poco più oltre veggio in su la rena
gente seder propinqua al loco scemo.
37 Quivi il maestro « Acciò che tutta piena
esperienza d' esto giron porti »
mi disse, « va', e vedi la lor mena.
40 Li tuoi ragionamenti sien là corti :

mentre che torni, parlerò con questa,


che ne conceda i suoi omeri forti » .

43
Così ancor su per la strema testa
di quel settimo cerchio, tutto solo
andai, ove sedea la gente mesta.
4 fi
Per gli occhi fuori scoppiava lor duolo :

di qua, di là soccorrìen con le mani,


quando a' vapori, e quando al caldo suolo
49 non altrimenti fan di state i cani,
or col ceffo, or co pie, quando son morsi 7

o da pulci o da mosche o da tafani.


52 Poi che nel viso a certi gli occhi porsi,
ne' quali il doloroso foco casca,
non ne conobbi alcun ma io m'accorsi ;

55 che dal collo a ciascun pendea una tasca


tura del peccato di usura » che pur es- questo D. non può udire, né riferirci,
sendo peccato di violenza « contro l'arte ciò che Virgilio dice alla fiera cfr. Inf. ;

e mediatamente contro Dio [di cui quella Vili, 112.


è nipote, Inf. XI, 105], non ha però, 42. ne conceda ecc. ci presti le forti
;

come la bestemmia e la sodomia, mani- sue spalle e ci porti giù nell'altro cer-
festazione energica e passionata, ma as- chio. - forti « quia totus mundus est
:

sume le parvenze pacifiche e subdole fundatus supra fraude » Benv. ;

della frode » Porena, o. e. ; 43. ancor: dopo i dieci passi fatti su.
34. a lei alla bestia malvagia, del
: quello stremo (v. 32) che qui chiama
v. 30. - senio siamo. : strema testa, come già orlo nel v. 24.
35. rena: del 3° girone. 46. scoppiava: in lagrime.
36. seder: come fecero
in vita, facendo 47. soccorrìen : soccorrevano per farsi
lavorare il denaro, invece di lavorar essi. schermo.
- scemo dove la roccia era tagliata e co-
: 48. vapori: fiamme che piovono. -
minciava la parete del burrato in fondo caldo suolo: sabbione infocato.
a cui è Malabolge. 49-51. Non ecc.: La similitudine, sin-
39. mena: condizione, stato, modo di golarmente vivace e colorita, e tolta da
essere, eh' è il senso in cui trovasi più un fatto da tutti osservato, completa ef-
volte usata nell' antico italiano questa ficacemente la descrizione degli usurai.
parola. Cfr. Inf. XXIV, 83. 52. porsi: drizzai.
Perciocché conosciuto che
40. corti : « 54. conobbi pel motivo, forse, addotto
:

abbiamo la natura dell' usura, ci dob- in Inf. VII, 53 sg., e anche perchè de-
biamo di subito partire da tal conside- formati dal fuoco.
razione » Land. ; 55. tasca: borsa, v. 59; sacchetto, v. 65.
41. questa: bestia malvagia. D. si reca I prestatori, come rilevò il Salvemini
solo ad osservare gli usurai, e durante dagli Stài, dell'arte del Cambio (in Fi-
la sua assenza V. parla a Gerione per ;
renze) del 1299, solevano stare « ad ta-
[CEJRC. 7. GIR. 3] Inf. xvn. 56-70 [usurai] 147

che uvea certo colore e certo seguo,


e quindi par che '1 loro occhio si pasca.
58 E coni' io riguardando tra lor vegno,
una borsa gialla vidi azzurro
in
che d'un leone avea faccia e contegno.
01 Poi, procedendo di mio sguardo* il curro,
come sangue rossa,
vidine un'altra,
mostrando un'oca bianca più che burro,
G4 E un che d' una scrofa azzurra e grossa
segnato avea lo suo sacchetto bianco,
mi disse: « Che fai tu in questa fossa?
07 Or te ne va' e perchè se' vivo anco,
;

sappi che il mio vicin Vitaliano


sederà qui dal mio sinistro fianco.
70 -
Con questi fìorentin son Padovano ;

bulam si ve banchum cum tascha et li- 62. altra borsa. L' oca bianca in cam-
:

bro » ; Bull., XII, 115 n. po rosso era l'arme degli Ubriachi,, nobili
56. colore : ogni tasca mostra i colori ghibellini di Firenze, cfr. 67. Vili. Y, 39;
e l'arnie della famiglia, alla quale il suo VI, 33, 65. «Questi ch'avia l'oca bianca
possessore appartenne «Ingegnoso per nel rosso, è Ciappo Ebriachi di Firenze,
dare a conoscere que' dannati senza lun- grande usuraio » in. Sei. ;

go discorso, e per portare in Inf. lo 63. più che burro: Al.: più eh' ebur-
scherno della sudicia nobiltà » Tom. ; ro, cioè più che avorio cfr. Z. F., 101 ;

57. si pasca: anche in vita tennero sg. Blanc, Versuch I, 146.


di mira soltanto la borsa. « Kec satian- 64. scrofa ecc. La scrofa azzurra in
:

tur oculi ehis divitiis »; Eccles. IV, 8. campo bianco era l'arme degli Scrovegni
58. riguardando il colore e il segno
: di Padova. Alcuni credono che Dante
delle tasche. parli qui di Reginaldo Scrovegni, usu-
60. faccia e contegno: forma e atteg- raio famigerato. « Fu Padovano, padre
giamento. L'arme dei Gianfìgliazzi di di messer Arrigo Scofrigni, anche gran-
Firenze era un leone azzurro in campo de usuraio » An. Sei.
;

giallo o d'oro. I Gianfìgliazzi, ch'erano 66. Che fai ecc.: È una domanda che
guelfi, furono esigliati dopo la battaglia il dannato fa rabbiosamente a Dante

di Montaperti (67. Vili. V, 29; VI, 33, che (v. 67) egli ha capito esser vivo e
79), ed erano più tardi tutti di parte della cui presenza e curiosità farebbe vo-
nera (07. Vili. Vili, 29) «li quali sono; lentieri a meno. Così si spiega il ruvido
grandissimi usurarli »; Lan. #0?io? Fiori- invito '
Or te ne va '.

vano ancora a Firenze, quando il Laneo 68. vicin: concittadino. Cfr. Purg. XI,
scriveva? Cfr. Q. Vili. XII, 3. -«Uno 140. - Vitaliano: gli antichi dico- comm.
ne pone per tutti loro acquistò d'usura
; ;
no, pressoché unanimi, che costui fosse
dice alcuno ch'egli intende chi questi Vitaliano del Dente, fiorentino, eletto
sia»; Ott. Chi è questo alcuno? Fu mes- podestà nel 1307. Al.: Vitaliano di Iaco-
cer Catello di Eosso Gianfìgliazzi, che po Vitaliani; Dante e Pad., p. 213 sgg.
col fratello Gianfigliazzo e con un cugi- 69. sinistro come più colpevole di me.
:

no fé il prestatore in Francia, e tornato 70. Padovano: « il dannato che con


in patria, fu fatto cavaliere. Visse certo queste parole chiude l'iracondo discorso,
oltre il 1283, lasciando poi, non ostante le non precisa di certo senza motivo i luo-
sue usure, la famiglia in condizione di- ghi dove gli ospiti del settimo cerchio
sagiata (Bull. XVII, 148 XXV, 51 sg.). ; sortirono i natali ma mira a mettere in
;

61. curro: carro (lat. currus): il pro- luce il primato poco lusinghieroche le due
cedere del curro dello sguardo è guardar '
città vantano in queir epoca sulle sorelle
oltre '
della penisola»; o. e, 205.
I
148 [< ERO. 7. GIR. 3] INF. XVII. 71-85 [DlS<

spesse Piate m'introuan gli orecchi,


gridando: '
Vegna il cavaliér sovrano
73 clie recherà la tasca con tre becclii '. »
Qui distorse la faccia, e di fuor tra
la lingua come bue che il naso lecchi.
7G E io, temendo Ho più star crucciasse
'1

lui che di poco star m'avea ammonito,


torna' mi indietro dall' anime lasse.
79 Trovai il duca mio ch'era salito
già su la groppa del fiero animale,
e disse a me: « Or sie forte ed ardito.
82 Ornai si scende per sì fatte scale :

monta dinanzi, eh' io voglio esser mezzo,


sì che la coda non possa far male. »
85 Qual è colui e' ha sì presso il riprezzo

71. m'intronali: questi Fiorentini. p. 34): «Per la molta usanza, gli usurai
72. cavaliér sovrano il fiorentino Gio-
: iquali in altre parti sono avuti per peg-
vanni Buiamonte che sedè Gonfaloniere gio che saracini e sono mostrati a dito
di giustizia nel 1293, ed ebbe poi le case come cani, qui per la molta usanza
distrutte nel famoso incendio suscitato paiono mercatanti ».
dalla perfidia di Neri Abati nel 1304. V. 76-136. Discesa all'ottavo cer-
'
Cavaliér sovrano significa il grande,
'
chio. Ritornato indietro, D. trova V.,
il sommo dei cavalieri; e il poeta dà che, salito sulla groppa di Gerione, lo
tanto rilievo a questo titolo perchè « è invita a montar dinanzi, esortandolo ad
ben più vergognosa l' usura in tale che essere forte ed ardito. Monta D. spa-
si teneva o era tenuto primo dei cava- ventato e con ribrezzo. Gerione nuota
lieri, coni' è, d'altra parte, vergogna dar e discende lentamente. Giunto al fondo,
l' onore della cavalleria a siffatta gen- vi depone i P. e si dilegua.
te » ; Barbi (Bull. XXV, 52). no '1 non il temendo che il mio
76. : :

73. becchi: capri o rostri d'uccello? fermarmi più lungamente presso gli usu-
Secondo Iacopo e Pietro di Dante e al- rai non cruciasse V.; cfr. Inf. Ili, 80.
tri autorevoli commentatori antichi, tre ammonito: v. 40. Al.: monito: dif-
77.
capri neri in campo d'oro; ma, secondo fìcile risolvere con tutta sicurezza come
altri (e così qualche moderno priorista) si debba leggere.
tre teste d'aquila (o d'altro uccello). 81. sie: sii, « Che gioverebbe essere
74. distorse atto sconcio di scherno.
: forte e non avere ardire? »; Fra Giord.,
- faccia: Al.: bocca, lezione che pur dà Pred., Ed. 1831, II, 252.
un buon senso, ma
nata forse dal desi- 82. Ornai: qui, sulla groppa di Gerione;
derio di usar parola che fosse in più dall' 8° ài 9° cerchio, calati da Anteo,
stretto accordo con lingua '. '
Inf. XXXI, 130 sgg.; e finalmente ar-
75. la lingua: come per leccare; « atto rampicandosi giù e su pel corpo di Lu-
che fanno i mariuoli dopo aver altrui lo- cifero, Inf. XXXIV, 73' sg.
dato per beffa » Ges. - « Super quern lu-
; 83. mezzo: fra te e la coda velenosa
sistis ? Super quem dilatastis os et eieci- di Gerione. Tom.: « Fra l'uomo e la
stis linguam ? Xumquid non vos fìlli sce- frode pone la scienza onesta ». - Benv.:
si

lesti, semen mendax?»; Isaia LVII, 4. « Per hoc tacite auctor dat intelligi quod
Lo Scrovegni fu quest'anno di scherno vir sapiens dicit illi cui habet consulere:
contro i Fiorentini suoi compagni e con- Fili mi, tu debes semper prsecavere frau-
tro l' aspettato cavaliér sovrano. Circa dulentum finein, quando habes facere
1' usura in Firenze è da ricordare quel cum Gerione vulpone, fellone ».
che Fra Giordano diceva, predicando in 84. far male: a te.
Firenze il 20 die. del 1304, (ediz. del 1739 85. colui : il febbricitante. - riprezzo:
JElìC. 7. GIK. 3] Inf. xvii. 86-101 [discesa] 149

della quartana, e' ha già V unghie smorte,


e triema tutto, pur guardando il rezzo;
tal divenn' io alle parole pòrte ;

ma vergogna mi fé' le sue minacce,


che innanzi a buon signor fa servo forte.
Io m'assettai in su quelle spallacce:
sì volli dir, ma la voce non venne

com'io credetti « Fa' che tu m'abbracce


: ! »
,
94 Ma esso, ch altra volta mi sovvenne
ad altro forte, tosto ch'io montai,
con le braccia m'avvinse e mi sostenne;
e disse: « Gerion, moviti ornai:
le rote larghe e lo scender sia poco:
pensa la nuova soma che tu hai. »
100 Come la navicella esce di loco
in dietro in dietro, sì quindi si tolse;

ribrezzo,il brivido e battimento di denti 95. ad altro forte : ad altri difficili


che precede la febbre. passi. Forte vale qui il forte, cioè il dif-
87. rezzo: orezzo, luogo ombroso e fìcile, la cosa, punto difficile. Al. ad
il :

fresco: cfr. Diez, W'órt. I 3 39. «Chia- , alto, forte, unendo forte a m' avvinse.
masi in Toscana, e credo per tutto, rezzo Al. : ad altro forse, cioè, ad altro punto
ove non batte sole, e stare al rezzo, ove o momento o caso dubbio, periglioso.
non sia sole » Borghini. - « Il freddo,
; Oltremodo difficile è qui lo stabilire la
ogui cosa gelata »; An. Fior. - Cfr. Inf. lezione primitiva. Moore, Crit., 315 sg.
XXXII, 75. Il senso in ogni modo resta questo: V.,
88. pòrte dettemi da Virgilio, v. 83.
: che già altre volte mi aveva sovvenuto,
Cfr. Inf. II, 135; V, 108; Vili, 112. mi abbracciò e sostenne colle sue brac-
89-90. vergogna mi fé' di solito si : cia, subito che fui montato sulle spalle
legge vergogna mi fer, e come minac- di Gerione.
ce 8' intendono o le parole stimolanti, 98. le rote ecc. i giri, le spirali che
:

dette già da V. (v. 81-82), o altre parole farai, siano larghe, e scendi lento. « Qua-
di minaccia vera e propria dette da lui, si incedendum, cum
dicat: est .... lente
e che i commentatori s' immaginano e magna circa istum pri-
deliberatione,
determinano ciascuno a modo suo. Ma mum introitum fraudium »; JBenv.
poiché molti codici de' più antichi ed 99. nuova: insolita, cioè di un uomo
autorevoli hanno fé e non fer, sarà da vivo. Da questo verso si potrebbe infe-
leggere, senza più fantasticare di mi- rire, essere Gerione solito a portar giù
nacce virgiliane al P., fé'; e intendere- le anime dei dannati se non che i Poeti
;

mo: Vergogna mi fece le sue minacce,


'
non ne vedono una sola, né è detto che
mi minacciò quella vergogna che come
;
le anime portino con sé corda od altra
fa forte il servo davanti al buon signore, cosa qualunque con che far cenno a
così diede allora animo a me ch'ero da- Gerione, che salga a prenderle per por-
vanti al buon signor mio. L' imagine '
tarle giù.
della Vergogna minacciante è veramente 100. di loco : dalla riva, presso cui e
efficace e degna del Poeta. su cui è stata tirata.
91. spallacce: degne di una bestia tanto mostra 1' at-
101. in dietro in dietro; «
grande e deforme. « Perchè erono disor- to gradatamente continuo del ritirarsi »;
dinate et sconce » An. Fior. ; L. Yent., Sion. 362. - quindi: dall'orlo
92. sì: volli dire così :
'
Fa' che tu m'ab- del settimo cerchio, su cui aveva tirata
bracce! '
; ma non mi bastò la voce, sof- la testa e il busto (v. 8 sg). - si tolse :

focata dalla paura. si staccò, s' allontanò.


150 [CHRC. 7. GIR. 3] Tnk. xvii. 102-117 fDLSCKSi

e poi che al tutto si senti a giuoco,


103 La 'v'era il petto. La coda rivo!
e quella tosa, comò anguilla, mosse
e con le branche l'aere a sé raccolse.
100 Maggior paura non credo che fosse,
quando Fetòn al) bau donò li freni,
per che il ciel, come pare ancor, si cosse;
109 nò quando Icaro misero le reni
sentì spennar per la scaldata cera,
gridando il padre a lui « Mala via tieni ! »,
112 che fu la mia, quando vidi eh' i' era
nell'aere d'ogni parte, e vidi spenta
ogni veduta, fuor che della fiera.
115 Ella sen va notando lenta lenta ;

rota e discende, ma non me n' accorgo


se non eh' al viso e di sotto mi venta.

102. a giuoco a suo agio, libero in


: parve, quando il carro del sole, mal gì
tutti movimenti. « Diciamo l'uccello
i dato da Fetonte, arse una parte del cielo.
essere a giuoco, quando è in luogo sì 109. Icaro: figlio di Dedalo, il quale,
aperto, che può volgersi ovunque » ;
per fuggire da Creta, fece a sé ed al figlio
Land. ali di penne, appiccicate insieme con la !

104. tesa distesa in lungo, mentre fin


: cera. Icaro volò troppo alto, contro il
qui la torceva in su, v. 26. - mosse con : comando del genitore la cera per la ;

quel guizzo con che si muovono le an- vicinanza del sole si liquefece le ali si ;

guille nell' acqua. staccarono ed Icaro cadde nel mare cfr. ;

105. raccolse : come fa chi nuota. Ge- Ovid., Met. Vili, 203, sgg.
rione nuota nell' aria con gli stessi mo- 111. gridando: in Ovidio, a cui per la
vimenti che servono a nuotar nell'acqua. favola d'Icaro certo D. pensava, il pa-
107. Fetòn: Fetonte, personaggio mito- dre « Icare, dixit, Icare, dixit, ubi es?
logico. Figlio del Sole e di Olimene, ot- qua te regione requiram, Icare ? dice-
tenne di guidare i cavalli paterni ma ; bat » Metam. Vili, 231-33. Più umane;
;

non seppe ben onde


dirigerli e frenarli, più naturali le parole di ammonimento
essi uscirono dal loro cammino e per che D. mette in bocca a Dedalo.
poco non produssero un incendio uni- 112. mia: paura. Temeva o di cascare
versale. Ma Giove, ad impedir tanto nell'abisso, o, fors'anche, di esservi get-
male, fulminò Fetonte, che precipitò tato giù a posta da quella sozza imagine
nell' Eridano; cfr. Ovid., Met. II, 47-324, di froda.
e specialmente 178 sgg. - abbandonò: 113. nell'aere: dunque Gerione nuo-
« Mentis inops gelida formidine lora re- tava nelF aria, non nell' acqua, com©
misit »; Ovid., 1. e, 200. - freni: le tran tesero Benv. ed altri. - spenta: Gè;
guide con che frenava, cioè guidava, i rione si era allontanato già tanto dalla
cavalli. proda, eh' essa non si vedeva più. Giù
108. pare: appare, si vede ancora nella nell' 8° cerchio non poteva vedere per
Galassia, o Via Lattea. - cosse abbru- : l'oscurità. Non vedeva dunque che l'am-
ciò. « Diem pronum trans ver so limite pio vano del burrato e la fiera.
ducens, Succendit Phaethon flagranti- 115. Ella: la fiera, Gerione. - notando:.
bus sethera loris; » Lucan., Phars. II, 'nell' aria.
412 sg. L' opinione di Dante sulla for- 117. al viso: Gerione si muove in gi-
mazione della Galassia è esposta in ro, rotando, il che importa un movi
Oonv. II, 15. Qui si attiene alla mito- mento in avanti ma insieme discende,^
;

logia, secondo la quale la Galassia ap- cioè si muove dall'alto al basso l'aria, :
[CERC. 7. GIR. 3] INF. XVII. 118-133 [DISCESA] 151

118 Io sentìa già dalla man destra il gorgo


far sotto noi un orribile stroscio ;

per che con gli occhi in giù la testa sporgo,


121 Allorfu io più timido allo scoscio,
7

però ch'io vidi fuochi e senti pianti 7


$

ond io tremando tutto mi raccoscio


7
;

124 e vidi poi, che noi vedea davanti,


loscendere e 1 girar per li gran mali
7

che s appressavan da diversi canti.


7

127 Come 7
1 falcon eh è stato assai
7
siili
7
ali,

che, sanza veder logoro o uccello,


fa dire al falconiere : « Omè, tu cali! »,
130 discende lasso onde si move snello,
per cento rote, e da lungi si pone
dal suo maestro, disdegnoso e fello ;

ir: così ne pose al fondo Gerione

rotta dal primo movimento, soffia sul 123. raccoscio: ristringo ler cosce, ser-
viso; rotta dal secondo, soffia dal di randole alle spallacce di Gerione.
sotto. Dante intuì quel che gli aeronauti 124. vidi: non s'era accorto del suo
hanno poi sperimentato esser vero, ed girare e calare se non da ciò eh 'è detto
espresse il fatto con la consueta perspi- nel v. 116 sg. adesso se ne accorge, dal
;

cuità e sobrietà di parola. vedere man mano avvicinarsi i supplizi


118. gorgo formato dall'acqua del Fle-
: dell' 8° cerchio. In quanto si avvicinano,
getonte, giti nell' 8° cerchio. Per il si- vede che cala; in quanto l'avvicinarsi
gnificato di gorgo leggasi questo passo
' '
è dadiversi canti, vede che gira.
del Borghini (citato nel Diz. dal Tomm.) 128. logoro « strumento di due ali
:

« Arno veniva giù allato o molto vicino d' uccello, legate insieme, con un filo
alla Porta alla Croce, ove faceva, nella pendente, che al capo estremo porta un
volta, rigirando, com' è la natura del- uncinello di corno » Filai. Col far gi- ;

l' acque, gran fondo, che noi sogliamo rare questo strumento, che somiglia a un
dire gorgo, e si chiamava, per una croce uccello, il falconiere soleva richiamare
che vi era posta, la Croce a gorgo ». il falcone. Qui si parla del falcone che

119. stroscio strepito « suono del ca-


: ; scende senz' essere richiamato col lo-
dimento d'acqua»; Barg. Cfr. Diez, W'órt. goro, e senza aver visto e preso alcun
II 3 76
, s. v. Troscia. uccello.
120. sporgo: « passa da sentìa a spor- 129. fa dire calando senza preda. -
:

go, come ne' v. 58-62 da vegno a vidi. Pas- cali : Io mi dolgo che tu
« quasi dica :

saggi frequenti in Virgilio » ; Tom. cali; questo non è sanza cagione, od' in-
121. allo scoscio: all'aspetto del pre- fermità, o di stanchezza, o desdegno per ;

cipizio.Così i più. Meglio: Più pau- le quali cose si guasta il falcone e l'uccel-
roso ad allargare le cosce, come doveva latore niente piglia poi quel di» Buti. ;

qualche poco aver fatto per guardare 130. onde: il falcone discende stanco a
in giù (v. 120) sporgendosi verso destra quel luogo donde tutto pronto e veloce
(v. 118), per non cader di sella. « Scoscio si è mosso, -si move: AL: si mosse.
viene da coscia, ed è il sostantivo fatto 131. ruote: appunto come era disceso
da scosciarsi. Neil' uso toscano, di una Gerione.
ballerina si dice che ha bello scoscio, 132. maestro falconiere. - fello
: : cor-
quando allarga e stende molto le gam- rucciato, perchè senza preda.
be nel far 1' arte sua »; Marino in Fer- 133. così : disdegnoso e fello, perchè
razzi, V. 334. Cfr. anche Parodi, Bull. i due, D. e V., non erano sua preda. -
Ili, 155. ne pose: ci depose.
152 [cerchio 8] Inf. xvii. 134-136 - xvni. 1-4 [malebolge]

a pie a pie della «tagliata rocca ;

e discarcate le nostre persone,


13G si dileguò come da corda cocca.

134. a piò a piò: Al : a piede a pie: oità di una freccia scagliata dall'arco. -
ci depose nel fondo rasente rasento
giti cocca : propriamente la tacca della frec-
la stagliata ròcca, cioè accosto alla ripa cia, nella quale entra la corda dell'arco;
che ò tagliata a picco. qui \hìt freccia: la parte per il tutto. Cfr-
136. si dileguò si allontanò colla velo-
: Inf. XII, 77.

CANTO DECIMOTTAVO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA PRIMA: RUFFIANI E SEDUTTORI
(Sono divisi in due file che girano in senso opposto,
con passo veloce, sorvegliati e anche sferzati da numerosi diavoli)

VENEDICO CA€CIANIMICO, GIASONE

BOLGIA SECONDA: ADULATORI


(Immersi nello sterco umano)

Luogo è in Inferno, detto Mal ebolge,


tutto di pietra di color ferri gno ?

come la cerchia che dintorno il volge,


Nel dritto mezzo del campo maligno

V. 1-21. Malebolge. L' 8° cerchio, in Fior. - E bolgia e bolgetta per tasca o


cui è punita la fraudolenza contro chi borsa usansi tuttora in Toscana.
non si fida, D. lo rappresenta scomparti- 2. ferrigno grigio nerastro come ferro
:

to in dieci grandi fossi circolari, concen- greggio.


trici, detti Malebolge, dove sono insac- 3. cerchia: cerchio, la « stagliata ròc-
cati (Inf. VII, 18) coloro che peccarono ca » à'Inf. XVII, 124. «Dico cerchio lar-
per malizia (cfr. Inf. XI, 81). Male- gamente ogni ritondo, o corpo o super-
bolge è composto di mala e bolgia (plur. fìcie » Conv. II, 14. - il volge gli gira
; :

male bolge), specie di bisaccia o di ta- attorno.


sca. Questo luogo è chiamato Male-
« 4. nel dritto mezzo precisamente nel
:

bolge,che tanto vuole dire quanto Male mezzo. - campo maligno: l'8° cerchio,
sacca, o veramente Male valige»; An. detto maligno, perchè dimora di maligni.
[CERCHIO 8] Inf. xviii. 5-18 [malebolgeJ 153

vaneggia un pozzo assai largo e profondo,


di cui suo loco dicerò l'ordigno.
Quel cinghio che rimane, adunque, è tondo
tra il pozzo e il pie dell'alta ripa dura,
e ha distinto in diece valli il fondo.
10 Quale, dove per guardia delle mura
più e più fossi cingon li castelli,
la parte dove son, rende figura;
Vù tale imagine quivi facean quelli ;

e come a tai fortezze dai lor sogli

alla ripa di fuor son ponticelli,


16 così da imo della roccia scogli
movìen, che ricidean gli argini e' fossi
infìno al pozzo che i tronca e raccogli.

5. vaneggia un pozzo : e' è un vuoto a quivi le valli circolari che accerchiano


mo' di pozzo, cui fondo costituisce il 9°
il il pozzo. - quelli: ha parlato nel v. 9
cerchio, più stretto, così, di tutti gli altri. di valli, ma qui D. usa il maschile per-
6. suo loco lat. al luogo suo. Al.:
: = chè, avendo nominato i fossi dei castelli,
in sno loco : Al.: a suo loco. - dicorò : Al. ripensa le valli come fossi.
conterò. Le var. diceva, conterà saranno 14-18. sogli
plur. di soglio
: soglia, =
congetture di chi non intese la frase la- il sogliare o la porta: cfr. Purg. X, 1.
tina suo loco. - l'ordigno: la struttura. Costruisci e intendi: E come dalle so-
7. cinghio: spazio circolare. Costr. e glie di tali fortezze vi sono de' ponti-
int.: Quell'area {cinghio) che si estende celli che, attraversando le fosse, vanno

tra '1 pozzo e il pie dell' esterna parete fino alla ripa esterna {ripa di fuor) della
peri-osa (ripa dura) adunque è tonda, e più esterna di esse, così laggiù si par-
ha distinto il fondo in dieci bolge (valli). tivano (movìen) dal piede della petrosa
8. alta ripa della stagliata rocca (Inf.
: parete (da imo della roccia), dove Ge-
XV II, 134) che accerchia Malebolge. rione aveva scaricati me e V., ponti for-
9. distinto scompartito. - Talli non
: : mati dalla rupe stessa (scogli) che at-
è il plur. di vallo ( Vent., Lomb., ecc.) traversavano (ricidean cfr. Inf. VII,;

ma di valle : ognuna delle dieci bolge è 100) gli argini che separano le bolge e
una valle, e gli argini, che veramente le bolge stesse (gli argini e i fossi) ar-
potrebbero dirsi va Ili plur. divallo, erano rivando fino all' orlo del pozzo dove re-
nove, non dieci. Cfr. v. 98 (dove la prima stano quasi troncati e raccolti (che i
bolgia è detta valle), e XIX, 133 XX, 7; ; tronca e raccogli) come raggi di ruota
XXIII, 135 XXV, 137 ; 9 ; XXIX , ;
nel mozzo. - i: li; cfr. Inf. VII, 53.
XXXI, 7. Monti, Prop. III, n, 184. - raccogli è :

10-13.Quale ecc.; quelle concentriche una forma di 3 a sing. in i, preferita qui


bolge o valli infernali somigliano e fan- per la rima: di tali forme di 3a sing.
no pensare ai molti fossi che cingono certi si hanno altri esempi nell'italiano antico
castelli D. ha in mente solo i castelli
; (cfr. Nannucci, Verbi, 49 sgg. e Parodi,
dove tali cinte erano in maggior numero. in Tristano riccardiano, p. cxxxxin e
Il Blanc e L. Yent., Simil., 349, ricor- in Bull. XXIII, 22) uè la omissione
;

dano a ragione Gonv. IV, 7 « Ne- : dell' ogg. deve maravigliarci, essendo
vato è sì, che tutto cuopre la neve, e molto frequente tale omissione nell'ital.
rende una figura in ogni parte, sicché antico, quando, come qui, l'ogg. è lo
d' alcuno sentiero vestigio non si vede ». stesso di un altro verbo che preceda
Costruisci e intendi: Quale figura offre coordinato: cfr. Barbi, Bull., XXV, 45.
(rende) il luogo (parte) dove più e più Certo è possibile, ma men probabile, che
fossi cingono i castelli per guardia delle raccogli sia un racco' = raccoglie, unito
mura, tale figura (imìnagine) facevan col pron. enei. gli.
154 [cerc. 8. bolo. 1] Inf. xviii. 19-36 [ruffiani]

19 In questo luogo, della schiena scossi


di Grerion, trova mmoci; e il poeta
tenne a sinistra, e io retro ini mossi.
22 Alla man destra vidi nuova pietà,
nuovi tormenti e nuovi frustatori,
di che la prima bolgia era repleta.
25 Nel fondo erano ignudi i peccatori :

dal mezzo in qua ci venìan verso il volto,


di là con noi, ma con passi maggiori,
28 come i Roman per l'esercito molto,
l'anno del giubbileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente molto colto,
31 che dall' un lato tutti hanno la fronte
verso il castello e vanno a Santo Pietro ;

dall' altra sponda vanno verso il monte.


34 Di qua, di là, su per lo sasso tetro
vidi demon cornuti con gran ferze,
che li battean crudelmente di retro.

19. scossi : deposti. 2 a bolgia, in direzione opposta camnrU


V. 22-39. I ruffiani. Laggiù nella nano quei che sedussero donne per sé.
prima bolgia D. vede per primi i sedut- - verso il volto incontro a noi. - con
:

tori di donne per conto altrui, che gi- noi nella stessa direzione nostra, ma gli*
:

rano in direzione opposta ai seduttori uni e più rapidamente di noi.


gli altri
di donne per conto proprio. Sono per- 28. esercito: folla delpopolo accorso.
cossi con sferze da diavoli cornuti, come « Al continuo in tutto l'anno durante
se li raffigurò la fantasia del popolo. avea in Roma, oltre al popolo romano,
Secondo Levit. XIX, 20, « Vapulabunt duecentomila pellegrini, sanza quegli,
ambo » 1' uomo e la anelila che abbiano eh' erano per gli cammini andando e tor-
commesso insieme peccato carnale. Il nando»; G. Vili. Vili, 36.
correre lesto rammenta ad essi come in 29. l'anno del giubbileo 1300. Che an-
:

vita fecero correre donne e fanciulle che D. l' anno del Giubbileo andasse a
nella via del disonore. Roma, è provato da questi vv.; cfr. Pass.
22. destra i P., avendo piegato a si-
: 10 sg. - ponte: di Castel Sant'Angelo.
nistra (v. 21), avevano la bolgia a de- 30. colto: trovato; cfr. Inf. XXVII, 16.'

stra. - nuova pietà: compassionevole spet- Lungo il mezzo del ponte fu posto un
tacolo non mai veduto. tramezzo, affinchè la gran moltitudine,'
23. frustatori: diavoli. divisa in due file, avesse al camminare
24. repleta: ripiena: latinismo usato meno d' impaccio, e andassero gli uni*
anche dal Bocc. e da altri antichi. Cfr. per un lato a San Pietro, e tornassero
Purg. XXV, 72. Par. XII, 58. gli altri volgendo il viso verso il monte\
v. l'osservaz. del Piane
25. ignudi: Giordano, che sorge a pochi passi da esso,
nella n. a Inf., Ili, 100. ponte. Altri (non bene per chi rammenti
26-27. dal mezzo ecc. dalla metà del
: : la reciproca positura dei luoghi qui vi-)
fondo verso noi. Questa bolgia ò divisa cordati), intesero del monte Gianicolo.
in due zone concentriche nella zona di : 32. castello: Castel S.Angelo, o mole-
qua, cioè dalla parte della riva esterna Adriana.
sopra la quale camminano i P., si aggi- 34. Di qua, di là in ambedue le zone
:

rano i mezzani con la faccia volta ai nelle quali questa bolgia è divisa. - sas-
due osservatori; nella' zona di là, vicina so: fondo della bolgia, cfr. v. 2.
all'argine interno, che divide la l a dalla 35. ferze: sferze, flagelli.
[CERC. 8. BOLG. 1] INF. XVIII. 37-47 [CACCIANIMICO] 155

87 Ahi, come facean lor levar le berze


alle prime percosse Già nessuno !

le seconde aspettava né le terze.


40 Mentr' io andava, gli occhi miei in uno
furo scontrati, e io sì tosto dissi:
« Già di veder costui non son digiuno »,

43 Perciò a figurarlo i piedi affissi ;

e il dolce duca meco si ristette,


e assentì ch'alquanto indietro gissi.
46 E quel frustato celarsi credette
bassando il viso ; ma poco gli valse ;

37. levar le berze: correre, che berze vale Bononia Marchioni Aczoni da. Este. »
calcagna, (dalted. Ferse, cfr. Diez, W'órt. Ghisolabella fu veramente moglie di Nic-
I 3 442). «Le gambe e le calcagna» Lan.
,
; colò da Fontana, ferrarese, col quale,
- « Calcaneos, quasi dicat, faciebant eos andato in esiglio, ella per più anni non
tam velociter currere, quod non vide- convisse. Della sconcia novella i docu-
bantur tangere terram » Beni). - « Le ; menti non parlano. Della donna, che te-
gambe a correre » Buti. - « Le berze,
; stò nel 1286, abbiamo notizie sino al 1295.
vocabolo antico et volgare, et vuol dire La ricca e potente famiglia
de Cacciani-
le calcagna » An. Fior, e gambe o cal-
;
mici stava a capo della fazione de' Ge-
cagna intesero gli altri comm. ant. fino remei o Guelfi di Bologna, contrp i
al Dan. che interpreta : « Le bolle et le Lambertazzi o Ghibellini. Venedico, n.
vesciche per su le carni, battendoli forte circa il 1228, ebbe in più luoghi alti uf-
et crudelmente. In alcun testo antico si fici. Fu podestà d'Imola (1264), di Mila-

legge non berze, ma lerze (?) cioè le gam- no (1275 e 1286) e di Pistoia (1283), cap.
be. » E
anche il Borghìni (Bull., VII, del pop. a Modena nel 1273-74. Sbandito
253): « berza vuol dire quel segno e li- dalla patria nel 1287 e poi nel 1289, vi ri-
vidura che rimane d' una scuriata o fer- tornò, e nel 1294 Lambertino, suo figlio,
za, non gamba, ed è voce usitatissima». stipulava le nozze con Costanza, figlia di
Noi seguiamo gli antichi commentatori Azzo VIII d'Este, nozze celebrate solo
e propendiamo a intendere calcagna, at- nel 1305. Pare che Venefico favorisse le
tenendoci alla chiara dichiarazione del- mire di Azzo su Bologna, il che spie-
An. Fior. In qualche luogo della Li-
l' gherebbe i favori del marchese al bolo-
guria (Bull., XXIII, 23) berze usasi tut- gnese il quale morì solo sulla fine del
;

tora per gambe in certe locuzioni. 1302: cfr. Zaccagnini, Personaggi dant.
V. 40-66. Venedico Caccimi hnico. in Boi. in Oiorn. stor. d. lett. itaL, LXIV,
Il P. vede laggiù tra i ruffiani un tale 27 sgg. e cfr. LXV, p. 51 sg.
eh' ei crede di conoscere e che abbassa il 41. dissi: a V., affinchè si fermasse
viso per nascondersi. « Perchè, o Vene- un momento.
dico Caccianimico, sei qui? » chiede il 42. Già di veder; AL: Di già veder:
P. «Per aver condotto la Ghisolabella a Vuol dire Non è questa certo (già) la
:

far la voglia del marchese [da Este]. prima volta che io veggo costui (cfr.
E noi Bolognesi siamo qui in gran nu- Inf. XXVIII. 87).
mero.» Mentre parla ancora, un diavolo 43. i mi fermai. Al. gli
piedi affissi : :

con una sferzata lo obbliga a proseguire occhi ; ma


Virgilio con lui si ristette, il
il suo cammino. - Lan., bolognese, scri- che non si fa cogli occhi.
ve « Aveva una sua sorella nome Ghi-
: 44. dolce: epiteto acconcio qui dove
sola bella; roffianolla a messer Obizzo, V. è assai cortese e condiscendente.
marchese da Esti di Ferrara, promet- 45. indietro: essendo il dannato, che
tendo a lei che 1' arebbe signoria e gran- lesto camminava
in senso opposto ai P.
dezza dopo lo fatto ella si trovò a nulla
: (v. già passato oltre.
26),
delle promesse. » - Cass.: « Lenociniando 46-47. celarsi ecc. credette nascon- :

submisit domnam G-hisolani bellam eius dersi chinando la faccia si vergognava :

sororem et uxorem Nicolai Clarelli de di avere, egli nobile cavaliere, commes-


156 [CEKC. 8. BOLG. lj I. -Oli [CACC1ANIMIOO]

ch'io dissi : « Tu che


occhio a terra gette, 1'

49 se le fazion che porti non son false,


Vcnedico se' tu Cacciali imico ;

ina che ti mena a sì pungenti salse? »


Ed egli a me: « Mal volentier lo dico ;

ma sforzami la tua chiara favella,


che mi fa sovvenir del mondo antico.
55 Io fui colui che la Ghisolabella
condussi a far la voglia del Marchese,
come che suoni la sconcia novella.
58 E non pur io qui piango bolognese ;

anzi n' è questo loco tanto pieno,


che tante lingue non son ora apprese
61 a dicer sipa tra Savena e Reno;
e se di ciò vuoi fede o testimonio,
recati a mente il nostro avaro seno. »

so tal peccato e di trovarsi a tal pena. del trecento, dove sono ripetutamente
- poco gli valse « per quod notat quod
: chiamate salse ì tormenti che ricchezze,
quis non potest uti tanta arte, quod non signoria e matrimonio procurano all'uo-
cognoscatur tale vitium, quia cito infa- mo. A vere e proprie salse, del resto,
mia laborat contra autorem talis fraudis, meglio che a luogo si addice l'epiteto
et est maxima pars suse poeiiEO »; Benv. pungenti. La l a delle interpretazioni qui
48. gette: getti, volgi. riferite è la più semplice e naturale.
49. fazion: fattezze del volto. - false: che D. mostra colle
53. chiara: precisa,
ingannevoli, in quanto siano molto so- sue parole di ravvisare, e però di aver
miglianti a quelle di Venedico. conosciuto da vivo il peccatore.
51. che: il fatto, che D. ammette av- 54. antico: terreno, per me passato.
venuto, non era riconosciuto per vero 55. Io fui Al. Io son
: cfr. Moore,
:
;

da tutti così si spiega la domanda del


: Orit., 321. -Ghisolabella: è tutt'un no-
P. al dannato. « Altri vuol dire che '1 me, come già avea accennato Mazz. Tos.
tue non con saputa del ditto, ed altri e meglio chiarì lo Zaccagnini, art. cit.
dice che non fu nulla » Lari. - pun- ; nella n. 40-G6.
genti salse: pene acerbe, tormenti. AL: 57. come che suoni ecc.: la còsa si rac-
luogo aspro e rovinoso, o nome di certa contava in più modi. « Et perchè parea
valle angusta, sterile e deserta, poco forte a credere che messerVenedico aves-
lungi da Bologna, ove gittavansi i corpi se consentito questo della sirocchia, chi
de' suicidi, dei giustiziati e di quelli che dicea la novella et apponevala a uno, et
morivano in contumacia della Chiesa, chi a un altro di che ora messer Vene-
;

nome qui tirato a significare il luogo dico chiarisce a D. »; in. Fior.


dove un colpevole è venuto a finire. E 60. apprese ammaestrate. Più Bolo-
:

a favore di quest'ultima interpretazione gnesi qui che lassù nel mondo. « Univer-
parrebbe stare la dichiarazione di Ve- salmente i Bolognesi sono caritatevoli
nedico, esser egli dalla chiara favella di di tali doni, cioè di rofnanare parenti e
D. tratto a ripensare al mondo antico, cognoscenti, chi meglio meglio»; Lan.
che sarebbe la sua Bologna ma, (Barbi, ;
61. sipa: forma del dial. bolognese per
Bull. XVIII, 8), « basta il riconosci- sia; vive ancora nella campagna, men-
mento così chiaramente affermato da tre in città è divenuto sépa: cfr. Tas-
Daute (vv. 48-50) a volgere il pensiero soni, Secchia ra.p. XIT, 50. D' Ov., Saggi
del Caccianemici alla vita terrena, o, se crit., 365, n. 2. - Savena e Reno: tra que-
si vuole, al luogo dov'essi si saranno sti due fiumi siede Bologna con parte
conosciuti ». E il Barbicita un assai del suo territorio: cfr. Bass., 208-217.
significativo passo di un sermone sacro 63. recati a mente ecc. ricordati del- :
[CERC. 8. BOLG. 1] Inf. xviii. 64-74 [seduttori] 157

64 Così parlando il percosse un demonio


della sua scuriada, e disse «-Via, :

ruffian qui non son femmine da conio


: ».

G7 Io mi raggiunsi con la scorta mia ;

poscia con pochi passi divenimmo


là 've uno scoglio della ripa uscì a.
Assai leggeramente quel salimmo -,

e vòlti a destra su per la sua scheggia,


da quelle cerchie eterne ci partimmo.
Quando noi fummo là dov 7
ei vaneggia
di sotto, per dar passo agli sferzati,

l' eli' è negli animi di noi Bolo-


avarizia dantesca (Z>. ne' tempi di D., 197-270);

gnesi.«Bononiensis naturaliter et corn- oltre di che bene sta che ai ruffiani, con-
muniter non est avarus in retinendo, sed siderati e puniti dal P. come fraudo-
in capiendo tantum. Illi enim, qni sunt lenti (nel desiderio del danaro non sta,
vitiosi, ibi prodigaliter expendunt ultra per D., l'essenza della loro colpa, bensì
vires facultatis vel lucri: ideo faciunt nelle subdole arti con che irretiscono
turpia lucra, aliquando cum ludis, ali- le donne e le inducono a peccare) si
quando cum furtis, aliquando cum le- sentano laggiù ricordare dai diavoli e
nociniis,exponentes Alias, sorores et rinfacciare quel procedere fraudolento
uxores libidini»; Benv. che li ha portati nella l a bolgia infer-
65. scuriada : frusta, lat. scutica; pro- nale. Alcuni infine accettando essen-
priamente la sferza di cuoio, colla quale zialmente quest'ultima interpretazione
si sogliono frustare i cavalli. e ricordando il senso dell'antico frane.
conio
60. (lat. cuneus, frane, ant.
: Coigner, vedono nella frase una sconcia
quin) è il pezzo d' acciaio nel quale è allusione non indegna in bocca a un de-
intagliata la figura che si ha da impri- monio. Così Mazzoni-Toselli, Fanf., ecc.
mere nella moneta, o in una medaglia ;
Ma che necessità, o opportunità, di una
Punzone epperò i più intendono Fem-
; : tale sconcezza?
mine da prostituire per danaro. Così V. 67-81. I seduttori» D. e V. arri-
Lari. « Conio, cioè moneta quasi a
: ;
vano ad uno di quegli scogli, o ponti,
dire Tu non eri da altro se non da rof-
: che accavalciano le bolgie. Lo salgono,
fianare femine per moneta. » - Oass. : e come sono giunti sulla sommità del-
« Apte ad emendum. » Così anche altri l'arco del ponte, D. vede laggiù coloro
antichi e moderni. Se non che madonna che sedussero donne per conto proprio ;

Ghisolabella non era femmina da far i quali, sferzati essi pure dai demoni,

copia di sé per danari fu anzi ingan- ; camminano in direzione opposta a quella


nata dal fratello, il quale d'altra parte dei ruffiani. k
si lasciò indurre a tanta turpitudine da 67. mi raggiunsi ecc. : ritornai da Vir-
motivi politici. Perciò altri intendono: gilioche s' era fermato, v. 44, mentre io
Femmine da ingannare. Ott.i « Quando era andato alquanto indietro, v. 45.
uno inganna altro, quello si dice conia- 68. con pochi passi: facendo ancora
re mostra uno, ed è altro. Coniare è
; pochi passi. - divenimmo: arrivammo.
mutare d'una forma ad altra forma, e 69. là 've ecc.: dov'è la testa d'une
viene a dire ingannare, tare falso co- dei ponti naturali di roccia che « da
nio, falsa forma trae il nome dalla mo-
: imo della roccia.... Movien che ricidean
neta che piglia stampa. » E in tal modo gli argini e i fossi », vv. 16-17.
intesero in generale i conim. toscani 70. leggeramente: agevolmente.
del 300. E veramente coniare per in- '
71. scheggia: dorso aspro e mal tagliato.
gannare (e anche coniellare) e conia-
'
72. eterne Al. esterne. Eterno è tutto
: :

'
per ingannatore
tore (e coniellatore) l' Inferno.
'
ciurmatore furono dell'uso fìorent. e
'
73. ei: lo scoglio che fa da ponte. -
pisano e senese del 300, come mostrò vaneggia lascia sotto di sé un vano per
:

I. Del Lungo in Peripezie d'una frase dar passo ai frustati giù nella bolgia.
158 [CEllC. 8. BOLO. 1] I.VK. XVIII. 75-90 [GIASONE]

duca disse: « Attienti, e fa' che feggia


lo
70 lo viso in te di quest'altri mal nati,
a' quali ancor non vedesti la l'accia,
però che son con noi insieme andati ».
79 Del vecchio ponte guardavano la traccia
che venia verso noi dall' altra banda,
e che la ferza similmente scaccia.
82 E '1 buon maestro, sanza mia dimanda,
mi disse: « Guarda quel grande che viene,
e per dolor non par lacrima spanda.
85 Quanto aspetto reale ancor ritiene !

Quelli è Griason, che per core e per senno


li Colchi del monton privati fene.
88 Elli passò per l' isola di Lenno,
poi che le ardite femmine spietate
tutti li maschi loro a morte dienno.

75. Attienti: soffermati. - feggia: fe- magnanimità del contegno e la regalità


risca, in Inf. XV, 39. - Fa' che
come dell'aspetto sono esplicitamente rilevate
l'occhio (viso) di questi altri malnati subito dopo, e il grande non può esserne
si posi, cada (feggia) sn di te. 1' anticipata sintesi, bensì dev' essere il

76-78. altri ecc. : quei che sedussero degno preludio fisico dell'atteggiamento
donne per proprio conto, e che cammi- morale; le proporzioni maestose desti-
nano nello stesso senso in cui erano an- nate a ricevere tosto l' espressiva mae-
dati i P. sino allo scoglio. stà del sentimento, che lo ravvicina più
79. vecchio : cfr. Inf. Ili, 7 e XII, 44. a Farinata che a Capaneo»: D'Ov.,
- la traccia: la schiera, v. 27. N. St., II, 166.
81. similmente: nello stesso modo che 84. per dolor: per grande che sia il
i ruffiani - scaccia AL: schiaccia. I de-
: dolor suo. Non piange per fierezza e ma-
moni cacciano quei miseri, facendo loro gnanimità di cuore. Alcuni intendono :

levar le berze, v. 37, onde fuggono senza INon piange per eccesso di dolore. Ma
aspettar le seconde né le terze percosse, l' esaltazione dell' aspetto reale, e l' elo-

v. 39. « Il vocabolo schiacciare e il suo gio del core e del senno escludono tale
significato paiono fredde caricature della interpretazione
pittura.... Bensì da scacciare scoppia il 85. ancor: anche quaggiù tra le pene
disprezzo meritato da que' ribaldi, e nel eterne. - ritiene conserva.
:

vedersi disprezzati anche dal diavolo 86. Quelli: quegli, come elli -per egli.
sta il più acuto dolore della loro puni- - core coraggio e valore. - senno sa-
: :

zione » FOSC.
; viezza e prudenza.
V. 82-99. Giasone* Ecco Giasone, 87. monton: dal vello d'oro. - fene:
figlio di Esone redi Tessaglia, il glorioso fé', come ene per è, hane per ha, fané
duce degli Argonauti, seduttore di Isi- per fa, vane per va, ecc. Cfr. Inf. XI, 31
file, figlia di Toante, re di Lenno, e re- e Bull. HI, 116.
gina di Lenno dopo l' uccisione dei ma- 89. spietate: non avendo risparmiato
schi; e seduttore altresì di Medea, la né padri, né fratelli, né sposi, né figli.
bella figlia del re dei Colchi. Cfr. Par. Irata contro le donne di Lenno perchè
II, 18. Qui paga il fio delle sue sedu- non la veneravano più, Venere le punì
zioni ma l'eroe si mostra anche nell'In-
; con un odor hircinus, per il quale ma-
ferno altero ed impassibile. riti ed amanti, nauseati, le evitavano.
83. quel grande: Cfr. Inf. XIV, 46. Perciò le donne congiurarono insieme,
Giasone qui è detto grande, come già Ca- ( d uccisero tutti i maschi dell' isola.
paneo, « di certo corporalmente.... La Cfr. Stai., Theb., V, 335 sgg.
tC. 8. BOLG. 1] Inf. xviii. 91-104 [GIASONE] 159

9\ Ivi con segni e con parole ornate


Isifìle ingannò, la giovinetta

che prima P altre avea tutte ingannate.


!>4 Lasciolla quivi gravida soletta :

tal colpa a tal martìro lui condanna -,

anche di Medea si fa vendetta.


e
97 Con lui sen va chi da tal parte inganna :

e questo basti della prima valle


sapere e di color che in sé assanna. »
100 Già eravam là 've lo stretto calle
con 1' argine secondo s' incrocicchia,
ad un altr' arco spalle.
e fa di quello
103 Quindi sentimmo gente che si nicchia
nell' altra bolgia, e che col muso scuffa,

91. segni: da innamorato. - ornate: 100. calle: dello scoglio che fa da ponte.
studiatamente adorne perchè fossero lu- «Il ponte sul fosso s'incrocicchia col-
singhevoli; cfr. Inf. II, 67. l'argine, perchè il medesimo scoglio tra-
92. Isifìle: figlia di Toante, regina di versa gli argini tutti, e fa sovr 'essi.tanti
Lenno dopo l' uccisione de' maschi. Cfr. archi. L'argine è spalla che regge gli ar-
Ovid., Met. XIII, 399. Conv. Ili, 11. chi » ; Tom.
93. ingannate: facendo loro credere di 103. Quindi : da questo luogo, dal cro-
avere ucciso il re Toante, suo padre, cicchio, -si nicchia: più spiegano: Si i

che invece ella aveva salvato. dolgono, si lamentano, aggiungendo che


94. Lasciolla: secondo la mitologia, nicchiare dicesi propriamente dei gemiti
dopo averla sposata e dopo che essa che manda la donna nelle doglie del par-
gli ebbe partoriti due figli; cfr. Stat., to. Al.: Si rannicchia, si accoscia tuffata,
Theb., VI, 336. D. segue un' altra tradi- e bisogna che alziil viso per essere raffi-

zione: Giasone, dopo aver promesso a gurata. Dicono che in alcuni luoghi si
Isifìle di sposarla, la abbandonò sleal- usa pure nicchiare per puzzare, specie
mente dopo alquanti mesi, quando già dei cadaveri. D. dice che sentì il nic-
era gravida di lui. Cfr. Purg. XXII, chiare di quella gente, non che lo vide
112; XXVI, 95. od odorò. «Nicchiare significa nella lin-
96. Medea: che, innamorata di Gia- gua nostra quel cominciarsi a ramma-
sone e da lui riamata, lo ammaestrò ed ricar pianamente, che fanno le donne
aiutò a conquistare il vello d' oro, e più gravide quando incominciano loro le pri-
tardi fu da lui abbandonata per un' altra me doglie onde si dice di loro, quando
;

donna, Creusa. Cfr. Ov., Met. XII, 1-158. giungon a tal termine elle incominciono :

97. da tal parte: in tal modo, sedu- a nicchiare » Gelli. ;

cendo le donne per proprio conto con 104. muso usa questa voce perchè gli
:

lusinghe, con false promesse, ecc. adulatori leccano a mo' di cani. - scuffa :

98. valle: bolgia; cfr. v. 9. così leggiamo con i più antichi e autore-
99. assanna: prende colle sanne, o zan- voli codici. Scuffiare era ed è nell' uso
ne; qui, con efficace metafora, è detto toscano per mangiare rapidamente e
'

della bolgia che, una volta avuti i dan- con ingordigia ', ma più propriamente
nati, li tiene e terrà sempre fra' tormenti. dovè significare il soffiare rumoroso e
V. 100-114. Gli adulatori. I P. sono affannoso che con la bocca e con le na-
arrivati sull'argine che separa la l a dalla rici fa di necessità chi mangia in tal
2 a bolgia. In questa è una gente che si modo, per respirare. Di certi monaci che
duole e si percuote, tuffata in uno sterco si mettono a mangiare con straordinaria
che sembra umano, simbolo dell'abbietto ingordigia, Pulci (Morg. I, 67) dice
il

servilismo al quale costoro, che furono che '


scuffiali che parean dell' acqua
adulatori, si abbandonarono. usciti '. Forse è voce onomatopeica; e
xvm.
ÌUO [CBRC. £. BOLG. 2] Ink. L05-120 [A DI' LATO!
I
e se inedesma con le palme picchia.
100 ripe eran grommate <r una muffa,
JUe

per 1' che vi si appasta,


alito di giù
che con gli occhi e col naso iacea zuti'a.
109 Lo fondo è cupo sì, che non ci basta
loco a veder sanza montare al dosso
dell'arco, ove lo scoglio più sovrasta.
112 Quivi venimmo; e quindi giù nel fosso
vidi gente attuffata in uno sterco,
che dagli uman privadi parca mosso.
115 E mentre eh' io laggiù con V occhio cerco,
vidi un col capo sì di merda lordo,
che non parea s' era laico o cherco.
118 Quei mi gridò « Perchè se' tu sì ingordo
:

di riguardar più me che gli altri brutti 7 »


E io a lui : « Perchè, se ben ricordo,

bene si conviene ai peccatori che, som- « Ove è peccato mortale, pute piue a Dio
mersi (v. 110) nello sterco, sollevano tut- che nullo privato.... il tuo peccato abo-
tavia tratto tratto il capo, e allora scuf- minevole più li pute che nullo turbido
fiano col muso (non colla bocca, che più si privado ». - mosso derivato.
:

adatterebbe allo sbuffare) come appunto V. 115-126. Alessio Inter minelli da


chi esce di sotto 1' acqua. Sbuffa è, pro- lAfcca. D., guardando attentamente e
babilmente, correzione della stuffa che curiosamente laggiù, vede uno lordo più
per il facile scambio nell' antiche scrit- degli altri, e fìssa su di lui lo sguardo
tura fra e e t si introdusse in più co- « Perchè sei tu tanto avido di riguardar
dici. Scuffa poi per scuffia non ci può me più che gli altri? » chiede il dannato
meravigliare più che pane per panie, ED.: « Perchè mi pare di conoscerti tu ;

matera per materia ecc. se' Alessio Interrainelli da Lucca. » Il


100. grommate: copriva le ripe della dannato si percuote il capo, dolente e
2 a bolgia, a ino' di gruma, uno strato di adirato di essere riconosciuto, e confessa
muffa; ironico. Cfr. Par. XII, 114. che le sue adulazioni lo precipitarono
107. alito ecc.: esalazione densa e puz- in tale abisso. Costui fu contemporaneo
zolente che vien dal fondo e si appia- di D. Gli Interminei (sincope di Interini-
striccia alle ripe o pareti della bolgia. nelli, lo stesso che Antelminelli) erano
,

108. facea zuffa urtava occhi e naso


:
;
di parte Bianca. Alessio era ancor viva
nauseante a vedere e ad odorare. Questa nel decembre del 1295. «Non lasciò nome
bolgia ha tutto l'aspetto e il carattere di sé, né forse sarebbe stato ricordato
nauseabondo d'una fogna di latrina. senza i versi dell'Alighieri»; Kinutoli in,'
109. cupo: profondo. D. e il suo sec., p. 209 sgg. Lo dicono som-
110. loco: Al.: l'occhio: « Con vien sa- mo adulatore ed ingannatore di donne.
lire nel più alto del ponte, giacché per « Ex prava consuetudine tantum delec-
poco che il raggio visuale si fosse scostato tabatur adulatione, quod nullum sermo-
dalla perpendicolare, sarebbe ito a ferire nem sciebat tacere, quem non condiret
no '1 fondo, ma l'una o l'altra sponda del oleo adulationis omnes ungebat, omnes
:

fosso » ; Tom. lingebat; etiam vilissiuios et merceria


113. sterco Cfr. Giobbe XX, 7 «Quasi
: : rios famulos; et, ut cito dicam, totus co
sterquilinium in fine perdetur. »-Thren. labat, totus feetebat adulatione»; Beno.
IV, 5 « qui nutribantur in croceis, ani-
: ma queste e altre frasi generiche di ant
plexati sunt stercora. » comm. sono mere parafrasi de' vv. di D
114. privadi: al. privati: latrine. Fr. 117. parea: appariva; non si vedeva
Giord., Fred. (ed. Moreni 1831, II, 233) : se fosse tonsurato (cherco) o no.
[CERC. 8. BOLG. 2] INF. XVIII. 121-136 [taide] 161

1M già t' ho veduto coi capelli asciutti,


e se' Alessio Interminei da Lucca :

però adocchio più che gli altri tutti ».


t'

124 Ed egli allor, battendosi la zucca :

« Quaggiù ni' hanno sommerso le lusinghe


ond' io non ebbi mai la lingua stucca ».
127 Appresso ciò lo duca « Fa' che pinghe »
mi disse « un poco il viso più avante,
che la faccia ben con gli occhi attingile

130 di quella sozza e scapigliata fante
che là si graffia con 1' unghie merdose,
e or s' accoscia e ora è in piede stante.
133 Taide è la puttana, che rispose
al drudo suo, quando disse Ho io grazie '

grandi appo te ? Anzi meravigliose '


:
'
!
'

136 E quinci sien le nostre viste sazie. »

124. zucca: capo. Secondo VOtt. voce tone « Ingentes. »


: Ma
il Betti, Scritti

del dialetto lucchese. dell'uso popo- È dant., 25 sgg., opina che D., attingesse
lare anche non lucchese, dicendosi zucca piuttosto a Cicerone, De Amicit., 26:
pelata, zucca vuota, ecc. Certo la voce « Nulla est igitur hsec amicitia, cum
è qui usata per dispregio, e non manca alter verum audire non vult, alter ad
di certo tono beffardo. mentiendum paratus est. Nec parasito-
126. stucca: sazia, stanca, annoiata; rum in comeediis assentatio nobis faceta
voce ancor vivissima in Toscana. videtur, nisi essent milites gloriosi Ma- :

V. 127-136. ia
meretrice Taide. gnas vere agere gratias Thais mihi ? Satis
V. mostra a D. un'altra di quelle scia- erat respondere magnas-, ingentes inquit.
gurate creature, Taide, la meretrice rap- Semper auget assentator id quod is,
presentata da Terenzio nell'atto III del- cuius ad voluntatem dicitur, vult esse
l' Eunuco, tipo di quelle donne che con magnum. » E il Betti osserva « Usò :

le loro astute lusinghe ingannano e trag- Dante nella D. G. la ricordanza di questo


gono a rovina gl'incauti. bel passo e tolto facilmente, siccome è
;

127. p'mglie: pinga, spinga; guarda chiaro, nominativo Thais per un voca-
il

un po' più in là. tivo, tenne che il vano soldato parlasse


129. attingile: attinga; tocchi, giunga quelle parole non al parassito Gnatone,
I veder bene la faccia di quella fante, ma alla donna; e ch'ella rispondesse a
cioè bagascia. Su fante per donna di ' lui quella insoffribile piacenteria. » Certo
abbietta condizione e di vile presenza '
è più spiegabile la discrepanza fra Te-
cfr. Monti, Prop. II, i, p. 65. renzio e D., se questi ebbe presente il
131. merdoso « Certe non poterat me-
: passo di Cicerone. - grazie: meriti.
lius loqui, considerata persona de qua 135. appo: lat. apud, appresso.
loqnitur, quia sermones sunt formandi 136. quinci di qui gli occhi nostri sia-
: :

secundum subiectam materiam » Benv. ;


no sazi di quanto abbiam veduto di que-
- « Omnia verba suis locis optima etiam ; ste sporche creature. D. dedica pochi
sordida dicuntur propria » Quintiliano. ;
versi a questo genere di peccatori, cui
132. s' accoscia si pone sulle cosce.
: assegnò la più schifosa e vile pena. Per
134. drudo il soldato Trasone, quando
: le 2 bolge de' ruffiani e de' lusingatori
le ebbe mandato in dono una schiava. un solo canto segno del disprezzo che
;

Cfr. Terenz., Eun. A. Ili, se. 1. Chiede D. uomo sentiva per tali peccatori, e an-
Trasone al parassita Gnatone : « Magnas che « del disagio che sentiva fra essi la
vero agere gratias Thais mihi ? » E Gna- poesia » ; Parodi, Bull. XXIII, 32.

11. — Div. Comm. ediz.

S5S
162 [CKRC. 8. BOLG. 3] Inf. xix. 1-S [SIMONIACI I

CANTO DECIMONONO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA TERZA: SIMONIACI
(Confìtti, col capo in giù, dentro fori non larghi, lasciano sporgere i piedi,
con le piante accese, e parte delle gambe)

PAPA NICCOLO III

Simon mago, o miseri seguaci,


che le cose di Dio, che di bori tate
deono essere spose, voi rapaci
per oro e per argento adulterate ;

or convien che per voi suoni la tromba,


però che nella terza bolgia state.
Già eravamo alla seguente tomba
montati, dello scoglio in quella parte

V. 1-30. La bolgia dei simoniaci. 3. deono : le cose sacre come gli uffizi
Nella terza bolgia sono puniti i simo- ecclesiastici,devono essere congiunte
niaci o trafficatori delle cose sacre. Stan- alla bontà, date ai buoni; cfr. I Tim. Ili,
no capovolti, dentro fori circolari sca- 2-12. TU. I, 5-9. - voi Al. e voi voi
: : :

vati nel fondo e ne' fianchi della bolgia al contrario. Moore, Critic, 323 sg.).
con fuori le gambe fino a' polpacci e con 4. adulterate: fate vostre od altrui, com-
le piante accese ma, al sopraggiungere
; perandole e vendendole come una merco
di nuovi dannati, cadono giù nelle fes- qualsiasi, sicché esse si trovano con-
sure della pietra. Capovolsero l' ordine giunte non già, come dovrebbero, a chi,
stabilito da Dio, e qui sono essi mede- essendone degno, può legittimamente
simi capovolti anzi che ai beni del cielo,
; possederle, ma a chi, pur essendone in-
ebbero la mira solo alla potenza e alla degno, ha potuto pagarle la quale unio- ;

ricchezza terrena, e qui sono costretti ne ha carattere di adulterio.


a tener gli occhi giù nella terra i me- ;
5. tromba come di banditore che a
:

talli che la terra nasconde nel suo seno, suon di tromba bandiva le sentenze dei
furono il loro idolo, e dentro e sotto la giudici.
terra essi devono andare e restare in 7. tomba anziché intendere per tom-
:

eterno non vollero che riempire la bor-


;
ba questa terza bolgia, in quanto è una
sa, e qui sono messe in borsa le loro gran tomba o cimitero, dove sono se-
persone (v. 72) calpestarono la fiamma
;
polti i simoniaci (non è forse ogni bolgia
dello Spirito (cfr. Atti II, 3 sg.), e qui sepoltura dei dannati?), sarà da inten-
una fiamma, il contrario dell'aureola, dere tomba come il ponte che sta sulla
ciioce loro continuamente i piedi. terza bolgia: vedi D'Ov., istudii, p. 3G4
1. Simon : di costui, che voleva compe- nota. Il Barbi (Bull. XVIII, 9) propone,
rare con denari da S. Pietro doni spiri- dando coi più dei vecchi commentatori
tuali, cfr. Atti Vili, 9 sgg. Da lui prese a tomba il senso di bolgia, d'interpun-
nome simonia il far mercato delle cose
' '
gere così: Già eravamo, alla seguente
sacre. tomba, Montati dello scoglio etc.
BOLG. Inf. xix. 9-20 [simoniaci] 163
LCERC. 3]

clie appunto sovra mezzo il fosso piomba.


10 somma sapienza, qnant' è V arte
che mostri in cielo, in terra e nel mal mondo,
e quanto giusto tua virtù comparte !

13 Io vidi per le coste e per lo fondo


piena la pietra livida di fori
d' un largo tutti, e ciascun era tondo.
te Non mi parean meno ampi né maggiori
che quei che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per luogo de' battezzatori ;
19 V un delli quali, ancor non è molt' anni,
rnpp' io per un che dentro v' annegava :

sorra ìiìezzo il fosso piomba: so-


9. di Pisa non differisce punto da quello
a piombo, perpendicolarmente.
i
di S. Giovanni a Firenze. Or ecco la
Erano montati sulla parte più alta del- pianta del primo, la quale basterà a
l'arco, o ponte, come Inf. XVIII, 110-111.
11. mal mondo l' Inferno, « che il mal
:

dell' universo tutto insacca»; Zn/.VII,13.


12. giusto: giustamente. « Vera et iu-
sta iudicia tua » ; Apocal. XVI, 7 « Vera ;

et insta iudicia sunt eius, qui iudicavit


de meretrice magna, qua3 corrupit ter-
ram in prostitutione sua » ibìd. XIX, 2. ;

- coni parte distribuisce premi e casti-


:

ghi secondo le virtù ed i vizi.


13. coste: pendii laterali della bolgia.
14. livida: di color ferrigno, cfr. Inf.
XVIII, 2.

15. d' un largo ecc. tutti di una me- :

desima larghezza e circonferenza.


17. bel ecc.: battistero di Firenze; cfr.
Par. XXV, 8 « chiamalo bel San Gio-
:

vanni però che la cappella di santo Gio-


vanni ò delle belle et notabili cappelle a, Mensa dell' altare. - b, Fori o pozzetti. -
Fonte battesimale riempito d acqua. -
1
e,
del mondo » An. Fior. ;
d, Ricinto marmoreo. - e, Colonna centrale.
18. battezzatori : plur. di battezzatóre,
preti che battezzano. Così i più. Al. bat- render chiare le parole di D. Cfr. Ber-
tezzatovi, plur. di battezzatòrio, cioè per toldi, Lettura Dantis, p. 19 sgg.
servirdi battisterio, interpretazione poco 20. per un « dice l'Autore che vide in
:

verosimile. La vasca battesimale, facen- una buca il dì di Sabato (santo) quando


dosi il battesimo per immersione, era si dà il fuoco benedetto, in questa buca
grande, e aveva attorno quattro fori o sì vi si sconvolse Antonio di Baldinaccio
pozzetti, entro cui stavano i preti bat- de' Cavacciuli di Firenze per siffatto mo-
tezzatori, riparati così e dall'acqua della do, che convenne che quella buca si di-
vasca e dalla gente che si affollava a sfacesse, e fne l'Autore a disfarla » An. ;

portar bambini, essendo allora consue- ed. Vern., 1848, pag. 148 n. - Bambgl.,
tudine battezzare, di regola, solo nei ed altri non raccontano in proposito
giorni della vigilia di Pasqua e di Pen- nulla di positivo. Ma JBenv. « Qui ca- :

tecoste. L'antico fonte di S. Giovanni sus fuit talis cum in ecclesia prsedicta
:

fu distrutto, quando fu preparato il tem- circa Baptismum colluderent quidam


pio al solenne battesimo .del principe pueri, ut est de more, unus eorum fu-
.Filippo, figlio di Francesco I e di Gio- riosior aliis intravi t unum istornm fo-
vanna d'Austria nel 1576. Il Battisterio raminum, et ita et taliter implicavit et

-a
164 [CERC. 8. BOLO. 3] Inf. XIX. 21.-33 [simoniaci]

e questo sia suggel che ogni uomo sganni !

22 Fuor della bocca a ciascun soperchiava


d' un peccator li piedi e delle gambe
infìno al grosso ; e 1' altro dentro stava.
25 Le piante erano a tutti accese intram be ;

per che sì forte guizzavan le giunte,


che spezzate averìan ritorte e strambe.
28 Qual suole il fiammeggiar delle cose unte
muoversi pur su per la strema buccia,
tal era lì dai calcagni alle punte.
31
« Chi è colui, maestro, che si cruccia,
guizzando, più che gli altri suoi consorti »
« e cui più rossa fiamma succia? »
diss' io,

involvit membra sua, quod nulla arte, Gelli «Ritorte son quei legamenti de' ra-
:

nullo ingenio poterat inde retrahi. Cla- mi d'arbori attorti, con che i villani le-
mantibus ergo pueris, qui illuni iuvare gano le fastella della stipa strambe son ;

non poterant, factus est in parva hora quelle fune, fatte d'erbe secche e ner-
magnus concursus populi; et breviter, vose, con le quali vengon legate le cuoia
nullo sciente aut potente succurrere pue- di verso la Barberia ».
ro periclitanti, super venit Dantes, qui 28. (Jual ecc.: Il Venturi cita questi
tunc erat de Prioribus regentibus [va due passi Ecce levis summo de
latini : «
però ricordato che ai priori per tutta la vertice visus Iuli Fundere lumen apex
durata del loro ufficio, non era permesso tactuque innoxia mollis Lambere fiam-
di uscire dal palagio, se non per parti- ma comas et circum tempora pasci » ;

colare ragione d'esso ufficio od altro mo- Yirg., Aen. II, 682-4. - « Nec cum subsi-
tivo speciale preveduto e determinato dalla liunt ignes ad tecta domorum Et celeri
legge; cfr. Barbi, Bull. XVIII, 9]. Qui fiamma degustant tigna trabesque »; Lu-
subito, viso puero, clamare coepit: Ah, cret., Jìer. nat. II, 191-2. Pur non negan-

quid facitis, gens ignara? Porte tur una do qualche somiglianza tra V. e D. {Lu-
securis. Et continuo portata securi, Dan- crezio non fu noto a D.) è chiaro che il
tes manibus propriis percussit lapidem, P. trasse l'immagine delle cose unte,
qui de marmore erat, et faciliter fregit: eh' è sua, dalla osservazione della realtà.
ex quo puer quasi reviviscens a mortuis 29. pur solamente. - strema buccia
: :

liber evasit. » superficie; cfr. Purg. XXII, 25.


21. sia: AL: fìa. - sganni
Evidente- : 30. tal : così movevasi lì il fiammeg-
mente D. mira
la dichiarazione recisa di giare su per tutta la pianta de' piedi.
a tagliar corto a chiacchiere di persone V. 31-78. Papa Niccolò III. D.
che dovevano aver interpretato maligna- vedendo uno che guizza coi piedi più
mente un atto col quale D. potevasi crede- degli altri, chiede chi sia. V. si offre
re, come dice Benv., « violasse rem sacram di portar laggiù il discepolo, e così fa.
et sic commisisse crimen sacrilegii ». Come son giunti presso il foro di quel
22-24. bocca imboccatura di ogni foro.
: dannato, D. gli domanda « Chi sei » Il :
1

- soperchiava soperchiavano, sporge-


: miserabile crede che sia Bonifazio VIII,
vano i piedi ecc. si osservi il verbo al
: che, già morto, venga ad occupare quel
sing. col sogg. plur. cfr. Inf. XIII,
; posto. Disingannato da D., soggiunge
42-43. - al grosso al polpaccio. - l' altro
: : eh' egli è Niccolò III (Giovanni Gaeta-
ilrimanente del corpo, -dentro dal foro. : no Orsini, papa dal 25 nov. 1277 al 22 mag-
25. intrambe ambe le piante de' piedi.
: gio 1280), e confessa sue colpe, e di-
26-27. per che ecc.: per il grande spa- chiara a D. la condizione della bolgia.
simo che F arsura delle piante procurava 32. consorti: nella coij>a e nel supplizio.
loro, le giunture (giunte) davano tali .33. più rossa e però più ardente e più
:

guizzi, che avrebbero rotto qualunque tormentosa. - succia « perocché la fiam- :

più forte legame. - ritorte e strambe. Il ma di cose unte, quale era questa, pare
[CERC. 8. BOLG. 3] INF. XIX. 34-46 [NICCOLÒ III] 165

3-1 Ed elli a me : « Se tu vuoi eh' io ti porti


laggiù per quella ripa che più giace,
da lui saprai di se e de' suoi torti ».
37 E io : « Tanto ni' è bel, quanto a te piace :

tu se' signore, e sai eh' io non mi parto


dal tuo volere, e sai quel che si tace ».
40 Allor venimmo in su 1' argine quarto :

volgemmo e discendemmo a mano stanca


laggiù nel fondo foracchiato e arto.
43 Lo buon maestro ancor della sua anca
non mi dipuose, sì mi giunse al rotto
di quei che sì piangeva con la zanca.
40 « qual che se' che '1 di su tien di sotto,

quasi non ardere la materia soggetta, ombre, incoerenze (si cfr., p. es., col
ma suggere la tintura fuori della detta fatto di cui si parla qui ciò che si narra
materia » Barg. ;
in Purg. II, 77 sgg.) ma di queste le
;

« quia ipse cum corpore non


34. porti : ragioni dell'arte ci danno volta per volta
poterat ire per ripam arduam » Benv. ; sufficiente spiegazione.
35. ripa che più giace: « è quella che 41. volgemmo: dal ponte verso, la bol-
costituisce il secondo argine della bolgia, gia. - stanca sinistra.
:

il quarto [v. 40] di tutto Malebolge. Poi- 42. foracchiato come le ripe, pieno di
:

ché tutto il cerchio ottavo scende [Inf. fori con entro vi un dannato capovolto ;

XXIV, 37 sgg.] verso il nono, con una cfr. v. 13 sgg. - arto: stretto non nel
discesa di cui le dieci bolge saran come suo insieme, ma per chi vi deve cam-
altrettanti scalini, il secondo argine della minare, essendo il fondo «stivato di gam-
bolgia vien ad esser più basso, più de- be accese e guizzanti »; D' Ov., o. e, 359.
presso (più giace), che non è il primo 44. sì: Al. sin, essendosi creduto ne-
:

argine della stessa bolgia.... ne conse- cessario un sinché. Ma sì ebbe valore


gue che la sua costa sia più bassa, più avversativo, quel valore che poi è rima-
corta e deve quindi esser preferita da
; sto modernamente a bensì; e tal senso
chi voglia calare nel fondo della bol- è più che sodisfacente qui ed altrove
gia»; D'Ov., V. St., II, p. 367. (p. es., nel v. 128 di questo e). Cfr.
36. da lui ecc. egli stesso ti dirà chi
: D'Ov., N. St. II, 450 sg. - mi giunse:
sia e quale la sua colpa. mi portò vicino. - al rotto ecc. al foro :

37. m'è bel: mi è grato; cfr. Purg. di colui che più degli altri si dibatteva.
XXVI, 140. « All' indulgente offerta del 45. piangeva con la zanca: su questa
maestro l'alunno risponde, accettando frase « bizzarramente energica e canzo-
con effusione»; D'Ovidio, 1. e. natoria », che ribadisce il concetto già
38. tu se' signore ecc. : cfr. Inf. II, espresso col si cruccia guizzando (v. 31
140. « Tu maior ; tibi me est sequum sg.), vedasi D'Ov., o. e, 371, dove ò data
parere » Virg., Eclog. V, 4. - ini parto
; : la preferenza alla lez. si in luogo di sì. -
m' allontano. zanca: gamba, ilsing. per il plur. Inf.
39. quel ecc.: ciò che io penso e non XXXIV, 79. È voce ancor viva in To-
dico; cfr. Inf. X, 18; XVI, 118 sgg. scana e altrove ma è « una di quelle
;

40. venimmo D. è portato da V. Come


: certe parole che hanno pur nell'uso spic-
mai un' ombra poteva portare un corpo ciolo un sapore, diciam così, stilistico,
reale? Gli spiriti sono dotati, e secondo perchè significali ciò che significano con
la credenza popolare e secondo D. stesso, una tal quale aria di celia; che all'oc-
{Purg. Ili, 31 sgg.; XXV, 88 sgg.) di correnza può essere innocente o sgar-
forze fisiche, sicché potranno portare la bata ». Qui lo scherzo ferisce il perso-
gente non meno de' diavoli, anch' essi naggio a cui si riferisce, « poiché in odio
incorporei. Certo è però che in D. si no- di lui sviluppa l' elemento comico del
tano, circa la densità e resistenza delle fatto tragico»; D' Ov., o. e, 370.
166 [CERO, 8. bolo. 3] Jnk. xix. 47-62 [NICCOLÒ III"

anima trista, come pai commessa»


comincia' io a dir, << sé puoi, fa' motto. »
41»
Io stava come il frate che confessa
lo perfido assassin, che, poi ck'è fitto,
richiama lui, per che la morte cessa ;

52 ed ei gridò : « Se' tu già costì ritto,


se' tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.
65 Se' tu sì tosto di quell' aver sazio
per lo qual non temesti torre a inganno
la belladonna, e poi di farne strazio ? »
os Tal mi fec' io, quai son color che stanno,
per non intender ciò eh' è lor risposto,
quasi scornati, e risponder non sanno.
Gì Ali or Virgilio disse « Digli tosto :

*
Non son colui, non son colui che credi '

commessa piantata come palo


47. :
;
100 sgg.) Mccolò III aveva letto che
fitta sìda combaciare col foro. Bonifazio Vili doveva venirlo a surro-
48. se puoi: benché V. (v. 36) gli ab- gare, non prima dell' 11 ottobre 1303.
bia detto che il dannato gli parlerà, D. 55. a?er ricchezze mal acquistate
:
;

par dubitare che in quella strana posi- cfr. Q. Vili. Vili, 6, 64.
tura possa il disgraziato far ciò dubbio : 56. a inganno si racconta che Bonifa-
:

tauto naturale lì presso al foro dove zio Vili inducesse con inganno Celesti-
quello apparisce '
commesso come palo ', no Y a rinunziare al papato (cfr. Murat.,
che non ha nulla di irriverente rispetto Ann. d'It. all' a. 1294) e con inganno si
al maestro. facesse quindi eleggere papa (cfr. G Vili. .

49. frate: « Assassino è colui che uc- Vili, 6).


cide altrui per danari, et è comunemente 57. donna: Chiesa; cfr. Efes. V, 27.
condannato in ogni luogo del mondo a Nella famosa bolla JJnam sanctam Boni-
tal pena-, cioè trapiantato in terra. [Così fazio Vili cita le parole « una est co-
:

stabilivano anche gli statuti fiorentini]. lumbamea, perfecta mea», Cani. VI, 8,
E veramente li simoniaci sono simili alli riferendole alla Chiesa. -strazio: simo-
assassini imperò che, come li simoniaci
;
neggiando. «Nullo maggiore strazio puo-
vendono la grazia, così li assassini ven- te uomo fare della sua donna, ch'egli ha
dono lo vincolo dell' amor naturale per sposata, che sottometterla per moneta a
danari, quando uccidono li uomini per chi più ne dà»; Ott. Di Bonifazio VIII
danari » ; Buti. -La propagginazione era Tolomeo da Lucca, Rist. eccl. XXIII,
pena comune nel medio evo. « Aliquando e. 36: « Factus est fastuosus et arro-
contingit. quod unus pessimus sicarius
. . . gans, ac omnium contemtivus » cfr. ;

damnatus.... ad plantationem corporis, Marat., Script. XI, 1203. E lo Pseudo


postquam est positus in fossa* cura ca- Brunetto (all'a. 1294): «Elli fue huomo
pite deorsum, revocat confessorem suum di perversa natura e di grande coraggio ».
ut confiteatur sibi aliquod x^eccatum, et 58-60. quai ecc. come chi, non com-
:

dicat sibi aliquid de novo. Tunc confes- prendendo ciò che gli è risposto, resta lì
sor necessario inclinat aurem suam ad come scornato, né sa che replicare.
terram et attente auscultat illuni »; Benv. 62. Non son: come Niccolò, preso da
51. cessa allontana da sé per un po', la
: maraviglia ha ripetuto la domanda: Sé*
ritarda; cfr. le parole di Benv. nella n. tu, ecc. v. 52 sg., così D. deve energi-
precedente. camente ribattere « Non son colui, non
54. scritto nel libro del futuro, dove
: son colui », con che farà subito cessare
i dannati leggono l'avvenire (cfr. Inf. X, la maraviglia del dannato.
[CERC. 8. BOLG. 3] INF. XIX. 63-80 [NICCOLÒ III] 167

Ed io rispuosi come a me fa imposto.


64 Per che lo spirto tutti storse i piedi ;

poi, sospirando econ voce di pianto,


mi disse: « Dunque che a me richiedi?
87 Se di saper eh' io sia ti cai cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch'io fui vestito del gran manto ;
e veramente fui fìgliuol dell'orsa,
cupido sì, per avanzar gli orsatti,
che su 1' avere, e qui me misi in borsa.
73 Di sotto al capo mio son gli altri tratti,
che precedetter me simoneggiaDdo,
per le fessure della pietra piatti.
Laggiù cascherò io altresì, quando
verrà colui eh' io credea che tu fossi,
allor eh' io feci il subito dimando.
Ma più è il tempo già che i pie mi cossi,
e eh' io son stato così sottosopra,

interamente. Al.: tutto. Cfr.


64. tutti : vergine ma poi che fu chiamato papa
;

Moore, 325 sg, Inf. XXXI, 15. -


Orit., Niccola terzo, fu magnanimo, e per lo
storse « In questo atto fatto per papa
: caldo de' suoi consorti imprese molte
Piccola si mostra che si pentisse delle cose per farli grandi, e fu de' primi o
parole dette di papa Bonifazio; a dare il primo papa nella cui corte s'usasse

ad intendere, che l'uomo non dee es- palese simonia per gli suoi parenti per ;

sere presuntuoso a dire male d'altrui »; la qual cosa gli aggrandì molto di pos-
Ott. - « in signum irse et doloris. Do- sessioni e di castella e di moneta sopra
luit enim quod iste non esset Bonifa- tutti i Romani, in poco tempo eh' egli
cius, quia in adventu eius erat coope- vi vette. »
riendus ab eo »; Benv. Così altri. Lo 73. Di sotto: giù per le fessure della
storcere de' piedi è segno d'ira e dispetto pietra. - altri papi. « Et neniinem no-
:

per essersi ingannato ma ira e dispetto ;


minat, quia nullus fuerat ante eum ita
si commutano subito in dolore, mirabil- publice infamatus de simonia»; Benv.-
mente espresso dal v. 65. tratti: raccolti, cfr. Inf. Ili, 166.
67-68. ti cai ecc. : ti preme tanto di 75. piatti: appiattati, nascosti.
sapere chi io sia, che per questo tu abbi 77. colui: Bonifazio Vili.
percorsa la ripa e sii disceso nel fondo 78. subito : improvviso. - dimando :

di questa bolgia. « Se' tu già costì ritto? ecc. » v. 52.


69. gran manto : è il manto papale ;
V. 79-87. Papa Clemente
V, Nicco-
cfr. Inf. II, 27.) lò III, checosse i piedi già per ve nt' an-
si
70. dell'orsa: degli Orsini, che furono ni, predice che Bonifazio VIII (m. 11 ot-
detti « de filiis ursas ».- « Allegoricamente tobre 1303) starà lì meno di vent' anni a
vuole significare che fu avarissimo, come cuocersi i suoi, perchè verrà prima Cle-
l'orso, che è iDgordo animale e mai non mente V
(m. 20 aprile 1314) a farlo cascar
si sazia » Buti.
; giù. Niccolò descrive quindi il carattere
71.a?auzar far grandi, accrescendone
: tristo di Clemente V, il quale «fu uomo
averi e potenza. - orsatti: gli Orsini. molto cupido di moneta, e simoniaco, che
72. su ecc.: nel mondo imborsai denari, ogni beneficio per danari s'avea in sua
qui la mia persona. Di Niccolò III G. corte; e fu lussurioso, che palese si di-
Vili. VII, 54 « Mentre fu giovane che-
: cea che tenea per amica la contessa di
rico e poi cardinale, fu onestissimo e di Pelagorga, bellissima donna, figliuola del
buona vita, e dicesi ch'era il suo corpo conte di Fusci » G. Vili, IX, 59.;
168 [ceko. 8. bolg. 3] INF. xix. 81-97 [INVETTIVA DI DANTE]

ch'ei non starà piantato coi pie rossi:


82 ohe, dopo lui, verrà di più laid' opra
ponente un pastor san za legge,
di vèr
convien che lui e me ricuopra.
tal, clic
85 Nuovo Giason sarà, di cui si legge
ne Maccabei 7
e come a quel fu molle
' '
;

suo re, così fia lui chi Francia regge. »


8* Io non so s' io mi fui qui troppo folle,
pur risposi lui a questo metro
eh' io :

« Deh, or mi di' quanto tesoro volle :

91 nostro Signore in pria da Santo Pietro,


ch'ei ponesse le chiavi in sua balìa?
Certo non chiese se non Yiemmi retro i '

04 Né Pier nò gli altri tolsero a Mattia


oro od argento, quando fu sortito
al luogo che perde l'anima ria.
97 Però ti sta', che tu se' ben punito;

82. verrà: quaggiù, per starvi aneli 'egli Comprò il pontificato dal re Antioco, in-
piantato capovolto e coi pie rossi e far ca- trodusse nella santa città costumi pa-
scar giù Bonifazio Vili. Benedetto XI, gani, ecc. cfr. II Maccab. IV, 7-2G V,
; ;

successore immediato di Bonifazio Vili, 5-10 e cfr. la n. 82.


tenne il papato per 9 mesi, e « fu buono 86. a quel a Giason. - molle: condi- :

uomo, e onesto e giusto, e di santa e re- scendente, favorevole.


ligiosa vita, e avea voglia di fare ogni 87. re: Antioco, re di Siria. - chi:
bene»; G. Vili. Vili, 80. Se abbiamo Filippo il Bello, di cui Clemente V fu
qui un vaticinium post eventum, questi creatura.
versi furono scritti dopo il 20 aprile 1314. V. 88-117. Invettiva contro i papi
83. ponente Bertrando del Gotto, ar-
: simoniaci. Il Poeta, sdegnato, inveisce
civescovo di Bordeaux, che fu poi Cle- contro l'avarizia dei papi, identifican-
mente V, era Guascone, e la Guascogna doli colla meretrice dell'Apocalisse e
è al ponente di Roma. - senza legge : deplorando la donazione di Costantino.
che non bada a veruna legge, né divina 88. folle: temerario, usando tal lin-
né uanana. Clemente V comprò il gran guaggio verso chi era stato Sommo Pon-
manto facendo larghe promesse e con- tefice, e usandolo, purtroppo, invano.
cessioni a Filippo il Bello, fra le quali 89. metro tenore «a questo modo po-
: :

« tutte le decime del reame per cinque sto in versi » Buti. Cfr. Inf. VII, 33.
;

anni» (cfr. G. Vili., Vili, 80) fissola ; 90. di' dimmi un po' quanto denaro
: :

sede papale in Avignone fu schiavo ; richiese Cristo» da San Pietro prima di


delle colpevoli voglie di Filippo il Bello, dargli le chiavi del regno dei cieli? Cfr.
soppresse ingiustissimamente l'ordine Matt. XVI, 19.
de' Templari, ingannò perfidamente Ar- 93. Vienimi: cfr. Matt. IV, 19. Alare.
rigo VII (cfr. Par. XVII, 82) in una ; I, 17. Giov. XXI, 19.
parola operò in modo, da meritarsi 1' elo- 94. altri: Apostoli, compagni di San
gio fattone qui dal Poeta. Pietro. - tolsero: Al.: chiesero, ma tol- '

84.ini: Bonifazio Vili. -ricuopra: qui, sero al Fosc. pare lez. « più calzante,
'

occupando F imboccatura di questo foro; ove si parli di simoniaci potenti e di


e nel mondo, commettendo tali infamie, Papi che rappresentando San Pietro non
da far dimenticare, o parer piccole, quelle chiedono ma pigliano ». - Mattia eletto :

commesse da me e da Bonifazio Vili. apostolo in luogo di Giuda il traditore ;


85. Giason : figlio di Simone II e fra- cfr. Atti I, 15-26.
tello di Onia III, sommi pontefici giudei. 97. ti sta': stai a te, non fiatare: oppu-
[GERO. 8. BOLG. 3] Inf. xix. 98-109 [invettiva di dante] 169

e guarda ben la mal tolta moneta


eh' esser ti fece contra Carlo ardito.
100 E se non fosse che ancor lo mi vieta
la riverenza delle somme chiavi
che tu tenesti nella vita lieta,
i
7
userei parole ancor più gravi 5

che la vostra avarizia il mondo attrista,


calcando i buoni e sollevando i pravi.
106 Di voi, pastor, s' accorse il Vangelista,
quando che siede sovra 1' acque,
colei
puttaneggiar co' regi a lui fu vista ;

quella che con le sette teste nacque,


1

ll ^

re : statti costì ; che tu sei punito a 103. userei ecc. : e le usa veramente
dovere. nei versi seguenti, in cui dal rimpro-
98-99. guarda: custodisci. Amara iro- vero a Niccolò III si eleva al rimpro-
nia. « Pecunia tua tecum sit in perditio- vero contro la corruttela del papato.
nem » Ad. Vili, 20. - moneta ecc.: Non
;
104. vostra: di voi pastori. «Il «m, fuo-
e' è d' intendere, come molti
bisogno ri d'ogni continuità grammaticale, ma

fanno, dell'oro bizantino recato nel 1280 con procedimento psicologico naturalis-
da Giovanni di Procida a Niccolò III simo, diventa voi, il papa diventa il pa-
per comperarne l'assentimento nella pato corrotto, l'odio per l'uomo odio per
leggendaria (tale si crede che fosse) con- il vizio»; Porena citato dalD'Ov., o. e,

giura contro Carlo I d'Angiò; cfr. G. p. 421. - il mondo: rammenta le molte


Vili. VII, 54, 57. Niccolò « fu ben ar- genti che la lupa fé' già viver grame ;

dito contro Carlo pria del 1280.... L'avea Inf. I, 51. - attrista « e che altro co- :

spogliato della dignità di Vicario in To- tidianamente uccide e pericola le città,


scana e Senator di Roma, battuto ed at- le contrade, le singulari persone, tanto
traversato in mille guise dal primo istan- quanto lo nuovo raunamento d' avere
te che pose il pie sulla cattedra di S. Pie- appo alcuno ? » Gonv. IV, 12.
tro: onde l'ardimento contro Carlo piut- 105. calcando « li pastori simoniaci
:

tosto si deve intendere di questi fatti della santa Chiesa fanno tristo il mondo,
certi, che del supposto disegno della con- perdi' ellino calcano i buoni non accet-
giura, che per certo non ebbe effetto dal- tandoli a' benefìci, perchè non hanno
la parte di Niccolò, trapassato nel 1280. che dare; et inalzano li rei per danari,
E le parole mal tolta moneta, meglio si ri- accettandoli a' benefìci e così danno ;

feriscono alla non dubbia appropriazione materia a' eh eri ci d'essere tristi, e non
delle decime ecclesiastiche, e del ritratto curare se non d'avere danajgf, sperando
degli Stati della Chiesa, che alla barat- per quelli d'ottenere ogni grazia»; Buti.
teria » Amari, Vesp. Sic. 5 a ediz., Tor.,
;
- sollevando Al. su levando, lez. difesa
: :

1852, p. 470, e 9 a ediz., Mil., 1886, I, da Z. F., 112. - pravi: perversi.


p. 159, nota 3. Giustamente però nota 106. Di voi... s'accorse: «vi scorse e giu-
iìD'Ov. (p. 406) che non si può escludere dicò profetando » Tom. - il Vangelista
; :

con sicurezza che I). prestasse fede alle S. Giovanni nell' Apocalisse XVII, il qual
leggende su Giovanni da Procida, alle capitolo vuol esser letto per intendere
quali nello stesso torno di tempo mo- questi versi di Dante. Il Vangelista parla
strò credere il Villani sicché resta dub- ; di Soma pagana D., con molti altri e
;

bio, e resterà, a che si riferisca pro- anteriori e posteriori a Itti, intese di Ro-
priamente la « mal tolta moneta » con ma cristiana, papale. '

quel che segue. 107. colei Ro ina, Apoc. XVII, 18 per


:
;

100. ancor anche adesso che ti trovo


: Dante la S. Sede. - acque popoli, genti :

qui tra' dannati. e lingue; Apoc. XVII, 15.


102. lieta: tale sembra ai dannati, 109. teste: monti, Apoc. XVII, 9. -
Inf. VI, 51; X, 69, 82; XV, 49, 57. nacque : il Vangelista la vide sin da prin-
170 [ÒEKC. 8. I50LG. 3] INF. XIX. 110-118 [INVF.ITIVA DI DANTE]

e dalle diece ('orna ebbe argomento,


che virtute al suo marito piacque.
fin
112 Fatto v avete Dio d'oro e d'argento
?
:

e die altro è da voi all' idolatre,


se non eh'elli uno, e voi n'orate cento?
115 Ahi, Costantin, di quanto mal fu inatre,
non la tua conversion, ma quella dote
che da te prese il primo ricco patre! »
118 E mentre io gli cantava cotai note,

cipio a cavallo della bestia dalle sette te- tò di idolo d'oro unico (Esod. XXXII,
un
ste e dieci corna ìbid., 3. Secondo alcuni
; Sai. CV, 19), mentre voi
4, 8, 19, 20, 24.

la bestia e la donna sono in sostanza la fate deità d'ogni pezzo d'oro e d'argen-
stessacosa. «Onde il Poeta, confondendo to. » - Serrav.: «Quot florenos habetis,
insieme la donna e la bestia, scorse nel tot Deos honoratis. » Fosc: A%noi pare
loro complesso una figura della Chiesa che il senso possa essere: Per un Dio
ai re prostituita » ; Ross. che adorano gì' idolatri, voi ne adorate
110. corna: dieci re, Apoc. XVII, 12. cento dunque il cento per uno e voi,
:
;

Così interpreta V Apocalisse sé stessa. che vi dite credenti nel vero Dio, siete
D. intese diversamente. Bambgl. vede cento volte peggiori di essi. Cfr. D'Ovi-
nella meretrice la vanità mondana nelle ; dio, o. e, p. 4.15 sgg.
sette teste i sette peccati mortali nelle ; 115. matre: madre, cagione.
dieci corna dieci prevaricationes, o tra- 116. conversion: al cristianesimo. -
sgressioni dei dieci precetti del deca- dote la famosa donazione di Costantino
:

logo, ecc. se così fosse, come mai


; ma, a papa Silvestro, ai tempi di Dante cre-
potrebbe dire che « dalle dieci corna duta un fatto storico cfr. De Mon. II,
;

ebbe argomento »? Meglio Petr. Dant.: 13; in, 10. Inf. XXVII, 94 sgg. Purg.
« Meretrix gubernatio ecclesia est; be- XXXII, 124 sgg. Par. XX, 55 sgg.
stia corpus ecclesia est septem capita, ; 117. patre : padre papa Silvestro,
: i cui
septem virtutes, seu septem dona Spi- predecessori non possedevano nulla. Giu-
ritus sancti [per altri, i sette sacramen- stamente il Porena osserva (v. n. 104)
ti]-, decem cornila, decem prsecepta legis che a questo punto per Dante «lo spet-
Mosaicae.... A
quibus cornibus pastor tacolo del danno universale e irrepara-
Ecclesiae habuit argumentum, id est nor- bile che la mala condotta dei papi pro-
mam et modum gubernandi? donec pla- duce nel mondo, è così grandioso e tre-
cuit ei virtus. » E press' a paco così è mendo, che pur lo sdegno, per quanto
verisimile che intendesse il P. teste e nobile, non è più sentimento adeguato
corna. - argomento: vigore. ad esso. E lo sdegno infatti cessa, e
112. Dio: « Simulacra gentium argen- muore in una profonda malinconia il ;

tum et aurum » Psal. CXIII, 4. -« Ar-


; rimprovero cede al rimpianto, il dolore
gentimi suum et aurum suum fecerunt soverchia ogni altro moto dell' animo, e
sibi idola » Osea Vili, 4. - « Avarus....
; la tirata sanguinosa termina in quel-
est idolorum servitus»; Ephes. V, 5. l'inoffensivo epifonema finale, benigno
« Avari tia est simulacrorum servitus » ;
perfino per colui di cui si piange l'errore.»
Golos. Ili, 5. V. 118-133. Ritorno stillo scoglio.
113. che altro: qual' altra differenza. Alle franche e fiere rampogne di D., il
- idolatre ant. plur. regolare di idola-
: dannato guizza forte co' piedi, o per ira
tra: cfr. Inf. XI, 37. o pei rimorsi della coscienza. V., che
114. elli: eglino, gl'idolatre. - uno: ha taciuto, ma col lieto volto ha mo-
idolo. - orate adorate. Il Cesati {Nuova
: strato di approvare l' ardire (v. 88) del
interpr. d'un v. di Dante, Vercelli, 1855) suo allievo, prende questo in collo, e lo
considerando che gì' idolatre adorano più porta su sino a mezzo il ponte che at-
di un dio, spiega: « Voi fate peggio di traversa la quarta bolgia.
quanto facesse il popolo d' Israele quando 118. cantava cotai note gli parlavo sì:

volse ad idolatria, poich'egli si acconten- alto e chiaro; cfr. la n. seg.


[OBRC. 8. BOLG. 3] INF. XIX. 119-133 [RITORNO] 171

o ira o coscienza die il mordesse,


forte spinga va con ambo le piote.
121 Io credo ben eh' al mio duca piacesse,
con sì contenta labbia sempre attese
lo suon delie parole vere espresse.
124 Però con ambo le braccia mi prese,
e poi che tutto su mi s' ebbe al petto,
rimontò per la via onde discese ;

127 né si stancò d' avermi a sé distretto,


sì men portò sovra il colmo dell' arco

che dal quarto al quinto argine è tragetto.


130 Quivi soavemente spuose il carco,
soave per lo scoglio sconcio ed erto,
che sarebbe alle capre duro varco :

133 indi un altro vallon mi fu scoperto.

120. spingava : si agitava, saltava. 127-129. distretto strettamente ab-


:

Altri leggono: sprintava. Cfr. Blanc, bracciato. Non si stancò di tenermi stret-
Versuch I, 181 sg. - piote: piante dei to al suo petto, ma mi portò fin sul col-
piedi, o piedi. In questo senso il voca- mo, ecc. - sì: cfr. la nota al v. 44. - tra-
bolo non fu né è propriamente toscano, getto: passaggio.
e D., « donde clie lo togliesse, lo mise 130. Quivi sul colmo dell'arco. - spuo-
:

qui con malizia e con ischerno » come se: depose. AL: pose; cfr. Z. F., 114 sg.
già nel v. 45 zanca, e v. la osservazione Fan/., Stud. Ibi sg.
del D'Ov., nella nota a zanca. Così è 131. soave avv. o agg. ? Secondo al-
:

anche di spingava (spingare è forma ita- cuni, il P. vuol dire che V. depose il
lianamente addolcita di springare, dal carico della persona di D. soavemente
tedesco springen [saltare]), con cui, se perchè lo scoglio era sconcio ed erto ;

guardiamo ai sensi del verbo stesso e secondo altri, soave è qui aggettivo (il
alle parole affini cosi di qua come di là soave carico della mia persona), e le pa-
dalle Alpi, dire che D. «volle
dobbiam role per lo scoglio sconcio ed erto, sono
dir qualcosa più che il semplice saltare una spiegazione del quivi con cui co-
scalciare, e di ciò è riprova il quali- mincia la terzina, come a dire mi de-
:

ficar ch'ei fa come musica [cantava co- pose quivi, proprio sul colmo dell'arco,
tai note] il discorso suo che aveva stiz- mi portò fin lì « in causa del cammin
zito Niccolò e del quale i salti di Nic- Silvestro, che sarebbe stato malagevole
colò erano stati l'accompagnamento.... non che a me, che meco avea di quel
Insomma glie come se un di noi dicesse: d'Adamo, ma alla più svelta e snella
1
mentre io gli cantavo quella musica, capra montana»; Bertoldi, LecturaDan-
lui rinforzava la sua tarantella »; D' Ov., '
tis, 40. Meglio, forse, intendere con la

o. e, pp. 429-33. Or. e col D'Ovidio, (o. e, 437 sg.): «e


121. piacesse eh' io cantassi cotai note.
: dico soave [avverbio] relativamente al-
aspetto, volto Inf. VII,
122. labbia : ; l'asprezza dello scoglio, ch'era peggio
7. ecc. - attese ascoltò attentamente.
: che da capre ».
123. vere: veraci (cfr. Inf. II, 135). 132. duro: difficile; vi passerebbero a
- espresse pronunciate chiaramente.
: fatica le capre. Veramente quegli scogli
124. Però: perciò, perchè contento di non erano fatti per persone vive.
quel che io avevo detto. 133. indi ecc.: da quel luogo, cioè d'in
125. su mi ecc.: m'ebbe preso in collo. sul colmo dell'arco, si offerse a' miei oc-
126. la via: il pendio dell'argine. chi un altro vallone (la quarta bolgia).
17^5 [CKUC. 8. BOLO, dj INF. x\. 1-10 [indovini]

CANTO VENTESIMO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA QUARTA: INDOVINI
(Hanno il capo stravolto e camminano all' indietro)

ANFIARAO, TIRESIA, ARONTA, MANTO E L' ORIGINE DI MANTOVA,


EURIPILO, MICHELE SCOTTO, ASDENTE
ED ALTRI INDOVINI MODERNI

Di nuova pena mi convien far versi,


e dar roatera al ventesimo canto
della prima canzon, eh' è de' sommersi.
Io era già disposto tutto quanto
a riguardar nello scoperto fondo,
che si bagnava d' angoscioso pianto ;
e vidi gente per lo vallon tondo
venir, tacendo e lagrimando, al passo
che fanno le letane in questo mondo.
10 Come il viso mi scese in lor più basso,

V. 1-30. Jja 'pena de gì' indovini. collo gl'indovini sembrano aver perduto
Laggiù nella 4 a bolgia è una gente che, la facoltà della favella certo nessuno
:

piangendo silenziosamente, con passi di essi parla. Vollero parlar troppo, e


lenti e stentati cammina all'indietro per- son costretti a tacere in eterno. - lagri-
chè ha capo stravolto. Sono gl'indo-
il mando di inutile pentimento e anche
:

vini che, avendo voluto in vita spingere di dolore per quell'acerba pena.
lo sguardo troppo in avanti (nel futu- 9. letane: gr. Xiràveiai, lat. litanice,
ro), sono ora dannati a guardar sempre oggi comunemente litanie Supplicazio- :

indietro. D. a tal vista si commuove e ni; Espiazioni; qui, come in altri testi
piange di compassione; ma V. con viva- antichi, per Processioni. Vuol dire che
cità ed impeto insoliti gliene fa acerbo camminavano lentamente come si suole
rimprovero. nelle processioni sacre. «Questo loro an-
1. nuoya pena: singolare castigo. dare piccino.... è per opposi to del trascor-
3. canzon: la la cantica che tratta dei rere ch'eglino feciono collo intelletto in
sommersi nella voragine infernale. giudicare le cose di lungi et lontane, et
4. era già disposto m' era già posto : in questo modo perderono et non sep-
a riguardare colla massima attenzione. pono le presenti»; An. Fior.
5. scoperto: visibile a'P., ch'eran sul 10. viso occhi. - più basso sarà da in-
: :

colmo dell'arco, cfr. Inf. XIX, 128 e il v. tendere col Cesari e col D'Ovidio (Espo-
133 « Indi un altro vallon mi fu scoperto ». siz. del e. XX dell'In/., Palermo, San-
bagnava ecc. tanto son copiose
6. si : dron, 1902) che « sulle prime li aveva
le lagrime degl'indovini qui dannati. guardati in faccia poi discese cogli oc-
;

8. tacendo : per lo stravolgimento del chi più basso, ai loro corpi ».


[CERC. 8. BOLG. 4] INF. XX. 11-28 [indovini] 173

mirabilmente apparve esser travolto


ciascun tra '1 mento e '1 principio del casso;
13 che dalle reni era tornato il volto,
e indietro venir convenìa, gli

perchè il veder dinanzi era lor tolto.


Forse per forza già di parlasìa
si travolse così alcun del tutto ;

ma né credo che sia.


io noi vidi,
19 Se Dio prender frutto
ti lasci, lettor,

di tua lezione, or pensa per te stesso


coni' io potea tener lo viso asciutto,
22 quando la nostra imagine da presso
vidi sì torta, che il pianto degli occhi
le natiche bagnava per lo fesso.
25 Certo i' piangea, poggiato ad un de' rocchi
del duro scoglio, sì che la mia scorta

mi disse : « Ancor se' tu degli altri sciocchi ?


28 Qui vive la pietà, quand' è ben morta :

11. mirabilmente in guisa da produr: lenon ecceda una certa lunghezza, spic-
maraviglia, come cosa non mai veduta. cato dal tronco, e di figura che tiri al cilin-
12. tra '1 mento e '1 AL: dal mento al ; drico»; -Fan/. Qui intende di uno dei massi
- casso busto, petto cfr. Inf. XII, 122.
: ; prominenti da quello scoglio sul quale
Tra il mento e il principio del casso '
'
erano i due Poeti; cfr. Inf. XXVI, 17.
è il collo, e in questo il meato della voce 27. Ancor ecc. non anche tu sei', ma
:
'

sei ancora, dopo quanto vedesti?


1
onde uscirono le stolte predizioni. Cfr. '

13. dalle reni: dalla parte delle reni. Matt. XV, 16: « Adhuc et vos sine in-
-tornato: stravolto, girato; cfr. Purg. teliectu estis ? »
XXVIII, 148. 28. Qui ecc. : Inferno (cfr.
cioè, nell'
14. gli:a ciascuno, v. 12. però la n. seg.) è pietoso il mostrarsi

15. tolto: impedito, proibito. « Nox spietato. Giuoco di parole, come in Par.
vobis prò visione erit, et tenebri» vobis IV, 105. D. però mostrò compassione
prò divinatione » Mieli. III, 6. ;
di Ciacco, di Francesca, di Pier della
16. parlasìa: paralisia, che contorce le Vigna, ecc., né V. glie ne fé' rimprove-
membra umane e ne impedisce il retto ro; anzi egli stesso apparve commosso,
uso. Parlasìa è forma ant. come parie- Inf. IV, 19 sg. Que'che peccarono per
tico per 'paralitico'. incontinenza, si è detto, possono esser
18. né credo che sia non credo che : degni di compassione; gli altri no. Ma
alcuno mai si travolgesse così. Secondo non soggiacciono anche i primi al giut
Filai., tali travolgimenti la paralisi li sto giudizio di Dio ? Né Pier d. V. è fra
può veramente produrre. gì' incontinenti. « L' anime de' beati sono
19. prender frutto: trar profitto. « Fru- concorde alla volontà di Dio, altrimenti
ctus huius lectionis est, quod lector di- non sarebbono beate; et pertanto con-
scat, expensis istorum, non inquirere va- viene che in quel grado che Iddio le
ne futura, et dicere multa mendacia cum pone, o basso o aito che '1 grado sia, in
perditioneanimgeet ini sione sui»; JBenv. quello sieno contente. Onde seguita che
20. lezione lettura del poema.
: di quelle anime che la giustizia di Dio
22. nostra: umana,
in quei dannati. condanna allo Inferno, ci) e ciascheduno
24. fesso: fessura tra le natiche. debba essere contento di tale giustizia;
25. rocchi plur. di rocchio « pezzo di
: et chi contradicesse coli' animo, discor-
legno, o di sasso, o di simil materia, il qua- derebbe dal volere di Dio»; An. Fior.
174 [CERO. 8. BOLO. 4] I\i\ XX. 29-39 [indovini antichi]

chi è più scellerato elio colui


R
clic al giudicio divin passion porta?
ai Drizza la testa, drizza, e vedi a cui
s'aperse agli occhi de' Teban la terra
per eh' ei gridavan tutti Dove rui :
'
?

34 Anfiarao? perchè lasci la guerra? '

E non restò di minare a valle


fino a Minòs che ciascheduno afferra.
37 Mira che ha fatto petto delle spalle :

perchè volle veder troppo davante,


diretro guarda e fa retroso calle.

Ed è questa la dottrina di S. Tommaso, gata da ottimi codici, che favorirebbe


secondo il quale, « Sancti de poenis im- la 2 a interpretazione.
piorum gaudebunt, » non già delle pene 31-39. Anfiarao. V. addita e nomina
per sé stesse, ma « per accidens, consi- a D. alcuni de' più famosi indovini del-
derando in eis divinse institi» ordinem »; l'antichità e dei tempi moderni. Il primo
Sum. th., Ili, Suppl., 94, 3. è Anfiarao, uno dei sette re che assedia-
30. passion porta: AL: compassion por- rono Tebe per rimettervi il re Polinice.
ta; AL: passion comporta. Cfr. Hoore, Con la sua arte divinatoria aveva ap-
Crit., 326 sg. Xon è facile stabilire quale preso che, partecipando alla spedizione
sia la primitiva lezione, nò, comunque, dei sette, ci avrebbe perduto la vita,
determinare il senso de' vv. 29-30. Esclu- epperò si nascose. Ma tradito da sua
sa la var. compassion porta ', lectio fa-
'
moglie, dovette andare alla guerra ed ;

cilior,indubbiamente introdotta da chi un giorno, mentre armeggiava sul suo


volle toglier di mezzo ogni dubbiezza carro, Giove aperse la terra con un ful-
sul modo d'intendere questo passo, re- mine, ed Anfiarao ne venne inghiottito
stano aperte due vie, secondo che si in- sotto gli occhi dei Tebani (Stat., Theb.
terpreti la parola 'passione'. Se inten- VII, 690 sgg. e VIII, 8 sgg.) Alcmeo-
diamo - cosa possibilissima e conforme ne, suo figlio, ne vendicò poi la mor-
ad un uso certissimo fatto in antico di te, uccidendo la madre cfr. Par. TV,
;

questo nome - compassione i vv. 29-30


' '
, 103 sgg.
ribadiscono con vivacità violenta il rim- 33. rui: lat. ruis: dove rovini? «.... ti-

provero del v. 27 ma se passione ;


'
'
bi.... qui.... prseceps.... permane ruis?»
s'intenda come 'passività', o piutto- Di questa frase che Stazio (Vili, 84 sg.)
sto come afflizione, perturbazione ', si
'
immagina rivolta da Plutone ad Anfia-
designerebbero qui con una formula di rao, si ricordò D., come dimostra il rui,
fiero sprezzo gl'indovini puniti nella 4 a nello scrivere la frase derisoria dei Te-
bolgia (indicata col qui del v. 28), che bani assediati, lieti della disgrazia di
tendono ad apportare perturbazione al Anfiarao ma che i Tebani scherniscano
;

giudizio di Dio, in quanto mirano, colla Anfiarao, Stazio non dice questo parti- :

precognizione dell' avvenire, a dirigere colare troviamo bensì nel Romanzo di


il corso degli avvenimenti come all' uo- Tebe francese, eh' ebbe gran diffusione
mo piace, anche, magari, contro il giu- anche tra noi; cfr. Rambaldi, o. e, p. 48.
dizio e il volere di Dio. Alla l a interpr. 35. a valle: in giù: cfr. Inf. XII, 46.
aderiscono D' Ov., o. e, il llarnbaldi, 36.Minòs, che ciascheduno afferra: nes-
Il canto XX
dell'In/., Mantova, 1904, sun dannato potendo sottrarsi al suo
il Torraca nel suo comm. e il Barbi giudizio: cfr. Inf. V, 4 sgg.
(Bull. XXV, 53) alla 2 a il Comparetti
; 38. davante: nell'avvenire.
che primo la propose, il Parodi che lie- 39. fa retroso calle: ò il lat. retrorsum
vemente la modificò (Atene e Roma XI, iter facit: cammina all'indietro.
189 sgg. e Bull. XXIII, 24) e il Guerri V. 40-45. Tlresia. Dopo Anfiarao V.
(Bull. XXII, 241 sg.). La controversia addita Tiresia, figlio di Evero e della
è tuttora sub judìce. dirimerla po- A ninfa Cariclo, il celebre indovino del-
trebbe giovare la lez. comporta, suffra- l'esercito greco durante la guerra di
|CERC. 8. BOLG. 4J Inf. xx. 40-55 [indovini antichi] 175

40 Vedi Tiresia, che mutò sembiante,


quando di maschio femmina divenne,
cangiandosi le membra tutte quante;
43 e prima, poi, ribatter gli convenne
li due serpenti avvolti, con la verga,

che riavesse le maschili penne.


46 Aronta è quei che al ventre gli s' atterga,
che ne' monti di Luni, dove ronca
lo Carrarese che di sotto alberga,
49 ebbe tra i bianchi marmi la spelonca
per sua dimora onde a guardar le stelle
;

e '1 mar non gli era la veduta tronca.


E quella che ricuopre le mammelle,
che tu non vedi, con le treccie sciolte, •

e ha di là ogni pilosa pelle,


55 Manto fu, che cercò per terre molte ;

Tebe, e padre di Manto. Tra molte al- Pass. 345 sg. Par. XVI, 73. - ronca:
tre cose la mitologia racconta di lui, coltiva.
che, avendo voluto separare colla sua 49. tra i bianchi marmi: le cave del
verga due serpenti amorosamente con Carrarese.
giunti, divenne femmina, e non potè tor 50. le stelle : cfr. Lucan., Phars. I,
nar maschio, se non sette anni* dopo 582 sgg.
quando potè con la stessa verga ribat 51. tronca troncata, impedita. Dal-
:

tere i due soliti serpenti che gli si of l'altoluogo dove abitava, poteva libe-
fersero dinanzi azzuffati, mentre pas ramente vedere lo stelle ed il mare per
lava; cfr. Ovid., Met. Ili, 324 sg le sue speculazioni e divinazioni, ed ò
40. sembiante: apparenza e figura. detto « non senza una lieve ironia » ;

43. glia Tiresia uomo. Al. non bene


: D'Ovidio, o. e.
le, cioè a Tiresia femmina. V. 52-57. 31 cinto. Ecco una donna che,
45. maschili penne: barba; la parte avendo travolto il capo, copre le mam-
per il tutto le forme maschili. « Forma
; melle colle chiome. È Manto, l' indovina
prior rediit, genitivaque venit imago » ; Tebana, figlia di Tiresia, la quale, mor-
Ovid. e, 331. In quel genitiva imago
1. tole il padre, per sottrarsi alla tirannia

vedi la barba virile, che D. espresse di Creonte, fuggì da Tebe, venne in


con maschili penne: cfr. Purg. I, 42. Lombardia e si stabilì colà dove fu poi
V. 46-51. Aronta. Terzo indovino del- fondata la città di Mantova; cfr. Virg.,
l' antichità è Aronta, famoso aruspice Aen. X, 198 sgg. Ovid., Met. VI, 157.
etrusco, che ai tempi delle guerre civili Stat., Theb. IV, 463 sgg.; VII, 758 sgg.
tra Cesare e Pompeo abitava i monti Circa una contraddizione dantesca a pro-
della Lunigiana e vaticinò la guerra ci- posito di Manto, vedi Purg. XXII, 113.
vile e, benché oscuramente, la vittoria 53. con le treccie sciolte: « Le trec-
di Cesare cfr. Lucan, Phars, I, 580 sgg.
; cie sciolte, nota Benv., usano portare
46. gli s'atterga: accosta il tergo al le incantatoci. Questo tratto serve a
ventre di Tiresia. Essendo travolti, han- compiere il costume della maga, e già
no ambedue il ventre di dietro e il tergo la poesia latina lo attribuiva alle indo-
dinanzi. vine come alle baccanti »; D'Ovidio.
47. Luni: Lacan. 1. e: « Arruns inco- 54. di là: da quella parte.
luit desertse meenia Lunse ». Luni, an- 55. cercò girò, andò vagando
: cfr. ;

tica e ormai scomparsa città presso la Inf. XXI, 124. Fuggita da Tebe, vagò
foce della Magra (cfr. O. Vili. I, 50), per molti paesi prima di fermare la sua
che diede ilnome alla Lunigiana; cfr. dimora in Lombardia.
17G [CERC. 8. BOLG. 4] Inf. XX. 56-67 [MANTOVA]

posciapose là dove nacqu' io


si •

ondo un poco mi piace clic m' ascolte.


Poscia che il padre suo di vita uscio,
e venne serva la città di Baco,
questa gran tempo per lo mondo gìo.
01 Suso un laco
in Italia bella giace
appiè dell' alpe che serra La Magna
sovra Tirai li, e' ha nome Benaco.
64 Per mille fonti, credo, e più si bagna,
tra Garda e Val Camonica, Apennino
dell' acqua che nel detto lago stagna.
G7 Loco è nel mezzo, là dove il trentino

56. là: nel territorio di Mantova. Y. pag. 55 nt., e ciò che il Rambaldi stesso
nacque ad Andes presso Mantova. ivi dirittamente osserva e ragiona.
V. 58-99. Origine di Mantova. La 62. La Magna: l'Allemagna, detta an-
menzione di Manto induce V. (che, dopo che La Magna o Lamagna. Il lamagna
aver cominciato a parlare con sì sdegno- dei codd. si può leggere in ambi i modi.
sa fierezza, si è via via calmato, e ora, 63. Tiralli: Tirolo, o piuttosto il ca-
al ricordo della cara patria, assume un stello di Tiralli. Alcuni vogliono che si
tono quanto mai placido e dolce), a fare scriva Tirolìo, trovandosi in documenti
una digressione per raccontare le ori- del medio evo Tirolis o Tirollu. Ma Ti-
gini di Mantova. Descritto il lago di ralli (o Tirallo) è lezione dei più. dei codd.,
Garda, dice come ne derivi il Mincio, e e Tirollo prima del Dan. non si trova
come questo formi poi una palude. In un nei commentatori. - Benaco Benacus, :

pantano disabitato, che sorgevain mezzo nome antico del lago di Garda.
alla palude, si fermò a far sue arti Man- 64. si bagna: Apennino, le Alpes Poe-
to, dopo essere fuggita da Tebe ed an- noe di Tolomeo, uno di quei monti della
data errando in più parti del mondo e ; catena tra Garda e Val Camonica, al cui
ivi morì e fu sepolta. In quello stesso piede scorre il Toscolano.
luogo fu poi fondata la città che da 65. una delle maggiori
Val Camonica :

Manto fu denominata. Qui V. ritratta valli dellaLombardia si estende più;

(il perchè vedremo al v. 93) quel che di 50 miglia dai gioghi di Tonale e da
aveva accennato nell' Eneide (X, 198 quello dei monti a mezzodì di Bormio
sgg.) intorno alle origini di Mantova, fino al lago d' Iseo. La formano due
che sarebbe stata fondata da Ocno, figlio bracci delle ramificazioni delle Alpi Ee-
della fatidica Manto e del fiume Tosco tiche, e dal suo fondo scorre il fiume
(=Tevere), « qui muros matrisque dedit Oglio, che scende a formare il lago
tibi, Mantua, nomen »; e di elementi tri- d'Iseo. Bass., 404 sgg.; Lorenzi, La leg-
plici sarebbe stata formata la popolazio- genda di Dante, Trento, 1897, p. 13 sg.
ne, de' quali uno, il prevalente, sarebbe - Apennino Alpi Pennine, da non con-
:

etato il Tusco (Tusco de sanguine vires). fondersi, con Benv. ed altri, colla catena
58. padre: Tiresia. degli Appennini che divide per il lungo
59. serva: del tiranno Creonte. - Ba- l'Italia, né con quelle che noi chiamiamo
co Bachus era la forma comunemente
: Alpi Pennine; cfr. n. 64.
usata nel M. E. e così scrisse anche il 67. Loco l' isola dei Erati, ora isola
:

JBocc. {Bull. Ili, 108 e XXIII, Tebe


24). Lecchi, dicono gli uni Campione, dico-
;

era sacra a Bacco, ivi partorito da Se- no altri; mentre c'è pur chi crede che
mele. il punto comune sia Peschiera, oppure

60. questa: costei, Manto, andò lungo un punto (quale?) nel lago; Bass., 409
tempo errando per il mondo. sg.; Rambaldi, p. 55. - « Comunque sia,
61. laco: lago preco per prego, ecc.),
(cfr. il Poeta ha voluto descrivere il lago
il lago di Garda. Circa i versi 61 sgg., nella sua lunghezza dall'Alpe al Mincio
cfr. le mem. citate dal Rambaldi, o. e. in cui sbocca, e accennare per quella
[CERC. 8. BOLG. 4] Inf. xx. 68-89 [MANTOVA] 177

pastore, e quel di Brescia, e il veronese


segnar potfìa, se fèsse quel cammino.
Siede Peschiera, bello e forte arnese
da fronteggiar Bresciani e Bergamaschi,
ove la riva intorno più discese.
73 Ivi convien che tutto quanto caschi
ciò che in grembo a Benaco star non può,
e fassi fiume giù per verdi paschi
Tosto che 1' acqua a correr mette co,
non più Benaco, ma Mencio si chiama
fino a Governo, dove cade in Po.
Non molto ha corso, eh' el trova una lama
nella qual si distende e la impaluda,
e suol di state talor esser grama.
82 Quindi passando, la vergine cruda
vide terra nel mezzo del pantano,
sanza coltura e d' abitanti nuda.
85 Lì, per fuggire ogni consorzio umano,
ristettecon suoi servi a far sue arti,
e visse, e vi lasciò suo corpo vano.
SS Gli uomini poi che 'n torno erano sparti,
s'accolsero a quel loco, ch'era forte

via le principali città tramezzo alle quali 77-78. Mencio forma arcaica per Min-
:
'

ei giace » Br. B.
;
cio ', fiume che, col nome di Sarca o
il

68. pastore: vescovo. Mincio superiore, scende dai monti di


69. segnar: benedire pubblicamente, Tonale, entra a Riva nel lago di Garda,
il che è lecito a un vescovo solo entro i e ne esce a Peschiera; giunto a Rivai ta,
confini della sua diocesi. Dunque: o il si dilata nel lago o palude che si stende
luogo di cui parla Dante è il confine delle intorno a Mantova, indi prosegue il suo
tre diocesi, o era soggetto ecclesiasti- corso per gettarsi nel Po presso Governo,
camente a tutti e tre i vescovi qui men- oggi Governolo, borgo alla destra di esso
zionati, ciò che si afferma della chiesuola Mincio.
di 8. Margherita che sorgeva nella ri- 79. lama: avvallamento, bassura, cfr.
cordata isola dei Frati. -fèsso: facesse. Inf. XXXII, 96 e Purg. VII, 90.
Al.: se fosse; cfr. Moore, Crit., 327 sg. 80. impaluda: ne fa una palude.
70. Siede: ove la riva intorno è dive- 81. grama: triste, infelice, «quia sci-
nuta pili bassa (siede), è situata Peschie- licet modica aqua et infirma est ibi ex ;

ra. - arnese: baluardo, rocca. modica enim aqua corrumpitur palus ;

71. fronteggiar far fronte. « In que'


: deinde aér » Benv. ;

tempi agevolmente Bresciani e Berga- 82. vergine: Manto, ancor donzella,


maschi doveano esser congiunti insieme quando venne in Italia; cfr. Stat., Theb.
contro i signori della Scala » Dan. ; IV, 463 sg. - cruda: crudele.
72. ri\a : del Benaco. 84. nuda : spogliata, deserta.
73-74. tutto ecc. : tutta l' acqua che 86. servi: uomini? Se voleva fuggire
non può essere contenuta nel lago, con- ogni consorzio umano, i servi saranno
viene che in questo punto trabocchi. stati spiriti ubbidienti a lei, come a
verdi pasture del veronese.
75. paschi: maga. - arti magiche. :

mette co mette capo a correre,


76. : 87. vano: vuoto, privo dell'anima; mor-
comincia a correre come fiume. to. Cfr. Purg. V, 102.

12. — Div. Oomm., 8 a ediz.


178 [OBRC. 8. BOLG. 4] IXF. XX. 90-100 [MANTOV4J

per lo pantan eh' avea da tuttcì parti.


91 Fèr la città sovra quell'ossa morte;
e per colei che '1 luogo prima elesse,
Manina l'appellar san z' altra sorte.
94 Già fur le genti sue dentro più spesse,
prima che la mattìa di Casalodi
da Pinamonte inganno ricevesse.
97 Però t'assenno, che se tu mai odi
originar la mia terra altrimenti,
la verità nulla menzogna frodi. »
100 E io: « Maestro, i tuoi ragionamenti

91. sovra quell'ossa : sul terreno in cui che mai non tornò in primo stato » ;

erano state sepolte le ossa di Manto. An. Sei. - « Ad quod sciendum est
93. senz'altra sorte: «anticamente si quod Casalodi est castellum in territo-
usava, quando si doveva ponere nome ad rio brixiensi, unde fuerunt nobiles co-
alcuno luogo, di gittarne sorte, e se- mites, olim dominatores civitatis man-
condo quello che le sorti diceano, così tuanEe, quos Pinamonte de Bonacosis,
avevano nome » Lan. Y. ci tiene a mo-
; ci vis mantuanus, fallaciter et sagaci ter
strare che Mantova, pur essendo sorta seduxit. Erat siquidem Pinamonte ma-
làdove s'era fermata una maga, né dalla gnus et audax, habens .magnani seque-
maga né dal figlio di lei fu costruita, lam in populo. Et cum Mantuse esset
giacché il pensiero e il fatto della co- multa nobilitas odiosa et infesta populo,
struzione fu degli uomini vissuti poi Pinamonte persuasit corniti Alberto tunc
(v. 88), né si ricorse a sortilegi per darle regenti, ut mitteret certos nobiles, prse-
il nome (cfr. Eambaldi, p. 59). E il de- cipue suspectos, extra per castella ad
siderio di purificare le origini di Man- certum tempus, et ipse interim placaret
tova da ogni macchia o contaminazione furiam plebeiorum iratorum. Quo facto
di magia, apparisce la ragione per cui cum magno tumultu et plausu populi,
V., che qui ha preso e mantiene posi- ipse invasit dominium MantusB; et con-
zione di aperta e vivace ostilità contro tinue crudeliter exterminavit quasi om-
le arti magiche, è indotto da D. a rin- nes familias nobiles et famosas ferro et
negare ciò che aveva scritto nell'Eneide igne, domos evertens, viros mactans et
(cfr. n. 58-99). In ciò che qui mette in relegans»-, Benv. Così, in sostanza, an-
bocca a V., il P. combina a modo suo che gli altri comm. ant. Cfr. Murat.
ed accomoda al suo scopo, come mostrò Script. XX, 722 sg.
specialmente il Rambaldi, elementi va- 97. t'assenno: ti ammonisco.
rii di tradizioni e racconti medievali. 98. originar ecc. : raccontar diversa-
94. più spesse: più numerose. mente Mantova.
l'origine di
95. mattìa: mattezza, balordaggine. - 99. la verità ecc. nessuna menzogna
:

Casalodi conti di Casalodi (castello nel


: faccia torto al vero e non la credere.
;

territorio bresciano), guelfi signori di V. 100-114. JSuripilo. D., che ò più


Mantova, scacciatine nel 1269 per l'astu- bramoso di considerare i dannati laggiù
zia di Pinamonte de' Bonacolsi la cui nella bolgia, che non di udirsi raccon-
signoria durò sino al 1291. «Costoro, non tare la storia della fondazione di Man-
parendo loro avere ne la città buono tova si volge a V., e gli dice richiaman-
stato, o forse per soprastare loro vicini, dolo « con un pochinino di petulanza al
o fare vendette, feciono lega con uno suo ufficio pedagogico » (2?' Ovidio) « Ti :

barone del paese che si chiamava Pina- presto fede assoluta; ma adesso parlami
monte, e presero la signoria, e molti ne di quella gente laggiù, se ci vedi alcun
cacciarono e uccisone E poco stante altro degno di esser nominato che io ;

Pinamonte cacciò anche loro con molti in questo momento non penso ad altro. »
altri, e rimase la signoria tutta a Pina- E Y. gli addita un'altro indovino del-
monte. Questi menomò molto la città sì l'antichità, Euri pilo.
[CEIIC. 8. BOLG. 4] INF. XX. 101-116 [euripilo] 179

mi son sì certi, e prendon sì mia fede,


che gli altri mi sarìan carboni spenti.
io: Ma dimmi, della gente che procede,
se tu ne vedi alcun degno di nota ;

che solo a ciò la mia mente rifìede. »


106 Allor mi disse: « Quel che dalla gota
porge la barba in su le spalle brune,
fu, quando Grecia fu di maschi vota,
109 sì che a pena rimaser per le cune,
augure ; e diede il punto con Calcanta
in Aulide a tagliar la prima fune.
112 Euri pilo ebbe nome; e così '1 canta
1' alta mia tragedia in alcun loco :

ben lo sai tu, che la sai tutta quanta.


115 Quell' altro, che ne' fianchi è così poco,
Michele Scotto fu, che veramente
101. prendon ecc. : si acquistano così venti di tornare in patria, avrebbero
la mia credenza. mandato Euripilo a interrogare l'oracolo
102. altri: ragionamenti. - spenti: in- di Apollo, ed egli, andatovi, ne avrebbe
capaci, perciò, di illuminarmi e scaldar- riportata la risposta che si potevano
mi l'animo, cioè di persuaderlo. aver propizii gli Dei solo col sacrificio
103. procede: si avanza nella bolgia. di un'anima greca. D. adunque o argo-
105. rifìede: mira e si ferma unica- mentò lui dalle parole di V. che Eur.
mente a ciò. Bifiededa rifedire : tornare fosse un augure e compagno di Calcante,
a fedire, o ferire; cfr. Purg. XVI, 101. o lesse forse la notizia in uno de' tanti
107. porge: stende, latino porrigit : la rimaneggiamenti medievali della leggen-
barba non può mancare a una figura di da troiana. - Circa l'appellativo di tra-
indovino. - spalle essendo travolto. : gedia dato all'Eneide, si rammenti quel
108. di maschi vota perchè andati tutti : che è scritto néìV JEp. a Oangrande :
all'assedio di Troia. « Tragosdia in principio est admirabilis
109. a pena ecc. vi rimasero appena
: et quieta, in fine, sive exitu, est fcetida
i bambini in culla. Cuna (lat. cunce) per et horribilis » che è il caso dell'argo-
;

culla, è tuttora dell'uso. mento dell'Eneide; la quale è alta sì


110. augure lat. augur : colui che ; perchè alto ne è il soggetto e sì perchè
presso gli antichi, osservando il volo la tragedia deve parlare « elate et su-
e il canto degli uccelli, il beccare dei blime ». Cfr. De Yulg. Eloq. II, 4:
polli ecc.. prognosticava il futuro. - « per tragedianti superiorem stilum in-
diede ecc. indicò l' ora favorevole al far
-.
ducimus, per comediam inferiorem ».
vela. - Calcanta Calcante, sacerdote ed
: V. 115-130. Indovini moderni. Dopo
augure greco al tempo della guerra avergli mostrato e nominato alcuni an-
troiana, la cui lunga durata egli pre- tichi, V. mostra e nomina a D. alcuni
disse; cfr. Virg., Aeri. II, 114 sgg. Ovid., indovini di tempi vicini; quindi lo in-
Met. XII, 19 sg. Circa la desinenza -a vita a seguirlo, facendosi già mattina.
cfr. la n. a Inf. XI, 113. Abbandonano così la 4 a bolgia, e si
111. Aulide: città della Beozia, dove avviano alla 5 a .
Agamennone radunò l'esercito greco. - 115. poco: magro, esile.
a tagliar ecc. a sciogliere la fune alla
: 116. Biichele Scotto: scozzese di na-
nave e far vela. zione, filosofo dottissimo e d'alto inge-
113. in alcun loco
Aeri. Ili, 113 segg., : gno, celebre astrologo di Federigo II
dove non dice che Euripilo fosse au-
si '
imperatore. Dicono vivesse oltre il 1290.
gure', ma solo che i Greci, come falsa- Scrisse un commento sopra Aristotele e
mente racconta Sinone, impediti dai altri libri di filosofìa (tradusse dall'arabo
180 [CERO. 8. BOLO. 4] INF. XX. 117-127 [INDOVINI MODERNI]!

delle, magiche frode seppe il gioco.


118 Vedi Guido Bonatti; vedi Asdente,
clie avere inteso al cuoio ed allo spago
ora vorrebbe, ma tardi si pente ;

121 vedi le triste che lasciaron l'ago,


la spola e il fuso, e fecersi indivine;
lecer malìe con erbe e con imago.
124 Ma vienne ornai; che già tiene il confine
d' amendue gli emisperi, e tocca V onda
sotto Sibilia, Caino e le spine;
127 e già iernotte fu la luna tonda :

in latino parecchi libri dello Stagirita e tolo di principe degli astrologhi. G. Vili.
un compendio aristotelico di Avicenna), VII, 81 lo dice « ri copritore di tetti ».
d'astrologia e d'alchimia. Ebbe fama di « Usava costui di stare nel campanile
grande stregone, e come tale il nome della mastra chiesa, e facea armare tutta
suo si è conservato nella bocca del po- la gente del conte da Montefeltro, poi
polo in Iscozia. - « Fu di Scozia grande quando era l' ora, e questi dava alla cam-
maestro d'arte magica, e insegnonne pana, e tutti saliano a cavallo e uscìano
tanto agli Scotti, che anche non fanno verso li nemici »;Lan. Così pure OM.,ecc.
passo che arte magica non seguiscano. V. Guerri, in Bull., XXII, 200 sgg. -
E insegnò loro portare calze bianche e Asdente « il calzolaio di Parma »; Gonv.
:

gonelle con maniche cuscite insieme»; IV, 16. - « Dimissa arte sua, dedit se
An. Sei. - « Si ragiona eh' essendo in totum divinationi, et ssepe multa ven-
Bologna, e usando con gentili uomini e tura prsedixit quse ventura erant, cum
cavalieri, e mangiando come s'usa tra magna liominum admiratione credo ego ;

essi in brigata a casa l'uno dell'altro, potius a natura, quam a literatura, cum
quando venia la volta a lui d'apparec- esset literarum ignarus » Benv. ;

chiare, mai non faceva fare alcuna cosa pente troppo tardi di
120. tardi ecc. : si
di cucina in casa, ma
avea spiriti a suo non aver seguitato a fare il ciabattino.
comandamento, che li facea levare lo 121-122. triste ecc. : fattucchiere. Non
lesso dalla cucina dello re di Francia, ne nomina nessuna particolarmente. -
lo robto da quella del re d' Inghilterra, l'ago, ecc. : l'opere muliebri del cucire
le tramesse di quella del re di Cicilia, (ago), tessere (spola), filare (fuso).
lo pane d' un luogo, e '1 vino d'un altro, 123. con erbe ecc. con estratti di :

confetti e frutta là onde li piacea ; e que- certe erbe e conimagini di cera. «Puossi
ste vivande dava alla sua brigata, poi fare malìe per virtù di certe erbe me-
dopo pasto li contava: del lesso lo re dianti alcune parole, o per imagine di
di Francia fu nostro oste, del rosto quel cera o d' altro fatte in certi punti, et
d' Inghilterra, ecc. » : Lan. Lo stesso per certo modo, che, tenendo queste iina-
raccontano pure Buti ed altri. Cfr. G. gini al fuoco, o ficcando loro spilletti
Vili., X, 104, 140; XII, 19, 92. Bocc, nel capo, così pare che senta colui a cui
Dee. Vili, 9 e Bambaldi, o. e, 69. imagine elle sono fatte, come imagine
117. gioco : vana « magicarum
arte : che si strugga al fuoco»; An. Fior.
artium ludi»; Arnob., Adv. geni. I. Cfr. 124-125. confine ecc. : cioè sta sull'oriz-
Tertul, Apol., e. 23. zonte che divide idue emisferi, sui colmi
118. Bonatti da Forlì celebre astro-
: ; de' quali sono rispettivamente il Pur-
logo e molto affezionato al conte Guido gatorio e Gerusalemme, e propriamente
da Montefeltro di cui stette al servigio, nella parte ovest (sotto Siviglia) di tale
come già prima era stato con Guido No- orizzonte rispetto a Gerusalemme.
vello, che diceva di avere aiutato con 126. Caino e le spine la luna. Il volgo :

l'arte sua nella battaglia di Montaperti. credeva, le macchie della luna essere
Morì vecchissimo verso la fine del se- Caino che innalza una forcata di spine;
colo XIII. Scrisse « Decem tractatus cfr. Par. II, 50. Gonv. II, 14.
astronomi» », che gli acquistarono' il ti- 127. tonda: piena. - « Vuol dire che

$** --
[CBRC 8. BOLG. 5] INF. XX. 128-130 - XXI. 1-2 [BARATTIERI] 181

ben ten dee ricordar, che non ti nocque


alcuna volta per la selva fonda. »
130 Sì ini parlava, ed andavamo introcque.

la luna si trova al zenit di Gade (così taglia tutte le funi incontanente »; Fra
Dante appella Cadice, Par. XXVII, 82). Qior., Pred., Ediz. 1831, II, 249. Introc-

È Uado il punto [sotto Sibilia] ove fini- que è il lat. inter hoc. Nel De Yulg. EX.
sce [verso ovest] l'emisfero
terrestre che D. cita questa voce come esempio di
r centro Ierusalem, e
comincia l'e- brutto parlare fiorentino (I, 13). « Post
ro acqueo che ha per centro il Pur- hoc veniamus ad Tuscos, qui, propter
gai orlo. Il punto opposto a Gade è il
amentiam suam infroniti, titulum sibi
re (Purg. II, 15). Se la luna fosse vulgaris illustris arrogare videntur; et
piena, avremmo: in hoc non solum plebea dementat in-
tentio, sed famosos quamplures viros
Mezzodì in Gange . . ore 18
hoc tenuisse comperimus.... Etquoniam
Mattino in Ierusalem ore 12
Tusci pre aliis in hac ebrietate baccan-
Mezzanotte in Gade . ore 6
tur.... dignum utileque videtur munici-
Sera in Purgatorio . . ore 24
palia vulgaria Tuscanorum singulatim
Ma avendola luna ritardata circa un'ora, in aliquo depompare. Locuntur Fioren-
poiché si trova al sedicesimo giorno, bi- tini et dicunt: Manichiamo introque etc. »
sogna a quelle ore aggiungere quest' al- Ma nella Commedia il P. usa non poche
tra ora. Onde segue che in Ierusalem so- voci che in altre circostanze avrebbe
no ore 13 [= 7 antim.] » Nociti. ; condannate. Il linguaggio è adattato alla
128. non ti nocque ti giovò. : materia eppoi « mano mano che la com-
;

alcuna Tolta una volta.


129. : posizione [della Commedia] avanzava,
130. introcque intanto. « [Il marinaio
: le idee [di D.] rispetto all' Eloquenza
che vede la tempesta] non si pone a sce- volgare dovettero venirsi modificando »;
dare [= scherzare; cfr. Par., XXIX, Hajìia in Lect. Dantis, Le opere minori
115], che introcque potrebbe perire, ma di D. A., Fir., Sansoni, p. 215 sg.

CANTO VENTESIMOPRIMO
CERCHIO OTTAVO
BOLGIA QUINTA: BARATTIERI
(Sommersi nella pece bollente)

UN MAGISTRATO LUCCHESE, I DIAVOLI MALEBRANCHE


MALACODA, COMICA INFERNALE

Così di ponte in ponte, altro parlando


che la mia commedia cantar non cnra,
V. 1-21. La bolgia dei barattieri. Non si curarono di giustizia, verità e
La 5 a bolgia è uno stagno di pece, in cui lealtà e qui sono in balìa di diavoli bu-
;

stanno sommersi i barattieri. Cercarono giardi, senza legge e crudeli.


in vita di operare nelle tenebre per rico- 1. di ponto in ponte : da quel della
prire i loro perfidi intrighi e qui sono ; 4^ a quel della 5 a bolgia. - altro di al-
:

così nascosti da non poter esser veduti. tre cose che qui non importa riferire.
182 [CERO* 8. BOLO. 5] INF. XXL 3-22 [liAKATTlERl]

venimmo; e tenevamo il colmo, quando


restammo per veder l'altra fessura
di Malabolge e gli altri pianti vani;
e ridila mirabil-mente oscura.
Quale nell'arzanà de Viniziani 7

bolle l' inverno la tenace pece


a rimpalmare i legni lor non sani ;

LO che navicar non ponno, e in quella vece


chi fa suo legno nuovo, e chi ri stoppa
le coste a quel che più viaggi fece ;

13 chi ribatte da proda, e chi da poppa;


altri fa remi ed altri volge sarte ;,

chi terzeruolo e artimon rin toppa ;


16 tal non per foco, ma per divina arte,
bollìa laggiuso una pegola spessa,
che invi scava la ripa d' ogni parte.
19 Io vedea lei, ma non vedea in essa
ma' che le bolle che il bollor levava,
e gonfiar tutta, e riseder compressa.
22 Mentr' io laggiù fisamente mirava,

3. tea. il colmo : eravamo sul punto 17.pegola spessa: pece densa.


più alto dell'arco o ponte. ricopriva di un intonaco
18. invi scava :

4. fessura bolgia, quasi fenditura di


: vischioso, appiccicoso ambe le ripe.
terreno, detta altrove fossa. 19. lei la pece. « Il barattiere si può
:

5. perchè nulla giovano.


Yaiii: ben vedere, ma non la fraude che ti vuol
7. arzanà: arsenale. - D. intende del- usare, che questa sta nel suo secreto » ;

l' arsenale vecchio eretto nel 1104, in- Veli.


grandito verso il 1303, considerato ai 20. ma' che più che, altro che cfr. Inf.
:

tempi del P. come uno dei più impor- IY, 26. Nella pece vedeva solo le bolle
tanti dell'Europa. levate dall' interno bollore sulla superfì-
9. a l'impalmar: per rimpeciare i na- cie, e vedeva essa pece gonfiarsi tutta,
vigli malconci. poi riabbassarsi allo scoppiar delle bolle.
10. che perchè d' inverno i Veneziani
: 21. gonfiar.... e riseder: «TJnde tremor
non possono navigare. Al. che senza : terris, qua vi maria alta tumescant Obi-
accento, cioè « i quali (=i legni lor non cibus ruptis rursusque in se ipsa resi-
sani) non ponno navicare », lezione che dant » Virg., Georg. II, 479-480.
;

implica una inutile ripetizione di ciò eh' V. 22-57. Ti 9 anzian di Santa Zita.
stato detto con legni lor non sani. - in Arriva un diavolo, che ha sulle spalle
quella vece: invece che navigare. un barattiere lucchese e lo butta giù dal
11-12. ristoppa ecc. calafata; ritura : ponte nel lago di pece. Attufìàtosi, il
colla stoppale fessure apertesi nelle co- barattiere torna su convolto, e i diavoli
ste, ossia nei fianchi della nave. lo addentano coi loro raffi aggiungendo
13. ribatte con chiodi e martelli.
: all' atto parole di scherno. Nel Buti leg-

14. volge canape facendo-


: attortiglia giamo: « Altri voglion dire che fosse
ne sarie, cordami delle navi.
che sono i Martino Bottaio, il quale morì nel 1300,
15. terzeruolo la nave «porta tre vele:
: l' anno che 1' autor finge che avesse que-

una grande, che si chiama artimone ;


sta fantasia, il venerdì santo la notte
una mezzana, la quale si chiama la mez- sopra il sabbato santo, intendendosi del
zana, ed un'altra minore, che si chiama primo venerdì di marzo e fu costui un:

terzeruolo » ; Buti. - rintoppa : rattoppa. gran cittadino in Lucca al tempo suo,


!ERC. 8. BOLG. 5] INF. XXI. 23-38 [ANZIAN DI s. zita] 183

lo duca mio, dicendo ' Guarda, guarda !',

mi trasse a sé dal loco dov' io stava.


Allor mi volsi come V uom cui tarda
di veder quel che gli convien fuggire,
paura sùbita sgagliarda,
e cui
28 che, per veder, non indugia il partire ;

e vidi dietro a noi un diavol nero


correndo su per lo scoglio venire.
31 Ahi, quanto egli era nell'aspetto fiero !

e quanto mi parea nell'atto acerbo,


con l'ali aperte e sovra i pie leggiero !

34 L'omero suo, ch'era aguto e superbo,


carcava un peccator con ambo 1' anche,
e quei tenea de' pie ghermito il nerbo.
Del nostro ponte disse: « Malebranche,
ecco un de «li anzian di Santa Zita :

e concorse con Bonturo Dati e con altri ghioni ne' nerbi che sono sopra' piedi,
uomini di bassa mano, che reggevano al- tra' piedi e legambe » An. Fior. - Ad ;

lora Lucca ». Autorità tarda è il Buti; onta di quanto ha detto altrove, Inf.
ma probabilmente, come mostrò il Barbi, Ili, 122 sg., D. si attiene qui (e Inf.
Bull. VI, 214, egli trasse la notizia da XXVII, 121 sgg.) alla comune credenza
Guido da Pisa, testimone più antico e de' tempi suoi, secondo la quale talvolta
per cose lucchesi autorevole, sicché la le anime malvage sono portate via dai
identifìcaz. è probabilmente giusta. diavoli, e qualche volta anche i corpi.
Guarda, guarda!: Era grido d'in-
23. 37. Del nostro ecc.: dal, o meglio, d'in
vito a star all' erta» Così nel Fiore 32, sul ponte dove eravamo io e Virgilio, il
Malaboeca, posto a guardia del castello demonio punteggiano « Bel
disse. Altri :

« non fìnava né notte nò giorno a suon |


nostro ponte » disse, « o Malebranche, »
di corno gridar Guarda, Guarda!» cioè «
: Malebranche del nostro ponte. »
24. loco : sponda del j>onte. Nulla però c'è in D. che faccia pensare
25. tarda: pare mill'anni, perchè è an- a Malebranche, cioè a diavoli, speciali
siosissimo di vedere cfr. Inf. IX, 9. ;
per ogni ponte. Un modo similo trovia-
27. sgagliarda: priva della naturale ga- mo in Inf. XXIV, 97 da nostra -proda, :

gliardi;' « Vires subtrahhVipse timor »


•.

;
cioè dalla proda ov' eravamo V. ed io e ;

Ovid., Reroid. XIV, 132. cfr. Fura. VII, 88. - Malebranche: nome
28. che ecc. il quale, pur seguitando
: generico dei demoni di questa bolgia,
a guardare, non rista di fuggire, ina così chiamati dai loro unghioni ed un-
guarda e fugge nello stesso tempo, ob- cini, e fors' anche dall' esser custodi di
bedendo a curiosità e a paura. q uè' che abbrancarono con branche male,
33. aperte per volare, -leggiero cam-
: : cioè ingiuste.
minando o volando insieme. Questo de- 38. anzian : «In lingua tuscia rectores
monio è dipinto quale il diavolo è figu- et gubernatores populares anziani vo-
rato in infinite opere d' arte del M. E. cantur, ut est Pisis, Pistorii, Luce » ;
Cfr. Graf, Demonologia di Dante, p.20 sg. così Guido da Pisa, cit. dal Barbi in
34. L'omero accusativo. - acuto e su-
: Bull. VI, 214. - di Santa Zita di Lucca :

perbo: appuntato e rialzato. dove è in grande venerazione Santa Zita


35. carcaYa gravava. - un peccator
: : che, nata in un villaggio su quel di Pon-
nominativo. «Il peccator carcava l'omero tremoli nel 1218 da poveri genitori, visse
del dimonio et il dimonio, avendolo in
; a lungo, in condizione di fantesca, a
sullo omero a guisa che fa il lupo la pe- Lucca, dove morì il 27 aprile del 1272.
cora ('?), et tenealo, avendo fìtto gli un- Essa è « la Pamèla de la legende : c'était
181 [CKRC. 6. bOLG. 5] I\f. x\i. 39-49 [ANZIAN di SANTA zita]

ni ette tei sotto, eh' io torno per anche


40 a quella terra ch'i' n' ho ben fornii.» :

Ogn' noni v' è barattier, fuor ehe Bonturo :

del no per il denar vi si fa ita


6
'
» ' '
.

4:;
Laggiù il buttò, e per lo scoglio duro
si volse ) e mai non fu inastino sciolto
con tanta fretta a seguitar lo furo.
40 Quel s' attuffò, e tornò su con volto ;

ma i dimon che del ponte avean coperchio,


gridar « Qui non ha luogo il Santo Volto
: :

49 qui si nuota altrimenti che nel Serchio ;

uno pauvre servante que son maire vou- 45. furo: ladro; anticamente anche in
laitséduire » Ampère. - « La famiglia
; prosa. Costr.: Can mastino disciolto noii
dei Fatinelli, nella quale avea vissuto con fu mai sì veloce ad inseguire il ladro,
officio di fantesca, ne conservò il corpo come fu veloce quel diavolo a tornare
nella cappella gentilizia che possedeva indietro. E fu uso antico di aizzare con-
nella chiesa di S. Frediano a Lucca »; tro i ladri e i falliti fuggenti un can ma-
Vernon, Inf voi. Ili, p. 153 e tav. LXIII. stino; cfr. Bull. XII, 262.
39. por anche: ancora, daccapo, a pren- 46. convolto: « con la schiena in su, sì
dere altri barattieri da portar qui. che testa e gambe restarono nella pece.
40. terra: città, cioè Lucca. - ch'io Tale atteggiamento, che pare in parte
n'ho: «io sono per addurtene assai di d' uno che adori, stuzzica i demoni al sar-
tal vizio, imperò eh' ho ben fornita quella casmo Non giova qui 1' adorazione del
:

terra di tal condizione » Lan. Questo ; Santo Volto, cui tanto avete in pregio voi
linguaggio fa sentire l' arroganza di po- altri Lucchesi; gli è troppo tardi »; Blanc.
tere e la gioia maligna de' diavoli. Al.: Meglio intendere col Del Lungo (Dal se-
che n'è ben fornita. colo e dal poema
di D., 451), convolto,
41. Bonturo Bonturo Dati, capo della
: come spesso in antico, per tutto lordato ;

parte popolare di Lucca, uomo assai au- lordato, si capisce, dalla pece. Basti que-
torevole. Di lui cfr. Minutoli in D. e il sto esempio di Bono Giamboni « Ma- :

suo sec, 212 sgg. I più de' commentatori rio.... nelle paludi di Minturnese si na-
lo dicono il peggiore tra' barattieri luc- scose, dalle quali.... del fango lutto con-
chesi del tempo, sicché le parole di D. volto (lat. luto oblitus) tratto etc. ».
intorno a lui suonano amara ironia. - 47. del ponte ecc.: stavan sotto il ponte,
« Essendo ricco mercatante, per guada- il quale era loro cover chio.

gnare nel presente modo in comune, 48. non ha loco « non si fa l'osten-
:

l'esser mercatatesco dimise »; Iac. Dant. sione del Santo Volto, qui non si mette
- « Fu lo maggior barattieri di palagio fuori il viso » ; Barbi. Santo Tolto fa- :

che fosse o si sappia in quella cittade » ;


moso simulacro (e per la fama di esso
Lan. - Altri intesero che JBonturo non v. Bull. XVIII, 141), che si conserva
fosse colpevole di baratteria, e che di in una cappella chiusa della cattedrale
lui qui non si parli con ironia; ma tale di Lucca. È un Crocifisso di legno nero,
interpretazione contrasta con la intona- che si vuole portato da Costantinopoli
zione maligna e di scherno, che ha tutto verso l' ottavo secolo, quando molte inia-
il discorso del demonio. gini, per sottrarle alla persecuzione de-
42. ita: sì. -«In Lucca.... a chi de' gli Imperatori Isaurici, furono recate in
esser detto di no nelli offici è detto di Occidente. La leggenda lucchese attri-
sì et a chi non ha ragione, è fatto che
; buisce l'opera a Nicodemo, ed in partico-
l' abbia per li denari » Buti. La frase ; lare il volto a mano celeste, che l'intagliò,
dovè essere popolare valgano questi due : mentre Mes'era in dolce contempla-
esempi di Simone Serdini (Barbi, Bull., zione addormentato presso il suo lavoro.
XXV, 54) « E non si può dir non quando 49. Serchio fiume che passa vicino a
:

dice ita » ; e « et non vale dir no al suo Lucca. « La state comunemente ogni
dir ita ». Lucchese vi si bagna entro »; Lan.
[CBRC. 8. BOLO. 5] Inf. xxi. 50-67 [malebk anche] 185

però, se tu non vuoi de' nostri graffi,


far sopra la pegola coperchio ».
non
52 Poi l'addentar con più di cento raffi,
disser « Coverto convien che qui balli,
:

sì che, se puoi, nascosamente accani ».


56 Non altrimenti i cuochi a' lor vassalli

fanno attuffare in mezzo la caldaia


con gli uncin, perchè non galli.
la carne
58 Lo buon maestro « Acciò che non si paia
che tu ci sie » mi disse, « giù t' acquatta
dopo uno scheggio, che alcun schermo t'àia;
61 e per nulla offension che mi sia fatta,
non temer tu, eh' i' ho le cose conte,
perchè altra volta fui a tal baratta ».
114
Poscia passò di là dal co del ponte -,

e coni' ei giunse in su la ripa sesta,


mestier gli fu d'aver sicura fronte.
C7 Con quel furor e con quella tempesta

50. graiiì : graffiature de' nostri uncini. per terra, e cfr. la n. 89. D. suppone
non far ecc. non soperchiare non
51. ;
-, che né le Malebranche sotto il ponte,
venire a galla sì da star sovra alla pece. né il diavolo nero avessero ancora scorto
52. poi poiché. - raffi strumenti di
: : i due P.
ferro con denti uncinati, detti rampini 60. dopo : dietro, lat. post, come Par.
o uncini. II, 100, ecc. Cfr. Virg., Bel. Ili, 19-20.
53. Coverto sotto la pece. - balli
: :
- che ecc. sicché tu abbia nello scheg-
:

« per derisione appellano que' demoni gio uno schermo, una difesa che ti na-
ballo il dimenarsi di quegli sciagurati sconda alla vista dei demoni. - àia ab- :

nel bruciore » Lomb. ; bia: anticam. anche fuor dirima. Cfr.


54. accaffi tu colga furtivamente il
: Par. XVII, 140. Fu forma usitatissima
momento opportuno a uscir un po' dalla « nella lirica anteriore siculeggiante o
pece: cfr. Bull. Ili, 148. provenzaleggiante » Bull. Ili, 100. ;

55. vassalli: fanti, guatteri. 62. conte: cognite: V. era già sceso
57. galli: galleggi, venga a galla. Da fino al Cocito cfr. Inf. IX, 22 sgg.
;

gallare —
galleggiare. Cfr. Purg. X, 127. 63. baratta baruffa, contesa cfr. Pa-
: :

V. 58-75. Virgilio e i diavoli. V. rodi, Bull. Ili, 149. In questo luogo


esorta il suo alunno a tenersi nascosto però baratta è detto « forse con qualche
dietro uno scheggio, nel tempo che egli allusione al luogo ove si puniscono i ba-
andrà a parlare coi diavoli, e a non te- rattieri, e ai diavoli che vi stanno a
mere per alcuna offesa che veda fare a guardia »; Or.
lui questi s'è trovato già altra volta a
: 64. co capo, cfr. Inf. XX, 76, Purg.
:

tale contrasto. Infatti i demoni, appena Ili, 128. Par. Ili, 96. Già in un atto
vedutolo, corrono minacciosi verso V. fiorentino del 1237 incontriamo fra i te-
coi loro raffi ; ma egli impone loro, con stimoni un *
Truffa de Co de Ponte '

voce alta e tono risoluto, di mandargli (Bull. XII, 263).


incontro uno di loro, a cui possa par- 65. sesta che partiva la quinta dalla
:

lare udite le sue ragioni, risolveranno


: sesta bolgia.
se arroncigliarlo o no. 66. sicura fronte: animo saldo, in quan-
58. si paia: apparisca, si vegga. Cfr. to è espresso dal volto imperturbabile.
Inf. Vili, 106 sgg. 67. tempesta « Et quasi tempestas:

59. t'acquatta: chinati, accovacciati veniet contra illum » ; Daniel. XI, 40


186 8. BOLG. 5] [NF. XXI, 6 [MALEBRANCHE]

ch'escono cani addosso al poverello,i

die di subito chiede ove s'arresta )


70 usciron quei di sotto al ponticello,
e volser contra lui tutti i roncigli ;

ma el gridò : « Nessun di voi sia fello !

73 innanzi che V uncin vostro mi pigli,


traggasi avanti l'un di voi che m'oda,
e poi d' arroncigliarmi si consigli. »
7G Tutti gridaron : « Vada Malacoda » !

Per che un si mosse - e gli altri stetter ferini -,


e venne a lui dicendo « Che gli approda? » :

79 « Credi tu, Malacoda, qui vedermi


esser venuto » disse '1 mio maestro,
« sicuro già da tutti vostri schermi,
82 sanza voler divino e fato destro?
Lasciane andar, che nel cielo è voluto
ch'io mostri altrui questo cammin Silvestro. »
85 Allor gli fu l' orgoglio sì caduto,

69. chiede: domanda senz'altro l'ele- si ha in Purg. XIII, 67. Altri intendo-

mosina. « Accenna il Poeta cosa che per no « Che lo conduce qui ? » fiuti,
:

esperienza è nota ad ognuno, cioè,che ai Tom., ecc. (Approdare venire a pro- —


pitocchi, ogni volta che si affacciano a da). « Che vuole, che desidera? » Giu-
qualche casa per accattare, furiosamente sti. Ma son dimande superflue, che V.
i cani si avventano » ; Lomb. lo ha chiamato appunto per dirgli ciò
72. fello: crudele, malvagio. « Fello che egli vuole e ciò che qui lo conduce.
è colui che pensa di far male ad altrui »; Altre lez. Che ti approda (che vuoi ?)
:
;

Putì. Cfr. Inf. XVII, 132 ; XXVIII, 81. Chi t'approda? (come sei qui capitato?);
Par. IV, 15. Ch' egli approda (che c'è di nuovo?), ecc.
75. si consigli : si deliberi tra voi se 81. schermi: ostacoli, impedimenti. I
io sia da afferrar co' roncigli. demoni non hanno il potere di offendere
V. 76-87. Virgilio e Malacoda, V., il quale non è giudicato da Minosse ;

« Vada Malacoda >> gridano tutti i dia-


! Inf. XII, 90. Purg. I, 77. Rammentando,
voli ad una voce. E l'eletto accetta senza con parole recise e in tono di comando,
esitazione, e si avvicina a V., il quale il volere supremo, di cui sa d'essere ese-

loumilia dicendogli ch'egli viene perchè cutore, egli ha già vinte opposizioni di
così vuole Iddio. demoni ; cfr. Inf. Ili, 94 sgg.; V, 21 sgg.;
Malacoda: taluno crede che sotto
76. VII, 10 sgg. I guardiani del cerchio
soli
questo nome Dante abbia nascosto qual- degli eretici non cedono, Inf. VIII, 82
che suo nemico, Carlo di Valois o Corso sgg., quali rappresentanti di miscre-
Donati. Soverchiamente ingegnoso. « Il denti.
nome è presagio che la cosa uscirebbe 82. destro: propizio, favorevole; cfr.
a mal fine »; Tom. Yirg., Aen. V, 56 sg. Altre volte V. ram-
78. Che gii approda?: qual prò gli fa, menta ai diavoli il voler divino ;
qui vi
che gli giova parlare con uno di noi? aggiunge secondo la mi-
il fato, al quale,
Le quali parole Malacoda dice ai dia- tologia classica, soggiacevano gli stessi
voli mentre pur s'avvia, secondo il loro Dei cfr. Ovid., Met. IX, 429 sg.
;

desiderio, verso V. e le dice evidente-


; 84. altrui a Dante, nascosto. - Silve-
:

mente un po' stizzito e seccato dell' inu- stro: selvatico ed orrido.


tileindugio ch'ei deve mettere a far uso 85. caduto: a Malacoda venne meno
del ronciglio. Approdare in questo senso la tracotanza; cfr. Inf. VII, 13 sgg.
[CERO. 8. BOLG. 5] INF. XXI. 86-102 [MALEBRANCHE] 187

che si lasciò cascar 1' uncino ai piedi,


« Ornai non sia feruto ».
e disse agli altri :

88 E il duca mio a me: « tu che siedi


tra gli scheggi on del ponte quatto quatto
securamente ornai a me tu riedi ».
9i Per ch'io mi mossi, ed a lui venni ratto ;

e i diavoli si fecer tutti avanti,


sì eh' io temetti eh' ei tenesser patto :

94 così vidi io già temer li fanti,


eh' uscivan patteggiati di Caprona,
veggendo sé tra nimici cotanti.
97 lo m'accostai con tutta la persona
lungo mio duca, e non torceva gli occhi
il

dalla sembianza lor eh' era non buona.


ioo Ei chinavan li raffi e « Yuoi eh' io '1 tocchi »
diceva l' un con l' altro « in sul groppone ? » 1

E rispondean : Sì, fa' che gliel' accocchi ! »

87. feruto: ferito. Cfr. Inf. I, 108. rono 400 cavalieri di cavallate e 2000
V. 88-105. Spavento di Dante. Spen- pedoni di Firenze e la taglia di loro e
ta colle sue franche e risolute x>arole la dell'altre terre di parte guelfa di To-
tracotanza dei diavoli, V. chiama a sé scana e.... presono il castello di Capro-
D. Ma come questi s'è mosso e ha rag- na, e guastarlo. >> Il castello di Caprona
giunto il maestro, i demoni si fanno era stato conquistato da Guido da Mon-
avanti, e con parole schernevoli si ecci- tefeltro, capitano del popolo e di guerra
tano l'un l'altro ad offenderlo. D. ne è e poi anche podestà dei Pisani dal mar-
epaventato. Malacoda impone ai diavoli zo 1289 al 1293 (cfr. Vili. VII, 128 Vili, ;

di star fermi. 2). Il presidio di Caprona si arrese e fu

89. quatto quatto « chinato e come


: lasciato andare libero; ma Guido da Mon-
spianato in terra, e come fa la gatta tefeltro fece sbandire da Pisa costoro che
quando uccella, che si stiaccia in terra non avevano saputo difendere il castello.
per non esser veduta »; JBorghini. Cfr. Del Lungo, D. nei tempi di D.,
93. patto: la promossa fatta, v. 87. p. 171 sg. e 273 sg.; Bass., p. 144 sgg.
« Et nota quod auctor pulcre hoc fingit, 98. lungo rasente: cfr. Inf. X, 53. ;

quia raro vel numquam isti baratarii ser- 99. sembianza ecc. espressione loro :

vant quod promittunt, nisi sit eis uncta ostile, minacciosa.


manus »; Benv. temetti ch'ei tenesser 100. chinavan li raffi ecc. : abbassa-
patto risponde allat. vereorut. AL, non
: vano loro uncini verso di me, e l' uno
i

bene: temetti non tenesser, costrutto cor- chiedeva all' altro « Vuoi tu eh' io lo
:

rispondente a vereor ne. percuota?» - tocchi: percuota; ma il


94. Tid'io: partecipò dunque all'im- diavolo dice tocchi con ironico eufe-
presa. L' opinione eh' ei v' andasse non mismo.
come milite, ma per mera curiosità {Bar- 101. groppone è parola volgare e bef-
:

toli, Letter. ìtal. V, 94 sg.), non è punto farda per designare la schiena.
probabile. 102. gliele: invariabilmente, nell'an-
95. patteggiati: sotto fede di capito- tico toscano, anche per glielo, gliela,
lazione. - Caprona castello dei Pisani,
: glieli. - accocchi « accoccarla a uno,
:

preso dai Fiorentini e Lucchesi nell' ago- modo basso. Fargli qualche danno, di-
sto del 1289 cfr. G. Vili. VII, 137 «Nel
; : spiacere o beffa: onde l'adagio: Tal ti
detto anno 1289 del mese d'agosto, i Luc- ride in tocca, che dietro te l'accocca,
chesi feciono oste sopra la città di Pisa cioè : Ti fa l' amico in faccia, e dietro
colla forza de' Fiorentini, che v'anda- t' inganna e opera contro di te »; Fan/.
188 [cero. 8. i*ol<;. 5] Inf. xxi. 103-117 [iìugib di malac<

103 Ma queldemonio che tenea sermone


col duca mio, si volse tutto presto,
e disse: « Posa, posa, Scarmiglione! »
106 Poi disse a noi : « Più oltre andar per questo
iscoglio non si può, però che giace
tutto spezzato al fondo l'arco sesto.
109 E se l'andare avanti pur vi piace,
andatevene su per questa grotta :

presso è un altro scoglio che via face.


112 Ier, più oltre cinqu'ore che quest'otta,
mille dugento con sessantasei
anni compiè che qui la via fu rotta.
115 Io mando verso là di questi miei
a riguardar s' alcun se ne sciorina :

gite con lor, eh' e' non saranno rei. »

103. quel demonio: Malacoda. tremò e le pietre si spezzarono » (Jlatt.


105. Posa: sta' quieto. -Scarmiglione: XXVII, 51), avvennero le rovine nel-
scarmigliatore ; « quasi cupido di scar- l'Inferno, e rovinarono anche i ponti
migliare, scompigliare persone e cose » ;
che stavano sopra la bolgia degli ipo-
Tom. criti. Da quel momento, osserva qui Ma-
V. 106-114. Zie bugie del diavolo. lacoda, sono passati 1266 anni e 1 giorno,
Volendo ingannare i due P., Malacoda meno 5 ore. Saremmo adunque nel 26 mar-
mischia il vero col falso. « Qui » egli zo del 1300, circa alle 10 di mattina. Ma
dice « non potete continuare il vostro questo calcolo è tutt' altro che sicuro ;

viaggio, essendo l'arco sesto tutto rovi- cfr. I, Agnelli, Topo- Cronografia del
nato [il che era vero]. Ieri cinque ore viaggio Dantesco, Mil., 1891. Angelittì,
più tardi di adesso, si compierono 1266 Sulla data del viaggio dantesco, Napoli,
anni dacché lo scoglio rovinò [e anche 1897, p. 16 sgg., ecc. Sulla lez. cfr.
questo era vero] Se dunque volete con-
. Moore, Crit., 331. sg. - otta: ora; (al-
tinuare il vostro viaggio, andate oltre lotta =
allora). Cfr. Inf. XX, 127.
su per questo argine, e non lungi tro- V. 115-139. La
compagnia dei de-
verete un altro scoglio che fa via ». Que- moni. Malacoda, mentre inganna con
st'ultima era una bugia, poiché tutti i una falsa notizia, vuole apparire molto
ponti di quella 6 a bolgia erano rovinati, generoso verso i P. « Mando colà, verso
cfr. Inf. XXIII, 123 sgg. quello scoglio che via face [echein real-
' '

107. iscoglio non si può :la lezione tà non alcuni di questi demoni
esiste], :

scoglio non si può, che è data da molti, andate con loro, che non vi faranno del
anche ottimi codici imporrebbe di fare male. » E ne chiama dieci per nome, e
scoglio trisillabo, cosa inammissibile; cfr. parla loro in modo ambiguo, da bugiar-
E. Ciafardini, Dieresi e sineresi nella do. D., vedendo i versacci che i diavoli
D. O. (Riv. d'It., giugno 1910), p. 913. fanno, dubita d'inganno, e ne avverte
Altri leggono scoglio non si potrà, ma il V. ma questi lo conforta a star di buon
;

futuro esprimerebbe un dubbio che qui animo. I diavoli si mettono in cammi-


non ha ragion d'essere. no a uno sconcio' segnale dato dal loro
110. grotta rupe. Grotta fu ed è an-
: capo, Barbariccia; i Poeti s' avviano die-
cor viva in tal senso; cfr. Inf. XIV, 114. tro ad essi.
112. Ier: Cristo morì l'anno 34 del- 116. alcun: dannato. - se ne sciorina:
l' èra volgare, come si credette nel me- mette fuori della pegola il capo od altra
dio evo, il 25 di marzo, verso le 3 dopo parte della persona, per avere un po' di
mezzodì; cfr. Matt. XXVII, 46-50. Al refrigerio al bruciore che lo tormenta.
momento della morte, quando « la terra 117. rei: molesti a voi.
[CEKC. 8. BOLG. 5] Inf. xxi. 118-130 [dieci demoni] 189

118 « Traiti avanti, Alienino, e Calcabrina »


cominciò egli a dire, « e tu, Cagnazzd;
e Barbariccia guidi la decina.
121 Libi cocco vegna oltre e Draghignazzo,
Ciriatto sannuto e Graffiacane,
e Farfarello e Eubicante pazzo.
124 Cercate intorno le boglienti pane :

costor sien salvi insino all' altro scheggio


che tutto intero va sopra le tane. »
127 « Omè, maestro, che è quel eh' io veggio? »
diss'io. «Deh, sanza scorta andiamei soli,
se tu sa' ir, eh' io per me non la cheggio.
130 Se tu se' sì accorto come suoli,

118-123. Alleluilo etc: Sui nomi, che grigno o sghignazzo. Farfarello {Parodi,
D. attribuisce ai diavoli di questa bol- 1. e.)« è possibile che fosse nell'uso col
gia molto si sbizzarrirono commenta- senso di folletto '
si confronti il fr.
'
:

tori antichi e moderni per chiarirne l'eti- farfadet e inoltre il toscano farfanic-
mologia e il preciso significato. Inge- chio », e lo troviamo in testi italiani
gnosa ipotesi, anzi troppo ingegnosa, fu posteriori, forse indipendenti da Dante.
quella del Rossetti che questi nomi « siano Più oscuri ci restano i nomi Ciriatto e
parte alterazioni e storpiature, e parte Libicocco ma il nome di Ciriatto che è
;

anagrammatici stravolgimenti de' nomi sannuto (e cfr. Iìif. XXII, 55-56) pro-
stessi de' Priori e de' Sindaci Neri» ch'e- babilmente si riconnette a x°ip o (porco), <?

rano in Ufficio quando nel 1303 venne pronunziato ciros il 2° « con quel suo
;

in Firenze il Cardinal da Prato. Più ve- aspetto tra bizzarro e grottesco» è stato
risimile la ipotesi del Torraca che D. to- derivato da libicus =
libeccio, ch'è vento
gliesse parte di tali « o così come nomi violentissimo, con forse la desinenza di
sono, o leggermente modificandoli, da scirocco (Parodi). Certo è che o li abbia
nomi, cognomi, soprannomi de' suoi con- D. solamente trascelti e adottati tra co-
temporanei », specialmente fiorentini ;
gnomi o soprannomi esistenti, o, com'è
ma difficile è poi determinare il quanto più probabile, li abbia in gran parte fog-
e il quale di tali imprestiti. Certo è che giati e. rifoggiati da sé, questi nomi ci
di buona parte di tali nomi sono evi- appariscono stupendamente adatti agli
denti e il tipo su cui sono foggiati, co- '
angioli neri ', e contribuiscono essi
mune a molti altri soprannomi, e il senso stessi alla comicità che nei canti de' ba-
letterale: non evidente invece, e tutt'al- rattieri è così grande e varia.
tro che sicuro, se e a quali speciali poteri pane: per panie, come letane per
124.
o caratteri personali de' diavoli abbia letanie, matera per materia, ecc. Cfr.
con ciascuno dei nomi o nomignoli inteso Bull. Ili, 99. La pece è attaccaticcia
di alludere il P. Tale è il caso di Bar- come la pania, o vischio ; cfr. v. 18.
bariccia, Cagnazzo, Calcabrina, Graffia- 125-126. scheggio ecc. scoglio forman- :

cane, Malacoda (cfr. n. 76), JRubicante te una catena di ponti che attraversa
(non Babicante), Scarmiglione (cfr. n. tutte le bolge (tane).
105). Quanto ai rimanenti, Alichino non 128. sa' ir : sai andare, cioè se conosci
è se non il nome demoniaco
Helle- ' la via, come già mi dicesti, Inf. IX, 30.
quin '
di leggende diffuse in Francia e Ma l'altra volta
che V. era sceso laggiù,
fra noi Draghignazzo vorrà dire, come
: lo scoglio non era ancora spezzato al
osservava gV&Benv., quasi magnus draco; fondo (cfr. Inf. XII, 37-45); la via per
ma il normale dragonaccio o drago- l
' ' scendere al fondo dell' Inf. era dunque,
nazzo sarà stato reso (così il Parodi,
'
questa volta, diversa. - per me non la
Bull. XXIII, 25 sg.) più efficace acco- cheggio dal canto mio non chiedo scorta
:

modandolo con elementi di ghigno o di- siffatta; mi basta l'aver te per guida.
190 [CKRC. 8. BOLG. 5] Inf.xxl 131-139 -XXII. 1-3 [sconcio segnale]

non vedi tu eli' e' digrignai! li denti,


e con le ciglia ne minaccian duoli »
1

133 Ed egli a me : « Non vo' che tu paventi :

lasciali digrignar pur a lor senno,


eh' e' fanno ciò per li lessi dolenti. »
136 Per V argine sinistro volta dienno ;

ma prima avea ciascun la lingua stretta


coi denti verso lor duca per cenno ;

139 ed egli avea del cui fatto trombetta.


132. con le ciglia: collo sguardo bie- 137. area ciascun ecc.: è atto trivial-
co. « Nel torcere le ciglia degli occhi mente beffardo, iniseberno forse dei due
eglino fanno segnale di volerne ingan- conforme all' indole volgarmente
poeti, e
nare » Barg. - duoli dolori, guai. Al.:
; : vivace e burlona di questo gruppo di
(dal lat. dolus) inganni ma clii vuol in- ; diavoli.
gannare non lo fa capire anticipata- 138. cenno: di segreta intelligenza.
mente. 139. egli quel diavolo di Barbariccia
:

135. lessi: lessati nella pece. E lessi imita in modo sconcio per sé stesso, ma
han tutti i codici più antichi. Cfr. per conveniente alla qualità ed al carattere
l'imagine, ch'è la stessa, i v. 55-57. AL: di questi demoni, il trombettiere; e i suoi
lesi ; ma i barattieri non sono lesi, cioè demoni si muovono al segnale dato da
offesi a torto, ma giustamente puniti. questa degna tromba. Linguaggio e stile
Ancor piti errate le lez. lassi, illesi, ecc. corrispondono'pienamente albi materia.

CANTO VENTESIMOSECONDO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA QUINTA: BARATTIERI

CIAMPOLO NAVARRESE, FRA GOMITA, MICHEL ZANCHE


ZUFFA DE' DEMONI

Io vidi già cavalier muover campo ,

e cominciare stormo, e far lor mostra,


e talvolta partir per loro scampo ;

V. 1-15. Jba fiera compagnia. I P. 1. muover campo: mettersi in marcia;


s'avviano coi dieci diavoli, allo sconcio lat. castra movere.
segnale dato da Barbariccia (cfr. v. 139 2. stormo: dal ted. Sturm, combatti-
del e. XXI) e tal segnale porge a D.
; mento. Benv. « tumultum et rumorem
:

occasione di rammentarne altri ebe egli contra terram obsessam, oppugnandam,


stesso ba veduti e uditi dare in opera- qui actus etiam babet fieri sub certo si-
zioni di guerra e in esercitazioni mili- gilo. » - mostra rassegna o rivista.:

tari varie. 3. partir ecc.: battere in ritirata.


1

[CERC. 8. BOLG. 5] INF. XXII. 4-19 [fiera compagnia] 191

corridor vidi per la terra vostra,


o Aretini, e vidi gir gnaldane,
fedir tornearoenti, e correr giostra,
quando con trombe e quando con campane,
con tamburi e con cenni di castella,
e con cose nostrali e con istrane ;

10 né già con sì diversa cennamella


cavalier vidi muover, né pedoni,
né nave a segno di terra o di stella.
13 Noi andavam con li diece di moni :

ahi fiera compagnia ! ; ma nella chiesa


co' santi, e in taverna co' ghiottoni.
16 Pure alla pegola era la mia intesa,
per veder della bolgia ogni contegno
e della gente eh' entro v' era incesa.
19 Come i dalfìni, quando fanno segno
4. corridoi': drappelli che scorrazzano mamella, ceramella, cialamella, ciara-
per sorprendere il nemico, o come esplo- mella, cannameli», ecc. Cfr. Tavola Ri-
ratori. Al.: Gente che fa scorrerie. - tonda ed. Polidori, I, 64, 517; II, 38.
vidi nella battaglia di Campaldino del
: Nannuc, Alan. I 2 519. ,

1289. Cfr.gtf. Vili. VII, 131. O in altra 12. di terra: che si scopra da lungi. -
occasione? Cfr. Kraus, 35. di stella che si mostri in cielo. « Nec
:

5. gualchine « cavalcate le quali si


: sidus regione viae litusvefefellit»; Virg.,
fanno alcuna volta in sul terreno de' ni- Aen. VII, 215, nel qnal luogo sidus è il
niici a rubare et ardere e pigliar pri- segno di stella, litus il segno di terra.
gioni » Buti. È vocabolo d' orig. germ.
; 14. nella chiesa ecc.: questo proverbio
6. torneamenti: tornei, zuffe di uo- popolare vuol dire che la compagnia cor-
mini a cavallo. «Fedir torneamenti, com- risponde sempre al luogo in cui l'uomo si
battere ne' tornei, squadra con squadra, trova. Nell'Inf. non poteva dunque il
e correr giostra, uomo contr' uomo » ;
P. aspettarsi compagnia migliore.
L. Yent., Simil. 352. Nota il Land, che V. 16-30. Come i barattieri cercano
meutre nei versi precedenti si parla di sollievo. Confortato dalle parole rassi-
vere azioni belliche, in questo si ricor- curanti di V. circa i diavoli dati loro
dano « esercizi militari,fatti per feste per iscorta (XXI, 133 sgg.), D. volge
e giuochi e per dar diletto a' popoli ». l'occhio e l'attenzione alla bollente pece,
7. e impane al suon di campana, come
: e nota che di tanto in tanto, per aver
usavano i Fiorentini, i quali guidavano un momento di sollievo, i x^eccatori met-
le squadre al suono della Martinella, ap- tono fuor della pegola il dorso, o anche
pesa al Carroccio. Cfr. Q. Vili. VI, 75. il volto;ma, all' apparir di Earbariccia
8. cenni di castella fumate di giorno
: e de' suoi diavoli, si ritirano tosto sotto.
e fuochi di notte. 16. intesa: attenzione.
introdotte da
9. istrane: forestiere, 17. contegno: condizione, particolarità.
Francesi e Tedeschi. AL: Cosa contenuta; così Benv., Buti,
10. né già: ma veramente non: già Dan., Cast., ecc. Ma D. dice: Per ve-
qui ha valore asseverativo. - diversa: der della bolgia ogni contegno JE della
strana, bizzarra, quale la trombetta di genta*ecc; e di quella gente voleva' '

Barbarmela. - cennamella: dal lat. cala- vedere la condizione, il modo di essere,


meli^ (diminut. di calamus), attraverso non ciò che conteneva.
alle forme del frane, ant. canimeaus e 18. incesa: abbruciata.
ckalemel; istrumento musicale, che so- 19. dalfìni delfìni, che « quando ven-
:

na,;: si col nato, e che aveva presso a gono notando sopra l'acqua del mare,
poco la forma di un clarinetto. AL: ceni- appressandosi alle navi, significano che
102 [CBBC. 8. BOLO. 5] INP. \\U. 20-37 [CIAMPOLO]

marinar con l'arco della schiena,


ai

argomentin di campar lor legno


clic s' -,

22 fcalor così, ad alleggiar la pena,

mostrava alcun dei peccatori il dosso,


e nascondeva in men che non balena.
^ E come all' orlo dell' acqua (V un fosso
stanno i ranocchi pur col muso fuori,
sì che celano i piedi e 1' altro grosso ;

28 sì stavan d' ogni parte i peccatori ;

ma come s' appressava Barbariccia,


così si ritraean sotto i bollori.
ai Io vidi, ed anco il cor me n' accapriccia,
uno aspettar così, com' egli incontra
eh' una rana rimane ed altra spiccia.
34 E Graffiacan, che gli era più di con tra,
gli arroncigliò le impegolate chiome,
e trassel su, che mi parve una lontra.
37 Io sapea già di tutti quanti il nome,

tosto dee venire tempesta » Pass avanti ; dà il P. Kè altro saporiamo di lui. Filai.:
(cfr. Bull. XVIII, 9). « Se la tradizione non lo chiamasse Ciani-
21. s'argomentili ecc.: s' ingegnili di polo, io supporrei che costui fosse il sini-
salvare la nave dalla minacciante tem- scalco Goffredo di Beaumont, cui Te-
pesta, di cui essi danno l'annunzio. baldo durante la sua assenza affidò il
22. alleggiar: alleviare, alleggerire. governo di ISavarra ».
24. ìiascoiideya : esso dosso, rituffan- 33. rimane: col mnso fuor dell'acqua.
dosi nella pece. - spiccia si ritira veloce sott' acqua.
:

26. pur : solo ; cfr. Inf. XXXII, 31 sg. « Iuvat esse sub undis, Et modo tota
27. celano: nell' acqua. - 1' altro gros- cava submergere membra palude, Kunc
so : il resto del corpo, tozzo e relativa- proferre caput, summo modo gurgite na-
mente grosso. re, Saepe super ripam stagni consistere,
30. così: in men che non balena, v. 24. ssepe In gelidos resilire lacus »; così delle
- bollori della pece.
: rane dice Ovid., Met. VI, 370 sgg.
V. 31-75. Ciambolo Navarrese. 34. di contra: dirimpetto, di fronte;
Uno, che si era sporto col capo, non es- cfr. Par. XXXII, 133.
sendo stato lesto a nascondersi sotto la 35. arroncigliò: prese col ronciglio.
pece, è acchiappato dai demoni, che ne 36. lontra lutra « animale tutto pi-
: ;

fauno strazio. Richiestone da V. per de- loso e nero hae quattro piedi ed è lungo,
;

siderio di D., ei dà contezza di sé, dicen- ed ha una lunga coda; vive e fa sua
dosi Navarrese, già servitore del re Te- pausa la maggior parte del tempo in
baldo, ma non si nomina. Barbariccia acqua » Lan. - « Chi abbia veduto que-
;

poi lo stringe fra le braccia, facendo sto animale, conoscerà quanto viva sia
scostar gli altri diavoli, e dicendo a V. la similitudine tra il dannato tratto su
di chiedere al dannato quel che gli piac- dalla pece, e la lontra, la quale ha pelle
cia. V. chiede se sotto la pece sianvi untuosa e color quasi nero, e che cavata
1
latini '. Ma i diavoli impazienti rico- fuori dell' acqua con le gambe spenzo-
minciano a straziarlo. Di costui gli an- late e grondanti presenta forme appro-
tichi commentatori o non danno notizia, priate all' atto che il Poeta descrive » ;

o dicono che si chiama Ciambolo o Giam- L. Vent., Simil. 417.


polo, i^arafrasando il testo di D. senza 37. tatti quanti: i dieci demoni; ciò
aggiungere notizia alcuna a quelle che ci dice a schiarimento del v. 34.
[CERC. S. BOLG. 5] INF. XXII. 38-58 [CIAMPOLO] 193

sì li notai quando furono eletti,


e poi che si chiara aro, attesi come.
40 « Rubicante, fa' che tu gli metti
gli unghioni addosso, sì che tu lo scuoi ! »
gridavan tutti insieme i maladetti.
E io « Maestro mio, fa', se tu puoi,
:

clie tu sappi chi è lo sciagurato


venuto a man degli avversari suoi. »
40 Lo duca mio gli s' accostò allato ;

domandollo ond' ei fosse, e quei rispuose :

« Io fui del regno di Navarra nato.


49 Mia madre a servo d'un segnor mi puose,
che ni' avea generato d' un ribaldo,
di struggi tor di sé e di sue cose.
Poi fui famiglia del buon re Tebaldo ;
quivi mi misi a far baratteria,
di eh' io rendo ragione in questo caldo. »
E Ciriatto, a cui di bocca uscia
d' ogni parte una sauna come a porco,
gli fé' sentir come 1' una sdruscia.
58 Tra male gatte era venuto il sorco ;

38. sì: così bene. - eletti: cfr. Inf. monio da distruggere), ma perchè me-
XXI, 118-123. nava vita da ribaldo, in ciò che aveva
39. attesi come feci attenzione ai
: di meno umiliante, ma di più vizioso,
nomi con che si chiamavano l'un l'altro. cioè giocare, gozzovigliare e stare in bor-
41. unghioni artigli. - scuoi scorti-
: : dello. » Scrive Benv. I, 104 « iste vilis-
chi: da scuoiare strappare il cuoio.= simus ribaldus tot bona consumpsit in
a man in potere. - avversari « Ad-
45. : : putanariis, in ribaldariis. »
versarius vester diabolus tamquam leo 51. distruggitor ecc. dissipatore dei :

rugiens circuit, ecc. » I Petr. V, 8. ; suoi beni e suicida.


48. nato: nativo. Fui nato si disse in 52. famiglia famigliare, servo, lo stes-
:

ant. per nacqui (cfr. Inf. V, 97); ma se so che famiglio, come pure altri leg-
qui fui nato valesse nacqui, bisogne- gono; Fanfani, Studi ed oss., 67.
cfr.
e non - Tebaldo Tebaldo II, conte di Sciam-
l
rebbe leggere nel regno del ' '
:

regno ', come ci danno i codici. pagna, che nel 1253 succedette nel re-
50. che perciocché. Adduce il motivo
: gno di Navarra a Tebaldo I, e morì
per cui sua madre fu costretta a met- nel '70 in Sicilia di ritorno dalla spedi-
terlo al servizio del re Tebaldo. - ri- zione contro Tunisi fatta dal re Luigi IX
baldo Fra Giord., Fred. ined. ed. Nar-
: di Francia è citato da D. come poeta nel
;

ducci, p. 429 « Quando l' uomo si va


: De Yulg. FI., I, 9; II, 5, 6.
a 'mpiccare, già non ha egli in odio e 54. rendo ragione: rendo conto, pago
non vuol male al ribaldo che lo 'inpic- il fio. - caldo: pece bollente.
ca. » Ribaldi ', come chiarì il Barbi,
'
56-57. d'ogni parte: a destra e a si-
(Bull. XII, 263 e XVIII, 9), si chiama- nistra della bocca. - l' una delle due :

rono coloro che senz' arte onesta vives- saune. - sdruscia stracciava; da sdru-
:

sero alla giornata di giuoco, di rapina scire o sdrucire: scucire, aprire, fendere,
e di mestieri vili e turpi e il padre di ; spaccare, ecc.
Ciampolo è detto ribaldo « non perchè 58. sorco: sorcio, topo. Sorco usò l'Ario-
tale di condizione sociale (ha un patri- sto fuor di rima (cfr. Bull. Ili, 155).

13. Div. Cornili. , 8a ediz.


194 [OBRC. 8. BOLG. 5] INF. xxii. 59-75 [ciambolo]

uni Barbariccia il chiuse con le braccia,


e disse : « State in là, inentr' io lo 'nforco ! »

E ;il maestro mio volse la faccia :

« Domanda » disse « ancor, se più disii


saper da lui, prima ch'altri il disfaccia. »
64 Lo duca dunque « Or di' degli altri rii : :

conosci tu alcun che sia latino


sotto la pece? » E quegli « Io mi partii, :

G7 poco è, da un che fu di là vicino ;

così foss' io ancor con lui coperto,


eh' io non temerei unghia né uncino » !

70 E Libi cocco « Troppo avem sofferto ! »


disse; e presegli il braccio col ronciglio,
sì che, stracciando, ne portò un lacerto.
73 Draghignazzo anche i volle dar di piglio
giuso alle gambe ; onde il decurio loro
si volse intorno intorno con mal piglio.

59-60. chiuse : circondò e strinse. - e 73. i volle ecc. : gli volle metter ad-
disse : « tamquam dux superior eorum, dosso gli uncini.
qui poterat eis praecipere » Benv. ; 74. giuso : volle prendergli le gambe
60. mentre finché. - inforco lo tengo
: : col ronciglio per l'appunto come Libi-
stretto tra le braccia. Cfr. la frase in- cocco gli aveva preso il braccio. - decu-
forcar gli arcioni, Purg. VI, 99. AL: Fin- rio: decurione, capo della decina, cioè
ché non lo piglio io coli' uncino. Ma Bar- Barbariccia; cfr. Inf. XXI, 120.
bariccia non lo pigliò con l' uncino. 75. con mal piglio: con volto crucciato
63. altri altri demoni, bramosi di di-
: e minaccioso.
sfarlo, cioè lacerarlo, co' loro uncini. V. 76-90. Fra Gomita e Michel
64. dunque: allora; significato tempo- Zanche. Sedata un po' la crudele furia
rale originario che adunque (dal lat. ' '
dei diavoli, Cianrpolo, richiestone da V.,
ad tunc) conservava tuttavia nell'ital. parla di certi suoi compagni laggiù nella
antico accanto a quello conclusivo che pece, nominando frate Gomita e Michel
solo gli è poi rimasto cfr. Inf. XXIII, : Zanche. Il primo fu di nazione sardo,
133 e XXXIII, 118. frate non si sa di qual ordine. Di lui,
65. latino: italiano; così anche Inf. d' accordo con Bambgl., An. Sei., lac.
XXVII, 27 e 33; XXIX, 88, 91, ecc. Dant., e altri antichi, il Veli. « Fu ap- :

Gonv. IV, 28 « il nobilissimo nostro


: presso di Nino Visconti di Pisa [il quale
latino Guido Montefeltrano ». tenne il giudicato dì Gallura dal 1275
67. un: lo nomina più oltre, v. 81. - al 1296] e signore del giudicato di Gal-
di là Ticino: di quelle vicinanze, cioè lura in Sardi gna di grande autorità. E
dell' isola di Sardegna, vicina all' Italia. benché di lui fossero a Nino referti e
68. sotto la pece. Più della
coperto : dimostrati molti vizi, e le baratterie che
pece teme le unghie e gli uncini dei de- usava nel governo, nondimeno poteva
moni tra le cui branche già si trova. tanto una invecchiata impressione che
70. sofferto: avuto tolleranza, pazienza. aveva di lui, che fosse buono e giusto
72. stracciando: stracciandogli il brac- uomo, che a nessuno voleva in questo
cio.- lacerto: brano' di carne; lat. lacer- prestar orecchie, giudicando che tutto
tus. «Lacerto è propriamente congiun- fosse detto per invidia, fino a tanto che,
zione di più capi di nervi insieme, et è avendo frate Gomita lasciato andare per
in alcune parti del braccio; ma comu- denari alcuni nemici di Nino che gli
nemente s' intende per la parte di sopra erano venuti nelle mani, fu fatto chiaro
del braccio » ; Buti. del tutto, e fecelo appiccar per la gola. »
!ERC. 8. BOLG. 5] INF. XXII. 76-90 [fra gomita] 195

76 Quand' elli un poco rappaciati fuoro,


a eh ancor mirava sua ferita,
lui,
7

domandò il duca mio san za dimoro :

~9
« Olii fu colui da cui mala partita
di' che facesti per venire a proda ? » 1

Ed ei rispuose « Fu frate Gomita, :

82 quel di Gallura, vasel d' ogni froda,


eli' ebbe i nimici di suo donno in mano,

e fé' sì lor, che ciascun se ne loda.


85 Danar si tolse, e lasciolli di piano,
sì coni' ei dice ) e negli altri offici anche
non picciol, ma sovrano.
barattier fu
Usa con esso donno Michel Zanche
di Logodoro e a dir di Sardigna j

le lingue lor non si sentono stanche.

- « Fu cancelliere del Giudice di Gallura, di Arborea. - vasel vaso. « Erat totus :

e fu molto malizioso e grande trabal- conflatus ex omni genere fraudiuni, ar-


diere per danari»; An. Sei. marium omnis inaliti» » Benv. ;

Michel Zanche dicesi che fu siniscalco 83. donno: signore; cioè, secondo an-
di Enzo re e governatore di Logodoro, tiche chiose, Ugolino o Mno, figliuolo
una delle quattro Giudicature della Sar- di Giovanni de' Visconti di Pisa cfr. ;

degna. Morto Enzo, Michele Zanche si n. 76-90. Donno


qui e nel v. 88 è usato
fece signore di Logodoro, sposando Bian- come espressione sarda, in senso di si-
ca Lanza, madre di Enzo (Benv., Land., gnore, messere.
Veli., ecc.), o la vedova di Enzo, Ade- 84. fé' sì lor ecc. usò ad essi siffatto
:

lasia (Petr. Dant., ecc.). «Essendo fat- trattamento, che ciascun di loro se ne
tore della madre del re Enzo, figliolo chiama contento: li lasciò infatti fuggire.
dello 'mperadore Federigo, per sua ri- 85. di piano: di solito si spiega pia- '

venderla in tanta ricchezza divenne, che namente '. Meglio: Senza processo, o,
dietro alla morte della detta donna Giu- piuttosto, con procedimento sommario
dice, cioè signore, del detto paese si « sine strepitu et figura iudicii » Bull. ;

fece » Iac. Dant. - « Mortuo rege Enzo,


; IX, 257 sg., XII, 264 e XVIII, 9.
ehi s uxorem cepit in coniugem, et Iu- 86. coni' ei dice : « ciò si riferisce al di
dicatum Gallura© accepit sua fallacia et piano, frase sarda. E qui D. l'ha po-
baratteria; et ex ea habuit fìliam, quara sta per cuculiare frate Gomita in una
postea maritavit domino Branchse Auria9 u
espressione sarda. Sì, corri' ei dice, cioè
de Genua, qui ad mensam post eum pro^ come è usato dire nel suo dialetto » ;

ditorie interemit » Petr. Dant. - Fu uc-


; Betti. Ma piano è anche in altri dia-
di
ciso nel 1275 ; cfr. Inf. XXXIII, 137 sg. letti; sicché sarà da intendere (cfr. la n.
76. elli : eglino. - rappaciati : chetati. prec.) che col di piano, o de plano, Ciam-
- fuoro : fóro, furono. polo ricordi, con ironia, la parola con cui,
78. dimoro: dimora, indugio; in que- accennando alla via procedurale seguita,
sto seuso anticamente anche in prosa. via legalmente riconosciuta ed ammessa,
79. mala partita partenza in mal pun-
: cerca Frate Gomita di scolparsi « Li la- :

to, per tua sventura. sciò liberi con procedimento sommario,


82. Gallura nome dell' uno de' quattro
: sì com' ei dice un po' troppo sommario
:

Giudicati di Sardegna, nella parte nord- davvero » - negli altri offici da lui te-
! :

est dell'isola. Quando i Pisani nel 1117 nuti, oltre che nell' affare della libera-
ebbero conquistata la Sardegna, toglien- zione dei prigionieri.
dola ai Saraceni, la divisero in quattro 88. usa: pratica. - donno : Don, Mes-
Giudicature: di Logodoro (o delle Tor- sere, cfr. v. 83.
ri), di Caluri (o Cagliari), di Gallura e 89-90. a dir ecc. : non si stancano mai
L96 |< br< Inf. xxii. 91-10H [michkl zanohbJ

91 Orni', vedete L'altro che digrigna:


io direi anche; ma io temo eli' elio
non s' apparécchi a grattarmi la tigna. »
9 1
E '1gran proposto, volto a Farfarello
che stralunava gli occhi per fedire,
disse : « Fatti in costà, malvagio uccello ! »
« Se voi volete vedere o udire »
ricominciò lo spaurato appresso,
« Toschi o Lombardi, io ne farò venire;
100 ma stien le Malebranche un poco in cesso,
sì eh' ei non teman delle lor vendette ;

seggendo in questo luogo stesso,


e io,
103 per un eh' io son, ne farò venir sette,
quando sufolerò, com' è nostr' uso
di fare allor che fuori alcun si mette. »
10G Cagnazzo a cotal motto levò il muso,
crollando il capo, e disse « Odi malizia :

eh' egli ha pensata per gittarsi giuso » !

109 Ond' ei, eh' avea lacciuoli a gran divizia,

di parlare della Sardegna, non per amor 96. uccello: avendo ali; cfr. v. 115,
di patria, ma per raccontarsi le barat- 127, 144; XXIII, 35.
terie e ribalderie colà fatte, « quia qui- 98. spaurato : impaurito. A torto altri
libet libenter confert de arte sua »; Benv. hanno inteso: tolto di paura, rassicu-
E poiché non potevano parlare sotto la rato, senso che la parola non può avere
bollente pece, Ciampolo alluderà ai di- e che qui non è conveniente.
scorsi clie fanno, quando riesce loro di 99. Toschi ecc.: altri latini, cfr. v. 65.
stare pur col muso fuori, v. 26. 100. le Malebranche nomignolo generi- :

V. 91-132. 1 diavoli ingannati. Par- co dei diavoli. AL: male branche ma cfr. ;

lando ai P., 1' astuto Navarrese ha esco- XXI, 37, XXIII, 142. -in
23, XXXIII,
gitato un modo di liberarsi dai demoni cesso: in disparte; cfr. Bull. Ili, 134.
che daccapo fanno cenni di minaccia. 101. ei: quei Toschi e Lombardi che
Purché questi si scostino un poco e si Ciampolo dice che farà venire. - non
nascondano per un momento, ei pro- teman ecc. sperino di potere impune-
:

mette di far uscire molti dannati fuor mente sporgere un po' fuor della pece.
della pegola, facendo un certo fischio 102. seguendo: promessa ingannevole
convenzionale. Nonostante l'opposizione per indurre i diavoli a ritirarsi e poter
di Cagnazzo, che ha subito indovinata, con un rapido salto rituffarsi.
l'astuzia del Navarrese, i diavoli, su pro- 103. sette: molti; il numero determi-

posta di Alichino, per un momento si ri- nato per indeterminato.


l'

tirano, e Ciampolo lesto e pronto salta giù. 104. nostr'uso i più credono che Ciam-
:

Alichino volando tenta arrivarlo, ma il polo parli sul serio, e che veramente,
dannato è ormai scomparso sotto la pece quando alcuno de' sommersi, mettendo
91. l' altro demonio Farfarello, v. 94.
: ; fuori il muso, s' accorge che non vi sono
92. anche ancora. - elio
: egli, cioè : demoni lì vicino, avverta gli altri com-
V altro. pagni con un fischio, affinchè si mettali
grattarmi la tigna: Grattare la ti-
93. fuori anch'essi. Ma
è più probabile che
gna è modo basso, anche nell'uso vivo, per Ciampolo dica qui una menzogna, avente
esprimere il percuotere o picchiare senza carattere di verisimiglianza, per ingan-
misericordia. - tigna cfr. Inf. XV, 111.
: nare i diavoli e liberarsi da loro.
94. proposto: propositus; Barbariccia. 109. lacciuoli: astuzie frodolente.
[CERC. 8. BOLG. 5] INF. XXII. 110-126 [DIAVOLI INGANNATI] 197

rispuose: « Malizioso son io troppo,


quand'io procuro a' miei maggior tristizia ! »
112 Alichin non si tenne, e di rintoppo
agli altri disse a lui : « Se tu ti cali,

io non ti verrò dietro di galoppo,


115 ma batterò sovra la pece l' ali :

lascisi il collo, e sia la ripa scudo


a veder se tu sol più di noi vali ».
118 tu che leggi, udirai nuovo ludo :

ciascun dall' altra costa gli occhi volse ;

quel prima, che a ciò far era più crudo.


121 Lo Navarrese ben suo tempo colse ;

fermò le piante a terra, e in un punto


saltò e dal proposto lor si sciolse.
124 Di che ciascun di colpa fu compunto,
ma quei più, che cagion fu del difetto;
però si mosse e gridò « Tu se' giunto » : !

110. malizioso la voce malizioso ha


: rano. Supponete eh' ai due lati s' alzino
doppio senso, astuto e malvagio. Cagnaz- due alti orli di pietra, affinchè la pece
zo ha detto malizia per astuzia Ciain- ; rimanga in mezzo la sommità di cia- ;

polo fìnge di aver inteso per malvagità, scun rilievo chiamatela collo e il pen-
e risponde « È vero, sono molto malva-
: dìo chiamatelo ripa subito allora com- ;

gio, se per dare spasso a voi mi faccio prenderete che vuol dire: Lascisi il collo,
traditore dei miei compagni di pena. » e la ripa ci sia di scudo, sì che chi sorge
111. maggior: che non hanno laggiù, dal lago non veda noi che ci acquattiamo
sotto la pegola. - tristizia tormento, of- : al pendìo esterno » Boss. Lo stesso ri-
;

frendoli, col farli uscire, ai vostri artigli pete il Tommaseo.


e roncigli. 117. a veder ecc. per vedere se tu :

112-113. nontenne: non resse alla


si vali più di noi per astuzia e velocità.
tentazione, come apparisce dalle parole 118. ludo: lat. ludus, giuoco.
sue (vv. 113 sgg.), di sfidare il dannato, 119. volse : per ritirarsi e nascondersi.
sentendosi sicuro che quegli non var- 120. quel: Cagnazzo, cfr. v. 106 sgg.
rebbe (v. 117) più di loro. - di rintoppo - crudo : restìo, ritroso.
agli altri: oppostamente agli altri dia- 121. suo tempo colse : colse il momento
voli che non volevano assecondar la pro- opportuno, in cui i diavoli guardavano
posta di Ciampolo. altrove e Barb. doveva aver un po' al-
114-115. io non ecc. se tu ti getti giù
: lentata la stretta delle forti braccia.
non corren-
nella pece, io ti verrò dietro 123. dal proposto: dal loro gran pro-
do, ma volando e ti raggiungerò prima
; posto, v. 94, cioè da Barbariccia. - si
che tu sia tuffato. Dunque non tentar sciolse: si liberò. - Al. intendono: dal
di fuggire, che non ci riusciresti. proposito dei diavoli di fare strazio di
116. collo: colle, la sommità dell'ar- lui, immaginando che Barb. siasi an-
gine. Bull. Ili, 118. Parlando a' suoi ch'egii mosso e allontanato con gli altri.
degni compagni, Alichino dice: «Ab- 124. di colpa ciascuno si accusò col-
:

bandoniamo la sommità dell' argine e pevole di averlo lasciato scappare. AL:


scendiamo alquanto dall'altra parte, sì di colpo, cioè, ciascuno fu compreso su-
che la ripa ci nasconda ai chiamati dal bito da dolore. Cfr. Z. F., 133.
Navarrese. » - « Supponete il lago di pece 125. quei Alichino, v. 112 sgg. - più
: :

mezzo alla bolgia, di modo che


starsi in fu più compunto, -difetto: mancamen-
rimangano due larghi margini di qua e to, fallo.
di là al passaggio de' diavoli che vi gi- 126. si mosse : volando egli primo, co-
198 [CERÒ, 8. BOLO. 5] INF. XXII. 127-144 [ZUFFA DEI DKMoNl]

127 Ma poco valse; che l'ali al sospetto


i

non poterò avanzar: ditegli andò sotto,


e quei drizzò, volando suso, il petto:
130 non altrimenti l'anitra di botto,
quando il faleon s'appressa, già s' attuffa,
ed ei ritorna su crucciato e còtto.
133 Irato Calcabrina della buffa,
volando dietro gli tenne, invaghito
che quei campasse, per aver la zuffa ;

136 e come '1 baratti er fu disparito,


così volse gli artigli al suo compagno,
e fu con lui sovra il fosso ghermito 5

139 ma 1' bene sparvi er grifagno


altro fu
ad artigliar ben lui ed amendue ,

cadder nel mezzo del bogliente stagno.


142 Lo caldo sghermitor subito fue ;

ma però di levarsi era neente,


sì avieno inviscate V ali sue.
me primo aveva accolta la sfida. - gridò : l'uno contro l'altro, quando non hanno
troppo presto. - giunto raggiunto, cfr. : più deboli da danneggiare » Tom. ;

Inf. Vili, 18. 136. disparito : scomparso sottola pece.


127. i valse gli giovò il volare. - sospet-
: 137. così ecc. : tosto Calcabrina volse
to: paura. La paura die' a Ciampolo mag- le adunche unghie ad Alichino.
e forti
gior velocità che non consentissero ad ghermito: si ghermì, cioè
138. fu....
Alienino le ali. « Pedibus timor addidit si azzuffò con lui sopra il fosso, in aria.
alas»; Virg., Aen. Vili, 224. Pecorone, g. I, nov. 1 « la gazza fuggì :

129. quei: Alienino drizzò il petto, vo- nel giardino di messere Stricca e lo
lando di nuovo su verso F argine. sparviere si ghermì con lei ».
130. di botto: di colpo, d'un subito. 139. l'altro: Alichino. - bene: vera-
Paragona Ciampolo anitra che in un
all' mente. - grifagno atto ad afferrare. :

attimo si tuffa Alienino al falcone che


; « Chiamano sparviere nidiace, quando
invano si cala con volo rapido e sicuro picciolino è preso nel nido, che ancora
dall'alto per ghermirla. non può volare. Et ramingo, quando co-
132. ei: il falcone. - rotto: scornato mincia a volare, et sta su i rami. Et grì-
e perciò crucciato =
di mal talento. Al. /agno, poi che è mutato in selva, et que-
intendono rotto per 'spossato, stanco'. sti ultimi, benché con più difficoltà si
Cfr. Inf. XVII, 127 sgg. concino, nondimeno sono più animosi
V. 133-151. Ztiffa dei demoni, Cal- allo uccellare » Land. Così pure JBenv.,
;

cabrina vola dietro ad Alichino per az- Gelli, ecc.


zuffarsi con lui vengono alle mani per
; 140. artigliar: afferrare con gli artigli.
l'aria e cadono ambedue nella pece bol- 142. sghermitor: verbale da sghermi-
lente. Appena caduti, si lasciano andare, re, che è il contrario di ghermire, v. 138 ;

e tentano di uscire dalla pece, ma non dunque partitore, separatore de' due con-
possono, essendosi in essa invischiate le tendenti che si erano artigliati. Senso:
ali. Gli altri demoni vanno giù a libe- Il caldo della pece sghermì, separò subito
rarli coi loro uncini. Comica diabolica, que' due diavoli che s' erano ghermiti.
degna del luogo e dei personaggi. 143. di levarsi era neente: non era loro
133. Irato: contro Alichino. - buffa: possibile di levarsi di lì e rivolare in
beffa, inganno (Parodi, Bull. Ili, 149). su; per la frase cfr. Inf. IX, 57.
135. quei :Ciampolo. - aver la zuffa : 144. sue loro, come Inf. X, 13. Purg.
:

con Alichino. « I malvagi si volgono Vili, 27, ecc.


[CERC 8. BOLG. 6] INF. XXII. 145-151 -XXIII. 1-2 [FUGA D. POETI] 199

Barbariccia, con gli altri suoi dolente,


quattro ne fé' volar dall'altra costa
con tutti i raffi, ed assai prestamente
18 di qua, eli posta
là discesero alla :

porser gli uncini verso gV impaniati,


eh' eran già cotti dentro dalla crosta ;

151 e noi lasciammo lor così impacciati.

145. gli altri: sette, spettatori della 149. impaniati presi nella pania, cioè
:

zuffa. - dolente: e della fuga del Na-


invischiati nella pece.
varreee, e della sventura dei compagni. 150. crosta: pelle indurita dalla su-
146. quattro ecc. a quattro de' sette
: bita cottura. Erano dunque già cotti
rimasti ordina di volare sull' altra riva non solo alla superficie, ma anche den-
della bolgia; egli coi rimanenti tre re- tro. I più : Dentro dalla crosta che la
qua sono così quattro per parte.
i :
pece formava. Mala pece, se bolliva
147. con tutti i raffi : armati tutti continuamente, non formava crosta.
de' loro uncini. 151. impacciati: imbarazzati, gli uni
148. alla posta: al posto assegnato a procurando di liberare sé stessi, gli altri
ciascuno da Barbariccia. i compagni.

CANTO VENTESIMOTERZO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA SESTA IPOCRITI :

(Camminano in fila lentamente, vestiti ed oppressi da pesanti cappe di piombo,


esternamente dorate)

FRATI GODENTI CATALANO E LODERINGO, CAIFASSO

compagnia
Taciti, soli e sanza
n'andavam, l'nn dinanzi e l'altro dopo,
V. Ftiga dei Poeti* Mentre i
1-57. quel punto dell'argine di dove i Poeti
diavoli sono intenti ai lorodue compagni si sono calati; ma ivi s'arrestano, non
invischiati nella pece, D. e Y. si allonta- essendo concesso ai demoni di uscire
nano da essi, e continuano a camminare dalla loro bolgia.
sopra 1' argine. D., non a torto pauroso 1. Taciti essendo assorti in gravi pen-
:

d'essere assalito dai diavoli stizziti, pre- sieri. - soli i demoni sono rimasti in-
:

ga Y. che trovi modo di sottrarsi da es- dietro dannati non se ne vedono. - com-
;

si e Y. (che già ci aveva pensato) come


; pagnia: dei dieci diavoli. Alla comica
s'accorge dei diavoli che corrono alla infernale del precedente canto segue su-
loro volta, abbraccia D., e, tenendoselo bito la solenne serietà colla quale D. e
addosso, striscia supino giù per la pen- Y. continuano il loro cammino su l' ar-
dente ripa fin nella sesta bolgia. Yi è gine che divide la 5 a dalla 6a. bolgia.
appena giunto, che i diavoli arrivano a 2. l' un dinanzi ecc. come sogliono
:
200 [cero. 8. non;. 6] Inf. xxiii. 3-16 [fuga dei poeti]

coinè frati minor vanno per via.


Voi lo era in su la favola d'Isopo
lomio pensier per la presente rissa,
1
dov el parlò della rana e del topo;
elie non si pareggici ino e issa ',
più ' '
i

che 1' un con l'altro fa, se ben s' accoppia


principio e fine con la mente iissa.
io E come 1' un pensier dell'altro scoppia,
così nacque di quello uu altro poi,
che la prima paura mi fé' doppia.
13 Io pensava così « Questi per noi
:

sono scherniti con danno e con beffa


sì fatta, eh' assai credo che lor nói.
L6 Se l' ira sovra il mal voler s' aggueffa,

andare, V. primo e D. secondo cfr. Inf. ; portò l'uno e l'altro, e amendne li si


I, 136; II, 139; IY, 15; X, 3; XI, 112; beccò » Buti. ;

XIV, 140 XV, 97 sg. ecc.


; 5. presente rissa: cfr.Zn/.XXII, 133 sgg.
3. come « È usanza de' Frati mino-
:
7. pareggia: rassomiglia. - mo ora :

ri.... andare 1' nno innanzi, quello di più (troncamento di modo). - issa voce del- :

autorità, l'altro dirietro et seguitarlo » ; l' uso lucchese, che pur vale 'ora':
An. Fior. - « Anche nei Moretti di cfr. Parodi, Bull. Ili, 133.
S. Francesco.... se due frati hanno da 8. l' un con l'altro l'una cosa con l'al- :

camminare insieme, 1' uno precede l'al- tra. Qui uno ed altro sono usati quali
tro »; Della Giovanna in Lectura Dan- pronomi di genere neutro, uso non raro
tis, p. 12. « Il quale costume ei dove- nell'antico ital. {Bull. XVIII, 10). - s'ac-
vnno avere in quei tempi, perchè oggi coppia: si confrontano principio e fine
usano eglino di andare al pari » Gelli. ; dell'avventura della rana e del topo con
4. d'Isopo: la favola non è di Esopo, quelli del caso di Alienino e Calcabrina.
ma passava per tale in quei tempi. 9. principio: la rana vuol nuocere al
« Isopo è uno libello che si legge a' fan- topo, come Calcabrina ad Alichino. -
ciulli che imparano grammatica [è una fine rana e topo preda del nibbio Cal-
:
;

raccolta dì favole in distici latini], tra cabrina ed Alichino preda della pece. -
le quali ve n'è una che dice, che., an- fissa : attenta.
dando lo topo per lo contado, pervenne vien fuori, nasce.
10. scoppia:
a una fossa d'acqua o v'erano molti ra- 11. di quello: dal
pensiero volto alla
nocchi, e stando il topo alla riva e du- favola ed al caso dei due diavoli.
bitando di passare, uno ranocchio lo 12. prima: cfr. Inf. XXI. 127-132.
venne a vedere con animo di farlo af- « Pensa Dante a una cosa paurosa av-
fogare in quella fossa, mostrando di vo- venuta, e corre col pensiero ad altra,
lerlo aiutare, e dubitando il topo del- paurosa non meno, che poteva avveni-
l'acqua, disse il ranocchio Lega il tuo : re»; L. Vent., Sim. 325.
piede col mio e non potrai cadere. E 13. per noi per cagion nostra, avendo
:

fidatosi il topo del ranocchio, si legò con alla sfida tra Alichino e Ciampolo, finita
lui e montato in su le spalle del ra-
; con la peggio pei diavoli, data occasione
nocchio, il ranocchio il portò insino al l'aver trattenuto Ciampolo perchè appa-
mezzo dell'acqua, e poi cominciò a ire gasse la curiosità dei Poeti.
sotto per tirarsi il topo dietro lo topo : 15. nói : rechi noia, offenda; da noiare.
s' argomentava con le branche di stare 16. s'ag'gueffa: si aggiunge; cfr. Inf.
a galla. In questo mezzo uno nibbio, XXXI, 56. Purg. V,
112. « Aggueffare
volando per l'aere, vide il topo nell'ac- è filo aggiungere, come si fa po-
a filo
qua, e calossi, ghermillo e portollo via e ; nendo lo filo dal gomito alla mano, o in-
perchè lo ranocchio era legato con lui, naspando con l' aspo » Buti. ;
HRC. 8. BOLG. 6] INF. XXIII. 17-39 [FUGA DEI POETI] 201

eine verranno dietro più crudeli


che il cane a quella lievre ch'elli acceffa. »
Già mi sentìa tutti arricciar li peli
della paura, e stava indietro intento,
quand' io dissi « Maestro, se non celi :

te e me tostamente, i' ho pavento


di Malebranche noi gli avem già dietro :
;

io gì' imagino sì, che già li sento. »


25 E quei: « S' i' fossi di piombato vetro,
imagi ne di fuor tua non trarrei
l'

più tosto a me, che quella dentro impetro.


Pur mo veniano i tuoi pensier tra' miei
con simile atto e con simile faccia,
sì che d' intrambi un sol consiglio fei.

8' egli è che sì la destra costa giaccia,


che noi possiam nell'altra bolgia scendere,
noi fuggirem l' imaginata caccia. »
34 Grià non compiè di tal consiglio rendere,
ch'io li vidi venir con 1' ali tese,

non molto lungi, per volerne prendere.


Lo duca mio di subito mi prese,
come la madre eh' a romore è desta,
e vede presso a sé le fiamme accese,

18. acceffa: afferra col ceffo; addenta. sione de' miei; e capii che, al pari di
20. dalla paura: per la paura. - indie- me, tu pensavi impaurito alla necessità
tro intento: guardavo alle mie spalle, di sottrarci a un assalto dei diavoli.
se mai quei diavoli ci corressero dietro. 30. d'entrambi i tuoi pensieri e i miei
:

22. tostamente subito. - pavento pau-


: : si sono tutti risoluti in una sola deter-
ra, spavento. Al. io pavento :io temo. = minazione fuggire. :

25. di piombato vetro uno specchio, : 31-32. S' egli è che dato che. - giac-
:

che è « vetro terminato con piombo » ;


cia ecc.: sia sì poco ripida, che possiamo
Oonv. Ili, 9. S' io fossi uno specchio, scender giù cfr. Inf XIX, 35.;

non riceverei la tua immagine esterna 33. l' imaginata caccia la caccia che :

più presto di quello che io ricevo ed ambedue immaginiamo e temiamo non


imprimo {impetrò) nell'animo mio la tua siano per darci i diavoli.
immagine interna, cioè l' animo tuo, i 34. Già non: neppure. Senso: non
tuoi pensieri. « Quomodo
in aquis re- aveva neppure finito di manifestarmi
splendent vultus prospicientium, sic cor- questo suo consiglio.
da hominum manifesta sunt prudenti- 35. li : i Malebranche. - tese correndo :

bus»; Prov. XXVII, 19. e insieme volando, come gli struzzi.


26. trarrei : attirerei e accoglierei. 36. lungi: da noi. - prendere: come
impetro: ricevo, accolgo in me,
27. essi P. temevano.
senso facile a derivare da quello di 38-42. come la madre ecc.: V. mi prese
ottenere eh' è proprio del verbo impe- '
e fuggì meco come una madre che, ri-
trare.' scossa a un tratto dal sonno, si vede vi-
28. Pur mo: proprio ora. cine le fiamme di un incendio, e prende
29. simile atto ecc.: atteggiati come i il figliuoletto tra le braccia, e, avendo
miei, e con la stessa forma ed espres- cura più di lui che del proprio pudore,
202 [CERO. 8. BOLG. 6] INF. xxiii. 40-57 [FUGA DEI POETI |

li)
che prende il fugge e non s'arresta,
figlio e

avendo pili (li ohe (li sé cura,


lui

tanto clie solo una camicia vesta :

48 ( giù dal collo della ripa dura


sunin si diede alla pendente roccia,
un dei lati all' altra bolgia tura.
clic 1'

46 Non corse mai sì tosto acqua per doccia


a volger ruota di molin terragno,
quand'ella più verso le pale approccia,
49 come 1 maestro mio per quel vivagno,
7

portandosene me sovra '1 suo petto


come suo figlio, non come compagno.
52 A pena fuoro i pie suoi giunti al letto
del fondo giù, ch'ei furono in sul colle
sovresso noi ; ma non gli era sospetto;
55 che V alta provvedenza, che lor volle
porre ministri della fossa quinta,
poder di par tir s' indi a tutti tolle.

sen fugge via con esso senza indugiare la velocità, e quindi la forza, dell' ac-
neppur tanto tempo, quanto basta a met- qua cresce a misura che essa avvi- si

tersi indosso una camicia. L'uso di dor- cina all'estremità inferiore della doccia
mir senza camicia era molto diffuso in stessa, oltre e presso la quale stanno le
antico L'uso della camì-
(cfr. Scherillo, pale della ruota.
cia etc. in La
Lettura II, 4) - a romore : 49. vivagno: orlo o ripa della sesta
locuz. avverb. che vale scompigliata- '
bolgia. Cfr. Inf. XIV, 123, Purg. XXIV,
mente, tumultuariamente '. AL: al ro- 127. Par. IX, 135.
more delle fiamme o di grida d'allarme.
: 51. non come « Socius enim in tali
:

Nota il Tom.: « La fiera anima del P. timore non iuvat socinm in fuga nisi
nelle scene d'amore più vogliosamente verbis.... Vel si iuvat eum, non levat
si posa. » ipsum supra se nec cum tanta affec-
prende: cfr. Virg., Aen. XI, 544 sg.
40. tione > Benv.
v
;

43. collo cfr. Inf. XXII, 116 la som-


: : 53. fondo: della 6 a bolgia. -ei: i de-
mità dell' argine, duro perchè di pietra. moni. - colle la sommità dell' argine.
:

44. si diede: locuzione latina e virgi- 54. sovresso noi per l'appunto sopra:

liana, se dedit-, cfr. Virg., Aen. XI, 565; noi. - gli (al. li) particella avverbiale
:

XII, 227, ecc. V. « si adattò con tutta la = vi non vi era più nulla da aver so-
;

deretana parte del corpo, alla pendente spetto, ossia timore. Cfr. Inf. XXXIII, 9.
roccia, rupe (cfr. Inf. VII/6), per scen- 57.poder potere, facoltà. - indi dal-
: :

dere sdrucciolando a quel modo nel fon- l'argine che separa la 5 a dalla 6 a bolgia.
do, portando me sopra il petto » Lomb. ;
- tolle: toglie; dal lat. tollere. La Prov-
45. Pun: il superiore. - altra: sesta. - videnza, che pose quei diavoli come ese-
tura: chiude. cutori di giustizia nella 5 a bolgia, non
46. doccia canale (cfr. Inf. XIV, 117)
: permette loro di lasciare il proprio posto.
che da un fiume deriva e porta l'acqua V. 58-72. Pena degli ipocriti. Nella
al molin terragno, cioè al molino di ter- 6 a bolgia i P. trovano gl'ipocriti, che
ra, diverso dai molini pensili (come bene vanno attorno lenti lenti e tristamente
rilevò il Torraca), posti su le navi nel- piangendo, vestiti e oppressi da pesan-
l'Arno e in altri fiumi al tempo di Dante. tissime cappe e cappucci di piombo, che
48. approccia: si avvicina; cfr. Inf. di fuori è dorato pittura stupenda del-
:

XII, 46. -Per la pendenza della doccia l' ipocrisia. Il camminare a capo chino,
ERC. 8. BOLG. 6] Inf. xxiii. 58-66 [pena d. ipocriti] 203

58 Laggiù trovammo una gente dipinta,


che giva intorno assai con lenti passi,
piangendo e nel sembiante stanca e vinta.
61 Egli avean cappe con cappucci bassi
dinanzi agli occhi, fatte della taglia
che per li monaci in Cologna tassi.
64 Di fuor dorate son, sì ch'egli abbaglia;
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,
che Federigo le mettea di paglia.

legno di compostezza e di modestia e Veronese, e chi legge Clugnì, e intende


umiltà, è proprio degli ipocriti, costretti della rinomata abbazia dei Benedettini
ad andare qui come amarono di an- nella Borgogna. Cfr. Com. Lips.'I2 391 ,

aci mondo. La doratura di fuori sg. « A Colognauna Badia di monaci


è
significa T apparenza di virtù e san- molto ricchi e nobili. E montaro in tanta
tità: il piombo, il vizio che coltivano superbia, che il loro Abate con buona
di dentro il peso enorme è la gran fa-
;
compagnia di monaci furono al Papa, e
tica che durano a conservarsi 1' appa- chiesono di potere portare di scarlatto
renza onesta, pur cercando nascosta- i cappucci orati e '1 Concestoro de' Car-
;

mente di sodisfare tendenze e voglie dinali col Papa, vedendo questa arro-
peccaminose. Vien fatto di pensare a ciò ganza, comandaro che portassero sempre
che Cristo dice dei Farisei, Matt. XXIII, cappe di panno non gualcato, vilissimo,
27 sg. : « Similes estis sepulchris deal- albagio, e sì corti, che non toccassono
batis, qua} aforis parent hominibus spe- terra, e tanto panno per uno in cappuc-
ciosa, intus vero piena sunt ossibus mor- cio, quanto coprisse il capo di quello
tuorum et omni spurcitia. Sic et vos medesimo panuo. E
così fu loro fatto
aforis quidem paretis hominibus iusti, per la loro ipocresia » in. Sei. e così ;

intus autem pieni estis hypocrisi et ini- su per giù Dan., Buti, An. Fior., ecc.
quitate. » Probabilmente poi, come os- Invece VOtt.: «Dice ch'erano della ta-
serva il Della Giovanna, Lect. Dantis, glia delle cappe che si fanno in Cologna
p. 19, la doratura delle cappe fu sug- per li monaci, le quali sono smisuratis-
gerita al P. dall'etimologia che allora sime di larghezza e di lunghezza, e quasi
si dava di ipocrita. « Dicitur ypocrita » nel cappuccio ha una gonnella: questo
così Uguccione da Pisa nelle Magnce lo fanno per onestade. » Il Della Gio-
derivationes « ab yper, quod est super, vanna, op. cit., p. 16, opina che D. al-
et crisis, quod est aurum, quasi supe- luda a una foggia d' abito « prescritto
rauratus, qnia in superficie et extrin- dalla Regola, che i monaci tedeschi os-
secus vidfetur esse bonus, cum interius servavano assai rigidamente. »
sit malus vel dicitur ypocrita ab ypo,
; 64. sì ch'egli abbaglia: che il sènso
quod est sub, et crisis, quod est aurum sia '
in modo da abbagliare '
è certo ;

quasi habens aliquid sub auro. » ma come sia da interpretare esattamente


58. dipinta: negli abiti; allusione alla Vegli e Vabbaglia, non è sicuro. Chi ri-
1
doratura esterna delle loro cappe, v. 64. ferisce egli all'oro o al colore dell oro
60. piangendo: « Cum autem ieiuna- esterno-, chi all''essere dorate; chi consi-
tis, nolite fieri sicut hypocritaB tristes, dera egli abbaglia come un predicato
' '

exterminant enim facies suas ut appa- impersonale. Ricordando che abbagliare


reant hominibus ieiunantes » Matt. VI, ; fu usato come verbo intransitivo e che
16. - stanca per il grave peso che sono
: altre volte D. stesso usa il verbo al sing.
costretti a portare in eterno, cfr. v. 67. con sogg. plur., si potrebbe intendere
- vinta: per l'angoscia interna; cfr. Inf. egli riferito, come Vegli del v. 61, ai
Ili, 33. dannati, e interpretare essi ne restano '

61. bassi : tirati sugli occhi. abbagliati interpretazione implicita


'
;

foggia (dal lat. talea).


62. taglia: taglio, nelle parole dell' Ott. « sono inorate d' un
:

Cologna: della città di Colonia sul


63. oro sì lucente, che non vi si può per loro
Reno intendono gli ant. commentatori. tener li occhi ».
Tra' moderni chi pensa a Cologna nel 66. che Federigo: al paragone, le cap-
204 [CBRO. 8. BOLG. 6] [NP. XXIII. 07-81 |
I FRATI GODENTI]

Oh in eterno faticoso manto !

Noi ci volgeinrbo ancor pur a man manca


con loro insieme, intenti al tristo pianto ;
70. ma per lo peso quella gente stanca
venia sì pian, che noi eravam nuovi
<li compagnia ad ogni mover d'anca.

73 Per eh' io al duca mio : « Fa' che tu truovi


alcun eh' al fatto o al nome si conosca,
e gli occhi, sì andando, intorno muovi ».
76 E un che intese la parola tosca,
diretro a noi gridò: « Tenete i piedi,
voi che correteper l'aura fosca
sì !

79 Forse ch'avrai da me quel che tu chiedi. »


Onde il duca si volse e disse « Aspetta; :

e poi secondo il suo passo procedi ».

pe di Federico II sarebbero parse di pa- un suo compagno, come hanno raggiunto


glia. Scrive il Lan.: « Lo imperadore Fe- i due pellegrini, si meravigliano di ve-

derigo II usava di far fare giustizia a dere un vivo laggiù e chiedono a D. chi
quelli che sommo peccato commetteano egli sia. H
P. sodisfa con parole gene-
contro la corona, in questo modo: elli riche il loro desiderio poi con modi cor- ;

facea fare di piombo una coverta al giu- tesi e compassionevoli domanda ad essi
dicato, la qual tutto lo covria, e questa chi siano e quelli si nominano. Sono i
:

era grossa circa un'oncia poi facea met- ;


frati Godenti Catalano de' Malavolti e
tere tal giudicato in una caldera e que- Loderingo degli Andalò, Bolognesi, il
sta cappa di piombo in dosso a colui ;
primo guelfo, l'altro ghibellino, eletti
poi facea fare fuoco sotto la detta cal- nel 1266 per podestà di Firenze. Cfr.
dera per lo fuoco si liquefacea lo ditto
: G. Vili. Vili, 13 e la n. 104.
piombo, e menava a pezzo a pezzo la 74. al fatto ecc.: di cui sia noto il nome
carne di quello giùso, sì che infine bol- o qualche azione famosa. Al. al fatto il :

lia lo piombo e '1 giudicato insieme. » nome. Cfr. Z. F., 138 sg.
E questo, con qualche varietà nei par- 75. sì andando mentre proseguiamo
:

ticolari,ripetono pressoché tutti i comm. il nostro cammino, come facciamo. Cfr.

ant. Sembra però esaere questa una ca- Inf. XXVII, 129. Virg., Ecìog. IX, 24.
lunnia inventata dai nemici dell' Impe- 76. parola tosca: il parlare, o l'accento
ratore. (Vigo, D. e la Sicilia, Palermo, toscano di Dante tosca per toscana, co- :

1870, p. 19 sg.); ma l'accordo dei com- me in Inf. X, 22; XXII, 99, ecc.
ment. antichi prova che il fatto era ge- 77. Tenete i piedi: fermatevi.
neralmente creduto, e lo credette vero 78. correte: cfr. v. 70 sgg. Agl'ipocriti
anche I). che camminano sì lentamente, e sono
68. ancor pure: ancor sempre, come abituati a fare ed a vedere sol questo
di solito. lento moto, pareva che D. e V. corres-
69. con loro insieme nella stessa di-
: sero veloci. - fosca senza tempo tinta, :

rezione degli ipocriti. come la chiama altrove, Inf. Ili, 29.


71. nuovi ecc.: ad ogni passo ci vede- 79. avrai ecc. : qui rivolge la parola al
vamo a lato persone nuove, tanto gli solo D., che solo aveva espresso il de-
ipocriti, oppressi dal peso delle cappe siderio (quel che tu chiedi) che gli fosse
plumbee, camminavano lentamente. mostrata qualche persona conosciuta.
V. 73-108. Due frati Godenti. Aven- 80-81. si volse: perchè andava dinan-
do D. chiesto a V. di trovargli fra zi. - Aspetta ecc. fermati ad aspettare;
:

gì' ipocriti qualche persona nota, un e come colui che ha parlato ti sarà giunto
dannato, che ha udito ciò, prega D. di al fianco, cammina lentamente al pari
fermarsi il che egli fa. Esso dannato e
; di lui.
fCBRC. 8. BOLO. 6] Inf. xxiii. 82-99 [i frati godenti] 205

Ristetti, e vidi due mostrar gran fretta


dell'animo, col viso, d'esser meco;
ma tardavagli il carco e la via stretta.
Quando fuor giunti, assai con l'occhio bieco
mi rimiraron sanza far parola;
poi si volsero in sé, e dicean seco :

88 « Costui par vivo all'atto della gola;


e s' e' son morti, per qual privilegio
vanno scoperti della grave stola ? » 1

HI Poi disser me: « Tosco, eh' al collegio


degl'ipocriti tristi se' venuto,
dir chi tu se', non avere in dispregio ».
94 E io a loro « Io fui nato e cresciuto
:

sovra '1 bel fiume d' Arno alla gran villa,


e son col corpo eh' i' ho sempre avuto.
w Ma voi chi siete, a cui tanto distilla,
quant' io veggio, dolor giù per le guance?
E che pena è in voi che sì sfavilla? »

mostrar ecc.: atteggiare il loro


82-83. de' cittadini della bellissima e famosissi-
volto in modo da rivelare il vivo desi- ma figlia di Roma, Fiorenza, di gettarmi
derio di raggiungermi e parlarmi. Cfr. fuori del suo dolcissimo seno, nel quale
Petrarca, In Vita, Son. 186 (167) « Ma ; fui nato e nutrito fino al colmo di mia
spesso nella fronte il cor si legge ». vita » Conv. I, 3.
:

84. stretta perchè ingombranti le cap-


: 95. villa: città (cfr. Inf. I, 109 ; Purg.
pe e grande la moltitudine degl' ipocriti. XV, 97) grande, perchè la maggiore
;

85. bieco volto verso D. perchè i gravi


: delle città sull'Arno.
cappucci impedivano ad essi di volgere 97-98. distilla.... dolor: nelle lagrime
a lor talento la testa e guardare dirit- stillanti dagli occhi prende forma visi-
tamente. AL: di traverso, in quanto così bile il dolore interno.
sogliono guardare gli ipocriti, e, fors'an- 99. che pena anche ammesso che e' si
:

che, dolenti ed invidiosi di veder altri fosse già accorto che le cappe erano di
andar senza cappa per la loro bolgia ;
piombo, non poteva ancora saper nulla
ma non è punto necessario attribuire dell'enorme peso di esse. Ma probabil-
alla parola di D. questi sensi riposti. mente D. ci vuol dire che non si era
87. in sé: l'uno all'altro. - seco: fra. ancora accorto della natura di quelle
di loro. cappe. Né vale l'opporre i versi 64 sgg.
88. all'atto: al moto della gola pro- nei quali le cappe già son descritte;
dotto dalla respirazione cfr. Purg. II, ; quei versi son parole di D. narratore,
67 sg. non di D. viatore e raccontando la cosa, ;

90. stola: cappa di piombo. Stola ^er era naturale che facesse suo prò delle
'
veste '
dissero gli antichi : cfr. Toc. Or. cognizioni acquistate e a prima vista e
e Purg. XXXII, 81. Par. XXY, 95. dopo. - sfavilla « Si riferisce al v. 64,
:

91. me: a me. Al.: dissenni : Al.: mi in che, parlandosi delle cappe di co-
<Hss<»r.- collegio adunanza, luogo dove
: storo, si dice Di fuor dorate son sì,
:

sono raccolti (collecti) gli ipocriti, -tri- ch'egli abbaglia. Pare che lo indichi an-
sti: « nolite fieri sicut hypocritae tri- cora la risposta, che fa qui Catalano,
sta » Matt. VI, 16.
; quasi voglia dire, che le cappe sono
93. non avere ecc. non disdegnare di : fuori sfavillanti d'oro (rance) ma den- ;

dirci chi tu sei. AI. di' chi tu se' non:


; tro son di piombo. E certo dovea D.
n'avere in dispregio. maravigliarsi non poco di vedere per
91. fui nato: nacqui; «.... fu piacere l'Inf. tutto quell'oro»; Betti.
206 [CERC. S. JÌOLG. 6] INF. XXIII. 100-1 08 [l FRATI GOl;;

100
E V un rispose, a me : « Le cappe lance
sdii di piombo sì grosse, che li pesi
fan così cigolar le ior bilance.
103 Prati Godenti fummo, e bolognesi ;

io Catalano e questi Loderingo


nomati, e da tua terra insieme presi,
106 come suole esser tolto un uom solingo,
per conservar sua pace ; e fummo tali,
eh' ancor si pare intorno dal Gardingo,

100. rance: gialle (cfr. Purg. II, 9), Della Giovanna V opera dei due bolo-
essendo di fuor dorate, v. 64. gnesi in Firenze: « Dopo la battaglia
101. pesi: questi peccatori sono con- di Benevento, i Ghibellini, già padroni
siderati come bilance su cui, quali pesi, di Firenze, vedendosi ridotti a mal par-
sono messe le cappe di piombo pesi ;
tito etemendo guai maggiori, si mostra-
tanto gravi che le bilance ne cigolano, rono propensi a far pace coi Guellì ne ;

cioè i peccatori ne soffrono e piangono. seguì infatti una specie di tregua che
103. Frati Godenti frati e cavalieri
: rese possibile la nomina a Podestà [1266]
dell'ordine, religioso e cavalleresco in- dei due frati bolognesi, uno Guelfo, l'al-
sieme, di Maria Vergine Gloriosa, isti- tro Ghibellino,; i quali per il loro diverso
tuito in Bologna nel 1261 (e riconosciuto colore politico dovevano costituire un
da Urbano IV), allo scopo di comporre governo di coalizione e per l'istituto dei
discordie civili e famigliari e proteggere loro Ordine, inteso alla pace, un governo
i deboli dalle soperchierie dei potenti. di conciliazione ». Ma
pur avendo dato
Furono soprannominati dal popolo Go- «nuovi e savii ordinamenti, furono ac-
denti (ed anche Capponi di Cristo) per- cusati di parzialità la discordia tornò
;

chè intendevano più a godere che ad a divampare, e i due frati pacificatori


altro: essi stessi, del resto, pare aves- dovettero, dopo pochi mesi di governo,
sero assunto tal nome « forse perchè lasciare la città più discorde di prima e
pretendevano servire il Signore in leti- uscirne tra 1' esecrazione di tutti. [Si
zia » Della Giovanna. « Le robe aveano
;
cfr. G. Vili., VII, 13] ». E di lì a poco
bianche e uno mantello bigio, e l'arme per gì' intrighi di Clemente IV (de' cui
il campo bianco e la croce vermiglia con disegni gli studi moderni hanno dimo-
due stelle, e doveano difendere le ve- strato essere stati stromento i due frati,
dove e' pupilli, e intramettersi di paci ;
che nell' apparenza imparziali, cercaro-
e altri ordini, come religiosi, aveano »; no in realtà, da ipocriti, di favorire la
G. Vili. VII, 13. Cfr. Bella Giovanna, parte guelfa), i Ghibellini dovettero la-
Lect. Dantis, p. 21 sg. sciar la città, e le case degli Uberti nel
104. Catalano della famiglia guelfa
: Gardingo erano disfatte.
dei Malavolti da Bologna, nato verso il 105. tua terra: Firenze.
1210; nel 1243 podestà in Milano, nel 1250 106. solingo : solo; i Fiorentini sole-
in Parma, nel 1260 in Piacenza, ecc., uno vano eleggere un solo podestà, questa
dei primi iscritti all' ordine di Maria. volta ne elessero due insieme.
Stette nel 1265 a capo del governo di 107. per conservar sua paco queste :

Bologna, nel 1266 di quello di Firenze, parole sono da unire al presi del v. 105 ;
nel 1267 nuovamente di quello di Bolo- - tali conservatori della pace ironico.
: :

gna. Morì nel convento deh_ Frati Gau- 108. si pare appare, si vede. - Gar-
:

denti a Ronzano presso Bologna nel 1285. dingo località di Firenze « di costa alla
:

- Loderingo della fam. ghibellina degli


: piazza eh' è oggi del popolo dal palazzo
Andalò di Bologna, n. verso il 1210, fu dei Priori»; G. Vili. I, 38. Lì presso erano
podestà in parecchie città dell' Emilia e le case degli Uberti, che furono arse e
di Toscana, collega di Catalano nel go- disfatte per il trionfo assoluto de' Guelfi
verno di Bologna e di Firenze, restau- e la cacciata de' Ghibellini (cfr. n. 104).
ratore dell' ordine dei frati Godenti, V. 109-126. Caifasso ed il suo suo-
morto nel 1293, anch' egli a Ronzano. cero. La parola che il P. incomincia a
Cfr. Benv. II, 176-78. Bene riepiloga il rivolgere ai frati Godenti, parola forse
(- ERC. 8. BOLG. 6] Inf. xxiii. 109-124 [CAIFASSO] 207
;

109 Io cominciai: « frati , i vostri mali.... »,


ma più non dissi ; che all' occhio mi corse
un, cruci fìsso in terra con tre pali.
112 Quando mi vide, tutto si distorse,
soffiando nella barba coi sospiri :

e il frate Catalan, che a ciò s'accorse,


115 mi disse : « Quel confìtto che tu miri,
consigliò i Farisei, che convenia

porre un uom per lo popolo a' martìri.


118 Attraversato e nudo è nella via,
come tu vedi, ed è mesti er eh' ei senta
qualunque passa, com' e' pesa, pria.
121 E a tal modo il suocero si stenta
in questa fossa, e gli altri dal concilio
che fu per li Giudei mala sementa. »
124 Allor vid' io maravigliar Virgilio

di rimprovero, gli muore sulle labbra alla 118. Attraversato posto a traverso, un
:

vista di uno, che con tre pali è croci- intoppo agli altri. « Posuisti ut terrarn
fisso in terra, e su cui tutti gì' ipocriti corpus tuum et quasi viam transeun-
devon passare costui sente il peso del-
: tibus»; Isaia LI, 23. -nudo: di solito
l' ipocrisia di tutto il mondo. È Caifasso, D., come s' è altrove osservato, rileva
che col suo consiglio ipocrita a' Giudei che son nude le anime, quando vuol porre
favorì l' uccisione di Cristo. Fra Cata- in evidenza la miseria di loro condizione.
lano lo nomina, aggiungendo che così Ma in questa bolgia i dannati vestono
sono puniti in quella bolgia Anna, suo- pesanti cappe; soltanto Caifasso ed i
cero di Caifasso, e gli altri colleglli del suoi colleghi non le hanno, ma devono
gran sinedrio giudaico che con ipocrito sentire in eterno il peso di quelle di tutti
procedere ottennero che Cristo fosse cro- gli altri ipocriti.
cifisso. mostra meravigliato.
V. si 119-120. ed è mestierecc: poiché chiun-
109. mali: colpe o pene? Chi intende que passa di qua, deve calpestarlo.
'colpe', crede che D. lasciasse inter- 121. suocero: Anna, pontefice ; cfr. Ioh.
rotto un rimprovero chi intende pene', ;
'
XVIII, 13. - si stenta : ò tormentato.
suppone che D. volesse esprimere pietà. 122. concilio: de' Pontefici e Farisei,
Più probabile la la
interpretazione. che condannò Cristo cfr. Joh. XI, 47.
;

110. mi corse mi si presentò.: Costoro, come mali consiglieri, si può


111. crocifìsso: egli e i suoi colleghi, dir che intopparono « in lapidem offen-
che fecero crocifìggere Cristo, qui sono sionis et petram scandali » (ad Rom.
crocifissi. - tre: uno per mano, e uno IX, 33), e sono qui essi medesimi un in-
per i due piedi insieme. - pali i chiodi : toppo agli altri. Vollero attraversare il
nel terreno non possono fare niuna forza. progresso della verità ed essi medesimi
;

112. si distorse per il dolore d'esser


: sono qui attraversati nella via. Fecero
veduto da un vivente che poteva ripor- spogliare Gesù Cristo delle sue vesti-
tarne novelle su nel mondo, oppure : menta (Matt. XXVII, 28); ed essi sono
« perchè vedea Dante cristiano, salvato qui spogliati e nudi.
per la passione di Cristo, per la quale 123. mala il sangue di Cristo ricadde
:

egli era dannato»; Buti. su di loro e fruttò la loro rovina; cfr.


114. s'accorse: fece attenzione a ciò. Matt. XXVII, 25. Luca, XI, 50-51.
116. consigliò: fingendo di volere il 124. maravigliar per la novità e sin-
:

bene del suo popolo: « Expedit vobis golarità del supplizio, da lui l'altra volta
ut unus moriatur homo prò populo et non veduto; tanto più che, come ben
non tota gens pereat»; loh. XI, 50. nota il Della Giovanna, « questa della
208 [CBRC. 8. BOLO. 6] INF. xxiii. 125-1 11 [USCITA i

sovra, colui eli


7
era disteso in croce
tanto vilmente nell'eterno esilio.
127 Poscia, drizzò al frate cotal voce :

« Non vi dispiaccia, se vi lece, dirci,


b' alla man destra giace alcuna foce
130 onde noi ambedue possiamo uscirci
sanza costringer degli angeli neri
che vegnan d' esto fondo a dipartirci. »
133 Rispuose adunque « Più che tu non speri, :

s'appressa un sasso, che dalla gran cerchia


si muove e varca tutt' i vallon feri,
13G salvo eh' a questo è rotto, e noi coperchia:
montar potrete su per
la ruina
che giace in costa, e nel fondo soperchia ».
139 Lo duca stette un poco a testa china;
poi disse « Mal contava la bisogna
:

colui che i peccator di qua uncina ».

crocifissione è l'unica pena che sia stata testé degli angeli neri, preferisce farne
aggiunta all' Inf. dopo che V. discese la senza.
prima volta nella Giudecca, scongiurato 133. Rispose : Catalano. - adunque : al-
dalla maga Eritone »,
e « questo è 1' uni- lora: cfr. Inf. XXII, 64.
co luogo dell' Inf. in cui egli dimostri 134. sasso: uno di quegli scogli che
la sua maraviglia. » ricidono gli argini e le bolgie. - cerchia :

126. vilmente: calpestato da tutti quan- che circonda tutto Malebolge cfr. Inf. ;

ti i peccatori della bolgia. « Ege autem XVIII, 3 sgg.


sum vermis, et non homo opprohrium ; 136 a questo: vallon fero. - è rotto il :

hominum, et abiectio plebi s »; Psal. XXI, sasso, cioè lo scoglio; tutto spezzato al fon-
7. 1 SS. Padri videro in queste parole una do, come l'altro cfr. Inf. XXI, 106 sgg.
;

profezia di Cristo dinanzi ai suoi giu- - noi coperchia non vi fa ponte sopra.
:

dici. Caifasso sarebbe così divenuto lui 138. che: la qual ruina. - in costa: su
in eterno ciò che volle fare di Cristo. per il pendìo dell' argine i sassi giac-
- esilio: luogo d'esilio, l'Inf., dove le ciono, e si alzano giù nel fondo della
anime sono esuli in eterno dalla patria bolgia, formando quasi una scala per cui
celeste cfr. Purg. XXI, 18.
; si può salire sull'argine là dov'è la spalla
V. 127-148. Uscita dalla 6a bolgia. del ponte che sovrasta all' altra bolgia.
Richiestone da V., Catalano risponde ai 139. china: pensando alle false parole
due P., essere lì vicina la mina di uno di Malacoda (Inf. XXI, 109 sgg. 125 sgg. ),,

dei ponti, su per la quale potranno mon- a cui aveva ingenuamente creduto.
tare ed uscire così dalla bolgia degl'ipo- 140. contava: raccontava, esponeva. -
criti. V. si accorge allora delle parole la bisogna: la faccenda, la cosa.
ingannevoli di Malacoda, e, seguito da 141. colui: Malacoda. Cfr. Inf. XXI,
D. e non senza qualche parola ironica 106 sgg. - di qua; così i codici più anti-
del frate, si avvia verso quella ruina, chi e più autorevoli, invece del di là
un po' crucciato dalla ingenuità con cui della vulgata. E di qua torna bene in
aveva creduto a quel diavolo. bocca a V. che parla mentre è ancor
129. destra i P. si erano volti a si-
: presso l'argine che divide dalla 5a la
nistra, v. 68 epperò avevano alla loro
; bolgia 6 a in cui egli si trova, e che, nel
destra l'argine tra la 6 e la 7 a bolgia.
;1
pronunziar queste parole, accenna l'ar-
- giace: cfr. v. 31. -foce: varco. gine vicino. Così parlando presso un
131. costringer: ricordando loro il vo- muro noi possiamo indicare con di qua
ler di Dio. Ma, dopo il timore avuto lo spazio ch'è di là dal muro stesso.
[CERC 8. BOLG. 6] Inp. XXIII. 142-148 - XXIV. 1-2 [sgomento] 203

E '1 frate : « Io udi' già dire a Bologna


del dia voi vizi assai, tra' quali udì'
ch'egli è bugiardo e padre di menzogna »,

Appresso, duca a gran passi sen gì,


il

turbato un poco d' ira nel sembiante ;

ond'io dagl' incarcati mi partì'


148 dietro alle poste delle care piante.

142. udì' udii. - già: prima di scen-


: si dopo essere andato un pezzo con D. al
:

dere all'Inf. a far l'esperienza di quel passo lentissimo de' due frati; v. 81 sg.
che sono i diavoli, esperienza che tu do- 146. d'ira per l'inganno di Malacoda,
:

vresti avere ormai fatta. - a Bologna:/ a cui ora s' aggiunge la canzonatura del
cfr. v. 103. « Argumentum est a loco, frate, fatta in forma velata con la cita-
quia Bononia in Italia est mater studii, zione delle cose udite a Bologna.
et nutrix omnium scientiarum » Benv. ; 147. incarcati : caricati delle cappe di
144. bugiardo: sentenza tolta di peso piombo.
ila (Jiov. Vili, 44: «Il diavolo è men- 148. poste orme, pedate. - delle care
:

dace e padre della menzogna. » piante: de' piedi del «caro duca mio»,
145. Appresso dopo ciò. - a gran pas-
: Inf. Vili, 97.

CANTO VENTESIMOQUARTO
CERCHIO OTTAVO
BOLGIA SETTIMA: LADRI
(Morsi da serpenti inceneriscono e ridiventano uomini,
poi tornano a tramutarsi)

VANNI FUCCI

In quella parte del giovinetto anno


che il sole i crin sotto l'Aquario tempra
V. 1-21. Sgomento e conforto. Aven- gna tutta biancheggiare e si sconforta
do veduto V. star prima a testa china, assai, credendo suolo coperto di neve.
il

poi incamminarsi con volto turbato D. ne , Ma ben presto la brina, che il villanello
è sbigottito sospetta che il turbamento
: ha creduta neve, si scioglie, ed egli,
di V. derivi da timore di non poter uscire tutto racconsolato, conduce fuori al pa-
da quella bolgia. Vedendo peròV., ap- scolo le pecorelle.
pena son giunti dov' è lo scoglio franato, 1. giovinetto ancor novello; tra il
:

rivolgersi a lui con volto atteggiato a gennaio e il febbraio.


dolcezza, si sente rianimare. Prende le 2. crin raggi. « Crinitus Apollo » ;
:

mosse il P. da questo fatto, per presen- Virg., Aen. IX,638. - tempra: dà la


tarci in una similitudine minuziosa e tempra, fa più tepidi, riscalda. Al. Mo- :

accuratissima il villanello cui manca il dera, mitiga ma ciò avviene in autunno.


;

foraggio pel bestiame, e che, desto un « Crinem temperat »; Stat. Silv. lib. I, %

bel mattino di febbraio, vede la campa- Oarm. II, 14.

14. — Div. Commi., 8 a ediz.


210 [CERO. 8. BOLO. 6] INF. XXIV. 3-22 [conforto]

e i; i Tt le notti al mezzo dì sen vanno;


quando la brina in sii la terra assenipra
l' imagi uè di sua sorella bianca,
ma poco dura sua penna tempra; alla
lo villanello, a cui la roba manca,
si leva e guarda e vede la campagna

biancheggiar tutta, ond'ei si batte l'anca;


to ritorna in casa, e qua e là si lagna,
come '1 tapin che non sa che si faccia;
poi riede, e la speranza ringavagna,
13 veggendo il mondo aver cangiata faccia
in poco d' ora; e prende suo vincastro,
e fuor le pecorelle a pascer caccia ;

16 così mi fece sbigottir lo mastro,


quand' io gli vidi sì turbar la fronte,
e così tosto al mal giunse lo 'mpiastro;
19 che, come noi venimmo guasto ponte,
al
lo duca a me si volse con quel piglio
dolce eh' io vidi prima a pie del monte.
Le braccia aperse, dopo alcun consiglio

3. al mezzo dì : si avviano, allungan- come dicono Tom., Fan/, ed altri, ma


dosi, a durar come la notte la metà pre- anche nell'alta Italia cfr. Inf. XI, 54
: :

cisa delle 24 ore cioè si procede verso


; «fidanza non imborsa».
1' equinozio di primavera. cangiata faccia: che, sciolta la bri-
13.
é.assempraecc: copia, riproduce l'ima- na, non
è più bianco il terreno.
gi ne della neve, cioè sembra neve. 14. vincastro: bacchetta, verga.
6. poco ecc. non può copiare a lungo,
: 16. mastro: maestro; Virgilio.
giacché non si può durare a scrivere 18. così tosto: come al villanello. -
o disegnare, se la tempera della penna lo' mpiastro il rimedio, il conforto cfr.
:
;

non dura. La brina presto si liquefa ai Petr., Trionfo della fama, II, 129. Ario-
raggi del sole. « Urebant montana ni- sto, Ori. VI, 4G. « Traslazione presa da'ri-
ves, camposque iacentes Non duratura^ pari che si fanno a' luoghi dove sia do-
conspecto sole pruinse » Lucan., Phars. ; lore, per ciò che impiastro significa pro-
IV, 52-53. - penna: «personificando la priamente quei ripari lenitivi, che si usa-
brina, il Poeta le attribuisce una penna no porre ne' luoghi ov'è dolore » Gelli. ;

con cui ricopia [assempra] e dà alla penna ,


19. guasto ponte: lo scoglio franato,
una tempra, temperatura, che poco resi- di cui parla in XXIII, 133 sgg.
ste »; L. Vent., Sim. 289. 21. a pie del monte: prima di entrare
7. la roba: il foraggio per il gregge; nell' Inf., Inf. I, 61 sgg. ; cfr. Ili, 20.
cfr. vv. 14 sg. V. 22-60. Salita stili' argine. V. os-
9. biancheggiar « Nec prata canis al-
: serva le rovine dello scoglio, e medita
bicant pruinis»; Horat., Od. I, iv, 4. - un po' fra sé intorno al modo di arrampi-
si batte l'anca per dolore, credendo che
: carsi su per esse prende poi il suo alun-
;

sia nevicato. no, e cominciano a salire faticosamente,


12. la speranza ringavagna: ripiglia finché arrivano sulla testa del ponte che
speranza; propriamente rimette nel ga- '
varca la bolgia 7 a .

vagno ', cioè nella cesta o nel paniere. 22-24. Le braccia ecc. costr. Riguar-:

Gavagno o Cavagno è dell' uso vivente, dando prima ben la mina, dopo eletto
non soltanto in qualche dialetto toscano, seco alcun consiglio (dopo aver scelto
IRC. 8. BOLO. G] INF. XXIV. 23-41 [salita] 211

riguardando prima
eletto seco,
ben la ruma; e dìedemi di piglio.
E come quei che adopera ed estima,
che sempre par che innanzi si provveggia;
così, levando me su vèr la cima
d'un ronchione, avvisava un'altra scheggia,
dicendo « Sovra quella poi t aggrappa
:
7
;

ma tenta pria s' è tal, eh' ella ti reggia ».


31 Non era via da vestito di cappa,
che noi a pena, ei lieve e io sospinto,
potevam su montar di chiappa in chiappa ;

34 e se non fosse che da quel precinto


più che dall' altro era la costa corta,
non so di lui, ma io sarei ben vinto ;

ma perchè Mal ebolge invèr la porta


del bassissimo pozzo tutta pende,
lo sito di ciascuna valle porta
che 1' una costa surge e l' altra scende :

noi pur venimmo alfine in su la punta

un partito, tra i varii che gli si offri- « Chiappa est pars tegula3 culmae, qua
vano, circa il modo di salire su per teguntur tecta domorum. Sicut enim qui
quelle pietre), aperse le braccia e dìede- vadit per tecta domorum vadit valde len- ,

mi di piglio (m'abbracciò per di dietro te et morose, quia de facili posset cadere


per sospingermi in su, cfr. v. 32). È la et frangere sibi collum, itahic auctoribat
3a volta che prende D. tra le braccia, cfr. valde piane et commode, quia faciliter
Inf. 124 sgg. XXIII, 37 sgg.
XIX, ; poterat ruere deorsum propter asperi-
adopera: opera materialmente. -
25. tatem loci » Benv. ;

estima: mentre eseguisce una parte di 34. precinto argine che cinge interna-
:

qualche lavoro pondera e valuta quel mente la bolgia 6a ed esternamente la7 a '.

ohe dovrà far dopo. « Scit prseterita, 35. dall'altrotra la 5a e la 6a bolgia.


:

et de futuris cestimat»-, Sapient. Vili, 8. 36. vinto dalla fatica, onde non avrei
:

2G. par elio innanzi ecc. mostra che : potuto salire. Sarei vìnto per sarei stato
provvede fin d' ora al poi. vinto, come nel v. 34 fosse per fosse stato,
28. ronchion grosso rocchio, cfr. Inf.
: 37. porta: apertura, bocca; cfr. Inf.
XX, 25 XXVI, 17 cioè un grosso pezzo
; ; XXXIV, 85.
di pietra sporgente. Senso: Mentre V. 39. porta : richiede, è di tal natura cho,
mi aiutava, spingendomi, a salire e a ecc. ; lat. feri ut. Se il piano, o parto
posarmi su di un prominente e grosso superiore di Malebolge forma un pendio,
. cercava coll'occhio qualche altro la costa o ripa inferiore (interna) di ogni
grosso sasso, e me l'additava dicendo- bolgia è tanto meno
alta della superiore
mi « Prova prima colle mani se quel
: (esterna), quanto è per la detta pendenza
è tanto saldo da sostenerti, e poi
»
il dislivello tra le sommità dei due ar-
afferrati ad esso e montavi su ». gini cui appartengono esse coste. Cfr.
30. reggia regga, sostenga; come^rov-
: le fig. 6, 7, 8 del Commonto grafico alla
•-'ftper provvegga, v. 26. D. C. di M. Porena, Palermo, 1902.
31. cappa: degl'ipocriti, XXIII, 61 sgg. Fiammazzo, Sul Piano di Malebolge,
32. lieve: perchè spirito. - sospinto: Lonigo, 1890.
dal maestro. 40. l'una: l'esterna -surge è più alta. :

33. di chiappa in chiappa: di pietra -l'altra l' interna, -scende è più bassa.
: :

ira, di sporgenza in sporgenza. 41. pur: malgrado la gravo difficoltà


212 [CEBO. 8. BOLO. 7] INF. XXIV. 42-61 [SA] -

onde l'ultima pietra si scoscende.


i
43 La lena m'era del polnion sì munta
quand' i<> lui su, ch'i' non polca più oltre;
anzi mi assisi nella prima giunta.
« Ornai convien clic tu così ti spoltre »
disse il maestro j «che, seggendo in piuma,
in fama non si vien, né sotto coltre;
49 sanza la qual chi sua vita consuma,
cotal vestigio in terra di sé lascia,
qua! fummo in aere ed in acqua la schiuma.
E però leva su vinci 1' ambascia
:

con l'animo che vince ogni battaglia,


se col suo grave corpo non s' accascia.
Più lunga scala convien che si sagli a ;

non basta da costoro esser partito :

se tu m' intendi, or fa' sì che ti vaglia. »


58 Leva' mi allor, mostrandomi fornito
meglio di lena eh' io non mi sentìa ;

e dissi « Va', eh' io son forte ed ardito ».


:

61 Su per lo scoglio prendemmo la via,

della salita. - punta: sommità dell'ar- LXVII, 3. - « Tamquam fumus, qui a


gine 7°, da cui l' ultima pietra del ponte vento diffusus est »; Sapient. V, 15. -
rovinato si sporge in fuori. schiuma « Tamquam spuma gracili»,
:

43. munta: esausta; non avevo quasi qua© a procella dispergitur »; Sapient.
più fiato (lena). V, 15. - « Quasi spumam super faciem
nella prima giunta: appena fui
45. aquse » ; Osee X, 7.
giunto sulla sommità dell'argine. 52. ambascia difficoltà di respirare,
:

46. spoltre: spoltrisca. unita a un senso di oppressione.


47.seggendo in piuma: con questa e 53. animo: forza dello spirito con che
con l'immagine del v. seg. V. raffigura si affronta e supera ogni difficoltà. - bat-

il vivere tra gli agi e nell' ozio. taglia ostacolo cfr. Purg. XVI, 75-78.
: ;

48. sotto coltre : dormendo. Costr. : 54. s' accascia « Chiamasi una per- :

Non si fama
seggendo in piu-
viene in sona accasciata, quando per vecchiezza
ma né stando sotto coltre. Cfr. Horat., o infermità è molto mal condotta e quasi
Ars poet., 412 sg.: Qui studet optatam non si regge » Borghini. ;

cursa contingere metam, Multa tulit |


55. scala: i balzi dell'altissima mon-
fecitque puer, sudavit et alsit, ecc. tagna del Purgatorio.
49. la qual fama. Si ripensi allo sprez-
: 57. se tu m' intendi se tu vuoi arri- :

zo di D. per gli sciamati che mai non


'
vare a Beatrice, non basta partirsi da
f ur vivi e visser senza infamia e senza
' '
costoro e percorrere l'Inf. Oltreché la-
lodo da lui confinati nel vestibolo in-
' , sciare il male, bisogna purificarsi, e non
fernale e si vedrà come l'argom. che D.
; senza lunga e grave fatica. - vaglia:
mette in bocca a V. dovesse essere po- giovi l'aver inteso il mio avvertimento.
tente sull' animo di lui. Di qui l'energia 58. Leva' mi mi levai da sedere, v. 45.
:

grande dell' esortazione contenuta in 60. forte a sostener la fatica. - ardito:


:

questi versi. per affrontarla è la formula già usata


:

50. cotal ecc.: cioè nessun vestigio. in Inf. XVII, 81.


51. fummo: « Deficientes quemadmo- V. 61-96. Ladri
e loro pena. I P.
dumfumus deficient»; Psal XXXVI, 20. s'avviano su per lo scoglio o ponte della
- « Sicut deficit fumus, deficiant » ; ibid. 7^ bolgia, che è dei ladri, i quali lag-
ERO. 8. BOLG. 7] llsTF. XXIV. 62-76 [SUL PONTE D. 7aB0L.] 213

eli 'era ronchioso, stretto e malagevole,


ed erto più assai che quel di pria.
Parlando andava per non parer fievole -,

onde una voce uscio dall' altro fosso


a parole formar disconvenevole.
Non so che disse, ancor che sovra il dosso
fossi dell' arco già che varca quivi ;

ma chi parlava ad ira parea mosso,


Io era volto in giù, ma gli occhi vivi
non poteano ire al fondo per l' oscuro )
per ch'io: « Maestro, fa' che tu arrivi
73 dall' altro cinghio, e dismontiam lo muro ;

che, com' i' odo quinci e non intendo,


così giù veggio e niente affiglilo ».
70 « Altra risposta » disse « non ti rendo,

giti bestemmiano e parlano o zufolano, dum, sibilant ut non cognoscantur ad vo-


sfondo la loro forma. Sono morsi da cem, et eodem modo isti hic sibilabant,
orribili serpenti; s'inceneriscono e ri- et ideo non videbatur vox acta ad lo-
prendono quindi la figura umana si tra- ; quendum » Postili. Cass. - « Fu la voce
;

mutano in serpenti e ridiventano uomini sì alta che a formare parole fu fuori


per tornar poi di nuovo a tramutarsi. d' uso et non convenevole »; in. Fior. -
« La serpe è astuta, e così il ladro. La « Non conveniente, et non atta a formar
serpe strisciando entra per ogni buco; parole, perchè era confusa et mal distin-
il ladro s'assottiglia per entrare per ogni ta, come interviene a quelli, che sono
luogo. La serpe è in odio a ognuno il ; accesi d'ira » ; Land. Cfr. vv. 67-69 e 74.
ladro il simile. La serpe ascosa tra l'erbe 67. dosso sommità dell'arco che fa da
:

pugne; il ladro di nascoso nuoce»; Land. ponte sopra quella bolgia.


- « Poiché i ladri disconobbero i vincoli 69. ad ira parea mosso parlava come :

di quella proprietà su cui si regge l'edi- adirato, anziché con espressione di do-
sembra che in pena sentano
lìzio sociale, lore o d'altro sentimento. Al. ad ire, :

venir loro sottraendosi ogni proprietà, lez. accettata e difesa da Fosc. (II, 245
perfino la più intima a noi, quella del sg.), Z. F. (145 sg.) e da altri, ma che
nostro corpo, e corrano in disperate fu- il Betti, chiama « lezione stolta, siccome
ghe con la paura di perdere la radice quella ch'è contraria a ciò che in seguito
stessa della proprietà, cioè la persona- si dice ». E il Betti ha ragione.
lità umana, ch'è il vero fondamento del 70. era vòlto in giù: guardavo giù nella
me e del sé, del mio e del suo, e perciò bolgia. - vivi corporali. Gli occhi di
:

d'ogni proprietà, il cui diritto non si persona vivente non discernevano nulla
può concepire là dove non è individua- laggiù; cfr. Inf. XXIX, 54.
lità e persona intelligente » Perez. ; 73. dall'altro all' altro. - cinghio ar-
: :

62. Tonchioso ecc. pieno di ronchi


: gine che separa la 7^ dall' 8» bolgia, più
(sassose sporgenze), stretto e difficile. basso del dosso su cui stanno i P. -
63. quel di pria per il quale i*'due
: muro 1' arco o ponte, che, elevandosi
:

P. erano venuti fino alla 6a bolgia. Dun- molto e ripidamente (cfr. v. 63), è, ri-
que più ordini di ponti, ma non eguali. spetto agli argini, quasi un muro.
64. andava: io. - fievole abbattuto, : 75. affiguro : raffiguro, discerno. Odo
debole, timido. un suono intendo pa-
di voci, ma non
65. onde una ecc. opperò, cioè per-
: rola guardo e vedo qualcosa laggiù, ma
;

chè mi udì parlare, qualcuno di laggiù non discerno che sia.


fé' sentire la sua voce. - fosso 7a bolgia. : 76-78. Altra ecc. ti rispondo facendo :

66. disconvenevole: non atta. Perchè ? ciò che vuoi, perchè, quando la dimanda
« Eo quia latrones cum sunt ad furan- è giusta, convien rispondere non con pa-

«es»
214 [CERC. 8. BOLG. 7| Ixk. XMV. 77-87 \ DEJ LADRI]

sé non lo far ) che la dimanda onesta


si dee seguir con 1' opera tacendo. »
Noi discendemmo il ponte dalla testa,
dove s'aggiugne con l'otlnva ripa;
e poi mi fu la bolgia manifesta;
82 è vidi vi entro terribile stipa
di serpenti, e di sì diversa mena,
che la memoria il sangue ancor mi scipa.
Più non si vanti Libia con sua rena ;

che se chelidri, iaculi e fa ree


produce, e ceneri con a-mfisibena,

role, ma facendo subito quel elio ci ò 86. che se così il più e il meglio dei
:

stato chiesto. - si doe seguir « forse si : codd. e coni. ant. AL: chersi, chelidri,
de' eseguir »; Betti. I più de'codd., o iaculi e farèe Producer, concri, ec<
veramente quasi tutti, hanno si dee se- tale lezione, preferita da taluni, per-
guir, lez. che dà un senso ottimo. chè la serie dei serpenti è così più con-
79. lesta estremità. «Da quella parte
: forme a quella che si ha nel passo di
del ponte che si aggiunge con l'ottava Lucano che D. qui imitò, non ha auto-
ripa, cioè con quella che cinge intorno rità sufficiente di codici. - chelidri, ser-
l'ottava bolgia » Dan. ; penti velenosi che stanno in terra ed in
81. e poi: quando fummo giunti piti acqua. « Sed quis erit nobis lucri pu-
in basso, in luogo da cui si poteva di- dor ? inde petuntur Huc Libycse mortes,
stinguere ciò eh' era nella bolgia. Al. : et fecimus aspida mercem. At non stare
E poi scendendo per queir argine. Ma smini miserie passura cruorern, Squami-
i P. non discesero giù in questa bolgia, feros ingens Hsemorrhois explicat orbes;
brulicante tutta di serpenti rimasero ; Natus et ambiguse coleret qui Syrtidos
bensì a guardare non lungi dal capo del arva Chersydros, tractique via fumante
ponte, in una sporgenza della ripa - così Chelydri; Et seniper recto lapsurus li-
dobbiamo figurarci - su cui discesero, mite Oenchris-, Pluribus ille notis va-
per mezzo di pietre prominenti, che il riatalo pingitur alvum, Quam pai vis
P. chiamerà più tardi (Inf. (XXVI, 14) tinctus maculis Thebanus Ophites Con- ;

borni. color exustis atque indiscretus arenis


82. stipa: congerie, folla. «Stipa è detta Hammodytes spinaque vagì torquente
;

ogni cosa che è calcata et ristretta insie 1 Cerasta^; Et Scytale sparsis etiam nane
me, et questo è detto stipato »: An. Fior. sola pruinis Exuvias positura suas; et
83. serpenti: « Caput aspidum suget, torrida Dipsas et gravis in geminimi
;

et occidet eum lingua viperai» Iob XX, ; surgens caput Amphisboena Et Natrix ;

16. - « Serpentes ad vindictam creati violator aquse, Iaculiqne volucres: Et


sunt»: Ucci. XXXIX, 35 sg.-mena: con- contentus iter cauda sulcare Phareas»;
dizione, qualità cfr. Inf. XVII, 39.
; Lucan., Phars. IX, 706-721. - iaculi:
84. scipa: cfr. Inf. VII, 21. «La ri- serpenti che fanno lanci per l'aria: iacu-
cordanza di quelli serpenti ancora mi lum per i lat. è giavellotto o dardo;
divide il sangue da' luoghi suoi, e fallo « serpentes subeunt arbores, e quibus
tornare al cuore come fa la paura»; Buti. se vibrant et quasi missili evolant tor-
85. LiMa: provincia dell'Affrica a po- mento»; Solino, 40. Plin. VILE, 23. -
nente dell'Egitto, con deserti arenosi in- farèe: serpenti che, come dice Lucano,
festati da serpenti; cfr. Lucan., Phars. I, fanno un solco per terra colla coda.
367 II, 417 IX, 705 sgg. Della Libia
; ; 87. ceneri : serpenti di vario colore
Ovid., Met. IV, 617 sgg.: « Cunique su- che si camminino sempre torcen-
dice
per Libycas victor [Perseo] penderet are- dosi né mai camminano diritto. - ainfi-
nas, Gorgonei capitis guttes cecidere sibena « Amphisboena consurgit in ca-
:

cruentai, Quas humus exceptas varios put geminum, quorum alterum in loco
animavit in angues Unde frequens illa
: suo est, alterum in ea parte qua cauda »,-
est infestaque terra colubris. » Solino, 40; Plin. Vili, 23.
[CKRC. 8. BOLO. 7] Inf. XXIV. 88-105 [PENA BEI LADRI] 215

nò tante pestilenze nò sì ree ,

mostrò giammai con tutta l' Etiopia,


nò con ciò che disopra al Mar Eosso èe.
Di Tra questa cruda e tristissima copia
correvan genti nude e spaventate,
sanza sperar pertugio o elitropia.
91 Con serpi le man dietro avean legate ;

quelle flccavan per le ren la coda


e '1 capo, ed eran dinanzi aggroppate.
Ed ecco ad un eh' era da nostra proda,
s'avventò un serpente, che '1 trafisse
là dove '1 collo alle spalle s' annoda.
100 Nò c
o '
sì tosto mai, nò ' i '
si scrisse,
com' el s' accese e arse, e cener tutto
convenne che cascando divenisse ;

103 e i>oi che fu a terra sì distrutto,


la poi ver si raccolse per sé stessa,
e in quel medesmo ritornò di butto :

88. pestilenze quali erano in quella


: V. 97-139. Vanni Fucci. Ad uno dei
bolgia. « Sedmalora parant Libycae spe- dannati si avventa un serpente e lo tra-
ctacula^estes»; Lucan., Phars. IX, 805. figge alla gola. Egli s' incenerisce, ma
« Noxia serpentuni est, adniixto sangui- riprende subito la figura umana. È Van-
ne, pestis » : ibid., 614. ni Fucci, figlio naturale di Euccio de'Laz-
90. disopra: i tre deserti che
menziona zeri, nobile Pistoiese. Si unì verso il 1293
circondano l'Egitto quello della Libia
: con Vanni della Monna, notaio, e Vanni
alla sinistra del Nilo; quello dell'inopia- Mironne pistoiesi, per rubare il tesoro
al mezzodì dell'Egitto; e quello dell' A- della cappella di San Iacopo nel Duomo
rabia alla destra del Nilo, disopra al Mar di Pistoia. Diverse persone furono arre-
Rosso. - èe: per è usarono sovente gli state come sospette del delitto, fra altri
antichi anche in prosa. Cfr. Nannuc., Rampino di Ranuccio, che fu lì lì per es-
Terbi, 434 sg.; Bull., Ili, 116. sere giustiziato. Se non che Vanni della
91. copia: abbondanza di orribili ser- Monna, arrestato, confessò la verità e ri-
penti di varie specie. velò i complici suoi; ma Vanni Fucci
93. pertugio foro, buco dove nascon-
: probabilmente era già fuggito il notaio :

dersi. - elitropia pietra preziosa, di co-


: fu impiccato (1296). Cfr. Bull. VI, 210
lor verde simile a quello dello smeral- e qui le nn. 125 e 129.
do, ma chiazzata e tempestata di goc- 97. da nostra proda « dalla ripa et co- :

ciole rosse, alla quale si attribuivano sta della bolgia dove noi eravamo »; Dan.
virtù miracolose contro i veleni, e spe- 99. là ecc. nella gola. :

cialmente contro il morso dei serpenti; 100. Ne ': « queste due lettere
'
o et ' '

oltre di che « qualunque persona la porta '


i scrivono a uno tratto di penna et
'
si ;

sopra di sé, mentre la tiene, non è da alcu- pertanto si scrivono più velocemente che
na persona veduto »; Bocc., Dee. Vili, 3. l'altre, che con più tratti di penna è dato
94. legate: perchè non se le lasciaron loro forma » An. Fior. - « Mostra la
;

legare dal precetto divino Non furtum '


con uno dei modi schiet-
celerità del fatto
facies ', né dalle leggi umane, ed anche tamente proverbiali della lingua » L. ;

(O. Mazzoni) «perchè le tennero troppo Vent., Sim., 491.


facilmente sciolte verso la roba altrui. » 103. distrutto: disfatto.
95. quello: serpi. - ren: reni: tronca- 105. medesmo che : era,prima di essere
mento dell'uso. Cfr. Nann., Nomi, 578 trafitto dal serpente :riprese 1' umana
e tutto il capo. XVII. forma. - di butto : di botto, subito, come
216 [CERC. 8. BOLO. 7] INF. XXIV. 106-120 VANNI FUCCI]

10G così per gran savi confessa


li

Penice more e poi rinasce,


clic la

quando al cinqueccntesimo anno appressa


109 erba né biado in sua vita non pasce,
ma sol d'incenso lagrime ed nmomo;
e nardo e mirra son V ultime fasce.
112 E qual è quei che cade, e non sa corno,
per forza di demon eli' a terra il tira,
o d' altra oppilazion che lega l'uomo,
115 quando si leva, che intorno si mira
tutto smarrito dalla grande angoscia
eh' egli ha sofferta, e guardando sospira;
118 tal era il peccator levato poscia.
potenza di Dio, quanto se' vera !

che cotai colpi per vendetta croscia.

in Purg. XVII, 40, dove la par. butto è 113. di demon: se ossesso; cfr. Marc,
pure in rima; in Inf. XXII, 130 si ha I, 26 ; « Et discerpens eum spiritus im-
di botto. Virg., Georg. IV, 440 sg. « Ille : mundus.... » Cfr. IX, 16 sgg. - Lue. IV,
[Proteus] suae contra non immemor ar- 35; « Et cum proiecisset illud daemo-
tis Omnia transformat sese in miracula nium in medium.... »
rerum, Ignemque horribilemque feram 114. oppilazion rituramento e riserra-
:

fluviumque liquentem. Verum ubi nulla mento de' meati del corpo. « Oppilare è
fugam reperit fallacia, victus In sese redit uno verbo latino, che significa serrare
atque hominis tandem ore locutus ecc. » e chiudere laonde son chiamati dai me-
;

106. savi : Olaudiano, Eidyll., 42 ;


Pli- dici quegli che hanno di sorte chiuse e
nio, Hist. nat. X, 2 Seneca, Epist. 42
; ;
serrate, per essere ripiene di vapori gros-
Ovidio, Metani. XV, 392-402; Brun. La- si, le vene, che gli spiriti e la virtù nu-

tini, Tes. volg. da Bono Giam., VI, 26; tritiva non posson passare e andare per
e forse D. allude ad
altri ancora che le parti del corpo dove fa di bisogno
parlarono della Fenice; sebbene egli si loro. E se si fa per sorte tale oppilazione
attenga particolarmente ad Ovidio. - si in quelle vie che hanno a passare gli spi-
confessa: si dichiara. Cfr. Ovidio, 1. e: riti che vanno dal cuore al cervello, 1' uo-
« Una est quse reparet seque ipsa rese- mo cade subitamente senza sentirsi in
minet, ales Assyrii pheenica vocant.
: terra e da questo nasce il mal caduco e
;

Nonfruge neque herbis, Sed turis lacri- le sincope, chiamate da noi venirsi meno,
mis et succo vivit amomi. Hcec ubi quin- e altri accidenti simili»; Gelli. - lega:
que suce complevit scecula vitee, Ilicis in « parola solenne, trattandosi di magìa o
ramis treni ulaeque cacumine palmae Un- d'altra forza straordinaria » Tom. ;

guibus et puro nidum sibi con3truit ore. 119. se'Yera: AL: quant'è severa. Cfr.
Quo simul ac casias et nardi lenis ari- Z. F. 150 sg.
t La subita trasformazione
stas Quassaque cum fulva substravit cin- di quel dannato mostra sì la giustizia di
nama myrrha, Se super imponit, fìnitque Dio, ma forse più ancora la sua potenza:
in odoribus sevum. » la divina giustizia appare veramente in
110. lagrime: gocce dell'incenso. - ed tutte quante le pene dell' Inf. E questa
amomo Al. e d'amomo. Ma l'amomo
: : potenza di Dio è senza dubbio severa,
non lagrima « Sed turis lacrimis et suc-
: ma è anche vera, cioè giusta, castigando
co vivit amomi
» Ovid., Met. XV, 394.
; ognuno secondo i suoi meriti. Con la
111. fasce nido. « Accenna alla vita
: var. è severa (e mettendo punto ammi-
novella a cui la Fenice rinasce » Tom. ; rativo dopo Dio) si toglierebbe però la
112. corno: come (lat. quomodo), for- stonatura tra la 2a persona del v. 119
ma frequente presso i nostri antichi. D. e la 3a del v. 120.
l'usa qui e in Purg. XXIII, 36 (in rima). 120. per vendetta: per castigo. - ero-
[CERC. 8. BOLG. 7] INF. XXIV. 121-132 [VANNI FUCCl] 217

121 Lo duca il dimandò poi chi elli era:


per eli' ei rispnose: « Io piovvi di Toscana,
poco tempo questa gola fera.
è, in
124 Vita bestiai mi piacque e non umana,
sì come a mul eli' io fui son Vanni Fucci ;

bestia, e Pistoia mi fu degna tana. »


127 E io al duca « Digli che non mucci,
:

e dimanda qual colpa quaggiù il pinse;


eli' io il vidi uomo di sangue e di crucci».
130 E il peccator, che intese, non s' infìnse,
ma drizzò verso me l'animo e '1 volto,
e di trista vergogna si dipinse ;

scia: scarica, vibra. « Metafora tolta da cabolo fu od è in più dialetti così del-
le pioggie e da l'acque, che si dicono l'Italia centrale come della settentrio-
crosciare, quando piovono e si versano nale; cfr. Parodi, Bull. III, 153.
abbondantissimamente » Gelli. ; 128. dimanda Al. dimandai. - qual
: :

122. piovvi: caddi, piombai; cfr. Inf. colpa la domanda suppone che il furto
:

Vili, 83; XXX, 95. commesso dal Fucci non fosse notorio ;

123. poco tempo è: era dunque morto onde non può essere eh' ei fosse impic-
da poco. cato, come affermano alcuni antichi. An-
125. mul: perchè bastardo. AL: Per- zi dal fatto che il P. mostrasi ignaro ò

chè ostinato come il mulo. Del Fucci dubbioso della colpa del Fucci, e induce
1 Ma. Sei.: «Fu uomo molto arrogante e lui a confessarla, par lecito argomentare
superbo e dileggiato [re]. E ratinato con che solo alla recente (v. 123) morte di
altri di sua compagnia, in una chiesa che Vanni si venisse a saper con certezza la
si chiama s. Iacopo, imbolarono tutt'i complicità di lui nel furto famoso.
paramenti, calici, reliquie, e ciò che vi 129. di sangue e di crucci sanguina- :

trovaro; e poi le impegnarono per le rio e onde dovrebbe trovarsi


rissoso,
mani di un prete di loro, e poi l'apo- nel 7° cerchio, se colpa più. grave non lo
sono a uno notaio, e mandarono nella avesse portato più giù. Fu Vanni Fucci
casa sua a fare cercare, dicendo e infa- partigiano furibondo di parte Nera, con-
mandolo ch'egli l'avìa furate. » in. Fior.: giurò contro Focaccia Cancellieri, uc-
« Et perchè egli era bestiale, fu chia- cise, in unione con altri, il pistoiese ca-
mato Vanni bestia », quantunque nei valier Bertino e commise molte altre vio-
tempi di Dante (e anche poi, né nella lenze. Troviamo lui ed altri condannati
sola Toscana) l'epiteto bestia è dato fa- nel 1295 (Bull. IV, 207) come fures, la-
cilmente per significare che uno non s'era trones et rubbatores strate, rei di aver
portato in qualche occasione da uomo ucciso ben cinque persone e rubato loro
(Bull. XXV, 55). Secondo P. Bacci, D. armi ed altre cose. D. che dice il vidi ', '

e V. Fucci secondo una tradizione ignota potè conoscerlo durante la guerra contro
p. 15, la « sorgente prima ove attinsero Pisa (1289-93) nella quale anche Vanni
tutti i chiosatori di Dante » è certo era fra i soldati di Firenze e a cui D.
racconto che di su un antico codice ci stesso partecipò (Bull. VI, 210). Cfr. Inf.
ripubblica e che abbiamo riassunto in XXI, 94 sgg.
ciò che ha di essenziale nella n. 97-139. 130. non s' infìnse : non fìnse di non
avendo chiamato sé stesso
126. tana: aver bene inteso la mia domanda; oppu-
bestia, V abitazione è tana e la dice de- ; re 'non esitò ', nel qual senso (cfr. l'ant.
gna, perchè vi sono molti uomini come frane, se feindre) infìngersi fu usato
' '

il Fucci; cfr. Inf. XXV, 10 sgg. nell' ital. ant. (Parodi, Bull. XXIII, 27).
127. mucci scappi. «Dicesi smucciare
: 131. drizzò ecc.: attenta- mi guardò
di una cosa che per la liscezza esce di mente. «Convertere animos acres oculo-
mano, e che non si può tenere forte, anzi sque tulere Cuncti ad reginam »; Virg.,
quanto piti si stringe, più. sguscia e scap- Aen. XI, 800 sg.
pa, e fugge di mano»; Buonanni. Il vo- 132. trista diversa da quella « che fa
:
l'I* [OERC. 8. BOLG. 7] INI'. XXIV. L33-14Ì |
VANNI KUCCI"

L33 poi disse: «Più mi duo! che (a m' hai colto


nella miseria dove tu ini vedi,
che quando fui dell'altra vita tolto.
130 Io non posso negar quel che tu chiedi :

in già son messo tanto, perch'io fui


ladro alla sacrestia de' belli arredi;
139 e falsamente già fu apposto altrui.
Ma perchè di tal vista tu non godi,
se mai sarai di fuor de' lochi bui,
] 12 apri gli orecchi al mio annunzio, e odi.
dimagra,
Pistoia in pria di Neri si

poi Fiorenza rinnova genti e modi.


145 Tragge Marte vapor di Val di Magra
V uom di perdon talvolta degno », Purg. chi che governavano la città di Firenze,
V, 21. Non si vergogna del male, ma sol- ne cacciarono la parte Nera, e disfe-
tanto di essere scoperto, e scoperto, ciò ciono le loro case »; G. Vili. VIII, 45.
che forse ancor di più gli cuoce, lui 'Ne- Cfr. Del Lungo, Dino Comp. 1, 196 sgg.;
ro, da uno di parte Bianca. II, H5 sgg.
135. tolto: non è necessario intendere 144. poi ecc. : il dì d'Ognissanti dello
che qui si accenni a morte violenta e di stesso anno 1301 Carlo
di Valois entrò in
cni perciò altri debbasi particolarmente Firenze (G. Vill.YIII, 49) Corso Donati, :

dolere la morte è a tutti di regola ama-


: sbandito, ritornò a Firenze, con alquanto
rissima cosa: cfr. Inf. I, 7 e Bull. ; seguito di certi suoi amici e masnadieri
XXV, 55. a piò la parte bianca fu invece cacciata
:

136. non posso: poiché mi trovi qui da Firenze e il governo passò dalle mani
;

nella bolgia dei ladri. dei Bianchi a quelle dei Neri (G. Vili.
138. de' belli arredi chiama la sagre-
: Vili, 49-50).
stia della cappella di Sant' Iacopo di Pi- 145-150. Marte caso retto. - vapor
: :

stoia (cfr. n. 97-139), sacrestia de' belli accusativo. Così è designato Moroello
arredi, risolvendo in questa perifrasi il Mal aspina, marchese di Giovagallo in
nome di Tesoro che essa sagrestia aveva. Lunigiana, che veramente fu il capitano
Al. costruiscono : Fui ladro de' belli ar- dei Lucchesi, unitisi ai Neri di Firenze
redi alla sacrestia. nella guerra contro Pistoia, cittadella
139. altrui: a Eampino di Ranuccio dei Bianchi e dei Ghibellini (Del Lun-
Foresi. go, da Bonifazio Vili ad Arrigo VII,
V. 140-151. Sventtira dei Bianchi. Milano, Hoepli, 1899, p. 381), ma che
A sfogo del suo sdegno e dolore per es- ebbe indubbiamente « parte principale
sere stato veduto laggiù da D. il Fucci ed energica » {Del Lungo, o. e, p. 385)
predice al P. le calamità dei Bianchi in tutta la guerra; sicché al finire di
di Firenze dal 1300 al 1306, con l' in- questa era eletto Capitano della Taglia
tento maligno, e malignamente espres- Guelfa, e ne riceveva l' investitura pro-
so, di addolorare il troppo curioso pel- prio in Pistoia pochi giorni dopo che
legrino. questa era caduta in mano dei nemici.
140. tu: Bianco, con tutti quelli della - Val di Magra nella Lunigiana. - Cam-
:

tua parte. - godi forma popolare già


: po Picen: Vager Picenus menzionato da
in antico per 'goda'; Bull., Ili, 126. Sallustio (Gatil., e. 57), che Dante, con
141. lochi bui luoghi infernali cfr.
: ; altri suoi contemporanei identificò erro- ,

Inf. Vili, 93; XII, 86; XVII, 82. neamente coll'agro pistoiese: cfr. Bass.,
143. dimagra: spoglia, spopola. Nel 55-69 e nel Giorn. dant., II, 390 sgg.
1300 avvenne la divisione di Pistoia in « Picenus appellatus est campus apud
Bianchi e Neri; cfr. G. Vili. VIII, 38. Pistorium, in quo olim fui debellatus
Quindi nel maggio 1301 « la parte bian- Catilina » Benv. e cfr. Bull. XVIII,
;

ca di Pistoia coli' aiuto e favore de' Bian- 285. Meglio che alla spedizione dei Neri
0. 8. BOLG. 7] INF. XXIV. 146-150 [VANNI FUCCl] 219

eh' è di torbidi nuvoli involuto;


e con tempesta impetuosa ed agra
M8 sopra Campo Picen fia combattuto;
ond' ei repente spezzerà la nebbia,
sì eh' ogni Bianco ne sarà feruto.

Fiorentini e Lucchesi contro Pistoni abbattuta. » Quanto alla metafora me-


noi maggio del 1302, che lini colla presa teorologica, che D. usa a designar Mo-
«li Serravalle (G. Vili. Vili, 52. Bass. roello e l'impresa tutta, bene osservò
il Torraca che il P. tenne presente la
159 sgg.) altri con ragione, riferiscono
ti versi all'assedio e alla presa
di teoria del suo tempo sulla formazione
Pistoia nel 1305 e nel 1306 (Barbi, Bull. de' baleni e de' tuoni che troviamo così
XH, poiché in tale occasione
2G5 sg.) ;
esposta [seguiamo la buona lez. del cod.

si prova da ambe le parti di vigoria


die' Rice. 2164] nella Composizione del Afondo
straordinaria e di fierezza e anche, per di Ristoro d'Arezzo, Libro II, sez. VII:
parte in ispecie degli assedianti, di cru- « Stando 5 su en l'aere vapori acquei e
deltà il che bene è indicato dalla espres-
;
vapori ignei.... per la contrarietà eh'
sione « tempesta impetuosa ed agra. » en combatte assieme 1' uno coll'al-
loro,
tro; e se '1 vapore acqueo moltiplica en
Odasi qualche particolare raccontatoci
da O. Vili. Vili, 82 « [I Fiorentini e :
l'aere e trova entro per esso delli va-
i loro alleati] circondarono la città in- pori ignei, le parti di quelli vapori ignei
torno intorno.... e guastarla d' intorno; so raccolgono assieme, en perciò che ogne*
e poco tempo appresso l'affossaro e stec- simile tra' volentieri al suo simile, e
caie al di fuori con più battifolli, sic- anco per forza del vapore acqueo eh'
ché nullo vi potoa entrare né uscire.... multiplicato dattorno a questo igneo en
I Fiorentini e' Lucchesi, rincrescendo l'aere. E lo vapore acqueo multiplican-
loro 1' assedio al continuo, e' convenne dose d'attorno a questo, combatte con
che tutti i cittadini v- andassono e man- esso, e constregnelo ensieme per forza,
d assono, come toccava per vicenda, o sì che questo non può patire en quello

pa- assono una imposta per capo d'uomo luoco, rompe lo vapore acqueo dal lato
com'era tassato, la quale si chiamò la più debole, e corre entro per esso en-
tega. jSTel detto assedio ebbe molti as- fiambandose e facendo fuoco; e, fug-
salti e badalucchi a cavallo e a pie, e gendo, va facendo rumore entro per lo
dammaggio dell' una parte e dell'altra, vapore acqueo, come lo ferro enfìambato
perocché dentro avea franche masnade ;
che va facendo rumore entro per l'ac-
e chiunque era preso che n' uscisse, al- qua, ecc. » Interpreteremo dunque le pa-
l' uomo era tagliatoil pie e alla femmina role di Vanni Fucci così Marte trae
:
'

il naso, e ripinto dentro nella città per fuori di Valdimagra un vapore [vapor
uno ser Laudo d' Agobbio, crudele e di- igneo cfr. Inf. XIV, 142 e Par. XXVII,
;

spietato ufficiale, il quale per gli Fio- 71] il quale viene a trovarsi avvolto da
,

rentini fu soprannominato Longino. E torbidi uuvoli in Campo Piceno si com-


;

così stette e durò la detta oste tutta la batterà fra esso e i nuvoli molto aspra-
vernata, non lasciando per nevi né per mente; e in tale combattimento il va-
piove né per ghiacci. Alla fine vegnendo pore con molta vigoria [repente) romperà
a que' dentro meno la vivanda, e sen- la nebbia che lo avvolge e gli resiste.'
tendo che di Bologna era cacciata la A questo punto però Vanni Fucci, quasi
parte bianca, avendo perduta ogni spe- tema che le sue parole figurate possano
ranza di soccorso, sì s'arrenderò, salve non essere ben intese e non feriscano
le persone, e tennonsi insino a tanto che abbastanza nel vivo, com'egli vuole, D.
nulla vi rimase a mangiare, avendo man- che le ascolta, afferma apertamente che
giati i cavalli, e pane di saggina e di se- di questi avvenimenti, (accennati sin
mola, nero come mora e duro comeismal- qui solo in modo coperto e immaginoso
to, e quello ancora fallito. » Per effetto ch'era il modo proprio delle profezie), i
poi di questa guerra veramente ogni Bianchi (cioè i nuvoli o nebbia spezzati
Bianco fu « feruto », giacché, come dal vapore venuto di Valdimagra) risen-
scrive VAn. Fior., «allora fu quasi, et tiranno tutti il dolore e il danno. Dia-
ivi et altrove, al tutto la parte Bianca mo, col Barbi, a repente il senso di con *
220 [CERO. 8. BOLO. 7j INF. XXIV. 151- XXV. 1-9 (
BESTEMMIA]

151 E detto V ho, perchè doler ti debbia ! »

molta vigoria", con venifUtiRsiino qui, 151. debbia: debba; e ti «levo dolere,
e proprio in aulico di questo vocabolo, Danto, «quia tu oh Albus»; Iienv.
(Bull. XVIII, 10). Ter debbia v. Nann., Verbi, 598.

CANTO VENTESIMOQUINTO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA SETTIMA: LADRI

CACO, CINQUE LADRI FIORENTINI E LORO TRASMUTAZIONI

Al fine delle sue parole il ladro


le mani alzò con ambedue le fiche,
gridando : « Togli, Iddio, eh' a te le squadro! »
Da qua mi fur le serpi amiche,
indi in
perdi' una gli s'avvolse allora al collo,
come dicesse Io non vo' che più diche
' '
;

e un'altra alle braccia, e rilegollo,


ribadendo se stessa sì dinanzi,
che non potea con esse dare un crollo.

V. 1-9. .Bestemmia di Vanni Fuc- Prato chiunque ficas fecerit vel monstra-
ci punita. Appena terminato il suo va- verit nates versus coelwin vel versus figu-
Vanni Eucci si volge contro Dio
ticinio, rartiDei o della Vergine, paga dieci lire
stesso con un atto e parole sconce di per ogni volta se no, frustato » Tom.
; ;

scherno ma subito un serpente gli si av-


; 4. amiche: avendo prontamente, come
vinghia al collo e un altro alle braccia, D. desiderava, punito il sacrilego be-
quello impedendogli di parlare, questo stemmiatore. « Idem velie atque idem
di far alcun movimento con le braccia. nolle, ea demum firma amicitia est » ;

2. fiche atto sconcio e villano che si


: Salitisi., De
coniur. Gatil., 20.
fa in dispregio altrui, ponendo il pollice 6. diche: tu dica.
tra l'indice e il medio piegati, e spor- 7. rilegollo lo legò di nuovo, come
:

gendo il pugno così chiuso verso chi si ora già legato prima di incenerirsi per
vuol ingiuriare. « In su la rocca di Car- ridiventar uomo; e Ir. Inf. XXIV, 94.
mignano [castello del territorio Pistoiese, 8. ribadendo: aggruppando insieme
preso dai Fiorentini nel 1228] avea una coda e testa sul dinanzi del dannato, sì
torre alta settanta braccia, e ivi su due da tenerlo meglio legato e fermo. Una
braccia di marmo, che faceano le mani serpe gli stringe il collo, perchè più
le fiche a Firenze»; G. Vili. VI, 5. non erutti insulti un' altra gli rilega le
;

3. togli: prendi, -le squadro: le mo- braccia, perchè più. non possa fare gesti
stro a te, le indirizzo a te. Il ladro con sconci.
questa dichiarazione irriverente si vanta 9. esse: braccia. - dare un crollo: faro
del gesto sacrilego. « Nello statuto di il menomo movimento.
[CKHC. 8. BOLG. 7] INF. XXV. 10-26 [CACO] 221

10 Ahi, Pistoia, Pistoia, cliè non stanzi


d'incenerarti, sì che più non duri,
poi clie in mal far lo seme tuo avanzi?
13 Per tutti i cerchi dello Inferno oscuri
non vidi spirto in Dio tanto superbo,
non quel che cadde a Tebe giù da' muri.
El si fuggì, che non parlò più verbo :

e io vidi un Centauro pien di rabbia


venir chiamando « Ov' è, ov' è 1' acerbo
: ? »
10 Maremma non cred'io che tante n' abbia,
quante bisce egli avea su per la groppa,
infìn dove comincia nostra labbia.
Sopra le spalle, dietro dalla coppa,
con l' ali aperte gli giacea un draco ;

e quello affuoca qualunque s' intoppa.


25 Lo mio maestro disse: « Questi è Caco,
che sotto il sasso di monte Aventino

V. 10-15. Invettiva contro Pistoia, bate furono guida ad Ercole, il quale


Dalle parole e dal gesto del Fucci prende andò alla grotta ed uccise il ladrone ;

D. occasione a inveire contro Pistoia, cfr. Virg., Aen. Vili, 193-267.. Caco figu-
degna tana di esso Fucci, la quale do- ra il ladroneccio eseguito, più che colla
vrebbe ridursi in cenere, come per suo forza colla frode (cfr. v. 29). V. lo disse
gastigo vien ridotto il Fucci nell'Inf., mezzo uomo; D. ne fa un orrido Centauro
piuttosto che sussistere per dar vita 16. El egli Vanni Fucci. - fuggì ve
: ; :

ad uomini sì bestiali, ebe nemmeno nel- dendo da lungi venir correndo l'arrab
l'Inf. banno cbi
li agguagli. biato Centauro. - che non parlò etc.
10. perebè. - stanzi determini,
che : : senza più dir parola.
risolvi; da stanziare =
deliberare. Cosi* 18. chi ani and o gridando. - l'acerbo
:

tutti, o quasi tutti, i codd. e com. ant. Perfino il Centauro rileva, pieno di rab
12. seme: secondo la tradizione, Pistoia bia, V acerbità straordinaria del conte
fu fondata dagli avanzi dell'esercito di gno e delle parole di Vanni Fucci, e vor
Catilina. Cfr. G. Vili. I, 32. Benv. ed al- rebbe anch' egli contribuire a castigar
tri osservano questa essere una favola ; nelo. «Tunc pater JUneas procedere lon-
ma ai tempi di D. a tale favola si pre- gius iras Et saevire animis Entellum haud
stava fede, -avanzi superi, vinci. « iEtas
: passus acerbis»', Virg., Aen. V, 461 sg.
parentum, peior avis, tulit Nos nequio- 19. Maremma: cfr. Inf. XIII, 9 n.
res, mox daturos Progeniem vitiosio- « Questa è una contrada di Pisa (?), po-
rem»; Horat., Od. Ili, vi, 46 sgg. sta presso al mare, ove abbondano molte
14. in Dio in Deum, contro Dio. -
: serpi, intanto che a Vada è un monasterio
tanto: quanto Vanni Fucci. bellissimo, lo quale per le serpi si dice es-
lo. non quel: vai quanto il lat. ne ille sere disabitato » ; Buti.
quìdem, nemmeno colui, cioè Capaneo ;
21. infìn ecc. : fino al punto, in cui
cfr. Inf. XIV, 46 sgg. finisce la forma di cavallo ed incomin-
V. 16-33. Caco. Ecco un Centauro mo- cia quella di uomo. - nostra labbia:
struoso, tutto coperto di serpenti, ebe la forma nostra, vale a dire l'aspetto
corre dietro al Fucci, affocando cbiunque umano.
in lui si abbatte. È Caco, figlio di Vul- 22. coppa: occipite, nuca.
cano, uomo-satiro che abitava in una 24. quello: drago, -affoca: abbrucia.
grotta del monte Aventino e ebe con astu- s' intoppa imbatte in esso. - « Caci
: s'
zia rubò 4 buoi e 4 vacche della greggia Speluncam adiciunt spirantemque igni-
di Ercole. I muggiti delle vacche ru- bus ipsum »; Virg., Aen. VIII, 303 sg.
222 [cinte. 8. BOLO. 7] INF. XXV. 27-45 [LADRI fiorentini i

(li sangue fece spesse volle laco.


Non va co' suoi (ratei pei- un cammino,
por lo Curio clic fVodolenie fece
del grande armento ch'egli ebbe a vicino;
:;i
onde cessar lo sue opere bi ece
sotto la mazza d'Ercule, clic {orse
gliene die cento, e non *vnt\ le (liece. »
Mentre che sì parlava, ed ci trascorse
e tre spiriti venner sotto noi,
de' (piai nò io nò '1 duca mio s' accorse,
;:7
se non quando gridar « Chi siete voi ? »
1

Per che nostra novella si ristette,


ed intendemmo pur ad essi poi.
40 Io non li conoscea ma ei segue tte, ;

come suol seguitar per alcun caso,


che l'un nomare un altro convenette,
43 dicendo « Cianfa dove fìa rimasof »
:

Per ch'io, acciò che '1 duca stesse attento,


mi puosi il dito su dal mento al naso.

27. fece ecc. col sangue degli ar-


: degli Abati (o Donati?) e Puccio Scian-
menti che rubava lì attorno e scanna- cato, che attaccano discorso coi P., quan-
va, fece nella sua grotta un lago. do d'improvviso sopraggiunge un quar-
28. fratei Centauri, che sono nel gi-
: to, Cianfa Donati, in forma di serpente a
rone de' tiranni cfr. Inf. XII, 55 sgg.
;
6 piedi, che, lanciatosi addosso ad Agnel-
29. furto : per aver rubato e nascoste lo, forma con esso un solo corpo mostruo-

con frode le bestie di Ercole. Gli altri so. Appena compiuta questa trasforma-
Centauri (/ratei) usarono soltanto forza zione, ecco arrivare Francesco Cavalcan-
e violenza. - frodolente tirando il be- : te in forma di serpentello, che in modo
stiame rubato per la coda, lo fece cam- maraviglioso scambia natura con Buoso.
minare all' indietro, affinchè Ercole non 34-35. parlava: Virgilio. - ei: Caco. -
potesse, seguendo le orme, scoprire il trascorse: passò oltre. - tre: Agnello,
furto. - Si osservi che, a pronunziar bene Buoso e Puccio. - sotto noi sotto quel :

questo verso occorre posar un po' la voce punto dell'argine, ove eravamo V. ed
sulla l a sillaba di frodolento, con che si io. L' ed del v. 34 e l'è del v. 35 sono
mette in bel rilievo ciò che dà il carat- correlativi.
tere alla colpa di Caco la frode. Al. : : 36. s'accorse: il verbo ò grammatical-
Perdo furar chefrod.f., verso che corre mente accordato col sogg. più vicino,
piti spedito, ma che riesce assai meno ma si riferisce anche ad io.
espressivo. 38. novella : il discorso tra noi duo.
armento che Ercole, ucciso Ge-
30. : 39. pur: solo.
rione, aveva condotto dalla Spagna. 40. seguette: seguì, avvenne.
onde per il qual furto, per cui
31. : 41. seguitar: avvenire.
Ercole 1' uccise. - fciece bieche prave, :
;
43. Cianfa: della nobile famiglia dei
ingiuste. Cfr. Nannunc, Verbi, 289, n. 1. Donati (Pelr. Dant. lo dice degli Abati).
33. cento: percosse. - non sentì le die- « Eu grande ladro di bestiame, e ronrpia
ce essendo morto sotto quei colpi tre-
: botteghe e votava le cassette » Ari. Sei. ;

mendi prima di averne ricevuti pur dieci. 44. Per ch'io: udendo chiedere di Cian-
V. 34-151. Ladri Fiorentini e loro fa, argomenta costoro essere Fiorentini ;

trasmutazioni. Vengono tre spiriti epperò desidera saperne di più.


Fiorentini, Agnello Brunelleschi, Buoso 45. mi posi ecc. : atto naturale di chi
CERC. 8. BOLG. 7] Inf. xxv. 46-68 [ladri fiorentini] 223
|

Se tu se' or, lettore, a creder lento


ciò eli' io dirò, non sarà maraviglia,
che '1
che io vidi, appena il ini consento.

Coni' io tenea levate in lor le ciglia,


e un serpente con sei pie si lancia
dinanzi all
?
uno, e tutto a lui s' appiglia.

Coi pie di mezzo gli avvinse la pancia,


e con gli anterior le braccia prese ;

poi gli addentò e 1' una e l'altra guancia ;

li diretani alle cosce distese,


e misegli la coda tr' ambedue,
e dietro per le ren su la ritese.
58 Ellera abbarbicata mai non fue
ad arbor sì, come V orribil fiera
per l'altrui membra avviticchiò le sue.

61 Poi s'appiccar, come di calda cera


fossero stati, e mischiar lor colore )

né l'un né 1' altro già parea quel eh' era,


G4 come procede, innanzi dall' ardore,
per lo papiro suso un color bruno,
che non è nero ancora e '1 bianco more.
Gli altri dne riguardavano, e ciascuno
gridava: « Omé, Àgnèl, come ti muti!

chiede silenzio. « Premit vocein digito- 63. l'altro: colore. D. dà agli spiriti
quesilentia suadet»; Ovid., Mei. IX, 692. dannati e la forma e il colore del corpo
48. il mi consento: mi piego a cre- umano. « Eglino si mischiarono sì i co-
iferlo io che pur l'ho veduto. lori, il serpente collo spirito e lo spirito

49. Coni' io ecc.: mentre io ero tutto col serpente, che feciono un terzo colo-
uto a riguardare quegli spiriti. re » ; An. Fior.
50. e: non copulativa, ma rafforzati- 64-66. procede ecc.: non altrimenti su
Mi, quasi ed ecco, -serpente: il trasfor- per la carta, alla quale siasi appiccato
(Man fa.
• il fuoco, un color bruno eh' è qualcosa

all'uno: ad Agnello, v. 68.


51. di mezzo tra il bianco e il nero, precede
diretani i piedi di dietro.
: man mano la fiamma. - papiro carta :

ambedue le cosce di Agnello.


: bambagina. Al.: Il lucignolo. Così Ott.,
58. Ellera ecc non vi fu mai ellera sì
: Butl, Land., Veli., ecc. Papiro può si-
tenacemente abbarbicata ad albero, come gnificar l' uno e l'altro {pavèr, papèr per
queir orribile serpente avviticchiò le sue lucignolo vive tuttora nei dialetti del-
membra a quelle dello spirito. « Artius, l'alta Lombardia); ma la similitudine
:itque hedera procera adstringitur ilex, sembra qui più evidente, se si prenda
9 adhacrens brachiis » Horat., ; papiro nel senso di carta.
XV, 5. Ma D. probabilmente non 66. more si perde, non è più bianco.
:

conobbe le liriche di Orazio. 68. Oniè:oimè.-Ag'nèl Agnolo, Agno-


:

59. fiera Omnia transformat sese


: « lello. Dicono che costui fosse Agnolo Eru-
in miracula rerum, Ignemque horrihi- nelleschi, di nobile famiglia fiorentina, il
ueferam»; Yirg., Georg. IV, 441 sg. quale, salito ai primi onori della repub-
s'appiccar: s'attaccarono e incor-
61. blica, no distrasse le rendite a proprio
porarono conio pezzi di cera riscaldata. vantaggio. L'itw. /Sei. scrive « Questo
:
224 [CBRC. 8. BOLG. 7] [NF. XXV. 69-81 [ladri fiorentini]

vedi clic già non se uè due né uno


1
».
70 Già eran li due capi un divenuti,
quando n'apparver due. figure miste
in una l'uccia, ov'cnui due perduti.
73 Pèrsi le braccia due di quattro liste-
le cosce con le gambe e '1 ventre e '1 casso
(ìivenner membra che non fur mai viste.
Ogni primaio aspetto ivi era casso :

due e nessun l'imagine perversa


parca ) e tal sen già con lento passo.
Come '1 ramarro sotto la gran fersa
de' dì cani cui ar cangiando siepe,
?

folgore par, se la via attraversa ;

Agnello fu de' Brunellesclii di Firenze ;


Vanni Fucci rubò cose sacre. Gian fa e
e infino picciolo votava la borsa al pa- Agnolo occuparono, a quel che pare,
dre e a la madre, poi votava la cassetta cariche pubbliche a Fireuze, rubarono,
a la bottega, e imbolava. Poi da grande quindi negli uffici, cioè cose pubbliche.
entrava per le case altrui, e vestiasi a Gli altri tre Fiorentini, qui ricordati,
modo di povero, e facìasi la barba di furono, per quanto ne sappiamo, ladri
vecchio, e però il fa Dante così trasfor- di cose private. Quindi la diversità della
mare perii morsi di quello serpente come pena. Vanni Fucci arde al morso del
lece per furare. » serpente, s' incenerisce e ridiventa uomo
69. né due uè uno: « non due, perchè per subire di nuovo il medesimo suppli-
un sol corpo né uno, perchè non avente
; zio. La sua pena è quasi un olocausto
figura e individualità o, di solo serpente eterno, quanto privo di buoni effetti.
o di solo uomo » Di Siena. ; Cianfa ed Agnolo si uniscono, si fanno
72. perduti fusi insieme così da aver
: uno di due; figura degli impiegati infedeli
perduto ognuno la propria sembianza. che si uniscono per derubare lo Stato. Gli
73. Fersi si fecero, divennero. - dì
: altri si rubano 1' un l'altro 1' unica cosa
quattro liste delle 2 braccia di Agnolo e
: che posseggono ancora, 1' umana figura ;

de' 2 piedi anteriori del serpente. La con- ecco i ladri di cose private, che rubano
fusione dei due in uno comincia dal capo dove e ciò che possono Altri, specie fra !

e continua giù giù per il corpo. Liste, i comm. diversamente; né sempre


ant.,
propriamente lunghi e stretti pezzi di con molta chiarezza. E potrebbe dar3i
checchessia, son qui chiamate le braccia che D. non facesse distinzioni così sottili.
dell' uomo ed i piedi del serpente. 79. ramarro: nota specie di lucertola.
76. primaio primiero, umano e ser-
: « Kamarrus est serpens communis in
pentino.- casso cassato, cancellato. Cfr.: Italia, qui alibi dicitur marro, alibi ra-
Inf. XXVI, 130 XXX, 15 Par. II, 83 ; ; ; gano Bononiae vero dicitur liguoro, qui
:

IV, 89. serpens secundum quosdam appellatur


77. due : si scorgevano e non si scor- stellio, a quo denominato crimen stel-
gevano le due nature, dell'uomo e del lionatus in iure civili, idest extraordi-
serpente. Cfr. Ovid., Met. IV, 360 sgg. narium ideo bene competit furi»: Benv.
;

- perversa stranamente deformata. Nel


: -fersa: ferza, o sferza; cfr. Bull. Ili, 101.
Conv. Ili, 15 perverso è definito « chi AL, non bene, derivano fersa dal lat.
fuori dal debito ordine è piegato ». ferveo =
ardo.
78. tal: in questa nuova forma. -già: 80. canicular: giorni d'estate, circa
Al. gìo. Il Diritto Romano distingueva dal 21 luglio al 21 agosto, nei quali la co-
tre specie di furto: in prima esso sta- stellazione australe detta Canicola, o Ca-
bilisce una differenza tra le cose divine ne maggiore, nasce col sole. - cangia-
ed umane,- quindi suddivide le cose do siepe passando da una ad altra siepe.
:

umane in pubbliche e private. Sembra 81. folgore par ecc. attraversa la via
:

che D. si sia tenuto a questa partizione. con velocità di folgore. Cfr. i vv. «Ttum-
[CERC. 8. BOLG. 7] INF. XXV. 82-100 [LADRI FIORENTINI] 225

82 sì pareva, venendo verso 1' epe


degli altri due, un serpentello acceso,
livido e nero come gran di pepe )
85 e quella parte donde prima è preso
nostro alimento, all'un di lor trafisse;
poi cadde giuso innanzi lui disteso.
88 Lo trafìtto il mirò, ma nulla disse )

anzi coi pie fermati sbadigliava,


pur come sonno o febbre l'assalisse.
91 Egli il serpente, e quei lui riguardava;
l' un per la piaga, e 1' altro per la bocca

fummavan forte, e '1 fummo si scontrava.


94 Taccia Lucano ornai là dove tocca
del misero Sabello e di Nassidio;
e attenda a udir quel eh' or si scocca.
97 Taccia di Cadmo e d'Aretusa Ovidio;
che se quello in serpente, e quella in fonte
converte poetando, io non lo invidio;
100 che due nature mai a fronte a fronte

pat et serpens iter institutum, Si per zione reciproca misteriosa per la quale
obliquimi similis sagittse Terrai t nian- un dannato trasfonde nell'altro la sua
nos»; Horat., Od. Ili, xxvn. 5 sgg. natura e assume quella di lui.
82. l'epe: le pance. 94. là: Phars. IX, 761 sgg., dove Lu-
83. serpentello Francesco Guercio
: cano racconta di due soldati dell'eser-
Cavalcanti, v. 151.- acceso: d'ira, in- cito di Catone, che nei deserti della Li-
furiato. bia furono morsi da serpenti Sabello
:

85. parte:l'ombelico, per cui il feto dal serpente Seps, il cui morso lo ri-
riceve dapprima, cioè mentre è nel seno dusse in cenere (1. e. 761-788) Nassidio
;

materno, l'alimento. dal serpente Prester, il cui veleno gli


86. all'un: a Buoso cfr. v. 140.
; gonfiò il corpo in modo, che gli scoppiò
89-90. coi pie fermati fermo sui pie-
: la corazza (ibid., 789-804).
di. - sbadigliava ecc.: lo sbadiglio indica 96. si scocca: si espone; « quello che
o sonnolenza o uno stato di malessere, manda fuori del suo arco, parlando me-
quale è quello clie suole precedere la taforicamente, lo ingegno e 1' arte sua»;
febbre. Gelli.
92. l'un: il trafitto. - l' altro : il ser- 97. Cadmo cangiato in serpente cfr.
:
;

pente. Ovid., Met. IV, 563-603. - Aretusa tra- :

93. fummavan: «quod


dicit de fumo, sformata in fontana ibìd. V, 572-661.
;

obscuritatem temporis, quam


signifìcat 99. non lo invidio che la metamorfosi
:

ut noctem appetunt » Petr. JDant. Que-


; che io sto per descrivere, è di specie
sto fumare potrebbe anche alludere al- nuova e assai più mirabile di tutte quelle
l'incendio interno della cupidigia, come descritte da Ovidio; il che non significa
ilriguardarsi vicendevolmente potrebbe che D. non si giovasse e di Lucano e
alludere allo sguardo cupido del ladro di Ovidio ma il P. « sente, nella sua
;

alla roba altrui. Ma, anche a prescin- coscienza d'artista che per opera sua la
dere da ogni allegoria, questa delle due poesia nuova ha ormai superato l'anti-
Gorrenti di fummo è, insieme con quella ca»; A. Tomaselli, Il e. XXV
dell'In/.,
del guardarsi l' un l'altro così fisamente, Cividale del Friuli, 1912.
immaginazione quanto mai opportuna ed 100. due l'umana e la serpentina. « Già
:

efficace ad esprimere concretamente l'a- s'intende che forma nel linguaggio sco*

15. — Div. Gomm.. 8 a ediz.


226 [CEBO. 8. non.;. 7j J.nf. xxv. 101-118 [ladiu fiokbn ti ni]

non trasmutò, sì ch'ambedue le forme


a cambiar lor inalerà, fossér pronte.
io:;
Insieme si rispuosero a tai norme,
che '1 serpente la coda in forca lesse.
e '1 feruto ristrinse insieme 1' orme.
100 Le <>ambe con le cosce seco stesse
s'appiccar sì, che in poco la giuntura
non facea segno alcun che si paresse.
100 Togliea la coda fessa la figura
che si perdeva là, e la sua pelle
si facea molle, e quella di là dura.
112 To vidi entrar le braccia per 1' ascelle,
e due pie della fiera, ch'eran corti,
i

tanto allungar, quanto accorciavan quelle.


n Poscia li pie diretro, insieme attorti,

diventaron lo membro che l'uom cela,


e '1 misero del suo n'avea due porti.
118 Mentre che '1 fummo 1' uno e 1' altro vela

lastico non significa l' esteriore contorno compiuta piedi, gani'oe e cosce nanno
:

e rilievo e apparenza de' corpi, ina l'in- già la figura della coda del serpente, e
tima sostanza che fa essere gli oggetti la giuntura delle gambe non si distingue
materiali e gli oggetti spirituali, ciasche- più, non si discerne più che essa coda
duno nella sua specie, qnello appunto è formata di due liste. - in poco in un :

ch'egli è. Intende dunque il Poeta nelle : momento. - si paresse: apparisse.


trasformazioni cantate da altri, 1' una 109-111. la figura ecc. di piedi, gambe
:

forma, per esempio l'anima vivente del- e cosce d' uomo, che l'altro perdeva per
l' uomo, prende la materia d' animale o formare la coda serpentina. - là nel- :

di pianta; ma qui la forma del serpente l'uomo. - sua: del serpentello.- molle:
piglia il corpo dell' uomo, e a vicenda la come l'umana. - quella di là la pelle del-
:

forma dell' uomo piglia il corpo della ser- l'uomo. - dura: dura, e scagliosa, come
pe. Cotesto baratto subitaneo, cotesta quella de' serpenti.
confusione dalla quale riesce un distacco 112-114. le braccia dell' uomo, che si
:

sì nuovo, è la terribilità del mirabile che accorciano come ritirandosi dentro le


qui vuoisi notare » Tom. ; ascelle di lui, e ne resta fuori solamente
103. si rispuosero: corrisposero 1' una quanto basta a formare i piedi anteriori
all'altra nel trasformarsi. - a tai nor- del rettile, mentre i piedi anteriori del
me con tali norme, in questo modo.
: serpente si allungano fino alla misura di
104. la coda ecc.: divise la coda in due braccia umane. « Combibit os maculas,
parti a mo' di forca, parti che dovevano etqua modo brachia gessit, Crura gerit ;

diventare gambe e piedi d' uomo. La cauda est mutatis addita membris » ;

fusione di Cianfa e d'Agnolo incomin- Ovid., Met. V, 455 sg.


cia dal capo; la trasformazione di que- 115-117. li pie diretro ecc. i piedi di
:

sti altri due dalla coda e dai piedi. dietro del serpente si uniscono e attor-
105. feruto: ferito (cfr. Inf. XXIV, cono, prendendo figura di membro viri-
150), nell'ombelico, v. 85 sg. - l'orme: le; nello stesso tempo il membro del-
i piedi, l'effetto per la causa, come i Lat. l'uomo si fende in due parti, che si tra-
dissero vestigia per pedes. sformano nei piedi di dietro del rettile.
106- 108. Le gambe ecc. : unitisi i piedi, - porti: messi fuori, prodotti.
1' unione continua nelle gambe e nelle
si 118. fummo cfr. v. 93. «Il fumo, ema-
:

cosce, e in breve l'unione, o fusione, è nazione dell' una e dell'altra natura, dà


[CERC. S. BOLO. 7] Inf. XXV. 110-137 [LADRI fiorentini] 227

di color novo, e genera il pel suso


per l'ima parte, e dall'altra il dipela,
121 1' un si levò, e 1' altro cadde giuso,
non torcendo però le lucerne empie,
sotto le quai ciascun cambiava muso.
L24 Quel eli' era dritto, il trasse vèr le tempie,
e di troppa materia che in là venne,
uscir gli orecchi delle gote scempie :

127 ciò che non corse indietro e si ritenne


di quel soverchio, fé' naso alla faccia,
e le labbra ingrossò quanto convenne.
130 Quel che giacea, il muso innanzi caccia,
e gli orecchi ritira per la testa,
come face le corna la lumaccia ;
133 e la lingua, eh' avea unita e presta
prima a parlar, si fende, e la forcuta
nell'altro si richiude, e il fummo resta.
30 L'anima eh' era fiera divenuta,
sùfolando si fugge per la valle,

il colore del serpe all'uomo, dell'uomo faccia: Al. : la faccia, che sarebbe sog-
al serpe » Tom. ; getto di fé' naso e di ingrossò.
119. pel: umano; capelli, barba, ecc. 130. Quel: l'uomo già quasi del tutto
121. l'un : il serpente divenuto uomo. trasformato in serpente.
- 1* uomo divenuto serpente.
altro : l' 132. face: fa. Cfr. Nannuc, Verbi, 605
122. non torcendo ecc. non cessando : sg. - lumaccia: lumaca. Questa simili-
tuttavia di riguardar fissamente 1' un tudine « rianima la descrizione esattis-
l'altro (cfr. v. 91) « con una specie, se sima, ma un po' faticosa perii lettore....
sia lecito il neologismo, di suggestione Si tratta di un fatto comunissimo. Dan- . . .

ipnotica »; Tomaselli, o. e. - lucerne: te lo ha ricordato a luogo opportuno, e


ocelli. « Lucerna corporis est oculus » ; fissato in un una volta letto,
verso, che,
Matt. VI, 22. - empie: dei due empii non si dimentica Torraca.
più. » ;

peccatori. 133. avea: il soggetto è sempre quel


123. muso: aspetto. « La faccia del- che giacea, cioè l' uomo che stava com-
l'uomo divenìa muso di serpente, e '1 piendo la sua trasformazione in serpe.
muso del serpente divenìa faccia d'uo- 134. forcuta: quale era la lingua dei
mo » ; An. Fior. serpenti, secondo le opinioni del tempo.
124. Quelserpente già divenuto uo-
: il « Ille quidem vult plura loqui, sed lin-
mo persona fuorché nel capo.
in tutta la gua repente In partes est fissa duas, nec
- il il muso ritirò il muso serpentino
: ; verba volenti Sufficiunt, quotiesque ali-
Verso le tempie, riducendolo alla figura quos parat edere questus, Sibilat hanc ;

di faccia d'uomo. illi vocem natura reliquit » Ovid., Met.


;

verso le tempie.
125. in là: IV, 586 sgg.
gote serpentine non
12G. scempie: le 135. nell'altro: nel serpente trasfor-
avevano orecchie. Al. riferendo scempie mato in uomo. - sì richiudo si riunisce.
:

a orecchie intendono divise dalle gote, : - resta: rista, cessa, essendo ormai com-
sporte in fuori, come sono le umane. piuta la duplice metamorfosi, in cui il
127-128. ciò ecc.: della troppa mate- fummo ha avuto parte attiva.
ria del muso serpentino quel tanto che 137, sùfolando: fischiando come fanno
non eorse indietro a formare le orecchie, i serpenti. E fischiando i ladri sogliono
»' naso umano alla novella faccia. -alla darsi tra loro segnali e avvisi.
228 [ckko. 8. bolu. 7] Inf. XXV. L38-148 [ladri fiorentini]

e l'altro dietro a lui parlando sputa.


139 Poscia gli vol.se le Novelle spalle,
e disse all'altro vo' elie Buoso corra,
: « 1'

com' ho carpon per questo calle ».


fatt'io,
142 Così vid' io la settima zavorra
mutare e trasmutare e qui mi scusi ;

la novità, se fior la penna abbona.


145 E avvegna che gli occhi miei confusi
fossero alquanto, e l'animo smagato,
non poter quei fuggirsi tanto chiusi,
148 eh' io non scorgessi ben Puccio Sciancato ;

138. sputa: atto proprio dell'uomo. di bolgia. Ma la bolgia non si mula e


Bene osserva il Monti: «Dante col con- trasmuta; bensì i ladri che essa in- *

tenersi alla proprietà del serpente che sacca '. Bene il Gelli: « La settima za-
sufolando fugge, e a quella dell'uomo vorra, cioè quegli spiriti che sono in
che parlando sputa, caratterizza e di- questa settima bolgia; i quali ei chiama
pinge con due semplicissimi tocchi la zavorra, perchè ei sono il ripieno del
natura dell' uno e dell' altro ». fondo di questa settima bolgia, e perchè
139. novelle: testé formate. la zavorra di che si riempiono le navi, è
140. all'altro: al terzo de' tre, Puccio sempre quella mercanzia, della quale non
Sciancato, chenon abbiam visto trasfor- è fatto mai troppa stima, e i ladri sono
mato. - Buoso dei comm. antichi che si
: sempre in obrobrio a ciascuno ».
fermano a parlare di Buoso gli uni lo 143. mutare: è detto delle mutazioni
dicono degli Abati, gli altri dei Donati, di Vanni Fucci e di Agnolo Brunelle-
entrambe famiglie fiorentine. I moderni schi. - trasmutare: è lo scambiarsi di
propendono a dirlo degli Abati, altri- forme tra due dannati, ch'è il caso di
menti ignoto, supponendo che gli anti- Buoso e del Cavalcanti.
chi scambiassero questo Buoso con quel 144. fior: un poco ; cfr. Purg. Ili, 135.
Buoso di Vinciguerra Donati, che fu - abborra: abborraccia, confonde (cfr.
falsato da Gianni Schicchi cfr. Inf. ; Inf. XXXI, 24) verbo ricavato da borra.
XXX, 32 nt. Ma anche un altro Buoso « Questa spiegazione.... è.... la sola che
Donati ci fu, figliuolo di un fratello del ci dia pienamente ragione del verbo dan-
predetto, e fratello di Simone, padre di tesco e del suo significato e che non ci ;

Corso e a questo secondo Buoso potreb-


;
costringa a ricorrere a pazze etimologie,
be alludersi qui; Barbi, Bull., XXIII, come sarebbe aberrare, proposto dal
129 sgg., e specialmente pp. 140-142. - Blanc. Quanto poi ad aborrire ed abhor-
« Questo m
esser Buoso Donati e in uffi- rere.... non corrispondono affatto pel sen-
cio e altrove, avendo fatto dell' altrui so. Intese bene, a' suoi tempi, insieme con
suo, non possendo più adoperare, o forse parecchi commentatori anche Fazio de-
compiuto l' ufficio, misse in suo luogo.... gli Uberti Maraviglia sarà, se riguar-
:
'

messer Francesco, chiamato Guercio, dando La mente in tante cose non ab-
de 'Cavalcanti» (An. Fior.); il qual Guer- borri Dittam. H, 31, cioè: se non fai
'

cio è colui che, di serpente divenuto uo- nella tua mente una confusione di tante
mo, vuole che Buoso corra ora carpone cose disparate »; Parodi, Bull. Ili, 140.
laggiù.: cfr. v. 151. Per le altre interpretaz. date di questo
141. carpon da serpente. « Super pe-
: verbo v. il Comm. lips.
ctus tuum gradieris » Gerì. Ili, 14 -; . 145. confusi : per la vista di cose sì
calle: il fondo della bolgia. strane e spaventevoli.
142. zavorra ghiaia mescolata con
: 146. smagato smarrito, scemato di at-
:

rena, od altra materia pesante che si tività; cfr. Purg. X, 106 XXVII, 104. ;

mette nella sentina della nave, perchè 147. quei : due rimasti. - chiusi : oc-
questa s'immerga quanto è necessario culti, nascosti.
nell' acqua, e sia più stabile. Qui Gr. e 148. Puccio Sciancato de' Galigai da :

molti altri intendono zavorra nel senso Firenze. « Fu cortese furo.... i suoi furti
[CERC. 8. BOLG. 7] INF. XXV. 149-151 -XXVI 1-6 [CONTRO FIR.] 229

eri era quel che sol de tre compagni


7

che venner prima non era mutato ;

151 Paltr'era quel che tu, Gaville, piagni.

erano di die e non di notte, e se era ve- di Firenze, ed avendo odio verso quelli
duto, sì si gabbava »; God. Haglìab. I, di quello luogo, elli trasseno a lui, e sì
Non erat bene aptus ad fugien-
. l'anciseno; per la qual morte tutti i Ca-
dwn. quando ibat curii aliis ad furandum valcanti hanno odio a tutti i Gavillesi,
quia erat claudus»; Benv. cioè quei di quello luogo, e funne morti
151 l'altro il serpentello che ferìBuo-
. : infiniti, ed ancora non è stagnata tale

ro e eli tolse la figura umana, cioè Fran- onta »; Lan. - Le stesse cose dicono
Cavalcanti. - « Gaville è uno
ge' altri comm. antichi. - piagni « non per :

nel contado di Firenze; or av-


Ilo bene che tu gli volessi, ma
per cagione
venue che passando per quelle contrade di tanti de'tuoi uomini, che furono morti
lo predetto messer Francesco Cavalcanti per vendetta sua » Gelli.;

CANTO VENTESIMOSESTO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA OTTAVA: CONSIGLIERI FRODOLENTI
(Camminano interamente avvolti e chiusi in una fiamma)

ULISSE E DIOMEDE, VIAGGI E MORTE DI ULISSE

Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande,


che per mare P ali,
e per terra batti
e per lo Inferno il tuo nome si spande !

Tra li ladron trovai cinque cotali


tuoi cittadini, onde mi vien vergogna,
e tu in grande onranza non ne sali.

V. 1-12. Invettiva contro Firenze. precedente: Agnello Brunelleschi, Buoso


Con amarissimo scherno D. apostrofa degli Ahati (o Donati), Puccio Sciancato,
Firenze, e le predice prossime, inevita- Cianfa Donati e Francesco Cavalcanti.
bilisventure a gastigo delle sue colpe, I Donati e Brunelleschi erano dei Neri,
augurandosi che ciò, poiché deve avve- gli Abati e Cavalcanti de' Bianchi; cfr.
nire, avvenga presto. G. Vili. VIII, 39. D. mostra qui, come
2. batti Tali: voli famosa. «Erano in tanti altri luoghi, d'aversi fatta parte
allora Fiorentini sparti molto fuor di
i per Par. XVII, G9.
sé stesso-, cfr.
Fiorenza per diverse parti del mondo, 5-6. onde: da cui, ma la prop. rela-
et erano in mare et in terra, di che forse tiva ha valore di consecutiva; tali.... da
li fiorentini se ne gloriavano » Buti. ; cui (cioè, che da essi) a me, fiorentino,
3. si spande: Fiorentini se ne trovano vien vergogna. Cfr. Conv. IV, 27 dove
in quasi tutti i cerchi dell'Inferno. D. commisera le condizioni di Firenze.
4. cinque: dei quali parlò nel canto - onranza: onoranza.
230 [CERO. 8. BÒLG. 8] INF. XXVI. 7-16 rRO FIRENZffl

Ma se presso al mattin del ver si sogna,


hi sentimi di qua da picciol tempo
di quel die Prato, non eli* aldi, t'agogna;
LO 6 se già fosse, non saria per tempo:
così fòss eij da ohe pur esser dee
5
!

che più mi graverà, coni' più m'attempo.


13 Noi ci partimmo, e su per le scalèe
che n' avean fatte borni a scender pria, i

rimontò il duca mio, e trasse mee;


16 e proseguendo la soliuga via

7. del ver: credettero gli antichi clic ilbello ovile ov' ei dormì agnello, il P.
i sogni presso al mattino annunziassero non nasconde l'amarezza dolorosa che
«Nainque sub
infallibilmente l'avvenire. ne prova il suo animo, e che quanto
auroram iam dormitante Lucina, Tem- più va innanzi con gli anni (com' più
pore quo cerni somnia vera solont »; m'attempo), tanto più gli si farà sentire
Ovid., Heroid. XIX,
195 sg. « Venit ad (più mi
graverà).
me tali voce Quirinus, Post mediam noc- .V. 13-48. La
pena dei consiglieri'
tem visus, quuin somnia vera » Horat., ; frodolentù Per la medesima via onde
Sat. I, X, 32 sg. Cfr. Purg. IX, 13 sgg. discesero, i P. risalgono sullo scoglio,
8. tu sentirai: proverai. - di qua da e, proseguendo su questo il cammino,
picciol tempo : in breve, tra non molto. giungono sopra 1' 8a bolgia. Questa ri-
9. quel: male. -Prato: i più intendono splende di fiamme che si aggirano, av-
dei Pratesi, allora sudditi dei Fiorentini volgendo ciascuna di esse, cóme V. dice
e malcontenti del loro governo altri (ma ;
aD., un malvagio consigliere. I consigli
l'espressione di D. sarebbe singolar- di costoro furono scintille che produs-
mente strana) del cardinale Niccolò di sero più o meno grandi incendi. Le fiam-
Prato che, mandato dal papa a metter me, acute in punta, figurano le loro lin-
pace tra i Fiorentini nel 1304, non vi gue che produssero tali scintille. « Ecce
riuscì e lasciò Firenze lanciando su di quantus ignis quam magnani silvani in-
essa la maledizione di Dio e quella della cendit Et lingua ignis est »; Ep. S. Iac.
!

Chiesa G. Vili. Vili, 69. Nella men-


;
Ili, 5-6.
zione di Prato il Parodi vede un' allu- 13-15. ci partimmo: dalla riva dell'ar-
sione alla cacciata avvenuta il 6 aprile gine ottavo, giù per la quale eravamo un
1309, dei Neri da Prato, i quali però vi po' discesi per meglio discernere gli abi-
rientrarono il dì dopo « coll'aiuto » dice tatori della 7a bolgia, cfr. Inf. XXIV,
G. Vili. Vili, 106 « dei Fiorentini e dei 70-81, e dove avevamo le ombre sotto noi,
Pistoiesi, e per gli Fiorentini vi fu messa XXV, 35. - scalèe: ordine di scale. -
la signoria ». E nel male, oscuramente borni sporgenze dello scoglio. Dunque
: :

ma con ferma fiducia, profetato ai Fio- V. rimontò, e trasse seco' me, su per le
rentini il Parodi ravvisa una prima ma- scalee che ci avevano formate, oda cui ci
nifestazione dei sentimenti di D., quando avevano servito, allo scendere di prima,
si cominciava a sperare che Arrigo di- i pezzi sporgenti dello scoglio. Così con-

scendesse in Italia » Bull. XV, 26. - ; cordemente i moderni non così gli an- ;

altri : più lontani tuoi nemici, « si-


altri, tichi che lessero fatti (e non fatte) e
cut pisani, aretini et alii multi » Benv. ; considerarono perciò il che del v. 14 come
10. se già fosse: se i mali già t'aves- soggetto e borni come un predicato no-
sero colpita, non sarebbe troppo presto. minale da unire a ne (=noi), arzigogo-
11-12. così foss'ei fosse già avvenuto,
: lando nell'interpretazione ne' modi piti
poiché è inevitabile Qui allo sdegnoso ! strani si arrivò persino a mutare il te-
:

sarcasmo con cui si apre il canto se- sto così che il fouior it' area fatto scender
:

guono parole che esprimono un senso pria. Cfr. il Comm. Lips. e la nota del
di pena e quasi di accoramento al pen- : Campi nell' ediz. torinese. - mec me è
:
;

siero de' mali che sovrastano alla città la epitesi stessa che già s' è trovata in èe
sua, colpevole e viziosa ma pur sempre pere, Inf. XXIV, 90; cfr. Bull. Ili, 116.
[CERC. 8. BOLG. 8] INF. XXVI. 17-34 [CONSIGL. FHODOL.] 231

tra le schegge e tra' rocchi dello scoglio,


lo pie sanza la man non si spedia.
19 Allor mi dolsi , ed ora mi ridoglio,
quand' io drizzo la mente a ciò eh' io vidi ;

e più lo ingegno anreno eh' io non soglio,


22 perchè non corra che virtù noi guidi ;

sì che, se stella buoi] a o miglior cosa

ni' ha dato il ben, eh' io stessi noi m' invidi


25 Quante il villan eh' al poggio si riposa,
nel tempo che colui che il mondo schiara
la faccia sua a noi tien meno ascosa,
28 come la mosca cede alla zanzara,
vede lucciole giù per la vallea,
forse colà dove vendemmia ed ara ;

31 di tante fiamme tutta risplendea


1' ottava bolgia, sì com' io ni' accorsi,
tosto che fui là '
ve il fondo parea
\

31 e qual colui che si vengiò con gli orsi


18. senza la man: cfr. Purg. IV, 33.
- giù nella valle ove ha forse la sua vigna
non si spedia non riusciva a muoversi
: e il suo campo; tante fiamme io vidi

e ad avanzare senza 1' aiuto delle mani. splendere in tutta l'ottava bolgia, sic-
Sempre più erti e malagevoli gli scogli, come io mi accorsi, tosto che fui alla
quanto più vicini al centro; cfr. Inf. sommità del ponte, da dove il fondo era
XVIII, 70 XIX, 131 sg.; XXIV, 61 sgg.
;
visibile. Ma per dir ciò si vale il Poeta
19. mi dolsi alla vista. - mi ridoglio
: : di vaghe perifrasi. Ecco le sostituzioni:
ricordandomene. in tempo di state: nel tempo che colui
21. affreno tengo in freno più del so-
: che il mondo schiara (il sole) la faccia
lito, avendo veduto come sono puniti co- sua a noi tien meno ascosa. - Come fa
loro che abusarono dell'ingegno dando sera: Come la mosca cede alla zanza-
pravi consigli. Siffatta dichiarazione a ra; perchè in quell'ora quest'insetto
proposito de' mali consiglieri D. è in- sbuca e quello si ritira. - Ove ha forse
dotto a farla da una ragione tutta sua, la sua vigna e il suo campo -.forse colà
come notò ilD' Ov. (Studii,-p. 89); cioè dal- dove vendemmia ed ara perchè dai re-
;

l'esser egli nell'esilio divenuto «un uomo sidui della trebbia e della vendemmia,
di corte, un negoziatore politico, un con- impinguati di umidità, sogliono svilup-
il consigliar frodi
sigliere di principi, e parsi molte lucciole » Boss.
;

e ordire inganni sarebbe potuto divenir 26-27. nel tempo ecc.: nell'estate; nel
in lui un peccato professionale, un vizio qual tempo il sole resta sull'orizzonte
del mestiere ». più a lungo che nell' altre stagioni.
23. stella: influenza de' pianeti, -mi- 29. vallea: vallata.
glior cosa: la grazia divina. 30. vendemmia ed ara: due delle princi-
24. ben ingegno. - m' invidi
: renda : pali opere del contadino: cfr. Inf. XX, 47.
abusando del mio ingegno, i buoni,
flutti, 31. risplendea :luceva. « Cetera con-
i sani effetti che da esso possono deri- fusseque ingentem csedis acervum ISTec
vare. « Qui sibi invidet, nihil est ilio numero nec honore cremant; tunc un-
nequius, et hsec redditio est malitise il- dique vasti Certatim crébris conlucent
lius » ; Eccl. XIV, 6. ignibus agri»-, Virg., Aen. XI, 207 sgg.
23. Quante ecc. : « Il sentimento qui 33. là: sull'arco del ponte. - fondo:
espresso è il seguente Quante lucciole : dell' ottava bolgia. - parea appariva.
:

vede il villano in tempo di state, e sul 34. colui: il profeta Eliseo. « Cumque
far della sera, dal colle in cui si riposa, ascenderei per viam, pueri parvi egressi
232 [CBRC. 8. JìOLG. 8] Inf. xxvi.35-48 [pena m-:i consigl. frod.Y

vide il cairo d' Elia al dipartire,

quando i cavalli al cielo erti lèvòrsi,


37 clie noi potea sì con gli occhi seguire,
che vedesse altro che la fiamma sola,
sì come nuvoletta, in su salire ;

40 tal si movea ciascuna, per la gola


del fosso, che nessuna mostra il furto,
ed ogni fiamma un peccatore invola.
4:;
Io stava sopra il ponte a veder surta,
sì che s' io non avessi un rondi ion preso,

caduto sarei giù sanza esser urto ;

46 e '1 duca, che mi vide tanto atteso,


disse « Dentro dai fuochi son gli spirti
:
;

ciascun si fascia di quel eh' egli è inceso »,

sunt de civitate, et illudebant ei, dicen- mentre Eliseo invano s'ingegna di se-
tes: Ascende, calve! Ascende, calve! guirlo con gli occhi.
Qui cum respexisset, vidit eos, et male- 43-45. surto ecc.: ritto sui piedi e sporto
dixit eis in nomine Domini egressique : colla persona in su la bolgia; sicché, se
sunt duo arsi de saltu, et laceraverunt non mi ad un masso dello
fossi tenuto
ex eis quadraginta duos pueros»; IV scoglio, sarei cascato giù, senza esser
Eeg. II, 23-24. -vengiò: vendicò. urto, cioè urtato, da altri; cfr. v. 09.
34-35. qual: va riferito a 'carro', -carro: 46. atteso: attento a mirare quei fuo-
« Ecce currus igneus, et equi ignei divi- chi; cfr. Tnf. XIII, 109; Par. I, 77.
serunt utrumque; et ascendit Elias per 48. si fascia ecc. : ciascuno degli spi-
turbinem in ccelum. Eliseus autem vi- riti è fasciato da quella fiamma da cui
debat et clamabat Pater mi, pater mi,: è arso {Inceso).
currus Israel et auriga eius. Et non vi- V. 49-75. Ulisse e Diomede. Una
dit eum amplius»; IV Beg. II, 11-12. fiamma a due punte desta la curiosità
36. levòrsi si levorono
: si levarono. = di D. Dentro di essa, gli dichiara V.,
37. seguire « Oculisque sequunturVul-
: sono puniti due eroi greci Ulisse, re
veream nubem »; Virg., Aen. Vili, 592 sg. d' Itaca, e Diomede, figliuolo di Tideo.
« Perlegere animis oculisque sequacibus D. è preso da forte desiderio di fermarsi
auras»; Stat., Theb. Ili, 500. e udirli parlare e V. lo accontenta, anzi
;

39. nuvoletta: cfr. Vita N., 23. Canz. dice che interrogherà lui i due greci su
II, 57 sgg. ciò di cui egli ha già intuito essere cu-
40. tal: quale il carro veduto da Eli- rioso il discepolo. Quei due sono in una
seo, -ciascuna: di quelle fiamme, v. 31. sola fiamma, « perchè uniti all'agguato
41. il furto: il peccatore che essa ruba e alla strage di Reso (Virg., Aen. I), e
o sottrae alla vista altrui. Colla prima al furto del Palladio, violento insieme e
similitudine (vv. 2Ì5-30) vuol mostrare sacrilego e frodolento (ibid., II). Mala
quanto grande fosse il numero delle fiam- fiamma va divisa in due punte, siccome
me; colla seconda (vv. 34-38) come gli ap- quella che arse i cadaveri de' due fra-
parivano. Come Eliseo vedeva la fiamma telli per il regno nemici e questo, per- ;

sola, v. 38, così il P. vedeva solo fiam- chè gli uomini acuti al male si dividono
me ; e come la fiamma veduta da Eli- tosto o tardi in sé stessi, e, se forzati
seo nascondeva entro di sé Elia, così le a star pure insieme, cotesto è continuo
fiamme che D. vedeva, nascondevano tormento. Il corno della fiamma ove ge-
ognuna un peccatore. Il confronto del me Ulisse è maggiore, perchè Diomede
testo biblico coi vv. 35-38 mostra come più violento partecipò a talune delle tra-
D. abbia anche qui superato il suo esem- me di quello ma Ulisse, che da Virgilio
;

plare, mettendo una precisione e un'evi- è pur chiamato clirus e scevus, ordiva le
denza tutta sua di particolari nella scena trame e altre ne ha di sue proprie, come
;

di Elia che si dilegua in alto tra il fuoco, la morte di Palamede (Virg., Aen. II), e
[CERC. 8. BOLG. 8] INF. XXVI. 49-65 [ULISSE E DIOMEDE] 233

49 « Maestro mio » rispos' io, « per udirti


son io più certo ; ina già ni' era avviso
che così fosse e già volea dirti
; :

52 '
Chi è in quel fuoco che vien sì diviso
di sopra, che par surger della pira
dov' Eteòcle col fratel fa miso? »
55 Rispuose a me « Là dentro si ni arti r a
:

Diomede, e così insieme


Ulisse e
alla vendetta vanno come all' ira.
58 E dentro dalla lor fiamma si geme
1' aguato del cavai che fé' la porta
ond' uscì de' Romani il seme
gentil ;

GÌ piangevisi entro 1' arte per che morta


Deidamìa ancor si duol d' Achille,
e del Palladio pena vi si porta. »
04 « S' ei posson dentro da quelle faville
parlar » diss' io, « maestro, assai ten prego

l'inganno con cni scoperse Achille, ve- antichi anche in prosa; cfr. Nannuc,
stitoda donna, e lo tolse all'amore di Dei- Terbi, 391 nt. 7. Voci, 57 sg.
daraia per condurlo alla guerra » Tom, ; 57. vendetta: divina; alla pena. - al-
49. per udirti perchè odo te affermare
: l' ira :divina. Come uniti andarono in-
la cosa. contro all'ira di Dio, così uniti ora ne
50. m'era avviso lat. mihi visumerat;
: subiscono la giusta vendetta. Altri, non
m'era già immaginato. bene, intendono dell' ira dei due, a sfo-
52-54. diviso di sopra biforcuto nella
: gare la quale corsero insieme.
estremità superiore; la fiamma è una, 58. si geme si piange. « Amyci ca-
:

ma la sua punta è scissa in due. - fratel : sum gemit»; Virg., Aen. I, 221.
Polinice. Figli del re Tebano Edipo e 59-60. cavaidi legno, per cui i Greci
:

di Giocasta, Eteòcle e Polinice costrin- entrarono in Troia; cfr. Virg., Aen. II.
sero Edipo ad esulare da Tebe, ed ei li - la porta onde ecc. Non e' è bisogno di
:

maledisse, augurando loro nimicizia eter- credere che D. supponga Enea [de' Ro-
na. I due s'accordarono di regnare vicen- mani il gentil seme] uscito di Troia pro-
devolmente ciascuno per un anno; ma, prio per quella breccia ch'era stata aperta
scorso il primo anno, Eteòcle non volle nelle mura per introdurre in città il ca-
cedere il regno al fratello. Polinice si vallo di legno il P. vuol dir « solo che
;

recò allora nell'Argolide, vi sposò Ar- questa [breccia] fu causa della caduta
gia, figlia del re Adrasto, e ritornò con di Troia, quindi della fuga di Enea, e
altri re greci ad assediare Tebe. Quivi quindi di tutte le conseguenze anche in-
s'incontrò col fratello e si uccisero l'un dirette di tal fuga, come la fondazion di
l'altro. I loro cadaveri furono posti sullo Roma»; D'Ov., JV. St. II, 486 n.
stesso rogo, ma la fiamma si divise 62. Deidamìa: figlia di Licomede, re di
subito in due. « Ecce iterum fratres : Sciro, sposa di Achille, che, in seguito
primus ut contigit artus Ignis edax, astuzia di. Ulisse e Diomede, la ab-
all'
tremuere rogi, et novus advena bustis bandonò per prender parte alla guerra
Pellitur; exundant diviso vertice flam- di Troia. Cfr. Purg. XXII, 114.
mee, Alternosque apices abrupta luce 63. Palladio statua di Pallade Atena,
:

coruscant»; Stat., Theb. XII, 439 sgg. - gelosamente conservata in Troia e dalla
« Scinditur in partes, geminoque cacu- cui custodia si credeva dipendere la sa-
mine surgit, Thebanos imitata rogos » ;
lute della città, rapita poi con astuzia
Lucan., Phars. I, 551 sg. -miso: messo, da Ulisse e Diomede; cfr. Virg., Aen.
collocato. Miso per messo, usarono gli II, 165 sgg.
iì:;i [ci iolg. 8] ixi'. xxvi. 66 [ulisse e dìomedm

e riprego, che
prego vaglia mille, il

07 clic non mi Diego


facci dell'attender
damma cornuta qua veglia;
Un clic la
vedi clic del disio ver lei ini piego. »
70 Ed egli a me « La tua preghiera è degna
:

dimolta loda, ed io però accetto 1


?

ma fa' che la tua lingua si sostegna.


7;; Lascia parlare a me, eh' io ho concetto
ciò che tu vuoi; eh' ci sarebbero schivi.
perchè fur Greci, forse del tuo detto. »
76 Poi che la fiamma fu venuta quivi
dove parve al mio duca tempo e loco,
in questa forma lui parlar audivi :

70 « voi che siete due dentro ad un foco,


s'io meritai di voi, mentre ch'io vissi,
s'io meritai di voi assai o poco,

66. riprego ecc.: lat. etiam atque etiam grande stato nel mondo; forse c h di-
rogo. Si osservi la ripetizione prego -'
spregerebbeno te, però mai non ebbeno
riprego - prego ' , efficace ad esprimere ragione alcuna d'esserti domestici: ma
quale e quanta fosse la curiosità di D. - io, che scrissi nel mio volume di loro,

Taglia mille mi valga presso te per mille


: meritai per quello sua amistade » inter- ;

preghiere. pretazione confermata dalle parole che


67. facci dell' attender niego mi neglii : Virgilio dirige ai due Greci, v. 79 sgg. -
di aspettare. Altri, fra cui il Torraca e il Casini, in-
69. vedi ecc.: come tu vedi, il forte de- tendono - e può essere del vero anche in
siderio di udirla parlare mi fa piegare ciò se si confronti il v. 33 del e. XXVII -
verso quella fiamma. Dai vv. sgg. risulta che Ulisse e Diomede ricuserebbero come
che D. desiderava sapere da Ulisse quali Greci antichi di parlare con D., uomo di
fossero state le ultime sue vicende. tutt' altra civiltà. Cfr. anche Bull. XXI,
70. degna perchè nata da brama di
: sa- 53 n.
pere; Gonv. I, 1 e qui sotto i vv. 119 sg. V. 76-142. Viaggi e morte di Ulisse»
72. si sostegna: si astenga dal parlare. V. prega l'ombra di Ulisse, nascosta den-
73. concetto: concepito, e compreso, tro dalla fiamma, di narrare la storia della
ciò che tu desideri saper da loro. sua morte. E da Ulisse noi ne udiamo
74-75. schivi del tuo (letto sdegnereb- : il racconto, nel quale D. si attenne in

bero forse di ascoltarti e risponderti, parte ad una tradizione, secondo la quale


perchè fur Greci. « E come Greci su- Ulisse avrebbe da Itaca intrapreso un
perbi, e come nemici della città da cui secondo viaggio (nel quale avrebbe fon-
sorse l' impero che il Ghibellino vagheg- dato la città di Lisbona, detta perciò
gia»; Tom. Ma allora avrebbero ancor TJlyssipo). I particolari però del viaggio
meno dato ascolto a V., non Greco e e della fine d' Ulisse sono quasi di certo
cantore di quell'impero. Ott., Benv., An. tutta invenzione del P., il quale inoltre
Fior., ecc. : Perchè V. sapeva di greco, non accenna al ritorno di Ulisse ad Itaca
D. no. Ma Y. parlò lombardo, cfr. Inf. (cfr. n. 94). Cfr. D'Ov., Stuelli, p. 36 sg.
XXVII, 20-21. Vent.: « Perchè, siccome 77. dove ecc. bastantemente vicina.
:

greci dotti ed altieri, avrebbero forse 78. audivi: udii; forma antica, usata
sdegnato di rispondere e soddisfare al- anche fuor di rima Nann., Verbi, 161 sg.
:

l' interrogazioni fatte da D., uomo allora 81. meritai ecc.: mi acquistai qualche
né per letteratura uè per altro pregio fa- merito presso di voi. È il virgiliano « Si :

moso. » Così anche Lomb. e altri mo- bene quid de te merui » A en. IV, 317. -
;

derni. - Lan. « Elli furono persone di


: poco: « loquitur verecunde, cum tamen
[OEJRCi 8. BOLG. 8] Inf. xxvi. 82-97 [Ulisse e Diomede] 235

S2 quando nel mondo gli alti versi scrissi,


non vi movete; nàta 1' un di voi dica,
dove per lui, perduto, a morir gissi. »
85 Lo maggior corno della fiamma antica
cominciò a crollarsi, mormorando
pur come quella cui vento affatica,;
indi, la cima qua e là menando,
come fosse la lingua che parlasse,
gittò voce di fuori, e disse: « Quando
91 mi da Circe, che sottrasse
diparti'
me più d' un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enea la nomasse ;

94 uè dolcezza di figlio, nò la piòta


del vecchio padre, nò '1 debito amore
lo qual dovea Penelope far lieta,
97 vincer poterò dentro a me l'ardore

multimi meruerit »; Benv. - « Xon sem- tre forti affetti di natura; amor
più
pre Virgilio parla odiosamente di loro ;
amor coniugale, amor paterno.
figliale,

ad ogni inodori rese immortali » Tom. ; « Nec niiki iam patriam antiquam spes
82. gli alti Tersi: V Eneide (detta alta ulta videndi Nec dulces natos exopta-
tragedia in Inf. XX, 113), dove di Ulisse tumque parentem »; Yirg., Aen. II,
e Diomede si parla degnamente. 137, sg.; cfr. ibid.IV, 32. Da questi
83. Puh : Ulisse. La dimanda non am- vv. (91-100) appare che D. o ignorava
metteva equivoco. pensatamente rifiutò di ammettere
84. per lui : da lui ; cfr. Inf. I, 12G : do- che Ulisse fosse tornato in patria. -
andò a finire i suoi dì.
v' egli, smarritosi, pietà: la pietà. « Quid est pietas, nisi
maggior corno: Ulisse, più fa-
85. lo voluntas grata in parentes? » Gicer., Pro
moso di Diomede. - antica i due si : Piando. - debito amore la dolcezza che:

trovavano là da oltre ventiquattro secoli. dà il tìglio all' animo del padre, la pie-
80. crollarsi ad agitarsi mandando un
: tosa tenerezza per il vecchio padre sono
rumore o suono confuso. sentimenti naturali l'amor coniugale è
:

87. affatica: agita; come se soffiando anche un dovere che 1' uomo volontaria-
ilvento la affaticasse. « Aquilonibus mente s'impone. E Penelope ne aveva
Querceta Gargani laborant»; Hor., Od. tanto maggior diritto, quanto più a lun-
11, ix, 6 sg. go Ulisse era stato lontano da lei. « Ma-
91. Circe: figlia del Sole e di Persa, gia fìliis, inde patri, postea uxori incli-
maga, presso la quale Ulisse si fermò a namur » ; Pietro di Dante.
lungo; cfr. Virg., Aen. VII, 10 sgg., Ov., 97. l'ardore: l'ardente brama di cono-
Met. XIV, 308. Hor., Epod. XAT II, 15 sg. scere per propria esperienza il mondo,
Purg. XIV, 42. - sottrasse nascose. : gli uomini, i loro vizi e le loro virtù.
92. là: monte Circeio.
presso il 1 due primi versi dell' Odissea, che D.
93. prima ecc.: Enea la chiamò Gaeta leggeva tradotti nell'Arte poet. di Ora-
dalla sua nutrice Caìeta, quivi morta e zio « Die mihi, Musa, virum captae post
sepolta. « Tu quoque litoribus nostris tempora Troise Qui mores hominum
{

iEneia nutrix, iEternam moriensfamam, multorum vidit et urbes; e i versi 17-26


Caieta, dedisti Et mine servat lionos
; dell' Ep. II del lib. I d' Orazio stesso,
sedem tuus ossaque nomen Hesperia in nei quali si dice che Omero « quid vir-
magna, si qua est ea gloria, signant » ;
tus et sapientia possit Utile proposuit
Virg., Aen. VII, 1 sgg. nobis exemplar Ulixen. Qui domitor
94-90. dolcezza: il desiderio di acqui- Troige multorum providus urbes Et mo-
star esperienza del mondo la vinse sui res hominum inspexit latumque per
236 [CERO. 8. BOLG. 8] INF. XXVI. 98-112 [ULISSE]

ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto,


e degli vizi umani e del valore;
100 ma misime per l'alto mare aperto
sol eon un legno e con quella compagna
picciola dalla qual non fui diserto.
103 1/ un lito e l'altro vidi infin la Spiagna,
fin nel Morrocco, e l'isola de' Sardi,
mare intorno bagna.
e l'altre che quel
106 Io e compagni eravam vecchi e tardi,
i

quando venimmo a quella foce stretta


dov' Ercule segnò li suoi riguardi,
109 acciò che l'uom più oltre non si metta:
dalla man destra mi lasciai Sibilla,
dall' altra già m' avea lasciata Setta.
112 '
frati '
dissi ' che per cento milia

requor, Dum sibi, duni sociis reditum ed Ercole come « sapientes invictos la-
parat, aspera multa Pertulit, adversis boribus et contemptores voluptatis et
rerum immersabilis undis » e sopra ; victores omnium terrorum (cfr. Parodi,
tutto, forse, un passo àelDefinibus di Bull., XXV, 28).
Cicerone (V, 18) dove si adduce l'esem- compagna: compagnia; forma in
101.
pio di Ulisse a dimostrare quanto il de- antico usitatissima cfr. Purg. Ili, 4;
;

siderio di conoscere renda pronti e saldi XXIII, 127.


gli uomini a sopportare disagi ed affanni 102. deserto abbandonato. Conoscen-
:

d'ogni maniera, ed è detto che non fa do la tradiz. omerica solo indirettamen-


maraviglia, se la brama del conoscere a te, D. suppone che Ulisse non fosse mai
un uomo bramoso di sapienza fu più abbandonato da tutti i compagni.
cara che la patria, fornirono a D. in- 103-104. L'un: l'Europeo. - l'altro:
sieme con altri accenni di scrittori clas- l'Affricano. - infili dall' una parte fin
:

sici e medievali, elementi per l'episodio nella Spagna, dall'altra fino al Marocco.
di Ulisse; ma la rappresentazione del- - Morrocco forma antica di Marocco. -
:

l'eroe greco resta e nell'insieme e in l' isola de' Sardi : Sardegna.


molti particolari concezione nuova e mi- 105. l'altre: Sicilia, Corsica, Baleari, ec.
rabilmente grandiosa del nostro Poeta erano in età avanzata,
106. Tecchi :

che volle in Ulisse simboleggiare un sen- quando intrapresero il viaggio, e si vuol

timento ignoto a' suoi contemporanei, forse anche accennare che, impiegarono
ma non a lui uè agli uomini del sec, XIX più anni nel viaggio pel Mediterraneo.
e del XX, cioè « una brama di scienza « Steterant enim per viginti annos, de-
così ardente e tirannica da soffocare nel cem in bello troiano et decem in pere-
cuore ogni altro sentimento umano, an- grinatione»; Benv. - tardi: negli atti,
che il desiderio della vita »; Parodi, per effetto dell'età attempata.
Bull. Vili, 286. 107. foce: lo stretto di Gibilterra.
100. alto mare aperto il Mediterraneo,
: 108. riguardi: segni; le colonne d'Er-
più aperto, cioè più spazioso, del mare cole (Calpe in Europa, Abila in Africa)
Ionio; cfr. Yirg., Georg. IV, 527 sg. oltre cui non si doveva passare.
« Quseris, Ulixes ubi erraverit, potius 110 Slbilia: Siviglia; cfr. Inf. XX, 126.
quam efficias, ne no3 semper erremus? 111. Setta: la Septa dei Romani, oggi
jSTonvacat audire utrum inter Italiani Ceuta, città e fortezza d'Africa, dirim-
et Siciliam iactatus sit, an extra notum petto a Gibilterra. Setta è meno occiden-
nobis orbem»; Senec, Ep. LXXXVIII, tale di Siviglia.
6 sg. (citato dallo Scherillo, Alcuni ca- 112. frati: fratelli. Cfr. Yirg., Aen. I,
pitoli e te, 482) Nel De constantia sa- 198 sg. Lucan., Phars. I, 299 sgg. Rorat.,
pientis II, 1 Seneca stesso cita Ulisse Od. I, vii, 25 sg. - milia: lat. millia-,
[CERC. 8. BOLG. 8] Inf. xxvi. 113-128 [Ulisse] 237

perigli siete giunti all'occidente,


a questa tanto picciola vigilia
115 de vostri sensi eh' è del rimanente,
7

non vogliate negar 1' esperienza


diretro al sol, del mondo sanza gente!
118 Considerate la vostra semenza :

fatti non foste a viver come bruti


ma per seguir virtute e canoscenza.'
121 Li miei compagni fec'io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
eh' a pena, poscia, gli avrei ritenuti -,

124 e volta nostra poppa nel mattino,


de' remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino.
127 Tutte le stelle già dell' altro polo
vedea la notte, e '1 nostro tanto basso,

forma antica; oggi mila. Cfr. Nannue., 124. nel mattino: a levante; dunque
Terbi, 375 n. 1. la prora a ponente, viaggiando essi verso
113. occidente : estremo occidentale del occidente, come ha detto nel v. 117.
mondo allora conosciuto. 125. ali: movemmoremi velocemen-
i

114. vigilia: il poco vivere che ancora vi te come ali al volo. Virg., Aen. Ili, 520:
resta; la vita sensitiva; cfr. Conv. Ili, 2. « Temptamusque viam et velorum pan-
115. eh' e del rimanente: che ancor dimus alas. » - Proper. IV, 6 «Chassis :

vi rimane; quee de reliquo est. AL: ch'è centenis remiget alis. » - al folle volo :

di rimanente cfr. Bull. XXV, 28.


; allo sconsigliato viaggio. Folle, perchè
117. diretro: seguitando il Sole; se- ebbe esito infelice volo, per aver chia-
;

guitando a navigare verso occidente. - mato ale i remi cfr. Par. XXVII, 8£.
;

sanza gente: D. e nella Comm. e nel 126. sempre acquistando ecc.: «Il Poeta
Conv. Ili, 5 seguì l'opinione allora cor- facendo giungere Ulisse alle viste del
rente che l' altro emisfero fosse tutto co- monte del Purgatorio, supposto sotto il
perto d'acqua; sebbene neppur allora meridiano di Gerusalemme, bisognava
mancasse chi affermava l'esistenza di sempre tener movesse da
la sinistra, chi
terre abitate agli antipodi. Gibilterra, cioè appoggiar sempre a le-
118. la vostra semenza: la dignità del- vante, quanto comportavano le coste oc-
l'umana natura (cfr. Conv. ILI, 2), il che cidentali dell'Africa, per riguadagnar
è chiarito nel v. sg. la distanza che separa le colonne d'Er-
120. canoscenza : forma are. per '
co- cole da Gerusalemme. E così viene a
noscenza (Barbi, V. JV., CCLXV), cioè
' dirci anco la direzione di ostro levante,
scienza, che è « l'ultima perfezione della che dovevano aver quelle coste, accioc-
nostra anima, nella quale sta la nostra ul- ché, secondandole, si avanzasse sempre
tima felicità »; Conv. 1, 1. - « Homo, cum a mancina. Quante cose in un verso »; !

in honore esset, non intellexit compara- : AntonélU,


tus est iumentis insipienti bus, et simi- 127. altro polo: antartico.
lis factus est illis » Psal. XLVIII, 21.
;
128. vedea: io. - la notte: di notte. -
121-122. orazion picciola poche parole, : nostro : il polo artico era sceso tanto,
ma- nella loro brevità eloquentissime e ; che non sorgeva più fuori del mare, non
tanto più efficaci sulle anime forti e ardi- era più sull' orizzonte. D. « viene a dirci
te a cui sono rivolte, già tanto simili e si- con mirabile esattezza astronomica, che
milmente disposte a quella del nobilis- Ulisse era giunto alla linea equinoziale,
simo oratore. - aguti al cammino acuta- : cioè all' Equatore ove alcuno trovan-
;

mente bramosi di continuare il viaggio. dosi, avrebbe ambedue i poli della sfera
'

238 [CKRC. 8. BOLG. 8j Ink. XXVI. 129-3 12 [UL1

che non surgeva fuor del marie suolo.


130 Cinque volte raccèso (3 tante casso
lo lume era di sodo dalla luna,
poi eh' entrati eravate nell'alto passo,
133 quando n'apparve una montana, bruna,
per la distanza, e par verni alla tanto,
quanto veduta non avea alcuna.
136 Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
che della nuova terra un turbo nacque,
e percosse del legno il primo canto.
139 Tre volte il fé' girar con tutte 1' acque ;

alla quarta levar la poppa in suso


e la prora ire in giù, coni' altrui piacque,
142 infili che il mar fu sopra noi richiuso. »

siili' orizzonte. Così ci descrive le par- nale fu messo lì anche col fine recon-
venze astronomi eli e che dovrebbe incon- dito di rispondere preventivamente a
trare chi da' nostri paesi s' indirizzasse questa domanda: se il Purgatorio non
agli antipodi nostri, in virtù di quella è che una montagna nell' Oceano, non
situazione della sfera che appellasi ret- vi potrebbero un giorno, a furia di
ta»; Antonelli. buoni remi e di coraggio, approdare i
129. marin suolo: superfìcie del mare. viventi?» D'Ov. Stuclii, p. 36 sg. - alta
;

130. racceso ecc. 5 volte erasi fatto


: tanto: cfr. Purg. III, 14 sg.; IV, 40 ecc.
il plenilunio, e 5 il novilunio erano ;
136. ci allegrammo: di vedere final-
cioè trascorsi 5 mesi, dacché eravamo mente una terra. - tornò: '
la nostra al-
entrati nell' oceano. - casso cassato, : legrezza '
è sogg. che facilmente si de-
mancato, com'è nel novilunio. sume da ci allegrammo.
131. di sotto: « a denotare i cinque 137. nuova: scoperta allora. - turbo:
mesi di navigazione d'Ulisse dopo uscito turbine, subito vento impetuoso e vor-
dal nostro mare, ricorre alla fase del ple- ticoso; cfr. Inf. Ili, 30, 133.
nilunio e, da vero astronomo, accenna
;
138. canto la prora della nave. « Fran-
:

alla parte lunare ove ha luogo il raccen- guntur remi, tum prora avertit et undis
dimento, cioè la parte che il nostro Sa- Dat latus »; Virg., Aen. I, 104.
tellite tien sempre volta alla terra. Senza 139. con tutte Tacque: la violenza del
tale determinazione non poteva stare turbine fece girar tre volte, oltre la nave,
l'imagine del riaccendersi, giacché ri- le acque, sì da generare un vortice che
spetto al Sole che sempre la illumina, travolge e sprofonda la nave stessa. «In-
la luna è sempre accesa, tranne i casi gens a vertice pontus In puppini ferit :

d' eclissi Antonelli.


lunare » ; excutitur pronusque magister Volvitur
132. alto passo: come in Inf. II, 12. in caput; ast illam ter fluctus ibidem
133-134. montagna i più intendono, a
: Torquet agens circum et rapidus vorat
ragione, di quella ove il P. colloca il requore vortex »; Virg., Aen. I, 114 sgg.
Purgatorio. - bruna: ci appariva oscura 141. altrui: a Dio, il quale non vuole
a motivo della gran distanza cfr. Virg., ; che uom vivo osi porro il pie nel regno
Aen. Ili, 205 sg. e 521 sg. « Il Tomma- della morta gente cfr. Purg. I, 131 sg.
;

seo, per uno di quei suoi lampi fugaci, Ulisse dà prova di animo nobile anche
ha sospettato che la geografìa antartica in questo, che, non che scagliarsi contro
d' Ulisse serva a disporre V immagina- Dio, comeYanni Fucci (Iw/.XXY,1 sgg.),
zione del lettore alla geografìa del Pur- ne tace riverente il nome nel momento
gatorio. Ma credo si debba andar più stesso in cui ricorda la terribile morte
oltre, ed affermare che l' episodio infer- eh' Egli inflisse a lui e a' suoi compagni.
[CERC. 8. BOLG. 8] INF. XXVII. 1-13 [CONSIGL. FRODOL.] 239

CANTO VENTESIMOSETTIMO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA OTTAVA: CONSIGLIERI FRODOLENTI

GUIDO DA MONTE FELTRO

Già era dritta in su la rianima e cheta


per non dir più, e già da noi sen già,
con la licenza del dolce poeta 5

quaudo un' altra, che dietro a lei venia,


ne fece volger gli occhi alla sua cima
per un confuso suon che fuor n' uscìa.
Come '1 bue cicilian che mugghiò prima
col pianto di colui, e ciò fu dritto,
che avea temperato con sua lima,
1'

10 mugghiava con la voce dell' afflitto,


,sì che, con tutto che fosse di rame,

pur e' pareva dal dolor trafitto ;

13 così, per non aver via né forame

V. 1-30. Guido da Montefeltro. Ulis- gua si è comunicato alla punta della


se ha appena terminato il suo racconto, fiamma e la voce n' esce libera, si odono
quando da un' altra fiamma, che gli ve- chiaramente parole articolate.
niva dietro, esce una voce che domanda 7. Come il bue ecc.: si parla qui del
notizie di Romagna. È la voce di Guido toro di rame costruito da Perillo d'Atene
da Montefeltro, uomo d' armi, « il più e regalato a Fai aride, tiranno di Agri-
sagace e più sottile uomo che a quei gento in Sicilia, o Cicilia, come dice-
tempi fosse in Italia»; G. Vili. VII, 80. vano gli antichi. Era costrutto per mo-
Per maggiori notizie cfr. la n. al v. 67. do, che, essendo arroventato, le grida
1-3. Già era ecc. parlando la fiamma
: degl' infelici, chiusivi dentro per essere
si crolla, Inf. XXVI, 86 sgg.; il quo- arrostiti, si convertivano in muggiti di
tarsi ò effetto del tacere. Avendo ormai toro vivente. Falaride vi fece entrare
risposto pienamente alla dimanda di V., primo Perillo stesso a farne l'esperienza ;

Ulisse non aveva più che dire, e V., con onde il toro mugghiò la prima volta, e
parole riferite più oltre (v. 21), gli dà ben a diritto, coi pianto di colui che lo
licenza d' andarsene. aveva costruito coli' arte sua.
ne fece: cfr. Inf. VIII, 3 sg.
5. 8. dritto: giusto. « Neqae enim lex
per un confuso suon a motivo di un
8. : sequior ulla, Quam necis artitìces arte
suono confuso. La voce umana de' dan- perire sua»; Ovid., Art. am. I, 655 sg.
nati rinchiusi nelle fiamme si fa sentire 10. mugghiava: Perillo a Fai aride: «Pro
all'esterno da principio come un bor- tinus inclusum lentis carbonibus ure:
bottìo simile a quel delle fiamme agitate Mugiet, et veri vox erit illa bovis » ;

dal vento; ma quando il moto della lin- Ovid., Trist. XI, III, 47 sg.
24G [CERC. 8. BOLG. 6] lSY. XXVII. 14-30 [GUIDO DA MONTEFELTRQJ

dal principio nel foco, in suo linguaggio


si convertivan le parole grame.
n;
Ma poscia eh' ebber colto Lor viaggio
su per la punta, dandoli quel guizzo 1

clic dato avea la lingua in lor passaggio,


18 udimmo dire : « tu a cui io drizzo
la voce e che parlavi mo lombardo,
dicendo Istra ten va' più non t' adizzo
c
;
'
:

'S2
perdi' io sia giunto forse alquanto tardo,
non t' incresca restare a parlar meco :

vedi che non incresce a me, e ardo !

Se tu pur mo in questo mondo cieco


caduto se' di quella dolce terra
latina ond' io mia colpa tutta reco,
28 dimmi se i Romagnuoli han pace o guerra ;

eh' io fui de' monti là intra Urbino


e '1 giogo di che Te ver si diserra. »

14. dal principio nel foco: così le pa- XXIII, 7 e Purg. XXIV, 55). - t'adizzo :

role grame, non trovando da prima (dal ti eccito, stimolo a parlare.


principio) nel fnoco via né buco (forame) 23. restare: soffermarti.
Inf. XXXIII, convertivano nel
25) si 24. e ardo: eppure io ardo in que-
linguaggio di esso fuoco lezione ed in- ;
sta fiamma. « Crucior in hac fiamma » ;

terpretazione che trovano appoggio e nei Luca XVI, 24.


codici antichi e nel v. 16, ma che, per 25. pur mo: soltanto ora; cfr. Inf. X, 21;
non essersi dato a dal principio il va- XXIII, 28; XXXIII, 136. Purg. Vili,
lore, eh' ebbe in antico, di locuz. avverb. 28; XXI, 68. Crede di parlare ad uno
equivalente a da principio, bensì di vero spirito che arrivi dal mondo de' viventi e
e proprio complem. di moto da luogo, se ne vada più giù nel basso Inferno. -
cedette il posto alla lez. congetturale cieco: cfr. Inf. IV, 13; X, 58; ecc.
dal principio del foco, interpretata va- 27. latina italiana cfr. v. 33. - tutta
: : :

riamente, ma sempre con qualche stirac- non essendomi giovato né il pentimento,


chiatura e difficoltà. né la confessione (v. 83), né l'assoluzione
15. grame: povere, misere; tali sono, papale quando ricaddi nell' antica colpa
con senso di pietà, dette le parole del (w. 71 e 100 sgg.); sicché morii con l'ani-
dannato, perchè impedite di uscir nette ma macchiata del peccato antico.
e di farsi comprendere. chiedo nuove de' Ro-
29. ch'io fui: ti
16-18. colto ecc. trovato la loro via su
: magnoli, perchè io fui Eomagnolo. -
per la punta della fiamma, imprimendole intra Urbino ecc. tra Urbino e le sor-
:

il guizzo dato dalla lingua nel proferirle. genti del Tevere, che scaturisce appiè
20. mo: or ora. - lombardo: tale es- del Monte Coronaro, sono i monti che
sendo V. ed avendo usato il lombardismo formano la contea di Montefeltro.
istra per adesso ; cfr. Inf. I, 68. Al. pren- 30. giogo dell'Appennino. - si diserra
: :

dono lombardo per italiano. « La diffe- scaturisce.


renza tra' dialetti italiani è radicata nel- V. 31-54. Za Montagna nel 1300.
l'antichità, per avventura più che spesso Esortato da V. a rispondere lui, D. espo-
non si crede » ; Filai. ne all' ombra del Montefeltrano lo stato
21. Istra : leggiamo coi codici
ora. Così Romagna. Guerre palesi non
politico di
più antichi e autorevoli, ed istra è forma ve ne sono in questo momento, ma co-
ancor più schiettamente lombarda, che vano sotto, come di solito in quelle re-
non issa (come si è solitamente letto) gioni. Parla Ravenna, di Forlì, di
di
eh' è vocabolo anche toscano (cfr. Inf. Rimini, di Faenza e Imola, di Cesena,

1
[CERC. 8. BOLG. 8] INF. XXVII. 31-44 [ROMAGNA NEL 1300] 241

31 Io era in giuso ancora attento e chiuo,


quando '1 mio duca mi tentò di costa,
« Parla tu; questi è latino. »
dicendo :

34 Ed io, eh' avea già pronta la risposta,


sanza indugio a parlare incominciai :

« anima che se' laggiù nascosta,


37 Romagna tua non è e non fu mai
sanza guerra ne' cuor de' suoi tiranni ;

ma 'n palese nessuna or vi lasciai.


40 Ravenna sta come stata è molt' anni :

l' aguglia da Polenta la si cova,

sì che Cervia ricopre co' suoi vanni.


4::
La terra che fé' già la lunga prova
e di Franceschi sanguinoso mucchio,

disegnando in pochi vv. un quadro ma- vermiglia in campo giallo. Invece Benv.:
gistrale delle condizioni politiche della « Ilii de Polenta portant prò insignio
Romagna nel 1300. Cfr. F. Torraca, Lee- aquilani, cuius medietas est alba in cam-
tura Dantis, pp. 18 sgg. po azzurro, et alia medietas est rubea
31. in giuso verso la sottostante bol-
: in campo aureo. » Circa gli stemmi dei
gia; Inf. XXVI, 43 sgg. Polentani, stemmi varii, ma che hanno
32. tentò di costa: toccò col gomito però tutti 1' aquila, vedi Ricci, Vlt. rif.
leggermente nel fianco; cfr. Inf. XII, di D. A., p. 134 sgg. Signore di Ra-
67. - « - Nonne vides - aliquis cubito venna era nel 1300 Guido il Vecchio da
stantem prope tangens Inquiet etc. » ; Polenta, figlio di Ostasio e padre di Fran-
Horat., Sat. II, V, 42 sg. cesca da Rimini, il quale se n' era insi-
33. latino: italiano: cfr. v. 27. gnorito nel 1275 e morì nel 1310. - la si
34. pronta: appena udita la dimanda, cova se la cova, la tiene sotto la sua pro-
:

v. 28, aveva subito pensato alle condi- tezione, e cara, come la femmina d' ogni
zioni della Romagna, epperò aveva già uccello le uova che essa cova.
pronta la risposta. 42. Cervia borgata sulla costa adriati-
:

36. se' ecc.: sei, sotto il ponte della ca, a sud di Ravenna, importante già nel
bolgia, nascosta nella fiamma. M. E. per la produzione del sale, sotto la
37. tua tua patria. - mai « postquam
: : giurisdizione dei Polentani. - vanni ale. :

coepit habere tyrannos » JBenv. ; 43. La


terra ecc.: Forlì, la prima delle
38. ne' cuor: sempre ebbero ed hanno città ghibelline di Romagna, della quale
guerra nel cuore, perchè sempre si odia- poco prima del 1300 s'erano insignoriti gli
rono e si odiano. In ogni città per lo Ordelafifi. - prova sostenne un lungo as-
:

meno due partiti: a Bologna Lamber- sedio, dal 1281 al 1283, quando Mar-
tazzi e Geremei a Forlì Ordelafifi e Cai-
;
tino IV papa spedì contro i ghibellini
boli a Imola Alidosi e Cordoli a Faenza
; ; della Romagna un esercito di francesi
Zambrasi e Manfredi a Rimini Parcitati ; e di guelfi italiani, comandato dal fran-
e Malatesta, e così via. E nel 1300 guerre cese Giovanni d'Appia, che fu piena-
palesi nella Romagna non c'erano c'era- ;
mente sconfìtto dalle milizie di Guido
no bensì, e dissensioni, inimi-
fieri, odii, da Montefeltro. Ricci, Il sanguinoso muc-
cizie che si nutrivano in segreto ne' cuori chio in lettere e Arti, anno II, ]ST. 49-50.
dei capi, spadroneggianti come tiranni 44. mucchio: « nam.... comes Johan-
ne' singoli paesi. nes habuit in isto proalio circa octingen-
40. molti anni era in potere dei si-
: tos equites, de quibusfacta est miseranda
gnori di Polenta dal 1270, e rimase sog- strages » Benv. - « Dante, fìngendo di
;

getta ad essi sino al 1441. ricordare quel fatto a Guido da Monte-


41. l' aguglia l' aquila. L' arme dei Po-
: feltro, mette ne' versi suoi un senso di
lentani era, secondo alcuni, un'aquila complimento e d'ammirazione che vale

16. — Div. Comm., 8* ediz.


242 [OERC. 8. BOLO. 8] Ink. XXVII, 15-56 [ROMAGNA NEL 1300]

sotto le branche verdi si ritraova.


40 Masi in vecchio e il nuovo da Verdicchio,
E '1

che fecer di Montagna il mal governo,


là dove soglion fan de denti succhio. 7

49 Le città di Lamone e di Santerno


conduce il leoncel dal nido bianco,
che muta parte dalla state al verno ;
52 e quella a cui il Savio bagna il fianco,

così coni' ella sie' tra il piano e il monte,


tra tirannia si vive e stato franco.
55 Ora chi se' ti priego che ne conte, :

non esser duro più eh' altri sia stato,

una lusinga per l'anima del celebre ca- mone Imola, presso il Santerno. - con-
;

pitano chiusa dentro la fiamma » Ricci, ; duce: governa. - leoncel: Maghinardo


1. e, 6.D. viaggiatore viene a far ciò in- Pagani da Susinana, la cui arme era un
consciamente, non sapendo ancora chi sia leone azzurro in campo bianco. Morì
il romagnolo con cui parla ma è D. poe- ; nel 1302.
ta, D. narratore che si compiace di farlo. 51. muta parte: in Romagna ghibel-
45. branche verdi gli Ordelam por-
: lino, in Toscana guelfo, come raccontano
tavano per insegna « leonem viridem a G. Vili. 1. e, Benv., Buti, ecc.; ma me-
medio supra in campo aureo, cum qni- glio è col Torraca ritenere che il Poeta
busdam listis a medio infra, quarum tres riassuma in questo verso « i frequenti
sunt virides, et tres aure» »; Benv. Dal e rapidi passaggi di Maghinardo da una
1296 era signore di Forlì Scarpetta de- ad un' altra delle fazioni di Faenza e di
gli Ordelam presso cui D. fu nel 1303. tutta Romagna » di che le storie roma-
,

4G. Masti n vecchio Malatesta da Ver-


: gnole ci hanno serbato ricordo. - dalla
rucchio, padre di Paolo e di Gianciotto, state al verno da una stagione all' altra.
:

fatto signore di Riniini nel 1295, dopo 52. quella ecc. Cesena, bagnata dal
:

esserne stati scacciati i ghibellini, morto Savio.


nel 1312. - nuovo Malatestino, figlio pri-
: 53. sie' : siede; cfr. Nannuc, Verbi, 798.
mogenito e successore di Malatesta. - « Come ella è situata tra il monte ed il
Verrucchio castello donato dai Riini-
: piano, così ancora parte vive sotto tiran-
nesi al padre del Mastin vecchio e onde nide, et parte libera » Dan. Nel 1300 ;

i Malatesta si ebbero poi il titolo. Cesena si reggeva tuttora in forma di


47. Montagna « nobilis miles de Par-
: libero comune, e se nel 1300 già da un
citatis de Arimino, princeps partis ghi- quadriennio la teneva Galasso da Mon-
bellinge; quem captum cum quibusdam tefeltro, questi la governava come po-
aliis Malatesta tradidit custodiendum destà e capitano del popolo, senza op-
Malatestino fllio. Postea petivit ab eo, primerla tirannicamente {Torraca).
quid factum esset de Montagna. Cui iste V. 55-84. Conversione di Guido da
respondit: Domine, est sub fida custodia ;
Montefeltro nella vecchiaia. Aven-
itaquod si vellet se suffbcare, non posset, do risposto pienamente alla domanda di
quamvis sit iuxta mare. Et dum iterum Guido, D., che non lo conosce ancora,
et iterimi peteret, et replicaret, dixit: Cer- loprega di manifestarsi. E Guido, cre-
te dubito, quod nescies ipsum custodire. dendo parlare a un dannato, non esita
Malatestinus, notato verbo, fecit Mon- a soddisfarlo, raccontando come, già vec-
tagnam mactari cum quibusdam aliis » ;
chio, si fosse ritirato dal mondo e con-
Benv. Cfr. Murai., Script. XV, 894 sg. vertito, e come benché
la conversione,
48. là ecc. a Rimini e nelle altre terre
: tarda, gli sarebbe giovata, se il gran
loro soggette. - fan ecc. adoperano i : prete non lo avesse fatto ricadere e mo-
denti come succhiello, dilaniando se- rire nell'antico peccato.
condo il solito. 55. conte: conti, racconti.
49-50. Lo città ecc. : Faenza, sul La- 56. altri: dannati da me interrogati.
[CBRC. 3. BOLG. 8] Inf. xxvii. 57-67 [conversione] 243

se il nome tuo nel mondo tegna fronte. »


58 Poscia che il foco alquanto ebbe rugghiato
al modo suo, V aguta punta mosse
di qua, di là, e poi die cotal fiato :

« S' i' mia risposta fosse


credessi che
a persona che mai tornasse al mondo,
questa fiamma starla sanza più scosse ;

C4 ma però che giammai di questo fondo


non tornò vivo alcun, s' i' odo il vero,
senza tema d infamia ti rispondo. 7

Io fui uom d' arme e poi fui cordigliero, 7

57. tegna fronte: faccia contrasto al- consiglio (cfr. il come e quare del
* '

l'oblio; duri lungamente. v. 72 e i vv. 98-107), erano un segreto in

58. rugghiato : fatto il solito romore di cui solo volle e seppe penetrare con la
quelle fiamme, dimenando la punta qua sua potente, divinatoria fantasia l'Ali-
e là, segno della voce che cercava la via ghieri, trovando in quelle la causa della
di uscire; cfr. v. 13-18; Inf. XXVI, 85-90. dannazione di Guido; e la dannazione
espresse tali parole. « Lin-
60. die ecc.: seguì contro l'aspettazione sua ed altrui
guaque vix tales icto dedit aere voces » ; e persino di San Francesco; il quale,
Ovid., Mei. IX, 584. venuto - mirabile immaginazione e tutta
61. S' i' credessi ecc. : Guido da Mon- dantesca anche questa- a prender l'ani-
tefeltro,chiuso entro la fiamma, non si ma delMontefeltrano, morto umile frate,
accorge, come si sono accorti altri dan- dovè andarsene a mani vuote, vinto dalla
nati (cfr. Inf. VI, 40, 88 Vili, 33; X, ; serrata logica di un nero cherubino
' '

58; XV, 24, 46; XVI, 32; XVII, 67; che di pien diritto se la portò seco giù
XXIII, 88), cheD. è vivo. Questo stesso nell' Inferno. Cfr. Massèra, Bull. XXII,
verso però fa pensare che gliene nasces- 168 sgg. e specialmente 191-193; e an-
se, fosse pur lieve, il sospetto. che Parodi, Bull. XVIII, 265 sgg.
63. più: oltre quelle già datele, v. 19 67. d'arnie: guerriero. È questi, come
sgg. non parlerei di più.
; dicemmo, il ghibellino Guido, conte di
65. yìvo: morti sì, poiché si credeva Monte feltro, «invictusCapitaneus Com-
ad apparizioni di anime dannate. - odo : munis Forlivii, et generalis guerrse prò
da' compagni che abitavano già da secoli parte dicti Comunis » (Murat., Script,
quella bolgia, in cui Guido è piovuto due XXII, 141). Lo dissero nato nel 1250 (cfr.
anni prima. Arrivabene, Sec. di Z>., 361) ma se nel
;

66. tema ecc.: paura di procacciarmi 1296 era già vecchio, v. 79 sgg., è proba-
infamia su nel mondo. Parla dunque bile fosse nato parecchi anni prima del
Guido di cose ignote al mondo, come, 1250. Nel 1274 fu fatto capitano dei
poniamo, delle sofferenze e della morte Ghibellini o Lambertazzi di Romagna
sua e dei figli il conte Ugolino nel e. (Murat. o. e. XXII, 137). Il 13 giugno
XXXIII? Che le cose esposte dall'ani- 1275 sconfisse al ponte a San Procolo*
ma di Guido a D., cioè il malo consiglio i Guelfi e Bolognesi (67. Vili. VII, 48.

dato a Bonifazio Vili e le sue conse- Murat., o. e. IX, 140, 718, 788; XVIII,
guenze fossero tutte invenzioni del P., 125; XXII, 136, ecc.), e di nuovo nel
molti credettero e sostennero con argo- settembre dello stesso anno a Reversa-
menti anche validi ma ulteriori e più
; no (Murat., o. e. XXII, 138), e s'impa-
larghe indagini di questi ultimi anni dronì di Cesena Murat., o. e. XIV, 1104).
hanno chiarito che il fatto del consiglio Nel 1275 assediò e conquistò Bagnaca-
e il consiglio stesso - veri o falsi che vallo (Murai., o. e. XXII, 139). Nel 1282
fossero -erano notizie divulgate ai tempi sconfìsse Giovanni de Appia, detto Gian-
del I\, il quale forse le apprese dalle ni de'Pà, a Forlì (Murat., o. e. XIV, 151,
opere del cronista Riccobaldo da Fer- 152, 1105 XXII, 149 sg. G. Vili. VII,
;

rara ma le modalità e circostanze par-


; 81), ed occupò la Romagna « contra vo-
ticolari del colloquio in cui fu dato esso luntatem Ecclesia? » (Murai., o. e. XI,
244 [CBRC. 8. BOLG. 8] l\ì\ xxvn. 08-81 [CONVERSIONE

credendomi, sì cinto, l'ere ammenda;


e cerio il creder mio veniva intero,
70 se non l'osse? il gran prete - a coi mal prenda'!
che mi rimise nelle prime colpe 5

e come e quare, voglio che 111' intenda.


73 Mentre ch'io forma fui d'ossa e di polpe
che la madre mi die, 1' opere mie
non furon leonine, ma di volpe.
76 Li accorgimenti e le coperte vie
io seppi tutte; e sì menai lor arte,
ch'ai fine della terra il suono uscio.
Ti) Quand' io mi vidi giunto in quella parte
di mia etade ove ciascun dovrebbe
calar le vele e raccoglier le sarte,

1294). Si riconciliò colla Chiesa nel 1283 70. il gran prete ecc.: Bonifacio VIII,
(Murat., o. e. XIV,
1106 XXII, 153), o,
; a cui venga il malanno !

secondo altri, nel 1286 (G. ViZZ. VII, 108) e 71. mi rimise fece ricadere
ecc. : mi
fu confinato ad Àsti. Eletto dai Pisani a ne' vecchi peccati, de' quali mi ero già
loro capitano nel 1288 (Murat., o. e. XI, pentito (cfr. v. 83). « Sempre è più grave
1297 sg.), o 1289 (Murat., o. e. XV, 980), ilpeccato dopo la penitenzia che prima. . .

« ruppe i confini che avea per la Chiesa, tutti i peccati de' quali facesti peniten-

e partissi di Piemonte e venne a Pisa » zia, se ricadi, tutti ti ritornano addos-


(G.Vill.YII,12S); onde s'inimicò di nuovo so »; Fra Giord., Pred., Ed. Narducci,
col papa, il quale lo scomunicò con tutta p. 288.
la sua famiglia ed interdisse Pisa (Mu- 72. quare :parola latina perchè. =
rat., o. e. XV, 980). Nel 1290 difese Pisa 73. io: è l'anima che parla, -forma:
contro i Guelfi, « che l'arebbono avuta nel senso scolastico di principio infor- '

se la bontà del detto conte non fusse che mativo '. « Qual è la forma del corpo del-
la liberò » (Murat., o. e. XI, 299, 980 sg. l'uomo? Dicono i santi eh' è 1' anima ra-
G.Vill. VII, 128). Nel 1292 s'impadronì zionale »; Fra Giord., Pred., Ediz. Mo-
d'Urbino (Murat., o. e. XXII, 162), che relli, 1830, I, 219.
nel 1294 egli difese contro l' esercito di 75. non furon ecc.: non d'uomo forte
Malatestino, podestà di Cesena (Murat., (leone), ma d'uomo frodolento (volpe).
o. e. XIV, 1109). Nello stesso anno 1294 Guido fu però uno dei più valenti guer-
fu scacciato da Pisa (Murat., o. e. XI, rieri del suo tempo (cfr. n. 67), ma qui
299 XV, 983. G. Vili. Vili, 2) e si ri-
; è naturale che il dannato ripensi a quella
conciliò di nuovo colla Chiesa (Murat., delle qualità sue per la quale fu richie-
o. e. XIV, 1110). Entrò nell' Ordine sto di consiglio da Bonifazio e per la
de' Francescani nel 1296 (Murat., o. e. quale si guadagnò la dannazione eterna.
IX, 144, 743 sg. XI, 189 XIV, 1114
; ; ;
77-78. seppi ecc. conobbi ogni sorta
:

XV, 983. G.Vill. Vili, 23) e morì nel di frode e d' inganno, e ne feci tal uso
1298, alcuni dicono a Venezia (Murat., da rendermi famoso in tutto il mondo. -
o. e. XI, 189), altri ad Ancona (Murat., o. al fine ecc. la fama si estese sino ai
:

e. XIV, 1114), ed altri in Assisi (Witté). più lontani paesi: l'espressione di D. è


Nel Conv. IV, 28 B. lo chiama nobilissi- foggiata su quella del Salmo XVIII, 4 :

mo nostro latino. - cordigliero: i fran- « In omnem terram exivit sonus eorum ;

cescani furono detti cordiglieri dalla et in fines terrae verba eorum ».


corda, o cordiglio, onde vanno cinti. 79. parte: il senio, che, secondo Conv.
68. fare ammenda: espiar le mie colpe. IV, 24, comincia col 71° anno.
69. veniva intero: sarebbe stato inte- 81. calar: « la naturale morte è quasi
ramente attuato, cioè avrei fatto peni- porto a noi di lunga navigazione e ri-
tenza ed espiate le mie colpe. poso. E così come il buono marinaro,
[CERO. 8. BOTÀt. 8] Inf. xxvii. 82-97 [papa seduttore] 245

82 ciò che pria ini piaeea, allor in' increbbe


e pentuto e confesso, mi rendei,
ahi miser lasso ; e giovato sarebbe. !

85 Lo prencipe de' nuovi Farisei,


avendo guerra presso a Laterano,
e non con saracin, né con giudei,
88 che ciascun suo nimico era cristiano,
e nessuno era stato a vincer Acri,
né mercatante in terra di Soldano ;

91 nò sommo né ordini sacri


officio,

guardò in sé, né in me quel capestro


che solea far li suoi cinti più macri $

94 ma come Costantin chiese Silvestro


dentro Siratti a guarir della lebbre ;

così mi chiese questi per maestro


07 a guarir della sua superba febbre :

conio esso appropinqua al porto, cala le 89. Acri: San Giovanni d'Acri, città
sue vele, e soavemente con debile con- della Siria, ultimo possesso dei Cristiani
ducimento entra in quello così noi do- ; in Palestina, presa dai Saraceni nel 1291.
venio calare lo vele delle nostre mon- Senso nessuno dei nemici di Bonifazio
:

dane operazioni, e tornare a Dio con Vili era stato, 6 anni prima, coi Sara-
tutto nostro intendimento e cuore; sic- ceni conquistatori di Acri, o aveva -
ché a quello porto si vegna con tutta contro il divieto di papi e concilii -
soavità e con tutta pace» Conv. IV, 28, ; mercanteggiato in paesi di Maometta-
dove tra coloro cbe « calaron le vele delle ni; erano anzi tutti cristiani.
mondane operazioni» è per l'appunto ri- 91-92. uè sommo ecc. non ebbe ri-
:

cordato « il nobilissimo nostro Latino guardo né alla suprema sua dignità,


Guido Montefeltrano. » - sarte corde : né alla sua qualità di sacerdote, né
delle vele ; cfr. Inf. XXI, 14. all'abito di frate francescano che io
pentuto pentito; mi pentii e con-
83. : aveva vestito. - capestro cfr. Par. :

fessai i miei peccati. Così Tav. Hit. ed. XI, 87.


Polidori, I, 537 « Ma io me ne rendo ; 93. solea ecc. : in lassato, quando i

bene pentuto. » Secondo altri, mi rendei Francescani eran più magri per di-
vale: mi feci frate ', senso cbe vera-
'
giuni e astinenze; cfr. Par. XII, 112 sgg.
in onte in antico ebbe rendersi ', usato '
94. come ecc. allude alla leggenda
:

assolutamente così come renduto val- ;


' '
della guarigione e conversione di Co-
se '
frate (cfr. Purg.
'
XX, 54). stantino per opera di Papa Silvestro I.
V. 85-111. Un papa seduttore. Guido 95. Siratti Monte Soratte, oggi San-
:

racconta come, sedotto con parole fal- t'Oreste, nella Sabina, non lungi da Ro-
laci da papa Bonifacio Vili, ricadesse ma, dove San Silvestro, secondo la leg-
nel vecchio peccato, dando al pontefice genda, si teneva nascosto. -lebbre leb- :

ilmalvagio consiglio circa il modo di bra, come ale, fortune, tempre, ecc. per
gettare a terra Prenestino promettere e : ala, fortuna, tempra. Cfr. Bull. Ili, 117.
non mantenere la promessa: cfr. n. 66. 96. maestro: era il titolo che si dava
85. Lo prencipe: Bonifazio Vili. - Fa- ai medici, e qui il nome par scelto a
risei cardinali e oberici cristiani.
: bella posta per il suo duplice senso.
guerra: nel 1297 coiColonnesi, cbe
86. 97. 'superba febbre: brama ardente e
abitavano presso San Giovanni in Late- superba di abbassare i Colonnesi. Di Bo-
rano cfr. G. Vili. Vili, 21.
; nifazio YIII G. Vili. Vili, 64: « Molto fu
87. Saracin Saraceni cioè, non guer-
:
; altiero, e superbo,e crudele contro a'
va per zelo di religione.
i
suoi nemici e avversari. »
246 [CBRC S. BOLG. 8] lOT, XXVII. 98-113

domandomml consiglio, ed io tacetti,


perchè le sue parole par ver ebbre.
100 E poi mi disse :
'
Tuo cor non sospetti;
iinor t'assolvo, e tu m'insegna lare,
sì come Penestrino in terra getti.
10.'5
Lo ciel poss' io serrare e diserrare,
come tu sai però son due le chiavi,
-,

che '1 mio antecessor non ebbe care.'


10G Allor mi pinser gli argomenti gravi
là 've il tacer mi fu avviso il peggio,
e dissi Padre, da che tu mi lavi
: '

109 di quel peccato ov' io mo cader deggio,


lunga promessa con l' attender corto
ti farà trionfar nell' alto seggio '

112 Francesco venne poi, com'io fui morto,


per me; ma un de' neri cherubini

99. ebbre da uomo ebbro per superbo


: dalla suprema autorità della Chiesa. Il I

desiderio di vendetta e di dominio. disubbidirgli mi parve peggio che dar-


100. non sospetti: non tema di brutte gli un mal consiglio, -mi fu avviso : mi
conseguenze, se consigliando peccherai. parve ; lat. mìhi visum fuit.
101. flnor: fìndaora; anticipatamente. 108. da che : poiché. - lavi : « amplius
- m' insegna come maestro,
: v. 96. lavame ab iniquitate mea, et a peccato
102. Penestrino: Palestrina, nel terri- meo munda me »; Psal. L, 4, 9.
torio dell'antica Prceneste, ai tempi di 109. peccato: che sa di commettere,
Dante fortezza dei Colonnesi. «Nel 1298 dando un consiglio frodolento. -mo ora. :

nel mese di settembre, essendo trattato 110. lunga ecc.: promettendo molto e
d' accordo da Papa Bonifazio a' Colon- mantenendo poco, trionferai de' tuoi ne-
nesi, i detti Colonnesi oberici e laici mici. E in realtà Bonifazio Vili agì
vennero a Rieti ov'era la corte, e git- precisamente in questo modo (cfr. n. 102).
tàrsi a pie del detto papa alla miseri- 111. seggio : nel pontificato, giacché
cordia, il quale perdonò loro, e assol- « per Bonifazio la guerra coi Colonnesi
vetegli della scomunicazione, e volle gli era questione di vita o di morte, di ri-
rendessono la città di Pilestrino e così ; manere o no pontefice»; D'Ov., Studiì,
feciono, promettendo loro di restituirgli p. 30. Sui varii sensi in cui è stata in-
in loro stato e dignità, la qual cosa non tesa la parola seggio v. ib., pp. 27 sgg.
' '

attenne loro, ma fece disfare la detta Y. 112-132. Vittoria del Diavolo.


città di Pilestrino del poggio e fortezza Continuando, Guido racconta che, al mo-
ov' era, e fecene rifare una terra al pia- mento della sua morte, S. Francesco ven-
no, alla quale puose nome Civita Pa- ne per prenderne l' anima e portarla in
pale e tutto questo trattato falso e fro-
; Paradiso ma nello stesso tempo giunse
;

dolente fece il papa per consiglio del un diavolo, che dichiarò quell'anima es-
conte da Montefeltro, allora frate mi- ser sua, e provò questo con logico rigore;
nore, ove gli disse la mala parola lun- : dopo di che la portò giù a Minosse, che
ga promessa coIPattender corto » Q. Vili. ; la condannò all' 8a bolgia. Un contrasto
Vili, 23, ove suona l'eco de'vv. di D. simile per l' anima di Bonconte, figlio di
103. serrare cfr. Matt. XVI, 19 «tibi
: : Guido, è narrato in Purg. Y, 103 sgg.
dabo claves regni coelorum ». 112. venne le anime sogliono andare
:

105. antecessor Celestino cfr. Inf.


: Y ; da sé al luogo loro, cfr. Inf. Ili, 123.
III, 59 n. Purg. Y, 103 ma vi sono eccezioni, cfr.
;

106-107. pinser: mossero, indussero. Inf. XXI, 28 sgg.


gravi: perchè scritturali e pronunziati 113. cherubini « gli ordini degli an-
:
|CERC. 8. BOLO. 8] INF. XXVII. 114-132 [VITT. D. DIAVOLO] 247

gli disse:
k
Non portar; non mi far torto !

U5 Venir se ne dee giù tra' miei meschini,


perchè diede il consiglio frodolente,
dal quale in qua stato gli sono a' crini ;

U8 ch'assolver non si può chi non si pente,


né pentére e volere insieme puossi,
per la contradizion che noi consente.'
121 Oh me dolente come mi riscossi,
!

quando mi prese, dicendomi Forse :


'

tu non pensavi eh' io logico fossi '


!

124 A Minos mi portò e quelli attorse ;

otto volte la coda al dosso duro ;

e poi che per gran rabbia la si morse,


127 disse :
' Questi è de' rei del foco furo '
;

per ch'io là dove vedi, son perduto,


e, sì vestito, andando mi rancuro. »
Quand' egli ebbe il suo dir così compiuto,
la fiamma dolorando si partìo,
torcendo e dibattendo il corno aguto.

gioii sono nove, et di ciascuno ordine fatto ammenda dell altre colpe colla vita
cadde in Inferno; et ciascuno ordine umile e devota di Francescano.
ha la sua proprietà. Questi cherubini, 125. otto: cfr. Inf. V, 4 sgg. -duro:
che tengono il secondo grado degli an- non piegandosi mai per alcuno.
gioli, sanno per natura tutto '1 senso 126. morso: Minosse è simbolo della
delle Scritture, bench'egli abbino per- coscienza il mordersi la coda figura i ri-
:

duta la scienza, onde non senza cagione morsi di essa, tormento principale dei
l'autore tolse uno cherubino a disputa- dannati la rabbia simboleggia forse l'ira
;

zione»; An. Fior. Cfr. Par. XI, 39. di essi contro chi, seducendoli, fu causa
114. Non portar: simili formule d'im- della loro dannazione.
perativo senza l' oggetto sono comuni 127. disse: coli' attorcersi 8 volte la co-
nell'ant. ital.: cfr. Purg. XXI, 132. da al dorso, lo condannò all' 8° cerchio ;

115. meschini : servi cfr. Inf. IX, 43.


;
con le parole, all' 8 a bolgia del cerchio. -
117. dal quale ecc.: dacché lo ebbe dato, furo ladro le fiamme involano e nascon-
: :

l'ho tenuto, per così dire, pei capelli, af- dono gli spiriti ; cfr. Inf. XXYI, 41 sg.
finchè non mi scappasse. 128. per che: cioè per la mia colpa e
119. pentére: dal lat. pcenitere, è for- il conseguente giudizio di Minosse.

ma arcaica usitatissima. Non si può dir 129. sì vestito: naturale che il dannato
pentito di un peccato chi pur lo vuole accenni al singoiar modo in cui è vestito:
commettere e però 1' assoluzione anti-
; la veste, cioè la fiamma, è la sua eterna
cipata data da Bonifazio non ha valore, pena. - andando mi rancuro mi ramma- :

mancandole la condizione necessaria, rico (cfr. Purg. X, 133), della pena e de'
il pentimento. Ma con che mirabile, ser- peccati con che me la sono procurata.
rata stringatezza dice tutto questo il 131-132. dolorandodolendosi ed espri- :

nero cherubino, logico rigoroso! mendo dolore non con parole, ma col
il

121. mi riscossi: a quella logica stringen- torcere e dibattere il corno aguto., cioè la
te a un tratto mi risvegliai (Inf. IV, 2) e punta di essa fiamma: cfr. v. 16 sgg.;
m'avvidi della dolorosa, terribile realtà. Inf. XXVI, 85-88. - partìo partì. :

Finora s'era adagiato e cullato nella illu- V. 133-136. Passaggio alla 9a boi-
sione di essere stato assolto da Bonifa- già. Terminato il colloquio con Guido,
zio VITI per il cattivo consiglio e di aver i P. continuano il loro cammino su per
248 [CBltO. 8. BOLG. 9] Inf. xxvii. 133-136- xxvin. 1-G [scismatici]

133 Noi passammo oltre, ed io e il duca mio,


su per Lo scoglio Infoio in su l'altr'arco
che cuopre il fosso in clic si paga il fio
136 quei che scommettendo acquistali carco.
a

lo scoglio, tinello si trovano sul ponto ritata per qualche colpa ; cfr. ì'urg.
Che attraversa la 9 :l bolgia, nella quale XI, 88.
nono puniti i seminatori di discordie ci- 136. a queia qui vale da, come in
:

vili e religiose, pubbliche e private. Inf. XIX, Purg. I, 24, ecc. - scom-
108 ;

133. passammo oltre: andammo avanti, mettendo: dividendo: scommettere e il


Cfr. in/. XXXIII, 91. contrario di commettere =
congiungere ;

135. fio: feudo, tributo. Pagare il fio cfr. Toc. Or. ad. v. - carco: carico di
vale tuttora soffrire danno o pena me- colpevolezza, e quindi di pena.

CANTO VENTESIMOTTAVO

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA NONA: SEMINATORI DI DISCORDIE
(Girano in tondo la bolgia, e a un certo punto sono da un diavolo feriti di spada,
ma le ferite si rimarginano, prima eh' essi ripassino davanti a lui)

MAOMETTO, FRA DOLCINO, PIER DA MEDICINA, CURIO


MOSCA, BERTRAM DAL BORMIO

Chi poria mai pur con parole sciolte


dicer del sangue e delle piaghe appieno,
eh' i' ora vidi, per narrar più volte?
Ogni lingua per certo verria meno
per lo nostro sermone e per la mente,
e' hanno a tanto comprender poco seno.

V. 1-21. Pena dei seminatori di di' per narrar più volte: 'per' indica
3.
scordie. Dal ponte della 9 a bolgia i P. il mezzo anche:col ripetere, rinnovale il
osservano lo strazio degli scismatici e dei racconto, tentando di rendere sempre
seminatori di scandali come vivi ruppe- : più perfetta la esposizione.
ro unità e concordia tra gli uomini, così 4. Ogni lingua: «Non, mihi si lingua©
ora ciascuno ha rotta l' unità di sua per- centum sint oraque centum, Ferrea vox,
sona dalla tagliente spada d' un diavolo. omnis scelerum comprendere formas,
1. poria : potrìa, potrebbe. - parole Omnia posnarnm percurrere nomina pos-
sciolte non obbligate alle leggi del me-
: sim»; Virg., Aen. VI, 625 sgg.
tro e della rima in prosa. « Verba soluta
; 5-6. per lo nostro sermone ecc. a mo- :

modis » Ovid., Trist. IV, 6. - « Quis cla-


; tivo del linguaggio umano e della mente,
dem illius noctis, quis funera l'andò Ex- cioè dell'intelletto nostro, insufficienti
plicet? » Virg., Aen. II, 361. a contenere in sé tante e tali cose quante
[CERC. S. BOLG. 9] INF. XXVIII. 7-21 [scismatici] 249

S' el s' attnastìe ancor tutta la gente,


che già in su la fortunata terra
di Paglia fu del suo sangue dolente
io per li Troiani e per la lunga guerra
che dell' anella fé' sì alte spoglie,
come Livio scrive, che non erra ;
L3 con quella che sentì di colpi doglie
per con tastare a Roberto Guiscardo,
e 1' altra il cui ossame ancor s' accoglie
10 a Ceperan, là dove fu bugiardo
ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
dove sanz' arme vinse il vecchio Alardo ;

18 e qual forato suo membro, e qual mozzo


mostrasse, d' aequar sarebbe nulla
ilmodo della nona bolgia sozzo.
e quali io vidi vale a dire insufficienti
; credeva ai tempi di D.
12.11011 erra: ciò si

la niente a concepirle e la parola a espri- 13-14. quella ecc. con tutta la gente :

merle adeguatamente. Tale insufficienza uccisa nelle guerre combattute per sog-
è espressa convoco seno, che vale scarsa '
giogar la Puglia da Roberto Griiiscar-
icità '. Cfr. ciò die D. nel Conv. Ili, 4 do, fratello di Ricciardo, duca di ISTor-
il ice «Iella « debilitàdeH'intelletto» e della mandia (1059-1084). - contastare comune :

« cortezza del parlar nostro ». per contrastare nel toscano antico.


' '

7. kS' el ecc. se tutti gli uomini caduti


: 15. l'altra l'altra gente, cioè le vittime
:

;
in battaglia nell'Italia meridionale (Pu- delle guerre angioine dal 1266 al 126H.
cfr. n. 16) nelle guerre sanniticbe 16. a Ceperan : importante punto stra-
-puniche e nelle guerre normanne ed tegico sul confine fra lo stato romano e il
|
augurine, si adunassero insieme a far regno di Napoli. Qui probabilmente, in
mostra di loro ferite e mutilazioni, non modo indiretto, s'alluderà alla battaglia
offrirebbero uno spettacolo pareggiante di Benevento, conseguenza, come a torto
quello della 9 a bolgia. si credeva da molti ai tempi di D., del
8. fortunata fortunosa, soggetta alle
: tradimento dei Pugliesi (cioè dei sudditi
vicende della fortuna; cfr. Inf. XXXI, napoletani, che Puglia dice vasi allora
1
115. Dion., Aned. II, Verona, 1786, p. 12. tutta la parte conti nentale del regno) che ,

9. fa ecc. sentì il dolore delle ferite


: posti alla guardia di Ceperano, avreb-
onde uscì il suo sangue. bero invece lasciato libero il passo a
Troiani: venuti in Italia con Enea.
10. Carlo I d'Angiò; cfr. G. Vili. VII, 5, 9.
Al.: Komani, che è chiosa sottentrata D. non ignorava che Manfredi cadde a
al testo. Coi suoi coetanei D. credeva Benevento cfr. Purg. Ili, 128 e a Cepe-
; ;

che i Romani discendessero dai Troia- rano, se i Pugliesi furono bugiardi, cioè
Ini venuti con Enea in Italia, ed anche traditori, o non avvenne alcun fatto d'ar-
|
nelle sue opere in prosa chiama alcune me, o non fu così sanguinoso da giustifi-
Croiani i Romani cfr. Moore, Crit.,; care il v. 15.
,340-43. Allude alle guerre sannitiche e 17. Tag-liacozzo castello nell'Abruzzo
:

alle puniche, nelle quali perirono mi- Aquilano, presso il quale il 23 agosto 1268
gliaia d'uomini cfr. TU. Liv. X, 9 sgg. -
; Corradino fu sconfitto e distrutta la po-
Unga: la seconda guerra punica durò tenza degli Svevi.
adici anni, dal 218 al 202va. C. 18. Alardo: di Valéry, consigliere di
11. anella: tratte dalle dita de' Ro- Carlo d'Angiò e che co' suoi consigli fu
Canne, e
uccisi nella battaglia di cagione della vittoria, sicché egli vinse
quali Annibale raccolse tre mog- senz'arme; cfr. G. Vili. VII, 26 e 27.
cfr. TU. Liv. XXII, 6; XXIII, 7 20-21. d'aequar ecc. cfr. Vir Aen. :

|e 12, ed anche Conv. IV, 5. II, 362. Intendi: non sarebbe possibile
250 [CHRC. S. B0L6. 9] Im'. XXVIII. 22-32 [MAOMETT(

Già veggia, per mezzo! perdere o lulla,


coni' io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infili dove si trulla:
25 tra le gambe pendevan le minugia;
pareva e '1 tristo sacco
la corata
che merda fa di quel che si trangugia.
28 Mentre che tutto in lui veder ni' attacco,
guardomrui, e con le man s' aperse il petto,
dicendo mi di lacco
: « Or vedi coni' io !

31 Vedi come storpiato è Maometto !

Dinanzi a me sen va piangendo Ali,

agguagliare il modo sozzo della nona 27. si trangugia: si inghiottisce. Ter


bolgia. Per il valore dell'espressione es- '
rappresentarci lo scempio che laggiù è
ser niente, o nulla, di fare una cosa ', l'atto di Maometto, D. « diguazza in ima

cfr. Inf. XXII, 143 (di levarsi era neen- descrizione.... copiosa e precisa di parti-
te) e Inf. IX, 57 {nulla sarebbe del tor- colarità nauseabonde, nauseabonda essa
nar mai suso). - sozzo «rare, e non ozio- : stessa di parole basse, aspra di proposi-
se, in Dante le trasposizioni. Questa è zioni che si squarciano anch'esse e s'in-
delle più potenti che V epiteto sozzo se-
; trecciano, rilevata dal suono cupo d'inso-
parato da modo e posto alla fine del verso lite rime [-ùlla, -ugia, -dcco], e introdot-
chiude l'immagine, raccogliendo quasi ta dalla volgarissima similitudine della
in un sol tratto di pennello tutte le de- botte, che s' apre perchè ha perduto una
formità dell' orribile scena » L. Yent., ; doga. La qual
similitudine non ci lascia
Simil., 463. immaginare quella laida spaccatura, se
Y. 22-51. Maometto. Ecco uno che è non nella mole corporea d'un omaccio-
spaccato dal mento sino al basso ven- ne panciuto » V. Mossi in Nuova Ant.,
;

tre. È Maometto, fondatore dell'Isla- sett, 1918, 4-5.


mismo. Lo precede Ali col capo fesso. 28. m'attacco m'affisso, lo sto mirando
:

Maometto espone la ragione delle spa- attentamente. « Dum stupet, obtutuque


ventevoli ferite e mutilazioni; quindi hasret defixus in uno»; Virg., Aen. 1, 495.
chiede a D. chi egli sia; alla qual di- 30. mi dilacco propr. mi apro. « Lac-
:
'

manda risponde Y. ca è '


anca ', coscia
'
dilaccare è
' '
;
' '

22-23. Già ecc. costr. Una veggia,


: :
4
separare, dividere, divaricare, aprire le
per perdere [per il fatto che perda] mez- coscie e quindi in genere divaricare,
'
;
'

zule o lulla, già [certo] non si pertugia aprire » '


Crescini, Lect. JDantis, p. 14.
;

[non è bucata] così, come ecc. - veggia : 31. storpiato: guasto, impedito nelle
botte; voce d'origine ignota. Vozza e membra. - Maometto il fondatore del- :

vezzia per botte vivono nel Bergamasco. - l' Islamismo n. a Mecca nel 560, m. a
mezzut « li fondi delle botti sono di tre
: Medina nel 633. Ha il corpo fesso per
pezzi: quello di mezzo è detto mezule, aver seminato scisma nei popoli; e ciò
e li estremi hanno nome lulle » Lan. E ; eh' è di schifoso nella figura di lui, pro-
Benv. dice, con più precisione, che mez- babilmente raffigura la « fedita, di che
zul è la doga media del fondo della botte, parevan putidi a' cristiani la dottrina e il
dove è il buco per la cannella e lulla costume de' musulmani » Crescini, o. e. ;

« pars fundi vegetia iuxta extreraa ad 32. Ali: Ali Ebn Abi Talid, cognomi-
modum lunae ». nato Assad Ollah el Ahalib, cioè Leone
24. rotto: pertugiato, fesso. - trulla: del Dio vincitore, e Murtadhi, cioè Grato
Benv. « ab ore usque ad anum ». Cfr.
: a Dio, cugino e genero di Maometto, ed
Nannucd, Nomi, 313 e 757. uno de' primi suoi seguaci, nato nel 597,
25. minugia interiora, budella da mi-
: ; ucciso nel 660. Discordando in alcuni
nutia. punti dalla dottrina di Maometto, fece
26. corata: cuore, fegato e milza. - una setta da sé ondo egli ha fessa ap- ;

pareva: appariva. - tristo: lurido, fe- punto quella parte del corpo che Mao-
tente. - sacco dello stomaco.
: metto ha ancora intiera.
T BOLO. Inf. xxviii. 33-51 [maometto] 251
(.ERO. 8. 9]

fesso nel volto dal mento al ci affetto.

E che tu vedi qui,


tutti gli altri
seminatoi* di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così.
Un diavolo è qua dietro, che n' accisma
sì crudelmente, al taglio della spada

rimettendo ciascun di questa risma,


40 quando avem volta la dolente strada ;
però che le ferite son richiuse,
prima eh' altri dinanzi gli rivada.
43 Ma tu chi se', che 'n su lo scoglio muse,
forse per indugiar d' ire alla pena
eh' è giudicata in su le tue accuse ? »
« Né morte il giunse ancor, né colpa il mena »
rispuose il mio maestro « a tormentarlo -,

ma per dar lui esperienza piena,


40 a me, che morto son, convien menarlo
per lo Inferno quaggiù di giro in giro ;

e questo è ver così, com' io ti parlo. »

33. fesso: rotto - ciuffetto : ciocca di 41. richiuse rimarginate. Il tormento


:

capelli sulla fronte; qui per fronte. più o meno squarciati si rin-
dell' essere
35. scandalo: discordia civile, scissu- nova e perpetua.
ra, inimicizia. - scisma: separazione dal 43. muse: musi, da musare tenere il =
corpo o dalla comunione della Chiesa muso (per viso, cfr. Purg. XIV, 48) fìsso
cattolica; da c*xitfu.ci divisione ', e que-
'
su qualcosa, opperò anche indugiarsi ozio-
sto da axi^EiY 'scindere, dividere'. samente a guardare « ed è contrario a
;

36. vivi da vivi, su nel mondo.


: correre, spacciarsi, affrettarsi è perder :

37. qua dietro: in un punto della bol- tempo scioccamente»; Crescini, o. e, 23.
gia, il quale, essendo essa circolare, Cfr. Parodi, Bull. Ili, 153. Maometto
viene a stare di dietro, rispetto al luogo non s' è accorto che è ancor vivo.
I).
in cui si trovano quei dannati; in un 45. eh' è giudicata: che ti è stata as-
punto, perciò, che D. e V. non possono segnata dalla sentenza di Minosse, se-
vedere. - accisma: acconcia, o, in certo condo le colpe delle quali ti confessasti
'modo, adorna, abbiglia, cfr. Parodi, reo dinanzi a lui; cfr. Inf. V, 7 sgg.
Bull. Ili, 95 e Crescini, o. e, 21 sg. 46-47. Ne morte ecc.: Non lo colse
'AL: Divide e taglia; oppure Piaga; ma ancora la morte, nò colpe commesse lo
sono spiegazioni del senso metaforico mandano ora ad un tormento.
che qui acquista accisma dall'unione con 48. lui a lui. - esperienza piena piena
: :

l'avv. crudelmente. e diretta conoscenza delle pene che aspet-


'

38-39. al taglio ecc. sottoponendo di : tano nell' Inferno chi vive e muore nel
nuovo ciascuno di noi al taglio della peccato.
spada, ogni volta che, compiuto il giro 50. di giro in giro di cerchio in cer-
:

della bolgia, gli ripassiam vicino. - ri- chio; cfr. Inf. X, 4; XVI, 2.
sma: qui per ciurma, turba, ecc. Si dice 51. com' io com' è vero eh' io ti parlo.
:

tuttora, spregiativamente, è della stessa '


V. 52-63. Fra JDolcino. All'udire che
risma per è della stessa specie '. «An-
' '
D. è vivo, più di cento si soffermano lì
gelus Bei, accepta sententia ab eo, scin- a guardarlo meravigliati e Maometto, ;

te medium»; Daniele XIII, 55. che già aveva alzato un piede per ri
40. volta: percorso tutto a tondo il giro prendere il suo cammino, parla di nuo-
della bolgia (strada). vo per mandare a un altro eretico e
252 [CERO. 8. BOLG. 9] In XXVIII, 2-63 [FRA DOL( Ino

52 Pia far di cento, che, quando l'udirò,


s'arrestaron nel l'osso ;i riguardarmi
per maraviglia, obliando il martire
« Or a fra Dolcin dunque che &' armi,
di'
tu che forse vedrai il sole in breve,
s' elio non vuol qui tosto seguitarmi,

58 sì di vivanda, che stretta di neve


non rechi la vittoria al Noarese,
non saria lieve. »
eh' altrimenti acquistar
ni Poi che un pie per girsene sospese,
1'

Maometto mi disse està parola ;

indi a partirsi in terra lo distese.

scismatico, ancor vivo, l' ammonimento 60. altrimenti « a nomine expugnari


:

di provvedere a sé e a' suoi segnaci se poterant, nec aliquem hominem 1ime-


non vorrà cader vittima de' suoi nemici ;
bant, dummodo tamen haberent vici ua-
ammonimento maligno ed ironico, poi- lia»; Murat., Script. IX, 432.
ché la facoltà di prevedere il futuro ren- 61-63. Poi che ecc. disse le ultime pa-
:

deva sicuro Maometto della sconfitta role, avendo già alzato un piede per an-
finale di quell'eretico. Il quale è il fa- darsene oltre, e, appena ebbe finito di
moso Dolcino Tornielli di Novara, di- parlare, compiè l'incominciato passo.
scepolo di Gerardo Segarelli di Parma, 62. està: questa. Qui parola ha sen-
clie sin dal 1260 aveva fondato la setta so collettivo, come altrove, p. es. Purg.
degli Apostoli o fratelli apostolici, della IV, 97.
quale Dolcino divenne il capo, dopo che V. 64-90. Pier da Medicina. Parla ora
il Segarelli fu arso vivo nel 1296. Dol- un altro, che ha la gola forata e recisi il'
cino si spacciava per apostolo e profeta, naso e un orecchio, predicendo un tra-
predicava la carità e la comunanza di dimento di Malatestino e dandosi a cono-
tutte le cose, anche delle donne. A Trento scere per Pier da Medicina. Chi è co-
si guadagnò a compagna una Tridentina, stui? Forse fu della famiglia dei cattani
giovane, bella e ricca, di nome Marghe- di Medicina, grossa terra matildica nel
rita, che fece sua concubina, chiaman- piano tra Bologna e la bassa Romagna,
dola sorella in Cristo. Nel 1305 o 1306 uomo « valde nialedicus » (Postil. Cass.)
si ridusse con cinquemila seguaci sopra e « morditor » (Petr. Dant.). « Fu del
il monte Zebello nel Vercellese e vi si contado di Bologna, e commise la guerra
fortificò in modo, che la crociata, ban- da Fiorenza a Bologna, e da Bologna agli
ditagli contro da Clemente V, sarebbe Ubaldini ;
poi per sue male opere fu
andata a vuoto, se la fame non lo avesse cacciato e stette in Fano, e commise la
costretto ad arrendersi (26 marzo 1307). guerra tra que' di Fano e i Malatesti » ;

Il 2 giugno 1307 fu arso vivo a Novara An. Sei. - « Fu molto corrotto in quel
con Margherita e più altri della sua vizio, sì di seminare scandalo tra li no-
setta. Cfr. Crescini, o. e, 25 sg. e 58. bili bolognesi, come eziandio tra li ro-
52-54. Più ecc. cfr. Inf. XII, 80 sgg.
: magnoli e' bolognesi » Pan. - « Fuit
;

Purg. II, 67-75. Non avevano fino ad pessimus seminator scandali, in tantum
ora veduto mai un vivente laggiù. quod se aliquandiu magnifìcavit et di-
56. forse: sembra che non presti in- tavit dolose ista arte infami » Benv., il
;

tera fede a ciò che V. gli ha detto. Se quale illustra la sua sentenza con esempi
però il '
forse '
si unisce a in breve, parlantissimi, ma fantastici e che si leg-
Maometto sarebbe « solamente dubbioso gono anche nelVAn. Fior. Forse è da
del tosto o del tardi » ; Cast. identificare con un Pier da Medicina
58. di vivanda: va unito a si armi, (nipote di altro Piero, più famoso, già
cioè si provvegga di vettovaglie. - stret- morto nel 1271) della ricordata famiglia
ta: quasi assedio o blocco. dei cattani-, del quale abbiamo notizie
59. al Noarese: ai Novaresi e ai loro sicure per gli anni 1271, 1272 e 1277
compagni in quella crociata. (Giorn. st. d. leti, ital., LXIV, 10 sgg.).
jìolg. 9] Inf. xxviii. 64-80 [pier da medicina] 253

Un che forata avea la gola


altro,
il naso infìn sotto le ciglia,
e tronco
e non avea ma' che un orecchia sola,
7

-.7
ristato a riguardar per maraviglia
con gli altri, innanzi agli altri aprì la canna,
ch'era di fuor d'ogni parte vermiglia;
70 e disse: « tu, cui colpa non condanna
e cui io vidi su in terra latina,
se troppa somiglianza non m'inganna,
73 rimembriti di Pier da Medicina,
se mai torni a veder lo dolce piano
che da Vercelli a Marcabò dichina.
re E fa' sapere a' due miglior da Fano,
a messer Guido e anche ad An gioiello,
che se l' antiveder qui non è vano,
ro frittati saran fuor di lor vasello

e mazzerati presso alla Cattolica

Virg., Aen. VI, 494


64-66. forata ecc. : lungi dalle foci del Po e distrutto da

jggi parlando di Deifobo « Atque hic : Ramberto da Polenta il 23 settembre 1309:


Priamiden laniatum corpore toto Deipho- non risorse più, e col tempo se ne spense
Imin vidit, lacerimi crudeliter ora,Ora anche il nome. Cfr. Rìcci, Rifugio, 12.
uanusque ambas, populataque tempora D. però poteva, sicuro d' essere inteso,
-aptis Auribus et truncas ìnhonesto vol- menzionare Marcabò anche alcuni anni
iere nares. » - in fin sotto le ciglia : dun- dopo il 1309 Benv., JButi e altri ant. ne
:

me tutto il naso. - ma' che : più che ; cfr. parlano in modo da accertarci che ai loro
Inf. IV, 26. tempi tal nome era vivo nella memoria.
67. restato: sostato coi più di cento 76. miglior : più nobili e valorosi. -
lei v. 52. Fano : città sull'Adriatico, distante nove
canna: della gola; cioè parlò.
68. aprì la miglia da Pesaro e trenta da Rimini.
69. vermiglia: rossa di sangue. 77. Guido: del Cassero. - Angiolello:
71. Yidi: « Ad domimi istorum perve- da Carignano. Ambedue nobili di Pano.
lit semel Dantes, ubi fuit egregie ho- Invitati da Malatestino Malatesta a ve-
uoratus. Et interrogatus quid sibi vide- nire a parlamento con lui alla Cattolica,
iretur de curia illa, respondit, se non vi- borgo sull'Adriatico tra Rimini e Pe-
iisse pulcriorera in Roniandiola, si ibi saro, sarebbero stati annegati da' mari-
dsset medie um ordinis »; JBenv. - terra nari, per ordine di Malatestino. (Del
latina: Italia; cfr. Inf. XXVII, 26-27. Lungo, D. nei tempi di JD., p. 426); ma
72. se troppa ecc. : se tu non somigli del fatto qui narrato dal P. nessun'al-
troppo ad altra persona da me veduta tra attestazione storica ci resta; tanto
un dì su in terra latina. « Si nunquam che V. Rossi, (o. e), suppone sia un'in-
falli t imago » Virg., Eclog. II, 27. Cfr.
; venzione che D. metta in bocca a Piero
Inf. XVIII, 49-50. perchè egli sia anche nell'in/, semina-
74. se mai non è pienamente persua-
: tore di scandalo, non potendo ciò ch'ei
o neanche lui della verità di quanto dice se non seminare odio nel cuore di
ha detto V. (cfr. v. 56 sgg.), disposi- Guido e d' Angiolello contro il tiranno.
z ione d' animo degna di gente, per cui 78. qui: come suol essere su nel mondo.
linguaggio è principalmente stromento
il - vano: fallace. Cfr. Inf. X, 100 sgg.
d'inganno. - piano la Lombardia dolce, :
; Virg., Aen. I, 392: «M
frustra augurium
paragonato col luogo dove sta ora. vani docuere parentes. »
73. Marcabò castello costruito dai Ve-
: 79. vasello: nave; cfr. Purg. II, 41.
neziani nel territorio di Ravenna, non 80. mazzerati « mazzeraré è gittare
:
254 [CERO. 8. BOLG. 9] Inf. XXVIII. 81-96 [PIER DA medicina]'

per tradimento d'un tiranno l'elio.

82 Tra L'isola di Cipri e di Maiolica


non vide mai sì gran fello Nettuno,

non da pirate, non da gente argolica.


85 Quel traditor che vede pur con V uno
e tien la terra che tal è qui meco
vorrebbe di veder esser digiuno,
88 farà venirli a parlamento seco ;

poi farà sì, eh' al vento di Focara


non farà lor mestier voto ne preco. »
«il
E io a lui « Dimostrami e dichiara,
:

se vuoi ch'io porti su di te novella,


chi è colui dalla veduta amara ».
94 Allor puose la mano alla mascella
d'un suo compagno, e la bocca gli aperse,
gridando: « Questi è desso, e non favella.

l' uomo in mare in un sacco legato con no bisogno di far voti e pregare che Dio
nna pietra grande o legate le mani et
; li scampi dal vento di Focara, perchè

i piedi, et uno grande sasso al collo »; uccisi prima di arrivarvi. Passando pres-
Buti. so Focara, i naviganti si votavano e pre-

81. fello: iniquo, sleale. Cfr. però Mu- gavano. JBenv. ci ha conservato il motto
rat., Script. XV, 896, dove si dice che proverbiale « Custodiat te Deus a veuto
:

Malatestino « tanto fu savio et ardito e Focariensi ! »


da bene, quanto mai fosse uomo. » V. 91-102. Curio. D. desidera di sa-
82. Tra ecc.: in tutto il Mediterraneo, pere chi sia quel compagno che non vor-
di cui Cipro è l' isola più orientale e rebbe aver mai veduto Rimini. Eccolo
Maiolica, o Maiorca, la più occidentale, qui, ripiglia Pier da Medicina aprendo-
Nettuno, il Dio del mare, non vide mai gli con la mano propria la bocca è Cu- :

commettere un delitto sì grande né da rione, il tribuno romano, partigiano pri-


ladri di mare, né dalla gente greca che ma di Pompeo, e poi vendutosi per de-
anticamente soleva corseggiare pel Me- naro a Cesare. Andò nel 705 di Poma
diterraneo. (49 a. Cr.) da Poma a Ravenna ad in-
83. Nettuno: Al.: nessuno; cfr. Hoore, formare Cesare circa le condizioni di
Crit., 343. Roma, dove poi ritornò con lettere di
84. pirate: plur. arcaico per pirati '. '
Cesare al Senato. Pubblicato il decreto
85. Quel : Malatestino. « Misser Ma- del Senato che dichiarava Cesare nemico
latesta ebbe tre donne de la prima : della Repubblica, qualora non licenzias-
nacque Malatestino dell' Occhio, perchè se il suo esercito e sgombrasse la pro-
era manco di un occhio.... De la seconda vincia, Curione tornò con gli altri tri-
nacque Gianne Sciancado (Gianciotto, buni a Cesare, e, secondo Lucano, esortò
marito di Francesca da Rimini) e Paolo. Cesare a non indugiare. In realtà all'ar-
De la terza, che fu figliuola di Misser rivo di Curione, Cesare aveva già pas-
Righetto, nacque Pandolfo, il quale fu sato il Rubicone ma D. segue Lucano.
;

molto virtuoso »; Murat., Script. XV, 896. 91. Dimostrami ecc. fammi vedere :

86-87. tien ecc.: signoreggia Rimini, colui al quale l'aver veduto Rimini è
che uno qui vicino a me vorrebbe non riuscito così amaro, e dammi qualche
avere mai veduta, avendovi commesso spiegazione (dichiara) intorno a lui.
la colpa che lo dannò: cfr. v. 91 sgg. 96. non favella : avendo tagliata nella
89-90. Focara: monte presso il mare strozza quella sua lingua venale (v. 101).
tra Cattolica e Pesaro. - preco: prego, « Audax venali comi tatur Curio lingua »,•
preghiera (cfr. Inf. XV, 34). Non avran- Lucan., Phars. I, 269.
BOLG. 9] INF. XXVIII. 97-111 [curio] 255
JERC. 8.

Questi, scacciato, il dubitar sommerse


affermando che il fornito
in Cesare,
sempre con danno V attender sofferse. »
Oli quanto mi pareva sbigottito
con la lingua tagliata nella strozza
Curio, eh' a dir fu così ardito !

io;
1
»
E un ch'avea una e l'altra man mozza, 1'

levando i moncherin j>er 1' aura fosca,


sì che il sangue facea la faccia sozza,
106 irrido « Ricorderà' ti anche del Mosca,
:

che dissi - lasso - Capo ha cosa fatta !


i
'

che fu il mal seme per la gente tosca ».


109 E io gliaggiunsi « E morte di tua schiatta »; :

per ch'egli, accumulando duol con duolo,


sen gìo come persona trista e matta.

97. scacciato: da Koma, v. n. 91-102. delmonte] i cittadini se ne divisono, e


«Pellimur e patriis laribus, patimurque traesonsi insieme i parentadi e l'amistà
volentes Exsilium tuanos faciet Victoria
: d' amendua le parte, per modo che la
cives»; Lucan., Phars. I, 278 sg.-il du- detta divisione mai non finì onde nac- ;

bitar sommerse spense in Cesare il dub-


: quero molti scandoli e incendi e batta-
bio che lo teneva irresoluto, se dovesse o glie cittadinesche»; Bino Comp. I, 2.

no passare il Rubicone, presso Rimini, E da allora sarebbero in Firenze e To-


ed incominciar la guerra civile. scana principiate parte guelfa e parte
98. affermando « Dum trepidant nullo
: ghibellina; G. Vili. V, 38.
firmatae robore partes, Tolle moras sem- ; 109. E morte ecc. e quella tua parola
:

per nocuit differre pdratis»; Lucan., fu in pari tempo la rovina della tua
Phars. I, 280 sg. schiatta così dice D. senza intenzione
:

101. strozza : gorgozzule, canna della crudele o maligna, ma solo come natu-
gola. rale compimento di ciò che Mosca ha
V. 103-111. Mosca dei Lamberti. detto da ultimo e con un senso di schietta
Ecco il Mosca, che D. aveva desiderato pietà. Crudeltà o malignità non pote-
di vedere, Inf. VI, 80 quel Mosca, che ;
vano essere in D. verso Mosca, pel quale
fece risolvere gli Amidei ed i loro pa- ha già dichiarato la sua stima ( ìnf. VI,
renti ed amici a vendicarsi di Buondel- 79-81), e che qui si mostra dolente di
nionte uccidendolo (cfr. Par. XVI, 136 ciò che disse e fece (v. 107 sg.). Cfr.
sgg.). - « E stando tra loro in consiglio Bossi, o. e, p. 10. I Lamberti furono
in che modo dovessero offendere, o di cacciati da Firenze nel 1258; cfr. G. Vili.
batterlo o di ferirlo, il Mosca de' Lam- VI, 65. Nel 1266 furono dei primi che
berti disse la mala parola: cosa fatta, cominciarono a levarsi contro i trenta-
capo ha, cioè che fosse morto e così fu : sei ; cfr. G. Vili. VII, 14. Nel 1268 fu-
fatto » G. Vili. V, 38 cfr. Yillari, I
; ; rono tutti dichiarati ribelli, senza di-
primi due secoli della Storia di Firenze, stinzione di sesso e di età, il qual bando
Fir., 1893; II, 233 sg. di ribellione fu confermato nel 1280.
103. mozza mozzata. : Quindi essi scompaiono quasi del tutto
107. €apo ha cosa fatta « Cosa fatta : dalla storia fiorentina.
non può disfarsi; riesce ad un capo, 110. duol con duolo al dolore della
:

ad un fine, a un effetto e perciò si uc- ; sua pena si aggiungeva il dolore, non


cida addirittura Buondelmonte, senza meno pungente, del sapere spenta, o vi-
pensare troppo coni' andrà a finire ba- ; cina a spegnersi, la stirpe sua.
sta eh' e' muoia » Del Lungo, Bino ; 111. gìo gi, andò cfr. Nannuc, Verbi,
: ;

Comp. II, 15. 176 sg. - trista e matta addolorata e fuori


:

108. seme: «Di tal morte [di Buon- di sé per l'eccesso del dolore.
256 [CERO. 8. BOLO. 9] I.NK. XXVIII. 112-lL; 5 [BBRTEAM DAL BOliNlo]

L12 Ma io rimasi a riguardar lo si nolo,


e vidi cosa, Cb' io avrei paura,
ganza più prova, di contarla solo;
lir»
se non che coscienza m'assicura,
la buona compagnia che 1' uom francheggia
sotto l'usbergo del sentirsi pura.
118 io vidi certo, ed ancor par eh' io '1 veggia,
un busto san za capo andar sì come
andavan gli altri della trista greggia;
121 e capo tronco tenea per le chiome,
il

mano, a guisa di lanterna;


pósol con
e quel mirava noi e dicea « Oh me » : !

124 Di sé faceva a sé stesso lucerna,


ed eran due in uno, e uno in due;

V. 112-142. Bertram dal Bornio. A pura di offese al vero, m' accerta che si
D. si offre ora uno spettacolo spavente- crederà a ciò che io dico d' aver veduto.
vole. Vede avanzarsi uno che ha il capo 116. francheggia: rende franco, facen-
reciso, ina lo porta seco tenendolo con dogli sentire ch'ò scevro di colpa. «Con-
una mano sospeso per i capelli, a mo' di scia mens ut cuique sua est, ita conci-
lanterna, e il capo parla. Il dannato si pit intra Pectora prò facto spemque me-
nomina, e dice qual colpa lo condusse a tumque suo »; Ovid., Fast. I, 485 sg.
tal pena. Questi è il trovatore Bertran- « Hic murus aheneus esto Nil conscire :

do de Bora, visconte nel Perigord, si- sibi, nulla pallescere culpa »; Horat.,
gnore del castello di Hautefort (cfr. Inf. Epist. I, i, 60 sg.

XXIX, 29), lodato da Dante, come can- 118 certo: riprende qui il racconto poo-
.

tore delle armi nel De Vulg. El. II, 2 tico, interrotto dai vv. 113-117. Avendo
e posto fra gli nomini famosi per libe- detto che l'aura laggiù era fosca, v. 104,
ralità in Conv. IV, 11. Fiorì nella a metà ed essendo ciò che qui descrive cosa stra-
del sec. xn e fu come dice l'antica bio- na ed incredibile, il Poeta dice Io vidi :

grafia provenzale «buon cavaliere e buon certo, per acquistar fede al suo racconto,
guerriero e buon donneatore, e buon tro- come se volesse dire Non mi par ce sol- :

vatore, e savio ed eloquente; e seppe tanto di vedere; vidi per davvero.


trattare di male e di bene. Istigò En- 119. sì come: nello stesso modo, colla
rico, dal corto mantello, il re giovane, medesima sicurezza di passo degìi altri
primogenito di Enrico II, re d' Inghil- che avevano la testa sul busto.
terra, a ribellarsi al padre. Morto il re 122. pésol sospeso, pendulo, come,
:

giovane nel 1183, Enrico assediò Ber- camminando al buio, altri porta, tenen-
trando a Hautefort; ma poi, presolo, gli dola innanzi a sé, una lanterna per ri-
restituì castello e dominio. Bertr. se- schiararsi la via.
minò anche altre discordie, e sul finir 123. quel il capo tronco. - oh me
: :

de' suoi giorni si fé' monaco. Cfr. Sche- ohimè ; rima composta come già in Inf.
rillo,B. dal B., Roma, 1897, e Crescini, VII, 28, e come altrove.
o. e, 44-48 e 61. 124. Di sé: propriamente d'una par-
112. stuolo schiera dei dannati.
: te di sé, del capo. - lucerna « cogli oc- :

114. sauza più prova: cioè senz'averne chi del capo, il quale egli aveva in ma-
e poterne addurre altra prova e que-
; no, guidava i suoi proprii passi »; Tom.
st'altra prova consiste qui nell'avere il 125. due erano due, il capo essendo
:

P. vista la cosa co' suoi occhi, -solo avv. : diviso dal busto ma era pure uno solo, ;

solamente; non ardirebbe di solamente poiché le parti separate vivevano una uni -

raccontarla, se non avesse la prova te- ca vita come se fossero congiunte. Un solo
sté detta. individuo, vivo emoventesi, in due par-
115. coscienza mi assicura: sapendosi ti separate: ecco la novità prodigiosa.
CERC. 8. BOLG. 9] INF. XXVIII. 126-1 12 [BERTE. D. BORNIO] 257

coni' esser può, quei sa che sì governa.


127 Quando diritto al pie del ponte fue,
levò '1 braccio alto con tutta la testa,
per appressarne le parole sue,
130 che furo : « Or vedi la pena molesta
tu che, spirando, vai veggendo i morti:

vedi alcuna è grande come questa


s' !

133 E perchè tu di me novella porti,


sappi ch'io son Bertram dal Bornio, quelli
che diedi al re giovane i ma' conforti.
13G Io feci il padre e il figlio in sé ribelli :

Achitòfel non fé' più d'Absalone


e di David
malvagi punzelli. co'
139 Perch' io partii così giunte persone
partito porto il mio cerebro - lasso - !

dal suo principio, eh' è in questo troncone :

142 così s' osserva in me lo contrapasso. »

126. quei ecc.: Dio che usa siffatto nome proprio, si mutò già forse nelle
trattamento. prime copie del poema, giovane nel so-
127. diritto avv,.; precisamente, pro-
: migliantissimo Giovanili, ch'era pur il

prio a pie del ponte cfr. Inf. XVIII, 4. ;


nome d' un altro figlio del re d' Inghil-
128. tutta riempitivo, come JBocc.,
: terra. Moore, Crit., 344-51. Vernon, Rea-
Dee. X, 9 « Il letto con tutto messer
: dings on the Inf. II, 475 sg. - ma' con-
Torello fu tolto Ada. » forti: mali, cattivi suggerimenti, affin-
131. spirando respirando, cioè ancor
: chè si ribellasse al proprio padre.
vivo; cfr. Inf. XXIII, 88. Purg. V, 81; 136. feci: « fes mesci ar lo paire e '1
XIII, 132. fìlli de Englaterra » scrive un biografo ;

132. vedi: «0 vos omnes, qui transitis provenzale; Crescini, o. e, 62. -in se:
per viam, attendite, et videte si est do- fra \oto. - ribelli: nemici.
lor sicut dolor meus » Lament. Jer. I, ; 137. Achitòfel: (= fratello della stol-
12 cfr. Vita Nova, VII, son. 2°.
;
tizia),da Gilo nelle regioni meridionali
133. porti su nel mondo.
: della tribù di Giuda, onde è detto il Gì-
135. giovane: tutti, si può dire, i co- lonita, famoso consigliere di David, re
dici e i più dei comm. antichi leggono d'Israele, favorì la ribellione di Absa-
Giovanili ma non tra Giovanni, quarto
; lone, cui dette consiglio di uccidere
il

cfr. II Reg. XV, 12


1
genito, e il padre Enrico II d Inghil- Davide, suo padre ;

i'urono le discordie cui qui si al- sg.; XVI, 15 sg.; XVII, 1 Rgg.
lude, ma tra il primogenito Enrico, det- 138. punzelli: o pungelli, vale stimoli,
to dal corto mantello', e solitamente
'
consigli. Achitòfel non seminò co' 'mal-
iato come il re giovane, avendolo vagi punzelli tra padre e figlio discor-
'

il padre associato nel regno (cfr. Xov. dia peggiore di quella che tra padre e
A uTiche XXIII), e così chiamato da Ber- figlio seminai io coi ma' conforti '. '

1
stesso nelle sue poesie, ben note 139. partii divisi. - giunte congiunte.
: :

a Dante. Il quale perciò dovè scrivere 140. cerebro lat. cerebrum, cervello.
:

trovane; ma sonando male a lettori e 141. principio: dal midollo spinalo, di


copisti,con siffatta lezione, l'endecasil- cui il cervello è creduto (da Aristotele
labo (che certo non ha un'accentazione e da molti altri anche poi) essere ri-
regolare, ma è ammissibilissimo e dà gonfiamento e aver origine da esso. -
puro buon suono, se pronunziato con lo troncone corpo tronco del capo.
:

pause), e insieme sembrando ne- 142. contrapasso lat. contrapati: con :

cessario accanto all' appellativo re un questa jmrola si accenna alla legge pe-

17. - Div. Comm.. 8 a ediz.


258 [CERC. 8. BOLO. 9] INF. XXIX. 1-5 [AMMONIZIONI J

naie vigente In ini', dantesco,


tutto V soffrire, È concetto biblico (Esod. XXI
per lu quale la natura di ogni
forma e 24. Levit. XXIV, 20. Dmter. XIX. 21.
pena è analoga alla forma e natnra della Matt. VII. 2), e nel M. E. Cu di solito
respetti va colpa, e pio precisamente co- rigidamente applicato, quantunque
me qui. La pena consiste nel soffrire (pati) Hii Cristo non lo approvasse: cfr. Matt.

quel ohe con la colpa s'è fatto ad altri V, 38-43.

CANTO VENTESIMONONO
CERCHIO OTTAVO
BOLGIA NONA: SEMINATORI DI DISCORDIE

gerì del bello

CERCHIO OTTAVO
BOLGIA DECIMA: FALSARI D' OGNI GENERE

1° FALSATORI DI METALLI
(Coperti di lebbra, puzzolenti, seduti per terra, si grattano ferocemente con
le unghie, e sono morsicati da altri spiriti)

GRIFFOLINO E CAPOCCHIO

La molta gente e le diverse piaghe


avean le luci mie sì inebriate ?

che dello stare a pianger eran vaghe ;

ma Virgilio mi disse « Che pur guate?:

perchè la vista tua pur si soffolge


V. 1-12. Ammonizione di Virgilio. 2. luci: occhi; cfr. Purg. XV, 84;
D., commosso fino alle lagrime, è
an- XXXI, 79, ecc. - inebriate
pregne di:

cora tutto intento a guardare giù nella lagrime per il dolore cagionato da quella
9 a bolgia, quando V., in tono paterna- vista miseranda. «Inebriabo te lacryma
mente dolce e pacato, lo rimprovera, ma mea» Isaia XVI, 9. - «Ebrietate et do-
;

non già del sentir pietà come nella bol- lore repleberis»; Ezech. XXIII, 33. Cfr.
gia degl' indovini (XX, 22 sgg.), pei dan- Conv. IV, 27.
nati, sì dell'indugiarsi soverchiamente 4. Che: perchè. AL: Che cosa? -pur
in quel luogo. « Poco tempo » dice il guate: seguiti a guatare, a mirare con
maestro « abbiamo ancora a nostra di- tanta attenzione.
sposizione, e parecchie cose ci restano 5. si soffolge dal lat. suffulcire : s'ap-
:

ancor da vedere: andiamo adunque. » poggia, si posa; cfr. Par. XXIII, 130.
1 molta cfr. Inf. XXVIII, 7-21. -
: Al. derivano soffolge da subfulget, e in-
diverse: strane, inaudite. tendono sì risplende, ossia volge i suoi
'
[CERO. 8. BOLG. 9] INF. XXIX. 6-15 [AMMONIZIONE] 25^

laggiù tra 1' ombre triste smozzicate?


Tu non hai fatto sì all' altre bolge:
pensa, se tu annoverar le credi,
che miglia venti due la valle volge,
e già la luna è sotto i nostri piedi :

lo tempo è poco ornai che n'è concesso,


e altro è da veder che tu non vedi. »
13 « Se tu avessi » rispuos' io appresso
« atteso alla cagion per eh' io guardava,
forse m'avresti ancor lo star dimesso. »

raggi, il suo acume visivo '. Cfr. Parodi, mente narrata dagli antichi commenta-
Bull. Ili, 103 n.4e 155. tori: brutta ad ogni modo. Uccisore a
6. smozzicate mutilate in questa o
: tradimento, e dopo avere con una men-
quella parte della persona. zogna fatto posar l'arme ai suo avver-
7. non hai fatto sì: non hai mostrato sario, egli stesso è poi ucciso a Eucec-
sì vivo desiderio di fermarti ad osservare chio da un parente di questo che fami- :

lungamente. glia fossero, non è ben chiaro. E notisi !

8. se se tu pensi di contare
tu ecc. : Geri aveva ucciso, dicendo all'altro,
tutte le ombre di questa bolgia. Tale '
Messere, ecco la famiglia del Potestà,
ipotesi, a cui certo V. stesso non crede, riponete l'arme e 1' uccisore suo fa la
'
:

dobbiam supporla messa avanti da lui vendetta, essendo davvero ufficiale di


con un sorriso il maestro dissimula di
: Potestà e mostrando di cercargli arme
saper la vera ragione del fiso guardar addosso»; Del Lungo, Dal sec. e dal
di!)., e adducendone quella del noverar poema di Dante, p. 108. - « I del Bello
le ombre, immaginaria e impossibile, gli sono consorti di Dante, anzi suoi stretti
vien come a dire non esserci motivo plau- congiunti, perchè derivati da messer
sibile di indugiarsi tanto a guardare. Di- Bello giudice, figlio di Alighiero e fra-
fattiquando D. avrà esposta la sua ra- tello di Bellincione suo avo. Questa fa-
gione (v. 18 sgg.), V, (v. 22 sgg.) farà ca- miglia fu guelfa, e vien rammentata tra
pire che neppar quella ha per lui valore. quelle che ebbero atterrate le case nel
9. Tolge gira, ha un circuito di ven-
: 1260, dopo la disfatta di Montaperti.
tidue miglia; epperò grandissimo è il Geri del Bello, che i commentatori di
numero delle ombre che vi si aggirano. D. ci dipingono come gran seminatore di
10. e già: sono le ore l x /2pom. Cfr. divisioni, fu ucciso da uno dei Sacchetti
Agnelli, Topo-Cron., 109. -sotto: no'ple- [« per quendam Brodarium de Saccheitis
nilunii (cfr. Jnf. XX, 127) la luna è a sera de Florentia » Petr. Dant.] e la sua
;

siili' orizzonte, a mezzanotte nello zenit, violenta morte, non ancora vendicata,
il mezzodì seguente al nadir, cioè per quando D. finge di scendere all'Inferno,
l'appunto sotto i piedi di chi è posto nel lo fu più tardi da un nipote dell'ucciso,
mezzo della terra. che dell'onta era consorte. Quando Fi-
poco ornai: dovendo compiere il
11. renze si divise nelle fazioni Bianca e
viaggio per l' Inferno in 24 ore, quindi Nera, i del Bello aderirono alla prima:
uscirne la sera di questo stesso giorno laonde furono costretti ad abbandonare
(cfr. Inf. XXXIV, 68), gli rimanevano la patria. Il loro esilio durava tuttavia
circa 5 ore per arrivare al fondo. nel 1311, quando fu confermato per sem-
V. 13-39. Geri del Bello. D. si scusa pre nella famosa riforma degli Ordinam.
a V. dell'indugio, dicendo di aver guar- di giustizia, fatta per opera di Baldo
dato tanto attentamente giù nella bol- d'Aguglione. Era allora questa casa rap-
gia, perchè crede che in essa ci sia un presentata da Lapo e dagli altri figli di
suo parente. V. gli risponde che questo inesser Cione, nei quali probabilmente
suo parente è già passato oltre sotto il rimase estinta »; Vernon, In/., voi. II,
ponte, e che lo udì nominare Geri del p. 225. Tra i Sacchetti e gli Alighieri fu
Bello. Questi fu figlio di Bello, che fu fatta pace nel 1342 Bull. II, 65-70.
:

fratello di Bellincione, nonno di Dante. 15. dimesso: dal lat. dimittere: per-
« La storia di Gerì del Bello è varia- messo di fermarmi ancora un poco.
260 [CERO. 9] TXF. XXIX. 1 [GERÌ DEL BELLO]

16 Parte sen già, ed lo retro gli andava,


lo duca, già faccendo la risposta.

e soggiugnendo : « Dentro a quella cai


L9 dov' teneva or ,^li ocelli sì a pò
io

ciedo eh un spirto del mio sangue pianga


7

la colpa ohe laggiù cotanto costa ».

Allor disse '1 maestro: « Non si franga


lo tuo pensier da (ini innanzi sovr' elio :

attendi ad altro, ed ei là si rimanga;


ch'io vidi lui a piò del ponticello
mostrarti e minacciar forte col dito,
ed udi'-l nominar Geri del Bello.
28 Tu eri allor sì del tutto impedito
sovra colui clic già tenne Altaforte,
che non guardasti in là ; sì fu partito. »
31 « duca mio, la violenta morte
che non gli è vendicata ancor » diss' io
« per alcun che dell' onta sia consorte,
34 fece lui disdegnoso on<T el sen gìo, ;

senza parlarmi, sì coni' io estimo :

16-18. Parte ecc.: parte vale intanto, tri intese, non bene, che sogg. di fu par-
'

come in Purg. XXI, 19. Costr. e inten- tito '


sianon Geri, ma Bertram dal Bor-
di: Intanto loduca se ne andava, ed nio ; mentre qui è chiaro che V. accenna
io loseguiva facendogli già la risposta all'essersi Geri allontanato, per meglio
[che è contenuta nei vv. 13-15] e sog- persuadere.!), eh' è del tutto inutile io
giungendo. Costrutto assai contorto. - scrutare cli'ei fa laggiù per vederlo.
cava: fossa, bolgia. 32. vendicata « cum omnes homines
:

19. a posta: appostati, affissati. naturaliter tendant ad vindictam, Fio-


21. colpa: del suscitar discordie e di- rentini maxime ad hoc sunt ardentissimi
visioni. et publice et privatim » Benv. Pietro ;

non si franga lo tuo p. ecc.: il tuo


22-23. eli Dante nel suo commento (cod. Laur.

pensiero non rompa il corso suo per fer- Ashb. 841) afferma che la vendetta fu
marsi ancora su di lui. Altri intendono: comxn uta, che i « nepotes dicti Gerii in
non si commuova o intenerisca per lui. eius ultione quemdam de dictis Saechet-
Altri pensano che si parli del pensiero tis [cfr. la n. 13-39] occiderunt ».
come della luco che si rinfrange o ri- 33. per ecc.: da alcuno che, come pa-
flette sulle cose. Il senso sostanziale è rente, è partecipe dell'ingiuria. La ven-
ad ogni modo uno solo: cessa di pen- detta privata, permessa dalla legge mo-
sare a lui. - « Non te frangat ista res »; laica (cfr. Num. XXXV, 19 sg. II Reg.
II Reg. XI, 25. XIV, 5 sg.) era ai tempi di Dante un
20. mostrarti ecc. additarti con ge-
: diritto legalmente riconosciuto, e si ri te-

sto minaccioso. neva dovere d'onore di tutti iconsaguinei


27. udi'-l : udiilo, cioè lo udii. dell'offeso. Bruii. Latini, Tesoret., 18:
28-29. del tutto impedito ecc. tutto : « Lenta o ratta, Sia la vendetta fatta ».
occupato nell' osservare ed ascoltare il Cfr. Santini, Sulla vendetta privata in
signore di Hautefort, o Altaforte, Ber- Arch.stor.ital., IV serie, XVIII, 102 sgg.
trand dal Bornio. 34-35. fece lui disdegnoso ecc.: si sde-
00. in là verso il luogo ove Gerì pas-
: gna Geri rivedendo uno di coloro che
sava. - fu partito: Geri si allontanò. Al- ancora non avevano adempiuto il do-
[CERC. 8. BOLG. 10] INF. XXIX. 36-49 [falsatori] 261

ed in ciò ni' ha el fatto a sé più pio. »


Così parlammo infine al luogo primo,
cho dello scoglio 1' altra valle mostra,
se più lume vi fosse, tutto ad imo.
Quando noi fummo in su V ultima chiostra
di Malebolge, sì che i suoi conversi
potean parere alla veduta nostra,
43 lamenti saettaron me diversi,
che di pietà ferrati avean gli strali ;
ond' io gli orecchi con le man copersi.
w Qual dolor fora, se degli spedali
di Valdichiana, tra il luglio e '1settembre,
e di Maremma e di Sardigna i mali
fossero in una fossa tutti insembre ;

vere di vendicarlo; e, additato quell'uno 42. parere: apparire.


con gesto minaccioso ai compagni di 43. saettaron me: mi colpirono le orec-
pena, si allontana, senza pur aspettare chie e il cuore. - diversi strani, nuovi. :

che quei possa badare a lui, non volendo 44. di pietà ecc. gli strali, con che
:

nel suo disdegno rivolgergli la parola: i lamenti colpivano D. « in luogo di


cosi crede D. di dover spiegare (com'io punta, la qual [nelle freccie] suol esser
estimo) il contegno del suo congiunto. di ferro, avevano la pietà » Ges., sicché ;

30. m'ha el fatto: mi ha egli fatto. Il D., ferito da essi, era ferito o tocco da
ciò devesi riferire alla cosa ultima detta, pietà.
cioè al contegno di Gerì epperò il senso
;
45. copersi : all' udire que' lamenti stra-
è allontanandosi disdegnoso senza dir-
:
zianti si tura le orecchie con movimento
mi parola, ha fatto sì eh' io senta più istintivo.
compassione di lui, sapendolo e tormen- 46-50. dolor: duolo, la causa dei la-
tato come gli altri seminatori di scan- menti. - fora: sarebbe; cfr. Nannuc,
dali, ed anche crucciato per non essere Terbi, 475 sg. Il dolore quivi raccolto
stato ancora vendicato da alcuno del suo era tale, quale sarebbe, se in un sol
parentado. Cfr. Bull. Vili, 84 sg. luogo fossero riuniti tutti quanti i morbi
37-39. parlammo ecc. andammo par-
: che infestano nell' estate le regioni pa-
lando fino a quel luogo che. primo, dallo ludose della Valdichiana, della Maremma
8coglio lascerebbe vedere e vi fosse e della Sardegna. A
questo paragone cfr.
taaggior lume, sino al fondo (tutto ad quello à'Inf. XXVIII, 7 sgg. - Yaldi-
imo) la 10 a bolgia (l'altra valle). chiana: la valle della Chiana, tra Arez-
V. 40-51. la decima bolgia. Come zo, Cortona, Chiusi e Montepulciano,
sono sul x>oute della 10 a bolgia, D. ode ai tempi di D. era paludosa e malsana.
salir di laggiù strani, pietosissimi la- « Iuxta autem vallem istam erat ilio
menti, come di molti e gravi malati, e tempore h ospitale de Altopassu, ubi so-
sente insieme un puzzo insoffribile. Lag- lebant esse multi pauperes infirmantes,
giù sono tormentati i falsatori di cose, et per consequens magnus dolor » Benv ;

di persone, di monete e di parole, ogni Cfr. Pass., 298 sgg. - Maremma : la Ma


schiera in un modo
particolare, che cor- remma toscana Inf. XIII, 7 sgg.
(cfr.
risponde alla specie del peccato. XXV, 19. Purg. V, 134), regione assai
40. chiostra: luogo chiuso. Tali erano insalubre per la malaria. - Sardigna
le bolgie chiuse tra gli argini tali tutti ; Sardegna « isola molto inferma, come
i cerchi infernali, Purg. VII, 21. sa ciascuno che v'è stato»; Buti.
41. conversi claustrali senza l'ordine
: 49. insembre: insieme; prov. e frane.
sacerdotale, laici. Chiama così i dannati ensemble, sicil. insembli (lat. in simut) :

della bolgia, per aver detta la bolgia anticamente usato anche fuor di rima.
chiostra, che vale anche monastero. Cfr. Parodi, Bull. Ili, 134 sg.
262 [CERO. 8. BOLG. 10] [NF. XXIX. 50-6f> [VALSATOKI \)\ MBTALlJi

tal era <|uivi ; e tal pazzo n' usciva,


qua! suol venir delle marcite membre.
52 Noi discendemmo in su l'ultima riva
del luugo scoglio, pur da man sinistra;
e allor fu la mia vista più viva
55 giù vèr lo fondo, là 've la ministra
dell'alto sire, infallibil Giustizia,
punisce i falsador che qui registra.
5S Non credo eh' a veder maggior tristizia
Egina il popol tutto infermo,
fosse in
quando fu 1' aere sì pien di malizia,
61 che gli animali, infino al picciol vermo,
cascaron tutti - e poi le genti antiche,
secondo che i poeti hanno per fermo,
(34
si ristorar di seme di formiche -
;

eh' era a veder per quella oscura valle


languir li spirti per diverse biche.

51. delle: dalle. - membre: membra. cia, pregò Giove di ridonare all'isola
Così anche in Purg. VI, 147 e altri neu- ; tanti abitanti, quante formiche vedeva
tri pi. in -e sono vestige per vestigia, Par. a' suoi piedi. Giove lo esaudì, ed i nuovi
XXXI, 81, e calcagne per calcagna Purg. abitanti dell' isola furono denominati, da
XII, 21 e XIX, 61 (Bull. Ili, 122). myrmex, nome greco di formica, Myr-
V. 52-72. Falsatori di metalli e loro midones. Di. questa leggenda tocca D.
pena. La la classe è dei falsari in cose, anche nel Conv. IV, 27 con frasi uguali
in metalli (alchimisti), ricoperti di leb- o simili a talune di quelle ch'egli usa qui.
bra o di scabbia, o paralitici, e gia- 60. l'aere « Letiferis calidi spirarunt
:

centi per terra o camminanti carpone. flatibu8 Austri »; Ovid., 1. e, 532. -


52 discendemmo: per poter ben di- malizia: germi, mali pestilenziali; cfr.
scernere il fondo della bolgia. - riva: Ovid., ibid., 548.
argine questo è l'ultimo, perchè confina
: 61. animali: cfr. Ovid., ibid., 536 sg.
col profondo pozzo, Inf. XVIII, 5, dove - vermo dei vermi Ov. non fa menzione.
:

lo scoglio finisce. morti cfr. Inf. XXXIII,


62. cascaron : ;

54. viva : Purg. XXIV, 70.


chiara ; cfr. 71. « canum primo volucrumque
Strage
56. sire: signore, Dio; cfr. Purg. XV, oviumque boumque Inque feris subiti
112 XIX, 125. Par. XIII, 54 ecc.
; deprensa potentia morbi est»; Ovid., 1.
57. qui: in questo mondo. - registra: e, 536 sg. -genti: cfr. Ovid., 552 sg. -
nei libri delle colpe cfr. Daniele VII, 10.
; antiche così chiama anche Ov. gli abi-
:

Apocal. XX, 12. e Par. XIX, 113 sg. tanti di Egina morti di peste, e recenti
58. Non credo ecc. : costr. : Non credo quelli novellamente creati, ibid. 652 sg.
che a vedere in Egina il popolo tutto in- 63. i poeti: Ovidio non fu il solo a
formo.. fosse maggiore tristizia di quella
. . raccontare questa favola ma D. qui non ;

ch'era a veder ecc. La similitudine è tolta attinse ad altri che ad Ovidio, abbrevian-
da Ovid. Met. VII, 523-660. do e condensando sapientemente l'am-
59. Egina: isoletta vicina ad Atene. plissima descrizione del poeta latino.
La favola è questa: Giunone, adirata 64. si ristorar : si rinnovarono, rinac-
perchè la ninfa Egina (che diede il nome quero; Ovid., ibid., 654 sgg.
cfr.
all'isola) erasi lasciata amare da Giove, 66. languir: cfr. Ovid., ibid., 547. -di-
mandò nell' isola la peste, che fece mo- verse biche: quattro classi o gruppi. -
rireprima gli animali, quindi gli uomini. Piche sono propr. i covoni del grano qui ;

Eaco, figlio di Egina e signore dell'isola, per gruppi di languenti '. « Omnia lan-
'

rimasto solo vivo, assiso sotto una quer- guor habet; silvisque agrisque viisque
[CERO. 8. BOLG. 10] Tnf. xxix. 67-80 [GRIFFOLINO] 263

67 Qual sovra il ventre e qual sovra le spalle


P un dell' altro giacea, e qual carpone
trasmutava per lo tristo calle.
si

Passo passo andavani san za sermone


guardando ed ascoltando gli ammalati,
che nou potean levar le lor persone.
Io vidi due sedere a sé poggiati
com' a scaldar si poggia tegghia a tegghia,
dal capo al pie di schianze macolati )

70 e non vidi giammai menare stregghia


da ragazzo aspettato dal signorso,
né da colui che mal volentier vegghia,
come ciascun menava spesso il morso
dell' unghie sovra sé per la gran rabbia

Corpora foeda i acent » ; Ovid., ibid., de' Paterini di certi peccati contro a
547 8g. Fede ». Secondo Iac. Dani. « riputan-
67. Qual ecc. : gli alchimisti, tutti leb- dosi il detto Alberto da lui ingannato,
brosi o scabbiosi o paralitici, sono distesi a un certo inquisitore de' Paterini in
col ventre a terra (cfr. Ovid., Ifet. VII, Firenze ardere lo fece, il quale inquisi-
559), o addossati l'uno alle spalle del- tore padre del detto Alberto certamente
l' nitro, o camminano carponi. da molti era tenuto. » Che il fatto suc-
69. si trasmutava: si trascinava qua cedesse al tempo di Bonfiglio, vescovo
e là: cfr. Ovid., ibid., 574. di SienartJal 1216 al 1252, come s' ò detto,
Passo passo ecc. noi andavamo
70-72. : non può essere, perchè Griffolino nel 1259
lenti e tacitisu per 1' argine, guardando era ascritto alla matricola dei Toschi in
e ascoltando i peccatori di laggiù, i qua- Bologna. Nel 1272 era già morto. Di Al-
li, oppressi da sì gravi morbi, non pote- bero si hanno notizie fino al 1294. Cfr.
vano levarsi ritti. Giorn. st. della lett. ital., LXIV, 20 sg.
V. 73-120. Griffolino d'Arezzo. D. 73. a sé: l'uno a ridosso dell'altro.
vede due dannati seduti l' uno contro le 74. tegghia: teglia, due teglie sul for-
spalle dell' altro, da capo a pie coperti di nello si sostengono l' una 1' altra.
schianze e che si grattan la scabbia con 75. di schianze maculati: macchiati
le unghie. V. chiede loro se vi sia alcun dalle croste, dette schianze (cfr. Vocab.),
italiano laggiù. Sono italiani ambedue. che sulla pelle forma la scabbia.
Il primo che si manifesta, è Griffolino 76. stregghia: striglia.
d'Arezzo, il quale racconta le sue colpe. 77. ragazzo fu usato particolarmente
:

« Iste Aretinus vocabatur Bai, magnus per mozzo di stalla '. - signorso: signo-
'

et subtilissimusarchimista, qui vero re suo, forma simile ad altre, come frd-


dum esset domesticus cuiusdam filii epi- telmo, móglieta, sórema ecc., in cui il
scopi Senensis, qui vocabatur Albertus, possessivo è usato come enclitica, e che
dixit dicto Alberto: Ego scirem volare, si trovano nell'uso antico e vivon tut-
si vellem. Ille autem Albertus ex facili- tora nell'Italia meridionale e in parte
tate sua hoc credens, rogavit dictum de della centrale; cfr. Parodi, Bull. Ili, 123.
Aretio ut doceret ipsum volare et cura ; 78. vegghia: veglia; mena la striglia
non potuisset hoc facere, accusavit eum addosso al cavallo con furia, sia per scac-
episcopo Senensi patri suo ex quo dic- ; ciare il sonno, sia per terminare presto
tus Bai combustus fnit » Bambgl. Se- ; il suo lavoro e andarsene a letto.
condo altri, e meglio, Albero non fu figlio 79. morso: « quasi i denti dell' unghie,
del vescovo, ma questi l'ebbe per figlio, cioè l' acuta e trinciante loro punta » ;

cioè caro come un figlio. ~L'An. Sei. dice Lomb.


che Griffolino « molto falsò le monete », 80. rabbia del pizzicor : pungentissimo
e che Albero lo accusò « a l' inquisitore e rabbioso prurito della scabbia.
261 [CK <>m ;
. LO] Ini '. XXIX, M-100 [GRIFB'OLINiq

del pizzicor che non ha più soccorso ;

to e sì braevan giù 1' unghie la scabbia,


come coltel di scardo va le scaglie
<!' altro pesce che più larghe 1
?
abbia.
85 « tu che con le dita
dismaglie » ti

cominciò il duca mio all' un di loro,


« e che fai (V esse talvolta tanaglie,
88 dinne s' alcun latino è tra costoro
che son quinc entro, se 1' unghia ti basti 7

eternalmente a cotesto lavoro. »


91 « Latin sem noi, che tu vedi sì guasti
qui ambedue » rispuose 1' un piangendo ;

« ma tu chi se' che di noi domandasti » , *?

91 E '1 duca disse « I' son un che discendo :

con questo vivo giù di balzo in balzo,


e di mostrar lo 'nferno a lui intendo. »
97 Allor si ruppe lo comun rincalzo -,

e tremando ciascuno a me si volse


con altri che 1' udiron di rimbalzo.
100 Lo buon maestro a me tutto s' accolse,
81. più soccorso: altro sollievo, che dei due visitatori è ancor vivo, forte-
quello del grattarsi con le unghie. mente maravigliati si scostano e si vol-
82-84. e sì ecc. le unghie traevano giù
: gono a D. - tremando « quia non pote-:

le schianze della scabbia, come coltello di rat unus se substinere sine adhassione
cuoco leva, raschiando, le squame della alterili s socii » (Benv.), ed anche per lo
scardo va o d'altro pesce che l'abbia ancor sbigottimento che li coglie alla subita
più larghe; cfr. S'orai., J^pis^.I, xn, 12 sg. vista di un vivente (Torraca) né forse ;

- scàrdoTa pesce d'acqua dolce con mol-


: senza allusione sia a ciò che asseriscono
te scaglie, il Gyprinus latus di Linneo. Avicenna ed altri, che gli alchimisti
85. ti dismaglie: ti dismagli, scrosti trattando il mercurio e altre simili so-
colle unghie. Dismagliare è propriamen- stanze divenivano tremanti per paralisi
te liberare o spogliar della maglia e per ; (Tommaseo), sia (Buti) alla paura che
questi dannati le schianze della scabbia hanno gli alchimisti di essere scoperti,
formano come una maglia che li veste, 99. di rimbalzo si suole spiegare
:

e da cui, grattando, cercano liberarsi. per ripercussione, indirettamente', non


'

87. fai: ti servi delle dita come di ta- avendo V. parlato ad essi; ma in antico
naglie, per afferrare e staccare le croste. questa locuz. avv. significò per caso. '
'

88. latino : italiano ; cfr. Inf. XXII, « Dio hae provedenza, che provede a
65; XXVII, 27, 33. tutte le cose, e non vegnono a lui di
89-90. quinc' entro dentro la bolgia; : rimbalzo, come a noi »; Fra Giord.,
cfr. Inf. X, -se l'unghia: se (è il solito
17. Pred., ed. Manni, 217. «Pensate voi
se ottativo) l'unghia ti duri (in tale senso forse che [il fatto del vino alle nozze di
fu ed è in Toscana usato il verbo ba- '
Gana] fosse opera d' abbattimento ? che
stare ') in eterno a grattarti, senza mai sì avvenisse di rimbalzo? Iso.... tutto fu
smussarsi. ordine e disposizione divina » id. Pred. ; ,

94. son un cfr. Inf. XXVIII, 46 sgg.


: ed. Narducci, 190. E per caso è senso' '

95. balzo: cerchio. convenientissimo al verso dantesco.


97-98. commi rincalzo vicendevole ap- : 100-102. a me ecc. si accostò tutto
:

poggio; I due stavano appoggiati l' uno premuroso a me, per invitarmi a par-
ali altro, v. 73 ma, all' udire che l' uno
; lare liberamente e subito. - Tolse volle. :
[CEKC. 8. BOLO. 10] INF. XXIX. 101-123 [GRIFFOLINO] 265

dicendo : « Di' a lor ciò clie tu vuoli » ;

e io incominciai, poscia eh' ei volse :

103 « Se la vostra memoria non s' imboli


nel primo mondo dall' umane menti,
ma s' ella viva sotto molti soli,
100 ditemi chi voi siete e di che genti :

la vostra sconcia e fastidiosa pena


di palesarvi a me non vi spaventi ».
109 « Io fui d'Arezzo, ed Albero da Siena »
rispose l' un « mi fé' mettere al fuoco ;

ma quel per eh' io mori', qui non mi mena.


ir. Ver è ch'io dissi a lui, parlando a gioco:
'
Io mi saprei levar per l'aere a volo ';.

e quei, che avea vaghezza e senno poco,


115 volle eh' io gli mostrassi 1' arte ) e solo
pèrch' io noi feci Dedalo, mi fece
ardere a tal che l' avea per figliuolo.
118 Ma nell' ultima bolgia delle diece
me per l'alchimia che nel mondo usai r
dannò Minòs, a cui fallar non lece. »
121 E io dissi al poeta : « Or fu giammai
gente sì vana come la sanese ?
Certo non la francesca sì d'assai. »

103. imboli: involi. Il se è ottativo. 117. a tal ecc. : da tale, cioè a quanto
104. nel primo mondo in terra, dove : dice il JBambgl. (cfr. n. 73-120), dal ve-
l'uomo vive la sua prima vita. scovo di Siena.
105. sotto molti soli per molti anni :
;
119. alchimia: arte d' estrarre l'oro:
cir. Inf. VI, 68. dall'arabo al-Kimià. Qui intende del-
106. di che gentidi quali cittadinanze,
: l'alchimia illecita, che falsa i metalli;
o popolo d'Italia; cfr. v. 91. cfr. Thom. Aq., Sum. theol. IJ, 2, 77 e
107-108. sconcia e fastidiosa: tale è a l'introd. del Lari, a questo canto.
vedere la scabbia; e l'essere così nau- 120. fallar non lece: Minosse, giudi-
seabonda, umiliante la pena può rendere cando e condannando, non può fallare,
i dannati riluttanti a farsi conoscere. - come fallò chi mi condannò quale eretico.
spaventi : distolga : cfr. il lat. deterrere. V. 121-132. Tallita dei Sanesi. Il
109. Albero: o Alberto: cfr. n. 73-120. ricordo della fatuità d'Albero da Siena
111. quel ecc.: non sono dannato per induce D. ad un'invettiva contro la va-
la colpa d'eresia che mi fu imputata e nità dei Sanesi, maggiore della stessa
per la quale fui arso, ma per altra, cioè vanità francese. Capocchio lo seconda
per essere stato alchimista, v. 119. con amara ironia, nominando alcuni Sa-
112. a gioco « per sollazzo »
: Ott. ; nesi, famosi per la loro vanità.
114. vaghezza curiosità di cose nuove.
: 123. francesca : francese, cfr. Inf.
« Dicesi che quello Alberto era molto va- XXXII, 115. « Galli sunt genus vanis-
go di cotali truffe, e aveavi consumato simuni omnium ab antiquo, sicut patet
del suo, e però avea poco senno » Ott. ; ssepe apud Iulium Csesarem et hodie
115. l'arte: di volare. patet de facto »; Henri. - sì d'assai :

116. Dedalo: che sapeva volare; cfr. intendi: non è sì vana d'assai, cioè è
Inf. XVII, 109 sgg. molto meno vana (Bull. XXV, 57).
. XXIX. 121-132

L24 Onde l'altro Lebbroso, che m'infr


rtepuose ni detto mio: « Tra' mene Stricca,
che s»'j)])o far le temperate spese;
L27 e Niccolò, die la costuma ricca
del garofano prima discoperse
nell'orto dove tal seme s'appicca ;

130 e tra' ne la brigata in che disperse


caccia d'Ascian la vigna e la gran fronda,
e l'Abbagliato suo senno proferse.

124. l'altro: Capocchio, v. 136. mentatore afferma che la brigata n<>a


125. Tra' meno parlare
: ironico, come durò i>iù d: 20 mesi, poiché, consumali i
Inf. XXI, 41, - Stricca: probabilm. loro beni (avevano da principio riunii
Stricca di Giovanni de' Saliinbeni, po- 216000 fiorini), «cito devenerunt ad ino-
destà di Bologna nel 1276 e 1286 Se- ; piam, et facti simt fabula gentium».
condo altri, Stricca de' Tolomei o dei 131. Caccia degli Scialenghi, del ramo
:

Marescotti ofr. Borgognoni in Propu-


; deiCacciaconti. «Consuiupsitomnespos-
gnatore I, 97 sgg. 578-592, 645-664. « La- sessiones et alia bona in dieta brigata » •
sciollo il padre ricco e ogni cosa distrus- Bambgl. - fronda: allusione ai grandi
se in pazzie, e in sciocchezze cattive»: A n. boschi ch'erano nelle terre di lui.
Sei. - «Homo de curia»; Petr. Dant. 132. l'Abbagliato Bartolommeo del
:

126. temperate: continua l'ironia. Folcacchieri, multato nel 1278 perchè


127. Niccolò: secondo alcuni, de' Sa- trovato a bere in una taverna, ebbe ini
limbeni, fratello di Stricca; secondo altri, seguito uffici onorevoli in Siena e in al-
de' Bonsignori. «Fuit primus qui docuit tri luoghi della Toscana, o morì nel 13('0;
poni garofanos in saporibus » Bambgl. ;
cfr. Mazzi, Folcacchiero Folcacchieri, Fa
Lo stesso ripetono altri. « Aliqui dicunt, renze, 1878, 9 sg., 21 sgg. AL: abbagliato
quod iste Nicolaus faciebat famulum as- attributo del senno diCaccia; Z. F. 180 sg.; ,

sistentem mundare sibi gariofilum, sed - proferse mise fuori, dimostrò ironia.
: :

istud est vanius dicere, quani fuerit fa- V. 133-139. Capocchio. Dopo aver par-
cere. Alii dicunt quod faciebat poni ga- il dannato
lato della brigatasperidereccia,
rionlos in assatis sed ista non fuisset
; si nomina. È costui Capocchio da Siena,
nova inventio, nec expensa magna. Alii (o da Firenze, secondo Iac. Dant., Petr.
dicunt, quod faciebat assari phasianos Dant., ecc.), arso vivo a Siena nell' e-
et capones ad pruinas factas exgariofilis; state del 1293. « Questo Capocchio fu
et hoc credo veruni; quod ista fuit fiorentino, e molto falsò i metalli con
expensa maxima vanissima, novissime alchimia, e però fu arso in Siena; e aia
adinventa »; Benv. Nel 1311 Niccolò che intendia in arte magica » An. Sei. ;

de' Salimbeni era in Lombardia tra' - Fu conoscente dell' Auttore, et insie-


Grandi che facevan corona ad Arrigo me studiorono et fu uno che, a modo
;

di Lussemburgo cfr. Del Lungo, Di-


; d'uno uomo di corte, seppe contraffare
no Comp. II, 596 sgg. Bull. I, 31-35. ogni uomo che volea, et ogni cosa, tanto
129. nelP orto in Siena « vuol dire
: : eh' egli parea propriamente la cosa o
che i Senesi erano scialacquatori e go- l' uomo ch'egli contraffacea in ciascun

losi»; Torraca. atto; diessi nell'ultimo a contraffare i


130. brigata: detta godereccia o spen- metalli, come egli facea gli uomini » ;

dereccia, di 12 giovani Sanesi ricchis- An. Fior. - « Semel die quodam Yene-
simi, formatasi in Siena nella 2 a metà ris santicum staret solus abstractus in
del sec. xm coli' intento di vivere lieta- quodam claustro, effigiavit sibi totum
mente in conviti e feste. Cfr. D'Anco- processum passionis Domini in ungui-
na, Studi di crit. e stor. letter. 2 a ediz. bus mira artificiositate; et cum Dante»
p. 243 sgg. e Rocca, Lect. Dantis, pp. 33 superveniens quaereret: '
Quid est hoc
sgg. - disperse dissipò. « Habebat iste
: quod fecisti? ', iste subito cum lingua
pulcerrimam et prseclaram possessio- delevit quidquid cum tanto labore in-
nem, quam vendidit et consumpsit in genii fabricaverat. De quo Dantes mui-
ista brigata fatua»; Benv. Lo stesso com- tum arguit eum, ecc. » Benv. ;
[CERC. 8. bolg. 10] Inf. XXIX. 133-139 - XXX. 1-2 [atamanteJ 267

133 Ma perchè sappi chi sì ti seconda


contra i Sanesi, aguzza vèr ine l'occhio,
sì che la faccia mia ben ti risponda ;

136 sì vedrai eh' io son l'ombra di Capocchio


che falsai li metalli con alchimia ;

e te dee ricordar, se ben t'adocchio,


139 com'io fui di natura buona scimia. »

133-135. ti seconda: ti tien bordone.


- ganna e tu sei veramente colui che mi
aguzza ecc.: guardami attentamente, sì sembri. D. lo aveva dunque conosciuto
ohe il mio volto, da te riconosciuto, ri- personalmente come © quando, ignoria-
;

sponda anch'esso alla dimanda che tu mo, -scimia contraffattore. « Subtilis et


:

m'hai fatta, v. 106. universalis magister sicut est scimia, quo


138-139. se ben : se l' occhio non m' in- facere gestit quod facere vidit»; Bambgl.

CANTO TRENTESIMO
CERCHIO OTTAVO
BOLGIA DECIMA: FALSARI D'OGNI GENERE

2° FALSATORI DI PERSONE
(Corrono disperati e rabbiosi, mordendo gli altri)

GIANNI SCHICCHI, MIRRA

3° FALSATORI DI MONETE
(Affetti da idropisia, sono tormentati da sete continua)
MAESTRO ADAMO, CONTI DI ROMENA
4° FALSATORI DI PAROLE
(Sono consumati da continua acuta febbre)
LA MOGLIE DI PUTIFARRE, SINONE DA TROIA

Nel tempo che Junone era crucciata


per Semelè contra '1 sangue tebano,

Y. 1-21. Atamante furioso. Ter dare Melicerta, da uno scoglio giù nel mare
un' idea del furore pazzo dei falsatori di (Ovid., Met. IY, 416-562). Il 2° è il fatto
persone, D. ricorre a fatti mitologici. Il di Ecuba, moglie di Priamo re di Troia,
1° è di Atamante, re di Tebe, che, im- che, fatta schiava dai Greci, dopo aver
pazzito per opera di Giunone, fece ten- veduto uccidere la figlia Polissena sulla
dere le reti per prendere la moglie Ino tomba di Achille e trovato il cadavere
e i due figlioletti, parsi a lui una leonessa del figlio Polidoro sul lido della Tracia,
coi leoncini; poi, afferrato il figlio Lear- impazzì e fu mutata in cagna (Ovid.,
co, lo sbatto contro un sasso ; onde Ino, Met. XIII, 399-575).
disperata, si precipitò coli' altro, figlio, 2. Semelè figlia di Cadmo, primo re
:
268 [CERO. 8. BOLG. 10] IlS . 3-21 [ecuba]

coinè mostrò una, ed altra fiata,


Atamari te divenne tanto insano,
clie, veggendo la moglie con due figli

andar carcata da ciascuna mano,


gridò: « Tendiam le reti, sì eli' io pigli
la leonessa e i leoncini al varco »;
e poi distese i dispietati artigli,
10 prendendo l'un ch'avea nome Learco,
e rotollo, e percosselo ad un sasso;
e quella s'annegò con l'altro carco.
L3 E quando la Fortuna volse in basso
l'altezza de' Troian che tutto ardiva,
che insieme col regno il re fu casso,

16 Ecuba, trista, misera e cattiva,
poscia che vide Polissena morta,
e del suo Polidoro in su la riva
\'J
del mar si fu la dolorosa accorta,
forsennata latrò sì come cane;
tanto il dolor le fé' la mente torta.

di Tebe, amata da Giove (Ovid., Met. che scelleratezze, come lo spergiuro di


Ili, 253-315). Scriviamo Semelè, quan- Laomedonte e il ratto di Elena.
tunque, come osserva il Betti, « il verso 15. insieme: «Troia simul Priamus-
corra egregiamente con Sémele », perchè que cadunt » Ovid., Met. XIII, 404.
;

1' uso medievale era di accentare le pa- - re Priamo. - casso spento, ucciso.
: :

role straniere sull'ultima. Giovanni da «ISullum cum victis certamen et ìethere


Genova (1286) scriveva: « Oinnis bar- cassis»; Virg., Aen. XI, 104.
bara vox, non declinata latine, Accen- 16. cattiva: prigioniera dei Greci. « Tut-
tuili supqr extremam servabit acutum »; ti tre epiteti convenientiad esprimere e
Bull. Ili, 106. - sangue: stirpe, pro- il dolore e l'infelicità resa più grave

genie. dalla cattività, in cui Ecuba veniva con-


3. una ed altra fiata: più volte. In- dotta»; L. Vent., Simil. 581.
gannò Semole, per farla uccidere dallo 20. latrò: «rictuque in verba parato
splendore di Giove fece lacerar dai cani
; |
latravit conata loqui »; Ovid., Met.
Atteone, unico figlio d' una sorella di Se- XIII, 568 sg. D. parla solo del latrare
melè; ottenne che Agave, altra sorella e non della metamorfosi in cane e con ;

di Semelè, uccidesse il figlio, credendolo la scorta dei vv. di D. Guido da Pisa


una fiera; che Ino, sorella anch'essa di nella Fiorita, rubr. 137, scrive che « certo
Semelè, si gettasse nel mare, ecc. ella non doventò cane realmente, ma ar-
5. con due: Learco e Melicerta. rabbiò per dolore a modo di cane ».
6. carcata: conducendoli, l'uno a de- 21. le fe'torta ecc.: le travolse
stra, l'altro a sinistra; o portandoli in V. Falsatori di persone:
22-45.
collo; cfr. Ovid., Met. VII, 516 sg.: De Gianni Schicchi e Mirra. Più for-
ginn matris.... Learchum rapit. sennati e furibondi che non Atamante
9. artigli : le mani che egli adopra ed Ecuba, i falsatori della persona, cor-
come gli artigli lo sparviere. rono laggiù nella bolgia e si avventano
12. quella: Ino. - V altro: Melicerta; furibondi sui dannati, essi stessi falsati
cfr. Ovid., Met. IV, 522-530. in eterno, per aver nel mondo falsato
13. volse in basso: cfr. Inf. VII, 96. la propria e 1' altrui persona. D. vede
14. l'altezza potenza superba
: cfr. ; due di costoro correre smorti e nudi. E
Inf. I, 75. Purg. XII, 61-63. - tutto an- : l'uno assanna Capocchio sul nodo del
CBRC. 8. BOLG. 10] Inf. xxx. 22-32 [Gianni schicchi! 269

Ma uè Tebe furie né troiane


di
si vider mai in alcun tanto crude,

non punger bestie, non che membra umane,


quant'io vidi due ombre smorte e nude,
che mordendo correvan di quel modo,
che il porco, quando del porcil si schiude.
28 L' una giunse a Capocchio, ed in sul nodo
del collo l'assannò, sì che, tirando,
grattar gli fece il fondo sodo.
ventre al
E l'Aretin, che rimase tremando,
mi disse: « Quel folletto è Gianni Schicchi,
collo e lo fa cadere (è l'ombra di Gianni 31. l'Aretin: è Griffolino; Inf. XXIX,
Schicchi che falsò una persona per fal- 109. - tremando Inf. XXIX, 98.
:

sare un testamento) l' altra è l' ombra


; 32. folletto: propriamente nome di
di Mirra, figlia del re di Cipro. spiriti maligni, erranti per l'aria, e in-
25. due: Gianni Schicchi e Mirra. Al.: quietanti le abitazioni degli uomini. Qui
vidi in due; Secondo il Betti, «il quan- chiama per similitudine folletto l'om-
to del v. 25 è assolutamente, e deve es- bra trasvolante dello Schicchi. - Gianni
sere relativo del tanto delv. 23. Sicché Schicchi: fu questi uno dei Cavalcanti
avendo detto tanto crudo in alcuno, ra- di Firenze (già morto nel marzo 1280),
gion vuole che qui si dica quanto crude del quale si raccontava - come attestano
in due ombre. » Ma non è vero che la gli antichi commentatori - che, prega-
correlazione fra tanto e quanto esiga di tone da Simone Donati, si truccò in guisa
necessità la correlazione fra in alcun e da parere Buoso Donati infermo e mo-
un altro termine formato con in-, e se rente, quando il vero Buoso già era spi-
si consideri che furie, per le sue deter- rato e il cadavere n' era stato occultato
minazioni di Tebe e troiane e per ciò che (taluni dicono che Buoso da Simone e
si dice nel v. 24 non dev'essere nome Gianni era stato soffocato) e, così truc-
;

astratto, ma designar persone alle quali, cato, entrò nel letto del defunto e dettò
nel 2° termine della similitudine ben a un notaio un regolare testamento a
corrispondono le due ombre, si dovrà favore del detto Simone e di sé, asse-
convenire che la lez. vidi due è prefe- gnandosi, fra 1' altro, certa bellissima
ribile. Non si videro mai dice D. fu-
' ' '
e famosa cavalla, o mula, posseduta da
rie tebane o troiane tanto crude contro Buoso (la donna della torma del v. 43).
alcuno, - o pungessero {ferissero) bestie, Chi erano questi Simone e Buoso Do-
(»me credette fare Atamante, o persone, nati? Simone dev'essere il padre di Corso
come fece Ecuba che accecò Polinestore Donati, e figlio di Forese di Vinciguerra
uccisore di Polidoro - quanto crude io Donati : il qual Simone ebbe un fratello
vidi due ombre, ecc. '. di nome Buoso, morto con moglie e figli
20-27. di quel modo ecc.: come il maiale circa uno zio paterno, pur chia-
il 1285-, e
all'amato, cui sia aperto il porcile, si get- mato Buoso, già vedovo nel 1214, e, per
ta fuori assonnando ogni cosa che trova. quanto ò dato di argomentare dai docu-
28. L'una: Gianni Schicchi. - Capoc- menti, morto senza figli verso il mezzo
XXIX, 136.- nodo: vertebre
chio: cfr. Inf. del sec. xin. Questo secondo Buoso de-
cervicali,che uniscono il capo al busto. v' essere colui che dicesi falsificato dallo
29. l'assannò: «lo prese.... con le san - Schicchi ce ne persuadono le ragioni cro-
:

ne, stando no la similitudine del porco, nologiche e la considerazione che con


del quale le sanne sono » Veli. ; un uomo vedovo e senza figli ben^ po-
tirandolo e trascinan-
30. gli fece ecc.: teva riuscire l'inganno del testamento
dolo per il duro fondo della bolgia. - (non così con l'altro Buoso), mentre poi
sodo duro, essendo tutto di pietra. Ca-
: al probabile tempo della sua morte lo
pocchio seguita così a grattarsi, ma in Schicchi e Simone erano in età giovanile,
tutt'altro modo da' quel che suole; Inf. e a giovani meglio si conviene la ma-
XXIX, 79-84. cabra ed iniqua ma pur comica truffa.
270 [OBEC. 8. itorxì. io] INF. xxx. 33-49 [MIRRA]

c va rabbioso altrui così conciando».


34 « Oh » diss'io lui, « se 1' altro non ti ficchi

li denti addosso, non ti sia fatica


a dir chi è, pria clic di qui si spicchi. »
37 Ed egli a me « Quell'è l'anima antica
:

di Mirra scellerata, che divenne


al padre, fuor del dritto amore, amica.
40 Questa a peccar con esso così venne,
falsificando sé in altrui forma,
come l'altro, chela sen va, sostenne,
43 per guadagnar la donna della torma,
Buoso Donati,
falsificare in sé
testando e dando al testamento norma. »
46 E poi che i due rabbiosi fur passati
sovra cu' io avea l'occhio tenuto,
rivolsilo a guardar gli altri mal nati.
49 Io vidi un, fatto a guisa di leuto,

D'altra parte commentatori antichi e, per 41. falsificando ecc. spacciandosi per
:

cose fiorentine, autorevoli, quali, p. es., altra donna; cfr. Ovid., 1. e, 439. La
i tìgli di I). e l'Ottimo, dicono Buoso zio falsificazione, come frode, è colpa più
di Simone : l'errore di quelli tra i com- grave dell'amore pelpadre.
mentatori, che affermano Buoso padre 42. l'altro: lo Schicchi. - sostenne.-
di Simone, è spiegabile con la facilissima ardì.
sostituzione di pater (=padre) apatruus 43. la donna: la signora, quella che
(= z io), quale è designato esso Buoso, guida la torma o armento è la mula o :

p. es., da Piotro di I). Si capisce come lo cavalla di Buoso Donati, ilquale dicono
strano fatto andasse per novella e come la chiamasse madonna Tonina.
potesse e dovesse essere adorno di fran- 45. testando ecc.: sapendo fare sì bene
ge fantastiche, che è il caso della piace- la parte di Buoso, che il notaio ne fu
vole narrazione che ci offre VAn. Fior. ingannato, e il testamento fu a norma
(cfr. Comm. Lips.). Tutto ciò fu chiarito di legge compilato e approvato.
da M. Barbi in Bull., XXIII, 126-142. Vt 46-90. Falsatori di moneta: Mae-
33. conciando: maltrattando. stro A.danio e i conti di Itomena.
34. se il solito se desiderativo. - l'al-
: Perchè mescolarono immondizia, cioè
tro: folletto dei due menzionati al v. 15. metalli ignobili, al metallo prezioso della
36. si spicchi : si allontani. moneta, questi falsari hanno immondi-
37. antica: vissuta molti secoli prima zia nella propria persona, essendo gra-
degli altri attori comparsi sin qui su vati dall'idropisia. Ed hanno recato la
questa spaventevole scena cfr. Inf.
; loro insaziabile seteanche nel mondo di
XXVI, Pare che D. non potesse
85. là, sicché immondizia e sete sono loro
nemmeno distinguere il sesso delle due terribile tormento. Tipo di questa classe
ombre, deformate dal loro furore. di falsari è l'idropico Maestro Adamo,
38. Mirra: figlia di Cinira, re di Ci- fatto a guisa di liuto, che maledice i

pro, arse di violento amore per il pro- conti di Romena, suoi seduttori.
prio padre, e coli' aiuto della nutrice e 46. due : Gianni Schicchi e Mirra.
delle tenebre le riuscì .di soddisfare le 47. tenuto: guardandoli attentamente.
sue voglie, fingendosi altra: giovane don- 48. mal nati : cfr. Jn/.V, 7; XVIH, 76.
na. Scoperta, volendo il padre ucciderla, un: Maestro Adamo, v. 61. -
49-51.
fuggì in Arabia, dove fu trasformata in fatto ecc.: dal ventre rigonfiato in modo,
mirra- cfr. Ovid., Met. X, 298-502. che, pur che gli fosse stata, dove si bi-
39. dritto: retto e lecito; qui figliale. forcan le gambe, troncata V anguinaia
[CKRC. 8. BOLG. 10] Inf. xxx. 50-G3 [maestro adamo] 271

pur ch'egli avesse avuta l'anguinaia


tronca dall'altro che 1' uomo ha forcuto.
La grave idropisia, che sì dispaia
le membra con l'omor che mal converte,
che '1 viso non risponde alla ventraia,
55 faceva a lui tener le labbra aperte,
come l' etico fa, che per la sete
l'un verso il mento e l' altro in su riverte.
58 « voi che sanza alcuna pena siete,
e non so io perchè, nel mondo gramo »
diss'elli a noi, « guardate e attendete
alla miseria del maestro Adamo !

Io ebbi vivo assai di quel ch'io volli,


e ora, lasso!, un gocciol d'acqua bramo.

(« è quella parte del corpo umano che è labbro in su, l'altro in giù. Al.: rin verte:
tra la coscia e il ventre, allato alle parti cfr. Z. J\, 183 sg.
vergognose »; Or.) sarebbe parso un 58. voi cfr. Gerem., Lament. I, 12.
:

lento (così dice vasi nell' ant. tose, per Inf. XXVIII, 132; V. JV. VII. - sanza ecc.:
liuto), poiché la ventraia sarebbe stata Maestro Adamo non doveva aver udito
come la cassa dello strumento ; e la te- ciò che V. avea detto a Griffolino, Inf.
sta, il collo e il come
manico di
petto il XXIX, 94 sg. o, pur avendolo udito,
;

esso. Alcuno vorrebbe che il languì- giudicava inesplicabile che là dove egli
naia de' codici si leggesse la 'ngtil- ed altri tanto soffrivano, potesse alcun
naia, lat. inguen; ma gli esempi ad- uomo essere libero da patimenti.
dotti dalla Gr.mostrano che gli antichi 59. gramo dolente, cioè l' Inferno,
:

dissero anguinaia, forma derivata dalla mondo del dolore.


fusione dell'articolo col nome e dall' es- GÌ. Adamo « Iste magister Adamus
:

sersi in languinaia, considerata e sen- fuit de Casentino [no: lo troviamo de-


titacome articolo la sola l cfr. ombuto : signato in documenti bolognesi, giacché
per imbuto da lombuto che sarebbe pro- a Bologna ei fu dal 1270 fin forse al '77,
priamente lo 'mbuto. - dall'altro stac- : come de Anglia e anche come de Bris-
cata dal resto che ecc. Questa lezione, sia perchè, forse, a Bologna era venuto
ottima in sé e appoggiata da antichis- da Brescia, seppure il de Brissia non è
simi e ottimi codici, fu difesa valida- mala scrittura di de Br estia, che Brest
mente dallo Zingarelli {Giorn. st. d. leti, era allora inglese] et stabat in loco qui
ital., voi. XLVIII, p. 368 sgg.), contro dicitur Romena, et ibi falsiti cavit fiori -
la pia comune dal lato. nos et aliam monetam, et propter hanc
grave: «quia reddit hominem gra-
52. falsitatem monete hic punitur »;Bambgl. ;

verò, ita ut moveri non possit » Benv. ; e cfr. Zaccagnini in Giorn. st. d. leti,
- dispaia: in quanto disforma con la ital. LXIV, pp. 2-8. Falsificò il fiorino
Unta non elaborata le membra in tal d'oro fiorentino, battendone « sotto il co-
modo, che alcune intumidiscono e altre nio del comune di Firenze, ch'erano buo-
dimagrano, onde il volto dimagrato non ni di peso ma non di lega.... Di questi
è più proporzionato alla gonfiezza del fiorini se ne spesono assai »; An. Fior. -
ventre. « L'idropico, quanto più man- « Già l' iniqua moneta lordava la Tosca-
gia e bee, quegli omori si corrompono na, quando l' incendio della casa degli
tutti e convertonsi in mali omori flem- Anchioni a Borgo San Lorenzo fece sco-
matici e però piti bee, e mangia, più
; prire grosso numero di quei fiorini. Co-
enfia e cresce il male e più ha sete»; Fra nosciuto l'autóre fu arso vivo »; Troya,
Giord., Fred., Ed. Narducci, p. 303. Veltro alleg. di F>., 25. Il fatto accadde
55. aperte: per aspirare l'aria e rin- nel 1281 in Firenze.
frescare le ardenti sue fauci. 63. un gocciol una gocciola confr.
: ;

57. l'un labbro. - riverte ripiega l'un


: : Luca XVI, 23-24.
272 [CEBO. 8. bolo. 10] I L-80 9TRO adamo]

0! Li ruscelletti clic de' verdi colli


del Casentin discendo!) giuso in Arno,
(accendo i lor canali freddi e molli,
sciupio mi stanno innanzi,
e non Indarno;
imagine lor vie più m'asciuga
che l'

il male ond'io nel volto mi di scarno.


che
70 La rigida giustizia che mi irriga,
traggo cagion del loco ov'io peccai,
a metter più li miei sospiri in fuga.
73 Ivi è Romena, là dov' io falsai
la lega suggellata del Battista;
per eh' io il corpo su arso lasciai.
Ma s' io vedessi qui 1' anima trista
di Guido, o d'Alessandro, o di lor frate,
per fonte Branda non darei la vista.
Dentro c'è 1' una già, se l'arrabbiate
ombre che vanno intorno, dicon vero ;

ruscelletti
64. « magia conqueritur
: del giglio, e dall'altro il San Giovanni » ;

etpunitur de memoria quorundam ri- G. Vili. VI, 53. S' incominciò a coniarli
volorum aque discurrentium per Casen- nel 1252. - suggellata improntata del-
:

tinum qnod ;
sitiebat siti inextinguibili, l' immagine 8an Giovanni Battista.
di
aquam affectabat iusatiabiH siti. Et hoc 77. Guido: secondo di questo nome,
dignissimum erat; quod, sicutpeccaverat figlio di Guido I, conte di Romena. -
in loco ilio, per illius loci memoriam be- Alessandro: primo di questo nome, fra-
nemerite torquebatur »; Bambgl. Cfr. tello di Guido II e marito di Caterina
Bass., p. 105. dei Fantolini di Faenza ancor vivente;

6G. freddi: freschi; «Hic gelidi fontes, nel 1316. - frate: Aghinolfo, fratello
hic mollia prata » Yirg., Ed. X, 42.
;
dei due suddetti, marito di Idana di
68. asciuga quindi mi asseta. « Et sic
: Ruggero da Bagnacavallo, cugina di Ca-
in isto veriflcatur illud dictum Nessun : terina, moglie di Guido Novello da Po-
.maggior dolore\ che ricordarsi del tempo lenta che ospitò D. a Ravenna. Testò
felice nella miseria » Benv.
|
nel 1338. Cfr. Todeschinì, Scritti Dant. I,
G9. male: l'idropisia. - mi discanto: 211-59. Del Lungo, Dino Gomp. II, 593.
perdo la carne, dimagro. Branda: di Romena, ora ina-
78. fonte
70-72. rigida: severa. -giustizia: di Dio. ridita, da non confondersi con Fonte-
-fruga: punge e tormenta; cfr. Purg. branda di Siena, come fecero i comment.
Ili, 3. - La divina giustizia trova modo antichi incominciando dal Bambgl., e
di farmi sospirare ancor più, cioè di parecchi moderni: cfr. Bass., 81 sg. Il
aumentare la mia pena, col ricordo e furore e l' odio di Maestro Adamo con-
l'immagine viva del luogo, dove io, pec- tro i Romena son così grandi e
conti di
cando, la offesi, poiché questo mi torna ardente e fiera è in lui la
terribili, così
avanti con la frescura, col verde, cou brama di vendetta, che, ad onta della
1' acqua onde è ricco e di cui così sento sua sete, preferirebbe la vista de' suoi
più dolorosa la mancanza. seduttori nello stesso tormento al sol-
73. Ivi: nel loco ov'io peccai, cioè nel lievo e al piacere, pur desideratissimi
Casentino. -Eoniena: castello dei conti ed immensi, di sedare il tormento della
Guidi da Modigliana, dal quale s'inti- sete ad una fonte.
tolarono. Dentro a questa bolgia. - 1' una:
79. :

74. la lega dei fiorini d'oro fiorenti-


: di Guido II, già morto nel genn. del 1292;
ni, « i quali fiorini, gli otto passarono nel 1300 i suoi fratelli vivevano ancora.
un'oncia, e dall' un lato era la 'mpfonta 80. ombre: dei falsatori di persone.
[CERC. 8. BOLG. 10] INF. XXX. 81-97 [MAESTRO ADAMO] 273

nia elie mi vai, e' ho le membra legate?


82 S'io fossi pur di tanto ancor leggiero,
ch'io potessi in cent'anni andare un'oncia,
io sarei messo già per lo sentiero,
85 cercando lui tra questa gente sconcia,
con tutto eh' ella volge undici miglia
e men d' un mezzo di traverso non ci ha.
Io §on per lor tra sì fatta famiglia }
e' ni' indussero a batter li fiorini
ch'avevan tre carati di mondiglia. »
01 E io a lui « Chi son li due tapini
:

che fumman come man bagnate il verno,


giacendo stretti ai tuoi destri confini ?
94 « Qui li trovai, e poi volta non dierno »
rispuose, « quando piovvi in questo greppo,
e non credo che dieno in sempiterno.
97 L' una è la falsa che accusò Giuseppoj

81. legate per l'infermità, che non mi


: V. 91-129. Falsatori della parola :
permette di muovermi. Sinone da Troia e la moglie di JPu-
82. leggiero: agile, spedito. tifarre» La 4 a classe di falsari è di co-
83. un'oncia : la 12 a parte di un piede. loro che dissero il falso. Sono oppressi

84. sarei ecc.: mi t


sarei già messo in da violenta febbre che arde loro il cer-
cammino per fondo della bolgia. Con
il vello, e mandano, evaporazione della
ciò che qui afferma, il dannato ribadisce pelle, fumo puzzolente. Anche laggiù
il suo indomabile odio contro i conti di continuano ad abusare della parola, ol-
Romena: cfr. n. al v. 78. traggiandosi vicendevolmente con voca-
85. lui:Guido II cfr. v. 79. - scon- : boli sconci e laidi e con gesti analoghi.
cia resa deforme dalle pene ad essa in-
: 92. fumman :pel calor naturale della
flitte, sicché l'andar girando e cercan- mano l'acqua, ond'essa è aspersa, eva-
do fra esse riesce cosa nauseantissima. pora e i vapori, condensati dal freddo,
86. ella: la bolgia. Le due misure, della paiono fumo. « Fuma come d'inverno
lunghezza e della larghezza, mostrano una mano bagnata » è modo proverbiale
che Maestro Adamo non allude con ella, vivo in Toscana e altrove.
come alcuno volle, alla gente sconcia, 93. stretti: «unum iuxta alium, quia
ma alla Ì0 a bolgia, la quale ha 11 mi- laboraverunt pari morbo, scilicet eadem
glia di circonferenza, cioè la metà giu- specie falsitatis » JBenv. - a' tuoi ecc.
; :

sta della 9 a cfr. Inf. XXIX, 9, sicché


; alla tua destra.
r 8a ne avrà 44, la 7 a 88, la 6 a 176, ecc. 94-96. Qui ecc. allorché precipitai in
:

87. e men
e la larghezza non sia
ecc. : questa bolgia, ve li trovai e non si mos-
minore d'un mezzo miglio. - non ci ha : sero più (volta non dierno), né credo che
non ci è. La rima si ha leggendo non- si moveranno in eterno. - dierno diero-
:

eia; licenza quale si ha in Inf. VII, 28. no, diedero. - greppo pendio brullo, pie-
:

Purg. XX, 4: cfr. Bull. IH, 140. troso e scosceso e tale per il fondo sòdo
;

famiglia: di falsari, colpevoli dello


88. e i fianchi rupestri può dirsi la bolgia.
stesso delitto e consorti alle medesime 97. la falsa: la moglie di Putifarre;
pene; cfr. Inf. XV, 22. volle sedurre Giuseppe, figlio di Gia :
89. e' i tre conti ricordati nel v. 77.
: cobbe, che se ne fuggì via da lei; ed
90. carati: carato era la 24 a parte di essa lo accusò falsamente di averle vo-
un' oncia d' oro. - mondiglia metallo : luto far violenza cfr. Genesi, XXXIX,
;

vilemescolato all'oro. I fiorini fiorentini 6-23. - Giuseppo: per Giuseppe, antica-


erano d'oro puro, cioè di 24 carati. mente anche in prosa.

18. — Div. Comm., 8 a ediz.


274 [CERO. 8. BOLG. 10] INF. XXX. 98-115 [si noni:]
'

1' altro è il falso Sìtioh greco da Troia:


per febbre aguta gittan tanto leppo. »
100 E l'un di ìor, ohe si recò a noia
forse d' esser nomato sì oscuro,
col pugno gli percosse 1' epa croia.
103 Quella sonò come fosse un tamburo ;

e mastro Adamo gli percosse il volto


col braccio suo, che non parve meii duro,
10G dicendo a « Ancor che mi sia tolto
lui :

lo muover per le membra che son gravi,


ho io il braccio a tal mestiere sciolto ».
109 Ond' ei rispuose « Quando tu andavi :

al fuoco, non 1' avéi tu così presto ;

ma sì e più l'avéi, quando coniavi ».


112 E l' idropico : « Tu di' ver di questo ;

ma tu non fosti sì ver testimonio,


là 've del ver fosti a Troia richesto ».
115 « S' io dissi falso, e tu falsasti il conio »

98. Sinon il greco che, restato presso


: 102. l'epa: la pancia, cfr. Inf. XXV,
Troia quando i Greci se n'erano allon- 82 propriamente la rotondità del ventre:
;

tanati per mare nascondendosi dietro - croia: dura, non arrendevole, quasi in-
l'isola di Tenedo, riuscì colle sue bugie a cuoita, da corium — cuoio ; cfr. Galvani,
persuadere i Troiani ad introdurre nella Arch. stor. ital., XIV, 343. Parodi, Bull.
città il cavallo di legno cfr. Virg., Aen.
; III, 151.
II, 57-194. Inf. XXVI, 59. Era noto pel 105. braccio: Al.: pugno: ma e i co-
suo tradimento; e, sebbene greco, vien dici e 108 attestano a favore di
il v.
designato col nome del luogo dove lo braccio. - nien duro del pugno di Si- :

commise; cfr. Virg., Aen. II, 147 sg., mone.


ove Priamo dice a Sinone: « Quisquis 107. le membm: cfr. v. 52 sgg., 81 sgg.
es, iam obliviscere Graios Noster eris. »
;
- gravi per la grave idropisia.
:

99. febbre aguta « Quando la febbre


: 108. mestiere di percuotere altrui.
:

è intra vasa, dentro alle veni, nel san- 110. al foco ecc. al rogo, per essere :

gue, or questa è la mala febbre: que- arso vivo, tu non avevi le braccia così
sta è detta febbre aguta »; Fra Oior- spedite, avendole legate. - avéi avevi; :

dano, Ediz. Carducci, p. 238. Antonio cfr. Par. XXXI, 87 e Nannuc, Verbi,
Pucci scrive (Son. I fra Predicato?') : 494 sg. - presto: agile.
« mostrandosi d'aver la febbre aguta si | 111. masi ecc.: ma avevi il braccio così
mangian de' capponi e delle starne ». - spedito, e più ancora, quando battevi i
leppo « è puzza d'arso unto, come quan-
: fiorini falsi. « Et sic vide quomodo iste
do lo fuoco s'appiglia alla pentola o alla graecus loquacissimus retorquet in infa-
padella; e così dice che putivano costo- miam iìlud de quo ille videbatur gloria-
ro, come putono alcuna volta coloro che ri, scilicet motum brachiorum ad vin-
sostengono sì fatta passione » Buti. ; dictam » ; Benv.
100. l'un: Sinone. - si recò a noia: si 114. là 've ecc.: quando Priamo ti ri-
ebbe a male, s'indispettì. chiese di manifestargli il vero circa il ca-
101. sì oscuro sì poco onorevolmente
: vallo di legno; cfr. Virg., Aen. II, 150 sgg.
per averlo Adamo detto falso, v. 98, e 115. $' io ognuno dei due miserabili
:

anche per averlo detto da Troia, e fatto s' ingegna di attenuare la gravezza del

così riconoscere come il perfido inganna- proprio fallo aggravando quello dell'av-
tore de' Troiani. versario. Questo vilissimo procedere si
ERG. 8. BOLG. 10] IlsF. XXX. 116-131 [sinone] 275

disse Sinone; « e son qui per un fallo,

e tu per più eli' alcun altro dimenio. »


«Ricorditi, spergiuro, del cavallo »
rispuose quel eh' avea innata l' epa ;

« e sieti reo che tutto il mondo sallo ! »


121 « E te sia rea la sete onde ti crepa »
Greco « la lingua, e l' acqua marcia
disse il

ventre innanzi agli occhi sì t' assiepa


che '1 ! »
124 Allora il monetier « Così si squarcia :

la bocca tua per tuo mal come suole )


che, s' i' ho sete ed umor mi rinfarcia,
127 tu hai l'arsura e '1 capo che ti duole ;

e per leccar lo specchio di Narcisso,


non vorresti a 'nvitar molte parole ».
130 Ad ascoltarli er'io del tutto fìsso,
quando il maestro mi disse : « Or pur mira :

confà assai bene alla viltà delle persone. parte la vista. « D'idropico o di donna
Per la struttura di tutta la frase il Car- gravida i Toscani dicono che ha la pan-
ducci, Studi leti., 163, ricorda a propo- cia agli occhi » Tom. ;

sito la risposta di Cecco Angiolieri ad 124-125. si squarcia: si spalanca; «Di-


nn son di D. « S'io pranzo con altri,
: lataverunt super me os suuin»; Psal.
e tu vi ceni S' io mordo il grasso, e tu
;
XXXIV, 21. - « Dilatat labia sua » ;

ne succhi il lardo. » - il conio dei fio- : Prov. XX, 19. - bocca tua per tuo mal si :

rini d'oro. « Quasi dica: Peggio è a fal- noti l' insistenza maligna con la quale è ri-
sare, che a dire il falso ma questo non ; petuto tua.... tuo e il costrutto chiastico.
è vero imperò che s' attende a quello
;
126. rinfarcia riempie ed ingrossa,
:

che ne seguita poi del falsar della pe-


: dal lat. farcire =
rimpinzare. Se io ho
cunia non si disfanno le città, come del sete, tu hai la cocente arsura se io ho ;

dire la falsità che disse Simone » Buti. ; rigonfiamento d' umori, tu hai stordita
Così su per giù anche il Tom. ed altri. e dolente la testa, né ti faresti pregar
116. per un fallo per una sola bugia
: molto per bere, anche tu, dell' acqua.
frodolenta, quella del cavallo. Ma i pec- 128. specchio ecc. acqua, in cui si:

cati non si contano, si pesano. specchiò Narciso cfr. Ovid., Met. Ili,
;

117. dimenio: non solo per più falli 407-510. « A


un Greco rammenta favola
che alcun altro de' dannati, ma per più greca al brutto dannato uno specchio,
;

falli che qualsiasi diavolo. e specchio d' acqua limpida egli che sa ;

118.spergiuro:v.T7 ir<7.,JLen.II,154sgg. quanto tormentosa la memoria del-


sia
119. quel ecc. Maestro Adamo dal-
: l'acque nell' ardor della sete»; Tom.
l'epa croia (v. 102), e cfr. vv. 49 sgg. V. 130-148. Un rimprovero a Dan-
120. reo ecc. amaro il pensare che
: te» Mentre D. è intento ad ascoltare lo
tutto il mondo conosce il tuo misfatto. sconcio dialogo dei due falsari, V. ne
121-122. te: vale 'a te '.- ti crepa.... lo sgrida adirato; e D. si fa in volto
la lingua ti si screpola, arida e riarsa
: così vergognoso, che V. si placa subito
come l'hai perla continua terribile sete. e gli dico essere tal vergogna più che
Sinone la dà oramai vinta ad Adamo, in sufficiente a lavare la sua colpa. «Ma»
quanto concerne l'enormità della colpa; soggiunge « non dimenticarti eh' io ti
e non sapendo più che altro dire, gli son vicino, se altra volta ti prendesse
rinfaccia la tormentosissima infermità. la voglia,bassa e riprovevole, d'assistere
- l'acqua marcia: la linfa guasta, v. 53, a baruffe di vili. »
che ti gonfia sì il ventre da fartene una 131. Or pur mira: seguita pure a mi-
siepe agli occhi ed impedirti da quella rare costoro !
276 [CERO, 8. jìolg. 10] taf. xxx. 132-148 [RIMPROVERÒ]

clie per poco è, clie teco non mi risso ».


133 Quand'io '1 senti 7
a me parlar con ira,
volsimi verso lui con tal vergogna,
ancor per la memoria mi si gira ;
eli'
136 e quale è quei che suo dannaggjo sogna,
che sognando desidera sognare,
sì che quel eh è, come non fosse, agogua
7

;
139 tal mi fec'io, non possendo parlare,
che disiava scusarmi e scusava
me tuttavia, e noi mi credea fare.
142 « Maggior difetto men vergogna lava »
disse il maestro, « che 1 tuo non è stato ; 7

però d ogni tristizia ti disgrava.


7

145 E fa ragion eh io ti sia sempre allato,


7 7

se più avvien che Fortuna t accogiia 7

ove sien genti in simigliante piato ;


148 che voler ciò udir è bassa voglia. »

132. per poco è ecc.: poco manca che stata la tua nel dilettarti della baruffa
io non venga a rissa teco per codesto e delle sconcezze di que' due sciagurati.
tuo interessarti a una rissa sì ignobile. 144. tristizia: dolore, mestizia. - ti
134. vergogna d'essersi dilettato delle
: disgrava alleggerisciti « Tristitiam lon-
:

sconce parole dei due miserabili. ge repelle a te »; Ucci. XXX, 24.


135. ancor: ripensandovi, me ne ver- 145. fa' ragion: fa' conto, considera;
gogno ancora; cfr. Inf. I, 6. cfr. Par. XXVI, 8. Se mai ti accada di
136. danno voce usata so-
dannaggio : ; trovarti un'altra volta presente a simili
vente dagli antichi da D. sol qui. È galli-
; contrasti, fa' conto che io ti sia sempre
cismo, (cfr. visaggio in Inf. XVI, 25), già vicino, pronto a riprenderti.
nella tradiz. letteraria; cfr. Bull. Ili, 145. 146. t'accoglia ti faccia capitare. La
:

137. desidera ecc. sente desiderio che


: Fortuna può far capitare l'uomo in al-
il danno che gli par di soffrire, non sia cun luogo, dove sia per lui forte ten-
realtà ma sogno, come se tale non fosse. tazione di rendersi colpevole.
139. non possendo non potendo per la
: 147. piato: propriamente questione agi-
vergogna e la confusione. tata innanzi ai giudici, dal lat. placitum;
140. scusarmi parlando, -scusava mo-
: : qui per questione o contrasto in genere.
strandomi tutto vergognoso. - somigliante di persone abbiette che
:

141. noi mi credea fare io non credeva : contrastino con parole e modi abbietti.
che il mio mostrarmi così pieno di ver- 148. bassa voglia: « gusto indegno d'una
gogna per il fallo commesso fosse scusa mente elevata e d'un mio seguace » Br. ;

sufficiente agli occhi del mio duce. Pu- B. Cfr. Prov. XX, 3: «Honor est nomini,
dore culpa oninuitur. qui separat se a contentionibus onmes ;

142-143. Maggior ecc.: minor vergo- autem stulti iniscentur contumeliis ».


gna della tua basta a lavare, cioè a E Prov. XVIII, 6 Labia stulti miscent
:

scusare, colpa maggiore che non sia se rixis, et os eius iurgia provocat ».
[DISCESA AL CERO. 9] Ine. xxxi. 1-8 [giganti] 277

CANTO TRENTESIMOPRIMO

DISCESA NEL NONO CERCHIO


I GIGANTI INTORNO AL POZZO

NEMBROTTO, FIALTE ED ANTEO

Una medesnia lingua pria mi morse,


sìche mi tinse V una e P altra guancia,
e poi la medicina mi riporse :

così od' io che soleva la lancia


d' Achille e del suo padre esser cagione
prima di trista e poi di buona mancia.
Noi demmo il dosso al misero vallone
su per la ripa che '1 cinge dintorno,

V. 1-6. La lancia d'Achille. Secondo il 9° e ultimo cerchio, riserbato ai tra-


l«amitologia, Achille aveva ereditato dal ditori. S' ode il suono spaventevolmente
padre Peleo una lancia miracolosa, le cui forte di un
corno. D. guarda verso il
ferite non si sanavano che con un altro luogo da cui viene il suono, e crede di
colpo di essa; Ovid., Met. XIII, 171 sgg. vedere una terra fortificata da molte alte
Trlst. V, 2 sgg. Rem. am., 47 sgg. I torri. V. lo disinganna dicendogli esser
nostri poeti antichi amaron paragonare quelli i giganti che, ritti sul fondo del
alla lancia di Peleo lo sguardo ed il bacio pozzo e torno torno alle pareti di esso,
della donna. Qui D. paragona ad essa sporgono fuor di queste di tutta la metà
lancia la lingua di V., che dapprima lo superiore delle loro smisurate persone.
rimproverò, poi lo riconfortò, risanando I più sono incatenati uno parla uno :

così con parole affettuose la piaga fat- strano linguaggio « che a nullo è noto ».
tagli nell'animo col rimprovero. Sono i giganti della mitologia pagana,
1. lingua: di Virgilio. - morse: «Un ma con essi è anche il gigante biblico,
rimprovero mordente è piti che uno pun- Nembrot; rei gli uni e l'altro di su-
gente ma lingua e morde non hanno fra
: perba ribellione a Dio, così come Luci-
loro piena corrispondenza » L. Vent, ; fero che sta confìtto laggiù nel centro
Simil. 574. Vero, ma sono espressioni di quel fondo infernale e a cui essi fan-
usuali lingua mordace, parole mordaci no degna corona. Sui giganti della mi-
2. tinse di rossore (Inf. XXX, 134 sg.)
: tologia cfr. Ovid., Metani. I, 151 sgg.;
3. la medicina: «Ego occidam, et ego Fast, V, 35 e il dotto capitolo di
; M
vivere faciain: percutiam, et ego sana Scherillo, I Giganti nella Commedia, in
bo » Deuter. XXXII, 39. « Tu flagellas
; Alcuni capitoli ecc., pp. 396-447.
et salvas»; Toh. XIII, 2. 7. demmo ecc.: voltammo le spalle alla
6. trista: ferendo. - buona: risanali decima bolgia (misero vallone).
do. - mancia offerta, regalo. « Una ma
: 8 su ecc per poter vedere la condizione
. :

nus vobis vulnus opemque feret»; Ovid dell'ultima bolgia, i P. erano scesi per la
Rem. am., 44. Cfr. Par. V, 66. scarpa dell'argine che la separa dal nono
V. 7-45. I giganti in generale. La cerchio, Inf. XXIX, 52 sgg. Ora tornano
sciano i P. l' ultima bolgia e s' avviano in su e attraversano taciti (come Inf.
verso il gran pozzo, il cui fondo forma XXIII, 1) esso argine che dobbiamo
27S [discesa al CERO. 9] Im". XXXI. 9-23 VNTI]

attraversando senza alcun sermone.


li)
Quivi era nien che notte e nien che giorno,
sì m'andava innanzi poco
che il viso ;

ma sonare un alto corno,


io sentì'
13 tanto ch'avrebbe ogni tuon fatto fioco,
che, contra sé la sua via seguitando,
dirizzò gli occhi miei tutti ad un loco.
16 Dopo
Carlo
la dolorosa rotta,
Magno perde santa gesta,
la
quando 1
non sonò sì terribilmente Orlando.
19 Poco portai in là volta la testa,
che mi parve veder molte alte torri ;

ond'io « Maestro, di', che terra è questa? »


:

22 Ed egli a me « Però che tu trascorri


:

per le tenebre troppo dalla lungi,

supporre assai largo (cfr. vv. 22-24) av- cfr. La Chansoìi de Roland. Eginard,
viandosi verso il pozzo centrale, -che '1 : Annal, ad a. 778. Vita Caroli M., e. IX,
Al. eh' el e veramente dell' ultimo mi-
;
'
D. dice dopo la rotta, perchè, secondo
sero vallone ben si può dire che ab-
'
che narra la Chans. de R., Orlando s'in-
braccia o cinge questa ripa. dusse a sonare il suo corno per dar av-
9. attraversando: la parte superiore del- viso a Carlo, già lontano, sol quando vide
l'argine dal l' orlo esterno a quello interno ridotti appena a 60 i combattenti suoi.
10. men ecc.: un barlume simile alla 17. gesta nell'antico ital. gesta più che
:

luce del crepuscolo vespertino. '


impresa significò spessissimo schiatta,
'

12-15. ma ecc. benché io non potessi


: conforme al geste della letter. cavalle-
molto vedere, un suono di corno così resca francese e designò poi anche
;

alto, che avrebbe superato qualunque unione di uomini congiunti da vincolo


1

più rumoroso tuono, fece volgere ad un anche non di sangue '. E qui santa ge-
sol punto tutta l'attenzione de' miei oc- sta « sono chiamati cogli altri baroni i
chi, che spingevano, così, il loro sguardo paladini, i quali erano stretti da fratel-
in direzione contraria a quella del suono. lanza d'armi e però formavano quasi
- alto corno che aveva alto, forte suono.
: una sola famiglia » e la schiera o gesta ;

- tanto « fa comparazione del suono del


: dei paladini è santa « perchè moriva
corno al tuono e dice che tanto era mag-
; combattendo i Saraceni » Bajna, Pro- ;

giore lo suono del corno che quel del tuo- pugni. Ili, 384-6, e cfr. Del Lungo, Dal
no, che il tuono sarebbe parato fioco » ;
tee. e dal poema di D., pp. 487 sgg.
Buti. - « Cornuque recurvo Tartaream 18. sonò « Tunc tanta virtute tanta-
:

intendit vocem, qua protinus omne Con- que fortitudine tuba sua eburnea sonuit,
tremuit nemus et silvse insonuere pro- quod vento oris eius tuba illa per me-
fundse »; Virg., Aen. VII, 513 sgg. - dium scissa et vense colli eius et nervi
fatto fioco reso, al paragone, fioco.
: fuisse referuntur, ita ut vox tunc usque
14. seguitando seguitanti. Qui, come
: ad Caroli aures, qui erat hospitatus cum
altrove, il gerundio, secondo un uso an- proprio exercitu in valle Caroli.... an-
ticamente comune, equivale a un par- gelico ductu pervenit » Turpin., Ohron. ;

ticipio presente, cfr. p. es. Vit. N., 3; e. XXIV.


Purg. IX, 38; X, 56. Par. XVIII, 45. 19. in là : verso il luogo ond'era venuto
Nannuc, Terbi, 421 sg. il suono.
16. rotta: la famosissima disfatta di 21. terra: città. D. che rammenta la
Eoncisvalle, dove nell'ag. del 778 fu- città di Dite (Iti/. Vili, 67 sgg.), credo
rono trucidate migliaia di Cristiani for- vedere le mesciate di una nuova città ;

manti la retroguardia dell'esercito di quindi la sua dimanda.


Carlo Magno e comandati da Orlando ;
22-23. trascorri: cogli occhi. Volendo
[DISCESA AL CERC. 9] INF. XXXI. 24-42 [GIGANTI] 279

avvien che poi nel niaginar abborri.


25 Tu vedrai ben, se tu là ti congiungi,
quanto il senso s'inganna di lontano •

però alquanto più te stesso pungi. »


38 Poi caramente mi prese per mano,
e disse « Pria che noi siam più avanti,
:

acciò che men ti paia strano,


il fatto
31 sappi che non son torri, ma giganti ;

e son nel pozzo intorno dalla ripa


dall' umbilico in giuso tutti quanti ».
34 Come quando la nebbia si dissipa,
sguardo a poco a poco raffigura
lo
ciò che cela il vapor che V aere stipa ;

37 Così, forando Paura grossa e scura,


più e più appressando in vèr la sponda,
fuggì emi errore e cresce 'mi paura ;
40 però che, come su la cerchia tonda
Montereggion di torri si corona,
così la proda che il pozzo circonda

guardare troppo lontano {dalla lungi) cresce'mi cresceami: cfr. Nannuc, Ter-
:

in quest' aria tenebrosa, ti figuri di ve- bi, 140 sg. AL: fuggiami errore e crescea-
dere quel che non è. mi paura. Al.: fuggintmi errore e cre-
24. maginar immaginare, qui per giu-
: scemmi paura. AL: fuggenti errore e
dicare, estimare, ecc.; cfr. Gherardini, crescenti (gingnemi) paura. L'erronea
Voci e man. II, 358. - abborri ; confon- opinione che quelle fossero torri si di-
di; cfr. la n. a Inf. XXV, 144. leguava; ma la paura cagionata dal-
25. la ti congiungi; ti accosti a quel l'udire le parole di V., si aumentava
luogo. alla vista dei giganti sempre più vicini.
27. te stesso pungi: ad affrettare il 41. Montereggion : castrum Montis re-
passo. Il desiderio di veder chiaro ciò gionis, castello senese in Val d'Elsa,
che di qui mal discerni, ti stimoli ad costruito nel 1213 e durato piazza forte
accelerare il passo. importante fino a mezzo il sec. XVI. Ele-
28. mi prese: «ad fìrmandum se du- vasi su un colle isolato, che ha forma di
bium, vel contra timorem nasciturum ex pan di zucchero la sua cinta circolare,
;

terribili conspectu istorum » Benv. ;


di oltre mezzo chilometro, era coronata
32-33. intorno ecc.: torno torno alla di 14 alte torri, fora livellate, le più, al-
sponda del pozzo, coi piedi posati so- l'altezza del muro; cfr. Bass., p. 318
vra il fondo ghiacciato di esso e, dal- ;
42-45. così la proda ecc.: costr. e in-
l'ombelico in su, sporgono fuor dell'orlo tendi Così gli orribili giganti, cui Gio-
:

superiore. ve, allorché tuona, minaccia ancora, so-


35-36. l'aere stipa: denso s'accoglie verchiavano come torri colla metà supe-
nell'aria; cfr. Inf. VII, 19. riore della loro smisurata persona {dal-
37. forando: penetrando collo sguar- l' umbilico in su,v. 32 sg.) la proda o spon-
do. Dice forando «per la malagevolezza da che circonda il pozzo, ecc. Il verbo

e faticache dava all'occhio l'aura grossa torreggiavan così ò considerato transi-


e scura e però egli aguzzando la vista,
; tivo e ha per ogg. la proda '. Ma del-
'

quasi con succhiello là forava»; Ces. l' uso transitivo di tal verbo dubita forte

38. più o più ecc.: via via che io pro- il Parodi {Bull. IX, 101), che propone
cedeva verso la sponda del pozzo. o di mettere una forte interpunzione in
39. foggienti fuggiami, fuggivami. -
: fondo al v. 42, con che torreggiavan
280 [DISCESA AL CEHC. 0] INF. XXXI. 13-59 [NKMBROTTO]

Al torreggiava!] di mezza
persona la

gli orribili giganti, cui minaccia


Giove del cielo ancora, quando tuona;
46 o io scorgeva già d'alcun la faccia,
le spalle e il petto e del ventre gran parte,
e per le coste giù ambo le braccia.
49 Natura certo, quando lasciò Parte
di sì fatti animali, assai fé' bene,
per torre tali esecutori a Marte ;

52 e s'ella d'elefanti e di balene


non si pente,guarda sottilmente,
clii

più giusta e più discreta la ne tene ;

55 cliè dove l' argomento della mente


s'aggiugne al mal volere ed alla possa,
nessun riparo vi può far la gente.
58 La faccia sua mi parea lunga e grossa
come la pina di San Pietro a Roma,
avrebbe il normale senso intransitivo; accennare che siano serpentini, né di
o, se inai, di adottare la lez. così 'n la
'
piedi serpentini fa parola la Bibbia.
proda che si ha, per es., nel JButi. -
'
48. per le ecc.: le braccia stese lungo
minaccia in memoria dell' antico ol-
: i fianchi.
traggio. - quando tuona poiché li fulmi-
: 49. Natura D. si attiene qui alla mi-
:

nò nei campi di Flegra; cfr. Inf. XIV, 58. tologia greca, secondo cui i giganti fu-
Y. 46-81. Nembrotto, Il primo dei gi- rono figli della terra. Secondo la Bibbia,
ganti nominati è il biblico Nembrotto essi nacquero dall' unione degli Angioli'
(= fermo, forte), capo dei discendenti di « colle figliuole degli uomini » cfr. Gerì. ;

Cam e primo re di Babilonia, conside- VI, 1-4. - l'arte: di produr giganti.


rato come colui che propose di edificare 50. animali esseri animati ; cfr. Dif.
:

la torre di Babele; cfr. S. Aug., Civ. II, 2; V, 88.


Dei, XVI, 4. Brun. Lat., Tes. I, 25. 51. esecutori: seguaci che ne esegui-
Gerì. X, 8, 10. « Presumpsit ergo in scono gli ordini
cioè guerrieri sì forti e
;

corde suo incurabilis homo sub persua- audaci, che osarono dar l'assalto al cielo.
sione gigantis, arte sua, non solum su- 53. pente: AL: pentì, pente. Cfr. Z. F.,
perare Naturam, sed etiam ipsum Na- 191. « Pcenituit Deum quod hominem
turantem, qui Deus est, et cepit hedi- fecisset in terra »; Genes. VI, 6.
fìcare turrim in Senneàr, que postea 54. più discreta essendo prova di di-
:

dieta est Babel, hoc est confusio, per screzione V aver compreso la differenza
quaru ccelum sperabat adscendere: in- tra i giganti e questi animali; i quali,
tendens, inscius, non equare, sed suum benché grandissimi di corpo e forze, non
superare Factorem » De Vulg. DI. I, 7.
; riescono nocivi come quei colossi umani.
Nembrotto parla un linguaggio strano, 55. l' argomento della mente lo stro- :

che non è noto a nessuno. mento della ragione. « Sicut homo, si


46. d'alcun: di uno, quello di cui ci sit perfectus virtute, est optimus ani-
saranno dati i particolari ne' vv. 58 sgg. maliuni, sic, si sit separatus a lege et
47. Tentre: i giganti della mitologia insti tia, est pessimus omnium, cum ha-
greca hanno ordinariamente serpenti in- beat arma rationis» ; Aristot. Polit. I, 9.
vece di piedi. - « Anguipedes » Ovid., ; 56. unisce alla volontà
s'aggiugne: si
Met. I, 184. - « Serpentipedes » Ovid.,; di fare il male e per attuarlo.
alla forza
Trist. IV, 7. Cfr. Ducil., Aetn., 46 sg. Cfr. Inf. XXIII, 16. Purg. V, 112 sg.
Apoll. Sidon. IX, 73 sg. D. dà ai suoi 58. sua: di Nembrotto,
giganti piedi cfr. Inf. XXXII, 17, senza
t
59. pina: di bronzo, ai tempi di D.
[DISCESA AL CERC. 9] INF. XXXI. 60-75 [NEMBROTTO] 281

e a sua proporzione eran l' altr' ossa ;

01 sì che la ripa, eh' eraperizoma


dal mezzo in giù, ne mostrava ben tanto
di sapra, che di giugnere alla chioma
tre Frison s averian dato mal vanto
7
C-i
\

perej ch'io ne vedea trenta gran palmi


dal luogo in giù, dov'uomo affibbia il manto,
07 « Eafèl inai amèch sabì et almi »
cominciò a gridar la fiera bocca,
cui non si convenian più dolci salmi ;

70 e '1 (}uca mio vèr lui « Anima sciocca, :

tienti col corno, e con quel ti disfoga,


quand'irà od altra passion ti tocca !

73 Cercati al collo, e troverai la soga


che '1 tien legato, o anima confusa,
e vedi lui che il gran petto ti doga. »
sotto il portico del Vaticano, ora nel intelligibili a nessun uomo onde
; i ten-
nicchione di Bramante nel giardino che anche se fatti
tanti vi di interpetrarli,
sta in mezzo a' musei, detto perciò Giar- con opportuna dottrina e buon metodo,
dino della pigna. Ora essa è alta dieci come è caso del Guerri, Di ale. versi
il

palmi (=* braccia 3 Va); ma sembra che dotti della D. C, Città di Castello, 1908,
ai tempi di Dante fosse più alta. Il Ma- 19 sgg., non ci persuadono. Ben dice il
netti e Gal. Galilei la dicono alta brac- JD'Ov. (St., p. 497) che D. dovè «infil-
cia 5 1 /2, Land. 5 2 /s, Te II. 6 « prima che zare sillabe che non facessero senso e
ne la sua cima fosse rotta ». JBass. 13 sg. non costituissero parole di nessuna lin-
60. a sua proporzion proporzionate
: gua, per dare così concretezza poetica
alla faccia. L' altezza di ISTembrotto è se- al concetto babelico, e compiere con
condo il Man. e Gal. braccia 44 ; Land. 43 drammatica convenienza la figura dello
«opiù»; Veli. 54; Filai. 54 piedi di Parigi. strano personaggio », e ciò quand' anche
Altri 20 metri, ecc. Questa varietà di ci- si riconosca « non so che di semitico....
fre dimostra l' incertezza del calcolo. nelle dizioni componenti
verso. » il

61. ripa: sponda del pozzo. - perizo- 69. salmi: discorsi; dettoper ironia,
ma: greco jrepi'^03(Lirt = grembiale. D. pre- come inno in Inf. VII, 125. Nel Fiore,
se la voce dalla Gen. Ili, 7 (fecerunt sibi 45 dice Ragione «ancor non vo' t' incre-
:

perizomata), dove essa indica i grembiali sca d'ascoltarmi alquanti motti eh' i' vo-
|

di foglie che si fecero Adamo ed Eva. glio ancor dire.... che non potresti ap-
62. ne: di lui, della sua persona. prender miglior salmi». chi fu causa A
64. Frison « tre uomini di Frisia (che
: principale della confusione delle lingue,
in quel paese hae grandi uomini) V uno v. 77 sg., si conveniva un vociare indi-
posto sopra l'altro, non avriono aggiunto stinto, inintelligibile.
alla chioma»; An. Fior. 70. sciocca: tale si mostra sfogando
65. gran: trenta palmi abbondanti. l'irasubitamente (Frov. XII, 16 Fatuus :

« Dicendo Dante trenta gran palmi.... statim indicat iram suam), e parlando
conviene prendere il palmo architetto- un linguaggio che ninno intende.
nico e ponendo che dalla clavicola, do-
; 71. tienti ecc.: suona pure il tuo corno,
v' uom s' affibbia il manto, al vertice del e sfoga le tue passioni con esso.
capo corra uno spazio che sia circa l lt del- 73. soga: coreggia, cigna. Vive in pa-
l'umana statura, si trova che Nembrotto recchi dialetti settentrionali.
sarebbe di braccia florent. 45 9 /io alto, os- 74. confusa: si allude alla confusione
sia di m. 26 e mm.
806 »; Antonelli. babelica.
vv. 81 e 101 risulta che
67. llafel: dai 75. lui: il corno. Al.: vedi lei, cioè la
queste voci non sono né possono essere soga. La soga è al collo; al petto, è il
282 [DISCESA al CÉRO. 9] INF. XXXI. 7B-86 MBROTTO]

70 Poi disse a me: « Elli stesso s'accusa:


questi è Nenibrotto, per lo cui mal coto
pur un linguaggio nel mondo non s'usa.
Lasciamlo stare, e non parliamo a voto;
che così è a lui ciascun linguaggio,
come il suo ad altrui, eli' a nullo è noto. »
82 Facemmo adunque più lungo viaggio,
volti a sinistra ed al trar d' un balestro
;

trovammo l'altro assai più fiero e maggio.


85 A cinger lui qual che fosse '1 maestro
non so io dir; ma ei tenea succinto

corno. Cfr. Moore, Orit., 354 sg. - ti 79. Lasciamlo: AL: Lascialo, errata ri-
doga: ti segna d'una lista o striscia, duz. di Lasciallo— lasciamlo; cfr. Inf. Ili,
quasi doga; « quia tenebat cornu per 51. - a yoto: invano; cfr. Inf. Vili, 19.
transversum pectoris»; Benv. Abbiamo 80. è a lui non lo intende. Ma perchè
:

esempi antichi di addogato nel senso di V. parlò a lui, se sapeva di non essere
listato in desci'izioni di vesti ed armi inteso? In realtà sotto forma di rimpro-
gentilizie, e, per vesti, anche di dogato. vero a Nembi-otte, V. dà spiegazioni atte
V. il Yocab., An. Fior. « Fa ivi una
: a rassicurare D. Cfr. Bull. IX, 100 s<r.
doga, ciò è una lista ». 81. a nullo: a nessun uomo.
76. s'accusa: mostra coli' inintelligi- V. 82-111. Fialte. Continuano il loro
bile linguaggio chi sia e quale la sua viaggio, volgendo, come di solito, a sini-
colpa. stra. A
un tiro di balestra trovano un
77. mal
coto: cattivo pensiero d' inal- altro gigante, più fiero e più grande di
zare la torre di Babele. Coto, usato an- Nembrotto, legato con una catena. È
che in Par. Ili, 26, è « il deverbale di Fialte, o Efialte, figlio di Nettuno e di Ifi-
cotare, che si disse regolarmente nel fio- media, di smisurata grandezza, uno dei
rentino, invece di coitare, lat. cogitare, più forti ed arditi nella pugna contro
per la nota tendenza di codesto dialetto Giove; cfr. BLorat., Od. Ili, iv, 49 sg.
a scempiare i dittonghi discendenti » ; D. esprime il desiderio di veder anche
Parodi, Bull. Ili, 151. Cfr. tracotanza, Briareo ma V. gli dice che questi è trop-
;

oltracotanza etc. po lontano e che vedrà invece Anteo.


78. pur un solo uno, come prima del-
: In questa Fialte si scuote di rabbia.
l'edificazione della torre, Gen. XI, 1: 83. volti attraversato l' argine, ora
:

« Erat autem terra labii unius et ser- ne percorrono l'orlo interno.


monum eorundem ». Ed ecco come D. 84. maggio: maggiore. Cfr. Inf. VI,
spiega nel D. V. E. I, 7 la moltiplica- 48. Par. XXVI, 29, ecc.
zione delle lingue. I lavoratori intesi ad 85. qual che ecc. cfr. Inf. XV, 12.
:

innalzare la torre « tanta confusione ce- - « Hoc non est aliud dicere, nisi quod
litus percussi sunt, ut qui omnes una fuitDeus incognoscibilis, incomprehen-
eademque loquela deserviebant ad opus, sibilis artifex»; Benv.- « Tu Deus de-
ab opere, inultis diversificati loquelis, de- duces eos in puteum interitus » Psal. ;

sinerent et nunquam ad idem commer- LIV, Ad


alligandos reges eorum
24. «
tium convenirent. Solis enim in uno con- in compedibus, et nobiles eorum in ma-
venientibus actu eadem loquela reman- nicis ferreis »; ibid. CXLIX, S. Ma D.
sit: puta, cunctis architectoribus una, dice ch'ei non sa bene chi fosse il mae-
cunctis saxa volventibus una, cunctis stro se proprio Dio o il diavolo, stru-
;

ea parantibus una; et sic de singulis ope- mento della giustizia divina.


rantibus accidit. Quot quot autem exer- 86. succinto: legato il braccio sinistro
citii varietates tendebant ad opus, tot sul petto e il destro a tergo. «Questo fìn-
ydiomatibus tunc genus humanum di- ge l'autore, per dare ad intendere che
siungitur; et quanto excellentius exer- l'opere spirituali, diritte e buone ebbe
cebant, tanto rudius nunc barbariusque di rietro, cioè le pospose e le sinistre,
;

locuntur ». cioè le ree corporali, ebbe dinnanzi, che


[discesa al cero. 9] Inf. xxxi. 87-104 [FIALTE] 283

dinanzi l' altro e dietro il braccio destro


d una catena che
7
teneva avvinto il

dal collo in giù, sì che in su lo scoperto


si ravvolgea infìno al giro quinto.

9L « Questo superbo voli' essere sperto


di sua potenza contra il sommo Giove »
disse il mio duca; « ond'egli ha cotal merto.
iU Fialte a nome e fece le gran prove ;

quando i giganti fèr paura a' Dei :

le braccia eh' el menò, giammai non move. »


97 E a lui « S' io : esser può te, io vorrei
che dello smisurato Briarèo
esperienza avesser gli occhi miei ».
100 Ond' ei rispuose « Tu vedrai Anteo :

presso di qui, che parla ed è disciolto,


che ne porrà nel fondo d'ogni reo.
103 Quel che tu vuoi veder, più là è molto,
ed è legato e fatto come questo,

le elessee seguitolle » (?) Buti. Secondo ; reus»; e X, 365 sgg. «iEgreon (=Bria-
altri, il modo concui è legato accenna reus) qualis centum cui bracchia dicunt
all'abuso clie Fialte fece della forza. Centenasque manus, quinquaginta ori-
89. scoperto nella parte del corpo non
: bus ignem Pectoribusque arsisse, Iovis
coperta dalla ripa, cioè dall' umbilico cum fulmina contra Tot paribus stre-
in su, si vedevano 5 giri di catena. peret clipeis, tot stringeret enses. » E
91. sperto esperto volle far esperi-
: : Stat., Theb. II, 595 sg. « Non aliter
:

mento di sua forza contro Giove. Geticse, si fas est credere, Phlegrae Ar-
92. sommo Giove: in Purg. VI, 118, matimi immensus (smisurato) Briareus
sommo Giove è chiamato il Dio vero. stetit aethera contra. » Cfr. n. 10-1.
Qui Giove, pur essendo il Dio de' Pa- 99. esperienza ecc. vederlo co' miei
:

gani, indica la Divinità in generale. occhi.


93. merto merito, mercede; di essere
: 100. ei Virgilio. - Anteo gigante alto
: :

legato e del tutto impotente. sessanta braccia, figlio di Nettuno e della


94. le gran prove di sovrapporre mon-
: Terra. Si nutriva di carne di leone e dor-
te a monte per assalire Giove. miva sulla nuda terra, dalla quale, come
95. quando nella pugna di Flegra; cfr.
: da sua madre, riceveva sempre nuove
Inf. XIV, 58. - fèr paura « Magnum : forze cfr. Virg., Aen. 1, 181 e 510 XII,
; ;

illa terrorem intulerat lovi Fidens iu- 443 Lue, Phars. V, 591 sgg.
;

ventus horrida brachiis, Fratresque ten- 101. parla: un linguaggio intelligi-


dentes opaco Pelion imposuisse Olyni- bile, a differenza di Nembrotto, che
po»; HoraX., Od. Ili, iv, 49 sg. parla un linguaggio non umano. - è di-
97. S'esser puote: se è possibile. sciolto:a differenza di Fialte, eh' è le-
98. Briarèo tìglio di Urano e della
: gato. Nato più tardi, Anteo non prese
Terra, gigante provvisto, secondo la fa- parte alla lotta dei giganti contro gli Dei;
vola, di cento mani, che opponevano a cfr. v. 118 sgg.
Giove cinquanta spade ed altrettanti scu- 102.reo: malizia; Bull. III. 135 e IX ,101.
di, e avente cinquanta teste e bocche, da 103. Quel: Briarèo.
ciascuna delle quali gittava fiamme. 104. fatto come questo: come Fialte;
Prese parte alla guerra dei Titani con- non ha dunque, secondo D., né le 100
tro gli Dei. e fu trafitto da Giove. Virg., braccia, né le 50 teste attribuitegli da
Aen. VI, 287 « centumgeminns Bria-
: altri poeti e dallo stesso V.; cfr. n. 98.
281 [DISCESA AXCERC. 9] I\'K. xxxi. 105-121 [ANTEO]

salvo che più feroce par nel volto. »


106 Non fu tremoto già tanto rubesto,
clie scotesse una torre così forte,
coinè Fialte a scuotersi fu presto.
109 Allor temett' io più che mai la morte,
non v'era mestier più che la dotta,
e
io non avessi visto le ritorte.
s'
112 Noi procedemmo più avanti allotta,
e venimmo ad Anteo, che ben cinqu'alle,
sanza la testa, uscia fuor della grotta.
115 « tu che nella fortunata valle
che fece Scipion di gloria reda,
quando Annibàl co' suoi diede le spalle,
118 recasti già mille leon per preda,
e che, se fossi stato all' alta guerra
de' tuoi fratelli, ancor par che si creda
121 eh' avrebber vinto i figli della Terra ;

perchè costringeva
105. feroce: forse 113. alle « alla è una misura in Fian-
:

gli stranieri che capitavano nel sno re- dra, come noi diciamo qui canna, ch'è
gno a lottare con lai, e poi li trucidava ;
intorno di braccia 2 1 J2 » An. Fior. Così
;

cfr.Lucan.,Phars. IV, 596. -par: appare. pure Benv., ecc. « Alla è nome di mi-
106-108. già: anziché mai (e in mai ' '
sura inglese, di due braccia alla fioren-
fu mutato ben presto), già potrebbe qui tina»; Land, e con lui Tom., Filai., ecc.
intendersi in senso asseverativo certo, '
« È impossibile determinare qual dimen-
di sicuro '. - rubesto quasi robusto
:
— sione D. dia a questa misura » Bl. ;

veemente, impetuoso Purg. V, 125. La


: 114. sanza la testa senza contar la
:

rabbia per la quale Fialte scuote sì misura del capo. - grotta roccia for- :

violentemente la sua persona, è mossa mante l'argine tra l'ottavo ed il nono


dall'aver udito che Briarèo è più feroce, cerchio; cfr. Inf. XXI, 110.
dunque dappiù di lui. 115. fortunata valle: di Bagrada, presso
110-111. non v'era ecc. : la sola paura Zama, dove Scipione riportò la gloriosa
mi avrebbe ucciso, se non avessi veduto vittoria sopra Annibale; cfr. n. 112-145.
le catene colle quali era strettamente le- 116. reda:erede; (Nannuc, Nomi,
gato. -dotta paura. Benv.: «Doitai&est
: 22, 217) forma anche altrove usata da
;

timor nam dottare est timere ». E dotta,


; D. conforme all' uso comune de' nostri
dottare, dottanza sono frequenti nell'an- antichi. Per la vittoria di Zama Scipione
tiche scritture toscane ma D. non usò; ebbe il titolo di Affricano.
di queste forme se non dotta qui, e due 118. mille: cfr. Lucan., Phars. IV,
volte dottanza nelle Rime. 601 sgg. « latuisse sub alta Eupe fe-
: |

Y. 112-145. JLntèo. V. e D. vanno runt, epulas raptos habuisse leones ».


avanti, e arrivano dov' è Anteo (cfr. v. 119. guerra dei giganti contro Giove.
:

100 n.), ch'ebbe la sua spelonca nella La Terra « cesio pepercit Quod non Phle-
valle di Bagrada presso Zama (cfr. Lu- grseis Antseum sustulit arvis »; Lucan.,
cati., Phars. IV, 590 sgg. 656 sgg.) e ; Phars. IV, 596 sg.
fu poi ucciso da Ercole. preghiera diA 120. fratelli: essendo i giganti figli
V., Anteo piglia i due P. colle sue mani, della terra. - ancor par ecc. è ancora :

si china e li posa giù nel fondo del poz- opinione di alcuno cfr. Inf. XII, 42
; ;

zo ma subito si leva su diritto come al-


; XVII, 108. Con queste lodi V. mira a
bero in nave. rendersi benevolo il gigante, affinchè
112. allotta: allora; cfr. In/. V, 53. esaudisca poi la preghiera dei vv. 121 sg.
[discesa al cero. 9] Ine. xxxi. 122-136 [ANTEO] 285

mettine giù, e non ten vegna schifo,


dove Oocito la freddura serra.
124 Non ci far ire a Tizio né a Tifo :

questi può dar di quel che qui si brama ;

però ti china, e non torcer lo grifo.


127 Ancor ti può nel mondo render fama ;

ch'ei vive, e lunga vita ancor aspetta,


se innanzi tempo grazia a sé noi chiama. »
130 Così disse '1 maestro ; e qnelli in fretta
le man distese e prese il duca mio,
ond' Ercule sentì già grande stretta.
133 Virgilio, quando prender si sentìo,
disse a me
« Fatti in qua, sì eh' io ti prenda »
:
;

che un fascio er' elli ed io.


poi fece sì,
130 Qual pare a riguardar la Carisenda

122. non ten Tenga schifo non avere : troviamo tener a schifo la gente, appa-
a sdegno di renderci questo servigio, iato a torcere il grifo. Il P. forse im-
« licet tu videaris tam magnus, et iste maginò che il gigante torcesse vera-
tam parvus » ; Benv. mente il volto con fare sdegnoso all'udir
123. Oocito : accus.; calaci al fondo del V., sicché questi a persuadere Anteo,
pozzo, dove il freddo congela (serra) le fosse indotto ad aggiungere alle lodi e
acque di Cocito; cfr. Inf. XXXII, 22 sgg. lusinghe deivv. 115-121 ancora una pa-
124-125. Non ci far ecc.: sii tu colui che rola circa il possibile avvivamento del-
ci metta giù, e non volere che andiamo la bella fama del gigante su in terra per
a richiedere di questo servigio alcuno opera di D., ancor* vivo. non tor- Ma '

degli altri giganti che stanno intorno al cer lo grifo può essere solo un' altra
'

pozzo sarai tu così colui che potrà aver


; formula di preghiera aggiunta per mag-
su nel mondo quella fama che tu ed i tuoi gior efficacia a quelle dei vv. 122 sg. e
pari bramate e che questi può dare. - all'ultima Però ti china ', senza che An-
'

Tizio: gigante folgorato da Apollo per teo avesse fatto alcun gesto sdegnoso.
aver tentato Latona cfr. Virg., Aen.
; 128. lunga: altri 35 anni; cfr. Inf.
VI, 595 sgg. Ovid., Met. IV, 457 sgg. I, 1. Conv. IV, 23-24.
Lacan., Phars. IV, 595 sgg. - Tifo Ti- : 129. innanzi tempo prima del termine:

feo (cfr. Par. Vili, 70), gigante fulmi- naturale della vita; cfr. Conv. IV, 23.
nato da Giove e sepolto nell'Etna; cfr. -grazia: divina: cfr. Conv. IV, 28.
Ovid., Met. V, 346 sgg. Lue, l. e, no- 132. ond'Ercole dalle quali mani Er-
:

mina Tifeo insieme con Tizio, aggiun- cole si sentì fortemente afferrare quando
gendo che Anteo era più forte di loro. lottò con Anteo. «Conserueremanus et
Onde V. ricorda questi due per lusin- multo brachia nexu. Colla din gravibus
gare l'orgoglio di Anteo. - quel che si frusta tentata lacertis, Immotumque ca-
brama fama su nel mondo. - qui nel-
: : put fìxa cum fronte tenentur Mirantur- ;

P Inferno; cfr. Inf. VI, 89; XIII, 76 que habuisse parem»; Lucan., Phars.
Sgg.; XV, 119 Sg.; XVI, 82 Sgg.; IV, 617 sgg.
XXVIII, 106, ecc. È questa l'ultima 135. fece : mi abbracciò sì, che erava-
volta che tale lusinga produce il voluto mo come legati insieme in un solo fascio.
effetto i traditori vedremo che non bra-
: 136. Carisenda: una
due famose delle
mano fama, sì l'oblio; Inf. XXXII, 94. torri di Bologna, edificata nel 1110 da
126. non torcer lo grifo per disde- : Filippo e Odo dei Garisendi. Ora ha un' al-
gno. - grifo volto.
: Grifo non doveva
' '
tezza di metri 47,51, e verso levante uno
sonare come parola di spregio; se tale strapiombo di m. 2,37 ma fu assai più ;

fosse, V. non l'avrebbe qui usata. An- alta, essendo stata mozzata verso il 1355
eli e in Br. Latini, Tesoretto 2591-2593 per ordine del tiranno Giovanni Visconti
286 [discesa al cebo. 9] Ink. xxxi. L37-145 [ANI

sotto '1 chinato, quando un nuvol vada


sovr'essa sì, clic ella incontro penda;
139 tal parve Anteo a me che stava a bada
di vederlo chinare, e fu ini ora
eli' io avrei voluto
per altra strada;
ir
142 ma lievemente al fondo che divora
Lucifero con Giuda, ci sposò ;

né, sì chinato, lì fece dimora,


145 e come albero in nave si levò.

da Oleggio, onde fu poi detta Torremoz- 142. lievemente agevolmente. -divo-


:

za. Quello clie ne rimase e rimane, ha ra: tiene dentro suo ghiaccio, epperò
il

tuttavia la pendenza che s'è detta. Cfr. quasi ingoia e divora i traditori e Lu-
Vernon, Inf. voi. Ili, pag. 219 ed ivi cifero.
tav. 98. « Quando le nuvole vanno al- 143. ci sposò: ci depose, da sposare, che
l'opposita parte del piegare della torre, è posare con una * prostetica.
a chi vi guarda par ch'ella si chini»; 144-145. ne ecc. e non rimase a lungo
:

Lan. E D. dovè provare egli stesso que- così chinato, ma si affrettò a rialzarsi
st' impressione, e tanto più viva, quanto « con quella altezza e gravezza che si
più la torre allora era alta. Alla Cari- rizza albero in nave » Land. - come
;

senda si riferisce il son. « Non mi po- albero: « Questa similitudine dell'albe-


rtano già mai fare amenda » di cui è ro non possiamo intendere di nave gros-
copia in un Memoriale bolognese del sa di mare; ma di galee, ed altre ma-
1287, e che par sia di Dante. gre fuste, e ben ancora di navi d'acqua
137. sotto il chinato dalla parte ov'es-
: dolce, che sogliono levare, e calare l'al-
sa è inclinata. bero secondo che mesti er lor fa » Barg..
;

139. stava a bada: guardava attenta- L. Yent., Simil., 318: « La similitudine


mente; cfr. Nannucc, Terbi, 295. dipinge 1' atto e i suoni del verso, aper-
;

140-141. e fu ecc.": e fu quello un mo- ti sul primo e vibrati siili' ultimo, per
mento così spaventevole per me, che mostrare l' ampiezza dell' arco descritto
avrei voluto fare qualsiasi altro cam- dal corpo d'Anteo e la fermezza in
mino piuttosto che esser messo laggiù cui questi tornò appena fu diritto, ag-
per mano d'Anteo. Al.: che avrei voluto giungono all'arte quel che il pennello
andar; cfr. Z. F., 195. non può ».
[CKRC. 9. GIRO 1] INF. XXXII. 1-8 [ESORDIO] 287

CANTO TRENTESIMOSECONDO

CERCHIO NONO: FRODE IN CHI SI FIDA, O TRADITORI

GIRO PRIMO - CAINA: TRADITORI DEI CONGIUNTI


(Stanno immersi nel ghiaccio fino al capo, con la faccia volta in giù)

CONTI DI MANGONA, MORDREC, FOCACCIA DE' CANCELLIERI


SASSOL MASCHERONI, CAMICION DE' PAZZI

GIRO SECONDO - ANTENORA: TRADITORI DELLA PATRIA


(La medesima pena, salvo che non hai] la faccia volta in giù)

BOCCA DEGLI ABATI, BUOSO DA DUERA, TESAURO DE BECCHERIA 7

GIANNI DE' SOLDANIERI, GANO, TEBALDELLO ZAMBRASI


IL CONTE UGOLINO E L'ARCIV. RUGGERI

S'io avessi le rime aspre e chiocce,


come converrebbe al tristo buco
si

sovra il qual pontan tutte l'altre rocce,


io premerei di mio concetto il suco
più pienamente; ma perch'io non l'abbo.
non sanza tema a dicer mi conduco ;

che non è impresa da pigliare a gabbo


discriver fondo a tutto 1' universo,

V. 1-15. Esordio. Prima di trattare 4-5. premerei ecc.: esprimerei più com-
dell' ultima regione infernale, la più pro- piutamente. Premere qui = spremere ;

jfonda e la più tremenda di tutte, D., cfr. Par. IV, 112. - il suco la sostanza.
:

(temendo che la sua lingua non basti a -abbo: ho (lat. habeo); Nannuec, Yer-
tanto, invoca (come Purg. XXIX, 37 bi, 480 sg.; non ho rime tanto aspre e
l'aiuto delleMuse, e prorompe in chiocce, quanto l'argomento vorrebbe.
isclamazione contro i traditori che 7. a gabbo: a giuoco.
sono dannati in quel luogo. 8. fondo: il fondo
; omesso l'articolo,
aspre: « quanto al suono del dettato
1. come usarono assai più spesso di noi gli
die a tanta materia non conviene esser antichi. Giuste considerazioni fa il D' Ov.
; Conv. IV, 2. - chiocce : rauche ;
(St., 514) sul falso senso che si suol dare
cfr. Inf. VII, 2. a questo verso, uno de' più citati, « cioè
2. buco : nono cerchio, detto buco per di descriver da cima a fondo o in lungo
rispetto agli altri cerchi, e
per rispetto e in largo tutto V universo » ;senso a
ai fondo dove è Lucifero; cfr. Inf. cui si lasciarono trascinare i lettori per
XXXIV, 131. Par. XXIX, 56 sg. poca attenzione, ma un po' anche per-
3. pontan s'appoggiano come su base
: chè non si vede bene perchè D. giudi-
comune « ad centrum terree tendunt
: casse particolarmente difficile il descri-
omnia pondera gravitatimi »; Benv. vere « un pozzo ghiacciato, sol perchè
288 [CBRC. ì). GIKO 1] Im'. xxxii. 9-20 |
esordio]

né da lingua che chiami mamma e babbo;


LO ma quelle donne aiutino il mio verso,
ch'aiutavo Annone a chiuder Tebe,
sì che dal fatto il dir non sia diverso.
13 sovra tutte mal creata plebe,
che stai nel luogo onde parlare e duro,
me' foste state qui pecore o zebe !

16 Come noi fummo giù nel pozzo scuro


sotto i pie del gigante, assai più bassi,
e io mirava ancora all' alto muro,
19 dicere udimmi « Guarda come
: passi :

va' sì, che tu non calchi con le piante

questo era al fondo, ossia al centro della V. 16-39. Caina, la regione dei tra*
terra, e quindi, secondo il sistema to- ditori de' congiunti» Come i P. sono
lemaico, al centro di tutto l' universo », giù in fondo al pozzo, D., pur cammi-
sia pure ch'egli, come poeta, volesse nando col maestro, tiene gli occhi all'al-
« naturalmente associare a quell'oscuro ta ripa da cuiAnteo li ha calati, quando
fondo tutti i fantasmi degni della sua da una voce che risuona a' suoi piedi,
situazione cosmica e della sua qualità si sente ammonire di camminare guar-
di sede dei più tristi dannati e di Luci- dingo per non pestare le teste de' mi-
fero, e la rappresentazione di Lucifero seri dannati. China allora gli occhi e
stesso, non già rimanersi a una descri- guarda il piano su cui si trova (9° e ul-
zione volgare o meramente geometrica ». timo cerchio dell'Inferno), e vede ch'è
9. lingua ecc. : non lingua dell' uso un amplissimo lago di ghiaccio (Cocito).
comune ', cioè volgare, nella quale è det- E lì dov'ei cammina (è la Caina, la pri-
tato il poema (cfr. Vulg. El. n, 7. Ep. ma delle 4 zone concentriche in cui Co-
Kani, 10), ma lingua da bimbo, inter- cito si divide, assegnata ai traditori dei
pretazione propugnata anche dal D'Ov., parenti e che ha nome dal primo fratri-
8t., p. 516 sgg. AL: 'Lingua ancor bam- cida, Caino), scorge dannati che, fìtti
bina, come allora era il volgare ma '
; nel ghiaccio sino al collo e lividi, bat-
tale non era per D. il volgar nostro. tono i denti e piangono con le faccie
10. quelle donne: le Muse, già invo- volte in giù. (Il ghiaccio simboleggia la
cate in Inf. II, 7. fredda durezza di cuore de' traditori).
11. Annone figlio di Giove e di An-
: 17. assai più bassi avendoli Anteo de-
:

tiope. Sonava maestrevolmente la cetra; posti lungi dalla parete del pozzo, il
e volendo cingere di mura la città di cui fondo va torno torno digradando e
Tebe, né avendo a ciò altro mezzo, sonò restringendosi, come imbuto, verso il
la sua cetra, e, allettate dal suono, le buco centrale, dove sta Lucifero.
pietre scesero da sé dal monte Citerone, 18. mirava: cfr. Inf. I, 26. - muro:
e da sé formarono il muro cfr. Horat., ; onde Anteo li aveva calati.
Ars Poet., 394 sg. Proper. Ili, 2, 2. Va'si: Al.: Fa'si. Si è quell'om-
20.
12. sì che ecc. così che le mie parole sie-
: bra accorta che D. è ancor vivo? O te-
no adeguate al soggetto; cfr. Inf. IV, 147. me di essere calpestata da un'ombra?
13. mal: per tua sventura. Anche ciò sarebbe possibile. « Etiam
14. duro: difficile. La condizione dei miseria aniniae derivabitur ad corpora
traditori è sì orrida, che descriverla è damnatorum.... Erunt igitur corpora
difficile assai. damnatorum integra in sui natura, nor.
15. me'
meglio per voi
: cfr. Matt. ; tamen illas conditiones habebunt, qua
XXVI, « vae homini illi per quem
24 : pertinent ad gloriam beatorum non ;

Filius hominis tradetur bonum erat ei : enim erunt subtilia et impassibilia, sed
si natus non fuisset homo ille ». - qui : magis in sua grossitie et passibilitatf
nel mondo, -zebe: capre; voce tuttora remanebunt, et augebuntur in eis noi ;

vivente. erunt agilia, sed vix ab anima porta


[CERC. 9. GIRO 1] INF. XXXII. 21-38 [caina] 289

le teste de' fratei miseri lassi» !

22 Per ch'io mi vidimi davante


volsi, e

e sotto i piedi un lago che per gelo


avea di vetro e non d'acqua sembiante.
25 Non fece al corso suo sì grosso velo
verno la Danoia in Osterlicchi
di
né Tanaì là sotto il freddo cielo,
coni' era quivi che se Tambernicchi
;

vi fosse su caduto, o Pietrapana,


non avria pur dall' orlo fatto cricchi.
31 E come a gracidar si sta la rana
col muso fuor dell'acqua, quando sogna
di spigolar sovente la villana ;

34 livide insin là dove appar vergogna


ombre dolenti nella ghiaccia,
eran 1'

mettendo i denti in nota di cicogna.


37 Ognuna in giù tenea volta la faccia :

da bocca il freddo, e dagli occhi il cor tristo

bilia;non erunt clara sed obscura, ut nicch nella Carniola, o dello Iavornik
obscuritas animaB in corporibus demon- (= Monte degli àceri) presso Adelsberg
stretur»; Thovn. Aq., Comp. theol.,V. nella stessa Carniola; cfr. Bass., 464 sgg.
I, e. 176. 29. Pietrapana: montagna delle Alpi
di noi due, che fummo
21. de' fratei : apuane tra il Serchio e la Magra oggi ;

piuttosto, di noi dannati qui


fratelli, o, la Pania.
in Oocito, che pur siamo fratelli tuoi ; 30. non avria ecc. non avrebbe, nem-
:

senso confermato dal guardar che fa D. meno all' orlo esteriore dove era meno
tutt'attorno, prima di volgersi a' piedi grosso, fatto rumore screpolando. - cric-
(vv. 22-41). chi « Far cricche si dice anche
: nell'uso
23. lago: Cocito, sulla cui origine v. comune per significare suono di cosa
Inf. XIV, 103 sgg. dura che si rompa, ed anche l'atto del
24. avea ecc.: pareva vetro, non acqua ;
rompersi essa » Fanf. ;

cfr. Canz. «Io son venuto », vv. 59 sg.: 32. quando: nell'estate. « Iuvat esse
« E l' acqua morta si converte in vetro sub undis.... Nunc proferre caput » dice
Per la freddura ». Ovid., Met. VI, 370 sgg.
25. Telo crosta di ghiaccio che vela le
: 34. livide le ombre livide e dolenti
:

acque che scorrono sotto. « Concrescunt erano fìtte nella ghiaccia (anticamente =
subita} currenti in liumine crustse » ;
ghiaccio) sino al viso, dove si mostra la
Yirg., Georg. Ili, 360. vergogna col rossore. Questa interpre-
26. Danoia così fu in antico chiamato
: tazione è certa per la precedente simi-
spesso il Danubio. - Osterlicchi: Austria. litudine delle rane. Per altre interpre-
Al.: Austerrich, Isterlicchi etc, forme tazioni cfr. il Comm. Lips.
italiane simili alla tedesca; Bull. Ili, 143. 36. mettendo ecc.: battendo i denti per
27. Tanaì: Tana; lat. Tanais, oggi Don, il freddo e facendoli sonare al modo che
fiume della Russia. crepita il becco della cicogna. « Ibi erit
28. Tambernicchi AL: Tabernicchi, È
: fletus et stridor dentium »; Matt. XIII,
incerto di qual monte D. intenda par- 42. - «Ipsa sibi plaudat crepitante cico-
lare. I più degli antichi intendono di nia rostro»', Ovid., Met. VI, 97.
un monte della Schiavonia; Buti di un 37. in giù: non volendo esser veduti
monte altissimo nell'Armenia; Veli, di e riconosciuti cfr. v. 94.
;

un monte in Dalmazia; Al. del Taber- 38. da bocca ecc. : col batter de' denti

19. — Div. Comm., 8 a ediz.


290 [CERC. «.). <iIKO 1] INF. XXXII. 39-56 [conti di mangona] {

tra Lor testimonianza si procaccili.


40 Quand'io ebbi diuturno alquanto visto,
volsinii a' piedi, e vidi due sì stretti,
clie '1 pel del capo avieno insieme misto.
43 « Ditemi, voi che sì stringete i petti »
1
diss io, « chi siete? » E quei piegaro i colli ;

ebber li visi a me eretti,


e poi eh'
46 gli occhi lor, ch'eran pria pur dentro molli,
gocciar su per le labbra, e il gelo strinse
le lagrime tra essi, e riserrolli.
49 Con leguo legno spranga mai non cinse
forte così; ond'ei, come due becchi,
cozzaro insieme, taut' ira li vinse.
52 E un eh' avea perduto ambo gli orecchi
per la freddura, pur col viso in giùe,
disse « Perchè cotanto in noi ti specchi?
:

55
Se vuoi saper chi son cotesti due,
la valle onde Bisenzo si dichina,

è dalla bocca attestato il freddo che sof- per guardar in su.


44. piegaro: indietro,
frono quei miseri colle lagrime è dagli
;
pur dentro molli pregni di la-
46 :

occhi attestato l'interno dolore. grime.


V. 40-69. I conti di Mangona e Ca- 47. su: AL: giù. Cfr. Moore, Crit., 355
micion de' Pazzi, D., dato uno sguar- sg. - labbra non è necessario inten-
:

do a quel piano di ghiaccio, si china dere delle palpebre, labbra degli occhi
verso il luogo donde è venuta la voce {Lomb., Pogg., ecc.), che le palpebre
ammonitrice (vv. 19 sgg.), e scorge due non si chiamano mai labbra e 1' equi-
ombre così strettamente unite, che le voco sarebbe qui troppo forte e tutt'al-
loro chiome sono insieme confuse. Do- tro che dantesco.
manda loro chi sono; e i due alzano il 48. essi occhi. Come si furono pie-
:

viso per guardarlo, ma lo abbassano di gati per mirare il P. col capo indietro e
nuovo subito, e cozzano insieme rabbio- con gli occhi aperti lagrime, pur goc- ;

si, perchè le lagrime, congelandosi, bau ciolandone qualcuna giù per il volto, si
richiusi loro gli occhi. altro dannato Un congelarono subito e richiusero gli occhi.
allora li fa conoscere a D. senza pro- 49-50. Con legno ecc.: Spranga di ferro
priamente nominarli, e ricorda insieme non tenne mai due pezzi di legno stretti
tre altri compagni di pena, e finalmente insieme così forte, come il ghiaccio tene-
sé stesso, aggiungendo che aspetta un va chiusi gli occhi di quei due.
altro della sua famiglia, traditore più 51. cozzaro «Inter se adversis luctan-
:

tristo di lui. turcornibus haedi »; Virg., Georg. II, 526.


41. a' piedi per vedere colui che mi
:
- ira s' irritarono e infuriarono così per
:

avea indirizzata la parola, v. 19 sgg. - essersi le loro lagrime subito gelate e ri-
stretti « non credas hoc ex affectione
: chiusi gli occhi.
vel dilectione.... sed ex amaritudine et 53. pur ecc.: senza alzar gli occhi per
acerbitate odii, quia sic se invicem strin- non sentirseli richiudere dal gelo come
xerunt, quando se mutuis vulneribus in- era avvenuto agli altri due. -giùe: la
terfecerunt » Benv. E anche per puni-
; solita -e epitetica come in èe, sue, ecc.
zione dell'essere stati, essi congiunti 54. ti specchi : figgi gli occhi a lungo
per natura, separati in vita dall'odio. e intenti in questo ghiaccio dove noi
43. stringete i petti: quasi amici che siamo, come in uno specchio.
si abbracciano (cfr. n. precedente). 56. Bisenzo JBisenzio, fìuraicello che
:
[CKRC. 9. GIRO 1] Inf. xxxii. 57-68 [camicion de'pazzi] 291

del padre loro Alberto e di lor fue.


58 D' un corpo uscirò e tutta la Caina j

potrai cercare, e non troverai ombra


degna più d'esser fìtta in gelatina;
non quelli a cui fu rotto il petto e l' ombra
con esso un colpo per la man d' Artù ;

non Focaccia non questi che m' ingombra


;

64 col capo sì, ch'io non veggio oltre più,


e fu nomato Sàssol Mascheroni :

se Tosco se', ben sai ornai chi fu.


67 E perchè non mi metti in più sermoni,
sappi eh' io fui il Caini sci on de' Pazzi ;

bagna Prato e sbocca nell'Arno sotto le veitbien » Lancelot du lac. - ombra


; :

Firenze di contro alla Lastra. qui nel senso proprio.


57. Alberto: degli Alberti, conte di 63-64. Focaccia: de' Cancellieri di Pi-
Mangona, che testò nel 1250. -di lor: di stoia e di parte Bianca, « prode e ga-
Alessandro e di Napoleone suoi figliuoli. gliardo molto di sua persona, del quale
« Questi due fratelli.... furono di sì per- forte temevano quelli della parte Nera
I verso animo, che, per torre 1' uno all' al- per le sue perversità, perchè non at-
: tro le fortezze che avevono in Val di tendea ad altro, eh' ad uccisioni e fe-
Bisenzio, vennono a tanta ira et a tanta rite»; Marat., Script. XI, 370. Uccise,
malvagità d'animo, che l'uno uccise assalendolo a tradimento, Detto de' Can-
i
l'altro, et così insieme morirono»; An. cellieri, suo cugino, e dal 1286 al 1295
I Fior., e così altri antichi che parlano di commise parecchi altri delitti. Bambgl.,
; reciproci tradimenti. Il fatto sembra av- Petr. Dant. ed altri ^dicono che uccise
|
venuto dopo il 1282. Napoleone era ghi- il proprio padre; Lan., Ott., An. Fior.
:

bellino, Alessandro guelfo; ma s'odia- e molti altri lo accusano di aver ucciso


|
rono più per interessi privati che per a tradimento un suo zio; altri lo fanno
ragioni politiche. In una cronichetta autore del taglio della mano di Dorè
della prima metà del sec. xiv leggesi Cancellieri nel 1286, che fu invece opera
che nel 1279 « messer lo cardinale frate d'un suo parente cfr. G. Vili. Vili, 38. -
;

'

Latino, legato di messer lo papa, fece m'ingombra ecc.: mi sta innanzi e m'im-
fare, del mese d' ottobre, la pace tra '1 pedisce sì, ch'io non posso veder oltre.
conte Alessandro e '1 conte Napoleone 65. Sàssol Mascheroni de' Toschi da
:

a San Ghirigoro al ponte Eubaconte; Firenze, uccise a tradimento secondo


e non s'attenne»; Bull. XVIII, 11. - 1' Ott. un nipote di cui era tutore « per

fue essendo signori dei castelli di Ver-


: rimanere erede.... onde a lui fu tagliata
nio e di Cerbaia in Val di Bisenzio ol- la testa in Firenze »; secondo altri, egli
tre che di Mangona in Val di Sieve. avrebbe commesso il delitto su un cu-
58. D'un corpo ecc. fratelli anche per
: gino o sui fratelli. Scrive V An. Fior.:
parte di madre, la contessa Gualdrada, « fu preso costui, et confessato il male-
ohe partorì al conte Alberto questi ed fìzio,fu messo in una botte d' aguti, et
altri figlinoli. fu trascinato rotolando la botte per la
60. in gelatina : « in istam glaciem ge- terra, et poi gli fu mozzo il capo. Fu
latane »; JBenv.; ma gelatina non è detto questa novella sì palese, che per tutta
senza ironia. Toscana se ne parlò et però dice l' Aut-
;

61. quegli : Mordrèc, figlio o nipote del tore Se tu se' di Toscana, tu il dei sa-
:

re Artù, volle togliere il regno a lui pere ».


ed ucciderlo a tradimento ma Artù gli ; 67. metti: metta; affinchè tu non mi
passò il petto con un colpo di lancia, obblighi, con domande relative a me,
«Et dit l'ystoire que après l'ouverture a parlare ancora.
de la lance passa par my la playe un 68. Camiseion Alberto Camicione dei
:

ray de soleil si óvidemment, que Girflet Pazzi di Valdarno. Uccise proditoria-


292 [CERC. 9. GIRO ì] Ixf. wxii. 69-83 [bocca degli abati]

e aspetto Carlin che mi scagioni. »


70 Poscia vid' io mille visi, cagnazzì
fatti per freddo; onde mi vien ri prezzo,

e vena sempre, de 1
gelati guazzi.
73 E mentre ch'andavamo inver lo mezzo,
al quale ogni gravezza si ratina,
e io treni va nell'eterno rezzo;
ì

7C se voler fu, o destino, o fortuna,


non so ; ma, passeggiando tra le teste,
forte percossi ad una. il pie nel viso
79 Piangendo mi sgridò « Perchè mi peste? :

se tu non vieni a crescer la vendetta


di Montaperti, perchè mi moleste?»
82 E io « Maestro mio, or qui m'aspetta,
:

sì eh' io esca d' un dubbio per costui ;

mente Ubertino de' Pazzi (Bambgl.), o che il dannato si nominasse ; ma questi ai


piuttosto degli libertini (Del Lungo, Di- ricusa, e alla violenza con che D. lo tratta,
no Compagni II, 29), suo consanguineo risponde solo con urli pei quali è sentito
(Bambgl., Dan., Ott., Benv.); chi dice e chiamato per nome da un compagno
cugino (An. Fior.) e chi zio (Buti). di pena. È Bocca degli Abati, il tradi-
69. Carlin Carlino de' Pazzi di Val-
: tore di Montaperti (1260), il quale ferì e
damo. Cedette nel 1302 per danari il tagliò la mano a Iacopo jSTacca de' Pazzi
castello di Piantravigne ai Neri di Fi- di Firenze, che portava la bandiera della
renze per il quale tradimento molti
;
cavalleria Fiorentina e della cui schiera
de' fuorusciti Bianchi che ivi con lui si faceva parte dal qual fatto derivò disor-
;

erano rinchiusi, «furono morti e presi » ;


dine e scompiglio, e quindi la disfatta
G. Vili, Vili, 53. - scagioni scusi o di- : dei Guelfi. Cfr. G. Vili. VI, 78.
scolpi, essendo più infame traditore che 70. cagnazzi: canini, fatti per soper-
non fui io. chio freddo grinzi a modo de' mostacci di
V. 70-111. JLiitenora, la regione cane; Benv., Veli., Dan., ecc. AL: Lividi
dei traditori politici (della patria (Buti) o meglio paonazzi, quasi neri.
;

o della parte loro). Bocca degli 71. riprezzo: qui in senso traslato per
Abati. Passano i P. nel secondo giro orrore, che prova ripensando a ciò che
di Cocito, denominato Anteuora, da An- vide e alla freddura che sentì laggiù.
tenore, principe Troiano che se nei poemi 72. gelati guazzi: guadi congelatale
omerici è descritto come uomo savio ed acque stagnanti e ghiacciate di Cocito.
eloquente, il quale consigliava di resti- 74. al quale; cfr. Inf. XXXIV, 111.
tuire Elena ai Greci, è altrove rappre- 75. tremava: di freddo, v. 71. -eterno
sentato come (Som., II. Ili, 148 sgg., rezzo luogo eternamente scuro e freddo.
:

203 sg., 262 sg.; VII, 345 sg.) un traditore 76-78. destino: decreto del fato. - for-
che consegnò ai Greci il Palladio (cfr. tuna: caso. - non so: non ricordo. - nel
Serv., Ad Aen. I, 242), e diede loro il se- yiso: AL: nel capo.
gno mediante una lanterna, ed aperse il 80. a crescer: ad aumentare contro
cavallo di legno cfr. Tzetz., ad Lycophr.
; di me.
340 Strab. XIII, 1, 53. Paus. X, 27. Xel-
; 81. Montaperti villaggio nella Val
:

l' Anteuora stanno i traditori della patria d' Arbia vicino a Siena, ove il 4 sett. 1260
o della propria parte hauno parte della
: fu la celebre battaglia tra i Ghibellini di
testa fuori del ghiaccio e il viso volto in Siena ed i Guelfi di Firenze e di Lucca;
su. D. urta col piede uno di questi visi, e cfr. n. 70-111 e Inf. X, 85 sgg.
colto da un sospetto per certe parole che 83. dubbio: se, come sospetto, costui
irritata l'ombra gli ha rivolte, vorrebbe sia il traditore Bocca degli Abati.
[CERC. 9. GIRO 2] Inf. xxxii. 84-105 [bocca degli abati] 293

poi mi farai, quantunque vorrai, fretta »,


85 Lo duca ed io dissi a colui,
stette j

clie bestemmiava duramente ancora :

« Qual se' tu che così rampogni altrui ? »


88 « Or tu chi se', che vai per l' Antenora
percotendo » rispuose « altrui le gote,
sì che, se fossi vivo, troppo fora? »

01 « Vivo son io, e caro esser ti puote »


fu mia risposta, « se domandi fama,
ch'io metta il nome tuo tra l'altre note. »
94 Ed egli a me « Del contrario ho io brama
: :

levati quinci e non mi dar più lagna ;

che mal sai lusingar per questa lama ».


97 Allor lo presi per la cuticagna,
e dissi « E' converrà che tu ti nomi,
:

o che capei qui su non ti rimagna » !

100 Ond' egli a me « Perchè tu mi dischiomi,


:

né ti dirò ch'io sia, né mosterrolti,


se mille fiate in sul capo mi tomi ».
103 Io avea già i capelli in mano avvolti,
e tratti gli n' avea più d' una ciocca,
latrando lui con gli occhi in giù raccolti -
7

84. mi farai ecc. : mi farai fretta, 95. levati quinci: vattene di qui. - la-
quanto (quantunque) ti piacerà. gna: motivo di lagnarmi, molestia. Bocca,
86. bestemmiava cfr. Apocal. XVI,
: 9, stizzito dalla presenza e dalla domanda
11. - duramente: rabbiosamente. di quel vivo, risponde ruvido e sgarbato.
87. così: come risulta dai vv. 79-81 e 86. 96. mal sai : per questa lama invano
88. Or tu: alla domanda di D., il tra- usi la lusinga del prometter fama: noi
ditore risponde con un' altra domanda, bramiamo l'obblìo. - lama cfr. Inf. XX, :

e-proprio per le rime. Al Qual se' tu? ri- 79 Purg. VII, 90 e D. chiama così il
; :

sponde con un Or tu chi se' ? al rampo- ; piano gelato di Oocito, perchè, pendendo
gni altrui, risponde con vai percotendo verso il mezzo, ha aspetto di un avval-
altrui le gote, che è assai peggio, par lamento; cfr. v. 16 sg.
voglia dire, del rampognare. 97. cuticagna la cotenna del capo sul-
:

90. se fossi yìto la percossa sarebbe


: l' occipite.
troppo forte anclie se tu fossi vivo. Boc- 100-102. Perchè ecc.: per quanto tu mi
ca crede di parlare a un dannato. strappi i capelli, non ti dirò chi sono, e

91. Vivo son io: B., a cui sta a cuore non levando in su il
te lo farò vedere
che il dannato sappia eh' egli è vivo, af- viso, anche se tu mille volte mi dia sul
finchè meglio s'induca a palesarsi, nel capo con le mani e coi piedi. - moster-
rispondere usa per prima la parola vivo, rolti inosterrò per mostrerò è forma
:
' ' ' '

con un costrutto, nella apparente irre- comune nell'antico toscano Nann., Ter- ;

golarità, efficacissimo, anche perchè dà bi, 241 e D' Ovidio-Meyer Lubke (Milano,
risalto ad non meno che a vivo.
io Hoepli) p. 156. - mi tomi propriam. mi :

93. note: della mia commedia: cfr. cada; cfr. Inf. XVI, 63.
Inf. XVI, 127. 105. latrando ecc.: continuando egli a
Del contrario dell' obblìo 1' essere
94. : : gridare irosamente, a mo' di cane, cogli
ricordato nel mondo è per lui infamia. occhi sempre bassi per non esser rico-
Per il costrutto cfr. la n. al v. 91. nosciuto alzando il volto.
294 [CBRC. 9. GIRO 2] Inf. XXXII. 106-121 [BUOSO DA DULIU]

100 quando un altro gridò: « Che hai tu, Boc


non ii basta sonar con le mascelle,
se tu n<»n latri? qua] dia voi ti tocca?»
109 « Omaì » disvio « non vo* clic tu tavelle,
malvagio traditor; che alla tua onta
io porterò di te vere novelle. »
L12 « Va' via » rispose, « e ciò che tu vuoi, conta
ma non tacer, se tu di qua entro escili,
di quel ch'ebb' or cosi la lingua pronta.
1
115 El piange qui L'argento de Franceschi:
Io vidi potrai dir quel da Duera
{ ' '

là dove i peccatori stanno freschi '.

118 Se fossi domandato altri chi v'era,


tu hai da lato quel di Beccheria,
di cui segò Fiorenza la gorgiera.
121 Gianni de' Soldauier credo che sia

107. sonar: battere i denti per il fred- i Ghibellini da Firenze nel 1258, « del me-
do, cfr. v. 36. se di settembre prossimo del detto anno}
108. qual diayol pare che quest'altro : il popolo di Firenze fece pigliare l'abate

non avesse udito il colloquio tra D. e di Vallombrosa, il quale era gentile uomo
Bocca, ma solo i latrati di quest'ultimo de' signori di Beccheria di Pavia in Lom-
e figurasse che e' fosse tormentato da
si bardia, essendoli apposto che a petizione
qualche diavolo. de' Ghibellini usciti di Firenze trattava
110. alla tua onta: per tua infamia. tradimento, e quello per martiro gli fe-
Y. 112-123. Buoso «*'« Duera ed al- cero confessare, e scelleratamente nella
tri traditori. Bocca si vendica d'essere Piazza di Santo Apollinare gli feeiono a
stato rivelato a D., dicendo prima il grido di popolo tagliare il capo, non guar-
nome di chi lo ha rivelato, poi quello dando a sua dignità, né a ordine sacro;
di altri suoi compagni di pena. Il primo per la qual cosa il comune di Firenze
è Buoso, della famiglia di Duera, o di e' Fiorentini dal papa furono scomuni-
Do vara, che col marchese Uberto Pal- cati; e dal comune di Pavia, ond'era il
lavicini tenne lungo tempo la signoria detto abate, e da' suoi parenti i Fioren-
di Cremona e che nel 1265 dai Ghibel-
;
tini che passavano per Lombardia, rice-
lini di Lombardia posto con buon eser- vevano molto danno e molestia. E di vero
cito ne' luoghi verso Parma per impe- si disse che '1 religioso uomo nulla colpa
dire passaggio dell'esercito francese
il avea, con tutto che di suo legna ggio fos-
di Carlo I d'Angiò, non oppose resisten- se grande ghibellino»; G. Vili. VI, 65.
za, e lasciò passare liberamente i Fran- Se non che, d' accordo con Dante, tutti
cesi, corrotto da essi con denaro cfr. : gli antichi commentatori credettero che
G. Vili. VII, 4. Murat., Script. IX, 709. 1' abate fosse veramente colpevole.

113. eschi esca se è vero che tu esca


: ; 120. gorgiera: propriamente quella par-
di qua e taccia ritorno al mondo. te dell'armatura che copre la gola: qui,
114. di quel ecc.: di costui che fu così in senso traslato, per '
gola, collo '.
lesto a dire il mio nome. 121. Gianni: questo fiorentino dell'an-
115. argento ; denaro ; cfr. Par. XVII, tica e nobile famiglia ghibellina dei Sol-
84. - Franceschi Francesi. : danieri(cfr. G. Vili. IV, 12; V, 39; VI,
117. stanno freschi: schernevolmente 33, 65), durante il governo de' due frati
per sono tormentati dal freddo e dal
'
gaudenti (cfr. Inf. XXIII, 103 sgg.), le-
ghiaccio '. vatosi nel nov. del 1266 il popolo a tu-
119. quel: Tesauro dei Beccheria, pa- multo, lasciò il partito ghibellino e « si
vese, abate di Valloni brosa, legato di pa- fece capo del popolo per montare in stato,
i

pa Alessandro IV in Toscana. Scacciati non guardando al fine, che dovea riuscire


[CERC. 9. GIRO 2] Inf. xxxii. 122-135 [ugol. e ruggieiu] 295

più là con Gau eli od e e Tebal dello,


ch'aprì Faenza, quando si domila. »
124 Noi eravam partiti già da elio,

ch'io vidi duo ghiacciati in una buca,


sì che l'un capo all'altro era cappello ;

127 e come il pan per farne si manduca,


così il sopran li denti all'altro pose,
là 've il cervel s'aggiugne con la nuca.
130 Non altrimenti Tideo si rose
le tempie a Menalippo per disdegno,
che quei faceva il teschio e l' altre cose.
133 « tu che mostri per sì bestiai segno
odio sovra colui che tu ti mangi,
dimmi il perchè » diss'io, « per tal convegno,
a scodcìo di parte ghibellina e suo dan- (cfr. Del Lungo, D. nei tempi di D.,
naggio»; G. Vili. VII, 14; XII, 44. - p. 371 sgg.) D. vede due ghiacciati in
« Volto in fuga, dovè per sempre abban- una buca, l'uno dei quali rode il te-
donare Firenze. Riparatosi in Prato con schio all'altro. A
quello che rode, D.
raesser Pipino, suo fratello, vi prese do- dimanda chi egli sia e perchè roda quel-
micilio e vuoisi che desse vita alla pos- l' altro, promettendogli, se sian giuste
sente casa dei Rinaldeschi, da cui con le ragioni per cui rode, di ricambiare
molta probabilità derivarono i Naldini, il favore della riposta col riferir su nel

ora dimoranti in Firenze»; Vernon, Inf. mondo tali ragioni. Il rodente è il conte
voi. II, p. 586. Ugolino della Gherardesca; il roso è
Gano (Guenes e lat. Ga-
122. Ganellone: Ruggieri degli Ubaldini, arcivescovo di
ncio), è tipo del traditore nei romanzi
il Pisa, come si dirà nel canto seguente.
cavallereschi del ciclo carolingio il tra- : 124. da elio: da lui, Bocca. - eh' io:
dimento di Gano fu cagione della rotta quando io.

di Roncisvalle; cfr. Inf. XXXI, 16. Gau- il capo dell'uno (Ugoli-


126. l'un ecc.:
tier, Ep. Frang. II, 560 sgg., 620 sgg.
- no) stava sopra a quello dell'altro (Rug-
Tebaldello era il nome di quello de' Zam- gieri) a mo' cappello.
brasi di Faenza, che nel 1281 consegnò 127. come colla stessa avidità. «Devo-
:

a tradimento la sua patria ai Geremei rant plebem meam sicut escam panis » ;

(guelfi) di Bologna, aprendone loro la Psal. XIII, 4. - manduca mangia. :

porta una mattina all'alba, per vendi- 129. là '?e: didietro; cfr. Inf. XXXIH,
carsi di una burla fattagli dai Lamber- 3. -s'aggiugne. Al.: si giunge.
tazzi (ghibellini) di Bologna, che nel 1274 130. Tideo: re di Caledonia, uno dei
si erano rifugiati in Faenza. Per i par- sette re che assediarono Tebe. Ferito a
ticolari del fatto cfr. F. Pellegrini, Il morte dal tebano Menalippo, essendogli
serventese dei Geremei e dei Lamber- riuscito di uccidere il feritore, pregò i
tazzi, Bologna, 1892. I codici, anche i compagni di recargliene il capo, e, come
più antichi, della _D. G. leggono di solito l'ebbe avuto, cominciò, moribondo, a ro-
Tribaldello. derlo furiosamente coi denti; cfr. Stat.,
123. aprì: ai Bolognesi, -quando: sul- Theb. Vili, 749 sgg.
l' alba. « Et nota, quod iste proditor in 132. l' altre cose il cervello e le parti
:

prsernium sua3 proditionis fuit factus mi- carnose del capo.


les a communi bononiensi sed non din ; 133. per sì bestiai segno: il mordere e
hetatus est ista Victoria. Non post modi- rodere di Ugolino è veramente atto di fe-
cum tempuefuittrucidatusin strage Gal- rocia bestiale; cfr. Stat., Theb. IX, 15 sgg.
lorum [1282] factaapud Forlivium per co- 135. il perchè il motivo del feroce
:

mi tem Guidonem e Montefeltro »; Benv.


<1 tuo odio. - per tal convegno: con questo
V. 124-139. Ugolino e Ruggieri, patto. Convegno (Convenium della bassa
Presso il limite interno dell'Antenora latinità) vale convenzione, patto '.
'
296 [CERCO. GIRO 2] INF. XXXII. 136-139- XXXIII. 1-2 [MORTEDl D(

13G che se tu a ragion di lui ti piangi,


sappiendo cbi voi siete e In sua pecca,
nel mondo suso ancora io te ne cangi,
139 se quella con eh' parlo non si secca. »
i
7

13C. a ragion.... ti pianai hai motivo


: piìi lontana allusione; non è quistione
di querelarti, epperò di Incrudelire. del suo delitto: ut tacca: o al teschio del
137. sappiendo: sapendo, forma arcaica. suo unnico, ist nunento dell' eterna giu-
- pecca: peccato; cfr. Inf. XXXIV, 115. stizia, culi è là, ricordo vivente e appas-
138. cangi: contraccambii, divulgando sionato del delitto all'arcivescovo Rug-
lo ragioni tue e i torti di lui. D. che ha giero. Il traditore c'è, ma non è U. è ;

appreso da Bocca degli Abati che il lu- quella tota die gli sta sotto a' denti, che
singale 1 aggi ìi promettendo fama non non dà un grido, dove ogni espressione di
vale, promette qui solo vendetta. vita è cancellata, l' ideale più perfetto del-
139. quella la lingua. - si secca mo-
: : l' uomo petriheato. U. è il tradito che la

rendo. « Qui U. non è il traditore, ma divina giustizia ha attaccato a quel cra-


il tradito. Certo, anche il conte U. è un nio; e non è solo il carnefice, esecutore
traditore e perciò si trova qui ma per ; di comandi, a cui la sua anima rimanga
una ingegnosissima combinazione, come estranea ; ma è insieme uomo offeso che
l'

Paolo sitrova legato in eterno a Fran- vi aggiunge di suo l'odio e la vendetta. Il


cesca, TJ. si trova legato in eterno a Rug- concetto della pena è la legge del taglione
giero, che lo tradì, legato non dall'amo-, o il contrappasso, come direbbe Dante:
re, ma dall' odio. In U. non parla il tra- Ruggiero diviene il fiero pasto di un uo-
ditore, ma il tradito, 1' uomo offeso in sé mo per opera sua morto di fame, lui e i
e ne' suoi figli. Al suo delitto non fa la figli » ; De Sanctis, o. e.

CANTO TRENTESIMOTERZO
CERCHIO NONO: FRODE IN CHI SI FIDA, O TRADITORI

GIRO SECONDO -ANTENORA: TRADITORI DELLA PATRIA


O DELLA PARTE
LA MORTE DEL CONTE UGOLINO

GIRO TERZO -TOLOMEA: TRADITORI DE COMMENSALI 7

(Diatesi supinamente sotto il ghiaccio, hanno alla superficie il viso,


volto all'insti, e gli occhi son coperti di lagrime congelate)

FRATE ALBERIGO E BRANCA D' ORIA

La bocca sollevò dal fiero pasto


quel peccator, forbendola a' capelli

V. JLa morte di Ugolino, Al-


1-78. priccianti particolari della sua tragica
lettato dallasperanza di accrescere l' in- morte. Ma
appena ha finito il racconto,
famia del suo nemico su nel mondo, Ugo- riaddenta il teschio e torna a roderlo con
lino solleva la bocca, e parla e prima
; raddoppiato furore.
dice chi è lui, e chi è colui del quale 1. La bocca « Caput spumantiaque ora
:

rode il teschio; poi racconta i racca- levavit»; Lucan., Phars. VI, 719.
[CERC. 9. GIRO 2] INF. XXXIII. 3-13 [MORTE 1)1 UGOLINO] 297

del capo, ch'elli avea di retro guasto;


poi cominciò « Tu vuoi eh' io rinno velli :

disperato dolor che il cor mi preme


già pur pensando, pria ch'i' ne favelli;
ma se le mie parole esser dien seme
che frutti infamia al tradì tor eh' io rodo,
parlare e lagrimar vedrai insieme.
10 Io non so chi tu se', né per che modo
venuto se' quaggiù ma fiorentino ;

mi sembri veramente quand' io t' odo.


L3 Tu dei saper eh' io fui conte Ugolino,

4-5. vuoi ecc. : «Infandum, Regina, iu- mìlia, Gherardesca, ecc. Il primogenito
bes renovare dolorerà.... quamquam ani- Guelfo II sposò Elena, figlia naturale
mus meminisse horret, luctuque refu- del re Enzo, e n' ebbe Lapo, Enrico,
git » ;
Aen. II, 3 e 11 ma D., pur
Virg., ;
Nino, detto il Brigata, ed Ansel-
ricordando le frasi virgiliane, le rinnova muccio, i tre primi dei quali ereditarono
fondendole in una sola, più potente per i diritti materni sulla Sardegna, la Lu-

la sua stessa unità e perchè ai generici nigiana ed altri paesi. Curatore de' suoi
1
infandum e animus meminisse ecc.'
' ' nipoti, Ugolino andò nel 1274 nella Sar-
'
sostituisce il forte aggettivo disperato '
degna, e s'accordò con Giovanni Viscon-
e la frase il cor mi preme
'
che ci mette '
, ti, suo genero, e coi conti di Capraia per

innanzi in forma viva tutto il peso e tor- tramutare a guelfo il reggimento ghibel-
mento di quel dolore. - l'innovelli : fac- lino di Pisa. Il disegno andò fallito :

cia rivivere nella mia memoria. È il con- Giovanni Visconti fu scacciato da Pisa
trario d'in/. V, 121 sgg.- disperato: sen- (e morì esule nel '75); Ugolino imprigio-
za alcuna speranza di conforto il dolore ;
nato. Questi, liberato, si rifugiò a Lucca,
stesso ch'ei provò quando ebbe certezza si collegò coi guelfi di Toscana, combattè

della orribile morte che attendeva lui e nel 1276 contro i Pisani, li sconfìsse e fu
i figli e vide compiersi nel buio carcere riammesso in Pisa col nipote Nino Vi-
tutto il tragico evento. sconti, figlio del defunto Giovanni: rieb-
6.pur pensando: al solo pensarvi. be allora i suoi domini i di Sardegna così
7. dien denno, devono (Naìinuc, Ver-
: come Mno Visconti il giudicato di Gal-
bi, 592), giusta la promessa fatta Inf. lura e seppe cattivarsi la stima dei suoi
;

XXXII, 135 sgg. - seme «le parole sono : concittadini permodo, che a lui fu affidato
quasi seme d' operazione » Conv. IV, 2. ; il supremo comando della fiotta armata
9. vedrai: Cfr. Inf, V, 126. a difesa contro Genova. Sconfìtto nella
10. Io non so Ugolino non si cura di
: sanguinosa battaglia navale alla Melo-
chiedere a D. chi egli sia: ha un solo ria, il 6 agosto 1284, Ugolino ritornò a
pensiero, quello della sua sventura una ; Pisa, minacciata dai Guelfi, assunse con
sola brama, infamare il traditore ch'ei titolo di podestà, il governo della città
rode. (18 ottobre 1284) e la salvò accortamente
11. Fiorentino: tale lo riconobbe alla dividendo i nemici col cedere ai Luc-
favella, cfr. Inf. X, 25 sgg. XXXII, 138 n. ; chesi e ai Fiorentini alcuni castelli. Con
13. dei devi. - fui nell'altra vita non
: : Nino Visconti, suo nipote, si fece quindi
vi sono conti; cfr. Par. VI, 10. - Ugoli- signore quasi assoluto di Pisa. Ma l'u-
no : conte di Donoratico, figlio di Guelfo nione col nipote non durò a lungo. Es-
della Gherardesca, nato nella prima metà sendo avo e nipote quasi di continuo in
del sec. xm, signore di molte terre nei discordia (quegli cercò disfarsi di questo),
piani della Maremma di Pisa, vicario di i Ghibellini, guidati dall' arcivescovo
re Enzo in Sardegna e signore di terre Ruggieri degli Ubaldini, ripresero animo
nel cagliaritano. Dalla moglie Marghe- e nel giugno del 1288 sconfissero Ugolino,
rita de'Pannocchieschi contessa di Mon- , lo fecero prigione, lo gettarono con due
tingegnoli, ebbe più figliuoli: Guelfo, figliuoli e due nipoti nella torre de' Gua-
Lotto, Matteo, Gadda, Uguccione, E- landi alle Sette Vie, e ve li lasciarono
298 [OEBC. 9. GIRO 2] INF. XWIII. 14-27 [MORTE DI UGOLINO]

e questi l'arcivescovo Ruggieri :

or ti dirò perchè i sod tal vicino.


16 Clic per l'effetto de suoi ma' pensieri,
1

fidandomi di lui, io fossi preso


e poscia morto, dir non è mestieri :

19 però quel non puoi avere inteso,


elie

eioò come la morte mia fu cruda,


udirai, e saprai s' e' m'ha offeso.
22 Breve pertugio dentro dalla muda,
la qual per me ha il titol della fame
e in che conviene ancor ch'altri si chiuda,
25 ni' avea mostrato per lo suo forame

più lune già, quand' io feci il mal sonno


che del futuro mi squarciò il velame.

morir di fame, mentre l'arcivescovo Rug- le tetre mura di quella Torre dal mo-
gieri, che per riuscire ne' suoi disegni mento che fu chiavato l'uscio di sotto,
erasi fìnto amico di Ugolino (sicché, dòpo morte di quegl' infelici. La poe-
fino alla
aver d'accordo col conte, assalito e co- sia cosìcompie la storia e ne riempie e
stretto Nino a fuggire, aveva richiamato adorna le pagine bianche con le sue vi-
Ugolino dal castello di Settimo e avviate sioni meravigliose » F. Romani, Lect. ;

con lui trattative in apparenza amiche- Dantis, p. 25.


voli) e poi lo aveva accusato di tradi- 22. pertugio buco è il finestrino del
:
;

mento per la detta cessione di castella carcere. - muda : la torre de' Gualandi
ai nemici, fu gridato signore, rettore e alle Sette Vie, dove le infelici vittime,
governatore del Comune. Cfr. G. Vili. incarceratevi nel luglio del 1288 (dopo
VII, 98, 121, 128. Sforza, Dante, e i Pi- essere state tenute venti e più giorni
sani, 85-132. nel palazzo del popolo) morirono nel
14. e questi che io rodo. - Ruggieri:
: maggio del 1289. Sorgeva sull'odierna
degli Ubaldini di Mugello, eletto arci- piazza dei Cavalieri. « Muda è luogo
vescovo di Pisa nel 1278, m. nel 1295, chiuso ove si tengono li uccelli a mu-
(cfr. n. prec). dare; muda chiama l'autore quella torre,
15. gli, a lui. Ora ti dirò perchè
i : o forse perchè così era chiamata [come
gli sono vicino siffatto (tal), cioè non affermano Bambgl., Ott., An. Fior., ecc.]
amico - ch'è la prima idea suscitata (De perchè vi si tenessono 1' aquile del Co-
Sanctis) dalla parola vicino -, ma spieta- mune a mudare, o per transunzione che
tamente crudele. vi fu rinchiuso il conte e li figliuoli
16-17. ma': mali, malvagi, (cfr. n. 13). come li muda » Buti.
uccelli nella ;

- fidandomi di lui opperò anche l'arci-


: 23. per me per
esservi io morto di
:

vescovo è traditore e, come traditore: fame. « E da inde in ansi la dieta pre-


di chi aveva il governo della città, sta gione si chiamò Pregione e Torre della
anche lui neW Antenora. fame»; Murai., Script. XXIV, C55.
18. non è mestieri poiché la fama del-
: 24. altri : solo nel 1318 la Torre della
l'avvenimento, sparsa per tutto, sarà di fame cessò di essere adibita ad uso di
certo pervenuta anche a te, fiorentino. carcere, parendo essa tanto angusta e
19-21. però quel che ecc.: Ugolino non incomoda da accelerare la morte dei con-
si ferma a parlare «di quello che la sto- dannati rinchiusivi (Torraca).
ria ha oramai fermato nelle sue pagi- 26-27. più lune: più volte il ritorno
ne » ma « la storia è obbligata ad ar-
; della nuova luna io era in prigione già ;

restarsi davanti alla porta inchiodata da più mesi. AL: più lume più lieve. ;

della Torre.... solo il poeta ci potrà dire, Moore, Crii., 357-62. - feci il mal sonno
per averlo sentito dalla bocca stessa del ecc. vidi in sogno
: la sorte spaventevole
Conte, il dramma che si svolse dentro che mi aspettava.
[CEKC. 9. GIRO 2] Inf. xxxiii. 28-38 [morte di Ugolino] 2IW

28 Questi pareva a me maestro e donno


cacciando lupo e i lupicini al monte
il

per che i Pisan veder Lucca non pon.no,


31 con cagne magre, studiose e conte :

Gualandi con Sismoudi e con Lanfranchi


s avea messi dinanzi dalla fronte.
7

34 In picciol corso mi pareano stanchi


lo padre e i figli, e con Pagute scane
mi parea lor veder fender li fianchi.
Quando fui desto innanzi la dimane,
pianger senti' fra il sonno i miei figliuoli,

28. maestro della caccia. - donno


: do- : e i lupicini; l'occhio vede animali; ma
minvs, signore della brigata. l'anima sente confusamente che si tratta
29-30. lupo Ugolino. - lupicini i figli.
: : di sé e de' suoi figliuoli, e quel lupo e quei
- monte San Giuliano. « Se non fosse
:
lupicini si trasformano con vocabolo uma-
il monte pisano in mezzo tra Pisa e Luc- no in padre e figli»; De Sanctis, 1. e. -
ca, sono tanto presso, che l'una città ve- scane « scane sono li denti pungenti del
:

drebbe l'altra»; Buti. cane, ch'elli ha da ogni lato coi quali elii
31. cagne i Pisani seguaci dell'Arci-
: afferra » Buti. - lor al padre ed ai figli,
; :

vescovo, Ghibellini, per contrapposto ad al lupo e ai lupicini.


Ugolino e a' suoi, ch'erano Guelfi (da 37. dimane: in antico significò mat-
'

Q u lfo= Wulf, lupo). Al. diversamente: tina '; v. Bull. Ili, 151. Dunque un sogno
« Per canes macilente* significatur fa- presso il mattino; cfr. Inf. XXVI, 7..
mes qua perierunt» Bambgl. Così pure ; 38. fra il sonno: piangono e doman-
Benv. ed altri. « Questi sono lo popolo dan pane sognando. Non dice che tutti
minuto che comunemente è magro e po- facessero lo stesso sogno; ma tutti so-
vero » Buti. Certo è però che nel senso
;
gnarono in quella notte, e a ciasche-
letterale la magrezza, segno di denu- duno il suo sogno annunziava morte, e
trizione e di fame, esprime la bramosia morte di fame. - figliuoli due, Gaddo
:

con che le cagne cacciano, confermata e Uguccione, erano suoi figli : il Bri-

da studiose, che dice come intentamente gata ed Anselmuccio erano suoi nepoti,
mirassero alla preda. - conto avvezze a : figli del suo primogenito Guelfo II; cfr.
simili caccio. Murat., Script. VI, 595; XXIV, 665. Vili.
32. Gualandi ecc. « Queste sono tre: VII, 121, ecc. Che il nonno chiami suoi
case di gentiluomini della città di Pisa, figliuoli i nipoti, figli del suo primoge-
di grande onore e di grande potenzia nel- nito, è cosa assai naturale; seppure la
l'antico » (Buti), casate Ghibelline e ami- realtà storica non era già stata alterata
che dell'Arcivescovo. ne' racconti che D. aveva uditi dell'av-
33. s' avea ecc.: l'Are, gli aveva posti venimento. Il Buti, che leggeva il suo
innanzi agli altri. « Di loro avea fatto commento a Pisa nel 1375, chiosa «pre- :

bolcione contro il conte»; Buti. - « Aà. sono il detto conte con quattro suoi figliuo-
exciisationem sui tamquam fautores et li, e rinchiusonli in una torre che oggi si

factores huius rei ad sui defensionem » ;


chiama la torre della fame». E un anoni-
Benv. mo cronista Pisano del sec. xiv: « Nel
34. In picciol corso dopo breve inse- : 1288 Ruggieri delli Ubaldini, e i Gua-
guimento. Presentimento della vicina landi, e Lanfranchi, e certi delli Orlan-
morte. di, e quelli di Ripafrattja, e molti altri
35-36. « Il sogno è un velo, dietro al cittadini cacciarono lo conte Ugolino di
quale è facile vedere le agitazioni della signoria, e presono lui e li figliuoli, e
veglia: il reale si rivela sotto al fanta- missenli in pregione, e fecenli morire
stico. Ruggero,Gualandi, Sismondi, Lan- tutti di fame in una Torre in sulla Piaz-
franchi stanno presenti innanzi al prigio- za degli Anziani, che poi è chiamata la
niero, crudeli in sé e nei figli, e ora gli Torre della fame, e morì con quattro
appariscono in sogno cacciando il lupo figliuoli di farne, e fumo seppelliti nella
300 [cium'. 9. giro 2] Ini-', x.wiir. 39-52 [MORTE di Ugolino]

oan con meco, e dimandar del pane.


eli
1

40 Ben se' crudel, se fcu già non ti duoli,


pensando ciò che '1 mio cor s'annunziava;
e se non piangi, di che pianger suoli?
48 Già eran desti, e l'ora s'appressava
clie il cibo ne soleva esser addotto,

e per suo sogno ciascun dubitava ;

46 E io senti' chiavar 1' uscio di sotto


all' orribile torre ond' io guardai ;

nel viso a' miei figliuoi sanza far motto.


49 Io non piangeva, sì dentro impetrai;
piange van elli, ed Anselmuccio mio
disse: Tu guardi sì, padre: che hai?'
i

52 Perciò non lacrimai, né rispuos'io

chiesa di San Francesco » Murai., ; num » ; Benv. Giov. Vili. VII, 128 :

Script. XV, 979; cfr. Romani, o. e, 19. « Feciono chiavare la porta della detta
39. dimandar: «Parvuli petierimt pa- torre e le chiavi gittare in Arno. » Se
nem, et non erat qni frangeret eis » ; questa notizia è storica, si può pensare
Lam. Jer. IV, 4. che « inchiodata la porta, già prima
40. già: sin da ora prima d'ndire la chiusa a chiave, que' feroci le chiavi git-
parte più terribile e dolorosa del mio tassero in Arno per ultimo sfogo di ven-
racconto, cioè come morimmo di fame. detta, a significare che Ugolino e i suoi
41-42. che '1 mio cor: « sentimento vero, di là non sarebbero usciti più mai » Poi. ;

profondo del cuore che annunzia a sé i 47. guardai: «Vorrebbe dire: Poveri
suoi dolori » Fosc, il quale per altro ac- figli! E noi dice: lo dice il suo sguardo.
cettava la var. eh' al m. e, perchè «qui Lo strazio è tale che gli toglie la parola
richiedesi semplicità di discorso ». Ma eie lagrime. Tutta la sua vita è raccolta
se che 'l è conforme a un sentimento in quello sguardo » De Sanctis.
;

vero e profondo, apparisce espressione 49. dentro: « Emortuum est cor eius
semplice e naturale, mentre poi ha per intrinsecus, et factus est quasi lapis » ;

sé la testimonianza de' codici. - D., pur I Reg., XXV, 37. - impetrai una frase :

essendo commosso, non piange; e ad simile G. Vili. VIII, 63 « il dolore im-


:

Ugolino, che si esprime non solo con petrato nel core di papa Bonifazio ». E
parole, ma con lagrime (v. 9), tale con- nell' Aiolfo del Bar.bicone II, 78: « gli
tegno par così freddo e duro, che egli abbracciò e benedisse, e tanto impetrò
prorompe nell'acerbo rimprovero conte- dentro per tenerezza, eh' ella non parlò
nuto ne' vv. 40-42; Cfr. Romani, o. e, 30. guari più ».
43. eran i quattro figliuoli. AL: eram
: 50-51. Anselmuccio: è il più giovane
desti. Al. era desto. Nel v. 37 Ugo-
: di tutti. - sì così atterrito e disperato.
:

lino ha detto che egli, già desto, sentì i « Anselmuccio non sa definire né spie-
figliuoli dormendo dimandar con pianto gare quel modo di guardare quel sì si- :

del pane qui dunque deve parlare del


;
gnifica in modo così /uovi del naturale
risveglio de' figliuoli. t dell'ordinario. Che hai? domanda il
46. chiavar dal lat. clavus
: chiavo = fanciullo. Lo strazio è tutto nella co-
(Par. XXXII, 129) =
chiodo, vale inchio- scienza di quello sguardo e nell'inno-
dare; cfr. Purg. Vili, 137 sg. Par. XIX, cenza di quello che hai ? accompagnato
105. Altri vuole che chiavare valga qui con lacrime » De Sanctis.
;

serrare con chiave-, come se solo allora 52. Perciò: nonostante il loro pianto e
l'uscio fosse chiuso a chiave. «Intellige la loro domanda. Più terribile del pian-
cum clavis ferreis, ut amplius non ape- gere, è l' impetrare più terribile che
;

riretur. Nam
iam clavatum fuerat cum non lo sfogare il dolore con parole è il
clavibus, quse abiectae fuerant in Ar- restar silenzioso.
[CKRC. 9. GIRO 2] Inf. xxxiii. 53-67 [morte di Ugolino] 301

tutto quel giorno, né la notte appresso


infm che l'altro sol nel mondo uscio.
55 Come un poco di raggio si fu messo
nel doloroso carcere ed io scorsi
per quattro visi il mio aspetto stesso,
58 ambo le mani per dolor mi morsi ;
ed ei, pensando ch'io '1 fessi per voglia
di manicar, di subito levòrsi
Gì e disser Padre, assai ci fìa men doglia
:
'

se tu mangi di noi: tu ne vestisti


queste misere carni, e tu le spoglia !
'

04 Queta'mi allor per non farli più tristi;


stemmo tutti muti
lo dì e l'altro :

dura terra, perchè non t'apristi?


ahi,
67 Poscia che fummo al quarto dì venuti,

54. infili ecc.: fino all'alba del giorno stavano a terra esausti per fame.
essi che
seguente. Eesta dunque per ventiquattro Quel grido, quel levarsi in piò ha virtù
ore in cupo silenzio, impetrato dall' in- di arrestare il padre, di restituirgli la

tenso dolore. padronanza di sé, tolto per forza a quel-


55. Come tosto che. - un poco: quanto
: l' istante di oblìo, di fargli ricordare che
poteva entrare per il breve pertugio. « In è padre, enon gli è permesso di essere
quella notte di silenzio la fame avea la- nomo. Quel loro offrirsi in pasto al pa-
vorato e trasformato il viso del padre e dre non è già sublime sacrificio dell'a-
dei figli, e quando, fatta un po' di luce, mor figliale, sentimento troppo virile
quella vista lo coglie impreparato, in un ne' teneri petti: è un'offerta trasformata
momento naturale d'oblìo l'uomo si ma- immediatamente in una preghiera, come
nifesta e prorompe in un atto di rabbia di cosa invocata e desiderata » De ;

tanto più feroce e bestiale, quanto la Sanctis.


compressione fu più violenta, e più ina- 64. Queta'mi ecc.: mi quotai per non
spettata e più viva è l' impressione di accrescere il loro dolore.
quella vista » De Sanctis.
; 65. lo dì AL: quel dì il secondo dopo
:
;

57. per quattro: dai volti trasfigurati l'inchiodamento della porta. - l'altro:
de' quattro giovinetti comprese, anzi il terzo. - tutti muti anche i figli, che :

vide come in uno specchio quale dovesse nel primo giorno non erano stati muti,
essere il volto suo. vv. 50 sg. Silenzio spaventevole « Que- !

58. mi morsi « Quest'uomo che in un


: gli u del secondo verso [v. 65] ti fanno
impeto istantaneo di furore dà il morso venire il freddo tanto il suono è cupo.
:

alle sue mani, è già in anticipazione co- Nel padre è un silenzio di compressione,
lui che nell'Inferno è fissato ed eternato ne' figli è un silenzio di agonia » De ;

co' denti nel cranio nemico, come d'un Sanctis.


can forti »; De Sanctis. E cfr. D'Ovidio, 66. dura: crudele; se non eri crudele,
N. pp. 46-48.
St. II, dovevi aprirti e inghiottirci tutti per
60. manicar: mangiare; fiorentinismo. sottrarci a tanto strazio cfr. Virg., Aen. ;

«Loquuntur Fiorentini et dicunt: Mani- X, 674 sg.


chiamo introque » De Vulg. JEloq. 1, 13.
; 67. quarto Il 1° giorno, dopo aver sen-
:

62. di noi: della nostra carne. «Il pa- tito chiavar l'uscio della torre, egli serba
dre che per fame si mangia le mani è tal un cupo silenzio, mentre i figli piango-
cosa, li percuote di tale spavento, che no ed Anselmuccio gli fa la straziante
ad un attore intelligente farebbe com- domanda (v. 49-54). La mattina del 2°
prendere tutto ciò che si chiude in quel giorno Ugolino si morde mani, quindi
le
grido: Padre! accompagnato col subi- l'offerta dei figli (v. 55-63) il rimanente
;

taneo levarsi in piò di tutti e quattro, di quel 2° e tutto il 3° giorno osservano


302 [ckkc. 9. giro 2] Inf. xxxiii. 68-78 [morte di Ugolino]

Gaddo mi si gittò disteso a' piceli ?

e disse:
i
Padre mio, che Don m'aiuti?'
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid' io cascar li tre ad uno ad uno,
tra '1 quinto dì e '1 sesto ond' io mi diedi, ;

7U già cieco, a brancolar sovra ciascuno,


e due dì li chiamai, poi che far Diorti :

poscia, più che il dolor, potè il digiuuo. »


70 Quaud'ebbe detto ciò, cod gli occhi torti

riprese il teschio Diisero co' denti,


che furo all'osso, couie d' un caD, forti.

tutti un tremendo silenzio, (v. 65). Nel fagia di Ugolino si fa cenno in un' an-
4° giorno muore Gaddo, (v. 67-70) nel ;
tica cronaca (Villari, I primi due se-
5° e nel 6° muoiono gli altri 3 (v. 70-72) ;
coli della storia di Fir., II, p. 250), ma
neir 8° giorno il conte (v. 73-75). Il 9° ilcenno ha carattere di leggenda. Dopo
giorno la torre fu riaperta e tutti furono otto giorni di digiuno, un uomo non
trovati morti. « Dopo li otto dì [dunque può, anche volendo, addentar cadaveri
il nono] ne furono cavati e portati invi- per cibarsene. Circa la controversia sul-
luppati nelle stuoie al luogo de' Frati la tecnofagia del conte cfr. G. Sforza,
minori a San Francesco e sotterrati nel Dante e i Pisani, 75 sg. e D'Ov., St.,
monimento che è allato alli scaloni a 25 e 571; e N. St. II, 64 sgg. Per il
montare in chiesa alla porta del chiostro, Poi., Ugolino vuol dire « non già che
coi ferri in gamba-, li quali ferri vid' io, abbia mangiato la carne de' suoi, ma
cavati dal detto monimento»; Buti. che, tratto dall'istinto e come fuor di
68-70. Gaddo : il figlio maggiore d'Ugo- sé, n'abbia fatto come un tentativo. »
lino.- come ecc. insiste sulla verità e
: ISTo:Ugolino vuol raccontare come la
realtà del martirio che il suo cuore di morte sua fu cruda-, epperò, descritte le
padre dovè soffrire. tragiche sofferenze degli ultimi giorni,
71. li tre: Uguccione, Brigata ed An- tocca del momento supremo di vita di-
selmuccio. - ad uno ad uno « quello : cendo che più potente del dolore, da
spettacolo di morte si ripete quattro cui attingeva la forza di muoversi e gri-
volte, e a lunghi intervalli, entro tre dare (D'Ovidio, N. St. II, 115), e che
giorni, e fu possibile che un padre ve- quasi lo nutriva, fu su di lui il digiuno :

desse questo, e starsi quieto, tener chiuso questo solo ebbe forza d' ucciderlo.
in sé il suo martirio, snaturarsi, disu- 76-78. torti : biechi. Il ricordo della ter-
manarsi » De Sanctis. « Come tu vedi
; ribile morte sua e de' suoi rinnova in lui
me qui, così io li ho veduti, capisci, ildisperato dolore e riaccende più che mai
con questi occhi cadere uno alla volta. contro chi n'è stato l'autore.
l'ira e l'odio
E quel vid' io, proprio io, è un grido - misero « ch'egli avea diretro guasto »,
:

acuto di spasimo»; D'Ov., A". St. II, 53. v. 3. Misere le carni de' figli, v. 63; ma
73. cieco: indebolito e già moribondo. misero anche il teschio perpetuamente
-brancolar: andare a tastone; cfr. Ovid., roso. -che furo ecc.: « Asr>ra, vigorosa,
Met. VI, 277 sg., dove si dice che Niobe, possente è tutta la terzina, ma in ispecie
mortile i figli, « corporibus gelidis in- l'ultimo verso. L'energia dell'atto è mi-
cumbit et ordine nullo Oscula dispen- rabilmente espressa dal ritmo, spezzato
sat natos suprema per omnes ». in mezzo con il paragone canino da ;

74. due il 7° e 1' 8°. Al.


: e tre dì, : quel, davvero forte bisillabo che resta
(6°, 7°, e 8°), cfr. Moore, CriL, 363 sg. isolato in fin del verso; dallo scontro
75. poscia: passati i due dì, il digiuno dei due accenti della nona e decima
potè ciò che non aveva potuto il dolore: sillaba; dalla languidezza dell'accento
mi uccise. Ormai è abbandonata, si può principale (cóme), mentre la vera enfasi
dire, da tutti l'interpretazione: La fame accentuale è sulla quarta e sulla nona
fu più forte del dolore e m' indusse a sillaba; da quei due monosillabi tron-
cibarmi delle carni de' fiali. Della tecno- chi, tronchi tutti e due in nasale (un
[CERC. 9. GIRO 2] Inf. xxxiii. 79-87 [impr. contro pisa] 303

Ahi, Pisa, vituperio delle genti


del bel paese là dove il sì suona,
poi che i vicini a te punir son lenti,
muovansi Caprara e la Gorgona,
la
ad Arno in su la foce,
e faccian siepe
sì ch'egli annieghi in te ogni persona !

S5 Che se il conte Ugolino aveva boce


d'aver tradita te delle castella,
non dovei tu \ fìgliuoi porre a tal croce.

can) dal trovarsi il secondo tronco in-


;
loin de l'embouchure de l'Arno, etj'avais
nanzi alla pausa e doversene sentire toujours pensé ainsi jusqu'au jour, où,
tutta l'asprezza. Dell'intero verso tre étant monte sur la tour de Pise, je fus
sole parole richiamano a so l'enfasi, frappé de l'aspect que, de là, me pre-
osso, can, forti, e il resto non è che il sentai la Gorgone. Elle semblait fer-
loro corteo»; D'Ovidio, N. S. II, 54 sg. mer l'Arno. Je compris alors comment
-90. Imprecazione controPisa. Dante avait pu avoir naturellemeut cette
Finita la narrazione della straziante mor- idée, qui m 'avait semblée étrange, et son
te di Ugolino e de' suoi, D. prorompe imagiuation fut justifiée a mes yeux»;
in una tremenda imprecazione contro Ampère, La Grece, Rome et D., 3 a ed.,
Pisa, augurando a' suoi cittadini totale 237. Cfr. Bass., 119 sg.
sterminio. Non afferma egli e non nega 83. siepe: chiusura, sì che l'Arno, che
che ilconte fosse colpevole del tradi- traversa Pisa poco prima di versarsi nel
mento appostogli ma, posto pure eh' ei
;
mare, traboccando la allaghi e vi som-
fosse colpevole, i Pisani non dovevano merga ogni persona. « Non so se sia
esser tanto crudeli da uccidere così bar- più feroce Ugolino che ha i denti infissi
baramente i figli giovani e innocenti. nel cranio del suo traditore, o Dante
79. Ahi « La tenerezza e la pietà pa-
: che per vendicare quattro innocenti con-
terna diventano ferocia e rabbia, le la- danna a morte tutti gì' innocenti di una
grime diventano morsi, con infinito ter- intera città, i padri e i tìgli e i figli dei
rore e orrore degli spettatori. Lo stesso figli.Furore biblico » De Sanctis.
;

sentimento guadagna D. È inferocito voce, fama. D. non sa se la


85-86. boce :

anche lui diresti quasi, che se li avesse


;
voce fosse vera o falsa. Ugolino cedette
innanzi, li prenderebbe a morsi quei Pi- veramente ai Lucchesi Bientina, Ripa-
sani, vituperio delle genti » De Sanctis. ; fratta e Viareggio e ai Fiorentini Fucec-
80. paese Italia. - il si la lingua ita-
: : chio ed altre terre, ma lo fece per rom-
liana; cfr. De Yulg. Eloq. I, 8. pere la lega di questi con Genova e sal-
81. vicini: Fiorentini e Lucchesi. - var Pisa (cfr. n. 13). Se non che, passato
lenti :« Questo peccato commesso per li ilpericolo, l'opinione pubblica, sobillata
Pisani non rimase impunito » G. Vili. ; da' suoi nemici, accusò Ugolino d'aver
VII, 128. « Ista vindicta, quae videba- cedute le castella per tradimento. E non
tur tardari tempore autoris, videtur fac- per questo, di cui D. mostra dubitare,
ta diebus nostris. Nam opera Florenti- Ugolino sta nell'Antenora, ma per il
noruiu ista civitas antiquissima et olim tradimento tutto politico a danno del ni-
potentissima mari et terra, deducta est pote Nino (cfr. n. al v. 13) che D. tanto
ad infimum et infìrmum statura, licet amò e stimò (cfr. Purg. e. VIII), e che
diu ante istud peccatum fuisset fracta in Pisa, come capitano del popolo, era
insolentia Pisanorum, et libertas con- compagno di governo dell' avo podestà.
culcata viribus Januensium»; Benv. E come traditore politico è nell'Ante-
82. Muovansi ecc.: Cavrara o Caprara o nora l'arcivescovo, che ha in più la pena
Capraia, e Gorgona sono due isolette nel di essere roso da Ugolino, il quale « com-
mar Tirreno, ambedue ai tempi di D. sog- pie la vendetta sua e de' suoi figli, e
gette a Pisa. « Cette imagiuation peut infligge una specie di contrappasso al
parai tre bizarre et forcée si l'on regarde suo affamatore»; D'Ovidio.
la carte car l'ile de la G orgone est assez
: 87. dovei: dovevi. - croce: supplizio.
304 [cero. 9. GIRO 3] Inf. xxxnr. 88-99 [tolome.

88 Innocenti tacca l'età novella,


novella Tebe, Uguiccione e il Brigata
e gli altri duo elio il canto suso appella.
91 Noi passami*}' oltre là 've la gelata
ruvidanreute un'altra gente fascia,
non ^olta in giù, ma tutta riversata.
94 Lo pianto stesso lì pianger non lascia,
e il duol, che truova in su gli occhi rintoppo,
si volve in entro a far crescer l' ambascia )

97 ctiè le lagrime prime fanno groppo,

e sì come visiere di cristallo,


riempion sotto il ciglio tutto il coppo.

Conv. IV,
88. novella: giovanile; cfr. Tolomeo, re d' Egitto, l' uccisore di Pom I

19, 24. « Di questa crudeltà furono i Pi- peo. Questi traditori de' commensali e<
sani per lo universo mondo, ove si seppe, amici sono confitti nel ghiaccio, ma stan
forte biasimati, non tanto per lo conte, no distesi supinamente di modo che devo
che per li suoi difetti e tradimenti era no guardare in alto; e non hanno neppure
per avventura degno di sì fatta morte, ma il conforto delle lagrime, poiché, conge

per li figliuoli e nipoti, ch'erano giovani latesi all' uscire le prime lagrime, le al
garzoni e innocenti»; G. Vili. VII, 128. tre ritornano in dentro ad accrescere i
89. Tebe « Assomiglia Pisa alla città
: tormento. Qui D. comincia a sentir*
di Tebe la quale nel tempo de' Poeti ebbe il vento mosso dalle ali di Lucifero.

tra dalli suoi concittadini ed altri di fuori 91. oltre dall' Antenora nella Tolomea.
:

molte percussioni » Lan. - « Quasi di- ;


-gelata: acqua gelata o ghiaccio; altrove
cat tacite O natio viperea IsTam primi,
: ! gelatina (Inf. XXXII, 60).
ex quibus Cadmus condidit Thebas, fin- 92. ruTidamente: aspramente, epperò
guntur nati ex serpentibus, qui semper in modo tormentoso. - fascia: avvolge.
gesserunt bella civilia inter se nimis 93. volta in giù: come nella Caina;
crudeliter » Benv. - « Imperò che di
; cfr. Inf. XXXII, 37, 52. - riversata : su-
Tebe, città di Grezia,... fu l'edificatore pina e colla faccia all' insù. Forse perchè
di Pisa cioè Polope, figlio del re Tan- tradirono guardando amichevolmente in
talo, re di Tebe.... E come quelli Te- faccia alle loro vittime.
bani furono crudeli tra loro,... così sono 94. non lascia la cosa è spiegata nei
:

stati i Pisani intra loro e fanno e sono vv. 97-99.


nel detto caso » Buti. Le atrocità com-
; 95. duol: lagrime; la causa per l'ef-
messe a Pisa contro Ugolino e la sua fetto; cfr. Inf. XVII, 46. - rintoppo:
schiatta ricordano quelle commesse a urto in contrario qui per impedimento
;

Tebe contro la schiatta di Cadmo. Cfr. materiale, quello di altre lagrime gelate.
Inf. XXVI, 53 sg.: XXX, 4 sgg. - Uguc- 97. prime: primieramente formatesi.
cione: figlio di Ugolino, ancor giovane - groppo come un nodo di ghiaccio.
:

nel 1288. -Brigata: Ugolino o Nino, figlio 98. visiere: visiera è la parte ante-
' '

di Guelfo II, e nipote di Ugolino che, in ; riore e mobile dell' elmo, la quale serve
realtà, non era più tanto giovane nel 1288. a riparare il viso e specialmente gii oc-
90. due: Gaddo e Anselmuccio, il quale chi; e con lo stesso nome fu chiamata
non aveva forse più di 15 anni. - suso : in antico anche la buffa o cappuccio
' '

vv. 50 e 68. - appella : nomina. chiuso che ricopre col capo tutto il viso.
V. 91-108. Tolomea, la regione dei Qui, per facile traslato, è così chiamato
traditori de cornine risali,!] terzo giro
}
' il velo di ghiaccio (cfr. V. 112) che si

dell' ultimo cerchio si denomina Tolomea, forma sugli occhi di questi dannati e
probabilmente da quel Tolomeo ebreo, impedisce loro di vedere.
che a splendido convito uccise prodito- 99. coppo: la cavità dell' occhiaia.
riamente il suocero e due cognati (I, « Coppo, in Toscana, è vaso di terra
Macoab. XVI, 11-16). Secondo altri, da cotta da riporvi liquidi. La cavità del-
[CERC. 9. GIRO 3] Inf. xxxiii. 100-117 [tolomea] o05

100 E avvegna che sì come d'un callo,


per la freddura ciascun sentimento
cessato avesse del mio viso stallo,
103 già mi parea sentire alquanto vento ;

per ch'io « Maestro mio, questo chi muove*?


:

nou è quaggiù, ogni vapore spento ^ »


106 Ed elli a me : « Avaccio sarai dove
di ciò ti farà l' occhio la risposta,
veggendo la cagion che '1 fiato piove ».
109 E un de' tristi della fredda crosta
gridò a noi : « O anime crudeli,
tanto che data v'è l'ultima posta,
112 levatemi dal viso i duri veli,
sì ch'io sfoghi il dolor che il cor m'impregna,
un poco, pria che il pianto si raggeli ».
115 Per ch'io a lui : « Se vuoi ch'io ti sovvegna,
dimmi chi se' ; e s'io non ti disbrigo,
al fondo della ghiaccia ir mi convegna ».

l'occhio è come un coppo o una coppa, « Oh, sei tu già morto ? » « Del mio corpo
che tien dentro di sé e conserva gli non so nulla. Appena compiuto un tra-
umori dell'occhio»; Caverni. dimento quale compiei io, l'anima piom-
100-103. E avvegna che ecc. e quan- : ba quaggiù, e il corpo, che nel mondo
tunque per il freddo il mio viso avesse per- pare ancor vivo, è animato da un diavolo.
duto ogni sensibilità, come se fosse stato Così qui vicino a me è da più anni Branca
una parte callosa, tuttavia già mi pareva d' Oria, nel cui corpo su nel mondo sta
di sentire alquanto vento. - stallo dal : intanto un diavolo. » Lo spirito rinnova
basso làt. stallimi, luogo d' abitazione. quindi la preghiera di aprirgli gli occhi ;

Cessare stallo =
cessare di stare in un ma D. non lo esaudisce.
luogo; vale a dire, si fosse allontanato 109. crosta: è la crosta ghiacciata di
dal mio volto. - alquanto vento è il vento : Cocito cfr. Inf. XXXIV, 75.
;

che viene dalle ali sempre mosse di Lu- 110-111. O anime: O anime, crudeli
cifero; cfr. Inf. XXXIV, 51. (scellerate) di traditori, sì crudeli che
104. questo: vento, caso accusativo. siete condannate alla più profonda re-
105. quaggiù: come può essere vento gione dell' Inferno. - l' ultima posta la :

qui, dove non è sole che dilati e sollevi Giudecca.


vapori e dia origine ad esso? 112. i duri veli le lagrime ghiacciate
:

106. Avaccio : in breve, tosto ; cfr. Inf. dette « invetriate lagrime » nel v. 128
X, 116. Par. XVI, 70. e paragonate a « visiere di cristallo »
107. ti tuo occhio ti mostre-
farà ecc. il nel v. 98.
rà, onde questo vento derivi, e darà così 113-114. sfoghi col pianto. - m' impre-
:

risposta alla tua domanda. gna: mi gonfia, mi riempie l'animo.


108. veggendo: cfr. In/.XXXIV,46 sgg. un poco: solo quel tanto di tempo che
V. 109 150. Frate Alberigo e Bran- occorrerà a congelar di nuovo le lagrime.
ca d' Oria. Uno spirito prega i P., che 116. ti disbrigo: ti levo dagli occhi i
crede anime dannate all' ultimo giro di duri veli.
Cocito, di togliergli il ghiaccio dagli oc- 117. mi convegna: D. doveva infatti
chi, affinchè e' possa sfogare un mo- pervenire sino al fondo della ghiaccia,
mento, piangendo, il suo dolore. D. gli al centro dove sta Lucifero, ma per
risponde che farà ciò, se il dannato gli uscire di lì dall' Inferno, non per re-
dirà chi è. « Sono Frate Alberigo. » starvi. Il dannato, che crede parlare

20. — Div. Cowrn.j 8 a ediz.


306 [CRRC. 9. GIRO 3] Ini l\ XXXIII. lls-130 [frate Alberigo]

US Rispuose adunque: «I' bob frate Alberigo;


io soii quel delle frutta del mal orto,
che qui riprendo dattero per figo ».
121 « Oli » diss'io lui, « or se' tu ancor morto? >>

Ed egli a me: « Come il mio corpo stea


nel mondo su, nulla scienza porto.
124 Cotal vantaggio ha questa Tolomea,
che spesse volte l'anima ci cade,
innanzi ch'Atropòs mossa le dea.
127 E perchè tu più volentier mi rade
le 'nvetriate lacrime del volto,
sappie che tosto che l' anima trade
130 come fec' io, il corpo suo 1' è tolto
con un dannato, prende le parole per ciderli »; Valgimiglì. Cfr. Ferraz. V,
nn giuramento, quali sembrano dal loro 368-371. O. Vili. X, 27.
tono ma « in realtà si tratta di una vera
;
119. delle frutta: « Dicitur prover-
e propria restrizione mentale, di una di bium de le frutta di Fra Alberigo »
:
;

quelle ipocrite scappatoie, non sempre Murai., Script. XVIII, 131. In Rime
riprovate neppur dalla legge religiosa; ant. senesi (Misceli, della Soc. Filol.
e D. si crede di poterla usare con Rom. I, 19) leggesi : « Se ci stai, avrai
un malvagio traditore »; F. Romani, del frutto D'Alberigo di Romagna ». La
o. e, p. 8. poesia è del 1321. - mal orto: cresciute
118. adunque: allora; cfr. Inf. XXIII, nell' orto del male, perchè furono il se-
133. - Alberigo: figlio di Ugolino dei gnale del tradimento. Altri intendono di
Manfredi, frate gaudente sin dal 1267, Faenza, che produce gente sì perversa.
uno dei capi di parte guelfa a Faenza. 120. riprendo ecc. mi è reso pan per
:

« È fama che frate Alberico de' Manfre- focaccia frutta per frutta ossia ricevo
; ;

di, cavaliere gaudente, ardentissimo par- qui la degna pena del mio tradimento.
tigiano di Chiesa, ed uno de' più. spetta- - figo: fico; cfr. Parodi, Bull. Ili, 103.
bili di sua famiglia, venuto a contesa per 121. Oh: nel marzo del 1300 Fra Albe-
gara di dominio col consanguineo Man- rigo viveva ancora; quindi la meravi-
fredo, nel calore di quella riportasse dal glia di D. -ancor: di già.
costui figliuolo, nomato Alberghetto, una non so affatto.
123. nulla scienza porto:
solenne ceffata. Concepì Alberico per I dannati ignorano cose presenti (Inf.
le
quell'onta odio sì mortale contro l'offen- X, 103 sgg.); e, come del suo, nulla sa
sore, che, malgrado degli uffici adoperati Alberigo del corpo di Branca d' Oria.
dagli amici, giammai s' indusse nel cuor 124. vantaggio: prerogativa; gli altri
sno a perdonargli, e solo scorso alcun cerchi infernali accolgono le anime sol
tempo fé' mostra di arrendersi e di pie- dopo la loro separazione dal corpo.
garsi a' consigli di pace, mentre a meglio 125. ci cade: quaggiù nella Tolomea.
colorire 1' iniquo disegno, che anda vagli « Descendant in Infernum viventes » ;
per la mente, invitò Manfredo e Alber- Psal. LIV, 16.
ghetto ad un pranzo che seguì a' 2 mag- la Parca che recidendo
126. Atropòs :

gio del 1285 nella villa o castello di Fran- lostame della vita dà la mossa all'ani-
cesco Manfredi, posto nella pieve di Cesa- ma perchè esca dal corpo.
to, e detto la Castellina ove, secondochè
; 127. rafie: rada, tolga.
Alberico erasi indettato con alcuni sica- forma comune nell' ant.
129. sappie :

ri, quando il convito fu in sul terminare, tose, per sappi. - trade: tradisce; cfr.
disse Vengano le frutta ed ecco in un
: ; Inf. XI, 66.
subito Ugolino, figliuolo di lui, e il pre- 130. come fec' io: cioè in una delle
nominato Francesco, ad una coi nascosi forme più abbiette del tradimento pu-
scherani, scagliarsi co' pugnali addosso nito nella Tolomea non sempre, ma solo
;

a que' due miseri e barbaramente uc- spesse volte le anime (v. 125) di tali tra-
:ERC. 9. GIRO 3] Inf. xxxiii. 131-146 [branca d' Oria] 307

da un demonio, che poscia il governa


mentre che il tempo suo tutto sia volto.
133 Ella ruina in sì fatta cisterna ;

e forse pare ancor lo corpo suso


dell'ombra che di qua dietro mi verna.
136 Tu il dèi saper, se tu vien pur mo giuso :

elli è ser Branca d'Oria, e son più anni

poscia passati eh' el fu sì racchiuso. »


139 « Io credo » diss' io lui « che tu m' inganni ;

che Branca d' Oria non morì unquanche,


e m augia e bee e dorme e veste panni. »
142 « Nel fosso su » diss' ei « di Malebranche,
là dove bolle la tenace pece,
non era giunto ancora Michel Zanche,
145 che questi lasciò un diavolo in sua vece
nel corpo suo, ed un suo prossimano

ditori cadono anticipatamente laggiù. tutta sua compagnia»; An.Fior. Il fatto


Alcuni credono che Dante prendesse il avvenne nel 1275. Secondo antiche tra-
suo concetto da San Giovanni, XIII, dizioni, D. avrebbe scritto questi versi
27 (« Et post buccellam, tane introivit per vendicarsi di un' ingiuria fattagli
in illnm [Giuda] Satanas ») ma in tal ;
dai D'Oria, o l'ingiuria sarebbe stata
caso anche la Giudecca avrebbe cotal vendetta di questi versi cfr. Papanti, ;

vantaggio il che D. non dice. Che spi-


;
151-5-3. - più: venticinque.

riti demoniaci potessero entrar in un 140. unquanche lat. unquam: ancor


:

uomo era, ed è, credenza diffusa la no- : mai non


; è ancor morto. Visse infatti as-
vità di D. (osserva bene il Torraca), è sai dopo il 1300, fino al 1325; Del Lungo,
che uno di siffatti spiriti non pure en- Dino Comp. II, 382, n. 12.
tri in corpo umano, ma ne cacci l'anima, 141. mangia ecc.: è vivo e sano man- :

e, sostituitosiad essa, compia egli l'uf- giare, bere e vestirsi sono operazioni di
ficio di reggere il corpo (il governa). persona viva e non colpita da malattia.
132. mentre ecc.: finché sia passato Ma la frase dovette essere dell'uso co-
(volto) tutto quel tempo che il corpo* mune. Dice Fra Giord. (Fred. s. Genesi,
deve vivere. «Breves dies hominis sunt, p. 99) « Come fu queir apparizione del-
:

numerus mensium eius apud te est ;


l' angelo.... che stette con lui [Tobia]....

constituisti terminos eius, qui praeteriri e mangiò e bebbe e dormì efavelloe? Con-
non poterunt » : Job, XIV, 5. ciossiacosaché l'angiolo non mangi, ne
133. in sì fatta cisterna: in questo poz- bea, ne dorma, nò cotali cose che s'ap-
zo infernale, fatto così come tu vedi. partengono a' sensi corporali? » E la frase
134. forse: cfr. v. 123 n. - pare: ap- è ripetuta anche poco dopo. E altrove
pare. - suso: nel mondo. scrive lo stesso Fra Giord. (Fred. Ediz.
135. verna: sverna, sta nel verno in- Carducci, p. 10) « Se [l'usuraio] man-
:

fernale, cioè nel ghiaccio di Oocito. gia o bee o dorme o veste, tutto è pec-
130. pur mo: in questo momento, solo cato ».
ora: cfr. Inf. X, 21; XXVII, 20. 142. fosso bolgia de' barattieri, Inf.
:

137. Branca d'Oria cavaliere genove-


: XXII. L'anima di Branca d'Oria scese
se, genero di Michele Zanche, signore di all' Inferno subito, prima di quella del
Logodoroin Sardegna; cfr. Inf. XXII, 88. suocero da lui ucciso.
«Avendo diritto l'occhio alla signoria di 146. ed un e un suo prossimano (nipo-
:

Logodoro, invitò a mangiare seco a uno te, An. Fior., Benv.; o cugino, Ott.) fece
suo castello questo suo suocero, et ivi lo stesso, lasciò un diavolo in sua vece
finalmente il fé' tagliare per pezzi lui et nel corpo suo.
308 [cune. 9. GIRO 3] Ixr. xxxin. 117-157 [invettiva]

tradimento insieme con lui fece.


ohe il

148 Ma distendi oramai in qua là inailo:


aprimi gli ocelli » ed io non glie l'apersi; ;

e cortesia fu lui esser villano.


151 Ahi, Genovesi, uomini diversi
d'ogni costume, e pien d' ogni magagna,
perchè non siete voi del mondo spersi 1
154 Che col peggiore spirto di Romagna
trovai di voi un tal, che per sua opra
in anima in Oocito già si bagna,
157 e in corpo par vivo ancor di sopra.

148-149. Ma ecc. Ma ora che ho fatto


: nore, nihilominus tamen in civitate et
quanto chiedesti e più ancora, stendi extra homicidae, malefactores et iusti-
la mano e aprimi gli occhi, levandomi tise contemtores multiplicare coeperunt.
dal viso duri veli, v. 112. - gliele così
i : Nam tempore dicti Potestatis malefacto-
gli antichi,secondo che già si è osser- res quamplurimi gladiis et iaculis ad
vato, anche per glielo, gliela, glieli; cfr. invicem die noctuque percutiebant ac
Cinonio, Partic, 122. Corticelli II, 18. etiara perimebant »; Murat., Script. VI,
150. cortesia: atto di cortesia, cioè di 608. Virg. Aeri. XI, 700 sg.
gratitudine verso Dio cfr. Inf. XX, 28. ; 151-152. diversi d'ogni costume estra :

« Questo si intende, che il non far cor- nei ad ogni buono, onesto costume. « A
tesia a frate Alberigo fu cortesia im- : lieni ab omnibus aliis hominibus in mo
però che non si dee fare villania al mag- ribus, praecipue in cupiditate quaerendi
giore per fare cortesia al minore che et parcitate servandi. Nulli enim italici
non la merita aprir li occhi a colui era,
: vivunt miserius, licet in apparatu et or
secondo la finzione di Dante, fare contro natu exteriori sint splendidi »; Penv
alla giustizia di Dio, la qual cosa sarebbe - magagna: vizio. « Uno Noffo Dei...
stato grande villania, e però non farlo pieno d'ogni magagna »; G. Vili. Vili,
fu cortesia » Putì. Bene mostrò con
; 92; cfr. Purg. VI, 110.
più esempi il Torraca essere stata in 153. del mondo spersi: dispersi, ster-
antico diffusa opinione che fosse cosa minati dal mondo, voi che per tutto il
buona, anzi doverosa, mancar di lealtà mondo siete disseminati poiché come
:

coi traditori. Fatti di Aless., 90: « An- dice l'antico rimatore genovese, citato
che nostri antichi dicono che a tra-
li molto a proposito dal Torraca, ....tanti
ditore non si de' tenere leanza. » - lui : Ison li Zenoesi, |
E per lo mondo si de-
a^lui, cioè verso di lui; AL: in lui. - stesi Che unde li van o stan, Un'al-
| |

villano non mantenendogli la promessa


: tra Zenoa gè fan. Per spersi, cfr. la Ball,
contenuta ne' vv. 115 sgg. per la rotta di Montecatini {Rime di
V. 151-157. Invettiva control Geno- Gino, ecc. ed. Carducci, p. 607). Di lor,
vesi. Ripensando al tradimento di Bran- sie certo, non si avrà mercede che fìen
; |

ca d'Oria, D. inveisce contro i Genovesi venduti e spersi di Toscana.


ed augura a loro come a gente aliena 154. spirto Alberigo, v. 118.
:

da ogni buon costume quell'annienta- 155. di voi un tal: Branca d' Oria. -
mento che già ha imprecato a Pistoia in per sua opra: opera di traditore.
Inf. XXV, 10 sgg. e a Pisa ne' vv. 79 156. si bagna là dove i peccatori stan-
:

sgg. di questo canto stesso. Dello stato no freschi, Inf. XXXII, 117. Non senza
e dei costumi di Genova verso il 1300 ironia si accenna così alla pena di chi
Iacopo d'Oria scrive: « Quamvis his è confìtto nello stagno gelato di Cocito.
temporibus civitas lanuse in tanta es- 157. par: appare. - di sopra: nel mon-
set sublimitate, potentia, divitiis et ho- do (vv. 140 sg).
[CERC. 9. GIRO 4] Inf. xxxiv. 1-9 [lucifero] 309

CANTO TRENTESIMOQUARTO
CERCHIO NONO: FRODE IN CHI SI FIDA, O TRADITORI

GIRO QUARTO -GIUDECCA: TRADITORI DE' BENEFATTORI


(Interamente confitti sotto li ghiaccio in quattro diverse positure)

LUCIFERO E LA SUA STORIA


(Immerso e sospeso nel vano eh' è nel centro di Oocito da mezzo il petto in giù)

BOCCHE DI LUCIFERO: TRADITORI DELLA MAESTÀ


GIUDA ISCARIOTTO, BRUTO E CASSIO
(Maciullati dai denti di Lucifero, e Giuda anche scorticato)

DAL CENTRO DELL' UNIVERSO ALL' ALTRO EMISFERO

« Vexilla regis prodeunt inferni


verso di noi però dinanzi mira »
:

disse maestro mio, « se tu il discerni. »


il

Come quando una grossa nebbia spira,


o quando l'emisperio nostro annotta,
par di lungi un molin che il vento gira ;

veder mi parve un tal difìcio allotta ;


poi per lo vento mi ristrinsi retro
al duca mio che non gli era altra grotta.
$

V. 1-9. Laprima vista di Lucifero. 4. grossa densa. - spira esala o forse


: : ;

Mentre passano nell' ultimo giro di Ooci- «approprialo spirare che è dell'aria alla
to, V. avverte D. che oramai si avvici- nebbia, perciocché è dall'aria portata e
nano a Dite, e usa, adattandole al caso, mossa » ; Lomb.
le prime parole dell' inno della Passione, 5. annotta: scende la notte.
scritto da Fortunato di Ceneda, vescovo 6. par: appare. - molin ecc.: mulino
di Poitiers, nel vi secolo : « Vexilla re- a vento.
gis prodeunt, Fulget crucis mysterium». 7. dificio: ordigno, macchina e spe-
D. fìssa gli occhi in avanti e la grande, mo- cialm. macchina da guerra: parola spes-
struosa figura di Lucifero fa su lui l' im- so usata nell'ant. ital. e ancora viva sul-
pressione d' un mulino a vento, visto da la bocca de' volghi toscani. - allotta al- :

lontano, quando l'aria è offuscata da fit- lora; cfr. Inf. V, 53.


ta nebbia o dall'oscurità della sera. 8-9. poi ecc. essendo proceduto un
:

1. Vexilla ecc. i vessilli del re del-


: po' più innanzi, procurai di ripararmi
l'Inferno vengon fuori. Sono le sei ali dal vento accostandomi alle spalle di
(w. 46-52) di Lucifero, il cui svolazzare V. - non gli era non vi era cfr. per
: ;

muove il vento che aggela Oocito. gli= vi, Inf. XXIII, 54. Purg. Vili,
3. se tu il discerni se, non ostante
: 69; XIII, 7. - grotta: schermo con che
l'oscurità, riesci a distinguerlo. ripararmi dal vento cfr. Inf. XXI, 110.
;
310 [CERO. &. GIRO 4] Inf. XXXIV. 10-23 [lucifero

LO Già era, e con paura il metto in metro,


là dove, l'ombre tutte eran coperte,

e trasparien come festuca in vetro.


13 Altre sono a giacere, altre stanno erte,
quella, col capo e quella con le piante;
altra, coni' arco, il volto a' piedi in verte.
18 Quando noi fumino fatti tanto avanti
ch'ai mio maestro piacque di mostrarmi
la creatura eli' ebbe il bel sembiante,
30 dinanzi mi si tolse e le' restarmi,
« Ecco Dite » dicendo, « ed ecco il loco,
ove convien che di fortezza t' armi. »
22 Coni' io divenni allor gelato e fioco,
noi dimandar, lettor, eh' io non lo scrivo,

V. 10-54. Ghidecca, la regione dei che 1' usano contra minori che sono
li

traditori de' benefattori. Lucifero. loro benefattori, come


li signori contra

Nell'ultimo giro le anime sono intera- li sudditi, e questi stanno col capo in

mente confìtte sotto il ghiaccio in quat- su e co' piedi in giù et altri sono che;

tro diverse positure. Cóme D. e V. si l'usano contra li minori e contra li mag-


sono un po' avanzati verso il centro, giori parimente, e questi stanno inar-
V., che camminava innanzi a D., escla- cocchiati, col capo e coi piedi pari mente
ma « Ecco Dite », e si scosta perchè
: ! in giù nella ghiaccia e tutti stanno ri-
;

D. veda il demonio. Questi esce fuori versi, cioè rovescio, perchè sfacciatamen-
del ghiaccio da mezzo il petto, ed è te sanza alcuno ricopri men to h anno usato
più che smisuratissimo gigante. La sua lo tradimento » Buti. - inverte rivolta
; :
;

figura è orribile. Ha tre facce: una ver- « come fa un arco, che l'una cima si pie-
miglia, una gialliccia, la terza nera. ga verso l'altra, così il capo d'uno pecca-
Sótto ciascuna faccia escono due grandi tore si piegava et tornava sotto i piedi,
ali, simili a quelle del pixnstrello, e que- faccendo arco di sé » An. Fior. ;

ste, agitandosi, fanno il vento onde Oo- 18. bel sembiante: prima della sua ca-
cito s' aggela. Piange con sei occhi, e duta, Lucifero era statò il più bello e
le lagrime colanti giù pei tre volti, si perfetto degli angeli cfr. Purg. XII,
;

mescolano colla sanguinosa bava, ch'e- 25. Par. XIX, 47. Thom. Aq., Sum. theol.
sce dalle tre bocche. Cfr. Graf. Demo- I, LXIII, 7.
nologia di D., 22 sg. 19. dinanzi cfr. v. 8 sg. -fé' restarmi:
:

10. con paura: «horresco referens»; mi fece fermare.


Yirg., Aen. II, 204. Cfr. Inf. XXII, 31. 20. Dite: cfr. Inf. XI, 65; XII, 39.
12. festuca: pagliuzza. « In liquidis Chiama così, seguendo V. (Aen. VI, 127,
translucet aquis, ut eburnea si quis Si- 269, 397; VII, 568: XII, 199, ecc.) Sata-
gna tegat claro vel candida lilia vitro » ;
na, principe dei diavoli.
il

Òvid., Metl IV, 354 sg. 21. di fortezza: di


coraggio, per soste-
13-15. Altre ecc.: « Queste quattro dif- nerne la vista, e per dipartirti dall'Inf.
ferenzio pone, perchè quattro sono le scendendo e risalendo per il corpo dello
differenzio di questi traditori; imperò che spaventevole demonio.
altri sono che usano tradimento alli be- 22. divenni ecc. « divenni gelato, però
:

nefattori suoi pari, e questi finge che che per la paura manca il caldo naturale,
stiano parimente a giacere et altri sono
; et pertanto divengono le membra gelate ;

che l'usano contra li maggiori benefat- chè'l sangue è corso verso il cuore. Fioco
tori tanto, come sono i signori e mag- diviene, perchè lo spirito che sospigne
giori e maestri e qualunque altro grado fuori la voce, diviene debole, sì che man-
di maggioria, e questi stanno col capo cando viene meno la voce, et non è così
in giù e co' piedi ili su; et altri son^ chiara et così sonante »; An. Fior.
[CERC. 9. GIRO 4] Inf. xxxiv. 24-38 [lucifero] 311

però ch'ogni parlar sarebbe poco.


25 Io non mori', e non rimasi vivo ;

pensa oggimai per te, s' hai fior d'ingegno,


qua! io divenni, d' mio e d'altro privo.
23 Lo 'mperador del doloroso regno
da mezzo il petto uscia fuor della ghiaccia;
e più con un gigante io mi convegno,
3! che i giganti non fan con le sue braccia :

vedi oggimai quant' esser dee quel tutto


eh' a così fatta parte si confaccia.
84 S' el fu sì bel, com' egli è ora brutto,

e contra suo Fattore alzò le ciglia,


'1

ben dee da lui proceder ogni lutto.


Oh, quanto parve a me gran maraviglia,
quand' io vidi tre facce alla sua testa !

24. poco : insufficiente ad esprimere 34. fu prima della sua ribellione e ca-
:

tanto spavento. duta. « Dictus est auteM Lucifer, quia


25. non inori' ecc.: mi sentii venir me- prse caeteris luxit, suaeque pulcritudmis
no coni© per morte, pur restando vivo consideratio eum excaecavit » Bonaven- ;

e di ciò conservando la coscienza. tura, Coynp. theol. veritatis II, 28.


26. fior d'ingegno: un poco d'inge- 35. alzò le ciglia : si rivoltò superba-
gno; efr Inf. XXV, 144. Purg. Ili, 135. mente al suo Fattore. «Non solum au-
27. d'uno e d'altro: uno e altro
' ' '
'
tem voluit esse aequalis Deo, quia pra3-
sono forme di genere neutro: dell'una sumsit h abere propriam voluntatem, sed
e dell'altra cosa; cioè di morte e di vita. etiam maior voluit esse, volendo quod
28. Lo 'mperador ecc.: « si noti la spa- Deus illnm velie nolebat, qaoniam vo-
ventosa maestà di questo verso»; L. Yent. luntatem suam supra voluntatem Dei,
Sim., 520. Lucifero è detto imperador del posuit »; Ansel., De caste Diaboli, e. 4.
doloroso regno come antitesi perfetta del- 36. ben dee: è ben giusto che ecc. -
V imperador che lassù regna, cioè di Dio; lutto: male e dolore del mondo. «Quid
efr. Inf. 1, 124. pravius, quid malignius, quid adversa-
20. da mezzo: «Cum [Orlon] pedes in- rio nostro nequius? qui posuit in coelo
cedit niedii per maxima Nerei Stagna bellum, in paradiso fraudem, odium inter
viam sciudens, umero supereminet un- primos fratres, et in omni opere nostro
das»; Virg., Aen. X, 764 sg. zizania seminavit.... Omnia mala mun-
30-31. e più ecc.: son più simile o pros- di sua sunt pravitate commixta »; S.
simo di grandezza io ad un gigante che Aug., In Script, com. Ser., 4.
non un gigante a un braccio di Lucifero. 38. tre facce evidentemente, con que-
:

32. quel tutto: l'intiero corpo. . sta triplicità nell' unità, Lucifero è con-
33. parte: braccia. - si confaccia: sia trapposto a Dio uno e trino. Ma per alcu-
proporzionato. Il P. non fornisce dati ni le tre faccie simboleggiano Ignoranza,
bastevoli ad nn computo esatto, quale Odio ed Impotenza; per altri Avarizia,
più d'uno ha tentato di fare: tentativo Invidia ed Ignoranza; oppure Ira, Ava-
inutile, anzi dannoso all'effetto poetico; rizia ed Invidia o anche Concupiscen-
;

giacché il poeta coli 'invito al lettore a za, Ignoranza, Impotenza, ecc. ecc. Qual-
figurarsi da sé la vasta paurosa mole cuno ha pensato persino alle tre parti del
di. Satana, significa ch'egli stesso non sa mondo allora conosciute, o a Roma, Fi-
né vuole determinarla, ma si limita con renze e Francia (!) Ma se questo Luci-
parole e confronti suggestivi a stimolare fero dalle tre facce è l'antitesi della Tri-
ed aiutare i lettori a rappresentarsi en- nità divina, essendo questa Podestate,
tro di sé, come meglio ciascuno possa, Sapienza e Amore {Inf. III, 5-6), le
l'enorme mostro. tre facce figureranno il contrario, cioè
312 [ceuc. 9. GIRO 4] Int. nxxiv. 39-56 [TESTA i; ali di LUCIF.J

L'ima dinanzi, e (india era vermiglia;


io l'altre eran due, clic s' aggiugnieno a questa
sovresso il mezzo di ciascuna spalla,
e sé giugnieno al luogo della cresta;
18 e la destra parea tra bianca e gialla;
la sinistra a veder era tal quali
vegnon di là onde '1 Nilo s'avvalla.
46 Sotto ciascuna uscivan due grand' ali.

quanto si con venia a tanto uccello :

vele di mar non vid' io mai cotali.


•19
Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo e quelle svolazzava, ;

sì che tre venti si movean da elio :

52 quindi Oocito tutto s' aggelava.


Con sei occhi piangea e per tre menti
gocciava il pianto e sanguinosa bava.
55 Da ogni bocca dirompea co' denti
un peccatore, a guisa di maciulla,

Impotenza, Ignoranza e Odio del bene «Hic vel ad Elei me-


54. gocciava ecc.:
e del vero. tas et maxima campi Sudabit spatia et
39. vermiglia: la faccia vermiglia sim- spumas aget ore cruentas »;Virg Georg. .
,

boleggia l' Odio. Ili, 202 sg. -«Ecce autem duro fumans
40-42. s'aggiugnieno ecc.: si ergevano sub vomere taurus Con ci di t et mixtum
ciascuna sopra una delle spalle, e tutte spumis vomit ore cruorem » ibid., 515 sg. ;

tre si congiungevano per quella parte -bava: che usciva dalla bocca e diveniva
in cui i galli hanno la cresta. - cresta : sanguinosa del sangue dei tre peccatori
forse, dicendo cresta, il P. accenna alla eh' ei dirompea co' denti.
superbia di Lucifero. V. 55-67. I traditori della Maestà
43. destra: faccia. - tra bianca e gialla: divina ed umana : Giuda Iscariot-
gialliccia; denota l'Impotenza. to f Cassio e Unito. Da ognuna delle sue
44. tal: nera, come gli Etiopi; figura tre ampie bocche Lucifero dirompe coi
l' Ignoranza. denti un peccatore da quella di mezzo
:

45. didall'Etiopia. - s'avvalla:


là: Giuda Iscariotto, traditore di Cristo, os-
scende a valle, verso l'Egitto. sia della Maestà divina, il quale ha il
46. ciascuna: delle tre facce. capo dentro la bocca di Lucifero ; dalle
quanto ecc.
47. proporzionate alla
: altre due Brutoe Cassio, traditori di
grandezza del mostro. - uccello cfr. Inf. : Cesare, ossia della Maestà umana o im-
XXII, 96, Par. XXIX, 118. Lucifero ha periale. L'autorità imperiale è volutada
sei ali, come i quattro animali che stan- Dio come necessaria al benessere del-
no intorno al trono di Dio Apocal. IV, 8. ; l' umanità (cfr. De Mon. Ili, 16) ep- ;

48. cotali di sì enorme grandezza.


: però non può recar meraviglia che D.
49. vispistrello : pipistrello (lat. vesper- condanni così i due capi della congiura
tilio). contro Giulio Cesare. Furono essi, è ve-
50. modo: erano per forma, materia, ro, spinti dall'amore di libertà; ma per
colore, struttura come quelle di un pipi- D. la libertà stessa è indivisibile dal-
strello. - svolazzava dibatteva, agitava.
: l'autorità imperiale né Cesare parve
;

51-52. tre uno da ciascun paio di ale. -


: tiranno al P., che lo pose nel limbo tra
da elio: da Lucifero. quinci: per questo.
- gli spiriti magni {Inf. IV, 123).
53. sei due per faccia. - piangeva: di
: 56. maciulla è lo strumento, così chia-
:

dolore e di rabbia impotente. mato in Toscana (altrove gramola), con


[CERC. 9. GIRO 4] Inf. xxxiv. 57-73 [bocche di lucie.] 313

sì che tre ne facea così dolenti.


58 A quel dinanzi il mordere era nulla
verso il graffiar, che talvolta la schiena
rimanea della pelle tutta brulla.
GÌ « Quell'anima lassù e ha maggior pena » 1

disse '1 maestro, « è Giuda Scariotto,


che '1 capo ha dentro e fuor le gambe mena,
64 Degli altri due e' hanno il capo di sotto,
quel che pende dal nero ceffo è Bruto
- vedi come si storce e non fa motto - ;

67 e l'altro è Cassio, che par sì membruto.


Ma la notte risurge, e oramai
è da partir, che tutto avem veduto. >>

70 Coni' a lui piacque, il collo gli avvinghiai;


ed ei prese di tempo e loco poste ;

e quando l'ali fuoro aperte assai,


73 appigliò sé alle vellute coste;

che si dirompono i calami della canapa V. 68-87. Uscita dall' Inferno. I P.


e del lino per separare le libbre filabili sono giunti davanti a Lucifero. Sorge la
e tessili dalla parte legnosa. notte.Son circa le 6 /2 di sera del se-
1

58. queldinanzi Giuda Iscariotto. : condo giorno. L). si avvinghia al collo


59. verso ecc. in confronto del graf-
: di V., il quale coglie il momento in cui

fiare delle mani. Gli altri due soltanto le alisono sollevate, e, appigliatosi alle
dirotti co' denti; Giuda, in più, è ter- vellute coste di Lucifero, scende di vello
ribilmente graffiato colle ungbie. Il tra- in vello, finché giunto a mezzo il corpo,
ditore della Maestà divina è più seve- cioè al centro della terra, si capovolge,
ramente punito che non i traditori della e comincia a salire su per la parte in-
Maestà umana. Per il senso di verso '
'
feriore del corpo di Lucifero. Così arri-
cfr. Purg. ITI, 51 VI, 142 XXVIII, 30. : ; vano all'emisfero australe.
- talvolta ma poi rimette di nuovo la
: 68. risurge ritorna, «ruitnox»; Virg.,
:

pelle, e in tal modo il tormento si rinno- Aen. II, 250. A percorrere i nove cerchi
va in eterno, come Inf. XXVIII, 37 sgg. infernali D. e V. impiegarono 24 ore. -
60. brulla: spogliata; cfr. Inf. XVI, 30. « Ma la notte risurge vuol dire La notte
:

63. gambe mena: questa posi-


fuor le risorge sull'emisfero Terrestre, cioè vi
tura di Giuda rammenta quella de' si- fa il primo passo, percorre la prima vi-
moniaci nella 3 a bolgia, Inf. XIX, 22 gilia sopra Gange. E sull'emisfero Ter-
sgg. ma è più tremenda, perchè egli
; restre si avanza la sera. Al contrario il
vendè la divina persona di Cristo. giorno risorge sull' emisfero Acqueo, e
04. di sotto: spenzolato fuori d'una fa il primo passo sotto Gade. E sull'emi-
bocca di Lucifero. sfero Acqueo si avanza il mattino. »
60. si storce: per il dolore, che egli, Nociti. Cfr. Ponta, Orol. Dant., ed.
per grandezza e fortezza d'animo, sop- Gioia, 46 sg.
porta tacendo, non dissimile in ciò da 71. prese ecc.: colse il tempo oppor-
Farinata, Inf. X, 35 sg. e da Capaneo, tuno, cioè il momento in cui le ali fu-
Inf. XIV, 46 sgg. rono ben aperte, e il luogo opportuno
67. membruto tale è detto L. Cassio
: per appigliarsi alle vellute coste.
da Cicerone, Oatil. Ili mentre Cassio ; 73. vellute villose, pelose. « Lento il
:

Longino, il traditore di Cesare, era pal- moto dell'ale. V. s'apposta in modo che,
lido, magro e di gracile corpo cfr. Plut., ; mentre Lucifero le solleva e le abbassa,
Brut., 29 Ges., 62, ecc. Torse D. confuse
; e' possa scendere per le coste di lui »;
i due personaggi. Tom.
314 [USCITA dall'inf.] Inf. xxxiv. 74-91 [centro dell'univi

di vello in vello giù disceso poscia


tra il folto pelo e le gelate croste.
70 Quando noi fummo là, dove La coscia
si volge appunto in sul grosso dell'anche,
lo duca, con fatica e con angoscia,
7[)
volse la testa ov'egli avea le zanche,
e aggrappossi al pel coni' noniche sale,
sì che in Inferno i' credea tornar anche.
82 « Attienti ben, che per cotali scale »
disse il maestro ansando com'uom lasso,
« conviensi dipartir da tanto male. »
85 Poi uscì fuor per lo foro d' un sasso,
e puose me in su l'orlo a sedere;
appresso porse a me l'accorto passo.
88 Io levai gli occhi, e credetti vedere
Lucifero com'io l'avea lasciato;
e vidili le gambe in su tenere;
91 e s' io divenni allora travagliato,

74. vello: flocco di pelo. tali: Al.: sì fatte. - scale: qui in senso
75. tra il tra i pelosi
folto pelo ecc. : traslato per qualsiasi mezzo onde si sal-
fianchi di Lucifero e le incrostature di ga o scenda, cfr. Inf. XVII, 82 XXIV,
:

ghiaccio, che cingono la cavità in cui 55. Come già sul principio del viaggio
sta Satana. infernale, Inf. V, 20, anche qui, alla fine
76-77. là ecc. :dove la coscia di Lu- di esso, par di udire un'eco di quanto
cifero si piega sporgendo in fuori dai si legge in Virgilio, Aen. VI, 126 sgg.:
fianchi. Costr.: Quando noi fummo ap- « Facilis descensus Averno; Noctes at-
punto in sul grosso dell'anche (fianchi), que dies patet atri ianua Ditis; Sed revo-
là dove la coscia si volge. care gradum superasque evadere ad auras
78. con fatica e con angoscia essendo : Hoc opus, hìclaborest. Fauci, quosaequus
arrivato in questo momento al centro amavit Iuppiter aut ardens evexit ad
della terra e dell' universo, dove la forza eethera virtus, Dis geniti potuere. »
centripeta è massima e però più faticoso 86. pose me ecc. mi depose sull'orlo
:

il vincerla. A ngoscia è la forte, intima di quell'apertura.


pena ed oppressione, eh' è effetto natu- 87. porse ecc.: saltò destramente dalle
rale d'ogni fatica un po' violenta e che, gambe di Lucifero all'orlo, dove mi ave-
fisicamente, si manifesta nel respiro dif- va deposto. - a me verso : di me venne ;

ficile ed affannoso (Purg. IV, 115 sg.). dov' era io. - accorto : passo avveduta-
79. volse ecc.: si capovolse. - zanche: mente fatto.
gambe; cfr. Inf. XIX, 45. V. 88-93. Lucifero capovolto. Dal-
80-81. com'uom che sale : in atto di sa- l'orlo, ove V. lo ha deposto, D. alza gli
lire spingendo innanzi le mani per ar- occhi, e mentre crede di vedere ancora
rampicarsi su su per il corpo di Luci- Satana come lo aveva visto testé, v. 28
fero. Saliva infatti su per l'altro emisfe- sgg., ne vede invece le gambe e i piedi;
ro, giacché, passato il punto centrale, di che si maraviglia molto.
chi voglia proseguire verso gli antipodi 90. in su Satana, terribile a chi gli si
:

non discende più, ma deve ricominciare avvicina, v. 22 sgg., diviene una figura
a salire; ciò che D. finge di non avere comica per chi da lui si allontana, come
lì per lì compreso, tanto che crede tor- fanno adesso i P.
nare di nuovo (anche) su nell' Inferno. 91. travagliato: turbato, perplesso, non
82. Attienti: al mio collo, v. 70. -co- sapendomi spiegare il fatto.
[SALITA AL PURGATORIO] INF. XXXIV. 92-100 [CENTRO DKLl/UNIV.] 315

gente grossa il pensi, che non vede


la
qual è quel punto eli' io avea passato.
94 « Levati su » disse il maestro « in piede :

la via è lunga e il cammino è malvagio,


e già mezza terza riede. »
il sole a
97 Non era camminata di palagio
la 'v'eravam, ma naturai burella,
eh' avea mal suolo e di lume disagio.
ìoo « Prima eh' io dell'abisso mi divella,

92. grossa ignorante. - non Tede non


: : 96. mezza terza
« del dì e della notte
:

comprende (come D. stesso in quel mo- fanno 24 ore, cioè 12 del dì


(gli astrologi)

mento) che avevo passato il centro della e 12 della notte, quanto che '1 dì sia gran-
terra, e però io non poteva più discende- de o piccolo e queste ore si fanno pic-
:

re, ma salire verso la pai-te opposta dopo ciolo e grandi nel dì e nella notte, se-
ilcapovolgimento descritto ne' vv. 78 sg. condo che '1 dì e la notte cresce e scema.

93. punto: « al qual si traggon d'ogni E queste ore usa la Chiesa, quando dice
parte i pesi»; v. 111. Prima, Terza, Sesta e Nona, e chiaman-
V. 94 -126. Caduta di Lucifero ed si ore temporali » Conv., Ili, 6. « E
;

origine dell'Inferno. V. esorta D. a però che la Sesta ora, cioè il mezzodì,


rizzarsi ed avviarsi senza perder tempo, è la più nobile di tutto il dì e la più
essendo mattina; eD., doppiamente ma- virtuosa, li suoi Uffici [la Chiesa] ap-
ravigliato, domanda dove sia Oocito e pressa quinci d'ogni parte, cioè di prima
perchè Lucifero sia capovolto e come e di poi, quanto puote. E però 1' Ufficio
mai, mentre poco prima era sera, ora della prima parte del dì, cioè la Terza
sia già mattina. V. risponde che sono si dice in fine di quella [alla fine della
oramai giunti sotto l'emisfero australe, 3® ora temporale di sole], e quello della

e spiega la positura di Lucifero, dando terza parte e della quarta si dice nelli
notizia del modo in cui esso cadde giù principii. E però si dice mezza terza
dal cielo ed ebbe origine l'Inferno. prima che suoni per quella parte » ;

« Dante imagina che dalle acque emer- Conv. IV, 23. Si indicherà perciò con
gesse in prima la terra abitabile dalla mezza terza un'ora e mezzo temporale
parte del nuovo emisfero sulla quale era di giorno poco dopo, dunque, le 7 1 /-2 del
;

giunto (uscendo dall'Inferno); ma che, mattino nel periodo equinoziale di pri-


cadendo dal cielo Lucifero, per paura del mavera.
mostro si ritirasse avvallandosi, onde le 97. camminata di palagio sala spa- :

acque marine la ricoprissero, e di quanto ziosa e ben illuminata. Propriamente è


si avvallasse in quell'emisfero, venisse la sala con camino, dove si riceveva.
a sollevarsi nel nostro, accadendo, tra Cfr. Toynbee, Ricerche e note dantesche,
acqua e terra, quasi un cambio di equi- serie 2 a Bologna, 1904, pp. 95 sgg.
,

valenza; imagiua inoltre che la terra burella da buro


98. buio carcere
: = ;

centrale dalla parte del nuovo emisfero, stretto e tenebroso. « Da vasi questo nome
per fuggire il verino reo che il inondo specialmente ai sotterranei dell'anfitea-
fora, si sollevasse nell' emisfero mede tro fiorentino, dove si custodivano le fie-
simo, così lasciando il vuoto ch'ò adito re per gli spettacoli » Cr. Questi sotter- ;

ai due Poeti per il quale ritornare alla ranei servirono come prigione; onde il
luce, e formando queir altura eh' è il nome burella passò a significare altresì
monte della espiazione»; Antonelli. 4
prigione ingenerale; cfr. Toynbee, o. e,
'

94. Levati cfr. Inf. XXIV, 52. « Sed


: pp. 97 sgg.
iam, age, carpe viam et susceptum per- 99. mal ineguale, erto e Tonchioso. -
:

ficemunus: Adceleremus, ait»; Virg., disagio: mancanza. « Quam angusta por-


Aen. VI, 628 sg. ta et arcta via est, qua3 ducit ad vi-
lunga dal centro fino alla
95. la via è : tam! »; Matt. VII, 14.
superfìcie della terra. - malvagio diffi- : 100. abisso: Inferno; cfr. Inf. IV, 8,
cile essendo il sentiero stretto, oscuro,
; 24 XI, 5. Purg.
; I, 46. - mi divella: mi
ineguale. distacchi.
316 [SALITA AL PtTRG.] I.\T. XWIY. 101-119 [CADUTA DI LUCIIKKO

maestro mio » disà' io quando fai dritto,


« ;i traimi (l'erro un poco mi favella,
103 Ov' è la ghiacciai e questi come è fìtto
sì sottosopra? e come, in sì poc'ora,
da sera a mane ha fatto il sol tragitto? »
106 Ed elli a me « Tu imagini ancora :

d' esser di là dal centro, ov'io mi presi


al pel del vermo reo che '1 mondo fora.
109 Di là fosti cotanto quant' io scesi ;

quand' io mi volsi, tu passasti il punto


al qual si traggon d' ogni parte i pesi ;
112 e se' or sotto l'emisperio giunto,
eh' è contrapposto a quel che la gran secca
il cui colmo consunto
coverchia, e sotto
115 fu l' uom
che nacque e visse sanza pecca :

tu hai i piedi in su picciola spera,


che l' altra faccia fa della Giudecca.
118 Qui è da man, quando di là è sera;
e questi, che ne fé' scala col pelo,

errore forma in ant. viven-


102. erro : ; l'emisfero boreale, dove fondandosi so-
te,come scorpio per scorpione, sermo x>er pra Ezechiele V, 5 [« Ista est Jerusa-
sermone, ecc. Evale 'dubbio' (cfr. Inf. lem; in medio Gentium posui eam, et
IV, 48 e X, 114) il dubbio espresso ne' vv.
; in circuitu eius terras »] si credeva che
sgg. e già accennato nel v. 91 colla parola fosse situata Gerusalemme; cfr. Purg.
'
travagliato '
II, 1 sg. « Dà in tre versi tre idee della
103. ghiaccia: il ghiaccio di Cocito. scienza, qual'era a' suoi tempi; ch'egli
104. poc'ora: il tempo impiegato a scen- è ora nell'emisfero opposto alla super-
dere e a salire per il corpo di Dite. fìcie abitata da noi; che questa super-
105. sera: v. 68. -mane: v. 96. ficie è la metà dell'area terrestre; e che
107. di là : nella regione boreale. - mi Gerusalemme, ove il Verbo incarnato
presi: mi aggrappai. visse e morì come uomo, è nel mezzo
108. vermo reo: Lucifero, cfr. Inf. VI, di questa superficie abitabile, come af-
22. - fora-: passa da una parte all'al- fermavano Marino Sanudo e più antichi
tra stando sospeso nel vano die alla sua geografi»; Antonelli. - consunto: consu-
caduta si formò nel centro della terra mato, ucciso.
per lui. 115. 1' Uom Cristo. - nacque
: senza :

109. scesi : v. 74 sg. peccato originale. - visse senza peccato :

110-111.il punto ecc. il centro della : attuale. - pecca: per peccato usato già
terra, quale, secondo le opinioni del
il in Inf. XXXII, 137. È parola tuttora
tempo, è pure il centro della gravita- viva e fu già anche nella lingua pro-
zione; cfr. Inf. XXXII, 73 sg. Arist., De venzale cfr. Bartsch., Ghrcst. prov.,
;

Godo IV, 1, p. 307 sg.«Ea, quse est me- 179 « major pecca. »
:

dia et novatellus, neque movetur, et in- 116. picciola: essendo pross. al centro.
fima in eamferuntur omnia suo
est, et 117. fa: corrisponde allo spazio cir-
nutu pondera » Oic, iSomn. Scip., 17.
; colare che nell' altro emisfero forma la
112. l'emisperio: l'emisfero australe. Giudecca.
113-114. quel: emisfero boreale. - la 118. Qui: nell' emisfero australe; cfr.
gran secca : nominativo : la terra. « Vo- Par. 1, 43 sg.-dilà: nell' emisfero bore ale.
cavit Deus aridam, Terram »; Genes. 119. questi : Lucifero. - scala : cfr. v.
I, 10. - colmo: punto culminante del- 73 sgg., 82.
[SALITA AL PURGATORIO] INF. XXXIV. 120-132 [USCITA ALL APER.] 317
7

fìtto è ancora sì come primiera.


121 Da questa patte cadde giù dal cielo;
e la terra che pria di qua si sporse,
per paura di lui fé' del mar velo,
124 e venne all' emisperio nostro e forse ;

per fuggir lui lasciò qui luogo voto


quella che appar di qua, e su ricorse. »
127 Luogo è laggiù da Belzebù rimoto
tanto quanto la tomba si distende,
che non per vista, ma per suono è noto
130 d'un ruscelletto che quivi discende
per la buca d' un sasso eh' elli ha roso,
col corso eh' elli avvolge, e poco pende.

121. Da questa parte dalla parte del-


: 130. ruscelletto : si è con verisimiglian-
l'emisfero australe. - cadde: « Quo- za supposto che siano le acque del Lete,
modo decidisti de ccelo, Lucifer?»; Isaia che toglie alle anime purificate la ricor-
XIV, 12. - « Videbam Satanam sicut ful- danza dei peccati, Purg. XXVIII, 121
-
gur de coelo cadentem »; Luca X, 18. sgg., e la travolge giù nel centro, dove
« Satanas proiectus est in terram »; Apo- scendono dall' altra parte i fiumi infer-
cai. XII, 9. nali: in tal modo tutti i peccati ritor-
122. pria prima che Lucifero cadesse
:
nano al loro principio, che è Lucifero.
dal cielo. - di qua si sporse si innalzava : 131. la buca ecc.: per il passaggio ch'es-
sopra la superficie del mare dalla parte so s'è aperto in un sasso rodendolo.
di qua, cioè nell' emisfero australe. 132. avvolge: fa avvolgendosi. - poco
123. fé' ecc.: si ritrasse sotto le acque. pende: è poco inclinato, e per questo è
124-126. nostro: l'emisfero boreale. - e possibile di salire contro il suo corso:
forse : costr. e int.: E quella terra che ap- la salita è, ciò nonostante, assai malage-
par di qua, che si sporge fuori del mare vole cfr. v. 95. Essendosi a tomba dato
;

e forma la moutagna del Purgatorio, la- il senso di cavità, dell'Inferno, si è do-


ido forse qui il loco voto, lasciò questa vuto intendere, forzando la lettera del
cavità, o burella naturale, dove siamo testo, che con luogo rimoto si alluda a
per fuggir lui, per evitare il contatto tutto il cammino ascoso ma noi ci at- ;

di Lucifero, e ricorse in su, si lanciò teniamo alla interpretazione semplice


con impeto verso la superficie dell'emi- e nitida, e però probabilissima, data
sfero australe. dal Barbi (Bull. XVIII, 12) e già im-
V. 127-139. Salita all'emisfero au- plicitamente ammessa nella n. 127-139.
strale. I due Poeti escono per un cam- '
Tomba è dunque da intendere « quel
mino ascoso ', che si apre nel cuore della sotterraneo, quella caverna, quella na-
roccia e la cui imboccatura laggiù per turai burella, che avea mal suolo e di
la oscurità non si scorge con l'occhio, lume disagio, per la quale Dante prende
ma si può trovare grazie al rumore che a camminare poi che s' è staccato dal
fauno le acque o un ruscelletto che ivi pelo di Lucifero (94 99). All'estremità
sbocca dopo essersi scavata la via per di tale caverna, e perciò rimoto tanto
entro al senso aprendo insieme il detto da Belzebù quanto essa caverna o tomba
'
cammino '. Di qui D. e V. salgono alla si estende, c'è un luogo, uu punto (cfr.
superficie dell'emisfero australe a rive- Inf. XX, 67 « Loco è nel mezzo là dove
:

der le stelle. il trentino pastore....»), al quale Dante


|

127-128. Belzebù : (Deus averruncus e Virgilio arrivano guidati non dalla vi-
sta, ma dall'udito, cioè dal suono d'un
3
muscarum, il Zeùq Anó\xvioc, dei Greci)

nome dato nel Nuovo Testamento al ruscelletto che quivi, a quel punto, di- '

principe dei demoni; cfr. M


att. XII, 24-27. scende per la buca d'un sasso ch'egli
|

Marco III, 22. LucaXI, 15, 18. - rimoto ha roso e quella buca così ascosa,
'
;

ecc.: cfr. n. al v. 132. tanto da non potersi ritrovare se non


318 [salita al puro.] Inf. xxxiv. 133-139 [uscita all'aperto]

133 Lo duca e io per quel cammino ascoso


Entrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,
13G salimmo su, el primo secondo,
e io
tanto eli' io vidi delle cose belle
che porta il ciel, per un pertugio tondo;
139 e quindi uscimmo a riveder le stelle.

per virtti dell'orecchio, è il loro cam- del tempo eh' è loro occorso a percor-
mino per tornare nel mondo. » Che tom- rere l' Inferno.
ba valesse anche caverna, sotterraneo, 137. cose bolle anche in Inf. I, 37
:

burella, è provato chiaramente dal Barbi sole e stelle sono chiamate cose belle.
con esempi del Boccaccio e di altri an- « Anche prima d'essere in cima del sot-
tichi scrittori. terraneo ascendente cammino, vide il
133. ascoso privo di luce e trovato da
: Poeta all' apertura del sasso scintillar
pochi cfr. Matt. VII, 14.
; qualche stella. E dicendo eh' egli uscì
134. mondo: emisfero australe. a riveder le stelle, dice insieme che al-
135. senza cura ecc. senza riposare,
: lora era notte, e ben prepara alla letizia
tanto è il desiderio di tornare nel chiaro della luce»; Antonelli.
mondo e vedere il 2° regno, benché la 139. quindi: da quel pertugio tondo.
via fosse lunga e malagevole. I P. im- - stelle tutte e tre le cantiche finiscono
:

piegano a risalire circa 21 ora, poco meno con questa parola.


LA

DIVINA COMMEDIA
CANTICA SECONDA

PURGATORIO
CANTO PRIMO

PROEMIO DEL PURGATORIO

PRELUDIO E INVOCAZIONE, LE QUATTRO STELLE


CATONE CUSTODE DEL PURGATORIO

Per correr miglior acqua alza le vele


ornai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele ;

e canterò di quel secondo regno,


ove l' umano spirito si purga,
e di salire al ciel diventa degno.

V. 1-12. Preludio ed invocazione. che, speculazioni teologiche, ingenue re-


Dopo la proposizione dell'argomento del- lazioni geografiche, escogitazioni cosmo-
la 2 a cantica D. invoca l'assistenza delle grafiche» (D'Ov., N. St. I, pp. 469 sgg).
Muse e in particolare di Calliope (cfr. e tutti fondendoli con la genialità co-
n. ai vv. 9-10). struttrice della fantasia in nuova e quasi
1-2. Per correr miglior acqua: per trat- geometrica unità, ci rappresenta il Purg.
tare materia più serena, meno orrida come un monte alto più d'ogni monte
della infernale. - le Tele « Vela traham
: terrestre, che, insieme con un ristretto
et tenie festinem advertere proram » ;
bordo pianeggiante che ne cinge la base,
Tirg., Georg. IV, 117. Oonv. II, 1 : « Lo forma un'isola solitaria dell'Oceano Au-
tempo chiama e domanda la mia nave strale agli antipodi di Gerusalemme. Il
uscire di porto per che, drizzato P ar-
;
monte è nell'insieme un tronco di cono :

timone della ragione all'ora del mio de- la sua parte inferiore, con sporgenze, in-
siderio, entro in pelago con isperanza di senature e pendii varii, costituisce l'An-
dolce cammino e di salutevole porto e tipurgatorio, dove certe anime devono
Ecce etenim nunc magni
laudabile. » - « trattenersi prima di cominciare la espia-
maris tiuctibns quatior, atque in navi zione da un certo punto in su - e qui
;

mentis tempestati» validse procellis illi- usciamo dall'atmosfera terrestre e siamo


dor»; S. Greg., Dial., proem. -«Non nel Purgatorio vero -, il monte è succes-
est ingenti cymba gravanda tui » ; Pro- sivamente ri segato torno torno da 7 ri-
pert, Eleg., III, 3. piani o gironi, comunicanti fra loro per
3. mar sì crudele: materia così orri- mezzo di scale scavate nel vivo della
da come quella dell'Inferno. roccia, ne' quali con varie pene si pur-
4. secondo regno: Purgatorio. « Sot- gano le anime sulla vetta infine è un'a-
;

terra consigliava a Dante di mettere il menissima pianura, non altro che il Pa-
Purg. la teologia più autorevole, sotterra radiso torrestre, dove le anime, termi-
l' Eneide, sotterra le più e le maggiori nate le sofferenze loro, passano a perfe-
visioni, ma egli lo volle all'aria aperta » zionare la propria purificazione con le
e togliendo materiali da « leggende, tra- acque di Lete ed Eunoè, e di dove spic-
dizioni, superstizioni, rivelazióni niisti- cano il volo all' Empireo.

21. — f)iv. Comm., 8a ediz.


:>22 [PROEMIO] PUKG. 1. 7-19 [VKNKR]

Ma qui la morta poesì rieurga,


o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Calliope alquanto surga,
il mio canto con quel suono
10
seguitando
Piche misero sentirò
di cui le
lo colpo tal, che disperar perdono.
13 Dolce color d'orientai zaffiro,
che s' accoglieva nel sereno aspetto
dell'aere puro infìno al primo giro,
16 agli occhi miei ricominciò diletto
tosto eh' io usci' fuor dell' aura morta,
che m'avea contristati gli occhi e il petto.
19 Lo bel pianeta che ad amar conforta,

7. morta che sinora cantò il regno del-


: altri che da Adamo ed Eva. Queste hanno
la morta gente, In/. Vili, 85. Così, e giu- certo un significato simbolico e figurano
stamente, i più. -poesì: per poesia, an- le virtù cardinali prudenza, giustizia,
:

tic anche in prosa; cfr. D'Ov., N. St. I, fortezza e temperanza (cfr. Purg. XXXI ,

pp. 13 sgg. 106) ma è certo del pari che D. intende


;

8. TOStro vostro devoto, come poeta


:
;
parlare di stelle reali cfr. 1© n. ai v. 24
;

cfr. Purg. XXIX, 37 sgg. e 26 e Purg. Vili, 91 sg. Potrebbero,


9-10. Calliope sarebbe propriamente
: ha detto qualcuno, essere le 4 stelle for-
la Musa della poesia epica. [« Vos, o manti la Croce del Sud, di cui in opere
Calliope, precor, adspirate canenti » ;
astronomiche medievali D. potè leggere
Yirg., Aea. IX, 525] ma qui è parti- ; la notizia. Ma il non viste mai sembra
colarmente invocata come la maxima alludere a stelle sconosciute, e sarà da
delle Muse, quale è detta e rappresen- credere che il P. immaginasse lui di dare
tata da Ovidio (Metani. V, 662) nell'epi- a 4 stelle australi, che lasciò indetermina-
sodio delle Piche che D. qui ebbe pre- te, una speciale lucentezza e una signifi-
sente, e insieme per avere essa - come cazione allegorica. Cfr.D'Ov.,0. e, 21 sgg.
dice il suo nome secondo che anche i 13. Dolce color ecc. azzurro, simbolo
:

dizionari del M. E. spiegano - una bella della speranza; cfr. Innocent. Ili, Fp.3.
voce. Cfr. D'Ov., o. e, 10 sg. -alquanto - orientai « sono due specie di zaffiri
:
;

surga si alzi un po' in piedi accompa-


:
1' una Chiama 1' orientale, perchè s
si
gnando (seguitando) il canto del P. con trova in Media eh' è nell'oriente, e que
quel suono soave di cui le Piche, ecc. ; sta è melliore che l'altra e non traluce
Ovid., Met. V, 338 sgg., dove si legge l'altra si chiama per diversi nomi com'è
che surgit.... Callìope, e percussis su- di diversi luoghi » ; Putì.
biungit carmina nervi» (ibid., 338-40). adunava, si conte
14. s'accoglieva: si
11. Piche: le 9 figlie di Pierio, re di ne va. «Altri avrebbe detto spandeva-, ita
Tessaglia, che, avendo sfidato al canto le neir immensità il Nostro vede l'unità »
Muse, furono da queste, che affidarono Tom. Cfr. Par. XIV, 122 . s'accogliea pe;
l'incarico di cantare per loro a Callio- la croce una melode.
pe, vinte e trasformate in piche (gazze). 15. aere: Al. mezzo, lezione molto bei
12 disperar capirono, sentendosi vin-
: sostenuta dalla tradizione manoscritta
te, che non c'era da sperar perdono. - - giro: cerchio, o circolo; l'orizzonte
perdono riparo, scampo. Di 2wdono in
: Al. il cielo della luna.
:

questo senso non mancano altri esempi 16. diletto: non più gustato dopo es
presso gli antichi ; cfr. Betti II, 8. sere entrato nell' Inferno.
V. 13-27. JOe quattro stelle. Usciti 17. morta: oscura, propria dell' Inf.
dall'aura morta, D. e V. si dilettano del- eh' è il regno della morte.
l'aspetto che loro si offre: il cielo se- 18. gli occhi i sensi. - il petto: l'anime
:

reno e color di zaffiro; il pianeta d'a- 19. Lo bel pianeta: Venere; e non, ce
more e quattro stelle non viste mai da me vollero altri, il Sole; cfr. D'Ov., o. e
[PROEMIO] PURG. I. 20-31 [LE QUATTRO STELLE] 323

faceva tutto rider l'oriente,


velando i Pesci ch'erano in sua scorta.
Io mi volsi a man destra, e puosi mente
all'altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch'alia prima gente,
Goder pareva il ciel di lor fiammelle :

o settentrional vedovo sito,


poi che privato se' di mirar quelle !

28 Com' io da loro sguardo fui partito,


un poco me volgendo all'altro polo,
là onde il Carro già era sparito,
vidi presso di me un veglio solo,

19 sg. Nell'emisfero ove i P. sono giunti, di Eoma. Come pagano dovrebbe, tut-
circa le 4 1 /a antim. del 4° giorno del loro t'al più, essere nelLimbo come suicida,
;

viaggio Il 3° fu impiegato nel risalire


: nel 2° girone del 7° cerchio dell' Inf. Ma,
dal centro della terra alla superficie, ove insieme con tutta l'antichità e con non
sorge il Purg. - ad amar : cfr. Conv. II, pochi Padri della Chiesa, D. aveva Ca-
6. Par. Vili, 1 sgg. tone in grandissima riverenza; cfr. Conv.
21. Telando: colla sua luce, -scorta: IH, 5 IV, 5, 6, 27, 28. De Mon. II, 5.
;

Venere precedeva i Pesci, che perciò Non volle dunque metterlo nell'Ini*.,
erano in sua scorta, sotto la sua guida. non soft'erendolo il cuor suo né passarlo
;

22. destra:verso il polo antartico. sotto silenzio, non sofferendolo la sua


24. prima gente: Adamo ed Eva, di- ammirazione. Lo pose perciò custode al-
moranti nel Paradiso terrestre; dacché l' ingresso del Purg., condannandolo e

ne furono discacciati, nessuno le vide in pari tempo assolvendolo. Le altre ani-


piìi, senso esattissimo, se si parli di vere me non dannate possono purificarsi e
stelle. Al. intesero degli uomini dell'età salire alle beate genti, mentre darà tut-
dell'oro; Benv. degli antichi romani che tavia il tempo Catone è invece condan-
;

praticarono le virtù cardinali ma forse : nato a star lì, all' ingresso del Purga-
che dopo tali età non si conobbero e torio, sino al giudizio finale, e solo al-
praticarono nel mondo esse virtù? lora, ripreso il corpo, potrà salire alla

26. tc<1oyo diserto, privo; cfr. Purg.


: gioia del Par. Sulla figura di Catone cu-
XVI, 53 sgg. Anche qui le 4 stelle non stode del «Purg. cfr. D'Ov., o. e, 33 sgg.
sembrano aver senso allegorico; a chi 28-30. Com'io ecc.: tosto che lasciai di
voglia trovarcelo, « non rimane che que- riguardare le 4 stelle e mi volsi a sini-
sta scappatoia che le stelle rappresen-
: stra verso il polo artico, dove l'Orsa mag-
tino la virtù nella loro pienezza, nel loro giore (il Carro) non appariva più, per-
massimo fulgore sicché Dante non ne-
; chè tutta sotto 1' orizzonte, ecc.
ghi che una reminiscenza, anche assai 31. veglio: alla sua morte Catone Uti-
cospicua, delle quattro virtù, si sia ma- cense aveva 48 o 49 anni; ma l'aspetto
nifestata e si manifesti in questo nostro di veglio D. lo toglie dal ritratto che
mondo, prima e dopo l'avvento del cri- Lucano ci fa di lui negli ultimi giorni
stianesimo, ma insinui che essa sia mera di sua vita; cfr. i vv. citati nella n. 34.
reminiscenza, non già presenza piena, D'altra parte « secondo la dottrina se-
sfolgorante assoluta, spontanea »; D' Ov-, guita daD. già col 46° anno incomincia
o. e, 31; ma cfr. le pp. preced. e anche la senettute. La canizie poi e la gravità
Bull. XXIII, 34 sgg. del portamento la rendono appariscente.
V. 28 48. Catone, il custode deUPitr- Non si può quindi dire che D. non po-
gatorio. Ecco un venerando vecchio sul- tesse raffigurarsi Catone come ha fatto,
la cui faccia le 4 stelle mandano il loro pur se ne conosceva esattamente gli an-
lume. È Catone d'Utica, n. nel 95, m. ni né che ne abbia comunque esagerata
;

di propia mano nel 46 a. Cr., 1' inflessi- la vecchiezza sol perchè l' ha esaltata e
bile difensore della libertà repubblicana l' ha atteggiata in maniera che il lettore
324 [PROEMIO] PURG. I. 32-48 [catone]

degno di tanta reverenza in vista,

che più non dee a padre alcun ligi nolo. i

34
Lunga la barba e di pel bianco mista
portava, ai suoi capelli si mi gli ante,
de' quai cadeva ài petto doppia lista.
37 Li raggi delle quattro luci sante
fregia van sì la sua faccia di lume,
ch'io'l vedea come il sol fosse davante,
40 « Chi siete voi, che contro al cieco fiume
fuggito avete la pregione eterna? »
diss'ei movendo quelle oneste piume.
43
« Chi v'ha guidati? o che vi fu lucerna,
uscendo fuor della profonda notte
che sempre nera fa la valle inferna?
46 Son le leggi d'abisso così rotte ?
o è mutato in ciel nuovo consiglio,
che, dannati, venite alle mie grotte?»

inclina da sé ad esagerarla. Anzi deve 39. come ecc. come se il sole gli bat-
:

dirsi colpa del lettore se non considera tesse in faccia; cioè le 4 stelle lo illu-
che la barba è solo mista di bianco »; minavano come se fosse illuminato dal
D'Ov., o. e, 36. sòie e «simboleggiando le stelle le virtù
;

32. in vista: all'aspetto; cfr. v. 79. cardinali, il testo viene a dire che in Ca-
33. più ecc.: cfr. Lucan., Phars. IX, tone le quattro virtù giunsero a tal gra-
601. De Mon. Ili, 3. « Facendo sé pic- do, a tale splendore, che quasi egli parve
cino piccino il poeta dà più risalto alla illuminato dal vero Dio; di cui il sole
maestà di Catone » D'Ov. ;
può esser simbolo »; D'Ov., o. e, 9 sg.
34. di pel bianco mista: brizzolata; 40. Chi: non conoscendo i P., Catone
cfr. Dan. VII, 9. Secondo Lucano (Phars. li crede dannati (v. 48), fuggiti dall'Info

II, 373 sg.), dal tempo che scoppiò la e parla tra sdegnoso e maravigliato. -
guerra civile, Catone non si rase più la contro: risalendo il corso del ruscelletto
barba, né si tagliò i capelli « Intonsos
: già descritto, Inf. XXXIV, 130.
rigidam in frontem descendere canos 41. la pregione eterna: l' Inf. Appena
Passus erat, incestamene genis succre- fuor dell'aura morta, i due P. si fer-
scere barbavi. » Perchè D. dice mista mano a guardare le quattro stelle-, quindi,
di pel bianco, anziché bianca la barba volgendosi all'altro polo, T>. vede il ve-
di C, pur attenendosi a Lucano per glio presso di sé. Si può quindi supporre
tutto il resto di questa figura? Osserva che Cat. fosse non molto lungi dal per-
il D'Ov. che, invece di moestam o me- tugio tondo, per il quale D. e V. usci-
stavi, D. potè leggere mistam nel suo rono a riveder le stelle, epperò li vedesse
ms.; di qui deriverebbe la barba (e quin- uscire e si accostasse loro.
di la capigliatura) brizzolata e non bian- 42. oneste piume: barba che accresce
ca di Catone, seppure non diremo che onestà, dignità all'espressione. « Inspe-
D. « si sia lui risoluto a mutare il me- rata tuae quum veniet piuma super-
stavi in mista.... cambiando a modo suo bis© » ecc. Horat., Od. IV, x, 2 sg.
;

un epiteto che il testo gli teneva pre- 43-44. vi fu lucerna ecc.: vi servì da
sente e che non più conveniva al nuovo lume nell' uscire fuori ecc.
stato d'animo di Catone. » 46. leggi d'abisso: che vietano ai dan-
36. doppia lista due lunghe ciocche
: nati di uscire mai dall' Inf. cfr. Inf.
;

di capelli grigi, cadenti sul petto. III, 9. Matt. V, 26. - rotte: da voi.
37. luci: stelle, cfr. v. 23. -sante: per- 47-48. o è mutato o forse in cielo is
:

chè simboli di virtù. è fatto un decreto nuovo che concede


[proemio] Puro. i. 49-67 [catone] 325

ti) Lo duca mio mi die di piglio,


allor
e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fé' le gambe e il ciglio.
52 Poscia rispuose lui « Da me non venui :
;

donna scese del ciel, per li cui preghi


della mia compagnia costui sovvenni.
55 Ma da ciVè tuo voler che più si spieghi
di nostra condizion com'ella è vera,
non puote il mio che a te si
esser nieghi,
58 Questi non vide mai V ultima sera ;

ma per la sua follia le fu sì presso,


che molto poco tempo a volger era.
6i Sì come io dissi, fui mandato ad esso
per lui campare $ e non v'era altra via
che questa per la quale io mi son messo.
64 Mostrato ho lui tutta la gente ria ;

e ora intendo mostrar quelli spirti


che purgan se sotto la tua balìa.
07 Compio l'ho tratto, saria lungo a dirti ;

a dannati di passare al Purg. ? - grotte : 55-56. più si spieghi ecc. : si esponga


le roccedel Purg. Quanto a grotta per più ampiamente quale sia la nostra con-
roccia cfr. Inf. XXI, 110. dizione. -vera: veracemente; cfr. Canz.
V. 49-84. Preghiera di Virgilio, V., Amor, dacché convien, st. 8 «La nemica :

dopo aver per riverenza a Catone fatto a figura.... Vaga di sé medesma andar mi
I). piegar le ginocchia e chinare il capo, fané Colà, dov'ella è vera. »
risponde a Catone dichiarandogli la con- 57. il mio ecc. : non può essere che il

dizione loro e spiegando la cagione del mio volere si neghi a te ; che io voglia
viaggio e chi lo vuole. Rammentatagli negarti le dichiarazioni domandate.
quindi la sua già diletta Marzia, che 58. non vide ecc. non è ancor morto:

sta nel limbo, prega il vegliardo di la- « Litteralmente dice della morte corpo-
sciarli salire su peri gironi del Purg., rale, et allegoricamente s' intende della
promettendogli di lodarsi di lui con Mar- morte spirituale » (fiuti), alla quale ci
zia, come sarà tornato nel Limbo. obbligano particolarmente a pensare i
49. mi die (li piglio: mi afferrò; cfr. vv. sgg. Cfr. Conv. IV, 7.
Inf. IX, 85 sgg. XXIV, 24. ; 59-60. follia: abbandonando
la verace
50. e con parole ecc. il v. « con l'ac- : via, partendosi dall' uso della ragione e
cento di 4 a e di 7 a e con l'incalzarsi non considerando né il fine della sua
dei tre e con, ci fa sentire l'ansia e la vita né il cammino che doveva fare cfr. ;

fretta di Virgilio»; JD'Ov., o. e-, 54. Conv. IV, 7. Inf. I, 1 sgg. - molto poco
51. reverenti ecc. facendomi inginoc- : ecc.: in breve tempo e' sarebbe stato
chiare e chinare gli occhi, segni di re- perduto; cfr. Inf. I, 61; 11,61-66.
verenza; cfr. v. 109. 61. dissi: v. 52-54. -mandato: da Bea-
52. Da me: di mio arbitrio. AL: Per trice cfr. Inf. II, 58 sgg.
;

virtù mia, colle mie sole forze. 62-63. non v'era altra via : per salvarlo,
53.donna: Beatrice; cfr. Inf. II, 52 112 sgg.
cfr. Inf. I, 91 sgg.,
sgg. XII, 88 sg. Anziché rispondere
; 64. tutta: tutte le diverse classi di
alla la domanda: chi siete voi? ', V.,
'
dannati. - Rio per reo anticamente an-
per placare lo sdegno e la maraviglia di che in prosa.
Catone, risponde all' altra dimanda di 65-66. quegli spirti ecc. le anime del :

lui chi v'ha guidati?


'
'
Purg. - balìa autorità di guardiano.
:
326 [PROEMIO] . i. 68-81 [CATONE]

dell'alto scende virili che Tifai i,

conducerlo a vederti ed a udirti.


70 Or ti piaccia gradir la sua venula :

libertà va cercando, ch'è sì caia,


come sa chi per lei vita rifiuta.
Tu '1 che non ti fu per lei ani aia
sai,
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta ch'ai gran dì sarà sì chiara.
:n Non son gli editti eterni per noi guasti ;

che questi vive, e Minòs me non lega;


ma son del cerchio ove son gli occhi casti
79 di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega,
o santo petto, che per tua la tegni :

per lo suo amore adunque a noi ti piega.

68. alto: cielo. Non avrei potuto gui- 76. Non son ecc.: risponde alla doman-
darlo sin qui senza aiuto del cielo. da del v. 46. Essendo costui ancor vivo,
69. udirti In verità V. non aveva
: né essendo tra' dannati soggetti a Mi-
io
condotto I}. fin là per vedere e udir Ca- nosse, non è per noi guasta, cioè violata,
tone. « Ma era materialmente vero che alcuna delle leggi eterne.
l'aveva condotto fino a vederlo e udirlo, 77. Minòs cfr. Inf. V, 4 sgg. -me non
:

e con garbata malizia oratoria si espri- lega: non sono sotto la sua giurisdizio-
me come se quell'incontro per poco non ne, che comincia al 2° cerchio dell 'Inf.
fosse il vero fine del viaggio. E l'adii- 78. cerchio ecc. Limbo, cfr. Inf. IV,:

lazioncella non è che l'esordio d'una se- 39. -occhi ecc. per sempre meglio cat-
:

rie di lusinghe»; D'Qv., o. e, 57. tivarsi l'animo del severo Uticense, V.


71-72. libertà: morale, fondamento di gli ricorda Marzia che è nel Limbo, la
ogni libertà umana, anche della civile ;
descrive come tuttora fedele al suo Ca-
cfr. Giov.YUl, 36. JRom. Vili, 2. II Cor. tone e gli promette che le parlerà bene
HI, 17. Inf. XVI, 61. Purg. XXIV, di lui tornando laggiù.
141; XXVII, e 139-142. ecc. Di
115 79. Marzia: cfr. Inf. IV, 128. «Mar-
Catone scrive D. nel De Mon. II, 5 zia fu vergine, poi venne a Catone, fece
«.... ut mundo libertatis amores accen- allora figli, e partissi da Catone e mari-
dere^ quanti libertàs esset ostendit, dum tossi ad Ortensio fece figli da questo an-
;

evita liber decedere maluit quam sine che. Mori Ortensio; e Marzia, vedova
liberiate manere in illa ». Che in questi fatta, tornò dal principio del suo vedo-
w. « che sono il centro della D. C. e vaggio a Catone, e richiese lui e pregollo
il suo più alto significato.... si confonda che la dovesse riprendere. E dice Marzia:
insieme la libertà cercata da Catone il Dammi li patti degli antichi letti, dammi
quale non volle sottoporsi alla servitù lo nome solo del maritaggio. Due ragioni
politica di Cesare e quella cercata da mi muovono a dire questo l'una si è, che :

D. ch'è la libertà dell'arbitrio, cioè il dopo me si dica ch'io sia morta moglie di
pieno dominio della volontà razionale Catone ; l'altra si è, che dopo me si dica
sugli appetiti, non è confusione né equi- che tu non mi scacciasti, ma di buon ani-
voco, ma fusione appositamente cercata mo mi maritasti»; Gonv. IV, 28 dove il
e voluta dal poeta, per il quale il mas- P. si attiene siLucan., Phars. IT, 341 sgg.
simo equilibrio spirituale umano doveva - in vista col sembiante e negli atti cfr.
: ;

coincidere col più perfetto e quindi più Purg. VII, 97.


libero regime politico del mondo » Pa- ; 80. o santo petto: «o sacratissimo petto
rodi, Bull. XXIII, 36. di Catone, chi presumerà di te parla-
75. la Testa: il corpo, -gran dì: della re?»; Gonv. IV, 5. -tua: moglie.
resurrezione e del giudizio finale, -chia- 81. lo suo amore: l'amore, sempre vi-
ra: nella gloria celestiale. vo, di lei per te. - ti piega: condiscendi.
[PROEMIO] Puro. i. 82-95 [catone] 327

Lasciane andar per li tuoi sette regni :

grazie riporterò di te a lei,


se d'esser mentovato laggiù degni. »
86 « Marzia piacque tanto agli occhi miei,
mentre ch'io fui di là » diss'elli allora,
« che quante grazie volse da me, fei.

Or che di là dal mal fiume dimora,


più muover non mi può per quella legge
che fatta fu, quando me n'uscii fuora.
91 Ma se donna del ciel ti move e regge,
come tu di', non c'è mestier lusinghe :

bastiti ben che per lei mi richegge.


91 Va' dunque, e fa' che tu costui ricinghe
d'un giunco schietto, e che gli lavi il viso,

regni: cerchi del Purg., affidati


82. morte di Cristo, quando « spiriti umani-
alla tua vigilanza; cfr. v. ,66. non eran salvati » (Inf. IV, 63), e nes-
83. grazie ecc. mostrerò, dichiarerò
: suno andava ancora in Purg., ma tutti
a Marzia quanto io ti sia grato cfr. ; scendevano o all' Inf., o, se eletti, nel
Inf. II, 73 sg. -di te: quanto a te. Cfr. Limbo sia per rimanervi in eterno, sia
la frase lat. gratias agere de al. ren- : ad aspettarvi il tempo della redenzione.
der grazie rispetto a cosa o persona. Al Limbo era perciò sceso il virtuoso
84. laggiù: « In inferno, quasi dicat: Catone, e rimastovi, finché venne Cri-
si salvati curant sibi de laudibus damna- sto a trarnelo fuori; cfr. Inf. IV, 46-63.
torum; vel hoc forte dicit, quia, teste 90. n'uscii: il ne non può riferirsi
Sallustio, Cato semper spernebat gloriam grammaticalmente che alla regione dì là
humanam » ; Benv. dal mal fiume dunque Catone parla di
;

V. 85-111. Risposta di Catone. Ca- quella legge che fu fatta, quando egli
tone risponde che amò Marzia teneramen- uscì dal Limbo; e la legge è quella
te, finché visse; ma ora ch'essa dimora di detta nella n. prec. Molti intesero inve-
là dal mal fiume (V Acheronte, cfr. Inf. ce Quando morii. Ma quale nuova legge
:

IH, 78 sgg.), può commuovere


non lo divina fu fatta alla morte di Catone?
punto per la legge che fu da Dio im- 91. donna: cfr. v. 53. -muove: fa an-
posta, quand' egli uscì del Limbo. Ma dare. - regge guida :

se V. ha intrapreso il viaggio per vole- 92. lusinghe: preghiere blandienti.


re celeste, non occorrono altre lusin- 93. bastiti : « quasi dica:... per lei non
ghe a ottenere il permesso richiesto. mi muoverei, che è dei dannati ; ma per
Catone ingiunge poi a V. di ricingere li celestiali sì, ai quali per vera carità
D. con uno de' giunchi schietti che cre- sono disposto a compiacere » Butì. - ri- ;

scono sull'orlo dell'isola, e di lavargli chegge richiegga forma arcaica.


: ;

il viso, perchè egli non sia indegno di 94-95. Va' dunque: «Et quia, iftait Se-
mostrarsi all'angelo portiere del Purg. neca, virtù» sine fructu sui esse non pò-
86. di là nella vita terrestre, cfr. Inf.
: test, introducit auctor iste nunc se a Ca-
XXVIII, 70 sgg. Gonv. TV, 28. tone, ut a virtute et honestate, instrui
89. più muover non può più piegarmi
: ad id quod scribit Bernardus dicens :

a farle alcuna grazia. - legge che separa : primum opus virtutis est doceri, et cum
così rigidamente i non salvati dai salva- humilitate et cum labore queeri, et cum
ti, che questi non devono commuoversi amore haberi. Ideo dirigitur per eum ad
Runto per quelli; cfr. Bull. XIX, 225. ascensum montis, ubi est labor item ad ;

Dice Abramo dall' alto al ricco Epulone lavandum et cingendum ipsum a Vir-
dannato « Inter nos et vos chaos ma-
: gilio, idest a ratione, de iunco, idest
gnimi urmatum est » Lue. XVI, 26. ; de humilitate » Petr. Dant. - ricinghe
; :

Catone morì circa 80 anni prima della ricinga; cfr. richegge e stinghe dei vv, 93
328 [PROEMIO] PURG. I. 96-112 [CATONBI

sì ch'ogni suciduiue quindi stingile;


97 cIh*' non si converrìa, l'occhio sorpriso
d'alcuna nebbia, andar dinanzi al primo
ministro, eh' è di quei di Paradiso.
100 Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
laggiù colà dove la batte l' onda,
porta de' giunchi sovra il molle limo :

103 nuli' altra pianta che facesse fronda


o indurasse, vi puote aver vita,
però eh' alle percosse non seconda.
106 Poscia non sia di qua vostra reddìta ;

lo sol vi mosterrà, che surge ornai,


prendere '1 monte a più lieve salita. »
109 Così sparì e io su mi levai
;

sanza parlare, e tutto mi ritrassi


al duca mio, e gli occhi a lui drizzai.
112 Ei cominciò : « Segui sci li miei passi :

e 96. - schietto liscio e diritto il con-


: ; perbia induri nell' animo et diventi osti-
trario de' rami nodosi e involti della do- nato, non può quivi avere luogo. » -
lorosa selva, Inf. XIII, 5. Questo giunco, indurasse diventasse dura, rigida. - per-
:

come abbiamo udito da Pietro di D., cosse delle onde, v. 101. - seconda cede,
: :

figura l'umiltà: cfr. v. 135. piegandosi.


96. sucidumc: effetto dell'aria infer- 106. Poscia dopo che D. sarà cinto e la-
:

nale. - stingile tu stinga, cancelli.


: vato. - reddìta ritorno « quia homo in-
: ;

97. l'occhio sorpriso: abl. assol. con ;


gressusPurgatoriuin, idest poenitentiam,
l'occhio offuscato dalla nebbia infernale. non debet amplius redire versus Infer-
« Sorpriso sarebbe oggi poco comporta- num, idest vitiaaquibusrecessit»; Benv.
bile pur nella lingua poetica, come il 107. mosterrà mosterrò, -ai ecc. sono :

ripriso detto a Belacqua (IV, 126); ma al- forme toscane, usate spesso in antico,
lora l' influsso della recente poesia sveva per mostrerò ecc.: cfr. Inf. I, 18. 1 P. de-
siculo-pugliese e V esempio francese e vono salire il monte girando da levante
provenzale rendevano accetto o accet-
lo a ponente secondo il giro del sole. - sur-
tabile nella rima»; D'Ov., o. e, 67 sg. ge cfr. v. 19 sgg. « La contemplazione
:

99. ministro V angelo portiere del


: del cielo, il colloquio con Catone, avevan
Purg. (Purg. IX, 78 sgg.). Al.: L' angelo già preso tanto di tempo, eh' era ormai
nocchiero, Purg. IT, 28 sgg. Ma né D. eV. spuntata 1' aurora, e al sorger del Sole
gli andarono dinanzi, né egli badò a loro. mancava poco » Antonelli. ;

100-102. ad imo ad imo nel punto più


: 108. prendere Al. prendete; cfr. Moo- : :

basso, lungo la spiaggia « quia in loco


; re, Grit., 368. - a più lieve salita: dove
basso vivit et viget humilitas tutior con- ha ascesa più agevole, men ripida; cfr.
tra impetus adversorum, quam alta su- Inf. XIX, 35. Purg. Ili, 76.
perbia»; Benv. - pòrta: produce. 109. Così sparì detto ciò, scomparve. - :

103-105. null'altra pianta ecc.: l'umiltà, mi levai : era in ginocchio ; v. 51.


solo principio di purgazione. An. Fior.: 110. mi ritrassi : mi strinsi ; cfr. Inf.
« Per la pianta vuol dire et mostrare XXI, 97.
l' uomo superbo et dice che veruna
; 111. drizzai : « quasi dicerem : ecce me
pianta che induri o faccia fronda quivi paratum facere obeedienter omnia impe-
non può avere luogo ciò è veruno su-
; rata » Benv. ;

perbo che mostri per le frondi, ciò è per V. 112-136. JD. ricinto d'un giunco
le sue operazioni, o dimostrazioni la sua e lavato da V. Scompare Catone, i due
superbia di fuori, o che di quella su- P. secondo ch'egli ha imposto, vanno
[PROEMIO] PURG. I. 113-127 [DANTE E VIRGILIO] 329

volgiamci indietro, che di qua dichina


questa pianura a' suoi termini bassi».
115 L'alba vinceva l'ora mattutina,
che fuggìa innanzi, sì che di lontano
conobbi il tremolar della marina.
118 Noi andavam per lo solingo piano,
coni' uom che torna alla perduta strada,
che 'nfìno ad essa gli par ire invano.
121 Quando noi fummo la 've la rugiada
pugna col sole e, per esser in parte
ove adorezza, poco si dirada ;

124 ambo le mani in su l' erbetta sparte


soavemente il mio maestro pose :

ond'io, che fui accorto di su' arte,


127 porsi vèr lui le guancie la grintose :

giù verso la spiaggia; e V. stesso lava tile, finché non sia giunto sulla buona

con la rugiada onde è molle l'erba, la via. « La similitudine, con tanto sem-
faccia di D. e lo cinge con un giunco plice immagine, simboleggia il profondo
schietto,scelto con cura. Il giunco ri- desiderio d'un bene lungamente impe-
nasce subito là di dove V. l' ha divelto. dito, e fatto dai contrasti più prezióso » :

indietro: erano arrivati all' iso-


113. L. Vent., Simil., 267.
letta in direzione della parte meridio- pugna resiste più lungamente
122-123. :

nale; cfr. v. 19 sgg.; 29 sgg. - dichina : ai raggi del sole. - col sole, e per essere :

declina verso il mare. così leggiamo, benché i più antichi e


114. termini bassi la spiaggia, il luogo
: autorevoli codici abbiano so le per, essen-
ad imo ad imo (v. 100) dell' isoletta. do facile a spiegare la scomparsa della
115. L'alba: caso retto. - l'ora: bene cong. e per Y-e di sole. - adorezza: spi-
il Buti « La bianchezza che appare nel-
: ra un venticello. Certo manca un altro
l'oriente, quando incomincia a venire lo esempio del verbo adorezzare-, ma può
dì, vinceva l'ora mattutina, cioè l'ora del essere un verbo, come altri specie del
mattino, che è l'ultima parte della notte, Par., foggiato da D., e da connettere con
che fuggìa innanzi, cioè a l' alba ». L' ul- aura. Cfr. la lunga e fine disamina del
tima ora della notte, avanti l'alba, è D'Ov., o. e, 138 sgg. dove si dimostra
quella delle ore canoniche che si dice come, non ostante l'arca?; elpi|uivov ado- '

mattutino. Secondo altri, ora starebbe rezza ', sia preferibile leggere per la sin-
per aura. « L' alba cacciava davanti a tassi e per il senso sole e per e adorezza
sé quel venterello che suol muoversi in- anziché sole per e ad orezza. - si dirada:
nanzi al sole, e che increspando la ma- dilegua.
rina, la faceva tremolare » Ges. Secondo ; 124. sparte distese, per bagnarle della
:

lo Strocchi, D. avrebbe usato per ora rugiada, e lavare il viso di ~D. (v. 95).
ombra (tale è il senso di óra nella Ro- • '
125. soavemente: cfr. Inf. XIX, 130.
magna e nell' Emilia) onde il senso sa-
; « L'avverbio dice il garbo che dovè usa-
rebbe V ombra mattutina, o dell' ultima
: re con cose tanto lievi come son la ru-
parte della notte, fuggiva davanti al- giada e l' erbetta, e insieme forse rivela
l' alba, che vittoriosa l'incalzava; cfr. la compiacenza della sua premura pa-
Virg., Aeri. Ili, 589; IV, 7. t>'Ov., q. c, terna»; D'Ov., o. e, 138.
134 sg. 126. arte : ciò che si accingeva a fare ;

tremolar movimento leggiero del-


117. : mi accorsi che voleva lavarmi il volto.
le onde; cfr. Virg., Aen. VII, 9. 127. lagrimose: dov'erano ancora i se-
118. solingo ci avevan visto solo Ca-
: gni delle lagrime versate durante il viag-
tone, scomparso ora anche lui. gio per l'Inf.; ma non è escluso che D.
120. ire invano: l'are un cammino inu- piangesse in questo momento, o di pe-
380[àNTIP. [SOLETTA] PUBG. L 128-136-11. 1-3 [il mattino]

ivimi fece tutto discoverto


quel color che l'Inferno mi nascose.
130 Venimmo poi in sul lito diserto,
che mai non vide navicar sue acque
uomo che di tornar sia poscia esperto,
Quivi mi cinse, sì come altrui piacque :

oh maraviglia che qual egli scelse


!

1' umile pianta, cotal si rinacque

136 subitamente là onde l' avelse.

nitenza, o di tenerezza, o di gioia. Uscito con un giunco schietto. -


133. cìnse:
dall'Inf., verserà ancora lacrime in Purg. altrui: a Catone; cfr. v. 94 sgg. Così
XIII, 57, e all' udire i rimproveri di Bea- i più. Il Buti legge a lui e spiega: « A

trice, Purg. XXX, 145; XXXI, 20, 34. lui, cioè a Virgilio ».
128-129. mi foce ecc.: « mi rendè, la- 135. rinacque: « Primo avulso [il quale
vandomi, naturai colore, che fino al-
il avulso rende ragione della lez. avelae nel
lora era rimasto coperto sotto la infornai v. 136] non deficit alter Aureus et si-
fuligine » Br. B. Taluno pensò avere
; mili frondescit virga metallo»; Virg.,
V. lavato I). da ogni terrena sozzura; Aen. VI, 143 sg. « Il pronto rinascere
ma ciò renderebbe inutile il viaggio per significherà quel che v' è d'inesauribile
il Purg. cfr. Purg. XXXIII, 142 sgg.
; in codesta disposizione dell'animo, per
130. diserto: cfr. v. 118. cui un primo atto d' umiltà agevola gli
132. sia ecc.: abbia esperimentato il ri- altri,ovvero [forse meglio ed anche] che
:

torno nell' emisfero abitato. Ulisse, che essa, come


tutti i beni celesti, non perde
giunse in vista di queir isola, fu ivi, con nulla col comunicarsi a più persone, che
la nave e co' suoi, inghiottito dal mare; è la chiosa del Filai ete [e già dì Benv.] »;
LnJ. XXVI, 136 sgg. D'Ov., o. e., 146.

CANTO SECONDO

ANTIPURGATORIO : ISOLETTA

L'ANGELO NOCCHIERO, ANIME CHE ARRIVANO,


CASELLA, DI NUOVO CATONE

Già era il sole all'orizzonte giunto,


lo cuimeridian cerchio coverchia
Ierusalèm col suo più alto punto ;
V. 1-9. H
mattino del quarto gior- antipodi ; epperò se a Gerusalemme il

no* Sono circa le 6 1 /a di mattina del sole tramontava (' vale alla
all'orizz. ' '

4° giorno del mistico viaggio. Spunta il parte occid. di esso '), nel Purg. nasceva.
sole: i P. sono ancora presso il mare. 2-3. coYerchia ecc.: lo zenit o punto più
1. orizzonte di Gerusalemme, eh' è lo
: alto del circolo meridiano del detto oriz-
stesso del Purg., i due luoghi essendo zonte sta sopra alla città di Gerusalemme
[ANTIP. JSOLETTAJ Purg. II. 4-14 [IL MATTINO] 331

e la notte, che opposi ta a lui cerchia


uscìa di Gange fuor colle bilance,
che le caggion di man, quando soverchia j

sì che le bianche e le vermiglie guance,


là dov'io era, della bella Aurora,
per troppa etate divenivan rance.
JO Noi eravam lunghesso il mare ancora,
come gente che pensa a suo cammino,
che va col core, e col corpo dimora ;

lo ed ecco, qual sul presso del mattino


per li grossi vapor Marte rosseggia

4. la notte« Qui D. personifica la


: del cielo, quando fa giorno: le guance
notte, e finge che abbia le mani. Essa bianche, cioè l' alba le vermiglie, ossia
;

gira per la volta celeste diametralmente V aurora e le guance rance, cioè il colore
;

opposta al sole, e però non vi si trova giallo-aureo, che si vede all'apparire del
ad un tempo in tutti i punti, sebbene sole. Qui «tra l'immagine poetica e il
influenzi e copra più o meno tutti i punti vero c'è qualcosa che stride, a tutto sca-
dell'emisfero, in cui domina, col suo velo pito dell'immagine. Questa infatti ci
ombroso. Il P. la fa uscir fuori dal Gange, presenta l'Aurora che, invecchiando, di
perchè colà egli pone l'orizzonte orien- bianca e rossa si fa gialla, mutamento
tale di Gerusalemme. Ciò posto, se ella non bello e non desiderabile la realtà in-
:

tiene in mano le bilancie, ciò è perchè vece al bianco del crepuscolo e al rosso
si trova nel segno delle bilancie o della dell'aurora fa seguire l'oro scintillante
Libra; e le tiene un mese, perchè sta del sole, che non può farci in nessun
un mese nella Libra, come anche vi sta modo pensare a un viso ingiallito per
il sole nell' equinozio di autunno. Ed è vecchiezza, mentr' è tutt' insieme e im-
appunto in quest'intervallo di tempo magine e causa e fonte di forza, di vita
ch'essa viene di mano in mano allun- piena e vigorosa»; Pistelli, o. e, p. 10.
gandosi, o soverchiando il giorno. Ma V. 10-51. L'angelo nocchiero. Men-
questo allungamento, e eccesso sopra il tre i P. sono ancora presso la marina,

giorno, non diviene gran fatto sensibile, appare di lontano, sul mare, un lume
finché il sole non passa, o non è vicino che rapido si avvicina, e che mostra
a passare nel segno dello Scorpione. E qualcosa di bianco a destra, a sinistra
qui si noti bene, che il P., quando dice e sotto di sé. È un angelo, che dalla foce
che la notte soverchia, suppone, come del Tevere dove si radunano le anime
tra parentesi, che il sole non sia già che devono purgarsi nella sacra mon-
nell'Ariete, come si era allora, ma nella tagna, le trasporta fino a questa in una
Libra; e se non lo dice espressamente, barca, servendosi dell'ali come di vele
lo lascia però sottintendere, allorché dice e di remi per far procedere velocissima
quando soverchia »;DellaValle, Senso,35, la barca stessa. In questa son più di
cfr. Suppl., 36 sg. D. si lascia qui andare a cento spiriti che cantano un salmo di
uno « sfoggio d'erudizione scientifica », ringraziamento. Come la barca ha toc-
non necessaria al senso, né altrimenti cato la riva, V angelo la alle anime il se-
opportuna; cfr. E. Pistelli, Il canto di gno della croce quelle sbarcano ed egli
:

Casella, Firenze, 1907, pp. 8-9. torna via veloce com'è venuto.
5. di Gange: si credeva, che, quanto alla 11. come gente ecc.: coli' incertezza di
longitudine, Gerusalemme fosse equidi- chi brama andare, ma, ignaro del luogo,
stante dalle sorgenti dell' Ebro e dalle non sa qual via prendere, e se ne sta
foci del Gange, e che tra questi due immobile e pensoso. Cfr. YitaN., XIII:
punti della terra fosse una distanza di « mi facea stare quasi come colui che non
180 gradi, onde l' orizzonte orientale di sa per qual via pigli suo cammino, e che
Gerusalemme fosse una stessa cosa col vuole andare e non sa onde se ne vada ».
meridiano delle foci del Gange. 13-15. ed ecco ecc.: mi apparve subito
7-8. bianche ecc.: accenna ai tre colori uno splendore luminoso, come quello del
332 [antip. [soletta] Puro. h. 15-30 [angelo nocchiere

già nel ponente sovra il suol marino;


Lfl
<<>t;il m' apparve, s'io ancor lo veggia,
un lume per lo mar venir sì ratto,
clic muòver suo nessun volar pareggia
'1

LO dal qual coni' io un poco ebbi ritratto


l'occhio per dimandar lo duca mio,
rividil più lucente e maggior fatto.
22 Poi d'ogni lato ad esso m'apparìo
un non sapea che bianco, e di sotto
a poco a poco un altro a lui uscio.
25 Lo mio maestro ancor non fece motto,
mentre che i primi bianchi apparser ali ;

allor che ben conobbe il galeotto,


28 gridò « Fa', fa' che le ginocchia cali
: !

Ecco 1' angel di Dio piega le mani :»


:

ornai vedrai di sì fatti officiali.

pianeta Marte, quando nell'aurora ap- 17. un lume: per la distanza D. non
pare rosseggiante, giù verso occidente, può ancor discernere che è un angelo.
per i densi vapori che lo circondano. - 18. il muover ecc.: il suo moto è più
presso: sul sull' avvicinarsi. Al.: sor- veloce che il volo di qualsiasi uccello;
preso, soppresso, ecc. Al.: suol presso: lez. cfr. Inf. Vili, 13 sgg.
dubbia. Cfr. Moore, Crit., 369 sg. - vapor : 20. dimandar: che lume fosse quello.
Eccles. L, 6-7 « quasi stella matutina
: 21. rividil ecc.: lo rividi più lucente
in medio nebuke.... lucet. Et quasi sol e più grande, perchè grazie alla straor-
refulgens sic ille effulsit in tempio Dei ». dinaria velocità erasi in quei pochi mo-
- rosseggia questo verbo fu erronea-
: menti già avvicinato di molto.
mente considerato come infinito tronco 22-24. d'ogni lato ecc. a destra e a si-
:

dell'ultima sillaba da chi lesse suol ' nistra del lume mi apparve un non so
presso '
e a giustificazione della strana
; che di bianco (le ali dell'angelo) e di
forma si rimandò a Gherardini, Voci e sotto a quel bianco si mostrò a poco a po-
Maniere I, 661 sg. Nannuc, Terbi, ; co un altro bianco (la veste dell'angelo).
357 sg.; ma gli esempi addotti da questi 26. mentre ecc.: finché i primi bianchi
due non fanno davvero al caso nostro. non apparvero essere ali, e Y. non ebbe
Cfr. Beccaria, Di alcuni luoghi ecc. Sa- così capito trattarsi di un angelo. Al. :

vona, 1889, p. 101 sgg. La voce rosseg- aperser l'ali, lezione di molti codd. ed
gia non può essere se non 3 a persona ediz. Ma se i primi bianchi erano le ali del-
singolare dell' indie, pres. « Marte dis- l'angelo, si verrebbe a dire « le ali aper-:

secca e arde le cose, perchè il suo calo- sero le ali » La lez. dunque è errore di
!

re è simile a quello del fuoco e questo ; copisti sbadati. Cfr. Moore, Crit., 371 sg.
è quello per che esso appare affocato di 27. galeotto: il celestial nocchiero, v.
colore, quando più e quando meno, se- 43; cfr. Inf. VILI, 17.
condo la spessezza e rarità delli vapori 28. Fa', fa': la ripetizione indica la pre-
che '1 seguono; li quali per loro mede- mura di V., affinchè D. si atteggi in mo-
simi molte volte s'accendono, siccome do degno innanzi all'angelico galeotto.
nel primo della Meteora è determinato » ;
- cali a terra, cioè inginocchiati cfr.
: ;

Gonv. II, 14. - giù nel ponente nelle : Purg. I, 51; e anche Apoc. XIX, 10.
parti occidentali. « Attalante abitò in 29. piega le mani giungi le mani in
:

Africa giù nel ponente, quasi di contro atto di preghiera. L' inginocchiarsi è se-
alla Spagna » G. Vili. I, 7.
; gno di riverenza il giunger le mani, di
;

16. s' io ancor così possa io vederlo


: adorazione e preghiera.
un'altra volta, cioè dopo la mia morte. 30. ornai ecc.: d'ora innanzi, durante il
|
ANTIP. ISO LETTA] Puro. ii. 31-46 [angelo nocchiero] 333

Vedi che sdegna gli argomenti umani


sì che remo non vuol uè altro velo

che l' ali sue, tra liti sì lontani !

34 Vedi come le ha dritte verso il cielo,


trattando l' aere con l' eterne penne,
che non si mutan come mortai pelo. »
37 Poi, come più e più verso noi venne
P uccel divino, più chiaro appariva j

per che P occhio da presso noi sostenne,


40 ma chinail giuso e quei sen venne a riva
;

con un vasello snelle tto e leggiero,


tanto che P acqua nulla ne inghiottiva.
43 Da poppa stava il celestial nocchiero,
tal che parea beato per i scripto ;

e più di cento spirti entro sediero.


4G « In exitu Israel de JEgypto »

tuo mistico viaggio, vedrai molti di questi più lieve legno di che aveva parlato
ministri di Dio; con che non è naturalmen- Caronte, ìnf. Ili, 93. - snelletto « snel- :

te detto che questo fosse il primo angelo lo dice la forma e il ratto moto leggiero il ;

veduto dal P.; cfr. Inf. IX, 85 sgg. non toccar le acque, tuttoché tanti fossero
31. sdegna ecc.: ricusa d' usare alcuno i naviganti sovra esso » Tom. Le acque
;

di quelli strumenti {argomenti) di cui gli le sfiora appena, come se non fosse ca-
uomini si servono per navigare e gover- rico (cfr. Inf. Vili, 29 sgg.).
nare le navi, come remi e vele. 43. il celestial nocchiero : quest'angelo
33. l'ali che gli servono di remi e di
: è l'antitesi di Caronte, il nocchier della
vele; cfr. « Remigium alarum»; Virg., livida palude. L' uno mena le anime alla
Aen. VI, 19. - lontani dall'uno all'altro
: salvazione, l'altro alla dannazione; l'uno
emisfero, dalla foce del Tevere all' isola naviga colle ali dritte verso il cielo, l'al-
del Purg., v. 100 sgg. tro batte col remo qualunque si adagia ;

«accennando il luogo ove


34. dritte: l'uno fa il segno della croce, l'altro
intende rivolgere le anime ch'ei conduce s' adira e bestemmia 1' aspetto dell' uno
;

a questo alto monte » Giuliani. ; è beatificante, quello dell'altro spaven-


agitando l'aria
35-36. trattando ecc.: tevole, ecc.; cfr. Inf. Ili, 82 sgg. L'an-
collepenne, non caduche né soggette a titesi di certo èmeditata e voluta.
mutamenti come quelle degli uccelli, che pareva avere scritta
44. tal ecc.: tal
ma eternamente le stesse. nella persona sua la beatitudine vale a ;

divino: è l'angelo che D.


38. l' uccel dire gli si leggeva in tutto l'aspetto la
chiama uccel divino per averne menzio- beatitudine, come se ci fosse scritta. Al.:
nate le ali, come già chiamò uccelli i faria beato pur descripto cfr. Moore, ;

diavoli alati, Inf. XXII, 96; XXXIV, Grit., 372 sg.


47 così Mercurio è detto da Stazio « Vo-
: 45. più di cento: « quasi dicat, multi;
lucer Tegeaticus » (Silv. I, 2, 18) e « im- tamen Charon habet maiorem multitu-
piger ales » (Theb. I, 292). dinem in sua navi continuo, quia prò
39. l'occhio: mio, ancor mortale. « Certi uno qui tendit ad pcenitentiam, mille
[corpi] sono tanto vincenti nella purità sunt qui tendunt ad peccandum» Benv. ;

del diafano, che diventano sì raggianti, - sediero imperf per sedieno sedevano
: .
;

che vincono l'armonia dell'occhio, e non cfr. Parodi, Bull. Ili, 129 e IX, 103 sg.
si lasciano vedere senza fatica del viso »; 46. In exitu ecc.: è il Salmo CXIII :

Conv. Ili, 7. « Quando Israele uscì di Egitto, e la


40. chinail: chinai l'occhio a terra. casa di Giacobbe d' infra il popolo bar-
41-42. vasello: vascello, navicella; è il baro la Giudea fu consecrata al Signo-
;
'

oo-A [antip. isoletta] Puro. ii. 47-60 [ANIME]

cantavan tutti insieme ad una voce,


con quanto di quel salmo è poscia scripto,
49 Poi fece il segno lor di santa croce :

ond 7
ei si gittàr tutti in su la piaggia ;

ed el sen gì, come venne, veloce.


52 La turba che rimase lì, selvaggia
parea del loco, rimirando intorno,
come colui che nuove cose assaggia.
56 Da tutte parti saettava il giorno
lo sol, eh' avea colle saette conte
di mezzo il ciel cacciato Capricorno,
5S quando la nuova gente alzò la fronte
vèr noi, dicendo a noi « Se voi sapete, :

mostratene la via di gire al monte ».

re, ecc. » Il Salino solevasi cantare dai si sale il monte. V. risponde che neppur
preti nel trasporto dei cadaveri alla chie- loro la sanno, essendo anch' essi appena
sa. Spiegando il senso anagogico di que- arrivati, sebbene per altra via. Intanto
sto salmo D. dice (Conv. II, 1) che nella gli spiriti, accortisi che D. è vivo, gli
santificazione e liberazione degl'israe- si affollano intorno mirandolo compresi
liti uscenti d' Egitto « spiritualmente di stupore.
s' intende che nell' uscita dell' anima del 52. selvaggia: non pratica, inesperta.
peccato, essa si è fatta santa e libera in « Ardita estensione del senso proprio ;

sua podestate»; cfr. Epist., Eani, § 7. - ma efficace e giusta, in quanto l' idea che
iEgyptO: AL: jEgytto o Egitto, quindi si unisce alla voce selvaggio va congiun-
anche descritto, scritto. Ma
in lat. si ta con quella d' ignoranza » L. Yent., ;

dice jEgypto-, e descripto, scripto, ecc. Simil., 294. Cfr. Fr. da Barò., lieggim.
sono grafie latineggianti, comunissime 162 « [la sposa novella] non dee mo-
:

in ant. di cui si sarà D. valso perchè strar d' esser troppo maestra, anzi sel- |

tornasse all' occhio la rima con JEgypto: vaggia enova, sé ritrovando nell'ovre
|

sarebbe strano che nel v. 46 solo l'ul- d' amore. »


tima parola avesse forma italiana, spe- 53. rimirando intorno per conoscer :
'

cie dopo la prep. lat. de. Tutto ciò non lo loco dove fosse ', Inf. IV, 6, e scoprire
avrà impedito che si pronunziasse Egitto qual via dovesse prendere per salire il
così come -itto, pur con la grafia pt, si monte, v. 59 sg.
sarà pronunziata l'uscita dei vv. 44 e 48. 54. nuove cose assaggia: « fa saggio di
49. fece ecc. benedicendoli nell' atto
: nuove cose »; Betti.
di licenziarli ;cfr. Inf. XX, 69. 55-56. Da tutte parti ecc. il sole dif-
:

50. si gittàr: abbandonando la navi- fondeva i suoi raggi su tutte le parti


cella; cfr. Inf. Ili, 116. dell'emisfero australe. - saette raggi. - :

51. el sen gì ecc. : Il v. anche col ritmo conte « esperte, che sanno (cognite), per-
:

anapestico di el sen gi come venne velóce ciò infallibili » Torraca. E questo senso
;

(cfr. v. 41)esprime la rapidità con che è in fondo quello del Buti che spiega:
l'angelo s'allontana. Quest'angelo nel cui « certe.... perchè sempre percuotono in
silenzio e ne' cui atti è tutta la maestà certo luogo». Cfr. Inf. XXXIII, 31 dove
della sua natura e del suo uffìzio divino, conte è detto delle cagne cacciatrici.
rammenta il messo del cielo che, aperta 57. di mezzo il sole aveva già spiuto
:

la porta di Dite, ritorna indietro veloce il Capricorno oltre il meridiano, su cui


come è venuto e senza pur degnare di una si trovava al sorgere d'esso sole questo ;

parola i due P. (Inf. IX, 100 sgg.). pertanto era salito 9 gradi sopra V oriz-
V. 52-75. JLe anime novamente ar- zonte. Era dunque poco più di mezz'ora
rivate. Gli spiriti or ora giunti, ignari che il sole era spuntato nel Purg. Cfr.
del luogo, chiedono ai P. la via per cui Agnelli, Topo-Cron., Ili sg.
àNTIP. ISOLETTA] Pukg. il. 61-78 [anime] 335

61 E Virgilio rispuQse : « Voi credete


forse che siamo esperti d' esto loco ;

ma noi siam peregrin come voi siete.


Ci Dianzi venimmo 7 innanzi a voi un poco,
per altra via, che fu sì aspra e forte,
che lo salire ornai ne parrà gioco. »
87 L 7
anime, che si fur di me accorte
per lo spirare eh' i' era ancor vivo,
maravigliando, diventaro smorte ;

70 e come a messagger che porta olivo,


tragge la gente per udir novelle,
e di calcar nessun si mostra schivo ;

72 così al viso mio s' affissar quelle


anime fortunate tutte quante,
quasi obliando d' ire a farsi belle.
70 Io vidi una di lor trarresi avante
per abbracciarmi, con sì grande affetto,
che mosse me a far lo simigliante.

62-63. esperti d'esto loco piatici di que- : 75. obliando cir. Inf. XXVIII, 52 sgg.
:

sto luogo. - peregrin stranieri. pere- : È - farsi belle: purificandosi.


grino chi « è fuori della sua patria » ;
V. 76-117. Casella, Uno spirito si fa
V. N. t § 41 cfr. Purg. XIII, 96, ecc.
; innanzi per abbracciar D., e questi vuole
65. altra: diversa dalla vostra. -aspra abbracciar lui, ma invano, avendo que-
e forte molto accidentata e malagevole
:
;
gli un corpo senza materiale consisten-
ofr. Inf. I, 5 ; II, 142. za. Dopo un breve colloquio, in cui il
66. gioco: cosa facile e piacevole, in P. riconosce in queir anima il suo ami-
paragone colla via sin qui percorsa. co Casella, questi è dal P. pregato d'in-
68. lo spirare : il respiro, « l' atto della tonare un canto e Casella canta sì dol-
;

gola»; Inf. XXIII, 88. cemente, che tutti ne sono presi e quasi
69. maravigliando: maravigliandosi di ammaliati, uè pensano più ad altro. Di
vedere un nomo vivo. - smorte le ani- : questo Casella si hanno poche notizie.
me del giudizio universale,
fino al dì Nella Vaticana (cod. 3214) è un madri-
quando riprenderanno i corpi avuti in gale di Lemmo da Pistoia, che fiori circa
prima vita, animano un nuovo corpo il 1300, con questa indicazione « Casella :

aereo, col quale possono sentire e ope- diede il suono », cioè musicò le parole di
rare; cfr. la teoria esposta nel XXV Lemmo cfr. Quadrio, Poesia, III, 321.
;

del Purg. Lan. (e Ott.): «Fu nel tempo dell'au-


70. olivo: anticamente per segno di tore finissimo cantatore, e già intonò
pace : Aen. VIU, 116 XI, 101.
cfr. Virg., ; delle parole dell' autore. » - An. Fior. :

Ute*., Theb. II, 389; ai tempi di D. per « Eue Casella da Pistoia [Postili. Cass.,
segno di buone novelle in generale cfr. ;
Benv., Buti, ecc., lo dicono invece fio-
G. Vili. XII, 105. Murat., Script. IX, 128; rentino] grandissimo musico, et massi-
XVni, 462. mamente nell'arte dello 'ntonare: et fu
71-72. tragge: accorre pronta. - di cal- molto dimestico dell'Autore, però che in
car ecc. nessuno rifugge dal mescolarsi
: sua giovinezza fece Dante molte canzo-
alla folla e pigiare i vicini
per accostarsi ne et ballate, che questi intonò et a ;

al messaggero. Dante dilettò forte udirle da lui. »


1'

74. fortunate: perchè sicure «di ve- 76. trarresi avante tarmisi incontro.
:

nire, quando che sia, alle beate genti »; 78. a far lo simigiiante: a muoverle
Taf. I, 119 sg. incontro ed abbracciarla.
336 fAN'iii\ esolbtta] Purg. il 79-93 |
CASELLA.]

79 Oh ombre vane, fuor clic nell' aspetto !

Tre volte dietro a lei le inani avvinsi,


e tante mi tornai con esse al petto.
82 Di maraviglia, credo, mi dipinsi;
per che 1' ombra sorrise e si ritrasse,
e io, seguendo mi pinsi. lei, oltre
85 Soavemente disse eh' io posasse :

ali or conobbi chi era e '1 pregai


che, per parlarmi, un poco s' arrestasse.
88 Rispuosemi « Così coni' io t' amai
:

nel mortai corpo, così t'amo sciolta;


però m'arresto; ma tu perchè vai? »
91 « Casella mio, per tornar altra volta
là dove son, fo io questo viaggio »
diss' io ; « ma a te coni' è tant'ora tolta? »

79. vane: hanno corpo visibile, ma, viaggio per tornare dove sono ora (la
perchè aereo, inconsistente cfr. la n. 69. ; dove=dove, come in molti altri luoghi),
80. tre ecc.: « Ter conatus ibi collo cioè in questo luogo di salute, altra
dare bracchia circum, Ter frustra coin- volta, cioè dopo la mia morte.
prensa uianus effugit imago, Par levibus 93. a te com'è ecc. perchè mai arrivi
:

ventis volucrique simillima somno » ; soltanto ora nel Purg., essendo morto già
Yirg., Aen. VI, 700 sgg. - « Nell'In- da parecchio tempo? Come mai perdesti
ferno non aveva tentato d'abbracciar un tempo tanto prezioso per ire a farti
ombre; ma V., ombra anch'esso, l'ave- bella? AL: com'era tanta terra tolta:
va portato in ispalla. Or perchè que- cioè, come mai ti era impedita, sino a
sta differenza di V., di Bocca al qua- poco fa, sì gran terra e maravigliosa,
le e' strappa i capegli, e dell'Argenti quanto è questa di Purg.? L'-àn. Fior.
ch'ei respinge nel fango, da Casella e conosce le due lezioni e non sa decidersi.
dagli altri ? Forse perchè qui, come piti Ma la lez. primitiva par quella da noi
pure, le ombre son meno gravate della adottata. Moore, Grit., 373 sg. Circa le
mole terrena, hanno più. sottili apparen- possibili ragioni del ritardo di Casella,
ze. Matelda però trae Dante e Stazio cfr. Bull. XVI, 146; XVII, 233 XXIII, ;

per l'onda di Lete, é Virgilio con Sor- 38 ma sono tutte ragioni congetturali. Xei
delio s'abbracciano. Il Poeta, a quel che vv. 94 sgg. a Casella sono messe in bocca
pare, fa l'ombre de' non probi (?) ora pal- parole che paiono intese a dichiarar mi-
pabili, ora no, come Cristo risorto: l'om- steriose, impenetrabili tali ragioni, pur
bre de' dannati, palpabili sempre »; Tom. essendo esse di certo giuste, avendo ra-
82. mi dipinsi «Lo viso mostra lo co-
: dice nella volontà di Dio. Se non che
lor del core, Che, tramortendo, ovunque Casella non pure ha aspettato perchè
può s'appoia»; Vita Nuova, § 15. respinto dall'Angelo nocchiero, ministro
83. sorrise della mia maraviglia. - si
: della giustizia divina, ma ha tardato al-
ritrasse: si tirò indietro. tri tremesi (vv. 28 sgg.), quantunque
84. mi pinsi: mi spinsi, Purg. cfr. ormai l'Angelo accogliesse nel vasello
XII, 126; mi avanzai accostandomi a lei. chiunque ci voleva entrare. Come mai ?
85. posasse posassi, mi fermassi senza
: Certo ci furono per D. « due spinte ef-
ripetere il vano tentativo d'abbracciarla. ficaci: la suggestione dell'Eneide [dov'è
86. allor dalla voce e dal tono soave.
: l'episodio di Talinuro non tragittato da
89. nel mortai corpo quando vivevo. : Caronte, perchè il suo corpo è rimasto
-sciolta: anima separata dal corpo. insepolto, III, 201 sgg., V, 835 sgg.; e
perchè vai l
90. perchè fai questo
: cfr. anche VI, 316 e 229, dove si parla
viaggio, che suol farsi solo da' morti? dell'anime che Caronte respinge e devono
91-92. per tornar ecc. faccio questo : restare più o men lungamente di qua
[antip. isoletta] PURG. II. 94-112 [casella] 337

9i Ed elli a me
« Nessun m' è fatto oltraggio,:

se quei che leva e quando e cui gli piace,


più volte ni' ha negato esto passaggio ;
97 che di giusto voler lo suo si face;
veramente da tre mesi egli ha tolto
ha voluto entrar, con tutta pace.
chi
100 Ond'io, eh' era ora alla marina vòlto,
dove 1' acqua di Tevero s'insala,
benignamente fui da lui ricolto
103 a quella foce ov' elli ha dritta l' ala, ;

però che sempre quivi si raccoglie


qual verso d'Acheronte non si cala. »
106 E io « Se nuova legge non ti toglie
:

memoria o uso all' amoroso canto,


che mi solea quetar tutte mie voglie,
109 di ciò ti piaccia consolare alquanto
anima mia, che, con la sua persona
l'

venendo qui, è affannata tanto » !

112 « Amor che nella mente mi ragiona »

dall'Acheronte] e l'utilità di essa a ren- propria alla tua nuova condizione (cfr.
der possibile 1' episodio di Casella, morto Purg. I, 85-90) non ti priva della memo-
da più tempo»; D'Ovidio, N. St. I, 388 ria dell' arte tua, o non ti vieta in tale
e cfr. Pìstelli, o. e., 33 sg. condizione di usarne.
94. oltraggio torto. : 108. quetar: «la musica trae a sé gli
95. quei ecc. l'angelo nocchiero. -le-
: spiriti umani, che sono quasi principal-
va: prende le anime per portarle al Purg. mente vapori del cuore, sicché quasi ces-
96. più Tolte: « erano passati più mesi sano da ogni operazione sì è l'anima in-
;

ch'egli era morto » An. Fior. ; tera quando l'ode, e la virtù di tutti (gli
97. giusto Toler divino. - suo del-
: : spiriti) quasi corre allo spirito sensibile
l'angelo. L'angelo vuole ciò che vuol Dio. che riceve il suono»; Gonv. II, 14. Il
98. veramente: nondimeno, per altro. JBocc. nella Vita di D. « Sommamente
:

-da era
tre mesi: dal natale 1299, in cui si dilettò in suoni e in canti nella sua
cominciato il Giubileo di Bonifacio VILI, giovanezza; e a ciascuno che a que' tem-
secondo la cui Bolla anche le anime dei pi era ottimo cantatore o sonatore, fu
defunti partecipavano per modum suf- amico ed ebbe sua usanza, e assai cose,
fraga alle indulgenze del Giubileo cfr. ; da questo diletto tirato, compose, le quali
Boehmer, Corp.jur. ean. II, 1192. Baur, di piacevole e maestrevole nota a que-
Kirchengesch. Ili, 446 sg. sti cotali facea rivestire. »
99. con tutta pace senza opporre al- : 109. di ciò: del tuo canto amoroso.
cuna difficoltà. 110. con la sua persona ecc.: '
perso-
100. era.... yòlto : stava attendendo na è il corpo, che con la sua gravità
'

alla marina. stessa affatica e stanca, specie se il cam-


101. s'insala: intrat salum, entra in mino, com'è il caso di D., sia lungo

mare e si fa salsa. e disagioso: tale stanchezza e le pas-


102. ricolto preso dall' angelo nel va-
: sioni varie che il P. ha sentite percor-
selloper essere tragittato al Purgatorio. rendo l' Inf., danno ragione del grande
103. foce del Tevere. - ov'elli
: cfr. : affanno dell'anima sua.
v. 51. Al. A quella foce ha egli or
: 112. Amor ecc. così incomincia una
:

dritta Pala. canzone di D., composta verso il 1294


106. Se nuova legge ecc. : Se una legge e commentata nel trattato 3o del (Jon-

22. — Div. Oomm., 8 a ediz.


338 [antip. isoletta] Pukg. 11. 113-131 [catone]

cominciò
dolcemente, egli ailor sì
che la dolcezza ancor dentro mi suona.
115 Lo mio maestro e io e quella gente
ch'eran con Ini, parevan sì contenti,
come a nessun toccasse altro la mente.
118 Noi eravam tutti fissi ed attenti
alle sue note ed ecco il veglio onesto, ;

gridando « Che è ciò, spiriti lenti?


:

121 qual negligenza, quale stare è questo ?


Correte al monte a spogliarvi lo scoglio
ch'esser non lascia a voi Dio manifesto.
124 Come quando, cogliendo biada o loglio,
li colombi adunati alla pastura,

queti, sanza mostrar l' usato orgoglio,


127 se cosa appare ond' elli abbian paura,
subitamente lasciano star V esca,
perchè assaliti son da maggior cura;
130 così vid' io quella masnada fresca
lasciar lo canto, e gire in vèr la costa,

4
vivio. Affermano antichi commentatori scorza v. Vocab. Qui è detto dell' in-
'
;

che Casella stesso l' aveva messa in tegumento del peccato. « Expoliantes
musica. vos veterem hominem cum actibus eius,
114. ancor cfr. Par. XXIII, 128 sg.
: : et induentes novum, eum qui renovatur
« .... cantando sì dolce, Che mai da me in agnitionem secundum imaginem eius
non si partì il diletto ». qui creavit illum »; Coloss. Ili, 9-10.
115. quella gente : gli spiriti or ora ar- 123. esser non lascia ecc. non vi con-
:

rivati insieme con Casella ; cfr. v. 45. sente di avere la visione di Dio. « Ini-
117. come a ecc. come se a nessuno
: quitates vestrse diviserunt inter vos et
stesse a cuore altro che ascoltare e gu- Deuin vestrum, et peccata vostra abscon-
stare il dolce canto. Le anime dimenti- derunt faciem eius a vobis ne exaudi-
cano d' ire a farsi belle; i P. il loro viag- ret »; Isaia, LIX, 2.
gio. Cfr. il passo del Conv. nella n. 108. 124-129. Come ecc.: costr. e intendi:
V. 118-133. Hiapparizione di Ca- come i colombi, adunati alla pastura,
tone. Mentre tutti sono intenti al canto mentre stanno beccando granelli di bia-
di Casella, riappare d'improvviso Cato- da o di loglio, queti, senza roteare, nò
ne, che rampogna severamente le anime mormorare, né incedere pettoruti e, si
del loro indugiarsi e le stimola ad affret- direbbe, superbi (come sogliono quando
tarsi alla parificazione per il che subito ;
non beccano), se appare cosa che li spa-
tutte si sparpagliano rapidamente av- venti, lasciano subito il cibo (esca) per-
viandosi, senza precisa direzione, verso chè sono presi e dominati tutti dal desi-
il monte. Altrettanto fanno D. e il suo derio (cura) di mettersi in salvo desi-
maestro. derio maggiore, più forte che quello del
118. erayam: così molti codd. e comm. cibo; così ecc.
Ma anche molti e autorevoli codd.: an- 130. masnada: famiglia. Masnada, pro-
davamo cfr. Moore, Orit., 375. priamente la famiglia di un manso o po-
119. il veglio: Catone. - onesto: pieno dere, concesso da un signore, non aveva
di dignità; cfr. Purg. I, 42. anticamente il senso odioso che ha og-
122. Correte « Festinate, viri
: nam ; gidì; cfr. Inf. XV, 41. - fresca: da poco
quaì tam sera moratur Segnities? »; Virg., arrivata, la nuova gente, v. 58.
Aen. II, 373 sg. lo scoglio nel senso di : 131. la costa: l'erta del monte.

;»/.'.*.» •- ,:
-,--
[
ANTIP. isolbtta] Puhg. II. 132-133 - III. 1-7 [dante e virg.] 339

com' uoni che va, né sa dove riesca :

133 ne la nostra partita fu men tosta.

132. dove riesca dove arriveràseguen-


: 133. ne la nostra ecc.: né io e V. meno

do la via presa a caso. Cfr. Petr., Son. prontamente e frettolosamente (Purg.


XVI, 7-8: « in guisa d'orbo.... Che non Ili, 10) ci allontanammo di lì, diretti
sa ove si vada, e pur si parte. » verso la montagna.

CANTO TERZO

ANTIPURGATORIO ISOLETTA :

ANIME DI MORTI IN CONTUMACIA DELLA CHIESA


(Stanno fuori del vero Purgatorio
un tempo corrispondente a trenta volte la durata della scomunica)

IL RE MANFREDI

Avvegna che la subitana fuga


dispergesse color per la campagna,
rivolti almonte ove ragion ne fruga,
io mi ristrinsi alla fida compagna :

e come sare' io sanza lui corso ?


chi m'avrìa tratto su per la montagna
3
I

Ei mi parea da sé stesso rimorso :

V. 1-33. Corpi che non fanno om- coi tormenti esterni, quanto coli 'interno
tra. Mentre i P. vanno verso il monte, dolore per i peccati commessi : cfr. In/.
V. mostra di sentire rimorso per il breve XXX, 70.
indugio. Splende il sole o D., vedendo
; 4. mi ristrinsi mi accostai di più. -
:

dinanzi a sé la sola sua ombra, si volge compagna V., mia fedele compagnia.
:

per timore che V. lo abbia abbandonato. Per Compagna compagnia cfr. In/.=
Il maestro pronto lo istruisce sulla na- XXVI, 101. Purg. XXIII, 127.
tura dei corpi che Dio concede alle anime 5. corso per quella piaggia a
: me igno-
dei morti. ta. Come gli spiriti, D. e V., dopo la
Avvegna ecc.: sebbene per i rim-
1-3. rampogna di Catone, corrono ; cfr. v. 10.
proveri di Catone gli spiriti si fossero di- 7. da sé: indipendentemente dai rim-
spersi per la campagna dell' isoletta di- proveri di Catone, Purg. II, 120 sgg.,
monte della purgazione, io invece
retti al fatti non ai P., ma ai soli spiriti. -ri-
mi accostai più presso a V. - subitana : morso per il breve indugio (Purg. II,
:

repentina; cfr. Purg. II, 124 sgg. -ra- 115 sgg.), da lui tollerato e gradito, con-
gion la divina giustizia. AL: La ragione
: tro il rigido dovere di guida e di mae-
umana. - ne fruga ci punge non tanto
: stro, per gustare il canto di Casella.
340 [AN11P. ISOLETTA] PURG. III. 8-24 [CORPI SKNZ* OM

o dignitosa coscienza e nella,


come t'è picciol fallo amaro morso !

lo
Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l'onestade ad ogni atto dismaga,
la mente mia, che prima era ristretta,
18 lo intento raliargò, sì come vaga;

e diedi il viso mio incontro al poggio,


che inverso il ciel più alto si dislaga.
10 Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m .'
era dinanzi alla figura,
ch'avea in me de' suoi raggi l'appoggio.
19 Io mi volsi dallato con paura
d'essere abbandonato, quand' io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura ;

22 e '1 mio conforto «Perchè pur diffidi ? » 1

a dir mi cominciò tutto rivolto :

« Non credi tu me teco e eh' io ti guidi ?

8. dignitosa e netta: che per serbare giava dietro » Nociti. - roggio rosso ;
; :

tutta la sua dignità si mantiene pura da Inf. XI, 73. Era rosso come suol es-
colpe. sere al primo suo levarsi sull' orizzonte.
9. amaro morso « la rimorsione del
: È passata circa un'ora dal sorgere del
peccato è riprender sé medesimo del pec- sole cfr. Della Valle, Senso, 38 sg.
;

cato fatto, e dolersi d'averlo fatto»; Buti. 17-18. rotto: dall'ombra. - alla figura:
10. Quando ecc.: quando V. ebbe ral- « Lo sole mi era rotto dinanzi con figura
lentato il passo e ripresa la normale an- simile alla figura che l'appoggio de' suoi
datura; cfr. la n. al v. 5. raggi aveva in me »; Biag.-, ma anzi-
- dismaga
11. l'onestate: la dignità. : ché in questo modo, eh' è stiracchiato e
toglie. Cfr. Purg. XIX, 29 e XXVII contorto, è più semplice intendere figu- '

104. « Nel movimento e nell' andare e ra nel senso di


'
persona che ebbe ' '

negli atti si debbe tenere onestà. Il spesso in antico, e interpretare « il sole :

superbo si diletta dello svariato anda- era sotto davanti alla mia persona, per-
re 1' uomo disonesto nell' andare si mo-
; chè aveva in me 1' appoggio de' suoi
stra » Bart. da S. Conc, Amm. VII,
; raggi, cioè 1' ostacolo che impediva ai
I, 5, 16, 18. raggi di spingersi ed illuminare più ol-
12. ristretta tutta raccolta in un solo
: tre ». Bull., XXV, 58. Così intesero an-
pensiero, cioè di Casella e de' rimproveri che Benv. e Buti.
di Catone e a ristretta corrisponde egre-
;
19-21. mi volsi ecc. vede solo l' om- :

giamente il rallargò del verso seguente. bra sua e non riflettendo lì per lì che
;

Cfr. Purg. XVII, 22 e Par. VII, 52. V. è spirito, opperò non fa ombra, teme
13. lo intento raliargò: riprese a pen- che Maestro lo abbia abbandonato,
il

sare ad altre cose, cioè al luogo, agli abi- e volge istintivamente a destra per
si
tatori ed al viaggio, desiderosa {vaga) di vedere se ancora l' amorosa guida gli
vedere e conoscere nuove cose e persone. sia vicina. »

14. diedi ecc.: alzai gli occhi al monte. 22. conforto Virgilio; cfr. Purg. IX,
:

15. si dislaga: si alza di mezzo al gran 43. - pur diffidi seguiti a diffidare.
:

lago, al mare, più alto di qualsiasi altro 23. tutto rivolto rivoltosi a me con :

monte; cfr. Par. XXVI, 139. tutta la sua persona, per farmi certo che
16. dietro: alle nostre spalle. «Il sole non mi aveva abbandonato. È atto di
in Purgatorio spunta in Gade. Dante amorosa, paterna premura ; cfr. Inf,
camminava verso il Gange che a
ivi è XXIX, 100.
ponente. Ecco perchè il sole gli fiammeg- 24. me teco : ch'io sia ancora teco.
[ANTIP. ISOLBTTA] PURO. III. 25-37 |V UMANA RAGIONE] 341

Vespero è già colà dov' è sepolto


corpo dentro al quale io facea ombra
lo :

Napoli Pha e da Brandi zio è tolto.


28 Ora, se innanzi a me nulla s' aombra,
non ti maravigliar più clie de' cieli,
che 1' uno all' altro raggio non ingombra.
31 A sofferir tormenti e caldi e geli
simili corpi la Virtù dispone,
che, come fa, non vuol eh' a noi si sveli.
34 Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via,
che tiene una sustanza in tre persone.
37 State contenti, umana gente, al quia)

25. Vespero : « supposto che il tempo sunt iudicia eius et investigabiles vise
del vespero sia un'ora prima del tra- eius » Bom. XI, 33.
! ;

monto, a Napoli correvano le ore 5 circa V. 34-45. Limiti dell'umana ragio-


poro.; a Gerusalemme circa le ore 2 di ne. Avendo detto che Dio non vuole che
aotte, ed al Purgatorio altrettanto di il modo del suo operare sia manifesto
giorno; erano quindi le 8V2»; Agnelli. agli uomini, V. ne prende argomento ad
27. Brandizio forma d'origine fran-
: affermare recisamente e non senza solen-
cese - Brandis - con la latineggiante nità, che l' umana ragione non deve pre-
inale -zio si trova già néìV Intelligenza
: sumere di comprendere e spiegare i mi-
j nei Fatti di Cesare. In lat. era Brundi- steri della divinità, ma contentarsi di sa-
num e Brundusium, oggi Brindisi Bull. pere che certe cose sono, senza volerne
XXIII, 38). Ivi morì V. l'anno 19 a. C. anche conoscere il come e il perchè.
Per ordine di Augusto il suo corpo fu 34. nostra ragione il nostro intelletto.
:

xasportato a Napoli e sepolto in un tu- « Animalis homo non percipit ea quse


nulo onorario sulla via di Pozzuoli Do- ; sunt Spiritus Dei»; I Cor. II, 14.
iat., Vita Virg., 63; cfr. Comparetti, 35. trascorrer : percorrere, e così ve-
Virg. nel medio evo, II2 45 sg. , dere e conoscere pienamente ogni cosa.
28. s'adombra: è ombreggiato. 36. che tiene ecc. che (oggetto) tiene
:

che l'uno ecc.: essendo diafani, i


30. o segue nell' operare quel Dio che è uno
deli lasciano trapassare i raggi lumi- nella sostanza e trino nelle persone ;

ìosi e diafani sono gli aerei corpi de-


; cfr. Conv. II, 6. Dio uno e trino è incom-
;li spiriti sino alla risurrezione cfr. ; prensibile non pure nella sua essenza
thom. Aq., Sum. theol. Ili, Suppl. 75 sg. alla ragione umana, ma altresì nelle sue
'Certi [corpi] sono che, per essere del operazioni.
;utto diafani, non solamente ricevono 37. al quia al che (quia
: ozi— che) — ;

a luce, ma quella non impediscono »; contentatevi di sapere che certe cose


Jonv. Ili, 7. ,
sono, senza presumere di indagarne e
31. caldi e geli : cfr. Inf. Ili, 87. di scoprirne tutte le ragioni. Pigliano
32. simili corpi : figure corporee come della sapienza, dice Fra Giord. (Pred.,
mesta mia; cfr. Thom. Aq., Sum. theol., Ed. Manni, p. 19), « più che non è uopo
[II, Suppl. 70, 1-3. - Virtù : divina. - quelli i quali vogliono cercare profon-
lispone: rende atte queste figure cor- damente le cose segrete di Dio, ch'er-
ìoree, benché diafane e impalpabili, a rano e non vanno diritti. Vogliono sa-
loffrir dolori materiali e caldo e gelo. pere per ragione la fede, e vogliono ag-
33. come fa il modo del suo operare.
: giugnere a cose che non si fa a loro.
- si sveli «Non enim cogitationes mese,
: Costoro fiaccano il collo e acciecano, e
ìogitationes vestrae neque viae vestrse, ; diventano matti. E ciò è che dice Santo
riae mese, dicit Dominus » Isaia LV, 8. ; Paolo Non plus sapere quam oportet
:
'

• « altitudo divitiarum sapienti» et sapere, sed sapere ad sobrietatem ». '

teientiae Dei : quam incomprehensibilia Cfr. Varchi I, 163.


342 [àntu\ 180LETTA] PURG. HI. 38-53 [INCERTEZZA I

che se possalo aveste veder tutto,


mestici' non era partorii Maria 5

40
e disiar vedeste sanza frutto
tai, che sarebbe lor disio quotato,
eli' eternai mente è dato lor per lutto:
43 io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt' altri » ; e qui chinò la fronte,
non disse, e rimase turbato.
e più
40 Noi divenimmo intanto a pie del monte :

quivi trovammo la roccia sì erta,


che indarno vi sarien le gambe rjronte.
49 Tra Lerici e Turbi a la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole ed aperta.
52 « Or chi sa da qual man la costa cala »
disse '1 maestro mio, fermando il passo,

38. possuto: potuto. dono intanto una schiera di anime venir


mestier ecc.: non sarebbe stato ne-
39. da sinistra lentamente, e ad esse vanno
cessario che Cristo venisse nel mondo, incontro e dimandano dove sia la salita.
o perchè gli uomini avrebbero potuto Dall'ombra che il corpo di D. produce,
far senza della Rivelazione divina com- le anime si accorgono ch'egli è vivo, e
piuta in Cristo o piuttosto perchè se
; si ritirano stupefatte alquanto indietro ;

con la ragione si potesse comprender ma V. prontamente le assicura che D.


tutto, Adamo, vedendo la ragione del è vivo, ed espone la ragione del mistico
divieto divino, non avrebbe peccato; e viaggio. Le anime allora dicono ai P. di
non sarebbe, perciò, stata necessaria la tornare indietro, se vogliono trovare la
venuta di Cristo per redimere l'uma- via per cui si sale.
nità dalle tristi conseguenze di quella 46. divenimmo : arrivammo; cfr. Inf.
prima colpa. XIV, - intanto mentre V. parlava.
76. :

40. senza frutto cfr. Inf. IV, 41 sg. « Si


: 48. indarno ecc. non essendo possibile
:

possibile esset per rationem naturalem di salire se non volando v. 54. ;

et scientiam acquisitam cognoscere di- 49. Lerici antico castello sulla costa
:

vinitatem et ordinem illius in creaturis, tirrenica, ad un' estremità del golfo della
certe maxime novissent hsec et alia an- Spezia, presso la destra del fiume Ma-
tiqui excellentissimi philosophi sed nos; gra. - Turbìa villaggio nel territorio di
:

videmus quod Aristoteles et Plato, qui Nizza a poca distanza dalla costa. Il
noverunt plus cseteris illud quod sciri tratto di j>aese che si estende tra Lerici
potest per intellectum humanum, non e Turbìa (riviera ligure) è coperto di
noverunt omnia etiam in puris natura- monti aspri e scoscesi, e ai tempi di D.
libus, et multo minus in divinis, quia il camminare per tali monti era certa-

non intellexerunt creationem, non incar- mente, per difetto di vie, difficilissimo,
nationem, non resurrectionCm » JBenv. ; se il P. ne trasse questo paragone; cfr.
43. Aristotile: cfr. Inf. IV, 131. - Pla- Bass., 346 sg.
to Platone cfr. Inf. IV, 134.
: ; 51. verso in : confronto, come Inf.
45. turbato ricordandosi ch'egli stes-
: XXXIV, 59. Purg. VI, 142 ; XXYILT,
so è uno dei molti altri, si turba e tace 30. - quella: roccia erta. - agevole ed
e china pensoso la fronte. aperta: comoda a salire perchè di gra-
V. 46-102. Schiera di anime. Arri- dini regolari e non alti, e larga.
vati appiè dell' erta montagna, i P., ve- 52. chi sa: V. per il Purg. non è an-
dendo impossibile il montare su quel ri- cora stato. - da qual man se a destra :

pidissimo pendio, sostano incerti. Ve- o a sinistra. - cala: scende men ripida.
ANTIP. ISOLETTA] Purg. in. 54-76 [schiera di anime] 343

« che possa salir chi va sanz' ala? »



yr> E mentre eh' e' teneva il viso basso,
e 'saminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso,
;<* da man sinistra ni' apparì una gente
d' anime che movieno i pie vèr noi,
e non parea, sì venivan lente !

61 « Leva » diss'io, « maestro, gli occhi tuoi :

ecco di qua chi ne darà consiglio,.


se tu da te medesmo aver noi puoi. »
64 Guardò allora, e con libero piglio
rispuose « Andiamo in là, eh' e' vegnon piano
:
;

e tu ferma la spene, dolce figlio ».


67 Ancora era quel popol di lontano,
io dico dopo i nostri mille passi,
quanto un buon gittator trarrìa con mano,
70 quando si strinser tutti ai duri massi
dell' alta ripa, e stetter fermi e stretti,
come a guardar chi va, dubbiando, stassi.
73 « ben finiti, o già spiriti eletti »
Virgilio incominciò, « per quella pace
eh' io credo che per voi tutti s'aspetti,
76 ditene dove la montagna giace

55-56. basso: in atto di meditazione. 66. ferma abbi sicura speranza


ecc. :

- Al.: tenendo il v. ». esaminava. Senso: di ricever consiglio da queste anime.


Mentre V. a capo chino meditava circa 67-69. Ancora ecc. Dopo che noi avem-
la via da prendere, e io guardava in su mo fatto un migliaio di passi, quelle ani-
intorno all'erta roccia che bisognava sa- me erano ancor lontane da noi un buon
lire per scoprire una via ecc. tiro di sasso. D. indica due distanze :

58-59. gente d'anime: schiera di ani- 1° quanto egli e V. erano già andati,
me sono le anime che uscirono dal
: quando furono dalle anime osservati 2° ;

corpo riconciliate con Dio, ma non colla quanto le anime in quel momento erano
Chiesa; cfr. v. 136 sgg. ancor lontane da loro. - quanto « quan- :

non parea ecc. che movessero i


60. : tum iactus est lapidis » Lue. XXII, 41.
;

piedi, tanto si avanzavano lente; sim- 70. si strinser: maravigliati di vedere


bolo della lentezza loro al convertirsi. i due P. andare a sinistra, contrariamen-
61. Leva: V., che tiene ancora il viso te alle leggi vigenti nel Purgatorio, e
basso, non ha veduto la schiera. camminar lesti, come notava Ben v., men-
62-63. ne darà ecc. ci saprà consi-
: tre essiprocedevano lenti.
gliare da qual parte dobbiamo salire, se vedendo per via cosa
72. a g. ecc.: chi,
tu non riesci a veder ciò da te. che lo faccia dubitare, sosta e guarda.
64. con libero piglio: con quel volto 73. ben finiti morti bene, nella gra-
:

e quel fare franchi e sicuri che son pro- zia di Dio. - già.... eletti: all'eterna sa-
prii di chi si sente finalmente libero da lute; cfr. Inf. I, 120.
un' incertezza penosa. 74-75. per quella pace: vi prego per
65. in là: verso quelle anime che ven- la pace eterna, per la eterna beatitudi-
gono tanto lente, che perderemmo gran ne, che tutti aspettate. Cfr. Purg. V, 61.
tempo, fermandoci qui ad aspettarle. 76. giace: cala, v. 52, è meno erta, e
314 [ANTir. isoletta] Purg. ni. 77-9-1 [SGHIKRA ,

sì clic possibil sia l'andare in suso;


perder tempo, a chi più sa, più spiace. »
cliè
78 Come pecorelle escon del chiuso
le

a una, a due, a tre, e l'altre stanno


ti ii dette atterrando l'occhio e il muso;
fi

82 e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,


addossandosi a lei, s' ella s' arresta,
semplici e quete, e lo 'mperchè non sanno ;

85 sì vid' io movere a venir la testa


di quella mandria fortunata allotta,
pudica in faccia e nell'andare onesta.
88 Come color dinanzi vider rotta
la luce in terra dal mio destro canto,
sì che 1' ombra era da me alla grotta,
1)1
restaro, e trasser sé indietro alquanto;
e tutti gli altri che venieno appresso,
non sappiendo il perchè, fenno altrettanto.
94 « Sanza vostra dimanda io vi confesso

pertanto possibile a salirvi; cfr. Inf. - «Densarum pecudum aut fugientum


XXIII, 31 sg. more volucrum»; Stai., Theb. V. 349.
78. più spiace: che più. ne conosce il 85. movere ecc. muoversi per venire
:

valore. « Tutte le nostre brighe, se bene verso di noi. - la testa: la prima linea,
venimo a cercare li loro principii, pro- i primi di quella schiera.

cedono quasi dal non conoscere 1' uso 86. mandria gregge voce biblica, Gè-
: ;

del tempo»; Con. IV, 2. Cfr. Virg., Aen. rem. XIII, 17. Lue. XII, 32. Giov. X,
X, 467 sg. 1-18. Atti XX, 28. I Petr. V, 2, 3, ecc.
79. chiuso: luogo circondato e serra- Paragona il P. le anime a pecore, così
to. « Chiuso nel Valdarno significa uno come Cristo chiamò sue pecore i suoi
spazio cinto di palizzata, ove si tiene fedeli. (Giov. X, 3, 4, 15, ecc.); epperò è
raccolto a cielo scoperto il bestiame, e mandria la compagna di esse anime. -
giaccio chiamano l' area del chiuso » ;
fortunata: cfr. Purg. II, 74. - allotta:
Caverni. allora.
81. atterrando ecc.: abbassando e ac- 87. pudica : cfr. semplici e quete del v.
costando alla terra, ecc. 84. - onesta: dignitosamente>composta.
82. l'altre fanno « se una pecora
: si 88. color dinanzi i primi, la testa, v.
:

gittasse da una ripa di mille passi, tutte 85. - rotta


interrotta dalla mia persona.
:

l'altre le andrebbono dietro; e se una 89. destro: i P., voltatisi a sinistra


pecora per alcuna cagione al passare per andare incontro alle anime, avevano
d'una strada salta, tutte le altre salta- a destra il monte e a sinistra il sole ;

no, eziandio nulla|Veggendo da saltare. epperò l'ombra di D. si stendeva alla


E io ne vidi già molte in un pozzo sal- sua destra, dalla parte della montagna.
tare, per una che dentro vi saltò, forse 90. grotta: roccia; cfr. Purg. I, 48.
credendo di saltare uno muro; non ostan- 91. restaro ecc. si fermarono stupiti.
:

te che il pastore, piangendo e gridando, 93. non sappiendo il perchè erano die- :

colle braccia e col petto dinanzi si para- tro,- e per questo non avendo potuto ve-
va » Conv. I, 11.
; dere l'ombra del corpo di D., non capi-
83. addossandosi « Concurrunt, hseret
: vano il perchè di quella fermata. - fenno
pede pes densusque viro vir » Virg., ; altrettanto: cioè si fermarono anch'esse
Aen. X, 361. - « Densum humeris bibit e si ritirarono un po' indietro, appunto
aure vulgus » Rorat., Od. II, xm, 32.
; come le pecorelle dei vv.* 82-84.
[antip. isoletta] Puro. ih. 95-106 [MANFREDI] 345

che questo è corpo uman che voi vedete ;

per che il lume del sole in terra è fesso.


Non vi maravigliate, ma credete
che non sanza virtù che dal ciel vegna
cerchi di soverchiar questa parete. »
100 Così il maestro e quella gente degna
;

« Tornate » disse ; « entrate innanzi dunque »

coi dossi della man faccendo insegna.


103 E un di loro incominciò «Chiunque :

tu se' così andando, volgi il viso


?
:

pon mente se di là mi vedesti unque ».


106 Io mi volsi vèr lui, e guardail fiso :

95-96. questo ecc. costui che voi guar-


: per madre d'una bella donnade' marchesi
date con tanta maraviglia, è ancor vivo, Lancia di Lombardia, con cui lo 'mpera-
e perciò fa ombra. - fesso interrotto. : dore ebbe a fare, e fu bello del corpo, e
97. Non vi maravigliate « licet res sit
: come il padre, e più, dissoluto in ogni
valde mirabilis, quse numquam alias fuit, lussuria; sonatore e cantatore era; volen-
quia iste venit ex speciali gratia data tieri si vedea intorno giocolari e uomini
sibi a Deo »; Benv. di corte, e belle concubine, e sempre
98. virtù: cfr. Purg. I, 68. vestìo di drappi verdi; molto fu largo
99. soverchiar questa parete superare : e cortese e di buon aire, sicché egli era
questo monte, erto come una parete. molto amato e grazioso; ma tutta sua
100. degna: di salire al cielo; confr. vita fu epicuria, non curando quasi Iddio
Purg. 6; VII, 5.
I, né santi, se non a diletto del corpo. Ni-
101. Tornate: rivoltatevi indietro a mico fu di Santa Chiesa e de' cherici e
camminate innanzi a noi. de' religiosi, occupando le chiese come
102. coi dossi ecc.: accennando, col ri- il suo padre; e più ricco signore fu, sì
volgere a noi i dossi delle mani, la di- del tesoro che gli rimase dello 'mpera-
rezione nella quale dovevamo andare. - dore e del re Currado suo fratello, e sì
insegna: segno; cfr. Purg. XXII, 124. per lo suo regno ch'era largo e frut-
V. 103-120. Manfredi. Si fa avanti tuoso; e egli, mentre che vivette, con
uno di quelli spiriti e dice a D.: «Poni tutte le guerre ch'ebbe con la Chiesa,
mente se mi vedesti mai. » D. lo fissa il tenne in buono stato, sicché el montò

con attenzione e gli dichiara che non lo molto di ricchezze e in podere per mare
conosce; e quei si manifesta, pregando e per terra. »
il P. di annunziare a sua figlia che egli 104. così andando: senza fermarti e
è in luogo di salvazione, e di esortarla perdere tempo.
a pregare per lui. È il re Manfredi, figlio 105. di là nel mondo. - unque lat. un-
: :

naturale, ma poi legittimato, dell'impe- quanti, mai. D., nato un anno prima della
ratore Federigo II e di Bianca, figlia del morte di Manfredi, non poteva natural-
conte Bonifacio Lancia, nato in Sicilia mente averlo mai veduto. ~Nè la finzione
nel 1231, morto nella battaglia di Bene- poetica vorrà dire, o che D. sembrasse
vento il 26 febbraio 1266. D. lo ricorda assai più vecchio che non fosse, o che
con lode anche altrove, De Vulg. El. Manfredi si scordasse di essere morto
I, 12 « illustres heroes Federicus Ce-
: già da 34 anni; bensì che la distanza
sar et benegenitus eius Manfredus, no- (così S. Ferrari in Lect. Dantis, 21 sg.)
bilitatem ac rectitudinem sue forme pan- « tra i due poeti e la schiera d' anime
dentes, donec fortuna permansit, hu- dovè trarre in inganno Manfredi, o che
mana secuti sunt, brutalia dedignantes : il poeta era al riparo di Y. Il fatto
propter quod corde nobiles atque gra- sta che Manfredi non aveva prima ba-
tiarum dotati inherere tantorum prin- dato a D. »; il quale, del resto, quando
cipimi maiestati conati sunt. » Di lui Manfredi gli parla, ha a lui volte le
Q. Vili. VI, 46: « Il re Manfredi fu nato spalle, e per osservarlo si volge, v. 106.
346 [antip. isolktta] Pukg. ih. 107-120 [MANFREDI]

biondo era e bello e di gentile aspetto,


ma un colpo avea diviso.
l'un de' cigli
109 Quand'io mi fui umilmente disdetto
d'averlo visto mai, ci disse « Or vedi » :
;

e mostrommi una piaga a sommo il petto.


112 Poi sorridendo disse: « 1' son Manfredi,

nepote di Gostanza imperadrice ;


ond'io ti prego che quando tu riedi,
115 vadi a mia bella figlia, genitrice
dell' onor di Cicilia e d'Aragona,
e diclii a lei il ver, s'altro si dice.
118 Poscia ch'i' ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volentier perdona.

biondo « homo flavus, amcena


107. : d'Aragona. Dunque V onor di Cicilia
facie, aspectu placibilis, in maxillis ru- (== Sicilia) è Federigo, l'onor d'Aragona
beus, oculis sidereis, per totum niveus, è Giacomo. Così intesero gli antichi ed
statura mediocris »; così lo descrive Saba il più dei moderni. Si è obbiettato che

Malaspina (Murai., Script. XXIY, 830). altrove D. biasima Federigo e Giacomo,


108. diviso fesso per la ferita avuta,
: cfr. Purg. VII, 115 sgg. Par. XIX, 130 sg.
che fu una di quelle due punte mortali Conv. IV, 6. De Vulg. El. I, 12 ma si
che gli ruppero la persona, v. 118 sg. osservi che qui non parla D. è Manfredi;

109. disdetto: ebbi negato di averlo che accenna a' suoi nipoti che tennero la
mai veduto. Disdire nel senso di negare Sicilia contro gli Angioini. Altri vogliono
usò D. anche in Conv. IV, 8 « disdire : che D. intenda del giovinetto Alfonso;
l' uomo
sé essere del tutto mortale, è ne- altri della conquista di Pietro d'Arago-
gare, propriamente parlando. » na, che fece salire il regno in onore, ma,
111. piaga: l'altra delle due punte di questa, Costanza non fu la genitrice ;

mortali, v. 118 sg. altri, fra i quali S. Ferrari, pensano


112. sorridendo: « quia salvus erat, che la frase genitrice dell' onor di Cicilia
quod Dantes non putabat » Benv. ; e d' Aragona significhi semplicemente,
113. Gostanza: così dissero e scrissero nella intenzione del P., genitrice de' reali
spesso gli antichi; i moderni Gostanza. di Sicilia e d'Aragona ; altri finalmente,
Fu figlia postuma di Ruggieri I, re di Si- ma è opinione mal sostenibile, ritengono
cilia e di Puglia, sorella di Guglielmo II, che dal C. III al VII del Purg. D. mu-
ultimo re della casa Normanna, moglie tasse opinione sopra Federigo.
dell' Imperadore Arrigo VI e madre di 117. il ver: che io son qui in luogo
Federigo II; cfr. Par. Ili, 118 sgg. di salute. - altro se nel mondo si dice
:

« Perchè fu figliuolo naturale, non volle eh' io, morto scomunicato, sia dannato.
tórre il sopranome del padre, ma fassi 118-119. rotta ecc. ferito il corpo di
:

nipote di sua ava » ; Lan. due ferite (punte) mortali; cfr. v. 108-111.
114. riedi ritorni nel mondo de' vi-
: 120. quei che volentier perdona : cfr.
venti. Isaia XLV, 22. Ezech. XXXIII, 11.
115-116. figlia ecc. si chiamava essa pu-
: V. 121-135.La misericordia divina
re Costanza e fu l'ultima del sangue degli e la scomunica. Confessa Manfredi di
Svevi, come l'ava di Manfredi fu l'ulti- essere stato gran peccatore; ma l'im-
ma del sangue dei Normanni. Costanza, mensa bontà di Dio accoglie chiunque,
figlia di Manfredi, fu moglie di Pietro III pentito, a lei si rivolge. « I sacerdoti »
re d'Aragona e di Sicilia, dal quale ebbe dice M. « mi maledissero e dispersero le
tre figli: Alfonso, morto giovane nel 1291, mie ossa; ma la loro maledizione non
Federigo che fu poi re di Sicilia, e Ia- può impedire che Dio amorosamente per-
copo che successe al padre nel regno doni al peccatore prima ch'ei muoia».
[ANTIP. ISOLBTTA] Purg. in. 121-135 [MANFREDI] 347

121 Orribil furon li peccati miei ;

ma bontà infittita ha sì gran braccia,


la
che prende ciò che si rivolge a lei.
124 Se '1 pastor di Cosenza che alla caccia ,

di me fu messo per Clemente allora,


avesse in Dio ben letta questa faccia,
127 l' ossa del corpo mio sarieno ancora

in co del ponte presso a Benevento,


sotto la guardia della grave mora.
130 Qr le bagna la pioggia e move il vento
di fuor del regno, quasi lungo il Verde,
dov' ei le trasmutò a lume spento.
133 Per lor maladizion sì non si perde,
che non possa tornar V eterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde,

121. Qrribil: cfr. il passo del Villani oggi Garigliano, nella Campania. Altri,
riportato nella n. ai vv. 103-120. non bene, intesero d' un ruscello che
124. pastor di Cosenza: Bartolommeo sbocca nel Tronto in vicinanza di Asco-
Pignatelli, cardinale e arcivescovo di Co- li; altri del piccolo Canneto, o Marino,
senza dal 1254 al 1266, o forse, il sno o S. Magno; ma cfr. Par. VIII, 63;
successore, se il disseppellimento delle Bass. 269 sg.
ossa di Manfredi non era avvenuto an- 132. a lume spento: «Candelis extinctis
cora, quando già il Pignatelli era dive- et campanis pulsatis more Ecclesia^ dic-
nuto vescovo di Messina. Manfredi fu tus Episcopus dieta ossa tamquam hasre-
sepolto « appiè del ponte di Benevento, tici anathematizati fecit proici iuxta
e sopra la sua fossa per ciascuno del- flumen Verdi » ; Petr. Dani.
l'oste gittatauna pietra; onde si fece 133. lor: dei pastori: per le scomu-
grande mora di sassi. Ma per alcuni si niche ecclesiastiche non si perde il di-
disse, che poi per mandato del papa il vino amore in modo tale da non poterlo
vescovo di Cosenza il trasse di quella mai più ricuperare. «La scomunicazione
sepoltura, e mandollo fuori del regno, dà pur pene temporali, non altro; non
ch'era terra di Chiesa, e fu sepolto lungo lega a ninferno, e non ti può tórre Para-
il fiume del Verde a' confini del Regno diso »; Fra Giord., Fred., ed. Manni, p. 3.
e di Campagna » G. Vili. Vili, 9.
; 135. ha fior del verde: verdeggia an-
125. per da. - Clemente Clemente IV.
: : cora un poco, mentre l'uomo vive ed
126. in Dio nella parola di Dio. - fac-
: ha ancora tempo di convertirsi a Dio.
cia: quella pagina del Vangelo, ove si Fior vale qui, come anche Inf. XXV, 144
legge che la bontà divina prende chi si e XXXIV, 26 un poco, alcun che '.
'

rivolge a lei; « eum qui venit ad me, V. 136-145. Pena dei contumaci,
non eiciam foras»; Johan. VI, 37. « Ecclesia exeomunicationem ad mede-
128. in co: in capo; cfr. Inf. XX, 76. lam, non ad iudicium inducit», insegna-
129. grave mora la « grande mora di
: rono i teologi. Ma se la scomunica non
sassi » di che parla il Villani. Mora è un priva della grazia, non per ciò, secondo
mucchio di pietre (spagn. moron sca- = D., i contumaci hanno, anche se perdo-
rico di sassi); cfr. Diez, W'òrt. I 3 , 281. nati in extremis da Dio, a restare impu-
La voce mora è « di uso appresso
Se- i niti. Per l'audacia che mostrarono contro
nesi » Fan/. Cfr. Caverni, Voci e modi,
; la Chiesa, indugiano l'entrata nel Purg.
83 e Bass., p. 267. restando a piò della montagna (v. 138),
130. le bagna: dunque insepolte. per un periodo che dura trenta volte il
131. fuor fuori dei confini del regno
: tempo che han passato in loro presun-
di Napoli segnati dal Liri e dal Tronto. - zione ma le preghiere dei vivi possono
;

Verde: così fu chiamato il fiume Liri, abbreviar loro questo periodo.


348 [ANTIP. ISOLBTTA] l'i RG. ni. i:;6-l45 (MANFREDI]

136 Vero quale in contumaciii muore


è, clic
di Santa Chiesa, ancor ch'ainn si penta,
star gli convien da questa ripa in fuore,
139 per ogni tempo eli' egli è stato, trenta,
in sua presunzion, se tal decreto
più corto per buon preghi non diventa.
L42 Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,
revelando alla mia buona Gostanza
come m'hai visto, ed anco esto divieto;
145 che qui per quei di là molto s'avanza. »

136. quale chiunque. - in contumacia:


: potrò essere, se i preghi della buona Go-
fuori della comunione della Chiesa. stanza mi accorceranno il lungo periodo
138. star: « Nec ripas datur horren- ch'io dovrei passare fuori del Purga-
das et rauca fluenta Transportare prius torio. - Gostanza cfr. v. 115. Nel 1300
:

quam sedibus ossa quierunt: Centum Costanza, figlia di Manfredi, viveva in


errant annos volitantque haec litora cir- Barcellona, dove morì nel 1302. Proba-
cum Tum demum admissi stagna exop-
; bilmente D. non la vide mai cfr. Vigo,;

tata revisunt » Virg., Aeri. VI, 327 sgg.


; D. in Sicilia, 53 sg. - come ecc. in :

Su quel che da V. derivò Dante nell' epi- istato di salvazione. - divieto la proibi-:

sodio di Manfredi, vedasi D'Ov., N. St. zione di salire nel Purg. a cominciar col-
I, 391 sgg. Questi giustamente osserva la pena la purificazione, prima che sia
che «l'episodio di Manfredi appar sì trascorso il tempo decretato dalla divi-
spontaneo; è così bene organato in sé, na giustizia, se questo « più corto per
così pieno d' ispirazioni storiche e poli- buon preghi non diventi. »
tiche, così passionato, sembra così d'un 145. qui in Purg. si guadagna molto
:

getto, che l'additarne le scaturigini la- per le preghiere de' viventi cfr. Purg.
:

tine pare una profanazione, una pedan- IV, 133-134; VI, 26 sg., ecc. « Suffragia
teria » ma D. « s' era reso così familiari
; vivorum mortuis dupliciter prosunt, si-
e così trasformate in succo e in sangue cut et vivis, et propter charitatis unio-
le reminiscenze letterarie, da esser que- nem, et propter intentionem in eos di-
ste tanto vive nel suo animo quanto rectam. Non tamen sic eis valere cre-
le impressioni della realtà, i ricordi della denda sunt vivorum suffragia, ut status
vita, le passioni contemporanee, i rim- eorum mutetur de miseria ad felicitatela
pianti o i rancori pei grandi uomini o vel e converso sed valent ad diminutio-
;

pei grandi fatti della storia, le fervide nempoencevel aliquid huiu smodi, quod
speranze dell' avvenire. » statum mortui non trasmutat » Thom. ;

140. presunzion arroganza per cui non


: Aq., Sum. theol. Ili, Suppl. LXXI, 2. -
si piegò a riconciliarsi colla Chiesa. « Poena Purgatorii est in supplementum
141. buon preghi preghiera di chi vive
: satisfactionis, qwB non fuerat piene in
in grazia di Dio; cfr. Purg. IV, 133-134. corpore consummata. Et ideo, quia opera
142-144. far lieto lieto io sarò, viene
: unius possunt valere alteri ad satisfactio-
a dir Manfredi, sol quando io mi possa nem, sive vivus sive mortuus fuerit, non
tener sicuro che la mia buona figliuola est dubium, quin suffragia per vivos
non è più tormentata da dubbii penosi facta existentibus in Purgatorio pro-
sulla mia salvazione; e più lieto ancora sint »; ibid., art. 6.
[antipurgatorio] PURG. IV. 1-10 [SALITA] 349

CANTO QUARTO

ANTIPURGATORIO: SALITA AL PRIMO BALZO

POSIZIONE DEL SOLE E NATURA DELLA MONTAGNA

ANTIPURGATORIO
BALZO PRIMO: NEGLIGENTI
(Stanno nell'Antipurgatorio tanto tempo, quanto vissero sulla terra)

BELACQUA

Quando per dilettanze ovver per doglie


che alcuna virtù nostra comprenda,
l' anima bene ad essa si raccoglie,

par che a nulla potenza più intenda ;


e questo è contra quello error che crede
che un'anima sovr' altra in noi s'accenda.
E però, quando s' ode cosa o vede,
che tenga forte a se l'anima volta,
vassene il tempo, e l'uom non se n'avvede :

10
ch'altra potenza è quella che l'ascolta,

V. 1-1S. Arrivo al Itiogo dove si e ragionare » (vegetativa, sensitiva ed


sale. Tutto occupato di Manfredi e di intellettiva). E quella anima che tutte
quanto ei gli andava dicendo, D. non si queste potenzio comprende, è perfettissi-
è accorto del trascorrere del tempo. Sono ma di tutte le altre » Oonv. Ili, 2, cfr.
;

già passate più che 3 ore dalla levata IV, 7. - comprenda riceva in sé provan-
:

del sole, e i P. sono arrivati al punto done le forti impressioni, -ad essa: virtù.
ove si apre il sentiero che dal piano del- - si raccoglie concentra tutta sé stessa.
:

l' isoletta sale al 1° balzo, punto che gli 5-6. quello error ecc.: de' Platonici,
spiriti indicano loro con grido unanime. che insegnano l'anima umana essere tri-
dilettanze: diletti, piaceri; voce
1-4. plice: vegetativa, sensitiva ed intellet-
antiquata. Il senso del passo è Quando : tiva (cfr. Aristot., De An. Ili), e dei Ma-
per effetto di alcuna piacevole o dolo- nichei, che ammettevano l' esistenza di
rosa impressione che operi sopra una due anime. Onde 1' 8° concilio ecume-
delle facoltà dell'anima, l'anima stessa nico, can. XI « Apparet quosdam in
:

H concentra tutta in quest' una facoltà, tantum impietatis venisse, ut hominem


allora pare che essa non abbia più co- duas animas h abere impudenter dogma-
scienza d'alcun' altra delle facoltà sue. tizent. » Cfr. Delff, Dante Alìg., 96 sg.
- che: le quali; accusativo. - virtù: po- Ozanam, Purg., 94.
tenza nominativo « L'anima principal-
; : 8. tenga ecc.: attiri tutta l'anima.
mente ha tre potenze, cioè vivere, sentire 10-12. ch'altra ecc.: «perchè altra pò-
350 [antipurgatorio] PurG. iv. 11-L>5 [salita]

e altra quella e' ha l'anima intera :

questa è quasi legata e quella è sciolta.


13 Di ciò ebb'io esperienza vera,
udendo quello spirto e ammirando ;

che ben cinquanta gradi salito era


1G lo sole, e io non m'era accorto, quando
venimmo dove quell'anime ad una
gridaro a noi « Qui è vostro dimando ».
:

19 Maggiore aperta molte volte imprima


con una forca tella di sue spine
l'uom della villa quando l'uva imbruna,
22 che non era la calla onde saline
lo duca mio, e io appresso, soli,
come da noi la schiera si partine.
25 Vassi in Sanlèo, e discendesi in Noli ;

tenza è quella che avverte il tempo mettendo quel luogo verso mattina e in
(V ascolta), e altra è quella a cui s' è rac- linea retta tra il punto dove approdano
colta V anima intera l' anima è legata a
: le anime e la porta del Purg. Stando
quel vedere e a quell'udire (v. 7), e non cosi le cose, i P., scostandosi dalla linea
presta quindi ascolto alla potenza che da oriente a ponente circa mezzo miglio
avverte il tempo questa potenza opera
;
verso mezzodì, rifanno poscia altrettanto
sciolta dall' anima e non è quindi avver- cammino, ma un poco più in alto, insieme
tita da essa » Barbi, in Bull. XII, 270
; alle anime, nella direzione di nord. Sa-
e cfr. Parodi, Bull. XXIII, 39. Scrive lito faticosamente un tratto dell'erta, i P.
Ristoro d'Arezzo II, 1 « stando uomo : arrivano ad un balzo, dove si mettono a
attento a udire non vede e se 1' uomo ;
riposare e ad orientarsi, colla faccia volta
mira ben fiso come '1 dipintore, suona a levante »; Agnelli, Top.-Cron., 82 sg.
la campana e non l' ode, e non se ne ad- 19-20. aperta: apertura nelle siepi. -
dae ». Cfr. A. Bertoldi, Il Canto di Be- imprima: tura con pruni. - forcatella:
lacqua, in Giorn. dant., XV, 6. piccola forcata. - spine: cfr. Prov. XV, 19.
14. spirto: Manfredi. - ammirando: 21. imbruna incomincia a farsi bruna,
:

meravigliandomi di vederlo salvo e d'u- cioè a maturare, sicché occorre star in


dire ciò che mi veniva dicendo. guardia dai ladri.
15. cinquanta gradi poiché il sole per-
: 22. calla: adito, apertura, ingresso:
corre 15 gradi all'ora, dalla levata del oggi Callaia. - saline salì e così par-
: :

sole sono passate ore 3 1 /8 cioè 3 ore e ;


tine per partì, ecc. Cfr. Inf. XI, 31.
20 minuti dalla prima vista dell' angelo 25. Vassi ecc.: vuol dire, in sostanza,
nocchiero al momento in cui i P. comin- che vide già molti luoghi montuosi, diffi-
ciano a salire la sacra montagna. cilissimi a salire, ma niuno tanto difficile
17. ad una: tutte insieme; cfr. Purg. per ertezza e strettezza quanto il calle
XXI, 35. per cui bisognava salire qui. - Sanlèo :

dimando: ciò di che voi chiedete,


18. anche San Leo, già Città Feltria, piccola
cioè il luogo dove si apre la strada per città dell' antico ducato d' Urbino, non
salire; cfr. Purg. Ili, 76 sgg. lungi da San Marino. Sta sopra un erto
V. 19-51. Salita al primo balzo. e scosceso colle, e ai tempi di D. non vi
« D. non precisa veramente la posizione si poteva ascendere che per un angusto
di questo sito, nel quale si prende l'erta sentiero intagliato nella roccia. Basa.,
della montagna. Ma noi, considerando 195 sg. Che D. vi sia stato, non risulta
che l'angelo deposita le anime nel punto di necessità da questa comparazione. -
più orientale dell' isola, e che anche la Noli: piccola città nella riviera ligure
porta del vero Purg. si trova ad oriente, di ponente, tra Savona e Finale. Ai tem-
crediamo di non scostarci troppo dal vero pi di D. non vi si poteva accedere che
[antipurgatorio] Puro. iv. 26-38 [salita] 351

montasi su in Bismantova e in Caccume


con esso i pie ; ma qui convien eh' uom voli ;

L'S dico con l' ali snelle e con le piume


del gran disio, diretro a quel condotto,
che speranza mi dava e facea lume.
Noi salivam per entro il sasso rotto,
e d'ogni lato ne stringea lo stremo,
e piedi e man voleva il suol di sotto.
34 Poi che noi fummo in su l' orlo supremo
dell'alta ripa, alla scoperta piaggia,
« Maestro mio » diss'io, « che via faremo? »
$7 Ed elli a me « Nessun tuo passo caggia : :

pur su al monte dietro a me acquista,

scendendo per scaglioni intagliati nelle Il quale grammaticalmente si unisce ad


quasi verticali pareti dell' anfiteatro di uom del v. 27 se non che, mentre uom
;

monti che la circonda e quasi la separa voli pare ed è locuzione generica, il P.


dal resto del mondo cfr. Bass., 200 sgg. ; pensa poi realmente a sé, opperò usa nei
26. Bismantova così chiamasi un vil-
: v. 29-30 espressioni che convengono solo
laggio a 34 chilom. al sud di Reggio a lui. Tale incongruenza, del Testo, si
JEniilia, addossato a una montagna dello ha anche intendendo conduttore ', poi- '

stesso nome. Nel medio evo su questa era ché V. è conduttore di D., non di qual-
un forte castello che dominava il circo- siasi uomo. Cfr. Parodi, Bull. XXIII, 40.
stante paese ed ebbe proprii signori ora : Il senso dunque è condotto, tirato die-
:
'

non appare vestigio del castello, ma solo tro a colui, V., che mi dava speranza
un nudo immenso sasso, detto Pietra di e mi era guida '.
Bismantova, che ergesi sopra tutti i 30. facea lume « Lucerna pedibus
:

monti vicini; cfr. Bass., 197 sgg. -Cac- meis verbum tuum, et lumen semitis
cume è nei « Monti Lepini che corrono
: meis»; Psal. CXVIII, 105.
fra il Sacco e le paludi Pontine da U.-O. 31-32. sasso rotto viottolo scavato nel
:

a S.-E. circa tre ore a S.-O. di Prosi- sasso. - lo stremo: le sponde di quel
none ». AL: in cacume o e in cacume: cavo sentiero, sì stretto, che i P. toc-
proprio sulla vetta. Cfr. Bass., p. 621 cavano le sponde, e sì erto, che dove-
sgg.; Bossi in Bull. V, 41 sgg. e VI, 219 ;
vano arrampicarsi con mani e piedi.
B'Ov., St., 5G3 sgg. irBertoldi, o. e, 34. orlo supremo: « Per orlo supre-
è toraato col Bassermann e col Torraca, mo, di sopra, devesi intendere la circon-
alla lez. cacume ma le ragioni in favor
; ferenza del piano parallelo a quel della
di Caccume ci paiono pur sempre così base, che sarebbe l'orlo inferiore o di
forti, che conserviamo tale lezione. sotto. Chiama poi alta ripa l' imbasa-
27. con esso i pie: senz'altro aiuto mento della montagna che s' eleva un
che dei piedi. - voli « questo poggio : buon tratto perpendicolarmente sul pia-
primo a volerlo salire, conviene che uo- no, quasi un gran muro, e in capo al quale
mo abbi ali, idest delle virtù»; in. Fior. i P. son giunti per un'incavatura noi
28. ali « colla fede et colla speranza,
: masso alquanto inclinata » ; Br. B.
che sono l' ali che portono i virtuosi et 35. scoperta piaggia: il pendio della
fedeli » An. Fior.
; montagna, coperto
'
per essi, mentre
'

29-30. condotto: conduttore, cioè V. : salivano la viuzza incassata nel monte.


così i cornili, antichi e di condotto sost. ; 36. che via faremo? ci volgeremo a de-
:

per guida ', si hanno parecchi esempi



stra o a sinistra ? D. e V. ignorano che
(cfr. Betti, II, 22), tra cui uno di D. su per il Purg. si gira sempre a destra.
stesso, Conv. I, 11, ma è guida in ' '
37. Nessun t. p. caggia: non dar un
senso astratto di conducimelo, con- '
passo addietro, non far un passo che
dotta ', non di conduttore '. Perciò è
'
non sia all'in su.
meglio prendere condotto come partic.
' '
38-39. acquista: guadagna in altezza
I
352 [ANT1P. BALZO 1] ttlJRG. IV. 39-59 [8AL1TA]|

che n'appaia alcuna scorta saggia».


fin
40 Lo sommo er'alto che vincea la vista,
e la costa superba più assai,
che da mezzo quadrante a centro lista.
43 Io era lasso, quando cominciai :

« dolce padre, volgiti e rimira


rimango sol, se non ristai »
coni 'io !

46 « Figliuol mio » disse, « infin quivi ti tira »,


additandomi un balzo poco in sue,
che da quel lato il poggio tutto gira.
49 Sì mi spronar on le parole sue,
eli' io mi sforzai carpando appresso lui

tanto che il cinghio sotto i pie mi fue.


52 A seder ci ponemmo ivi amendui
volti a levante, ond'eravam saliti ;

che suole a riguardar giovare altrui.


55 Gli occhi prima drizzai a' bassi liti ;

poscia gli alzai al sole, e ammirava


che da sinistra n'eravam feriti.
58 Ben s' avvide il poeta eh' io stava

stupido tutto al carro della luce,

salendo via via dietro a ine. - saggia : V. spiega che questo avviene, perchè
gli
che sappia dirci la via da prendere. si trovano nell' emisfero australe. D.,
40. Lo sommo ecc.: la sommità del grato, dichiara di aver ottimamente com-
monte era tanto alta, che l'occhio non preso la lucida spiegazione,
arrivava a discernerla; cfr. v. 86 sg. 53. ond[e]: dalla quale parte.
41. costa : fianco del monte. - super- 54. suole ecc.: il riguardare la via per-
ba: erta, ritta; cfr. Inf. XXI, 34. corsa suole dilettare e incoraggiare il
42. che da mezzo ecc. la costa era: viaggiatore. « Fatta la fatica dello stu-
assai più ripida che una lista la quale dio e della virtù, giova poi riguardare
da mezzo quadrante vada al centro, la via percorsa » Tom. - « State super
;

ossia aveva un' inclinazione maggiore vias, et videte, et interrogate de semi-


di 45°, quindi vicina molto alla perpen- tis antiquis, quae sit via bona, et am-
dicolare, -quadrante: quarto di circolo, bulate in ea; et invenietis refrigerium
che corrisponde a un angolo di 90°. animabus vestris » Geremia, VI, 16.;

45.rimango: indietro, epperò solo, non 56-57. ammirava: mi maravigliava di


potendo per la stanchezza seguirti, se essere, mentre stavo rivolto a levante,
non ti soffermi un poco ad aspettarmi. ferito dai raggi del sole già alto a si-
46-47. ti tira: sforzati di arrivare.- nistra; proprio all'opposto di quel che
balzo : sporgenza nel pendìo del monte. segue sulla nostra terra, di qua dal tro-
48. gira: circuisce tutta la parte del pico del Cancro, dove chi guarda a le-
poggio visibile dal lato ove eravamo. vante vede il sole alzarsi e avanzarsi al-
50. carpando andando carpone.
: la sua destra. « Similem admirationem
51. il cinghio il balzo additato da V.
: habuerunt illi Arabes, qui venerunt
V. 52-84. Il sole dalla parte di set- in subsidiuni Pompei, Lucano dicente
tentrione. Poi che sono saliti sul lo bai- (Phar. Ili, 247 sg.): Ignotum vobis, Ara-
zo, i P. siedono con la faccia ad orien- bes, venistis in orbem, TJmbras mirati
te. D. vede il sole alla sua mano manca, nemorum non ire sinistras»; Petr. Dant.
verso settentrione; di che si maraviglia. 59. carro: sole; cfr. v. 72.
ANI IT. BALZO 1] PURG. IV. 60-72 [IL SOLE AL NORD] 353

ove tra noi e Aquilone intra va.


(51 Ond' elli a me « Se Castore e Polluce:

compagnia di quello specchio


fossero in
che su e giù del suo lume conduce,
64 tu vedresti il Zodiaco rubeccliio
ancora all' Orse più stretto rotare,
se non uscisse fuor del cammin vecchio.
67 Come vuoi poter pensare,
ciò sia, se il

dentro raccolto imagina Sion


con questo monte in su la terra stare
70 sì, eh' amendue hanno un sold orizzòn
e diversi emisperi ; onde la strada
che mal non seppe carreggiar Fetòn,

CO. ove ecc.: mentre di quadaltrop. luoghi hanno un solo orizzonte e diversi
del Cancro il sole si avanza tra noi e emisferi, ossia sono antipodi l'uno al-
Austro. « Ad noe etiam dictus poeta l'altro. Ma
queste condizioni non basta-
Lnoanus (Phars. IX, 538 sg.) Et Ubi, : no alla detta veduta, perchè se i due
qucecumqus es Libyco gens igne direrata luoghi fossero dentro i due Tropici o
in Noton umbra cadit, quee nobis exit nel giro dell'eclittica, potrebbero essere
in Arcton » Fetr. Dant.
; antipodi, senza che l'uno vedesse il sole
61. Castore e Polluce i Dioscuri, figli : sempre dalla parte del Nord, e l'altro
di Giove e di Leda qui la costella-
;
= da quella del Sud. Bisogna dunque che
zione dei Gemini. siano anche fuori dei Tropici o dell'e-
62. specchio il sole, :detto specchio, clittica. D. non esprime una tale con-
perchè «riflette a noi la luce della in- dizione, ma la sottintende, supponendo
telligenza angelica che lo muove » Ber- ; che il lettore sappia che Gerusalemme
toldi, o. e, 20 sg.; e cfr. Gonv. ITI, 14. è di qua dal Trop. del Cancro ed il
63. conduce rischiara a vicenda l'uno
: Purg. di là dal Trop. del Capricorno.
e l'altro emisfero. Se il sole, o la parte Cfr. Della Valle, Senso ft 40 sg.
rosseggiante dello Zodiaco dov' è il sole, 68. raccolto in te stesso con interno
: ;

fosse ne' Gemelli, si vedrebbe questa raccoglimento della tua mente.


parte muoversi o rotare ancor più presso 70. orizzòn orizzonte. Orizzon disse
:

al polo Nord, perchè il segno dei Ge- pure l'Ariosto fuor di rima, Ori. Fur.,
melli è più a Nord dell' Ariete, dove al- XXXI, 22.
lora era il sole. « In sostanza V. ha vo- 71. strada : il cammino annuo del sole,
luto dire se fossimo a giugno, tu ve-
: cioè l'eclittica. I). vuol dire che l'eclit-
dresti il sole anche più lontano da te a tica va da un fianco al monte del Pur-
sinistra» ; Andr. gatorio (a costui, v. 73), e dal fianco
AL: veder est i. -rubeccliio
64. vedresti: : opposto al monte Sion (a colui, v. 74).
rosseggiante (lat. rubeus) cfr. Virg., ; E difatto l'annuo cammino del sole, va
Georg. I, 234 sg. Così i più. Altri dicono per noi da sinistra a destra, e pei nostri
che qui rubeccliio è sostantivo e signi- antipodi da destra a sinistra, come pro-
fica rota dentata di mulino sicché Zo- ; cedono appunto i segni dello Zodiaco ;

diaco rubecchio significherebbe ruota zo- cfr. Della Valle, Senso. 43.
diacale. 72. mal per lui, cfr. Inf. IX, 54. Ho-
:

66. cammin : l'eclittica, suo corso abi- rat., Od. IV, vi, 14. Al.: che mai non;
tuale. che male seppe, lezioni che si devono al-
67. Come ecc.: J). vuol qui mostrare l'ignoranza dei copisti cfr. Moore, Crit.,
;

perchè nel Purg. si vegg-a procedere 376 sg. - carreggiar percorrere col carro
:

il sole a sinistra, dalla parte di setten- di suo padre, il Sole. - Fetòn circa l'ac- :

trione, mentre a Sion o a Gerusalem- centazione di Sion, Fetòn, orizzòn, si ri-


me si vede procedere a destra; verso cordi ch'era regola per la gramm. lat.
mezzodì. Dice dunque che questi due del M. E. che «tutti i nomi greci che al-

23. Div. Gommi., 8 a ediz.


351 [antip. balzo 1] PuRG. iv. 73-85 [il sole al nord]

73 vedrai come a costui convien che vada


dall' un, quando a colui dall'altro fianco,
se l' intelletto tuo ben chiaro bada. »
76 « Certo, maestro mio » diss'io, « onquanco
non vid' io chiaro sì coni' io discerno,
là dove mio ingegno parea manco,
79 che il mezzo cerchio del moto superno,
che si chiama Equatore in alcun' arte
e che sempre riman tra il sole e il verno,
82 per la ragion che di', quinci si parte
verso settentrion, quanto gli Ebrei
vedevan lui verso la calda parte.
85 Ma se a te piace, volenti er saprei

lungano nel latino, o per natura o per verno è nei nostri climi, il Sole si trova
posizione, la penultima sillaba dei casi di là dall' Equatore nel Tropico di Ca-
obliqui, avessero il nominativo ossi to- pricorno, o vicino a questo Tropico on- ;

no » Parodi, Bull. Ili, 106. Per la fa-


; de l'Equatore rimane tra il Sole e noi,
vola di Fetonte cfr. Inf. XVII, 107 sg. che abbiamo l' inverno. Se poi l'inverno

73. a costui: a questo monte. è ai nostri antipodi, il Sole si trova di


74. a colui al monte di Sion, o a Ge-
: qua dall' Equatore nel Tropico del Can-
rusalemme. cro, o presso a questo Tropico
'
onde ;

75. ben chiaro bada: sta attento in 1'Equatore rimane ancora tra il Sole e
modo da veder chiaramente tutto ciò. i nostri antipodi o anteci, che hanno
76. unquanco: mai sino ad ora; cfr. l'inverno. Cfr. Della Valle, Senso, 45 sg.
Parodi in Bull. Ili, 133. 82. per la ragion perchè il monte del
:

77-78. non yid'io ecc. sinora non in- : Purg. è antipode a Sion, v. 68 sgg. -
tesi mai così chiaramente cosa che prima quinci da questo monte. - parte scosta.
: :

mi paresse oltrepassare i limiti della mia 83. quanto :Al. quando. Con quanto
:

capacità mentale, come ora per i tuoi in- si viene a dire che gli Ebrei, allorché
segnamenti comprendo che 1' equatore è erano in Palestina, vedevano verso il
tanto distante, nella direzione del nord, Sud (la calda parte) l'Equatore lontano
dal Purg. quanto è da Sion, o Gerusa- tanto da loro, quanto è lontano, nella
lemme, nella direzione del sud. - man- direzione del nord, dal Purg. Si deter-
co: manchevole, insufficiente. mina così la precisa posizione dell' Equa-
79. mezzo cerchio Circulus medius
: : tore rispetto ai due luoghi antipodi. Con
4
mezzo cerchio in senso di equatore
'
la lez. quando D. non verrebbe a dire
occorre 2 volte anche in Conv. Ili, 5. - se non che l'Equatore si allontana dal
del moto superno del più alto (1' 8°) dei
: Purg. verso nord, mentre (= quando)
cieli che girano; del cielo stellato. gli Ebrei lo vedevano dalla parte di sud.
80. arte astronomia. « È da sapere
:
V. 85-96. Natura del sacro monte»
che ciascuno cielo, di sotto del Cristal- D. desidera di sapere quanto dovranno
lino, ha due poli fermi quanto a sé e lo ; ancora salire, essendo il monte tanto al-
nono gli ha fermi e fissi e non mutabili, to, che l'occhio suo non riesce a scor-
secondo alcuno rispetto e ciascuno, sì ; gerne la vetta, V. gli risponde che la
lo nono come gli altri, hanno un cer- montagna è tale, che il salire è faticoso
chio, che si puote chiamare equatore da principio, ma si fa poi via via sem-
del suo cielo proprio il quale egual-
; pre più facile. Sulle prime il salire è
mente in ciascuna parte della sua ri- grave, perchè l'anima è ancora aggra-
voluzione è rimoto dall'un polo e dal- vata dal peso delle sue colpe « Iniqui-:

l'altro, come può sensibilmente vedere tates mese supergressae sunt caput me-
chi volge un pomo, od altra cosa ton- um; et sicut onus grave gravata© sunt
da »; Conv. II, 4. super me »; Psal. XXXVII, 5. Ma a
81. sempre riman ecc.: Infatti, se l'in- misura che l' anima va di balzo in balzo
AN TIP. BALZO l] PURG. IV. 86-103 [IL SACRO MONTE] 355

quanto avemo ad andar; chò'l poggio sale


più che salir non posson gli occhi miei. »
Ed elli a me: « Questa montagna è tale,
che sempre al cominciar di sotto è grave ;
e quant' più va su, e men fa male.
uom
ni Però, quand'ella ti parrà soave,
tanto che su andar ti fi a leggiero
come a seconda giuso andar per nave,
04 allor sarai al fin d'esto sentiero.
Quivi di riposar l'affanno aspetta:
più non rispondo, e questo so per vero. »
M E com'egli ebbe sua parola detta,
una voce di presso sonò
« Forse' :

che di sedere in prima avrai distretta » !

100 Al suon di lei ciascun di noi si torse,


e vedemmo a mancina un gran petrone,
del qual né io nò ei prima s' accorse.
103 Là ci traemmo ed ; ivi eran persone
purificandosi e sgravandosi delle colpe, dormire. Ora l'Auttore fu forte suo di-
il cammino si fa sempre più agevole. mestico molto il riprendea di questa sua
:

87. più cfr. v. 40. « Visus non pote-


: nigligenza; onde un dì, riprendendolo,
rat attingere cacumen montis, quod ©rat Belacqua rispose colle parole d'Aristo-
contiguum ccelo et talis est recte virtus
; tile :Sedendo et quiescendo anima ejjì-
'

quae tendit ad ccelum » Benv. ; citur sapiens. Di che l'Auttore gli ri-
'

90. fa male: affatica, dà molestia. spose Per certo, se per sedere si diven-
: •

91-92. soave ecc.: piacevole, dolce, sic- ta savio, niuno fu mai più savio di te. » '

ché il salire non ti costerà più alcuna Il Postili. Cass. dice che fu pigiassimo
fatica. Cfr. Par. I, 97-141. « in operibus mundi sicut in operibus ani-
93. aseconda: nel senso della corrente. ma3. » Benv. aggiunge che Belacqua « cum
95. riposar ecc.: riposarti dall'affanno magna cura sculpebat et incidebat colla
cagionato dal faticoso salire. et capita cithararum, et aliquando etiam
96. più perchè « io per me più oltre
: pulsabat. Ideo Dantes familiariter nove-
non discerno»; Purg. XXVII, 129. rat eum, quia delectatus est in sono ».
V. 97-126. Belacqua. Appena V. ha Il De Benedetti con documenti archivi-
finito la sua dichiarazione circa la na- stici ha potuto con molta probabilità
tura della montagna, s'ode a sinistra una identificare Belacqua con un tal Duccio
voce. Si volgono, e, veduto un gran pe- di Bonavia, fiorentino del popolo di San
trone nel punto di dove parca venuta Procolo, marito di una certa Lapa, vivo
la voce, vanno fin presso ad esso. Tra ancora il 2 luglio 1299; Bull. XIII,
una compagnia di negligenti, raccolti al- 252 sgg.
l'ombra dietro al petrone, sta Belacqua, 99. in prima avanti di arrivare lassù,
:

pigro nel mondo di là, come era stato dove riposerai il corpo stanco. - di-
nel mondo di qua. Di costui Lan. e Ott. stretta: necessità. Già in queste prime
non sanno nulla. An. Fior. « Questo : parole di Belacqua il tono è evidente-
Belacqua fu uno cittadino di Firenze, mente ironico.
artefice, et facea cotai colli di liuti e di 101. a mancina: a
sinistra.
chitarre, et era il più pigro uomo che 102. prima: di udir quella voce. Il petro-
l'osse mai; et si dice di lui, ch'egli ve- ne, ogran masso, era lì vicino; ma D. e
nia la mattina a bottega, et j)onevasi a V. non se n'erano accorti, perchè, arri-
sedere, et mai non si levava se non vati lassù, si erano volti a levante.
quando egli voleva ire a desinare et a 103. persone: anime di negligenti che
356 [anth\ balzo iJ Pukg. iv. 104-122 [BELACQUA]

chi' sistavano all'ombra dietro al sasso,


coinè V noni per negghienza star si pone; ;i

10G e un (li lor, <*be mi sembiava lasso,


sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo il viso giù fera esse basso.
109 « dolce signor mio » diss' io, « adocchia
colui che mostra sé più negligente
che se pigrizia fosse sua scrocchia. »
112 Allor si volse a noi, e puose mente,
movendo il viso pur su per la coscia,
e disse: « Or va' tu su, che se' valente! »
115 Conobbi allor chi era e quell' angoscia ;

che m'avacciava un poco ancor la lena,


non m' impedì 1' andare a lui e poscia ;

118 eh' a lui fui giunto, alzò la testa appena,


dicendo « Hai ben veduto come il sole
:

dall'omero sinistro il carro mena?»


121 Gli atti suoi pigri e le corte parole
mosson le labbra mie un poco a riso ;

differirono il pentimento di loro colpe 115. allor : dalla voce.


agli estremi della vita. 116. avacciava ecc.: m'affrettava an-
105. come l'uom: sedute o stese a ter- cora un poco il respiro. A vacuare, verbo
ra in pose e atteggiamenti d'abbandono participiale da abigere, abactus, abactia-
e noncuranza, che ben attestavano il loro re, vive tuttora in quel di Chianciano.
carattere di pigìi e negligenti. - neg- Cfr. Inf. X, 116 e XXXIII, 106 Purg. ;

ghienza, forma in antico usitata invece VI, 27. - lena respiro.


:

118. alzò la testa: prima aveva volti


'
di negligenza.
'

106. lasso stanco la stanchezza è de-


: ;
in su solo gli occhi ora si dà la pena,
;

notata soprattutto da ciò ch'è rilevato grande per un pari suo, d' alzare un po'
nel v. 108. tutto il capo. Sempre lo stesso poltrone !

108. giù: chino a terra tra le ginocchia. 119. Hai ecc. Belacqua continua il
:

111. scrocchia o sirocchia, sorella (lat.


: parlare ironico, deridendo D. Che non
sororcula), anticamente voce dell'uso. ha capito subito perchè il sole lo fe-
112. puose mente: fece attenzione a noi. risse a sinistra. « Sicut ad faciem causa
113. maTondo ecc.: volgendo appena gli non pertingentes, novum effectum com-
occhi su per la coscia, senza pur pren- muniter admiramur, sic, quum causain
dersi la fatica di levare il capo. « Belac- cognoscimus, eos qui sunt in admira-
qua è la creatura più. umana, più vera di tione restantes, quadam derisione despi-
tutto il Purg. [è un po' troppo!'], come ò 1
cimus»; De Mon. II, 1.
la più comica. Egli scherza in modo sì 121. atti: accennati più sopra, v. 106
amichevole e sincero, che D. è il primo a sgg., 113, 118. - corte non una più del
:

riderne è lo scherzo proprio dell' indole


; necessario.
di Belacqua che non ha voglia che di uc- 122. un poco: « qual conveniva alla
cidere il tempo col dolce far niente »; gravità del loco e delle circostanze, e
A. Rondarli. alla serietà del filosofo, e massime di
114. Ta' tu su. « Come bene esprimono D. Sino a tal segno potè D. dar campo
tutti questi monosillabi la somma pol- al ridicolo, ma non più »; Gioberti. ~
troneria di Belacqua » Betti. - valen- ! ;
« Fatuus in risu exaltat vocem suam ;
te : non fratello di pigrizia, come me ! vir autem sapiens vix tacite ridebit»;
Ironia sottile, ma bonaria. Eccles, XXI, 23.
NTIP. BALZO
un 1] Puro. iv. 123-139 [belacqua] 357

poi cominciai : « Belacqua, a me non duole


di te ornai ; ma dimmi perchè assiso
:

quiritta se'? Attendi tu iscorta,


o pur lo modo usato t' ha ripriso^ »
Ed elli « Frate, l'andar su che porta?
:

che non mi lascerebbe ire a' martìri


l' uccel di Dio che siede in su la porta.

L30 Prima convien che tanto il ciel m' aggiri


di fuor da essa, quanto fece in vita,
perch' io indugiai al fine i buon sospiri,
33 se orazione in prima non m' aita,
che surga su di cor che in grazia viva:
l'altra che vai che 'n ciel non è udita? »
.36 E già poeta innanzi mi saliva,
il

e dicea: « Vienne ornai vedi ch'è tocco :

meridian dal sole, e alla riva


39 cuopre la Notte già col pie Morrocco ».

124. oiuai: sapendoti salvo. buoni sospiri, quelli del pentimento, sino
125. quiritta: appunto qui; cfr. Purg. agli estremi della mia vita.
CVII, 86. 133. orazione: dei viventi; cfr. Purg.
126. usato nel mondo la tua vecchia
: ; Ili, 140 sgg.
joltroneria. - t'ha Al.: t'hai. - ripriso
: : 134. in grazia: nella grazia di Dio;
ipreso. Ti ha la pigrizia ripreso dacca- cfr. Epist. lacob. V, 16 : « Multum va-
>o, come ti ebbe nel mondo? let deprecatio justi ».
V. 127-139. I negligenti del primo 135. udita ascoltata, quindi esaudita.
:

ìdlzo. All'ultima dimanda di D., Be- « Scimus autem quia peccatores Deus
acqua risponde che tentar di salire il non audit, sed si qui Dei cultor est et
nonte nulla gli gioverebbe, dovendo i voiuntatem eius facit, hunc exaudit»;
tegligenti restare nell'Antipurg., prima Giov. IX, 31. Cfr. Giobbe XXVII, 9;
li passare alle pene purganti, per un XXXV, 13. Psalm. LXV, 18. Prov. XV,
empo uguale a quello passato nel mon- 29; XXVIII, 9. Isaia I, 15.
lo, se i suffragi dei vivi non abbreviino 137-139. Vienne: Al.: Vieni. -è tocco:
oro questo periodo d' aspettazione. « Annunziandosi con queste parole es-
127. Frate: fratello. - porta: giova. ser già l'ora del mezzogiorno, segue che
128. a' martìri : alle pene dei 7 cerchi. tutto quell'emisfero era rischiarato dai
129. uccel: l'angelo portiere, cfr.
l' raggi del sole; e però su tutto l'oppo-
\irg. IX, 78 sgg. Uccel o Augel hanno sto, che è quello di Gerusalemme, re-
lolla gran maggioranza dei codd. An. gnava la notte. Questa adunque aveva
?ior., Buti, Land., Teli., ecc. JSenv. e steso i suoi passi fino agli estremi con-
bltri, con pochi codd.: Pan gel. Dicono fini a occidente, segnati qui col regno
:he sedere non sia atto di uccello ma ; o città di Marocco, che occupava una
edere ha qui, come altrove, il senso di delle parti più occidentali di terra fer-
stare, avere il suo posto '. - porta: per ma, allora conosciute » Antonelli. -
;

a quale entra nel vero Purg.


si alla riva ecc.: è giunta alla riva oceanica
130-131. m'aggiri: giri intorno a me del Marocco, cioè ali' estremo limite oc-
lui, nell'Antipurg., tanto tempo, quanto cidentale della terra abitata. - Morrocco :

ni girò intorno mentre vissi. così, e anche Monrocco, fu in antico chia-


132. perch'io: perchè io indugiai i mato il Marocco : cfr. Inf. XXVI, 104.
358 [ANUP. BALZO 2J PURG. v. I-li [partenza]

CANTO QUINTO

ANTIPURGATORIO
BALZO SECONDO : NEGHITTOSI MORTI VIOLENTEMENTE

DUE MESSAGGERI, IACOPO DEL CASSERO


BUONCONTE DA MONTEFELTRO, PIA DE TOLOMEI 7

Io era già ombre partito,


da quell'
e seguitava l'orme del mio duca,
quando diretro a me, drizzando il dito,
uua gridò « Ve' che non par che luca
:

lo raggio da sinistra a quel dì sotto,


e come vivo par che si conduca » !

Gli occhi rivolsi al suon di questo motto,


e vidile guardar per maraviglia
pur me, pur me e il lume ch'era rotto.
10 « Perchè l' animo tuo tanto s' impiglia »
disse il maestro, « che l'andare allenti
che ti fa ciò che quivi si pispigliai
13 Vien dietro a me, e lascia dir le genti :

sta' come torre ferma, che non crolla

V. 1-21. Partenza dai negligenti. JSuti. - « Par che si muova in modo come
Mentre i allontanano da Belacqua
P. s' se vivo fosse dando, a cagion d' esem-
;

e da' suoi compagni, uno di questi si ac- pio, segno di gravezza col rumore che nel
corge, dall' ombra che la porsona di D. camminare facevano i piedi percotendo
produce, essere questi vivo, e ne esprime il suolo, diversamente da quello faces-
ad alta voce la sua maraviglia. D. si sero le ombre » ; Lomb.
volta indietro a guardare di che V. gli ; 8. vidile : vidi quelle ombre dalle quali
fa rimprovero, ed egli arrossisce. Cfr. eravamo già partiti.
Gerì. XIX, 17, 26. Lue. XVII, 32. 9.pur me, pur me ecc. soltanto me :

1. ombre dei negligenti del 1° balzo.


: e l'ombra che faceva la persona mia
3. drizzando verso di me additan-
: ; rompendo il lume del sole.
domi alle altre ombre che erano con lei. 10. s'impiglia: s'impaccia, ossia si
4. Ve' ecc. vedi che il corpo di quel
: preoccupa e turba di ciò ch'altri dice
di sotto getta ombra. di te.
da sinistra: avendo il sole a destra;
5. 12. che
ti fa ecc. che importa a te :

cfr. Purg. IV, 52 sg. - di sotto salivano : ;


di quel che bisbiglian costoro?
e V. era più in su di I). che lo seguiva. 14. forma: « La contemplazione e '1 con-
6. si conduca « Però che '1 corpo di
: versare in cielo.... fatti colonna immo-
Dante faceva ombra; ma lo corpo di bile e monte fermissimo » Fra Giord., ;

Virgilio, che era aereo, non faceva om- Preci., ed. Manni, p. 28 « E' sono come
bra, et in ciò apparea che era morto » ;
monti fermi immobili quelli che si con-
[ANTIP. BALZO 2] PURG. V. 15-29 [SCHIERA D ANIME] ?
359

giammai la cima per soffiar de' venti ;


ì
16 che sempre 1' uomo in cui pensier rampolla
sovra pensier, da sé dilunga il segno,
perchè la foga l' un dell' altro insolla. »
19 Che potea io ridir, se non '
Io vegno '
?

Dissilo, alquanto del color consperso


che fa l'uom di perdon talvolta degno.
E 'ntanto per la costa di traverso
venivan genti innanzi a noi un poco,
cantando « Miserere » a verso a verso.
25 Quando s'accorser ch'io non dava loco
per lo mio corpo al trapassar de' raggi,
mutar lor canto in un Oh lungo e roco '
!
'
;

25 e due di loro, in forma di messaggi,


corsero incontro a noi e dimandarne :

fidano in Dio»; id.,ib.,p. 111. «Gli amici Due messaggeri. Ecco, po-
V. 22-42.
di Dio stanno fermi come monti e come una gente che procede cantando
co oltre,
colonna fermissima»; id., ib., p. 22. un salmo penitenziale. Sono anime di
« nie velut rupes, vastum quse prodit persone morte violentemente e pentitesi
in sequor, Obvia ventorum furiis expo- solo in punto di morte, escluse anch'esse
staque ponto, Vim cunctam atque minas dal vero Purg. per un certo tempo. Dal-
peri'ert caelique marisque, Ipsa immota l'ombra ch'egli fa, argomentano pur
nianens»; Virg., Aen., X, 693 sgg. - esse che D. è vivo; e, lasciato il can-
« Quemadmodum proiecti in altum sco- tare, prorompono in un grido di mara-
pali mare frangunt, ita sapientis animus viglia e si fermano, mentre due di essi
solidus est » Senec, De Oonst. 3. - « Il
;
corrono a mo' di messi incontro ai P.
cominciamento del canto è tirato un po'al- per chieder loro chi siano. V. risponde ai
la lunga, per farsi da Virgilio consigliare due anime che
di tornare e dire alle altre
la noncuranza delle dicerie » Tom. ; D. è ancora vivo; messi ritornano e i

16. rampolla: sorge, germoglia; cfr. velocissimi ai loro compagni.


Par. IV, 130 sgg. 22. di traverso: in direzione trasver-
17. da se dilunga il segno: viene ad sale a quella di D. e V. che salgono.
allontanar da sé, sviandosi dietro nuovi 23. genti cfr. v. 52 sgg. Quanto tempo
:

pensieri, primo une propostosi.


il costoro debbano aspettare prima di es-
18. perchè ecc.: costr.: perchè la foga sere ammessi nel Purg., il P. non dice.
dell'altro [del 2° pensiero] insolla l'uno Ma poiché hanno, come quelli del 1° bal-
[il 1° pensiero] - foga propriamente im-
. : zo, aspettato a pentirsi all' ultima ora,
peto ;
qui per forza, attività. - insolla : dovranno probabilmente anch' essi re-
indebolisce; cfr. Inf. XVI, 28. Purg. star fuori del Purg. tanto tempo quanto
XXVII, 40 e Parodi, Bull. Ili, 152. vissero.
20. color rossore segno di vergogna.
: ; il Salmo L che incomin-
24. Misererò:
21. talyolta non sempre. «Secondo che
: cia Hiserere mei, Deus, secundum ma-
:

vuole il Filosofo nel quarto dell'Etica, gnami misericordiam tuam. - a verso a


1
vergogna non è laudabile né sta bene verso: a versetti alternati, « come can-
ne' vecchi, né negli uomini studiosi '
: tano li chierici in coro » Buti. ;

perchè a loro si conviene di guardare da 25-26. non dava loco ecc.: impedivo il
quelle cose che a vergogna gli inducono. passaggio de' raggi solari attraverso al
Alli giovani e alle donne non è tanto ri- mio corpo.
chiesto.... Buono
e ottimo segno di no- 27. roco: la sorpresa, come ogni af-
biltà è nelli pargoli e imperfetti d'etade, fetto subitaneo, suole alterare la voce.
quando, dopo il fallo, nel viso loro ver- 28. a due la scena rammenta quella
:

gogna si dipigne » Conv. IV, 19. ; dei Centauri, Inf. XII, 58 sgg,
360 [ANTIP. BALZO 2] PURG. V. 30-48 [DUE MESSAGGERI]

« Di vostra condizion falene saggi >>.

31 E *ì mio maestro: «Voi potete andarne


e ritrarre a color che vi mandavo
clic il corpo di costui è vera carne.
31 Se per veder la sua ombra restaro,
com'io avviso, assai è lor risposto:
i'aeciangli onore, ed esser può lor caro. »
37 Vapori accesi non vid' io sì tosto
prima notte mai fender sereno,
di
ne, sol calando, nuvole d' agosto,
40 che color non fcornasser suso in meno ;

e giunti là, con gli altri a noi diér volta,


come schiera che scorre sanza freno.
43 « Questa gente che preme a noi è molta,
e vegnonti a pregar » disse il poeta ;

« però pur va' e in andando ascolta. » ,

40 « anima che vai per esser lieta


con quelle membra con le quai nascesti »
venian gridando, « un poco il passo queta !

30. saggi: consapevoli. tri diversamente, cambiando anche la


32. ritrarre: riferire; Inf. II, 6; IV 145. lampo nò solcar lampo uè
lez. (ne solca ; ;

34-35. Se ecc. : se, come penso, si sono sol calando le nuvole, ecc.) ma non se
;

fermati per aver veduto che questi fa ne vede la necessità o l'opportunità,


ombra, basterà loro sapere eh' egli è an- quando s'interpreti come s'è ora veduto.
cor vivo. 40. in meno: in più breve tempo.
36. caro potendo egli, ritornatovi, ri-
: 41. diér volta: tornarono indietro di
cordarli nel mondo e procurar loro gli corsa verso di noi insieme co' loro com-
efficaci suffragi de' viventi cfr. Purg. ; pagni: tanto queste anime bramano di
Ili, 140 sgg. IV, 133, ecc.
; procacciarsi i suffragi de' viventi !

37. Vapori accesi ecc.: sia le così dette 42. scorre: Al.: corre. - sanza fieno:
stelle cadenti, sia i frequenti e silenziosi quanto mai può correre.
lampeggiamenti in seno alle nuvole sul V. 43-63. Schiera di anime. V. fa
tramonto di calda giornata estiva, si cre- notare a D., che tutte quelle anime ven-
deva che provenissero ugualmente da ac- gono a pregarlo di suffragi; e poiché
censione di vapori, sicché l'espressione essi perderebbero troppo tempo, ferman-
vapori accesi può esprimere ambi i fe- dosi ad ascoltarle, lo ammonisce di con-
nomeni; v. Ristoro d'Arezzo, Lib. II, tinuare il cammino e ascoltarle andando.
sez. VII, cap. 2 e 5, e cfr. Yirg., Georg. Le anime, dopo aver invano pregato D.
I, 365 sg. Brunetto Lat., Tris. II, 37. di fermarsi, manifestano la loro condi-
Il P. per dipingere la velocità con che i zione, pregando il P. di guardare se ne
due messaggi tornarono a riferire ai loro conosce alcuna, di cui riportar novelle
compagni la novità udita, dice Corsero : nel mondo. D. non ne riconosce alcuna,
veloci più che baleni e che stelle cadenti. ma promette di far ciò di che lo preghe-
38. di prima notte sul cominciar della
: ranno.
notte; espressione ancora viva in To- 43-45. preme: fa pressa per arrivare a
scana. - sereno il cielo sereno.
: noi. - pur va' :seguita a camminare.
39. uè ecc.: e non vidi mai vapori ac- 46. per esser lieta per purificarti e sa-
:

ceài, cioè lampi, fendere così presta- lire poi dov' è letizia vera.
mente nuvole nel mese di agosto sul 47. membra: corporee; in carne ed ossa.
far della sera, mentre il sole cala. - Al- 48. il passo queta: fermati.
ANTIP. BALZO 2] PURG. V. 49-64 [SCHIERA DI ANIME] 361

49 se alcun di noi unque vedesti


Guarda
sì che di lui di là novelle porti :

deh, perchè vai? deh, perchè non t'arresti


Noi fummo tutti già per forza morti,
e peccatori infìno all' ulti ni' ora :

quivi lume del ciel ne fece accorti,


55 sì che, pentendo e perdonando, fora
di vita uscimmo a Dio pacificati,
che del disio di sé veder n' accora. »
58 E io « Perchè ne' vostri visi guati,
:

non riconosco alcun ; ma se a voi piace


cosa ch'io possa, spiriti ben nati,
61 voi dite, e io farò per quella pace
che, dietro ai piedi di sì fatta guida,
di mondo in mondo cercar mi si face. »
64 E uno incominciò : « Ciascun si fida

49. inique: mai; cfr. Purg. Ili, 105. Par. Paradiso (dov'è vita intera di amore e
Vili, 29. - vedesti in prima vita. : di pace, Par. XXX, 102) che io vo cer-
51. deh, perchè ecc.: Seguendo il con- cando di mondo in mondo sotto la scor-
siglio di V., D. non si ferma a dar udien- ta di siffatta guida (Virgilio).
za alle anime, ma le ascolta camminan- V. 64-84. Iacopo del Cassero da Fa-
do. Perciò quelle gridano: Deh, ecc., mo- no. Udito l'invito e la promessa di D.,
strando quanto grande sia il loro desi- quelle anime lo pregano a gara di ri-
derio di parlargli e raccomandarglisi. cordarle su nel mondo e di procacciar
52. per forza morti: uccisi violente- loro suffragi, manifestandosi e raccon-
mente, come meglio si vedrà in seguito ;
tando della loro vita e morte. Parla per
cfr. Inf. XI, 34. primo il fanese Iacopo, dell'antica fa-

54. quivi ecc.: al momento


della morte miglia del Cassero o Cassaro (cfr. Amia-
la grazia illuminante ci trasse a pentirci. ni, Memor. Istor. di Fano I, 232K figlio
« Videntur dicere tacite Deus non reie- : di TJguccione, potestà di Macerata nel
cit nos precantes in extremo, et tu non 1268 e nepote di Martino del Cassero,
videris dignari velie videre vel audire professore di leggi e reggitore delle
nos »; Benv. scuole di Arezzo nel 1255, uno de' più
55. perdonando ai nostri offensori
: : celebri giureconsulti de' suoi tempi (cfr.
« Si enim dimiseritis hominibus peccata Tiraboschi, Lett. Ital., Ili, 279). Iacopo
eorum, dimittet et vobis pater vester si trovò nel 1288 tra i Guelfi delle Mar-
ccelestis delieta vestra » Matt. VI, 14. -, che venuti in soccorso de' Fiorentini con-
56. pacificati riconciliati con Dio.
: tro Arezzo (cfr. G. Vili., VII, 120), e
57. n'accora: ci tormenta dolorosamen- nel 1296-97 fu potestà di Bologna, dove,
te col desiderio ardente, ma per ora inap- sparlandone e combattendone le ambi-
pagabile, di vederlo, di fruire di quella zioni, s' inimicò Azzo Vili da Este,
visione eh' è somma perfezione e sommo marchese di Ferrara. Chiamato nel 1298
anima mea ad Deum
diletto. « Sitivi t podestà a Milano da Maffeo Visconti,
fortem vivxim quando veniam et appa-
: per non aver a .toccare il territorio del-
rebo ante faciem Dei? »; Psal. XLI, 3. l'Estense, andò per mare fino a Venezia,
58. Perchè ecc. per quanto io guardi
: e di là si avviò guardingo alla volta di
con attenzione ne' vostri visi. Milano per il territorio padovano. Ma
60. ben nati: essendo in luogo di sal- quivi fu assalito, accoltellato e morto
vazione; cfr. Par. Ili, 37; V, 115. ad Oriago sulle rive del Brenta da sgher-
61-63. dite ecc. ditemelo e vi promet-
: ri di Azzo Vili, assistito nel tradimento
to che lo farò per quella beatitudine del da Riccardo da Camino e da Geraldo,
362 [antip. balzo 2] Purg. v. 65-80 [IAC. DEL CASSERO

del benefìcio tuo san za giurarlo,


pur clic il voler nonpossa non ricicla.
«7
Olld'io, che solo innanzi agli altri parlo,
ti priegp, se mai vedi quel paese
clic siede tra Romagna e quel di Carlo,
70 che tu mi sic de' tuoi prieghi cortese
in Fano, sì che ben per me s'adori,
peìrch' io possa purgai- le gravi offese.
73 Quindi fu' io; ma li profondi fori
ond' uscì 'I sangue in sul qual io sedea,
fatti mi furo in grembo agli Antenori,
là dov' io più sicuro esser credea :

quel da Esti il fé' far, che ni' avea in ira


assai più là che dritto non volea.
79 Ma s' io fossi fuggito invér la Mira,
quando fui sopraggiunto ad Oriago,

signore di Trevigi (cfr. Trist. Calchi, 76. là dov' io: dov' io mi credeva spe-
Mediol. Ùist. XVIII, 401). Il suo corpo, cialmente sicuro, « quia inter Venetias
portato a Fano, fu sepolto nella chiesa et Paduam.... ubi solet iter esse tutis-
di S. Domenico, dove si legge tuttora la simum » (Benv.) ed anche « per la po-
;

lunga iscrizione sepolcrale per lui. Cfr. tenzia de' Padovani » (Buti), e per es-
Del Lungo, D. ne' tempi di D., 423 sgg. sere lontano dal territorio di Azzo.
e L. Rocca in Lect. Uantis, p. 16 sgg. 77. Quel: Azzo Vili, figlio di Obiz-
65. del beneficio tuo beneficio de' suf- : zo II da Este (qui Usti come in G. Vili.
fragi che tu ci procurerai. - ganza giurar- IX, 85, 212, 275, 325 X, 19, ecc.), signo-
;

lo: anche senza giuramento per parte tua. re di Ferrara, Modena e Reggio, morto
66. nonpossa difetto di potere
: così ;
nel 1308. Cfr. Inf. XII, 112. Purg. XX,
noncuranza, e nonusanza, ecc. - ricida : 80. Vulg. JEloq. I, 12; II, 6.
tronchi, renda inefficace la buona volon- 78. assai più là ecc. oltre i limiti del
:

tà: «Velie adi acetmihi; perficere autem giusto. L'odio non era del tutto imme-
bonum non invenio »; Boni. VII, 18. ritato,perchè Iacopo aveva sparlato di
68. paese la Marca anconitana posta
: Azzo con eccessiva licenza, accusandolo
tra la Romagna e il regno di Napoli, pubblicamente di tradimento e fors' an-
governato nel 1300 da Carlo II d' Angiò. che di parricidio, nell'intento di abbat-
71. ben per me s'adori: si preghi per terlo nell' opinione dei Bolognesi cfr. :

me bene, cioè da anime che siano in ciò che dice in proposito il Lana.
grazia di Dio cfr. Purg. IV, 133 sgg.
; 79. Mira borgo tra Padova e Oriago
:

73. Quindi da Fano. - profondi fori


: : sulle d' un canale eh' esce dalla
rive
ferite mortali. Brenta. Ai tempi di D. apparteneva ai
74. sedea: nel qual sangue io, anima, Padovani, che fin d' allora avevano mol-
aveva la mia sede. « Anima enim omnis te villeggiature e castelli nelle sue vici-
carnis in sanguine est»; Levit. VII, 14. nanze; cfr. Bass., 452-3.
75. in grembo ecc. nel territorio di: 80. Oriago villaggio tra Padova e
:

Padova, fondata, secondo la tradizione, Venezia dalla parte delle lagune. Fino
da Antenore troiano cfr. TU. Liv. I, 1.
; a questi ultimi anni la strada princi-
Tac. Ann. XVI, 21. Pompeo Mela II, 4. pale che conduce a Venezia, passava
« Par quasi che D. voglia qui accusare i per la Mira vicino ad Oriago, posta fra
Padovani d'essersi intesi proditoriamen- settentrione ed occidente della laguna.
te con Azzo, e che per questo li chiami Iacopo fuggendo dagli assalitori, non
Antenori dal traditore Antenore » Fi- ; tenne la via che doveva; e, impiglia-
lai. Cfr. la n. 70-111 a Inf. XXXII. tosi nelle canne e nel limo, fu soprag-
[ANTIP. BALZO 2] Purg. v. 81-92 [buonconte] 363

ancor sarei di là dove si spira.


Corsi al palude, e le cannucce e il brago
m'impigliar sì, ch'io caddi ;. e lì vid'io
mie vene farsi in terra lago. »
delle
Poi disse un altro « Deh, se quel disio
:

si compia che ti tragge all'alto monte,

con buona pietate aiuta il mio !

SS Io fui di Montefeltro, io son Buon conte :

Giovanna o altri non ha di me cura;


per ch'io vo tra costor con bassa fronte.
91 E io a lui: « Qual forza o qual ventura
ti traviò sì fuor di Campaldino,

giunto ed ucciso. « Et dice che, s' ivi Boncontes respondit: Si veneriti» quo
fosse fuggito, come egli fuggì verso il ego, numquam revertemini. Et sic fuit
padule, ch'egli sarebbe campato, però de facto, quia uterque probiter pugnans
ch'egli era bene accompagnato, et arebbe remansit in campo»; JBenv.
sostenuto tanto, che sarebbe stato atato 85. se particella desiderativa. - disio
: :

da quei della villa» An. Fior.


; di pace, v. 61 sgg.
82. brago-, fango. Circa la palude, cfr. 87. buona piotate con pietà cristiana :

Bass., p. 453. pregando e facendo pregare per me. -


84. lago : « quia sanguis meus totus il mio: il desiderio che ho io di puri-
effluxit ibi » ; JBenv. ficarmi per salire poi in Par.
V. 85-129. Buonconte di Montefel- 88. fui come vivo, cfr. Inf. XXXIII,
:

tro. Un altro spirito prega D. di ricor- 13. - sonperchè la persona rimane, cfr.
:

darlo alla moglie e agli altri congiunti Par. VI, 10. Alcuni codici hanno fui
che di lui si sono scordati. Interrogato Buonconte invece di son Buonconte cfr. ;

poi da D., descrive la propria morte, e Moore, Crit., 379 sg.


la contesa tra un angelo ed un diavolo 89. Giovanna la vedova di Buoncon-
:

per averne l'anima, e narra come il dia- te. «La contessa Giovanna dopo la morte
volo, non avendo potuto aver l'anima, sua mai non mostrò curarsi di lui, né
sfogò la sua rabbia sul corpo. È costui non fece mai volgere prete ad altare » ;

Buonconte, figlio di quel conte Guido An. Fior. - altri: de' miei consangui-
Montefeltro, che D. trovò tra' consi- nei. Il Conte Galassio di Montefeltro fu
glieri fraudolenti; cfr. Inf. XX VII, 67 podestà di Arezzo nel 1290, e Federigo
sgg. Nel 1287 Buonconte ebbe parte alla di Montefeltro, fratello di Buonconte,
cacciata de' Guelfi d'Arezzo, per la quale vi era podestà per l'appunto nel 1300;
si cominciò la guerra tra i Fiorentini e cfr. Murat., Script. XXIV, 862.
gli Aretini; cfr. G. Vili. VII, 115. Nel 90. con bassa fronte: vergognandomi
1288 fu de' capitani che posero l'agguato d'essere negletto da' miei congiunti, co-
ai Senesi nel valico della Pieve del Top- me non sono i miei compagni di qui.
po, dove i Senesi furono sconfitti; cfr. 92. Campaldino: piccola pianura nel
G. Vili. VII, 120. Nel 1289 capitanò i Casentino, tra Poppi e Bibbiena, dove i
Ghibellini d'Arezzo nella loro guerra Ghibellini d'orezzo furono sconfitti dai
contro i Fiorentini e fu ucciso nella bat- Guelfi di Firenze 1' 11 giugno 1289 ;

taglia dì Campaldino 1' 11 giugno 1289 ; cfr. G. Vili. VII, 131. D. poteva cono-
cfr. G. Vili. VII, 131. - « Iuvenis stre- scere assai bene i fatti, avendo» militato
nuissimus armorum, qui in confiictu nell'esercito fiorentino, come nella Vita
Aretinorum apud Bibenam missus a di D. attesta Leonardo Bruni, fondan-
Guillelmino episcopo aretino ad consi- dosi su l' esplicita affermazione conte-
derandum statum hostium, retulit, quod nuta in una epistola di D. eh' egli ebbe
nullo modo erat pugnandum. Tunc epi- soft' occhio. Sui dubbi che altri ha mani-
scopus, velut nimium animosus, dixit: festati in proposito, cfr. Del Lungo, D.
Tu numquam fuisti de domo illa. Cui ne' tempi di D., 133-95. Bass., 101 sgg.
364 (ani IP. BALZO 2) PuBG. v. 93-109 [buon conte].

ohe non seppe mai tua sepoltura? »


si
01 « Oh » rispos' egli, « a pie del Casentino
!

traversa un'acqua e' ha nome l'Archiano,


che sovra l'Ermo nasce in Appennino.
97 Là 've il voeabol suo diventa vano,
arriva' io, forato nella gola,
fuggendo a piede e sanguinando il piano.
100 Quivi perdei la vista, e la parola
nel nome di Maria finii; e quivi
caddi, e rimase la mia carne sola.
103 Io dirò vero, e tu il ridi' tra i vivi :

l'angel di Dio mi prese, e quel d'Inferno


gridava O tu del ciel, perchè mi privi 9
:
i

106 Tu te ne porti di costui l'eterno


per una lagrimetta che '1 mi toglie;
ma io farò dell' altro altro governo !
'

109 Ben sai come nell' aere si raccoglie

93. sepultura « mai non si seppe dove


: per farci sapere quale fu l' ultima pa-
fosse arrivato, però che mai non si trovò rola, e, per farcelo sapere, usasse il ver-
il corpo suo »; An. Fior. Come per il con- bo finii, ch'esprime ciò che è detto poi
te Ugolino al silenzio della storia suppli- con la frase «rimase la mia carne sola ».
sce mirabilmente la fantasia del poeta. 103. ridi': « ad exhortationem omnium,
94. Casentino: Olusentinum, territorio ut numquam desperent, licetfuerintpec-
del Valdarno di sopra nell'Appennino, catores usque ad mortem et habeant spem
fra il torrente Duccaria e l'Arno; cfr. in Maria » (B&nv.) e anche aftinché si
;

Inf. XXX, Purg. XIV, 43. 65. sappia cho io uscii di vita pacificato con
95. acqua fiume per metonimia. -
:
;
Dio, e si preghi per me.
Àrchiano oggi Ar chiana, fiume che for-
: 104. quel: l'angelo d'Inferno, il de-
ma il confine tra Casentino e Bibbiena. monio. Un contrasto consimile si ha in
Circa l'esattezza dell'espressione traver- Inf. XXVII, 112 sgg. per l'anima del pa-
sa cfr. le osservazioni del Pass., p. 102. dre di Buonconte. Una tenzone tra l'ar-
96. Ermo: è l'Eremo o convento di cangelo Michele ed il diavolo per il cor-
Camaldoli, fondato da S. Romualdo sul po di Mosè è accennata in Ep. di Giuda,
principio del secolo XI in un luogo ele- v. 9. Le leggende del M. E. son ricche di
vato e boscoso presso il giogo della Fal- simili contrasti, i quali ordinariamente
terona; cfr. Par. XXII, 49. si svolgono intorno al possesso dell' ani-
97. Là 've « a circa due miglia e mez-
: ma, di rado intorno a quello del corpo.
zo da Campaldino, dove vien meno il 105-107. del elei AL: dal ciel. - mi pri-
:

nome (voeabol) di Àrchiano, perchè le vi : dell' anima


di costui, la quale, es-
sue acque entrano nell'Arno. sendo immortale, è la parte eterna del-
100-102. Quivi ecc. nella detta con- : l' uomo. - per una lagrimetta: da par
fluenza dell' Àrchiano nell'Arno, non ci suo parla della conversione agli estremi
vidi più, e finii il mio parlare invocando con dileggio. Anche nelle leggende del
Maria là io caddi e il mio corpo rimase
; M. E. occorre sovente il concetto, che
abbandonato dall'anima. Altri punteg- l' uomo consegue l'eterna salute con una

giano Quivi perdei la vista e la pa-


:
'
lagrima di penitenza, o raccomandan-
rola; |
Nel nome di Maria finii.... '
inter- dosi, mentre muore, a Dio o alla Vergi-
pretando Quivi perdetti i sensi e la fa-
: ne; concetto tolto da Luca XXIII, 42-43.
vella: morii invocando Maria. Ma sa- 108. dell'altro del resto, cioè del cor-
:

rebbe poco naturale che, appena detto po, sul quale sfogherò la mia rabbia.
che perde la parola, ritornasse addietro 109. Ben sai descrive scientificamente
:
[antip. balzo Purg. V. 110-122 [buonconte] 365

quelP umido vapor che in acqua piede,


tosto che sale dove il freddo il coglie.
112 Giunse quel mal voler che pur mal chiede
con lo intelletto, e mosse il fummo e il vento
per la virtù che sua natura diede.
n: Indi la valle, come il dì fu spento,
da Pratomagno al gran giogo coperse
di nebbia, e il ciel di sopra fece intento,
118 sìche il pregno aere in acqua si converse :

la pioggia cadde, ed a' fossati venne


di lei ciò che la terra non sofferse )
121 e come a' rivi grandi si convenne,
vèr lo fiume real tanto veloce

e poeticamente la formazione della piog- zio del cadavere di Bonconte. - fummo :

gia, -si raccoglie si condensa in nuvole.


: il vapore acqueo condensato in nebbia.
«Saepe etiam immensurn ccelo venit ag- 114. virtù : possanza. Il diavolo è detto
men aquarum Et foedam glomerant tem- «il principe della podestà dell'aria » in
pestateci imbribus atris Collectae ex alto Efes. II, 2. Sulle cognizioni e sulla po-
uubes » Virg., Georg. I, 322 sgg.
: tenza dei demoni cfr. Thom. Aq., 8um.
110. riede si condensa in acqua e ri-
: theol. I, 64, 1, e I, 112, 2, dove si dice
cade come pioggia. « Et angeli boni et mali possunt aliquid
111. dove nella regione superiore del-
: in istis corporibus operai! prseter actio
l'aria. - freddo « il freddo è generativo
: nem coelestium corporata, condensando
dell'acqua » Conv. IV, 18. ; nubes in pluvias, et aliqua huiusmodi
112-113. Giunse: l'angelo d'Inferno, faciendo. »
v. 104, accoppiò quella cattiva volontà 115. ludi ecc.: poi, venuta la sera, il de
che non desidera e non cerca che il monio coperse di nebbia tutta la valle
male, con l' intelletto oppure: Quel (dia- ; 116. Pratomagno: contrafforte dell 'Ap
volo) accoppiò 'inai volere ecc. cfr. Inf. ; pennino che, a destra dell'Arno, divide il
XXIII, 16; XXXI, 55 sg. AL: Quel Valdarno superiore dal Casentino. Cfr
mal voler che pur mal chiede con l' in- Bass., 76-79, 100 sgg. - giogo: la Gio
telletto, giunse alla regione superiore gana, la catena principale dell' Appen
dell'aria; ma l'intelletto comprende il nino alla sinistra dell'Arno casentinese
vero, non desidera o vuole. Il Betti : 117. il ciel: Al.: il giel; ma D. non
« Il passo è molto imbrogliato. Forse dice che fosse nevicato. - intento co :

però vuol essere meglio punteggiato, e perto, denso di vapori. « Horrida tem
dopo chiede va punto e virgola. Con lo pestas ccelum contraxit, et imbres Ni
intelletto e' mosse il fumo e il vento, vesque deducunt Jbvem »; Horat.,Epod
(cioè coli' atto dellasua volontà) secondo XIII, 1 sg. - « Obtenta densantur noci e
la virtù della natura sua. Giunse allora tenebrai»; Virg., Georg. I, 248.
si dee spiegare per arrivò. Ed infatti 118. pregno: di vapori. Il giorno della
con che altro modo, se non coli' intel- battaglia di Campaldino « l'aria era co-
letto, potrebbe uno spirito muovere una perta di nugoli »; Bino Oomp. I, 10.
tempesta ? » Il Torraca interpreta Quel : 119. fossati: i rivoli minori.
mal volere, che chiede pur il male, unì 120. ciò ecc. la parte della pioggia
:

con l'intelletto (che sostituì alle intel- non direttamente assorbita dalla terra.
ligenze che conducono le stelle, la cui 121. e come ecc. e quando quell'acqua
:

influenza suole ingenerare pioggia, ven- si raccolse nei torrenti che affluiscono al-
to, grandine ecc.) e mosse il fummo (la l'^ rno.
nebbia) e il vento. - Il senso complessivo 122. fiume real senza dubbio l'Arno,
:

è, in ogni modo, che l'angelo d'inferno, che è detto fiume reale anche da G. Vili.
usando di tutte le sue potenze, suscitò una I, 43, e non l'Archiano, per quante ra-
tempesta di vento e di acqua per fare stra- gioni si vogliano escogitare e addurre
366 [ANTIP. BALZO 2] PURG. V. 123-136 [LA pia^

si minò, che nulla la ritenne.


124 Lo corpo mio gelato in su la fóce
trovò l'Archian rubesto ; e quel sospinse
nell'Arno, e sciolse al mio petto la croce
127 di' io fei di me quando il dolor mi vinse:
voi tonimi per le ripe e per lo fondo ;

poi di sua prejla mi coperse e cinse. »


130 « Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato della lunga via »
seguitò il terzo spirito al secondo,
133 « ricorditi di me che son la Pia :

Siena mi fé' ; disfecemi Maremma :

che innanellata pria,


salsi colui
136 disposando, m' avea con la sua gemma. »

a favore di questo. Fiumi reali sono, co- testamento. Questa Pia non è da confon-
me ben dice il Buti, « quelli che fanno dersi con Pia Guastelloni vedova di Bal-
capo in mare, come fa l'Arno; altri no ». do Tolomei, viva nel 1318. Nello, o che
Cfr. Barbi in Bull. XVIII, 14. la moglie avesse veramente commesso
125. rubesto : impetuoso, gonfio per la alcun fallo, o che la sospettasse soltanto
pioggia; cfr. Inf. XXXI, 166. d'infedeltà, o più verisimilmente per de-
127. il dolor: il dolore che sentii de' siderio di sposare la bella Margherita
miei peccati nell' imminenza della morte de' conti Aldobrandeschi, vedova di Gui-
e che, come mi fece invocare Maria, così do Montfort (Inf. XII, 118 sg. e cfr.
m' indusse a far devotamente croce delle Bull. XVII, 125), condusse la Pia nel
braccia sul petto; ma questa croce fu suo castello della Pietra in Maremma e
onde dell' Archiano
sciolta dalle violenti la fece quivi morire, « et seppelo fare sì
che avvolsero e travolsero il mio cada- segretamente, che non si sa come moris-
vere secondo il desiderio del diavolo. se»; Lan.', e così molti altri. Invece VAn.
128. voltoinini : il soggetto è, natural- Fior.: «Essendo ella alle finestre d'uno
mente, l' Archiano del v. 125. suo palagio sopra a una valle in Marem-
129. preda: «sassi, rena o ghiara, che ma, messer Nello mandò uno suo fante
scorrendo per la terra et innondando che la prese pe' piedi dirietro, et cac-
quella, come i soldati la preda, se ne ciolla a terra delle finestre in quella valle
portan con loro i numi » Dan. - co- ;
profondissima, che mai di lei non si sep-
perse e cinse mi ricoperse di sopra e
: pe novelle. » Lo stesso racconta pure
d' intorno dandomi così sepoltura, quella Benv.; e l'uccisore sarebbe stato un cer-
sepoltura che niuno naturalmente potè to Magliata di Piombino. Dicono che la
poi sapere e rinvenire (v. 93). tradizione indichi tuttavia una parte del
V. 130-136. ria de' Tolomei. Una dirupo nel quale sorge il castello, col

terza anima si raccomanda a D., pre- nome di Salto della Contessa.


gandolo di ricordarsi di lei, nata in Siena 133. Ricorditi: Buonconte ricorda la
e morta nella Maremma, come sa il ma- sua Giovanna e gli altri che si sono
rito uxoricida. È Pia senese, nata, pare, scordati di lui Manfredi vuol esser ri-
;

della famiglia dei Tolomei, sposa a Nello cordato a Costanza, e Iacopo ai suoi
q Paganello, figlio d' Inghiramo de' Pan- Eanesi, affinchè preghino per lui. La
nocchieschi, signore del castello della povera Pia non ha alcun nome nel suo
Pietra a nove miglia a levante da Massa santuario domestico, e prega il P. che si
Marittima, e di molti altri castelli di mi- ricordi egli stesso di lei.
nor conto, podestà di Volterra nel 1277, 134. Siena mi fé' ecc. : nacqui in Siena,
di Lucca nel 1313, capitano della taglia morii in Maremma.
guelfa di Toscana nel 1284, vissuto al- 135-136. colui : Nello, mio marito. Egli
meno sino al 1322, nel qual anno fece lo sa; altri no. Dunque anche D. non
JANTIP. BALZO 2] PURG. VI. 1-2 [GARA DI ANIME] 367

sapeva forse nulla di preciso, come di- cisore. Altri lessero disposata, spiegan-
cono Lan., Ott., ecc. - innanellata che : do: Che m'aveva disposata dopo essere
mi diede l'anello nuziale celebrando il prima stata innanellata, cioè: che mi
matrimonio, ossia disposandomi: con aveva sposata in seconde nozze. Ma tale
ohe si accenna ai due «atti simultanei, interpretazione reggerebbe solo colla
e 1' uno compimento dell' altro » (JQel identificazione, che s'è vista impossibile,
\o,e dal poema di D., p. 441
Dal sec. di Pia con la vedova Pia Guastelloni;
sgg.) del dare l'anello e della promessa né la lez. disposata ha per so l'autorità

di prendere e tenere per moglie. Pia vuol de' codici e de' commentatori antichi.
dire die fu legittima moglie del suo uc- Cfr. Barbi, Bull. I, 60 e XXV, 60.

CANTO SESTO
ANTIPURGATORIO
BALZO SECONDO : NEGHITTOSI MORTI VIOLENTEMENTE

BENINCASA, GUCCIO TARLATI, FEDERIGO NOVELLO


PIER DELLA BROCCIA, SORDELLO
APOSTROFE ALL' ITALIA ED A FIRENZE

Quando si parte il giuoco della zara,


colui che perde si rinian dolente,

V. 1-24. Gara di anime nel racco- di Bologna, morto nel 1265, che scrive
mandarsi a Dante, Le anime s'af- (Super tribus libris codicis, Lugd., 1550,
follano attorno a D., pregandolo di ri- p. 31) « Item sicut videmus in lusori-
:

cordarsi d'esse e procurar loro i suf- bus ad taxillas vel similem luduin, nam
fragi de' viventi. La ressa è tale, che multi stare solent ad videndum ludum,
il P. paragona sé al vincitore nel giuo- et quando unus lusorum obtinet in ludo,
co della zara, intorno al quale, a giuoco illiinstantes solent petere aliquid sibi
finito,s'accalcano quei che desiderano dari de lucro ilio in ludo habito, et illi
da lui doni e mance. lusores dare solent, et si de suo patri-
1. si parte: finisce e i giocatori si se- monio aliquis ab eis peteret alias si in
parano; cfr. Purg. XXVI; 37. -zara: ludo, reputarent eum fatuum. » Del resto
prov. azar, forse dall' ebr. zar ah, arab. il Tarn, stesso osserva « Odofredo rife-
:

volg. zehar e per contraz. zar dado. = risce esempi, aneddoti, detti, ecc., di
« Nota che questo gioco si chiama zara parecchi suoi predecessori. Può darsi
per punti divietati che sono in tre dadi
li quindi che questo esempio de' giocatori,
da sette in giù e da quattordici in su : circondati da gente che aspetta il mo-
e però quando vegnano quelli punti di- mento buono per chiedere, fosse un esem-
cono li giocatori Zara, quasi dica, Nulla,
: pio tradizionale, scolastico, che si soleva
come zero nell'Abbaco » Buti. La zara ; adoperare dai dottori. E allora D. avrebbe
fu nel medio evo il tipo dei molti giuo- tratto la materia prima della sua simi-
chi di azzardo fatti coi dadi. Cfr. Zde- litudine delle tradizioni scolastiche bolo-
kaner, Giuoco in Italia, 7 sgg. Secondo gnesi. » Ma
la similitudine, piena di vi-
il Tamassia (Oiorn. stor. della Leti. it. vaci e precisi particolari, par piuttosto
XXI, 456 sgg.), D. avrebbe preso que- dedotta « dall'immediata osservazione
st' imagine da Odofredo, famoso dottore del vero »; Novati, Lect. Dantis, 8 sgg.
368 Iantii'. BALZO 2] PtJRG. vi. 3-17 [gara di anime'

ripetendo le volte, e tristo ini pani ;

con l'altro se ne va tutta la gerite :

qual va dinanzi, e qual diretro il prende,


e qual da lato gli si reca a mente.
Ei non b' arresta, e questo e quello intende :

a cui porge la man, più non fa pressa;


e così dalla calca si difende.
11)
Tal era io in quella turba spessa,
volgendo a loro e qua e là la faccia,
e promettendo mi sciogliea da essa.
13 Quivi era V Aretin che dalle braccia
fiere di Ghin di Tacco ebbe la morte,
e l'altro ch'annegò correndo in caccia.
16 Quivi pregava con le mani sporte
Federigo Novello, e quel da Pisa

3. le volte: le voltate dei dadi, i punti ;


Turrita « per la sua fierezza e le sue
riprovandosi à gettare i dadi, a far nuo- ruberie uomo assai famoso, essendo di
vi tiri, -tristo impara: impara con do- Siena cacciato e nimico de' conti di Santa
lore, troppo tardi, di quali accorgimenti Fiora, ribellò Radicofani alla Chiesa di
avrebbe dovuto far uso giocando. Roma, et in quel dimorando chiunque
4. con l'altro col vincitore. - va chie-
: : per le circostanti parti passava, rubare
dendo doni « quale li domanda parte
; ;
faceva a' suoi masnadieri»; Bocc, Dee.
quale domanda provigione, perchè tenea X, 2. Dopo essere così stato lungo tempo
le ragioni al giuoco quale domanda di
;
lo spavento delle Maremme sanesi e
vincita » ; Lan. della stessa corte romana, si riconciliò
6-8. gli si reca a mente : lo prega che con Bonifacio Vili, che lo fece cavaliere
si ricordi di lui. - a cui ecc.: quegli a di S. Giovanni e gli donò una gran prio-
cui il vincitore porge la mano dandogli ria di quelle dello spedale. Un dì passeg-
qualcosa, non insiste (fa pressa) più ol- giando inerme in Asinai unga, nel conta-
tre, ma se ne va. do di Siena, fu assalito da armati e ucci-
13-14. l'Aretin: Benincasa da Interi- so. Cfr. Aquarone, D. in Siena, 93 sgg.
na, giudice d'Arezzo, valentissimo in 15. l'altro: Guccio (o Ciacco, secondo
diritto, che insegnò a Bologna. Essendo altri) dei Tarlati da Pietra Mala, zio di
vicario del podestà in Siena, condannò a Guido vescovo d' Arezzo, « iuvenis stre-
morte uno stretto parente di Ghino di nuus armorum. Hic, cum Tarlati gere-
Tacco, propriam. un suo fratello (chia- rent bellum cum Bostolis nobilibus de
mato variamente dai conim. ant. Cervo Aretio, qui exules recipiebant se in ca-
o Tacco o Turino), e, secondo qualcuno, stello quod dicitur Rondine in Valle
anche uno zio o il padre di Ghino stesso, Arni, equitavit contra illos; et cumper-
perchè « come rubatoli et omini violenti, sequeretur quosdam, equus fortis tran*
aveano tolto al comune di Siena uno ca- sportavit ipsum in Arnum, et suffocatus
stello che era in Maremma, e quivi sta- est in quodam pelago. Cuius corpus inde
vano e rubavano chiunque passava per extractum Bostoli ludibriose sagiptasse
la strada»; JButi. Passato Benincasa a dicuntur » Benv. Altri dicono che an-
;

Roma ufficiale giudiziario, Ghino andò negò fuggendo; e potrebb' essere perchè
a sorprenderlo e lo uccise « sulla sala caccia(Bull. XVIII, 14) valse anchefuga.
dove si tiene la ragione » (Lari.) poi ;
Aiol/o del Barbicone II, 33: « .... fuggi-
se ne venne a salvamento con la testa, rono verso il mare.... e.... n'andarono su
che gli aveva tagliata. Cfr. Gigli, Diario per la marina in tanta caccia, che in cin-
Sanese II, 312 sg. Bocc, Decam. II, 8 ;
que giornate giunsono in Trebisonda ».
X, 2. - Ghia di Tacco gentiluomo senese
: 17-18. Federigo: figlio di Guido Novello
dei nobili della Fratta o de' Pecorai da da Bagno dei Conti Guidi del Casentino.
VN TIP. BALZO 2] PURG. VI. 18-24 [GARA DI ANIME] 369

che fé' parer lo buon Marzucco forte.


19 Vidi conte Orso, e l' anima divisa
dal corpo suo per astio e per inveggia,
com'è' dicea, non per colpa commisa ;

Pier dalla Broccia dico ; e qui provveggia,


mentr'è di qua, la donna di Brabante,
sì che però non sia di peggior greggia.

Fu ucciso nel 1289 o 1291da uno de' Bo- i sentimenti naturali di sdegno e d'odio
stoli d'Arezzo presso Bibbiena, mentre che la uccisione del figlio doveva pur
guerreggiava co' suoi parenti guelfi. - suscitargli nell'animo e nel resistere fer-
quel da Pisa: « questi fu Farinata figliuolo mamente a' suoi consorti eccitanti alla
di Messer Marzucco de li Scomigiani da vendetta; della qual fortezza un'eco si-
Pisa; lo quale messer Marzucco fu ca- cura, sebben varia, ci hanno conservato
valiere e dottore di legge, et essendo i più antichi commentatori. Marzucco A
in Maremma, cavalcando da Suvereto a scrive la lett. 17 a Gruittone d'Arezzo.
Schei-lino, ne la via si fermò lo cavallo 19. Orso: della famiglia degli Alberti,
per uno ismisurato serpente, che cor- conti di Prato, Vernio, Cerbaia, Mango-
rendo attraversò la strada, del quale lo na, ecc. Orso fu figlio del conte Napo-
detto messer Marzucco ebbe grandissima leone (Inf. XXXII, 57), e venne ucciso
paura et avvotossi di farsi frate minore,
;
dal conte Alberto da Mangona, suo cu-
e così fece poi che fu campato del peri- gino (Barbi, Bull. XVIII, 14).
culo.... Fatto frate lo detto messer Mar- 20. inveggia: invidia, dal prov. en-
zucco, avvenne caso che Farinata sopra veja; cfr. Parodi, Bull. Ili, 100.
detto, suo filli uolo, fu morto da un cit- 21. commisa: commessa; cfr. Nannuc,
tadino di Pisa (Boccio [o JBeccio] da Ca- Verbi, 391, 400 sg.
prona, Petr. Dant., An. Fior.) unde lo ; 22. PierPierre de la Brosse, di bassi
:

detto messer Marzucco colli altri frati natali, chirurgo, si guadagnò il favore
di S. Francesco andati per lo corpo del di Luigi IX, poi di Filippo l' Ardito
detto suo fìlliuolo, come usanza è, fece (cfr. Purg. VII, 103), re di Francia, che
la predica nel capitolo a tutti consorti, lo fece gran ciambellano. Quando nel 1276
mostrando con bellissime autoritadi e Luigi, figlio maggiore di Filippo, morì
verissime ragioni che nel caso avvenuto d'improvviso, Pietro accusò Maria, figlia
non era nessuno milliore rimedio che pa- di Arrigo VI duca di Brabante e 2 a mo-
cificarsi col nimico loro; e così ordinò glie di Filippo (la donna di Brabante
poi, che si fece la pace, et egli volse ba- del v. sg.), d'aver fatto avvelenare Luigi
ciare quella mano che aveva morto lo per assicurare al proprio figlio la succes-
suo fìlliuolo » Buti. Così incirca anche
; sione sul trono. Scolpatasi la regina più
altri comm. ant. Ma il Luiso, fondandosi o men giustamente, essa e i suoi fautori
su documenti del tempo e vagliando con cominciarono a odiar fieramente Pietro,
acume le testimonianze de' commenta- che andò man mano perdendo il favore
tori antichi (Bull. XIV,
44 sgg.), ha di- del re. Quando poi Filippo guerreggiava
mostrato che I). allude di certo a un con Alfonso X di Castiglia, codesti ne-
altro tìglio dello Scomigiani, che si chia- mioi di Pietro lo accusarono di tradi-
mò Gano e fu fatto uccidere in Pisa dal mento, e fecero consegnare a Filippo let-
conte Ugolino nel 1287, quando lo buon tere segrete che Pietro avrebbe scritte
Marzucco, uomo già di valore e fama ad Alfonso onde Filippo lo fece impic-
;

non comune (di cui si hanno notizie certe care. D. lo crede innocente, -provveggia :

dal 1253 al 1298 e che nell' ottobre 1301 provveda colla penitenza.
ora già morto) erasi fatto frate; e poi- 24. però: per aver calunniato un in-
ché egli stette nell'ultimo decennio di nocente, -peggior greggia de' falsi accu-
:

sua vita nel convento di S. Croce, non satori nella 10 a bolgia, dov' è « la falsa
è improbabile che D. lo abbia conosciuto che accusò Giuseppo », Inf. XXX, 97.
frequentando in Firenze « le scuole dei V. 25-57. Efficacia della preghiera.
religiósi» (Muggini, Bull. XVII, 123 sg.). Tutte quelle anime si raccomandano a
La fortezza poi, tutta cristiana, di lui D. perchè si preghi per loro nel mondo*
dovè consistere nel dominare e far tacere Ma V. neìVAen. (VI, 373-376) sembra ne-
24. — Div. Comm., 8a ediz.
370 [ANTIP. BALZO 2] PUKG. VI. 25-45 [LA PREGHIERA]

25 Come libero fui da tutte quante


quell'ombre, eoe pregar pur ch'altri preghi,
sì che ^ a vacci Lor divenir sante,
'2*
io cominciai « E 1 pai- clic tu mi nieghi,
:

o luce mia, espresso in alcun lesto


che decreto del cielo orazion pieghi ;

ù\
e questa gente prega pur di questo :

sarebbe dunque loro speme vana,


o non m'è il detto tuo ben manifesto? »
:u Ed egli a me : « La mia scrittura è piana,
non falla,
e la speranza di costor
se ben si guarda con la mente sana \
che cima di giudizio non s'avvalla,
perchè foco d'amor compia in un punto
ciò che dee satisfar chi qui s' astalla ;

40 e là dov'io fermai cotesto punto,


non s'ammendava, per pregar, difetto,
perchè il priego da Dio era disgiunto.
43 Veramente a così alto sospetto
non ti fermar, se quella noi ti dice
che lume fìa tra '1 vero e lo 'ntelletto.

gare efficacia alla preghiera aiccliè D. ; 33. non m'è ecc. o non ho io forse
:

prega il maestro di spiegargli l' appa- inteso bene la tua sentenza?


rente contradizioiie. V. accontenta il di- 34. piana: chiara, e quindi tu l'hai
scepolo non senza rinviarlo per maggiori intesa bene; cfr. Purg. XVIII, 85. Vit.
spiegazioni a B. All'udire il nome di lei, 2V. e. 26 e 37.
D. prega V. d' affrettare il passo, cre- 35-36. non falla: e la speranza di que-
dendo di poter arrivare entro lo stesso ste anime non ò fallace, se si considera
giorno sulla vetta del monte, dov'ella e si giudica la cosa con criterio diritto.
è ma V. gli dice che ciò non è possibile.
; 37. cima di giudizio: Vapex iuris, l'al-
25. libero i P. vanno in su, le ombre
: tezza del giudizio divino. - s'avvalla:
restano. s'abbassa, si piega.
26. pur: solamente. 38. perchè ecc, per il fatto che l' ar-
:

27. s'avacci ecc.: s'affretti, accorciata dore di carità onde i vivi pregano Dio
la permanenza nel monte del Purg. per per i morti, dia in un momento solo alla
le orazioni dei viventi, il loro passaggio giustizia divina la debita sodisfazione,
al Par. che l' anime darebbero da sé, con le sole
29. espresso espressamente. - in alcun
: pene espiatorie, in più lungo tempo.
testo in un passo del tuo poema allu-
: ; 39. s' astalla: ha stallo (Inf. XXXIII,
sione a Eneide, VI, 373 sgg., dove si dice 102), cioè dimora.
che a Palinuro, il quale pregava la Si- dove dissi che fata deùm non
40. là:
billa di portarlo, ancorché insepolto, di si piegano per preghiere; cfr. v. 29 n.
là dall'Acheronte, questa rispose: « De- 42. disgiunto chi pregava, come pa-
:

sine fata deumjlecti sperare precando ». gano, non era nella grazia di Dio, e la
30. che ecc. che la preghiera possa
: sua preghiera non era udita nel cielo ;

mutare ciò che in cielo fu stabilito. cfr. Purg. IV, 133 sgg.
pur solamente, come nel v. 26.
31. : 43. Veramente: ma. - alto sospetto:
speme: che « s'avacci lor divenir
32. « profondo e sottil dubbio » Veli. ;

sante » (v. 27) per preghiere de' viventi. 45. lume: «che farà sì che l' intelletto
[ANTIP. balzo 2] Pukg. vi. 46-57 Ila preghiera] 371

46 Non so se intendi -, io dico di Beatrice :

tu la vedrai di sopra, in sn la vetta


di questo monte, ridere e felice. »
49 E io: «Signore, andiamo a maggior fretta,
cliè già non m' affatico come dianzi ;

poggio l'ombra getta »,


e vedi ornai che '1

SS « Noi anderem con questo giorno innanzi »


rispuose « quanto più potremo ornai ;

ma '1 fatto è d'altra forma che non stanzi,


Prima che sie lassù, tornar vedrai
colui che già si cuopre della costa,
sì che i suoi raggi tu romper non fai.

tuo arrivi a conoscere il vero, come il nobile, ma povero cattano di Goito, gio-
lume che V occhio vegga V oggetto
fa vane, prode, ricco di bellezza e d' in-
com'è»; Lomb. Secondo il sistema dan- gegno, Sordello fu dapprima al servizio
tesco (De Mori. Ili, 16), V., ossia la ra- di Eizzardo conte di S. Bonifazio in Ve-
gione umana non basta a sciogliere que- rona, di cui celebrò ne' suoi versi la mo-
stioni trascendenti essa ragione per ;
glie, Cunizza da Romano, sorella del fa-
queste occorre la sapienza divina, cioè moso Ezzelino (cfr. Par. IX). Si novellò
Beatrice. di amori fra questa e il trovatore, e la
48. ridere Al. ridente, lezione otti-
: : novella (cfr. Benv.) si compiacque di de-
ma per la regolarità della sintassi, ma scrivere bizzarre e ridicole avventure
cui manca l'autorità dei codici antichi. toccate al giovane amante. Checche sia
49-51. andiamo: « Al nome di B., D. di ciò, è certo che Sordello aiutò la fuga
si sente rinvigorito dal desiderio e già di Cunizza dalla casa maritale, per isti-
ascende coll'anima le altezze del monte; gazione dei fratelli di lei, inimicatisi col
perchè il desiderio di vedere lei si con- conte Rizzardo, e che, lasciata Verona,
fonde col bisogno di conoscere la verità »; Sordello passò nella Marca trivigiana.
Tom. - e vedi sono circa le 3 poni, e il
: Ma di nuovo, per le inimicizie ivi susci-
solere ormai occultato dalla costa a de- tategli specialmente dall'amore e dal ma-
stra de'P., i quali salgono nella dire- trimonio segreto tra lui e Otta di Strasso,
zione di prima, sì che essi rimangono dovè mutar paese. Stette così presso al-
nell'ombra, né D. rompe più col suo cor- tri signori dell'Italia settentrionale e
po i raggi solari. Cfr. Nociti. Orar., 13. d'Oltralpe, finché non trovò durevole e
54. stanzi « pensi, stabilisci in pen-
: onorevole ospitalità presso il conte di
siero » ; XXV, 10 stanzi
Tom. In Inf. '
'
Provenza, Raimondo Berlinghieri IV.
vale invece deliberi '. Anche il lat. sta-
'
Morto costui, restò ai servigi del genero
tuo ebbe questo duplice significato. e successore di esso, Carlo I d'Angiò;
56. colui: il sole. Vedrai sorgere an- e in documenti angioini degli anni 1248-
cora il sole. 1265 il nome di Sordello appare sempre
V. 58 75. Sordello. Ecco un' anima col titolo di dominus. Con Carlo parte-
sola, che, in atteggiamento altero e di- cipò alla spedizione in Italia contro Man-
sdegnoso, guarda due P. e non dice
i fredi; e se nella 2 a metà del 1266 languiva
loro parola. V. le chiede per dove la sa- in carcere a Novara, forse come prigio-
lita sia migliore, e l'anima altera, in- niero di guerra, e il Papa rimproverava
vece di rispondere, domanda « Di che : Carlo di non riscattare chi gli aveva resi
paese e chi siete voi? » V. incomincia notevoli servigi, nel '69 (lo sappiamo da
nominando Mantova, sua patria e quel- ;
documenti) Sordello, già avanti negli
l'anima, vinta da subita commozione, si anni, otteneva in feudo dall' Angioino al-
rizza e dice: « Son Sordello, Mantovano cuni castelli negli Abruzzi. Eli verseg-
anch'io! » E i due si abbracciano. È giatore di gran fama, e coltivò di pre-
l'anima del celebre trovatore Sordello, ferenza la poesia politica e civile dicen-
che fiorì nel secolo XIII. Nato da un do aperto e franco il proprio pensiero
372 [ani li-. BALZO 2] Puro. vi. 58-75 [bordello]

Ma vedi Là un'anima, clic, posta


sola soletta, inverso noi riguarda :

quella ne insegnerà la via piti tosta. »


GÌ Venimmo a Lei : anima lombarda,
come ti stavi altera e disdegnosa,
e nel muover degli occhi onesta e tarda !

G4 Ella non ci diceva alcuna cosa :

ma lasciavaue gir, solo sguardando


a guisa di leon quando si posa.
07 Pur Virgilio si trasse a lei, pregando
clje ne mostrasse la miglior salita ;

e quella non rispuose al suo dimando,


70 ma di nostro paese e della vita
e' inchiese; e il dolce duca incominciava
« Mantova l'ombra, tutta in sé romita,
», e
7:'»
surse vèr lui del loco ove pria stava,
dicendo « mantovano, i' son Sordello
:

della tua terra » e l' un V altro abbracciava.


;

su cose e persone. « Tantus eloquentiae ciano, confessano li segreti del cuore » ;


vir » è chiamato da D. nel D. V. E., Bart. da S. Conc., Amm.
Ant. VII, 1, 6.
1. e; e a lui dovè esser caro anche, e forse non ci diceva tace l'uomo « sciens
64. :

sopra tutto, per questa nerezza di senti- tempus aptum. Homo sapiens tacebit
menti, di giudizio e di parola, che si am- usque ad tempus » Eccles. XX, 6-7. -
;

mira specialmente nel compianto in mor- « Che differenza tra la curiosità e il ci-
te di sef Blacas su di che cfr. n. a
; caleccio degli altri spiriti e questo mae-
Purg. VII, 42. Cfr. Novati, Leti. Dan- stoso silenzio di Sordello! »; Gioberti.
tis, p. 21 sgg. G. Bertoni, I trovatori sguardando
65-66. seguendo gollo
:

d'Italia, Modena, 1915. sguardo nostri movimenti. - leon « re-


i :

58. postaa sedere cfr. surse del v. 73.


: ; quiescens accubuisti ut leo »; Genes.
61. anima: non sono parole di Y. a XLIX, 9. Cfr. Virg., Aen. II, 287.
Sordello (Buti), ma una esclamazione di 70. vita condizione. Sordello non si è
:

I). che scrivendo vede ancora il grave accorto che D. è vivo cfr. Purg. Vili, ;

aspetto e il disdegnoso contegno di quel- 58 sgg.


l' anima. - lombarda Sordello, come s'
: 71. inchiese: richiese.
detto nacque a Goito, nel Mantovano. 72. Mantova: voleva dire: mi generò,
62. altera: « in nostra lingua diciamo o fu 'mia patria, o simile per rispon-
altiero e disdegnoso colui che per eccel- dere alla prima richiesta di Sordello, ri-
lenza d' animo non risguarda né pon guardante il paese (v. 70); ma appena
pensiero a cose vili, né quelle degna. Sì ebbe nominato Mantova, Sordello lo in-
che dimostra una certa schifezza gene- terruppe. - romita tutta in sé raccolta,
:

rosa e senza vizio. Perciocché, quando concentrata; cfr. v. 58 sg.


uno sprezza non per grandezza d'animo, 73. surse: si rizzò e corse subito in-
ma per troppa alterigia, non altiero, ma contro a Y. per abbracciarlo.
superbo si chiamerà » Land. Cfr. Pe- ; Y. 76-126. Invettiva contro l'Ita-
trar., Cam. XI (22), e sg. Dino Comp. lia* Al ricordo di quell'impeto di pa-
I, 20 chiama Guido Cavalcanti «cortese trio amore, il P. prorompe in una su-
e ardito, ma sdegnoso e solitario e in- blime apostrofe all' Italia, i cui morti si
tento allo studio ». abbracciano, i cai vivi si rodono. Apo-
63. tarda: cfr. Inf. IY, 112, e Purg. strofa quindi coloro su cui ricade in gran
Ili, 10 sg. « Gli occhi, anche che tac- parte la colpa delle tristi condizioni d'I-
[ANTIP. BALZO 2] PURG. VI. 76-93 [CONTRO L'ITALIA] 373

Al ii, serva Italia, di dolore ostello,


nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello !

Quell'anima gentil fu così presta,


sol per lo dolce suon della sua terra,
di fare al cittadin suo quivi festa )
82 e ora in te non stanno sanza guerra
li vivi tuoi, e V un l' altro si rode

di quei eh' un muro ed una fossa serra.


Cerca, misera, intorno dalle prode
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
s' alcuna parte in te di pace gode.

86 Che vai perchè ti racconciasse il freno


Giustiniano, se la sella è vota?
Sanz'esso fora la vergogna meno.
91 Ahi gente che dovresti esser devota
e lasciar seder Cesare in la sella,
se bene intendi ciò che Dio ti nota,
talia da una parte gli uomini di Chiesa,
;
che si stendono lungo i tuoi mari, Tirre-

che impediscono a Cesare di compiere i no e Adriatico, e poi le regioni dentro


suoi unici usurpandoli dall' altra gl'im-
;
terra, e vedi se pur una gode pace.
peratori che da tempo non si curano di 88-89. Che vai ecc. « che giova per-
:

Roma e dell'Italia, tutta lacerata e di- chè Justiniano imperadore compilasse


sertata da fazioni. Volge quindi la parola le leggi e correggessele? [Par., VI, 12
al Salvatore, che quasi parrebbe incu- D'entro le leggi trasse il troppo e il vano].
rante dell'Italia, se non si potesse sup- Le quali leggi sono lo freno con che si
porre ch'Egli nel suo segreto le prepari governano le repubbliche»; Buti. - vota:
in tal modo qualche bene lontano. cfr. Purg. XVI, 97. « Quasi dire si può
perchè non. governata dal
76. serva: dello Imperadore, volendo il suo ufficio
monarca da lui vagheggiato, ma signo- figurare con una imagine, che elli sia
reggiata da un gran numero di princi- ilcavalcatore della umana volontà; lo
pi, dal volgo, dalle sedicenti libertà po- qual cavallo come vada sanza il caval-
ecc.« [Humanum genus] existens
polari, catore per lo campo, assai è manifesto,
sub Monarchia est potissime liberum »; e specialmente nella misera Italia che
De Mon. I, 12. Cfr. Ariosto, Ori. XVII, sanza mezzo alcuno alla sua governa-
76. - ostello albergo.
: zione è rimasa»; Cònv. IV, 9.
77. nocchiere monarca, imperatore
:
;
90. Sanz'esso ecc.: se non avessi il fre-
cfr. De Mon. I, 16. Conv. IV, 4. no, cioè il corpo delle ottime leggi giusti-
78. donna: signora. « Facta est quasi nianee, avresti men ragione di vergo-
vidua domina Gentium princeps provin- : gnarti del tuo stato.
ciarum facta est sub tributo»; Lament. 91. gente di chiesa, papa e sacerdoti.
:

Jerem. I, 1. -bordello luogo di corru-: Alcuni degli antichi, non bene, intesero
zione e di turpitudini. dei sudditi o della gente italica, e non
81. quivi: nei monte del Purg., dove pochi moderni dei Guelfi. - esser devota:
tutte le anime sono cittadine d' una sola attendere solo alle cose della religione.
città, Purg. XIII, 94 sg., e dove per- 92. lasciar ecc. lasciare all' impera-
:

ciò non ci sarebbe da aspettarsi partico- tore l'esercizio dell'autorità civile. « Ee-
lare amore tra compaesani. gemque dedit qui feedere certo Et pre-
84. fossa fosso che per maggior dife-
: mere et laxas sciret dare iussus habe-
sa gira, come le mura, intorno alle città. nas » ; Yirg., Aen. I, 62 sg.
85-87. Cerca ecc. : considera le regioni 93. ti nota: nel Vangelo, Matt. XXII,
374 [antip. balzo 2j Pu&G. vi. 94-108 [CONTRO 1/ ITALIA]

91 guarda com'esta fiera è latta fella,


per non esser corretta dagli sproni,
poi ohe ponesti mano alla predella!
Alberto tedesco, che abbandoni
costei eh' è fatta indomita e selvaggia,
e dovresti inforcar li suoi arcioni,
10U giusto giudicio dalle stelle caggia
sovra '1 tuo sangue, e sia nuovo e aperto,
tal che il tuo successor temenza n'aggia !

103 Che avete tu e il tuo padre sofferto,


per cupidigia di costà distretti,
che il giardin dello imperio sia diserto.
106 Vieni a veder Montecchi e Cappelletti,
Monaldi e Filippeschi, uom sanza cura;
color già tristi, e questi con sospetti.

21: «Reddito quse sunt Csesaris, Cassali; dobbiamo vedere nei fatti accennati nella
et qii89 sunt Dei Deo»; e cfr. Luca, XXII,
, n. 97, era già compiuta. Non già che il P.
25-26. Giov. XVIII, 36, ecc. voglia far credere di scagliar la sua in-
94. guarda: tutti i moderni intendono vettiva al momento dell'incontro di V.
che queste parole siano dirette agli ec- e Sord.; invettiva prorompe dall'animo
l'

clesiastici, ai quali D. rimprovera di aver del P. nell'atto che narra quell'incon-


voluto pigliare le redini del governo ci- tro; ma egli, e così si spiega ciò che di
vile. Secondo gli antichi il P. già qui profetico è nell' imprecazione, « si col-
volge la parola ad Alberto imperatore. loca idealmente, anche come narratore
- fiera: l'Italia. - fella: riottosa; cfr. del proprio viaggio, in un punto di tempo
Inf. XVII, 132. che gli permette di considerare il pre-
95. corretta: ben frenata e guidata. sente o il non lontano passato come fu-

sproni di abile cavalcatore, cioè di un


: turo, e allo scrittorenon toglie del tutto
savio imperatore. i preziosi vantaggi di cui godeva il pel-
96. predella è la correggia con che si
: legrino dei regni oltremondani»; Parodi,
guida a mano il cavallo (da ricongiun- SU rom. Ili, 23 sg.j cfr. D'Ov., SU, 431 n.
gere col med. ted. prittil) cfr. l'it. are.
; 101. nuoTO e aperto: insolito e mani-
bréttine =
briglie e bretella. (Parodi, festo a tutti.
Bull. XVI, 147). che fu Arrigo VII cfr.
102. successor : ;

97. Alberto d'Austria, figlio di Rodol-


: Par. XXX, 136. -
temenza timore. :

fo di Absburjr, n. 1248, eletto impera- 103. padre: neppure Rodolfo di Ab-


tore nel 1298, ucciso a tradimento il sburg si curò delle cose d'Italia, dove
1° maggio 1308, dopo aver visto morire l'impero si considerò vacante dalla mor-
in seguito a breve malattia il suo figlio te di Federigo II all'elezione di Arri-
primogenito Rodolfo nel giugno del 1307. go VII. Cfr. Conv. IV, 3.
Non si occupò mai delle cose d' Italia, 104. di costà per avidità di acquistar
:

avendo anche troppo da fare a casa sua. terre e ricchezze costà in G ermania cfr. ;

Cfr. Conv. IV, 3. Le parole di D. suonano G. Vili. VII, 146. - distretti ritenuti nei:

rampogna agi' imperatori in generale. vostri stati d'oltremonti.


98. indomita ecc. ribelle e disubbi-
: 106-108. Montecchi ecc. difficile l' in-
:

diente, non essendo cavalcata frenata terpretazione. Secondo i più, D. men-


da chi solo potrebbe e dovrebbe. ziona qui due coppie di famiglie, che
100. giudicio: condanna, vendetta di stavano alla testa di fazioni opposte nella
Dio. -dalle stelle: secondo D., Dio solo medesima città a Verona Montecchi e
:

è superiore all'imperatore, sicché Egli Cappelletti, a Orvieto Monaldi e Filip-


solo può punirlo. Imprecazione scritta peschi. Secondo altri, D. vuol dire Vieni :

forse, quando la vendetta, se questa a vedere a che sono ridotti in Italia i fau-
[ANTIP. BALZO 2] Pukg. VI. 109-126 [CONTRO \J ITALIA] 375

109 Vien, crudel, vieni, e vedi la pressura


de' tuoi gentili, e cura lor magagne;
e vedrai Santafìor com' è sicura !

L12 Vieni a veder la tua Eoma che piagli e


vedova chiama
e sola, e dì e notte :

« Cesare mio, perchè non m accompagno 7


? »
J15 Vieni a veder la gente quanto s' ama :

e se nulla di noi pietà ti move,


a vergognar ti vien della tua fama !

US E se licito m'è, o sommo Giove


che fosti in terra per noi crocifisso,
son li giusti occhi tuoi rivolti altrove?
12.1 è preparazion che nell'abisso
del tuo consiglio fai, per alcun bene
in tutto dall' accorger nostro scisso?
124 Che piene
le città d' Italia tutte
son di tiranni, e un Marcel diventa
ogni villan che parteggiando viene.

tori dell'impero Montecchi di Verona,


: i 115. s'ama: amara ironia!
i Cappelletti di Cremona, i Monaldi di 117. a vergognar ecc. ad apprendere:

Perugia ed i Mlippeschi di Orvieto quel- : la mala nominanza che tu qui hai e a


li già sconfitti ed oppressi, questi non so- sentirne vergogna, sicché questa ti sti-
stenentisi che in mezzo alle inquietudini moli una buona volta a fare verso l' Ita-
del pericolo. Questa seconda interpreta- lia il tuo dovere.
zione sarebbe da preferirsi, se i Cappel- 118-120. licito : di farti una domanda,
letti non fossero stati capi di parte guel- che pare accusa o rimprovero. - Giove :

fa. Per i particolari, cfr. Com. Lips. II, cfr. Inf. XXXI, 92. - altrove a motivo :

76 sg. Brognoligo, Montecchi e Cappel- delle nostre empietà (cfr. Isaia, I, 15 ;

letti nella D. C, Bologna, 1 893. - uom san- XXXVII, 17. Deuter. XXXI, 17-18);
za cura: uomo negligente, si^ensierato. ma nella tua misericordia infinita non
109. pressura tribolazione, che è il
: dovresti guardare anche all'Italia?
senso del hit. pressura nella Bibbia
' '
;
121. O è preparazion ecc. o ci prepari :

cfr. Barbi, Bull. XXV, 61. tu forse con queste calamità alcun fu-
110. gentili « conti, marchesi ed al-
: turo bene, che noi non ancora non pos-
tri gentili omini e signori d' Italia » ; siamo scorgere, perchè nascosto nell' in-
Buti. - magagne piuttosto che vizi (Bu-
: finita profondità del tuo consiglio ì
ti, ecc.), intendiamo danni, guasti '. '
123. scisso: separato.
111. Santafìor contea nella Maremma
: 124. le città: AL: le terre.
senese. I conti di Santafìora, appunto 125. un Marcel: un uomo di grande
verso il 1300, soffersero gravi perdite di autorità politica. Alcuni intendono di
possessi e diminuzione di potenza per M. Claudio Marcello, vincitore di Siracu-
opera dei Sanesi cfr. Bass. p. 329 sg.
; sa, qui ricordato come grande cittadino
112. tua Eoma è la città dell'impero.
: e capitano altri di C. Claudio Marcello,
;

-piagno: « Plorans ploravit in nocte, et console, partigiano di Pompeo e fiero


lacrynue eiusinmaxilliseius: non est qui avversario di Gr. Cesare, il quale sarebbe
consoletur eam ex omnibus caris eius : ricordato qual fierissimo oppugnatore
omnes amici eius spreverunt eam et facti dell' autorità imperiale. Probabile che
sunt ei inimici » Lament. Jerem. I, 2.
; D. parli di quest'ultimo. Cfr. Novati,
vedova abbandonata da te. - sola
113. : : Lect. Dantis, p. 52, n. 40.
derelitta, deserta (anche dai papi). 126. villan ecc. ogni uomo: da nulla,
376 [ANTIP. BALZO 2] Purg. vi. 127-143 [CONTRO Fitti

127 Fiorenza mia, ben puoi esser contenta


di questa digressiou clic non ti tocca, 4
,

mercè del popol tuo che si argomenta.


130 Molli lian giustizia in cuor, ma tardi scocca
per non venir sanza consiglio all'arco;
ma il popol tuo l'ha in sommo della bocca.
133 Molti rifiutali lo cornane incarco;
ma il popol tuo sollicito risponde
sanza chiamare, e grida: « Io mi sobbarco! »
136 Or ti fa' lieta, che tu hai ben onde :

tu ricca, tu con pace, tu con senno :

s'io dico ver, l'effetto noi nasconde.


139 Atene e Lacedemona, che fenno
1' antiche leggi e furon sì civili,

fecero al viver bene un piccol cenno


142 verso di te, che fai tanto sottili
provvedimenti, eh' a mezzo novembre

sol che si mostri partigiano zelante; uffici pubblici. - mi sobbarco : me ne


cfr. Inf. XV, 61 sgg. Par. XVI, 49 sgg. carico.
V. 127-151. Invettiva contro Fi- di ricchezze male acquista-
137. ricca :

renze. Il P. volge da ultimo la parola te.-con pace: amara ironia; essendo i


a Firenze, e con amaro sarcasmo le rin- Fiorentini sempre in guerra, o coi vi-
faccia la singolare disinvoltura, eli 'è ar- cini o tra loro. - con senno: l'ironia
roganza e leggerezza, con che il popolo continua.
ambisce e tiene gli uffici pubblici, e più 138. S'io dico ver ecc. quanto rispon- :

ancora la somma volubilità ed incostanza dano a verità queste lodi, si vede dagli
negli ordinamenti civili e politici. L' in- effetti.
vettiva è qui tanto più amara, quanto 139-140. Atene e Lacedemona: Atene
più grande e vivo è l'affetto del P. per e Sparta, che ebbero sì eccellenti ordi-
la sua città e il dolore per la corru- namenti politici per le costituzioni di
zione di essa. Licurgo e di Solone, dettero un saggio
127. mia: «oh misera, misera patria ben piccolo di buon ordine civile al con-
mia! Quanta pietà mi stringe per te, fronto {verso) di te. D. ebbe probabil-
qual volta leggo, qual volta scrivo cosa mente presente questo passo delle In-
che a reggimento civile abbiarispetto »; ! stitutiones di Giustiniano I, 2, 10: «ori-
Conv. IV, 27. go eius [iuris civilis] ab institutis dua-
non ti tocca: Firenze era per D.
128. rum civitatium, Athenarum Scilicet et
il centro dei disordini sin qui rinfac- Lacedaemonis, fluxisse videtur ». - ci-
ciati all'Italia in generale. Cfr. Epist. vili : « Grascia capta ferum victorem
ad Henr. VII, § 7. cepit, et artes Intulit agresti Latio » ;

129. si argomenta ingegna, si ado-


: s' Horat., .Epist. II, i, 156 sg.
pera per non meritare questi rimproveri. detto di 'provvedimenti ',
142. sottili :

130-131. scocca ecc.: si manifesta in pa- l'agg. suona propriamente fini, escogi- '

role, per non scagliare inconsideratamen- tati con acuto ingegno ma il tono iro- '
;

te strali che non si possano più ritirare. nico del contesto vuole che s'intenda
132. in sommo della bocca sulle lab- : sottili nel senso suo più materiale di
bra; cfr. Prov. XXIX, 20. Eccles. IV, 34. '
deboli, inetti a resistere e durare '.
133. comune incaico: i pubblici uffici. 143. novembre: « tutto giorno si face-
135. sanza chiamare: senza chiamata vano nuove leggi e si correggevano le
o invito d' alcuno, il popol tuo si esi- vecchie.... Della quale varietà credo che
bisce pronto a sostenere il peso degli sia nato quello che vulgarmente, con
[ANTIP. BALZO 2] PUKG. VI. 144-151 [CONTRO FIRENZE] 377

non ghigne quel che tu d'ottobre fili.


145 Quante volte, del tempo che rimembro,
legge, moneta, officio e costume
hai tu mutato, e rinnovato membre!
148 E se ben ti ricordi e vedi lume,
vedrai te simigliante a quella inferma
che non può trovar posa in su le piume
151 ma con dar volta suo dolore scherma.

vitupero della città, si dice Legge


: 147. membre : cittadini, cacciati e ri-
fiorentina, fatta la sera e guasta la chiamati a vicenda, seccando il prevaler
mattina »; D. Giannotti, Bep. Fior., dell' una
o dell'altra fazione. Il plur. in
II, 18. Il I*. cita i mesi d'ottobre e no- e è forma neutra non insolita così cai- :

vembre, alludendo quasi di certo alle cagne in Purg. XII, 21 vestige in Par.
;

mutazioni avvenute, in Firenze dall'ot- XXXI, 81 cfr. Parodi, Bull. Ili, 122.
;

tobre al novembre del 1301 (cfr. G. Vili. 148. vedi lume ti è rimasto un po' di
:

VIII, 49 XII, 19, 97) cbe segnarono «la


;
lume di ragione.
catastrofe di Parte Bianca e l'esilio di lui 150. trovar posa: «Necinvenit requiem»;
medesimo » ; Del Lungo, D. ne' tempi di Lament. Jerem. I, 3. - «Nec habent re-
b., p. 159. quiem die ac nocte »; Apocal. XIV, 11.
145. che rimembre di cui serbi memo-
: 151. con dar volta: l'ammalata cerca
ria in quest' ultimi anni.
; Un
elenco qualche sollievo a' suoi dolori, volgendo-
cronologico delle mutazioni fiorentine si qua e là sulle coltrici Firenze cerca ;

dal 1248 al 1307 è in Coni. Lips. II, 82 sg. di rimediare a' suoi mali, mutando ogni
146. officio « quia nunc consules, nunc
: momento legge, moneta, officio e costume.
antianos, nunc priores babuerunt, et « Et fessum quotiens mutet latus »; Virg.,
multa nova officia adinvenerunt; e co- Aen. III, 581. - scherma: da schermare,
stume: mores mutantur ibi de die in (ted. schirmen) per fare schermo a ',
'

diem, quia fiorentini discurrentes per (cfr. Purg. XV, 20 e il lat. defenderc
mundum reportant varios mores alieni- nel senso di schermirsi: « Defendere
genarum in patriam, ut potes videro in frigus » ÈXorat., Sai. I, in, 14. - « De-
;

mulieribus eorum » Benv. ; fendere sitim »; SU. Ital., Pun. VII, 170).
378 [antip. valletta] Puro. vii. 1-12 [BORDELLO] x 1

CANTO SETTIMO

ANTIPUBGATORIO : AMENA
LA VALLETTA
PRINCIPI INTENTI A GLORIA TERRENA

RODOLFO IMPERATORE, OTTOCARO li RE DI BOEMIA


FILIPPO III RE DI FRANCIA, ARRIGO I DI NAVARRA
PIETRO III E ALFONSO III D' ARAGONA, CARLO I d'ANGIO
ARRIGO III RE D'INGHILTERRA, GUGLIELMO VII DI MONFERRATO

Poscia che l'accoglienze oneste e liete


furo iterate tre e quattro volte,
Sordel si trasse e disse « Voi, chi siete? »
:

« Anzi che a questo monte fosser volte


l'anime degne di salire a Dio,
fur l'ossa mie per Ottavian sepolte.
Io son Virgilio; e per nuli' altro rio
lo ciel perdei, che per non aver le » :

così rispuose allora il duca mio.


10 Qual è colui che cosa innauzi sé
subita vede, ond'ei si maraviglia,
e crede e non, dicendo : « EU' è.... Non è » )

V. 1-39. Sordello e Virgilio. Dopo le 3. si trasse: si ritirò indietro. - chi


prime festose accoglienze, Sordello, co- siete prima aveva domandato del paese
:

nosciuto V., lo riabbraccia riverente- e della vita (Purg. VI, 70) ora del nome. ;

mente, e gli chiede poi onde e come e 4. Anzi ecc. « Innanti che 1' anime
:

perchè venga. V. con pronta cortesia de' insti andasseno al Purgatorio, cioè
espone le ragioni del suo viaggio e, in- innanti a la passione di Cristo imperò ;

sieme, descrive, senza dirne il nome, il che innanti a quella tuttel'anime de' iusti
luogo dov' è stato messo dalla giustizia andavano al Buti. Cfr. Thom.
Limbo»;
di Dio, accennando chi siano ivi i suoi Aq., Sum. theol. Ili, 52, 5 sg. Inf. I, 70.
compagni infine domanda a Sordello
; Purg. Ili, 27. V. morì nel 19 av. Cristo.
quale sia la via più breve per giungere 6. per Ottavian: da Ott., cioè per ordi-
alla porta del Purg. ne suo. « Ossa eius iussu Augusti Nea-
2. tre e quattro volte più volte il nu-
: ; polim translata sunt tuniuloque condita,
mero determinato per l'indeterminato, qui est in via puteolana » Donai., Vita ;

come Inf. Vili, 97. « Tum liquidas corvi Yerg., 63.


presso ter gutture voces Aut quater in- 7-8. rio: peccato. - per non aver fé:
geminant»; Virg., Georg. I, 410 sg. - per non aver avuta la vera fede, la fede
«O terque quaterque beati »; Aen. I, in Cristo. Cfr. Inf. I, 124 sg.; IV, 37 sg.
94 ;« Terque quaterque manu pectus 10-12. Qual è colui ecc.: Sordello, al-
percussa decorum »; ibid., IV, 589. l'udire il nome di V., rimane come chi,
[ ANTI P VALLETTA ]
. PURO. VII. 13-29 [SOKDELLO] 379

L3 tal parve quegli, e poi chinò le ciglia,


e umilmente ritornò ver lui,
e abbracciol là 've il minor s'appiglia.
L6 « gloria de' Latin » disse, « per cui
mostrò ciò che potea la lingua nostra,
o pregio eterno del loco ond'io fui,
10 qual merito o qual grazia mi ti mostra?
S'io son d'udir le tue parole degno,
dimmi se vieu d'Inferno e di qual chiostra. »
22 « Per tutti i cerchi del dolente regno »
rispuose lui « son io di qua venuto :

virtù del ciel mi mosse, e con lei vegno.


25 Non per far, ma per non far ho perduto
di veder l'alto sol che tu disiri,
e che fu tardi da me conosciuto.
28 Loco è laggiù non tristo da martìri,
ma di tenebre solo, ove i lamenti

vedendo d' improvviso cosa che ha del- rem locutionem.... quam sine omni re-
l' inverosimile, maravigliato, dubita se gula, nutrices imitantes accipimus » e' è
essa, sia veramente tale quale gli appa- per gl'Italiani « alia locutio secundaria
risce. - crede : Petrarca
I, Son. 116 (135), quam Romani gramaticam vocaverunt »;
7 sg. : « Non creda, e vi vomì
so s' il e '
gramatica '
si sa che vale k
lingna
intra due N"è sì né no nel cor mi sona
; latina '.
intero ». Cfr. Iìif. Vili, 111. 18. locoond'io fui: Mantova.
13. e poi ecc. certo ormai della cosa,
: 19.merito: mio. -grazia: divina.
abbassò gli occhi in segno di reverenza. 21. d'Inferno: V. gli ha detto d'aver
14. ritornò gli si avvicinò di nuovo,
: perduto il cielo, v. 8 e Sordello gli do- ;

e in atteggiamento umile. Dopo aver manda se proprio viene dalla regione


sfogata liberamente, senza esitazione al- infernale, e, se così è, da quale parte
cuna, la commozione affettuosa verso il di essa. - chiostra: cerchio infernale:
concittadino, Sord. erasi ritirato unpo'in- cfr. Inf. XXIX, 40.
dietro per domandargli del nome, quasi 22. Per tutti per venir qui sono pas-
:

lo avesse ripreso un po' della sua abi- sato per tutte le chiostre d'Inferno, mos-
tuale disdegnosa alterezza; ma, come so, ravvalorato da celeste virtù (Inf. II,
sente il nome di V. nell'animo di Sor- 52 sgg. Purg. I, 52 sgg.).
delio non trovan più posto se non rive- 25. Non per far ecc. non per colpa po- :

rente ammirazione ed umiltà sincera sitiva, ma per colpa negativa, cioè per
15. ove: chi intese dal petto in gin '
mancanza di fede; cfr. v. 7 sg., 34 sgg.
sotto le braccia chi alle coscie
'
; chi ' '
; 26. sol: Dio; Par. IX, 8; X, 53;
cfr.
1
alle ginocchia chi ai piedi '. Il passo
'
;
'
XVIII, 105 ; XXV, Conv. Ili, 7, 12.
54.
Purg. XXI, 130 scioglierebbe ogni dub- 27. tardi : dopo morte, quando, già da
bio, se dell'essersi Sord elio prostrato si più anni nel Limbo, vide scendervi Cri-
facesse qui menzione, mentre si accenna sto: cfr. Inf. IV, 52.
solo al chinar delle ciglia e ad un ab- 28. Loco ecc.: il Limbo, Inf. IV, 25 sgg.
bracciamento come di inferiore a supe- 29. tenebre « nel IV dell' Jn/. il luogo
:

riore. La l a interpr. apparisce perciò la luminoso è pe' soli spiriti illustri e buoni,
più naturai e. Cfr. D' Ovidio, Studii, p. 12. non già per gli altri. V., che era pure
16. per cui: per opera del quale. di quelli, dopo accennato alle tenebre,
17. lingua nostra la latina, che tutti
: dice: Quivi sto io: quella luce alla ce-
gli Italiani ben possono dir lingua loro. leste era tenebre » Tom. Cfr. Thom. ;

Cfr. De V. E. I, 1, 2-3 oltre la « vulga- : Aq., Sum. theol. III, Suppl. LXIX, 5.
1
380 [anUP. valletta] Pukg. vii. 30-15 [legge del purgatorio]

non suonali come guai, ma son sospiri.


:;i
Quivi sto io coi parvoli innocenti,
dai denti morsi della morte a va ni e
che fosse? dell' lumina colpa esenti ;

Zi quivi sto io con quei che le tre sante


virtù non si vestirò, e sanza vizio
conobber l'altre e seguir tutte quante.
37 Ma se tu sai e puoi, alcuno indizio
da' noi, perchè venir possiam più tosto
dove Purgatorio ha dritto inizio. »

40 Rispuose « Loco certo non e' è posto
: :

licito ni' è andar suso ed intorno ;

per quanto ir posso, a guida mi t'accosto


43 Ma vedi già come di china il giorno,
e andar su di notte non si può te ;

però è buon pensar di bel soggiorno.

30. guai: cfr. Inf. TV, 25 sgg. quo vadat ») e si offre guida a V., che
;

31. coi parvoli : I). ha fatto un limbo mostra gradire l'offerta, per andare in
solo dei due limbi, patrum e pnsrorum, un luogo ove passar bene la notte.
che i teologi distinguono. « Limbus pa- 40. certo fisso. - posto assegnato. - È
: :

trum Limbus puerorum absque dubio


et loro permesso di girare attorno per quei
differunt secundum qualitatem premii poggi e di salire fino alla porta del vero
vel pcenae. Pueris enim non adest spes Purg., ma non di entrarvi; ciò avverrà,
beatse vitae, quae patribus in Limbo ade- come già si vide, sol dopo certo tempo.
rat; in quibus etiam lumen fidei et gra- Cfr. Virg. Aen. VI, C73.
tise refulgebat. Sed quantum ad situm, 42. per quanto ecc.: mi t' accompagno
probabiliter creditur utrorumque locus come guida fin dove mi è lecito inoltrar-
idem fuisse nisi quod Limbus patrum
: mi, cioè sino all'ingresso del vero Purg.
erat in superiori loco quam Limbus pue- La ragione più forte, se non la sola, per
rorum »; Thom. Aq., Sum. theol. Ili, la quale D. scelse Sordello cOme guida
Suppl. LXIX, 6 e cfr. Ili, 52, 2. all'amena valletta, è probabilmente da
32. da' denti morsi ecc.: morti «Morsus ricercarsi nel fatto che Sordello, scri-
tuus ero, Interne»; Osea, XIII, 14. vendo per la morte (1236) del prode ca-
33. umana colpa: peccato originale. - valiere provenzale, ser Blacas, il famoso
esenti: lavati col battesimo. pianto in cui invita i signori d' Europa
35. virtù: teologali; fede, speranza e a cibarsi del cuore di quel prode se vo-
carità; cfr. Conv. Ili, 14, gliono guarire della loro viltà, flagellò
36. l'altre: le virtù civili e naturali. i principi del suo tempo, e D. gli pose

37. se tu sai e puoi se conosci la via: « inmano il flagello anche nell'altro


e ti è permesso di indicarcela. mondo ». Sordello infatti addita a D.
38. noi a noi cfr. Purg. XXXI, 136.
: ; con parole che non son tutte di lode,
39. dritto inizio: il suo vero princi- i principi della valletta; i quali sono,
pio. Sono ancora nell'Antipurgatorio. tranne uno, gli stessi o i successori di
V. 39-63. Legge del Purgatorio cir- quelli ricordati nel pianto coincidenza ;

ca la salita, Sordello espone la legge che non può essere fortuita. Cfr. D'Ovi-
secondo la quale nella sacra montagna, dio, Studii, p. 6 sgg. e 10 sgg. e D'An-
tramontato il Sole, non è possibile sa- cona, Deci. D., 25-27.
lire (conforme a/.la sentenza di Cristo, 43. dicliina: sono circa le 4 1 /a pom.
Giov. XII, 35 « Ambulate dum lucem
: 45. di bel soggiorno: ad un luogo pia-
habetis, ut non vos tenebra© comprehen- cevole dove restare o soggiornare, du-
dant; et qui ambulat in tenebris, nescit rante la notte.
[antip. valletta] Purg. vii. 46-63 [legge del purg.] 381

4G Anime sodo a destra qua remote :

se mi consenti, io ti inerrò ad esse,


e non sanza diletto ti fier note. »
49 « Com'è ciò? » fu risposto. « Chi volesse
salir di notte, fora egli impedito
d' altrui % o non sarrìa, che non potesse % »
62 E '1 buon Sordello in terra fregò il dito,
dicendo« Vedi ? sola questa riga
:

non varcheresti dopo il sol partito ;

55 non però eh' altra cosa desse briga,


che la notturna tenebra, ad ir suso :

quella col non poder la voglia intriga.


58 Ben si porìa con lei tornare in giuso
e passeggiar la costa intorno errando,
mentre che l'orizzonte il dì tien chiuso. »
Gì Allora il mio signor, quasi ammirando,
« Menane » disse « dunque là 've dici
ch'aver si può diletto dimorando. »
4G. remote appartate. Sono anime di
: 57. intriga: impedisce, impania la vo-
grandi personaggi che, intenti a già vi lontà. « Non potendo, non si vuole»; Tom.
affari mondani, tardarono la penitenza, 58-59. Ben si porìa ecc.: cioè senza il
e sono qui raccolti in un'amena valletta. lume della grazia l'uomo può ricadere
Di questa schiera se non fa parte Sor- nel peccato, o affaticarsi senza profitto.
delio, ha però grande affinità con essa: 60. mentre ecc.: durante la notte. -
« quelli sono i principi che hanno indu- chiuso: « Ante diem clauso componet
giato a pentirsi, distratti dalle cure ter- Vesper Olympo » Virg., Aen. I, 374.
;

rene; Sordello è il letterato, il poeta, che 61. ammirando: V. si maraviglia per-


si dimenticò troppo del cielo negli alti chè non conosce le leggi del Purg.
pensieri dell'arte»; Parodi, Bull. IV 192. ',
63. diletto: cfr. v. 48.
47. merrò: per sincope e assimilaz. da V. La valle fiorita. Guidati da
64-90.
menerò. Sordello, P. arrivano ad un'amenissima
i

48. fier: fien, nano. valletta, dipinta d'erbe e di fiori, dove


49. fu risposto: da V., cfr. v. 61. seggono, cantando una preghiera a Ma-
50. salir: il monte, -fora: sarehbe. ria, principi negligenti di loro eterna
51. non sarrìa ecc. o non salirebbe
: salute. « Ove si voglia attendere che la
per non averne la forza? Sarrìa per sin- Bibbia e la Chiesa e a loro imitazione il
cope e assimilaz. da salirla. UBocc., Dee. Poeta più volte con fiori e fragranze
VII, 9, usò sarrei per salirei, e il Cavalca, simboleggia le opere consumate nella
Pungil., 9, sarrà per salirà. Sulle varian- carità o spiranti il buon odore di Cri-
ti di questo v. cfr. Moore, Crit., 382 sg. sto; nella ricchezza dei colori e degli
52. fregò: descrisse col dito una li- effluvi noi avremo un mistico linguag-
nea in terra. « Iesus autem inclinans se gio a quelle anime già splendidamente,
deorsum, digito scribebat in terra.... Et ma non sempre caritatevolmente ope-
iterimi se inclinans, scribebat in terra » ;
rose, una delicatissima pena di continuo
Giov. Vili, 6, 8. rimprovero, un invito a desiderii e pre-
54. partito :tramontato. Il sole figura ghiere che adempiano l'antico difetto
la grazia divina, senza cui l' uomo non di carità, ed eziandio un simbolo di quel-
può far un passo verso la penitenza. la carità con cui han già cominciato a
55.briga: impedimento ad ir suso. riempir quel difetto » Perez. Secondo
;

5G.tenebra: cfr. le parole di S. Gio- altri, la valletta figura la pompa della


vanni riferite nella n. ai vv. 39-63. vita principesca e l'odore della fama;
382 [ANTIP. VALLKl l'A j
l'I -liti. VII. Ci 1-74 [ASPETTO. DELLA VALL.J

Ci Poco allungati e' era vani di liei,


quand'io mi accorsi che il monte tra scemo.
a guisa elie vallon
scemai) quici.
i li

07 «Colà» disse quell'ombra « n' aneleremo,


dove la costa face di sé grembo;
nuovo giorno attenderemo. »
e quivi il

70 Tra erto e piano era un sentiero sebembo


che ne condusse in fianco della lacca,
là dove più eh' a mezzo muore il lembo.
7?,
Oro ed argento fine, cocco e biacca,
indico, legno lucido e sereno,

oppure i colori e le fragranze simboleg- segna limite esterno del piano della
il

giano morali e teologiche, alle


le virtù valle. Il luogo perciò in fianco della '

quali gli Stati sono atti. Quale, che sia lacca là dove più che a mezzo muore il
j

il senso figurato, certo è che cotesta val- lembo della lacca stessa, sarà un punto
'

letta come già osservava Pietro di D., dell'orlo superiore laterale, che sia più
fa ripensare all' Eliso virgiliano, riser- basso del punto mediano dell'orlo stes-
vato alle anime dei virtuosi e dove « pa- so, e dove la parete è alta meno della
ter Anchises penitus convalle virenti metà di quel eh' è nello sfondo della
Inclusas animas superumque ad lumen valle. Cfr. F. Romani, L' Vili e. del
ituras Lustrabat studio recolens»; Virg., Purg., Fir., Olscliln, 1891, pp. 7 e 17, dove
Aen. VI, 679 sgg. Cfr. B' Ovidio, N. St. è anche un utile disegno schematico.
I, 413 sgg., dove è acutamente rilevato 73. cocco lat. coccum, grana di scar-
:

quali e quanti elementi in quest' episo- latto, o chermes, specie di cocciniglia


dio della valletta siano d' ispirazione che vive sulle querce. Si hanno in que-
virgiliana. Sordellocompie 1' ufficio di sta descrizione tutti i colori di un campo
Anchise, indicando e nominando le ani- fiorito oro : =
giallo argento bianco
;
=
me suoi interlocutori.
a' splendente; cocco rosso biacca = bian- ; =
64. allungati allontanati. - ; liei : lì ;
co puro indico ;
=
azzurro legno lucido ;

cfr. Inf. XIV, 84. e sereno =


bruno? giallo avorio?; sme-
65-66. scemo incavato : ; « avea conca- raldo = verde.
vità e valle, sicché non girava tondo » 74. indico, legno: è da distinguere in-
(Buti), come dove
si aprono valìon-
là dico e legno lucido, come fanno Lan.,
celli nei fianchi delle montagne del no- Buti, ed altri. Molti prendono indico
stro mondo. - vallon li sceman li si ri- : come aggiunto di legno; ma quale sia
ferisce a monti ', facile a pensarsi per
'
poi questo legno indico lucido e sereno
il monte del v. 63 cfr. Purg. XXIV,
' '
;
nessuno sa (cfr. Com. Lips. II, 97 sg.).
39. - quici qui, in questo mondo.
: Meglio intendere per indico 1' indaco ' '
;

70. Tra ecc. non propriamente erto


: quanto al legno lucido e sereno se non
nò piano. - scliembo sghembo, obliquo. : piace la quercia fracida rilucente di not-
71. lacca cavità, valle v. Inf. VII, 16.
: ; te di cui parla il Lan., si può col Pa-
72. là dove ecc. La parete che chiude, : rodi pensare a un legno « levigato o tor-
per così dire, da tre lati La valletta scavata nito, come p. es. il bosso, che sia o di-
nel fianco del monte, è nella parte che re- venga lucido e sereno, lucido e chiaro
sta di fronte a chi acceda alla valletta (cfr. il lat. aqua serena) un colore, ruo- :

dal basso, tutta di una altezza; ma ne' tiamo, giallino o d'avorio» Bull., XXV, ;

fianchi, mentre l'orlo inferiore della pa- 42. << Così si hanno (cfr. n. prec.) tutti i
rete è orizzontale o poco inclinato gia- colori di un campo fiorito» scrive il D'An.
cendo nel piano della valletta, l' orlo Lect. Dantis, che anche osserva, e non a
superiore segue il pendio del monte, torto, che « un po' troppo particolareg-
epperò la parete dall'interno all'ester- giato e trito può forge parere l'enumera-
no si fa via via più bassa, fino a che re che fa il poeta, adducendo esempi dal-
muore del tutto, dove 1' orlo superiore la natura vegetale e minerale, tanto va-
s'incontra con l'estremo della linea che rio sfoggiar di colori ».
L
ANTIP. VALLETTA] PlJKG. VII. 75-91 [principi] 383

fresco smeraldo in 1' ora che si fiacca,


70 dall'erba e dalli fior dentro a quel seno
posti ciascun sarìa di color vinto,
come dal suo maggiore è vinto il meno.
79 Non avea pur natura ivi dipinto,
ma di soavità di mille odori
vi iacea un incognito e 'nd istinto.
62 « Salve, Begina » in sul verde e in su' fiori
quindi seder cantando anime vidi,
che per la valle non parean di fuori
85 « Prima che il poco sole ornai s' annidi »

cominciò il manto van che ci avea volti,


« tra costor non vogliate ch'io vi guidi.
88 Di questo balzo meglio gli atti e i volti
conoscerete voi di tutti quanti,
che nella lama giù tra essi accolti.
91 Colui che più sied' alto e fa sembianti

75. fresco ecc.: «lo smeraldo è verde, e 85. poco sole : il sole era vicino al tra-
quando si fiacca, o rompe, si. dimostra in monto. - s'annidi si corichi. :

tal rottura di molto più vivo ed acceso 86. Mantovan Sordello. - volti
: : gui-
colore che non fa in superfìcie, per avere dati pel cammino schembo, v. 70.
in questa già perduto alquanto della sua 88-90. Di : da. - lama
la valletta cfr. : ;

vivacità » Teli.; Inf. XX, 79. Lama


vale avvallamento.
76-78. seno: valletta. Ciascuna delle V. 91-96. Hodolfo imperatore, Sor-
cose menzionate sarebbe superata per dello addita e nomina ai P. ad uno ad
bellezza di colore dall'erba e dai fiori di uno gli spiriti magni, cfr. Inf. IV, 118
quella valletta, come dal più grande è sgg. Il primo, che, come imperatore (e
superato il meno grande. anche nel Pianto per ser Blacasso il
79-81. Non avea pur ecc.e la natura
: primo nominato è l' imperatore) siede
avea non solo dipinto, cioè abbellito di più alto, è Eodolfo di Absbnrg, padre
colori, il terreno di quella valle, ma lar- di Alberto d'Austria (Purg. VI, 103) n.
gito all'erbe e ai fiori mille odori soavi, 1 maggio 1218, coronato imperatore in
dei quali ellaformava un odore del tutto Aquisgrana 28 ottobre 1273, m. 30 settem-
nuovo (incognito), in cui i mille effluvii bre 1291. « Fu di grande affare, e ma-
si fondevano senza che alcuno più si di- gnanimo, e prò' in arme, e bene avventu-
stinguesse. An. Fior. « Di molti odori
: roso in battaglie, molto ridottato dagli
di quei fiori se ne facea uno che avea Alamanni e dagli Italiani e se avesse ;

l'odore di tutti, et non avea di veruno, voluto passare in Italia, senza contrasto
a modo di una confezione che si fa di n'era signore. E mandocci suo ambascia-
molte cose buone, et diviene di molti uno dorè l'arcivescovo di Trievi, e fu in Fi-
sapore solo». renze negli anni di Cristo 1280, signifi-
82. Salve ecc.: è la preghiera che si cando sua venuta, onde i Fiorentini non
suole recitare dopo i vespri, chiedendo sapeano che si fare, e se fosse passato,
a Maria protezione in questa valle di la- di certo l' avrebbono ubbidito. E lo re
grime e la grazia di farci degni di veder Carlo, ch'era sì possente signore, il te-
Cristo. Anche la valletta è per quelle mette forte.... Sempre intese a crescere
anime luogo d' esilio e valle di lagrime. suo stato e signoria in Alamagna, lascian-
83. quindi dall'orlo della valletta su
: do le imprese d'Italia per accrescere terra
cui ci eravamo fermati ad osservare. e podere a' figliuoli » G. Vili. VII, 55,;

84. non parean: non si vedevano dal MG. Cfr. Par. Vili, 73. Conv. IV, 3.
di fuori per la cavità della valle. 91. sembianti : sembiante. È nome
[ANTIP. VALLETTA] PuRG. Vii. 92-106 [principi]

d'aver Defletto ciò che far dovea


che non move bocca agli altrui canti,
6
94 Ridolfo imperador fu, che potea
sanar le piaghe e' hanno Italia morta,
sì che tardi per altri si ricrea.
9V L'altro che nella vista lui conforta,
resse la terra dove V acqua nasce
che Molta in Albia e Albia in mar ne porta:
100 Ottàccliero ebbe nome, e nelle fasce
fu meglio assai che Vincislao, suo tìglio,

barbuto, cui lussuria e ozio pasce.


103 E quel Nasetto che stretto a consiglio
par con colui e' ha sì benigno aspetto,
morì fuggendo e disfiorando il giglio :

100 guardate là come si batte il petto !

ixia8ch. sing. in della 3& declinazione;


-i dolfo imperatore, morto a Buda nel 1305.
Nann., Nomi, 199 sg. e 202. Fu insieme lussurioso e bigotto. 1). lo
92. ciò che ecc. venire in Italia, giar-
: ricorda anche in Par. XIX, 125 sg.
dini dello 'mperio, primo dovere, secondo V. 103-111. Filippo III re di Fran-
la teoria politica di D., dell' imperatore. cia ed Enrico di Navarra. Ecco lì due
93. non muoTG bocca: non canta cogli altri stretti insieme a consiglio. L' uno
altri il Salve, Regina, l'orse per vergogna ò Filippo III, detto YArdito, re di Fran-
della sua negligenza (Benv.), e forse per cia, secondogenito di Luigi IX e padre
altri motivi cfr. Comm. Lips. II, 100.
; di Filippo il Bello e di Carlo di Valois ;
95. piaghe divisioni di parte, che
: nacque nel 1245, successe al padre nel
hanno lacerata e disfatta l'Italia. 1270, essendo con lui all'assedio di Tu-
vani tentati-
96. tardi ecc.: allusione ai nisi; m. a Perpignano il 6 ottobre 1285.
vi di Arrigo VII di restaurar da noi l'au- « Fu signore di gran cuore, e in sua vita
torità imperiale; cfr. Par. XXX, 137 sg. fece grandi imprese»; G. Vili. VII, 105.
V. 97-102. Ottocaro II redi Boemia. Fu nasello (Buti) onde D. lo chiama Na-
;

Quell'altro che all'apparenza mostra di setto, non Nasuto, come alcuni leggono.
confortare Rodolfo al quale in vita fu L'altro è Enrico di Xavarra, detto il
fieramente avverso, eletto re di Boemia Grasso, fratello del « buon re Tebaldo »,
nel 1253, morì nella battaglia presso Inf. XXII, 52, suocero di Filippo il Bello,
Vienna il 26 agosto 1278. Fu valente cui aveva dato Giovanna, sua figlia eredi-
guerriero e crudele tiranno, accusato, taria morì nel 1274 a Pamplona, soffo-
;

forse non a torto, di aver consigliato cato nel grasso del proprio corpo. Fu di
l'assassinio di Corradino. D., che pro- natura tutt'altro che benigna; ma D.
babilmente conosceva Ottocaro solo per parla solo dell' apparenza esteriore, come
la fama di valente guerriero, forse lo per Gerione, Inf. XVII, 10 sgg.
pone qui quale nemico di Rodolfo, per 105. fuggendo: nella guerra di Filip-
mostrare che i già nemici sono lì amici. po III con Pietro III d'Aragona (1285)
98. terra: la Boemia, dove nascono le Ruggero di Lauria, ammiraglio di Pie-
acque chela Molta (Moldava) raccoglie e tro, disfece la fiotta francese. Filippo, che
porta a\V Albia (Elba) e questa nel mare. aveva già occupata la Catalogna, quan-
100. nelle fasce Ottocaro da fanciullo
: do vide perduta la fiotta e preclusa ogni
valeva più di quel che vale ora Vence- via a vettovagliare l'esercito, che in par-
slao, suo figlio, in età matura. te perì di fame, morì di crepacuore in
101. Vincislao Venceslao IV, detto il
: Perpignano. - disfiorando vituperando :

Pio o il Buono, nato nel 1270, successo al l' insegna della casa di Francia tre gi-:

padre nel regno di Boemia nel 1278, elet- gli d'oro in campo azzurro.
to nel 1300 re di Polonia, genero di Ro- 10G. batte addolorato della viziata e
:
[antip. valletta] Purg. vii. 107-119 [principi] 385

L'altro vedete e ha fatto alla guancia


7

della sua palma, sospirando, letto.


109 Padre e suocero son del mal di Francia :

sanno la vita sua viziata e lorda,


e quindi viene il duol che sì li lancia.
112 Quel che par sì membruto e che s' accorda,
cantando, con colui del maschio naso,
ogni valor portò cinta la còrda ;
d'
115 e se re dopo lui fosse rimaso
lo giovinetto che retro a lui siede,
bene andava il valor di vaso in vaso;
118 che non si puote <Jir dell'altre rede :

Jacomo e Federigo hanno i reami;


lorda vita di Filippo il Bello, suo figlio. lia, carnefice di Corradino, n. 1220,
il

Per lo stesso motivo Enrico di Na varrà, m. Gravi e numerose furono le


1285.
suocero di esso Filippo, sta lì dolente, colpe di lui anche agli occhi di D., che
col volto appoggiato a una mano. della sua mala signoria e delle tristi
' '

109. mal di Francia Filippo il Bello,


: conseguenze di essa parla severamente
contro cui D. non si stanca d'inveire; in Par. VIII, 73 sgg. e di altri delitti ci
cfr.Purg. XX, 91, XXXII, 152; XXXIII, porge un'amara enumerazione in Purg.
45. Par. XIX, 118 sgg. Più mite è il XX, 67 sgg. Ma
il P. lo mette in luogo di

giudizio del guelfo Giov. Vili. IX, 66. salvazione non tanto forse per la osser-
110. lorda di Filippp il Bello scrive
: vanza costante e ostentata delle prati-
ilMontfaucon (citato da De Bom., Ed. che religiose, quanto per la morte che fu
Pad., Tom. ed «Il était vindicatif
altri): quella di un buon cristiano, che, pentito
jusqu'à l'excès, dur et impitoyable à ses de' suoi peccati, ne chiede perdono a
sujets. Pendant le cours de son règne, il Dio, come racconta Q. Vili. VII, 95. Qui
y eut plus d'impóts, de taxes, et de maltó- stesso, del resto, D. rileva (vv. 128 sg.)
tes que dans tous le règnes précédents. » la inferiorità diluì rispetto a Pietro III
111. lancia: da lanciare colpire con d'Aragona, al quale solo è diretta l'aitai
lancia, o come lancia-, trafiggere: cfr. lode contenuta nel v. 114.
saettare e saetta. 114. portò ecc. fu adorno d'ogni più
:

V. 112 129. Pietro III d'Aragona bella virtù. L'immagine della cintura è
e Carlo d'Angiò. Bordello addita ora a biblica: « Et eritjustitia cingulum lum-
I). e a V. due altri personaggi che can- borum eius, et fìdes cinctorium renum
tano insieme l'inno alla Vergine, e ne eius » : Isaia, XI, 5 ; « Accinxit forti-
prende occasione a deplorare la degene- tudine lumbos suos » Prov. XXXI, 17. ;

razione de' loro discendenti. L'uno, che 116. giovinetto: Alfonso III, detto il
anche nel mondo di là appare assai Magnifico, primogenito di'Pietro III, al
membruto, è Pietro III d'Aragona, detto quale successe nel regno d'Aragona nel
il Grande, n. 1236, marito di Costanza 12S5 e morì senza prole nel 1291. Altri
figlia di Manfredi, incoronato re d'Ara- {D'Ancona, o. e, 32) nel giovinetto rav-
gona il 16 ag. 1276, e re di Sicilia il 3 set- visano Pietro, ultimogenito di Pietro III,
tembre 1282 dopo i Vespri, m. a Villafran- morto giovine, considerando che, sia
ca il 10 nov. 1285. « Fu valente signore pure per poco, Alfonso rimase re dopo il
e prò' in arme, e bene avventuroso e sa- padre, e che, quando morì, non era giovi
vio, e ridottato da' cristiani e da' sara- netto e s'era acquistata fama d' iniquità.
cini altrettanto o più, come nullo re che 117. di vaso in vaso di padre in figlio :
;

regnasse al suo tempo » Vili. VII, 103.


; cfr. Qerem. XLVIII, 11: «non transfu-
Quell'altro dal naso maiuscolo è Carlo sus est de vase in vas ».
d'Angiò, figlio di Luigi Vili re di Fran- 118. rede eredi. Cfr. Inf. XXXI, 116.
:

cia e fratello di Luigi IX, il conquista- Purg. XIV, 90 XVIII, 135, ecc. ;

tore iniquo del regno di Napoli e Sici- 119. Jacomo Giacomo II d'Aragona,
:

25. — Div. Comm., 8 a ediz.


386 [antii\ valletta] Puro. vii. 120-131 [principi]

del retaggio miglior nessun possiede.


121 Rade volte risurge per li rami
P umana probi tate, e questo vuole
quei che la dà, perchè da lui si chiami.
124 Anche al Nasuto vanno mie parole,
non men eh' all' altro, Pier, che con lui canta,
onde Puglia e Provenza già si dole.
127 Tant' è del seme suo minor la pianta,
quanto più che Beatrice e Margherita,
Gostanza di marito ancor si vanta.
130 Vedete il re della semplice vita
seder là solo, Arrigo d'Inghilterra:

detto il Giusto, secondogenito di Pie- inferiore a Carlo I, suo padre, quanto


tro III, incoronato re di Sicilia il 2 feb- Costanza, vedova di Pietro III, tuttora
braio 1286. Morto nel 1291 Alfonso sno viva nel 1300, ha più ragione di van-
fratello maggiore, Giacomo gli successe tarsi del marito che non avessero di van-
nel regno d'Aragona. Morì a Barcellona tarsi del loro le due mogli di Carlo I,
il 2 novembre 1327. Unì sul suo capo la Beatrice, figlia del conte Kaimondo di
corona siciliana e l'aragonese, contro le Provenza, e Margherita, figlia del duca
ultime disposizioni di Alfonso, suo fra- di Borgogna. In altri termini Carlo II
:

tello quindi cedette vilmente la Sicilia


; è tanto inferiore a Carlo I d' Angiò,
al Ciotto di Gerusalemme (Par. XIX, quanto questi a Pietro III d'Aragona.
127), di moglie la figlia
cui prese in - la pianta: Carlo II d' Angiò, detto il
Bianca guerreggiò contro il proprio fra-
;
Ciotto o zoppo, n. 1243, m. 1309; cfr.
tello usurpò il regno di Murcia dopo
; Purg. XX, 79 sgg. Pay. VI, 106 XIX, ;

la morte di Sancho IV, ecc. Cfr. Purg. 127 sgg. Q. Vili. Vili, 108. « Degenere
Ili, 115 sg. Par. XIX, 130 sg. - Fede- del padre, ch'è quanto dire, osò venire
rigo Federigo II re di Sicilia, terzoge-
: a navale battaglia con Ruggiero Lau-
nito di Pietro III, n. 1272, proclamato ria, e fu disfatto e imprigionato coi suoi
re di Sicilia nel 1296, m. nel 1337 prin- ;
capitani, e fu chiuso dapprima nella Roc-
cipe che forse non meritava i forti bia- ca Guelfonia di Messina, poi in questo e
simi di D.; cfr. Par. XIX, 130 sg.; XX, in quel fortilizio... Fu cotanto ipocrita da
63. Oonv. IV, 6. De
Vul. El. I, 12. vestirsi canonico e cantare in coro 1' uffi-
120. del retaggio ecc.: né l'uno né l'al- cio; sì vile, che per danaro vendè la figlia
tro possiede il valore paterno. Beatrice al vecchio Azzo VI, marchese
121. risurge :
1' umana probità, o virtù d'Este » Vigo, D. e la Sìcil., 41 sg.
;

(Conv. IV, passa di rado da' geni-


2), V. 130 132. Arrigo III re d'Inghil-
tori ne' figli (cfr. Par. Vili, 93 sgg.); e D. terra. Sordello mostra ai due P. un' al-
« dice risurge, risale, dacché negli al- ti-' anima, aggiungendo ch'ella è più for-

beri genealogici si andò per lungo tempo tunata ne' suoi discendenti che i due
di sotto in su, mentre ora nel figurarli, testé ricordati. È Arrigo o Enrico III,
si comincia dall'alto » D'Anc, Lect. D. ; re d'Inghilterra, figlio di Giovanni Sen-
123. Quei ecc.: Dio che la dà (« Omne zaterra, n. 1 ottobre 1206, succeduto al
datum optimum et omne donum per- padre 18 ottobre 1216, m. 16 novembre
fectum desursum est descendens a patre 1272. Uomo inabile al governo, debole,
luminum » ; JEJp. Giac. I, 17), affinchè si poltrone, senza carattere, semplice stru-
chieda a lui, riconoscendola suo dono. mento nelle mani altrui, avrebbe forse
124. al Nasuto a Carlo d' Angiò cfr.
: ; meritato un posto tra gli « sciaurati che
v. 113. - parole sui figli degenerati.
: mai non fur vivi. » Ma sembra che di
126 onde : per la quale degenerazione lui anche D. non sapesse più che il Vil-
dei figli gli stati già di Carlo I, cioè Pu- lani, il quale si contenta di osservare
glia e Provenza, sin d' ora si dolgono. (V, 4) che « fu semplice uomo e di
127-129. Tant'è ecc.: Carlo II è tanto buona fé' e di poco valore ».
[antip. valletta] Purg.vii. 132-136 -vm. 1-2 [preghiera] 387

questi ha ne rami suoi migliore


7
uscita.
133 Quel che più basso tra costor s' atterra,
guardando in suso, è Guiglielmo marchese,
per cui e Alessandria e la sua guerra
136 fa pianger Monferrato e Canavese. »

rami nel suo figlio Edoardo I,


132. ne' : preso (8 settembre 1290) e chiuso in una
n. 1240, succeduto al padre nel 1272, m. gabbia di ferro, nella quale morì il 13 feb-
1307 « buono e valente re, il quale fu
;
braio 1292. Cfr. Gonv. IV, 11. Giovanni I,
uno de' più valorosi signori e savio suo figlio, per vendicare la morte del pa-
de' cristiani al suo tempo, e bene av- dre, mosse contro Alessandria; ma gli
venturoso in ogni sua impresa »; G.Vill. Alessandrini, unitisi con Matteo Viscon-
VHI, 90. Corresse ed ordinò le leggi, ti, invasero il Monferrato, e s' impadro-

onde fu detto il Giustiniano inglese. nirono di parecchie terre onde il mar- ;

V. 133-136. Guglielmo VII di Mon- chesato pianse a lungo quelle lotte.


ferrato. Seduto a terra più in basso 133. s'atterra: siede in terra.
degli altri, perchè principe di minor verso il cielo per devo-
134. in suso :

grado e potenza, sta Guglielmo VII, zione (Benv.) o forse guardando su per
detto Spadalnnga, marchese di Monfer- la valletta dove sono gli altri principi.
rato dal 1254 al 1292. Essendo vicario 136. Monferrato: Mons Ferratile, re-
imperiale, epperò capo di tutti i Ghi- gione che alla destra del Po si estende
bellini, le città guelfe si collegarono fino agii Appennini liguri e fa ora parte
contro di lui. Nel 1290 la repubblica del Piemonte. - Canavese parte dell'an- :

d'Asti volle ritórgli la città d'Alessan- tica contea del Monferrato in sinistra
dria e vi suscitò una ribellione. Gu- del Po, fra le due Dorè. Monferrato e
glielmo vi accorse per sedarla e far ven- Canavese costituivano il marchesato di
detta; ma. sollevatosi tutto il popolo, fu Gaglielmo VII.

CANTO OTTAVO

ANTIPURGATORIO LA VALLETTA AMENA


:

PRINCIPI INTENTI A GLORIA TERRENA

PREGHIERA DELLA SERA, DUE ANGELI GUARDIANI


NINO VISCONTI, IL SERPENTE, CORRADO MALASPINA

Era già l' ora che volge il disio


ai navicanti e intenerisce il core

V. 1-18. JLa preghiera della sera. scimus, | ut tua prò clementia j


sis prse-
Sono circa le 6 pom. Un' anima si alza, sul et custodia. | Procul recedant somnia
giunge e leva le palme, tenendo l'occhio et noctium phantasmata; hostemque
j |

fisso verso l'oriente, e intuona l'inno che nostrum comprime, ne polluantur |


cor-
si canta dalla Chiesa a compieta, ultima pora. ||
Praesta, Pater piissimo, |
patri-
parte dell'uffizio divino: tutte le altre que Compar Unice, cum Spiritu Para- |

anime le fanno coro. L'inno è: «Te lu- clito regnans per omne saeculum. »
|

cia ante terminum, |


rerum Creator, po- 1-6. Era già l'ora ecc.: della sera; la
388 [antip. valletta] Pubg. viii. 3-19 [preghiera]

c'han detto ai dolci amici addio;


lo (.lì

e clip lo novo peregrio d'amore


punge, se ode squilla dì lontano,
che paia il giorno pianger che si more ;
(|iiand io incominciai a render vano
7

l'udire e a mirare una dell'alme


surta, che l'ascoltar chiedea con mano.
LO Ella giunse e levò ambo le palme,
ficcando gli occhi verso l'oriente,
come D' altro non calme
dicesse a Dio '

L3 « Te lucis ante » sì devotamente


le uscì di bocca e con sì dolci note,
che fece me a me uscir di mente ;

L6 e l'altre poi dolcemente e devote


seguitar lei per tutto l'inno intero,
avendo gli occhi alle superne rote.
19
Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al vero ;

quale ora, come volge il desìo dei na- onore .... adora dove vuoi che in ogni
| |

viganti alla patria e intenerisce loro il parte e loco trovi Idio. Dunqua qui ti |

cuore nel giorno stesso della partenza, prego io che non ti curi più de l'orien-
|

del loro distacco dai dolci amici, così al te che inver l'occidente far le tue
| |

pellegrino novello dà punture di amore, orazion, come t' occorre. »


s' ode da lungi campane sonare a compie- 12.D'altro non calme: non mi cale,
ta, risvegliandosi in lui a questo suono non mi curo d' altro che d' invocar te.
che sembra piangere il morente giorno, 15. che fece ecc.: che mi rapì tutto a sé,
il melanconico desiderio del suo paese. di modo che dimenticai ogni altra cosa.
7-8. a render ecc. a non udir più voce : 16- 18. e l' altre le altre anime accom-
:

alcuna, tutto intento a mirare una di pagnarono il canto di tutto quell'inno


quelle anime. Sordello aveva cessato di con la stessa dolcezza e devozione con
parlare; le anime finito il canto. che la l a aveva intonato il canto, e te-
9. surta: levata su in piedi; tutti in nendo gli occhi fìssi alle sfere celesti.
quella valletta sedevano, cfr. Purg. VII, V. 19-42. I due angeli gtiardiani.
83. - l'ascoltar di essere ascoltata, -con
: Finito il canto, tutte le anime guardano
mano accennando colla mano cfr. « Ma-
: ; in su; e dall' alto scendono due angeli
nu silentium indicens » Atti XIII, 16. - ; armati di spade, e si fermano sulle spon-
« Voce manuque Murmura compressit» ;
de della valletta, l' uno di faccia all' al-
Ovid., Met. 205 sg. - « Significatque
I, tro, per guardar questa, come dichiara
manu et magno simul incipit ore »; Sordello, da un serpente che ogni sera
Virg., Aen. XII, 692. tenta di penetrarvi. D., spaurito, si strin-
giunse ecc.: congiunse e levò al
10. ge V.
alle spalle di
cielo le mani per pregare cfr. Genesi ;
Aguzza guarda qui con attenzione,
J9. :

XIV, 22. Esod. XVII, 11. Deut. XXXII, e non ti sfugga la importante verità
40. Psal. LXn, 5. Virg., Aen. X, 844 sg. adombrata della scena che sto per nar-
11. l'oriente: secondo ilcostume de' cri- rarti che il velo della allegoria è così
;

stiani i quali, pregando, guardavano ver- sottile e trasparente, che è facile pene-
so oriente cfr. le attestazioni di antichi
; trarlo e comprendere il vero che si na-
nostri scrittori addotte dal Barbi, Bull. sconde sotto di esso. Così tutti gli an-
XII, 270 e XVHI, 13. Caratteristica fra tichi e molti dei moderni. Primo il Veli.,
tutte quella di Francesco da Barberino, spiegò : « Il senso letterale è ora tanto
Docum. d'ani., p. I, doc. 24: «Vedi un difficile a poterlo allegoricamente inter-
ch'ai sol si segna e leva su e falli certo
|
pretare, che trapassarlo senza trarne esso
[antip. valletta] Puro. vili. 20-37 [i due angeli] 389

che il velo è ora ben tanto sottile,


certo, clie '1 trapassar dentro è leggiero.
22 Io vidi quello esercito gentile
tacito poscia riguardare in sue,
quasi aspettando, palido e umile :

25 e vidi uscir dell' alto e scender giùe


due angeli con due spade affocate,
tronche e private delle punte sue.
28 Verdi come fogliette pur mo nate
erano in veste, che da verdi penne
percosse traean dietro e ventilate.
31 L' un poco sovra noi a star si venne,
e l' altro scese in l' opposita sponda,
sì che la gente in mezzo si contenne.
U Ben discerneva in lor la testa bionda ;

ma nelle facce l' occhio si smania,


come virtù eh' a troppo si confonda.
37 « Ambo vegnon del grembo di Maria »

vero sentimento, è legger cosa». Così pa- ad offesa o perchè la tentazione


; si può
recchi moderni. Ma trapassar dentro non bensì fugare, ma non uccidere.
è trapassar oltre, e l'allegoria è qui facile 28-30. Verdi.... in veste : vestiti. di vesti
a cogliere che il serpente figura eviden-
; di colore verde chiaro, come fogliette
temente la tentazione del male, e i due appena spuntate, -che da verdi ecc.: si
angeli l'aiuto celeste contro di essa, il traevano dietro le verdi vesti per 1' aria,
quale non manca a chi, temendo la ten- battendole ed agitandole col moto delle
tazione e desiderando non esserne vin- pur verdi ali. « Per l' ale loro vuol dare
to, lo invoca devotamente. Cfr. circa a intendere la velocità della grazia di
l'aiuto divino per mezzo di angioli Psal. Dio, la quale corre a' fedeli et a' divoti
XXXIII, 8; XC, 11. Thom. Aq., Sum. affetti » An. Fior. Verde è il colore
;

theol. I, 113, 1 sg. della speranza, la quale è propria solo


23. in sue: in su, verso il cielo; cfr. anime del Purgatorio
dei viventi e delle ;

Psal. CXX, 1; CXXII, 1. Thom. Aq., Sum. theol. II, n, 18, 3.


cfr.
24. palido: così gli antichi quasi sem- Dunque gli angeli recano alle anime an-
pre invece di pallido '; cfr. Barbi, V. N.,
'
che conforto della sicura speranza.
il

p. cclxxi. Il pallore è effetto del timore contenne: fu contenuta, rimase.


33. si
del serpente. - umile: con umile cuore 34-35. Ben discerneva ecc.: io poteva
dimandava l'aiuto di Dio. bensì discernere i biondi capelli degli
25. dell'alto: 'dal grembo di Maria', angeli, ma 1' occhio mio era abbagliato
v. 37; dunque dal cielo empireo. dal fulgore de' loro visi. Cfr. Apoc. I,
26. due: come Cristo i suoi discepoli 16; X, 1.
(cfr. Marc. VI, 7), così Dio manda i suoi 36. a troppo :.« ogni nostra virtù sen-
angeli a due a due, cfr. Lue. XXIV, 4. sitiva richiede l' obbietto contemperato
Giov. XX, 12. Atti I, 10, ecc. Eorse a sé, altramente viene meno, come veg-
questi due sono i cherubini dalle spade liamo de la virtù visiva che non soffe-
fiammeggianti, posti da Dio a guardia risce di vedere la rota del sole » Buti. ;

dell'Eden, Genes. Ili, 24. 37. del grembo di Maria: dall'empireo,


27. tronche ecc.: perchè figura non dove Maria ha il suo trono Par. XXXI,;

pure della giustizia, ma anche della mi- 118 sgg. « Figurando Dante la magion
sericordia di Dio. Secondo altri, perchè de' beati in Paradiso a modo di candida
l'assistenza degli angeli è a difesa, non rosa {Par. XXXI, 1), le foglie della quale
o<J0 [a&tip. valletta] P0rg. Vili. 38-51 [NINO VISCONTI]

disse Sordello « a guardia della valle,


per lo serpente che Verrà via via. »
40 Ond'io, che non sapeva per (ina: calle,
mi volsi intorno, e stretto in' accostai,
tutto gelato, alle fidiate spalle.
43 E Sordello anco : « Or avvalliamo ornai
tra le grandi ombre, e parleremo ad esse
grazioso ria lor vedervi assai. »
46 Solo tre passi credo ch'io scendesse,
un che mirava
e fui di sotto, e vidi
pur me, come conoscer mi volesse.
49 Tempo era già che l' aere s' annerava,
ma non sì che tra gli occhi suoi e i miei
non dichiarisse ciò che pria serrava.

sieno le sedie de' beati, in guisa dispo- a punire frate Gomita, suo vicario noi
ste, che dal mezzo verso la circonferenza giudicato di Gallura. Morì nel 1296. Cfr.
della rosa vadano d'ordine in ordine Del Lungo, D. ne' tempi di D.,pp. 271-369.
rialzandosi, quasi di valle andando a Fu probabilmente compagno d' arme di
monte (ivi, v. 121), e facendovi in nna D. all'assedio di Caprona (Inf. XXI, 95);
delle più alte sedie, poste alla circonfe- ma D. potè anche conoscerlo in Firenze,
renza, assisa Maria Vergine, e festeg- dove Nino fu più volte per gli affari della
giata dagli angeli perchè non intende-
: lega guelfa tra il 1288 e il '93. I comin.
remo che come grembo appella il Poeta la ant. lo dicono gentile d' animo e di co-
cavità dove siedono quest'anime (Purg. stumi, forte ed ardito.
VII, 68), così grembo di Maria appelli la 43. Or avvalliamo ecc. scendiamo ora- :

cavità stessa della celeste rosa, a cui Ma- mai giù nella valletta.
ria presiede, e per cui quasi in grembo 44. grandi ombre ombre di uomini che
:

tiensi tutte le anime de' beati? » Lomb. furono grandi nel mondo.
39. via via: incontanente, eh' è il senso 45. grazioso.... assai: molto gradito.
di via via nell'ant. ital.; Bull. XVIII, 15. Poiché Sordello conosce già V., ma non
40 -42. per qual calle dovesse giungere
: sa ancora che D. è vivo, né chi egli sia,
il serpente. - intorno per vedere se da
: si dovrà intendere per il piacere di
:
'

qualche parte giungesse. - tutto gelato: vedere e udire sì gran poeta come V.'
di paura: cfr. Inf. XXXIV, 22. - Mate 46. tre passi: la valletta era dunque
spalle spalle del fido V.
: poco profonda; Purg. VII, 72. Vuol
cfr.
V. 43-84. Nino Visconti, Discesi giù forse il P., come credono molti, alludere
nella valle fiorita, D. riconosce Nino, alla facilità con cui 1' uomo si allontana
cioè Ugolino Visconti, il quale si ma- dal suo scopo? Ma, scendendo nella valle,
raviglia udendo che D. è ancor vivo, D. non si allontana dal suo scopo. Che
e lo prega di raccomandarlo a Giovanna un senso allegorico abbiano i 3 passi, è
sua figlia, lagnandosi della sua vedova, quasi certo; ma non è facile determi-
già passata a seconde nozze. Questi, figlio narlo. Cfr. Romani, L' Villo canto del
di Giovanni Visconti e di una figlia del Purg., Firenze, 1901, pag. 18.
conte Ugolino della Gherardesca, fu Giu- 48. pur me: me solamente.
dice di Gallura in Sardegna ed ebbe 49. l'aere s'annerava: si faceva buio.
grande autorità in Pisa insieme col po- 51. dichiarisse: faceva notte, ma l'aria
destà conte Ugolino, suo avo, che lo fece non era ancor tanto buia, che non ren-
scacciare da Pisa nel 12é8. - Fu poi anima desse chiaro, non permettesse di scor-
della lega guelfa contro Pisa, e nel '93 gere bene ciò ci. e, per la lontananza,
capitano della Taglia guelfa. Bitornò a prima non lasciava discernere, epperò
Pisa nel 1293, in seguito alla pace di Fu- in certo qual modo serrava, da me a
cecchio ma poi se ne andò in Sardegna
; lui e da lui a me.
[ANTIP. VALLETTA] Purg. Vili. 52-72 [NINO VISCONTI] 391

52 Vèr me si fece, e io vèr lui ini féi :

Giudice Nin gentil, quanto mi piacque,


quando ti vidi non esser tra rei !

55 Nullo bel salutar tra noi si tacque ;


poi dimandò « Quant' è che tu venisti
:

a pie del monte per le lontane acque? »


il « Oh » diss'io lui, « per entro i luoghi tristi
!

venni stamane, e sono in prima vita,


ancor che l'altra, sì andando, acquisti. »
61 E come fu la mia risposta udita,
Sordello ed egli indietro si raccolse,
come gente di subito smarrita.
et L' uno a Virgilio e l' altro a un si volse
che sedea lì, gridando : « Su, Currado!
vieni a veder che Dio per grazia volse ».
67 Poi, volto ame « Per quel singular grado :

che tu dèi a colui che sì nasconde


lo suo primo perchè, che non gli è guado ;

70 quando sarai di là dalle larghe onde,


di' a Giovanna mia che per me chiami
là dove agi' innocenti si risponde.

52. si fece: colui che mirava pur me curato gran che di D., nò si era accorto
per riconoscermi, v. 47 sg. ch'egli fosse vivo, perchè il fenomeno
54. rei: dannati. Da queste parole che dell'om&ra prodotta dal corpo di D. in
suonano viva soddisfazione e quasi libe- quell'ora e in quel luogo non si avve-
razione da uno stato di pena e d' incer- rava; Purg. VI, 56 sg.
cfr.
tezza, si direbbe che D. aveva esitato uno Sordello. - 1' altro Nino. -
64. l' : :

prima di risolversi a salvar Nino, cono- ad un a Corrado cfr. v. 109 sgg. Mol-
: ;

scendone bene la vita e le opere non tissimi codd., Ott., Veli. ecc. hanno:
tutte lodevoli. Cfr. Romani, o. e, p. 22. l'altro a me si volse, lez. mostrata falsa
55. Nullo ecc. non tralasciammo al-
: dal verso seg. cfr. Moore, Grit., 384.
;

cuna forma di cordiale e lieto saluto : 66. volse volle (cfr. Inf. H, 118); ciò
:


salutar '
è infinito sostantivato. che Dio, per sua speciale grazia, ha vo-
Quant' è ecc.: da quanto tempo
56-57. luto fare, concedendo ad un vivo di per-
venisti al Purg., percorrendo il lungo correre i regni della morta gente.
tratto di mare dalla foce del Tevere sin 67-68. grado gratitudine. - dei devi.
: :

qui? Nino crede parlare a un'ombra. - colui ecc. Dio. :

58-59. i lochi tristi : l' Inf. La via per 69. lo suo primo perchè: le prime ca-
cui son venuto qui, non è l'ordinaria gioni del suo operare. - non gli è gua-
delle anime ci son venuto attraver-
; do non
: e' è via per cui da noi si possa
sando regioni infernali, e son giunto
le arrivarvi: cfr. Purg. in, 34-36. Gli è
stamani. - in prima vita vivo ancora. : partic. avv. =
vi. Cfr. Inf. XXIH, 54.
60. l'altra: la vita eterna del Par., 70. di là ecc. di là dal mare che è
:

quella di cui Nino è ormai sicuro. - sì tra questa montagna e la terra; cioè
andando con siffatto viaggio.
: sarai tornato al mondo.
62. si raccolse si ritirarono ambedue
: 71-72. Giovanna: figlia unica di Mno.
un po' indietro, colti da stupore. Sor- Aveva nel 1300 circa nove anni. Boni-
dello, tutto compreso di letizia per tro- fazio VIII la raccomandò con sua bolla
varsi in compagnia di V., non si era del 26 sett.1296 aiVoltercani, quale figlia
!92 [axtij\ valle ri a) PubG. viii. 73-82 [NINO VISCONTI]

Ti!
Non credo die la sua madre più m'ami,
poscia che trasmutò le bianche bende,
le quai eonvien che, misera, ancor brami.
7(5
Per lei assai di lieve si comprende,
quanto in femmina foco d'amor dura,
se l'occhio o '1 tatto spesso non l'accende,
71)
Non le farà sì bella sepultura
la vipera che i Melanesi accampa,
com' avrìa fatto il gallo di Gallura. »
82 Così dicea, segnato della stampa,

di un guelfo grande e amico benemerito 74. trasmutò ecc.: passando a se-


della Chiesa. Andò giovinetta sposa a conde nozze. Come può nella primavera
nizzardo da Camino, che fu assassinato del 1300 affermar ciò Nino, se le nozze
nel 1312, cfr. Par. IX, 50 sg. Nel 1323 ella di Beatrice con Galeazzo si celebrarono
che riceveva, o almeno aveva ricevuto nel giugno del 1300 ? O eran già ufficial-
una rendita annua dai Pisani, occupanti mente concluse prima della pasqua di
il giudicato di Gallura, si rifugiò in Fi- quest'anno e Beatrice aveva perciò ab-
renze « egena nimis » dove ebbe una bandonate le bianche bende, segno di
sovvenzione dal comune. Morì povera e vedovanza; oppure D., scrivendo qual-
senza prole verso il 1335. Cfr. Del Lungo, che anno più tardi, non ricordò il tempo
o. e, pp. 302 sgg. e Bull. XVII, 124. preciso in cui furono celebrate; seppure
- chiami: gridi, levi le sue preghiere al tali nozze non risalgono al 1299 (cfr. Bull.
cielo, dove si esaudiscono gì' innocenti ;
VI, 144 sgg.). Le vedove vestivano abito
senso mostrato giusto da Purg. IV, nero, ma si cingevano il capo di bende
133 sgg. Male al. ha creduto che là al- bianche. Bocc, Lab. d'am.: « Guarda
luda alla chiesa o, peggio, al mondo, come a cotal donna stanno bene le ben-
ove le preci dei buoni sono esaudite. de bianche e i panni neri ». Il nero, come
73. madre Beatrice, figlia di Obizzo II
: vero e solo colore di lutto, si cominciò
da Este (cfr. Inf. XII, 111), vedova di ad adottare in Italia ai tempi di Carlo V.
Nino (cfr. Sacchetti, Nov. 15), rimaritata 75. misera: quando D. scriveva il Purg.
nel giugno del 1300 a Galeazzo Visconti ; Galeazzo, 2° marito di Beatrice, era pove-
cfr. Murat., Script. XV, 348. Era stata ro, in basso stato e scomunicato; cfr. n.73.
promessa ad un figlio di Alberto Scotti, 79-81. Non farà ecc.
le 1' arme della
:

signore di Piacenza; ma Matteo Visconti, vipera (l'insegna dei Visconti di Milano)


padre di Galeazzo, volendo imparentarsi posta sulla sepoltura di Beatrice, mo-
colla casa d'Este, soverchiò il signore strandola rimaritata, non le farà quel-
di Piacenza. E lo Scotti, per vendicarsi, l'onore che le avrebbe fatto il Gallo di
fece tanto, che nel 1302 Galeazzo fu cac- Gallura, insegna dei Visconti di Pisa,
ciato da Milano, « et venne in basso provante la fedeltà di lei al primo marito
stato, tanto ch'egli stette gran tempo e la sua vedovile modestia. E della vi-
a provisione di Castruccio Castracani pera - intende forse anche dir Nino - ò
quando era signore di Lucca et di Pisa ;
tanto più bello e utile il gallo - vipera
! :

et quivi morì assai poveramente »; (An. l'arme dei Visconti di Milano era una
Fior.); e nel 1308 il comune fiorentino vipera, o biscione, che divora un fan-
prometteva onorevole accoglienza a lei ciullo. Sui sepolcri usavasi scolpire l'ar-
e alla figlia per gratitudine dei servigi me della rispettiva famiglia. - accampa :

resi da Nino al comune stesso Cfr. G. conduce in campo, o più precisamente,


Vili. X, 86 e Bull. XVII, 124. Avendo poi permette ai Milanesi di metter campo,
Azzo, figlio di Galeazzo e di Beatrice, che la insegna della vipera doveva es-
riavuta la signoria di Milano, Beatrice, sere fissata nel luogo dove i Milanesi
dall328 per la seconda volta vedova, ri- s'avevano ad accampare. Cfr. Novati,
tornò in buono stato, e visse sino al 1334. Indag. e post, dantesche, I a serie, 153 sgg.
Tom. : « Il chiamarla non moglie mia ma 82. segnato ecc. impresso nel volto
:

Sua^adre è rimprovero pieno di pietà. » dell'impronta del santo e discreto zelo.


[ANT1P. VALLETTA] PUKG. Vili. 83-99 [SGUARDO AL CIELO] 393

nel suo aspetto, di quel dritto zelo


che misuratamente in core avvampa.
85 Gli occhi miei ghiotti andavan pur al cielo,
pur là dove le stelle son più tarde,
sì come rota più presso allo stelo.

E il duca mio « Figliuol, che lassù guarde?»


:

E io a lui « A quelle tre facelle


:

di che il polo di qua tutto quanto arde ».


91 Ond 'elli a me « Le quattro chiare stelle
:

che vedevi starnali, son di là basse ;


e queste son salite ov'eran quelle ».
94 Coni' ei parlava, e Sordello a sé trasse
« Vedi là il nostro avversario »
dicendo :
;

e drizzò il dito perchè in là guardasse.


97 Da quella parte onde non ha riparo
la picciola vallea, era una biscia,
forse qual diede ad Eva il cibo amaro.

84. misuratamente : con temperanza ;


D. non pensò probabilmente a stelle spe-
evitando ogni eccesso. « Irascimini et ciali e determinate, importando a lui so-
nolite peccare »; Psal. IV, 5. « Irascimi- pra tutto il senso allegorico eh' ei dava
ni et nolite peccare Sol non occidat su-
: ad esse. Certo nessuno dei comm. anti-
per iracundiam vestram»; Efes. IV, 26. chi seppe dall'Almagesto, che pur era
V. 85-93. Sguardo al cielo. Non cu- ben noto, trarre codesta determinazione.
randosi per intanto di altre cose, D. 92. di là dall' altra parte del meri-
:

guarda attentamente al cielo, contem- diano, cioè dalla parte del levante, più
plando 3 stelle di splendore insolito le ; presso 1' orizzonte.
4 viste la mattina, non si vedono più. V. 94-108. Il serpente. Mentre V.
85. ghiotti avidi di veder cose nuove.
: parla delle stelle, Sordello richiama la
86-87. là : verso il polo (antartico), sua attenzione sul serpente che viene e
dove il moto delle stelle è piti tardo, ch'è subito fugato dagli angeli. Il ser-
dovendo descrivere nello stesso tempo pente è tolto dalla Bibbia, dove il dia-
(24 ore) un cerchio assai minore che le volo è chiamato « il serpente antico »
stelle più prossime all'equatore, così co- (Apocal. XII, 9), e figura qui il tenta-
me accade nella ruota, de' cui raggi le tore, o la tentazione. Le anime del Purg.
parti più vicine al perno si muovono non sono assalite da nessuna mala tenta-
più lente dell'altre per analoga ragione. zione (cfr. Purg. XI, 22 sg. XXVI, ;

89. tre facelle: virtù teologali: Fede, 132) ma qui non siamo ancora nel vero
;

Speranza e Carità. « Coli' allegoria delle Purg., e, benché sicure di vincerlo con
tre virtù teologali il P. ha voluto anche l'aiuto celeste, le anime debbono tut-
indicarci che dalla parte del meridiano, tavia ogni sera presentire, vedere e te-
d'onde era stato colpito dalla chiarezza mere il tentativo del demonio su loro.
delle quattro stelle della mattina di quel 94. Com'ei: Virgilio. AL: coni' io, le-
dì, nell'ora vespertina presente se ne zione evidentemente falsa e derivata dal-
vedevano tre di minor lucidezza (?) e più l' essersi sentito in Cornei (così seri ve va-

distanti tra loro che non fossero le pri- si) un Come i'

me, attesoché il polo tutto quanto ne 95. avversaro il serpente. « Adversa-


:

ardeva e queste indicazioni ci mostra-


: rius vester diabolus » I Petr. V, 8. ;

no che erano \ ed ce della Nave con a 97. non Isa riparo è aperta. La tenta-
:

dell' Eridano, note al Poeta per l'Alma- zione assale l' uomo dal lato più debole.
gesto » Antonelli. Ma, pur alludendo,
; 99. qual: della stessa forma e nello
nel significato letterale, a stelle reali, stesso modo in cui ecc. : cfr. Genesi ILI,
394 [antip. valletta] Purg. vm. 100-112 [fuga della serpe]

100 Tra l'erba e fior venia la mala striscia,


i

Volgendo ad or ad or la testa al dosso,


leccando come bestia che si liscia.
103 Io non vidi, e però diccr non posso,
come- mosser gli astor celestiali ;

ma vidi Uene e" l'uno e l'altro mosso.


106 Sentendo fender l'aere alle verdi ali,
fuggì '1 serpente, e gli angeli dier vòlta,
suso alle poste rivolando iguali.
109 L' ombra che s' era al Giudice raccolta
quando chiamò, per tutto queir assalto
punto non fu da me guardare sciolta.
112 « Se la lucerna che ti mena in alto,

1 sgg- - cibo amaro: il frutto vietato, va diretta la parola, vv. 64 sgg., prega
la cui degustazione fu sorgente prima D. di darle novelle della Lunigiana, do-
di tutte le amarezze del mondo. ve fu già potente signore. Le anime del
100. Tra l'erba e i fior figura dei pia- : Purgatorio non sono, come i dannati,
ceri del mondo, tra' quali la tentazione ignare del presente ma sembra che quel-
;

suole avvicinarsi all'uomo. - mala stri- le della valle fiorita si trovino per questa
scia è descritto efficacemente con duo
: parte in una condizione eccezionale, forse
sole parole l' aspetto del serpente che in pena del non aver badato in vita che

striscia '
fra l'erba. alle cose presenti. Questi che fa la do-
101. ad or ad or : di tanto in tanto. manda, è il marchese Corrado Malaspina
Cfr. Inf. XV, 84. - al: Al.: e il. il giovane, figlio di Federigo I marchese

102. come bestia ripiegandosi col ca-


: di Villafranca, morto verso il 1294, da
po sul dosso. 11 leccarsi e lisciarsi della non confondersi colV antico, Corrado I,
biscia figura l'astuzia del tentatore che marchese di Mulazzo (morto verso il
s'avanza con atteggiamento quasi di non- 1253), cognato di Manfredi, di cui ave-
curanza per tutto ciò che ha dintorno, va in moglie la sorella Costanza, capo-
dissimulando le sue male intenzioni. stipite dei Malaspina dello spino secco
103-105. non yidi ecc. tutto attento : ed avo di quel Corrado che D. trova
alla biscia. D. non vide né può raccon- qui nella valletta. Cfr. Coni. Lips. II,
tare come gli angeli si mossero li vide : 126 sg. D. era in Lunigiana nel 1306,
sol quando già volavano. - astor i due : dove il 6 ottobre i marchesi Franceschi-
angeli, rapidi nel volo e nemici della nò, Moroello e Corradino Malaspina lo
serpe come gli astori. « Il nostro intel- nominarono loro procuratore per conclu-
letto non può comprendere lo inizio del- dere, come egli difatti conchiuse a Ca-
la grazia di Dio quando sopra noi viene, stelnovo di Magra nel palazzo vescovile,
ma solo ce ne avveggiamo quand' è ve- la pace con Antonio, vescovo di Luni.
nuta » Lan. ; Da questi versi risulta che D. ebbe mo-
106. alle: dalle. - verdi cfr. v. 29. Al tivo di lodarsi dell'ospitalità dei Mala-
solo udire il volo degli angeli, la serpe spina. Quanto tempo D. si fermasse in
fuggì. Lunigiana, non sappiamo. Cfr. Bull. VI,
107-108. dier vòlta tornarono indietro
: 105 sgg. Cfr. D. e la Lunigiana, Milano,
volando in su con ugual volo come eran Hoepli, 1909, pp. 165 sgg.
scesi. - alle poste ai posti loro asse-
: 109. raccolta: avvicinata.
gnati. Che i due angeli rivolassero su non fu ecc. se non levò gli occhi
111. :

in cielo, il Poeta non dice sembra anzi ; di dosso a D. neppure durante l'assalto
che abbiano l' ufficio di custodire la valle degli angeli contro la serpe, la fissità era
durante l'intiera notte. - iguali: per davvero straordinaria, e acutissimo quin-
'uguali', forma in antico comunissima. di desiderio di conoscere quel vivente.
il

V. 109-139. Corrado Malaspina, 112-114. Se ecc. così la grazia illu-


:

L'altra ombra, a cui Nino Visconti ave- minante, cheti mena verso il cielo, possa
[ANTIP. VALLETTA] PURG. Vili. 113-131 [CORRADO MALASP.] 395

truovi nel tuo arbitrio tanta cera,


quant' è mestieri infìno al sommo smalto
115 cominciò ella ; « se novella vera
di Val di Magra o di parte vicina
sai, dilla a me che già grande là era.
118 Chiamato fui Currado Malaspina ;

non sod l'antico, ma di lui discesi :

miei portai l'amor che qui raffina. »


a'
121 « Oh » di ss' io lui, « per li vostri paesi
!

giammai non fui ; ma dove si dimora


per tutta Europa, eh' ei non sien palesi ?

124 La fama che la vostra casa onora,


grida i signori e grida la contrada,

sì che ne sa chi non vi fu ancora.


12; E io vi giuro, s' io di sopra vada,
che vostra gente onrata non si sfregia
del pregio della borsa e della spada.
130 Uso e natura sì la privilegia,
che, perchè il capo reo lo mondo torca,

trovare tanta cooperazione nel tuo libero infino al sommo smalto, v. 114. Cfr.
arbitrio, quanta è necessaria per arri- Purg. VI, 47 sg., il quale passo dice
vare al Paradiso terrestre (sommo smal- chiaramente che con l'espressione di so-
to). Di là in su la cooperazione della pra D. allude al Par. terrestre.
propria volontà è spontanea, natnrale ;
128-129. vostra gente ecc. che quelli :

cfr.Purg. XXVII, 140-142. -cera: ali- di casa vostra, sempre onorati, non hanno
mento. «In omnibus habentibus gratiam cessato di fregiarsi delle antiche lodi di
necesse est esse rectitudinem volunta- liberalità e di prodezza. Prodezza in
tis»; Thom. Aq., Sum. theol. II, n, 8, 4. guerra e liberalità nell' uso delle ric-
- al sommo smalto anziché il Paradiso : chezze erano supreme virtù cavallere-
terrestre vi fu chi intese per sommo sche. - borsa « Altri avrebbe sfuggito
:

smalto il primo o l'empireo, o ad-


cielo, il vocabolo come prosaico. La virtù con-

dirittura Dio; ma cfr. la n. al v. 127. traria all'avarizia è sempre onorata da


116. Valdimagra : dove sorgeva il ca- D., non per sua cupidigia, ma perchè
stello di Villafranca, residenza del padre dall'avarizia e' deduceva tutte le mise-
di Corrado. rie del mondo » Tom,. - « Radix enim
;

120. raffina: intransitivo; si raffina, si omnium malorum est cupiditas » I, ;

purga ; cfr. Purg. XXVI, 148. « Portai Tlm. VI, 10.


tanto amore ai miei, che io ne lasciai la 130. Uso: la consuetudine si contrae
cura dell'anima ed indugiai l'opero me- e si osserva con la libera volontà; op-
ritorie della salute per guerreggiare ed però, se buona, è meritoria e degna di
acquistare amici; il quale amore qui si lode.- natura: l'inclinazione naturale.
ammenda e purga » Ott. ; 131. perchè ecc. per quanto il reo capo
:

123. ei paesi dove signoreggia la


: i faccia deviare il mondo. Così i più. AL:
vostra casa. - palesi noti per fama. : Quantunque il mondo devii il reo capo dal
124. che caso retto. Nel 1300 i Mala-
: sentiero diritto. AL: Quantunque il mon-
spina avevano larga e buona fama in Ita- do torca il capo, e disapprovi quel retto
lia, in Francia e in altri paesi d'Europa. procedere. - capo reo il demonio, dicono:

125. grida celebra ad alta voce i si-


: gli uni. (Cfr. Giov. XII, 31; XIV, 30;
gnori ed il paese, cioè la Lunigiana. XVI, 11, ecc.) altri il dominio del mon-
;

127. s'io ecc.: così io possa andare do, altri Bonifazio Vili ; altri Eoma,
39() [ANTI1'. VALLETTA] PURG. Vili. 132-139 [CORRADO MALASPINA]

sola va dritta e '1 mal e ani in in dispregia. »


133 Ed olii : « Or va', che '1 solnon si ricorca
sette volte nel letto che '1 Montone
con tutti e quattro i piò cuopre ed inforca,
136 che cotesta cortese oppinione
ti fìa chiavata in mezzo della testa

con maggior chiovi che d'altrui sermone,


139 se corso di giudicio non s' arresta. »

134. letto: tratto di cielo compreso tra


1

come sede del papa e della curia che col


inalo esemplo sviano dietro a sé tutto il i piedi del Montone, ove il sole si rico-
mondo, come è detto in Par. XVIII, 126; rica ogni anno il 21 di marzo.
e questo e i vv. Purg. XVI, 100 sgg. 136. oppinione così comunemente nel-
:

confermano la giustezza di quest'ultima l'ant. toscano invece di opinione '.


'

interpretazione. 137-138. chiarata inchiodata, cfr. Inf.


:

133. il sol non si ricorca ecc. il sole


: XXXIII, 46; Par. XII, 105 - chiovi:
non tornerà sette volte ad adagiarsi nel anche chiavi (Par. XXXII, 129) chiodi.
:

segno dell'Ariete, nel quale è ora, cioè Ti sarà confermata dalla esperienza, che
non passeranno sette anni dalla prima-
; a rinsaldarci in una opinione vale assai
vera 1300 all'ottobre 1306. « Quest'ani- più che ogni discorso altrui.
male è da remotissimi tempi nelle carte 139. se corso ecc. se la divina sen-
:

astronomiche effigiato in attitudine di tenza che ti condanna ad essere in breve


coricamento, sì che con la parte infe- bandito dalla patria e a cercar rifugio
riore del ventre posa sull'ecclittica, letto altrove, farà il suo corso, ossia non sarà
del sole nella mansione d'Ariete, e con le arrestato o per volere di Dio stesso, o
ripiegate zampe inforca e cuopre questo per intercessione di colei « che duro giu-
tratto dell'ecclittica stessa » Antonella
; dicio lassù frange » {Inf. II, 96).
[ANTIP. VALLETTA] PURG. IX. 1-3 [CONCUBINA DI TITANO] 397

CANTO NONO

ANTIPURGATORIO : LA NOTTE NELLA VALLETTA AMENA

SOGNO DI DANTE, L' AQUILA E LUCIA

ALLA PORTA DEL PURGATORIO

L'ANGELO PORTIERE

La concubina di Titan antico


già s'imbiancava al balco d'oriente,
fuor delle braccia del suo dolce amico

V. 1-12. JLa concubina di Titano, come pensa il Torraca, non sia chiamata
Il P. incomincia con una descrizione, perchè egli 1' aveva rapita.
tanto immaginosa quanto oscura, del- 2. s' imbiancava erajlluminata. L'on-
:

l' ora in cui fu preso dal sonno. È chiaro da marina è opaca per sua natura; quindi
che D. intende di un' ora della notte già se venga investita da raggi lucidi, essa
avanzata (forse le 9 di sera). I più leg- s'imbianca per effetto di quelli; cfr.
gono Titone invece di Titano (Titan è Virg., Aen. VII, 8 sg., 25 sg., Purg.
del Vat., e così lesse fra gli altri, come I, 115 sg. -balco: balcone.
pare, Petr. Dant.) e intendono chi del- 3. fuor: se l'astro sorgente, per cui

l' aurora lunare, chi dell'aurora solare l'onda marina s' imbianca, non è il Sole,
al Purg., e chi dell' aurora solare al no- allora Teti s' imbianca fuori delle brac-
stro emisfero. Cfr. la dissertazione e la cia di lui, le quali sono evidentemente i
bibliografia, che ora dovrebbe essere no- raggi che da lui stesso procedono. E vi-
tevolmente accresciuta, che si leggono ceversa, volendo indicare il sorgere di un
nel Comm. Lipg. II, 148-161 e che lo astro diverso dal Sole, e capace di illumi-
spazio non ci permette di riprodurre in nare e rendere parvente 1' onda marina,
questo luogo. Gli argomenti in contrario come nel nostro caso la Luna, è egre-
non avendoci per anco ben persuasi, ri- giamente detto che s'imbianca Fuor de Ile
petiamo la interpretaz. data nel Oomm. braccia del suo dolce amico. Titano, cioè
Lips. e nelle prec. ediz. di questo, senza il Sole, può ben dirsi dolce amico rispetto

presumere menomamente di aver colto alla gran mole delle acque, che vengono
nel vero. da lui e illuminate e riscaldate, e in qual-
1. concubina: Tetis, moglie dell'Ocea- che modo fecondate coi dolcissimi e non
no, ossia l'onda marina cfr. Virg.? Ed.
; meno delicati amplessi delle prodigiose
IV, 32. Lucan., Phars. I, 414, 554 sgg., sue braccia, che sono i rilucenti e riscal-
X, 204. Ovid., Fast. V, 8. Al.: L'Aurora danti suoi raggi. Dicendo poi che la con-
(quale?). - Titan: il Sole; cfr. Virg., cubina s'imbiancava fuor delle braccia
Georg. II, 481 III, 357 sg. Aen. I, 475
; ;
del suo dolce amico, il Poeta viene anche
IV, 480. Ovid., Fast. II, 73 sg. VI, ; ad insinuare esser questo fatto una specie
71T sg. Metam. XV, 30. Lucan., Phars. d'eccezione, e che generalmente e ordi-
VII, 1 sg. Al.: Titone, figlio di Lao- nariamente e meglio s' imbiancasse fra le
medonte, marito dell'Aurora. È una braccia dell'amico medesimo; il che torna
moglie concubina? Se pure concubina, a maraviglia con Teti Mare e Titano Sole.
398 [ANTIP. valletta] Pubg. ix. 4-15 LOOXCUBINA DI TITANO]

'emme la sua fronte era lucente,


poste in figura del freddo anima]*',
coda percote la gente \
che con la
e la notte de' passi con die naie,
fatti avea due nel loco o v'eravamo,
e il terzo i;ià chinava in #iuso Tale;
10 quand'io, che meco avea di quel d'Adamo,
vinto dal sonno, in su l'erba inchinai,
là 've già tutti e cinque sedevamo.
L3 Nell'ora che comincia i tristi lai

la rondinella presso alla mattina,


forse a memoria de' suoi primi guai,

4. gomme: stelle. 11. inchinai: intrans.,m'inchinai.


animale il serpente cfr. Virg., Ed.
5. : ; 12. là dorè: AL:
ove già. - cinque:
Ili, 93 Vili, 71. Le stelle che ornavano
; D., V., Sordello, Nino e Corrado.
la fronte dell' onda marina, erano al- V. 13-33. Sogno di Dante. D. dorme
cune della costellazione dello Scorpione, tutta la notte. Sul far del dì quando
disposte in guisa da figurare un serpente. « del ver si sogna» (Inf. XXVI, 7), sogna
I più intendono dello Scorpione, che D. d' essere sul monte Ida e che un' aquila
avrebbe detto freddo contraddicendo a scenda dall'alto su di lui e lo ghermisca
V., Georg. I, 34 sg., che lo dice ardente, e lo porti su nella sfera del fuoco. Ivi
chiamando assai impropriamente per- tutti e due ardono e, sotto la forte im-
;

cossa la ferita del pungiglione e presen- pressione di questo calore, D. si sveglia.


tando una figura piuttosto comica della « Intende 1' A littore per quest' aquila la
disposizione di gemme sulla fronte di grazia preveniente [meglio: illuminante]
leggiadra donna! Altri intendono della di Dio la quale grazia previene negli
costellazione dei Pesci che sono due, non uomini per suo dono non per loro me-
un freddo animale, e che non percuo- riti.... et figurala l' Auttore in forma
tono la gente con la coda, vivendo nel d' aquila colle penne dell' oro, però che
fondo delle acque, ma procurano soltanto l'aquila vola più alto che veruno altro
di liberarsi dalle branche di chi li stringe. uccello, come la grazia divina è sopra
7. passi la notte è qui, come altrove,
: a ogni altra grazia et perchè l' oro non
;

personificata; il suo corso si considera tiene di veruno altro metallo quando egli
come il corso delle stelle; essa sale da è affinato, et è il più nobile metallo, et
oriente sino allo zenit, poi scende sino ancora quanto più si mette nel fuoco in-
all'orizzonte occidentale. Al tempo del- fìno a sua perfezione, più affina, dice
l' equinozio la notte compie il suo corso quest'aquila avere le penne dell'oro a di-
in circa 12 ore per sei ore ella sale, per
: mostrare che i doni della grazia, quanto
sei discende. Dunque i passi con che la più s'accendono dell'amore et della ca-
notte sale, sono le prime sei ore di notte, rità divina, più affìnono, et sono ancora
cioè dalle 6 pom. sino a mezzanotte; e più cari, et sopra a tutti altri doni, et non
se ne aveva fatti due ed era in procinto di tengono et non procedono negli uomini
compiere il terzo, al Purg. erano circa le per veruno loro merito, ma solo per la
9 di sera. Così i più. volontà assoluta di Dio » ;'An. Fior. Nel
8. loco: nell'orizzonte del Purg. suo sogno, D. vede ciò che realmente poi
9. chinava la terza ora della notte già
: gli avviene (vv. 52 sgg.) l'aquila è Lu-
:

volgeva al suo fine. - l'ale finge alati i : cia, la quale ( Inf. II, 97 sgg.) è appunto
passi della notte, come alata si suol fìn- simbolo della Grazia illuminante.
gere la notte stessa « Nox ruit et fu- : 13. Nell'ora ecc.: poco prima dello
scis tellurem amplectitur alis »; Yirg., spuntare del sole. - tristi lai il lamen-
:

Aen. Vili, 369. toso canto. « Et matutini volucrum sub


10. di quel d'Adamo il corpo. Gli spi- : culmine cantus»; Yirg., Aen. VIII, 456.
riti non sentono bisogno di dormire. 15. primi guai: quando di donna fu
[antip. valletta] Puro. ix. 16-30 [sogno di dante] 399

LG e che la mente nostra, peregrina


più dalla carne e men da' pensier presa
alle sue vision quasi è divina,
19 in sogno mi parea veder sospesa
un'aguglia nel ciel con penne d'oro,
con l'ali aperte ed a calare intesa ;

ed esser mi parea dove foro



abbandonati i suoi da Ganimede,
quando fu ratto al sommo consisterò.
20 Fra me pensava « Forse questa fìede
:

pur qui per uso, e forse d'altro loco


disdegna di portarne suso in piede».
28 Poi mi parea che, poi rotata un poco,
terribil come folgor discendesse,
e me rapisse suso intlno al foco.

tramutata in uccello. Allude alla nota erit illicita divinatio» ; Thom. Aq., Sum,
favola (Ovid., Met. VI, 412 sgg.) delle theol. II, il, 95, 6.
sorelle Progne e Filomena, di Tereo, ma- 19-20. sospesa : librata sulle ali e volan-
rito di Progne ed Iti. Avendo Filomela te in basso verso di me. - aguglia: aquila.
subito violenza dal cognato Tereo e ri- 22. là eco.; sul M. Ida nella Frigia, di-
velato l' onta sofferta a Progne, questa, verso dal M. Ida Cretese d' Inf. XIV, 98.
per vendicarsi, uccise il figlioletto Iti, e 23. Ganimede: figlio di Troo, re di
ne imbandì d'accordo con Filomela le Troia, più bello dei mortali (cfr. Hom.,
il

membra cotte a Tereo. Il quale, dopo 17. XX, 232sg.),il quale, mentr' era a cac-
averne mangiato, risaputa l'orribile real- cia sul monte Ida, fu rapito da un'aquila,
tà, volle uccidere moglie e cognata ma ; mandata da Giove, o da Giove stesso che
Progne fu mutata in rondine, Filomela prese forma di aquila, e portato su in
in usignolo (e così chiamasi 1' usignolo cielo a far da coppiere agli dèi (Ovid.,
in greco), Tereo in upupa. D. però, come Met. X, 155 sgg.).
appare da Purg. XVII, 19 sg., crede che 24. ratto: rapito. - sommo consisterò:
mutata in usignolo fosse l'empia Progne, concilio degli dèi; cfr. Virg., Georg. I, 24.
e Filomela in rondine. Ovidio non si espri- 25. questa: l'aquila. - flede ferisce. :

me chiaro in proposito ma anche altri


; « L' uccello si dice ferire, perchè ingre-
autori antichi opinarono come D. misce la preda cogli artigli de' piedi....
16-18. e che ecc. :e in cui la nostra Quest'aquila, pensavo io D., non piglia
mente, più sciolta e libera dalle impres- prede se non di questo luogo » (Buti),
sioni dei sensi, quasi peregrinante fuori cioè dal M. Ida, dove D. sognava d'essere.
della «carne, e meno posseduta da' pen- 27. in piede: col piede, coll'artiglio; cfr.
sieri, nelle sue visioni è quasi divinatrice portare in mano
per portare colla mano.
(divina) del futuro. « Atqui donnien- 28. poi rotatadopo aver fatti alcuni
:

tium animi maxime declarant divinita- voli circolari. « Namque volans rubra
tem suam: multa enim, quum remissi fulvus Iovis ales in rethra Litoreas agi-
et liberi sunt, futura prospiciunt » Cic., ; tabat aves turbamque sonantem Agnii-
De Senect 81 ; cfr. Conv. IV, 9 dove
, nis aligeri, subito cum lapsus ad undas
« nelle divinazioni de' nostri sogni » D. Cycnum excellentem pedibus rapit im-
ravvisa la prova che in noi è « alcuna probus uneis»; Virg., Aen. XII, 247 sgg.
parte immortale ». « Si quis utatur som- 29. come folgor: «Videbam Satanam, si-
niis ad pnecognoscendum futura, secun cutfulgur decoelo cadentem»;Luca,3£.,18.
dum quod somnia procedunt ex reve- 30. al fuoco: alla sfera del fuoco che,
latione divina, vel ex causa naturali secondo le dottrine cosmografiche del
intriseca si ve extrinseca, quantum po- tempo, stava in mezzo tra la sfera del-
teat se virtus talis causse extendere, non l' aria e il cielo della luna.
400 [antop. v allatta] Pdrg. ix. 31-4 7 [RISVEGLIO]

31 Ivi parca che ella e io ardesse;


e sì l'incendio imaginato cosse,
che convenne clie il sonno si rompesse.
31 Non altrimenti Achille si riscosse,
gli occhi svegliati rivolgendo in giro
enon sappiendo là dove si fosse,
37 quando la madre da Chiron a Schiro
trafugò lui dormendo in le sue braccia,
là onde poi li Greci il dipartirò ;

40 che mi scoss'io, sì come dalla faccia


mi fuggì il sonno e diventa' i smorto,
;

come fa l'uora che, spaventato, agghiaccia.


43 Da lato m' era solo il mio conforto,
e il sole er'alto già più che due ore,
e il viso m' era alla marina torto.
46 « Non aver tema » disse il mio signore :

« fatti sicur, che noi semo a buon punto ;

32-33. e sì ecc. l'impressione di quel-


: dall'astuto Ulisse, fu da questo e da
l'incendio sognato fu sì viva, che mi fu Diomede tratto alla guerra di Troia. Al
forza svegliarmi. Cfr. Vita Nova III: suo primo risvegliarsi a Sciro, Achille
« Io sostenea si grande angoscia, clie lo rimase assai stupefatto della novità del
mio deboletto sonno non poteo sostene- luogo. « Cum pueri tremefacta quies,
re, anzi si ruppe e fui disvegliato ». oculique iacentis Infusum sensere diem,
L'incendio figura il sacro fuoco della sibupet aere primo: Qusb loca? qui fiuc-
carità che investe e rinnovella interna- tus? ubi Pelion? Omnia versa Atque
mente il peccatore, predisponendolo ad ignota videt, dubitatque agnoscere ma-
amare ciò che prima odiava e viceversa ;
treni»; Stat., Achill. I, 247 sgg.
il che avviene allorché egli prende la 37. Schiro Byvpoq, isola dell'Egeo.
:

magnanima risoluzione di passare dalla 38. dormendo: dormente; cfr. Yit. N.


vita mondana del peccato alla cristiana § 3, son. 1°; e la n. a Inf. XXXI, 14.
della penitenza. Cfr. Barelli, Alleg., 126. 41-42. diventa' ismorto ecc.: impallidii
V. 34-45. U risveglio. Bis vegliatosi come l'uomo che si sente ghiacciare
verso le 8 */« di mattina, il P. è colto da il sangue per lo spavento. « Exterriti

timore per più motivi: si trova in una sunt custodes, et facti sunt velut mor-
regione nuova, donde vede innanzi a sé tui»; MatU XXVIII, 4. - « Gelidus for-
la distesa del mare, che dalla valletta midine sanguis diriguit » Virg., Aen.
;

non poteva più scorgere vede vicino a


; Ili, 259 sg. - « Tabentesque genae et
sé il solo V., e non più gli altri compagni iuvenili in corpore pallor » ibid. XII,
;

con cui si era seduto nella valletta in-


; 221. - « Stupet anxius alto Corda metu
fine osserva il sole essere già alto più glaciante pater » Stat., Theb. X, 616 sg.
di due ore,* e non sa capacitarsi di aver 43-44. conforto: Virgilio; cfr. Purg.
dormito per tanto tempo. Ili, 22 XX, 40. - più che due ore erano
; :

Achille: Teti, madre di Achille,


34. adunque già passate le 8 di mattina.
perchè questi non prendesse parte alla 45. alla marina torto: volto verso il
spedizione di Troia, nella quale era pre- mare sicché vedeva sol cielo e acqua.
;

detto eh' egli avrebbe trovata la morte, V. 46-69. Interpretazione del so-
tolse il figlio al centauro Chirone (Inf. gno, A
conforto diD., che forse teme,
XII, 71), alle cure del quale era affida- trovandosi in quel luogo nuovo, d'una
to in Tessaglia, e lo trafugò dormente interruzione o modificazione del viaggio
all'isola di Sciro, dove il giovinetto di- suo, V., che -del sogno di D. non sem-
morò vestito da donna, finché, scoperto bra saper nulla, gli racconta tutto ciò
[ ANTIP. VALLETTA] Purg. ix. 48-68 [lucia] 401

non stringer, ma rallarga ogni vigore !

49 Tu se' ornai al Purgatorio giunto :

vedi là il balzo che il chiude dintorno ;

vedi l'entrata là 've par disgiunto.


52 Dianzi, nell'alba che precede al giorno,
quando l'anima tua dentro dormìa
sopra li fiori onde laggiù è adorno,
5j venne una donna, e disse Io son Lucia :
'
:

lasciatemi pigliar costui che dorme ;

sì l' agevolerò per la sua via. '

58 Sordel rimase, e l' altre gentil forme :

ella ti tolse, e come il dì fu chiaro,


sen venne suso, e io per le sue orme.
61 Qui ti posò; e pria mi dimostraro
gli occhi suoi belli quell' entrata aperta ;

poi ella e sonno ad una se n'andaro*. »


il

64 A guisa d'uom che in dubbio si raccerta,


e che muta in conforto sua paura ,
poi che la verità gli è discoperta,
67 mi cambia' io ) e come sanza cura
videmi il duca mio, su per lo balzo

che è accaduto, e che è per D. piena 59. fu chiaro la legge del Purg. (Purg.
:

dichiarazione del sogno all' alba è ve- : VII 44 sgg.) vieta di salire di notte.
T

nuta Lucia e ha preso D. e come il ; 62. quell'entrata aperta: la porta del


giorno è stato chiaro, lo ha trasportato Purg. è chiusa, come dirà in seguito;
su fin quasi all' ingresso del vero Purg. ma a quella distanza il balzo appariva
V. ha seguita; gli altri, Sordello, Nino
1' nel luogo della porta disgiunto (v. 51 ' '

e Corrado, son rimasti dov' erano, non e cfr. 74 sg.); si vedeva come un'aper-
potendo essi accedere ancora al vero tura. E D. non si accorge che la porta
Purg. All' udir ciò, D. si riconforta. è chiusa, se non dopo essersi avvici-
48. non stringer ecc.: non diminuire, nato al rotto, o fesso, cfr. v. 76. Del
ma accresci la tua fiducia animosa, rin- resto di porte e finestre diciamo che si '

vigorisci tutte le forze tue. aprono in un dato punto j)er designare '

51. là 've ecc. là dove, nel balzo che


: il luogo ove sono, senza voler affermare

cinge il Purg., sembra che ci sia un'in- che siano spalancate.


terruzione, un fesso. 63. ad una: insieme; tu ti risvegliasti
poco fa; cfr. v. 13 sgg.
52-54. Dianzi: in quello stesso momento che Lucia si
- anima: V., come si è detto, nulla
1' parti da noi. « ]Sox iEnean somnusque
sa del sogno di D. - laggiù quel luogo : reliquit»; Virg., Aen. Vili, 67.
laggiù, cioè la valletta dei principi. 64-66. A guisa ecc. come un uomo, :

L'avv. laggiù è qui adoperato come so- che, per ignoranza della realtà vera delle
stantivo. cose, dubita e teme, non appena il vero
57. sì: pigliandolo e portandolo io. gli è manifesto, passa dal timore e dal
58. forme : anime. « Anima est forma dubbio alla certezza, e si conforta, ecc.
corporis.... non enim forma corporis ac- 67. cura dubbio e paura (v. 41 sg.).
:

cidentalis, sedsubstantialis»; Tkom.Aq., 68. balzo: Lucia depose D. a qualche


Sum. theol. I, 76, 7, 8. -«Forma immani distanza dalla porta del Purg., in luogo
corporis est ipsa anima, quae est spira- da cui il salire era possibile anche a chi
culum vitae»; ibìd., 91, 4. aveva seco di quel d'Adamo.

26. — Div. Oomm., 8 a ediz.


402 [antip. valletta] Purg. ix. 69-85 [angelo portiere]

si mosse, ed io diretro invér l'altura.


70 Lettor, tu vedi beu coni' io innalzo
mia matera e però con più arte
la ;

non ti maravigliar s'io la rincalzo.


73 Noi ci appressammo, ed eravamo in parte,
che là dove pareami prima rotto,
pur come un fesso che muro diparte,
76 vidi una porta e tre gradi di sotto
per gire ad essa, di color diversi,
e un portier eh' ancor non facea motto.
79 E come l'occhio più e più v'apersi,
vidil seder sopra '1 grado soprano,
non lo soffersi
tal nella faccia, eh' io ;

82 e una spada nuda aveva in mano


che rifletteva i raggi sì vèr noi,
eh' io dirizzava spesso il viso invano.
85 « Dite costinci : che volete voi? »

V. 70-138. Alla porta del Purga- guardata da un angelo l'una mena ; alla
torlo. Accingendosi a trattare più alta vita, l'altra alla perdizione.
materia, cioè come le anime si purgano 78. portier « Questo portonaio, che
:

nei 7 cerchi del vero Purg. per farsi l'autore fìnge qui secondo la lettera che
degne di salire a Dio, D. richiama l'at- sia un angelo, posto a guardia del Purga-
tenzione del lettore sull'inalzarsi del suo torio, significa allegoricamente lo sacer-
stile. Descrive quindi la porta del Purg. dote, lo quale è portonaio de la peniten-
e l' angelo portiere che sta seduto sulla zia.... Finge che non facea motto; imperò
soglia; racconta quel che, consigliato che il sacerdote non de' assolvere chi noi
dall'angelo e poi da V., fa per essere dimanda; ma s'elli è richiesto, de' esser
ammesso nel regno della purgazione, ed presto ed apparecchiato » ; Buti e così
;

espone infine come l' angelo, descritti altri comm. ant.


sette P nella fronte di lui, aprisse la porta 80-81. soprano : superiore. - tal ecc. :

e lasciasse entrare i P., esortandoli a non così fulgido in viso, che ne fui abba-
riguardare indietro. gliato; cfr. Purg. II, 39; Dan. X, 6:
71. più arte: essendo ora più elevata, « facies eius velut species fulguris » ;

e nobile la materia anche l'arte dello Marco XXVIII, 3 « erat aspectus eius :

scrittore deve innalzarsi, per ritrarla de- [angeli] sicut fulgur. »


gnamente. 82. spada dai comm. ant. fu conside-
:

72. rincalzo «suffulcio et munio fictio-


: rata come figura o della divina giustizia
nibus magis artificiosis et sententiosis » ; o della giustizia del sacerdote; Filai.
Benv. - Così anche altri antichi. Meglio : la dice simbolo della lingua del sacer-
Non maravigliarti, se con più alto stile dote che giudica della vita e della mor-
cerco di adeguare 1' alta materia. te; altri della giurisdiz. spirituale, ecc.
73. ci appressammo al balzo, v. 50, là
: Sarà piuttosto quella spada di che parla
dove vedeva l'entrata, v. 51, 62.
si S. Paolo « Assumite gladium spiritus
;

74-75. prima: essendone ancor lontani. quod est verbum Dei »; Efes., VI, 17;
-rotto una rottura pari alla fessura che
: e l'uso che ne fa l'angelo (vv. 112 sgg.)
divide un muro. « Quam angusta porta sembra comprovarlo. Per la lucentezza
et arcta via est, quse ducit ad vitani; cfr. Gene». Ili, 24 « [Deus] colloca vit
:

et pauci sunt, qui inveniunt eam! » ante Paradisum voluptatis Cherubin et


Matt. VII, 14. La porta del Purg. è l'an- flammeum gladium. >>
titesi della infernale questa ampia, aper-
;
84. viso occhi. - invano cfr. v. 81.
: :

ta, senza custodia; quella stretta, chiusa, 85. costinci: di costì; cfr. Inf. XII, fi3.
[antip. valletta] Purg. ix. 86-105 [angelo portiere] 403

cominciò elli a dire. « Ov'è la scorta?


Guardate che il venir su non vi nói » !

« Donna del ciel, di queste cose accorta »


rispuose il mio maestro a lui, « pur dianzi
ne disse Andate là quivi è la porta »
:
'
:
?
.

DI « Ed ella i passi vostri in bene avanzi »


ricominciò il cortese portinaio :

« venite dunque a' nostri gradi innanzi. »


94 Là ne venimmo, e lo scaglion primaio
bianco marmo era sì pulito e terso,
eh' io mi specchiai in esso quale io paio.
97 Era secondo tinto più che perso,
il

d' una petrina ruvida e arsiccia,


crepata per lo lungo e per traverso.
100 Lo terzo, che di sopra s' ammassiccia,
porfido mi parea sì fiammeggiante,
come sangue che fuor di vena spiccia.
103 Sovra questo teneva ambo le piante
l'angel di Dio, sedendo in su la soglia,
che mi sembiava pietra di diamante.
- che volete voi ì : l'angelo si è accorto dosi che qui sia simboleggiato il sacra-
che non sono anime purganti.
i P. mento della penitenza.
86. la scorta quale potenza ha gui-
: 95. bianco ecc. la contrizione « che
:

dato qui voi due che non siete anime debbe avere ciascun fedele prima che
del Purg.? Cfr. Purg. I, 43. Benv. pensa venga alla confessione, che, esaminato
che la scorta sia Lucia Biag. e altri che ; in sé medesimo e specchiatosi nel cuore
un angelo guidi le anime alla porta del suo, recasi a mente tutti i suoi peccati,
Purg. Ma se l'angelo ha capito che i e di quelli pentesi interamente e con
due non sono anime purganti, basta buona contrizione; et in quel punto ri-
questo a darci ragione della sua doman- mane bianco come il marmo, senza ve-
da. Cfr. D'Ov., N. St. I, 322 sgg. runa macchia o oscurità di peccati »; A n.
Guardate: cfr. Inf. V, 20. - nói:
87. Fior.
annoi, vi sia cagione di dispiacere; cfr. 97-99. perso cfr. Inf. V, 89 VII, 103.
: ;

Inf. XXIII, 15. Lue. XIV, 28-30. La confessione orale, simboleggiata in


88. Donna cfr. v. 52 sgg.
: e per il ; questo 2° scaglione, svela le oscurità
modo della risposta Purg. I, 53 sgg. - del cuore. - petrina: pietra; forse figu-
accorta : che ha cognizione, esperta ; cfr. ra del « cuore di pietra » Ezechiele, XI,
;

Purg. XXX, 4. 19 XXXVI, 26. - crepata ecc. la con-


; :

90. digse : col cenno degli occhi di cui fessione orale rompe la durezza del cuore
si tocca nei vv. 61 sg. svelando i peccati in tutta la loro esten-
primaio primo, cioè l' inferiore.
94. : sione.
Nell'entrata del Purg. è simboleggiato 101. porfido è la satisfactio operis.
:

il sacramento della penitenza, la quale « Questo colore di fuoco hae a denotare


ha tre parti contritio cordi», confessio
: l'ardore della carità et dell'amore che
oris, satisfactio operis e queste tre parti ; accende gli uomini, et sospinge a fare
sono figurate nei tre gradini. Il 1° figura la penitenza de' peccati commessi et ave-
la contrizione del cuore, il 2° la confes- re satisfazione d'ogni suo difetto»; An.
sione della bocca, il 3° la soddisfazione Fior-; così pure Lan., Ott., Buti, ecc.
delle opere. Altri intesero e intendono 105. diamante: figura della fermezza e
i particolari altrimenti, pur accordan- costanza del confessore, cfr. Ezech. Ili,
404 [antip. valletta] Purg. ix. 106-120 [angelo portierE]

106 Per li tre gradi su <li buona voglia


ini trasse il duca mio, dicendo: «Chiedi

umilemente che il serrarne ecioglia».


Di voto mi gittai a' santi piedi ;

misericordia chiesi che m'aprisse;


ma pria nel petto tre fiate mi diedi.
112 Sette P nella fronte
mi descrisse
colpunton della spada, e « Fa' che lavi,
quando se' dentro, queste piaghe » disse.
115 Cenere, o terra che secca si cavi,
d' un color fora col suo vestimento ;

e di sotto da quel trasse due chiavi.


118 L' una era d' oro, e l' altra era d' argento :

pria con la bianca, e poscia con la gialla


fece alla porta sì, eh' io fui contento.

9. Matt. XVI,
18. Secondo il Lombardi natura risospingono al peccato »; Berar-
e altri, diamante è immagine del so-
il dinelli, Concetto della D. C, 137.
lido fondamento su cui posa la Chiesa, 114. piaghe: i P. sono incisi con la^j
che ha ricevuto da Cristo stesso l'au- punta della spada, e piaghe è il termine
torità di assolvere dai peccati. scritturale per indicare i peccati cfr. ;
{

106. voglia: mia; trasse me «pronto Salm. XXXVLII, 11. Isaia, I, 6, ecc.*
e libente » {Par., XXV, 65). 115. Cenere: la veste dell'angelo eh' è:
108. umilemente: cfr. Purg. I, 94 sg. color di cenere e di terra secca, dunque
- scioglia apra cioè che ti assolva.
: ; non vivace ma dimessa, può simboleg-
110. chiesi implorai da lui la miseri-
: giare l'umiltà con che il sacerdote, mi-
cordia di aprirmi la porta del Purg. Al.: nistro e servo di Dio, dee procedere nel
misericordia chiesi e che (o eh' e') m'a- suo ufficio di confessore. Secondo altri,
prisse: lectio facilior. quella veste di quel colore figura l'auto-
111. pria nel petto ecc. prima di pre- : rità di assolvere, data all'uomo vestito
garlo che mi aprisse la porta, umilmente di polvere e cenere, cioè della carne. Al-
contrito e devoto, mi battei tre volte il tri ancora diversamente. Certo il color ci-
petto. «Percutiebat pectus suum » Lue.
; nereo è simbolo di penitenza, e il mi-
XVIII, 13. nistero di quest'angelo è di penitenza.
i segni dei 7 peccati mor-
112. Sette JP: 117. chiavi le « chiavi del regno dei
:

tali chepurgano nei 7 cerchi del Purg.


si cieli », Matt. XVI, 19, che figurano l'au-
e dei quali anche il P. dovrà purificarsi torità conferita da Cristo a
S. Pietro di
colla penitenza. P è abbreviatura della chiuderlo e di aprirlo cfr. Inf. XXVII,;

parola Peccato. «Ondel'angelo che scrive 104. « Disti nguuntur duse claves; quaruni
sette volte su la fronte del P. la parola una pertinet ad iudicium de idoneitate
Peccato, e poi gì' ingiunge che si con- eius qui absolvendus est; et alia ad ipsain
duca pe' sette gironi, sicché richiuda absolutionem. Et hae duse claves non di-
quelle marche della fronte, chiaramente stinguuntur in essentia auctoritatis, quia
fa intendere che dopo la remissione ot- utrumque ex officio eis competit sed ex ;

tenuta è rimasta nell'anima qualche cosa, comparatione ad actus, quorum unus


che si può tuttavia dire peccato. Or certo alium prsesupponit » Thom. Aq., Sum.
;

è che dopo rimosse le colpe persistono theol. Ili,Suppl. XVII, 3.


nell'anima le malvage propensioni, o in- 118-120. d'oro: simbolo dell'autorità
generate, o invigorite da' replicati atti divina che il sacerdote esercita quando
del medesimo genere; ed esse pure si assolve, -d'argento simbolo della scien-
:

possono dire in qualche senso peccato, za necessaria al sacerdote per valutare


sì perchè sono, diciamo così, immediata e giudicare le colpe prima di assolvere:
creazione del peccato, sì perchè di loro quindi l'angelo prima usa la chiave d'ar-
[ANTIP. VALLETTA] PURG. IX. 121-138 [ANGELO PORTIERE] 405

121 « Quandunque l'una d'este chiavi falla,


che non si volga dritta per la toppa »
diss'elli a noi, «non s'apre questa calla.
124 Più cara è l'una; ma l'altra vuol troppa
d'arte e d'ingegno, avanti che diserri,
perch' eli' è quella che nodo digroppa.
Da Pier le tegno; e dissemi eh' io erri
anzi ad aprir che a tenerla serrata,
pur che la gente a' piedi mi s'atterri. »
130 Poi pinse l'uscio alla porta sacrata,
dicendo « Entrate ; ma facciovi accorti
:

che di fuor torna chi 'ndietro si guata ».


133 E quando fur ne' cardini distorti
regge sacra,
gli spigoli di quella
che di metallo son sonanti e forti,
I
136 non rugghiò sì né si mostrò sì aera
Tarpeia, come tolto le fu il buono
Metello, per che poi rimase macra.

gento, poi quella d'oro. - contento aven-


: come simbolo del sacerdote; che, come
dola egli aperta, come gli avevo umil- angelo, non può errare, e a quella porta
mente chiesto, v. 110. si presenta sol chi ha diritto d'entrarvi.

121. Quandunque: lat. quandocumque 129. s'atterri : s'inginocchi, segno di


qualunque volta l'una delle due chiavi umile contrizione.
non giri bene (si volga dritta) nella top- 130. pinse ecc.: spinse in dentro l'im-
pa, o serratura, la porta non si apre. posta, battente della sacra porta.
il

Quando al sacerdote manchi scienza o perde la grazia chi ritorna


132. torna :

autorità, oppure egli non usi di queste ai vecchi peccati cfr. Matt. XII, 43-45.
;

debitamente, non e' è assoluzione. Lue. IX, 62 ; XI, 24-26 ; XVII, 32.
123. calla apertura, ingresso
: cfr.
; 133-134. fur distorti: girarono. -spigoli:
Purg. IV, 22. Matt. VII, 13, 14. « Le gran porte non si collegano a' gan-
124-126. Più cara è l'una: la chiave gheri con le bandelle ma in cambio di
;

d'oro, essendo l'autorità sacerdotale ac- bandelle hanno certi pontoni e in luogo di
quistata col sangue prezioso di Cristo. gangheri hanno un concavo in che entra-
Ma l'altra, d'argento, benché meno pre- no questi pontoni, e in su quegli si bilica la
ziosa, richiede molta arte ed ingegno nel porta in forma che s'apre e serra »; Land.
sacerdote che deve distinguere le diver- -regge porta: cfr. Barbi, Bull. XII, 271.
:

se specie di peccati, giudicarne la va- 135. che : può riferirsi ai cardini


ria gravità, chiarir le obbligazioni del (Benv.)-, meglio però agli spigoli.
penitente, e valutar bene la disposizione 136-138. non rugghiò ecc. il rumore :

di lui. - nodo digroppa: apre e penetra che fece la porta nell' aprirsi, fu maggiore
la coscienza inviluppata del peccatore, di quello che fece la rupe Tarpeia. - aera:
e ne svolge e spiega e mette in chiaro resistente ad aprirsi come quella che si
le colpe, per farne giudizio e concedere apre di rado cfr. Matt. XX, 10 e Purg.
;

quindi o no 1' assoluzione. X, 2. - Tarpeia il Tarpeius mons (rocca


:

127. Da Pier le ebbi da S. Pietro, cui


: Tarpea) nel Campidoglio. - Metello: il
furono date da Cristo, Matt. XVI, 19; tribuno L. Cecilio Metello cui era ani-
e Pietro mi disse di errare piuttosto data la custodia, del tesoro pubblico che
aprendo la porta per troppa indulgenza si conservava sotto la rupe Tarpea. Quan-
che per troppo rigore tenendola chiu- do Gr. Cesare, passato il Rubicone, si fu
sa. Questo può dir di so l'angelo solo trasferito a Roma, volle impadronirsi del
406 [antip. valletta] Pukg. ix. 139-115 [entrata]

ino Io mi rivolsi attento a] primo tuono,


e « Te Deum laudamus » mi parca
udjre in voce mista
al dolce suono.
142 Tale imagine appunto mi remica
ciò eh' io udiva, qual prender si suole
quando a cantar con organi si stea ;

145 eh 'or sì, or no s intendon le parole.


7

pubblico tesoro ma Metello gli si oppo-


; nevolmente" esser fatta meDzione; e
se, e Cesare riuscì nel suo intento sol con tale tuono o suono ei si rivolge levand
le minacce e la forza. Racconta Lucano, il viso in avanti, mentre la porta viene

Ph. Ili, 154 sgg. che Tunc rupes Tarpeia dall'angelo aperta e mentre con V. egli
sonat, magnoque reclusas Testatur stri- sta tuttora al di fuori, dovendo, per en-
dore fores tunc conditus imo Eruitur
; | trare, attendere che essa porta sia finita
tempio, niultis intactus ab annis, Ro- |
d'aprire. In quella ode il Te Deum « in
mani census populi, etc. - inaerà: spo- voce mista al dolce suòno » e questo ;

gliata dal tesoro. sarà pur sempre il suono della porta


nel primo cer-
V. 139-145. Arrivo (cfr. il v. 135 e X, 4); che non è da cre-
chio del Purgatorio. Mentre s' apre dere, osserva il Barbi « sia uno stridore,
la porta, si ode cantare l'inno ambro- come di cosa rugginosa » ma pur es-
;

siano, il Te Deum. Con questo, che suona sendo suono forte, come rugghio di leone,
rendimento di grazie, si dà come il ben- è armonioso e durevole, perchè la porta
venuto ai nuovi arrivati. Probabile che non si apre speditamente, ma è resistente
siano le anime purganti che cantano al (« né si mostrò sì aera »). Se si leggesse
rugghiar della porta, che si suole udire « a dolce suono », si potrebbe « inten- I

ogni volta che un'anima entra nel Purg.; dere che al canto s' accompagnava una
ma potrebbe anche essere un canto di dolce armonia che al poeta non riuscì
angeli, come Xmc.II, 13 sgg. Cfr. D'Ov., capire onde uscisse »; ma poiché la lez.~
N. St. I, 271 sgg. giusta è al suono, il suono accennato
139-141. Io mi rivolsi ecc.: delle varie quale cosa determinata e nota, dev' es-
interpretazioni date di questi la più pro- sere quel della porta.
babile ci par quella che fu con lucida 142. mi rendea: mi dava la stessa im-
argomentazione difesa dal Barbi, Bull. pressione che, ecc.
XII, 272 e XVIII, 15. Il primo tuono, 143-145. prender: ricevere. - stea: stia.
chi ben guardi, deve riferirsi al rumore « Stando a cantar cogli organi, alcune
della porta, unico suono che D. ha detto volte il suono scolpisce le parole del
di aver udito, ed unico, perciò, di cui canto, e quando l' offusca col tuono » ;

con le parole primo tuono possa ragio- An. Fior. Cfr. Lite. XV, 7, 10.
[GIRONE PRIMO] PURG. X. 1-13 [SALITA AL 1° GIRONE] 407

CANTO DECIMO
GIRONE PRIMO: SUPERBIA
(Camminare rannicchiati sotto pesi piti o meno gravi)

SALITA AL PRIMO GIRONE, ESEMPI DI UMILTÀ


ESPIAZIONE DELLA SUPERBIA

Poi fummo dentro al soglio della porta,


che il malo amor dell'anime disusa,
perchè fa parer dritta la via torta,
sonando la senti' esser richiusa 5

e s'io avessi gli occhi volti ad essa,


qual fora stata al fallo degna scusa?
Noi salivam per una pietra fessa,
che si moveva d'una e d'altra parte,
sì come l' onda che fugge e s' appressa.
10 « Qui si conviene usare un poco d' arte »
cominciò il duca mio « in accostarsi
or quinci, or quindi al lato che si parte. »
13 E ciò fece li nostri passi scarsi,

V. 1-27. Salita al primo


girone» 4. sonando ecc. solo dal suono si ac-
:

Come sono D. ode


entrati nel Purg., corse che la porta si richiudeva.
dietro di sé il suono della porta che vien 6. qual ecc. non avrei potuto giusta-
:

richiusa, ma non osa guardarsi indietro, mente scusarmi, essendone stato pream-
memore di quel che l'angelo gli ha det- monito cfr. Purg. IX, 131 sg.
;

to, Purg. IX, 131 sg. I P. salgono poi 7. pietra fessa: la viuzza per cui sal-
per una via strettissima e tortuosa al gono, è scavata e incassata nella roccia
1° girone del Purg. ma, giuntivi, si
; e sì stretta da potersi dire uno spacco
fermano, e per la stanchezza di D., e della roccia stessa.
perchè incerti entrambi circa la via da 8-9. si moveva: la roccia sui due lati
prendere. dello spacco sporgeva via via e si riti-
1. Poi poiché qui e Purg. XIV, 130,
: : rava a mo' di onda. Alcuni pochi stra-
ecc. con valor temporale; altrove, p. es. namente intesero che il sasso si movesse
Purg. X, 128, con valore causale. realmente !

2. amor: amore è, per D., sementa 11-12. in accostarsi: essendo i fianchi


di ogni buona e cattiva azione umana ;
di quel viottolo incassato e tortuoso tut-
l'amore buono produce buone, il malo t'una serie di rientranze, o incavature,
male azioni cfr. Purg. XVII, 103 sgg.
; e di sporgenze, salendo, bisognava schi-
- disusa fa che sian poche le anime am-
: var le sporgenze e accostarsi via via
messe al Purg., opperò la porta rara- al lato che si parte, cioè ai tratti rien-
mente si apre; cfr. n. a Purg. IX, 136. tranti, ora a destra ed ora a sinistra.
3. fa ecc. il malo amor fa parere un
: 13. scarsi: lenti e brevi; cfr. Purg.
bene, eppérò desiderabile, il male. XX, 16.
408 [GIRONE PBIMO] PURG. x. 14-27 [arrivo nel 1° girone]

tanto che pria lo scemo della lima


rigìunse al letto suo per ricorcarsi,
18 che noi fossimo fuor di quella cruna;
ma quando fummo liberi e aperti
su dove monte indietro si ratina,
il

19 io stancato, e ambedue incerti


di nostra via, restammo in su 'n un piano,
solingo più che strade per diserti.
22 Dalla sua sponda, ove confina il vano,
che pur sale,
al pie dell'alta ripa
misurrebbe in tre volte un corpo umano ;

25 e quanto l' occhio mio potea trar d' ale,


or dal sinistro e or dal destro fianco,
questa cornice mi parea cotale.

14. Io scemo della luna: la luna, sce- V. 28-45. Zia Tergine Maria, primo
ma, perchè quasi nell'ultimo quarto, era esempio di umiltà. Nel Purg. scopò
già tramontata. Erano circa le ore 11 an- delle pene è la purgazione o correzione,
tim. AL: stremo cfr. Moore, Critic, 386.
: con che 1' umano spirito diventa degno
15. letto: orizzonte. di salire al cielo. Or come si compie tale
16. cruna adito angusto chiama così,
: ;
miglioramento degli spiriti? Con l'eser-
secondo Matt. XIX, 24; Marc. X, 25; cizio e con la meditazione. Non basta
Lue. XVIII, 25, quella stretta via per deporre il vizio conviene anche eserci-
;

la quale erano saliti. tare la opposta virtù e le pene del Purg.


;

ed aperti liberi dalle diffi-


17. liberi : sono in sostanza esercizi nelle virtù op-
coltà della via ed usciti fuori all'aperto. poste ai peccati commessi così i superbi :

18. dove ecc. dove il monte si ristrin-


: si esercitano nell'umiltà, gl'invidiosi nel
ge, lasciando un ripiano all'intorno. santo amore, gl'iracondi nella mansue-
20. restammo: ci arrestammo, senso tudine, e così via dicendo. Ma all' eser-
che in antico ebbe spesso restare-, cfr. cizio si aggiunge la meditazione, la quale
hif. V, 31. Purg. XXV, 33. è duplice dall' un canto essa ha per og-
:

21. solingo ecc.: più solitario che stra- getto le laidezze ed i tristi effetti dei
da nel deserto, « quiapaucissimi gradiun- peccati commessi, dall'altro le bellezze
tur per istum viam peoni tentiae, et maxi- e i dolci frutti delle opposte virtù. Que-
me superbi, qui primo inveniuntur in sti oggetti sono offerti alla meditazione
ista via »; Benv. - « Post eum solitudo delle anime purganti per mezzo di esem-
deserti » ; Ioel. II, 3. pi; e perciò in ogni cerchio del Purg.
sponda: orlo esterno. -
22. il vano: il o si vedono coli' occhio, o sono gridati,
vuoto: cfr. Purg. XIII, 80. o si contemplano in interna visione ecc.
23. sale: s'innalza. esempi di belle virtù e di vizii con le loro
24. misurrebbe misurerebbe:: cfr. Nan- conseguenze. D. toglie tali esempi dalla
nuc., Verbi, 332 sg. Dall'orlo esterno alla Sacra Scrittura, dalla mitologia pagana
costa il ripiano era largo tre volte la lun- e dalla storia. Nel girone de' superbi si
ghezza di un uomo; un cinque metri. vedono rappresentati sulla roccia che '

25. trar d'ale: arrivare quasi volan- pur saleumiltà di Maria, di Davide
'
l'

do quanto
;
la mia veduta poteva disten- e di Traiano; e sul pavimento l'orgo-
dersi a destra o a sinistra, il ripiano mi glio punito di Lucifero, dei Giganti, di
appariva ovunque della medesima lar- Niobe, di Saul, di Aracne, di Roboamo,
ghezza. di Almeone, di Sennacherib, di Ciro, di
27. cornice così chiama D. i cerchi del
: Oloferne, dei Troiani. Come qui, anche
Purg. (cfr. Purg. XI, 29; XIII, 4 ecc.), nei gironi superiori il primo esempio di
perchè cingono torno torno il monte virtù è sempre Maria negli altri esempi
;

D. sceglie liberamente.
[GIRONE PRIMO] Purg. x. 28-43 [la vergine maria] 409

28 Lassù non eran mossi i pie nostri anco,


quand'io conobbi quella ripa intorno,
che dritta di salita aveva manco,
31 esser di marino Candido e adorno
d'intagli sì, che non pur Policreto,
ma la natura lì avrebbe scorno.
34 L' angel che venne in terra col decreto
della niolt' anui lagrimata pace,
che aperse il ciel dal suo lungo divieto,
37 dinanzi a noi pareva sì verace
quivi intagliato in un atto soave,
che non sembiava imagine che tace.
40 Giurato si saria eh' ei dicesse Ave ! ' '
;

perchè ivi era imaginata quella


eh' ad aprir l'alto amor volse la chiave,
43 ed avea in atto impressa està favella
28. non eran mossi ecc. : arrivati nel un'opera sulle proporzioni del corpo uma-
ripiano, si erano fermati, v. 20. no, che gli scultori considerarono come il
29-30. quella ripa che ecc. non tutta : codice della loro arte. Nel M. E., come
la ripa, o costa tra il 1° ed il 2° girone, mostrò il Torraca, fu usuale la citaz. di
ma solo quella parte, la inferiore, che Policreto, come di artista perfetto.
ha gl'intagli e solo può essere veduta 33. lì : Al. : gli, usato da D. per vi,
dai superbi e che, essendo diritta, a per- o ivi anche Inf. XXIII, 54. - avrebbe
pendicolo o quasi, aveva mancanza di scorno: perchè superata, vinta.
salita. Un verso tutto simile per la sin- 34-35. L'angel ecc.: l'arcangelo Ga-
tassi al v. 30 è Purg. XXI, 89. Al.: che briele che recò alla Vergine Maria l' an-
dritto di salita avea manco, lezione che nunzio della nascita del Salvatore cfr. ;

ha per sé l' autorità di moltissimi codici Lue. I, 26-38. - lagrimata: implorata con
e edizioni, ma della quale a noi pare lagrime. - pace dell' uomo con Dio.
:

non si sia peranco data un' interpreta- 36. aperse ecc. la quale pace aprì agli
:

zione che soddisfaccia interamente. Cfr. uomini il cielo, stato loro chiuso, per la
Moore, Crii., 386-88. Il Poi. afferma che colpa di Adamo, sino alla morte di Cri-
dritto è lezione « della quasi totalità » dei sto: cfr. Inf. IV, 62-63. «Per peccatum
codd., che è dir troppo, poiché' il Moore prsecludebatur homini aditus regni cce-
trovò dritta in non meno di 52 dei codd. lestis.... Ante passionem Christi nullus
da lui esaminati ma è certo che i più
; intrare poterat regnum cceleste» Thom. ;

antichi e importanti leggono dritto. - Aq., Sum. theol. Ili, 49, 5.


manco mancanza come Par. Ili, 30. Cfr.
: 38. intagliato intagliare e intaglio
:
' ' '
'

Bull. X, 25 sgg. e XXV, 62 e O.Steiner, si usarono a designare figurazioni non


*} Che dritto ecc. ". Noterella dantesca. pure scolpite, come qui, ma anche di-
Cividale del Friuli, 1912 acuto e lucido
; pinte: cfr. Intelligenza st. 216, 219 ecc.
studio, ma solo parzialmente persuasivo. 39. non sembiava ecc. non sembrava :

31-32. adorno ecc. adornato di basso-


: muta imagine, ma persona viva e par-
rilievi di sovrumana perfezione e bel- lante, la quale dicesse le parole con che
lezza. - Policreto toscanismo per Poli-
: Gabriele salutò Maria: « Ave gratia pie-
cleto, celebre scultore greco, n. verso il na, Dominus tecum » {Lue. I, 28). Dei
480 a. Cr., contemporaneo ed emulo di bronzi nella reggia d'Argo Stat., Theb.
Fidia. È celebre per la bella Giunone II, 216 « Vivis certantia vultibus sera. »
:

colossale, fatta pel tempio d'Argo, e per 41-42. imaginata ecc. effigiata Maria :

una statua modello, detta il Canone, Vergine. - volse ecc. mosse l' amor di- :

nella quale aveva riunite tutte le per- vino ad aver pietà degli uomini.
fezioni del corpo umano. Dettò pure 43. està: questa.
410 [girone primo] Pi i ±-63 [IL RE DAVIDE]

' Ecce aitci Ila JJei 7


propriamente
come figura in cera si suggella.
46 « Non tener pur ad un loco la mente
disse il dolco maestro, clic m'avea
da quella parte onde il core ha la gente;
19 per ch'io mi mossi col viso, e vedea
diretro da Maria, da quella costa
onde m'era colui che mi movea,
52 un'altra storia nella roccia imposta;
per ch'io varcai Virgilio e femmi presso,
acciò che fosse agli occhi miei disposta.
55 Era intagliato lì nel marmo stesso
lo carro e' buoi traendo l'arca santa,
per che si teme officio non commesso.
58 Dinanzi parca gente e tutta quanta, ;

partita in sette cori, a' due miei sensi


faceva dir l'un No ', l'altro Sì, canta ' *

01 Similemente, al fummo degl'incensi


che v' era imaginato, gli occhi e il naso
e al sì e al no discordi fensi.

44-45. Ecce ecc. : la risposta di Maria 51. mi movea m'incitava colla sua am-
:

all'angelo Gabriele « Ecce ancilla do- : monizione, v. 46, a muovere gli occhi.
mini; fiat secundum verbum tuum»; 52. imposta: scolpita.
Lue. I, 38. - propriamente come, pro- 53. varcai passai alla destra di V.
:

prio nello stesso modo, con la stessa 54. disposta: dispiegata, manifesta.
evidenza e nitidezza con cni ecc. - in 55. lì: nello stesso marmo in cui era
cera « Ut Hymettia sole Cera remolle-
: intagliata la scultura antecedente.
sci t,tractataque pollice multas Flectitur 57. siteme di arrogarsi ufficio non af-
:

in facies »; Ovìd., Met. X, 284 sgg.-«Ut- fidato da Dio. « Oza stese la mano verso
que no vis facilis signatur cera figuria»; l'Arca di Dio, e la ritenne; perciocché i
ibid. XV, 169. V. Purg. XXXIII, 79 sgg. buoi l'aveano smossa. E l'ira del Signore
Y. Il re Davide, 2° esem-
46-69. si accese contro ad Oza e Iddio lo per- ;

pio di umiltà. Il 2° esempio di umiltà, cosse quivi per la sua temerità; ed egli
scolpito in quella parete, è Davide, re morì quivi presso all'Arca di Dio»; II
d'Israele, che fa condurre l'Arca del Reg. VI, 6-7.
Patto a Sion e danza « di tutta forza
; 58. parea: appariva, si vedeva.
davanti al Signore, essendo cinto d' un 59. sette cori « Et erant cum David
:

Efod di lino »; cfr. II Reg. (II Salm.) septem cuori »; II Reg. VI, 2. -due sensi:
VI, 1-23. I Parai. XIII, 1-14; XV; XVI. vista e udito. L'orecchio non udiva canti:
46. Non tener ecc. non fermarti a os- : ma la scultura raffigurava l'atto del can-
servare una sola di queste rappresen- tare sì perfettamente che dava all'oc-
tazioni. chio l'impressione di gente che cantasse
48. parte ecc. sinistra. Nel Purg. gi-
: davvero.
rano sempre a destra, e V. si tiene dalla 61. al fummo degl'incensi: «e quan-
parte esterna per proteggere D., che così do quelli che portavano l'Arca del Si-
gli è a sinistra, contro il pericolo di ca- gnore erano camminati sei passi, David
dere; cfr. Purg. XI, 49; XIX, 81, ecc. sacrificava un bue e un montone » II ;

49. col yìso: con gli occhi. Reg. VI, 13. Ma di fumo e d' incensi
50. da quella costa ecc.: alla mia destra, la Bibbia non parla.
dietro la scultura rappresentante Maria. 63. fensi si fenno (fecero) in quanto
: :
[GIRONE PRIMO] PURG. X. 64-73 [IL RE DAVIDE] 411

04 Lì precedeva al benedetto vaso,


trescando alzato, l'umile salmista,
e più e men che re era in quel caso.
67 Di contra, effigiata ad una vista
d'un gran palazzo, Micòl ammirava,
sì come donna dispettosa e trista.
70 Io mossi i pie del loco dov' io stava,
per avvisar da presso un' altra storia
che diretro a Micòl mi biancheggiava,
73 Quivi era storiata l'alta gloria

gli occhi affermavano quello essere real- ai racconta così: «Lo 'mperadore Traia-
mente fumo d' incenso, mentre il naso no fu molto giustissimo signore. Andan-
negava, non sentendone l'odore. do un giorno con la sua grande cavalleria
64. vaso: l'Arca del Signore. contra suoi nemici, una femina vedova
65. trescando: quasi ballando il tre- gli si fece dinanzi, e preselo per la staffa
scone, un rozzo ballo cfr. Inf. XIV, 40. -
; e disse Messere, fammi diritto di quelli
:

alzato: succinto, con la veste tirata su. m'hanno morto lo mio figliuolo
eh' a torto
Infatti Micol fece a David il rimprovero : E 'mperadore rispuose et disse Io ti
lo :

« Quant' è egli stato oggi onorevole al re sodisfarò quand'io tornerò. Et ella disse
d' Israele d' essersi oggi scoperto davanti Se tu non torni? Et elli rispuose: Sodi
agli occhi delle serventi de' suoi servi- sfaratti lo mio successore. Et ella disse
tori, non altrimenti chescoprirebbe si E se 'l tuo successore mi vien meno, tu
nn buffone»; II Reg. VI, 20. - umile: min se' debitore. E pogniamo eh' e' pure
Davide disse a Micol « Mi avvilirò per- : mi soddisfacessi, V altrui giustizia non
ciò ancora più. di questo e mi terrò più liberrà la tua colpa. Bene avverrae al
basso » II Reg. VI, 22.
; tuo successore, s'egli liberrà se mede-
66. più: avendo indosso abito pontifica- simo. Allora lo 'mperadore smontò da
le, come era 1' Efod cfr. Esod. XXVIII,
; cavallo, e fece giustizia di coloro ch'ave-
6 sg. - men ballando a quel modo, cosa,
: vano morto il figliuolo di colei. E poi ca-
per sé stessa, poco degna d' un re. Al. : valcò e sconfisse i suoi nemici. E dopo
Più che re a Dio, men che re ai superbi. - non molto tempo, dopo la sua morte,
in quel caso in queir occasione.
: venne il beato santo Gregorio papa, e
67. Di contra: nello stesso bassori- trovando la sua giustizia andò alla sta-
lievo, dirimpetto a Davide. - vista fine- : tua sua, e con lagrime l'onorò di gran
stra. « Comel'Arca del Signore entrò lode, e fecelo dissoppellire. Trovaro che
nella città di Davide, Micol, figliuola di tutto era tornato alla terra, salvo che
Saul le, riguardò dalla finestra, e vide l' ossa e la lingua e ciò dimostrava co-
;

Davide che saltava di forza in presenza ni' era suto giustissimo uomo, e giusta-
del Signore; e lo sprezzò nel cor suo»; mente avea parlato. E santo Gregorio
II Reg. VI, 16. Cfr. Inf. X, 52. Vista orò per lui a Dio, e dicesi per evidente
valeva anticamente apertura in genere
'
miracolo che, per li prieghi di questo
per la quale si vede '. santo papa, l'anima di questo imperadore
68. Micòl: figlia di Saulle, primo re di fu liberata dalle pene dell'Inferno, e
Israele, la prima delle mogli di Davide ;
andonne in vita eterna ed era stato pa-
:

che fu punita della sua superbia con la gano. » Cfr. Barbi, Per Nozze Flamini-
sterilità; cfr. II Reg. VI, 23. - ammi- Fanelli, Firenze, 1895. D. pur attenen-
rava: guardava maravigliata. dosi alla tradizione aggiunge tocchi tutti
V. 70-96. Zi* imperatore Traiano , suoi e nell' atteggiamento delle figure e
3o esempio di umiltà, ISTel M. E. era nelle parole del dialogo.
assai diffusa una leggenda, la cui sor- 71. avvisar: osservare, vedere.
gente sembra fosse un aneddoto raccon- 72. mi biancheggiava: mi si mostrava
tato da Dione Cassio, XIX, 5. Nel No- scolpita nel marmo candido, v. 31, dopo
vellino, 69, con cui vanno essenzialmente Micol, seguitando sempre a* destra.
d'accordo gli antichi comm., la leggenda 73-74. gloria: il fatto glorioso. - prin-
112 [GIRONE PRIMO] 1VRG. X. 74-95 [TRAI kNO]

del roman principato, il cui valore


mosse Gregorio alla sua gran vittoria;
7G e dico di Traiano imperadoiv :

e una vedovella gli era al freno,


lagrime atteggiata e di dolore.
di
79 Intorno a lui parea calcato e pieno
di cavalieri, e l'aguglie nell'oro
sovr'essi in vista al vento si movieno.
82 La miserella intra tutti costoro
parea dicer : « Signor, fammi vendetta
del mio morto, ond'io m'accoro
fìgliuol eh' è !

8.')
Ed « Ora aspetta
egli a lei rispondere :

tanto ch'io torni ». E quella: « Signor mio, »


- come persona in cui dolor s'affretta -
88 « se tu non torni? » Ed ei « Chi fìa dov'io, :

la ti farà ». E quella « L' altrui bene :

a te che ila, se il tuo metti in oblio? »


91 Ond'elli : « Or ti conforta ; che conviene
mio dovere anzi ch'i' mova:
ch'i' solva il

mi ritiene ».
giustizia vuole e pietà
94 Colui che mai non vide cosa nova
produsse esto visibile parlare,

cipato qui significa non


:
'
la dignità di campo d'oro. Così An. Fior.,
effigiate in
principe ', ma principe ' ': così '
magi- Benv., Buti, Land., Teli., Dan., ecc.:
1
strato '
significa la persona e la dignità. aguglia per aquila fu dell'ant. tose.
' ' '

75. Tittoria: sopra l'Inferno. La leg- 81. soyr' essi : sembrava che, agitate
genda della liberazione Traiano dal- di dal vento, si movessero sopra
il capo di

l'Inferno per opera di S. Gregorio fa rac- Traiano e de' cavalieri.


contata da Giov. Diacono, Vita S. Greg. 85. rispondere: dipende da 'parea',
TV, 44 e nel M. E. fu ripetuta in non so del v. 83.
quante opere. « Damascenus in sermone 87. come ecc. con l' insistenza impa
:

suo, de Defunct., narrat quod Gregorius ziente di chi sente un assillante dolore
prò Traiano orationem fundens, audivit 89. L'altrui bene ecc.: che gioverà a
vocem sibi divinitus dicentem Vocem : te il bene fatto da altri, se tu dimen
tuam audivi, et veniam Inaiano do: cuius tichi e trascuri quello a cui sei oboli
rei, ut Damascenus dicit in dicto sermone, gato dal tuo stesso ufficio?
testis est Oriens omnis et Occìdens. Sed 92-93. eh' io solva ecc. che, prima di :

constat Traianum in Inferno fuisse.... partire coli' esercito, io adempia il mio


De facto Traiani hoc modo potest pro- dovere d' imperatore vendicando la tua
babiliter sestimari, quodprecibus B. Gre- offesa. Giustizia così vuole, e la pietà per
gorii ad vitam fuerit revocatus, et ita te m'induce a trattenermi a tal fine.
gratiam consecutus sit, etc. »; Thom. Dio, al quale nulla è
94. Colui ecc. :

Aq., Sum. theol. Ili, Suppl. 71. 5. Par. nuovo, vedendo Egli ab ceterno simul-
XX, 44 sgg., 106 sgg. taneamente tutte le cose passate, pre-
79. Intorno il luogo intorno a Traia-
: senti, future. « Ad opus novum sempi-
no; Vìrg., Ed. I, 11-12: « undique to- ternimi adhibet Deus consilium»; Aug.,
tis Usque adeo turbatur agris. » De Oiv. Dei XXII, 22.
80. l'aguglie nell'oro : le aquile romane 95-96. visibile: il parlare è veramente
[GIRONE PRIMO] Purg. X. 96-110 [pena dei superbi] 413

novello a noi perchè qui non si trova.


97 Mentr' io mi dilettava di guardare
le imagini di tante umilitadi
e per lo fabbro loro a veder care,
100 « Ecco di qua, ma fanno i passi radi »
mormorava il poeta, « molte genti :

questi ne 'nvieranno agli alti gradi. »


103 Gli occhi miei, eh a mirar eran contenti
7

per veder novitadi onde son vaghi,


volgendosi vèr lui non furon lenti.
106 Non vo' però, lettor, che tu ti smaghi
dibuon proponimento per udire
come Dio vuol che '1 debito si paghi.
109 Non attender la forma del martire :

pensa la succession : pensa che, al peggio,

udibile; « ma però che l'Auttore vedea cioè da sinistra, poiché D. sta ora (v. 53)
questo parlare atteggiato et scolpito, alla destra di V.
anche v. 105.
; cfr.
dice et chiamalo visibile parlare »; An. 102. ne 'nvieranno ecc.: ci mostreranno
Fior. - « E così si scusa dell'aver posto la salita ai cerchi superiori del Purg.
che una con l'atto,
effigie possa esprimere *
Inviare vale '
avviare cfr. Purg.
' '
;

non un solo ma
più effetti consecutivi. XII, 83 e XXII, 64.
L'artista potrà benissimo giungere a im- 103-104. a mirar: le sculture descritte.
primere negli atteggiamenti e nel volto eran contenti ecc.: erano, nel mirare con-
delle sue figure la domanda e la risposta, tenti, perchè vedevano cose nuove, di
ma non mai un dialogo continuato, per- che essi sono desiderosi. Al. intenti. :

chè l' attitudine delle figure intagliate V ha chi fa di per veder ecc. il compierti,
e dipinte è una e permanente »; Giusti. di fine da unire al v. 105 nel qual caso ;

Per questo afferma D. che è cosa novella, tornerebbe bene la lezione lor in luogo
cioè insolita, straordinaria per noi. di lui; ma tale lez. non ha buon fonda-
V. 97-139. Espiazione della super- mento ne' codici.
bia. La vista di una schiera di anime 106-7. ti smaghi di : ti distolga da cfr. ;

che procedono lente, quasi rannicchiate Purg. XXVII, 104. Tom. « Non tanto
:

a terra, cariche. le spalle di grandi sassi, al lettore volge l' avvertimento, quanto
induce D. a gridare contro la super- a sé stesso, pensando che, come non li-
bia degli uomini, che dovrebbero, consi- bero da superbia, anch'egli dovrà sotto
derando quel che sono, serbarsi umili quella soma curvarsi. »
di cuore. I superbi ch'ebbero animo e 103. il debito: con quale pena Dio vuole
persone troppo erette per baldanza, van- che renda
si la debita sodisfazione alla
no qui curvi sotto enormi massi, e pian- Giustizia peri peccati commessi e si fac-

gono, e pregano, e mirano esempi di cia la debita purificazione con che si


umiltà premiata e di superbia punita. diventa degni del cielo.
Loro preghiera è il Pater noster, pre- 109. Non attender ecc.: non badare alla
ghiera dell'uomo umile, che mira anzi qualità, cioè alla gravità, del martire (=
tutto alle cose di Dio, e per sé chiede martìro =
martirio), cioè della pena, ma
solo il pane necessario, il perdono de'pec- pensa che succede al-
alla beatitudine
cati commessi, e, conscio della umana l' espiazione. « Non sunt condignae pas-

debolezza, l'aiuto contro le tentazioni. si ones huius temporis ad futuram glo-


98-99. umilitadi: atti di umiltà: astr. riam quse revelabitur in nobis » Rom. ;

per concr. - e anche. - per lo fabbro


: Vili, 18.
loro per essere opera perfettissima del
: Al.: a peggio. Nel peg-
110. al peggio :

più perfetto artefice, Dio. gio dei casi martire durerà fino alla
il

100. di qua da questa, dalla mia parte,


: gran sentenza (cfr. Inf. VI, 104) che
414 [gironi: primo] PùRG. X. 111-126 xa dei superbi]

oltre la gran sentenza non può ire.


112 Iocominciai «Maestro, quel ch'io veggio
:

muovere a noi, non mi sembian persone,


e non so che, sì nel veder vaneggio».
115 Ed egli a me: « La grave condizione
di lor tormento a terra li rannicchia,
sì che i miei occhi pria n' ebber tencione.
118 Ma guarda fiso là, e disviticchia
col viso quel che vien sotto a quei sassi :

già scorger puoi come ciascun si picchia.


121 superbi Cristian, miseri lassi,
che, della vista della mente infermi,
fidanza avete ne' retrosi passi,
124 non v' accorgete voi che noi siam vermi
nati a formar l' angelica farfalla
che vola alla giustizia sanza schermi?

Cristo pronuncierà nel giudizio finale ;


tre sì difficile era distinguere pur se fos-
cfr. Matt. XXV, 34, 41. sero persone, che il già indica che si
113. a noi: alla nostra volta. -persone: erano i P. intanto avvicinati e che « il
come tu dici, v. 101. Il superbo elio in muovere delle braccia era uno degli atti
vita si credè e volle sembrare da più più. visibili che quelle anime potesser
delle persone ordinarie, nel Purg. è ab- fare » Barbi, Bull. XII, 274.
;

bassato in modo tale, che, un po' da 121. superbi: all' aspetto della pena
lontano, non si distingue nemmeno se dei superbi, il P. si chiede con istupore
sia persona od altro. come 1' uomo possa dimenticare nel suo
114. e non so che ecc. e non saprei
: orgoglio che la vita e i suoi beni son
dire che cosa possano essere, tanto poco, cose transitorie e che l'anima sola dovrà
guardando, mi riesce discernere, tanto comparire dinanzi al giudice eterno senza
torna vana la mia vista. alcuna difesa di che dunque può legitti-
:

115 116. condizione di lor tormento: mamente andar altero? - miseri lassi la :

qualità di loro pena. - a terra ecc. li : stessa locuzione in Inf. XXXII, 21.
curva sotto i gravi pesi in modo, che 122. della vista ecc.: ciechi della mente.
anch' io, al primo vederli, non seppi di- 123. retrosi: retrogradi. Siete sì ciechi
scernere se fossero persone od altro. di mente, che vi illudete di andar avanti
117. tencione: tenzone, contesa; ora e pervenire a lieto fine, mentre cammi-
mi parevano persone, ora no; cfr. Inf. nate all' indietro.
Vili, 111 « che sì e no nel capo mi ten- 124. « Pilius hominis vermis »
vermi :
;

ciona ». Job XXV, 6. - « Ego autem sum ver-


118. disviticchia : disviticchiare (dallat. mis » Psal. XXI, 7. - « Noli tiraere, ver-
;

vitis) vale sciogliere: metaforicamente: mis lacob » Isaia XLI, 14.


;

distinguere. La metafora, ardita, esprime 125. angelica: incorporea come gli an-
maravigliosamente lo sforzo degli occhi geli. - farfalla: è negli antichi monu-
per disceruere l'ombre, oppresse e tutte menti, accanto alla fanciulla alata, sim-
rannicchiate a terra sotto la grave soma. bolo dell' anima.
120. si picchia si batte il petto renden-
: 126. che ecc. la quale farfalla, cioè
:

dosi in colpa. Cfr. Purg. IX, 111 e Par. l' anima, deposta la materia del corpo
XXII, 108. Al. si rammarica, geme,
: e ogni condizione della vita terrena, va
trae guai. AL: È battuto e castigato. Ci dinanzi alGiudice eterno ignuda, senza
atteniamo all'interpr. si batte il petto ',
'
schermo o difesa alcuna, sicché nulla le
considerando, contro chi trova strana giovano ricchezze, onori, potenza, in una
l' indicazione di questo particolare men- parola tutto ciò di che l' uomo è superbo.
GIRONE PRIMO] Purg. x. 127-139 [pena dei superbi] 415

127 Di che l' animo vostro in alto galla,


poi siete quasi en tornata in difetto,
sì come verme in cui formazion falla*?
130 Come per sostentar solaio o tetto,
per mensola talvolta una figura
si vede giugner le ginocchia al petto,
133 la qual fa del non ver vera rancura
nascere a chi la vede ; così fatti
vid'io color, quando puosi ben cura.
136 Vero è che più e meno eran contratti,
secondo eh' avien più e meno addosso ;

e qual più pazienza avea negli atti,


139 piangendo parea dicer Più non posso :
' '

Così i piti. Al. danno a sanza schermi '


'
nosa contrazione di quelle anime », L.
il senso di senza impacci
4
ma questo '
;
Vent., Simil., 346.
non può essere il senso di schermo '. '
133. rancura: dolore. Benché non sia
127. galla: galleggia; è altero. viva la figura né reale la pena ch'ella
12S. poi: poiché; cfr. la n. al v. 1. esprime, chi guarda ne sente reale e
entomata in difetto: insetti difettivi, vivo dolore.
imperfetti. Doveva dire éntoma (evTOjiia, 134. così fatti: rannicchiati con le gi-
pi. di evto^ov) ma ignorando il greco,
;
nocchia contro il petto; cfr. v. 116.
disse, comunque sia da spiegarsi l'ab- 135. puosi ben cura: posi ben mente :

baglio, entomata. guardai fiso, come V. m'aveva consi-


129. falla: manca. Voi siete come ver- gliato (v. 118).
me, che ancora non ha compiuta la sua 136. contratti : rannicchiati. I pesi so-
formazione questa si compirà sol quan-
: no più o men gravi secondo il grado
do il verme sarà diventato farfalla. della superbia.
130. solaio: palco. 138. e qual ecc.: «quivi era sì grande
per mensola: quale mensola. -
131. ilpeso, che qualunque il comportava con
figura « è nota la storia delle donne di
: più pacifico animo, parea dire piangendo:
Caria, condotte schiave dai Greci cou- Io non ho più podere di portare questo
quistatori; onde il termine architetto- peso, bene che la voglia non sia stanca»;
nico di cariatidi. Cotali figure d' uomini Ott. e con lui i più. Ma, poiché pacifico
e d' animali usò 1' arte del medio evo a e paziente animo devono avere tutte le
reggere pulpiti e porte siccome orna- ombre de' superbi, sarà da intendere
mento, e più spesso, come simbolo. In piuttosto pazienza nel senso di pati-
D. la similitudine, richiamando l'idea mento, e spiegare Colui che agli atti
:

delle donne di Caria, ricorda nel senso mostrava di patire più che gli altri,
allegorico la schiavitù dovuta a chi in- piangendo parea che dicesse Non ne :

superbì e si levò sopra i fratelli, imma- posso più Con che si viene a dire che
!

gine conforme alla biblica: Supra dor- la pena toccava per taluni l' estremo
miri meum fabricaverunt peccatores (Ps. limite tollerabile; eh' è il complemento
CXXVIII, 3); e nel senso letterale mette del cenno fatto ne' vv. 136 sg. circa il
in atto con robuste pennellate la pe- vario grado della pena inflitta ai superbi
41G [GIRONE PRIMO] PURO. XI. ì-\) [PREGHIERA i
ERBl]

CANTO DECIMOPRIMO
GIRONE PKIMO: SUPERBIA

PREGHIERA DE' SUPERBI, OMBERTO ALDOBRANDESCHI


ODERISI d'AGOBBIO, PROVENZAN SALVANI

« Padre nostro, che ne' cieli stai,


non circonscritto, ma per più amore
che ai primi effetti di lassù tu hai,
laudato sia il tuo nome e il tuo valore
da ogni creatura, com'è degno
di render grazie al tuo dolce vapore.
Vegna vèr noi la pace del tuo regno,
che noi ad essa non potem da noi,
s'ella non vien, con tutto nostro ingegno,

V. 1-30. H * Paternoster 9 delle ani- poesia, compiuta in sé, compiuta in tutte


me penitenti. Mentre procedono lente le sue parti, dunque pienamente espres-
sotto le pesanti some, le anime de' su- sa; e tutto che vi s'aggiunga, non può
perbi recitano l'orazione domenicale, ri- quasi riuscire che un annacquamento
conoscendo l'altezza di Dio, recando a dell' ispirazione primitiva ».
lui la gloria del nome, del regno, della 2. circonscritto cfr. Par. XIV, 30. :

volontà, richiedendo a lui, quasi umili « Colui che da nulla è limitato, cioè la
mendichi, il pane quotidiano della gra- prima Bontà eh' è Iddio, che solo colla
zia, erinunciando al superbo diletto del- infinita capacità l'infinito comprende»;
la vendetta col perdonare ogni offesa. Conv. IV, 9. -«Deus nullo corporali loco
L' ultima preghiera, lo scampo dalla ten- clauditur» Thom.Aq., Sum. theol. I, il,
;

tazione dell' antico avversavo, essi la ri- non alicubi est; quod enim
102, 4. - « Deus
volgono a Dio per coloro che han lasciati alicubi est, continetur loco; quod loco
su in terra; ed è bella carità, inimica a continetur, corpus est. IsTon igitur ali-
superbia, il pensare a que' bisogni al- cubi est, et tamen quia est et in loco
trui, che non sono né possono più essere non est, in ilio sunt potius omnia, quam
nostri. Se non che, invece del Pater no- ipse alicubi » Aug. De Civ. Dei XI, 20.
;

ster, D. mette in bocca alle anime una 3. effetti: creature, come Conv. Ili,
parafrasi di esso, indulgendo al gusto 8 «Intra gli effetti della divina Sapienza
:

del M. E., che del parafrasare le piti l'uomo è mirabilissimo». I primi effetti
note orazioni fece « un genere lettera- sono i cieli e gli angeli. Cfr. Thom. Aq.,
rio tra dottrinale e rettorico » (Parodi, Sum. theol. I, 61, 3.
Bull., XXV, 43) ; e nella parafrasi, come 4. potenza.
valore :

dimostrò il D'Ov. (N. St. I, 295-9), « il 6. sapienza, la quale « vapor


vapore :

sublime candore dell'orazione domeni- est virtutis Dei » Sap. VII, 25. AL: la;

cale scapita non poco per le interpola- bontà divina. AL: l'amore, che sarebbe
zioni della troppo sapiente musa dan- lo Spir. Santo, mentre il nome indiche-
tesca ». E bene rincalza il Parodi (Bull. rebbe il Figlio, e il valore il Padre. M
XIV, 172) osservando che « una pre- 8-9. non potem da noi ecc. da n<rif :

ghiera come il P. n. è già un'opera di -,


stessi, pur usando tutto nostro ingegno,
rlRONE PRIMO] PURG. XI. 10-26 [PREGHIERA DE' SUP.] 417

Come del suo voler gli angeli tuoi


fan sacrifìcio a te, cantando Osanna ' ',

così facciano gli uomini de' suoi.


Da' oggi a noi la cotidiana manna,
sanza la qual per questo aspro diserto
a retro va chi più di gir s affanna. 7

E come noi lo mal ch'avena sofferto


perdoniamo a ciascuno, e tu perdona
benigno, e non guardar lo nostro merto.
19 Nostra virtù, che di leggier s' adona,
non sperai entar cod l'antico avversaro,
ma libera da lui, che sì la sprona.
Quest' ultima preghiera, Signor caro,
già non si fa per noi, che non bisogna,
ma per color che dietro a noi restaro. »
25 Così a sé e noi buona ramogna
quell'ombre orando, andavan sotto il pondo,

non possiamo pervenire alla pace del tuo non potendo piti peccare (Purg. XXVI,
regno, se essa non ci è spontaneamente 131 sg.), le anime del Purg. non sono più
da te concessa e mandata. esposte alle tentazioni.
10. suo: loro, come Inf. X, 13 ecc. 24. color ecc. viventi, che restarono
:

11. osanna: parola ebraica che vale: dietro a noi nel mondo. Così i più. Al-
salva, aiuta, dunque! Ps. CXVII, 25. tri intendono e dei viventi e delle anime
Nel gr. *
CJaavvà, nel senso di Salve ! Cfr. della valletta. Ma
queste son difese da
Matt. XXI, 9, 15. Marc. XI, 9, 10. Joan. due angeli, né possono più peccare; e
XII, 13. Enel senso di Salve l'usa sempre il noi del v. 25, riferentesi ai viventi e

D. cfr. Purg. XXIX, 51, ecc.


;
contrapposto a se, conferma la l a inter-
13. la cotidiana manna : il pane coti- prete cfr. D'Ov., N. St. I, 258 sg.
diano, cioè la grazia divina, « cibo spi- 25. ramogna: «Ramogna propriamen-
rituale dell'anima» (Buti). te è itero viaggio » Lan., An. Fior., ecc.
;

14-15. la qual: manna, cioè grazia di- - « Buona felicità del nostro viaggio e
vina. - diserto: chiama così il Purg. per nel loro ramogna è proprio seguir nel
;

aver chiamato la grazia divina manna ' ' viaggio»; Buti. Così anche Land.,
nome del cibo che Dio mandò agi' Israe- Teli., ecc. AL: Buon augurio. Al.: Buon
liti nel deserto cfr. Etod. XVI, 4 sg. - a
; avvenimento, prospero successo ecc. ;

retro senza la grazia di Dio, chi più si


: Prudentemente il Ces. « Questo ramo- :

affatica di andare avanti, va indietro; gna ni un seppe che voglia dire, ma ti-
cfr. Purg. VII, 53 sgg. rando in arcata, e standosi sulle gene-
17. e tu ecc. anche tu perdona a noi,
: rali, dee certo essere buon, avviamen-
ma solo per tua benignità, non perchè to, o altro di siffatto bene, che quelle
lo meritiamo. anime pregavano a so ed a noi. » E
19. s' adona : resta abbattuta ; Inf. VAndr.: «Buon viaggio; locuzione co-
VI, 34. mune agli antichi, che la estesero an-
20-21. non spermentar : non mettere che a significare buono augurio in ge-
a cimento. - avversaro: avversario, il dia- nere. » In Bull. Ili, 154, e VI, 198, il Pa-
volo cfr. Purg. VIII, 95. I Petr. V, 8. rodi dimostrò quanto sia incerta l' eti-
- libera ecc. liberala dall' avversario,
: mologia di questo sostantivo, ma come
che tanto la stimola al male. probabilmente il significato suo debba
22. ultima la preghiera di liberare
: essere stato press' a poco quello di
dalle tentazioni o cimenti diabolici. 1
augurio. '

23. già: veramente. - non bisogna: 2G. pondo peso della soma.
:

27. — Div. Comm., 8 a ediz.


418 [girone PRIMO] PUBG. xi. 27-41 [ammonizione]

simile a quel che talvolta si sogna,


28 dispai niente angosciale tutte a tondo
e lasse su per la prima cornice,
purgando le caligini del mondo.
31
Se di là sempre ben per noi si dice,
di qua che dire e far per lor si può te
da quei e' hanno al voler buona radice 1
34 Ben si dee loro atar lavar le note

che portar quinci, sì che mondi e lievi


possano uscire alle stellate ruote.
37 « t)eh, se giustizia e pietà vi disgrievi
tosto, sì che possiate mover l'ala,
che secondo il disio vostro vi lievi,
10 mostrate da qual mano invèr la scala
si va più corto e se e' è più d' un varco,
;

a quel ecc. al pondo dell' incubo.


27. : 36. stellate ruote : i cieli, giranti
« Ac
velut in somnis.... nequiquam avi- mo' di ruote e ornati di stelle.
dos extendere cursus Velie videmur et V. 37-51. Xa salita al 2o cerchii
in inediis conatibus segri Succidimus ; Le anime si sono avvicinate ai due
non lingua valet, non corpore nota© Suf- V. le prega di mostrar loro da quale
fìciunt vires necvox aut verba sequun- mano - cioè se verso destra o verso si
tur » ; Aen. XII, 908 sgg.
Virg., nistra - essi devono camminare per gii
28. disparmente ecc. variamente an- : ger prima alla scala (e, se mai ce n'
gosciate, essendo la gravità della soma più d'una, alla raen ripida essendo
proporzionata alla gravità del peccato ;
vivo), che porta alla 2 a cornice; e
cfr. Purg. X, 136 sgg. - a tondo in giro. : compagna alla preghiera l'augurio pii
30. caligini : i fumi della superbia. gradito per esse: «Così siate presto
V. 31-36. Ammonizione di pregare bere dal peso de' vostri peccati, sì ci
pei defunti. Ripensando all' ultima possiate volare al cielo come desiderate !

preghiera, così altruistica, delle anime, Un' anima risponde « Venite con noi
:

D. è tratto a osservare che se nel Purg. destra, e troverete un passo per cui ui
le anime pregano sempre anche per i può salire anche col peso del corpo
viventi, viventi che sono in grazia di
i 37. giustizia e pietà di Dio che è sei
:

Dio, dovranno, in ricambio e con pre- pre giusto e insieme misericordioso,


ghiere a Dio e con opere pietose, aiutar riferiscono la sola giustizia a Dio,
quelle a purificarsi dalle macchie del pec- pietà invece ai viventi, che coi loro sui
cato, che da questo mondo portarono fragi aiutano le anime a purificarsi «Qui
seco nel Purg., si che, fatte pure e leg- dam opera [Dei] attribuuntur iustitiì
giere, possano più presto salire al cielo. et quaBdam misericordia©, quia in qi
32. e far: le anime del Purg. })ossono busdam vehementius apparet iustitia,
solo pregare i viventi possono anche
; quibusdam misericordia. Et tamen
operare a prò dei defunti. « Ista tria damnatione reproborum apparet misei
[Eucharistia, eleemosynae, oratio] po- cordia, non quidem totaliter relaxans
nuntur quasi praecipua mortuorum sub- sed aliqualiter allevians, dum punit ci
sidia; quamvis quaecumque alia bona tra condiguum et in ;ustificatione impi
:

qua© ex charitate fiunt prò defunctis, eis apparet iustitia, dum cnlpas relaxa
valere credenda sint»; Thom.Aq.,Sum. propter dilectionem, quam tamen ips
theol. Ili, JSuppl., 71, 9. misericorditer, infundit»; Thom. Aq.
33. buona radice la grazia divina :
; cfr. Sum. theol., I, 24, 4.
Purg. IV, 135. Thom. Aq., 1. e, 71, 3. 39. yì lievi v' innalzi là dove tende
:

34-35. atar: aiutare. - note:


aitare, vostro disio, cioè al Paradiso.
macchie di peccati. - quinci dalla terra.
: 40-42. da qual ecc. se si arriva pii
:
^
|
[GIRONE PRIMO] PURG. XI. 42-58 [SALITA AL 2° CERCHIO] 419

quel ne insegnate che men erto cala;


43 che questi che vien meco, per lo 'ncarco
della carne d'Adamo onde si veste,
al montar su, contra sua voglia, è parco. »
\6 Le lor parole che renderò a queste
che dette avea colui cu' io seguiva,
non fur da cui venisser manifeste ;

49 ma fu detto « A man destra per la riva


:

con noi venite, e troverete il passo


possibile a salir persona viva.
52 E s' io non fossi imr>edito dal sasso
che la cervice mia superba doma,
onde portar convienmi il viso basso,
5i cotesti, eh' ancor vive e non si noma,
guardere' io, per veder s'io '1 conosco,
e per farlo pietoso a questa soma.
58 Io fui Latino, e nato d' un gran Tosco :

presto alla scala del 2° girone prendendo (Murat., Script. XV, 28) che fu affogato
a destra o a sinistra; e, se c'è più d'un nel letto da sicarii prezzolati dal comu-
passo, insegnateci il meno ripido. ne di Siena (Bassermann, 327 sgg); in-
carne il corpo cfr. Purg. IX, 10.
44. : : vece, secondo Benvenuto da Imola, Om-
45. contra sua voglia cfr. Purg. VI, 49.
: berto sarebbe morto combattendo pres-
- parco lento ha lo spirito pronto, ma
: : so Campagnatico « cum exivisset pro-
la carne inferma. biter contra inimicos ». Il racconto di
46-48. Le lor parole ecc. non si potò : Benv. è stato confermato dal Davidsohn
distinguere da chi fossero proferite le (Forschungen, IV, 141 e cfr. Bull. XVII,
parole di risposta, essendo l' anime ran- 127), che da una cronaca senese del
nicchiate e quasi ascose sotto i loro pesi. sec. xv, che attinge a fonti antiche, ri-
Chi risponde a V., dirà egli stesso eh' pubblicò un'animata e bella descrizione
il conte Omberto Aldobrandeschi di della morte del conte in battaglia pro-
Santafìore. prio a Campagnatico nel 1259; morte
51. possibile: tale che possa salire per degna di forte uomo e stato sempre fie-
e.sso chi ha tuttora il peso del corpo; ramente orgoglioso (cfr. n. ai vv. 65-66).
cfr. Purg. XII. 106 sgg. 53. cervice: dura cervice è voce scrit-
V. 52-72. Omberto Aldobrandeschi turale per indicare la superbia ostina-
conte di Santafìore. L'anima che ha ta; Esod. XXXII, 9; XXXIII, 3, 5;
risposto a V., continua a parlare, espri- XXXIV, 9. Deut. IX, 6, 13; XXXI
mendo il suo desiderio di vedere D. e 27. II Parai. XXX, 8. Is. XLVIII, 4.
indurlo a pregare e far pregare per lei. Atti VII, 51. Cfr. Horat., Ep. I, ni, 34 :

Quindi si dà a conoscere, confessando « indomita cervice feros. »


e deplorando la superbia di sua fami- 55. non si noma V. non lo ha nomi-
:

glia. È l'anima di Omberto, figlio di Gu- nato. L'anima vorrebbe dunque sapere
glielmo Aldobrandeschi dei conti di San- chi sia il vivente che va pel Purg.
tafiore (cfr. Purg. VI, 111), famiglia as- 57. farlo pietoso ecc. indurlo a pre-
:

sai potente nella Maremma Sanese, di gare per me e procurarmi anche pre-
parte ghibellina (cfr. G.Vill. VI, 81 IX, ; ghiere di altri vivi, quando sarà ritor-
47, 71, 301), in lotta con Siena. Di Om- nato nel mondo. - soma « Ego ad nihi-:

berto, ch'è nominato in un documento lum redactus sum. ... Ut iumentum factus
del 1256, si hanno scarse notizie. I cornm. suin apud te »; Psal. LXXII, 22, 23.
ant. lo dicono uomo assai superbo. Il 58. Latino italiano cfr. Inf. XXII,
: ;

cronista senese Angelo Dei racconta 65; XXVII, 33; XXIX, 88, 91, ecc.
420 [gironi: primo] Pukg. zi. 59-74 [omb. aldobrandeschi]

G-uiglielmo Aldobrandesco fa mio padre:


non 80 se il nome suo giammai fu vosco.
61 L'antico sangue e L'opere leggiadre
de' miei maggior mi ier sì arrogante,
clic, non pensando alla comune madre,
64 ogni uomo ebbi in dispetto tanto a vai ite,
ch'io ne mori', come i Sanesi sanno
e salto in Campagnatico ogni fante.
07 Io sono Omberto ; e non pur a me danno
superbia fa, che tutti i miei consorti
ha ella tratti seco nel malanno.
7U E qui convi en eli' io questo peso porti
per lei, tanto che a Dio si satisfaccia,
poi eh' io noi fei tra' vivi, qui tra' morti. »
Ascoltand'io chinai in giù la faccia;
e un di lor, non questi che parlava,

Guiglielmo (forma normale in ant.


59. : dell'Ombrone sanese. -fante: fanciullo;
di '
Guglielmo
') assai potente in To-
: cfr. Purg. XXV, 61.
scana; prigioniero a Siena nel 1227, in 68. consorti: dunque la superbia era
bando dell'impero nel 1250, morì verso vizio ereditario per gli Aldobrandeschi.
il 1254; cfr. Murat., Script. XV, 23, 25. 60. nel malanno « e sì in questa vita,
:

CO. vosco: con voi: se lo udiste nuii. che li ha fatti periculare e morire in-
Quel nome doveva essere allora notissi- nanti ora, e sì nell'altra, che li ha posti
mo ma Omberto parla così per umiltà.
; in pena » Buti.
;

61. sangue « Genus buie materna su-


: 71. per lei per la superbia. - si satis-
:

perbum Nobilitas dabat, incertum de pa- faccia: sia data la debita sodisfazione.
treferebat»; Yirg. Aen. XI, 340 sg. - 72. noi fei: non soddisfeci vivendo.
leggiadre: nobili, generose. V
.73-QQ. Oderisi d' Agobbio e Fran-
comune madre: la terra. «Usque
63. co bolognese. Conscio della propria su-
in diem sepulturae, in matrem omnium»; perbia e temendo quindi della stessa pena
Ucci. XL, 1. - « Non iam mater alit tellus (Purg. XIII, 136 sgg.), D. china la fac-
viresqueministrat»; Virg., Aen. XI, 71. cia. Un' altr'anima si torce e lo mira fis-
64. ogni uomo: « fu sì superbo, che samente. D. la riconosce. « Oh, non sei
ogni uno dispregiò, e massimamente li tu Oderisi da Gubbio, il celeberrimo mi-
Sanesi » Bufi. - avante oltre misura.
; : niatore? » «Fratello, la mia fama è già
65-66. ne mori' ecc. perchè indusse i : oscurata da Eranco bolognese. In vita
Sanesi ad attaccarlo nel suo castello di non l'avrei riconosciuto per il superbo
campagnatico e quanto egli fosse odia-
; desiderio di soprastare agli altri, del qual
to, si vide nella battaglia che ne seguì vizio in questo girone si paga il fio. »
(secondo la cronaca ricordata nella n. 52- Oderisi da Gubbio, nel ducato d'Urbi-
72), dal feroce accanimento con cui egli, no, fu celebre miniatore della 2a metà
che a cavallo e facendo strage de' ne- del secolo xni. Di lui scrive il Vasari,
mici « corriva per la Piazza di Campa- Vite, ediz. Milanesi 1, 384 « Eu in questo
:

gnatico com' un drago », fu accerchiato tempo in Roma Oderigi d' A gobbio, ec-
e finito « fugli tanta gente adosso, che
: cellente miniatore in que' tempi, il qua-
non potè scampare, e fa ferito con una le, condotto perciò dal papa, miniò molti
mazza di ferro in sulla testa, e mana- libri per la Libreria di palazzo, che sono
resi e falcioni gli furo addosso per tal in gran parte oggi consumati dal tempo.
modo, che gli fecero lassare questo mon- E nel mio libro de' disegni antichi sono
do ». Campagnatico era un forte castel- alcune reliquie di man propria d* costui,
lo sulla sommità d'un poggio nella valle che in vero fu valent'uomo. » Nel 1268
[GIRONE PKIMO] PUKG. XI. 75-91 [ODERISI d'aGOBBIO] 421

si torse sotto il peso che li 'mpaccia,

70 e videmi e conobbemi e chiamava,


tenendo gli occhi con fatica fisi
a me che tutto eh in con loro andava.
« Oh » diss' io lui, « non se tu Oderisi,
!
7

1' onor d'Agobbio e 1' onor di quell'arte

che alluminare chiamata è in Parisi ? »


' '

w « Frate » diss 7
elli, « più ri don le carte
'che pennelleggia Franco bolognese :

l' onore è tutto or suo, e mio in parte.


85 Ben non sare' io stato sì cortese,
mentre eh' per lo gran disio
io vissi,
ove mio core intese.
dell' eccellenza,
SS Di tal superbia qui si paga il fio ;

e ancor non sarei qui, se non fosse


che, possendo peccar, mi volsi a Dio.
91 Oh vana gloria dell' umane posse !

e 1271 era a Bologna; andò nel 1295 a Land. Così in sostanza anche Lan.,
Roma, dove dicesi morisse nel 1299. Dne Ott., ecc. Dopo il Veli, molti intesero:
Messali miniati, di gran valore, nella ca- Io ho solo 1' onore di essergli stato mae-
nonica di S. Pietro in lloina, si credono stro. Ma che Franco fosse scolaro d' Ode-
opera sua. Cfr. Bass., 214. risi, non ci è provato da alcuna testi-

Di Franco bolognese abbiamo scarse monianza autorevole.


notizie. I comm. ant. ne .sapevano poco 87. dell'eccellenzadi sovrastare a tut-
:

o nulla. Il Vasari, 1. e: «Fu molto mi- miniatori del mio tempo, al qual pri-
ti i

gliar maestro di Oderisi Franco bolo- mato aspirai e mi sforzai di arrivare.


gnese miniatore, che per lo stesso papa 89-90. e ancor ecc. e non sarei ancora
:

e perla stessa Libreria ne' medesimi tem- qui nel 1° cerchio, ma tuttora nell'Anti-
pi lavorò assai cose eccellentemente in purgatorio tra' negligenti, se possendo
quella maniera, come si può vedere nel (= potendo) peccare, cioè quando mi re-
detto libro, dove ho di sua mano dise- stava da vivere per del tempo ancora,
gni di pitture e di minio, e fra essi un'a- e ancora potevo cader in peccato, non
quila molto ben fatta, ed un leone che mi fossi reso in penitenza a Dio.
rompe un albero, bellissimo. » V. 91-96. Cimabue e Giotto. Oderisi
75. impaccia: ne rende diffìcili i mo- continua mostrando la vanità della glo-
vimenti. ria mondana. Com' egli, primo miniatore
80. Agobbio :lat. Iguvium ed Eugu- dell' età sua, fu poi superato da Franco
bium, ora Gubbio, città dell'Umbria. bolognese, così Cimabue credette già di
81. alluminare: frane, enluminer; it. occupare, e occupò, nella pittura il pri-
miniare. - Parisi lat. Parisii, oggi Pa-
: mo posto ma venne Giotto e ne oscurò
;

rigi. Parisi anticam. anche in prosa. la fama. - Giovanni Cimabue da Firenze,


82. più ridon: sono più vivacemente n. circa 1240, m. verso il 1300 o poco do-
colorite e più belle a vedere. po, celebre pittore, fece risorgere in Ita-
84. in parte « quasi dica
: innanzi : lia l'arte della pittura consultò la natu-
;

ch'egli venisse buon maestro, io tenevo ra, corresse in parte il rettilineo del di-
il primo luogo, nò era chi a compara- segno, animò le teste, piegò i panni, e
zion di me fosse in alcun prezzo ma ; cominciò a collocare le figure con arti-
dopo fui vinto da costui, in forma che fizio. « Fu sì arrogante e sì sdegnoso,
l'onore è tutto suo; nondimeno perchè che, se per alcuno gli fosse a sua opera
dopo lui io ero dinanzi agli altri, non son posto alcun difetto, o egli da so l'avesse
rimaso senza alcuna parte d' onore » ;
veduto,... immantanente quella cosa di-
422 [GIRONE PRIMO] PURG. XI. 92-102 [CIMABUK E GIOTTO]

Com' poco verde in su la cima dura,


se non è giunta dall' etati grosse!
9i Credette Ci inabile nella pintura
tener lo campo, e ora ha Giotto il grido,
che la fama dì colui ò oscura.

07 Così ha tolto l'uno all'altro Guido
la gloria della lingua; e forse è unto,
chi l'uno e l'altro caccerà del nido.
100 Non è il mondan romore altro eh' un fiato
di vento, eli' or vien quinci e or vien quindi,
e muta nome perchè muta lato.

serta va, fosse cara quanto si volesse » ; perbia, come ci dirà egli stesso (Purg.
Ott. Cfr. Vasari, ed. Milanesi, I, 247 sgg. XIII, 136 sgg.); ma che pecchi di su-
Giotto, figlio di Bondone dal Colle, n. a perbia proprio nel cerchio dei superbi,
Vospignano presso Firenze verso il 1266, non è verisimile, ancorché le parole sia-
m. a Firenze 8 gennaio 1337, fu il più no messe in bocca a Odorisi. D. par-
celebre artista dei tempi di D., con cui lerà dunque in generale, col pensiero
lo dicono stretto di amicizia. Fu scul- alla legge, che le glorie nuove oscurano
tore ed architetto, ma anzi tutto uno quelle del passato. Però « che nello scri-
dei sommi pittori italiani. « Tanta fuit ver quel verso balenasse a D. il pensiero
excellentia ingenii et artis huius nobilis come quel terzo potess' esser proprio lui
pictoris, quod nullamrem rerum natura e come i lettori potessero forse pensare
produxit, quam iste non reprassentaret a lui » non è da escludere « ma egli ;

tam propriam, ut oculus intuentium non ci si. sarà fermato sopra, e avrà pen-
saspe falleretur accipiens rem pictam prò sato: io parlo in generale, la cosa sa-
vera »; Benv. Cfr. Vasari, I, 369 sgg. rebbe vera anche se io non esistessi,
92-93. coni' come, anticam. anclie in
: nessuno ha il diritto di dire eh' io parli di
prosa. Per quanto breve tempo si man- me »; D' Ov., St., 568. Cfr. Bull. Vili, 329.
tiene viva e vigorosa la gloria delle fa- 99. del nido: «Me libertino natumpatre
coltà e delle opere dell' ornano ingegno et in tenui reMaiores pennas nido exten-
se non seguono etati grosse, cioè tempi disse loqueris » Horat., Ep.I, xx, 20 sg.
;

di decadenza Nei quali la mancanza di


! V. 100-108. Vanità della mon- fama
ingegni e opere ammirande fa sì, che si dana. Dopo gli esempi addotti, Oderisi
seguitino a pregiare gì' ingegni e le opere continua rappresentando con parola im-
de' tempi anteriori. maginosa ed efficace la breve durata della
95. tener lo campo: primeggiare. Se- fama terrena. È come il vento che s|)ira
condo alcuni, D. avesse in mente 1' epi- ora in una, ora in altra direzione, e cam-
taffio fatto a Cimabue nel Duomo di Fi- bia nome col cambiar di questa. Se muori
renze, dove fu sepolto. « Credidit ut Ci- vecchio, avrai forse, di qui a mille anni,
mabos picturss castra tenere, Sic tenuit j
maggior fama che se fossi morto bam-
vivens nunc tenet astra poli. » Ma più
: bino? E, rispetto all'eternità, mille anni
probabilmente nell'epitaffio è un'eco dei sono meno che un muover di ciglia pa-
versi di D. -il grido: fama, gloria. ragonato al moto del cielo stellato, moto
96. è oscura: si va eclissando. « quasi insensibile che fa da occidente
V. 97-99. I due Gtfidi. Altro esempio in oriente per un grado in cento anni »
della vanità della fama mondana è Guido (Conv. II, 15), onde per l'intiera rivo-
Cavalcanti (Inf. X, 60) che ha tolto a luzione gli occorrono 360 secoli.
Guido Guinizeìli (Purg. XXVI, 92 sgg.) 100. romore: fama. « Diditur hic su-
la gloria della lingua; e forse è già nato bito Trojanaper agmina r?xmor » Virg., ;

chi la toglierà al Cavalcanti. Molti sup- Aen. VII, 144. - flato di vento soffio di :

pongono che D. alluda a so stesso, nella vento. « Ad nos vix tenuis farnse perla-
poesia in lingua volgare tanto superiore bitur aura»; Virg., Aen. VII, 646.
al Cavalcanti. D. ebbe piena coscienza 102. muta ecc. anche la gloria passa
:

del proprio valore, né fu esente da su- da uomo ad uomo mutando così nome.
[GIRONE PRIMO] Purg. xi. 103-117 [fama mondana] 423

103 Che voce avrai tu più, se vecchia scindi


da te la carne, che se fossi morto
anzi che tu lasciassi il pappo e il dindi' ' ' ',

106 pria che passin mill' anni ? eh' è più corto


spazio all'eterno, che un mover di ciglia
al cerchio che più tardi in cielo è torto.
109 Colui che del cammin sì poco piglia
dinanzi a me, Toscana sonò tutta ;
e ora a pena in Siena sen pispiglia,
112 ond' era sire quando fu distrutta
la rabbia fiorentina, che superba
tempo sì còm'ora è putta.
fu a quel
115 La vostra nominanza è color d'erba,
che viene e va, e quei la discolora
per cui eli' esce della terra acerba. »

103- voce: Al.: fama. - scindi separi : di Siena, quando i Fiorentini furono
da deponi la carne, ossia muori.
te, sconfìtti a Mont' Aperti (4 sett. 1260).
105. il pappo ' e il ' dindi ' voci
l
: Ma quando i Fiorentini sconfìssero i Sa-
infantili, pappo per pane, dìndi per nesi a Colle di Valdelsa (11 giugno 1269)
denari. Provenzan o « fu preso, e tagliatogli il
107. «all'eterno : in paragone dell' eter- capo e per tutto il campo portato fìtto in
nità. « Mille anni ante oculos tuos tam- su una lancia »; G. Vili. VII, 31. Riavuto
qnam dies hesterna, quae praeteriit, et poi il reggimento di Siena,i Guelfi distrus-
custodia in nocte » Psal. LXXXIX, 4.
; sero le case ed ogni altra memoria del
108. al cerchio: in paragone del cer- Salvani. Aquarone, D.in Siena, 112 sgg.
chio ecc. la n. ai vv. 100-108 in fine.
: 109-110. Colui caso obliquo. - del cam-
:

V. 109-142, Provengati Salvarli, A min poco piglia cammina con sì breve


sì :

ulteriore conferma della breve dorata e lento passo. - Toscana sonò tutta tutta :

della nominanza mondana, Odorisi ad- Toscana risonò del nome di colui, ecc.
duce un esempio, tolto dalla storia po- « Fu grande uomo in Siena al suo tempo
litica del tempo. « Mira colui che di- dopo la vittoria eh' ebbe a Montaperti, e
nanzi a me va così lento per il grave guidava tutta la città, e tutta parte ghi-
peso che porta Tutta Toscana lo cele-
! bellina di Toscana facea capo di lui, e
brava un dì; ed ora egli è appena menzio- era molto presuntuoso di sua volontà » ;

nato in Siena, della quale fu signore al Q. Vili. VII, 31.


tempo della battaglia di Mont' Aperti. » 112. sire signore, non nel senso di
:

« Chi è egli? » dimanda il P. « È Pro- principe, ma in quanto « Provenzano


venzan Salvani, che per superbia si fece Salvani era il maggiore del popolo di
signore di Siena. » « Ma come è già qui? Siena » G. Vili. VI, 77. - distrutta cfr.
; :

Non dovrebb'egli, che fu superbo sino al G. Vili. VI, 78.


termine di sua vita, stare tuttora nel- 114. putta: cfr. Inf. XIII, 65.
l'Antipurg. ?» «Quando era al colmo 115. erba: « Omnis caro feenum, et
di sua gloria, si umiliò a mendicare per omnis gloria eius quasi flosagri » Isaia ;

un amico suo e per questo atto volon-


; XL, 6. - « Omnis caro sicut foenum ve-
tario di umiltà ch'ei compiè, sebbene terascet » Eccles. XIV, 18. Vedi pure
;

incresciosissimo all'animo suo altero, Isaia LI, 12. Psal. LXXXIX, 6; ecc.
Dio in premio gli condonò il soggiorno 116-117. quei ecc.: il sole che col suo
nell'Antipurg. » - « Humilia te in omni- calore fa uscire dalla terra l' erba te-
bus, et coram Deo invenies gratiam » ;
nera e verde, la dissecca poi e discolora.
Eccl. Ili, 20. - Provenzan Salvani da Così il tempo fa nascere la fama, e poi
Siena, ghibellino, valente nelle cose di la distrugge. - discolora « Decolorava :

guerra e di pace, era a capo del governo me sol » Cani. I, 5,


:
424 [GIRONE PRIMO] PURG. XI. 118-138 [PROVBNZAN SALVANl]

118 E io a lui : « Tuo vero m' incora


dir
buona umiltà, e gran tunior m'appiani;
ma clii è quei di cui tu parlavi ora?»
121 « Quelli è » rispuose « Provenzali Sai vani ;

ed perchè fin presuntuoso


è qui
a recar Siena tutta alle sue mani.
1124 Ilo è così e va senza riposo,
poi che morì : cotal moneta rende
a satisfar chi è di là tropp'oso. » ;

127 E io « Se quello spirito che attende,


:

pria che si penta, l'orlo della vita,


quaggiù dimora e quassù non ascende,
130 se buona orazion lui non aita,
prima che passi tempo quanto visse,
come fu la venuta a lui largita? »
133 « Quando vivea più glorioso » disse,
« liberamente nel Campo di Siena,
ogni vergogna depposta, s'affisse
136 e lì, per trar l' amico suo di pena
che sostenea nella pregion di Carlo,
si condusse a tremar per ogni vena.

m'incora: m' instilla nel cuore.


118. forse Mino dei Mini (cfr. Rondoni, Traditi
119.gran tunior m'appiani: sgonfi popolari, Firenze, 1886, p. 187), il quale
l'animo mio, tumido di superbia. nella battaglia di Tagliacozzo aveva com-
124. così con la grave e molestissima
: battuto per Corradino contro Carlo I
soma addosso e lentamente, v. 109. d'Angiò. Lan.: « Lo re Carlo avea in pri-
125-126. cotal ecc. cioè con siffatta pe-
: gione uno suo amico, e puoseli lo detto
nitenza paga il debito alla divina giusti- re una taglia di Xmila fiorini d'oro, che
zia chi in vita è per superbia troppo ar- li dovesse pagare infra un mese: altri-

dito (oso da ausus colui che osa). = menti elli intendea di farlo morire. Venne
127-128. attende ecc.: differisce la pe- la novella al detto messer Provenzano,
nitenza sino agli estremi della vita. ed avendo temenza dell'amico suo, fece
129. quaggiù: nelF Antipurg.: ctc.Purg. ponere uno banco con uno tappeto sulla
IV, 127 sgg. Così ci portano a leggere i piazza di Siena, e puosevisi a seder suso,
codd. e non laggiù. E bene sta quaggiù, e domandava ai senesi vergognosamente,
che ci dobbiamo figurare accompagnato ch'elli lo dovessino aiutare in questa sua
da un cenno della mano verso il basso : bisogna di alcuna moneta, non sforzando
così dal 1° piano di una casa diciamo persona, ma umilemente domandando
1
quaggiù per designare il pianterreno.
'
aiuto e veggendo li Senesi il signore
;

130. buona: cfr. Purg. ILI, 145; IV, 134. loro, che solea esser superbo, dimandare
132. la venuta: l'entrata nel veroPurg.- così graziosamente, si commossero a pie-
largita: concessa con evidente larghezza. tade, e ciascuno secondo suo podere gli
133. Quando ecc. quando era al colmo
: dava aiuto lo re Cai-Io ebbe li
; X mila fio-
della potenza e della gloria ecc. rini e '1 prigioniero fuor di carcere, libe-
134. liberamente: spontaneamente (cfr. rato dalla iniquità dal re predetto. » E
Par. XXXIII, 18) però l' atto è merito-
;
così, sostanzialmente, gli altri antichi.
rio. - Campo la piazza maggiore di Siena.
: 138. si condusse: s'indusse; cfr. Jn/.
135. s'affisse: si mise e stette. XXXII, 6. - a tremar effetto del peno-
:

136. e lì Al. egli. - amico Vinea, o


: : : so commovimento che sente un uomo al-
[GIRONE PRIMO] PURG.XI. 139-142 -XII. 1-4 [PASSO ACCELEK.J 425

139 Più non dirò, e scuro so che parlo ;

ma poco tempo andrà, che i tuoi vicini


faranno sì, che tu potrai chiosarlo.
142 Quest'opera gli tolse quei confini. »

tero, costretto a invocare l'altrui soccor- nato nell' Antip. A


tale effetto veramente,
so ;
commovimento interno {per ogni ve- secondo che il P. ha già dotto {Purg. Ili,
na),che l'altero si sforza di dissimulare. 145, ecc.), dovrebbero portare solo i suf-
giacché la frase tremar per
139. scuro : fragi dei viventi; ma a violar questa
ogni vena è per se stessa oscura, non legge, ch'egli stesso aveva posta, D. fri
essendo detta la cagione del tremore. portato sia dal non avere tal violazione
140. vicini : Fiorentini, tuoi concitta- « nulla di sconveniente, presa in sa me-
dini; cfr. Inf. XVII, 68. desima di fronte alla teologia e alle cre-
141. faranno sì ecc.: esiliandoti e con- denze popolari, che quella e queste af-
fiscandoti i beni, ridurranno anche te, fermano la piena autocrazia divina, o
naturalmente altero, a chiedere, tuo mal- queste furono sempre pronte a foggiare
grado, l'aiuto altrui, e, perciò a tremar aneddoti in cui Dio o la Vergine o i
per ogni vena: la tua amara esperienza Santi abbian concesso ad un gran pecca-
ti servirà allora a interpretare {chiosare) tore il perdono a cagione d' una singola
le scure mie parole circa il Sai vani. Cfr. opera di misericordia»; sia dall'amore
Par. XVII, 58 sgg. Conv. I, 3. degli « effetti poetici e morali, che 1' epi-
142. Quest'opera ecc.: quest'atto di sodio avrebbe procurati »; D' Ov., N.
umiltà gli meritò di non restare confi- St. I, 467.

CANTO DECIMOSECONDO
GIRONE PRIMO : SUPERBIA

ESEMPI DI SUPERBIA PUNITA, ANGELO DELL' UMILTÀ


L'

SALITA AL GIRONE SECONDO

Di pari, come buoi che vanno a giogo,


m'andava io con quell'anima carca,
fin che il sofferse il dolce pedagogo ;

ma quando disse « Lascia lui, e varca


:
;

V. 1-9. Il passo accelerato. Sin qui In senso opposto Stazio (Theb.1, 131 sgg.):
D. camminava chino accanto a Odorisi, « Sic, ubi delectos per torva armenta
e i due procedevano insieme a passo iuvencos Agricola imposito sodare af-
lento e eguale, quasi buoi sotto lo stesso fectat aratro; Illi indignantes.... Indi-
giogo. Ma V. dice a D. di lasciare Ode- versa trahunt. »
risi, ammonendolo che nella regione della 2. carca: caricata del pesante masso.

penitenza è bene che ciascuno si studii 3. pedagogo maestro, propriam. di


:

di procedere quanto più lesto paò e D. ; fanciulli ; nuova espressione di umiltà.


si rialza, e cammina ritto della persona, « Lex paedagogus noster fuit »; Gal.
ma con 1' animo umilmente depresso. III, 24.
1. buoi : il paragone è indizio di umiltà. 4. varca: va' oltre, procedi avanti.
1
426 [GIRONE TRIMO] PURG. XII. 5-23 [INTAGLI SUL PAVIMENTO]

òhe qui è buon con la vela e coi remi,


quantunque può ciascun, piiiger sua barca»;
dritto sì come andar vuoisi, jftfe'mi
con la persona, avvegna che i pensieri
mi rimanessero e chinati e scemi.
10
Io m'era mosso, e seguia volentieri
del mio maestro i passi, ed ambedue
già mostra vani coni'cravam leggieri,
13 ed el mi disse « Volgi gli occhi in giùe
: :

buon ti sarà, per tranquillar la via,


veder lo letto delle piante tue ».
LO Come, perchè di lor memoria sia,
sovra i sepolti le tombe terragne
portan segnato quel ch'elli eran pria,
19 onde lì molte volte se ne piagne

per la puntura della rimembranza,


che solo ai pii dà delle calcagne ;
22 sì vid' io lì, ma di miglior sembianza
secondo l'artifìcio, figurato

5. con la vela ecc. con ogni mezzo e


: sano i piedi, che è il letto delle piante,
sforzo. Velis remisque contendere è nota tranquilla sempre chi cammina in que- :

locuz. latina. sto caso poi le figurazioni di superbia


7. come andar vuoisi : come è naturale punita che D. vedrà, contribuiranno a
e proprio dell'uomo. mantener l'animo tranquillo, conferman-
8-9. avvegna ecc. : quantunque i miei dolo sempre più nella buona umiltà.
pensieri rimanessero depressi ed umi- 17. terragne: tombe, di solito in chiese
liati. L' animo di D. rimane ancora con o chiostri, scavate in terra e chiuse con
quella buona umiltà che vi hanno messo pietra scritta e spesso anche figurata,
(e. XI, 118-119) le savie parole di Ode- eh' è al livello del suolo e viene così ad
risi da Gubbio. essere parte del pavimento. Le figura-
10-24. Figurazioni sul pari'
V. zioni della superbia, quasi in punizione
mento. Come ne' bassorilievi della ripa e vitupero, si veggono nel pavimento,
che pur sale (X, 23) sono raffigurati esempi che deve esser pesto dai pentiti che si
di umiltà (Purg. X, 31 sgg.), così nel pia- aggirano intorno al monte. Cfr. Perez,
no di questo cerchio sono figurati (D. Sette cerchi, 119.
parla non più d'intagli, ma di segni, 18. elli: i sepolti.
vv. 38, 47, 63 e cfr. v. 18) esempi di su- 19.onde ecc.: parenti, congiunti, amici
perbia punita, sui quali ora V. richiama piangono dove sono tali tombe, che ri-
l'attenzione di D., affinchè ne tragga chiamano loro vivamente alla memoria
nuovo argomento a umiltà. il defunto, mostrandone l'immagine.

12. niostravam: camminando diritti e se ne piagne Al. si ripiagne.


: :

spediti. - leggieri: mentre le anime de' su- 20. per la puntura ecc.: «per la ricor-
perbi lì vicine erano aggravate dai sassi. danza che dà dolore a chi li amava »; Buti.
Volgi ecc. il peso che le curva,
13. : 21. che solo ecc.: la qual ricordanza ad-
costringe le anime a guardar continua- dolora soltanto le anime pietose. L' im-
mente gli esempi di superbia punita figu- magine dar delle calcagne è tolta dal ca-
rati nel piano sul quale camminano D. ; valiere che colle calcagna suole dar di
lo fa, invece, dietro l'ammonizione di V. sprone al destriero.
14. tranquillar la via: camminar più 22-23. di miglior ecc. : di più belle
sicuro. Il guardare il luogo in cui po- apparenza quanto ad esecuzione arti
[GIKONE PRIMO] Purg. xii. 24-36 [bs. di superbia] 427

quanto per via di fuor del monte avanza.


25 Vedea colui che fu nobil creato
più ch'altra creatura, giù dal cielo
folgoreggiando scender da un lato.
Vedea Briarèo, fìtto dal telo
celestial, giacer dall'altra parte,
grave alla terra per lo mortai gelo.
31 Vedea Timbrèo, vedea Pali ade e Marte,
armati ancora, intorno al padre loro
mirar le membra de' giganti sparte.
34 Vedea Nembròt a pie del gran lavoro,
quasi smarrito, e riguardar le genti
che in Sennaar con lui superbi foro.

stica (secondo l'artificio) essendo opera ; saetta di Giove e fu sepolto sotto il monte
divina; cfr. Purg. X, 31 sgg. Etna,- cfr. Inf. XXXI, 98.
24. quanto ecc. tutto quel 1° ripiano
: 29. dall'altra parte: vedea giacer Bria-
del Purg., che dalla « ripa che pur sale » rèo dal lato opposto a quello dove si ve-
(Purg. X, 23) sporge come via battuta deva Lucifero.
dai penitenti. 30. grave: pesante, perchè già morto;
V. 25-27. Lucifero, lo esempio di Veli., ecc.; ma, morto o vivo, pesava lo
superbia punita. 3 esempi di umiltà stesso. - Doloroso, perchè morto, alla ter-
esaltata (Purg. X, 28-96), e invece 13 ra, sua madre; Dan., Vent., Lomb., ecc.;
(10 + 3) di superbia punita. Il 1° è di ma poiché, Inf. XXXI, 98, Briareo è
Lucifero, creato più nobile degli altri « smisurato », ben si può serbare a grave
angeli che cade dal cielo come folgore, il senso di '
pesante ', in quanto lo smi-
essendosi insuperbito contro il Creatore ;
surato cadavere giacente a terra appa-
cfr. Lue. X, 18. Inf. XXXIV, 121 sgg. riva in tutta la sua enorme gravezza.
Si noti l'artifizio di questo passo, dal V. 31-33. I giganti vinti da Pai-
v. 25 al 63 le 4 prime terzine comin-
: lade, 3o esempio di superbia pu-
ciano con Vedea; le 4 seguenti con O, nita. Apollo, Minerva e Marte, tutti e
e le altre 4 con Mostrava l' ultima poi ; tre ancora in armi, sono raffigurati in-
ci offre le tre parole nel principio dei torno a Giove, in atto di mirare le sparse
tre versi. - Per alcuni l'esempio di Troia, membra dei giganti, vinti nella pugna
eh' è nell'ultima terzina, sarebbe sug- di Flegra; cfr. Ovid., Met. X, 150 sg.
gello e sintesi di tutte le punizioni toc- Stai., Theb. II, 597 sgg.
cate ne' 12 casi precedenti, cioè di super- 31-32. Timbrèo: Apollo, così detto da
bia punita da gli Dei (come nei casi 1-4), Timbra, nella Troade,dove aveva un tem-
da sé stessa (come nei casi 5-8) e dagli pio; cfr. Virg., Georg. IV, 323. Aen. Ili,
uomini (come nei casi 9-12) ; mentre la 85. - Pallade: Minerva. - padre: Giove.
T, l'O e 1' M iniziali dei tre versi for- 33. sparte: «Cecini pleciro graviore
merebbero la parola Tom,, ossia TTom, Gigantas Sparsaque Phlegraeis victricia
nome di quell'essere ch'è «vasello d'ogni fulmina campis » Ovid., Met. X, 150 sg.
;

superbia »; Flamini, Lectura Dantis, V. 34-36. Nembrot, 4o esempio - bi-


p. 12 sg. ma cfr. le obiezioni del D'Ov.,
; blico - di superbia punita. Nenibrot
N. St. I, 248 sg. (cfr. Inf. XXXI, 77), autore principale
27. da un lato: costr. Vedea da un del gran lavoro, la torre di Babele, è
lato, cioè da una parte di quella strada. raffigurato al pie di questa nella pianura
V. 28-30. JBriarèo, 2<> esempio di di Sennaar (cfr. Gen. X, 10; XI, 2) in
superbia punita. La 2 a immagine, atto di uomo smarrito, per la confusione
tolta dalla mitologia classica, è quella delle lingue, per la quale egli e i com-
di Briaièo, il gigante centimane, che, pagni non s'intendono più.
avendo preso parte alla guerra dei Ti- 36. superbi: edificavano la torre per
tani contro gli Dei, cadde trafitto dalla acquistarsi fama; cfr. Gen. XI, 4.
428 [GIRONE Primo] Pdrg. xii. 37-50 [kskmpii di superbia]

Niobè, con che ocelli dolenti


vedea io te, segnala in su la Strada,
tara sette e sette tuoi figlinoli spenti !

IO Saul, come in su la propria spada *

quivi parevi morto in Gelboè,


che poi non sentì pioggia uè rugiada!
A3 folle Aragne, sì vedea io te
già mezza aragna, trista in su gli stracci
opera che mal per te si fé'
dell' !

4rt
Koboam, già non par che minacci
quivi il tuo segno ma pien di spavento
;

nel porta un carro, prima che altri il cacci,


49 Mostrava ancor lo duro pavimento
come Almeon a sua madre fé' caro

V. 37-39. Niobe, 5° esempio di su- adirata, s'appiccò, ma fu dalla dea e

perbia punita. Niobe, figlia di Tan- mantenuta in vita e « tristi medicamine»


talo e di Dione, e moglie di Annone re mutata in ragno; cfr. Ovid., 2fet. VI, 5-
di Tebe, insuperbita di sua ricchezza, 145. D. vede scolpita Aragne noi mo-
bellezza, potenza e discendenza dagli mento in cui la trasformazione non è
dèi, e ancor più della numerosa prole, ancora compiuta, ma della donna resta
pretendeva che i Te-
7 figli e 7 figlie, ancor tanto da esprimere il dolore.
bani sacrificassero a lei piuttosto che a aragna: ragno. -stracci: pezzi della
44.
Latona, madre di 2 soli figli ma Latona; tela,che Pallade le stracciò in faccia.
si vendicò facendo uccidere da' suoi due 45. mal: per tuo male.
figli, Apollo e Diana, tutta la fìgliuo- V. 46-48. Moboam, 8<> esempio di
lanza di Mobe a colpi di frecce. Mobe, superbia punita. Morto Salomone,
resa stupida dal dolore, fu tramutata in gl'Israeliti chiesero al re Poboamo al-
una statua cfr. Ovid., Met. VI, 146-312.
; leggerimento delle gravezze; ma egli
38. segnata: effigiata. rispose al popolo con parole così superbe
V. 40-42. Saul, primo re d'Israele, e minacciose, che dieci tribù si ribella-
6° esempio di superbia punita. 6 a rono a lui; e Eoboamo sopra un carro
rappresentazione è quella della morte fuggì a Gerusalemme. Cfr. Ili Reg. XII,
di Saul, che, vinto in battaglia dai Fi- 1-18. II Parai. X, 1-19. *

listei, per non cader vivo nelle mani dei 46. minacci Koboamo così aveva mi-
:

nemici, si lasciò cadere su la propria nacciato « Pater meus posnit super vos
:

spada e morì insieme co' suoi tre figliuo- iugum grave, ego autem addam super
li; cfr. I Reg. XXXI. I Parai. X, 4. iugum vestrum; pater meus cecidit vos
41. Gelboè (sorgente gorgogliante),
: flagellis, ego autem caedam vos scorpio-
Gilbóa, montagna della Palestina a po- nibns»; III Reg. XII, 11.
nente di Scitopoli, su cui gì' Israeliti 47. segno: lat. sigillivi; imagine.
furono vinti. 48. carro: «Porro rex Koboam testi -

42. che poi non sentì ecc. secondo: nus ascendit currum, et fugit in Ieru-
l' imprecazione di Davide, dopo la morte salem » III Reg. XII, 18.
;

di Saul (II Reg. I, 21): « Montes Gel- Y. 49-51. Erifile, 9° esempio di su-
boe, nec ros, nec pluvia veniant super perbia ptmita. Anfìarao, che (cfr. Inf.
vos, neque sint agri primitiarum » la ; XX; 34) sapeva, come indovino, che sa-
quale imprecazione I). suppone avverata. rebbe morto alla guerra contro Tebe, si
V. 43-45. Aragne, 7° esempio di nascose in un luogo noto solo alla mo-
superbia punita. Aragne, superba tes- glie Erifile. Regalandole una collana,
sitrice di Lidia (cfr. Inf. XVII, 18), aven- Polinice indusse Erifile a scoprire il na-
do osato sfidar Minerva nell'arte sua ed scondiglio. Almeone, figlio di Anfìarao
essendo stata vinta e percossa dalla Dea, e di Erifile, vendicò il padre, morto a
[GIRONE PRIMO] Puro. xii. 51-63 [es. di superbia] 429

parer lo sventurato adornamento.


52 Mostrava come i figli si gittaro
sovra Sennacherìb dentro dal tempio,
e come morto lui quivi lasciaro.
55 Mostrava la ruina e '1 crudo scempio »
che fé Tamiri, quando disse a Ciro
7
:

« Sangue sitisti, e io di sangue t'empio »,

Mostrava come in rotta si fuggirò


gli Assiri, poi che fu morto Oloferne,

e anche le reliquie del martire


si Vedea Troia in cenere e in caverne :

o Ilion, come te basso e vile


mostrava il segno che lì si discerne !

Tebe, uccidendo la madre; cfr. Virg., superbia punita. Oloferne, generale


Aen. VI, 445 sg. del re di Assiria, spedito a soggiogare i
51. sventurato: la collana regalata da popoli d'occidente, strinse d'assedio una
Polinice ad Erifìle aveva la virtù di ren- città della Giudea, detta Betulia, che,
dere infelice chi la possedesse cfr. Lu- ; priva d' acqua, era lì per arrendersi,
tai, ad Stai., Theo. II, 272. Parthen. quando la bella vedova Giuditta si risolse
Erot., 25. Ovid., Met. IX, 407. di liberarla. Andò al campo nemico, fece
V. 52-54. Sennacherìb, re d'Assi- innamorare Oloferne di sé, lo uccise di
ria, 10° esempio di superbia puni- notte e ritornò a Betulia portandone seco
ta. Sennacherib, re degli Assiri, sfidò il capo troncato. Gli Assiri si misero

superbamente Ezechia, re di Giuda, fa- quindi in fuga e furono pienamente di-


cendosi beile della fiducia di lui in Dio ;
sfatti. Cfr. Judith XI sgg.
ma un angelo sterminò il suo esercito, 60. reliquie del martiro: gli avanzi
e Sennacherìb ritornò svergognato a dello scempio fatto di Oloferne, il corpo
Ninive, dove l'uccisero itigli mentre ado- di Oloferne privo del capo ; cfr. Judith
rava nel tempio; cfr. IV Beg. XVIII, 13 ;
XIV, 4, 16. Molti intesero invece degli
XIX, Isaia XXXVI, 1; XXXVII, 38.
37. Assirii morti sul campo altri del capo
;

52. Mostrava lo duro pavimento del


: di Oloferne, portato dai Giudei sovra
v. 49 è soggetto di tutti i mostrava. un'asta. Cfr. Parodi, Bull. XXIII, 43,
54. lasciaro fuggendosene nel paese
: doye si sostiene la ,la interpr.
di Ararat. « Fugeruntque in terram Ar- V. 61-63. Troia, ultimo esempio
meniorum»; IV Beg. XIX, 37. di superbia punita. Alla superbia
V. 55-57. Ciro, 11° esempio di sti- dei Troiani, D. allude più. volte Inf. ;

perbiap'unita.T&miri, regina degli Sci- I, 75 XXX, 14, ecc. Qui la distruzione


;

ti, sdegnata contro Ciro, re dei Persiani, e l'incendio di Troia è l'ultimo esempio
che le aveva ucciso il figliuolo disprez- di superbia depressa. Troia è la città,
zando superbamente le rimostranze di Ilion l'alta rocca di Troia.
lei, com'ebbe sconfìtti i Persiani, fece 61. caverne: ammassi di macerie sot-
tagliare al cadavere di Ciro il capo e to e fra le quali restano vani a mo'di
gettar questo in un
otre pieno di san- grotte o caverne.
gue umano, dicendo: Saziati ormai di 63. il segno ecc. la figurazione che si
:

sangue, del quale avesti in vita tanta vede colà; cfr. v. 47.
sete! Fonte di D. per questo racconto V. 64-72. eccellenza artistica delle
è Orosio, II, 7, 6. sculture. Come le figurazioni di umiltà
55. la ruina ecc. : ruina e scempio delle (Purg. X, 31 sgg.), anche quelle di su-
forze persiane. perbia punita sono eseguite con sovru-
57. sangue sitisti: Sitire, che par cru- mana maestria. Rilevata la quale, D.
do latinismo, per aver sete usarono an- aj>ostrofa con amara ironia i mortali che,
che altri nostri scrittori antichi. dominati dalla superbia, non vedono il
V. 58-60. Oloferne, 12° esempio di male che fanno.
430 [GIRONE PRIMO] PURG. XII. 64-81 [E8EMPII DI SUPERBIA]

(J4
Qua! di pennel fu maestro o di stile,
clie ritraesse l'ombre e,i tratti oh* ivi
mirar (alieno ogn' ingegno sottile?
G7 Morti li morti, e i vivi parean vivi:
non vide ino' di me ehi vide il vero
quant'io calcai, fin che chinato givi.
70 Or superbite; e via col viso altiero,
d'Eva, e non chinate il volto,
figliuoli
sì che veggiate il vostro mal sentero !

73 Più era già per noi del monte volto,


e del cammin del sole assai più speso,
che non stimava l'animo non sciolto;
7G quando colui che sempre innanzi atteso
andava, cominciò « Drizza la testa
: :

non è più tempo da gir sì sospeso.


79 Vedi colà un angel che s'appresta
per venir verso noi vedi che torna ;

dal servigio del dì l'ancella sesta.

verglietta sottile, che si fa


64. stile : che toglie l'ultimo resticciuolo degli ef-
di due piombo e un terzo di
terzi di fetti delpeccato a chi sale dall'uno al-
stagno, e serve per tirar le prime linee l'altro cerchio. I 7 angeli non hanno no-
a chi vuol disegnare con penna. mi differenti, ma si distinguono l' uno
65. l'ombre e i tratti: l'aspetto com- perchè cantan diverse beati-
dall' altro,
plessivo della figura ed i contorni. tudini evangeliche Qlatt. V, 3 sgg.)',
mirar: maravigliare.
66. ognuno quella che loda la virtù opposta
Morti ecc. le figure dei morti sem-
67. : al peccato che si purga nel cerchio che
bravano veri morti, e veri viventi quelle le anime sono per lasciare. Il 1° canta
de' viventi. Cfr. Purg. X, 94 sgg. quindi le lodi dell'umiltà o povertà di
68-69. non vide ecc. : chi fu presente spirito, che è il contrario della super-
ai fatti, non vide meglio di me - mentre bia, e invita i P. a salire, mostrando
andai a capo chino - tutto ciò che io loro la via.
calcai, ossia tutto ciò di cui co' piedi 73-75. Più era ecc. era stato già da
:

calcai le figurazioni. noi percorso di quella via circolare e


Or superbite per questa apostrofe
70. : speso di quella giornata assai più che
cfr. Purg. X, 121 sgg. non giudicasse l'animo mio, non libero
71. d'Eva: chiama gli uomini figliuoli perchè tutto assorto nella contemplazio-
d'Eva o perchè Eva fu la prima superba ne degli esempi di superbia punita cfr. ;

che volle « essere come dii »; Gen. Ili, 5, 6; Purg. IV, 1-16.
o per ricordar loro che, figli tutti della 76. atteso: attento alle cose dinanzi,
stessa madre, non hanno motivo d' in- a ciò che appariva; cfr. Inf. XIII, 109.
superbire gli uni sopra gli altri. - non 77. Drizza la testa « Respicite et le-
:

chinate il volto: non abbassate gli oc- vate capita vestra, quoniam appropin-
chi per vedere quanto sia malo il sen- quat redemptio vestra»; Lue. XXI, 28.
tiero pel quale vi mena la superbia. 78. sospeso assorto nella contempla-
:

V. 73-99. f
Z
angelo dell'umiltà. I zione di queste immagini. « Non hoc ista
ripiani del Purg., divisi l'uno dall'altro sibi tempus spectacula poscit»; Yirg.,
da tratti del ripido pendio del monte, Aen. VI, 37.
comunicano fra loro per mezzo di scale 81. l'ancella sesta: l'ora 6a cioè mez-
scavate nel pendio stesso. Presso al pri- zogiorno. Chiama le ore ancelle, come
mo gradino di ogni scala sta un angelo ministre del giorno che nasce e muore
[GIRONE PRIMO] Purg. xii. 82-100 [ang. dell' umiltà] 431

82 Di riverenza il viso e gli atti adorna,


sì che i diletti lo 'nviarci in suso ;

pensa che questo dì mai non raggiorna. »


85 Io era ben del suo ammonir uso
pur di non perder tempo, sì che in quella
inatera non potea parlarmi chiuso.
81 A noi venia la creatura bella,
biancovestito e nella faccia quale
par tremolando mattutina stella.
91 Le braccia aperse e indi aperse Pale:
disse : « Venite : qui son presso i gradi,
e agevole-mente ornai si sale.
94 A questo annunzio vengon molto radi :

o gente umana, per volar su nata,


perchè a poco vento così cadi ? »
97 Menocci ove la roccia era tagliata :

mi battè V ali per la fronte


quivi ;

poi mi promise sicura l'andata.


100 Come a man destra, per salire al monte
col sole ; cfr. Ovìd., Met. II, 118 sg. Purg. 92. gradi: gradini per salire al 2° girone.
XXII, 118. I P. si sono trattenuti circa 93. agevole-mente: domata la super-
3 ore in questo cerchio. bia, è facile l'ascesa. I passi de' superbi
82. Di riverenza.... adorna: atteggia il sono ritrosi, Purg. X, 123; l'umiltà
volto e tutta la persona a riverenza cfr. : ascende in alto. Cfr. S. Bern., Ep., 393.
Purg. I, 49 sgg.: II, 28 sgg.; IX, 107 sgg. 94. annunzio Al. invito cfr. Matt.
: : ;

83. i: -lo 'nviarci: l'avviarci.


gli. XXII, 14. Le parole di questa terzina
84. non raggiorna: non ritorna più. noi propendiamo a crederle pronunziate
« Tutte le nostre brighe, se bene vern- dall' angelo, a cui bene si convengono
ino a cercare li loro principii, procedono ma parecchi comm. le considerano come
quasi dal non conoscere 1' uso del tem- osservazioni del P., e non ha tutti i torti
po»; Conv. IV, 2. Cfr. II Cor. VI, 2. il Land, quando scrive « Le parole di :

85-87. Io era ben ecc. ero abituato (toso) questo ternario possono essere etdell'an
al suo ammonimento di non perder tem- gelo et del Poeta. »
po sicché in tal materia e' non poteva
; 95. volar su: salire in Paradiso. «Oni
più parlarmi oscuramente. Cfr. Purg. nes homines conveniunt in appetendo ul
Ili, 78. Yirg., Aeri. VI, 538 sg. - chiuso: timnm finem, qui est beatitudo»; Aug.,
oscuro. Cfr. Par. XI, 73. De Trin. IV in princ.
88. lacreatura bella: l'angelo. 9G. vento: tentazioni dei vizii, e qui
89. biancovestito vestito di bianco; il
: particolarmente della superbia. - cadi
masch. riferito a creatura è un caso
' '
ti lasci abbattere.
di constructio ad sensum ; cfr. Purg. II, 97. tagliata: la costa del monte, ta
23. Anche nella Scrittura gli angeli sono gliata o scavata a mo' di scala ] r ren
vestiti di bianco; cfr. Matt. XXVIII, 3. dere possibile il salire cfr. Purg. I V, 31
;

Marco XVI, 5. Lue. XXIV, 4. Qiov. 98. mi battè: mi percosse la fronte


XX, 12. colle cancellandone in tal modo il
ali,
90. tremolando; scintillando; «sidere primo Purg. IX, 112 sgg.
de' 7 P.
pulcrior »; Horat., Od. Ili, ix, 21. - 99.' mi promise sicura ecc.: «Deus hu-
« Fulgebunt quasi splendor firmamenti, milibus dat gratiam »; I Petr. V, 5.
et.... quasi stelle© » Daniele XII, 3. Cfr.
; V. 100-108. La scala per salire al
Flamini, Lect. Dantis, 17 sg. 2° cerchio, I). paragona quella via per
[girone primo] Purg. XII. 101-108 [SCALAj

(love siede la ehiesa che soggioga


la ben guidata sopra Rubacoute,
103 si rompe del montar l'ardita foga
per le scalee che si fero ad età de
ch'era sicuro il quaderno e la doga;
106 così s'allenta la ripa che cade
quivi ben ratta dall'altro girone ;

ma quinci e quindi l'alta pietra rade,

cui salgono, alla gradinata per cai si per messer Mccola Acciaioli, il porche
ascende al MonteCroci presso Fi-
alle noi condannò; e funne fatto nota. Sen-
renze. « Uscendo dalla porta per andare tendolo, messer Niccola ebbe paura non
a santo Miniato si sale alquanto per una si palesasse più ; ebbene consiglio con
sola via. Dapoi si divide in due vie. Et messer Baldo Aguglioni, giudice saga-
quella che rimane a man destra a chi cissimo e suo avvocato, il quale die modo
sale, ha le scalee » ; Land. di aver gli atti dal notaio per vederli, e
101. la chiesa ecc. San Miniato a : rasene quella parte venia contro a Mes-
Monte, il più antico tempio di Firenze ser Niccola. E dubitando il notaio degli
(1018), che sovrasta alla città da quella atti avea prestati se erano tocchi, trovò
parte in cui è il ponte di Rubaconte, ora il raso fatto e accusòlli. Fu preso messer

ponte alle Grazie. Mccola e condannato in lire tremila e ;

102. la ben guidata la ben governata : messer Baldo si fuggì, ma fu condannato


Firenze amara ironia Cfr. Purg. VI,
; ! in lire duemila e confinato per uno an-
127 nota. - Rubaconte il ponte alle Gra-
: no»; Dino Comp. I 19. Il fatto avvenne
zie fu così chiamato da Rubaconte di nel 1299, ed è raccontato dai comm. ant.
Mandella, podestà di Firenze, che nel con poche diversità. Cfr. Del Lungo,
1237 ne pose la prima pietra, cfr. G. Vili. II, 89 sg. - la doga: « era usanza di
VI, 26. mensurare il sale et altre cose con stara
103-105. si rompe ecc. : si modera l'ec- fatte a doghe di legname, come bigon-
cessiva ripidità per mezzo della gradi- ciuoli. Un cittadino della famiglia dei
nata fatta quando in Firenze erano co- Chiaramontesi fu camerlingo a dare il
stumi ancora semplici e puri, né vi si usa- sale appresso questi, quando il ricevea
;

vano inganni e frodi. - il quaderno « i : dal Comune, il riceveva collo staio di-
pessimi cittadini per loro sicurtà chiama- ritto quando il dava al popolo, ne trasse
;

rono per loro podestà messer Monfiorito una doga picciola dello staio, onde gros-
da Padova, povero gentiluomo, acciò che samente ne venia a guadagnare. Sco-
come tiranno ponisse, e facesse della ra- persesi il fatto et saputa la verità, que-
;

gione torto e del torto ragione, come a sto cittadino fu condennato et grave-
loro paresse. Il quale prestamente in- mente et vituperevolmente, onde poi i
tese la volontà loro, e quella seguì; che discendenti suoi, che sono antichi uomi-
assolvea e condannava senza ragione, ni, essendo loro ricordato, arrossono et
come a loro parea e tanta baldanza; vergognonsi et fessi in ciò in lor ver-
;

prese, che palesemente lui e la sua fa- gogna una canzoncella che dicea Egli è :

miglia vendevano la giustizia, e non ne tratta una doga del sale Et gli uffici son
schifavano prezzo, per piccolo o grande tutti salviati, ecc. » ; An. Fior. Così pure
che fusse. E venne in tanto abbominio, Ott., ecc. Cfr. Par. XVI, 105.
che i cittadini noi poterono sostenere, 106. così ecc. : grazie a simili gradini
e feciono pigliar lui e due suoi famigli, si agevola la salita al 2° cerchio, da cui
e feciòllo collare; e per sua confessione la ripa cade nel 1° assai ripida.
seppono delle cose, che a molti cittadini 108. quinci e quindi ecc. da ambe le :

ne seguì vergogna assai e pericolo: e ven- parti le pareti di pietre strofinano chi
nono in discordia, che l'uno volea fusse sale. Virg., Aen. V, 169 sgg., dice della
più collato, e l'altro no. Uno di loro, che nave di Cloante: « Ille inter navemque
avea nome Piero Manzuolo, il fé' un'al- Gya3 scopulosque sonantis Radit iter la3-
tra volta tirar su il perchè confessò
;
vum interior subitoque priorem Prseterit
avere ricevuta una testimonianza falsa et metis tenet oequora tuta relictis. »
[GIRONE PKIMO] PURG. XII. 109-124 [CANTO ANGELICO] 433

109 Noi volgendo ivi le nostre persone,


« Beati pauperes spirita ! » voci
cantaron sì, che noi diria sermone.
112 Ahi, quanto son divèrse quelle foci
dalle infernali che quivi per canti
!

s'entra, e laggiù per lamenti feroci.


115 Già monta vani su per li scaglion santi,
ed esser mi parca troppo più lieve,
che per lo pian non mi parea davanti ;

118 ond'io: «Maestro, di', qual cosa greve


levata s'è da me, che nulla quasi
per me fatica, andando, si riceve? »
121 Rispuose « Quando i
: che son rimasi P
ancor nel volto tuo presso che stinti,
saranno, come l'un, del tutto rasi,
124 fìen li tuoi pie dal buon voler sì vinti,

V. 109-114. Il canto angelico. Al- V. 115-136. Salita al 2<> girone. D.


l'uscire dal lo per salire al 2° cerchio, sentendosi nel montare su per gli sca-
si ode cantare la prima beatitudine evan- glioni assai più leggiero che nel 1° gi-
gelica: « Beati L poveri di spirito », rone, ne chiede la ragione a V., il quale
Jlatt. V, 3, la quale « potest referri vel gli risponde « Quando, come il primo,
:

ad conteniptuni divitiarum, vel ad con- saranno cancellati del tutto anche gli
temptum honorum, quod fit per humi- altri P
(segni dei peccati), incisi sulla
litatem »; Thom. Aq., Sum. theol. I, il, tua fronte dall' angelo portiere (Purg.
69. 3. Il canto non procede da anime né IX, 112) e già quasi spenti, - poiché,
da quelle dei superbi, nò da quelle de- avendo l'angelo dell'umiltà coll'ala sua
gl'invidiosi e nemmeno da più angeli,
; cancellato il P
della superbia, radice di
come pensarono questo e quello de' ogni peccato (Eccl. X, 15 ; cfr. Thom.
corniti, ant. e mod., ma, come in tutti Aq., Sum. theol. I, il, 84, 1, 2. II, il,

gli altri cerchi (cfr. Purg. XV, 37 ; 117, 2 ; anche gli altri Psi sono
162, 7),
XVII, 67; XIX, 49; XXJI, 4 XXIV,
; attenuati di molto -, tu salirai non solo
151; XXVII, 7) chi canta la Beatitudine senza fatica, ma con diletto» (cfr. Purg.
è il D. già ha fatto
solo angelo, di cui XXVII, 121 sgg.). All'udir ciò, D. che
parola. Nò
a ciò osta il plur. tocì can- non s'era accorto che uno dei sette P
taron. Sarà « un plurale meramente sti- fosse già cancellato dalla sua fronte,
listico, come ne abbonda la poesia spe- maravigliato, porta subito a questa la
cialmente latina » D' Ovidio, N. St. I,
; mano destra con le dita aperte, e trova,
276. Per tocì cfr. Purg. XXII, 5. tastando, che in realtà vi restano sol-
109.Noi Tolgendo ecc. costrutto equi-
: tanto 6 P. V. sorride dell'ingenua ma-
valente a un ablat. assol. latino men- : raviglia e della mossa dell'alunno; sor-
tre noi ivi ci volgevamo, per incammi- riso, maraviglia, mossa naturalissimi.
narci su per la scala. 116. troppo: molto.
111. sì ecc.: con tanta soavità da non 117. che per lo pian ecc. che non mi :

potersi esprimere con parole. pareva d' essere dianzi (davanti) nel
112. foci: aditi, bocche: cfr. Inf. camminare per il piano del 1° girone.
XXIII, 129. «Inde ubi venere ad /an- 118-120. qual cosa grere ecc. qual :

ce* grave olentis Averni»; Virg., Aen. peso mi è stato tolto, che nell'andare
VI, 201. Nel Purg. il passaggio da un non è da me sentita più quasi nessuna
cerchio all'altro è accompagnato da dol- fatica?
ci canti, nell'Inf. da fieri lamenti; cfr. 123. come l'un ecc.: saranno cancellati
Inf. Ili, 22; IV, 26; V, 25; VI, 14 ecc. (stinti) del tutto, come il primo.

28. — Div. Oomm., 8 a ediz.


434 [gir. secondo) PURO. xii. 125-136 -xin. 1-2 [aspetto del gir.]

clic non pur non fatica sentiranno,


ma iia diletto loro esser sa pinti ».
L27 Allor fec' iocome color che vanno
con cosa in capo non da lor saputa,
se non che i cenni altrui sospecciar fanno;
130 per che la mano ad accertar s'aiuta,
e cerca e trova e quell'officio adempie
che non si può fornir per la veduta;
133 e con le dita della destra scempie
trovai pur sei le lettere che incise
quel delle chiavi a me sovra le tempie :

13G a che guardando il mio duca sorrise.

126. pinti: spinti. AL: esser sospinti ;


« Vidit enim, falsamque in imagine cre-
eli'. Purg. IV, 88 sgg. dens Esse fìdem, digitia adfrontem scepe
128-132. con cosa ecc. « alcuna volta
: relatis, Qua3 vidit, tetigit »; Ovid., Met.
l'omo porta una penna o altra cosa i,n XV, 556 sgg. - quel!' officio ecc.: si ac-
capo, per la quale gli astanti rideno, o certa col tatto non potendo con la vista.
dicono qualche paiola per la quale elli 133-134. scempie: allargate. -pur: solo.
si mette la mano in capo e cerca ta- 136. sorrise non già facendosi beffa
:

stando, e trova quello perchè altri si dell' ignoranza di D. come intesero Buti,
movea, che prima non vedea » liuti ; : Land., Veli., cosa non degna del Mae-
cfr. L. 'Venturi, SimiL, 285. - sospecciar: stro, ma per le ragioni accennate nella
sospettare; cfr. Inf. X, 57. - la mano: n. 115-135.

CANTO DECIMOTERZO
GIRONE SECONDO: INVIDIA
(Stare seduti in circolo colla schiena appoggiata alla costa del monte, e sì vicini l'uno
all' altro, da reggersi scambievolmente con le spalle, avendo in dosso un manto di
cilicio e le palpebre cucite da un filo di ferro).

ESEMPI DI CARITÀ, SAPIA DA SIENA

Noi eravamo al sommo della scala,


ove secondamente si risega
V. 1-9. Aspetto del secondo girone, sarebbero fuor di luogo, essendo cuciti
I P. sono arrivati alla sommità della gli occhi delle anime purganti,
scala, dove il monte si ristringe e forma 2. secondamente per la seconda vol-
:

un altro ripiano, circolare come il primo, ta. - si risega : è come tagliato, rfsegato
ma di minor diametro. Piano e ripa in torno torno, in modo da formare il ri-
questo girone sono di pietra liscia e di piano circolare. Al. si rilega: Cfr. Moo-
:

color livido uniforme: le figurazioni qui re, Crii., 388 sgg.


[GIRONE SECONDO] Purg. xin. 3-20 [apostrofe al sole] 435

monte che salendo altrui dismala.


lo
Ivi così una cornice lega
dintorno il poggio, come la primaia;
se non che Parco suo più tosto piega.
Ombra non gli è, né segno che si paia ;

parsi la ripa, e parsi la via schietta


col livido color della petraia.
10 « Se qui per domandar gente s'aspetta »
ragionava il poeta, « io temo forse
che troppo avrà d' indugio nostra eletta.
13 Poi fisamente al sole gli occhi porse j

fece del destro lato al muover centro ?


e la sinistra parte di sé torse.
16 « lume a cui fidanza i' entro
dolce
per lo nuovo cammin tu ne conduci » ,

dicea « come condur si vuol quinc entro, 7

19 Tu scaldi il mondo ; tu sopr' esso luci :

s' altra ragione in contrario non pronta,

3.dismala: libera dal male, purifica frigoria, et quae Igne vacet semper, ca-
altri che salga: salendo è uno de' so- ' '
ligine semper abundet»; Ovid., Met. II,
liti gerundi con valore di partic. pres., 760 sgg. « Pallor in ore sedet, macies in
da unire ad altrui '. '
corpore toto, Nusquam recta acies, li-
4. così come nel primo girone. - le-
: vent rubigine dentes, Pectora felle vi-
ga: circonda. rent, lingua est suffusa veneno»; ibid.,
5. la primola la prima cornice, che è
: 775 sgg.
de' superbi cfr. Inf. V, 1 Purg. IX, 94.
; ; V. 10-21. Apostrofe al sole, « Con
6. piega: i cerchi del Purg., concentri- la ragione V. prevede che gì' invidi non
ci, sono via via più piccoli quanto più devono, come i superbi, girare; perchè
si sale, e sempre più sensibile è perciò la l'invidiaha astio dell' andare altrui, ma
curvatura loro. non va» (Tom.), onde dice: Se aspet-
7. Ombra ecc.: non vi è figura né al- tiamo gente per dimandare qual via dob-
tro segno cioè nulla di ciò che abbia-
; biamo prendere, temo che tarderemo un
mo veduto nella l a cornice. Altri inte- po' troppo la nostra scelta. Si volge dun-
sero ombreggiatura né linee
'
altri al- '
; que a destra verso il sole che li ferisce
trimenti. Cfr. Purg. XII, 65. L' inter- da quella parte, e gli rivolge un apostro-
pret. precisa letterale lascia qualche fe, come a lume e guida da seguire, se
dubbio pur essendo sostanzialmente si- non vi siano ragioni valide in contrario.
curo il senso di tutto il verso. - gli : 12. eletta: elezione, scelta; cfr. Ario-
vi; cfr. Inf. XXIII, 54, Purg. Vili, 69. sto, Ori. XIX, 92.
Al. lì; lez. impossibile, giacché non po- 14. fece essendo
: passato mezzodì,
tendosi far sinalefe tra Zi ed è, sillabe to- Purg. XII, 81, i fermi al sommo
P.,
niche entrambe, il v. diventerebbe dode- della scala, avevano il sole a destra;
casillabo. - si paia apparisca, si veda. : V. si volse dunque a destra; e, per vol-
8-9. parsi apparisce. - schietta liscia,
: : gersi, tenne fermo il pie destro, e, di
nuda; XIII, 5. Ptrg. I, 95. -
cfr. Inf. questo facendo centro, mosse in giro
livido: colore conveniente all'invidia. (torte) la parte sinistra della persona.
«Protinus Invidia© nigro squalentia tabo 16. a cai fidanza per fiducia nel quale.
:

Tecta petit. Domus est imis in vallibus 18. dicea: V., parlando al sole, -si vuol :

antri Abdita, sole carens, non ulli per- bisogna. - quinc'entro in questo girone. :

via vento, Tristis et ignavi pienissima 20. ragione: Al. cagione.- non pron-
:
436 [GIRONE SECONDO] PUEG, XIII. 21-36 [ESBMPII DI CARITI
ITA]

esser deu sempre li tuoi raggi duci. »


22 Quanto di qua per uu migliaio si conta,
lauto di là era vani noi già iti

con poco tempo, per la voglia pronta ;

25 e verso noi volar furon sentiti,


non però visti, spiriti parlando
alla mensa d'amor cortesi inviti.
28 La prima voce, che passò volando,
« Vinum non habent » altamente disse,
e dietro a noi l' andò reiterando ,*

31
e prima che del tutto non s' udisse
per allungarsi, un'altra « Io sono Oreste »
passò gridando, e anco non s'affisse.
34 « Oli ! » diss' io, « padre, che voci son queste? »
E coni' io domandai, ecco la terza
dicendo : « Amate da cui male aveste ! »

ta: non eccita, non spinge. Cfr. Bull. Ili, s'ode un'altra voce che grida: Io sono
136. Se altra ragiona non induce a te- e' Oreste, e come la prima, passa oltre. Di
nere altra via, noi dobbiamo muoverci Oreste, figlio di Agamennone e Cliten-
guardando a' tuoi raggi, epperò qui ver- nestra, fu celebre la generosa amicizia
so destra; cfr. Purg. XXII, 123. con Pilade. Quando Pilade erasi spac-
V. 22-30. Maria, lo esempio di ciato per Oreste, volendo morire in sua
bella carità. Fatto un miglio (migliaio, vece, questi, sopravvenuto, gridò: Io sono
lat. milliarium) odono voci passanti per
, Oreste ! e allora si vide tra i due amici
;

V aria, che gridano belli esempi di ca- una generosa gara di carità; cfr. Ovid.,
rità. Il primo è quello di Maria, che JEpist. exPonto III, 2, 69 sgg. Cic, De
presente alle nozze di Cana, sollecita amicitia VII, 24 De fin. I 20 V, 22. ; ;

del bene altrui, si rivolge al Figlio colle V. 34-36. Il precetto evangelico


parole Non hanno vino ed Egli allora
: ; della carità. Mentre D. dimanda che
fece il suo primo miracolo mutando voci siano quelle che si odono, ne ri-
l'acqua in vino; cfr. Oiov. II, 1-10. suona per l'aria una terza che ripete il
22. di qua in questo mondo, -migliaio:
: precetto sublime e tutto cristiano di
è bisillabo. Al. miglio. : amare i nemici. Matt. V, 43 sg. «Dictuin :

23. di là su per il 2° balzo del Purg.


: est: '
Diliges proximum tuam et odio ha-
24. con poco tempo ecc.: in breve, bebis inimicum tuum '. Ego autem dico
perchè assai vogliosi di andare cfr. ; vobis :
'
Diligite inimicos vestros bene- ;

Purg. XII, 118 sgg. faci te bis qui oderunt vos, et orate prò
26-27. spiriti: invisibili; forse angeli. persequentibus et calumniantibus vos '».
- parlando ecc. parlanti, pronunzianti
: E questo è veramente il sommo e più
gentili inviti alla mensa d' amore, cioè difficile e meritorio grado della carità e
eccitanti le anime già invidiose a carita- dell'amore.
tevole amore, virtù opposta all' invidia. 35. domandai: Al.: dimandava.
30. reiterando: dopo avere oltrepas- 36. da cui quelli da cui, cfr. il testo
:

sato il luogo dove erano i P., la detta di Matt. nella n. 34-36.


voce seguitò a ripetere le medesime pa- V. 37-72. Condizione degl'invidio-
role, Vinum non habent
'
dovendole udi- ' , si nel secondo girone. Iseì 2° girone
re tutti gli spiriti purganti del girone. stanno gli spiriti che si purgano dall' in-
V. 31-33. Oreste, 2o esempio di vidia. In opposizione all'odio che sen-
bella carità. Prima che, per essersi tirono per il prossimo in vita, stanno
allontanata (allungarsi allontanarsi), — ora fraternamente seduti l'uno presso
avesse cessato di farsi udire la prima, all' altro sostenendosi 1' un 1' altro con
[GIRONE SECONDO] PUKG. XIII. 37-54 [PENA DEGL'lNVID.] 437

E '1 buon maestro : « Questo cinghio sferza


la colpa della invidia , e però sono
tratte d'amor le corde della ferza.
40 Lo fren vuol esser del contrario suono ;

credo che l'udirai, per mio avviso,


prima che giunghi al passo del perdono.
43 Ma ficca gli occhi per l'aere ben fiso,
e vedrai gente innanzi a noi sedersi,
e ciascun è lungo la grotta assiso. »
46 Allora più che prima gli occhi apersi ;

guarda'mi innanzi, e vidi ombre con manti


al color della pietra non diversi.
49 E fummo un poco più avanti,
poi che
udia gridar « Maria, óra per noi »
: !

gridar Michele e Pietro e tutti i Santi.


32 Non credo che per terra vada ancoi
uomo sì duro, che non fosse punto
per compassion di quel ch'i' vidi poi;

le spalle, e sono coperti da aspri e lividi 51. gridar « Il Poeta attribuisce la ca-
:

mantelli (colore dell' invidia e simbolo gione invidia all' appuntarsi de' no-
dell'
di penitenza), e hanno le palpebre cu- stri desiderii in beni angustissimi, che
cite da filo di ferro, essi che tennero gli non si possono godere dall'uno senza
occhi troppo aperti sulla condizione al- essere tolti, almeno in parte, all' altro ;
trui sì da affliggersi nel vedere il bene, e laddove, se s' appuntassero in que' beni
rallegrarsi nel vedere il male degli altri. eterni, che quanto più han posseditori,
Cantano le litanie dei Santi, preghiera tanto più fanno ricchi, non sarebbe in-
che maggiormente sa di carità, come vidia in terra (cfr. Purg. XV, 49-51).
quella che ricorda la comunione tra la Perciò le anime che qui piangono l'in-
Chiesa militante e la trionfante. vidia, hanno in dispregio i miseri spar-
37-39. sferza: questo cerchio punisce timenti delle eredità terrene, pensando
l'invidia, e però gli esempi per incitare alla celeste eredità partecipata, e non
al bene (che con immagine potente son diminuita, da' figliuoli di Dio, e a tutti
chiamati le corde della ferza) sono tratti, i posseditori di quella eredità si racco-

tolti, dalla carità eh' è la virtù opposta mandano amorosamente colle Litanie
all'invidia. de' Santi. Larga e generale preghiera,
40. Lo fren ecc.: gli esempi {Purg. XIV, che lancia i loro pensieri quando a que-
130 sgg.) atti a frenare l'invidia non sone- sto, quando a quel cittadino del regno
ranno amore, ma invidioso odio, di cui mo- a cui sospirano; e li rallegra in quella
streranno i pessimi effetti (Conv. IV, 26). beata comunione di anime e di beni ce-
42. passo del perdono: il luogo ove prin- lesti, che accresce senza termine le gioie
cipia la scala portante al cerchio supe- della carità, mentre l'invidia, pur col
riore e ove sta l'angelo che cancella dal- sospetto di un solo partecipe a' propri
la fronte di D.un?; cfr. Purg. XII, 98. beni terreni, ogni gioia avvelena ed uc-
43. gli occhi: Al.: il tìso. cide » Perez, Cerchi, 146 sg.
;

45. lungo la grotta: presso la roccia-, 52-54. Non credo ecc. non credo che
:

cfr. Inf. XXI, 110. viva oggi in terra uomo sì duro di cuore,
48. al color ecc. lividi come la pietra
: che non sarebbe punto da dolore e com-
del ripiano e della ripa cfr. v. 9. « Nec
; passione alla vista della pena degli invi-
lapis albus erat, sua mens infecerat il- diosi, -ancoi oggi, forse dal provenzale
:
;

lam»; Ovid., Mei. II, 832. ma fu ed è forma molto diffusa nell'Alta


438 [GIRONE skcondo] l'uà., XIII. 55-74 [pena degl'invidiosi]

55 che quando fui 9Ì presso di lor giunto,


elio gli atti loro a me venivau certi,
per gli occhi fui di grave dolor munto.
58 Di vii cilicio mi parean coperti,
e 1' un sofferia l'altro con la spalla,
e tutti dalla ripa eran sofferti :

fìl
così li ciechi a cui la roba falla,
stanno perdoni a chieder lor bisogna,
a'
e l'uno capo sovra l'altro avvalla,
il

04 perchè in altrui pietà tosto si pogna,


non pur per lo sonar delle parole,
ma per la vista, che non meno agogna.
07 E come agli orbi non approda il sole,
così all'ombre quivi, ond'io pari' ora,
luce del ciel di sé largir non vuole ;

70 che a tutti un fìl di ferro il ciglio fora


e cuce sì, come a sparvier selvaggio
si fa, però che queto non dimora.
73 A me pareva, andando, fare oltraggio,
vedendo altrui, non essendo veduto:

Italia ed anche in Toscana. Cfr. Parodi, 68. così ecc. così quivi, nel 2° girone,
:

Bull. Ili, 133 e 145. alle ombre di cui ora parlo ecc.
55-56. quando fui ecc. come fui sì vi-
: 69. di se largir: esser larga di sé, farsi
cino a quelle ombre da ben distinguere vedere. « Invidia facit, quod non videatur
i loro atti, il dolore mi fece piangere. quod expedit videre, et ideo dicitur invi-
59. sofferia: sosteneva; reggeva. «Al- dia, quasi non visio »; Petr. Dant. -«Lu-
ter alterius onera portate, et sic adim- ce del cielo non fa copia di sé a cotesti
plebitis legem Christi»; Gal. Vi, 2. ciechi, perchè i loro occhi furono anneb-
61. falla manca; gente che non ha di
: biati dalle caligini dell'invidia »;L. Yent.,
che vivere; cfr. Inf. XXIV, 7. Simil., 239.
presso allechiese nei gior-
62. a'perdoni: 70. a tutti: agi invidiosi sono cuciti
ni di festa e d'indulgenza solenne: tali gli occhi con fìl di ferro, come si usava
solennità si dissero perdoni e perdonarne. fare (e dicevasi cigliare) agli sparvieri
63. avvalla: china, abbassa; cfr. Purg. (falconi) selvaggi, cioè non addomesti-
VT, 37. « Li orbi, che sono in istato di cati, perchè stessero quieti tali non sa-
:

povertà, stanno alle chiese e alle perdo- rebbero stati avendo gli occhi aperti e
nanze, e domandano elimosine, e molte vedendo l' uomo cfr. Federico TI, De
:

fiate stanno travolti e appoggiati l' uno arte venandi cum avibus, II, 53.
all' altro, perchè di sua disconcia vita e V. 73-99. Colloquio con anime d'in-
tenebrosa vegna agli uomini compas- vidiosi. D., cui sembra quasi far oltrag-
sione, e faccianli bene»; Lan. gio a quelle anime col camminare per il
pogna: si ponga, entri.
64. si loro cerchio e vederle senza ch'esse pos-
65-66. non pur ecc. non solo per le la-
: sano veder lui, vorrebbe dir loro qual-
mentevoli parole con le quali chiedono che parola; opperò si volge a V. per
l'elemosina, ma anche per l'aspetto, che, chiedergliil permesso di far ciò; ma V.,

non meno delle parole, agogna, cioè che legge i suoi pensieri, prima ancora
esprime desiderio vivo ed angoscioso. che D. apra bocca, lo esorta a parlare. D.
67. approda: giova; cfr. Inf. XXI, 78. dimanda subito agi' invidiosi se tra loro
AL: arriva, giunge a farsi vedere. sia qualche latino. Gli vien da un' ani-
[GIRONE SECONDO] PURG. XIII. 75-94 [colloquio] 439

per ch'io mi volsi al mio consiglio saggio.


70 Ben sapev' ei che volea dir lo muto ;

non attese mia domanda,


e però
ma disse « Parla, e sii breve ed arguto »
: !

Virgilio mi venia da quella banda


della cornice onde cader si puote,
perchè da nulla sponda s'inghirlanda;
dall'altra parte m'eran le devote
ombre, che per l' orribile costura
premevan sì, che bagnavan le gote.
85 Volsimi a loro, e « gente sicura »
incominciai « di veder l' alto lume
che '1 disio vostro solo ha in sua cura ;

se tosto grazia risolva le schiume


di vostra coscienza, sì che chiaro
per essa scenda dalla niente il fiume,
91 ditemi, che mi fìa grazioso e caro,
s' anima è qui tra voi che sia latina ;

e forse lei sarà buon, s'io l'apparo. »


94 « frate mio, ciascuna è cittadina

ma risposto che tutte sono ormai cit- soltanto aspira il vostro desiderio. « Siti-
tadine dell'unica vera città, la celeste vit anima mea ad Deum fortem vivum :

Gerusalemme, ma hanno compreso che quando veniam et apparebo ante faciem


D. vuol sapere se alcuna di loro, nel- Dei? »; Psal. XLI, 3.
l'esilio terreno, sia vissuta in Italia. 89-90. se ecc. così la grazia divina lavi
:

Cfr. Ebrei XI, 14 sg. presto la vostra coscienza dalle macchie


75. consiglio: consigliere; astratto per del peccato, sì che la memoria vostra non
concreto. ne serbi più alcuna ricordanza, -le schiu-
76. che Yolea ecc.ciò che : io voleva me « come la schiuma significa la impu-
:

dirgli, sebbene non parlassi ; cfr. Inf. rità dell' acqua, così la pone qui per la
XVI, 119 sg. impurità de la coscienza » Butì. - per ;

78. sii ecc. : usa poche ma espressive essa: coscienza. - mente: memoria {Inf.
parole; cfr. Inf. X, 39. II, 8; III, 132; VI, 44, 89 X, 127, ecc.), ;

79-80. da quella banda ecc. : dalla parte dalla quale le acque di Lete rimuovono
di fuori, alla mia destra. ogni ricordanza dei peccati commessi ;

81. s' inghirlanda circondata


: non è cfr. Purg. XXXIII, 91 sgg. Il Poi. per
(cfr. Inf. XIV, 10) da alcuna sponda, cioè fiume della mente intende (col Gìul.,
balaustra, parapetto (cfr. Inf. XVIII, 33. Br: B., ecc.) la luce intellettuale, da cui
Purg. XXX, 61). sono illuminate le anime degli eletti
82. parte sinistra. - devote
: recita- : nella intuizione di Dio. Torraca: « sì
vano le litanie dei Santi, v. 50 sg. che la loro mente, divenuta chiara, lim-
83. costura: cucitura di fìl di ferro. pida, sia capace di compiere 1' altissima
premevan ecc. spingevano le la-
84. : operazione della visione di Dio ».
grime con tanta forza, che le facevano 92. latina: italiana, cfr. Inf. XXII,
uscire per l' orribile cucitura e scendere 65; XXVII, 33; XXIX, 88, 91.
a bagnar le gote. 93. buon
potendo procurarle suffragi
:

86. alto lume Dio : (cfr. Purg. VII, 26), de' viventi. - lei a lei. - V apparo lo
: :

unico oggetto del vostro desiderio. apprendo.


87. solo-, di cui solo si cura, al quale 94. cittadina: « Iam non estis hospi-
440 [gib do] Puro. xni. 95-107 [SAPIA DA SIENA]

d' una veni città: ma tu vuo' dire,


che vivesse in Italia peregrina. »
1)7
Questo mi parve per risposta udire
più innanzi alquanto ohe là dov'io stava,
ond' io mi feci ancor più là sentire.
100 Tra l'altre vidi un'ombra che aspettava
in vista; e, se volesse alcun dir Come? '
'

lo mento a guisa d'orbo in su levava.


103 « Spirto » diss' io, « che per salir ti dome,
se tu se' quelli che mi rispondesti,
fammi ti conto o per loco o per nome. »
106 « I' fui Sanese » rispuose, « e con questi
altri rimondo qui la vita ria,

tes et advense, sed estis cives sanctorum aveva fatto costruire un ospizio pe'pas-
et domestici Dei »; Efes. II, 19. Vita seggieri a Castiglioncello di Montereg-
Nuova, 35 : « Questa era fatta de' citta- gioni, ch'era di sua dominazione, del
dini di vita etterna ». quale nel 1265 poneva la prima pietra
95. d'una vera città: del cielo; cfr. il Vescovo di Volterra, e che poi fu pri-

Ebrei XI, 10-16; XIII, 14. vilegiato dal pontefice Clemente IV.
96. peregrina fuori della sua vera pa-
: Morto il marito Ghinibaldo, i fratelli di
tria, eh' è il cielo; cfr. I Petr., II, 11. lui,Niccolò, Nuccio e Cino, nel 1269 ri-
Purg. II, 63. « La vita di questo mondo nunciavano le loro ragioni su Castiglion
non è se non peregrinazione, ed ecci dato Ghinibaldi e dopo la vittoria di Colle e
;

per peregrinare; onde ci stiamo pere- morto Provenzano, quasi fosse per esul-
grini, e tosto ci siamo cacciati fuori.... tanza, d'accordo con donna Diambra,
E perocché in questo luogo non potemo Ramerà e Baldena, eredi di Ghinibaldo,
stare, è ragione che questo mondo non essa cedeva quel castello alla repubblica
è nostro luogo, ma la nostra cittade è (1269), che v' inviava un giusdicente sot-
il cielo, vita eterna »; Fra Giordano, to la dipendenza del podestà di Siena,
Prediche, Ediz. Moreni, II, p. 147. e riuniva all'amministrazione del grande
98. più innanzi: Al. più là; ma que- Ospedale della Scala anche l'ospizio fon-
sta variante dev'essere nata dall'essere dato da Sapia per i passeggieri. » Era
parso necessario, che non è, aver qui la già morta, quando Pier Pettinagno an-
stessa espressione che si ha nel v. 99, cor viveva (v. 127), e questi morì il 5
(più là sentire). decembre 1289.
V. 100-129. Sapia da Siena. Una di 101-102. in vista: per quel che si ve-
quelle ombre leva in su il mento a guisa deva. - e se ecc. e se mi si volesse
:

d'orbo, e, interrogata da D., gli risponde chiedere in che modo ella si atteggiava,
che fu Sapia, e racconta della feroce sua sì che a me paresse ch'ella aspettasse,
invidia. Fu essa una gentildonna di Sie- rispondo che teneva levato il mento
na, zia paterna di Provenzan Sa] vani in su, come sogliono fare i ciechi che
(A. Zenatti, Lect. J>., p. 37) e moglie attendono. « La maniera d' esprimersi
di Ghinibaldo Saracini, signore di Ca- per supposta interrogazione o contradi-
stiglioncello presso Montereggioni (Inf. zione è cosa usuale nell'antico volgare,
XXXI, 41) « Audivi, quod ista ma-
; col rispondo sia espresso, sia (e forse più
ledicta mulier erat ita infuriata mente, spesso, come qui)sottinteso.» Cosìil J5ar-
quod conceperat et prsedixerat se prae- bi, Bull.XVIII, 16-17 dov' egli adduce
cipitaturam desperanter de fenestra, si numerosi esempi di tale costrutto, che
Senenses fuissent illa vice victores » ;
fu davvero molto usuale.
Benv. Aquarone, D. in Siena, 127 sg. : 103. dome: domi, mortifichi, per pur-
« Meno forse che negli astii partigiani, garti e farti degno di salire al cielo.
pare fosse una buona donna, e unita- 105. conto: cognito, noto.
mente al marito Ghinibaldo Saracini 107-108. rimondo ecc.: mi purifico delle
[GIRONE SECONDO] PURG. XIII. 108-123 [SAPIA DA SIENA] 441

lagrimando a colui, che sé ne presti.


109 Savia non fui, avvegna che Sapìa
fossi chiamata, e fui degli altrui danni
più lieta assai che di ventura mia.
112 E perchè tu non credi eh' io t' inganni,
odi se fui, coni' io ti dico, folle,
già discendendo Parco de' miei anni.
115 Eran li cittadin miei presso a Colle
in campo giunti co' loro avversari,
e io pregava Dio di quel ch'ei volle.
118 Rotti fur quivi, e volti negli amari
passi di fuga; e veggendo la caccia,
letizia presi a tutte altre dispari ;

121 tanto eh' io volsi in su l' ardita faccia,


ì gridando a Dio Ornai più non ti temo
:
i
!

come fé' il merlo per poca bonaccia.

mie colpe, pregando con lagrime Iddio non fece Firenze a quella di Montaperti,
che ne conceda la sna visione che è la ; e lasciarvi tutto loro arnese. Per la
il

somma beatudine. - se « per eos [actus


: qual cosa, poco tempo appresso, i Fio-
humanos] ordinatur homo ad perfectam rentini rimisono in Siena i Guelfi usciti
Dei cognitionem, in qua set erna beatitudo e cacciarne i Ghibellini» G. Vili. VII, ;

consistit»; Thom. Aq., Sum. theol. I, 1, 4. 31. Cfr. Bass. 317 sg.
109-110. avvegna ecc. quantunque
: il 116. giunti alle prese, -avversari Fio-
: :

mio nome (dal lat. sapere) sonasse Savia. rentini.


Tom. - Nomina (dicevasi e spesso erede- 117. pregava Dio: « Quando i Sanesi
vasi, ma spesso anche si studiava di ri- erano sopra Colle, e li Fiorentini loro
levare più o meno ingegnosamente la nimici erano loro a petto, e le novelle
cosa per puro ornamento retorico o gioco si continuavano, che le dette parti com-
di spirito) Nomina gunt consequentia re- batterebbono ella per vedere salì in una
;

rum. Cfr. Parodi, Bull., XXIII, 57-60. torre {del suo castello, cfr. n. 100-129], e
112. credi creda. - t' inganni esage-
: : dice che pregò Iddio che i Sanesi fos-
rando la cosa col dirti che io fui invi- sero sconfìtti; la qual cosa Iddio volle,
diosa a segno da rallegrarmi piti del poi eh' elli la permise » Ott.
male altrui che del mio bene. 119. la caccia: l'inseguimento.
114. già discendendo ecc. avendo io: 120. dispari perchè maggiore; ne «ro-
:
\

già oltrepassato da un pezzo il mezzo vai una gioia di cui non sentii mai
della vita, cioèi 35 anni (Inf. I, 1. Conv. 1' uguale.

TV, 23). In realtà, quando avvenne la 121-122. volsi ecc. Nella gioia di ve-
battaglia di- Colle, Sapia era presso la dere sconfitti i miei concittadini - e fra
sessantina (A. Zenatti, Lect. D., 37). essi era anche il nipote suo Provenzano
115. Colle borgo della Toscana, su di
: - guardai arditamente verso il cielo
una collina in Valdelsa. Ivi i Fiorentini gridando: «Fa' ora, o Dio, di me quanto
disfecero 1' 11 giugno del 1269 i Sanesi vuoi non temo più la tua ira i miei
: ;

e gli altri Ghibellini, guidati da Pro- voti sono pieni e muoio contenta » !

venzan Salvani (cfr. Purg. XI, 109 sgg.) 123. come fé' Al. fa. - il merlo « que-
: :

e da Guido Novello. « E furo morti in sto è uno uccello che teme molto lo
questa battaglia più di mille Senesi, e freddo e mal tempo, e quando è mal
presi 1500»; Murai., Script. XV, 36.- tempo, sta appiattato e come ritorna lo
;

« Onde la città di Siena, a comparazione bono tempo, esce fuora e par che faccia
del suo popolo, ricevette maggiore danno beffo di tutti li altri, come si finge che
de' suoi cittadini in questa sconfìtta, che dicesse ne la faula di lui composta : Non
442 [GIRONE SECONDO] PURO. XIII. 124-136 [CONFESSIONE DI D^

124 con Dio in su lo stremo


PftCe volli
dellamia vita; ed ancor non sarebbe
lo mio dover per penitenza scemo,
127 se ciò non fosse, che a memoria m'ebbe
Pier Pettinaio in sue sante orazioni,
a cui di me per caritate increbbe*
130 Ma tu chi se', che nostre condizioni
vai dimandando, e porti gli occhi sciolti,
sì coni io credo, e spirando ragioni? »
7

133 « Gli occhi » diss' io « mi fieno ancor qui tolti,


ma picciol tempo ; che poca è l'offesa
fatta per esser con invidia volti.
136 Troppa è più la paura ond' è sospesa
ti temo, Domine, che uscito son dal me mala mercatantia. Quando vedeva '

Terno»; JButi. Ed era ed è leggenda andare veruno colla famiglia de' Ret-
diffusa che così dicesse il merlo in una tori alla giustizia, s' inginocchiava et di-
giornata bella d'inverno (poca bonac- ceva: Iddio, laudato sia tu, che m'hai
'

cia) illudendosi che fosse già primavera. guardato da questo pericolo. Et per que- '

Cfr. Sacchetti, Nov. 149. sti così fatti modi et simiglianti, i Sanesi,
125-126. non sarebbe ecc. : non sarebbe che sono gente molto maravigliosa, di-
ancora, per mezzo della penitenza in ceano eh' egli fu santo, e per santo il
questo girone del Purg., scemato il mio riputorono et adorarono » .

debito verso Dio, ma sarei nell'Anti- V. 130-138. Confessione di Dante,


purg. per avere aspettato a pentirmi in Alla domanda di Sapia chi egli sia, D.
fin di vita, se, ecc. umilmente risponde: « Sono un pecca-
127. se ciò ecc.se non mi avessero
: tore, e anch' io dovrò a suo tempo pur-
giovato preghiere di un sant'uomo;
le garmi qui ma non a lungo, perchè ho
;

cfr. Purg. TV, 133. peccato poco d'invidia. Assai più ho


128. Pier Pettinaio: o Pettinagno da ragione di temere la pena del 1° girone,
Campi, castello del Chianti, venne sin avendo peccato molto di superbia; tanto,
da fanciullo a Siena e vi mise su bot- che già sento sul dorso il grave peso
tega di pettini, onde il suo soprannome. che ogni anima di superbo è ivi con-
Fu terziario francescano. Mori il 5 di- dannata a portare. »
cembre 1289 in odore di santità. I Se- 131. sciolti non cuciti. Sapia così ar-
:

nesi lo fecero tumulare in un sepolcro gomenta dalle parole di D., v. 85-93,


eretto a pubbliche spese in S. France- non può supporre dette
103-105, che ella
sco, e nel 1328 istituirono un' annua da un compagno di sua pena.
festa in onor suo; cfr. Tommasi, Sto7\ 132. spirando l'udito è bastato a Sa-
:

di Siena, II, 238. L'An. Fior, racconta: pia per capire che D. respira, parlando,
« Pietro Pettignano fece in Caraollia di com'è proprio dei vivi.
Siena una bottega di pettini, et elli fu 133. mi fieno.... tolti: con V orribile
cittadino sanese, et dicesi ch'egli an- costura mi sarà tolto 1' uso degli occhi.
dava a Pisa a comperare pettini, et com- 135. fatta ecc. l'offesa da me fatta a
:

peravagli a dozzina poi che gli avea


;
Dio guardando con occhi invidiosi.
comperati, egli se ne venia con questi 136-138. Troppa « Questo Dante per:

pettini in sul ponte vecchio di Pisa, et lo suo savere fu alquanto presuntuoso


sceglieva i pettini, et se niuno ve n'a- e schifo e isdegnoso, e quasi a guisa di
vea che fosse fesso e non buono, elli il filosofo mal grazioso non ben sapea con-
gettava in Arno. Fugli detto più volte : versare co' laici »; G. Vili., IX, 136. Di
'
Perchè il pettine sia fesso e non così superbia accusano il P. anche Bocc. e
buono, egli pur vale qualche denaro : altri biografi.
vendilo per fesso Piero rispondea
!
'
Io :
'
V. 139-154. Ultime parole di Sapia,
non voglio che niuna persona abbia da Accertata che D. è tuttofa vivo, Sapia
[GIRONE SECONDO] PURG. XIII. 137-153 [SAPIA DA SIENA] 443

1' anima mia del tormento di sotto,


che già lo incarco di laggiù mi pesa. »
139 Ed ella a me « Chi t' ha dunque condotto
:

quassù tra noi se giù ritornar credi 1 »


,

E io « Costui eh' è meco, e non fa motto.


:

14-J E vivo sono ; e però mi richiedi,


spirito eletto, se tu vuo' ch'i' mova
di là per te ancor li mortai piedi. »
145 « Oh, questa è a udir sì cosà nuova »
rispuose, « che gran segno è che Dio V ami;
però col prego tuo talor mi giova.
148 E cheggioti per quel che tu più brami,
se mai calchi la terra di Toscana,
che a' miei propinqui tu ben mi rinfami.
151 Tu li vedrai tra quella gente vana
che spera in Tal amone, e perderàgli
più di speranza che a trovar la Diana;

lo prega di rimetterla in buona fama vani. - mi rinfami mi rimetta in buona


:

presso i suoi parenti, dicendo loro di fama. « Sciebat ista domina infamiam
averla trovata in luogo di salvazione remansisse de se in patria de odio magno
(cfr. Purg. Ili, 117); e soggiunge, con- quod gesserat contra cives suos »; Benv.
chiudendo, che i suoi parenti apparten- 152. Talamone :castello e porto sulla
gono alla vana cittadinanza sanese (cfr. costa meridionale della Toscana presso
Inf. XXIX, 121 sgg.), che spera nel pos- Orbetello. I Sanesi lo comprarono nel 1303
sesso di Talamone, e vi perderà più di « dall'Abate di San Salvatore (del Mon-
speranza che non n' abbia perduto nel tamiata) e costò fiorini otto mila d' oro,
cercare l'acqua della Diana. e possedevanlo i Conti di Santa Fiore,
140. giù nel 1° balzo, avendo il P.
: e per loro lo tenevano » Murat., Script.
;

detto di temere la pena dei superbi. XV, 44 cfr. Cron. Sanesi ed. Maconi I,
;

141. Costui ecc. V., che è qui meco,


: 60. Scrive YOtt. (fiorentino e contempo-
ma tace. raneo di D.) « Questo è uno porto di
:

143-144. eletto: a salire quando che mare, sopra lo quale ò uno castello,
sia alle beate genti cfr. Inf. I, 118 sgg.
; nome Talamone, il quale è in Maremma,
Purg. I, 6. - mova ecc. io faccia qual- : e per l'aere inferma più volte è abban-
che passo in tuo servigio di là, cioè nel donato dagli abitanti. È il castello ru-
mondo dei viventi. vinato a parte a parte e perocché il
;

145-146. questa ecc.: che un vivo vada porto è profondo e sarebbe di grande
per i regni della morta gente, è cosa utile, se fosse abitato da genti, li Sanesi
tanto inaudita che, dimostra essere tu v' hanno consumato molta moneta in ri-
particolarmente amato da Dio e goder farlo più volte e mettervi abitanti poco
:

della sua grazia. giova, però che aere inferma non vi la-
147. però ecc. perciò, ossia poiché tu
: scia nmltiplicare gente. » - perderàgli :

sei sì nella grazia di Dio (Purg. IV, 133 vi perderà; cfr. Inf. XXIII, 54.
sg.), pregalo tu stesso qualche volta 153. Diana: fiume sotterraneo che si
per me. credeva scorresse sotto la città e terri-
148. quel ecc. : la tua salute eterna. torio di Siena, e a cercare il quale i comm.
149. se mai se mai tocchi la To-
ecc. : ant. dicono che si fecero spese tanto gran-
scana. Sapia conosce soltanto che Dante di, quanto inutili. In realtà abbiamo an-
è ancor vivo e di terra latina, v. 92 sg.; che qui un frizzo fiorentino. Siena, po-
che sia Fiorentino, l' ignora. vera d'acqua, cercava di raccogliere e
150. propinqui parenti, e specie i Sai-
: regolare quante più sorgenti si trova-
444 [GIR. SECONDO] PURG. XIII. 154 - XIV. 1-6 [DUE SPIRITI]

154 ma più vi pèrderanno gli ammiragli. »

vano : violili se no facevano beffe,


e i direttori dei lavori del porto, che mori-
coiiif se Senesi avessero speranza di
i rono a Talamone per l'aria cattiva.
trovale cosa Impossibile; ofr. Aquaro- L' A qua ro ae. 1. e. crede che ammiragli
ne, D. in Siena, 68 sgg. Rondoni, Trad. sia detto in senso proprio; ma soggiun-
popol., 49 sg. Base. 307 sg. ge che ad ammiragli né a flotta di
154. vi perderanno: del loro, vi scapi- guerra per Talamone pensarono mai i

teranno. Al.: vi métteranno, -ammira- Sanesi, che il porto desideravano a solo


gli «isti, quos vocal blc admiralios, ut scopo di commercio. Bensì intenzioni sif-
andivi a qnodam senensi vivo, magno fatte poterono motteggiando attribuir
autoristaet >antista, erant quidam, qui
1 loro i Fiorentini. La frecciata dunque
volentes Inerari conducebant a communi agli ammiragli, pur in bocca a una gen-
tot canna8 vel pertioas ad cavandum prò tildonna sanese, sarebbe eco di fri /zi
certo pretio; quorum aliqui consumti fiorentini il che, del resto, non stona
;

sun » lìenv. Che per ammiragli D. in-


1 ; sulle labbra di Sapia; la quale, pur nel
tenda appaltatori o impresari, è pure Purg., non è troppo benevola a' suoi
opinione di altri comm. antichi. Ma i concittadini: qualcosa le resta ancora
più prendono ammiragli nel senso pro- della antica malignità, e per quelli
prio di comandanti d'armata navale ',
'
sente tuttavia, si direbbe, un pochino
intendendo o di uomini che speravano d' astio.La sua purificazione non è
di diventare ammiragli, o di capitani e peranche compiuta.

CANTO DECIMOQUARTO

GIRONE SECONDO : INVIDIA

GUIDO DEL DUCA E RINIERI DA CALBOLI


LA ROMAGNA DEL MCCC, ESEMPI D' INVIDIA PUNITA

« Chi è costui che il nostro monte cerchia,


prima che morte abbia dato il volo,
gli

e apre gli occhi a sua voglia e coperchia? »


« Non so chi sia ; ma so eh' e' non è solo :

domandai tu che più gli t' avvicini,


e dolcemente, sì che parli, acco'lo. »

V. 1-9. Colloquio di due spiriti di 3. apre.... e coperchia: apre e chiude


Romagna. Uno spirito, che ha udito gli occhi, come hanno udito
dire da D.
con maraviglia essere vivo (Purg. XIII, stesso (Purg. XIII, 133) ed è naturale
;

142) colui che ha parlato a Sapia, chiede che rilevino la cosa essi che sono puniti
al vicino chi questo vivo sia, e il vicino con l' orribile costura (Purg. XIII, 83)

gli risponde di chieder ciò al vivo stesso, delle palpebre.


giacché egli non lo sa. 4. solo: cfr. Purg. XIII, 141.
1. cerchia: gira; cfr. Purg. II, 4; XXII, 93. 5. gli t'avvicini: gli sei vicino.
2. dato il volo: sciogliendo l'anima 6. acco'lo:per accoglilo; cfr. Zn/.XVIII,
dai legami del corpo; ofr. Conv. IV, 28. 18 ; Parodi, Bull. Ili, 115. Fagli cortese
[GIRONE SECONDO] PURG. XIV. 7-21 [DUE SPIRITI] 445

Così due spirti, 1' uno all' altro chini,


ragionavan di me
a man dritta
ivi )

poi fèr li visi, per dirmi, supini 5


10 e disse l' uno : « anima che fìtta
nel corpo ancora invèr lo ciel ten vai,
per carità, ne consola e ne ditta
13 onde vieni e chi sei che tu ne fai ;

tanto maravigliar della tua grazia,


quanto vuol cosa che non fu più mai. »
1C E io « Per mezza Toscana si spazia
:

un fìumicel che nasce in Falterona,


e cento miglia di corso noi sazia.
19 Di sovr' esso rech' io questa persona :

dirvi ch'io sia, saria parlare indarno,


che il nome mio ancor molto non suona. »
accoglienza, sì ch'egli s'induca a parlare rona che nasce il fiume del Tevere che
e a soddisfare la nostra curiosità (vv.l- 3). va a Roma e questo fiume d'Arno corre
;

Così più. Al. lessero a colo (lez. nata


i : quasi per lo mezzo di Toscana, scen-
dal non aver in accolo sentito 1' acco' = dendo per le montagne della Vernia, ove
accogli e dall'essere scritta scempiala il beato santo Francesco fece sua peni-

e), e per via di ragionamenti strani su tenzia e romitaggio, e poi passa per la
colo = colon, segno di punteggiatura do- contrada di Casentino presso a Bibbiena
ve un senso finisce, spiegarono a per- '
e a pie di Poppi, e poi si rivolge verso le-
fezione o altrimenti.
'
vante vegnendo presso alla città d'Arez-
9. fèr ecc.: per parlarmi alzarono i visi, zo a tre miglia, e poi corre per lo nostro
come già Sapia, Purg. XIII, 102. Yaldarno di sopra, scendendo per lo no-
V.10-2Ì. Domanda e risposta. L'uno stro piano, e quasi passa per lo mezzo
dei due, Guido del Duca (v. 81), si ri- della nostra città di Firenze. E poi uscito
volge a D., pregandolo per carità di ' '
per corso del nostro piano, passa tra Mon-
dir loro onde venga e chi egli sia. D. ri- telupo e Capraia presso a Empoli per la
sponde alla la domanda, che viene dalla contrada di Greti e di Valdarno di sotto
valle dell'Arno, ma designa questo con a pie di Fucecchio, e poi per lo contado
una circonlocuzione, che Guido, per al- di Lucca e di Pisa, raccogliendo in sé
tro,comprende. Alla 2 a risponde umil- molti fiumi, passando poi quasi per mez-
mente essere inutile eh' egli si nomini, zo la città di Pisa ove assai è grosso, sic-
perchè il suo nome è ancora poco cono- ché porta galee e grossi legni e presso ;

sciuto. di Pisa a cinque miglia mette in mare,


10. fitta: piantata, chiusa; Purg. II, 89. e '1 suo corso è di spazio di miglia cen-
12. ne ditta: ne di'. Dittare per dire toventi » ; G. Vili. I, 43.
usò anche il Petrarca, Canz. XII (28) 6. 17. fìumicel: chiama così l'Arno per-
13-15. tu ne fai ecc.: della grazia, a te chè D. pensa al suo principio, dov' è un
concessa da Dio, di andar vivo per il fiumicello. - Falterona uno dei più alti
:

regno de' morti, tu ci fai maravigliare gioghi dell'Appennino toscano, tra la


tanto, quanto fa di necessità maravi- Toscana e la Romagna, alle cui falde na-
gliare cosa che prima non accadde mai ;
sce l'Arno; Oonv. IV, 11. Pass., 66 sgg.
cfr. Purg. Vili, 65 sg. XIII, 145 sgg. ;
18. noi sazia non gli bastano; il sing.
:

16. si distende e dilata, « pe-


spazia : si sazia concorda con corso anziché con
rocché non va a dritta linea»; Ott. - cento miglia.
« Questa provincia di Toscana ha più. 19. Di sovr' esso da un luogo posto in
:

fiumi: intra gli altri reale e maggiore riva ad esso fiume.


si è il nostro fiume d'Arno il quale nasce 21. molto non suona nel 1300 D. era :

di quella medesima montagna di Falte- noto solo come poeta lirico: ancor al-
446 [GIRONE SECONDO] PUBG. XIV. 22-35 [CORSO DELL' ARNO]

22 « Se ben lo intendimento tuo accarno


con lo intelletto » allora mi rispuose
quei che diceva pria, « tu parli d' Arno. »
25 E l'altro disse a lui : « Perchè nascose
questi il vocabol di quella riviera,
pur coni' uom fa dell'orribili cose? »
28 E l'ombra che di ciò domandata era,
si sdebitò così « Non so ma degno : ;

ben è che il nome di tal valle péra ;

31 che dal principio suo, ov' è sì pregno


l'alpestro monte ond'è tronco Peloro,
che in pochi luoghi passa oltra quel segno,
34 infìn là ve si rende per ristoro
'

di quel che il ciel della marina asciuga,

lude copertamente alla fama posteriore. 31. dal principio ecc.: dalla sorgente
« Nam neque adhuc Vario videor nec di- dell'Arno alla sua foce, -pregno: pan-
cere Cinna Digna, sed argutoa inter stre- ciuto, quindi alto. Tale crediamo il senso
pere anserolores »; Virg.,Eclog. IX, 35 sg. di pregno ', ancorché, inesattezza per-
'

V. 25-54. Il corso dell'Amo. Einieri donabile, non siano pochi i punti del-
' '

da Calboli (lo spirito che parlava con l'Appennino più alti della Falterona. Gli
Guido del Buca) si maraviglia che D. altri significati di grosso in quanto nodo

abbia indicato l'Arno con una perifrasi, orografico ', o ricco di acque ci paiono
' '

quasi cosa orribile che ripugni nominare, non eoo sentiti dalla frase passa oltre '

e ne chiede ragione al compagno. Guido quel segno', che è veramente appropria-


risponde che egli non sa quale ragione ta, solo se si parli d' altezza. E le spor-
abbia a ciò indotto D., ma che il nome genze nella linea di vetta di una catena,
di quella valle è veramente degno di pe- son come pancie; sicché si capisce la me-
rire,essendo essa popolata di genti aliene tafora usata dal P. Né va taciuto che in
da ogni virtù, le quali egli designa con Lucan., Phars. II, 397 sg. D. leggeva di
nomi ed immagini che danno la caratte- una vetta dell' apennino che « nullo a ver-
ristica di ciascuna. tice altius intamuit »; e dall' intumescer
|

26. vocabol ecc. : nome; cfr. Purg. V, di Lue. al pregno di D. è breve il passo.
97; Par. Vili, 11. 32. monte: l'Appennino, dal quale è
27. pur: proprio. - uom fa: si fa. - tronco, cioè staccato Peloro, capo Earo,
dell' orribili cose « nam res inhonestae
: in Sicilia di fronte alla Calabria. Geo-
et infames solent velari sub alia forma logicamente i monti della Sicilia sono
verborum » ; Benv. una continuazione dell' Appennino. D.
29. si sdebitò : pagò il debito della ri- si esprime conforme la tradizione che
sposta. - Non so : perchè questo vivente anticamente la Sicilia fosse congiunta
abbia voluto tacere il nome della riviera. coli' Italia. « Haec loca vi quondam et
30. pera perisca. « Memoria illius pe-
: vasta convulsa ruina.... Dissiluisse fe-
reto de terra, et non celebretur nomen runt, cum protinus utraque tellus Una
eius in plateis » Job XVIII, 17. - « Pe-
; foret; venit medio vi pontus et undis
riitmemoria eorum cum sonitu » Psal. ; Hesperium Siculo latus abscidit arva-
IX, 7. - « Vultus Domini super facientes que et urbes Litore diductas angusto in-
mala, ut perdat de terra memoriam eo- terluit sestu» ;Yirg., Aen. Ili, 411 sgg. -
rum » ibid. XXXIII, 17. - « Questa forte
; « Et postquam gemino tellus elisa prò*
espressione non si dee già prendere quasi fundo est, Estremi colles Siculo cessere
che desideri D. la ruina della patria; ma Peloro»; Lucan., Phars. II, 437 sg.
bensì come un lampo di eloquenza de- 34-36. si rende ecc. « il P. espone in
:

mostenica diretto a far uscire la neghit- questa terzina la magnifica teoria, o me-
tosa dal fango » Gioberti. ; glio lo stupendo fatto, che il cielo, median-
[GIRONE SECONDO] Purg. xiv. 36-49 [corso dell'arno] 447

ond hanno 7
i fiumi ciò che va con loro,
37 virtù così per nimica fuga si

da tutti, come biscia, o per sventura


del loco, o per mal uso che li fruga ;

40 ond' hanno sì mutata lor natura


gli abitator della misera valle,
che par che Circe li avesse in pastura.
43 Tra brutti porci, più degni di galle
che d' altro cibo fatto in uman uso,
dirizza prima suo povero calle.
46 Botoli trova poi, venendo giuso,
ringhiosi più che non chiede lor possa,
e da lor disdegnosa torce il muso.
40 Vassi caggendo ; e quanto ella più ingrossa,

che ci comparte specialmente


te il calore ex facie dea sseva potentibus herbis In-
evaporare le acque dei mari
col sole, fa ;
duerat Circe in vultus ac terga fera-
i vapori acquei ricadono in pioggia, le rum » Virg., Aen. VII, 19 sg. Così gli
;

pioggie alimentano i numi, o porgono abitanti della valle dell'Arno paiono mu-
loro l'acqua, la quale è ciò che va con tati in bestie.
essi e questi infine la rendono al mare
;
43. Tra brutti ecc. 1' Arno volge dap- :

per ristoro delle perdite fatte da lui con prima il suo corso tra gli abitanti del-

la evaporazione » Antonelli. ;
l' alto Casentino, finché, tra Porciano e

fuga anziché è messa in fuga


37. si :
'
'
Romena, la sua valle va dilatandosi in
intendono è sfuggita il Parodi {Bull.
.' '
un dolce pendìo. - porci gli abitatori :

ni, 152 e XXIII, Barbi (Bull.


44), il del Casentino in genere, e forse, più spe-
XXV, 62), il Torraca (Commento) e il cialmente i conti Guidi da Romena, de-
Casini (Lect. D., p. 9) e i primi tre ; nominati di Porciano (cfr. Inf. XXX,
' '

provano con ottimi esempi che in antico 76 sg.), «forte castello quest' ultimo ai
4
fugare ebbe in Tose, e fuori anche il
'
piedi della Falterona, il quale col suo
senso di sfuggire '. Il Barbi nota altresì
'
nome di un fondo gentilizio romano ha,
che « le serpi per naturale orrore si fug- forse, suggerito al poeta l'imagine dei
gono più che si caccino in fuga ». que- A porci » Casini. Gli antichi comm. ve-
;

sta interpretazione ci atteniamo noi pure, dono in porci un' allusione alla lussuria
anche per quel che dinanzi alla nimica dei conti Guidi. - galle ghiande. :

biscia -c'è nemica e biscia come qui - 45. povero: di piccolo letto e scarso
D. ricorda che fanno le rane, Inf. IX, 77 di acque.
(fuggono e si dileguano), ed anche per- 46. Botoli «Botoli sono cani picculi da
:

chè in verità si può ben dire che il vizio- abbaiare più che da altro » Buti. I). dà ;

so, mentre si lascia adescare dai facili al- questo nome agli Aretini « perchè hanno
lettamenti dei vizii, rifugge dalla virtù maggiore 1' animo che non si richiede
per la sua austerità e difficoltà, non già alla forza loro et ancora perchè è scol-
;

che la affronti e la scacci. Negli altri pito nel segno loro cane non magno : A
tre luoghi però in cui D. usa fugare, ssepe tenetur aper»; An. Fior.
questo verbo vale scacciare ' '
47. ringhiosi ecc.: ringhiano minac-
38-39. per sventura ecc.: o perchè il ciosi per sembrare forti quanto non sono.
luogo stesso, per mali influssi celesti, 48. disdegnosa: la detta riviera, v. 24,
dispone gli uomini al vizio, o perchè, cioè l'Arno, che « recedit ab Aretio....
contratto l' uso del vizio, da tal uso sono itaquod videtur ad modum indignantis
ora frugati, cioè stimolati a male operare. dicere Nolo ad te venire » Benv.
: ;

42. Circe: la famosa maga che tramu- 49. caggendo cadendo cfr. caggia in
: ;

tava con suoi veleni gli uomini in bruti ; Inf. VI, 67 ecc. caggiono in Inf. VII, ;

cfr. Inf. XXVI, 91. « Quos hominum 14, ecc. (Parodi, Bull. III, 130). -• in-
;
448 [GIRONE SECONDO] PURG. XIV. 50-59 [FULCIERI DA OALBOLl]
I
tanto più trova di can farsi lupi
la maladetta e sveni mata fossa.
52 Discesa poi per più pelaghi cupi,
trova le volpi, sì piene di froda,
che non temono ingegno che Le occupi.
55 Ne lascerò di dir perdi' altri m'oda :

e buon sarà a costui, s' ancor s'aminenta


di ciò che vero spirto mi disnoda.
Io veggio tuo nepote, che diventa
cacciator di quei lupi in su la riva

grossa per i fiumi che man mano ricevo


: bellina, e gli usciti scriveano tutto dì, e
nel Valdarno superiore e fino a Firenze. trattavano con quegli ch'erano loro amici
50. tanto: tanto più. trova, scorrendo rimasi in Firenze, il detto Folcieri fece
in territorio Fiorentino, che gli abitanti subitamente pigliare certi cittadini di
di cani si fanno lupi. E lupi veri sono parte bianca e ghibellini; ciò furono mes-
i Fiorentini « li quali come lupi affamati ser Betto Gherardini, e Masino de' Ca-
intendono, a l'avarizia et all'acquisto per valcanti, e Donato e Tegghiaio, suo fra- :

ogni modo con violenza, rubando o sotto- tello, de' Finiguerra da Sammartino, e
mettendo l' uno 1' altro li loro vicini » ; Nuccio Coderini de' Gali gai, il quale
liuti. «Eleggi ornai, se la fraterna pace era quasi uno mentecatto, e Tignoso
Fa più per te, o '1 star lupa rapace » ;
de' Macci, e a petizione di messer Ma
Canz. O patria, degna ecc. IV, 14-15. sciatto Franzesi, ch'era de' signori della
51. fossa: il letto dell'Arno: qui per terra, vollero esser presi certi caporali
disprezzo il fiume stesso. di casa gli Abati suoi nimici, i quali,
52. per più pelaghi cupi: siamo nel sentendo fuggirò e partirò di Fi-
ciò, si
Valdarno inferiore; e D. può parlare renze, e mai poi non ne furono citta-
di più pelaghi, perchè, come bene os- dini; e uno massaio delle Calze fu de' pre-
serva il Bass., p. 72 sg., dopo Signa, il si. Opponendo loro che trattavano tradi-
corso dell'Arno è incassato e tortuoso mento nella città co 'bianchi usciti, o colpa
(stretto della Pietra Golfolina), e i suoi o non colpa, per martorio gli fece con-
avvolgimenti paiono rompere lo stretto fessare che doveano tradire la terra e
corso del fiume in più punti. dare certe porte a' Bianchi e Ghibellini ;

Pisani. «Li Pisani, li


53. le volpi: i ma il detto Tignoso de' Macci per gra-
quali assomiglia a le volpi per la ma- vezza di carni morì in su la colla. Tutti
lizia;imperò che li Pisani sono astuti, gli altri sopradetti presi gli giudicò, e
e co V astuzia più. che co la forza si ri- fece loro tagliare le teste e tutti quelli
mediano dai loro vicini »; Buti. Cfr. di casa gli Abati condannare per ribelli,
Sforza, D. e i Pisani, 37 sgg. e disfare i loro beni»; Cron., VHI, 59.
54. non temono ecc.: maestre d'in- Cfr. Bel Lungo, Dino Comp. I, 521 sgg.
ganni e di frodi, non temono d'essere 55-57. altri: chi lo riferì a Panieri, chi
prese in trappola da mezzi ingegnosi e a D. e V., chi a D. solo. Poiché Guido
astuti che altri possa adoperare. seguita a rivolgere la parola a Rinieri
V. 55-72. Fulcieri da Calboli. Guido (v. 28 e 58), questi non può essere desi-
predice le atrocità che sta per commet- gnato con altri; restano dunque D. e V.
tere Fulcieri, nipote del suo compagno ;
e, se mai, le altre ombre d' invidiosi vi-
onde questi resta assai addolorato. Di cine. A D. solo allude il costui del v. 50.
Fulcieri, podestà di Milano, di Parma, - s'ammenta: si rammenta, si ricorda.
di Modena, il Vili, racconta « Nel detto
: Il ricordarsi di quanto lo spirito della
anno 1302 (stile fior.) essendo fatto po- verità mi disnoda,cioè mi rivela, e che
destà di Firenze Folcieri da Calvoli di io espongo, gioverà a costui, diminuen-
Itomagna, uomo feroce e crudele, a posta dogli sorpresa e dolore, quando le cose
de' caporali di parte nera, i quali viveano avverranno. Su la prescienza delle anime
in grande gelosia, perchè sentivano molto del Purg. cfr. B'Ov., N. St. I, 328 sgg.
possente in Firenze la parte bianca e ghi- 59. cacciator di quei lupi: persecutore
[GIRONE SECONDO] PURG. XIV. 60-81 [GUIDO DEL DUCA] 449

del fiero fiume, e tutti li sgomenta.


61 Vende la carne loro essendo viva ;

poscia ancide come antica belva


li :

molti di vita, e sé di pregio priva.


M Sanguinoso esce della trista selva;
lasciala tal, che di qui a mill'anni
nello stato primaio non si riusciva. »
G7 Come all'annunzio de dogliosi danni 7

si turba il viso di colui che ascolta,

da qual che parte il periglio l' assanni ;

70 così vid'io l'altr' anima, che volta


stava ad udir, turbarsi e farsi trista,
poi eh' ebbe la parola a sé raccolta.
73 Lo dir dell' una e dell' altra la vista
mi fé' voglioso di saper lor nomi ;

e domanda ne fei con preghi mista ;

7G per che lo spirto che di pria parlòmi,


ricominciò « Tu vuoi eh' io mi deduca :

nel fare a te ciò che tu far non vuo' mi


ma da che Dio in te vuol che traluca
tanta sua grazia, non ti sarò scarso )

però sappi eh' io son Guido del Duca.


de' Fiorentini (lupi, v. 50), come si è 70. l'altr' anima: Kinieri.
visto nella n. 55-72. 72. raccoltaintesa la profezia di Gui-
:

60. fiero fiume: Arno. - sgomenta: at- do e riflettutovi sopra. « Accipe nunc
terrisce. Danaum insidias»; Virg., Aen. II, 65.
61. Tende ecc. : strumento alle feroci V. 73-87. Guido del Duca. All'udire
vendette dei Neri, Fulcieri ebbe da loro, l' infausto vaticinio dell' uno e al vedere

in compenso, la riconferma nell'ufficio il rattristamento dell' altro, D. desidera

di podestà per altri sei mesi. sapere chi siano quei due spiriti, e ne
ancide uccide. « Come fa l'antica
62. : fa loro domanda e insieme preghiera.
bestia, che intra ne la mandra, strossa Colui che ha parlato sin qui, risponde
or l' uno or l'altro dei castroni, così fece ch'egli è Guido del Duca, e confessa
questo messei Fulcieri dei Fiorentini, es- d'esser stato invidiosissimo. Di Guido
sendo già antico » Buti. ; del Duca si hanno scarse notizie: an-
63. sé di pregio priva si rende infame. : che i comra. ant. non ne sanno nulla.
64. Sanguinoso come antica belva do-
: È ricordato in un documento del 12 giu-
po il pasto. - trista selva Firenze. Ful- : gno 1202 per un giuramento di vassal-
cieri lascia il suo ufficio e Firenze colle laggio all'arcivescovo di Kavenna fatto
mani ancora tinte nel sangue cittadino. in castro Brettenorii. Figlio di Giovanni
65. tal : sì disfatta e guasta. Le cru- degli Onesti da Kavenna, lasciò nel 1218
deli persecuzioni di Fulcieri, asservito Brettinoro, dove era andato a star col
ai Neri, resero ancor più difficile la ri- padre, e ritornò col figlio e colla fami-
conciliazione d'essi coi Bianchi. glia a Ravenna. ISTel 1249 era di nuovo
66. non si rinselva non torna nel flo- : a Brettinoro, e visse molt'anni ancora.
rido suo stato primiero. 77-81. mi deduca condiscenda. Cfr.
:

67-69. dogliosi danni fatti dannosi e : Inf. XXXII, 6. Senso: Tu vuoi che io
dolorosi. - da qual che ecc.: da qualunque m' induca a rivelarti il mio nome, men-
parte il pericolo lo addenti, lo colga. tre tu non vuoi dirmi il tuo. Potrei ren-

29. — Div. Comm., 8 a ediz.


450 [GIRONE SECONDO] PUBG. XIV. 82-96 [RINIERI DA CALBOIàj

82 Fu il sangue mio d'invidia sì riarso,


elio se veduto avessi uom farsi lieto,
visto ni' avresti di livore sparso.
85 Di mia semente cotal paglia mieto :

o gente umana, perchè poni il core


là 'v'è mestier di consorto divieto?
88 Questi è Rinier; questi è il pregio e l'onore
della casa da Calboli, ove nullo
fatto s'è reda poi del suo valore.
91 E non pur lo suo sangue è fatto brullo,
tra ilPo e il monte e la marina e il Reno,
del ben richiesto al vero e al trastullo j

94 che dentro a questi termini è ripieno


di venenosi sterpi, sì che tardi
per coltivare ornai verrebber meno.

derti la pariglia, ma avendoti Dio con- 90. reda: erede; cfr. Inf. XXXI, llf
cesso tanta grazia, che, vivo, percorri le - poi ecc. cfr. Purg. VII, 121 sgg.
;

regioni dell'eternità, non voglio esserti V. 91-126. Za Romagna nel 1300.


avaro di risposta. Continuando, Guido deplora che tutt
82. riarso « Putredo ossium, invi-
: la Romagna sia ormai spogliata delh
dia » Prov. XIV, 30. Secondo S. Basi-
; virtù civili e cavalleresche d' un tempo,
lio (Opp. I, 382), l'invidia corrode l'ani- e piena di uomini viziosi. Se non che di
ma come la ruggine il ferro. Hor at., Ep. ricordo de' tempi, degli uomini e de'cc
I, il, 57 sgg. : « Invidus alterius macre- stumi antichi è intenerito sino alle h
scit rebus opiinis Invidia Siculi non
: grime, e perciò licenzia il P.
invenere tyranni Maius tormentum. » 91. sangue famiglia. - brullo
: : spoglie
85. Di mia semente ecc. « Qusb enim : (cfr. Inf. XVI, 30; XXXIV, 60), e il

seminaverit homo, hsec et metet » Gta- ; suo complem. è del ben del v. 93.
lat. VI, 8. Semente è l' invidia paglia ;
92 monte: l'Appennino. Ai tempi di
la pena del Purg. D. la Romagna era limitata a nord dal
86-87. perchè poni ecc.: perchè rivolgi Po, a sud dall'Appennino, a est dal-
i tuoi desiderii ai beni terreni, i quali l'Adriatico, a ovest dal Reno.
di lor natura, se posseduti e goduti da 93. del ben ecc.: delle virtù, delle qm
uno, non possono essere insieme posse- lità buone (ch'ò il senso di bene nel 4
'

seduti e goduti da un altro? È divie- passo analogo, Purg. XXIV, 80), che si
tato nel fruire di essi ogni compagno richiedono per fare sia ciò che soltant
(consorte); cfr. Purg. XV, 44 sg. adorna e rallegra la vita nostra (tale
V. 88-90. Minieri da Calboli. Dopo il senso di trastullo '; e che non sem-
'

di sé Guido presenta il suo compagno. pre questa parola valesse diletto vano '

È Rinieri dei Paolucci da Calboli di è provato da Par. IX, 76), sia ciò ch<
Forlì, nobile famiglia guelfa. Fu uomo forma veramente la vita, vale a dire h
di costumi gentili e valoroso, pregio ed parte seria e strettamente doverosa di
onore della sua casa, le cui virtù, nes- essa. Altri ha voluto spiegare virtù '

suno de' suoi discendenti aveva eredi- cavalleresche e civili o specificare al- '

tate. Kinieri fu podestà di Parma nel trimenti a noi pare che D. usi qui
;

1252 e in altri anni altrove. Nel 1294 un' espressione, quale è nel v. 90 va- '

fu scacciato da Forlì per motivi politici. lore generica e comprensiva più oltre
'
, ;

ISTel 1296 riuscì a rientrare in Forlì, men- specificherà (vv. 109-111).


tre le milizie della città erano all' asse- 94. termini confini della Romagna.
:

dio di un castello de' Calboli stessi ma, ; 95-96. venenosi sterpi: gente di pes-
al ritorno, queste milizie assalirono Ri- simi costumi; cfr. Inf. XIII, 7. - per
meri, che rimase ucciso. coltivare : per mezzo della coltivazione.
[GIRONE SECONDO] Puro. xiv. 97-106 [ROMAGNA] 451

97 Ov'è buon Lizio ed Arrigo Maliardi?


il

Pier Traversaro e Guido di Carpigna?


Oh, Romagnuoli tornati in bastardi !

100 Quando in Bologna un Fabbro si ralligna?


quando in Faenza un Bernardin di Fosco,
verga gentil di picciola gramigna?
103 Non ti maravigliar s'io piango, Tosco,
quando rimembro con Guido da Prata
Ugolin d'Azzo, che vivetter nosco,
106 Federigo Tignoso e sua brigata,

Lizio signore di Valbona ne' mon-


97. : Ghibellinismo in Romagna, valorosissi-
titosco-romagnoli «largo e curiale nomo mo nelle guerre sostenute da Bologna
e di grande cortesia » (Lun.), « cava- contro Modena e Ravenna e avveduto
liere cortese, [che] per fare un desinare e saggio nel reggimento della patria e
in Forlì, mezza la coltre del zendado della parte, sì che alla sua morte acca-
vendè sessanta fiorini » Ott. - « Semel ; duta nel 1259 parve arrestarsi, e si ar-
respondit certi s nuntiantibus ei cum ti- restò di fatto, quel rapido movimento
more, quod quidam suus filius non ita dell'egemonia bolognese su tutta l'Emi-
probus ut debebat, erat mortuus: Non lia»; Casini, Lect. D., 26.
est mihi novum hoc, ex eo quod num- 101. Quando quando mai risorgerà in
:

quam vixit, sed dicatis prò novo quod Faenza un cittadino come Bernardin di
sepultus sit » Petr. Dant. Viveva an-
; Fosco « venuto su con alti e nobili spi-
cora nel 1279. - Arrigo Manardi: o Mai- riti, sebbene di cittadinanza borghese»

nardi, della famiglia dei signori di Bret- (Casini) ? È messere Bernardo da Faen-
tinoro (Bertinoro) « savio, largo e pru- za, uno de' più valenti difensori della
dentissima persona » Juan. - « Cavaliere
; sua città contro Federico II nel 1240 e
pieno di cortesia e d' onore, volentieri podestà di Siena (1249) e di Pisa (1248).
mise tavola, donò robe e cavalli, pregiò 104. Guido da Prata: della terra di
livalentuomini, e sua vita tutta fu data Prata, o Prada, nel Faentino, presso
a larghezza e a bello vivere » Ott. Fu ; Russi, vissuto sulla fine del sec. xu e
intimo di Guido del Duca, morto il quale, ne' primi decenni del xin, amicissimo
« secari fecit lignum ubi cum dicto Gui- di Ugolino d' Azzo entrambi « di basso
:

done consueverat sedere, allegando ibi luogo nati, si trassero a tanta orrevo-
similem non habere » Petr. Dant. ; lezza di vivere, che, abbandonato li luo-
98. Pier Traversaro: fiorì ai tempi di ghi di loro nativitade, conversarono con-
Federigo II imperatore. S' impadronì di tinuo con li predetti nobili » Ott. ;

Ravenna nel 1218 e ne rimase signore 105. Ugolin d'Azzo della famiglia to-
:

sino al 1255, nel quale anno morì. An- scana degli TJbaldini, fiorito nella 2 a
ch' egli fu largo e ospitale. Cfr. v. 107. metà del secolo xn (cfr. Ferraz. V. 396
- Guido di Carpigna: tìglio di Ranieri sg.), oppure V Ugolino che fu console di
de' conti del Miratoio di Carpegna nel Faenza nel 1170 e rappresentante di
Montefeltro, fiorì intorno al mezzo e an- questo comune a Costanza, quando nel
che nella 2 a metà del sec. xm. Morì poco 1183 vi si stipulò la famosa pace, -no-
dopo il 1280. È lodato dai coram. ant. sco : con noi, a' nostri tempi.
per liberalità e altezza d' animo. 106. Federigo Tignoso: probabilm. di
99. tornati in bastardi mutati in ba- : Rimini dove fu fiorente tal casato, o da
stardi, cioè tralignati dalle antiche virtù Longino (cfr. Brigidi, Fed. Tignoso e la
e fatti malvagi e codardi. Per tornati '
'
sua brigata, Rimini, 1854). « Fu da Ri-
= mutati ', cfr. Inf. XIII, 69; Purg.
'
mino, valente uomo; ma sua vita fu in
XXX, 54. Brettinoro il più fuggì la città quanto
;

un Fabbro quando mai rinascerà


100. : potette, siccome nemica dei gentili uo-
in Bologna un Fabbro ? È quel Lamber- mini e quando in lei stette, la sua ta-
;

tazzi, che « stato al governo dei più im- vola fu come bandita » Ott. La sua casa ;

portanti comuni italiani fu capo del « erat domicilium liberalitatis, nulli ho-
452 [GIRONK SECONDO] PURO. XIV. 107-123 [ROMAGNA]

la casa Traversala e gli Anastagi


- e Puna gente e l'altra ò diretata -,
109 donne
le e i cavalier, gli affanni e gli agi
che ne invogliava amore e cortesia,
là dove i cuor son fatti sì malvagi !

112 Brettinoro, che non fuggi via,


poi che gita se n'è la tua famiglia
e molta gente per non esser ria?
115 Ben Bagnacaval, che non rifìglia;
fa
e mal
fa Castrocaro, e peggio Conio,
che di figliar tai conti più s' impiglia.
118 Ben faranno i Pagan, da che il demonio
lor sen gira ma non però che puro ;

giammai ri magna d'essi testimonio.


121 Ugolin de' Fantolin, sicuro
è il nome tuo, da che più non s'aspetta

chi far lo possa, tralignando, oscuro.

nesto clausa; conversabatur lsete cum glia « I Mainardi furono costi signori,
:

omnibus bonis.... Habebàt pulcerrinmm e quella famiglia de' Mainardi che ten-
caput capillorum flavorum ideo per an- ; nono Bertinoro, è spenta e venuta me-
tiphrasim sic d'ictus est » JBenv. ; no » An. Fior. - e molta gente molti
; :

107. la casa ecc. i Traversari e gli


: degli abitanti.
Anastagi furono delle principalissime fa- 115. Bagnacaval Tiberiacum Gabeum,
:

mi glie di Ravenna. « Molti cronisti par- o, come si legge in antichi monumenti


lano dei Traversari che pretendevano di Ravenna, ad Caballos, borgo e ca-
risalire al secolo V, famiglia principe- stello, oggi piccola città, tra Lugo e
sca che sposò sue donne a sovrani mol- : Ravenna, sulla destra del Senio. A' tem-
te storie e novellieri ricordano Pietro, pi di D. n'erano signori i conti Mal vicini.
e diversi poeti provenzali cantano le lo- - non riflglia non mette più. al mondo
:

di d'Imilia, sua moglie; molte storie e figli maschi. Nel 1300 infatti de' Mal vi-
novellieri ricordano infine gli Anastagi cini restavan solo donne, una delle quali,
che appaiono nel sec. xn. Quando Dan- Caterina, era moglie di Guido da Po-
te andò a Ravenna, la famiglia Anastagi lenta, che doveva più tardi accogliere e
era spenta da buon tempo, e di quella onorare D. in Ravenna.
dei Traversari non rimanevano più che 116. Castrocaro: forte castello nella
alcune femmine»; Ricci, Rifugio, 121 sg. valle del Montone. - Conio: Gunio, ca-
108. dìretata: estinta, senza eredi. stello della Romagna presso Imola, oggi
109-110. le donne ecc. abbiamo « in
: distrutto, che ai tempi d B. aveva, come
due versi che saranno poi felicemente Castrocaro, i suoi propri conti, detti i
adattati dall'Ariosto alla proposizione conti da Barbiano.
del Furioso, una felice sintesi del lieto 117. di figliar ecc.: si prende briga di
vivere signorile d'una volta » Torraca. ; mettere al mondo conti sì degeneri.
- affanni: militari, o di guerra. - che Ben faranno non rifiglian-
118-120. :
'

ne ecc. dei quali affanni e agi amore


: do '
Pagan nobile fami-
(cfr. v. 115). - :

e cortesia ci suscitavano il desiderio. glia di Faenza. - demonio: Maghinardo


111. là : nella Romagna. Pagano da Susinana, capo della famiglia
112. Brettinoro: Bertinoro, l'antico (cfr. Inf. XXVII, 50 sg.). -sen gira ecc.:
forum Trutarinorum) piccola città tra
,
morrà; che fu nel 1302. Ma pur non 4

Forlì e Cesena. - fuggi via ti annienti ;


: rifigliando non resterà nominanza buo-
' ,

cfr. Inf. XXV, 10 sgg. na di essi per le colpe del demonio.


113. gita: scomparsa, spenta. - fami- 121-123. Ugolin de' Fantolin da Cer- :
[GIRONE SECONDO] PURG. XIV. 124-140 [ES. D INVID. PUNITA] 453
?

124 Ma va' via, Tosco, ornai; ch'or mi diletta


troppo di pianger più che di parlare :

sì m' ha nostra ragion la mente stretta ! »


127 Noi sapavam che quell'anime care
ci sentivano andar; però, tacendo,

facevan noi del cammin confidare.


130 Poi fummo fatti soli procedendo,
folgore parve quando l'aere fende,
voce che giunse di contra, dicendo :

133 « Anciderammi qualunque m' apprende » ;

e fuggìo come tuon che si dilegua,


se subito la nuvola scoscende.
136 Come da lei 1' udir nostro ebbe triegua,
ed ecco l'altra con sì gran fracasso,
che somigliò tonar che tosto segua :

139 « Io sono Aglauro che divenni sasso » !


;

e allor, per istrignermi al poeta,

frignano, in quel di Faenza, uomo se- amorevoli tanto, quanto furono invidiose
gnalato per bontà e prudenza e valore ; in prima vita, ne li avvertirebbero.
morì nel 1278, lasciando due figli ma- 130. Poi ecc.: Poiché avemmo oltre-
schi, Fantolino e Tano ma, morti que- ; passato la fila delle anime.
sti assai presto, nel 1286 non restavano 131. parve: risonò di contro a noi una
che due figliuole: sicché ben si com- voce forte come scoppio di fulmine.
prende l'asserzione di Guido del Duca. «Qualiter expressum ventis pernubila
124-125. mi diletta ecc. mi piace più : fulmen iEtheris impulsi sonitu, mundi-
piangere che parlare. que fragore Emicuit, rupitque diem » ;
126. nostra ragion: il nostro ragiona- Lucan., Phars. I, 151 sgg.
mento ; cfr. Inf. XI, 33, 68 ; cfr. Moore, 133. Anciderammi ecc.: «mi ucciderà
Crit., 390 sg. - stretta di dolore. « Atque
: chiunque mi troverà »; parole di Caino a
animum patrise strinxit pietatis imago »; Dio, Gen. IV, 14. - m'apprende mi coglie. :

Virg., Aen. IX, 294. 134-135. come tuon che si dilegua ecc.:
V. 127-151. Esempi d'invidia pu- rapidamente come suono forte e secco
nita. Licenziati da Guido del Duca D. di tuono che squarci (scosceìida) d' im-
e V. continuano taciti il loro cammino. provviso la nube cfr. Par., XXIII, 99
;

Così andando, odono per l'aria voci di e la n. a Inf. XXIV, 145-50, dov'è spie-
spiriti invisibili, che gridano esempi gato il tuono secondo le antiche teorie.
d'invidia punita. Primo è quel di Caino, 136. da lei ecc. la voce non s'udì più.
:

che, mosso da invidia (cfr. I Ep. di S. 138. segua: subito succeda a tuono
Giov. Ili, 12), uccise Abele secondo ; precedente.
quel di Aglauro, che, invidiosa della so- 139. Aglauro figlia di Cecrope, re
:

rella Erse, amata da Mercurio, fu per- d'Atene invidiando la sorella Erse, che
;

ciò dal dio convertita in sasso. Com- era amata da Mercurio, si oppose ai pia-
preso di spavento all'udir tali voci, D. ceri del Nume, il quale la punì conver-
si ristringe al maestro, il quale gli spie- tendola in sasso cfr. Ovid., Met. II,
;

ga la ragione e lo scopo degli esempi 708-832. «E così era esemplo questa voce
gridati dalle misteriose voci. a D. di fuggire la invidia, pensando lo
127. sapavam: sapevam; cfr. D'Ovidio, danno che ne riceve chi è invidioso, che
Meyer Lilbke, Gramm. stor., § 88. diventa sasso, cioè freddo e duro, privato
128-129. tacendo ecc.: dal silenzio delle d' ogni carità » Buti.
;

anime argomentano d'essere sulla buona 140. e allor ecc.: D. ha paura, non aven-
via : se così non fosse, quel!' anime, ora do ancor udito nel Purg. sì terribili voci.
454 [GIBONE SECONDO] PURG. XIV. 141-151 [ES. D' INVIDIA PUNITA]

in destro feci e non innanzi il passo,


142 (iiàera l'aura d'ogni parte queta;
ed el mi disse: « Quel fu il duro caino
che dovria l'uoiu tener dentro a sua meta.
145 Ma voi prendete Pesca, sì che Paino
dell'antico avversaro a so vi tira ;

e però poco vai freno o richiamo.


148 Chiamavi il cielo e 'ntorno vi si gira,
mostrandovi le sue bellezze eterne,
e l'occhio vostro pur a terra mira;
151 onde vi batte chi tutto discerne. »

141. in destro : perchè V. cammina alla l'omo, si è lo peccato; l'esca sono li beni
destra di D. Ma poiché il P. soggiunge apparenti mondani e non esistenti, coi
il termine negativo non innanzi, e non quali ci tira ad ogni male » Buti. La ;

innanzi più. comunemente equivale a comparazione dell'uomo al pesce preso


indietro, presto i copisti scrissero indie- con l'amo si ha anche, ad altro propo-
tro (parola d'altra parte graficamente si- sito, in Ecclesiastes IX, 12.
mile a in destro) e così leggono anche
; 146. aTversaro diavolo ; cfr. Purg.
: il

codici ottimi. Cfr. Barbi, Bull. XVIII, 17. Vili, 95 XI, 20. I Petr. V, 8.
;

142. Paura d'ogni parte queta: non si 147. freno: esempi di vizii puniti.
udivano più voci. richiamo: esempi di virtù premiate.
143. Quel: gli esempii uditi, -camo: 148. il cielo « ad praemium paratura
:

dal lat. camus, propriamente specie di vobis » Benv.


;

museruola ma qui denota il freno di cui


; 149. bellezze eterne astri cfr. Inf. : ;

in Purg. XIII, 40. « In camo et freno I, 40; XXXIV, 137.


maxillas eorum constringe qui non ap- 150. e Pocchio ecc. nondimeno la vo- :

proximant ad te»; Psal. XXXI, 9. stra mente è rivolta solo alle cose ter-
144. che ecc. gli esempi delle fune-
: rene. « Qua© sursum sunt sapite, non
ste conseguenze dell'invidia dovrebbe- quaa super terram » Coloss., Ili, 2. -
;

ro tener 1' uomo dentro i termini suoi, « Pronaque cum spectent ammalia ce-
sì che non invidiasse il bene altrui. tera terram, Os homini sublime dedit
145. voi : viventi. «Parla l'autore se- coelumque tueri Iussit et erectos ad si
condo figura, dimostrando che li omini dera tollero vultus»; Ovid., Met. I, 84 sg
sono ingannati dal dimonio, come lo pe- Cfr. Conv. Ili, 5 in fine, e anche Purg
scio dal pescatore lo pescatore pone
; XIX, 62 sg. e 118 sg. dove si parla de
l'esca nell'amo e così inganna lo pescio, gli avari.
sicché '1 pilli a; e così fa lo dimonio al- 151. onde ecc. perciò Iddio, che tutto
:

l'omo; l'amo con che lo dimonio pillia conosce, vi punisce.


[GIRONE SECONDO] PUKG. XV. 1-9 [L
7
ORA DEL TEMPO] 455

CANTO DECIMOQUINTO

GIRONE SECONDO: INVIDIA

L'ANGELO DELL'AMOR FRATERNO, SALITA AL TERZO GIRONE

GIRONE TERZO : IRA


(Aggirarsi tra un fumo densissimo, che nulla lascia discernere)

VISIONI DI DOLCI MITEZZE, PENA DEGL'IRACONDI

Quanto tra l'ultimar dell'ora terza


e il principio del dì par della spera
che sempre a guisa di fanciullo scherza,
tanto pareva già invèr la sera
essere al sol del suo corso riniaso :

vespero là, e qui mezza notte era ;


e i raggi ne ferian per mezzo il naso,

perchè per noi girato era sì il monte,


che già dritti andavamo invèr l'occaso,

V. 1-9. Ti' or a del tempo. « Il Poeta 3. scherza: non cessa un istante di


vuole indicaici l' ora corrente a questo muoversi, come il fanciullo che scher-
punto del suo viaggio per mezzo d'un zando è in continuo moto « mutatur in ;

arco di eclittica, la quale è nella spera horas»; Horat., Ars poet., 160.
del sole, sta per la spera medesima, e 4. tanto spazio 45 gradi quanti il sole
: ;

nel movimento uniforme diurno della ne percorre in 3 ore. - pareva appariva. :

sfera stellare muta posizione, rispetto vespero 3 ore prima di sera. - là


6. : :

all' orizzonte e al meridiano di un dato al Purg.; quindi 3 ore avanti giorno a Ge-
luogo, così variamente e continuamente rusalemme, e qui, in Italia, mezzanotte.
da risvegliare l' idea di un fanciullo che 7. e i raggi e avendo noi girato circa
:

stia vivamente scherzando e non trovi la 4 a parte del monte da levante a po-
mai posa. I primi versi dicono dunque : nente Purg. I, 107 III, 16) e man-
(cfr. ;

quanto è 1' arco d' eclittica, che si rende cando tramonto i raggi del sole
3 ore al
parvente tra il principio del dì e l'ul- ci ferivano proprio per mezzo la faccia.
timare dell' ora terza, tanto ornai appa- Y. 10-39. L'angelo dell' amor fra-
riva esser rimasto al sole del suo corso temo. Un nuovo splendore s' aggiunge
verso la sera » Antonelli.
; a quello del sole, e tanta luce abbaglia
2. par: apparisce, si vede; cfr. Inf. D. È, come spiega a D. maravigliato il
XXXIII, 134. - spera: il cielo del sole, maestro, lo splendore dell'angelo che sta
o la sfera contenente l' Eclittica, in un sul principio della salita dal 2° al 3° gi-
luogo della quale trovasi ad ogni mo- rone, e che viene a invitare i P. a sa-
mento il grande astro diurno. lire, poi canta una delle beatitudini.
456 [GIRONE SECONDO] PURG. XV. 10-22 [ANGELO]

10
quand'io senti' a me gravar la fronte
allo splendore ass;ii pia clic di prima,
e stupor m'eran le cose non conte;
13 onci' io levai le mani invér la cima
delle mie ciglia, e fecimi il solecchio,
che del soverchio visibile lima.
16 Come quando dall' acqua o dallo specchio
salta lo raggio all'opposita parte,
salendo su per lo modo parecchio
19 a quel che scende, e tanto si diparte
dal cader della pietra in igual tratta,
sì come mostra esperienza ed arte ;

22 così mi parve da luce rifratta


10-11. grayar la fronte: appesantirsi d'incidenza; e quanto dalla perpendi-
ed essere obbligata a chinarsi la fronte, colare si scosta scendendo, altrettanto
e quindi gli occhi, per lo splendore ecc. se ne scosta salendo, scorso ch'egli abbia
cfr. Purg. XVII, 52 XXX, 70, ecc. -
; un tratto eguale [in igual tratta] vale ;

di prima: prima, per i raggi del sole. a dire, che se il raggio si supponga di-
12. ignote. Nulla sapendo
non conte : scendere dall'altezza, p. e., di un miglio
dell' angelo, il motivo di quel-
ignora e salire altrettanto, le sue estremità sa-
F aumento di luce, e ne stupisce. ranno da una parte e dall' altra egual-
13. levai le inani ecc.: «Opposuitque mente distanti dalla perpendicolare sic-
manum fronti »; Ovid., Met. II, 276. - come dimostra artificiosa esperienza ;

« Ante oculos opposuit manum» Ovid., ; così mi parve etc. » Torelli. V. anche
;

Fast. IV, 178. - Farsi il solecchio vale


J
'
la n. 22. - salta : « Sicut aquse treni illuni
1
pararsi il sole '; e propriamente, come labris ubi lumen aénis Sole repercussum
spiega il Futi, solecchio è piccolo sole; aut radiantis imagine lunae Omnia per-
e la frase significa «fare lo sole, che è volitat late loca iamque sub auras Eri-
splendore grandissimo sì che la vista gitur summique ferit laquearia tecti » ;

non può sostenerlo, piccolo, che la vista Virg., Aen. Vili, 22-25. -parecchio: pari,
lo sostegna ». eguale a quello con cui discende, forman-
15. del soverchio ecc.: toglie un po' del- do l'angolo di riflessione uguale a quello
l'eccessiva luce offerta alla vista, come d' incidenza. Parecchio per pari si usò
la lima toglie via parte del metallo. anticamente anche in prosa. - in igual
16-21. Come ecc. « : A
bene intendere tratta per eguale spazio al raggio inci-
:

questa similitudine si noti primieramen- dente. -arte: la catottrica, che spiega


te che la legge della riflessione della luce gli effetti della refrazione, o meglio ri-
fu stabilita ab antico e dimostrata negli flessione, della luce.
specchi piani, concavi e convessi nella 22. rifratta : riflessa dall' angelo al
Prop. I della Catottrica di Euclide se- ; suolo, e dal suolo a D. Al., fra cui il ci-
condo, che la, perpendicolare fu chiamata tato Torelli: Riflessa da Dio all' angelo,
il cader della pietra da Alberto Magno ; e dall'angelo a D. Veramente si direbbe
che rifratta sta qui [e anche in Par. che ilP. distingua il momento in cui
II, 93] in senso di riflessa, perchè il de- fu abbagliato dalla luce diretta dell' an-
viamento de' raggi della luce fu dagli gelo (v. 10-15) da quello in cui fu colpito
antichi espresso senz' altra distinzione dalla luce riflessa (v. 16-24). Se non che
col verbo greco àvaxXàoo, che significa alcuni credono, p. es. il Torraca, che la
spezzare. Onde il senso è Come quando : similitudine col fenomeno della luce ri--
un raggio di luce dall'acqua o dallo spec- flessa non importi che fosse riflessa an-
chio salta all'opposta parte, torcendosi che la luce giunta agli occhi di D., ma
dal suo cammino, e risalendo con la che questi voglia dir solo che l'impres-
stessa legge con cui discese, facendo cioè sione prodotta sul suo occhio dalla luce
l'angolo di riflessione eguale a quello angelica era simile a quella che produce
[GIRONE SECONDO] PURG. XV. 23-40 [ANGELO] 457

a me esser percosso ;
ivi dinanzi
per che a fuggir la mia vista fu ratta.
25 « Che è quel, dolce padre, a che non posso
schermar lo viso tanto che mi vaglia »
diss' io, « e pare invèr noi esser mosso *? »
28 « Non ti maravigliar se ancor t abbaglia 7

la famiglia del cielo » a me rispuose :

« messo è che viene a invitar eh' uom saglia,


31 Tosto sarà che a veder queste cose
non ti fìa grave, ma fleti diletto,

quanto natura a sentir ti dispuose. »


34 Poi giunti fummo
angel benedetto, all'

con lieta voce disse « Intrate quinci :

ad un scalèo vie men che gli altri eretto ».


37 Noi montavam, già partiti di linci,
e ' Beati misericordes ! '
fue
cantato retro, e ' Godi tu che vinci !
'

40 Lo mio maestro e io soli amendue

da acqua o da spec-
la luce solare riflessa che a quinci e a quindi. Cfr. pure da
chio né, aggiungono, la petraia livida
; quinci, Par. XXXIII, 55. Al. monta- :

era atta a far da riflettore. vamo.... linci. Cfr. per queste forme ar-
24. a fuggir ecc.: gli occhi furono lesti caiche di avv. di luogo Parodi, Bull.
a sottrarsi a quell'abbagliante splen- Ili, 133 e il Vocab.
dore chinandosi o volgendosi dal lato 38 Beati è la quinta beatitudine evan-
:

dal quale stava V. gelica « Beati i misericordiosi perchè


:
;

25-27. Che è ecc.: che luce è questa, di essi troveranno misericordia»; Matt. V,7.
contro alla quale non posso fare alla mia - « Invidia opponitur misericordia) di-
vista schermo bastante ? - pare non ne : recte, secundum contrarietatem princi-
è certo, non avendo potuto tener fermo palis obiecti invidus enim tristatur de
;

lo sguardo, -esser mosso: muoversi. bono proximi; misericors autem tristatur


29. famiglia del cielo: angeli. de malo proximi unde invidi non sunt
;

30. messo ecc. la luce è di un messo


: misericordes, nec e converso » Thom. ;

o angelo, che viene ad invitare che si Aq., Sum. theol. II, n, 36, 3.
salga (uom saglia). 39. cantato : dall' angelo rimasto in-
31-33. Tosto ecc.: come sarai purificato, dietro al suo posto. - Godi « al vincente :

l'aspetto di questi splendori non ti sarà darò a mangiare dell' albero della vita,
più gravoso, anzi ti recherà il maggior che è in mezzo al Paradiso del mio Dio » ;

diletto di cui la tua natura sia capace. Apocal. II, 7. Altri rammentano Bom.
35. lieta « Gaudium erit coram angelis
: XII, 21 « Noli vinci a malo, sed vince
:

Dei super uno peccatore pcenitentiam in bono malum ». Altri Matt. V, 12:
agente » Lue. XV, 10. - quinci per di
; : « Gaudete et exultate, quoniam merces
qui, dove è una gradinata (scalèo) meno vostra copiosa est in coelis. » - vinci sei :

ripida delle altre due che avete salite. vittorioso, e quindi puro dei vizii, che
36. ad un non è un' osservazione del
: rendono l' uomo indegno del godimento
P., che sintatticamente vada congiunta celestiale.
col v. 37, ma dell' angelo, come inte- V. 40-81. Il consorzio del bene.
sero i più dei comm. ant. e mod. Mentre salgono dal 2° al 3° girone, D.
37. linci lat. illinc di lì (cioè dal
: = ripensa a certe parole di Guido del Due»
luogo dove l'angelo ci apparve). Il di, sulla possibile comunanza dei beni, riu-
come qui a linci, si trova preposto an- scitegli oscure, Purg. XIV, 87, e ne
[GIRONE SECONDO] PURO. XV. 41-56 [CONSORZIO DEL BENEj

suro andavamo ; o io pensai, andando,


prode acquistar nelle parole sue;
a e dirizza'mi a lui domandando sì :

Romagna,
« Glie volle dir lo spirto di
e divieto e consorto
'
menzonando?
'
l
'
>>

46 Per ch'egli a me « Di sua maggior magagna :

conosce il danno; e però non s'ammiri,


se ne riprende, perchè men sen piagna.
49 Perchè s'appuntano i vostri disiri
dove per compagnia parte si scema,
invidia move il mantaco a' sospiri.
52 Ma se l' amor della spera suprema
torcesse in suso il disiderio vostro,
non vi sarebbe al petto quella tema ;

55 che per quanti si dice più lì '


nostro ',

tanto possiede più di ben ciascuno,

chiede spiegazione a V. Questi gli espone follar del casso (lat. follis mantice)
'
=
la differenza sostanziale eh' è tra i beni in Purg. XXIV, 72.
materiali e gli spirituali: i primi, se go- 52-54. spera suprema: l'Empireo, ul-
duti dagli uni, restan vietati o scemati tima delle sfere, vera sede dei beni spi-
agli altri, ne' quali destano perciò invi- rituali.Senso Se 1' amore delle cose ce-
:

dia; ma gli spirituali, al contrario, quanti lesti drizzasse i vostri desiderii al cielo,
piti sono i posseditori, tanto più fanno voi non avreste nel cuore la paura che
ricco ognuno di essi. l'altrui partecipazione potesse punto sce-
42.prode dal
: lat. prodesse = giovare, mare il godimento vostro. Cfr. Coloss.

si ricavò prode = utile, e prode si disse III, 1. -torcesse: rivolgesse.


l'interesse del capitale; (cfr. Purg. XXI, 55-56. che, per quanti ecc.: quanto mag-
75). Pensai trarre utile dalle parole di V. giore è il numero di coloro che lassù go-
43. dirizza'mi: m'indirizzai. dono del bene, tanto più ne gode ciascuno
44. spirto di R. : Guido del Duca. in particolare. « Mistieri è che se io vo-
46. vizio; cfr. Inf. XXXIII,
magagna: glio arricchire, che molti ne 'mpoveri-
152. Purg. VI, 110. L'invidia fu il mag- scano, imperò che le cose del mondo
gior vizio di Guido del Duca ; cfr. Purg. non possono avere per tutti: pochi
si
XIV, 82 sgg. sono quelli che l'hanno, e ogni uomo
47-48. il danno: conosce per prova le le vuole.... Ma i beni di Paradiso i quali
dannose conseguenze dell' invidia; onde non {scemano perchè l'altro ne sia ricco
non è maraviglia, se ne fa rimprovero agli - però che bastano e soperchiano etter-
uomini, affinchè si guardino da essa e nalmente e infinitamente - e' non si pos-
meno per tal vizio s'abbia a piangere sono occupare né diminuire per quan-
nel Purg. tunque siano quelli che ne diventano
49-51. Perchè ecc.: pel motivo che i ricchi. E come vedi per esemplo del sole,
vostri desiderii pongono il loro termine che allumina tutti e non manca il lume
(s' appuntano) nei beni terreni, dei quali a nullo per la veduta dell' altro » Fra ;

se più ne godano in compagnia, la parte Giord.,Pred., Ed. Manni, 315. E in Fred.,


godibile a ciascuno diviene minore, l' in- Ed. Narducci, 298 sg. « .... per questa :

vidia vi tormenta e vi fa sospirare, ac- ragione vorrei che ogni uomo avesse
cendendo la vostra cupidità a volere per quelli diletti [spirituali], che quanti più
voi anche quel tanto di bene di cui altri fossero quelli che n'avessero, più diletto
gode o può godere. - maniaco comune : avrei, cioè che avrei diletto di tutto il
in antico per mantice.' Vi fa muover il
'
diletto degli altri.... Tra i Santi di Par.
mantice del petto a sospirare cfr. V af- ;
4
non può esser discordia o tencione nulla,
[GIRONE SECONDO] PUKG. XV. 57-71 [CONSORZIO D. BENE] 459

e più di cari tate arde in quel chiostro. »


58 « Io son d' esser contento più digiuno »
diss'io, «che se mi fossi pria taciuto;
e più di dubbio nella mente aduno.
61 Com ?
esser puote che un ben distributo
i più posseditor faccia più ricchi
di sé, che se da pochi è posseduto'? »
64 Ed elli a me « Però che tu riflcchi
:

la mente pur alle cose terrene,


di vera luce tenebre dispicchi.
67 Quello infinito ed ineffabil bene
che lassù è, così corre ad amore,
come a lucido corpo raggio viene.
7U Tanto si dà, quanto trova d' ardore ;

sì che, quantunque carità si stende,

però che il bene loro è si comune, che, partitionem suscipit diminutionem » ;

abolendolo io, non lo scemo agli altri, Benv. Il Tasso « Che si trovi una tal
:

né gli altri a me, anzi ne cresce quello bellezza che, compartita, invece di sce-
di catuno per lo bene e' hanno tutti e ;
mare, moltiplichi e che possa tutti gli
però genera pace e dà amore di carità uomini render felici, non se ne dee nò
al prossimo. » - Nullo enim modo fìt mi- se ne può dubitare. Tale è la bellezza
nor, accedente seu permanente consorte, delle scienze, che, perchè interamente
poseessio bonitatis imo possessio boni-
;
sia da alcuno goduta, non per questo gli
tatis tanto fìt latior, quanto concordior altri ne restano privi. Tale è più propria-
eam individua sociorum possidet cha- mente Dio, che non è bello, ma V istessa
ritas. Non habebit denique istam pos- bellezza. » Cfr. Conv. Ili, 11; IV, 13.
sessionem qui eam noluerit habere co- 64-65. riflcchi ecc. fissi daccapo. :

munem, et tanto eam reperiet amplio- 66. di vera luce dal mio verace par-
:

rem, quanto amplius ibi poterit amare lare atto a illuminare il tuo intelletto.
consortem» S. Aug., Civ. Dei XV, 15. -
;
- dispicchi cogli come frutto.
:

« Qui ergo livoris peste carere desiderat, 67. bene Dio « il quale è nostra bea-
:

illam hsereditatem diligat, quam cohaere- titudine somma » (Conv. IV, 22), ed è
dum numerus non angustat, quse ©t om- ineffabile, inesprimibile con parole, per-
nibus una est, et singulis tota: quse chè infinito.
tanto largior esse ostenditur, quanto ad 68. corre ecc. :comunica sé stesso all'ani-
hanc percipiendam multitudo dilatatur »; ma che lo ama, come i raggi del sole si co-
S. Greg., Moral. IV, 31. Ciò che dice qui municano che riflettono la luce.
ai corpi
D., eran dunque concetti comuni e dif- 69. raggio: iEraque fulgent Sole la
«
fusi; se non che egli dà loro efficacia cessita et lucem sub nubila iactant » ;

nuova con la forma serrata e immagi- Virg., Aen. VII, 526 sg. - «Arnia rubent
nosa. - lì nella spera suprema.
: una, clypeoque incenditur ignis »; Stat.,
57. chiostro: cfr. Purg. XXVI, 128. Theb. X, 844. - « li sole, discendendo lo
Par. XXV, 127. raggio suo quaggiù, riduce le cose a sua
58. d'esser contento più digiuno ecc.: similitudine di lume quanto esse per loro
sono meno soddisfatto (contento) di pri- disposizione possono dalla virtù lume ri-
ma, sentendomi per la tua risposta, in- cevere. Così dico che Dio questo Amore a
viluppato in un dubbio ancor più forte. sua similitudine riduce, quanto per esso è
60. aduno: accolgo; cfr. Inf. VII, 52. possibile somigliarsi a Lui»; <7onv.III,14.
61. Contesser ecc.: com'è possibile che 70. Tanto: cfr. Par. XIV, 40 sgg.-sidà:
un bene, distribuito tra un maggior nu- si comunica all'anima. -ardore: di carità.
mero di posseditori, li faccia più ricchi di 71. sì che : di modo che Iddio, l' eterno
sé, che se distribuito tra pochi ? « Kes per valore, si comunica tanto più all'ani-
460 [GIRONE SECONDO] TURG. XV. 72-85 [CONSORZIO DEL BINKJ I
cresce sovr' essa l' eterno valore ;

73 e quanta gente più lassù s'intende,


più v'è da bene amare e più vi s'ama,
e come specchio l' imo all' altro rende.
7C E se la mia ragion non ti disfama,
vedrai Beatrice, ed ella pienamente
ti torrà questa e ciascun' altra brama.
79 Procaccia pur che tosto sieno spente,
come son già le due, le cinque piaghe
che
richiudon per esser dolente. »
si
82 Coni' io voleva dicer Tu in' appaghe ', i

vidimi giunto in su 1' altro girone,


che tacer mi fèr le luci vaghe.

85 Ivi mi parve in una visione

ma, quanto più essa è ardente di carità. 78. ti torrà ecc. : contenterà ogni tuo
« La disuguaglianza della gloria nel cielo desideri!) di precise dichiarazioni circa
è qui con filosofica teologia fatta deriva- questa e ogni altra cosa di lassù, dove
re dalla disuguaglianza di carità de' bea- la ragione sola non può tutto vedere e
ti, in proporzione della quale si comparto comprendere.
loro lume di gloria » Gioberti. ;
79. spente cancellate dalla tua fronte.
:

73-75. s'intende: ama; Tom., Andr., ecc. 80. due: superbia ed invidia. - cin-
Altri intesero aspira a quel bene di'
que ira, accidia, avarizia, gola e lussu-
:

lassù o si conosce per mutua rifles-


' '
ria. - piaghe: i F incisigli dall'angelo
sione ecc., perchè non si seppe o non
'
nella fronte; Furg. IX, 112 sgg.
si ricordò che intendersi significò nel
' '
81. si richiudon ecc. si rimarginano :

provenzale e nell' antica lirica nostra per mezzo sì del dolore che, pentito e
'
essere innamorato ', e il senso di sen- '
contrito, l' uomo sente delle proprie col-
tir amore è il solo che si accordi con
'
pe, e sì del dolore che nel Purg. gli dan-
ciò che si dice nel v. sg. - più tì s' ama : no le pene inflitte da Dio.
« li Santi non hanno tra loro invidia pe- : V. 82-93. Maria, primo esempio di
rocché ciascuno aggiunge il fine del suo mansuetudine* Appena arrivato nel
desiderio, il quale desiderio è colla natu- 3° girone, D., rapito in estasi, ha visioni
ra della bontà misurato »; Conv. Ili, 15. di mitezza. «Le salutifere visioni soprag-
- come ecc.: Dio è il sole delle anime (cfr. giungono al P. prima che appaia la gente
Conv. Ili, quali sono tanti spec-
12), le ed il fumo, forse a significare che dobbiam
chi, sui quali cade e dai quali si riflette provvederci contro l'ira innanzi che ci av-
la sua luce. Quanto maggiore è il nu- venga di provar gli effetti di essa» Pe- ;

mero degli specchi, cioè delle anime ar- rez. Il 1° esempio è anche qui Maria, la
denti di carità, tanto più largamente con- quale, avendo trovato il fanciullo Gesù
cederà di sua luce beatifica Iddio che nel tempio di Gerusalemme, dopo averlo
tanto si dà, quanto trova d'ardore (v. 70); cercato tre giorni sempre in gran tra-
e per giunta ogni anima, come specchio, vaglio, non si adira con lui, né gli fa rim-
rifletterà sulle altre il proprio lume. Dun- proveri ma si contenta di dirgli con af-
;

que quanto maggiore è il numero delle fetto materno: «Figlio, perchè ci hai tu
anime che di quello infinito ed ineffabil fatto questo? Ecco che tuo padre ed io,
bene dicono è nostro ', tanto più cia-
'
addolorati, andavamo in cerca di te » ;

scuna (v. 56) ne possiede e ne gode. cfr. Luca II, 41-52.


76-77. ragion: ragionamento. - disfa- 82. Come: quando.- m' appaghe: mi
ma : sazia, appaga interamente. Rispon- appaghi.
de alla metafora dell'esser digiuno, usata 84.mi fér ecc. gli occhi, bramosi (lu-
:

da D. (v. 58) nel chiedere. - vedrai cfr. : ci vaghe) di veder cose nuove, mi fecero
Furg. VI, 43 sgg. XVHI, 46 sgg. ; ammutolire.
! [girone terzo] Puro. xv. 86-107 [es. di mansuetud.] 461

estatica di subito esser tratto,


e vedere in un tempio più persone ;

ss e una donna, in su 1' entrar, con atto


dolce di madre dicer « Figliuol mio,
:

perchè hai tu così verso noi fatto?


91 Ecco, dolenti, lo tuo padre e io
ti cercavamo. » E come qui si tacque,

ciò che pareva prima, disparìo.


94 Indi apparve un' altra con quell'acque,
ni'

giù per le gote, che '1 dolor distilla;


quando di gran dispetto in altrui nacque,
9"
e dir « Se tu se' sire della villa
:

del cui nome ne' Dei fu tanta lite,


e onde ogni scienza disfavilla,
ìoo vendica te di quelle braccia ardite
che abbracciar nostra figlia, o Pisistràto » !

E il signor mi parea benigno e mite


10 3 risponder lei con viso temperato :

« Che farem noi a chi mal ne disira,


se quei che ci ama è per noi condannato 1 >>
106 Poi vidi genti, accese in foco d' ira,
con pietre un giovinetto ancider, forte
più persone i dottori giudei, in
87. : do ecc. quando il dolore è nato da gran
:

mezzo ai quali il dodicenne Gesù sede- dispetto, cioè disdegno. « La figurazione


va, ascoltandoli e interrogandoli. è tutta di D. »; Torraca.
88. una donna: Maria. -in su l'entrar: 97-99. dir: a Pisistràto. - sire della
sul limitare della porta del tempio. villa: signore della città. - tanta lite:
92-93. E come ecc. e subito che Maria
: traNettuno e Minerva, ossia Atena, per
ebbe dette queste parole, la prima vi- stabilirda chi de' due si dovesse denomi-
sione disparve. nare la città la quale da Atena fu poi
;

V. 94-105. Pisistràto, 2<> esempio chiamata Atene cfr. Ovid., Met. VI, 70
;

di mansuetudine. Il 2° esempio di sgg. - onde ecc. dalla quale città (Ate-


:

mitezza è quel di Pisistràto, famoso ti- ne) si diffonde ogni lume di scienza,
ranno di Atene (n. verso il 605, m. il 102. il signor: Pisistràto.
528 o 527 a: C), parente di Solone. Rac- 103. temperato esprimente
: la modera-
conta Valerio Massimo (Facto, et dieta zione dell'animo.
meni. VI, 1) che un giovine, innamora- V. 106-114. S. Stefano, terso esem-
tosi di una figlia di Pisistràto, la baciò pio di manstietudine. Nella 3a visio-
ni pubblico, e che, chiedendo la moglie ne D. vede il protomartire S. Stefano,
di Pisistràto vendetta di tanto oltraggio, che, lapidato dai furibondi Giudei, anzi-
egli le rispose dolcemente: « Si nos, qui che adirarsi e inveire contro i suoi ucci-
nos amant, interfìcimus, quid iis facie- sori, invoca per loro il perdono da Dio.
mus, quibus odio sumus?» Il giovine re- 106. genti: i Giudei che lapidarono
sto quindi impunito, ed ebbe in isposa la santo Stefano. - accese in foco d' ira così :

fanciulla. D. racconta l'aneddoto, tradu- D. sintetizza le parole di AttiYII, 54, 56 :

cendo Valerio Massimo quasi alla lettera. « Si rodevano nei loro cuori, e digrigna-
94-96. un'altra la moglie diPisistrato.
: vano i denti contro di lui ... e tutti d'ac-
;

- acque lagrime, -distilla spreme cfr.


: : ; cordo gli corsero addosso con furia. »
Inf. XXIII, 97 sg. Purg. XX, 9. - quan-
; 107. un giovinetto Stefano. Veramen-
:
462 [girone terzo] Purg. xv. 108-11U [bs. dj mansuetudine]

gridando a so pur: « Martini martini » ! !

109 E vedea chinarsi, per la morte


lui
che 1' aggravava già, in ver la terra ;

ma degli occhi facea sempre al ciel porte,


112 orando all'alto sire, in tanta guerra,
che perdonasse a' suoi persecutori,
con quello aspetto che pietà diserra.
115 Quando l'anima mia tornò di fuori
alle cose che son fuor di lei vere,

te non era un giovinetto, quando fu la- 56. - in tanta guerra essendo incessan-
:

pidato; cfr. Atti VI, 5, 8, 10, 13. Si po- temente colpito dalle pietre lanciate con-
trebbe supporre che D., o per un lapsus tro di lui. « Positis autem genibus, cla-
della sua memoria, o per avere sott'oc- mavit voce magna dicens: Domine, ne
chio un testo corrotto, confondesse santo statua* UH* hoc peccatum » Atti, 1. e. ;

Stefano con Saulo, che fu poi Paolo, pre- 114. pietà diserra : apre i cuori alla
sente alla lapidazione e di cui si legge in pietà. Così molti. Meglio « apre o spri-
:

Atti VII, 57 « e i testimoni posarono le


: giona la Pietà sì che possa intervenire
loro vesti ai piedi di un giovinetto, chia- e commuovere i cuori ». Barbi, Bull.
mato Saulo. » Ma
di tale supposizione XVIII, 17. Altri, poiché S. Stefano guar-
non ci è bisogno, perchè, dicendo gli Atti da al cielo e a Dio, intendono della pietà
che i presenti « viderunt faciemeius tam- divina, ma parlandosi di pietà in gene-
quam faciem angeli », e non potendo l'ar- rale, generale dev' essere il significato di

te del disegno rappresentare la faccia an- tutta la frase.


gelicata del martire se non come faccia V. 115-138. A-vnniaestv amento di
giovanile, già in tempi antichi santo Ste- Virgilio, Le visioni di D. non sono
fano fu rappresentato da scultori e pit- ignoto alla sua guida. Ma, per farsi stra-
tori come giovinetto, e giovinetto lo potè da ad istruirlo sulla ragione di esse, V.
pensare e ritrarre anche D., che avrà cer- chiede prima a D., il quale, assorto nella
to veduta qualcuna di tali rappresenta- visione, cammina barcollando, che cosa
zioni; oltre di che, già sant'Agostino, egli abbia e D. accenna alle visioni. - Il
;

forse per la prima volta, fece di santo P. distingue qui argutamente tra ogget-
Stefano un giovane, scrivendo eh' egli tività e soggettività. Ciò che egli aveva
« in ipso iuventutis flore decorem cetatis veduto nelle sue visioni, erano verità sog-
suce sanguine purpuràvit » ; Bull. IX, gettive, cose che, vere nell'anima, tali non
110 sg. sono fuor di lei. Ma l'uomo, assuefatto a
108. gridando a se pur: dicendosi ad percepire cose esistenti fuori di sé, fa-
alta voce l' un l' altro ripetutamente cilmente s'illude che sussistano fuori di
queste parole Martira! Martira! cioè
: : sé anche cose reali solo nell' interno suo.
ammazza ammazza
! dagli dagli Di ! ; ! ! Così, durante la sua estasi, D. avea cre-
queste parole il testo biblico non fa duto che quanto egli vedeva e udiva,
cenno. Sono una deduzione del P. Quan- fossero cose oggettivamente vere e que- ;

to al pur, che taluno vorrebbe unire a sto è l'errore di cui si accorge, non ap-
Martira, cfr. YitaN., Ed. Barbi, p. 61 pena cessa l'estasi. Ma
egli osserva che
nota. Pur vale qui '
ripetutamente, con- i suoi errori erano non fal*i, avendo la
tinuamente '
come in Purg. XVI, 15. coscienza di non essersi ingannato, di ave-
110. già : Al. : giù. « E piegate le gi- re realmente A^eduto, dentro di sé, tutto
nocchia, gridò, ecc. »; Atti VII, 59. ciò che gli era apparso. L'occhio corpo-
111. facea ecc. teneva gli occhi sem-
: rale non avea veduto nulla; l'occhio dello
pre rivolti al cielo la cui immagine en- spirito aveva veduto tutto.
trava per essi. Infatti «egli, essendo pie- 115-116. tornò: si risvegliò dell'estasi,
no di Spirito santo, mirando fiso il cielo, nella quale l'anima, tutta occupata delle
vide la gloria di Dio ; e Gesù stante alla visioni interne, non percepisce più le
destra di Dio»; Atti VII, 55. cose esterne. - di fuori alla percezione :

112-113. alto sire: Dio; cfr. Inf. XXIX, delle cose esterne, vere fuori di lei.
GIRONE TERZO] Purg. xv. 117-138 [ammaestramento] 463

io riconobbi i miei non falsi errori.


118 Lo duca mio, che mi potea vedere
far sì coni' uom
che dal sonno si slega,
disse : « Che hai che non
ti puoi tenere,

121 ma se' venuto più che mezza lega,


velando gli occhi e con le gambe avvolte,
a guisa di cui vino o sonno piega? »
124 « dolce padre mio, se tu m' ascolte,
che m' apparve,
io ti dirò » diss' io « ciò
quando le gambe mi furon sì tolte. »
127 Ed ei « Se tu avessi cento larve
:

sovra la faccia, non mi sarien chiuse


letue cogitazion, quantunque parve.
130 Ciò che vedesti, fu perchè non scuse
d' aprir lo core all' acque della pace
che dall' eterno fonte son diffuse.
133 Non dimandai i
Che hai 1 '
per quel che face
chi guarda pur con l'occhio che non vede,
quando disanimato il corpo giace ;

136 ma dimandai per darti forza al piede :

così frugar conviensi i pigri, lenti


ad usar lor vigilia quando riede. »

117. non falsi : cfr. n. 115-138. timento della pace questa Egli vuole
;
:

119. si slega: si scioglie dal sonno. cfr. De Non., I, 3.


120. tenere: reggere in piedi. 133-134. per quel ecc.: indotto da quel
122-123. velando ecc. cogli occhi soc-
: motivo, per cui suol dimandare chi vede
chiusi e le gambe vacillanti, a guisa di soltanto coli' occhio materiale e corpo-
colui eh' è aggravato e fiaccato dal vino reo, che non penetra oltre la superfìcie.
o dal sonno. « Ille mero somnoque gra- 135. quando ecc. vedendo alcuno gia-
:

vis titubare videtur, Vixque sequi »; cere come morto in terra. Se due vanno
Ovid., Met. Ili, 608 sg. insieme, e l' uno cade in terra tramortito
126. tolte: impedite. o incomincia a camminar barcollando,
127. larve maschere Par. XXX, 91.
: ; come nel nostro caso aveva fatto D.,
128. chiuse: nascoste. v. 121 sgg., il compagno, il cui occhio

129. cogitazion: lat. cogitationes, pen- corporeo non penetra nell' interno a ve-
sieri. - quantunque parve: per quanto der la ragione della cosa, chiederà su-
piccole. Cfr. Inf. XVI, 118 sgg. bito spaventato o maravigliato Che hai?
:

130-132. vedesti in visione. - scuse


: : volendo dire: Quale è il motivo del tuo
ti scusi, ricusi. - acque: l'ira è fuoco; cadere, o barcollare? Qui V. dice che
e come l'acqua spegne il fuoco, così i la sua dimanda non ha tal senso, sa-
sentimenti miti di carità e di perdono pendo egli già per qual motivo D. fosse
(le acque della pace) spengono l'ira. Cfr. sì smarrito di mente. Cfr. Barbi, Bull.
Ebrei X, 22. - eterno fonte Dio « Apud : ; XII, 275.
te est fons vitae »; Psal. XXXV, 10. - 136. per darti ecc. per incorarti a con-
:

« Me dereliquerunt fontem aquse vivse»; tinuare con sicuro passo il cammino.


Jerem. II, 13. - « Dereliquerunt venam 137-138. frugar: spronare, stimolare;
acquarum viventium, Dominum » ibi- ; cfr. Purg. XIV. 39. Così bisogna spro-
dem XVII, 13, ecc. Da Dio viene il sen- nare i pigri, che son troppo lenti a ri-
464 [GIRONE TERZO] PURG. XV. 139-145 [PENA DEGL'IRACONDI]

139 Noi andavam per lo vespero, alienti


oltre quanto potean gli occhi allungarsi
con tra i raggi serotini e lucenti ;

142 ed ecco a poco a poco un fummo farsi


verso di noi come la notte oscuro ;

nò da quello era loco da causarsi :

145 questo ne tolse gli occhi e l'aere puro.

prendere la loro attività, allorché ai « Il Poeta viene a dirci, che il giro del
risvegliano dal sonno e ricuperano l'uso monte, anco a queir altezza del terzo
delle loro forze fisiche e spirituali. - balzo, era molto ampio perchè la vista :

riede: ritorna: ha-per soggetto vigilia. vi si stendea quanto poteva allungarsi


V. 139-145. La pena degliivacondi. [cfr. n. sg.], non quanto le si permetteva
I P., proseguendo il loro cammino nel dalla curvatura della cornice; e perchè
3° girone, si trovano a un certo punto specialmente procedeva contro i raggi se-
avvolti nel fumo denso e pungente in rotini e lucenti, il che fa manifesto aver-
cui per loro pena stanno gì' iracondi, si sempre il sole in faccia dai nostri Poeti.
implorando mitezza di cuore da Cristo, Ma quando salirono a questo terzo girone,
detto per la sua umiltà e mansuetudine avevano il sole nel mezzo della fronte,
Agnello di Dio. La pena è convenien- e ormai oltre la salita della scala, ave-
tissima alla colpa. « Il fumo ch'esce dal vano camminato quasi una lega, cioè
fuoco, è quella parte che il fuoco sce- intorno a due miglia dunque doveva :

vera da sé per meglio scaldare e schia- piegare ben poco la cornice se mante-
rare, è cosa che non dà né forza di ca- neva i nostri viaggiatori nella direzione
lore, né dolcezza di lume, ma solo con- dell' occaso, nonostante quel lungo cam-
trista ed acceca. Onde giusto è che in mino e quindi essa doveva avere un
;

mezzo a densissimo fumo ripensino al gran raggio, e il monte una bella gros-
proprio peccato coloro che un giorno dal sezza. In quanto poi dice che andavano
fuoco dell'ira trassero fumo a spegnere per lo vespero, sembra che debba inten-
o a illanguidire co' pensieri della ven- dersi che camminavano durante l'ora di
detta il fuoco della carità, e ad anneb- vespro » ; Antonelli.
biare con fosche immagini il lume della 140-141. quanto ecc. per quanto agli :

verità. Come nel secondo cerchio tutti occhi concedevano di spingersi (allun-
erano avvolti in livida veste e sedevano garsi) i vividi raggi del sole morente,
sopra lividi seggi a ridolersi degli anti- che, essendo bassi, erano direttamente
chi livori, qui tutti s'aggirano avvolti opposti al nostro sguardo.
nel fìtto fumo, e si ridolgono delle ce- 143. oscuro: cfr. Purg. XVI, 1 sg.
cità e delle turbolenze .dell' ira antica, 144. ne ecc. e non vi era alcuna parte,
:

né tra il fumo possono vedere, ma solo dove potessimo evitare quel fumo.
parlare ed essere uditi » Perez, Sette cer-
; 145. ne tolse ecc. : ci tolse l'uso degli
chi, 151 sg. occhi e l'aria pura. « Caligavit ab indi-
139. per lo vespero: durante il vespro. gnatone oculus meus »; Job. XVII, 7.
[GIROJS'B TERZO] PURG. XVI. 1-13 [fumo] 465

CANTO DEOIMOSESTO

GIRONE TERZO: IRA

MARCO LOMBARDO, DEL LIBERO ARBITRIO


DELLA CORRUZIONE DEL MONDO, CORRADO DA PALAZZO
GHERARDO DA CAMINO, GUIDO DA CASTELLO, GAIA

Buio d' inferno e di notte privata


d' ogni pianeta, sotto pò ver cielo,
quant' esser può di nuvol tenebrata,
non fece al viso mio sì grosso velo,
come quel fummo ch'ivi ci coperse,
né a sentir di così aspro pelo ;

che l' occhio stare aperto noo sofferse :

onde la scorta mia saputa e rida


mi s'accostò, e l'omero m'offerse.
10 Sì come cieco va retro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che il molesti, o forse ancida;
13 m'andava io per l'aere amaro e sozzo,

V. 1-15. Cammino attraverso il fu- ne della notte buia. Cfr. Barbi, Bulli
mo. Volendo dare un'idea della forte XII, 275.
oscurità che lo avvolse nel 3° girone del 4-5. non fece ecc. non velò mai tanto
:

Purg., D. la dice maggiore del buio così con la sua spessezza la mia vista, quanto
d'inferno, come di una notte terrestre il fumo che ci avvolse nel 3° cerchio.

in cui concorrano tutte le condizioni atte 6. a sentir: al senso. - pelo: conti-


ad tenebre mancanza d'ogni
affittire le : nuando la immagine del velo, chiama
astro luminoso, orizzonte limitato, come così le pungenti particelle di quel fumo,
è quello di chi si trovi in una gola pro- che non solo impediva la vista, ma dava
fonda ed angusta, copia e densità di nubi. anche molestia agli occhi; cfr. Inf. IX, 75.
V. si accosta a D., affinchè questi s'ap- 7. che ecc.: giacché l'occhio non resse
poggi alla sua spalla. a restare aperto.
2-3. privata ecc. senza luna né altro
: 8-9. saputa e fida: esperta e sicura. V.
pianeta (per D. è pianeta anche la lu- gli si avvicina di piti, perchè D. cam-
na) sull'orizzonte. Virg.,Aen. Ili, 204 : mini appoggiandosi alle sue spalle.
« Totidem sine sidere noctes. » - pover 11. dar di cozzo ecc.: urtare in cosa che
cielo in luogo di dove si veda solo un
: gli faccia male, o, fors'amche, lo uccida.
limitato tratto di cielo, com' è, p. es., 13. amaro acre a respirarsi « Fumo-
: ;

ima gola stretta e profonda. Altri altri- que implevit amaro » Virg., Aen. XII,
;

menti ma questa ci pare l' interpr. piti


; 588. - sozzo :nero per il fumo. - « Così
conforme alla parola del P., e che me- la densità, l'amarezza e la sozzura son
glio armonizza col resto della descrizio- pena all'ira che offusca la ragione, ama-

30. — Div. Comm., 8 a ediz.


466 [girone terzo] Puro. xvi. 14-28 [preci degl' iracone 1

ascoltando il caio duca, che diceva


pur : « Guarda che da me tu non sie mozzo ! »
10 Io sentia voci, e ciascuna pareva
pregar per pace e per misericordia
FAgnel di Dio che le peccata leva.
10 Pure Agnus Dei erari le loro esordia;
'
7

una parola in tutti era ed un modo,


sìche parea tra esse ogni concordia.
22 « Quei sono spirti, maestro, ch'i' odo? »
di ss' io ed elli a me « Tu vero apprendi
; : -,

e d'iracundia van solvendo il nodo ».


25 « Or tu chi se', che il nostro fummo fendi,
e di noi parli pur come se tue
partissi ancor lo tempo per calendi? »
28 Così per una voce detto fue ;

reggia il cuore e insozza l'anima»; L. V. 25-51. Marco Lombardo. Accora


Vent., Simil., 241. tosi che D. è vivo, per la domanda fatt: f
14-15. diceva pur ecc. mi seguitava : a V. (che un'anima purgante non l'avreb I
a dire: Guarda che tu non sia mozzo, be fatta), uno spirito chiede chi egli
cioè separato, disgiunto da me. Al. uni- sia. D., esortato daV.. risponde ch'egli,
scono pur a Guarda
4
' ' '
; ma cfr. n. realmente è vivo, e lo prega di mani I
a Purg. XV, 108. festarglisi e dirgli se lui e V. son ber I
V. 16-24. Da preghiera degl'ira- diretti per arrivare alla gcala che porti I
condi. Il P. ode voci d' anime, che in- al cerchio superiore. Lo spirito si no I
vocano tutte l'Agnello di Dio; e poiché mina; assicura D., che è sulla buons I
per il denso fumo non può vedere, di- via, e infine lo prega di pregare per lui. I
manda a V. se quelle sono voci di spiriti. È questi Marco Lombardo, forse della t

V. gli risponde che sì, e, più precisa- marca trevigiana (alcuni lo fecero vene-
mente, che sono anime le quali si pur- ziano; cfr. n. al v. 46), uomo di corte?
gano dall' ira. del secolo un. Su di lui abbiamo parec- 1
19. Agnus Dei: « Cantavano li tre Agnus chie novelle, ma di certo sappiamo assai I
Dei che si cantano a lamessa; cioè Agnus poco, per non dir nulla addirittura. Pro- 1

Dei, qui tollis peccata mundi, misererò babilmento è quello stesso Marco del
nobis ; Agnus Dei, qui tollis peccata quale il Villani (VII, 121) racconta che
mundi, misererò nobis Agnus Dei, qui ; predisse al conte Ugolino la sua sven-
tollis peccata mundi, dona nobis pacem ; tura quello stesso di cui parla il Novel-
;

sicché li due primi dimandano miseri- lino (nov. 46 ed. Biagi, p. 221). Dai
:

cordia, e lo terzo pace» Buti. - esordia ; : comm. antichi risulta che Marco nonj
è il latino «zordia =
principii i principii : fu buffone o cortigiano volgare, ma uomo
delle preghiere eran sempre Agnus Dei. d'animo nobile e grande; morditore pron-
20-21. una parola
ecc. cantavano tutti : to ed arguto dignitosissimo, ma insieme
;

la stessa preghiera e colla stessa into- iracondo e disdegnoso. A. Zenatti, Dee-


nazione di voce sicché apparivano per-
; tura Dantis, p. 14 sgg.
fettamente tra loro concordi, essi che 25-27. Or tu: cfr. Inf. XXXII, 88. Chi
per l' iracondia erano stati discordi dal sei tu che cammini come noi per questo
prossimo in vita. fumo. - pur: proprio, veramente. - tue:
23-24. vero apprendi ecc. hai colto nel : tu, con la -e epitetica, così come, v. 28, fue
segno, hai indovinato sono spiriti e si
: e, v. 30, sue. -calendi: calende (cfr. Pa-
purgano dall'ira: il vizio è qui, come rodi, Bull. III, 121) come se tu dive-
;

spesso altrove, considerato quale un le- dessi ancora il tempo per mesi mentre ;

game che, assicurato con forte nodo, nessuna divisione del tempo ha luogo
stringe il peccatore. nei regni dell'eternità.
"GIRONE TERZO] PUliG. XVI. 29-51 [MARCO LOMBARDO] 407

maestro mio disse « Kispondi,


onde il :

e domanda se quinci si va sue ».


E io « creatura che ti mondi
:

per tornar bella a colui che ti fece,


maraviglia udirai, se mi secondi ».
« Io ti seguiterò quanto mi lece »
rispuose ; « e se veder fummo non lascia,
l'udir ci terrà giunti in quella vece. »
37 Allora incominciai : « Con quella fascia
che la morte dissolve, men vo suso,
e venni qui per la infernale ambascia ;

e se Dio in' ha in sua grazia rinchiuso,


tanto che vuol eh' io veggia la sua corte
per modo tutto fuor del moderno uso,
43 non mi celar chi fosti anzi la morte,
ma dilmi, e dimmi s'io vo bene al varco ;

e tue parole fìen le nostre scorte ».


4C « Lombardo fui, e fui chiamato Marco ;

del mondo seppi, e quel valore amai


al quale ha or ciascun disteso l'arco.
49 Per montar su dirittamente vai. »
Così rispuose, e soggiunse « Io ti prego :

che per me prieghi, quando su sarai ».

30. quiiici ecc.: da questa parte è la dandosi di ciò che ha udito, Purg. XIII,
scala per salire al 4° girone. 94 sgg. - dilmi dillomi, dimmelo. - al
:

31-32. ti mondi ecc. ti purifichi per


: varco: per il quale si sale dal 3° al 4°
ritornare a Dio bella quale egli ti creò ;
cerchio. - scorte: guide.
cfr. v. 85 sgg. 46. Lombardo di nascita. « Denomina-
:

33. maraviglia : che un vivo vada per tus est Lombardus, quia familiariter
i regni dei morti. - mi secondi : mi ac- conversabatur cum dominis Lombardia
compagni: forse gli spiriti cammina- tempore suo, inter quos tractabat saspe
vano in direzione opposta a quella de' P. concordias, paces, affinitates et confeede-
34. quanto mi lece alle anime degl'ira-
: rationes » Benv. Secondo altri, questo
;

condi non è lecito uscire dal fumo ; cfr. Marco fu della famiglia dei Lombardi di
i vv. 142-145. Venezia. Potrebbe anche darsi ma il v. ;

35-36. e se ecc. se il fumo e' impedisce


: per sé non può avere altro senso che:
di vederci, V udito invece della vista ci Fui un lombardo e mi chiamai Marco ;

terrà uniti. ilcasato qui non entra. e'


37. fascia: il corpo, fascia dell' anima. 47. seppi: fui pratico dei negozi del
38. suso per il monte diretto al cielo;
: mondo ed amai quelle virtù, delle quali
cfr. v. 41. nessuno più cura. si
39. per ecc. : attraversando l' Inferno. 48. disteso: non
teso: «allentato, non
-ambascia: cfr. Inf. XXIV, 52. volendo tirar più a quella meta»; Ges.
40-42. se: poiché, -rinchiuso: accolto; 49. Per ecc.: risposta alla domanda
cfr. Purg. Vili, 66. -fuor del modern'uso: del v. 44.
non più concesso ad uomo da S. Paolo in 51. su innanzi a Dio, nella corte del
:

poi; cfr. Inf. II, 13 sgg. cielo dove D. ha detto (v. 37 e 41) di
43-45. chi fosti non dice chi sei, ricor-
: essere diretto andando in su.
iùS [GIRONI-: TERZO] PURG. XVI. 52-65 [CORRUZIONE DEL MONDO

52 E io il lui : « Per fede mi ti lego


mi chiedi ma io scoppio
di far ciò che ;

dentro ad un dubbio, s'io non me ne spiego.


55 Prima era scempio, ed ora è fatto doppio
nella sentenza tua, che mi fa certo,
qui ed altrove, quello ov'io l'accoppio.
58 Lo inondo è ben così tutto diserto
d'ogni virtute, come tu mi suone,
e di malizia gravido e coverto ;

Gì ma prego che m'additi la cagione,


sì ch'io la veggia e ch'io la mostri altrui;

che nel cielo uno, e un quaggiù la pone. »


64 Alto sospir, che duolo strinse in hui '
! '

mise fuor prima e poi cominciò « Frate, ; :

V. 52-63. Della corruzione del se- male coverto il suo eterno rampollare e
;

colo» D. ha udito da Guido del Duca adombrare la terra » Tom. ;

che in Toscana tutti osteggiano la virtù 63. che nel ecc. poiché taluni ammet-
:

(Purg. XIV, 37 sgg.); e Marco gli ha tono essere cagione di questa generale
detto ora che nessuno nel mondo ama malizia la mala influenza de' cieli (de-
più quel valore che da lui fu amato. terminismo, fatalismo, astrologia giudi-
Il fatto della corruzione umana è quindi ziaria) altri dicono che la cagione è
;

certo ma quale il motivo ? Guido del


; tutta terrena, cioè la mala volontà de-
Duca aveva lasciato incerto, se quella gli uomini.
fosse effetto di influssi celesti, o di ma- V. 64-81. Teorica del libero arbi-
lizia umana.
dubbio onde ciò avvenga,
Il trio. Dopo un sospiro sulla cecità uma-
si mente di D., dopo
fa più forte nella na, Marco incomincia a dire che gli
che ha udito le parole di Marco epperò ; uomini attribuiscono la causa di quanto
gliene chiede la soluzione. avviene tra essi agl'influssi celesti, come
52. Per fede mi ti lego: ti obbligo la se tutto avvenisse per necessità. in Ma
mia fede, ti do la mia parola che pre- tal modo si annullerebbe il libero arbi-
gherò per te. trio, né sarebbe giusto premiare il bene
53-54. ma io scoppio ecc. : sono tanto e punire il male. È ben vero che il cielo
stretto da un dubbio, che, se non mi infonde negli uomini le inclinazioni, non
libero di tale strettura, scoppio. però tutte, alcune avendo loro origine
55. Prima all' udire Guido del Duca. -
: nei mali abiti contratti ma l' uomo ;

scempio: semplice. può e deve distinguere il bene e il male,


56. nella sentenza tua per le tue paro- : e può e deve combattere e vincere le cat-
le, che non mi lasciano più dubitare della tive inclinazioni naturali, effetto de' mali
generale corruzione. « Quanto più ren- influssi celesti; e tale combattimento,
desi certa l' esistenza di un effetto ma- sulle prime duro e faticoso, è coronato
raviglioso, tanto maggiormente s' accre- da vittoria, se sia ben agguerrita la vo-
sce nell'uomo la brama di saperne la lontà. L'uomo soggiace a Dio, la cui
cagione »; Lomb. forza è maggiore e la cui natura è mi-
57. quello ov'io l'accoppio: il fatto gliore che la forza e la natura degli astri;
della corruzione umana, al quale è an- e Dio crea nell' uomo la mente, eh' è in-
nesso il mio dubbio. telligenza e volontà, non soggetta in al-
58-59. diserto ecc. : spogliato di virtù, cun modo a influssi di astri e con la quale,
come tu mi suone, mi dici. anzi, a tali influssi ben si può contra-
malizia « Mundus totus in mali-
60. : stare.
gno positus est » I Ep. Joh. V, 19 cfr.
; ; 64. duolo: della cecità di D., v. 66.-
GiobbeXV, 35. Salm. VII, 15. IsaiaJAX, strinse fece terminare in hui, esclama-
:

4. - « Gravido dice il seme nascosto del zione di dolore.


[GIRONE TERZO] PURG. XVI. 66-78 [CORRUZ. DEL MONDO] 469

lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui.


G7 Voi che vivete ogni cagion recate
pur suso al ciel così come se tutto
movesse seco di necessitate.
70 Se così fosse, in voi fora distrutto
non fora giustizia
libero arbitrio, e
per ben letizia, e per male aver lutto.
73 Lo cielo i vostri movimenti inizia,
non dico tutti; ma, posto ch'io il dica,
lume v' è dato a bene ed a malizia
75 e libero voler, che se fatica
nelle prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si nutrica.

G6. cieco : il mondo ha cbiusi gli occhi (cfr. Par. XIII, 64), e dalle stelle sono,
alla verità ; e la ignoranza tua dimostra almeno in parte, destati in noi gli appe-
che tu vieni di là. titi. D. non nega tale azione dei corpi

67. cagion: voi uomini attribuite so- celesti, ma solo la necessità di obbedirle.
lamente alle stelle ogni cagione del bene All' uomo è stato concesso un lume,
e del male. In Omero (Odyss. I, 33 sg.) il lume dell' intelletto o ragione e della
Giove dice « Oh, come gli uomini mor-
: rivelazione, con cui discernere il bene
tali incolpano gli Dei! Che da noi di- dal male, e libero volere, mediante
cono venire i mali, mentr'essi vanno sog- il quale può frenare gli appetiti e diri-

getti ad affanni, non per destino, ma per gerli al solo bene. « Corpora ccelestia
le proprie loro stoltezze. » D. potè leg- non sunt voluntatum nostrarum neque
gere questa sentenza omerica in Geli., electionum causa. Voluntas enim in parte
Noct. Att. VI, 2. intellectiva animse est.... Si igitnr cor-
68. così come Al. pur come come
: : ; pora ccelestia non possunt imprimere di-
se tutto ciò che avviene quaggiù, anche recte in intellectum nostrum, ut osten-
le azioni morali, fossero mosse, cagio- sum est, neque etiam in volnntatem
nate dal cielo. nostram directe imprimere poterunt » ;

70. Se così « si intellectus et voluntas


: Thom. Aq., Gontr. Òent. III, 85. -«Cor-
essent vires corporeis organis alligata, pora ccelestia non possunt esse por se
ex necessitate sequeretur quod corpora causa operationum liberi arbitrii; pos-
ccelestia essent causa electionum et ac- sunt tamen ad hoc dispositive inclinare,
tuum humanorum et ex hoc sequeretur; in quantum imprimunt in corpus huma-
quod homo naturali instinctu ageretur num, et per consequens in vires sensiti-
ad suas actiones, sicut csetera animalia, vas, qu8e sunt actus corporalium organo-
in quibus non sunt nisi vires animas cor- rum, quse inclinant ad humanos actus » ;

poreis organis alligata nam illud quod ; Thom. Aq., Sum. theol. II, li, 95, 5.
fit in istis inferioribus ex impressione 77. col ciel: con le male inclinazioni,
corporum coelestium, naturaliter agi tur ;
effetto d'influssi celesti.
et ita sequeretur quod homo non esset 78. Tince tutto riporta intera vittoria.
:

liberi arbitrii, sed haberet actiones de- « Voluntas non ex necessitate sequitur
terminatas, sicut et cceterae res natura- inclinationem appetitus inferioris. Licet
les quse manifeste sunt falsa » Thom.
; ; enimpassiones....habeantquamdamvim
Aq., Stim. theol. I, 115, 4 cfr. ìbid. I, 73, ; ad inclinandam voluntatem remanet se- ;

1 sg. Boet., Gons. V, 2. qui passiones, vel eas refutare.... Plu-


71-72. non fora ecc.: non sarebbe giusto res hominum sequuntur passiones, quse
il remunerare il bene coli' eterna beatitu- sunt motus sensitivi appetitus, ad quas
dine, e punire il male coll'eterno dolore. cooperari possunt corpora ccelestia; pauci
73-76. Lo cielo ecc. giusta le dottrine
: autem sunt sapientes qui huiusmodi pas-
astrologiche del medio evo, il mondo sionibus resistant. Et ideo astrologi, ut
nostro soggiace all' influsso delle stelle in pluribus vera possunt prsedicere, et
470 [GIRONE TERZO] PURG. XVI. 79-91 [CORRUZIONE DEL MONDO]

79 A maggior forza ed a miglior natura


liberi soggiacete ; e quella cria
la mente in voi, che il ciel non ha in sua cura
81!
Però se il mondo presente disvia,
in voi è la cagione, in voi si ckeggia ;

e io te ne sarò or vera spia.


85 Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,
88 l'anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volentier torna a ciò che la trastulla.
91 Di picciol bene in pria sente sapore ;

maxime in communi, non antem in spe- laci loro apparenze, dietro ad essi, se
ciali, quia nihil prohibet aliquem homi- una guida non la indirizzi al bene vero
nem per liberum arbitrium passionibus od un freno non la trattenga dal correr
resistere»; Thom. Aq., Sum. theol. I, dietro a quelli. Furono pertanto neces-
115, 4. - « Nihil prohibet per volunta- sarie le leggi quale freno agli uomini,
riam actionem impediri effectum ccele- e necessario qualcuno che li guidasse.
stium corporum, non solimi in ipso no- Ma le leggisono ora inefficaci, e il pa-
mine, sed etiam in aliis rebus ad quas store,che va innanzi, dà il cattivo esem-
hominum operatio se extendit » ibid. ; pio, mostrandosi cupido de' beni mon-
I, 115, 6. - « Contra inclinationem ccele- dani. Questo mal governo del mondo,
stium corporum homo potest per ratio- non già mala influenza de' cieli, né per-
nem operari»; ibid. II, ri, 95, 5. -ben vertimento dell'umana natura, è cagio-
sinutrica si nutrisce, si educa in modo
: ne della umana corruzione. »
da essere forte « se l' omo s' alleva ad-
; 83. si cheggia : si chieda, si cerchi.
dottrinato et adusato a le virtù e buoni 84. vera spia: verace indicatore; te lo
costumi; però che si dice: Sapiens do- dimostrerò chiaramente.
minabìtur astris » JButi. ; 85. Esce ecc.: l'anima umana è creata
79. A maggior ecc.: a Dio. immediatamente da Dio, che l'ha e la
80-81. cria ecc.: crea l'anima ragio- vagheggia nella sua idea ab ceterno.
nevole (intelletto e volontà), su cui nulla « Anima rationalis non potest produci
possono movimenti ed influssi de' cieli. nisi a Deo immediate» Thom. Aq., Sum. ;

Cfr.Thom. Aq., Sum. theol. I, 75, 6. theol. I, 90, 3.


S. Aug., Giv. Bei V, 1. « La mente 86. che siacreata. - a guisa di fan-
:

umana che il Cielo non ha in sua cura, ciulla: come


fanciulla che « s'allegra ed
è l'anima in quanto è libera e ragione- attrista, piange e ride, nella guisa che
vole nel quale aspetto ella è superiore
; sogliono fare le semplici e pargolette
a tutta la materiale natura »; Gioberti. fanciulle che vogliono et disvogliono in
V. 82-114. Tua confusione del po- uno istante una cosa istessa » Dan. ;

tere civile collo spirituale cagione 88. semplicetta « quia est tamquam
:

della corruzione. Continuando il suo tabula rasa, in qua nihil est depictum,
discorso, Marco dice « È dunque vo-
: apra nata recipere omnem impressionem,
stra, o uomini, tutta la colpa, se il mon- formam et figuram imprimendam sibi »;
do dei viventi esce dalla diritta via. Benv. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 84.
L'anima umana infatti esce innocente 89. salvo che ecc. se non che proce- :

dalle mani
del Creatore, e si volge in- dendo da Dio, eh 'è letizia perfetta, si vol-
stintivamente a tutto ciò che le sembra ge istintivamente a tutto, ciò che le sem-
atto a darle piacere e letizia. E come bra doverla allietare. Cfr. Conv. IY, 12.
ha incominciato a gustare il piacere dei 91. picciol: limitato, com'è ogni bene
beni mondani, corre, ingannata dalle fal- terreno. - sente : gusta.
[GIRONE TERZO] PURG. XVI. 92-106 [CORRUZ. DEL MONDO] 471

quivi s'inganna, e dietro ad esso corre,


se guida o fren non torce suo amore.
94 Onde convenne legge per fren porre ;
convenne rege aver che discernesse
della vera cittade almen la torre.
97 Le leggi son; ma chi pon mano ad esse?
Nullo però che il pastor che precede,
;

ruminar può, ma non ha l'unghie fesse ;


100 per che la gente, che sua guida vede
pur a quel ben fedire ond' eli' è ghiotta,
di quel si pasce, e più oltre non chiede.
103 Ben puoi veder che la mala condotta
è la cagion che il mondo ha fatto reo,
e non natura che in voi sia corrotta.
106 Soleva Roma, che il buon mondo feo,

92. quivi nel picciol bene, -s'inganna:


: XI, 3 sg. Deut. XIV. 7 sgg. « Fissio
credendolo bene intero e verace. ungulce signifìcat dist.inctionem duorum
93. torce suo amore trattenendolo dal
: testamento rum, vel.... dìscretionem boni
'
picciol bene ', opera di freno ', o di- '
et mali; ruminatio autem signifìcat me-
rizzandolo al bene perfetto, opera di ditationem Scripturarum et sanum intel-
4
guida \ lectum earum »; Thom. Aq., Sum. theol.
94. Onde ecc. perciò furono neces-
: I, li. 102, 6. D. dice dunque che il pon-

sarie le leggi (Purg. VI, 88) come freno. tefice è bensì sapiente nelle Scritture,
95. rege :« A
perfezione della umana ma non è di lui, distinguendo nella vita
spezie conviene essere uno quasi noc- civile il bene e il male, esercitare, con
chiere, che considerando le diverse con- l'applicazione delle leggi che su quella
dizioni del mondo, e li diversi e neces- distinzione sono fondate, la giustizia:
sari uffizi ordinando, abbia del tutto questo è ufficio dell' Imperatore. Cfr. i
universale e irrepugnabile ufficio di co- vv. 107-112 e 127-129*
mandare. E questo ufficio è per eccel- 101. fedire: ferire, tendere soltanto
lenza Imperio chiamato.... e chi a que- a quel bene mondano, di che essa è
sto ufficio è posto, è chiamato Impera- ghiotta, avida (Inf. XIX, 104-112).
dorè » ; Gonv. IV, 4. Cfr. De Mon. I, 12, 102. di quel del bene mondano, senza
:

13; II, 5, ecc. curarsi de' beni eterni.


96. vera cittade la patria celeste,
: 103-105. Ben puoi ecc. da quanto ti
:

Purg. XIII, 95. - la torre se discerne : ho detto, puoi comprendere che cagio-
la torre, può condurre chi è affidato alla ne della generale corruttela è il mal go-
sua guida, verso la città cui la torre ap- verno dell'umanità, non già l' influenza
partiene. Il linguaggio è quale si con- delle stelle che abbia corrotta la natura
verrebbe a città terrene. La torre è ' '
degli uomini (come aveva lasciato sup-
la giustizia. porre Guido del Duca Purg. XIV, 37
97. leggi divine e umane, ecclesiasti-
: sgg.). « Ipsi pastores ignoraverunt in-
che e politiche cfr. Purg. VI, 88 sg. -
; telligentiam; omnes in viam suam de-
pon mano ad esse per farle osservare.
: clinaverunt, unusquisque ad avaritiam
98. Nullo ecc. nessuno, giacché l'im-
: suam a summo usque ad novissimum»;
pero è vacante, Purg. VI, 89. - il pa- Isaia LVI, 11. - « Grex perditus factus
stor il papa. - precede
: va innanzi a : est populus meus; pastores eorum se-
mo' di guida. duxerunt eos, feceruntque vagari » ;

99. ruminar ecc. la legge mosaica


: Jerem. L, 6.
proibiva agi' Israeliti di mangiare la 106. feo : fece ; diede al mondo 1' ot-
carne degli animali che non ruminano tima disposizione, riducendolo a monar-
e non hanno il pie forcuto; cfr. Levit. chia e dando ordini di leggi civili, e così
472 [gikostk TERZO] Puii<;. XVI. 107-123 [CORRUZIONE rrkskn I
i:J

due soli aver, che 1' una e l'altra strada


facean vedere, e del mondo e di Deo.
109 L' un l'altro ha spento, ed è giunta la spada
col pasturale, e 1' un con 1' altro insieme
per viva forza mal convien che vada ;
112 però che, giunti, 1' un 1' altro non teme :

se non mi credi, pon mente alla spiga ;

eh' ogni erba conosce per lo seme.


si
115 In sul paese che Adice e Po riga,
solea valore e cortesia trovarsi,
prima che Federigo avesse briga :

118 or può sicuramente indi passarsi


per qualunque lasciasse per vergogna
di ragionar coi buoni, o d'appressarsi.
121 Ben v'èn tre vecchi ancora in cui rampogna
l'antica età la nuova, e par lor tardo
che Dio a miglior vita li ripogna :

lopreparò ad accogliere la fede cristia- suo cognoscitur »; Luca, VI, 44, e cfr.
na; cfr. Conv. IV, 5. Inf. II, 22 sgg. Matt. VII, 16 sgg.
107. due Soli le due somme autorità,
: V. 115-129. La corruzione presen-
imperiale e papale, che illuminavano, te e la virtìi antica nella Lombar-
questa con le verità rivelate agli uomini dia. A
conferma di quanto ha sin qui
la via della beatitudine eterna, quella dimostrato, Marco adduce l'esempio del-
1
per philosophica documenta la via '
le condizioni morali della società lom-
della felicità di questa vita; De Mon. barda. Colà dove, prima che comincias-
Ili, 16. Conv. IV, 4. sero le lotte tra Federigo II e i papi,
109-112. L'un ecc. l' autorità papale
: a cui seguì la deplorata confusione dei
ha spento, in Roma, l'autorità imperia- poteri, si trovavano uomini pieni di va-
le. - giunta congiunta. Il potere tem-
: lore e cortesia (cfr. Inf. XVI, 67), non
porale (spada) è congiunto col potere vivono ora se non viziosi, se si eccet-
spirituale (pasturale) e uniti nella stes-
; tuino tre vecchi, che desiderano esser
sa persona, non hanno più soggezione toltida un mondo sì guasto e chiamati
l'uno dell' altro, e viene così a mancare da Dio alla sua pace. In che vile condi-
il freno precipuo che impediva a ciascu- zione la Chiesa di Roma riduce sé e ciò
no di tralignare. Buti « Quando li che-
: che a lei è affidato!
rici non aveano se non lo spirituale, te- Lombardia, nel qual
115. paese ecc.: la
mevano di fallire e di vivere disonesta- nome comprendeva la più gran parte
si
mente, se non per l'amore di Dio, almeno dell'Italia superiore, compresa la Marca
per paura de' seculari che, vedendo la Trevigiana e l'Emilia.
loro mala vita, non denegassero loro le 117. prima die ecc. nei tempi ante-
:

loro elimosine; e così li seculari teme- riori alle lotte di Federigo II coi pon-
vano di fallire e vivere male, conside- tefici.
rando Lo prelato è sì diritto, che non
:
' 118-120. or può ecc.: amara ironia. Ogni
m'assolverà'. Ora, vedendo lo cherico tristo, che si vergognasse di appressarsi
dato allo cose temporali, dice Così pos-
:
'
ai buoni e di ragionare con loro, può ora
so fare io com' elli '. » passare tranquillamente per quei paesi,
113. alla spiga: al frutto. Se tu non certo di non incontrarvi persona buona,
credi alle mie parole, guarda agli effetti davanti a cui vergognarsi.
di questa confusione dei due supremi po- 121-122. èn: enno =
sono.-in cui ecc.:
teri « unaquaeque enim arbor de fructu
; ne' quali l'antica età riprende la nuova.
[GIRONE TERZO] Puro. xvi. 124-134 [vecchi integri] 473

124 Currado da Palazzo, e '1 buon Gherardo,


e Guido da Castel, che me' si noma
francescamente il semplice Lombardo.
127 Di' oggi mai che la Chiesa di Roma,
per confondere in sé due reggimenti,
cade nel fango, e sé brutta e la soma. »
130 « Marco mio » diss io, « bene argomenti T

e or discerno perchè dal retaggio


li figli di Levi furono esenti.

133 Ma qual Gherardo è quel che tu per saggio


di' eh 'è rimaso della gente spenta,

124-126. Currado Corrado III, dei con-


: propriis humeris coequare, ne forte hu-
ti di Palazzo da Brescia, vicario di Car- merorum nimio gravata virtute, in ce-
lo I d'Angiò in Firenze nel 1276, capi- num cespitare necesse sit » ; De Vulg.
tano contro i Trentini nel 1279 e pode- Eloq. II, 4.
stà, di Piacenzanel 1288. Cfr. O. Rossi, V. 130-145. Gaia, figlia del buon
Elogi hist. di Bresciani illustri, Brescia, Gherardo. D. chiede chi sia il buon
1620, p. 42 : sg. « Portò in sua vita molto Gherardo nominato da Marco. Questi,
onore, dilettossi in bella famiglia, ed in maravigliato della domanda, risponde di
vita polita, in governamenti di cittadi, non saperlo chiamare altrimenti che il
dove acquistò molto pregio e fama » ;
buon Gherardo, se pure non volesse chia-
Ott. - Gherardo da Camino di Trevigi,
: marlo il padre di Gaia. Poi Marco fret-
capitano generale di Trevigi dal 1283 toloso torna indietro, essendo già vici-
sino alla sua morte avvenuta nel 1306. no alla estremità della regione fumosa.
« Fu cortesissima persona e di- grande Gaia, figlia di Gherardo e di Chiara
magnificenzia » ; Lan. - « Si dilettò non della Torre da Milano, sua seconda mo-
in una, ma in tutte cose di valore,
stando glie,sposò un suo parente, Tolberto da
fermo a casa » Ott. D. ne esalta la gran-
;
Camino, e morì nell'agosto del 1311. Il
de e vera nobiltà nel Conv. IV, 14. - Lan. ambiguamente « Fu donna di tale
:

Guido da Castel: dell'uno dei tre rami reggimento circa le delettazioni amoro-
del casato de' Koberti da Reggio. Dicono se, il suo nome per tutta
che era notorio
che, cacciato dalla patria come ghibelli- Italia. » E
Benv.: « Ista enim erat fa-
no, riparasse nel 1318*a Verona. «Stu- mosissima in tota Lombardia, ita quod
diò in onorare valenti uomini che pas-
li ubique dicebatur de ea Mulier quidem
:

savano per lo cammino francesco, e molti vere gaia et vana et ut brevi tur dicam,
;

ne rimise in cavalli ed armi che di Fran- , Tarvisina tota amorosa quse dicebat
;

cia erano passati di qua » Ott. Anche di ;


domino Rizardo suo Procura tan-
fratri :

Guido D. encomia la nobiltà nel Conv. tum mihi iuvenes procos amorosos, et
IV, 16. - che me' ecc. che è meglio : ego procurabo tibi puellas. formosas.
conosciuto col nome di semplice Lom- Multa jocosa sciens prsetereo de feemina
bardo, datogli al modo francese, cioè ista, quee dicere pudor prohibet. » Altri
nel senso buono che ha simple per i la dicono invece celebre per bellezza^ed
Francesi schietto e modesto cfr. Purg.
: ; onestà. Con quelli che- sentono nell'al-
VII, 130. Su altre interpr. di questa fra- lusione a Gaia una rampogna per essa.
se cfr. A. Zenatti, o. e, pp. 36 e 55. è P. Eajna, Bull. XI, 349 sg.
127. Di' conchiudi dunque che la
: 131-132. discerno ecc. vedo chiara-
:

Chiesa romana, confondendo in sé due mente la ragione per la quale i Leviti,


poteri, temporale! e spirituale, precipita i sacerdoti del popolo d' Israele, furono

nel fango ed imbratta sé ed il suo carico, esclusi dall'eredità dei beni temporali;
cioè l'uno e l'altro governo che presu- cfr. Num. XVIII, 20. Giosuè XIII, 14 ;

me tenere, lo spirituale e il temporale. XXI, L sgg.


129. cade: «Ante omnia ergo dicimus, 134. gente spenta dei buoni uomini
:

unumquenique debere materie pondus d'altri tempi, v. 115-126.


474 [GIRONE TERZO] PUIHÌ. XVI. 135-145 [GHERARDO E GAIA]

inrimprovero del secol selvaggio ? » 1

136 « tuo parlar m' inganna, o el mi tenta »


rispuose a me « che, parlandomi tosco,
;

par ohe del buon Gherardo nulla senta.


139 Per altro soprannome io noi conosco,
s' io noi togliessi da sua figlia Gaia.

Dio sia con voi, che più non vegno vosco.


142 Vedi l'albór che per lo fummo raia,
già biancheggiare, e me convien partirmi
- l'angelo è ivi -, prima eh' i' gli paia. »
145 Così tornò, e più non volle udirmi.

135. in rimprovero ecc. in rampogna


: tu non sappia nulla.
138. nulla senta :

della generazione odierna, priva di va- non vegno vosco: non essen-
141. più
lore e cortesia, epperò selvaggia. Leg- domi lecito di uscire da questo fumo,
gendo rimprovero, anziché rimproverio, non posso venire più oltre con voi.
oltre al tener fede a un'ottima tradiz. il chiarore dell'angelo
142. l'albór:
di codici, s' ha il vantaggio di dar ri- che sta passo del perdono e splende
al
lievo non pure a secol e a selvaggio, ma più del sole cfr. Purg. XV, 10 sg. - raia
; :

anche all' importante parola rimpro-


'
raggia; cfr. Par. XV, 56. XXIX, 136.
vero che ci obbliga a un accento di 3 a
', 144. l'angelo è questo l'angelo della
:

su accento non regolare, seguito


-pro-, pace; cfr. Purg. XVII, 46 sg. -prima:
com'è da uno di 7 a (sécol), ma per ciò prima di comparirgli dinanzi, il che a
stesso sensibilissimo. me sarà lecito sol quando sarà compiuta
136. tuo ecc. o io m'inganno nel-
: la mia purificazione.
l'interpretar le tue parole, oppure tu hai 145. Così tornò ecc.: ciò detto, si rivol-
parlato così per stuzzicarmi e farmi dire se indietro e non mi
volle udire oltre ;

altre cose sul conto del buon Gherardo. cfr. Inf. XV,
121 sgg. Al. Così parlò
: :

137. tosco toscano. Gherardo da Ca-


: Moore, Crii. 391. - volle udirmi Al. : :

mino era notissimo in Toscana cfr. ; volle dirmi Marco non soltanto non vol-
:

Bel Lungo, Bino Oomp., I, 596 sg. ;


le più dire, ma nemmeno volle più udire,
n, 477. in quanto s'allontanò.
m [GIKONE TEKZO] PURG. XVII. 1-10 [USCITA DAL FUMO] 475

CANTO DECIMOSETTIMO

GIRONE TERZO : IRA

USCITA DAL FUMO, ESEMPI D' IRACONDIA PUNITA


L'ANGELO DELLA PACE

SALITA AL QUARTO GIRONE

NOTTE, TEORICA DELL'AMORE


SISTEMA MORALE DELLA PARTIZIONE DEL PURGATORIO

Ricorditi, lettor 1 se mai nell'alpe


ti colse nebbia per la qual vedessi
non altrimenti che per pelle talpe,
come, quando i vapori umidi e spessi
a diradar cominciansi, la spera
del sol debilemente entra per essi ;

e fìa la tua imagine leggiera


in giugnere a veder com' io rividi
lo sole in pria, che già nel corcar era.
10 Sì, pareggiando i miei co' passi fidi

V. 1-12. Uscita dal fumo. Con una un piccolo foro, attraverso il quale la tal-
similitudine, alquanto involuta nella lo- pa ci vede. - i vapori : la nebbia, che è co-
cuzione, ma evidentissima e appropriata stituita di vaporiumidi e spessi. « Veluti
nell'immagine, il P. descrive com'egli cum flumina natasExhalantnebulas,nec
e V. uscirono dal fumo che avvolge gli sol admittitur infra » Ovid., Met. XIII, ;

iracondi e rividero il sole già vicino al 602 sg. - la spera il disco del sole pene-
:

tramonto. Cfr. L. Vent., Simil., 117. tra co' suoi raggi solo debolmente attra-
1-6. Ricorditi ecc.: «costruisci Se mai, : verso alla nebbia cfr. Voc. Cr. s. v. spera.
;

o lettore, sull'alpe ti colse nebbia, per cui 7. imagine: immaginativa; cfr. v.21. -
tu non potessi vedere se non come vede leggiera agevolata: leggero valse e age-
:
'

la talpa a traverso la pellicola che ha su- vole a farsi e che agevolmente fa ;


' ' '

gli occhi ricordati come i raggi del sole


; Purg. XXIV, 69.
entrano debilmente per gli umidi e spessi 8-9. rividi lo sole in pria: principiai di
vapori, quando questi cominciano a dira- nuovo a vedere il sole, cioè quando stavo
darsi » L. Vent. - per pelle secondo la
; : per uscire dal fumo. - nel corcar era :

zoologia antica, l' occhio della talpa è co- sul punto di coricarsi, di tramontare.
perto d'una sottile pellicola (cfr. Aristot., 10-12. Sì: così, cioè a questa scarsa
Hist. animai. I, 9), onde non può vedere; luce solare. - ai raggi « Per prima cosa, :

opinione erronea, perchè la pellicola ha nell' uscire di quella nube di fumo, il P.


476 [GiKOM': terzo] Turo. xvii. 11-22 [esempi d'iracondia]

del mio maestro, usci' fuor di tal nube


ai raggi, morti già nei bassi lidi.
18 imaginativa, che ne rube
tal volta sì di fuor, ch'uom non s'accorge,
perchè dintorno suonin mille tube,
JO chi move te, se il senso non ti porge?
Muoveti lume che nel ciel s' informa,
per sé o per voler che giù lo scorge.
J9 Dell' empiezza di lei che mutò forma
nell' uccel che a cantar più si diletta,
nell' imagine mia apparve l' orma ;

22 e qui fu la mia mente sì ristretta

rivide il sole presso il tramonto, il quale nisce tutti coloro che della patria e della
per conseguenza pare seguitasse a es- religione fanno istrumento d'ire e di ven-
sergli in faccia perciocché procedendo
;
dette superbe » Perez, Sette cerchi, 164.
;

per quella oscurità, appoggiato a V., è 13. imaginatiTa la potenza immagi-


:

colpito da queir imagine torba e sbia- nativa, la fantasia, v. 25. « Ad harum


dita, che in principio ha descritto, no- autem formarum retentionem aut con-
nostante che presso la ripa a sinistra servationem ordinatur phantasia, sive
stesse l' angelo, già visto biancheggiare imaginatio, quse idem sunt; est enim
da Marco Lombardo, e pareggiando i phantasia, sive imaginatio, quasi thesau-
suoi co' passi fidi del maestro, nota i rus quidam formarum per sensum ac-
raggi del cadente sole esser già morti ceptarum»; Thom. Aq., Sum. theol. I,
ai bassi lidi, cioè non cadere ormai più 78, 4. - « Procul dubio oportet in vi ima-
che sulla parte elevata del monte. Que- ginativa ponere non solimi x>otentiam
sta circostanza del trovarsi i Poeti sempre passivam, sed etiam activam » ibid., 84, ;

diretti verso l'occaso, conferma quanto 6. - « Imaginatio est quidem altior po-
concludemmo in ordine alla grande esten- tentia quam sensus exterior » ibid. Ili, ;

sione che doveva attribuirsi al raggio di 30, 3. - ne rube ci rubi, ci distogli dal
:

questa cornice, e molto più a quello delle di fuori, dalle impressioni esterne cfr. ;

due precedenti » Antonelli. ; Purg. IV, 1 sgg. Bocc, Vita diD., 8. Pa-
V. 13-39. Visioni di esempi d'ira- canti, D. secondo la trad., p. 28, n. 5.
condia punita. « Alle tre visioni di 15. perchè ecc. per quanto ci risuo-
:

dolci mitezze [Purg. XV, 85 sgg.] si nino d'intorno mille tube, cioè trombe;
contrappongono altrettante visioni di cfr. Par. VI, 72; XXX, 35.
crude iracondie. Progne uccide il figlio 16. chi muore ecc.: che cosa mai ti sti-
per gustare la dolcezza della vendetta, e mola e fa operare, se i sensi non ti por-
perde la facoltà de' pensieri, la ragione ; gono nulla, non ti offrono le forme sen-
Amano vuol uccidere, ed è ucciso vo- ; sibili da fissare in te? Cfr. Conv. Ili, 9.
lendo perdere altrui, perde sé stesso ;
17-18. nel ciel s'informa: prende sua
Amata si uccide per non perder Lavinia, forma, deriva dal cielo. - per se per na- :

e la perde per sempre sforzi sempre in-


: turale influsso dei cieli. - TOler : divino.
felici dell'ira. Di Progne fan vendetta gli Le immagini che non vengono alla fan-
dèi di Amano fan vendetta gli uomini
; ;
tasia dal senso, vengono dal cielo, o per
di Amata fa vendetta ella stessa: tre influsso degli astri, o per volere di Dio.
vendette che sovente s'unisconoinsieme. 19. empiezza empietà, crudeltà. - lei
: :

Così il volto di due regie donne, orribil- non già Filomela, ma Progne, trasfor-
mente dall' ira trasformato, mette in or- mata in usignolo come T>. mostrò di cre-
rore al sesso gentile una passione che dere: cfr. Purg. IX, 15.
cancella dalle sembianze umane ogni 21. imagine: immaginativa; cfr. v. 7.-
traccia di bellezza; e l'ira di un regio l'orma: l'impronta, la rappresentazione.
ministro che cade nei lacci tesi ad altrui, 22-24. sì ristretta dentro da se ecc.: rac-
ira politica e religiosa insieme, ammo- colta in sé medesima, tutta intesa a que-
[GIRONE TERZO] Purg. xvn. 23-39 [es. d'iracondia] 477

dentro da sé, che di fuor non venia


cosa che fosse allor da lei ricetta.
25 Poi piovve dentro ali alta fantasia 7

un, crocifìsso, dispettoso e fero


nella sua vista, e cotal si moria :

intorno ad esso era il grande Assuero,


Ester sua sposa e il giusto Mardocheo,
che fu al dire e al far così intero.
31 E come questa imagine rompeo
sé per sé stessa, a guisa d' una bulla
cui manca l'acqua sotto qual si feo,
34 surse in mia visione una fanciulla
piangendo forte, e dicea « regina, :

perchè per ira hai voluto esser nulla ?


37 Ancisa t' hai per non perder Lavina :

or m'hai perduta io son essa che lutto,


:

madre, alla tua pria eh' all' altrui ruina. »

sta immaginazione d' origine celeste per 35. regina: Amata, madre di Lavinia,
tal modo che nessuna impressione di che s'impiccò perirà disperata, credendo
cose sensibili esterne poteva essere ri- Turno già ucciso da Enea e che Lavi-
cevuta {ricetta —
lat. recepta) da lei. nia andasse sposa a Enea anzi che a
25. alta fantasia: staccata dalle cose Turno; cfr. Virg., Aen. XII, 601 sgg.
terrene; cfr. Par. XXXHI, 142. « Nell'ira d'Amata pare che l'Alighieri
un Amano, l'onnipotente ministro
26. : voglia ritrarre l' ira di coloro, che, fitti
del re di Persia Assuero; il quale Ama- in qualche affetto singolare e privato,
no, adirato contro il giudeo Mardocheo, non san levarsi ad affetti universali, e
zio della regina Ester, perchè non presta- vanissimamente si sdegnano contro i de-
va ad esso tutta la riverenza che egli pre- creti d' una provvidenza che scompiglia
tendeva, disegnò di distruggere lui e tutti i loro disegni per edificar cose ben mag-
i Giudei ma fu poi crocifisso a quello
; giori»; Perez, 163.
stesso legno che aveva fatto apprestare 36. nulla:il suicida crede annullarsi.

per Mardocheo; cfr. Ester III- VII. 37. per non perder Lavina: per non
27. cotal dispettoso e fiero, quale non
: vederla andare sposa all' odiato Enea.
è raffigurato nella Bibbia che dice essersi 38. or ecc. uccidendoti ni' hai perduta
:

egli umiliato a pregare Ester « prò anima davvero. - lutto piango, sono in lutto
:

sua » ed è di D. anche la scena di As-


; per la tua morte prima che per la morte
suero ed Ester e Mardocheo presenti alla di Turno. Si disse in antico luttare (dal
crocifissione. lat. luctu8)~peTdolersi piangendo '. Bono
'

30. intero : integro in parole e in fatti. Giamboni, Tratt. mor„ Fir., 1836, p. 232:
31-33. rompeo se ecc. si ruppe e svanì : « luttando con guai e con sospiri. »
da sé a guisa di bolla (bulla) che si rom- V. 40-69. L'angelo della pace. Ap-
pa, venendole meno l' acqua ond' è com- piè della scala che dal 3<> porta al 4° gi-
posto il sottilissimo velo che chiude l'aria rone, sta un altro angelo il cui fulgore
interna. « Crassior offensaB bulla tume- scuote D. e lo richiama dalle contempla-
scit aqus© »; Martial,, Epigr. Vili, 33. zioni estatiche degli esempi d'ira punita
34. fanciulla Lavinia o Lavina, unica
: alla realtà. L'angelo, che D. non può fis-
figlia di Latino, re del Lazio (cfr. Inf. IV, sare, dopo aver detto ai due viandanti
125-126), e di Amata, dopo essere stata « qui si monta », con un colpo d' ala can-
promessa a Turno, re dei Rutuli, andò cella dalla fronte di D. un altro P e canta
sposa ad Enea; cfr. Virg., Aen. XII, TU. la beatitudine « Beati i pacifici ! », men-
Liv. I, 1, 2. Ovid., Met. XITI. tre i P. b' avviano su per la scala.
478 [girone terzo] Pun<;. xvii. 40-59 [angelo della pace]

40 Come si sonno, ove di butto


frange il

nuova luce percuote il viso chiuso,


che fratto guizza pria die muoia tutto;
43 così Pimaginar mio cadde giuso,
tosto che lume il volto mi percosse,
maggiore assai che quel eh' è in nostr' uso.
46 Io mi volgea per veder ov' io fosse,
quand' una voce disse « Qui si monta :
»,
che da ogni altro intento mi rimosse ;

49 e fece la mia voglia tanto pronta


di riguardar chi era che parlava,
che mai non posa, se non si raffronta.
52 Ma come al sol che nostra vista grava
e per soverchio sua figura vela,
così la mia virtù quivi mancava.
55 « Questi è divino spirito, che ne la
via da ir su ne drizza sanza prego,
e col suo lume sé medesmo cela.
58 Sì fa con noi, come V uom si fa sego ;
che quale aspetta prego e V uopo vede,

40. di butto : di botto ( Inf. XXII, 130; 52-54. Ma come ecc. ma la mia virtù
:

XXIV, 105), a un tratto. visiva era impotente davanti a quel lume


occhi chiusi.
41. il riso chiuso: gli parlante, così come davanti al sole, il
qual sonno. - fratto: rotto
42. che: il quale ci costringe ad abbassar gli occhi
d' improvviso. - guizza « siccome il pe- : {nostra vista grava) e non lasciandosi fis-
sce, tratto fuor d'acqua, guizza prima sare per la sua luce soverchia, si può dire
di morire, così per catacresi appella guiz- che con questa veli sé stesso.
zare quello sforzo che l'interrotto sonno 55. ne la: nella; anticam. scrivevasi
fa di rimettersi, prima che del tutto sva- spesso ne la anche in prosa.
nisca »;Lomb. 56. sanza prego: senza farsi da noi
Pimaginar ecc.: allo stesso
43. così pregare. Cfr. Purg. VI, 134 sg. « Nulla
modo, cioè non tutte di colpo, sparvero res carius constat, quam quae precibus
le immagini che vedevo nella fantasia. empta est » Senec, De Bene/. II, 1. Cfr.
;

44. lume: fulgore dell'angelo lì vicino. Oonv. I, 8. La carità non aspetta pre-
45. quel ecc. il lume del sole.
: ghiere, ma soccorre spontanea.
47. voce : dell'angelo ch'invita a salire. 57. col suo ecc. cfr. v. 53. « Amictus
:

che ecc. la qual voce mi distolse


48. : lumine sicut vestimento» Psal. CIII, 2. ;

dal pensare, dall' intendere ad altro. 58. sego: seco. Circa lo scambio nel
50. chi era: «quia vox non sonabat toscano tra e e g, cfr. Bull. Ili, 102.
humana » Benv. ; L' uomo non attende preghiere altrui per
51. si raffronta: «Nota qui in gene- far ciò che a lui è caro o necessario. D. pa-
rale il carattere d'una voglia intensa. reggia l'amore dell'angelo per gli uomini
E il concetto del ternario è il seguente : all'amore che l'uomo ha per sé, alludendo
Fece la mia voglia tanto pronta, tanto al precetto evangelico « Diliges proxi-
:

sollecita e impaziente, di vedere chi era mum tuum tamquam te ipsum » ; Marc.
quegli che parlava, che quando la voglia XII, 31.
è a tal segno, non posa mai, non s'acquie- 59. quale ecc. : l' uomo che, vedendo
ta, se non si raffronta, se non viene a fron- ilbisogno altrui, aspetta di essere pre-
te colla cosa o persona bramata »; Br.B. gato del suo aiuto, si prepara già mali-
[GIRONE QUARTO] PURG. XVII. 60-79 [SALITA AL 4° GIRONE] 479

malignamente già si mette al nego.


Or accordiamo a tanto invito il piede :

procacciam di salir pria che s' abbui ;

che poi non si porla, se '1 dì non riede,


e* Così disse il mio duca, e io con lui
volgemmo i nostri passi ad una scala ;
e tosto ch'io al primo grado fui,
67 senti 7
mi presso quasi un mover d'ala,
ventarmi nel viso, e dir « Beati
e :

pacifici, che son sanz' ira mala » !

70 Già eran sovra noi tanto levati


gli ultimi raggi che la notte segue,
che le stelle appari van da più lati.
73 « virtù mia, perchè sì ti dilegue 1 »
fra me stesso dicea, che mi sentiva
la possa delle gambe posta in triegue.
Noi eravam dove più non saliva
la scala su, ed eravamo affissi,
pur come nave ch'alia piaggia arriva;
79 e io attesi un poco s' io udissi

gnamente a negare il soccorso, quando est laudabilis me appetitus »; Thom.


ne sarà pregato. « Tarde velie nolentis Aq., Sum. theol. II, il, 158, 1-2.
est; qui distulit diu, noluit»; Senec. De V. 70-78. Salita al quarto girone.
Benef. II, 1. Cfr. Oonv.'l, 8, dove si dice Sono le 5 3 /4 di sera. I P., salita la scala
che è della pronta liberalità .... senza
' ' '
che mette alla 4 a cornice, sono sorpresi
essere domandato il dono, dare quello '. dalla notte, e non possono più salire.
61. accordiamo ecc.: assecondiamo, coi 71-72. che la notte segue ai quali tien :

nostri passi, il cortese invito dell'angelo. dietro la notte. - le stelle « quando ci :

63. poi: dopo il tramonto; cfr. Purg. troviamo sopra notevoli alture, e il sole,
VII, 44-60. occultato al nostr'occhio nonché ai bassi
67-68. senti* mi ecc. sentii qualcosa
: piani, indora soltanto, e leggermente, le
vicino a me, come un muover d' ali. - più elevate cime delle montagne, ad aria
Tentarmi un soffiar di vento nel viso.
: limpida e pura cominciano a vedersi in
Col vento mosso dalle sue ali l' angelo più punti del cielo le stelle di prima
gli cancella dalla fronte il 3° (vestigio P grandezza, alle quali non fa grave osta-
dell'ira). - Beati ecc.: è l'evangelico: colo quel candido velo, che dalla luce
« Beati i pacifici perchè saranno chia-
;
crepuscolare ancora rimane» Antonelli. ;

mati figliuoli di Dio » Matt. V, 9. ; 73. Yirtù mia forza di muovermi. Que-
:

69. mala: peccaminosa. C'è anche un'ira sta virtù si dilegua non per stanchezza,
lodevole cfr. Psalm. IV, 5. Efes. IV, 26.
; ma perchè annotta {Purg. VII, 52 sgg.).
Oreg.Magn.,Moral. V, 30.-«Potestma- 75. posta in triegue solo temporanea- :

lum in ira inveniri, quando scilicet ali- mente sospesa, non distrutta.
quis irascitur plus, vel minus prseter 76. dove ecc. al sommo della scala.
:

rationem rectam. Si autem aliquis ira- 77-78. affissi ecc. fermi su l'orlo del
:

scitur secundum rationem rectam, tunc 4° girone, come nave che giunge e si
irasci est laudabile.... Ira non semper ferma presso la riva. Non possono fare
est mala.... Hsec ira est bona, quae di- un passo in su, e non vogliono farne
citur ira per zelum.... Si aliquis appetat in giù; quindi restano lì immobili.
quod secundum ordinem fìat vindicta, V. 79-139. Zia teoria dell'amore»
480 [GIRONE QUARTO] PURG. XVII. 80-90 [TEORICA DELL AMORE] 7

alcuna cosa nel novo girone ;

poi mi volsi al maestro mio, e dissi :

82 « Dolce mio padre, di', quale offensione


si purga qui nel giro dove semo ?
Se i pie si stanno, non stea tuo sermone. »

85 Ed elli a me « L' amor del bene, scemo


:

di suo dover, quiritta si ristora ;

qui si ribatte il mal tardato remo.


88 Ma perchè più aperto intendi ancora,
volgi lamente a me, e prenderai
alcun buon frutto di nostra dimora.

Dopo essere stato per un poco attento voler male ad altri che al prossimo; e
se udisse alcun che di nuovo, D. do- questo o per superbia abbassando altrui
manda a V. « Che peccato si purga qui? » a fine d'innalzare sé: o per invidia, at-
E V. « L'amore troppo tiepido del be-
: tristandosi dell'altrui potere ed onoro,
ne ». Poi, perchè D. meglio comprenda per tema di perdere quant' altri ne ac-
ciò, gli spiega come da amore nasca quista, o per ira di male patito o te-
ogni virtù ed ogni vizio. - « Dio, le sue muto. Questi tre abusi dell'amore pur-
creature, e ragionevoli e no, hanno amo- gansi ne' giri di sotto, perchè più gra-
re; che ne' corpi è impulso di moto, ne' vi. Ora resta dell' amore inordinato, o
bruti istinto, negli uomini o negli spi- per tiepidezza, e dicesi accidia; o per
riti superiori movimento di libera vo- troppo ardore, e può spingersi a volere
lontà. Dire amore anche 1' attrazione oro, cibo, piaceri. Avarizia, come più
de' corpi, non è semplice traslato aristo- rea, sta sotto a gola gola sotto a lussu-
;

telico, ma si reca a quella dottrina e ria, che è men lontano alla cima» Tom.; ;

filosofica e teologica, a quella tradizione e cfr. n. 95.


di tutti i popoli, a quel senso di tutti gli 80. novo girone: il 4°, ove si purga
uomini che manifestasi fin nell'età infan- l'accidia.
te, e che considera i corpi come velo o lin- 82. offensione: ogni peccato è offesa
guaggio od organo d'enti liberi nascosti a Dio.
oltre a quelli. L' amor naturale, inteso 84. Se i pie ecc. se i piedi stan fermi,
:

da Dante, comprende tutte le nature non cessi per questo il tuo parlare.
degli enti; anco al bruto e alla pietra. scemo ecc. mancante in parte di
85. :

In quanto gli enti inferiori tendono ai ciò che dovrebbe avere cioè non avente ;

superiori, e in quanto V Ente sommo, tutto il sollecito fervore che all'amore


amando sé, a sé fa tendere tutti gli altri, del bene si conviene. « Acedia est qui-
non può l'amore non essere buono, ap- dam tristi tia, qua homo redditur tardus
punto perchè da natura. Ma negli uomini ad spirituales actus propter corporalem
diviene colpa se si volge ad oggetto men laborem »; Th. Aq., Sum. theol. I, 63, 2.
che buono, o cerca il bene con soverchio 86. quiritta: appunto in questo cer-
impeto o con poco vigore. L'amore di- chio; cfr. Purg. IV, 125. - si ristora: si
retto ai beni supremi, cioè a Dio e alle ripara, si compensa mediante la pena.
creature di Dio nell'ordine loro, e verso 87. si ribatte << Qui si riacquista con
:

queste misurato con le proporzioni de- diligente sollecitudine (con l'ardore della
bite, non è mai colpa; è colpa quando mente) ciò che si è perduto per negli-
si torce al male, o cerca il bene con più gente trascuratezza (cfr. Purg. XVII,
o meno cura di quello che deve. Amore 105), come il navigante affrettando il
è dunque sementa d'ogni virtù e d'ogni battere del remo deve riguadagnare il
vizio. E perchè l'ente non può non volere tempo perduto colla precedente lentez-
l'essere proprio, però gli è impossibile za, col mal tardato remo » Poi. - mal ; :

odiare sé stesso. E perchè ogni ente di- con danno del rematore.
pende necessariamente da Dio causa pri- 90. dimora: indugio. Come nel e. XI
ma, è impossibile odiare Dio in quanto dell' Inf. la struttura morale dell'Inf.,
causa dell'essere. Non si può dunque così qui è esposta quella del Purg.
[GIRONE QUARTO; Purg. XVII. 91-105 [teor. dell' AMOIiE] 481

91 Né Creator, né creatura mai »


cominciò ei, «figliuol, fu sanza amore,
o naturale o d'animo; e tu '1 sai.
94 Lo naturale è sempre sanza errore ;

ma l'altro puote errar per malo obbietto,


o per poco, o per troppo di vigore.
97 Mentre eh' egli è ne' primi ben diretto,
e ne' secondi sé stesso misura,
esser non può cagion di mal diletto ;

ioo ma quando al mal si torce, o con più cura


o con men che non dee corre nel bene,
il fattore adovra sua fattura.
contra
103 Quinci comprender puoi eh' esser convene
amor sementa in voi d' ogni virtute,
e d' ogni operazion che merta pene.

91. « Dio è carità »


Creator : I, Ep. ; di ottenerne vendetta, che si risolve nel
Giov. IV, 8. Sopra i seguenti versi cfr. male dell'offensore 2° Amando il primo
:

Varchi, Lez. su Dante, I, 117-166. e sommo Bene meno del dovere, mo-
naturale: innato, istintivo, di cui
93. strandosi cioè tiepido a raggiungerlo ed
1' essere amante non è responsabile. - acquistarlo (accidia): 3° Amando beni
d'animo amore inteso e voluto, giac-
: secondarli più del dovere, eccessiva-
ché intelligenza e volontà son proprie mente ; il che avviene bramino
a) se si
dell'animo [« s'intende animo solamente troppo le ricchezze, o se ne abusi (ava-
quello che spetta alla parte razionale, rizia e prodigalità) ; b) se soverchiamen-
cioè la Volontà e lo Intelletto » ; Conv. te si appetiscano e gustino i piaceri del
Ili, 22] in altri termini amore di ele-
: mangiare e del bere (gola) ; e) se si as-
zione, di cui l'essere amante è responsa- secondi troppo la concupiscenza della
bile. « Om
ne a gens quodeumque sit, agit carne (lussuria). Cfr. D'Ov. N. St. I,
quameumque actionem ex aliquo amo- 191 sgg.
re»; Thom. Aq., Sum. theol. I, il, 28, 97. egli:l'amore di libera elezione. -
6. - il sai : per istudio e per esperienza; primi ben: i beni veri, spirituali, pri-

cfr. Conv. in, 3. missimo Dio. -Al.: primo ben, cioè Dio,
sanza errore
94. 1' amore naturale,
: lezione che dà pure un ottimo senso.
istintivo, per sé stesso non erra mai ; e 98. secondi: nei beni materiali, caduchi.
se nell'uomo sembra errare non può es- - misura: modera, tiene nei giusti limiti.
sere se non perchè l'istinto naturale sia 99. mal diletto: piacere peccaminoso.
impedito dalla volontà comune di eserci- 100-101. al mal ecc. quando questo :

tare la sua forza. Cfr. Thom. Aq., Siwn. amore si volge al male, o si mostra sol-
theol. I, 60, 1. lecito dei beni secondi più che non con-
95. l'altro: l'amore di elezione, può venga, ovvero ama i beni primi meno
errare in tre modi: 1° Essendo diretto del dovere, esso opera contro il Crea-
al male, ch'è sempre il male altrui, a) tore, e l' amore diviene peccaminoso. -
o in quanto si cerchi di conculcare il con men ecc. : cfr. Marco XII, 30.
prossimo (superbia) per potergli sopra- 102. adovra: adopera = opera: l'uomo
stare; b) o in quanto ci si strugga in- opera contro Dio.
ternamente per tema di essere abbas- 103-105. Quinci ecc.: dal sin qui detto
sati se altri è fortunato (invidia), e si puoi comprendere che l'amore è in voi
voglia e si cerchi perciò che cessi il bene uomini principio d'ogni virtù, ed anche
di cui altri gode e che gì' incolga il ma- di ogni opera che merita pena, cioè d'o-
le; e) o in quanto si consideri grave of- gni vizio e peccato. È la dottrina stessa
fesa ogni piccola ingiuria, e, adontan- di San Tommaso, Sum. theol. I, 20, 1; 60,
dosene eccessivamente (ira), si cerchi 1; I, II, 27, 4; 28, 6; 41, 2; 70, 3.

31. Div. Gomm., 8 a ediz.


482 [girone quarto] Pctrg. X \ 1 . 106-120 [teorica dell' am<

100 Or, perchè mai non può dalla salute


amor del suo suggetto volger viso,
dall'odio propro bob le cose tute;
109 e perdio intender non si può diviso
e per sé stante alcuno esser dal primo,
da q nello odiare ogni alletto è deciso.
112 Resta, se dividendo bene stimo,
che il mal che s'ama è del prossimo, ed esso
amor nasce in tre modi in vostro limo.
115 L chi per esser suo vicin soppresso
spera eccellenza, e sol per questo brama
ch'el sia di sua grandezza in basso messo ;

118 è chi podere, grazia, onore e fama


teme di perder perdi' altri sormonti
onde s' attrista sì che il contrario ama ;

106-108. perchè amore


perchè ecc. : 114. in vostro limo nel vostro fango : :

non può non mirare suo


alla salute del « quia primus homo factus est de limo
suggetto, cioè di colui nel quale esso è, terra? etab ipso contraxit omnem amo-
ne segue che nessun essere può sentir rem mali, quia voluit exeellentiam sui:
odio contro sé stesso, epperò non può ponitur tamen hic materia prò materia-
amare il proprio male come tale. Cfr. to » Benv.^ Cfr. Genes. II, 7.
;

Thom. Aq., Sum. theol. I, il, 29, 4. - 115-117. È chi ecc. vi sono tali che :

suggetto termine scolastico che vale


; sperano primeggiare, se altri eh 'è gran-
cosa che sta sotto un'altra come suo fon- de cada in basso. Sono i superbi, che
damento; propriam. essere in atto, eh 'è appunto per questo bramano e cercano
sostegno di accidenti; quindi qui indivi- 1' abbattimento del prossimo. « Superbia

duo o essere in cui l'amore risiede. - vol- dicitur esse Amor proprice excellentice,
ger viso distoglier gli occhi, -le cose: su-
: in quantum ex amore causatur inordi-
scettive d'amore.- tute: sicure. «Nessuno nata pra?sumptio alios superandi; quod
odiò mai la propria carne » Efes. V, 29.
; proprie pertinet ad superbiam » Thom. ;

109-111. e perchè ecc.: inoltre, non po- Aq., Sum. theol. II, il, 162, 3. - soppres-
tendosi ammettere che un essere sia di- so : calcato. - eccellenza : superiorità ;

viso dall' Essere Primo, da Dio (cfr. «nam superbire non est aliud, quam su-
Isaia XLI, 4 e XLIV, 6) e sussistente per alios velie ire »; Benv. - el: egli, il
e conservantesi da sé solo (stante per se), suo vicino. - Per l'ambizione « eh' è uno
ne segue che ogni suo affetto è natural- vizio di superbia. » .... 1' uomo vuole si-
mente alieno dall'odiare quello, l'Essere gnoreggiare gli altri ed essere sopra il
Primo, pel quale vive ed esiste odiando : vicino suo; Fra Giord., Pred. sul Gene-
questo, odierebbe sé. « In Dio viviamo, si, p. 128 e 130.

e ci moviamo e siamo »; Atti, XVII, 28. 118-120. è chi ecc. vi sono tali che te-
:

Cfr. Conv. Ili, 2. - deciso: dal lat. deci- mono di perdere potere, grazia, onore e
dere =tagliar via; dunque 'tagliato via, fama, se altri in queste cose sormonti-
allontanato '.
no, cioè li sorpassino; onde si attristano
112. resta: lat. restat, termine delle per modo, che desiderano l'abbassamen-
scuole. Se l'uomo non può odiare né sé to di essi. Costoro sono gli invidiosi.
medesimo, né suo Creatore, resta che
il « Invidia est tristitia de alieni s bonis....
possa odiare solo il prossimo, che di que- Obiectum fcristitiae est malum pro-
sto solo possa amare il male. - dividendo : prium.... et secundum hoc de bono alie-
nella mia dimostrazione, che procede per no potest esse tristitia.... Bonum alte-
via di distinzioni. - stimo: giudico. rius sestimatur ut malum proprium in
113. il mal che s'ama: anche l'odio si quantum est diminutivum propria? glo-
risolve in amore, amore del male. ria? vel excellentia? : et hoc modo de
fcONE QUARTO] Purg. xvii. Ì21-135 [tkor; dkll'amore] 483

ed è chi per ingiuria par eh' adonti,


sì che si fa della vendetta ghiotto;

male altrui impronti.


e tal convien che il

Questo triforme amor quaggiù di sotto


si piange : or vo' che tu deli' altro intende,
che corre al ben con ordine corrotto.
Ciascun confusamente un bene apprende
nel qual si queti l' animo, e disira :

per che di giugner lui ciascun contende.


30 Se lento amore in lui veder vi tira
o a lui acquistar, questa cornice,
dopo giusto pentér, ve ne martira.
Altro ben è che non fa V uom felice j

non è felicità, non è la buona


essenza, d' ogni ben frutto e radice.

nono alterius tristatur invidia; et ideo l'animo suo; epperò lo desidera, e si


3rt&cipue de illis bonis hoinines invi- sforza di conseguirlo. Cfr. Boet., Cons
leut in quibus est gloria, et in quibus Phil. Ili, 2, 3. - si queti: « fecisti nos
lonvines amant honorari et in opinione Domine, ad te, et inquietum est cor no
Aliquis. tristatur de bonis alicu-
. strum donec requiescat in te » S. Aug.
;

,us. in quantum alter excedit [sormonti] Conf. I, 1. - contende: si sforza, si ado


ip.sum iu bonis ; et hoc proprie est invi- pera ; uno de' sensi che ebbe spesso il
liom. Aq., Sum. th. II, il, 36, 1-3. lat. contendere.
121-123. ed è ecc.: enon mancano uo- 130. lento: scemo di suo dover, v. 85
mini che per ingiuria ricevuta si mo- sg. Se verso il sommo bene, a contem-
strali crucciati a segno da farsi avidi di plarlo o a conseguirlo, siete tratti da
vendetta, e costoro non possono non ado- amore poco fervido e lento, ecc. « Le pa-
perarsi perchè ad altri incolga male, cioè role vedere e acquistare segnano ottima-
a quelli contro cui sono adirati. - im- mente il doppio termine grandioso della
pronti improntare sarà da congiungere
: carità, la contemplazione e l'opera, e in-
con prontare {Purg. XIII, 20), e signi- sieme la doppia cagione onde immalinco-
ficherà render pronto ',
'
affrettare col '
nisce e s'attedia l'accidioso»; Perez, Sette
desiderio ', senso che il verbo ebbe e ohe Cerchi, 177.
qui torna opportunissimo cfr. Parodi, ; 132. pentér: pentimento. Il peccatore
Bull. III, 136.1 vv. si riferiscono agl'ira- che muoia non pentito, è dannato.
condi altri però li riferì anche a invi-
; 133. Altro ben è ecc. ogni bene mon-
:

diosi e superbi, senza guardare alla sim- dano, che, essendo bene imperfetto, non
metria delle 3 terzine principianti con basta a render 1' uomo felice.
È chi, ognuna delle quali riguarda un 134-135. la buona essenza Dio « Solus
:

80l0 VÌZÌO. Deus est bonus per suam essentiam » ;

124. triforme: tre forme di amore' er- Thom. Aq., Sum. theol. I, 6, 3. - d'ogni
rante per malo obietto, v. 95. - di sotto : ben ecc.: «unumquodque dicitur bonum
nei tre primi cerchi del Purg. bonitate divina, sicut primo principio
125. dell' altro : dell' amore che erra exemplari effectivo et finali totius bo-
per poco, o per troppo di vigore (v. 96 nitatis »; Thom. Aq., Suìn. theol. 1,6,
e 100 sg.). 4. Dio creatoreè cagione e principio {ra-
con ordine corrotto: disordinata-
126. dice) di ogni bene, ed è insieme effetto
mente, senza osservare la giusta misura. {frutto) di esso, perchè la visione di Dio,
127-129. Ciascun ecc. ogni uomo si : in che sta la beatitudine eterna, è il
forma un' idea vaga, indistinta di un premio che tocca ai buoni. Al. d'ogni :

sommo bone, nel quale si può acquetare buon frutto radice.


484 [GIR. QUARTO] PUBG. XVII. 136-139 -XVIII. 1-9 [amo

rj0 L'amor eh' ad esso troppo s'abbandona,


di sopra noi i piange per tre cerchi \

ma come tripartito si ragiona,


130 tacciolo, acciò clic tu per te ne cerchi. »

bene del v. 133.


136. osso: L'altro 130. per t ti metta ad ina
ne cerchi:
137. si espia con dolore in
piange: si : i; !<> da siccome ornai pei
te. « ....

3 cerchi che sono sopra di noi. quello che detto è, punte vedere eli i In
138. come tripartito si ragiona: ragio- nobile ingegno, al quale è bello un po(
nando, viene a distinguersi in tre. di fatica lasciare »; Conv. Ili 5.

CANTO DECIMOTTAVO
GIRONE QUARTO: ACCIDIA
(Correre di continuo sollecitandosi con gran fervore 1' un l' altro)

NATURA DELL'AMORE, AMORE E LIBERO ARBITRIO


ESEMPI DI SOLLECITUDINE, L' ABATE DI SAN ZENO, GLI SCALIGERI
ESEMPI DI ACCIDIA PUNITA, SONNO DI DANTE

Posto avea fine al suo ragionamento


l'alto dottore, ed attento guardava
nella naia vista, parca contento
s' io ;

e io, cui nova sete ancor frugava,


di fuor tacca, e dentro dicea « Forse :

lo troppo dimandar ch'io fo, gli grava».


Ma quel padre verace che s'accorse
del timido voler che non s'apriva,
parlando, di parlare ardir mi porse.

V. 1-39. Za riattiva dell'amore. Pre- scer si può la sua presente passione, I

gato da D. d' insegnargli che mai sia chi bene la mira.... Di nulla [passione]
quell'amore a cui si riduce (secondo che puote l'anima umana essere passionata,
è stato dichiarato nel e. precedente) ogni che alla finestra degli occhi non vegna la
buono e ogni cattivo operare umano, V. sembianza »; Conv. Ili, 8.
spiega la natura dell'amore, il quale è mo- 4. sete: desiderio di sapere, -frugava:
vimento dell'animo verso cosa che piace. pungeva; cfr. Purg. XV, 137.
1-3. Posto ecc. V. aveva terminato
: 5. tacea per timore di tediare il mae-
:

il suo ragionamento sopra l'amore come stro. Cfr. Inf. ni, 80, ecc.
principio d'ogni bene e d'ogni male, e 6. grava: pesa, è molesto.
mi guardava attentamente negli occhi 8. non s'apriva: non si manifestava,
per vedere se del suo ragionamento ero appunto perchè timido.
sodisfatto. - vista: « [l'anima] dimostra- 9. parlando ecc. volgendomi primo
: la
si negli occhi tanto manifesta, che cono- parola, mi die ardire di parlargli.
[GIRONE QUARTO] PURG. XVIII. 10-27 [amore] 485

LO Ond'io: « Maestro, il mio veder s'avvi vìi


sì nel tuo lume, ch'io discerno chiaro

quanto la tua ragion porti o descriva ;

,3 però ti prego, dolce padre caro,


che mi dimostri amore, a cui riduci
ogni buono operare e il suo contrari). »
16 « Drizza » disse « vèr me l'agute luci
dello intelletto, e fìeti manifesto
l'error dei ciechi che si fanno duci.
19 L'animo, eh' è creato ad amar presto,
ad ogni cosa è mobile che piace,
tosto che dal piacere in atto è desto.
Vostra apprensiva da esser verace
tragge intenzione, e dentro a voi lo spiega,
sì che l'animo ad essa volger face;
25 e se, rivolto, in vèr di lei si piega,
quel piegare è amor, quell'è natura
che per piacer di nuovo in voi si lega.

10-12. il mio veder ecc.: la vista del di potenza all'alio. Questi primi 3 vv.
mio per virtù
intelletto si rischiara sì (19-21) sono introduzione sintetica a ciò
della tua luminosa dottrina, che discer- che viene più specificatamente esposto
no chiaro ogni vero che ne' tuoi ragiona- nelle terzine che seguono.
menti tu formuli, o partitamente dichiari. 22-23. Vostra ecc. la vostra virtù ap-
14. riduci cfr. Purg. XVII, 103 sgg.
: prensiva [conoscitiva; senso e intellet-
15. conlraro: contrario (cfr. avversavo, to] ritrae Vintenzione da cosa reale ester-
Purg. Vili, 95), cioè il mal operare. na (esser verace) e, svolgendola dentro
16-17. luci delio intelletto: occhi della di voi, fa sì che l'animo si rivolga ad essa
mente: cfr. il v. 10 e Purg. X, 122. intenzione, -intenzione: è quel che noi
18. dei ciechi : di mente,
quali inse- i potremmo dire immagine. Conv. Ili, 9 :

gnano ogni amore essere in laudabil sé «queste cose visibili.... in quanto sono
cosa, v. 36; cfr. Conv. 1, 11. -duci: mae- visibili, vengono dentro all'occhio, non
stri. « Caecus autem si caeco ducatum dico le cose, ma le forme loro, per lo
pra>stet, ambo in foveam cadunt»; Matt. mezzo diafano, non realmente ma interi-
XV, 14. zionalinente, si come quasi in vetro tra-
L'animo ecc.: l'anima umana,
19-21. sparente». Più esattamente intentio è la
creata colla disposizione {presto qui vale species e ognos cibili s (tanto la sensibilis,
pronto e disposto, come, p. es., in Par. quanto la intelligibilis) distinta dalla spe-
X, 57 e XXIX, 60) ad amare, è pronta cie* realis: questa ha il suo, esse in re;
a volgersi ad ogni cosa che piace (cfr. quella lo ha in anima tantum, ma, es-
Purg. XVII, 95 sg.), ossia ad ogni ap- sendo tratta dalla species o /orina reale,
parenza di bene, subito che è messa in è ciò per mezzo di cui il reale si cono-
movimento dal piacere. - in atto è de- sce da noi. Cfr. B. Nardi, Nuovo Giorn.
sto « qui dimostra che questa naturale
: Dant., anno II, quad. 2°, Osservaz. in-
potenza d'amare stassi cheta nell'ani- torno al nuovo Gomm. di G. L. Passe-
mo e non si produce in atto se non pro- rini ; e si vedano i passi di S. Tomm.
vocata dal piacere » Buti, e con lui i ; citati a proposito di questi vv.
più. Al. accordano in atto con piacere 25-26. ese ecc.: e se l'animo rivolto
e spiegano Dal piacere attuale, il quale
: a quell' intenzione, si piega, inclina a
desta l'amore in potenza. Ma V. vuole lei, questo piegarsi, questo inclinare è
evidentemente dimostrare come il pia- amore, l'amor naturale.
cere faccia passare l'amore dallo stato 27. natura: amore effetto di sola na-
1:86 [gè ctarto] Puri wiii I AMI

28 Poi, conio il foco niovcsi in altura


per la sua forma ch'è nata a salire

là dove più in sua materia dura;


così l'animo preso onda in disile,
ch'è moto spiritale, e mai non posa,
fin che la cosa amata il fa gioire.
84 Or puote apparer quant'è nascosa
ti

la veritade alla gente ci l'avvera


ciascuno amore in sé laudabil cosa,
37 però che forse appar la sua matera
sempr' esser buona; ma non ciascun segno
è buono, ancor che buona sia la cera. »

tura, di una naturale tendenza o poten- 37. matera materia, anticamente, an-
:

za. - per piacer per cagion del piacere


: che in prosa; cfr. Nannucci, Nomi, XXI •

con che è stata accolta dall'animo la 'in- sg. « La materia d'amore, ossia la na-
tenzione '. - di «uovo primieramente : : turai disposizione ad amare » (Br. B.h
tale è il senso che questa locuz. avverb. in quanto tende sempre al bene (sia pure
ebbe nell'ant. ital. - si lega: si fissa solo apparente) è per sé buona.
attuandosi : cfr. Inf. XIII, 88 : Par. 38. segno il suggello (segno)
: non è
II, 141. sempre buono; e anche buona cera può
28-30. in altura: verso l'alto. « Alta ricevere cattivo suggello. Così, quan-
petunt aer atque aere purior ignis » ;
tunque l' amore in potenza, fondamento
Ovid., Met. XV, 243. - per la sua forma : o substrato comune ai singoli amori, sia
Nel linguaggio scolastico forma è ciò da dir buono, può divenire non buono in
che dà l' essere ciascuna cosa, quello atto, cioè quando s' individua, si deter-
per cui le cose sono ciò che sono. Forma mina in questo o quel modo ; e ciò per le
del fuoco è quindi la sua intima natura, ragioni toccate in Purg. XVII, 95 sgg.
ciò che lo fa essere fuoco. Ora gli antichi V. 40-75. Ti'amove iti relazione col
credettero che il fuoco andasse in alto, lìbero arbitrio. Più sopra, Purg. XVI,
in quanto per natura portato alla sua 64-81, fu discussa la questione se gli in-
sfera, quella del fuoco, ch'era sopra l'a- flussi celesti nocciano alla libertà del-
ria. Cfr. Par. IV, 77 sg. « Ciascuna l'umano volere; dall' idea dell'amore, il
cosa ha il suo speziale amore, come le cui soggetto vien offerto dal di fuori al-
corpora semplici hanno amore naturato l'uomo, sorge un nuovo dubbio, se cioè
in sé al loro loco proprio.... il fuoco alla l'azione prepotente inevitabile degli og-
circonferenza di sopra lungo il Cielo getti esteriori su la nostra potenza d'a-
della Luna, e però sempre sale a quello »; mare, non renda noi irresponsabili della
Gonv. Ili, 3. - là ecc. nella sfera del : bontà o non bontà dei nostri amori, non
fuoco, dove, essendo nel suo elemento, essendoci luogo qui al libero arbitrio. D.
dura più a lungo che sulla terra. muove tal dubbio, e V. argomenta: L'a-
31. preso ecc. preso d'amore per V esse-
: nima umana « ha in sé una potenza in-
re verace, di cui l'apprensiva gli ha porta sita, quasi d'istinto, che si dimostra ne-
1' 'intenzione ', sente deì-iderio di quello. gli atti, ed è sensibile solamente per
32. spiritale: spirituale, dell'animo. essi, e nella quale è il germe delle prime
33. fin che ecc. finché non giunge a
: nozioni e delle prime tendenze, delle
possedere la cosa amata, nel quale pos- quali l'origine non è conosciuta, o non
sesso sta la vera gioia. « Amore non è è, per meglio dire, avvertita. In queste
altro che unimento spirituale dell'anima prime nozioni e tendenze, che sono fa-
e della cosa amata»; Gonv. Ili, 2. coltà e moti di natura, non c'è merito
35-36. gente ecc. epicurei. - avvera
: : né- demerito; ma il merito o demerito
afferma come vero e indiscutibile che incomincia nell'uso di quella facoltà, che
ogni amore sia per sé stesso cosa lo- non è men naturale dell'origine delle
devole. prime nozioni o tendenze, dico la fa-
[GIRONE QUARTO] Puro, xviii. 40-56 [libero arbitrio] 487

40 « Le tue parole e il mio seguace ingegno »


rispuosi lui, « m' hanno amor discoperto;
ma ciò m' ha fatto di dubbiar più pregno ;

IP» che se amore è di fuori a noi offerto


e l'anima non va con altro piede,
se dritta o torta va, non è suo in erto. »
10 Ed elli a me: « Quanto ragion qui vede,
dir ti poss' io ; da indi in là t'aspetta
pur a Beatrice, ch'opera è di fede.
49 Ogni forma sustanzial che setta
è da materia ed è con lei unita,
specifica virtude ha in sé colletta,
52 la qua! sanza operar non è sentita,
né si dimostra ma' che per effetto,
come per verdi fronde in pianta vita.
55 Però là onde vegna lo intelletto
delle prime notizie, omo non sape,

colta dello eleggere tra due veri o tra degli accidenti » (Parodi). Ogni forma '

due beni, qual de' due si voglia più at- sostanziale setta (lat. seda tagliata),
'

tentamente col pensiero o eoi desiderio distinta dalla materia, ma con essa (cor-
seguire. E questa facoltà di elezione e po materiale) unita, ha una virtù spe-
di consiglio è un assentimento interno, cifica che la differenzia dalle altre forme.
il quale deve precedere all'atto dell'as- Dell' uomo è forma sostanziale l'anima:
senso e il libero arbitrio è riposto in
; cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 76, 4.
essa. Necessario è che l'uomo senta la 50. unita : « Anima intellectiva unitur
tendenza al vero ed al bene ma libero ; corpori ut forma substantialis » Thom. ;

è, ch'egli un bene o un vero prescelga ad Aq., Sum. theol. I, 76, 4.


im altro » ; Tom. 51. specifica Yirtude disposizione « o:

Le tue parole ecc. le tue parole


40-42. : capacità caratteristica d' una specie o
e l'attenzione mentale onde le ho seguite, in cui si risolve la specie » (Parodi). -
mi hanno manifestato che cosa è amore ; colletta: raccolta.
ma ciò mi ha suscitato nell'animo nuovi 52-54. la qual ecc. essendo una di-
:

dubbi. sposizione virtuale, questa virtù spe-


43-45. (li fuori : dal di fuori, da oggetti cifica non è avvertita se non quan-
esterni.Se amore nasce da cosa estrin- do opera e non si dimostra se non per
seca verso cui l'anima è tratta da na- 1' effetto attuale, come la vitalità di
turale impulso, l' anima, non agendo li- una pianta non si fa manifesta altri-
bera, non merita premio o pena, se opera menti che colle fronde verdi, effetto di
bene o male il che è contro ciò che V.
; quella vitalità. - ma' che magis quam, ;

affermò nei vv. 103-105 del e. prec. più che, se non che, fuorché; cfr. Inf.
46-48. Quanto ecc. io ti posso dire in : IV, 26; XXI, 20; XXVIII, 66. « [Ciò
proposito tutto quel che l'umana ragione che ha ragione di principio] non si può
è di per sé capace di conoscere ciò che ; notificare per cose prime, ma per poste-
oltrepassa i limiti dell'umana ragione ed riori » Conv. IV, 10.
;

è materia di fede, ti potrà essere di- 56-60. sape sa. - uè de' primi Al. e
: : :

chiarato da B. Cfr. Conv. II, 3 De ; de' p. Buti, Land., ecc.: e del primo; cioè
Mon. Ili, 16. del Sommo Bene. - affetto desiderio o :

49.forma sustanzial: così chiamavasi appetito. « Noi ignoriamo donde ne ven-


« la forma per eccellenza, ciò che dà ad gano: 1° le prime notizie dell'intelletto,
una sostanza di essere una sostanza, in cioè i principii della nostra ragione, e
contrapposto a forma accidentale, ch'è le regole fondamentali dell' intelligen-
488 [GIRONE quarto] PURG. XVIII. 57-72 [LIBERO ARBITRIO]

né de' primi appetibili l'affetto,


58 che sono in voi sì come studio in ape
di far lo mele
e questa prima voglia
;

merto di lode o di biasmo non cape.


01
Or perchè a questa ogn' altra si raccoglia,
innata v'è la virtù che consiglia,
e dell'assenso de' tener la soglia.
04 Quest'è il principio là onde piglia
si

cagion di meritare in voi, secondo


che buoni e rei amori accoglie e viglia.
07 Color che ragionando andaro al fondo,
s'accorser d'està innata liberiate j
però moralità lasci aro al mondo.
70 Onde pognam che di necessitate
surga ogni amor che dentro a voi s'accende,
di ritenerlo è in voi la podestate.

za; 2° l'effetto de' primi appetibili, cioè - 'tener la soglia dell'assenso' è frase
quelle primitive inclinazioni, quegli ap- immaginosa e qualche po' strana, ma
petiti primi genii, da cui nuli' uomo va molto espressiva, in quanto ci rap-
esente; come l'amor del vero, della fe- presenta, personificandola, la Prudenza
licità, del bello, del bene, la curiosità, in atto di far la guardia sulla soglia di
la simpatia, e tutti i movimenti, gli af- dove può uscire l' assenso, e intenta a
fetti estetici o morali, che formano la impedire che questo esca fuori e si con-
parte affettiva dell'anima, come le prime ceda per amori che essa, la vigile e ac-
notizie dell'intelletto, gli assiomi, le for- corta guardiana che sa con tutta sicu-
me logiche, ecc., ne costituiscono la par- rezza discernere il bene dal male, non
te intellettiva» (Gioberti). E l'intelletto abbia giudicati ibuoni.
delle prime notizie e l'affetto de' primi 04-00. Quest'eli principio ecc.: dall'es-
appetibili (primi beni desiderabili) for- serci questa virtù che giudica e consi-
mando specifica dell' anima
la virtude glia e che può e deve liberamente dare
umana non sentendosi perciò né di-
e o negare il proprio assenso ai singoli
mostrandosi se non per effetto (vv. 51-53), amori, deriva che l'uomo merita lode e
stanno naturalmente nell' anima senza premio per gli amori buoni, biasimo e
ch'ella sia conscia di loro origine (que- pena per gli amori Cfr. Conv.
cattivi.
sta potranno indagarla filosofi e teologi), IV, 9; De Mon. - viglia: sceglie,
I, 12.
proprio come nell'ape inconscia è la ten- distingue ; da vigliare « verbum rustico-
denza (studio) a fare il miele e natural-
; rum purgantium frumentum in area » ;

mente questa prima voglia, questo pri- Benv. La parola è tuttora viva nelle
mo affetto, ragiona il P. (che trattando campagne toscane.
dell'amore tralascia di considerare l'ele- 07. Color ecc. i filosofi che ragiona-
:

mento intellettuale della '


specifica vir- rono profondamente la vera natura delle
tude dell'anima), non cape [= capit] non
'
cose, riconobbero la libertà umana e però
può accogliere, avere in sé merito alcuno dettero al mondo le dottrine morali, se-
né di lode né di biasimo. condo uomini devono e pos-
le q uali gli
01-03. perchè affinchè a questa pri-
: sono, usando di questa libertà, gover-
ma voglia, a questo affetto de' primi narsi. Cfr. De Mon. I, 12.
beni appetibili, si raccolga, cioè si ac- 70-72. pognam che: è formula usita-
cordi, ogni altra voglia, ogni altro af- tissima in antico con valore di congiunz.
fetto, vi è innata la prudenza, virtù concessiva anche se, tuttoché. - di ri-
:

che dà consiglio e che deve vigilare, tenerlo ecc. avete per altro libero pote-
:

affinchè non assentiate a mali affetti. re di non assecondare, di frenare l' amo-
[GIRONE QUARTO] PURG. XVIII. 73-90 [SONNOLENZA] 489

73 La nobile virtù Beatrice intende


per lo libero arbitrio, e perciò guarda
che l'abbi a mente,, s'a parlar ten prende. »
70 La luna, quasi a mezza notte tarda,
facea le stelle a noi parer più rade,
fatta com' un secchioDe che tutto arda )

7l> e correa contra per quelle strade


'1 eie!

die il sole infiamma allor che quel da Roma


tra i Sardi e' Corsi il vede quando cade ;

82 e quell' ombra gentil per cui si noma


Piètola più che villa mantovana,
del mio carcar deposta àrea la soma 5

85 per ch'io, che la ragione aperta e piana


sovra le mie questioni avea ricolta,
stava com' uom che sonnolento vana.
Ma questa sonnolenza mi fu tolta
subitamente da gente che dopo
le nostre spalle a noi era già volta.

re destatosi naturalmente in voi, se la di Roma lo vede tramontare tra la Sar-


virtù che consiglia lo disapprovi. degna e la Corsica.
73-75. Beatrice intende ecc. B. chia-
: 82-83. ombra ecc.: e V., per cui Bie-
ma libero arbitrio questa nobile facoltà tola, dov' ei nacque, è più famosa della
per cui possiamo liberamente assecon- stessa città di Mantova [o, piuttosto, di
dare, o combattere e vincere gl'impulsi ogni villaggio mantovano?], mi aveva li-
naturali procura dunque di averlo pre-
;
berato dal peso del dubbio, rispondendo
sente alla memoria^ se ella te ne parla. alle mi© domande. - Piètola: villaggio
E B. ne parlerà nel cielo della luna, sulla riva destra del Mincio, vicino a
Far. V, 19 sgg. Mantova; secondo i più, VAndes degli
V. 76-87. Sonnolenza di Dante. È antichi, patria di V. Cfr. Bass., 415.
mezzanotte, e la luna fa apparir le stelle 84. del mio ecc. : aveva deposto il peso
più rade, oscurando col suo splendore del carico impostogli da me, pregandolo
le piccole. V. ha ormai terminato il suo didimostrarmi amore (v. 14) cioè aveva ;

ragionamento, e I)., che non ha per ora terminato le spiegazioni.


più nulla da chiedere ed ha seco di quel 86. avea ricolta: nella mente aveva ac- :

d'Adamo, si sente preso dal sonno. colto e compreso il chiaro e facile ragio-
76. tarda: tardasi riferisce alla luna, namento di V. sopra le mie questioni.
e s' intende tardante sin quasi a mez-
'
87. vana: vaneggia; da vanare deri-
zanotte a sorgere '. Cfr. Comm. Lips. II, vato probabilmente dal provenzale va-
325 sg. Galanti, Lettere, Ser. II, lett. 24. nar, e già usato da altri rimatori antichi:
78. fatta ecc. essendo allora calante, e
: cfr. Parodi, Bull. Ili, 140.
solo da una parte presentandosi tonda V. 88-98. Schiera di accidiosi. La
ed illuminata, la luna rendeva figura di sonnolenza è tolta al P. da una schiera
una secchia ardente. - secchione Al. : : incamminata verso il luogo dov'egli e V.
scheggio» si trovano. Sono spiriti di accidiosi che
79-81. correa: saliva da ponente a le- corron frettolosi intorno al girone, pian-
vante, quindi a rovescio dell'apparente gendo ed esortandosi fra loro a non per-
moto del cielo, che sembra volgersi da der tempo, per iscontare con tal fervore
levante a ponente. - strade: per quelle la freddezza e quasi indifferenza al bene,
regioni del cielo che il sole percorre verso di che si resero colpevoli in vita.
il solstizio invernale, quando l'abitante 89-90. dopo: dietro. « Corrono sempre
490 [GIRONE QUARTO] PlTRG, XVIII. 91-105 [accidiosi]

91 E quale Ismeno già vide ed Asopo


lungo di sé di notte furia e calca,
pur clic i Teban di Bacco avesser uopo :

94 tale per quel giron suo passo falca,


per quel ch'io vidi di color venendo,
cui buon volere e giusto amor cavalca.
07 Tosto fur sovra a noi, perchè correndo
si rnovea tutta quella turba magna;

e due dinanzi gridavan piangendo :

100 « Maria corse con fretta alla montagna ;

e Cesare, per soggiogare Uerda,


punse Marsilia e poi corse in Ispagna ».
103 « Ratto, ratto, che '1 tempo non si perda
per poco amor » gridavan gli altri appresso
« che studio di ben far grazia rinverda » !

in giro, sempre attorno al monte; onde V. 99-105. Esempi di sollecitudine.


il correre non sembra aver mai per loro Due anime, che stanno alla testa della
un principio o un termine utile docu- ; numerosa schiera, gridano esempi di sol-
mento agli accidiosi, che non sanno mai lecitudine. Il 1° anche qui è di Maria,
trovar principio all'opera, e quando pure che si affrettò a visitare la sua parente
il trovano, non san mai recarla a suo ter- Elisabetta (Lue. I, 39 « Maria in quegli :

mine » ; Perez. stessi giorni andò frettolosamente nella


91. Ismene... ed Asopo: fiumi della Beo- montagna a una città di Giuda ») il 2° è ;

zia, lungo i quali grandi turbe di Tebani di Giulio Cesare, che con velocità ful-
correvano di notte con faci accese, invo- minea represse i tumulti di Marsiglia e
cando 1' aiuto di Bacco, loro patrono. In soggiogò le Spagne sollecitudine spiri- :

Stat., Theb. IX, 434 sgg., l'Ismeno dice: ti! temporale l'altra.
ale l'una,
« 111 e ego, clamatus sacris ululatibus 101. Ilerda: oggi Lerida, città della
amnis, Qui molles tbyrsos Baccbeaque Spagna sul fiume Segre, presso cui Ce-
cornua puro Fonte lavare feror.... Fra- sare sbaragliò Afranio e Petreo. luogo-
ter tacitas Asopus eunti Conciliat vi- tenenti di Pompeo.
res. » Cfr. Yirg., Eclog. VI, 82 sg. 102. punse Marsilia ecc.
lasciandovi :

94-96. tale ecc. una tal furia e calca


: Bruto assedio e correndo, senza più
all'
di gente - per quel che vidi di coloro che ivi indugiare, in Ispagna.
venivano alla nostra volta e cui buon vo- 103. Batto, ratto presto, presto «Nò-
: !

lere e giusto amore sprona - torce e pie- lite negligere, nolite cessare » Jud. ! ;

ga in modo di falce il suo passo per quel XVIII, 9.


girone. - falca « gli usi del popolo ci ri-
: 104. poco amor: amor del bene, scemo
schiarano i dubbi de' commentatori, ram- dì suo dovere (Purg. XVII, 85 sg.).
mentandoci il falcare del passo de' ca- 105. che ecc. : che la nostra sollecitu-
danno in sul mo-
valli, e le falcate eh' e' dine del ben fare rinnovi, rinvigorisca
versi alcuni di quegli animali o de' non la grazia di Dio per noi Altri inten- !

bene ancora docili al freno o dei più dono rinverda comeind. della la coniug.
generosi. L'immagine è tolta dall' inar- e del che fanno una cong. caus.
care che fanno la schiena e le gambe, a V. 106-120. L'Abate di San Zeno.
modo di falce. Così falca la persona e la V. prega quelle anime di dire dove sia
gambe anche l'uomo, quando si dà la la scala per salire al 5° girone. Una di
spinta a una corsa veloce » Cavernì. - ; esse risponde « Seguiteci e troverete
:

cavalca guida e sprona e il buon volere


: ; la fenditura del monte, dov' è la scala
e il giusto amore reggono e stimolano per cui si sale. Noi abbiamo fretta, e
le anime degli accidiosi. non possiamo fermarci. Io fui Abate di
97-98. far sovra a noi: cisopraggiunaero. San Zeno al tempo del Barbarossa. » -
[GIRONI-: QUARTO] PURG. XVIII. 106-123 [ABATE DI S. ZENO] 491

106 « gente in cui fervore aguto adesso


ricompie forse negligenza e indugio
da voi per tepidezza in ben far messo,
109 questi che vive, e certo i non vi bugio, 7

vuole andar su, pur che il sol ne riluca;


però ne dite ond'è presso il pertugio. »
112 Parole furon queste del mio duca;
e un di quelli spirti disse « Vieni :

diretro a noi, e troverai la buca.


115 Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
che ristar non potem però perdona, :

se villania nostra giustizia tieni.


118 Io fui abate in San Zeno a Verona
sotto lo '
ni p e rio del buon Barbarossa,
di cui dolente ancor Milan ragiona.
121 E tale ha già V ini pie dentro la fossa,
che tosto piangerà quel monastero,
e tristo fìa d' averne avuto possa ;

Abate di San Zeno in Verona, ossia del 117. se villania ecc.: se mai giudichi
monastero annesso alla chiesa di San Ze- scortesia il seguitar che facciamo la no-
none, ai tempi di Federigo Barbarossa stra corsa; ma così facendo obbediamo
imperatore (1152-1190) fu un Gherardo li, alla giustizia di Dio.
morto nel 1187 (cfr. Biancolini, Notizie 119. buon « quia fuit virtuosus, stre-
:

stor. della Chiesa di Verona, li b. V, § 1). nuus, largus iriumphator et corpor© pul-
I comm. ant. lo dicono assai accidioso, cer » Benv. Fece valere vigorosamente i
;

ma parafrasano D. Alcuni lo chiamano diritti imperiali e morì crociato. Cfr. per


Alberto altri lo confondono con Alberto
;
il senso di buono Inf. I, 71.

della Scala. Il Belviglieri (Albo Dantesco 120. di cui del quale Milano, distratto*
:

Ver on., p. 156) «Il personaggio che par-


: dal Barbarossa nel 1162 (cfr. G. Vili. V, 1),
la, per quanto n' abbiano detto, non si serba ancora dolorosi ricordi.
può accertare chi fosse. » V. 121-126. Gli Scaligeri. Pur cor-
106. fervore aguto: ardore veemente. rendo, l'Abate di San Zeno predice che
107-108. ricompie ecc.: compensa la ne- un tale piangerà presto nell' Inf. a mo-
gligenza e lentezza che da viyi, per te- tivo del monastero di Verona, e si dorrà
pido amore, metteste nel fare il bene. d'avere esercitato sopra esso la sua au-
109. non yì bugio non vi dico bugia, : torità, ponendovi abate Giuseppe, suo
affermando che questi è ancor vivo. Bu- bastardo. Quel tale è Alberto della Sca-
gio da bugiare =
mentire, anticamente la, signore di Verona, che morì il 10 set-
anche in prosa; « è ancora in bocca di tembre 1301. Ebbe tre figli legittimi che
alcuni, i quali dicono: Io non ti bu- '
l'uno dopo l'altro gli successero nella si-
so »; Varchi; ma cfr. Bull. XXIII, 44.
'
gnoria: Bartolommeo, m. 7 marzo 1304;
110. pur che ecc. solo che il sole torni
: Alboino, m. 24 ottobre 1311; Can France-
ad illuminarci; cfr. Purg. VII, 53 sgg. sco o Can Grande, l'ospite di D. Oltre
111. ond'è: da qua! parte è più vicino questi ebbe Giuseppe, figlio illegittimo,
lo stretto passo per salire al 5" girone. Abate di San Zeno dal 1292 al 1313.
113.* Vieni la voglia di correre in
: 121. ha già ecc. nel 1300 Alberto della
:

questi spiriti è tanta, che non si fanno Scala era vecchio, e morì nel 1301.
neppur caso di udire che c'è un vivo. 122. piangerà: l'anima predice il pianto
114. diretro da sinistra a destra. - la
: di Alberto nell'altra vita per l'ingiuria
buca il pertugio del v. 111.
: recata a quel monastero, col porvi abate
116. ristar ecc. : non possiam fermarci. il suo figlio bastardo, pessimo uomo.
492 [GIRONE QUARTO] PURO. XVIII. 124-141 [scaligeri]

rj4 perchè suo figlio, mal del corpo intero,


e della Diente peggio, e che mal nacque,
ha posto in luogo di suo pastor vero. »
127 Io non so se più disse, o s'ei si tacque,
tant'era già di là da noi trascorso ;

ma questo intesi e ritener mi piacque.


130 E quei che m'era ad ogni uopo soccorso,
disse « Volgiti qua vedine due
: :

venir dando all'accidia di morso. »


133 Diretro a tutti dicean « Prima fue :

morta la gente a cui il mar s'aperse,


che vedesse G-iordan le rede sue ;

136 e quella che 1' affanno non sofferse


fino alla fine col figlio d' Anchise,
sé stessa a vita sanza gloria offerse. »
139 Poi, quando fur da noi tanto divise
quell'ombre, che veder più non potérsi,
nuovo pensiero dentro a me si mise,
124. mal ecc.: difettoso di corpo: era pagni di Enea, che, tediati dalle fatiche
zoppo (Lari.); cfr. Levit. XXI, 17-21. del viaggio, si fermarono in Sicilia con
125. della infìnte peggio: « vir pro- Aceste, anteponendo una vita riposata,
bus et integer a principio, sed Consilio ancorché ingloriosa, alle onorevoli fa-
medicornni tacta muli ere, velut inqui- tiche che ancora restavano ad Enea:
natus pice diaboli, factns est sceleratis- cfr. Virg., Aen. V, G04 sgg.
simns. Nam cum Alboinus, qui succes- 129. mi piacque « ut memoriam fa-
:

serat Bartholomseo in dominio, vellet ex cerem ad arguendum violatores sacro-


pusillanimitate red licere comites sancti rum »: Benv. - « Perchè testimonio va-
*Bonifacii in Veronam, abbas, conque- levole a mostrarci, che se 'Iddio non
rente Cane, tamquam animosus incre- castiga il peccato in questo mondo, ca-
pans am are Alboi nuin armata m anu i vit
, stigalo nell'altro » Lomb. - « Per notarlo
;

et trucidavi t multos ex dictis coniitibus di qua di perpetua infamia » Biag. ;

ad villani eorum, quse insula Comitum 130. quei ecc. V., sempre pronto a
:

primo, postea vocata est insula de la Sca- soccorrermi in ogni mio bisogno.
la.... Eratpravus animo.... lupus raptor; 132. dando ecc.: mordendo, biasimando
fuit enim homo violentus, de nocte discur- l' accidia con esempi di accidiosi puniti.

rens per suburbia cum armatis, rapiens 134. il mar: il mar Busso.
multa, et replens raeretricibus locum il- 135.. Gionìau: fiume principale della
luni » JBenv. - mal nacque perchè gene-
; : Palestina, posto qui a designare la Pa-
rato d'adulterio. lestina, da Dio promessa e poi data in
126. in luogo ecc. : invece di un abate eredità ai figli d' Abramo. - rede: cfr.
degno e legittimo. Inf. XXXI, 116. Purg. VII, 118.
V. 127-138. Esempi di accidia pu- V. 139-145. Sonno di Dante. La
nita. La schiera passa oltre correndo, schiera delle anime è passata oltre; e i
sicché D. non sa dire se l'Abate di due P. non vedono né odono più. nulla.
San Zeno si tacesse, o continuasse a par- D., già prima sonnolento (v. 87), non
lare. Chiudono la schiera due anime che avendo ora più ragione di dominarsi per
gridano esempi di accidia punita. Il 1° è star attento a cosa alcuna, s' addormen-
degli Ebrei, che, lenti e ribelli a seguir ta. Con grande verità d' osservazione
Mosè, perirono nel deserto e non tocca- ed efficace proprietà di parola è descritto
rono la terra promessa (cfr. Num. XIV, il passaggio dalla veglia al sonno.
1-39. Deuter. I, 26-3G) il 2° è dei com-
; 139. divise: allontanate.
[GIRONE QUARTO] PtJKG. XVIII. 142-145- XIX» 1-2 [SOGNO SIMBOL.] 493

del qual più altri nacquero e diversi ;

e tanto d'uno in altro vaneggiai


che gli occhi per vaghezza ricopersi,
143 e '1pensamento in sogno trasmutai.
142. più altri: « Cogitationes mese va- le anime non pregano, tanta è la loro
rie succedunt sibi, et mens in diversa fretta, e anche in pena, forse, dell'es-
rapitur»; Job. XX, 2. Cfr. Virg., Aen. sere state un dì troppo restìe al pre-
IV, 285 sg.; Vili, 20 sg. gare. « Fors' anche 1' acerbo Poeta, che
144. per Yaghezza: «per cagion del in questo cerchio non nomina altro
vagamento dei pensieri, cioè per non fis- personaggio, fuorché un uomo il quale
sarsi più la mente in alcun pensiero, ces- più che altri avrebbe dovuto intendere
sando agli occhi stimolo di restare ajjerti, ad orazione (l'Abate di San Zeno), vuole
mi si chiusero » Lomb. ;
avvisarci che eziandio il lungo salmeg-
145. e il pensamento: il mio pensare si giare è accidia, se il corpo ne trae allet-
convertì in sogno. Agli accidiosi D. non tamenti al suo agio, e 1' anima è lontana
volge la parola, e dedica loro men versi dai pensieri di Dio onde poi gli accenti
:

che a tutti gli altri spiriti, forse per indivoti e l'agiato sedere è forza scontare
indicare il suo disprezzo per le anime col silenzio della pia meditazione e col
fiacche. In questo solo cerchio del Purg. disagio del correre senza riposo » Perez.
;

CANTO DEOIMONONO
GIRONE QUARTO: ACCIDIA

SOGNO SIMBOLICO DI DANTE, L' ANGELO DELLA SOLLECITUDINE


SALITA AL QUINTO GIRONE

GIRONE QUINTO : AVARIZIA E PRODIGALITÀ


(Piangere distesi bocconi per terra, colle mani e coi piedi legati)

Neil' ora che non può il calor diurno


intepidar più il freddo della luna.
V. 1-33. Il sogno simbolico. Sono 1. Nell'ora: presso al mattino, quan-
circa le 4 x
/2 di mattina. D. vede in so- do del ver si sogna Inf. XXVI, 7. Purg.
;

gno una femmina balba, guercia, coi IX, 16 sgg. - il calor diurno ecc. il ca-
:

pie distorti, le mani monche, di colore lore, che nelle ore diurne il sole ha co-
scialba. Come D. la mira, ella si dirizza, municato e, per così dire, accumulato sul
si colora, e canta eh'
eli' è dolce sirena. suolo terrestre e nell' aria, non vale più,
Mentre canta tuttora, appare un' altra sul far del giorno, a temperare come
donna, santa e presta, che la prende, le nelle ore precedenti il freddo della notte,
apre la veste e ne mette a nudo il ven- essendosi già irradiato e disperso.
tre questo col suo puzzo risveglia il P.
: 2. il freddo « la luna non è fredda in
:
494 [GIRONE QUARtO] Puro. XIX. o-l(j [SOGNO SIMBOLICO]

vinto da terra, ò talot da Saturno;


quando
geomanti lor maggior fortuna
i

veggiono in oriente, innanzi all'alba,


surger per via che poco le sta bruna;
mi venne in sogno una femmina balba,
negli occhi guercia e sovra i pie distorta,
con le man monche e di colore scialba.
10
Io la mirava •
e come il sol conforta
le fredde membra che la notte aggrava,
così lo sguardo mio le facea scorta
13 la lingua, e poscia tutta la drizzava
in poco d' ora, e lo smarrito volto,
come amor vuol, così le colorava.
16 Poi ch'ell'avea il parlar così disciolto,

sé, ma è effettiva di freddo coi raggi del mente presi, siano simboleggiati - eh'
sole che percuotono in essa, et ella li ri- un sottilizzare assai malfido - sarà più
flette giuso e la refiessione che viene di
; giudizioso contentarsi di dire col Ro-
su giù, cagiona freddo, come quella che è mani (Lect. Danti8, 14 sg.) che con la
di giù su, cagiona caldo, e però la luna la figura della femmina difettosa nella fa-
notte raffredda l'aire e la terra»; Buti. vella e nel resto D. ha voluto significare
Erronea opinione, durata a lungo. che « l'amore delle false immagini di be-
3. vinto: estinto, cioè il color diurno. ne, facendo percorrere all'uomo una via
- da terra dalla frigidezza naturale della
: del tutto opposta a quella a cui Iddio lo
terra, o a volte (che questo pianeta non chiama, gì' impedisce (sempre, intendia-
sempre è sull'orizzonte) da Saturno, della moci, nel senso morale), il retto guar-
cui freddura contrapposta al calore di dare, il retto camminare e il retto ope-
Marte tocca D. anche in Oonv. Il, 14. Cfr. rare; ed è scialba [la femminal come chi
Virg., Georg. I, 336. è malato, perchè il detto amore impe-
4. geomanti: indovini che facevano loro disce, in generale, il retto vivere ».
predizioni mediante certi punti segnati a 10. e come ecc.: cornei raggi del sole rin-
caso sulla terra o su carta, dai quali tratte francano le membra intirizzite dal freddo
più linee, formavansi figure simili alle notturno, così il mio sguardo faceva spe-
geometriche. - maggior fortuna: « La geo- dita a quella femmina la lingua, le driz-
mantica Maggior Fortuna coesisteva in zava la persona e le colorava il volto di un
una punteggiatura fatta a caso ed alla roseo pallido, colore proprio dell'amore.
cieca, e riuscente nondimeno simigliante Allegoricamente ai beni vagheggiati
:

alla disposizione delle stelle della secon- l'avaro, il goloso e il lussurioso colla
da metà dell'uà quario e della prima metà immaginativa appassionata conferiscono
dei Pesci » Nociti, Orar., 17. D. vuol
; attrattive e pregi che quelli in realtà non
dunque dire che è l' ora in cui verso hanno. - conforta « il sole tutte le cose
:

Oriente è già salito sopra l'orizzonte col suo calore vivifica » Gonv. III, 12. ;

l'Aquario e parte dei Pesci. 12. scorta spedita di scorta in que-


: ;

6. poco ecc. rimane per poco oscura,


: sto senso si hanno altri esempi antichi.
perchè presto la rischiarerà il sole. 14-15. in poco d'ora: in breve tempo
7-9. femmina cfr. v. 50: simbolo del-
; l'uomo è preso d'ammirazione e d'amore
l' avarizia, della gola e della lussuria. per i beni fallaci cfr. Purg. XVI, 85-93.
;

L' idea di questa femmina sembra tolta - colorava « Avenne poi che là ovunque
:

da Prov. VII, 10-12. - balba ecc. anzi- : questa donna mi vedea, sì si facea d' una
ché, come fece qualche commentatore, vista pietosa e d' un colore palido, quasi
per es. Benv., pretendere d'indicare in come d'amore»; Vita Nuova, § 36.
ciascuno dei difetti della femmina quali 16. il parlar la lingua. - così per ef-
: :

vspeciali cattivi effetti dei 3 vi zìi. singola** 1-


fetto del mio sgqardo.
[GIRONE QUARTO] PURO. XIX. 17-32 [SOGNO SIMBOLICO] 495

cominciava a cantar sì, che con pena


da lei avrei mio intento rivolto.
19 « Io son » cantava « io son dolce serena,
che i marinari in mezzo mar di smago ;
tanto son di piacere a sentir piena.
211 Io volsi Ulisse, del suo cammin vago,
al canto mio ; e qual meco si ausa,
rado sen parte sì tutto l'appago. »;

25 Ancor non era sua bocca richiusa,


qnand'nna donna apparve santa e presta
lunghesso me per far colei confusa.
28 « Virgilio, o Virgilio, chi è questa?»
fieramente dicea ; ed el venia
con gli occhi fitti pur in quella onesta.
31 L'altra prendeva, e dinanzi l'apria,
fendendo i drappi, e mostravami il ventre

18. intento: attenzione ; Purg. Ili, 13. note a D., in più di un luogo si ricorda
19-20. serena: così spesso in ant. per come Ulisse salvasse sé e i compagni
•sirena'. -in mezzo mar: cfr. Inf. XIV, dalle Sirene. - del suo cammin vago bra- :

94. - dismago dissenno, travolgo loro


: moso di continuare il suo viaggio.
la mente; cfr. Inf. XXV, 146. 23. si ausa: si avvezza; cfr. Inf. XI, 11,
21. tanto ecc. sì grande piacere infon-
: 24. sen parte: Moralmente vuol dire
do nell'animo a chi sente il mio canto. che chi si lascia allettare da falsi pia-
22. Ulisse veramente vinse il
volsi : ceri, torna di rado alla virtù.
pericolo delle Sirene (cfr. Hom., Odyss. 26. una donna simbolo della ragione
:

XII); invece fu preso ne' lacci della maga naturale che mostra all' uomo la fallacia
Circe (cfr. Inf. XXVI, 90 sgg.), che, pur dei beni mondani e delle loro lusinghe.
non essendo una Sirena, potò dal P. es- L'immaginativa addobba di vezzi at-
sere così chiamata, o perchè ei la cre- traenti la femmina balba la ragione ci ;

tale (« fu ricevuto per una delle fa vedere sotto questi vezzi la sozza fem-
sopradette Sirene, chiamata Circe » scri- mina quale è in realtà. Il Romani rav-
ve V Ott.), o solo per traslato come Purg. visa in questa donna Beatrice; il Tor-
XXXI, 45. Par. XII, 8. Se non che Gic. raca la carità come virtù opposta alla
nel De fin. V, 18 sgg. - opera nota a D. - cupidigia in cui si assommano avarizia,
« osserva che Omero aveva fatto sì che gola e lussuria raffigurati nella alleva-
le Sirene promettessero all' eroe d' Itaca trice sirena (vv. 58 sg.). -lunghesso: ac-
ilsapere, perchè non sarebbe stato ve- canto, presso. « Vidi Mingo me uomini » ;

rosimile che il multiforme ingegno di Vita N. § 35.


lui fossepreso nella rete da semplici can- 28. chi è questa?: chi è questa sozza
zonette » e quésto modo d' esprimersi
; creatura che il tuo discepolo vagheggia?
di Clc. poteva « benissimo far credere 29. fieramente sdegnata. - venia te-
: :

che Ulisse rimanesse veramente vinto neva gli occhi fìssi solamente alla don-
dalla dolcezza di quel canto » Romani, ; na santa.
Lect. D., 11. Ma d'altra parte le parole 31. prendeva non V., come alcuni pen-
:

Io volsi ecc. possono anche significare sarono, che guardava solo la donna one-
solo che la Sirena ha « messo Ulisse in sta, ma questa prendeva la femmina
tentazione e in pericolo. La sua frase balba.
è ambigua,: naturale, poiché vuol ingan- 32. mostravami : « Nudabo ignominiam
nare e sedurre altri ». Così il Parodi tuam corani eis, et videbunt omnem tur-
(Bull. XXIII, quale osserva che
45), il pitudinem tuam»; Ezech. XVI, 37; cfr.
nelle Epistole di Seneca a Lucilio, ben id. XXTII, 10, 26, 29.
496 [G1ROH RTO] Pi j:<;. xix. 33 51 [ANI,

quel mi svegliò col puzzo che n' liscia.


94 Io mossi gli ocelli, e il buon Virgilio « Almen tre
voci t'ho messe >> dicea : « sargi e vieni :

troviam la porta per la qua! tu entre. »


87 Su mi levai 1
e tutti eran già pieni
dell'alto dì i giron del sacro monte,
e anda vani col sol nuovo alle reni.
40 Seguendo lui, portava la mia fronte
come colui che l'ha di pensier carca,
che fa di se un mezzo arco di ponte,
43 quand'io udi' « Venite; qui si varca »
parlare in modo soave e benigno,
qual non si sente in questa mortai marca.
46 Con l'ali aperte, che parean di cigno,
volseci in su colui che sì parlonne,
tra' due pareti del duro macigno.
40 Mosse le penne poi e ventilonne,
Qui lugent affermando esser beati,
* '

ch'avran di consolar l'anime donne.

V. 34-51. Is'angelo della sollecitu- 42. fa di se ecc. : va curvato. « Que-


dine. D., chiamato più volte da V., si sto nostro poeta.... poi che alla matura
sveglia verso le 6 1 J2 di mattina. Su- età fu pervenuto, andò alquanto cur-
bito si rizza e s' avvia con V. pel 4° gi- vetto»; Bocc, Vita di T>., § 8.
rone. A
un certo punto un angelo con le 43. udi': udii l'angelo dirci: «Venite; si
ali aperte, candide come ali di cigno, in- passa di qui per salire all'altro cerchio ».
vita i due P. a salire, cancella un altro P 44. soave: «di suono, benigno d'ac-
dalla fronte di D. e canta la 3 a beati- cento e di senso»; Tom.
tudine evangelica. È « 1' angelo del buon 45. in questa ecc. in questa regione
:

amorosa sollecitudine, dell'ar-


zelo, dell' abitata da' mortali. Marca era territorio
dente carità verso Dio, non dando a ve- o contea di confine.
der di sé che le grandi e bianchissime 46. di cigno: per la bianchezza.
ali aperte e dritte in alto verso la scala, 47. volseci ci avviò in su aprendo le
:

ove con voce benigna ha invitato il P. : ali e drizzandole dov' era la scala.
angelo che direbbesi tutto ali per salire 48. tra' due ecc. nel duro macigno
:

e far salire » Perez. ; è scavata e incassata la via per cui i


34-35. Almoii tre ecc. cfr. Inf. VII, : P. salgono. Parete spesso nell'ant. i tal.
28. In almen tre si sentì un mentre, ò, come nel lat., masch. ;.cfr. Purg.
donde varianti strane, su le quali cfr. XXII, 117. v
flfoore, Crii., 393 sg. -tre tocì t'ho messe: 49. ventilonne : con questo ventilare
ti ho chiamato almeno tre volte. l'angelo cancella dalla fronte del P. il
36. la porta: Al.: l'aperta: l'aperto. 4o P, segno dell'accidia; cfr. Purg. IX,
Troviamo valico; cfr. Purg. IV, 19.
il 112 sgg. XII, 98 ecc.
;

tutti i cerchi del,


37-38. pieni ecc. : 50. Qui lugent ecc. « beati coloro che :

Pnrg. erano già illuminati dal sole. piangono, perchè essi saranno consola-
39. nuOTO: testò levato. Procedendo ti » Matt. V, 5. Beatitudine conveniente
;

sempre a destra, i P. guardavano ora agli accidiosi, che ora, pur correndo, me-
verso ovest e volgevano le spalle a est. ditano e piangono; cfr. Purg. XVIII, 99.
41. come ecc. cfr. v. 52. « E sospirando 51. donne: padrone, posseditrici di con-
pensoso venia, per non veder la gente, a
|
solazione, in quanto beate consolar è :

capo chino » Vita N. § IX, Son. V, 7 sg.


; infinito sostantivato.
[GIRONE QUARTO] Puro. xix. 52-69 [interp. del sogno") 497

52 « Che hai che pur invér la terra guati? »


la guida mia incominciò a dirmi
poco amendue dall' angel sormontati.
55 E io Con tanta sospeccion fa irmi
: «
novella vision eh' a sé mi piega,
sì ch'io non posso dal pensar partirmi »,
58 « Vedesti » disse « quell' antica strega,
che sola sovra noi ornai si piagne ;
vedesti come 1' uom da lei si slega.
61 Bastiti ) e batti a terra le calcagne :

gli occhi rivolgi al logoro che gira


con le rote magne. »
lo rege eterno
64 Quale il falcon, che prima a' pie si mira,
indi si volge al grido e si protende
per lo disio del pasto che là il tira ;

67 tal mi fec'io; e tal, quanto si fende


la roccia per dar via a chi va suso,
n'andai infìn dove '1 cerchiar si prende.
V. 52 69. Interpretazione del so- 62. logoro: cfr. Inf. XVII, 128; qui
gno simbolico. Mentre salgono, V. chie- per richiamo, invito.
de a D. il motivo del suo camminar pen- 63. rote: le sfere celesti; cfr. Purg.
soso e a capo chino. E D. « Vado così : VIII, 18; XI, 36; XIV, 148-150.
dubbioso per una visione testé avuta, là 64-69. Quale ecc. come il falcone, fer-
:

quale mi ha fatto tale impressione, che mo sulla pertica o sulla mano del falco-
non posso non pensare ad essa ». V., che niere, si guarda ai piedi, quasi per de-
già conosce il sogno del suo discepolo, siderio di liberarsi, indi, udito il grido
gliene dichiara il senso. del falconiere, si protende per volar die-
52. Che hai: cfr. Purg. XV, 120, 133 tro alla preda ; prima an-
così io, che
sgg. - invér cfr. v. 40 sgg.
: dava curvo, mi rialzai rinfrancato dalle
54. sormontati essendo ambedue mon-
: parole di V. ecc. Dalla caccia col fal-
tati poco più su del luogo dove stava cone, molto in voga nel medio evo, D.
l'angelo. Sormontare è intransitivo, co- derivò parecchie similitudini; cfr. Inf.
me già in Inf. VI, 68. XVII, 127 sgg.; XXII, 130 sgg. Par.
55. sospeccion sospetto, o piuttosto
: XIX, 34 sgg. - del pasto il falcone ri- :

dubbio; Purg. XXVIII, 79.


cfr. ceveva sempre la sua parte di preda, la
56. vision il sogno (vv. 7-32) è chia-
: così detta parte del falcone. - là: in alto,
mato visione, « perchè l' uno vocabulo dove è la preda. - e tal e così ritto e :

alcuna volta si pone per 1' altro » Buti. ; franco camminai per tutto il resto di
58-59. antica strega: antica, perchè la quella salita eh' è (v. 48) incassata nella
cupidigia o amore smodato de' beni im- roccia. - infìn ecc. sino al ripiano del
:

perfetti mondani, è antica quanto il mon- 5° girone, ove si comincia a camminare


do; strega perchè incantatrice. La/«m- in giro {cerchiare).
mina balba, dice V., è simbolo dei peccati V. 70-87. Le anime del 5o girone.
che si espiano sovra noi, ne' 3 ultimi gi- Ecco gli avari ed i prodighi. Perchè,
roni del Purg.: avarizia, gola, lussuria. fìssi ai beni terreni, non levarono in alto
60. si slega: si libera, considerandola gli occhi, giacciono bocconi; ed hanno
non quale a noi illusi apparisce, ma quale mani e piedi legati, per non averli mossi
è in realtà. ad opere meritorie. Lamentano la loro
61. Bastiti ciò che tu hai veduto e
: prava passione colle parole del Salmista
ciò eh' io t' ho detto. - batti ecc. affretta
: (Salm. CXVIII, 25) « L' anima mia s' :

il passo. attaccata al pavimento ». Ora l'ima ora

32. — Div. Comm.. 8 a ediz.


498 [girone quinto] Puro. xix. 70-87 [anime del

70 Coni' io nel quinto giro fui dischiuso,


vidi genie per esso elie piangea,
giacendo a terra tutta volta in giuso.
73 « Adhcesit pavimento anima mea! »
sentia dir lor con sì alti sospiri,
clie la parola a pena s' intendea.
7G « eletti di Dio li cui soffriri
e giustizia e speranza fa raen duri,
drizzate noi verso gli alti saliri. »
79 « Se voi venite dal giacer sicuri,
e volete trovar la via più tosto,
le vostre destre sian sempre di furi. »
82 Così pregò il poeta, e sì risposto
poco dinanzi a noi ne fu )
per eh' io
nel parlare avvisai l' altro nascosto,
85 e volsi gli occhi agli occhi al signor mio ;

ond'egli m'assentì con lieto cenno


ciò che chiedea la vista del disio.
1' altra anima ai gemiti inframmette, di fatto perciò plur., come nel v. 78 saliri. -
giorno, esempi d'amore e di carità; e giustizia ecc. : allevia le sofferenze così
di notte, esempi d'avarizia. V. domanda il sapere che le impone una giustizia in-
dove sia la via per salire; ed una di fallibile, come la sicura speranza che ad
quelle anime gli risponde che la troverà essa terrà dietro la beatitudine eterna.
tenendo sempre a destra. D. pon mente 78. drizzate noi ecc. insegnateci do-
:

all' anima che parla, e con uno sguardo ve è la scala per salire al 6 U cerchio.
chiede e ottiene da V. il permesso di 79. sicuri: liberi dal peccato che qui
fermarsi a discorrere un po' con lei. si purga, e perciò esenti dalla pena
70. dischiuso: uscito all'aperto, fuori di giacere bocconi per terra. Chi parla
dell'incassata via; cfr. Purg. IV, 35. (Adriano V) crede di parlare ad anime.
72. in giuso: boccone; cfr. v. US sgg. 81. di furi: di fuori, verso l'esterno,
73. Adhfesit ecc.: a queste parole seguo- andate sempre a destra. Circa la tosca-
no nel Salmo citato le altre: « Vivifica me nità e legittimità di furi per fuori, co-
secundum verbum tuum.» Così la pre- me di fuco, lago, ecc. per fuoco, luo-
ghiera «pone in bel raffronto le ricchezze go, ecc., cfr. Parodi, Bull. Ili, 98.
della terra e quelle del cielo la morte e ; 84. nel parlare: mentre la voce par-
la vita dell' anima, la ruggine del basso lava, io, badando alla direzione di essa,
metallo e la luce del Verbo divino. L'ade- guardai verso la parte nascosta donde
rire dell anima esprime acconciamente
1
usciva l'altro nascosto è la parte ante-
:

la sede del peccato, che è nell'affetto e riore, non visibile, di quelle anime gia-
non già nella ricchezza; e insieme ac- centi boccone a terra - e nella parte an-
cenna la quasi materiale tenacità di quel- teriore è la bocca -, in confronto dei vi-
l'affetto. Pavimento pare ivi parola ancor sibili diretri (v. 97).
più. bella che terra, se si riguardi alla sua 85. volsi gli occhi ecc. fissando i miei
:

origine dal verbo pavire o calpestare; che negli occhi di V., che mi sapeva per
veramente cosa degna d'essere calpe- gli occhi leggere nell' anima, chiesi
stata s' offre adesso a que' contriti il te- licenza di fermarmi un momento a di-
soro ove posero il cuore » Perez. ; scorrere con quello spirito.
74. alti profondi per l' intenso dolore
:
;
86. cenno: degli occhi; neppure V.
cfr. Purg. XVI, 64. apre bocca.
76-77. eletti : alla beatitudine del cielo. 87. la vista del disio: il desiderio espres-
-soffriri: sofferenze: inf. sostantivato e so con lo sguardo.
[GIRONE QUINTO] PURG. XIX. 88-106 [PAPA ADRIANO V] 499

Poi eli' io potei di me fare a mio senno,


trassimi sovra quella creatura
le cui parole pria notar mi fenno,
91 dicendo « Spirto, in cui pianger matura
:

quel sanza il quale a Dio tornar non puossi,


sosta un poco per me tua maggior cura.
94 Chi fosti e perchè volti avete i dossi
al su, mi di', e se vuoi eh' io t' impetri
cosa di là ond'io vivendo mossi. »
97 Ed elli a me : « Perchè i nostri diretri
rivolga il cielo a sé, saprai ; ma prima
scias quod ego fui successor Petri.
100 Intra Siestri e Chi averi s'adima
una fiumana bella, e del suo nome
mio sangue fa sua cima.
lo titol del
io: Un mese e poco più prova' io come
pesa il gran manto a chi dal fango il guarda,
che piuma sembran tutte l'altre some.
106 La mia conversione, oh me!, fu tarda ;

V. 88-111. Papa Adriano V. Prega- il cielo ci faccia stare bocconi a terra.


tone da D., lo spirito che ha parlato, 99. scias ecc.: sappi ch'io fui succes-
gli si manifesta. È Ottobuono Eieschi sore di Pietro, cioè papa cfr. Inf. XIX, ;

dei conti di Lavagna, genovese, nepote 69. Adriano V, per dichiarare ch'è stato
di papa Innocenzo IV. Fu nel 1264 le- papa, usa la lingua della Chiesa, come
gato di Clemente IV in Inghilterra. fanno i papi nei loro atti ufficiali.
Eletto papa l'il luglio 1276, si chiamò 100. Siestri: Sestri di Levante, pic-
Adriano V, ma papato solo 38
tenne il cola città marittima della Liguria a le-
giorni, essendo morto a Viterbo il 18 vante di Genova. - Chiaveri Chiavari, :

agosto di quello steso anno. piccola città, anch'essa della riviera di


89. trassimi ecc. mi accostai a quel-
: Levante. Cfr. Bass., 381 sg. - si ad ima:
l'anima, la quale aveva attirata a sé la s'avvalla, scorre al basso.
mia attenzione colle sue x^arole; cfr. v. 84. fiumana fiume a torrente, cioè
101. :

92. quel ecc. il pianto, che è effetto


: la Lavagna, che dall'Appennino scorre
del pentimento e delle sofferenze, ma- al mare, e dalla quale i Eieschi presero
tura la purificazione, necessaria per sa- il titolo di Conti di Lavagna.

lire al cielo. - tornar cfr. Purg. XVI,


: 102. fa sua cima: fa il suo maggior
85. - non puossi « Sine sanctimonia
: vanto, chiamandosi Conti di Lavagna.
nemo videbitDorninuni»; Ebrei XII, 14. Così i più. Al. Il titolo della mia fa-
:

93. sosta: sospendi. - cura: quella di miglia prende da questo fiume l'origine
piangere per purificarti (cfr. vv. 140 sg.). sua. Ma l'origine è radice, non cima.
94-96. Chi ecc. D. fa a quell'anima
: 103. un mese e poco più : trentotto
tre domande chi ella fosse nel mondo
:
; giorni; cfr. n. 88-144.
perchè gli spiriti di questo girone giac- 104. manto papale;: cfr. Inf. XIX, 69.
ciano così col volto a terra; se desideri - dal fango Purg. XVI, 128. Provai
: cfr.
ch'ei gli ottenga cosa alcuna dai viven- quanto grave sia il manto papale a chi si
ti, dai quali è venuto e fra i quali tor- studia di non lordarlo con opere indegne.
nerà. Alla l a Adriano risponde coi vv. 105. che piuma: che, a petto della pon-
97-114; alla 2 a coi vv. 115-126; alla 3 a tificale, qualunque altra più grave di-
coi vv. 142-145. gnità sembra leggiera come piuma.
97-98. Perchè ecc. ti dirò poi perchè
: 106. fu tarda: essendosi convertito sol
500 [gibonb quinto] Puro. xix. 107-1 ih [pena degli avari]

ma come fatto fui roman pastore,


così scopersi la vita bugiarda.
]o«)
Vidi che lì non si quotava il core,
né più salir poteasi in quella vita ;

per che di questa in s'accese amore. me


ni» Fino a quel punto misera e partita
da Dio anima fui, del tutto avara :

or, come vedi, qui ne son punita.


115 Quel ch'avarizia fa, qui si dichiara
in purgazion dell'anime converse,
e nulla pena il monte ha più amara.
li- come
Sì l'occhio nostro non s'aderse
in alto, fisso alle cose terrene,

dopoché, vecchio e infermiccio, fu eletto gli avari. alla 2a do-


Adriano risponde
papà. Indugiò quindi la penitenza, ma manda dichiarando la ragion (3
di D.,
non proprio fino al momento della mor- della pena inflitta alle anime purganti
te; il che spiega com'egli, benché morto del 5° girone. Le pene adombrano i tri-
da nemmen 24 anni, non sia nell'anti- sti effetti dell'avarizia sull' animo del-
purgatorio. l'uomo. L'occhio dell'avaro non mira che
bugiarda mondana, che promet-
108. : ai beni della terra e nel Purg. l'avaro
;

te unafelicità che non può dare. Delle è costretto a guardare al suolo e impe-
ricchezze Conv. IV, 12: «Promettono le dito di mirare in alto. Xon si mossero
false traditrici, se bensì guarda, di tórre ad operare il bene; e la divina gì
ogni sete e ogni mancanza, e apportar zia tiene qui legati nelle inani e nei
li

saziamento e bastanza; e questo fanno piedi; e così immobili staranno finché


nel principio a ciascuno uomo, questa a Dio x>iacerà.
promissione di loro in certa quantità d'ac- 116. in purgazion : nel modo con che
crescimento affermando; e poiché quivi le anime in questo cerchio si purgano. -
sono adunate, in loco di saziamento e di converse convertite dall'avarizia e ritor-
:

refrigerio, danno e recano sete di casso nate per pentimento a Dio. Così i più.
febricante intollerabile e in loco di ba- ;
Al. Capovolte, col dosso in su. Ma
:

stanza, recano nuovo termine, cioè mag- « oltreché questa idea verrebbe ripetuta
gior quantitate a desiderio e con questo : tosto qui sotto, le due parole purgazione
paura e sollecitudine grar.de sopra l'ac- e converse starebbero l'ima nell'altra » ;

quisto. » Cfr. Purg. XXX, 132. Br. B.


109. lì in tanta altezza, come quella
: 117. e nulla ecc.: e nessuna di tutte
da me conseguita. « Locutus sum in corde le altre pene del Purg. è più spiacevole
meo, dicens: Eccemagnus effectus sum, (non più grave, si badi) non già, come
et prsecessi omnes sapientia, qui fuerunt altri ha detto, perchè sia loro negato
ante me in Jerusalem et mens mea con- ;
di vedere il cielo, pena onde soffrono
templata est multa sapienter, et didici. anche invidiosi e iracondi, ma perchè la
Dedique cor meum ut scirem prudentiam forma della pena, come Adriano spiega,
atque doctrinam, erroresque et stulti- tiene di continuo presente alle anime
tiam et agnovi quod in his quoque
; tutta la bruttura particolare del loro
esset labor et afflictio spiritus » Eccl. ; peccato, e perchè, anche, il giacere a
I, 16-17. terra con la faccia in giù a mo' di be-
110. uè più salir : essendo giunto alla stie, e del tutto impediti di far movi-
suprema dignità. menti, è condizione davvero spiacevo-
111. di questa : della vita eterna. lissima. Per terra giacciono aneli e i go-
112. che fatto fui roman pa-
punto :
k
losi nell'Inf., della cui pena s' altra è '

store (v. 107). - misera infelice, perchè


'
: maggio, nulla è si spiacente ', Inf. VI,
priva della vera pace. - partita: divisa. 48. Cfr. Romani, Lectura Daniis, p.36.
V. 115-126. Hagione della pena de- 118-120. non s'aderse in alto non si in- :
GIRONE QUINTO] Puro. xix. 120-137 [umiltà pa'palk] 501

così giustizia qui a terra il ni erse.

121 Come avarizia spense a ciascun bene


lo nostro amore, onde operar perdési,
così giustizia qui stretti ne tene,
124 ne' piedi e nelle man legati e presi ;

quanto fìa piacer del giusto sire,


e
tanto staremo immobili e distesi. »
127 Io m'era inginocchiato e volea dire;
ma com'io cominciai ed el s'accorse,
solo ascoltando, del mio reverire,
130 « Qual cagion » disse « in giù così ti torse ? »
E io a lui « Per vostra dignitate :

mia coscienza dritto mi rimorse ».


133 « Drizza gambe le ; levati su, frate ! »
rispuose « non : errar : conservo sono
teco e con gli altri ad una potestate.
136 Se mai quel santo evangelico suono
clie dice JSfeque nubent intendesti, ' '

rialzò a Dio. - merse abbassò. «Ille gra- : mia voce ora più che prima vicina a lui,
ves oculos languentiaque ora cornanti s'accorse che io mi era inginocchiato,
Mergit humo »; Stat., Theb. V, 502 sg. atto di riverenza.
121. bene verace, infiammandolo solo
: 132. dritto: la mia coscienza mi ri-
per i beni falsi. morse dello star dritto dinanzi a voi,
122. perdési si perde cessò ogni buo-
: ;
a motivo della vostra dignità. Al.: drit-
na opera. Il peccato mortale « non ti ta. Cfr. Móore, Crii., 394 sg.
lascia operare né acquistare nullo me- 133. frate: fratello. Xel mondo di là
rito » Fra Giord., Preci., Ed. Narducci,
; anche un papa non chiama più figli i fe-
p. 209. deli: tutti sono figli del padre celeste,
123. giustizia : divina'. - stretti : stret- tutti fratelli. Le parole che D. pone in
tamente avvinti e forzatamente inerti. bocca ad Adriano, sono conformi a quel-
124. legati « tu qui putas manum ha-
: le dette dall' angelo a San Giovanni,
beretesanam, cave ne avari tia contra- Apocal. 3QX, 10 «Vide ne feceris con-
: :

hatur » S. Ambros. in Lue. 1. IV cfr.


; ; servus tuus sum fratrum tuorum ha-
et
Matt. XXII, 13. I Tìm. VI, 9. bentium testimonium Jesu:Deum adora.»
125-126. e quanto e staremo qui immo-
: 134. non errar rendendomi onori, che
:

bili e distesi tanto tempo, quanto piacerà qui non hanno più ragion d 'essere.
a Dio. - giusto sire: cfr. Inf. XXIX, 56. 136-137. quel santo ecc. quelle sante
:

Purg. XV, 112. Par. XIII, 54; XXIX, 28. parole del Vangelo. - Neque nubent ecc.:
V. 127-141. Umiltà papale. All'udi- parole dette da Cristo ai Sadducei che
re che quegli con cui parla, fu succes- gli chiedevano di chi sarebbe stata mo-
sore di S. Pietro (v. 99), D. si è inginoc- glie nell'altra vita certa donna che ave-
chiato. Adriano se n'accorge e gliene va sposati l'un dopo l'altro 7 fratelli :

chiede il motivo e udito che D. lo ha


; « In resurrectione enim neque nubent
fatto per riverenza alla suprema auto- neque nubent ur, sed erunt sicut angeli
rità religiosa, esorta subito D., con gran- Dei in coelo »; Matt. XXII, 30 (cfr.
de vivacità di parola, a rizzarsi, chia- Marc. XII, 25 Luca XX, 35). Così nel
;

mandosi suo conservo, ed aggiungendo mondo di là il papa non è più lo sposo


che nel mondo di là non vi sono diffe- della Chiesa, come si chiamava in que-
renze di grado. Ciò detto, licenzia il P. sto mondo cfr. Inf. XIX, 56 sgg. Purg
;

129. solo ascoltando solo per udire la : XXIV, 22.


502 [gir. quinto] PURG. xix. 138-145 - xx. 1-3 [alagia]

ben puoi veder perch'io così ragiono.


139 Vattene ornai non vo che più t'arresti;
:
:

che la tua stanza mio pianger disagia,


col qual maturo ciò che tu dicesti.
142 Nepote ho io di là e' ha nome Alagia,
buona da sé, pur che la nostra casa
non faccia lei per esemplo malvagia;
145 e questa sola di là m'è rimasa. »

140-141. la tna stanza ecc.: il tuo star 143. da sé: d'indole. - casa: i Fieschi.
qui impedisce il mio pianger, col quale 144. por esemplo: per mezzo dell'esem-
maturo la purificazione; cfr. v. 91 sg. pio.- malvagi a: « idest lubricano, et im-
V. 142-145. Alagia de*
FiescJii. In pudicam. Et vide quod iste sacerdos lo-
risposta ai vv. 95-90, Adriano dice an- quitur honeste et caute dicit enim quod
:

cora che nel mondo ha ora solo una ne- neptis est bona, nisi imitetur exemplum
pote virtuosa, Alagia. - Eu costei figlia aliarum de domo sua. Per hoc cairn dat
di Niccolò di Tedisio di Ugone de' Zie- inteiligi caute, quod mulieres illorum de
schi e sposa di Moroello Malaspina, mar- Fliseo fuerunt nobiles meretrices; qua-
chese di Gio vagai lo. « Ebbe nome la li s, si fama non mentitur, fui uxor Petri

gran donna di gran valore et di gran de Russis de Parma, strenuissimi militis.


bontà ; et l' Auttore, che stette più Quid dicam de Isabella, uxore domini Lu-
tempo Lunigiana con questo Moroello
in ciani, potentissimi et iustis-simi tyranni
de' Malaspini, conobbe questa donna, et in Lombardia? »: Benv.
vidde che continuamente faceva gran li- 145. sola: ricordi di me e possa
che si
mosine, et faceadire messe et orazioni di- per me degnamente pregare. Cfr. Purg.
votamente per questo suo zio »; Art. Fior. IV, 135. - di là: in prima vita.

CANTO VENTESIMO
GIRONE QUINTO: AVARIZIA E PRODIGALITÀ

ESEMPI DI POVERTÀ E DI LIBERALITÀ, UGO CAPETO


I CAPETINGI, ESEMPI DI TURPE AVARIZIA
IL MONTE SI SCUOTE PER LA LIBERAZIONE DI UN ANIMA 7

Contra miglior voler voler mal pugna;


onde contra il piacer mio, per piacerli,
trassi dell'acqua non sazia la spugna.

V. 1-15. Cammino per il 5<> giro- 1-3. miglior voler di Adriano, che non
:

ne. Congedato da papa Adriano, D. voleva interrompere ulteriormente la sua


continua con V. il cammino per quel penitenza, con che avrebbe protratto, sia
girone. L'aspetto delle anime purganti pur di poco, il termine di essa e la sa-
lo muove ad imprecare contro l' antica lita al cielo. - voler: di D., che avrebbe
lupa e a invocare la venuta di colui che voluto discorrere più a lungo con Adria-
la caccerà dal mondo. no. - onde ecc. opperò io, mio malgra-
:
[GIRONE QUINTO] PURG. XX. 4-21 [CAMMINO] 503

Mossimi; e il duca mio si mosse per li

luoghi spediti pur lungo la roccia,


come si va per muro stretti ai merli ;

che la gente che fonde a goccia a goccia


per gli occhi il mal che tutto il mondo occupa,
dall'altra parte in fuor troppo s'approccia.
10 Maladetta sie tu, antica lupa,
che più di tutte l'altre bestie hai preda
per la tua fame senza fine cupa !

13 ciel, nel cui girar par che si creda


le condizion di quaggiù trasmutarsi,
quando verrà per cui questa disceda 1
16 Noi andavam co' passi lenti e scarsi,
e io attento all' ombre eh' io sentia
pietosamente piangere e lagnarsi;
19 e per ventura udi' « Dolce Maria » !

dinanzi a noi chiamar così nel pianto,


come fa donna che in parturir sia ;

do,mi tacqui per far piacere ad Adriano XVI, 67 sgg. « Della generazione sustan-
(per piacerli) chem'avea detto d'andar- ziale tutti i filosofi concordano che li

mene {Purg. XIX, 139 sgg.), quantunque cieli sono cagione » ; Conv. II, 14.
non fossi ancora pienamente soddisfatto. 15. quando ecc.: cfr. Inf. I, 101 sgg.
« Fa qui similitudine, cioè che la volontà - per cui: colui per opera del quale. -
sua era come una spugna e che li desi- disceda lat. discedat
: parta, cioè esca =
deri, ch'elli avea di sapere altre cose da del mondo.
quello spirito, rimaseno non sazi, come V. 16-33. Esempi di povertà e di li-
rimane la spugna quando si cava dall'ac- beralità. Camminando, D. ode una di
qua, inanti che sia tutta piena»; Bufi. quelle anime, ricordare esempi delle vir-
5. spediti: non impediti dalle anime tù opposte all' avarizia: Maria, che, po-
distese a terra. - pur lungo la roccia: vera, partorì in una stalla Fabrizio, che ;

solamente lungo la parete del monte per dispregiò le ricchezze San Niccolò di ;

la ragione esposta nei vv. 7-9. Mira, che dotò tre donzelle. « Prostese e
6. per muro: sul muro di cinta, che chiuse in sé, queste anime propongono
non può essere molto largo, di un luogo a sé medesime i tipi da meditare, e nella
fortificato. - stretti rasente ai merli
: meditazione cotanto s'infiammano, che
del muro stesso. già veggono e odono i personaggi me-
7-9. fonde ecc. versa espia con le la-
: ; ditati, e con essi parlando, benedicono
grime l'avarizia. Le anime giacenti al durante il giorno in dolci parole ai buoni
suolo si avvicinano troppo all'orlo este- e nella notte maledicono a' rei. Così col-
riore, e i Poeti non possono perciò cam- l'aurora si vien rinfrescando il dolce sen-
minare lungo questo. - mal avarizia. : timento della virtù, e col sorger dell'om-
10. antica: cfr. Inf. I, 111. -lupa: cfr. bre cresce V orrore al vizio » Perez. ;

Inf. I, 49 sgg. 97 sgg. - cupa profonda.


; : 16. scarsi: brevi : cfr. Purg. X, 13. «Per
La insaziabile fame al P. appare come lo luogo stretto non si potea ampliare né
una voragine infinitamente profonda, e spesseggiare lo passo » Buti. ;

però incolmabile. 21. in parturir: ne' dol< ri del parto,


13. par ecc. si credeva che cagione
: dolori compensati dalla speranza della
dei mutamenti delle cose terrestri fos- gioia ventura. « La donna, allorché par-
sero i moti dei cieli, opinione accettata torisce è in tristizia, perchè è giunto il
parzialmente anche da D. ; cfr. Purg. suo tempo quando poi ha dato alla lu>
;
504 [girone quinto] Purg. \x. 22-37 bsmpj di poveri**

22 e seguitar: «Povera fosti tanto,


quanto veder SI può per quello ospizio
ove sponesti il tuo portato santo ».
25 Seguentemente intesi « buon Fabrizio,
:

con povertà voi (isti anzi vii- tute


che gran ricchezza posseder con vizio ».
28 Queste parole m'eran sì piaciute,
eh' io mi trassi oltre per aver contezza
di quello spirto onde parean venute.
:;i
Esso parlava ancor della larghezza
che fece Niccolao alle pulcelle
per condurre ad onor lor giovinezza.
34 « anima che tanto ben favelle,
dimmi chi fosti » dissi, « e perchè sola
tu queste degne lode rinnovelle.
37 Non fìa sanza mercè la tua parola,

ce il bambino, non si ricorda più del- Licia, santo comune alle chiese greca
l'affanno a motivo dell'allegrezza: per- e latina, che si dice vissuto fra il 3° e
dio è nato al mondo un uomo »; Giov. il 4° secolo. Si racconta che, non po-

XVI, 21. La similitudine della donna tendo un suo concittadino povero far
partoriente occorre più volte nella Scrit- la dote a tre figliuole per maritarle, e già
tura: cfr. Isaia XXVI, 17, ecc. pensando di permettere che divenissero
23. quell'ospizio la stalla di Betlem-
:
•'
peccatrici ', il santo uomo in tre notti
me ; cfr. Lue. II, 7. buttò per le finestre nella casa di quello
deponesti cfr. Inf. XIX,
24. sponesti : ; le somme occorrenti a dotarle tutt' e tre ;

130. - portato il pondo ascoso (Man-


: e ne salvò così l'onore. Cfr. Zingarelli,
zoni), il figlio chiuso nel seno materno. Lect. D., 15 sg. e 44 sg. - pulcelle: o
25. Fabrizio: Caio Fabrizio Luscinio, pulzelle giovanetto.
:

console l'anno 282 a. Cr., rifiutò i doni V. 34-60. Ugo Capeto. Accostatosi al-
dei Sanniti, ai quali avea fatto accor- l'anima che propone esempi di povertà
dare la pace. Due anni dopo, inviato a e di larghezza, D. le domanda chi sia e
Pirro per trattare dello scambio de' pri- perchè sola fra tutte venga ripetendo ad
gionieri, ricusò i presenti di questo re, alta voce que' fatti degni di lode; in
che ne ammirò il singolare disinteresse. compenso le promette di giovarle, quando
Eletto novamente console nel 278, la sua sarà tornato al mondo. E quella « Sono :

generosità indusse Pirro a dar liberi Ugo Capeto, capostipite degli scellerati
tutti i prigionieri ed abbandonare V I- re Francesi». Cfr. n. al v. 52.
talia. Censore nel 275, scacciò dal. Se- 34. ben sostantivo, cfr. v. 121 tanto
: :

nato P. Cornelio Rufino per il suo lusso ben è accus. retto da favelle (= favelli).
e la sua prodigalità. Morì così povero, 35. sola non era sola a far ciò, ma
:

che dovettero seppellirlo a pubbliche D. udiva soltanto lei; cfr. v. 118-123.


spese, e le sue figlie ricevettero la dote loda (Inf. II, 103).
36. lode: plur. di
dallo Stato. D. lo ricorda con lode anche Gli esempi riferiti sono detti lode, per-
nel Conv. IV, 5 e nel De Mon. II, 5 e 11. chè di atti degni di lode. - rinnovelle:
26-27. con povertà ecc. preferisti po- : rinnovelli, cioè richiami alla memoria.
vertà con virtù a gran ricchezza con vizio. 37-39. Non fla ecc. il tuo parlar meco
:

28. piaciute: perchè esaltavano l'one- non sarà senza ricompensa, se io ritorno,
sta povertà, mentre nel mondo si pregia- come ne ho certa speranza, nel mondo
no soltanto le ricchezze, anche se viziose. a compiervi il breve cammino della vita
che fece Niccolao ecc. il famoso
32. : terrestre, potendo io là far pregare o
protettore di Bari, vescovo di Mira nella pregare io stesso per te.
[di MONE QUINTO] Pukg. xx. 38-52 [UGO CAPETO] 505

s' io ritorno a compier lo cammin eorto


di quella vita eli
7
al termi uè vola. »
40 Ed elli : « Io ti dirò, non per conforto
eh' io attenda di là, ma perchè tanta
grazia in te luce prima che èie morto.
43 io fui radice della mala pianta
che la terra cristiana tutta aduggia,
v sì che buon frutto rado se ne schianta.
40 Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia
potesser, tosto ne sarìa vendetta ;
e io la cheggio a lui che tutto giuggia.
49 Chiamato fui di là Ugo Ciapetta :

me
son nati i Filippi e i Luigi
di
per cui novellamente Francia è retta.
52 Figliuol fu' io d'un beccaio di Parigi :

40. non ecc.: non già perchè io speri 50. i Filippi ecc.: dal 1000 al 1322 regna-
suffragi da' viventi. Con ciò D. vuol rono in Erancia cinque Filippi e cinque
forse indicare che la purificazione di Luigi, discendenti di Ugo Capeto, come
Ugo Capeto pressoché compiuta (dopo
ò si vede da questo specchietto cronologico,

oltre 300 anni !), sicché de' suffragi dei


viventi egli non ha ormai più bisogno.
UgQ u gi ande> duca di
.

Ug0 Cap eto, eletto re


^^
nel 987 ....
ecc> m>
»
%6
996
41. ma ecc. ma perchè vedo concessa
: Roberto I (il Devoto, o il Savio). . » 1031

a te da Dio la singoiar grazia di visitare Arrigo I » 1060


Filippo » 1108
vivo questi regni; cfr. Purg. XIV, 79 sg. 1

43. radice : capostipite. « Et exiit ex £jjg


™ (
fl Grosso ) »
* }
jj"
radix peccatrix » I Machab. I, 11. -
eis
pianta i Capetingi.
;
Fi^p n (Augusto),' detto il cóii-
quistatore » 1223

«S
:

aduggia: fa uggia, fa ombra


44-45. Luigi Vili (il Leone) » 1226
(cfr. Inf. XV, 2) a tutta la terra cri- Luigi IX (il Santo) » 1270

stiana, sì che questa solo di rado, così


addata, può dave buon frutto. Nei
'
Filippo IH (l'Ardito)

p :

> 1285

1300 i Capetingi regnavano Francia, m Filippo V (il Lungo)


; ; ; . ; ; ; ; ; ; ;

» 1322
a Napoli e nella Spagna, aduggiando
quasi tutta la terra latina. 51. novellamente: ne' tempi recenti e
46. Doagio nomina le quattro princi-
: anche ora.
pali città della Fiandra (Doagio=Do\\ai, 52. Figliuol ecc. Veramente Ugo Ca- :

Guanto=Gr&n.d., Lilla=lA\\Q, Bruggia— peto discendeva dai potenti conti di Pa-


Bruges) per la Fiandra tutta, alludendo rigi e duchi di Francia. Ma D. si at-
alle guerre tra Filippo il Bello e i Fiam- tenne a una delle leggende che corre-
minghi, e principalmente al modo inde- vano intorno ad Ugo. Al beccaio accenna
gno con che Filippo e Carlo di Valois, anche il Vili., che, a proposito di Ugo
suo fratello, tradirono nel 1299 il conte Capeto scrive (IV, 4) che « per li più si
di Fiandra ed i suoi figli (cfr. G. Vili. dice che '1 padre fu uno grande e ricco
Vili, 32) ed alla battaglia di Coltrai (25 borghese di Parigi, stratto di nazione
marzo 1302), tanto micidiale e sventurata di buccieri, ovvero mercatante di be-
per i Francesi, cfr. G. Vill.YIII, 55 sgg. stie ».Certo è che la leggenda del bec-
48. cheggio chiedo. - giuggia: da
: caio e del resto non ci è data da alcun
giuggiare, provenz. jutjar, giudicare ; testo più antico della D. C. ma una ;

cfr. Nannucc, Verbi, 148, Bull. Ili, 145. narrazione molto affine è già nel Pan-
49. di là: nel mondo. - Ciapetta così : theon, poema latino di Goffredo da Vi-
fn reso in italiano il frane. Ghapet oggi : terbo del sec. xn, e la leggenda del bec-
si usa Capeto. caio la incontriamo nel poema francese
506 [GIRONE quinto] '
Pujrg. XX. 53-64 CAPETO]

quando venner menoli regi antichi


tutti, fuor oh' un renduto in panni bigi,
trova mi stretto nelle mani il freno
7

del governo del regno, e tanta possa


di nuovo acquisto, e si d'amici pieno,
58 ch'alia corona vedova promossa
la testa di mio fìllio fa, dal quale
cominciar di costor le sacrate ossa.
61 Mentre che la gran dote provenzale
al sangue mio non tolse la vergogna,
poco valea, ma pur non facea male.
64 Lì cominciò con forza e con menzogna

1
Hugues Capet ', composto, come pare, fece coronare re suo figlio Roberto nel
intorno al 1317, vale a dire contempo- 988, l'anno dopo la propria elezione. -
raneo alla D. C. Zingarelli, 1. e. cominciar ecc. incominciò la serie dei
:

53. li regi antichi : i Carolingi. - Yeiiner re Capetingi, le cui persone sono dette
meno: finirono. sacrate ossa, j»erchò i re di Francia si
54. un ecc.: morto senza prole Luigi V, consacravano con santa unzione, ammi-
detto il Neghittoso (987), e proclamato nistrata dall'arcivescovo nella cattedra-
re Ugo Ciapetta, rimaneva un solo ram- le di Reims. Così giustamente i più. Se-
pollo della dinastia Carolingia, Carlo, condo altri sacrate varrebbe in questo
duca di Lorena, secondogenito di Lui- luogo esecrande. Manò di sacrate per
gi IV; il quale, volendo conquistare il esecrande si hanno altri esempi, uè D.
trono de' suoi maggiori, fu tradito e con- potè pensare e dire che le ossa di tutti
segnato nelle mani di Ugo Capeto (989) i successoli di Ugo Capeto, compreso
che lo gettò in una prigione, dove morì San Luigi, fossero maledette, nò ciò s'ac-
poco dopo il 992. Ottone, figlio di Carlo, corda con quel che Ugo Capeto dice nei
morì nel 1005 senza prole; due altri figli yv. che immediatamente seguono, 61-63.
di Carlo si rifugiarono in Alemagna, dó- Cfr. Purg. IX, 130. Par. XXIIL 62.
ve morirono nell'oscurità. La leggenda, V. 61 -69. I Capetingi sino al 1300.
dunque, seguita da D., la quale dice l'ul- Continua Ugo Capeto parlando de' suoi
timo carolingio renduto in panni bigi ',
'
discendenti. Sino alla morte di Luigi IX
altera la storia, attribuendo forse a Carlo erano uomini di poco valore, ma almeno
di Lorena, ultimo dei Carolingi, vicende non facevano del male. Da Carlo d'An-
analoghe a quelle dell'ultimo dei mero- giò e Filippo l'Ardito incominciò la se-
vingi, Chilperico III, che fu deposto e rie dei tradimenti e delle rapine, poi-
chiuso in un convento da Pipino di He- ché la gran dote Provenzale tolse ai
ristall. (Cfr. Zingarelli, Lect. D. 20-23). Capetingi ogni rossore di mal fare.
Nelì'ant. ital. renduto significò mo-
' ' ' 61-64. Mentre che ecc. i miei discen-
:

naco '. Fiore, CXXIX, 1-4 « Astinenza- : denti non valevano gran cosa, ma alme-
Costretta la primiera sì si vestì di roba |
no non compirono male azioni da Ro-
di renduta-, velata, che non fosse cono-
|
berto la Luigi IX (m. 1270), cioè finché
sciuta, con un saltero in man facea
|
non mirarono ad ottenere la gran dote
preghiera». E nel Bestiario toscano (Stu- Provenzale, ossia le ricchezze e gli stati
di romanzi Vili, 82) «Questo leone re- : di Raimondo Berlinghieri, conte di Pro-
mase e finìo quie [nel convento] come venza, di cui la figlia Margherita avea
se fosse uno converso renduto della ca- sposato nel 1234 Luigi IX, e Beatrice,
sa ». Cfr. Inf. XXVII, 83. morto il padre, fu sposata nel 1245 a
55-60. trova' mi ecc.: mi trovai colle re- Carlo d'Angiò, che potè avere come dote
dini del governo in mano, e in tanta po- della moglie la contea di Provenza. -
tenza per nuovi acquisti e per numero non tolse ecc.: non lo rese incapace di
di amici, che al trono vacante fu pro- quella vergogna che trattiene dal mal
mosso mio figlio. In realtà Ugo Capeto operare. - Li quando riuscì ad ottenere
:
[GIRONE QUINTO] Puro. xx. 65-72 [CAPETINGI] 507

lasua rapina; e poscia, per ammenda,


Ponti e Normandia prese e Guascogna.
07 Carlo venne in Italia, e, per ammenda,

vittima fé' di Curradino; e poi


ripulse al ciel Tommaso, per ammenda !

Tempo Yegg 1
io, non molto dopo ancoi,
che tragge un altro Carlo fuor di Francia,
per far conoscer meglio e sé e i suoi,

questa dote; e si può ben parlare di 69. Tommaso : S. Tommaso d'Aquino,


1
forza '
e di '
menzogna ', perchè il ma- n. 1227 m. il 5 marzo 1274. Fu creduto
(ì),

trimonio di Beatrice di Provenza con che Carlo d' Angiò lo facesse avvelena-
Carlo d' Angiò (essa era stata promessa a re; cfr. G. Vili. IX, 218 sg., ma pare
Raimondo di Tolosa), non avvenne senza che la voce di tale delitto non risponda
violenza e raggiri. al vero; cfr. Zingarelli, Lect. D., p. 27.
65-66. per ammenda: amarissima iro- Tolommeo, discepolo di S. Tommaso,
nia per far ammenda della rapina com-
: racconta (Marat., Script., XI, 1168 sg.):
messa, si commisero rapine ancor peg- « Vocatus ad Concilium [di Lione] per
giori. E nella ripetizione della frase per Doininuni Gregorium, ac recedens de
ammenda non si sa se sia « maggiore Neapoli, ubi degebat, et veniens in Cam-
la tristezza o lo scherno » (Zingarelli). paniam, ibidem graviter infirmatili*. Et
D. mostra anche qui di avere secondo quia prope locum illum nullus coUven-
lo Zingarelli, « notizia piuttosto confu- tus Ordinis PraBdicatorum habebatur,
sa » dei fatti, specie di quelli anteriori a declinavit ad unam solemnem Abba-
Carlo d' Angiò giacché se la contea del
;
ttami, qua} dicitur Fossanova, et quae
Ponthieu (Ponti) fa tolta da 7 Filippo il ; ordinis erat Cisterciensis, in qua sui
Bello al re d'Inghilterra e così la Gua- consanguinei Domini de Ceccano erant
scogna (1294), la Normandia era stata patroni ibique sua aggravata est segri-
;

presa da Filippo Augusto fino dai primi tudo. Unde cum multa devotione et
anni del sec. xiii e riconosciutavi la so- mentis puritate et corporis, qua sem-
vranità francese già nel 1206 nella tre- per fioruit et in Ordine viguit, quemque
gua tra Filippo Augusto e Giovanni ego probavi inter homines, quos um-
Senzaterra. Vero è che i re d'Inghilterra quam novi, qui suam ssepe confessionem
non rinunziarono del tutto ai loro dirit- audivi, et cum ipso multo tempore con-
ti ;e solo dopo lunghe lotte e vicende versati^ sum familiari ministerio, ac ip-
varie solo, nel 1450, 1' annessione alla sius auditor fui, ex hac luce transiit ad
Francia fu definitiva. Si vedano per altro Christum. »
le osservazioni del Parodi (Bull.XII, 322) V. 70-96. I Gapetingi dopo il 1300.
circa questa sintesi storica che « non è In forma di vaticinio, Ugo Capeto con-
una placida esposizione, ma una lirica tinua a parlare de' suoi discendenti e
impetuosa, dove i fatti s'aggruppano se- delle loro malvagità: di Carlo di Valois,
condo concetti generali, quasi di filosofìa che tradisce Firenze, e va poi a guada-
della storia, cosicché la precisione delle gnarsi vergogna in Sicilia-, del Ciotto
date non possiamo, anzi non dobbiamo di Gerusalemme (Par. XIX, 127), che
richiedergliela ». cede per guadagno la propria figlia; di
67. Carlo: d' Angiò, venuto in Italia Filippo il Bello, che fa catturare Boni-
nel 1265 a impadronirsi del regno di Na- fazio VIII e danna al fuoco i Templari
poli, ciò che gli riuscì per il tradimento per rapirne le ricchezze. Invoca poscia
del conte di Caserta e d6i Pugliesi. Cfr. da Dio vendetta, di tante scelleraggini.
Inf. XXVIII, 16. Purg. VII, 113. 70-72. ancoi : oggi, oggidì cfr. Purg.
;

Curradino: ultimo rampollo della


68. XIIIr52; XXXIII, 96. Mi si affaccia
casa sveva, sconfìtto a Tagliacozzo (cfr. alla mente un futuro non remoto, nel
Inf. XXVIII, 17 sgg.), tradito dai Fran- quale un altro Carlo uscirà di Francia,
gipani e giustiziato da Carlo d' An^iò per far meglio conoscere la natura sua
il 29 ottobre 1268 a Napoli, giovanetto e de' suoi. -Carlo: di Valois, fratello di
di 16 anni; cfr. G. Villani, VII, 23-29. Filippo il Bello, n. 1274, venuto per in-
508 [girone quinto] J
*\ : o-o ( [CAPETINGI]

73 Sanz'arme n'esce, solo con la lancia <•

con la qua! giostrò Giuda; e quella ponta


sì, ch'a Fiorenza fa scoppiar la pancia.
;<;
Quindi non terra, ina peccato ed onta
guadagnerà, j)er se tanto più grave,
quanto più lieve si ni il danno conta.
79 L'altro, che già uscì preso di nave,
veggio vender sua figlia e patteggiarne
come fanno i corsar dell'altre schiave.
82 avarizia, che puoi tu più farne,
poscia e' hai il mio sangue a te sì tratto,
che non si cura della propria carnea
S5 Perchè men paia il mal futuro e il fatto,
veggio in Alagna entrar lo fiordaliso,
e nel vicario suo Cristo esser catto :

vito di Bonifazio Vili sotto il titolo di 79. L'altro: Carlo II d'Angiò, re di


paciaro nel 1301 a Firenze, fece trion- Puglia (Par. VI, 106; XIX, 127), figlio
fare i Neri e cacciare i Bianchi, cfr. G. di Carlo d'Anjou, n. 1243, m. 1309; trat-
Vili. Vili, 43, 49. Andò quindi in Sici- to prigioniero dalla sua nave, combat-
lia per conquistarla, ma nel novembre tendo nel golfo di Napoli contro Rug-
del 1302 dovè ritornarsene in Francia; gero di Lauri a, ammiraglio di Pietro re
onde « si disse per motto Messer Carlo :
'
d'Aragona (giugno 1283), rimase prigio-
venne in Toscana per paciaro, e lasciò niero in Sicilia sino al 1288. Cfr. G. Vili.
il paese in guerra e andò in Cicilia per
;
VII, 93, 130; Vili, 108. Purg. VII, 127.
far guerra, e reconne vergognosa pace »; '
80. vender ecc. : con un contratto die-
G. Vill.Ylil, 50. Morì a Nogent nel 1325. de nel 1305 sua figlia Beatrice giovanissi-
73-75. Sanz'armo ecc.: venne «con piti ma in moglie ad Azzo VILI marchese
conti e baroni, e da cinquecento cava- d'Este (Purg. V, 77) che non era già
lieri francesebi in sua compagnia» (G. vecchio, come dicono i comra. antichi,
Vili. Vili, 49) ; ma egli portava come poiché aveva al più 4- anni, ma che
arme sua soltanto la lancia di Giuda, « per l'onore di sposare la figlia del re,
cioè l'arte del tradimento e della menzo- e per altre mire, si contentò di poca do-
gna, già adoperata da Giuda Iscariot te, la contea di Andria, e la ricambiò
contro Cristo. - ponta ecc. punta in : con doni assai superiori al consueto e
modo tale, che fa scoppiare la pancia a all' importanza del feudo.... Nelle pro-

Firenze, traendone denari e sangue e digalità dell'Estense verso il suocero e


cittadini. « Eo tempore Florentia erat la sposa è la ragione dell'accusa di D.:
valde corpulenta, piena civibus, innata quel matrimonio fa un vero contratto,
superbia. Et iste Carolus scidit eam per e la testimonianza del poeta qui ha va-
ventrem, ita quod fecit inde exire in- lore storico assoluto »; Zingarelli, Lect.
testina vitalia, scilicet praecipuos cives, D., 30. E che paresse una vera compera
de quorum numero fuit iste prseclarus ce lo dicono le parole di Dino Compa-
poeta » ; Benv. gni: « e perchè [Carlo] condiscendesse
76-78. Quindi ecc. : da questa spedi- a dargliele, [Azzo] la comperò contro al
zione in Italia non guadagnerà signo- comune uso ».
ria di terre (egli ch'era stato sopranno- 81. dell'altre schiave: le schiave son
minato Senzaterra, quando non aveva figlie altrui; Carlo Novello (Par. VI, 106)
ancora terre personalmente sue), ma vende la figlia propria.
peccato e nome di spergiuro e traditore; 82-84. che puoi ecc. qua! peggior go-
:

cosa tanto più dannosa per lui, in quan- verno puoi ormai fare de' miei discen-
to egli, non contandola per nulla, non denti"? La risposta è nei vv. 85 sgg.
se ne pentirà. 85-87. Perchè men paia ecc. affinchè
:
[GIRONE QUINTO] Puro. xx. 88-95 [ÒAPETiNGl] 509

veggiolo un'altra volta esser deriso;


veggio rin novellar l'aceto e '1 tele,
e tra vivi ladroni essere anciso.
Jl Veggio il nuovo Pilato sì crudele,
che ciò noi sazia ; ma sanza decreto
porta nel tempio le cupide vele.
94 Segnor mio, quando sarò io lieto
a veder la vendetta, che, nascosa,

men gravi appariscano tutte le altre Guglielmo di Nogaret e Sciarra Co-


colpe de' miei discendenti passate e fu- lonna, i due capi dell'attentato contro
ture. - Alagna: Anagni, patria di Boni- Bonifacio Vili vivi perchè non mori-
:

facio Vili; cfr. Par. XXX, 148. - fior- rono come i duev ladroni tra' quali Cristo
daliso: (fleur de lis) il giglio, l'insegna fu crocifisso. - anciso ucciso. « Per la
:

della Casa di Francia cfr. Purg. VII, ; ingiuria ricevuta gli surse, giunto in
105. Par. VI, 100, 111. Sulle contese tra Roma, diversa [strana] malattia, che
Filippo il Bello e Bonifacio Vili, cfr. tutto si rodea come rabbioso, e in que-
Comm. Lips. II, 376 sg. « Sciarra della sto stato passò di questa vita» (12 ot-
Colonna, in sabato a dì vii di settem- tobre 1303); G. Vili. 63.
bre 1303 entrò in Alagna, terra di Roma, 91. nuovo Pilato: Filippo il Bello, che
con gente assai e con quelli da Ceccano consegnò Bonifacio Vili ai Colonna, suoi
e con uno cavaliere eh' era quivi per lo nemici mortali, come Pilato dette Cristo
re di Francia [Guglielmo Nogaret, can- ai Giudei; cfr. Lue. XXIII, 25.
celliere di Filippo il Bello] e con la sua 92.senza decreto: senza aver prima
insegna (fiordaliso) e con quella del Pa- chiarito giuridicamente se i Templari
trimonio, cioè delle Chiavi. E ruppono fossero davvero colpevoli di eresia, come
la sagrestia e la tesoreria del papa e tol- il re li accusava.

sonli molto tesoro. Il papa, abbandonato 93. porta: sfoga la sua insaziabile ava-
dalla sua famiglia [dalla sua corte] ri- rizia contro l'ordine dei Templari. Que-
mase preso.... e tennesi fusse congiura sto fu soppresso per opera di Filippo il
fatta col re di Francia, perchè il papa Bello nel 1312 da Clemente V
nel con-
s' ingegnava d' abbassarlo » Dino Com- ; cilio di Vienna, dopo che già nel 1307
pagni, II, 35. - nel vicario nella persona : Filippo aveva fatti arrestare d' improv-
di Bonifacio VIII, tutt' altro che santo viso i templari, accusandoli di eresia, e li
(cfr. Inf. XIX, 53 sg. ; XXVII, 70-111), aveva consegnati all' Inquisizione, men-
ma pure papa; cfr. Lue. X, 16. -catto: tre s'impossessava dei beni e dei denari
lat. captus, fatto prigione. Pur odiando di quelli, « E per molti si disse che [i Tem-
Bonifazio, usurpatore del seggio papale, plari] furono morti e distrutti a torto e a
D., da schietto credente, condanna fie- peccato, e per occupare i loro beni.... E
ramente l'offesa alla dignità pontificia. lo re di Francia e' suoi figliuoli ebbono
88-90. Veggioio ecc. vedo Cristo de-
: poi molte vergogne e avversitadi, e per
riso e maltrattato nel suo Vicario così questo peccato, e per quello della presura
come fu egli da quei che lo martirizza- di papa Bonifacio » G. Vili. Vili, 92.
;

rono cfr. Matteo, XXVII, 28-34. « E


; 94. lieto « Lsetabitur iustus cum vide-
:

giunto a lui (Bonifacio Vili) Sciarra e rit vindictam » Salm. LVII, 11. - « San-
;

gli altri suoi nimici, con villane parole cti de pcenis irapiorum gaudebunt, con-
lo schernirò e arrestaron lui e la sua fa- siderando in eis divinai iustitiae ordinem
miglia che con lui eran rimasi: intra gli et suam liberationem de qua gaudebunt
altri lo schernì inesser Guglielmo di Lun- .... In viatore est laudabile si delectetur
ghereto [Nogaret] che per lo re di Francia de aliorum pcenis in quantum habent
aveva menato il trattato donde era preso, aliquidboniannexum»; Thom. Aq., Suiti,
e minacciollo, dicendo d; menarlo legato theol. Ili, Suppl., 94, 3.
a Leone sopra Rodano, e quivi in gene- 95. vendetta: punizione. -nascosa: preor-
rale concilio il farebbe diporre e condan- dinata nel segreto della tua volontà. «Vin-
nare»; G. Vili. Vili, 63. -vivi: AL: dicta sicut leo insidiabitur illi » : Eccles.
nuovi cfr. 2loore, Crii. 395 sg. -ladroni
: : XXVTI, 31.
510 [gironi: Quinto] Purg. \x. 96-113 [bsbmpi di avarizia]

fa dolce l'ira tua nel tuo secreto,?


97 Ciò ch'io dicea di quell'unica sposa
dello Spirito Santo, e clic ti fece
verso me volger per alcuna chiosa,
100 tanto è risposta a tutte nostre prece,
quanto il dì dura; ma quaud'e' s'annotta,
contrario suon prendemo in quella vece.
103 Noi repetiam Pigmalion allotta,
cui traditore e ladro e parricida
fece la voglia sua dell'oro ghiotta;
106 e la miseria dell' avaro Mi da,
che seguì alla sua domanda ingorda,
per la qual sempre convien che si rida.
109 Del folle Acam ciascun poi si ricorda
come furò le spoglie, sì che l' ira
di Giosuè qui par eh' ancor lo morda.
112 Indi accusiam col marito Satira :

lodiamo i calci eh' ebbe Eliodoro ;

96. fa dolce ecc. 1' uomo sfoga molte


: 103. Pigmalion re di Tiro, fratello di
:

volte intempestivamente l' ira sua Dio, ;


Didone, il quale uccise a tradimento Si-
sapendo che il peccatore non può sfug- cheo, suo zio e marito di Didone, per ap-
gire alla giusta punizione, aspetta il propriarsene i tesori; cfr. Yirg., Aen. I,
tempo più opportuno per questa, addol- 340 sg. - allotta allora, vale a dire du-
:

cendo frattanto, nella certezza di essa, rante la notte.


il giusto suo sdegno. 104. traditore della sorella e del ma-
:

V. 97-123. Esempidi avarizia pu- rito di essa. - ladro: dei tesori di Sicheo. -
nita. Finalmente Ugo Capeto dice che parricida : (come già
nell' ant. ital. valse
in quel girone le anime gridano di giorno anche il parricida)
lat. uccisore di '

esempi di disprezzo per le ricchezze e di prossimi congiunti'.


liberalità quali D. ha uditi; di notte 106. Mida re di Frigia, la cui preghie-
:

(ma questi D. non li udirà, perchè, arri- ra di poter trasformare in oro tutto ciò
vato lì la mattina, lascerà in giornata che toccasse, fu esaudita, cosicché egli
quel girone), esempi d'avarizia punita: non aveva più di che cibarsi; cfr. Ovid.,
Mida, Acam, Anania e Saura, Eliodoro, Metam. XI, 85-145.
Poline3tore e Crasso e aggiunge che gli
;
109. Acam Giudeo che rubò alcuni og-
:

spiriti parlano a voce alta o bassa a se- getti preziosi delle spoglie di Gerico : on-
conda dell'intensità del sentimento, e de, scoperto il furto, fu lapidato con tutta
che, quando D. udì lui, solo per caso lì la sua famiglia nella valle di Acor; cfr.
presso niun altro alzava la voce: con Giosuè VI, 17-19; VII, 1-126.
che Ugo Capeto risponde alla 2 a do- 112. col marito Safìra: Anania e Sa-
manda, contenuta nei vv. 35 sg. ura, sua moglie, per avarizia vollero
97. dicea: v. 19 sgg. -sposa: Maria. frodare gli apostoli, e caddero morti alle
99. per alcuna chiosa: per averne una parole colle quali S. Pietro rimproverò
spiegazione. loro la frode; cfr. Atti V, 1-11.
100. tanto è gli esempi di virtù se-
: 113. Eliodoro: inviato da Seleuco, re
guitano, quasi responsorio liturgico, a di Siria, a Gerusalemme, volle derubarne
tutte le nostre preghiere finché dura il il tempio, ma ne fu impedito da un ca-
giorno ma quando viene la notte, gri-
; vallo misterioso, che, improvvisamente
diamo esempi di avarizia punita. - ri- apparso, lo cominciò a tempestare di
sposta: Al.: risposto, o disposto. calci; cfr. II Maccabei III, 7-40.
[GIRONE QUINTO] PUKG. XX. 114-131 [Terremotò] 511

ed in infamia tutto il monte gira


115 Polinestor ch'ancise Polidoro :

ultimamente ci si grida :
;
Crasso,
dilci, che '1 sai : di che sapore è Poro? '

118 Talor parla Pun alto e P altro basso,


secondo P affezion eh' a dir ci sprona
ora a maggiore e ora a minor passo ;

121 però al ben che il dì ci si ragion a ,


dianzi non ma qui da presso
er'io sol;
non alzava voce altra persona. »
la
124 Noi era vani partiti già da esso,
e brigavam di soverchiar la strada
tanto quanto al poder n'era permesso,
127 quand'io sentì', come cosa che cada,
tremar lo monte onde mi prese un gelo ;

qual prender suol colui eh' a morte vada


130 certo non si scotea sì forte Delo,
pria che Latona in lei facesse '1 nido
114-115. ed in infamia ecc. : il nome giorno, non era io poco fa solo, ma qui vi
di Polinestore gira infamato attorno a cino nessun altro lo faceva ad alta voce
tutto il monte. Polinestore, re di Tracia sì da essere udito da te; cfr. v. 35 sg
e genero di Priamo, uccise a tradimento V. 124-151. Terremoto e inno auge
il giovinetto Polidoro, suo cognato, per lieo. Mentre i P. continuano il loro
rubarne le ricchezze onde Ecuba, mo-
;
viaggio, tutta la montagna trema forte
glie di Priamo e madre di Polidoro, ven- e da tutte le parti si eleva il canto del
dicò la morte del figlio, strappando gli l'inno angelico. I P. si soffermano un mo
occhi a Polinestore e uccidendolo; cfr. mento, poi riprendono il cammino; ma D
Yirg., Aeri. Ili, 19-68. Ovid., Metani. è impaurito del terremoto e tormentato
XIII, 429-575. Inf. XXX, 16 sgg. dalla curiosità di conoscere la ragione di
116. Crasso: Marco Licinio Crasso (n. esso e del canto cfr. Purg. XXI, 40 sgg
;

114, m. 53 a. C), famoso per le sue ric- 124.Noiecc.:v.simileaJn/.XXXII,124


chezze e per la sua cupidigia, fu ucciso 125. brigavam ci davam briga, ci stu
:

per ordine di Surena, generale di Orode, diavamo di andare con la maggior velo
re dei Parti. Dicesi che il capo troncato cita possibile, per giunger presto al varco
di Crasso fosse portato al re Orode, il 126. al poder ricordiamo che dovevano
:

quale gli fece versare in bocca oro lique- per la strettezza del sentiero (vv. 4-6) an
fatto, dicendo «Fosti assetato d'oro be-
: ; dare coi passi lenti e scarsi (v. 16).
vine dunque». Cfr. Ole, De off. I, 30 II, ;
127. quand'io senti' ecc.: quando sentii
18, 57. Justin. XLII, 4 ecc. scuotersi iì monte, come se rovinasse.
118. alto ad alta voce. - basso a voce
: : 128. tremar: cfr. Purg. XXI, 40-72
bassa; cfr. Purg. XXV, 128 sgg. Si paragoni questo terremoto con quello
119. ch'a dir: Al.: ch'ad ir. Ma non si accennato in Inf. Ili, 130 sgg. Vedi pure
può parlar di andare, per anime che non Yirg., Georg. IV, 493 Aen. VI, 255 sg. - ;

si muovono (cfr. Purg. XIX, 124), bensì un gelo di spavento cfr. Purg. IX, 42.
: ;

del parlare, v. 118 e il cadir o chadir


; 129. qual ecc. simile al gelo dal quale
:

dei codd. deve sciogliersi in ch'a dir. è colto chi è condotto al supplizio. « Ulani
120. a maggiore [passo] ad alta voce. -
: inter csedes pallentem morte futura » ;

a minor passo: a voce bassa. Yirg., Aen. VIII, 709.


121-123. al ben a ricordare quel bene
: 130-132. Delo: una delle isole Cicladi,
(=»= esempi di oneste povertà e belle lar- già celebre pel suo culto ad Apollo e
ghezze) di che qui si parla durante il Diana. Nettuno la fece uscire dalle acque,
512 [girone quinto] Purg. XX. 132-151 [INNO angelico]

a parturir ]i due òcchi del ciclo.


133 Poi cominciò da tulle parti un grido
tal, clic "1
maestro inveì- di me si feo,
dicendo : « Non dubbiar, menti' io ti guido »,
136 « Gloria in excelsis » tutti « Dea »
dicean, per quel ch'io da' vichi compresi,
onde intender lo grido si poteo.
139 Noi stavamo immobili e sospesi,
come i pastor che prima udir quel canto,
fin che il tremar cessò, ed el compiési.
142 Poi ripigliammo nostro cammin santo,
guardando l'ombre che giacean per terra,
tornate già in su l' usato pianto.
145 Nulla ignoranza mai con tanta guerra
mi fé 7 disideroso di sapere,
se la memoria mia in ciò non erra,
148 quanta pariemi allor, pensando, avere;
né per la fretta dimandare er' oso,
né per me lì potea cosa vedere :

151 così m'andava timido e pensoso.

affin cliè Latona, perseguitata da Giunone dubbiosi nell'animo, non conoscendo il


per gelosia, vi trovasse lilialmente asilo perchè di quel terremoto e di quel canto.
per mettere al mondo i suoi due figli, 140. i pastor ecc. di Betlemme, che,
:

Apollo e Diana e l' isola, da prima gal-


; udendo il canto angelico, « timuerunt
leggiante, fu resa stabile in ricompensa timore magno » ; Luca II, 9.
del ricovero dato ai numi cfr. Aeri. Ili,
; 141. compiési: il canto finì.
el
69 sgg. Ovid., Metam. VI, 189 sgg. Gal- 142. santo: quale cammino di peni-
leggiare, fu osservato, non è essere '
scos- tenza e purificazione.
so da terremoto'; ma D., se pure non 144. tornate: ritornate all'abituale lor
seppe di antiche tradiz. che anche per pianto (cfr. Purg. XIX, 71), interrotto
Delo parlavano di terremoto, avrà voluto per cantare il Gloria in excelsis.
press' a poco dire che « pareva che l'isola 145-148. con tanta ecc. se in ciò la :

[del Purg. j fosse non radicata nel fondo memoria mia non erra, nessuna igno-
delle acque, ma oscillante in balia dei ranza mi fece mai desideroso di sapere
venti e del tempestoso mare, coni' a' suoi con tanta guerra (=== interna puntura che
tempi Delo»; Parodi, Bull. XXIII, 46. non dà pace), quanta mi pareva di avere
132. occhi del cielo Apollo e Diana
:
;
allora, pensando quale fosse la ragione
il sole e la luna; cfr. Par. X, 67; XXIX, 1. del canto e del terremoto.
134-135. tal ecc. sì forte, che V., per-
: 149. fretta: dell'andare, voluta da V.,
chè non mi sgomentassi, subito mi s' ac- che non permetteva di far domande,
costò e disse: Non temere ecc. necessariamente rallentatici. - oso ar- :

136-138. Gloria: l'anime, come gli dito; cfr. Purg. XI, 126.
angeli alla nascita di Cristo, cantano : 150. ne per me ecc. e da me non riu- :

« Gloria a Dio nel più alto de' cieli, e pace scivo lì, cioè in quei fatti a cui pensavo,
in terra agli uomini di buona volontà »; a capire alcunché delle loro ragioni.
Lucali, 14.- viein: anime vicine a me. 151. timido ecc. timoroso di doman-
:

-onde dei quali. - grido parole gridate.


: : dare, e travagliato da pensieri e dubbii
139. immobili: coi corpo. - sospesi: circa il terremoto e il canto.
fURONB QUINTO] Puro. xxr. 1-12 [stazio] 513

CANTO VBNTESIMOPRIMO

GIRONE QUINTO: AVARIZIA E PRODIGALITÀ

STAZIO, RAGIONE DEL TERREMOTO, STAZIO E VIRGILIO

La sete naturai che mai non sazia,


se non con 1' acqua onde la femminetta
sammari tana domandò la grazia,
mi travagliava, e pungeami la fretta
per la impacciata via retro al mio duca,
e condoleami alla giusta vendetta.
Ed ecco, sì come ne scrive Luca
che Cristo apparve ai due ch'erano in via,
già surto fuor della sepulcral buca,
10 ci apparve un'ombra, e dietrp a noi venia
dal pie guardando la turba che giace ;

né ci addenimo di lei sì parlò pria, ;

V. 1-33. Apparizione dell'ombra impacciata: ingombra dalle anime.


5.
di Stazio e dichiarazioni di Vir- condoleami: compassionava quelle
6.
gilio. Mentre i P. camminano, e Dante anime per la loro pena, benché giusta.
arde dal desiderio di conoscere la ra- 7-8. Luca « Et ecce duo ex illis [disci-
:

gione del terremoto e del giubilo uni- pulis] ibant ipsa die in castellum.... no-
versale delle anime purganti, appare mine Emmans. Et ipsi loquebantur ad
un' ombra che li saluta cortesemente e invicem de his omnibus quse acciderant.
alla quale V. rende il saluto, accennando Et factum est, dura fabularentur et se-
com' egli sia escluso dalla beatitudine cum quaererent, et ipse Jesus appropin-
eterna. Di che l'ombra si meraviglia, e quans ibat cum illis »; Lue. XX"IV,
chiede chi mai li abbia scorti sin lì. E 13 sgg.
V. risponde essere il suo compagno an- 9. sepulcral buca: il corpo di Cristo
cor vivo e destinato a salvazione, e fu sepolto « in monumento, quod erat
eh' egli è stato tratto d' Inferno per far- excisum de petra » Marco XV, 46.
;

gli, fin dove potrà, da guida su per il 10. ombra: del poeta Stazio, v. 91.
monte della purificazione. 11. dal pie ecc. guardando va riferito
:

1. La sete ecc. il desiderio naturale


: di a noi; mentre guardavamo dal nostro
sapere la verità cfr. Oonv. I, 1. Aristot.,
; piede, cercavamo di non pestare le ani-
Met. I, 1. - non sazia: «nell'acquisto me distese per terra.
della scienza cresce sempre lo desiderio 12. uè ci addemmo di lei sì ecc.
; e non:

di quella»; Conv. IV, 12. ci accorgemmo di lei; beìisì ella per pri-
2. acqua la Verità Suprema. - femmi-
: ma parlò a noi. Al. Non ci accorgemmo
:

netta: cfr. Giov. IV, 7-26. di sinché essa incominciò a parlare.


lei,
4. mi travagliava: coll'ardore suo; cfr. Ma questo senso che pur acquistò ed
Thom. Aq., Sum. theol. I, il, 3, 8. -pun- ebbe in antico il sì, dopo frase negativa,
geami: mi spronava. - la fretta: cfr. non ci pare necessario qui; anzi il pria
Purg. XX, 149. in qualche modo lo esclude.

33. — Div. Comm., 8* ediz.


511 [GIRONE QUINTO] PURG. XXI. 13-28 [stazio E VIRGILIO]

13 dicendo: « Frati miei, Dio vi dea pace».


Noi ci volgemmo subito, e Virgilio
rendéli il cenno di' a ciò si conface;
16 poi cominciò: « Nel beato concilio
ti ponga in pace la verace corte
che me rilega nell'eterno esilio ».
19 « Come » disselli e parte andavano
! forte :

« Se voi siete ombre che Dio su non degni,


chi v'iia per la sua scala tanto scorte? »
22 E '1 dottor mio : « Se tu riguardi a' segni
che questi porta e che l'angel profila,
ben vedrai che coi buon convien eh' e' regni
25 Ma perchè lei che dì e notte fila
non gli avea tratta ancora la conocchia
clic Cloto impone a ciascuno e compila,
28 l'anima sua, eli' è tua e mia scrocchia,
13. Dio vi dea pace: cfr. il salato di 21. chi v'ha ecc.: chi v'ha guidate sì
Cristo risuscitato: «Pax vobis»; Giov. gran tratto su per il monte del Purg.,
XX, 19, 26, ed il precetto di Cristo a' di- scala per salire a Dio? Cfr. Purg. I, 43 ;

scepoli: «Intrantes in dormirti salutate IX, 86.


eam dicentes: Pax huic domui. Et si 22. i segni : i P nella fronte di I). (cfr.

quidem t'aeri t domus illa digna, veniet Purg. IX, 112), tre dei quali gli rima-
pax vestra super eam; si autem non nevano ancora.
fuerit digna, pax vestra revertetnr ad 23. profila: disegna sulla fronte di
vos » ; Man. X, 12-13. chi entra nel vero Purg.
15-18. rendéli: Al. rendè lui. -il con-
: 24. coi buon cogli eletti del Par. -
:

no: secondo più corani, ant. e mod. sa- regni: « Possidete paratum vobis re-
rebbero le parole saluto E collo spirito gnum » ; Matt. XXV, 34. - « Si sustine-
tuo, che rispondono al Pace con voi ma ; binius, et conregnabimus » ; II Timot.
altri intendono un cenno del capo o altro II, 12.
gesto di saluto cortese come si conve- Parca Lachesi, che fila
25-27. lei: la
niva. Al Dio vi dia pace senza dubbio lo stame della vita umana. Vuol dire:
si conface assai bene aneli e la risposta Perchè costui non avea ancor finito il
E collo spirito tuo ma cenno, usato così
; corso della sua vita, non era ancor morto.
assolutamente, non può significar saluto Sulle varie lez. di questo v. cfr. Moore,
di parole, e il poi cominciò e l' augurio Crii., 399 sg. - tratta finito di filare, :

di pace che è nelle prime parole qui ri- o trarre giti la conocchia (dal lat. barb.
ferite di V. confermano che un altro pri coincida, diminut. di colus rocca), che =
mo saluto di parole non ci è stato. V. poi canapa ecc..
significa la quantità di lino,
che la pace vera l'eterna non avrà mai, che mette volta per volta sulla rocca
si
è naturale che al Dio vi dea pace che a per filare: il pennecchio (Par. XV, 117).
tal pace allude, risponda con lo stesso - Cloto la più giovane delle Parche, che
:

augurio, ma insieme soggiunga ch'egli da al nascere d' ogni uomo pone su la rocca
tal pace è eternamente escluso dalla corte di Lachesi quella porzione di stame la
di Dio, giudice supremo «a cui fallar non filatura del quale dura quanto deve du-
lece ». - eterno esilio cfr. Inf. XXIII,
: rare la vita di quello; cfr. Ovid., 2let.
126. È esilio dalla vera città (Purg. XIII, VIII, 452 sg. - compila posto il pennec- :

95), cioè dal Par. chio su la rocca, conviene con la mano, e


19. egli Stazio, interrompendo Virgi-
: facendo girar la rocca, avvolgervelobene
lio. -parte: intanto; cfr. Inf. XXIX, 16. attorno e ristringervelo: questo è il com- '

20. su non degni: non reputi degne di pilare '.

ascendere su alla verace corte. 28. sirocchia: sorella (cfr. Purg. IV,
'girone quinto] PURG. XXI. 29-45 [sriEGAZ. D.TERREM.] 515

venendo su, non potea venir sola,


però eli' al nostro modo non adocchia :

ond'io fui tratto fuor dell'ampia gola


d'Inferno per mostrargli, e mosterrolli
oltre, quanto '1 potrà menar mia scola.
Ma dinne, se tu sai perchè tai crolli :

die dianzi il monte*? e perchè tutti ad ima


parver gridare infìno ai suoi pie molli? »
Sì mi die, dimandando, per la cruna
del mio disio, che pur con la speranza
si fece la mia sete men digiuna.
Quei cominciò « Cosa non è che sanza
:

ordine senta la religione


della montagna, o che sia fuor d' usanza.
Libero è qui da ogni alterazione :

di quel che '1 ciel da sé in sé riceve


esser ci puote, e non d'altro, cagione.

, .11), perchè uscita di mano allo stesso 37-39. mi die ecc. con tale domanda
:

|| Creatore; cfr. Purg. XVI, 85 sgg. colse nel mio desiderio così bene, che la
29. su per questo monte. - sola
: : sola speranza d' aver le spiegazioni de-
lenza guida; cfr. De Mori. Ili, 16. Gonv. siderate scemò 1' ardore di quello.
Ij.V, 4. 40-42. Cosa non è.-... d' usanza JSTon e' è
:

lì 30. al nostro modo ecc. :impedita dal cosa alcuna che il santo monte senta
[porpo, non vede chiaro il vero come noi, disordinatamente o che sia fuori della
lì mime sciolte da esso corpo. consuetudine, cioè nuova. Religione d. ni.

11. ampia gola: il Limbo, il primo ep- ricorda Virg., Aen. Vili, 349: « Iam tum
uro il più ampio de'cerchi dell'Ini*. relligio pavidos terrebat agrestis Dira
52. mosterrolli: gli mostrerò il cam- loci»; « iEtheris alti Relligio»; ibid.
I illino. XII, 181 sg.
33. mia scuola: gli ammaestramenti 43-45. Libero è qui ecc. questo luogo
:

Iftlosofici o della sola ragione; cfr. Inf. è esente da tutte le alterazioni, che ve-
t 112-129. Purg. XVIII, 46 sg. diamo solitamente seguire là dove sono
'
V. 34-75. Hagione del terremoto e gli elementi e loro misture (Par. VII,
lei canto. V. domanda poi perchè il 124 sgg.) qui, fuori e al di sopra della
;

tnonte testé si è scosso e le anime hanno regione degli elementi, può esserci e
cantato. Stazio risponde che il terremoto farsi sentire 1' efficacia causale (cagione)
pon è, né potrebh' essere, per cagioni na- solo di forze e di fatti proprii del cielo ;

turali; ma die, quando un'anima pur- di quelle forze e di quei fatti con che
gante ha scontata la sua pena (e Stazio l'una parte del cielo opera sull'altra,
ppiega come ella di ciò s'avveda) e sale ma che, comunque, non possono per
al Par., tutto il monte trema e tutte le la nota eterna immutabilità e incor-
altre anime purganti intuonano il Gloria. ruttibilità del cielo produrre altera-
Aggiunge essere egli l' anima che or ora zione alcuna; e ogni alterazione, come
ha terminata la sua penitenza e si è sen- bene spiega VOtt., è sempre mutazione,
tita libera di salire in* cielo. quando non è altresì corruzione. An-
36. parver: i P. non potevano natu- che quei fenomeni dunque di questa re-
ralmente essere sicuri che proprio tutte gione che nelle apparenze somiglino alle
le anime, anche de' cerchi inferiori e su- alterazioni proprie della regione eie-
'

periori, avessero gridato; ma così era mentale (e tale è appunto, il terremo-


'

loro parso. - pie molli i piedi del monte,: to), sono tutt' altra cosa e hanno tut-
bagnati dal mare. t'altro motivo che quelle. Tale il pen-
516 [GHIGNE QUINTO] PlJRG. XXI. 16-59 [SPIKGAZ. D. terremoto")!

46 Per clic non pioggia, non grando, non neve,


non rugiada, non brina più su cade
che la scaletta di tre gradi breve :

i'j
nuvole spesse non paion, né rade,
né corruscar, uè figlia di Tau mante,
che di là cangia sovente contrade.
52 Secco vapor non surge più avante
ch'ai sommo dei tre gradi ch'io parlai,
dov'ha il vicario di Pietro le piante.
55 Trema forse più giù poco o assai ;

ma per vento che in terra si nasconda,


non so coinè ^quassù non tremò mai.
58 Tremaci quando alcuna anima monda
sentesi, sì che surga o che si mova

siero contenuto in questi tre versi, molto producendo che si agitano


ivi dei venti
discussi, e in verità, specie 2° e il 3°,il e tentano di uscire, terremoto. Questi
il

a prima giunta non perspicui per essersi vapori non possono però elevarsi oltre
il poeta espresso molto sinteticamente e la terza delle regioni dell' aria, che dal
con singolare concisione ma convien : cielo della luna al centro della terra
dire che i particolari esplicativi, da lui sono 4 la calda, la fredda, la fredda e
;

aveva diritto di supporre


tralasciati, egli calda, e, come si esprime Pietro di D.,
noti e presenti alla mente di ogni let- il ventre della terra. Rilevando che i va-

tore colto del suo tempo. pori non salgono, più in su che i tre gradi
46-48. per che ecc. : essendo il luogo della porta del vero Purg., il P. vien
libero da ogni alterazione, non vi può dunque a dire che la detta porta è sita
essere né. pioggia, né grandine (grando, per 1' appunto al confine superiore della
latinismo), nò néve, né rugiada, né brina 3 a regione dell'aria, ossia della regione
più. in su che la porta del Purg., a cui fredda. Cfr. Purg. XXVIII, 97-102.
si accede per la scaletta di soli 3 gra- 53 eh' io parlai: di che io parlai (v. 48) :

dini; cfr. Purg. IX, 76 sgg. parlare è più volte usato dal P. con l'ac-
49. spesse dense. - non paion
: non : cus. Inf. IV, 104 XXI, 1 ecc.
: ;

appariscono. 54. il vicario di Pietro: l'angelo por-


50. corruscar : lampeggiamento. - figlia tiere; cfr. Purg. IX, 103, 127.
ecc.: arcobaleno. Iride, figlia di Tauman- 55. più giù: nell'Antipurgatorio.
te e di Elettra, personificazione dell'ar- 56. per vento ecc.: cfr. n. 52.
cobaleno, era la messaggera degli Dei, 57. so come non so in qual modo,
non :

che sale e discende per l'arcobaleno, quassù, nel vero Purg., che pur sorge
e con questo fu identificata: cfr. Ovid., su base terrestre, soggetta a terremoti,
Metam. I, 270; XI, 585-632; XIV, 85, il terremoto non si sentì mai.

830 ecc. 58. Tremaci al disopra della porta del


:

51. di là nel mondo. - cangia ecc.


: : vero Purg.il monte trema, quando un'ani-
1' arcobaleno è sempre opposto al sole, ma, compiuta la sua purificazione, sente
e però si vede ora di qua, ora di là da : libera volontà di miglior soglia.
ponente, se il sole è in oriente da set- ; 59. surga: si levi in pie « e questo ri- ;

tentrione, se il sole è in mezzodì; ecc. spetto alle anime di* quel girone le quali
52. Secco vapor ecc.: secondo Aristotele giaceno volte in gi«, perchè il primo lor
(Met. II) il vapore sorgente dalla terra movimento, quando si sentono purgate,
si distingue in umido e secco dal primo : si è di levarsi su dal giacere. O che si
son generate la pioggia, la neve, la gran- mova per salir su, e questo rispetto alle
dine, la rugiada e la brina dal vapore : anime degli altri gironi che non giaceno,
secco e sottile il vento, dal secco e grosso, quando similmente si sentono purgate » ;

che resta nelle cavità interne della terra Veli. Così anche altri e crediamo que- ;
1
[GIRONE QUINTO] PURG. XXI. 60-73 [SPIEGÀZ. DEL CANTO] 517

per salir e tal grido seconda.


sii ;

61 Della mondizia sol voler fa prova,


che tutto libero a mutar convento
l'alma sorprende, e di voler le giova.
GÌ Prima vuol ben ; ma non lascia il talento
die divina giustizia, contra voglia,
comefu al peccar, pone al tormento.
67 E che son giaciuto a questa doglia
io
cinquecento anni e più, pur mo sentii
libera volontà di miglior soglia.
70 Però sentisti il tremoto, e li pii
spiriti per lo monte render lode
a quel Segnor, che tosto su li 'nvii. »
73 Così ne disse ; e però eh' el si gode

sta la interpretaz. giusta, quando sicom- bis accrescat, tamen sinepcena ad bonum
pleti riferendo il surga anche alle anime pervenire non possumus, sicut patet de
dei superbi, rannicchiate sotto i pesi, e morte naturali; et tunc voluntas non
a quelle degl' invidiosi, sedute. assumit pcenam, et vellet ab ea liberari ;

60.' e tal ecc. e questo canto segue


: sed eam supportat, et, quantum ad hoc,
tosto al terremoto e al movimento del- voluntaria dicitur. Et sic pcena Purga-
l' anima monda. torii est voluntaria»; Thom. Aq., Sum.
61-63. sol voler ecc. la libera^ volontà
: theol. Ili, Suppl. Appena. II, 2. In que-
che di subito invade 1' anima di levarsi sti versidBi descrive voglia assoluta di <

e muoversi dal luogo dov'è {mutar con- beatitudine combattuta da talento di


vento) per salire al cielo, è la sola prova pena (tormento). L'anima vede che la
della compiuta purificazione. Su la lez. beatitudine non può acquistarsi se non
solversi (o solver si)cfr. Moore, Grit., col patireil tormento espiatorio; e in

401 sg. - Invece di tutto libero altri leg- quanto è cosa necessaria a tal fine, essa
gono tutta libera, che andrebbe accor- lo vuole così come impone la giustizia
dato con alma ma la lez. volere.... tutto
;
'
divina. Matale volontà condizionata, o
libero è suffragata dalla libera volontà
'
talento; di pena cessa, tosto che l'anima
del v. 69. - convento: consorzio d'anime. - si sente monda; la volontà assoluta,
le giova le piace ne è contenta.
: ; che mira alla beatitudine, diviene allora
64. Prima che la sua purificazione sia
: interamente libera di agire; e l'anima
compiuta. - vuol sente la volontà di sa-
: sale al cielo.
lire. - iltalento: la volontà relativa, o 67. doglia: dolorosa pena del quinto
condizionata. « Aliquid dicitur volunta- cerchio.
rium dupliciter. Uno modo voluntate ab- 68. cinquecento anni e più: Stazio,
soluta; et sic nulla poena est voluntaria, morto verso l'anno 96 dell'era volgare,
quia ex hoc est ratio pcense, quod volun- passò 12 secoli nel Purg. 5 e più nel :

tj|ti contrariatur. Alio modo dicitur ali- cerchio degli avari, 4 e più in quello
quid voluntarium voluntate conditionata; degli accidiosi (Purg. XXII, 92 sg.) il ;

sicut ustio est voluntaria propter sanita- rimanente più giù.


tem consequendam. Et sic aliqua poena 69. di miglior soglia: del cielo.
potest esse voluntaria dupliciter: uno 71. per lo monte : dunque non solo in
modo, quia per pcenam aliquod bonum questo girone; cfr. Purg. XX, 133.
acquirimus et sic ipsa voluntas assu-
; 72. che tosto ecc. il qual Signore vo-
:

mit pcenam aliquam, ut patet in satis- glia presto inviarli al cielo.


factione; vel etiam quia ille libenter eam 73. però che ecc. : poiché dell' appaga-
accipit, et non vellet eam non esse, si- mento del suo desiderio l'uomo si ral-
cut acciditin martyrio; alio modo, quia legra tanto maggiormente, quanto più
quamvis per prenam nullum bonum no- intenso è il desiderio stesso, non saprei
51$ [GIRONE QUINTO] PciMi. XXI. 71-89 [VITA E OPERE DI STAZIO"

tanto del ber, quant'è grande la sete,


non saprei dir quant'ei mi fece prode.
E '1 savio duca « Ornai veggio la rete
:

che qui vi piglia e come si scalappia,


per che ci trema e di ohe congaudete.
79 Ora chi fosti, piacciati eh' io sappia,
e perchè tanti secoli giaciuto
qui se', nelle parole tue mi cappia. »
82 « Nel tempo che '1 buon Tito con l'aiuto
del sommo rege vendicò le fora
ond' uscìsangue per Giuda venduto,
'1

85 col nome che più dura e più onora


era io di là » rispuose quello spirto,
« famoso assai, ma non con fede ancora.
88 Tanto fu dolce mio vocale spirto,
che, tolosano, a se mi trasse Roma,
dire quanto bene mi facesse (far prode 77. vi pigliavi coglie e tiene nel Purg.
:

—* giovare) Stazio con le spiegazioni - scalappia: si snoda il calappio o lac-


si

ch'io tanto ardentemente desideravo; cio. « Expandit rete pedibus meis, con-
cfr. Purg. XV, 42. vertit me retrorsum »; Lament. di Gè-
V. 76-102. Vita di Stazio, Dopo avere rem. I, 13. -« Extendam rete meum su-
ringraziato Stazio de' suoi insegnamen- per eum, et capietur in sagena mea »;
ti, V. lo prega di manifestargiisi. E Sta- Ezech. XII, 13, e cfr. XXXIII, 3. Osea
zio risponde « Al tempo di Vespasiano
: VII, 12.
imperatore (69-79 d. C.) ero già famoso 78. per che: per che ragione qui (ci)
poeta, ma non ancora cristiano. Per la avviene il terremoto, e di che voi vi ral-
fama di poeta fui chiamato da Tolosa legrate tutti insieme cantando il Gloria.
a Roma, e ivi reputato degno di mirto. 81. mi cappia: sia incluso, sia conte-
Mi chiamai Stazio. Cantai di Tebe e di nuto per me; da capere (Par. III. 76).
Achille, ma morii prima di aver ter- «L'uno toglie la terra al vicino suo e
minato VAchilleide. D' essere divenuto la casa e dice: Fatti in là, eh' io non '

poeta sono debitore alVJSneide e sarei ; ci cappio '


»; Fra Giord., Pred., Ediz.
contento di stare nel Purg. un anno più Manni, 30.
che non devo, pur d'esser vissuto nel 83. Tendicò distruggendo Gerusalem-
:

mondo, quando era vivo V. » me, l'a. 70 d. Cr. - le fora: i fori delle
Publio Papinio Stazio (n. circa 45, m. mani, de' piedi e del costato di Cristo,
circa 96 d. C), figlio di un grammatico per i quali uscì il sangue venduto da Giu-
e poeta omonimo, fu napoletano, come da il traditore cfr. Matt. XXVI, 14-15.
;

risulta da parecchi passi delle sue Sel- nome ecc. di poeta. « O sacer, et
85. :

ve. Ma D. coi suoi contemporanei, che magnus vatum labor, omnia fato Eripis,
non conoscevano le Selve, lo confuse col et populisdonas mortalibus sevuni! »;
retore tolosano Lucio Stazio TJrsolo, Lucan., Phars. IX, 980 sg.
vissuto al tempo di Nerone. Stazio, uno 87. con fede cristiana cfr. Purg. : ;

dei principali poeti dell' età argentea XXII, 73.


della lingua latina, nel M. E. fu molto 88. vocale spirto : canto. « Curritur
letto e ammirato. Dettò le Selve, rac- ad vocem jucundam et Carmen amica)
colta di poesie divise in 5 libri; la Te- Thebaidos, laetam fecit cum Statius ur-
baide, poema epico in 12 canti, e VA- bem Promisitque diem tanta dulcedine :

chilleide, altro poema epico rimasto in- captos Afficit ille animos»; Juvenal.,
compiuto. Sat. VII, 82 sgg. Nel Gonv. IV, 25 Sta-
76. la rete : la volontà di subire il tor- zio è detto « il dolce poeta ».
mento ; il talento de' vv. 64 sgg. 89. che tolosano: che, essendo io di
[GIRONE QUINTO] PURG. XXI. 90-105 [VITA E OP. DI ST.] 519

tempie ornar di mirto.


dove merlai le
•u Stazio la gente ancor di là mi noma :

cantai di Tebe, e poi del grande Achille;


ma caddi in via con la seconda soma.
94 Al mio ardor fuor seme le faville,
che mi scaldar, della divina fiamma
onde sono allumati più di mille ;
97 dell' Eneida dico, la qual mamma
fummi e fummi nutrice poetando :

sanz'essa non fermai peso di dramma.


100 E per esser vivuto di là quando
visse Virgilio, assentirei un sole
più che non deggio al mio uscir di bando. »
103 Volser Virgilio a me queste parole
con viso che, tacendo, disse Taci ' '
;

ma non può tutto la virtù che vuole ;

Tolosa, fui chiamato a Roma ma ; cfr. Cr., circa 60 anni avanti la nascita di
la n. 76-102. Stazio.
90. mortai : meritai. « Che Stazio aves- 101. un sole :un giro di sole, un anno.
se meritato più volte la corona, non è Acconsentirei di rimanere ancora un
dubbio (cfr. Selve III, 5), ma come lo anno, ossia un anno più di quel che
seppe D. se non lesse le Selve? Ebbe devo, in bando del Paradiso. Quale mag-
innanzi un'antica biografìa del poeta la- gior prova di ammirazione, di venera-
tino o altra fonte a noi sinora ignota? » : zione, di amore, di gratitudine impareg-
Torraca. giabili, che l'esser pronto a ritardare, sia
91. Stazio ecc. mostra di sapere che
: pur di poco, il principio della vita beata?
l'opere sue sono tuttora note nel mondo. V. 103-129. Imbarazzo di Dante,
93. caddi ecc. morii, mentre attendevo
: Mentre Stazio dice le ultime parole, V.
alla composizione dell'Achilleide e pre- con un pronto cenno degli occhi, ingiun-
cisamente del 2° libro. ge a D. di non dire a Stazio che l'amato
94-96. ardor poetico. -seme: principio
: V. ò lì. Ma D., pur avendo compreso
ed incitamento. Costr.: Furono seme al il tacito ordine del maestro, non può

mio ardore le faville, che mi scaldarono, reprimere un espressivo sorrisetto e ;

della fiamma divina, dalla quale sono Stazio, accortosene, tace: poi, fissando
accesi alla poesia piti di mille cfr. Stat., ; in viso il P., gli chiede il motivo di quel
Theb. XII, 816 sg. - più di mille cfr. : sorriso. D. è imbarazzato non potendo
Inf. I, 82 sgg. ubbidire all'uno dei due poeti senza di-
97-98. mamma.... nutrice: madre, in subbidire all'altro ma il buon V. lo to-
;

quanto destò in me l'amore della poesia; glie d'imbarazzo, permettendogli di dire


nutrice, in quanto mi educò nell'arte come stanno le cose. E D. subito dichiara
del poetare. a Stazio che la sua guida è precisamente
99. sanz' essa ecc. senza V Eneide di
: V. e che causa del suo sorriso sono state
V. non feci cosa di peso alcuno. Dram- le parole con che Stazio si è rammari-
ma dicevasi 1 /s di oncia. Osserva Benv. cato del non esser potuto stare con V.,
che bene affermasi qui ciò, « quoniam proprio quando lo aveva lì davanti a sé.
Statius in suo Thebaidos [sua Thebai- 103. Volser :fecero volgere.
de?] semper nititur imitari ^Eneida Vir- 104. disse:con la sua espressione. -
gilii non solum in numero librorum, sed Taci per 1' abituale modestia V. non
:

etiam in omnibus, ut non immerito sit vorrebbe essere riconosciuto da Stazio


appellatus siinia Virgilii » Benv. ; che lo ha tanto lodato.
100. quando: V. morì nell'anno 19 a. 105. la virtù che vuole: la volontà.
520 [GIRONE QUINTO] PUBG. XXI. 106-126 [IMBARAZZO DI DANTE,

106 cliè riso e pianto Boti tanto seguaci


alla passimi da ohe ciascun si spicca,
clic men seguon voler nei più veraci.
109 Io pur sorrisi come 1' noni eh' ammicca;
per che l'ombra si tacque, e riguardomim
negli occhi, ove '1 sembiante più si ficca;
112 e « Se tanto labore in bene assommi »
disse, « perchè la faccia tua testeso
un lampeggiar di riso dimostrommi? »
115 Or son io d'una parte e d'altra preso ;

1' una mi fa tacer, l'altra scongiura

eh' io dica; ond' io sospiro, e sono inteso


118 dal mio maestro, e « Non aver paura »
mi dice « di parlar ma parla e digli ;

quel eh 'e' domanda con cotanta cura. »


121 Ond' io : « Forse che tu ti maravigli,
antico spirto, del rider eh' io fei ;

ma
più d'ammirazion vo' che ti pigli.
124 Questi che guida in alto gli occhi miei,
è quel Virgilio, dal qual tu togliesti
forza a cantar degli uomini e di Dei.

106-107. riso ecc. il riso ed il pianto


: tanta fatica (labore, latinismo), quanta è
tengon dietro prontamente a quella pas- la tua di percorrere col corpo i regni
sione dell' animo, dalla quale ciascun degli spiriti. - Assommare vale con- '

d'essi procede il riso alla letizia, il


: durre a termine cfr. Par. XXXI. 94.
'
:

pianto al dolore; cfr. Thom. Aq., Sum. 113. testeso: testé, or ora; cfr. Par.
theol. I, li, 17, 9. - si spicca: deriva. XIX, Anticamente anche in prosa.
7.
108. che menessendo il riso e il
ecc. : un lampeggiar di riso un sorriso
114. :

pianto naturale manifestazione di affetti breve come lampo.


interni, quanto più 1' uomo è verace, 116-117. l'una ecc.: Da una parte V.
quanto meno sa nascondere e dissimu- m'impone il silenzio, dall'altra Stazio
lare suoi affetti, tanto più difficile gli
i mi scongiura di parlare. - sospiro
non :

riesce di frenare e regolare con la volon- sapendo a che risolvermi: tacere? par-
tà anche il riso e il pianto. Più facil- lare il vero? dire una bugia? Ma V. in-
mente riescono a ciò i meno veraci, che terviene e leva tutti d'imbarazzo.
si son formati l'abito di simulare e dis- 120. quel ecc. il motivo del tuo sor-
:

simulare. ridere, -con cotanta cura come appare :

pur sorrisi: sorrisi soltanto, sor-


109. del suo modo di scongiurarti, v. 112.
risi appena. - ammicca: fa cenno ad 122-123. antico sta già da 12 secoli
:

altri con gli occhi, movimento istan- nel Purg. - ma più ecc. ma ti pren- :

taneo. derà maraviglia ancor maggiore, quando


110-111. per che ecc. per il qual sor-
: avrai intesa la vera cagione del mio sor-
riso Stazio, maravigliato e sorpreso, tace ridere.
e guarda a 13. negli occhi, che ricevo- 124. in alto: in su: pretendere di
no più d'ogni altra parte del volto l'im- determinare se con in su accenni al si
pronta, la sembianza dell' animo (cfr. cielo o al Par. terrestre, è volerdar a
Conv. Ili, 8), per leggervi la ragione questa espressione avverbiale senso più
del subito sorriso. preciso di quel ch'essa debba e possa
112. Se ecc.: così possa tu finir bene aver qui.
[GIRONE QUINTO] PUKG. XXI. 127-136 [STAZIO B VIRGILIO] 521

127 Se cagione altra al mio rider credesti,


lasciala per non vera, ed esser credi
quelle parole che di lui dicesti. »
130 Già si chinava ad abbracciar li piedi
mio dottor; ma e' gli disse « Frate,
al :

non far; che tu se' ombra e ombra vedi »,


133 Ed ei surgendo « Or puoi la quanti tate
:

comprender dell'amor ch'a te ini scalda,


quando dismento nostra vanitate,
136 trattando l'ombre come cosa salda ».

127-128. altra: diversa da quella che za, dicendo a V. « Vedi ? tanto grande è
:

ora ti ho detto. Se attribuisti a diversa l'amore che per te m'infiamma, che di-
cagione il mio ridere, lasciala come non mentico persino che siamo ombre im-
vera e credi vera cagione di quello es-
;
palpabili, e tratto le ombre come corpi
sere le parole con che, alla presenza di solidi. »
V., dopo averne fatte le più alte lodi, 131. e' gli : Al. : egli.
ti rammaricasti di non averlo potuto co- non far: « Et cecidi ante pedes
132.
noscere di persona. eius, ut adorarem eum. Et dicit mihi:
V. 130-136. Stazio e Virgilio. Al- '
Vide ne feceris »; Apocal. XIX, 10.
'

l'udire che V. gli sta dinanzi, Stazio, 133-134. Ed


surgendo: e Stazio, le-
ei
compreso da vivissimo e riverente af- vandosi in piedi, rispose. - la quanti-
fetto, s'inchina per abbracciargli i piedi ;
tate :la grandezza, 1' intensità. - a te
ma V., semplice e modesto, io prega di mi scalda m' infiamma per te.
:

lasciare tali dimostrazioni di affetto, ri- 135. dismento dimentico, mi scordo.


:

cordandogli che ambedue sono « ombre Del verbo dùmentare (contrario di am-
vane fuor che nell'aspetto »; cfr. Purg. mentare, cfr. Purg. XIV, 56) non si co-
II, 79 sgg. [Però Sordello e V. si ab- nosce altro esempio che questo. - vani-
bracciano, Purg. VI, 75; VII, 15: ra- tate: cfr. Inf. VI, 36. Purg. II, 79. -
gioni di convenienza artistica giustifi- salda: consistente e resistente; l'oppo-
cano la contraddizione]. E Stazio si al- sto di vana.
522 (salita) PDRG. XXII. 1-8 [ANGELO DELLA GIUSTIZI]

CANTO VENTESIMOSECONI )0

SALITA AL GIRONE SESTO

PECCATO E CONVERSIONI-: DI STAZIO


PERSONAGGI ILLUSTRI DEL LIMBO

GIRONE SESTO: GOLA


(Patir fame e sete,
e veder tratto tratto avanti a sé cibo e bevanda senza poterli toccare)

ALBERO MISTICO, ESEMPI DI TEMPERANZA

Già era Pan gel retro a noi rimaso,


l'ari gel che n'avea volti al sesto giro,

avendomi dal viso un colpo raso ;

e quei e' hanno a giustizia lor disiro,


detto n'avea beati, e le sue voci
con «sitiunt», senz'altro, ciò fornirò;
ed io più lieve che per l'altre foci
m'andava, sì che san za alcun labore
V. 1-9. L'angelo della giustizia. I 4-5. e quel ecc. e l'angelo ci aveva
:

P. hanno già valicato il '


passo del per- detto «Beati quelli che hanno il lor de-
:

dono '
(cfr. Purg. XIII, 42), dove l'an- siro a giustizia.» Alla sete dell'oro si
gelo della giustizia li ha indirizzati al oppone qui la sete della giustizia cfr. :

sesto cerchio, cancellando il 5° dei sette Thom. Aq., in Matt. e. V, ed il precetto


P dalla fronte di D., e cantando, un di Cristo Matt. VI, 33. Sulla lez. n'avean
po' smozzicata (v. 6), la 4 a delle beati- cfr. Moore, Grit., 405 sg.
tudini evangeliche « Beati quelli che
: 6. senz'altro: la beatitudine intiera

hanno sete della giustizia, perchè sa- è « Beati qui esuriunt et sitiunt iusti-
:

ranno satollati»; Matt. V, 6. D., che tiam, quoniamipsi saturabuntur»; Matt.


all'uscire di ogni cerchio si sente sem- V, 6. La frase senz'altro significa che
pre più leggiero (Purg. XII, 116 sg.), di questa beatitudine P angelo omise
tien dietro senza fatica a Stazio e Virgi- qualcosa. Ora, poiché Vesuriunt lo canta
lio, che veloci salgono su per la scala. l'angelo del cerchio seguente (Purg.
1;Già era ecc.: non descrive, come XXIV, 151 sgg.), D. qui avrà voluto
altrove, il momento in cui fu benedetto dirci che quest' angelo cantò solo Beati
e perdonato dall'angelo, forse per evitare qui sitiunt iustitiam, omettendo il verbo
ripetizioni monotone. esuriunt.
3. colpo i P sono colpi, perchè impres-
: 7. foci passaggi dall'uno all' altro gi-
:

sioni, anzi vere incisioni, fatte dall'An- rone del Purg. cfr. Purg. XII, 112.
;

gelo portiere col puntone della spada. 8. labore: fatica; cfr. Purg. XXI, 112.
[salita] Puro. XXII. 9-27 [PECCATO DI STAZIO] 523

seguiva in su gli spiriti veloci )

10 quando Virgilio cominciò: «Amore


acceso da virtù sempre altro accese,
pur che la fiamma sua paresse fore.
13 Onde, dall'ora che tra noi discese
nel limbo dell'Inferno Juvenale,
che la tua affezion mi fé' palese,
16 mia benvoglienza inverso te fu quale
più strinse mai di non vista persona,
sì ch'or mi parran corte queste scale.
19 Ma dimmi, e come amico mi perdona
se troppa sicurtà m'allarga il freno,
ecome amico ornai meco ragiona:
22 come potè trovar dentro al tuo seno
loco avarizia, tra cotanto senno
di quanto per tua cura fosti pieno ? »
25 Queste parole Stazio mover fenno
un poco a riso pria poscia rispuose
;
:

« Ogni tuo dir d'amor m'è caro cenno,

Y. 10-36. Il peccato di Stazio. D. e 16.benvoglienza: benevolenza. Il mio


V. hanno udito da Adriano V che nel affettoper te fu il maggiore che mai
5° cerchio si purga l'avarizia, Purg. XIX, uno sentisse per persona non veduta,
115 ma non sanno ancora che vi si pur-
; ma conosciuta solo per fama.
ga insieme il suo contrario, la prodiga- 17. strinse: cfr. Inf. V, 128.
lità; epperò V., considerando l'avarizia 18. corte: troppo corte; perchè trop-
un vizio di menti meschine (cfr. Conv. po poco godio della tua compagnia.
I, 9), dimanda maravigliato a Stazio: 20. se troppa sicurtà ecc. se ti parlo
:

« Come mai avarizia potè trovar luogo con soverchia libertà e franchezza.
in uomo d'alto senno come te? » E Sta- 21. come ecc.: parlami con disinvolta
zio sorridendo « Ma io sono stato in
: schiettezza d'amico, non con peritante
questo girone per prodigalità ». reverenza d' ammiratore e discepolo.
11. da virtù: «Il buono amore dicono 23. tra cotanto senno cfr. Inf. IV,
:

i savi ch'incende e trae.... Bene è vero 102. L'avarizia è vizio così basso e vile
che talora l'uno amerà l'altro e non sarà che non si può accompagnare a sapien-
amato egli da lui, però l'orse che noi sa- za: come mai, dunque, potè essere avaro
prà, che '1 cuore non si può vedere; ma Stazio, uomo tanto savio?
se interverrà che nullo segno d' amore 24. per tua cura per istudio, per de-
:

si mostri per lo quale si ne possa av- liberato e fermo volere.


vedere, ovvero che gli sia detto per al- 26. un poco nel modo che si con-
:

trui La cotale persona t'ama e vuoiti


:
'
viene a savio. « Vir sapiens vix tacite
bene ', di necessità conviene eh' ami ridebit»; Eccles. XXI, 23. - « Si con-
lui»; Fra Giord., Pred., Ed. Manni, viene all'uomo, a dimostrare la sua ani-
297. Cfr. Inf. V, 103 e Conv. I, 12. ma nell'allegrezza moderata, moderata-
14. Giovenale: Decimo Giunio Giove- mente ridere con un'onesta severità e
nale, il veemente poeta satirico latino, con poco movimento delle sue membra»;
nato verso il 47, morto verso il 130 dopo Conv. III, 8.
Cr., contemporaneo di Stazio e suo am- 27. Ogni tuo ecc.: nonché perdonargli
miratore (cfr. la Sat. VII cit. nella n. 88 la franca domanda, la considera, come
del e. prec). 1). ricorda Giovenale an- ogni cosa dettagli da V., gradito seguo
che in Conv. IV, 12 e 29e De Mon. II, 3. d'amore.
524 (salita] Puro. xxil. 28-41 [peccato di stazio]

28 Veramente più volte appaion cose


che danno a dubitar falsa niatera
per le vere ragion che son nascose.
;;i
La tua dimanda tuo creder m'avvera
esser eli' avaro in l'altra vita,
io fossi
forse per quella cerchia dov' io era:
34 Or sappi ch'avarizia fu partita
troppo da me, e questa dismisura
migliaia di lunari hanno punita.
37 E se non fosse eh' io drizzai mia cura,
quand' io intesi là dove tu chiame,
crucciato quasi all' umana natura :

40 1
Perchè non reggi tu, o sacra fame
dell'oro, l'appetito de' mortali 1

? ',

28-30. Veramente ecc.: spesse volte ap- dove tu, quasi sdegnato contro la cor-
pariscono cose che fanno a torto du-
ci ruzione dell' umana natura, esclami. -
bitare, sol perchè non ne conosciamo le chiame: lat. (clamas) chiami, gridi; cfr.
cause vere. - matera: materia, sogget- Purg. Vili, 61.
to. Matera, come Purg. XVIII, 37, an- 40-41. Perchè ecc. delle parole di
:

ticamente anche in prosa. V. Quid non mortalia pectora cogis,


'

31-33. m'aYTera ecc.: mi dà per certo anri sacra fames è qui rovesciato il
'

essere tua credenza che nel mondo io senso. V. le pone in bocca ad Enea al-
fossi avaro, forse (ne è certo, ma dice lorché questi racconta come Polinestore
1
forse per riguardo rispettoso al mae-
'
uccidesse, per impossessarsi de' suoi te-
stro nell'atto di rilevarne un errato giu- sori, il giovane Polidoro, affidato a lui
dizio) per avermi trovato nel cerchio de- come a genero e amico da Priamo sic- ;

gliavari e avere udito che ivi ho di- ché il senso della frase, che esprime l'or-'
morato per più di 5 secoli; cfr. Purg. rore e il dolore di Enea di fronte a tanta
XXI, 67 sg. iniquità, è evidentemente questo: « A
34. partita : divisa, lontana da me. che non spingi tu, o esecrabile fame, cioè
35. troppo: sino alla prodigalità. - di- brama, dell'oro gli animi umani? » In D.
smisura: eccesso; cfr. Inf. VII. 42. invece, se le parole che stiamo conside-
« Virtus est medium vitiorum et utrim- rando devono essere per Stazio un moni-
quereductum »; Rorat., Epist. I, xvm, 9. to che gli fa intendere essere colpa anche
36. migliaia: più di 500 anni, sono ol- lo spender troppo, e doversi perciò, sia
tre sei mila mesi (lunari lunazioni). = pure in certi limiti, desiderare e conser-
V. 37-54. Il pentimento di Stazio. var l'oro, è altrettanto evidente che
Stazio espone come debba a V. d'es- esse significano proprio quel che suo-
sersi pentito della sua prodigalità. Rien- nano: « Perchè non guidi (o freni), o
trò in sé e si ravvide, leggendo la sen- brama santa dell'oro, 1' ax>petito degli
tenza di V.: « Quid non mortalia pectora uomini? » Dove è chiaro che quid, co-
cogis, A uri sacra fames? » in Aen. Ili, gis e sacra sono tirati ad altro senso da
56 sg. Si accorse allora (cfr. la n. ai vv. quel che hanno nel testo latino. Essendo
40-41) che anche la prodigalità è vizio, duro ad ammettere tale fraintendimento
e si pentì di questo come degli altri suoi per parte di D., si è molto sottilizzato,
peccati. E a quanti, soggiunge, sarà fa- e sul lat., e sull'ital., per escogitare un
tale il non credere peccato la prodiga- senso unico, comportabile per ambi i con-
lità! La quale si purga nel 5° girone testi; ma sono escogitazioni tutte più
insieme con l'avarizia, suo contrario. o men fini e ingeguose, nessuna per-
37. drizzai: feci dritta, di torta che era. suasiva. Conviene riconoscere che il te-
Senso se non mi
: fossi corretto. sto di V. è davvero interpretato ne'
38. intesi: posi mento a quel luogo, vv. 40 41 in un senso che non è il suo.
[salita] Purg. XXII. 42-51 [PENT1M. DI STAZIO] 525

voltando sentirei le giostre grame.


43 Allor m'accorsi che troppo aprir l'ali
potean le mani a spendere, e pente mi 7

così di quel come degli altri mali.


46 Quanti risnrgeran coi crini scemi
per ignoranza, che di questa pecca
toglie il pentér vivendo e negli estremi !

49 E sappi che la colpa che rimbecca


per dritta opposizione alcun peccato,
con esso insieme qni suo verde secca :

52 però s' io son fra quella gente stato


che piange l'avarizia, per purgarmi,
per lo contrario suo m'è incontrato. »

Supporremo che ciò sia accaduto per es- pevole perchè di cosa che l' uomo ben
sere balenata alla mente del P. la sen- potrebbe e dovrebbe sapere, se non fosse
tenza di V. indipendentemente dal con- trascurato e poco riflessivo. « Propter ne-
testo in cui essa occorre? Anche a frasi gligentiamignorantiaeorum quse aliquis
di I). è toccata questa sorte p. es., al : scire tenetur, est peccatum non auteni ;

famoso Provando e riprovando. Ma la imputatur homini ad negligentiam, si


cosa non pare qui ammissibile sia per nesciat ea quse scire non potest; unde
la conoscenza profonda che D. ebbe di horum ignorantia invincibilis dicitur,
tutta quanta l'Eneide, sia perchè il là quia studio superari non potest, et prop-
dove tu chiame sembra proprio alludere ter hoc talis ignorantia, cum non sit vo-
al luogo dove si legge la sentenza. O luntaria, eo quod non est in potestate
non avrà I). deliberatamente attribuita nostra eam repellere, non est peccatum . .

a Stazio una interpretazione tutta per- ignorantia autem vincibilis est pecca-
sonale delle parole virgiliane, per ac- tum»; Thom.Aq., Sum. theol. I, il, 76, 2.
crescere la benemerenza di V. verso di 49-50. rimbecca per d. o. : è diametral-
quello e fare del sommo maestro di poe- mente opposta.
sia, anche l'ammonitore sapiente che ri- 51. con esso insieme qui nello stesso :

traeva Stazio da un grave peccato, e lo luogo e modo. - suo verde secca è es- :

metteva sulla via del pentimento di ogni siccata, cioè spenta del tutto.
sua colpa? Certo è che sacra fame qui 54. per lo contrario per la prodiga-
:

vale desiderio buono, e denota quel giu- lità. - incontrato avvenuto.


:

sto desiderio delle ricchezze che D. stes- V. 55-93. Stazio cristiano occulto.
so approva (Conv. II, 13) « in quanto Udito il racconto del pentimento di Sta-
ad alcuno necessario servizio sono ordi- zio, V. chiede :« E chi e come ti illu-
nate », e che ci deve dissuadere dalla pro- minò circa la fede cristiana? Che, scri-
digalità senza farci cadere nell'avarizia. vendo la Tebaide, eri ancora pagano. » E
42. voltando: «pesi per forza di pop- Stazio « Tu stesso colle parole tue, an-
:

pa, » nel 4° cerchio infernale ( Inf. VII, corché inconsciamente. E avendo preso
27). - giostre: urti, scontri de' prodighi a praticare i cristiani, di loro santa vi-
cogli avari (Inf. VII, 35). - grame: tri- ta, mi compiacqui tanto, che n'ebbi pietà
sti, dolorose. e li sovvenni, quando Domiziano li per-
43. aprir l'ali : allargarsi; altrove han- seguitò; e prima di terminar la Te-
no ali gli occhi, Purg. X, 25 qui ;
le mani. baide, ebbi battesimo. Se non che, per
45. di quel ecc.: della prodigalità, come paura, fui cristiano occulto e mi fìnsi
delle altre mie colpe. pagano, la qual tiepidezza dovetti scon-
scemi cfr. Inf. VII, 56 sg.
46. : tare correndo per oltre quattrocento anni
per ignoranza
47. ignorando che la
: nel girone degli accidiosi. » Il Cristiane-
prodigalità sia peccato, non se ne pen- simo di Stazio è una finzione poetica
tono molti né nel corso della vita, né alla quale 1). potè essere indotto dal-
in punto di morte. Ed è ignoranza col- l'opportunità di Stazio cristiano per far
52f> [salita] PURG. XXII. 55-07 [CON\ ERfilONE DI STAZIO]

55 « Or (piando tu cantasti le crude unni


della doppia tristizia di Iocasta »
disse il cantor de' buccolici canni,
58 « per quello elio Clio teco lì tasta.
non par che ti tacesse ancor fedele
la fede san za qual ben far non basta.
CI Se così è, qual sole o quai candele
ti stenebraron, sì che tu drizzasti

poscia diretro al pescator le vele? »


64 Ed elli a lui : « Tu prima ni' inviasti
verso Parnaso a ber nelle sue grotte,
e prima, appresso a Dio, m'illuminasti
G7 Facesti come quei che va di notte,

con esso vedere '


il transito di un giu- 57. cantor de' buccolici canni V. auto- :

sto a traverso il regno della pena', cosa re della Bucolica, « fa contrasto cogli
abituale nelle visioni medievali dell'ol- orrori della Tebaide; e accenna forse al-
tretomba; mentre stimoli e ragioni per l' oraziano Molle atque facetum Yergi-
:

far cristiano lo scrittore latino D. li potè lio annuerunt gaudentes rure Camence
trovare sì in certi spunti tra leggendarii (Sat. I, x, 44-45). Accenna fors'anco alla
e storici, che non mancavano, e sì in maggiore varietà dell' ingegno varietà ;

certi passi della Tebaide (e specie in che è segno insieme di fecondità e ve-
quello sul tempio della Clemenza nel li- rità. Fors'anco egli ha in mente la quarta

bro XII « senza simulacri, senza sacri- egloga, di cui poi » Tom. ;

fici] meta unicamente di lacrime ai miti


;
58. Clio : Musa
della Storia, invocata
altari, di voti sospesi; meta ai soli infe- da Stazio nella Tebaide (I, 41 e X, 630)
lici, e obietto d' un culto tutto intimo, come consigliera e aiutàtrice a tessere
tutto di cuore e^di mente »), nei quali il racconto poetico, anzi come narratrice
sembra veramente aleggiare lo spirito ella stessa: di qui la giustezza del teco. -
del cristianesimo (D'Oc, N. St. I, ppf tasta : su la lira quindi intona, canta
:
' '.

562 sgg.). Soprattutto però il cristiane- 60. fede : cristiana. - non basta : cfr.
simo di Stazio - e proprio per merito Inf. IV, 34 sg. « Sine fide impossibile
di quel V. di cui egli era stato ferven- est piacere Deo » Ebrei XI, 6. ;

tissimo ammiratore e imitatore - dovè 61-63. 'Se così ecc.: se quando dettavi
parere a D. un'ottima occasione per « in- la Tebaide, eri ancora pagano, qual lu-
serire nel suo poema queir apoteosi di me soprannaturale (sole), o quali inse-
V. che la sua riconoscenza e ammira- gnamenti umani (candele) dissiparono
zione di poeta sentiva necessaria e di cui in te le tenebre del paganesimo, per modo
finora non s'erano avuti che troppo brevi che ti facesti seguace del pescatore, cioè
spunti » Parodi, Bull. XX, 193. Si ve-
;
dì San Pietro? (Cfr. Par. XVIII, 136).
dano anche i cospicui studii di M. Sche- 65. Parnaso: monte della Focide, sa-
rzilo (Stazio nella D. C.) e di G. Laudi cro ad Apollo e alle Muse. - grotte:
(Sulla leggenda del cristianesimo di Sta- « a ber nel-fonte Pegaseo, il qual è finto
zio), donde prende le mosse il Parodi, da' Poeti eh' esca ;de le grotte di questo
nell'art, ora citato. monte, ed abbia proprietà d infonder in !

55. cantasti: nella Tebaide. - le crude loro la eloquenza, mediante la quale or-
armi: la guerra fratricida. natamente scrivono in poesia»-, Veli.
56. doppia tristizia: de' due figli di 66. e prima ecc. appresso a Dio, cioè :

Giocasta, Eteocle e Polinice; cfr. Inf. dopo Dio (sole), Stazio riconosce iu V.
XXVI, 54. -Iocasta: figliuola di Creon- chi primo fra gli uomini lo illuminò
te re di Tebe, moglie di Laio, madre e (candele) rispetto alla fede.
poi moglie di Edipo, al quale partorì 67. quei : servo che, accompagnando di
Eteocle e Polinice, Antigone ed Ismene. notte il padrone, lo precede portandosi
[salita] Purg. XXII. 68-88 [CONVERS. DI stazio] 527

clie porta il lame retro a sé non giova,


ma dopo sé fa le persone dotte,
70 quando dicesti Secol si rinnova; :
'

torna giustizia e primo tempo umano,


e progenie scende dal cieì nuova '.
73 Per te poeta fui, per te cristiano :

ma perchè veggi me' ciò ch'io disegno,


a colorare stenderò la mano.
76 Già era il mondo tutto quanto pregno
della vera credenza, seminata
per messaggi dell' eterno regno
li ;

79 e la parola tua sopra toccata


sì consonava a' nuovi predicanti ;

ond' io a visitarli presi usata.


82 Vennermi poi parendo tanto santi,
che quando Domizian li persegue tte,
sanza mio lagrimar non fur lor pianti ;

85 e mentre che di là per me si stette,


io li sovvenni, e i lor dritti costumi
fèr dispregiare a me tutte altre sette.
88 E pria eh' io conducessi i Greci a' fiumi

la lanterna dietro, sicché egli cammina 78. li messaggi ecc.: gli Apostoli di
nel buio. Una similitudine poco diversa Cristo messaggeri del regno dei cieli.
ci offre antico rimatore Paolo Zoppo
1
'
79-80. la parola ecc.: il passo accen-
da Castello « Sì come quel che porta
: nato della 4 a Egloga era conforme alle
la lumiera La notte quando passa per predicazioni de' seguaci di Cristo.
la via, Alluma assai più gente della 81. usata: usanza.
spera Che sé medesmo, che 1' ha in ba- 82. Vennermi ecc.: quanto più li pra-
lìa » ; Rime Palermo, 1817, I, 129.
ant., ticai, tanto più santa mi parve la- vita
69. dopo dietro. Usa qui dopo a bella
: de' nuovi predicanti. Già i SS. Padri
posta, perchè V. illuminò i posteri. - addussero là santità di vita dei cristiani
dotte: scorte, istruite del cammino. in prova della divinità del cristianesimo.
70. dicesti nella quarta Egloga, v. 5-7:
: 83. Domizian: Tito Flavio Domiziano,
« Magnus ab integro sseclorum nasci- secondogenito di Vespasiano, succedette
tur ordo. Iam redit et Virgo, redeunt
|
al fratello Tito nell'impero, che tenne
Saturnia regna; Iam nova progenies |
dall'a. 81 al 96. Fu accusato dagli an-
Crelo deni itti tur alto. » Con tutto il M. E. tichi scrittoli ecclesiastici di aver per-
il P. vide in questi vv. una profezia seguitato fieramente i cristiani, il che
inconscia di Cristo e del Cristianesimo storicamente è assai esagerato.
{DeMoìi. 1, 11), alla quale interpretazio- 84. sanza mìo lagrimar ecc. non fui :

ne più leggende contribuivano; cfr. insensibile alle loro pene, ma cristiana-


Comparetti, Virg. nel M. E. I2 133 sgg. , mente piansi con loro « Fletè cum flen-
:

72. progenie: V. intende del figlio di tibus »; Rovi. XII, 15.


Asinio Pollione; IX, seguendo l'esegesi 85. mentre ecc.: per tutto il resto del
cristiana, del Verbo divino incarnato. tempo ch'io vissi nel mondo.
74. disegno dico in generale, abbozzo.
: 87. tutte altre sette tutte le altre sette
:

75. a colorare: il disegno abbozzato. religiose e filosofiche.


76. pregno ripieno già la fede cri-
: : 88-89. fiumi di Tebe Ismeno e Asopo.
:

stiana era diffusa per tutto il mondo. Prima che io scrivessi « quel!' episodio
528 [SALITA] Pria;. X.\II. 89-106 [ANIME ILL. DEL LIMBO]

di Tebe, poetando, ebb'io battesimo;


uni per paura chiuso Cristian tu' mi,
91
lungamente mostrando paganesmo;
e questa tepidezzaquarto cercliio
il

cerchiar mi fé' più che


'1 quarto centesmo.

1)4
Tu dunque che levato hai il coperchio
che ni' ascondeva quanto bene io dico,
mentre che del salire avera soverchio,
<>7
dimmi dov' è Terenzio nostro antico,
Cecilio, Plauto e Vario, se lo sai :

dimmi se son dannati, e in qual vico. »


100 « Costoro e Persio e io e altri assai »
rispuose il duca mio « siam con quel greco
che le Muse lattar più ch'altro mai,
103 nel primo cinghio del carcere cieco :

spesse fiate ragioniam del monte


che sempre ha le nutrici nostre seco.
106 Euripide v' è nosco e Antifonte,
del poema in cui i greci giungono ai grafo latino, n. 254, m. 184 a. C, sotto il
fiumi di Tebe » (Scherillo), eh' è nel li- cui nome vanno oggidì venti commedie.
bro ix della Tebaide. - Vario Lucio Vario, poeta drammatico
:

90. paura: della persecuzione. - chiu- latino, contemporaneo ed amico di Ora-


so occulto. - fu' mi
: mi fai. : zio e di V. Dante ebbe qui senza dubbio
92-93. quarto cerchio: degli accidiosi.
il presente Hor., A. P., 53 sgg.: « Quid au-
-cerchiar: girare: e ir. Purg. XVIII, 91 tem Gaecilio Plautoque dabit Romanus
sgg.; XXI, 68. ademptum Vergilio Varioque ? » Varrò,
Personaggi illustri del
V. 94-114. cioè Vairone, o s' intenda il dotto Rea-
Limbo» Dopo aver parlato della sua tino (116-27 a. C.) o il men celebre Vai-
conversione, Stazio chiede dove siano rone Atacino (cfr. Hor., Sat. I, x, 54) non
alcuni celebri j>oeti latini. E V. risponde torna bene qui. Se i più de' codd., anche
che sono nel Limbo insieme con lui e coi ottimi, hanno Varrò, troviamo altresì Va-
pia illustri poeti greci e coi personaggi rio e Varrio e Varo; e « probabilmente
cantati da Stazio ne' suoi poemi. Si ha D. avrà scritto Vario, ma nulla di più
qui come un'appendice alle enumera- naturale che trascrivessero Varo (cfr.
zioni d'In/. IV, 88 90, 121-144. varo =vario contraro
;
=
contrario, ecc.)
94-95. che levato ecc.: che mi levasti e, poi, che intendessero erroneamente
dagli occhi il velo che mi nascondea sì Varrò »; Parodi, Bull. XVI, 148.
gran bene, quale è la fede cristiana, di 99. yìco contrada o cerchio d'Inferno.
:

che ora io parlo. 100. Persio Aulo Persio Fiacco, poeta


:

96. mentre che ecc.: mentre che ci satirico latino da Volterra, n. 34, in. 62
avanza da salire e possiamo stare ancora d. C,del quale abbiamo sei satire.
insieme e conversare. 101. quel greco ecc.: Omero, l'allievo
97. Terenzio: Publio Terenzio Afro., prediletto del le Muse; cfr. Inf.IY, 86 sgg.
poeta comico latino, n. a Cartagine l'an- 103. cinghio cerchio; cfr. Inf. XVIII,
:

no 192, m. verso il 159 a. C, del quale 7. - carcere cieco cfr. Inf. X, 58 sg. An-
:

ci restano sei commedie, -antico: AL: che il Limbo è detto carcere, I Pietro III,
amico cfr. Moore, Orit., 140 sg.
: 19, come l'Inf. Apocal.XX, 7.
98. CecilioStazio Cecilio, scrittore di
: 104. monte: Parnaso, v. 65.
commedie latino, m. l'anno 167 a. C. 105. nutrici: dimora delle Muse, che
Cfr. Horat., Epist. II, i, 59. -Flauto: allattano i poeti (v. 102), era il Parnaso.
Titus Maccius Plautus, altro commedio- 106. Euripide: il celebre tragico greco
[salita] PURG. XXII. 107-115 [AN. ILL. DEL LIMBO] 529

Simonide, Agatone e altri piùe


greci die già di lauro ornar la fronte,
109 Quivi si veggion delle genti tue
Antigone, Deifìlè e Argia,
e Ismene sì trista come fue.
112 Vedesi quella che mostrò Langìa;
evvi la figlia di Tiresia e Teti
e con le suore sue Deidamìa. »
Tacevansi ambedue già li poeti,

da Salamina, n. 480, m. 406 a. C, di cui Tiresia: Manto. Ma


113. la figlia di
ci restano numerose tragedie. - Anti- non abbiamo trovata tra gì' indovini,
l'

fonte tragico greco, ucciso da Dionisio


: Inf. XX, 55 sgg.? Per togliere la evi-
il tiranno. Altri leggono Anacreonte, dente contraddizione tra i due luoghi
celebre lirico greco, m. verso il 478 a. C. del poema, si suppose che si parli qui
in età di 85 anni. di Dafne o di Istoriade, altre figlie di
107. Simonide celebre poeta greco, n.
: Tiresia ma di queste D. non dovè saper
;

559, m. 469 a. C, di cui si hanno epi- nulla; altrimenti non avrebbe detto la
grammi e liriche. - Agatone tragico gre- : figlia senza più, e la sola Manto è men-
co da Atene, n. 448, m. circa 401 a. C, zionata, e più volte, da Stazio ne' suoi
delle cui opere nulla ci resta. poemi de' cui personaggi (genti tue) sol-
108. di lauro ornar la fronte: furono tanto qui si fa cenno. Altri poi opina-
poeti. no che D. si dimenticasse di aver posto
109. Quivi : nel primo cinghio. Altri, Manto nella bolgia degl'indovini: di-
invece, vollero riferire il quivi al car- menticanza strana, giacché a Manto in
cere cieco ; ma ciò sarebbe strano, perchè Inf. XXè dedicato un rilevantissimo
nei versi che immediatamente procedo- episodio. Dissero altri, specie fra i comm.
no, è evidente (Euripide v' è nosco) che ant., che evvi, come già il quivi, si rife-
siparla del solo Limbo. - tue da te can- : risca a carcere cieco, cosa^ impossibile:
tate nelle tue opere. Si osservi che nei cfr. la nota 109. P. A. Rambaldi (Il can-
versi che seguono V. intende menzio- to XX dell' Inf., Mantova, 1904, p. 62 sg.
nare solo personaggi cantati da Stazio. e cfr. Bull. 1, 140) suppone, con altri, che
110. Antigone: figlia di Edipo e di i vv. su Manto nell'in/. XX possa il P.
Giocasta, accompagnò l'infelice padre averli aggiunti nel correggere l'Inf. dopo
nell'Attica, rimase presso di lui" sino alla la composizione del Purg., scordando il
sua morte, quindi ritornò* a Tebe, dove fuggevole cenno qui fatto della figlia di
Creonte la fece chiudere e morire in una Tiresia e certo una dimenticanza siffat-
;

caverna sotterranea, per aver dato se- ta sarebbe meglio ammissibile che quella
poltura al corpo del fratello Polinice. - di un intero episodio. Il Torraca, a cui
Deifìlè: figlia di Adrasto, reòdegli Ar- s'accosta ora il Parodi (Bull. XXIII, 46
givi, moglie di Tideo (cfr. Inf. XXXII, e XXIV, 170) propose la lez. conget-
130) e madre di Diomede. - Argia : so- turale 'figlia di Nereo, Teti \ - Teti:
rella di Deifìlè e sposa di Polinice. Ad dea marina, moglie di Peleo e madre
essa apparteneva « lo sventurato ador- di Achille.
namento » di cui in Purg. XII, 51. 114. suore: sorelle. - Deidamìa: figlia
111. Ismene: figlia di Edipo e di Gio- di Licomede, re di Sciro, amata da Achil-
casta, sorella di Antigone. - trista per : le; cfr. Inf. XXVI, 62. Teti, Deidamìa
le molte e gravi sue sventure vide mo- : e le sue sorelle sono donne cantate da
rire tutti i congiunti e il fidanzato Cir- Stazio nell' Achillèide.
reo, e fu da Creonte condannata a morte V. 115-129. JLrrivo al sesto girone.
con Antigone. Sono circa le ore 11 antim. I 3 P. sono
112. quella ecc.: Isifile, cfr. Inf. XVIII, arrivati al sommo della scala, e si tro-
92,che mostrò agli eroi che guerreggia- vano/ nel cerchio 6°. « L'esperienza ci
rono contro Tebe, il fonte Langìa presso ha insegnato » dice V. « che salendo su
Nemea cfr. Purg. XXVI, 94 sgg.
; per la montagna del Purg. convien te-

34. Div. Comm., 8 a ediz.


530 [GIRONE SESTO] PUHG. XXII. 116-132 [ARRIVO AL 6° GIRONE]

di nuovo attenti a riguardare intorno,


liberi dal salirò e da pareti;
118 e già le quattro ancelle eran del giorno
rimase addietro, e la quinta era al temo,
drizzando pur in su l'ardente corno;
121 quando il mio duca: « Io credo ch'alio stremo;
le destre spalle volger ci convoglia,
girando il monte come far sole ino ».
124 Così l'usanza fu lì nostra insegna;
e prendemmo la via con men sospetto
per l' assentir di quell' anima degna.
127 Elli givan dinanzi, e io soletto
diretro, e ascoltava i lor sermoni,
eh' a poetar mi davano intelletto.
130 Ma tosto ruppe le dolci ragioni
un alber che trovammo in mezza strada,
con pomi a odorar soavi e buoni ;

nere sempre a destra: così faremo an- specie dopo che i « signor dell' altissi-

che qui ». Stazio acconsente, e tutti e mo canto » lo avevano fatto « della loro
tre s'avviano in tale direzione. Stazio schiera » (Inf. IV, 94-102); ma è anche,
e V. camminano avanti, discorrendo in- forse, sentimento del proprio valore, in
sieme, e D. dietro, ascoltando i loro ra- quanto D. sente di esser solo tra' con-
gionamenti. temporanei a seguire le orme gloriose
116. dì nuoTO attenti ecc. principian- : di V. e di Stazio. - sermoni i loro ra-
:

do, mettendosi allora a guardare intor- gionamenti, che mi erano di ammaestra-


no: per di nuovo cfr. Purg. XVIII, 27. mento poetico. « Declaratio sermonum
117. dal salire: essendo giunti sulla tuorum.... intellectum dat parvulis »;
sommità della scala. - pareti le pareti : Ps. CX Vili, 130.
di roccia fi ancheggianti la scala, che in V. 130-141. L'albero mistico. I 3 P.
essa è scavata. arrivano presso un albero con pomi di
118. ancelle : ore, cfr. Purg. XII, 81. gradevolissimo odore. Ma come i rami
Le 4 prime ore del dì (6-10 antim.) ave- dell' abete vanno scemando di grossezza
vano il loro servizio, ed era al ti-
finito e di lunghezza e il tronco si fa via via più
mone temo) del carro solare la 5 a
(lat. . sottile all' insù, così ne 'rami e nel tronco
120. drizzando per salire verso il meri-
: quell' albero digrada all' ingiù a sini-
;

diano. - l'ardente corno: la punta estre- stra poi dei P. cade dall' alta roccia
ma, infiammata, del timone del carro un' acqua limpida che si sparge su per
solare: ardente, perchè è prossimo il le foglie dell' albero. Allorché V. e Sta-
mezzogiorno. zio si sono avvicinati, di mezzo alle
121. allo stremo: all'orlo esterno; cfr. fronde una voce grida: « Di questo cibo
Purg. XIX, 81. avrete penuria ». Più in là i P. trove-
123. solerne: sogliamo. ranno un altro albero consimile, del
124-126. insegna: indicazione: ci in- quale si dirà che fu levato da quello
dicò come incamminarci cfr. Purg. Ili, ;
della scienza del bene e del male, fatto
102. - e prendemmo ecc.: e ci mettemmo germogliare da Dio nel Par. terrestre,
in via con minor esitanza che altrove, Purg. XXIV, 116 sgg. cfr. Gen. II, 9.
perchè Stazio, eh' era mosso da celeste Nulla vieta, di supporre anche questo
istinto, aveva acconsentito. levato del pari da esso, avendo 1' uno e
127. Elli: V. e Stazio. l'altro unostesso ufficio.
128-129. diretro: questo tener dietro 130. dolci ragioni cari ragionamenti
:

ai due che precedono, è bella modestia, di V. e Stazio.


GIRONE SESTO] PURO. XXII. 133-152 [ALBERO MISTICO] 531

e come abete in alto si digrada


di ramo in ramo, così quello in giù so,
ered'io, perchè persona su non vada.
Dal lato onde '1 cani min nostro era chiuso,
cadea dell'alta roccia un liquor chiaro,
e si spandeva per le foglie suso.
139 Li due poeti all'alber s' appressaro ;
e una voce per entro le fronde
gridò : « Di questo cibo avrete caro ».
142 Poi disse : « Più pensava Maria onde
fosser le nozze orrevoli ed intere,
ch'alia sua bocca, ch'or per voi risponde;
143 e le romane antiche, per lor bere,
contente furon d'acqua; e Daniello
dispregiò cibo ed acquistò sapere.
148 Lo secol primo, che quant'ór fu bello,
fé' savorose con fame
le ghiande,
con sete ogni ruscello.
e nettare
151 Mèle e locuste furon le vivande
che nudriro il Batista nel diserto;

133. e come ecc. cfr. n. 130-141. XIII, 28-30 in questo siccome esempio
;

136. lato : dove il monte sale


sinistro, ;
di temperanza. E in vero quella caritate-
a destra era l'orlo « ove confina il vano ». vole e delicata attenzione che alla mensa
138. si spandeva ecc. si spargeva su per
: accorgesi di minima cosa che manchi al-
le foglie che l'assorbivano tutto, sicché trui, non è se non d' uomo temperante;
neppure una goccia ne cadeva a terra. che il ghiottone, tutto occhi e anima nel
141. caro: carestia, penuria. Di questo proprio cibo, non può avere la mente
cibo non ne avrete. Alle sole anime pur- a 'piccoli bisogni altrui, né attendere a
ganti è diretto il monito della voce. satisfarli »; Perez.
V. 142-154. Esempi di bella tempe- 144. risponde : intercedendo per voi.
ranza. La voce continua, proponendo 145. antiche : « secundum Val. Max.
esempi di temperanza. Essa ricorda per mulieres apud Bomanos antiqui-
II, 1, 3
prima Maria, che non pensava alla pro- tus non bibebant vinum »; Thom. Aq.,
pria bocca, ma soltanto che le nozze fos- Sum. theol. II, li, 149, 4.
sero onorevoli ed intere e successiva- ; 147. dispregiò cibo: ricusò le vivande
mente le antiche romane, che bevevano del re di Babilonia Nabucodònosor, con
solo acqua il profeta Daniele, che spre-
; tentandosi di legumi e d' acqua cfr ;

giò cibo ed acquistò sapienza; il primo Dan, I, 3-20.


secolo, che fé' saporose le ghiande e 'net- 148. Lo secol primo : l'età dell'oro ; cfr
tare ogni ruscello; S. Giovanni Batti- Ovid., Mei. I, 89-112. Virg., Aen. Vili
sta, che si nudriva di miele selvatico e 324. Inf. XIV, 96.
di locuste, e fu sì grande. Di chi sia 149-150. savorose: saporite ; cfr. Ovid.
questa voce, D. non dice. Met. 1, 103-10G. - nettare la bevanda de :

143. nozze: di Cana in Galilea; cfr. grTDei; cfr. Ovid., 1. e, 111-112. JBoet.
II, 1-11. « Maria che siede alla Cons. II. 5.
mensa di Cana, vien proposta siccome 151. Mèle e locuste: di S. Giovanni
esempio di due virtù che sono stretta- Battista Matt. Ili, 4 « Suo cibo erano
:

mente legate insieme nel secondo, cer-


: locuste e miele selvatico »; cfr. Marc. I
chio, siccome esempio di carità, Purg. 6. Levit. XII, 22.
532 [GIR. SESTO] PURG. XXII. 153-154 -XXIII. 1-9 [pena dei golosa

per eli' egli è glorioso e tanto grande,


154 quanto per l'Evangelio v' è aperto. »

153-154. tanto grande ecc.; « Non sur- natos mnlierum propheta Ioanue Bapti-
rexit inter natos mulierum maior Ioanue sta nemo est »; Lue. VII, 28. - per da. :

Baptista »; Matt. XI, 11. « Maior inter -aperto: dichiarato.

CANTO VENTESIMOTEB,ZO

GIRONE SESTO: GOLA

RIMPROVERO ALLE DONNE FIORENTINE

Mentre che gli occhi per la fronda verde


ficcava io così come far suole
chi retro agli uccellin sua vita perde,
lo più che padre mi dicea « Figliuole, :

Vienne oramai, che il tempo che c'è imposto,


più utilmente compartir si vuole ».
Io volsi il viso, e '1 passo non men tosto,

appresso ai savi, che parlavan sìe,


che l'andar mi facean di nullo costo.

V. 1-36. JLa pena dei golosi. An- utile a nulla la vita dell' uccellatore se
dando avanti, i P. incontrano una schiera non a la gola ; e però meritevolmente la
di golosi, spaventevolmente magri, che riprende qui » Buti. ;

contemplano bramosamente l'albero ca- 4. più che padre: altrove D. chiama

rico di frutti e spruzzato da fresche ac- V. padre e dolce padre; qui, per mag-
que, senza poter gustare né quelli nò gior affetto, a proposito dell'ammoni-
queste. Già intemperanti nel mangiare zione di non perder tempo, più che pa-
e nel bere, soffrono ora la pena di Tan- dre. - figliuole: figliuolo;forma di vo-
'

talo, e cantano piangendo « Signore,


: cat. lat. così si disse in ant. cattive
:
'

aprimi le labbra e la mia bocca raccon-


;
per 'o cattivo '; cfr. Bull. Ili, 120.
terà la tua lode » (Sahn. L, 17) cioè ;
5. imposto: assegnato per salire il Purg.
chiedono la grazia di volgere a Dio e a 8. savi V. e Stazio. - sìe: sì, così.
:

sua lode le labbra e la bocca che in vita 9. che l'andar ecc. che mi rendevano
:

volsero a ghiottonerie. insensibile la fatica del camminare. « Co-


1. fronda: dell'albero mistico. mes facundus in via prò vehiculo est »
2. ficcava io per vedere chi fosse colui
: dice Publio Siro. « lo vi porterò, gran
che gridava gli esempi di temperanza. parte della via che ad andare abbiamo,
3.perde: questa parola implica un a cavallo, con una delle belle novelle
rimprovero del P. a sé stesso. « Non è del mondo»; Bocc, Dee. VI, 1.
GIRONE SESTO] PURG. XXIII. 10-26 [PENA DEI GOLOSI] 533

10 Ed ecco piangere e cantar s' lidie

« Labia mea, Domine » per modo


tal, che diletto e doglia parturìe.

« dolce padre, che è quel ch'i' odo? »


comincia' io. Ed elli « Ombre che vanno :

forse di lor dover solvendo il nodo ».


16 Sì come i peregrin pensosi fanno,
giugnendo per cammin gente non nota,
che si volgono ad essa e non ristanno ;

19 così diretro a noi, più tosto mota,


venendo e trapassando, ci ammirava
d'anime turba tacita e devota.
Negli occhi era ciascuna oscura e cava,
palida nella faccia, e tanto scema,
che dall' ossa la pelle s' informava :

non credo che così a buccia estrema


Erisitone fosse fatto secco

10. udìe :Piangevano per con-


udì. « cantino sol presso e sotto i mistici alberi,
trizione e vero pentimento del peccato o si ammetta che il canto loro sia con-
commesso, e cantavano per la speranza tinuo, qui è naturale in ogni modo che
di poterlo purgare, e purgatolo andare le anime dei golosi, pur conservando
alla salute » Land.; l'espressione loro devota, guardino i P.
11. Labia « Domine,: labia mea ape- in silenzio, comprese come esse sono di
ries; et os meum
annuntiabit laudem maraviglia (ci ammirava) nel vedere
tuam ». È un vers. del Misererà (Ps. L). que' nuovi viandanti, e non è meno na-
12. parturìe partorì. Il canto dolce e
: turale ed umano che Forese rivolga la
devoto generava diletto, il pianto dolo- parola a D., e, per intrattenersi con
rosa compassione. l'amico e ragionare con lui, resti an-
13. che è ecc.: ancora non vedeva nes- che indietro da' suoi compagni (XXIY,
suno, nò sapeva che fossero le anime 70 sgg.).
purganti che piangevano e cantavano. 22. oscura e cava aveva gli occhi senza
:

stesso V. non è ben certo


15. forse: lo splendore e molto affossati; cfr. Ovid.,
del fatto. - di lor dover ecc. soddisfa- : Met. Vili, 803 sg.
cendo al debito loro verso la divina giu- 23. scema: di carne, dimagrata.
stizia; cfr. Purg. XVI, 22-24. 24. s'informava: prendeva la forma
pensosi: assorti ne' loro pensieri.
16. delle ossa che copriva. « Pelli mese, con-
« Non a caso in questi pellegrini il P. sumptis carnibus, adhaesit os meum »;
nota il divoto portamento quando s'in- Job XIX, 20. - « A voce gemitus mei ad-
contrano in uomo vivo che silenzio e ; hsesit os meum carni meae» Psal. CI, 6. ;

gravità d' atti è bella soddisfazione a un - « Adhsesit cutis eoruni ossibus » La- ;

vizio, onde procede tanta abbondanza ment. ,ìer, IV, 8.


di parole e d'atti vani, e tanto scemasi 25. a buccia estrema a non avere più
:

il decoro al passo e a tutta la persona » ; sulle ossa che la pelle sola sola.
Perez. 26. Erisitone fosse: AL: Erisiton si
giugnendo quando per via rag-
17. : fosse. Erisitone, figlio di Triopa, re di
giungono gente sconosciuta. Le anime Tessaglia, avendo voluto abbattere una
camminavano nello stesso senso che i P. selva sacra a Cerere, fu punito con una
19. mota: mossa, cioè camminando fame insaziabile. Consumò prima ogni
con passo più veloce del nostro. sua sostanza, poi vendette sua figlia, o
21. tacita: o si supponga, come fanno finalmente cominciò a mangiar sé stesso ;

parecchi commentatori, che le anime cfr. Ovid., Met. VIII, 726-881.


534 [GIRONE SBSTO] PUKG. XXIII. 27-42 [PENA DEI GOLOSI!

per digiunar, quando più n'< ma.


28 Io dicea fra me stesso pensando : « Ecco
perde Jerusalemme,
la gente die
quando Maria nel figlio die di beerò ».
31 Parean l'occhiaie anella sanza gemme:
chi nel viso degli uomini le/^e 'omo',
ben avria quivi conosciuto l'emme.
34 Chi crederebbe che l'odor d'un pomo
sì governasse, generando brama,

e quel d'un' acqua, non sappiendo conio?


37 Già era in ammirar che sì gli affama,
per la cagione ancor non manifesta
di lor magrezza e di lor trista squama;
40 ed ecco del profondo della testa
volse a me gli occhi un'ombra, e guardò fiso ;

poi gridò forte « Qual grazia m'è questa ? »


:
1

27. quando più ecc. : quando la fame d'un' acqua, generando brama (di man-
gli fecepiù paura, perchè non gli restava giare e di bere) sì governasse (cioè fa-
più altro a mangiare che il proprio corpo. cesse talgoverno di quelle anime, le con-
« Vis tamen illa mali postquam consump- ciasse in modo sì spaventoso) ì - sap«i
serat omnem Materiam, dederatque gra- piendo dell' uso antico per sapendo k
'
:
;

vi nova pabula morbo, Ipse suos artus cfr. Nannuc.) Verbi, 417 sg. - conio:
morsu Ccepit, efc infelix
lacero divellere come (dal lat. quomodo), usato dagli!
minuendo corpus alebat Ovid., 1. e. >> ; ant. anche in prosa: D. però usa questa
29. lagente ecc.: i Giudei che du- forma solo in rima, cfr. Inf. XXIV, 112.
rante Tassodio di Gerusalemme (70 d. C.) V. 37-57. Forese Donati. Un'anima,
soffersero la fame a tal segno, che una riconosce D. e manda un grido di gioia.
nobil donna, di nome Maria, uccise e D. riconosce lei alla voce; è il già suo
cosse il suo figliuoletto per cibarsi; cfr. amico e parente e concittadino Forese
Joseph. Flav., Bell. Jud. VI, 3. Donati, soprannominato Bicci Novellai
31. V occhiaie le cavità degli occhi so-
: figlio di Simone e fratello del famoso
migliavano ad anelli dal cui castone fos- Corso (cfr. Purg. XXIV, 82 sgg.) e di
sero state tolte le gemme, essendo le pu- Piccarda (cfr. Purg. XXIV, 10 sgg. Par.
pille sì fonde da non potersi discernere. III, 34 sgg.), morto il 28 luglio 1296. Fu
32-33. chi ecc. fu opinione di molti nel
: rimatore, come si ha dalla nota tenzone
M. E., potersi nel volto dell'uomo leg- di sei sonetti, cattivelli e scapestrati anzi
gere la parola omo o homo '; « nam »
' ' *
che no, scambiati tra' due amici (cfr.
scrive Pietro di 13. « unus oculus est O; Del Lungo, D. nei tempi di D., 435 sgg.)V
supercilia cura naso faciunt dictam lite- Già in questi sonetti D. rinfaccia al-
ram M; alius oculus O, et sic habes l'amico la golosità.
OMO »: alla quale spiega z. le Chiose 37-39. Già era ecc. non -conoscendo la
:

edite dal Luiso (Fir.. 1904, p. 106) aggiun- cagione della magrezza e della pelle
gono " h vero non ponitur, quia non est
: squamosa di quelle anime, io stava già
litera, set aspiracionis nota ". Qualcuno pensando^ pieno di maraviglia,' qual mai
però ci trovava anche l' Ti, e non mancò potesse essere; cfr. Furg. XXV, 20 ^g^,. -
chi credette di potervi leggere addirittu- squama: la pelle dei golosi è a squame,
ra homo di —
homo dei cfr. VAn. Fior, e
; quasi croste asciutte di scabbia (v. 49,
le parole di un francescano tedesco, con- e cfr. anche v. 58 e Inf. XXIX, 82).
tempor. di D., riferite in Oomm. Lips. 40. del profondo della testa: cfr. v.
34-36. Chi ecc.: Costruisci: Chi, non 22 e 31. Dipinge con tutta evidenza gli
sappiendo corno (come il fatto avvenga), occhi affossati co' quali 1' anima guarda.
crederebbe che V odor d' un pomo e quel 42. questa: di vederti qui.
[GIRONE SESTO] Puhg. xxiii. 43-59 [forese donati] 535

Mai non 1' avrei riconosciuto al viso ;

ma nella voce sua mi fu palese


ciò che l'aspetto in se avea conquise.
Questa favilla tutta mi raccese
mia conoscenza alla cambiata labbia,
e ravvisai la faccia di Forese.
49 «Deh, non contendere all'asciutta scabbia
che mi scolora » pregava « la pelle,
né a difetto di carne ch'io abbia;
52 ma dimmi il ver di te, e chi son quelle
due anime che là ti fanno scorta :

non rimaner che tu non mi favelle. »


55 « La faccia tua eh' io lagrimai già morta,
mi dà di pianger mo non minor doglia »
rispuos' io lui, « veggendola sì torta.
58 Però mi di', per Dio, che sì vi sfoglia :

non mi far dir mentr'io mi maraviglio:

conquiso: Nel son. 'Voi, donne lagrima! già morta piansi quando
1

45. 55. :

leggiamo (v. 9 sg.) « Se nostra donna la vidi morta.


conoscer non puoi eh' è sì conquisa, [
56. mo: ora, vedendola così deformata.
non mi par gran fatto » dove si ridice al- ; Al.: mi dà di pianger mo minor la do-
trimenti quel che già è detto ne' vv. 5 sg.: glia; cioè: mi fa piangere meno, veden-
«Ben ha sue sembianze sì cambiate
le doti in luogo di salvazione lezione e in-
;

e la figura sua mi par sì spenta ecc. ». terpretazione che a chi ricordi Purg. IV,
Conquisa vale qui trasformata o defor-
'
123 sg., potrebbe parer preferibile, se il
mata ', in quanto il conquidere importa veggendola sì torta del v. sg. non par-
1
guasto e rovina. Il v. nostro signifi-
'
lasse chiaro in favore della lez. comune.
cherà dunque: ciò che le sembianze ave-
'
La faccia così trasmutata dalla secchezza
vano in se stesse deformato e guasto', non è raen dolorosa a vedere che quella
cioè l' impronta personale. Cfr. cambiata d'un cadavere.
labbia del v. 47. V. 58-75. Magione del dimagrare
46-47. favilla: la voce. Il suono della delle anime. Estremamente maravi-
voce fu la favilla che riaccese in me tutta gliato della deformante magrezza delle
la conoscenza di quel viso (labbia) cam- anime e punto da tormentosa curiosità,
biato dalla magrezza. - alla: rispetto D., invece di rispondere alla domanda
alla, circa la: cfr. Cinon., Pari. II. 2. di Forese, chiede a lui la cagione del
48. ravvisai: raffigurai, riconobbi. dimagramento. Forese gli risponde che
non badare alla mia
49-51. contendere: egli e i suoi compagni, girando in quel
pelle secca scabbiosa. Di contendere per cinghio, si fermano, invano, desiosi di
Ipor mente, badare si hanno altri esem-'
gustarne, ogni volta che giungono in
pi « le donne amministravano le neces-
: vista de' bei frutti e della fresca vena ;

sitadi degli Apostoli, i quali non poteano e dalla fragranza degli uni e dell' altra
contendere alle cose mondane »; Fra spira una segreta virtù che sempre più
Giord., Fred., Ed. Manni, p. 59. -scabbia: accende in essi la fame e la sete, che
cfr. v. 39. - difetto di carne: mancanza dolorosamente li scemano e struggono.
di carne, cioè magrezza estrema. rendendovi
58. vi sfoglia: vi dissecca
52. il ver: come mai sei venuto qui squamosa. Al. danno a sfogliare
la pelle
vivo. Forese e gli altri spiriti si sono già semplicemente il senso di disseccare o
accorti che D: è vivo; cfr. vv. 112-114. dimagrare, presa l'immagine dall'al-
54. non rimaner ecc. : non tenerti dal bero che disseccandosi perde le foglie.
favellarmi. 59, dir: parlare; non farmi parlare
536 [GIRONE SESTO] PuRG. XXIII. 60-74 [forese donati]

che mal può dir ohi è pien d'altra voglia. »


61 Ed clli a me: « Dell'eterno consiglio

cade virtù nell'acqua e nella pianta


rimasa a dietro, ond'io sì m'assottiglio.
64 Tutta està gente che piangendo canta,
per seguitar la gola oltra misurai
in fame e 'n sete qui si rifa santa.
67 Di bere e di mangiar n'accende cura
l' odor eh' esce del pomo e dello sprazzo

che si distende su per la verdura )

70 e non pur una volta, questo spazzo


girando, si rinfresca nostra pena....
Io dico pena e dovrei dir sollazzo,
73 che quella voglia all'albero ci mena,
che menò Cristo lieto a dire Mi i
'

fin che sono pieno di maraviglia, che mal non pur due, ma più alberi consimili.
può ragionare di una cosa
chi ha l' animo Come questo sia « un eccesso d' argo-
preoccupato dal pensiero d'un' altra che mentazione », ha dimostrato il D'Ov.,
brama conoscere. N. St. I, p. 206.
61. Dell' eterno consiglio ecc. dal di- : 72. sollazzo: leanime purganti sop-
vino volere è infusa nell' acqua e nell'al- portano le loro pene non solo con calma
bero virtù che mi dimagra a tal segno. e con decoro, ma le desiderano e ne
63. rimasa: erano già passati oltre, gioiscono, conoscendone lo scopo ed es-
v. 4 sg. -m'assottiglio: dimagro. sendo il loro conforme al volere di Dio.
64. està: questa. - piangendo canta: « Gloriamur in tribulationibus »; Pam.
cfr. v. 10 e la n. al v. 21. V, 3. « Illi qui sunt in Purgatorio,
65. per "seguitar per aver seguitato
: sciunt se non posse pervenire ad glo-
vivendo: - oltra misura « Hoc solum : riam, nisi prius puniantur ergo volunt :

pertinet ad gulam quod aliquis propter puniri »; Thom. Aq., Sum. theol. III,
concupiscentiam cibi delectabilis scien- Suppl., App. 2, 2. « Non credo che si
ter excedat mensuram in edendo »; Thom. possa trovare contentezza da comparare
Aq., Sum. theol. II, n, 148, 1. a quella d'un'anima del Purg., eccetto
66. si rifa santa: soffrendo fame e sete quella de' santi nel Par. » S. Oat. di ;

torna pura e santa quale Iddio la creò. Gerì., Tratt. del Purg., e. 2.
67. cura: desiderio: cfr. n. 58-75. 73. voglia: di subire, così come vuole
68. pomo: cfr. Inf. XVI, 61. Purg. la giustizia di Dio, la pena purificatri-
XXVII, 115 sgg. ; 73 sgg. -
XXXII, ce. Ilpatimento delle anime purganti
sprazzo: l'acqua cadente dall'alta roc- è volontario, perchè voluto ed amato
cia; Purg. XXII, 137 sg. da esse, ma insieme è necessario, per-
69. si distende ecc. : si sparge su per chè imposto da Dio.
tutte le verdi foglie dell' albero, ma, 74. a dire Eli a soffrire per la sal-
' '
:

ahimè, non giunge, sembra voler dire vezza degli uomini la crocifissione e la
Forese, alle nostre labbra riarse; cfr. morte e sentirsi abbandonato da Dio;
Purg. XXII, 138. cfr. Matt. XXVII, 46. Marco XV, 34.
70. spazzo: suolo; cfr. Inf. XIV, 13. Salm. XXI, 2. Eli significa 'Dio mio '.
Borghini, Studi, Ed. Gigli, 248. Di bocca a Cristo in croce uscirono le
71. si rinfresca: si rinnova. Le anime note parole « Eli, Eli, lamma sabac-
:

girano senza requie, e quante volte essa thani hoc est, Deus meus, Deus meus,
;

arrivano presso l' albero, altrettante si ut quid dereliquisti me? » D. ricorda


rinnova il supplizio. Da questo verso al- così il momento più doloroso e tremendo
cuni inferirono, esservi in questo girone della passione di Gesù.
[GIRONE SESTO] Puro, xxiii. 75-90 [nella donati] 537

quando ne liberò con la sua vena. »


76 E ioa lui « Forese, da quel dì
:

nel qual mutasti mondo a miglior vita,


cinqu'anni non son volti infìno a qui.
79 Se prima fu la possa in te finita
di peccar più, che sorvenisse l'ora
del buon dolor ch'a Dio ne rimarita,
82 come se' tu quassù venuto ancora ?
Io ti credea trovar laggiù di sotto,
dove tempo per tempo si ristora. »
85 Ond' elli a me « Sì tosto ni' ha condotto
:

a ber lo dolce assenzio de' martìri


la Nella mia: con suo pianger dirotto,
SS con suoi preghi devoti e con sospiri
tratto m' ha della costa ove s'aspetta,
e liberato m' ha degli altri giri.

con la sua vena: col suo eangue.


75. 78. non son Yolti ecc. non sono an- :

V. Una moglie e vedova vir-


76-93. cora passati cinque anni dalla tua mor-
tuosa : Nella Donati. Vivendo ancora te, ilche è vero, Forese essendo morto
Forese, nella ricordata tenzone di sonet- il 28 luglio 1296 e figurandosi D. di tro-
ti, D. così aveva scritto sulla trista con- varlo nel 6° girone la primavera del
dizione fatta alla moglie sua da Forese :
1300. Ma
perchè non disse quattr'anni
invece di cinqu'anni? Cfr. Bull. X, 193
Chi udisse tossir la mal fatata
moglie di Bicci. vocato Forese, e O. Trabalza, Lect. D., p. 52, e Pa-
potrebbe dir che la fosse vernata rodi, Bull. XXV, 26.
ove si fa '1 cristallo, in quel paese. prima ecc.: se indugiasti il
79-81. Se
Di mezzo agosto la trovi 'nfreddata: pentimento, che riconcilia noi peccatori
or sappi che de' far d'ogni altro mese!
con Dio, a quando eri ormai impotente
E non le vai perchè dorma calzata,
mercè del copertoio e' ha cortonese. a peccare, cioè agli estremi di tua vita.
La freddo e l'altra mala voglia
tosse, il « E queste cose sa bene l'Autore per
non le addivien per umor ch'abbia vecchi, la conversazione contino va eh 'elli ave-
ma per difetto ch'ella sente al nido. va col detto Forese ed esso Autore fu
;

Piange la madre, c'ha più d'una doglia, quegli che, per amore che aveva in lui
dicendo « Lassa, che per fichi secchi
:

e familiaritade, lo indusse alla confes-


messa l'avre' in casa il conte Guido » !

sione ; e confessossi a Dio anzi l'ultimo


Come nel resto del colloquio con Forese fine »; Ott.
D. deplorerà pentito ciò che un tempo 82. ancora : di già : cfr. Inf. XXXIII,
fece con l'amico e parente, v. 115 sgg., 121.
così qui egli ritratta ciò che in tempi 84. tempo per tempo si ristora : si ri-
del tutto diversi aveva scritto di poco mette o ripara il tempo della vita pas-
riguardoso contro la Nella, che è qui non sato senza pentirsi con altrettanto tem-
solo vedova fedele, ma l'unica donna po che ivi si deve passare prima di es-
virtuosa che viva a Firenze una donna, ; sere ammessi al vero Purg. Cfr. Purg.
le cui preghiere, « sorgendo su di cor IV, 130 sgg.
che in grazia vive » (Purg. IV, 134), 86. a ber ecc.: a gustare quei patimenti
furono udite in cielo e accorciarono al- che, in sé stessi amari (assenzio), a noi
l'anima del marito il tempo che avrebbe riescono dolci, perchè salutiferi. È un
dovuto restare nell'Antipurgatorio. Di caso di callida iunctura cfr. la dulcis ;

Nella (Giovannella) non sappiamo sto- amarìties di Catullo, 68.


ricamente nulla; i comm. antichi si li- 89. costa: dell'Antipurgatorio.
mitano a parafrasare i vv. di IX 90. giri: dei primi cinque gironi del
538 [GIRONE 8B8TO] PURG. XXII I. 91-103 [DONNE FIORENTINE]

91 Tant'è a Dio più caia e piti diletta


la vedovella rtiia, ehe molto amai.
quanto in bene operaie è più soletta ;

94 elio la Barbagia di Sardigna ai


nelle femmine sue è x>iù pudica,
che la Barbagia dov'io la lasciai.
97 dolce frate, che vuoi tu eh' io dica?
Tempo futuro m'è già nel cospetto,
non sarà quest'ora molto antica,
cui
100 nel qual sarà in pergamo interdetto
alle sfacciate donne fiorentine
l'andar mostrando con le poppe il petto,
103 Quai barbare fuor mai, quai Saracino,

Pnrg. Oltre quello della gola, D. rin- gorio, al tempo del quale soltanto si con-
faccia a Forese, ne' sonetti menzionati, vertirono al cristianesimo, ebbe a dire
anche altri difetti. (Ep. Ili, 26, 27) che vivevano tutti come
91-93. Tant'è ecc. : la vedova mia clie animali insensati. E fama de' costumi
amai tanto, è tanto più. cara e diletta a barbari di queste popolazioni doveva du-
Dio, quanto più per le sue belle virtù rare anche ai tempi di D., come atte-
ella è solitaria in Firenze, -molto amai. sterebbero gli antichi comm., se in que-
D. dice qui il contrario di quanto aveva sti non avessimo poco più che parafrasi
detto nel sonetto testò riferito ; nuova di quel che dice il P. Infatti, osserva il
prova che abbiamo qui una meditata Torraca, che il freddo clima di quei paesi
ritrattazione anche dei sonetti contro montani non avrebbe consentito alle
Forese. donne di andar eccessivamente scollac-
V. 94-111. Il rovescio della meda- ciate,come afferma lìenv., o addirittura
glia: le donne fiorentine. Alle deli- nude, come dice Pietro di D. Cfr. JBass.
cate lodi date a Nella, segue una fiera 127 e Trabalza,o. e, 54 sg.
invettiva contro le donne fiorentine, più Barbagia: Firenze, novella Bar-
96. la
sfacciate e impudiche delle donne della bagia, dove io morendo lasciai la Nella
Barbagia, a segno da costringer le au- mia. lu'An. Fior, intende della casa dei
torità ad interdir loro certe mode lascive Donati ma i versi 100 102 provano
;

e da attirare sopra di esse tremende le che D. parla di tutta Firenze.


punizioni del cielo. Senza dubbio D. 97. che vuoi ecc. che cosa potrei mai
:

avrà avuto buone ragioni di inveire così dire di più ì


fieramente contro le sue concittadine : 98. m'è già nel cospetto vedo sin d'ora:

ma è pure cosa certa, che egli generalizza nella mia mente prevedo già.
;

un po' troppo, e che le dorine fiorentine 99. cui non sarà ecc. poco lontano
:
;

del 1300 non erano poi tutte quante cor- cfr. Purg. XX, 70. Par. XVII, 118-120.
rotte ad eccezione della vedova di Fo- 100. interdetto : proibito in pubblico
rese. Non è credibile che in questi versi dal pulpito. Dalla terzina seg. risulta
il P. prendesse di mira anche la moglie che non accenna qui solo a prediche,
sua Gemma Donati, la cui età, per ta- come credettero ant. comm., contro lo
cer d'altro, nel tempo che D. dettava scandaloso vestir delle femmine ma al-
questi versi, aveva già provveduto a che tresì a decreti vescovili e pene canoni-
non incorresse più nel biasimo qui espres- che, bandite anch'esse dal pulpito, con-
so; cfr. Proleg., 48 sgg. Eppure non è tro le stacciate usanze, oppure a provvi-
mancato chi affermasse, senza addurne sioni della Signoria (quali, per es., gli
alcuna prova, che la moglie di D. fu ordini fatti nel 1324; cfr. G. Vili, IX,
« una donnaccia fredda di cuore, avara, 245). A che speciali ordinanze però D.
gelosa e lussuriosa»; Notiti, Orar., 17. qui alluda, noi non sappiamo.
94. Barbagia regione alpestre della
: 103-105. Quai barbare ecc. « questo :

Sardegna centrale dei cui abitanti S. Gre- dice in infamia e vituperio delle dette
[GHIGNE SESTO] PURG. XXIII. 104-114 [DONNE FIOJRENT.] 539

cui bisognasse, per farle ir coperte,


o spiritali o altre discipline?
10G Ma se le svergognate fosser certe
di quel che 7
1 ciel veloce loro ammanita,
già per urlar avrian le bocche aperte ;

109 che se l'antiveder qui non ni' inganna,


prima fìen triste che le guance impeli
colui che mo si consola con nanna.
112 Deh, frate, or fa' che più non mi ti celi !

Vedi che non pur io, ma questa gente


tutta rimira là dove il sol veli. »

donne dicendo che il primo atto e il più.


;
è la somiglianza d'intonazione tra questa
popolesco e volgare della onestade della e la predizione di sciagure alla città di
femmina è il tenere coperte quelle mem- Firenze che leggiamo nella Lettera ai
bra che la natura richiede che sieno Fiorentini {Lett. VI) scritta il 31 marzo
chiuse e però quello che è naturale, in
; 1311 per la venuta di Arrigo VII: «Si
ogni luogo è uno medesimo. Ondo dice: praesaga mens non fallitur [= Se l'an-
le Barbare, le quali sono Bipartite da' no- tiveder qui non m'inganna], .... urbem
stri costumi, e le Saracino, che sono così diutino mcerore confectam in manus
date alla lussuria, che dovunque la vo- alienorum tradì fìnaliter, plurima vestri
lontà giunge, quivi per l'Alcorano di parte seu nece seu captivitate deperdi-
Maometto si dee soddisfare alla lussuria, ta, perpessuri exiliuin pauci sum fletu
sì vanno coperte le mammelle e '1 petto; cernetis ». E vien fatto di pensare che
e voi, che dovete vivere per legge Roma- la profezia di Forese e quella dell' Epi-
na, avrete bisoguo d'essere scomunicato stola siano state dettate proprio in uno
e piuvicate in piazza. E dice che biso- stesso periodo di tempo. - prima fìen
gnerà non solamente il comandamento triste ecc. saranno dolenti prima che i
:

del .Diocesano [vescovo], ma ancora che fanciullini, ora (nel 1300) lattanti, comin-
il Comune faccia sua legge proibitiva»; cino ammetter la barba; la quale indi-
Oit., fiorentino contemporaneo del P., cazione non disconverrebbe, se si allu-
che è per ciò autorevole testimone così desse a fatti del 1311 o che, scrivendo
delle sfacciate costumanze muliebri come nel 1311, D. fermamente credeva pros-
delle discipline spirituali e delle altre. simi ad avverarsi. - nanna: la ninna
107-111. di quel ecc.: delle sventure nanna che si canta per chetare e addor-
che il cielo prepara loro in tempi pros- mentare i bambini.
simi. Dopo 1300 Firenze fu colpita
il V. 112-133. Confessione e presen-
da molte sciagure ruberie, incendii ed
: tazione di V. e di Stazio. liipregato
omicidii che tennero dietro alla venuta da Forese di dirgli oramai il vero di sé
di Carlo di Valois (67. Vili. Vili, 49); le (cfr. v. 52), D. prima richiama alla me-
uccisioni per opera di Folcieri da Calvoli moria di quello il poco edificante modo di
nel 1303 (GÌ Vili. Vili, 59) l'infausta
; vivere che essi tennero un tempo insie-
guerra cittadina del 1303 (67. Vili. Vili, me; quindi narra coui6 V. lo traesse da t

68), accompagnata da grave carestia; la tal vita, lo guidasse attraverso l'Inf. sin
caduta del ponte alla Carraia con morte qui, e prometta guidarlo oltre, finché E.
di molta gente e con gran pianto e do- gliverrà incontro. Fatta così la presen-
lore di tutta la città (67. Vili. XIII, 70); tazione di V., presenta anche Stazio.
l'incendio del 1304, per cui furono di- 112. or fa' ecc.: ora che t'ho soddi-
strutti tra palazzi e torri e case più di sfatto, non indugiar più a dichiararmi
millesettecento (G. Vili. Vili, 71); la per quale nuova concessione tu, vivo,
sconfìtta a Montecatini, agosto 1315, sei venuto qui nel regno della morta
nella quale « di Firenze vi rim asono gente; cfr. v. 52 sg.
quasi di tutte le grandi case e ui grandi 113-114. non pur io ecc.: non solo io
popolari»; 67. Vili. IX, 72. Notevole però ma anche tutti quest'altri spiriti ; i qua-
540 [girone SESTO] Purg. xxm. 115-132 [CONFESSIONE]

115 Per eh' io a lui : « Se ti riduci a mente


({luti fosti meco e qual io teco fui,
ancor fia grave il memorar presente.
118 Di quella vita mi volse costui
che mi va innanzi l'aìtr'ier, quando tonda ,

vi si mostrò la suora di colui »


121 (e il sol mostrai). « Costui per la profonda

notte menato m' ha di veri morti,


con questa vera carne che il seconda.
124 Indi m' han tratto su li suoi conforti,
salendo e rigirando la montagna
che drizza voi che il mondo fece torti.
127 Tanto dice di farmi sua compagna,
eh' io sarò là, dove fia Beatrice :

quivi convien che senza lui rimagna.


130 Virgilio è questi che così mi dice »
(e addita' lo); « e quest'altro è quell'ombra
per cui scosse dianzi ogni pendice

li sembra avessero allentato il passo, 124-125. Indi m'han ecc. : di là, dalla
stupefatti di vedere colà nn vivente. profonda notte, confortato da V.,
il i\ è

115. a mente: a memoria. uscito e venuto quassù, salendo su su


116. qua! fosti meco ecc. quale vita : per la montagna e rigirandola via via
tu conducesti con me, ed io con te. Che si nei successivi ciìigìiii, in ciascuno dei
alluda non tanto a relazioni tra D. e Fo- quali i P. percorrono parte della cir-
rese, a contegno non bello dell'uno verso conferenza.
1' altro, quanto a vita peccaminosa, con- 126. che drizza voi ecc. che raddrizza
:

dotta da entrambi insieme è provato dal le vostre storture, vi purifica dalle mac-
v. 118 Di quella vita ecc.
'
E docu- :
'
chie della vita terrena.
mento di vita viziosa è realmente la ten- 127-129. dice: cfr. Tnf. 1, 112 123. Purg.
zone fra D. e Forese. VI, 46-48. - compagna: compagnia'; cfr.
117. ancor fia grave ecc.: riuscirà mo- Inf. XXVI, 101. ^Purg. III, 4. Consi-
lesto il richiamo che io ora te ne faccio. derar qui compagna come il femminile
queUa vita che I).
118. vita: viziosa, di compagno e farne un predicato del-
identifica qui colla selva oscura, dal l'oggetto mi in quanto è l'anima di I).
tornar nella quale V. lo salvò condu- che parla e distingue da sé la vera carne ;

cendolo attraverso i regni dell'eternità. il corpo, sarebbe eccessiva sottigliezza,

119. l'aìtr'ier: cinque giorni fa.- ton- né farmi sarebbe il verbo più proprio.
' '

da : cfr. Inf. XX, 127. - quivi convien: cfr. Purg. XXX, 43-54.
120. la suora: la luna (Diana), sorella 130-132. Virgilio ecc. D. risponde al-
:

del sole (Apollo) ; cfr. Purg. XX, 130 sg. la domanda di Forese « Chi son quelle
:

121. profonda notte l' Inf. cfr. Purg.


: ; due anime che là ti fanno scorta? » v.
I, 44. 52 sg. - addita' lo: lo additai, lo indicai
122. di veri morti : di per dei ', co-
' ' '
col dito, -quest'altro: non nomina Sta-
me spesso nell'ant. tose. - 1 dannati sono zio, ma dice solo che quest'altra scorta
detti veri morti, perchè non pure sciolti è l'anima la cui liberazione fu annun-
del corpo, ma esclusi ormai in eterno dal- ziata testé dal terremoto. Se V. non po-
la vita vera, eh' è la beatitudine celeste. teva supporsi ignoto a Forese, non così
123. vera carne con questo corpo reale
: questi aveva il dovere di conoscere an-
che fa ombra e tien dietro a V. - il secon- che Stazio, sicché dirne il nome - e non
da: io segue; cfr. Inf. IV, 15. altro consentiva qui l'atto di presenta-
[GIRONE SKSTO] PUKG. XXIII. 133 -XXIV. 1-8 [PKES. DI STAZIO] 541

133 lo vostro regno che da se lo sgombra. »

zione - era del tutto inutile. Opportuna 133. regno: il Purg. cfr. Purg. I, 4.
;

invece ò l' indicazione, essere egli l'ani- -sgombra: allontana, dovendo or che ha
ma testé liberata. compiuta la purgazione, salire in cielo.

CANTO VENTESIMOQUARTO

GIRONE SESTO: GOLA

forese donati, pico arda, bon a giunta da lucca


papa martino iv, ubaldin dalla pila, bonifazio
messer marchese, gentucca corso donati ,

secondo albero mistico, esempi di golosità


l'angelo dell'astinenza

Né il dir l'andar, né l'andar lui più lento


facea; ma, ragionando, andavam forte
sì come nave pinta da buon vento.
E l'ombre, che parean cose rimorte,
per le fosse degli occhi ammirazione
traean di me, di mio vivere accorte.
E io, continuando al mio sermone,
dissi :« Ella sen va su forse più tarda

V. 1-33. Piccar da Donati. Conti- che spinge la nave consuona metafori-


nuando con Forese il cammino per il gi- al buon desiderio che è nel Poe-
camente
rone, I). gli domanda dove sia Piccarda, ta di giunger presto al termine del mi-
e lo prega di dirgli se tra quella gente vi sterioso viaggio; e in Forese, di com-
sia persona degna di essere notata. Fo- pierel'espiazione»; L.Vent., Sìmil., 502.
rese risponde che sua sorella è già in 4. rimorte morte per la seconda volta,
:

Par., e addita e nomina 5 golosi nota- tanto erano pallide e squallide. È il bibli-
bili; un poeta, un papa, il fratello di co «alberi morti due volte»; Giuda, 12.
:

un cardinale e padre d'un arcivescovo, per le fosse degli occhi nei loro oc-
5. :

un arcivescovo e un nobile cavaliere. chi profondamente incavati (cfr. Purg.


1. Ne il dir il dire non faceva piti
: XXIII, 22, 31)mostravano la maravi-
lento l'andare, e l'andare non faceva più glia che dava loro il veder là me vivo.
lento lui, cioè il dire ; ma andavamo in sermone: cominciato al v. 115 del
7.
fretta conversando animatamente. e. prec.
2. forte: forte per D. vivo; per le ani- 8. Ella: l'anima di Stazio (presentata
me troppo piano,cfr. v. 8-9, 91 sgg. co' vv. 131-133 elei e. prec ), per stare in
3. spinta. « Acconcia similitu-
pinta : compagnia diV. (cfr. Purg. XXII, 96), sa-
dine, in f{na rito l'idea del buon vento le forse in cielo più lenta che se fosse sola.
512 [girone sesto] Purg. XXIV. 9-22 [alcuni golosi]

clie non farebbe, per altrui cagione.


10 Ma seta sai, dov'è Piccarda;
elimini,
dimmi s'io veggio da notar persona
tra questa gente che sì mi riguarda. »
13
« La mia sorella che tra bella e buona
non so qual fosse più, triunfa lieta
nell'alto Olimpo già di sua corona. »
1G
Sì disse prima; e poi: « Qui non si vieta
di nominar ciascun, da ch'è sì munta
nostra sembianza via per la dieta.
19
Questi » (e mostrò col dito) « e Bonagiunta,
Bonagiunta da Lucca; e quella faccia
di là da lui più che l'altre trapunta,
22 ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia:

per altrui cagione per causa d al-


9. : ' 13 fra i Toscani « qui propter ameutiam
tri, con cui desidera intrat-
cioè di V., suam infroniti, titulum sibi vulgaris il-

tenersi il più che può, e anche per ca- lustris arrogare videntur », anzi fra i

gione di I)., che, aggravato dal corpo, famosos viros ....quorum dieta» sono
cammina di necessità lento rispetto alla « non curiali a sed municipalia tantum ».
possibile velocità delle anime. « Fuit vir honorabilis, lnculentus orator
13. tra bella ecc. « alla domanda sa-
: in lingua materna, et facilis inventor
tisfacendo, dice Forese che Piccarda, la rhythmorum, sed facilior vinorum, qui
quale fu molto bella del corpo e molto noverat autorem in vita, et aliquando
intera dell'anima, e sì che non sa se la scripserat sibi » Benv. ;

bontade avanzò la bellezza, o la bellezza 20. quella faccia: non dice Quegli di
la bontade, già della sua vittoria ch'ebbe là da lui, ma quella faccia, per tener
contro al mondo, trionfa nel cielo » Ott.; chi legge più affissato nella emaciazione,
Piccarda, fattasi suora di S. Chiara nel che appare specialmente nel volto « ed
convento di Monticelli presso Firenze, anche perchè le fattezze che contrad-
ne fu tratta violentemente e data in mo- distinguono uno dall'altro, dimorano in
glie a Rossellino della Tosa; cfr. Par. ispezieltà nella faccia » Ces. ;

Ili, 34-51 e 103-108. 21. più che l'altre: se è il più magro


16-18. Qui ecc. sebbene in tutto il
: di tutti, essendo la pena proporzionata
Purg. sia concesso nominare le anime e alla colpa, sarà stato il più goloso. -
nessuna si .sdegni o vergogni d' essere trapunta cfr. la n. a Purg. XXIII, 39,
:

conosciuta, il qui di Forese si riferisce di cui trapunta viene a darci una con-
al solo cerchio dei golosi, dove il nomi- ferma. Le squame sono come il ricamo
nare è più che mai necessario, perchè ond'è trapùnta la pelle.
la loro sembianza (oggi si direbbe fìso- 22. in le sue braccia come sposo della
:

nomia) è così munta via (==attenuata e Chiesa; cfr. Inf. XIX, 57. È Martino
quasi svanita) per il digiuno (dieta), che IV, papa dal 22 febbr. 1281 al 29 marzo
al volto non possono essere riconosciuti; 1285, che lasciò fama di « magnammo
cfr. Purg. XXIII, 43 sgg. e di gran cuore nei fatti della Chiesa »
19. Bonagiunta: figlio di Riccomo di (G. Vili. VII, 58, e anche 106); anzi di
Bonagiunta Orbicciani degli O vera idi sant'uomo benché troppo ligio a Carlo,
da Lucca, morto poco dopo il 1296, nel re di Xapoli. « Fu molto vizioso nel vi-
decembre del qual anno si trova men- zio della gola, e fra l'altre ghiottornie
zionato come operaio della Chiesa di nel mangiare ch'elli usava, facea tórre
San Michele. Si hanno di lui molte poe- l'anguille del lago Bolsena, e quelle iacea
sie che lo mostrano servile imitatore dei annegare e morire nel vino della ver-
provenzali e rozzo nella lingua e nello naccia, poi fatte arrosto le mangiava;
stile. D. lo menziona uel De Yulg. El. I, ed era tanto sollicito a quel boccone., che
[GIRONE SESTO] Puro. xxiv. 23-31 [alcuni golosi] 543

dal Torso fu, e purga per digiuno


l'anguille di Bolsena e la vernaccia. »
Molti altrimi nomò ad uno ad uno,
e del nomar parean tutti contenti,
sì ch'io però non vidi un atto bruno.

Vidi per fame a vóto usar li denti


tJbaldin dalla Pila e Bonifazio,
che pasturò col rocco molte genti.
31 Vidi inesser Marchese, ch'ebbe spazio

continuo ne volea, e faceale curare e an- 30. rocco pastorale o bastone, che
:

negare nella sua camera. E circa lo fatto sarebbe stato proprio degli arcivescovi
del ventre non ebbe né uso né misura ravennati, avente in cima una piccola
alcuna, e quando elli era bene incerato, torre simile al rocco degli scacchi con
dicea O sanctus Deus, quanta mala pa-
:
'
su la croce. Cfr. per altre interpretazioni
timur prò Ecclesia sancta Dei » Lan.~ !
'
; e congetture Bull. XII, 279. - molte
« Super eius sepulcro fertur quod sunt genti che nella sua dignità di arcive-
:

isti duo versus Gaudent anguille, quia


: scovo mantenne intorno a sé, vivendo
mortuus hic iacet ille Qui quasi morte lautamente. Fine sarcasmo. « Il verbo
reas escoriabat eas » Post. Cass.
; pasturare presenta in questo caso due
23. dal Torso: Martino IV fu di Mont- tagli e con l'ambiguità determina l'epi-
pincó nella Brie, ma è detto dal Torso gramma fra il pasturare il gregge cri-
(anche daìVill.), cioè di Tours, per essere stiano con la parola evangelica e la pie-
stato tesoriere di quella cattedrale. tà, e il pasturare o sfamare il gregge
26-27. contenti ecc.: sodisfatti; nes- dei cortigiani che gli si addensavano in-
suno fece atto bruno, atto cbe indicasse torno»; Picei, o. e, 121.
turbamento. Il Petr. nel son. Cesare poi : 31. Marchese: « Iste fuit nobilis mi-
« e così aven cbe l' animo ciascuna sua | les de Argugliosis de Eorlivio, pater
passiou sotto '1 contrario manto ricopre j dominaB Lsetae, quae fuit mater domini
co la vista or chiara or bruna. » Il con- Bernardini de Polenta, qui fuit dominus
trario in In/. XXX, 100 sgg. XXXII, ; Bavennatum. Euit iste vir curialis et
94 sgg. placidus multimi. Unde cum semel adiu-
28. Vidi ecc. vidi muovere invano i
: raret pincernam suum, ut sibi diceret,
denti, come se volessero mangiare. «Pe- quid diceretur de eo et ilio respondente
tit ille [Erigitene; cfr. Purg. XXIII, trepide :
'
Domine, dicitur quod mira-
26] dapes sub imagine somni, Oraque quam facitis nisi bibere '
; dixit riden-
vana movet, dentemque in dente fatigat ter Et quare numquam dicunt quod
:
'

Exercetque cibo delusum guttur inani semper sitio? »; Benv. - ebbe spazio:
'

Proque epulis tenues nequicqnam devo ebbe, vivendo, agio di bere a Forlì con
rat auras»; Ovid., Met.YIII, 827-830 minor sete che non abbia in questo luo-
Ubaldi»: del ramo della nobile fa
29. go eppure fu così avido bevitore, che
;

miglia degli Ubaldini che si denominò non si sentì mai dissetato.


dal castello della Pila nel Mugello, fra- V. 34-48. Gentticca lucchese. Più
tello del cardinale Ottaviano (Inf. X, che agli altri, D. fa naturalmente at-
120) e di "Cigolino d'Azzo (Purg. XIV, tenzione al rimatore Buonagiunta. Que-
105), padre dell'arcivescovo Ruggieri sti mormora Gentucca; e richiesto che
{Inf. XXXIII, 14). Cfr. Franco Sacchet- cosa sì voglia dire, predice a D. che una
ti,nov. 205. - Bonifazio: dei Fieschi, donna, ora ancor giovine, gli farà pia-
conti diLavagna, genovese, nepote di cere Lucca, benché di questa città si so-
Papa Innocenzo IV, arcivescovo di Ra- glia dir tanto male. Fu forse Gentuc-
venna dal 1274 sino alla morte, 1° feb- ca Moria, maritata a Bonaccorso Fon-
braio 1295. Eupiù agitatore politico che derà, la quale nel 1317 era nel fiore della
pastore d'anime, troppo amante del lus- giovinezza; cfr. Comm. Lips. II, 470 sg.
so ma fama di goloso gli venne solo
; Il Buti afferma che D., essendo a Lucca,
da queste parole di D. cfr. C. Picei, ; amò questa donna « per la virtù grande
Ultimo rifugio di D., 120. e onestà che era in lei, non per altro
1
544 [GIRONE SESTO] Purg. XXIV. 32-50 [gentucca]

già di bere a Forlì con men secchezza,


e sì non si sentì sazio.
fu tal, clic
34 Ma come fa chi guarda e poi s'apprezza v
più d'un che d'altro, fé' io a quel da Lucca
che più parea di me voler contezza.
B7 El mormorava, e non so che '
Gentucca '

sentiva io là ov'ei sentia la piaga


della giustizia che sì li pilucca.
40 « anima » diss' io « che par sì vaga
di parlar meco, fa' sì eh' io t' intenda,
e te e me col tuo parlare appaga. »
43
« Femmina è nata, e non porta ancor benda »
cominciò ei, « che ti farà piacere
la mia città, come eh' uom la riprenda.
40 Tu te n'andrai con questo antivedere:
se nel mio mormorar prendesti errore,
dichiareranti ancor le cose vere.
49 Ma di' s' io veggio qui colui che fore
trasse le nuove rime, cominciando :

amore ». Altri credono accennato qui un Eva, Purg. XXIX,


donne vir- 26, le
amore sensuale; ma oltre che D. andò tuose antiche, Inf. e anche IV, 30,
a Lucca, pare, solo intorno al 1315, quan- Maria, Gonv. II, 6 « Maria Vergine :

do era già sulla cinquantina, il far par- femmina veramente ». - non porta ecc.:
lar D. di un amore siffatto nel regno è ancora zitella. Soltanto le donne ma-
della purificazione sarebbe assurdo. D'al- ritate e le vedove portavan bende.
tronde in questi vv. nessuna parola ac- 45. città: Lucca. - uom D. ci ha pre- :

cenna ad amore né platonico né non pla- sentata Lucca quale un covo di barat-
tonico tutto quel che vi si dice di Lucca
: tieri, Inf. XXI, 41 sgg. « Li Lucchesi
e della donna lucchese torna benissimo, sono ripresi di loro costumi e del loro
anche se ella abbia dimostrato a D. solo parlare » ; Buti.
cortesia ed amicizia, o concessa la pro- 46. con questo antivedere con que- :

tezione ospitale di cui egli aveva biso- sta mia profezia cfr. Purg. XXIII, 109.
:

gno. Questo è veramente ciò che poteva 47. se ecc. se traesti dalle parole
:

rendere piacevole la malfamata città al ch'io ho mormorate, qualche dubbio, i


poeta (v. 44 sgg.). fatti a suo tempo ti chiariranno.
34. s' apprezza ecc. fa stima di uno : V. 49-63. Il dolce sili nttovo. Bo-
più che di altri. AL: fa prezza: dove nagiunta chiede se colui che egli vede,
prezza è lo stesso che prezzo, stima '. '
sia veramente quel poeta che iniziò con
36. che più parea ecc. che più degli : certa sua canzone una nuova maniera
altri sembrava voler sapere di me; cfr. di poetare. Nella risposta D. espone il
v. 42 e 49 sgg. principio fondamentale della sua poesia,
38. là in bocca, fra i denti, ov'ei più
: il quale consiste nell'intima rispondenza

forte sentiva il tormento della fame. della parola al sentimento e al pensie-


39. li pilucca: li consuma a poco a ro e Bonagiunta confessa non aver egli
;

poco : per il plur. liPurg. VII, 66.


cfr. né altri rimatori conosciuto e seguitato
42. te e me : Bonagiunta desiderava questo principio, unico fondamento di
di aver contezza di D , e questi di sa- qualsiasi vera poesia.
pere cosa Bonagiunta volesse dire col 49. fuore fuori dall'animo, dal cuore.
:

nome diGentucca mormorato fra' denti. 50. nuove: rime diverse non solo da
43. Femmina: donna. D. chiama così quelle della scuola siciliana provenzaleg-
[GIRONE SESTO] PURG. XXIV. 51-65 [DOLCE STIL NUOVO] 545

1
Donne ch'avete intelletto d'Amore '. »
52 E io a lui : « Io mi son un che quando
Amor mi spira, noto, e a quel modo
che ditta dentro, vo significando ».
5» *« frate, issa vegg io » diss'elli « il nodo 1

che il Notaro e Guittone e me ritenne


qua dal dolce stil novo eh i' odo.
di
1

58 Io veggio ben come le vostre penne


diretro al dittator sen vanno strette,
che delle nostre certo non avvenne ;

6i e qual più a riguardar oltre si mette,


non vede più dall' uno all'altro stilo »;
e quasi contentato, si tacette.
64 Come gli augei che vernan lungo il Nilo,
alcuna volta in aere fanno schiera,

giante e della scuola dottrinale teoriz- stanza, altrettanto sincera e lucida la


zante sopra l'amore, ma dalle anteriori espressione.
di lui stesso rime con che si annunzia
; 58. vostre dell'Alighieri, e insieme di
:

lo stil novo. Cfr. Il dolce stil novo diF. ' ' '
Guido Cavalcanti, Lapo Gianni, Dino
Mossi in Lect. D., Le opere minori, pp. 34 Frescobaldi, Gianni Alfani e degli altri
sgg., e in particolare pp. 47-51. poeti dello stil novo '.
'

51. Donne ecc. principio della l a can-


: 59. al dittator: ad Amore che vi detta
zone di D. Vita Nuova, § 19.
; cfr. dentro e di cui le penne vostre riprodu-
53. mi parla cfr. il ditta
mi spira : ; cono con stretta fedeltà le parole.
nel v. sg. e Par. XIX, 25 XXV, 82 ; ;
61. a riguardar: « E qual più oltre a
XXVI, 103. - noto: sto ben attento a riguardar si mette.... lo tuo dire et lo
cogliere tutto ciò che mi dice l'amore. nostro, non vede più di differenzia dal
54. vo significando esprimo i fanta- : tuo modo del dire al nostro, che quel che
smi dell'imaginazione e gl'intimi sen- ditto è che tu vai stretto al movimento
:

timenti del cuore e i pensieri tutti della dell'animo e noi larghi»; Buti. Sulle va-
mente proprio così come li suscita den- rie lez. di questo v. cfr. Moore, Crii., 413
tro di me l'amore: le parole mie sono sg., ecc.
specchio dello spirito. « La mia lingua 63. contentato: dellaspiegazione avuta.
parlò quasi per sé stessa mossa » Vita ; V. 64-81. D.
e Forese. Bonagiunta
Nuova, § 19. - «Parole che il core mi e gli altri spiriti purganti vanno fret-
disse con la lingua d'amore.... Parvenu tolosi avanti soltanto Forese prosegue
;

che Amore mi parlasse nel core, e mi di- il cammino con passo un po' men veloce

cesse, ecc. » ibid., § 24. per conversare ancora coli 'amico, e gli
55. issa adesso cfr. Inf.
: ; XXIII, 7 ;
domanda quando lo rivedrà. «Non so»
XXVII, 21. - il nodo : V impedimento. risponde D. « ma desidero che sia pre-
;

56. il RotarO: così, per antonomasia, sto, perchè Firenze si corrompe ogni
fu chiamato il notaro siciliano Iacopo giorno più, e par disposta a rovina. »
da Lentini, rimatore provenzaleggiante 64. gli augei le gru, che passano l'in-
:

della prima metà del sec. XIII, morto verno lungo il Nilo. « Aves, ubi frigidus
verso il 1250 civ.Vulg. El. I, 12. - Guit-
; annus Trans pontum fugat et terris in-
tone d'Arezzo, capo della scuola poetica
: mittit apricis»; Virg., Aen. VI, 311 sg.
dottrinale, fiorì dopo il 1250 e morì a - «Strymona sic gelidum, bruma pellen-
Firenze nel 1294 cfr. Purg. XXVI, 124. ; te, relinquunt Poturse te, Nile, grues,
57. di qua addietro. - dolce stil novo:
: primoque volatu Effìngunt varias, casu
lo stile di cui D. ci ha data la caratte- monstrante, fìguras »; Lucan., Phars.
ristica nei vv. 52-54 quanto sentita vi- : V, 711 sgg. - lungo: AL: verso.
vamente e compresa nitidamente la so- 65. in aere: AL: di se (o dì lor).

35. — Div. Oomm., 8 a ediz.


546 [GIRONE sesto] Pukg. XXIV. 66-80 [DANTE E FORESE]

poi volan più in fretta e vanno in filo ;

C7 così tutta la gente che lì era,


volgendo il viso, raffrettò suo passo,
e per magrezza e per voler leggiera.
70 E come 1' uom che di trottare è lasso,
lascia andar li compagni, e sì passeggia
fin che si sfoghi l'affollar del casso,
73 sì lasciò trapassar la santa greggia
meco sen veniva,
Forese, e dietro
dicendo « Quando fìa ch'io ti riveggia? »
:

76 « Non so » rispuos' io lui « quant' io mi viva ;

ma non fìa il tornar mio tanto tosto,


già
ch'io non sia col voler prima alla riva;
79 però che il loco u' fui a viver posto,
di giorno in giorno più di ben si spolpa,

66. in filo: 1' uno dopo l'altro, in riga, V. 82-93.Corso Donati, Per conso-
cfr. Inf. V, 47. Par. XVIII, 73-75. lar D., Forese predice, in maniera un
68. volgendo
nella direzione del loro
: po' oscura, la tragica fine del proprio
cammino; qui avevano tenuto roc-
fin fratello Corso, capo dei Neri e princi-
chio a D., v. 4-6. - raffrettò « per risto- : pale causa dei mali di Firenze cfr. G.
;

rare lo stallo ch'aveano fatto »; Buti. Vili. Vili, 8, 39, 42, 68. Il Villani,
69. voler desiderio di penitenza e pu-
: che dovea pur essere bene informato,
rificazione. racconta (Vili, 96) che nel 1308 Corso
70. trottare: per correre si dice tut-* '
fu accusato di tradimento e senz' altro
tora anche dell'uomo; cfr. Bocc., Dee. II, condannato come ribelle e traditore della
2. Davanzati, Annali I, 19: « Il figliuolo patria. Corso si difese valentemente,
del legato trottato a difenderli.» fidandosi di aver aiuto da Uguccione
71. sì passeggia: se ne va di passo. della Faggiuola. Deluso in questa spe-
72. si sfogni: cessi la foga del petto ranza, si vide finalmente costretto a darsi
ansante. - affollar dsbfollis mantice
: = ;
alla fuga. E «tutto solo andandosene, fu
l'ansare cfr. Purg. XV, 51. « Aridus e
; giunto e preso sopra a Rovezzano da
lasso veniebat anhelitus ore »; Ovid., certi Catalani a cavallo e, menandolne
;

Met. X, 663. - casso: petto, che nell'an- preso a Firenze, come fu di costa a
sare, alternamente, a mo' di mantice, si San Salvi, pregando quegli che '1 mena-
alza e gonfia, eppoi si abbassa e ristringe. vano, e promettendo loro molta moneta
Cfr. Inf. XII, 122; XX, 12; XXV, 74. se lo scampassono, i detti, volendolo
73. trapassar ecc.: passar oltre, -santa: pure menare a Firenze, siccom' era loro
perchè di anime buone e sicure del Par. imposto da' Signori, inesser Corso per
75. Quando fìa ecc.: quando ti rivedrò? paura di venire alle mani de' suoi ne
Certo sol quando D. sarà morto; ma mici e d' esser giustiziato dal popolo, es
l'accennare alla morte sarebbe stato o sendo compreso forte di gotte nelle mani
almeno sarebbe parso un parlare poco e ne' piedi, si lasciò cadere da cavallo
affettuoso, mentre da affetto vero ò ispi- I detti Catalani veggendolo in terra
rato il desiderio di riveder l'amico. 1' uno di loro gli diede d' una lancia per

77-78. già non fìa il tornar ecc. D. è : la gola d'un colpo mortale, e lascia
desideroso di morir presto, per non ve- ronlo per morto i monaci del detto mo
:

der più a lungo i mali della sua patria. - nistero il ne portaro nella badia, e chi
non sia col voler ecc. : non ci arrivi pri- disse che innanzi che morisse si rimise
ma col desiderio. nelle mani di loro in luogo di penitenzia,
80. si spolpa: si priva; ma spolparsi è e chi disse che il trovar morto, e l' altra
immagine molto espressiva e convenien- mattina fu seppellito in San Salvi con
te per significare il perdersi del bene. piccolo onore e poca gente, per tema del
[GIRONE SESTO] Purg. xxiv. 81-98 [corso donati] 547

e a trista mina par disposto. »


« Or va' » diss'ei ; « che quei che
più n'ha colpa,
vegg' io a coda d' una bestia tratto
in vèr la valle ove mai non si scolpa.
85 La bestia ad ogni passo va più ratto,
crescendo sempre, fin ch'ella il percuote,
e lascia il corpo vilmente disfatto.
ss Non hanno molto a volger quelle ruote »
(e drizzò gli occhi al ciel) « che ti fìa chiaro
,

ciò che il mio dir più dichiarar non puote.


91 Tu rimani ornai che '1 tempo è caro
ti ;

in questo regno, sì ch'io perdo troppo


venendo teco sì a paro a paro. »
Qual esce alcuna volta di gualoppo
lo cavalier di schiera che cavalchi,
e va per onor del primo intoppo
farsi ;

97 tal si partì da noi con maggior valchi ;


e io rimasi in via con esso i due,
Comune. » Così pure 1' Ott., ed altri. 88. ruote: le sfere celesti. Vuol dire:
Ma D. si attenne forse a un racconto non passeranno molti anni.
adorno di particolari più fantastici e ro- 90. ciò che ecc.: quello che io non pos-
manzeschi, giunto al suo orecchio du- so dichiararti più apertamente a parole.
rante l' esilio, seppure qualche elemento 91-93. ti rimani ecc. resta pure indie-
:

non lo aggiunse egli stesso con la pro- tro da me coi tuoi due compagni qui :

pria immaginazione: cfr. n. 84. nel Purg. il tempo è prezioso (caro), e io


82. va' : consolato. - quei : Corso. perdo troppo camminando del tuo passo.
84. la valle: Inf. IV, 8.
l'Inf., cfr. V. 94-120. Il secondo albero misti-
Par. XVII, 137, dove le colpe non si co, Forese si parte frettoloso per rag-
rimettono in eterno. « D. », così Barbi, giungere suoi compagni; cfr. Inf. XV,
i

Bull. XVIII, 18 « trasforma il partico- 121-124. Quand' egli è già lontano, i P.


lare della caduta da cavallo in un vero arrivano presso un altro albero, e ve-
trascinamento alla coda d' una bestia, dono sotto esso gente che alza le mani,
per assegnargli la pena dei traditori e e grida a modo di fantolini che invano
dei micidiali. Questa stessa pena, ad es., tentino afferrare una cosa gradita eh' è
cioè d' esser trascinato per civitatem'
loro mostrata ma non accostata, e poi
Pistoni ad caudam muli usque ad lo- si parte. Di tra le frasche una voce
cum iustitie ', per essere ivi impiccato, esorta i viandanti a trapassar oltre, e
si trova minacciata a Vanni Fucci nei ricorda che l'albero trae sua origine da
documenti pubblicati dal Professione ne quello della conoscenza dell' Eden, il cui
La Cultura, N". S. I, 146. Cfr. anche frutto proibito fu gustato da Eva.
Fioretti di S. Francesco, ed. Passerini, 94-97. Qual esce ecc. come interviene
:

p. 205: [Niccolaio tiranno] giudica que-


'
talvolta che, cavalcando una schiera
sto frate Ginepro come traditore ed ho- di '
feditoli alcuno de' più arditi esce
'

micidiale, che sia legato alla coda d' uno dalla schiera di galoppo incontro al ne-
cavallo et istrascinato per terra in fino mico per aver egli V onore della prima '

alle forche, e ivi sia di subito impiccato giostra (Ott.), cioè del primo scontro,
'

per la gola '


». allo stesso modo partì Forese da noi
85-87. La il cavallo va ad ogni
bestia: con passi maggiori dei nostri. - valchi :

passo più veloce, accrescendo via via lena sincope da valichi qui per passi.
:

al precipitoso suo corso, finché lo percuo- 98. con esso i due: V. e Stazio; cfr.
te e lo lascia ignominiosamente ucciso. Purg. IV, 27.
548 [GIRONE SESTO ] PURG. XXIV. !)!*-! L8 [ALBERO MISTICO]

clie fuor del mondosì gran mali scalchi.


100 E quando innanzi a noi entrato fue,
che gli occhi miei si fero a lui seguaci,
come la mente alle parole sue,
103 par vermi rami gravidi e vivaci
i

d' un altro pomo, e non molto lontani,


per esser pure allora volto in làci.
ìoc vidi gente sott' esso alzar le mani
e gridar non so che verso le fronde,
quasi bramosi fantolini e vani,
109 che pregano e il pregato non risponde,
ma per fare esser ben la voglia acuta,
tien alto lor disio e noi nasconde.
112 Poi si come ricreduta
partì sì ;

e noi venimmo al grande albero adesso,


che tanti prieghi e lagrime rifiuta.
115 « Trapassate oltre san za farvi presso :

legno è più su che fu morso da Eva,


e questa pianta si levò da esso. »
118 Sì tra le frasche non so chi diceva ;

99. maliscalchi : marescalchi, donde 112. quella ecc.: quella gente si partì
marescialli-, qui vale sommi maestri. È come disingannata, essendosi persuasa
parola d'origine tedesca, che significò, da esser vano ogni sforzo di coglier frutti,
principio, maestro nel curare i cavalli, 113. adesso: subito; cfr. Voc. Or. s. v.
poi allargò ed elevò il proprio significato. 114. rifiuta: non esaudisce.
100-102. E quando ecc. e allorché Fo- : 115. Trapassate ecc. come dal 1°, esce
:

rese si fu tanto dilungato da noi, che io lo anche da questo 2° albero una voce che
vedeva solo confusamente, così come la esorta alla temperanza. Là la voce in-
mia mente aveva inteso solo confusa- cominciava dal gridare: «Di questo cibo
mente le parole su Corso Donati ecc. avrete caro » Purg. XXII, 141 qui la
; ;

103. parvenu! mi apparvero, vidi. -


: voce esordisce coli' ammonizione « Tra- :

gravidi e vivaci carichi di frutta e ver-


: passate oltre e non vi avvicinate » I due !

deggianti. gridi si accordano, ma il 2° ricorda an-


104. altro: del primo si parla in Purg. che il precetto di Dio ai progenitori:
XXII, 130 sgg. - lontani dal luogo ove : « Non mangiar dell' albero della cono-
eravamo. scenza del bene e del male »; Gen. H, 17.
avendo solo allora girato
105. per ecc.: 116. legno albero. - più su sulla cima
: :

la curva del monte oltre la quale si pò- del monte, nel Par. terrestre. - morso :

teva veder l'albero. - làci: lat. illac, là. gustato. Il 1° albero esaltava anzi tutto
106. gente: anime purganti. - alzar le la temparanza di Maria, Purg. XXII,
mani : per prendere, se fosse stato pos- 142 sgg. il 2° ricorda la perniciosa go-
;

sibile, alcuno di quei pomi. losità di Eva. Anche i SS. Padri ama-
108. quasi ecc. : come piccoli fanciulli rono opporre in più modi Maria a Eva.
impotenti ad ottenere la cosa che deside- 117. si levò questa pianta è un pollone
:

rano. - fantolini « dice la vanità del


: dell' albero della scienza del bene e del
vizio e la minore gravità»; Tom. male, eh' è nel Par. terrestre, dove la
111. lor disio l' oggetto del loro desi-
: prima legge dell'astinenza fu data e tra-
derio. - noi nasconde: lo lascia ad essi sgredita; cfr. Purg. XXII, 131 sgg.
vedere per eccitare di più la loro voglia. 118. non so chi cfr. Purg. XXII, 140.
:
[girone sesto] Purg. XXIV. 119-134 [ESEM. DI GOLOSITÀ] 549

per che Virgilio e Stazio e io, ristretti,


oltre andavam dal Iato che si leva.
121 « Ricordivi » dicea « dei maladetti
nei nuvoli formati, che, satolli,
Teseo combatter coi doppi petti ;
124 e degli Ebrei, ch'ai ber si mostrar molli,
per che no i volle Gedeon compagni,
quando in vèr Madian discese i colli. »
127 Sì, accostati all'un de' due vivagni,
passammo, udendo colpe della gola
seguite già da miseri guadagni.
130 Poi, rallargati per la strada sola,
ben mille passi e più ci portar oltre,
contemplando ciascun sanza parola.
133 « Che andate pensando sì voi sol tre ? »
subita voce disse ; ond'io mi scossi,

119. per che: per la qual cosa, cioè deone « omnem reliquam multitudinem
per il monito uscito di tra le frasche, abire prcecepit in tabernacula sua»; e
di non accostarci all'albero. - ristretti: questa multitudo è di coloro che al ber '

stretti l'uno all'altro, essendo l'albero si mostrar molli '.


nel mezzo e angusta la via. 126. discese: « il campo de' Madianiti
120. dal lato che si leva: a sinistra era sotto di lui nella valle»; Giud. VII, 8.
dell'albero, dalla parte della costa che 127. vivagni: orli del cerchio.
sale. 129. miseri guadagni danni e pene.
:

V. 121-129. Esempi di golosità. Ol- V. 130-154. L'angelo dell'astinen-


tre quello di Eva, la voce misteriosa ri- za. I P. vanno avanti silenziosi, medi-
corda altri esempi di gola punita. Il 1° tando sulle cose vedute e udite. Fatti
è dei Centauri, che, invitati dai Lapiti oltre mille passi, arrivano al varco, dove
alle nozze di Piritoo e d'Ippodamia, un angelo acceso li fa mon-
di color rosso
s'inebriarono, e tentarono rapire la spo- tare su, cancella dalla fronte di D., ven-
sa con le altre donne, ma furono vinti, e tilando, il 6° P
e canta un' altra beati-
la più parte uccisi, da Teseo e da' suoi tudine evangelica.
(cfr. Quid., Met. XII, 210-535. Virg., 130. rallargati: non più ristretti, v. 119.
Georg. II, 455 sgg. Horat., Od. I, xvim, «Erano venuti fra la costa e l'albero ri-
7 sgg.). Il 2° è 1' esempio degli Ebrei che stretti insieme passato l'albero, si spar-
;

s' inginocchiarono per bere, onde furono tirono al largo della via » Ces. - sola ; :

rimandati a casa e non ebbero parte alla solitaria, essendo già le anime purganti
vittoria di Gedeone sui Madianiti (cfr. tanto innanzi, che non si vedevano più.
Giudici VI, 11-VII, 25) Al. credono che la strada sia detta sola,
122. nei nuvoli i Centauri erano figli
: perchè non più occupata dall'albero che
di Iasione e della Nuvola. prima la divideva in due; al. che sola
123. doppi: d'uomo e di cavallo. significhi unica, non essendovi lì altra
125. no i volle non li volle. Al. non li
: via oltre questa.
ebbe, lez. preferita, perchè, si dice, Dio 131. ci portar cfr. Purg. XXVIII, 22.
:

non Gedeone non gli ebbe. Ma se è


volle, e 132. contemplando ecc.: tacendo tutti
vero che fu Dio ad insegnare a Gedeone e tre, perchè ognuno di noi aveva il pen-
come scegliere coloro con cui andar a vin- siero fisso sulle cose vedute e udite.
cere i Madianiti, è vero altresì che Ge- 133. voi sol tre voi tre soli ; cfr., per la
:

deone volle quel che volle Dio, e D. dovè rima composta, Inf. VII, 28. Purg. XX, 4.
avere in mente il passo della Bibbia dove 134. subita : improvvisa. - voce del- :

si dice (Giudici VII, 8) che proprio Ge- l' angelo.


550 [GIRONE SESTO] PURO. XXIV. 135-150 [ANG. DELL'àSTINENZj

come fan bestie spaventate e poltre.


13G Drizzai la testa per veder eli i fossi ;

e giammai non si videro in fornace


vetri o metalli sì lucenti e rossi,
139 com'io vidi un, che dicea « S'a voi piace :

montare in su, qui si convien dar volta:


quinci si va chi vuole andar per pace ».
142 L' aspetto suo m' avea la vista tolta ;

per ch'io mi volsi dietro a' miei dottori,


com'uom che va secondo ch'elli ascolta.
145 E quale, annunziatrice degli albóri,
l'aura di maggio muovesi ed olezza,
tutta impregnata dall' erba e da' fiori ;

148 tal mi senti' un vento dar per mezza


la fronte, e ben senti' mover la piuma,
che fé' sentir d'ambrosia l'orezza.

135. poltre: «giovincelli» (Lan.), vale stessa parte si son volti i suoi dottori
a dire bestie ancor poledre, non dome e dietro cui camminava: che seguisse il
facili perciò a risentir forti impressioni suono delle parole di questi, non si può
d'ogni improvvisa novità; e dalla voce in dire, posto che i 3 P. tacevano (v. 132).
quanto è subita, cioè improvvisa è scosso 145. degli albóri: dell'alba; cfr. Tarn
D. Non altrettanto conveniente ci pare so, Ger. Ili, 1. «Vuole
dire che, innanzi
il senso di pigre, poltrone che altri dà
' '
che si lievi l'alba, comincia a trarre uno
a questa parola. Foltracchio e polir ac- venticello, che si chiama aura, et questa
chiello usò il Sacchetti per poledruccio aura, ciò è questo venticello, chesilieva
più di una volta. Cfr. Arios., Ori. Fur. da' fiori et dall'erbe odorifere, rende odo-
XXIII, 90. Caro, Eneide I, 6. re et soavità » An. Fior. ;

136. fossi: fosse; cfr. Inf. IV, 04; de- muovesi ed olezza ecc. spira odo-
146. :

sinenza in antico regolare, e ancor viva. rosa in quanto è impregnata ecc.


138. rossi: i animali visti da
4 sacri 148. un vento: il ventilare dell'ala, col
Ezechiele erano « sfavillanti quale
(I, 7) quale 1' angelo gli cancella dalla fronte
è il colore del rame forbito » l' angelo ; il F significante il peccato della gola.
nella visione di Daniele (X, 6) ha brac- 149. la piuma: l'ala dell'angelo.
cia e piedi simili al rame forbito; i piedi 150. sentir d'ambrosia ecc.: fece sì
di Cristo nella Apoc. di S. Giovanni (1, 15) che l'auretta (orezza) odorasse (sentisse)
erano « simili all'oricalco qual egli è nella d' ambrosia. Ambrosia era propria-
' '

ardente fornace ». mente il nome del cibo degli dei; ma


139. un l'angelo
: dell' astinenza. - pia- qui vale solo '
fragranza di cibo cele-
ce: « questo finge, perchè il ben fare ste '. « Haec ait et liquidum ambrosi»
de' essere da la propria volontà » Futi. ; diffundit odorem, Quo totum nati cor-
140. dar volta: volgere a sinistra, do- pus perduxit; at illi Dulcis compositis
v'è la scala per salire. spira vit crinibus aura»; Yirg., Georg.
141. quinci ecc.: da questa parte si va, IV, 415 sgg. - « Avertens rosea cervice
se si vuole andare alla beatitudine. refulsit Ambrosiseque comae divinimi
142. tolta: abbagliandomi col soverchio vertice odorem Spiravere » Yirg., Aen. ;

splendore; cfr. Furg. II, 39; IX, 81; I, 402 sgg. - « Quis mine non videat
XV, 25 sgg., ecc. quantum similitudo sit propria? Quia
143-144. dietro a' miei dottori ecc. : angelus nunc ventilando propinat cce-
D. si volge verso la parte donde aveva lestem escam autori, qua pasceretur ali-
udito venire il suono delle parole rife- ter quam isti gulosi odore pomi et aqua3,
rite nei vv. 139-141, sicuro che verso la quo ita cruciantur amare » JBenv. ;
[SALITA] Purg. xxiv. 151-154 - xxv. 1-3 [l ? ora] 551

151 E senti' dir : « Beati cui alluma


tanto di grazia, che l' amor del gusto
nel petto lor troppo disir non fuma,
154 esuriendo sempre quanto è giusto ! »

151. dir: dall'angelo. - alluma: illu- de le parole del Vangelo (Matt. V, 6


mina; cfr. Purg. XXI, 96. Par. XV, 76; e cfr. Purg. XXII, 4 6) qui esuriunt 4

XX, 1; XXVIII, 5. iustitiam quasi fossero qui esuriunt se-


' '

152-153. l'amor del gusto: l'amore di cundum iustitiam ', e ne ricava in tal
ciò che appaga senso del gusto. - non
il modo il senso « Beati coloro che osser-
:

fuma: non suscita, non fa nascere. vano misura nel cibo, evitando
la giusta
154. esuriendo ecc.: (lat. esurire a ver = l il peccato della gola » La fame della
!

fame) sentendo fame, desiderando cibo giustiziane! vangelo è antitesi della fame
sol quanto è giusto, quanto basta al materiale D. si allontana dunque dalla
:

sostentamento della vita. D., nelle pa- sentenza del sacro testo, perchè la bea-
role messe in bocca all'angelo, inten- titudine sia adatta ai golosi.

CANTO VENTESIMOQUINTO
SALITA AL SETTIMO GIRONE

TEORICA DELLA GENERAZIONE DELL'UOMO


INFUSIONE DELL'ANIMA NEL CORPO
ANIMA E CORPI AEREI DOPO LA MORTE

GIRONE SETTIMO: LUSSURIA


(Camminare nelle fiamme, divisi in due schiere che vanno in opposte direzioni,
piangendo e cantando inni e salutandosi quei dell'una con quei dell'altra
schiera, ogni volta che s'incontrano, con baci e grida ammonitrici).

ESEMPI DI CASTITÀ

Ora era onde il salir non volea storpio,


che il sole avea il cerchio di merigge
lasciato al Tauro e la notte allo Scorpi o

V. L'ora della salita. Sono già


1-9. 2. cerchio ecc. il meridiano (merigge
:

le 2pomeridiane, e i viandanti, non =~meridies =


mezzodì), il cerchio mas-
avendo tempo da perdere, s'avviano sen- simo della sfera celeste, che passa per i
z' altro su per la scala che mette al gi- poli e per lo zenit e che il sole tocca a
rone dei lussuriosi, eh' è il 7° e ultimo. mezzodì; cfr. Purg. XXXIII, 104.
1. Ora era onde era tal ora, per la qua-
: 3. Scorpio: Scorpione. Come altrove,
le bisognava far presto a salire. - stor- ilP. personifica qui la notte, rappresen-
pio: in ant. valse '
impedimento '; cfr. tandola come un ente reale, pari al sole,
Bull. Ili, 155 e XII, 280. talché, se questo tiene un dato punto di
552 [salita] PDRG. XXV. 4-20 [GE.VERAZ. DELL' UOMOj

per che, come fa l'uom che non s'affigge,


ma vassi alla via sua, cilecche gli appaia,
se di bisogno stimolo il trafigge;
così entrammo noi per la callaia,
uno innanzi altro, prendendo la scala
che per artezza i salitor dispaia.
10 E quale il cicognin che leva Pala
per voglia di volare, e non s'attenta
d'abbandonar lo nido e giù la cala;
13 tal era io con voglia accesa e spenta
di dimandar, venendo infino all'atto
che fa colui eh 'a dicer s'argomenta.
16 Non lasciò, per l'andar che fos^e ratto,
lo dolce padre mio, ma disse : « Scocca
l'arco del dir, che infino al ferro li ai trati
10 Allor sicuramente apri' la bocca,
e cominciai : « Come si può far magro
un emisfero, quella tiene il punto diame- D., comincia con l'esporre la teorica della
tralmente opposto dell'altro. generazione e formazione del corpo col-
4. s'affigge si ferma cfr. Taf. XII,
: : l'anima vegetativa e sensitiva, attenen-
115. Furg. XI, 135; XIII, 33, ecc. dosi strettamente alle dottrine del tempo.
5. checche ecc. qualunque cosa gli si
: 10. leva: «non dibatte né scuote; ma
presenti dinanzi agli occhi. leva, cioè appena l'alza per provo:
6. trafìgge: punge. «Trafiggere è Pas- Ce». - « Volucrum
sic turba reeentum,
sare da parte a parte. Xel senso proprio Cumreducem longo prospexit in sethere
non è sempre Dar morte nel metaforico ;
matrem, Ire cupit contra, summoque e
non è quasi mai » L. Yent., Simil., 268.
; margine nidi Exstat hians; iam iamque
7. callaia probab. dal lat. callis
: aper- ; cadat, ni pectore toto Obstet aperta pa-
tura che si fa nelle siepi per entrare rens, et amantibus increpet alia » ; Stai. .

nei campi. Qui designa lo stretto pas- Theb. X, 453 aggi


saggio per cui si accede alla scala dal 11. noi s'attenta: non ardisce.
6° ai 7° cerchio Bull. Ili, 150.
; cfr. 12. cala: l'ala, già alzata per spiccare
8. uno innanzi altro: «primo Yirgilius, il volo. « I caratteri impressi ai movi-
secando Statius, tertio Dantes »; Benv. menti del nidiaceo dallo stimolo del de-
Cfr. Purg. XXVI, 1. siderio e dalla esitazione del timore sono
9. artezza strettezza cfr. Matt. VII,
: ;
resi con appropriata e vaga morbidezza
14. Al.: ertezza: altezza; var. nate dallo di contorni»; G. Cavatina, Lect. D., 10.
aver creduto errore il non comune artez- 13. accesa: dal desiderio di sav>
za. Cfr. Hoorz, Crit., 416 sg. - dispaia: da spenta: dal timore di riuscir molesto a
'
dispaiare ', il contrario di '
appaiare '. V. e Stazio.
V. Teoria della generazione
10-60. 14-15. all'atto ecc. al moto delle lab-
:

dell'uomo. Curioso di sapere come mai bra, proprio di chi vuole parlare.
corpi aerei, che non abbisognano di nu- 16. per Tandar ecc. per il fatto che
:

trimento, possano patir fame e dima- andassimo in fretta, V. non tacque.


grare, D., incorato anche da V., mani- 17-18. scocca: di' liberamente. ci-
festa la sua curiosità. V. mostra la pos- bai già sulle labbra. - inaino ecc. : sino
sibilità del fatto con un esempio mito- alla punta dello strale. Quando l'arco è
logico e con uno tratto dalla fìsica; poi può
tratto, tirato, incurvato assai forte,
prega Stazio di spiegare pi ù precisamente la punta ferrata delia freccia giungere a
il fenomeno. E Stazio, dopo una gentile toccare il sommo della curva dell'arco.
scusa a V. e alcune parole amorevoli a 20-21. Come ecc. come può avvenire il
:
[salita] PURG. XXV. 21-32 [GENBR. DELL* UOMO] 553

là dove l'uopo di nudrir iiod tocca?»


« Se t' ani meritassi come Meleagro
si consumò al consumar d'un stizzo,
non fora » disse « questo a te sì agro ;

25 e se pensassi come al vostro guizzo


guizza dentro allo specchio vostra image,
ciò che parduro ti parrebbe vizzo.
28 Ma perchè dentro a tuo voler t'adage,
ecco qui Stazio ; e io lui chiamo e prego,
che sia or sanator delle tue plage. »
31 « Se la veduta eterna gli dislego »
rispose Stazio, « là dove tu sie,

dimagramento in corpi aerei quali son 28. dentro: nell'animo suo. - a tuo vo-
quelli concessi alleanime dei morti, e ler : a tua posta. - t'adage ti queti.
:

non bisognosi di nutrimento materiale ? 29. ecco: Perchè non V., ma


Stazio dà
22. t' ammentassi ti ricordassi cfr. : ;
la nuova spiegazione ? « La causa
dello
Purg. XIV, 56. - Meleagro alla nascita : scambio è anzitutto garbo di conversa-
di Meleagro, figlio di Oeneo, re di Ca- zione;... vi sarebbe stata una tal quale
ledonia, e di Altea, le Parche stabilirono sconvenienza nel far subire a Stazio una
che egli vivrebbe tanto tempo quanto lezione di V. per lui superflua, mentre
un tizzone, gettato nel fuoco al momento v'era tutta la convenienza e gentilezza
della sua nascita, ne impiegherebbe a nel far che V. delegasse la cosa a Sta-
bruciare e consumarsi tutto. Altea spen- zio e questi ubbidisse, alleviando così a
se il tizzone fatale, e lo ripose. Insorta V. la solita fatica. L'amore della varietà,
più tardi una contesa, per 1' uccisione la bellezza drammatica di questi mutui
del cignale Calidonio, tra Meleagro e i riguardi, la figura un po' curiosa che
fratellid'Altea, questi furono da lui uc- avrebbe fatta Stazio muto uditore d'una
cisi ;e Altea, sdegnata, trasse fuori lezione non chiesta da lui, poteron ba-
il tizzone e lo gettò nel fuoco: Melea- stare a risolvere il poeta allo scambio. »
gro di lì a un momento era morto cfr. ; Né è da pensare cheD. facesse parlare
Ovìd., Net. VILE, 260-546. Con questo Stazio perchè meglio a lui cristiano con-
esempio V. vuol mostrare come l'uomo venisse la esposizione che a V. pagano :

possa consumarsi anche per tutt' altra non c'è nulla di così specificamente teo-
cagione che la mancanza del nutrimen- logico e cristiano in ciò che Stazio espo-
to. Come una potenza misteriosa con- ne, che non potesse esser detto anche
sumò Meleagro, così una forza arcana da V. « Il divario fra lui e Stazio è che
dimagra i corpi aerei dei golosi. questi non ha le peritanze di quello,
consumar « Crescunt ignisque
23. al : non fa le riserve che l'altro suol fare,
dolorque, Languescuntqueiterum, simul non termina col rimettersene a B. e il ;

est exstinctus uterque » Ovìd., Met. ; divario è naturale, ed è finamente posto


Vili, 522 sg. -stizzo tizzone, lat. titio. : in atto da D. » D'Ov., JV. St., I, 555 sg.
;

24. agro: difficile a intendere, quasi 30. plage: piaghe. Il dubbio è piaga
repugnante come al palato cibi agri. dell'intelletto, che è sanata dalla verità.
25. guizzo rapido movimento
: cfr. ; 31. la veduta eterna ciò che si vede
:

Canz.: « Così nel mio parlar voglio es- in questi luoghi eterni, cioè il maravi-
ser aspro » v. 43. Il corpo aereo delle
; glioso fenomeno del dimagrarsi delle
anime purganti è quasi lo specchio di anime purganti. AL: la vendetta eterna:
esse come lo specchio ritrae fedel-
: cioè la pena inflitta dall'Eterno a quelle
mente ogni moto di chi vi si specchia, anime. Moore, Orit., 418 sg. - dislego :

il corpo aereo, non meno del corpo mor- dichiaro. Dislegare corrisponde al latino
tale, ritrae al di fuori i moti dell'anima. explìcare.
26. guizza si muove. - image imagine.
: : 32. là dove tu sie: in presenza di te,
27. vizzo molle, cioè facile a intendere.
: maestro sapientissimo (Inf. VII, 3).
554 [salita] PURG. XXV. 33-49 [GENERAZ. DELL' UOMO]

discolpi me non potert'io far niego. »


34 Poi cominciò: « Se le parole mie,
mente tna guarda e riceve,
figlio , la
lume ti fiero al come che tu die.
37 Sangue perfetto, che mai non si beve
dall'assetate vene 'e sì rimane
quasi alimento che di mensa leve,
40 prende nel core a tutte membra umane
virtute informativa, come quello
eh' a farsi quelle per le vene vane.
43 Ancor digesto, scende ov'è più bello
tacer che dire; e quindi poscia geme
so vr' altrui sangue in naturai vasello.
46 Ivi s'accoglie l'uno e l'altro insieme,

l'un disposto a patire e l'altro a fare,
per lo perfetto loco onde si preme ;

49 e, giunto lui, comincia ad operare,

33. discolpi: dell'apparente presunzio- smodi partium» Thom. Aq., Sum.


; theol.
ne. - far niego dir di no. : I, 119, 1.
35. guarda e riceve: ascolta attenta- 43-44. Ancor ecc. novamente digerito
:

mente e accoglie. « Si susceperis ser- e fatto sperma, scende nei vasi semina-
mones, nieos,.... tunc intelliges.... » ;
li.- quindi: dai vasi seminali. - geme:
Prov. II, 1, 5. stilla,gocciola; cfr. Inf. XIII, 41.
36. lume ecc. : ti chiariranno del dub- 45. altrui della femmina. -
: vasello :

bio da te mosso, come possano dimagrare matrice. Cfr. Gonv. IV, 21. « Ecemina
corpi che non hanno bisogno di ali- ad conceptionem prolis materiam mini-
mento. - fiero: fieno, saranno. - die: strat (quse est sanguis menstruus), ex
= di' = dici. (Bull. Ili, 126). qua naturaliter corpus prolis formatur»;
Sangue perfetto: «Sanguis, qui di-
37. Thom. Aq., Sum. theol. Ili, 32, 4. - «Ad
gestione quadam est prseparatus ad con- formationem corporis.... requirebatur
ceptum, est purior et perfectior alio san- motus localis quo sanguines.... ad locum
guine»; Thom.Aq., Sum. theol. Ili, 31, 5. generationi congruum pervenirent » ;

38. sì rimane «quando le vene hanno


: ibid. Ili, 33, 1.
succiato tanto di sangue, che basta per 46. Ivi: nella matrice.
nutrimento e a ristorare le parti per- 47. l'un: è il mestruo della donna, il

dute, elleno non ne succiano più, non quale è materia che l'azione
'
patisce '

altrimenti che un modesto uomo e tem- dell'acro, cioè del sangue perfetto ancor
perato, preso il bisogno del suo cibo, la- digesto che ad essa fa sentire la sua vir-
scia il rimanente e però disse e sì rima-
; tù informativa. « In generatione distin-
ne, cioè resta e avanza, quasi alimento, guitur opera tio agentis et patientis.
non altramente che il cibo » Varchi. ; Unde reliquintur quod tota virtus activa
39. leve: tu levi. sit ex parte maris, passio autem ex parte
41-42. virtute informativa potenza di : feeminse»; Thom. Aq., Sum. theol. Ili,
dar essenza e natura a tutte le membra 32, 4.
umane, -come non altrimenti che quello
: 48. loco : il cuore (cfr. v. 40), dal quale
che va per le vene a diventare esse il sangue dell'uomo si preme, cioè esce
membra. - vane va, come fané per fa : quasi spremuto.
(Par. XXVII, 33), ecc. Cfr. Bull. Ili, 49. giunto: congiunto, riunito, -lui:
Alimentum convertitur in verita-
110. « a lui all'uno, cioè al sangue femmineo,
tem huinanse naturai, in quantum vere comincia ad operare^ a formar l' em-
accipit speciem carnis et ossis, et huiu- brione.
[SALITA] PURG. XXV. 50-60 [GENER. DELL' UOMO] 555

coagulando prima e poi avviva


,

matera fé' constare.


ciò che per sua
52 Anima fatta la virtute attiva
qual d' una pianta, in tanto differente,
che questa è in via e quella è già a riva,
55 tanto ovra poi, che già si move e sente
come fungo marino ; e indi imprende
ad organar posse ond'è semente.
le
5S Or si spiega, figliuolo, or si distende
la virtù eh 'è dal cuor del generante,
ove natura a tutte membra intende.

50. coagulando « Non poteva trovare


: 55. ovra: opera. La virtù attiva, fatta
più segnalato vocabolo né che meglio anima vegetativa, continua ad operare,
esprimesse la mente sua perchè tale
; tanto che quella materia animata si muo-
è proprio il seme dell'uomo al mestruo, ve e sente. Moto proprio e sentimento
quale è il coagulo, che noi chiamiamo ga- sono caratteri della vita animale, alla
glio ovvero presame, al latte »; Varchi. - quale dice qui che il feto perviene.
« Nonne sicut lac mulsisti me, et sicut 56. fungo marino « evidentemente un
:

caseum me coagulasti?»; Job. X, 10. - celenterato, forse una medusa, uno di


«Decem mensium tempore coagulati! quegli organismi inferiori nei quali ai
sum in sanguine, ex semine hominis »; tempi di D. e molto di poi, non si erano
Sàpicn. VII, 2. - avviva: infonde la vita. distinte le parti, e che si ritenevano
51. per sua matera come materia ne-
: masse vive senza organo alcuno, non
cessaria al suo operare. - fé' constare : differenziate» Cavatina, Lect. D., p. 18.
;

coagulandolo, lo rese consistente. « For- Gli antichi corani, intendono di ostriche


matto corporis fìt per potentiam genera- e d'altri molluschi. - indi da questo
:

tivam, non eius qui generatur, sedipsius stato la virtù attiva del germe incomin-
generantis, ex semine, in quo operatur cia a formare gli organi de' cinque sensi,
vis formativa ab anima patris derivata»; de' quali essa è produttrice.
Thom. Aq., Sum. theol. Ili, 33, 1: cfr. 58. Or si spiega ecc. la virtù infor-
:

32, 4. Aristot., Phys. II, 25. mante ora si allarga, spiega, e si allun-
Anima: vegetativa. - virtute
52-54. ga, distende, secondo il bisogno che la
attiva: delseme paterno; cfr. Thom. Aq., muove per la formazione delle membra.
Sum. theol., I, 118, 1. - qual ecc. come : 59-60. ch'è dal cuor che deriva dal
:

l'anima d' una pianta, cioè vegetativa, cuore del generante, nel quale è la vir-
con questa differenza, però, che l'anima tù postavi da Dio, diretta a formare
della pianta è già a riva, è arrivata alla tutte le membra (vv. 40 sg.).
sua perfezione, mentre nell'uman feto la V. 61-78. Inftisione dell'anima ra-
vita vegetativa è solo un avviamento, do- zionale nel corpo. L'origine dell'anima
vendo passare alla vita sensitiva, e quindi umana è problema sì arduo, che, per
Thom. Aq., Sum. theol.
alla razionale; cfr. tacere dei filosofi antichi, anche i SS. Pa-
- « Se bene pare che Dante in
I, 118, 2. dri tentarono tre diverse vie per iscio-
queste parole non voglia che tra l'ani- glierlo. Origene e i suoi seguaci, accet-
ma vegetativa delle piante e quella de- tando la dottrina platonica della preesi-
gli uomini sia altra differenza, se non stenza, insegnarono che tutte le anime,
che quella delle piante è compita e for- create da Dio al principio del mondo,
mata, non aspettando altra anima, né sono confinate nei corpi in punizione di
sensitiva, come i bruti, né razionale, peccati commessi prima dell' infusione
come gli uomini non devemo però cre-
; nei medesimi dottrina condannata dalla
;

dere, che egli volesse dire questo solo, Chiesa. Tertulliano e i suoi seguaci pro-
e che non sapesse che l'anima vegeta- pugnarono il traducianismo. secondo il

tiva delle piante e delle fiere e degli quale, nel momento stesso che il corpo
uomini sono di diverse spezie » Varchi.
; del generante genera un nuovo corpo,
Cfr. Oonv. IV, 7. l'anima sua genera una nuova anima ;
556 [salita] PURG. XXV. 61-70 [INFUSIONE DELL' ANIMA]

Ci Ma come d'animai divegna fante,


non vedi tu ancor; quest'è tal punto,
che più savio di te fé' già errante,
64 sìche, per sua dottrina, fé' disgiunto
dall'anima il possibile intelletto,
perchè da lui non vide organo assunto,
67 Apri alla verità che viene, il petto,
e sappi che sì tosto come al feto
l'articular del cerebro è perfetto,
70 lo motor primo a lui si volge lieto

Con Lattanzio e S. Agostino gli Scola- secondo gli Scolastici, una Intelligenza
stici insegnarono invece il creazionismo. universale che si comunica all' anima
cioè la dottrina che ogni anima è creata senza farne parte e senza essere addetta
immediatamente da Dio ed infusa nel ad alcun organo particolare del corpo ;

corpo. « AnimsB non sunt creat® ante cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 76, 1; 79,
corpora sed siinul creantnr, cum cor-
; 10 87, 1 88, 1 I, li, 50, 4, 5, ecc. D. di-
; ; ;

poribus infunduntur; Thom. Aq., Sum. stingue cogli Scolastici l'intelletto pos-
theol. I, 118, 3 e 2. E a questa opinio- sibile dall'intelletto agente. Il primo, che
ne si attiene D., ammettendo che a un non sarebbe in fondo se non la generica
dato momento Dio crei ed infonda nel capacità nostra d'intendere, è propria-
feto uno spirito pieno di virtù, il quale mente « id per quod homo intelligit »
tira in sé l'anima già esistente, vegeta- (Thom. Aq., Comp. theol., cap. 80); ma
tiva e sensitiva, e ne fa un'anima sola esso si limita a ricevere « formas intelligi-
che, nella sua unità, è tutt' insieme ve- biles a rebus sensibilibus» (ibid. cap. 81),
getativa, sensitiva e razionale. e ciò mediante le facoltà sensitive (ibid
61. animai :il feto umano, prima che cap. 82). Se non che, essendo tali forme
il Creatore gli abbia infuso l'anima razio- « particulares », ne segu« che « non sunt
nale; cfr. Conv. IV, 7. Aristot., De ari. intelligibiles actu sed potentia tantum,
II, 3. - fante: ente che può ragionare intellectus enim nonnisi universalia in-
e parlare, da fari = parlare, che è pro- telligit. Quod autem est in potentia, non
prio dell'uomo solo; cfr. Vul. Eloq. I, 2. reducitur in actum nisi ab ali quo agen-
62. tal: sì diffìcile a spiegare. te »; e poiché ciò non può esser fatto
63. più savio Averroe (cfr. Inf. IV,
: dall' intellectus possibilis che « magis est
144), il quale nel suo commento sopra in potentia ad intelligibilia, quam intel-
Aristotele (De An. 1. Ili) insegna esservi ligibilium activus,... necesse est ponere
due principii intellettuali, l'uno passivo, alium intellectum qui species intelli-
l' altro attivo. L' attivo è impersonale, gibiles in potentia faciat intelligibiles
eterno, disgiunto dagli individui, che tut- actu. ... et hunc dicimus intellectum agen-
tavia ne diventano partecipi- Il passivo è tem. » (Ibid. cap. 83).
transitorio e dipende dall'attivo, il quale, 66. da lui: dall'intelletto possibile. -
perciò, unito coli 'individuo quanto alla assunto alla sua operazione. « Non vid-
:

forma, è, quanto all'essenza, disgiunto de che nel corpo umano fusse nessuno
da esso, ed è uno solo per tutti gli uomini. organo deputato propriamente a lo in-
«Distrutta per tal modo » dice l' Ozanam telletto, come è l'orecchio ad udire, li
« la diversità dell' intelletto possibile, occhi a vedere, e così del li altri senti-
che solo è immortale, dopo la morte non menti » Buti. ;

rimane delle anime umane altro che 67. Apri ecc. disponi la tua mente a
:

l'unità dell'intelletto, e così restan sop- ricevere la verità che su questo argo-
presse le pene, e le ricompense della vita mento sto per comunicarti.
eterna non possono più aver luogo. » 69. l'articular: l'organizzazione.
Contro questa dottrina Thom. Aq., Sum. 70. motor primo Dio cfr. Thom. Aq.,
: ;

contra Oent. II, 73. Sum. theol. I, 76, 2; Sum. a lui: al feto. -
theot. I, 105, 2. -
79, 5; 117, 1; 118, 2; I, il, 50, 4, ecc. lieto : « Laetabitur Dominus in operibus
65. possibile :
1' intelletto possibile era suis»; Psl. CHI, 31 ; Cfr. Purg. XVI, 89.
[salita] Purg. xxv. 71-85 [anima d. la morte] 557

sovra tant'arte di natura, e spira


spirito novo, di virtù repleto,
73 che ciò che trova attivo quivi, tira
in sua sustanzia, e fassi un'alma sola,
che vive e sente e sé in sé rigira.
70 E perchè meno ammiri la parola,
guarda il calor del sol che si fa vino,
giunto all'omor che della vite cola.
79 E quando Lachesìs non ha più lino,
solvesi dalla carne, ed in virtute
ne porta seco e l' umano e '1 divino :

82 l'altre potenze tutte quante mute;


memoria, intelligenza e volontade,,
in atto molto più che prima agute.
85 Sanz' arrestarsi, per sé stessa cade

71. arte: il corpo umano, capo d'opera dopo la morte. Ma, continua Stazio,
cheè«quoddam instrumen-
della natura, quando 1' anima
sveste dell' involucro
si
tum Dei moventis»; Thom. Aq., Sum. corporeo, le facoltà organiche relative
theol. I, il, 6, 1. -spira: « Inspira vit in all' umano composto, quelle cioè della

faciem eius spiraculum vitae » Genes. ; vita e del senso, restano spente in quanto
II, 7; cfr. Sap. XV, 11. all'atto, e solo sussistono nell'anima
72. spirito nuovo l'anima razionale al-
: virtualmente; il contrario avviene delle
lora creata. - repleto repletus, ripieno.
: . facoltà intellettuali, parte divina del-
73-75. ciò che trova: l'anima vegetativa l' uomo; le quali, non risedendo negli
e sensitiva. - quivi: nel feto. L'anima organi ma in lei sola, non pure sono at-
intellettiva, novellamente creata, tira, tualmente superstiti, ma acquistano mag-
attrae nella propria sostanza l' anima giore energia per la separazione dal corpo
vegetativa e sensitiva, e forma di sé e ch'era loro d'inciampo. L'anima va im-
di quella un' anima sola (cfr. Purg. IV, mediatamente al proprio destino.
1-6), che vive (in quanto è vegetativa), e 79, Lachesìs: la Parca che fila lo sta-
sente (in quanto è sensitiva), e (in quanto me della vita; cfr. Purg. XXI, 25. Vuol
è intellettiva) se in sé rigira, cioè si ri- dire: quando V uomo è pervenuto al ter-
piega su se stessa, ha coscienza della mine della sua vita, l'anima si scioglie
propria esistenza. « Quae (anima) cum dal corpo, portando seco virtualmente
secta duos motum glomeravit in orbes, le potenze corporali e spirituali. Cfr.
In semet reditura meat mentemque pro- Virg., Aen. IV, 694 sg.
fundam Circuit et simili convertit ima- 82. l'altre potenze ecc. : le facoltà sen-

gine ccelum » Bo'èt., Cons. Phil. Ili,


; sitive, distrutti i loro organi, restan tutte
Poes. IX, 15 sgg. mute, inerti.
76. ammiri la parola: ti maravigli di 83. memoria ecc. le facoltà spirituali,
:

ciò che or ora ti ho detto cfr. Inf. II, 43.


; libere dall'impaccioso corpo, son più acu-
77. guarda ecc.: come il calore del sole, te che quando anima è unita ad esso.
1'

giunto (unito) all'umor acqueo della vite, « Haec igitur triamemoria, intelligentia,
lo converte in vino, cosi lo spirito novel- voluntas, quoniam non sunt tres vitae, sed
lamente da Dio creato e spirato, unito una vita, non tres mentes, sed una mens,
all'anima vegetativa e sensitiva, ne fa consequenter utique nec tres substantiae
un' anima sola, che vive, sente e pensa. sunt sed una substantia»: S. Aug., Trinit.
Dell'uva Cicer., De Senect. XV, 53: « Qua3 X, 11; cfr. Thom. Aq., Sum. theol. 1, 77, 8.
et succo terree et calore solis augescens, 85-86. sanza ecc. appena sciolta dal:

prima est peracerba gustatu, deinde ma- corpo, l'anima cade subito per sé stessa,
turata dulcescit ». mirabilmente, cioè per interno divino
v 79-87. Inesistenza dell'anima impulso, o alla riva dell'Acheronte, Inf.
558 [salita] Purg. xxv. 86-102 [CORPI AEREI]

mirabilmente all' una delle rive :

<iuivi conosce prima le sue strade.


88 Tosto che luogo lì la circonscrive,
la virtù informativa raggia intorno
così e quanto nelle membra vive ;

91
e come l'aere, quand'è ben pi orno,
per l'altrui raggio che in se si riflette,
di diversi color diventa adorno )

94 così l' aere vicin quivi si mette


in quella forma che in lui suggella
virtualmente l' alma che ristette ;

97 e simigliante poi alla fiammella,


che segueil foco la 'vunque si muta,

segue allo spirto sua forma novella.


100 Però che quindi ha poscia sua partita,
è chiamata ombra e quindi organa poi
)

ciascun sentire infino alla veduta.

Ili, 122 sgg., o alla foce del Tevere, 92. altrui: del sole. Il corpo aereo si
Purg. II, 100-105. forma sotto l'azione dell'anima, come
87. quivi: all'una delle due rive, -le l'arcobaleno sotto l'azione del sole.
sue strade il suo destino, se vada nel-
: 94-96. cosi: in egual modo l'aere cir-
V Inf. o nel Purg. costante al luogo in cui 1' anima si è fer-
Y. 88-108. I corpi aerei. Stazio con- mata, s'atteggia, quasi materia, in quella
chiude suo ragionamento dicendo co-
il forma di corpo umano che in esso im-
me appena l'anima è giunta all'una delle prime 1' anima con la virtù informativa
due rive (v. 86), la potenza, inerente al- (cfr. v. 40 sgg.) ch'ella ha conservata.
l' anima per sé stessa, d' organare un - ristette si fermò. Dando un corpo alle
:

corpo, raggia l'attività sua nell'aria vi- anime, D. contraddice a S. Tommaso,


cina e di questa forma un corpo, pari per il quale « anima separata a cor poro
nelle fattezze e nella grandezza a quello non habet aliquod corpus» (Sum. theol.
essa animava nel mondo. E avendo
eli' Ili, Suppl., 69, 1 ; cfr. ibid., 70, 1 e 3) ; e si
essa anima da questo corpo aereo la sua accosta alla dottrina di Clemente Ales-
apparenza, facendosi cioè per esso visi- sandrino, di Origene e de' loro seguaci,
bile, è chiamata ombra. Di questo nuovo indottovi anche dalle ragioni ed esi-
corpo anima si forma tutti i sensi sino
1' genze dell' arte.
alla vista, e con esso piange e ride e 97. simigliante: la forma novella, cioè
parla e sospira cosicché il corpo aereo
; ilnuovo corpo aereo, segue lo spirito,
rivela gli affetti intimi dell' anima. come la fiammella, forma che l' aria ri
88. Tosto che ecc. 1' anima si riveste
: ceve dal fuoco, segue il fuoco; cfr. J
d'un corpo aereo, non appena all'una del- Vent., Simil., 79.
le due rive essa è circoscritta da luogo ;
98. la 'vunque: dovunque si traspor-
cfv.Thom. Aq., Sum. ih. ITI, Suppl., 69, 1. ta. Il moto è mutazione di luogo.
89-90. la virtù informativa: che è nel- 100-102. quindi: per mezzo di questo
l'anima, cfr. v. 40-42. -raggia: s'irradia, corpo aereo, -parata: visibilità. L'anima
fa sentire la sua attività nell'aria che le si fa visibile mediante il corpo aereo. - om-

sta intorno, nella medesima forma e mi- bra nel senso che pur ebbe e che s' è già
:

sura che nel corpo materiale. veduto altrove, di figura - e quindi ecc.
:
'
. :

91. piorno piovorno, che è voce popo-


: e colla materia aerea del nuovo corpo
lare dell' uso =
piovoso, pregno di vapo- l' anima forma gli organi di ciascun sen-

ri. « Velut aspectum arcus cum fuerit so, sino a quello della vista, il più com-
in nube in die pluviae»; Ezech. I, 28. plesso di tutti.
[GIRONE SETTIMO] PlTRG. XXV. 103-120 ["LUSSURIOSI] 559

103 Quindi parliamo e quindi ridiam noi ;


quindi facciam le lagrime e i sospiri
che per lo monte aver sentiti puoi.
106 Secondo che ci affiggono i disiri
e gli altri affetti, 1' ombra si figura;
e questa è la cagion di che tu miri. »
109 E già venuto all' ultima tortura
s'era per noi, e volto alla man destra,
ed eravamo attenti ad altra cura.
112 Quivi la ripa fiamma in fuor balestra,
e la cornice spira fiato in suso
che la riflette e via da lei sequestra ;

115 onde ir ne convenia dal lato schiuso


ad uno ad uno e io temea il foco;

quinci, e quindi temea cadere in giuso.


118 Lo duca mio dicea « Per questo loco :

si vuol tenere agli occhi stretto il freno,


però ch'errar potrebbesi per poco ».

103. Quindi: di questo corpo aereo. duta la verginità; il 3° di mariti e mogli


« Mine metuunt cupinntque, dolent gau- onesti. I P. camminano per uno stretto
dentque»; Virg., Aen. VI, 733. sentiero tra la fiamma e l' orlo esterno.
106. ci affiggono: ci toccano, ci fanno 109. già: durante il ragionamento di
im pressione. Al. : affliggono. Stazio i tre P. sono pervenuti al sommo
speranza, timore,
107. gli altri affetti: della scala, sul ripiano dell'ultimo gi-
gioia, dolore ecc. - l'ombra: il corpo rone. - tortura: torcimento della via;
aereo. - si figura : prende uno od altro cfr. Conv. IV, 7. - « Intratnri ipsum cir-
aspetto; modifica.
si cuì um incipiebant torquere et flectere
108. e questa è ecc. e questa è la ca-
: viam ideo talem deflexionem appellat
;

gione del dimagrar delle ombre, del quale torturam » JBenv. Secondo molti, invece,
;

tu ti maravigli; cfr. v. 20 sgg. - miri: ti tortura ha qui il senso di tormento, che


maravigli. la parola come pare, ancora non aveva
,

V. 109-139. I lussuriosi nelle fiam- nel tempo di D.


me. Sono giunti nel 7° e ultimo girone, 111. cura: di scansare le fiamme.
dove D., come V. gli aveva promesso, 112-114. la ripa: la costa dei monte
vede coloro che davvero sono contenti nel getta con impeto fiamme, che si diffon-
fuoco, Inf. I, 118 sgg. Sono i lussuriosi, dono per tutta la larghezza del 7° gi-
che vanno attorno in doppia e opposta rone, lasciando sgombro solo uno stretto
schiera (lussuria naturale e lussuria con- sentiero sul lembo esterno (cornice) di es-
tro natura), avvolti da cocentissime fiam- so, perchè di qui spira vento all' insù che
me, perchè arsero di libidine; nell'in- respinge la fiamma e la tiene un po' lon-
contro si festeggiano baciandosi. Cantano tana dall' orlo estremo.
un inno della Chiesa che contiene una pre- 115. schiuso ove non era alcun riparo.
:

ghiera a Dio per ottenere purezza di co- 116-117. ad uno ad uno ecc. uno dopo :

stume; e tra l'uno e l'altro canto del- l' altro, e da sinistra io temeva d' abbru-

l' inno ricordano alternamente esempi di ciarmi, da destra di precipitare al basso.


castità e di lussuria. Il primo che qui 119. si vuol ecc. qui non bisogna va-
:

D. ricorda, eh' è di castità, è di Maria che gare cogli occhi, ma badare da un lato
rispose a Gabriele « Virum non eogno- al fuoco, dall'altro al precipizio.
sco » {Luca I, 34) il 2° della ninfa Elice,
: 120. per poco: per una momentanea
che fa scacciata da Diana per aver per- disattenzione o distrazione.
560 [girone settimo] Pukg. xxv. 121-i:;8 [lussuriosi]

121 « Summw Deus clementice » nel seno


algrande ardore allora udi' cantando,
che di volger mi fé' caler non meno;
124 e vidi spirti per la fiamma andando ;

per ch'io guardava a loro e a' miei passi,


compartendo la vista a quando a quando.
127 Appresso il fine eh' a quell'inno tassi,
gridavano alto « Virum non cognosco »
:
;

indi ricominciavan l'inno bassi.


130 Finitolo, anche gridavano « Al bosco:

tenne Diana, ed Elice caccionne,


si

che di Venere avea sentito il tosco ».


133 Indi al cantar tornavano ) indi donne
gridavano e mariti che fuor casti,
come virtute e matrimonio imponne.
136 E questo modo credo che lor basti
per tutto il tempo che il foco gli abbrucia
con tal cura conviene e con tai pasti

121. Summae principio dell'inno che la


: de qua dicitur:dixit autem Maria ad
'

Chiesa recita nel mattutino del sabato, Angelum: Virum non cognosco »; S. Bo- '

nel quale sono le parole: «Lumbos, je- navent., Spec. J?. Virg., lez. IV.
curque morbidum Elammis adure con- 129. bassi sommessamente, essendo
:

gruis, Accincti ut artus excubent Luxu umile preghiera.


remoto pessimo » parole che ben si con-
;
130. anche: di nuovo.
vengono ai lussuriosi purganti. Il prin- 131. si tenne: Diana, per conservarsi
cipio dell'inno ora è « Suinmse parens cle- pura e casta, si tenne al bosco, dilettan-
mentisB », mentre « Summse Deus clemen- dosi de' faticosi esercizi della caccia.
tise » è il principio dell' inno per la festa Cfr. Moore, Crit., 420. -Elice: Calisto,
dei sette dolori di Maria. Dai comm. ant. ninfa del seguito di Diana, sedotta da
pare che ai tempi di Dante anche l'altro Giove, fu scacciata da Diana, e, da Giu-
incominciasse colle parole « Summse Deus none trasformata in orsa, fu da Giove col-
clementiae»; ma potrebbe anch'essere locata in cielo come Orsa Maggiore; cfr.
che, citando a memoria, ilP. scambiasse Ovid., Het. II, 401 530. Par. XXXI, 32.
i cominciamenti così simili, dei due inni.
, 132. di Venere.... il tosco: il veleno
123. che di volger mi fé' ecc. l' inno
: della dea dell'amore; l'infezione della
che io udiva cantare nel mezzo delle lussuria.
fiamme, mi fece desideroso di volgermi 133-135. al cantar tornavano ecc.: can-
verso quella parte, non meno di quel che tavano di nuovo l' inno, e poi ricomin-
fossi timoroso del duplice pericolo e at- ciavano a gridare, ricordando esempi di
tento a evitarlo. Delle due cosò a lui cale mogli e di mariti che vissero castamente.
ugualmente. « Anco nel matrimonio legittimo e fedele
124. andando: che andavano per la può non esserecastità »; Tom. -imponne:
fiamma; cfr. Inf. VII, 25. ne impone, prescrive a noi uomini.
125. a loro: agli spiriti. 136. modo di alternare canto ed esem-
:

126. a quando a quando: volgendo lo pi. - basti


duri, continui invariabile.
:

sguardo ora all'una, ora all'altra cosa. 138. con tal ecc. « Con così fatto sti-
:

127. Appresso ecc. quando avevano


: molo e sollecitudine, cantando tal inno,
cantare l'ultima strofa dell'inno.
finito di e con tai pasti, e ricordando tali esempi,
128. ecc.: «Maria castissima fuit
Virum quali son quelli che veduti abbiamo»;
per virginitatem ipsa enim est Maria,
; Dan. Meglio ritenere che siano indicate
f GIRONE SETTIMO] PURG. XXV. 139 - XXVI. 1-10 [LUSSURIOSI] 561

139 che la piaga da sezzo si ricucia.

con la parola cura le fiamme, che sono 139. la piaga: il peccato della lussuria.
il rimedio vero e proprio contro il pec- - da sezzo da ultimo, alla fine ; cfr. Inf.
:

i
o male delle anime; e che pasti sian VII, 130. - si ricucia: « sicut medicus
chiamati e l' inno che sempre si ricanta e suit plagam magnam, et aliquàndo urit
le grida fra cantata e cantata, che gio- illam igne, ne putrescat, ita seternus me-
vano, l'uno e le altre, a mantener le dicus peccatum luxuriae hic purgat per
anime nella loro buona disposizione. ignem, ne pariat saniem»; Benv.

CANTO VENTESIMOSESTO
GIRONE SETTIMO: LUSSURIA

DUE SCHIERE OPPOSTE DI LUSSURIOSI


ESEMPI DI LUSSURIA , GUIDO GUINIZELLI, ARNALDO DANIELLO

Mentre che sì per Porlo, uno innanzi altro,


ce n'andavamo, e spesso il buon maestro
diceva « Guarda giovi eh' io ti scaltro
: : ! »,
feriami il sole iu su l'omero destro,
che già, raggiando, tutto l'occidente
mutava in bianco aspetto di cilestro;
e io facea con l'ombra più rovente
parer la fiamma ; e pur a tanto indizio
vidi molt'ombre, andando, poner niente.
10 Questa fu la cagion che diede inizio
V. 1-24. Maraviglia delle anime raggi mutava già tutto l'occidente di ci^
purganti. I P. procedono l'un dopo lestro in bianco aspetto, mi feriva iu su
l'altro per lo stretto sentiero esterno tra l'omero destro. Sono circa le 4 poni.; il
le fiamme e il vano. Avendo a destra il sole, già molto basso, ferisce D. alla
sole e a sinistra la fiamma, D. coll'om- spalla. - aspetto apparenza, colore.
:

bra del corpo suo fa parere più rovente 7. con 1' ombra che il mio corpo get-
:

la fiamma; e l'anime, avendo posto at- tava a sinistra, - rovente rossa. Il sole
:

tenzione a questo indizio di corpo mate- reude colla sua luce men rossa la fiam-
riale, si maravigliano, e alcune si avan- ma ma presso il luogo dove è questa
;

zano verso il P., chiedendogli come mai luce intercettata dal corpo di D., la fiam-
col corpo suo egli faccia ostacolo alla ma apparisce di un rosso più acceso.
luce del sole, quasi fosse ancor vivo. 8-9. epur ecc.: e a così piccolo indi-
1. sì come è stato detto nel canto
: zio,quale era quello del color rosso più
precedente, vv. 115 sg. vivo che la fiamma prendeva a causa
3. Guarda ecc. bada dove metti i pie-
: dell'ombra mia, vidi guardare insisten-
di, e ti giovi il fatto che io ti faccio ac- temente le anime, mentre camminavano
corto del pericolo. per la fiamma stessa.
4-6. feriami ecc.: il sole che co' suoi 10. iuizio: prima spinta.

36. — Div. Comm., 8 a ediz.


562 [gironi: si: ri imo] PuRG. XXVI. 11-30 [lussuriosi] ]

loro a parlar di me j e coni ilici Arsi


a dir: « Colui non par corpo fittizio »;
18 poi verso me, quanto potevan farsi,
certi si feron, sempre con riguardo
di non dove non fossero arsi.
uscir
10
« tu che vai, non per esser più tardo,
ma forse reverente, agli altri dopo,
rispondi a me, che in sete e in foco ardo.
in
Né solo a me la tua risposta è uopo ;

che tutti questi n'hanno maggior sete


che d'acqua fredda Indo o Etiòpo.
22 Dinne com'è che fai di te parete
al sol, come se tu non fossi ancora
di morte entrato dentro dalla rete. »
25 Sì mi parlava un d'essi e io mi fora ;

già manifesto, s' io non fossi atteso


ad altra novità ch'apparse allora )

28 che per lo mezzo del cammino acceso


venne gente col viso incontro a questa,
la qual mi fece a rimirar sospeso.

11-12. cominciarsi a dir: si comincia- Ili, 88 sg. - rete: mors enim piscatur
rono a dire tra loro. - fittizio solo ap- : in magno mari mortaliuin, et omnia ge-
parente, aereo, quale hanno le ombre e nera animanti uni capit»; Benv.
che non impedisce il passaggio ai raggi V. 25-36. Incontro delle due schiette
solari; cfr. Purg. Ili, 26 V, 34. ; di lussuriosi. Mentre D. è per rispon-
13-15. quanto potevan farsi ecc. cer- : dere e manifestarsi, ecco un'altra schie-
tuni si accostarono a me quanto pote- ra di anime (lussuriosi contro natura)
vano, con scrupolosa cura di non uscire venire in direzione opposta a quella
dalle fiamme per non interrompere la della schiecfc a cui appartiene lo spirito
pena purificatrice. che ha parlato. Incontrandosi, le anime
16-17. tu che vai ecc.: cammini die- delle due schiere si baciano scambievol-
tro {dopo) i tuoi compagni, non per len- mente, secondo il precetto apostolico :

tezza o pigrizia, ma forse per reverenza. « Salutatevi scambievolmente col bacio


'8. in sete: (cfr. vv. 20 sg.) nel desi- santo » Borri. XVI, 16. I Cor. XVI, 20.
;

derio di sapere se tu sei veramente vi- Il Cor. XIII, 12. 1 Thessal. V, 26. I Pie-
vo, come sembri. - in foco: in questa tro V, 14. Questo bacio ravviva nelle
fiamma. « Mitte Lazarum ut intingat anime il ricordo de' baci voluttuosi d' un
extremum digiti sui in aquam ut refri- tempo, che esse ora espiano.
geretlinguam meam, quia crucior in hac 25-26. un: è, come si dirà ne' vv. 91
fiamma » ; Luca XVI, 24. sgg., Guido Guinizelli. - mi fora mani-
20. questimiei compagni.»*" sete
: : festo:mi sarei manifestato; cfr. Nan-
brama ardente [« Sitivit in te anima nuc, Terbi, 403. - non fossi atteso: non
jnea » Psal. LXII, 2] « aviditatem bi-
; avessi badato.
bendi verba tua » Benv. ; 28. del cammino acceso : della via oc-
21. che ecc.: « che non bramino 1 acqua cupata dalla fiamma.
fresca i popoli dell'India e dell'Etiopia, 29. a questa alla gente eh' andava nel-
:

regioni dal sole riarse »; Lomb. la stessa direzione dei P. e s' era loro av-
22-24. com'è ecc.: com'è che tu fai col vicinata, v. 13. Cfr. Inf. XVIII, 26 sg.
tuo corpo ostacolo {parete) ai raggi del 30. mi fece ecc. mi rese tutto assorto
:

sole, come se fossi ancor vivo. Cfr. Purg. (cfr. Purg. XII, 78) nell'osservarla.
[GIRONE SETTIMO] PURG. XXVI. 31-45 [ES. DI LUSSURIA] 563

31 Lì veggio d'ogni parte farsi presta


ciascun 'ombra, e basciarsi una con una,
senza restar, contente a breve festa :

34 così per entro loro schiera bruna


s'ammusa l'ima con l'altra formica,
forse ad espiar lor via e lor fortuna.
37 Tosto che parton l'accoglienza amica,
prima che il primo passo lì trascorra,
sopragridar ciascuna s'affatica:
40 la nuova gente « Soddoma e Gomorra »: !
;

e l'altra: « Nella vacca entra Pasife


perchè il torello a sua lussuria corra » !

43 Poi come grue, eh' alle montagne Rife


volasser parte e parte invèr l'arene,
queste del gel, quelle del sole schife;

31. Lì: al punto dell'incontro. - farsi piovere fuoco e zolfo in pena di quei
presta: affrettarsi. peccati contro natura onde gli spiriti
32. ciascun'omfora: delle due schiere. - di questa schiera furono rei; l'altra no-
una con una ad una ad una « in impro-
: ; mina Pasife, la madre dell' « infamia di
perium nefaria3 conimi ctionis, quam in Creti » (Inf. XII, 12 sgg.), esempio di
sseculo peregerunt » Benv. ; bestiale tralignamento del naturale amo-
33. senza restar: senza fermarsi dopo re tra maschio e femmina cfr. Horat., ;

il bacio, paghe di questo rapido, ma cor- Od. II, v, 1 sg. Ovid., Beroid. V, 17 sg.
diale e festoso saluto. Dopo di che le due schiere si separano.
34-36. schiera bruna : fila bruna delle 37-38. Tosto che parton ecc. appena, :

formiche che vengono dal formicaio e fattasi l'amichevole accoglienza, si sepa-


di quelle che ci tornano. rano, prima che abbian fatto lì il primo
35. s'ammusa: s'avvicinano muso a passo, nell'atto stesso di scostarsi, ecc.
muso. 39. sopragridar gridare quanto più
:

36. ad espiar: a spiare, a chiedere infor- forte può.


mazioni circa le condizioni della via che 40. Soddoma e Gomorra : cfr. Gerì.
percorrono, e la loro fortuna nel trovar XVIII, 20; XIX, 25.
cibo. « Quae tunc earum conversatio ì 41. l'altra: la schiera dei lussuriosi
Quam diligens cum obviis qussdam col- secondo natura, nella quale era Gui- il

localo atque percontatio ? » Plin.,Hist. nizelli. - entra: Al.: entrò: cfr. Moore,
nat. II. Cfr. L.Yent., Simil., 453. Per Crit., 420 sg. - Pasife: figlia di Apollo
spiare nel sensom domandare, cfr. Bar- e della ninfa Perseide, moglie di Mi-
bi, Bull. XVIII, 18. Le descrizioni che nosse e madre del Minotauro cfr. Inf. ;

delle operose schiere delle formiche fe- XII, 12 sgg. Ovid., Ars. Am. I, 2,
cero Yirg., Aeri. IV, 404 sgg. e Ov., 295 sgg.
Met. VII, 624 sgg. ancorché mirabili per
, 43-45. grue: un'altra similitudine trat-
evidenza e verità di particolari, non han- ta dalle gru si ha nell' Inf. V, 46. ciò Ma
no i due tocchi dell' ammusare e del- che si dice stavolta delle gru, è cosa ipo-
V espiare, che umanizzano le formiche e tetica, non potendo darsi che di questi
rendono in qualche modo drammatico il uccelli contemporaneamente vada una
loro incontrarsi e soffermarsi per via. parte, schiva dal sole, cioè del caldo,
V. 37-48. Esempi di lussuria. Su- al nord, e altra, schiva del gelo, al
bito che quelle anime si sono baciate, sud: o vanno tutte nell'una direzione,
nell'atto di allontanarsi, gridano a chi o tutte nel! altra. - Rife Kifee, come
:

più può, esempi di lussuria. La schiera Tifo per Tifeo in Inf. XXXI, 124. I
ultima venuta rammenta le città di Sod- Greci collocavano vagamente i monti
doma e Gomorra, sulle quali Dio fece Ilifei, detti anche Iperborei, nelle re-
f><>l [GIRONE SETTIMO] PLUG. XXVI. 4G-60 [RISPOSTA RITARDATA]

40 l'uria gente sen va, l'altra sen vene;


e tornan lagrimando a' primi canti
e al gridar che più lor si con vene.
12 E me, come davanti,
raccostarsi a
essi medesmi che m'avean pregato,
attenti ad ascoltar nei lor sembianti.
52 Io che due volte avea visto lor grato,
incominciai « anime sicure :

d'aver quando che sia di pace stato,


55 non son rimase acerbe né mature
le membra mie di là ma son qui meco ?

col sangue suo e con le sue giunture.


58 Quinci su vo per non esser più cieco :

donna è di sopra che n'acquista grazia


per che il mortai pel vostro mondo reco,

gioni settentrionali dell'Europa, respin- 49. davanti: prima dell'incontro delle


gendoli sempre più verso il nord, via due schiere, vv. 13 sg.
via che acquistavano cognizioni geogra- 51. attenti ecc. con atteggiamenti di
:

fiche più estese e sicure. Sembra che persone attente per ascoltare.
D. li nomini qui come monti del Set- 52. due volte: ora e prima dell'incon-
tentrione in genere cfr. Virg., Georg.
; tro con la nuova gente. - lor grato il :

I, 240 sg. IV, 518 sg. - V arene


; gli : loro gradimento, ciò che desideravano.
arenosi deserti dell'Africa; cfr. Inf. 54. quando che sia presto o tardi; :

XXIV, 85. Tirg., Aeri. X, 264 sg. La cfr. Purg. XXI, 67 sg.
similitudine riesce un po' faticosa, e non 55-56. non son rimase ecc. io non sono :

a torto osservava il Torraca (Lect. D., ancora morto, né giovine né vecchio.


14) che qui « il paragonato dà luce al Acerbe sono le membra di chi muore in
termine di paragone ». gioventù, mature ài chi muore nella vec-
46. l'una: la nuova gente, v. 40, cioè chiaia. - di là nel mondo.
:

se ne va, allontana a sinistra, in di-


si 57. suo: loro; cfr. Inf. X, 13. Con suo
rezione contraria a quella dei P. l'al- ; e sue D. mette in rilievo che son pro-
tra procede a destra, se ne viene nella prio le vere sue membra, non già mem-
medesima direzione di essi. bra apparenti, fittizie (v. 12), come quelle
47. a' primi canti a ricantar piangen-
: delle anime.
do l' inno « Summae Deus clementi» », 58. Quinci: per di qui. - cieco: della
Purg. XXV, 121 sgg. mente; cfr. II Pietro'!, 5-9.
48. al gridar ecc. a gridar gli esempi
: 59. donna ecc. la Vergine Maria cfr.
: ;

di virtù e di vizio più convenienti alla Inf. II, 94-96. Secondo altri, sarebbe
condizione e alla colpa di ciascuno; cfr. Beatrice cfr. Par. XXXI, 79 sgg.
;

Purg. XXV, 128 sgg. 60. per che: per la quale grazia, im-
V. 49-60. Risposta ritardata» Dopo petratami dalla celeste Donna. - il mor-
che le due schiere si sono separate, quei tai la parte mortale, il corpo cfr. Purg.
: ;

medesimi che prima lo avevan pregato V, 106. - pel vostro mondo per lo « se- :

(vv. 16 sgg.), gli si riavvicinano composti colo immortale » ; Inf. II, 15 sg.
a grande attenzione per ascoltarlo. Ed V. 61-66. Preghiera di D.
alle ani-
egli risponde « Sono ancor vivo, e sal-
: me. Appagato il D. pre-
loro desiderio,
go in alto per illuminare la mente mia ga le anime di manifestarglisi e dirgli
sì che io non abbia più ad errare. Alla altresì chi sono quelle altre che cammi-
intercessione di una donna del cielo io nano nella fiamma in direzione opposta
devo la grazia di recar qui dal mondo a loro, promettendo di scriverne a me-
il mio corpo mortale. » moria degli uomini.
[GIRONE SETTIMO] PURG. XXVI. 61-75 [lussuriosi] 565

61 Ma se la vostra maggior voglia sazia


tosto divegna, sì che il ciei v'alberghi
ch'è pien d'amore e più ampio si spazia,
64 ditemi, acciò che ancor carte ne verghi,
chi, siete voi, e chi è quella turba
che se ne va diretro ai vostri terghi, »
67 Non altrimenti stupido si turba
lo montanaro, e rimirando ammuta,
quando rozzo e salvatico s' inurba,
70 che ciascun' ombra fece in sua parata;
ma, poi che furon di stupore scarche,
'

lo qual negli alti cuor tosto s'attuta,


73 « Beato te, che delle nostre marche »
ricominciò colei che pria m'inchiese,
« per morir meglio, esperienza imbarche!

61-63. se ecc. : così sia presto soddi- quel modo ombroso e quasi selvaggio,
sfatto il maggior vostro desiderio, quello onde pare ch'egli eviti il consorzio de-
della beatitudine celeste, -pien d'amore: gli uomini civili » L. Yent. Sim., 297.
;

per essere la sede dei beati, pieni di ca- - s'inurba entra in città (in urbem) per
:

rità. « Nota che D. augura a queste ani- la prima volta. « Specialiter poeta intel-
me, già ree di colpe amorose, d'andare ligit de montano habitante in alpibus
appunto a quella parte del cielo eh' è Florentiae, qui prima vice qua venit Flo-
tutta amore, come si dice Par. XXX, rentiam, videns excelsa palatia, homi-
40, 52 » Betti. - più ampio
; essendo so- : nes civiles, mirabiles sirenes, non satia-
pra tutti gli altri cieli e contenendoli tur visu, et videns tot numquam visa
tutti in sé cfr. Gonv. II, 4. Thom. Aq.,
; obstupescit hunc actum viderat poeta
:

Bum. theol. I, 66, 3; I, 102, 2; I, 112, 1. aliquando in ipsa patria sua » Benv. ;

Inf. II, 84. 70. paruta: ax>parenza, sembianza.


64. carte ne Terghi : ne scriva, sicché 71. scarche: scariche, libere.
otteniate i suffragi de' viventi. 72. negli alti cuor a differenza dello :

66. diretro ecc. in direzione contraria


: stupore durevole del rozzo montanaro.
alla vostra. - s' attuta si spegne, diminuisce e ces-
:

V. 67-93. Zie due schiere ed il loro sa; AL: si muta; cfr. Moore, Grit., 421 sg.
peccato. Dopo un momento di generale 73. marche: contrade, regioni; cfr.
stupore, prodotto dal vedere colà chi è an- Purg. XIX, 45.
cora in prima vita, 1' anima che aveva 74. colei : l'ombra del Guinizelli, cfr.
già rivolto la parola a D., risponde :\ v. 16-25.
« Quei che vanno in direzione opposta 75. per morir : Al. : per viver, giacché,
a noi, furono sodomiti. Noi peccammo si dice, D. stesso afferma che « va su
di lussuria conforme a natura ma, per ; per non esser più cieco » (v. 58), dun-
avere ecceduto bestialmente nell' asse- que per viver meglio. Se non che la tra-
condare l' istintivo appetito, gridiamo diz. dei mss. ci porta a morir; e se ap-
in nostro obbrobrio il nome di Pasifae. punto dal parere meglio armonizzante
Io non ho tempo di dire, né saprei, i col v. 58 la lez. viver potè venire la spin-
nomi di tutti i miei compagni ti dirò : ta a cambiare morir in viver, non ve-
solo che io sono Guido Guinizelli. » diamo quale impulso, né donde, ci po-
67. stupido stupito; cfr. Conv. IV, 25.
: tesse essere a mutare, se primitiva, la
- si turba: si confonde. lez. viver. Del resto il modo della morte
68. ammuta: ammutolisce, guarda a ha importanza decisiva per la vita eter-
bocca aperta. na oltremondana: può rimediare a una
rozzo e salvatico: « rozzo, quanto
69. vita rea e può compromettere il premio
alle parole e agli atti; selvatico, per di una vita buona. Cfr. Moore, Grit.,
566 [GIRONE SETTIMO] PURG. XXVI. 76-90 [LUSSURIOSI]

70 La genterelle non vien con noi, offese


di ciò per che già Cesar, trionfando,
* Regina
contra sé chiamar s'intese;
'

79 però parton Soddorna gridando,


si
l
'

riinproverando a sé ,*com' hai udito,


ed aiutan l'arsura vergognando.
82 Nostro peccato fu ermafrodito ;

ma
perchè non servammo umana legge,
seguendo come bestie l'appetito,
85 in obbrobrio di noi, per noi si legge,
quando partiamei, il nome di colei
che s' imbestiò nelle 'mbestiate schegge,
8S Or sai nostri atti e di che fummo rei :

se forse a nome vuo' saper chi semo,


tempo non è di dire, e non saprei.

422 sg. - imbarche metti nella tua bar-: rectam rationem delectatione venerea
ca, raccogli cfr. « la navicella del mio
: utitur. Quod quidem contingi t duplici-
ingegno » Purg. I, 2. ter: uno modo secundum materiam in
76. offese: peccò. qua huiu smodi delectationem quaerit;
77. di ciò di sodomia. - Cesar a mo-
: : alio modo secundum quod, materia de-
tivo della sua amicizia con Nicomede, bita existente, non observantur aliae de-
re di Bitinia, Cesare fu salutato in una bitae conditiones » Thom. Aq., Sum. ;

grande radunanza da un certo Ottavio theol. II, li, 154, 1.


col nome di regina, e fu chiamato re- 83-84. servammo: osservammo. « TJsus
gina bitinica dal suo collega M. Bibulo. venereorum potest esse absque peccato,
Nel trionfo gallico i soldati romani can- si fìat debito modo et ordine, secundum
tarono, tra altre, la canzone: quod est conveniens ad finem genera-
tionishuinange.... Hoc pertinet ad ratio-
Gallias Csesar subegit, Nicomedes Csesarem
EcceCsesar nunc triumphat.qui subegit Gallias;
;
nem luxurise, ut ordinem et modum ra-
Nicomedesnon triupmhat, qui subegit Caesarem. tionis excedat circa venerea » Thom. :

Aq., Sum. theol. II, n, 153, 2 e 3. -uma-


Così racconta Svetonio, Vita Jul. Cces., na legge che vuole si obbedisca alla ra-
:

49. D. unisce in uno i due fatti proba- gione e non si assecondi senza freno
bilmente attingendo dalle Magnce Deri- alcuno il talento, l'appetito, come fanno
vationes di TTguccione da Pisa, dove si le bestie. « Chi dalla ragione si parte,
narra che regina di Bitinia fu aj>o-
' '
.... non vive uomo, ma vive bestia »:

strofe rivolta da un tale a Cesare trion- Conv. II, 8


fante. Cfr. Toyrribee, Ricerche, ecc. Se- 85. si legge: si dice, si grida; cfr. Inf.
rie Ila, Bologna, 1904. p. 43 sg. X, 65.
79. però: perchè peccarono di sodo- 86. partiamei ci dividiamo dall' altra
:

mia, -si parton: da uoi (vv. 37 sgg.). schiera, -colei Pasifae. Per gli uomini
:

81. aiutan la vergogna volontaria di


: del medio evo la favola di Pasifae era al-
quegli spiriti contribuendo con le ar- legoria della donna rotta a lussuria. Cfr.
denti fiamme (arsura) a compiere la pu- Serv. adYirg., Aen, VI, 24. JSorat., Od.
rificazione di essi, si può dire che aiuti vii, v, 1 sg. Ovid., Heroid. Y, 17, 18.
le fiamme stesse. 87. s' imbestiò: si fece bestia. - nelle
ermafrodito: bisessuale, termine
82. 'mbestiate schegge: nel legno imbestiato,
tolto dal mitico Ermafrodito, che si unì ridotto a forma di bestia, da Dedalo;
colla naiade Salmace in un corpo solo cioè nella falsa vacca eh' è menzio-
' '

avente i due sessi; cfr. Ovid., Met. IV, nala in Inf. XII, 13.
288-388. « Peccatum luxurias consistit 90. tempo ecc.: essendo già sera. - non
in hoc, quod aliquis non secunaum saprei perchè non li conosco tutti.
:
[GIRONE SETTIMO] PURG. XXVI. 91-102 [GUINIZELLI] 567

01 Farotti ben di me volere scemo :

son Guido Guinizelli e già mi purgo j

per ben dolermi prima eh' allo stremo. »


94 Quali nella tristizia di Licurgo
si fèr due figli a riveder la madre,

tal mi fec' io, ma non a tanto insurgo,


97 quand' i' odo nomar sé stesso il padre
mio e degli altri miei miglior, che mai
rime d' amor usar dolci e leggiadre ;

100 e senza udire e dir pensoso andai


lunga fiata rimirando lui,

né, per lo foco, in là più m'appressai.


91. Farotti ecc. : ti farò scemo il vo- 95. figli : Toante ed Euneo, arrivati a
lere, il desiderio, che hai rispetto a me, tempo per salvare Isifile dalle mani dei
dicendoti il mio nome. carnefici cui già era stata consegnata da
92. Guido Gùinizelii: Guido di Guini- Euridice, moglie di Licurgo, per vendi-
zello de' Principi, bolognese, celebre poe- car la morte del bambino. Appena i due
ta volgare del secolo xm, precursore e figli ebbero riconosciuta la madre, corse-
iniziatore della scuola dello « stil nuo- ro ad abbracciarla. « Per tela maùusque
vo », n. forse fra il 1230 e il 1240, morto Irruerunt, matremque avidis complexi-
esule a Verona nel 1273. t)i lui cfr. le bus ambo Diripiunt flentes, alternaque
Conv. IV, 20 « quel no-
storie letterarie. : pectora mutant»; Stat., Theb. V,720 sgg.
bile Guido Guinizelli». De Tulg. Eloq. . 96. tal: così anch'io mi sentii preso da
I, 15 « Maximus Guido. » - già mi pur-
: un fortissimo desiderio di correre ad ab-
go: sono qui, nel veroPurg., invece di bracciare il Guinizelli (cfr. Inf. XV, 43
aspettare ancora laggiù nell' Antipurg. sg. ; XVI, 46 sgg.). - a tanto: a corre-
93. per ben ecc.: per essermi pentito re ad abbracciare il Guinizelli, come i
prima di giungere allo stremo di mia vita. figli corsero ad abbracciare Isifile, e ciò
V. 94-135. Guido Guinizelli. Udito per paura del fuoco (v. 102).
che quell' anima è il Guinizelli, vorrebbe 97. padre maestro nel poetare. D. dà
:

correre ad abbracciarla, se la paura della questo titolo di solito a V. soltanto qui ;

fiamma non lo trattenesse, onde cam- lo dà a un altro poeta.


mina riguardando sempre quell'anima, 98. miei: degli altri poeti migliori di
e poi le offre con amore e sommessione me. - Al. Degli altri migliori poeti a
:

figliale i suoi servigi. - « Perchè mi mo- me cari. - Al. Degli altri migliori ita-
:

stri tanto affetto ?» « A motivo dei dolci liani miei connazionali.


ed immortali vostri versi.» «Fratello, 99. rime ecc. dettarono versi d'amore
:

questi eh' io ti addito, fu miglior poeta dolci e leggiadri di stile, di formain piena
di me. Egli superò tutti gli altri poeti e degna rispondenza col contenuto giac- ;

volgari, checché dicano gli stolti che gli ché, come ben dice il Rossi, nelle rime
antepongono il Lemosino. Così altri predi- del Guinizelli la novità sola davvero
carono già sommo poeta Guittone d'Arez- importante quanto all' arte, è « la vivace
zo, finché la verità fu riconosciuta da intuizione dell' alto e puro sentimento
molti. Ora, giacché la grazia divina ti che a quel concetto [di Amore insepa-
concede di andare in Paradiso, giunto ribile da cuor ge?itile] lo aveva condotto
lassù, prega Cristo per me. » Detto ciò, e che, rotte alfine le pastoie dell'imita-
il Guinizelli dispare nel fuoco, forse per zione, egli espresse con immediatezza,
dar luogo a quell' altro da lui additato. con eleganza, con efficacia sino allora
94. tristizia: dolore per la morte del inusate » Let. D., Le opere min. di
;

figlioletto, che, affidato fu de- a Isifile, B. A., Firenze, 1906, p. 43 sg.


posto sull'erba da lei, quando volle mo- 100. e senza udire e dir ecc. ed andai :

strare ai 7 che andavano a Tebe il fonte un pezzo a nuli' altro badando che a
Langia (Purg. XXII, 112), e peri morso guardarlo cfr. Giobbe II, 13.
:

da un serpente. - Licurgo re di Nemea. : 102. in là: verso di lui.


568 [GIRONE SETTIMO] PURG. XX Vi. 103-120 [GUINIZELLI)

103 Poi che di riguardar pasciuto fui,


tutto m'offersi pronto
al mio servigio

con raffermar che fa credere altrui.


106 Ed elli a me « Tu lasci tal vestigio,
:

per quel eli' i' odo, in me e tanto chiaro,


che Lete noi può tórre ne far bigio.
109 Ma se le tue parole or ver giuraro,
dimmi che è cagion per che dimostri
:

nel dire e nel guardare avermi caro? »


112 E io a lui « Li dolci detti vostri,
:

che, quanto durerà l'uso moderno,


faranno cari ancora i loro inchiostri. »
115 « frate » disse, « questi ch'io ti scerno
col dito » (e additò un spirto innanzi)
« fu miglior fabbro del parlar materno.
118 Versi d' amore e prose di romanzi
soverchiò tutti 5 e lascia dir gli stolti,
che quel di Lemosì credon ch'avanzi.

105. con raffermar ecc.: con giura- 117. fabbro: poetò meglio nel suo vol-
mento, v. 109. gar provenzale che io non facessi nel mio.
106. vestigio ecc.: traccia, impronta «Materno sta qui in opposizione al latino
nella mia memoria. in cui molti componevano a quel tempo,
107. odo: della grazia a te concessa, ma che non era più lingua popolare o ma-
v. 55-60; cfr. v. 73 e 75. terna»; Br. B. « Vulgarem locutionem as-
108. Lete: le acque del fiume della di- serimus, quam sino omni regula, n^ricem
menticanza; cfr. Purg. XXVIII, 130; imitantes, accipimus» \DeYulg.Eloq.\.l.
XXXI, 91 sgg. XXXIII, 91 sgg. - tor-
: 118.Versi d' amore poesie erotiche
:

re uè far bigio cancellare né attenuare.


: volgari sì in lingua provenzale, e sì in
109-111 parole: le ultime, v. 105. Ma italiana. - prose di romanzi: romanzi in
se le ultime tue parole sono state ve- lingua d' oìl. Il senso par certo: Superò e
raci, palesami la cagione per cui tu mo- tutti gli altri rimatori amorosi e i roman-
stri con le parole e col modo di guar- zieri francesi. Si può costruire: Sover-
darmi di portarmi tanto amore. chiò tutti i versi d' amore e tutte le prose
112. detti: componimenti poetici; le di romanzi (Lomb., Br. B., ecc.), oppure,
vostre dolci rime. L' ammirazione di meglio, facendo del v. 118 una specie di
D. è tutta letteraria. accusativo libero o di refazione, alla gre-
113. quanto: cfr. Inf. II, 60. -l'uso: ca Superò tutti gli altri fabbri del par-
:

di poetare in lingua volgare. - moderno : lar materno quanto a versi d'amore e


cfr. Vita nuova, 25 « Anticamente non
: prose di romanzi (Benv., Andr., ecc.).
erano dicitori d' amore in lingua vol- Per il senso di prosa cfr. Torraca, Bull.,
gare, anzi erano dicitori d'Amore certi XII, 336 sgg.
poete in lingua latina.... E non è molto 120. quel Girault de Borneil (« Gerar-
:

numero oV anni passato che apparirono dus de Bornello », De Yulg. El. II, 2, 6),
prima questi poete volgari. celebre poeta provenzale, nativo di Es-
114. faranno ecc. saranno sempre letti
: sidueil nel Limosino; fiorì dal 1175 sin
con gran piacere; cfr. Purg. XI, 97-99, verso il 1220. D. nel De V. E. lo chiama
dove D. sembra dire il contrario. cantore della rettitudine e 1' antica bio-
;

115. O frate: cfr. Purg. XI, 82 sgg. - grafia provenzale lo dichiara «miglior
questi: Arnaldo Daniello, v. 142. - scor- trovatore che alcun altro di quelli ch'era-
no : segnalo e distinguo di fra gli altri. no stati prima e che furono dopo di lui;
[GIRONE SETTIMO] PURG. XXVI. 121-134 [GUINIZELLl] 569

121 A voce pili eh' al ver drizzali li volti,

e così ferman sua oppinione,


prima eh' arte o ragion per lor s' ascolti.
124 Così fèr molti antichi di Guittone,
di grido in grido pur lui dando pregio,
fin che 1' ha vinto il ver con più persone,
127 Or se tu hai sì ampio privilegio,
che andare al chiostro
licito ti sia 1'

nel quale è Cristo abate del collegio,


130 fagli per me un dir d' un paternostro,
quanto bisogna a noi di questo mondo,
dove poter peccar non è più nostro. »
133 Poi forse per dar loco altrui secondo
che presso avea, disparve per lo foco,

per che fu chiamato maestro dei trova- l' eccessivo provenzaleggiare, la oscu-
tori ». Qui pospone ad Arnaldo
t>. lo rità della frase, la contorsione studiata
Daniello, forse perchè agli occhi di lui le de' costrutti e i crudi dialettalismi anche
poesie di Giraldo erano troppo schive di quando pensiero e sentimento sono ele-
meditati artifìci di stile e d'espressione. vati e vigorosi e l'espressione ha pure nel-
Cfr. Canello, Vita ed op. del trov. Arri. l' insieme una sua particolare potenza.

Daniello. Halle, 1883, 38 sgg. - Lemosì: 125. di grido in grido: gridando ciò che
lat. Lemovices si può intendere della
: altri gridavano. - per lui solo a lui. « Q u el-
:

citta di Lemoges, oppure del Lemogino li eh' è cieco del lume della discrezione

o Limosino, provincia di Erancia. sempre va nel suo giudicio secondo il gri-


121. A voce: « Non sequeris turbam do, o diritto o falso che sia » Conv. I. 11. ;

ad faciendum malum nec in iudicio ; 126. con più persone: con un numero
idurimorum acquiesces sententise, ut a di persone maggiore di quei molti an-
vero devies »; Exod, XXIII, 2. - driz- tichi che dettero il pregio al solo Guit-
zan gli stolti, v. 119, danno retta alle
: tone. Al. col merito maggiore di parec-
:

voci dal mondo più che guardare e giu- chi poeti successivi che scrissero meglio
dicare da sé la verità. di lui, fra i quati il Guinizelli stesso.
122. sua : loro. Ligi all' opinione cor- Il v. non è de' più perspicui.
rente, fermano, seguendo questa, la opi- 128-129. al chiostro ecc. al Par. « lo
: :

nione loro, senza interrogare le leggi quale è chiusura de' beati, come lo chio-
arte e della ragione. « Plures enim
dell' stro è de' religiosi chiusura consolatoria
magnum saepe nomen falsis vulgi opi- e refrigeratoria » (Bufi) sicché Cristo, ;

nionibus abstulerunt»; Boet., Gons. phil. signore dei beati, è in tale chiostro
Ili, pr. 6. 1' abate del collegio, della comunità.

124. Guittone d' Arezzo, cfr. Purg.


: 130-132. fagli: ecc.: recita per me di-
XXIV, 56. Yulg. El. II, 6: « Subsistant nanzi al trono di Cristo tanto del Pater
ignorantiae sectatores Guittonem areti- noster, quanto bisogna a noi anime del
num quosdam alios extollentes, nun-
et Purg., che, non potendo più peccare,
quam in vocabulis atque constructione non abbiamo più bisogno di fare l'ul-
plebescere desuetos » E già in D. in Vulg.
! tima delle preghiere contenute in esso ;

El. I. 13 aveva ripreso Guittone come cfr. Purg. XI, 22 sgg.


uno che « nunquam se ad curiale vul- 133-134. forse ecc.: per dare forse posto
gare direxit » e i cui « dieta » sono « mu- ad altri, secondo che via via gli venivano
nicipali a tantum ». Il modo di scrivere appresso. Al. Eorse per dare il secondo
:

dunque spiaceva in Guittone a D., né luogo all'altro che avea presso di sé,
poteva essere altrimenti, dato lo stile cioè ad Arnaldo. Torraca « per far po- :

« rozzo insieme e affettato » delle scrit- sto più adatto a un' altra ombra che gli
ture di Guittone, dove ci disgusta spesso era vicina ».
570 [GIRONE SETTIMO] PU11G. XXVI. 135-148 [ARNALDO DANIELLO].

coni e peracqua il pesce andando al fondo,


1'

136 Io mi mostrato
feci al innanzi un poco,
e dissi eli' al suo nome il mio desire
apparecchiava grazioso loco.
139 El cominciò liberamente a dire :

« Tan m' abellis vostre cortes dentari)


qu y ieu no me puesc, ni-m voill a vos cobrire.
142 leu sui Arnautj que plor e vati eantan;
consiros vei la passada folor,
e vei jausen lo jorn qu' esper, denan.
145 Ara vos prec per aquella valor
que vos guida al som de V escalina,
sovenha vos a temps de ma dolor ! »
148 Poi s' ascose nel fuoco che gli affina.

135. come per ecc. come il pesce che


: pregare. Liberamente per '
liberalmente,
va al fondo, giunto a certa profondità, spontaneamente ', come in Inf. XIII, 86.
non si discerne più. Purg. XI, 134. Par. XXXIII, 18.
V. 136-148. Arnaldo Daniello» D. 140-147 Tan m' abellis ecc.: tradotti let-
s' avvicina, quanto la fiamma permette, teralmente questi vv. provenzali suo-
a colui che il Guinizelli gli avea lodato nano « Tanto m' abbella (= mi è bella,
:

e additato, pregandolo di rivelargli il mi piace, cfr. Par. XXVI, 132) la vo-


suo nome. E l' interrogato risponde in stra cortese domanda, che io non mi
provenzale, sua lingua materna, dicen- posso né mi voglio a voi coprire (= na-
do che egli è Arnaldo Daniello e pre- scondere). Io sono Arnaldo, che piango
gando anch' egli D. che lo aiuti con e vado cantando pensoso veggo la pas-
;

sue orazioni. Fu costui un trovatore pro- sata follìa, e veggo giubilando il giorno
venzale (perigordino) che si compiacque che spero, dinanzi (a me). Ora vi prego
ne' suoi versi di forme complicate e dif- per quel valore che vi guida al sommo
ficili e quanto a strutture ritmiche e della scala (del Purg.), sovvengavi a
quanto alle rime (inventò la complica- tempo del mio dolore ! ». Per la lezione
tissima e difficile sestina), e forse ebbe ma,
di questi versi, di facile intelligenza
più celebrità da questi vv. di D. che che furono guasti da amanuensi ed edi-
non da' suoi componimenti giunti a noi. tori ignari del x>rovenzale, cfr. R. Re-
Fiorì nella 2 a metà del secolo xn, e pare nier in Giorn. stor. d. lett. ital., voi.
vivesse sin verso od oltre il 1200. Della XXV, pag. 315 sg. e noi ci atteniamo
;

sua vita sappiamo pochissimo, e de' suoi quasi interamente alla lez. del Renier. -
versi pòchi sono giunti a noi: cfr. Ca- plor ecc. piango lagrime di penitenza
:
;

rtello, op. cit. ma se mi contrista il ricordo delle mie


136. mi feci.... innanzi ecc.: mi avan- vecchie colpe, mi conforta il pensiero
zai un poco verso colui che il Guinizelli della beatitudine eterna che m'attende.
m' avea additato, v. 115 sg. - denan dinanzi a me, nell' avvenire. -
:

137-138. disire : animo desideroso. «Gli sovenha ecc. la frase vi sovvenga del
:
'

dissi, eh'era sì vivo il mio desiderio di mio dolore vai quanto pregate per me '.
' '

sapere Chi si fosse, che avrei accolto 148. affina: purifica delle loro colpe;
con ispeciale amore il suo nome»; Poi. cfr. Purg. Vili, 120. « Arnaldo Daniel-
L' espressione apparisce finamente pen- lo.... nel suo bel sermone nativo deplora
sata e studiata nella sua gentilezza com- la sua passata follia e si dilegua lascian-
plimentosa, quasi D. creda riuscire, così doci in cuore una nota dolce e malinco-
parlando, meglio accetto al ricercatis- nica, per cui la chiusa di questo canto ci
simo trovatore a cui si rivolge. ricorda (lo. notò bene lo Zingarelli) quel
139. liberamente: senza farsi tanto della Pia »; D' Ovidio, N. St. I, 551.
[G IH ONE SETTIMO] PURG. XXVII. 1-6 [ANGELO] 571

CANTO VENTESIMOSETTIMO

GIRONE SETTIMO : LUSSURIA

L'ANGELO DELLA PURITÀ, PASSO ATTRAVERSO LE FIAMME

SALITA AL PARADISO TERRESTRE

ULTIME PAROLE DI VIRGILIO

Sì come quando i primi raggi vibra


dove il suo fattore il sangue sparse,

cadendo Ibero sotto l'alta Libra
e l'onde in Gange da nona riarse,
si stava il sole onde il giorno sen giva,
,•

quando l'angel di Dio lieto ci apparse.

V.1-15. L'angelo della castità. Sono mento si trova al meridiano insieme con
le ore 5 a /s di seva. I P. scorgono sul- la Notte vale a dire mentre sull' Ebro
;

l'orlo esterno della cornice un angelo che è mezzanotte. -Ibero: lat. Iberus, l'Ebro,
li invita a entrare nella fiamma. Negli fiume della Spagna, il quale nasce dai
altri cerchi del Purg. si fa menzione di Pirenei, percorre l'Aragona e la Catalo-
un solo angelo guardiano; in questo gna, e si getta nel mare Mediterraneo. -
sono due: l'uno di qua, l'altro di là Libra: segno dello zodiaco nel quale il
dalle fiamme. Il 1° è l'angelo della ca- sole entra il 21 settembre, nell'equinozio
stità, vero e proprio custode del settimo d'autunno; perciò nell'equinozio di pri-
girone il 2° sembra essere guardiano
;
mavera in esso trovasi, e con esso muovesi
dell' eutrata nel Par. terrestre, e fa ri- laNotte cfr. Par. XXIX, 2. Conv. III, 5.
;

scontro all' angelo portiere del Purg. 4. e l'onde: e cadendo, scorrendo in


1. Sì come: il sole stava in quella po- giti le acque del Gange, estremo confine
sizione in cui è quando manda i suoi orientale, a 90 gradi da Gerusalemme,
primi raggi sopra Gerusalemme; cioè sotto gli ardenti raggi del mezzodì. -
era vicino al tramonto. nona la quinta delle sette parti nelle
:

2. fattore : Cristo, per cui tutte le cose quali si divide l' uffizio divino, recitata
furono create. « Omnia per ipsum facta a mezzodì cfr. Conv. TV, 23, dove si
;

sunt, et sine ipso factum est nihil quod legge: « E però sappia ciascuno che la
factum est » Giov. I, 3. - « Creare con-
; diritta Nona sempre dee sonare nel co-
venit Deo secundum suum esse, quod est minciamento della settima ora del dì. »
eius essentia, qua3 est communi s tribus Nona vale qui 7nezzodì. Al. da nova, di :

personis. Unde creare non est proprium novo, ecc. cfr. Moore, Crit., 423 sg.
alieni personae, sed commune toti Tri- 5. onde per la qual condizione di tem-
:

nitati »; Thom. Aq., Sum. theol. I, 45, 6. po nel Purg. si faceva sera.
3. cadendo: mentre l'Ebro, eh' è al- 6. lieto o di vedere anime sante, v. 11,
:

l' estremo confine occidentale, a 90° da cfr. Luca XV, 10 oppure in aspetto lieto
;

Gerusalemme, cade, cioè scende, scorre per far ben confidare i viandanti del re-
in giù, sotto la Libra, che in quel mo- stante cammino.
572 [GIRONE SETTIMO] PURG. XXVII. 7-26 [esitazione]

Fuor della fiamma stava in su la riva,


cantava Beati mundo corde!
< *
'

in voce assai più che la nostra viva.


in
Poscia « Più non si va, se pria non morde,
anime sante, il foco; intrate in esso,
e al cantar di là non siate sorde ! »
13 ci disse come noi gli fummo presso :

I>er ch'io divenni tal, quando lo 'ntesi,


qual'è colui che nella fossa è messo.
io In su le man commesse mi protesi,
guardando il foco e imaginando forte
umani corpi già veduti accesi.
19 Volsersi verso me le buone scorte,
e Virgilio mi disse « Figliuol mio, :

qui può esser tormento, ma non morte.


'12
Ricorditi, ricorditi !... E se io
sovresso Gerion ti guidai salvo,
che farò ora presso più a Dio ?
25 Credi per certo che se dentro all' alvo
di questa fiamma stessi ben mill'anni,

7. in sulla riva: sul sentiero, per il quale 16. commesse congiunte. : - mi protesi :

iP. andavano cfr. Purg. XXV, 112-117.


; sporsi corpo avanti. « Ghiacciato dallo
il

8. Beati è la sesta delle beatitudini


: spavento, il P. si protende in avanti,
evangeliche « Beati i puri di cuore, per-
: a guardare il fuoco, tenendo colle mani
ciocché vedranno Iddio » Matt. V, 8. ; giunte il suo corpo più indietro che po-
9. viva: chiara, sonora, armoniosa; tesse»; Barbi, Bull. XII, 280.
cfr. Purg. XIX, 43 sgg. 17. guardando: come si suole guar-
10-11. Poscia ecc.: finito il canto, come dare tutto ciò che ci atterisce. - forte :
j

noi gli fummo vicini, l'angelo ci disse: vivamente.


« Anime sante, non si può più proce- 18. già veduti ecc. aveva dunque ve- :

dere, se prima non siete purificate da duto ardere qualche condannato.


questo fuoco ». 19. scorte: guide, cioè V. e Stazio.
dal fuoco, cfr. v. 55 sgg.
12. di là: 21. qui può ecc.: questo fuoco del Purg.
Porgete ascolto alla voce che risuona di può essere tormentoso, ma non uccide.
là dal fuoco, in bocca ad un altro an- 22. Ricorditi, ricorditi ! « maestrevole :

gelo essa vi servirà di guida.


; reticenza, che dice dieci tanti più, che a
14-15. per eh' io ecc. all' invito di en-
: ricordargli ad un per uno i tanti pericoli
trare nel fuoco, mi sentii agghiacciare da' quali l' avea cavato, e le ragioni che
il sangue e divenni pallido come un ca- egli avea di fidarsi di lui » Oes. ;

davere cfr. Purg. IX, 41 XX, 128.


; ; 23. sovresso Gerion persino sul dorso :

V. 1G-45. L'esitazione dello spa- di Gerion e «la sozza immagine di froda»;


vento. T>. guarda le fiamme in atto di cfr. Inf. XVII,
91 sgg.
persona atterrita. V. lo cou forta ad en- a Dio: « Quasi dicat,
24. presso più
trarvi, assicurandolo che quel fuoco non longe melius; idest: si traxi te de In-
lo danneggerà punto e rammentandogli ferno, per omnia genera fraudium, quan-
eh' ei lo ha guidato salvo attraverso ben to magis nunc te purgatum per omnia
altri pericoli; ma D. non si muove. Allora genera vitiorum eruam de igne Purga-
V. gli dice di là quelle fiamme essere B. ;
torii » Benv.
! ;

all'udir ciò, D. si risolve ed entra in esse. 25. dentro all'alvo: nel seno, nel mezzo.
[GIRONE SETTIMO] PlJRG. XXVII. 27-43 [esitazione] 573

^tioii ti potrebbe far d' un capei calvo ;

28 e se tu forse credi ch'io t'inganni,


fatti ver lei, e fatti far credenza
con le tue inani al lembo de' tuoi panni.
31 Pon giù ornai, pon giù ogni temenza :

volgiti in qua, e vieni oltre sicuro ! »


E pur fermo e contra coscienza.
io
34 Quando mi vide star pur fermo e duro,
turbato un poco, disse « Or vedi, tìglio :

tra Beatrice e te è questo muro ».


37 Come al nome di Tisbe aperse il ciglio
Piramo in su la morte, e riguardolla,
allor che il gelso diventò vermiglio ;
40 così, la mia durezza fatta solla,
mi udendo il nome
volsi al savio duca,
che nella mente sempre mi rampolla ;

43 ond' ei crollò la fronte e disse : « Come !

27. far d'un capei calvo ardere un sol


: oculos iam morte gravatos Pyramus ere-
capello; cfr. Luca XXI, 18: « et capil- xit » Ovid., JHet. IV, 145 sg. - Tisbe
; :

lus de capite vostro non peribit ». Cfr. giovinetta babilonese, amava Piramo
Atti XXVII, 34. che abitava una casa attigua alla sua
29. fatti ver lei
appressati alla fiam-
: e con lui parlava per un buco del mu-
ma. - credenza fatti assicu-
e fatti far : ro di confine, contro il volere dei geni-
rare, che la fiamma non consuma, dal tori. I due amanti si dettero convegno
lembo di tua veste mettendolo in essa. sotto un gelso presso la tomba di Nino.
Far la credenza si diceva in antico di chi Tisbe vi arrivò la prima; ma un leone
pregustava le vivande de' principi per la costrinse a fuggire, e ne insanguinò
accertarli che non erano avvelenate. il velo, cadutole dal capo mentre fug-

31-32. Pon giù deponi. - temenza ti-


: : giva. Come giunse Piramo e vide le
more. - sicuro: senza preoccupazioni, tracce della belva e il velo insangui-
33. Ed io pur fermo ecc.: ed io segui- nato, credendo divorata la giovinetta
tava, sordo alle insistenti esortazioni amata, si ferì mortalmente. Ritornata
e argomentazioni del Maestro, a star- di lì a poco, Tisbe trovò Piramo mori-

mene lì immobile, sordo anche alla voce bondo in terra e lo chiamò per nome,
della coscienza che mi diceva di obbe- pregandolo di rispondere alla sua Tisbe ;

dire alla fidata guida assicurandomi che e al nome di lei il moribondo riaperse
non poteva non esser vero quel eh' egli gli occhi, riguardò un momento la sua
asseriva circa la natura di quella fiamma. diletta e spirò. Tisbe si uccise accanto
34. fermo e duro: Fermo si riferisce all'amante. Il gelso intanto, le cui radici
al corpo immobile, duro all' ostinazione erano state intrise del sangue di Piramo
dell' animo. « Ille qui in suo sensu per- e che aveva già fatte rosse le bacche
severa^ rigidus et durus per similitudi- sue, tali le conservò secondoil desiderio

nem vocatur»; Thom. Aq., Sum. theol. espresso da Tisbe stessa prima di mo-
III, Suz>pl. I, 1. rire; cfr. Ovid. Met. IV, 55-166.
35. turbato: della mia strana ostina- 38. in su la morte: in punto di morte.
zione, -un poco: «more sapientis»; Benv. 40. solla: cedevole, arrendevole; cfr.
36. tra Beatrice e te ecc.: questa fiamma Inf. XVI, 28. Purg. V, 18.
è il muro che solo ti separa da B. V. cono- 41. il nome: di Beatrice.
sceva già l'effetto sicuro di parole siffatte 42. mi rampolla mi risorge, mi rinasce
:

sul cuore di D. cfr. Purg. VI, 46 sgg.


; sempre nella memoria.
37. al nome: « Ad nomen Thisbes 43-45. crollò la fronte: non «ad ino-
574 [GIRONE SETTIMO] PUKG. XXVII. 44-58 [NELLA FIAMMA]

volemci star di qua? » Indi .sorrise,

come al fanciul si fa eli' è vinto al pome.


46 Poi dentro al foco innanzi mi si mise,
\ li
pregando Stazio che venisse retro,
che pria per lunga strada ci divise.
49 Come fai dentro, in un Dogliente vetro
gittato mi sarei per rinfrescarmi,
tant'er'ivi lo 'ncendio sanza metro.
52 Lo dolce padre mio, per confortarmi,
pur di Beatrice ragionando andava,
dicendo « Gli occhi suoi già veder parmi
: ».
55 Guidavaci una voce che cantava
di là ) e noi, attenti pur a lei,
venimmo fuor là dove si montava.
58 « Venite, benedirti Patri s mei »
dum indignantis » (Benv.), maconischer- a quel momento subito dietro a V. era
zevole affetto e a D. che si è voltato su-
; venuto Stazio, e D. chiudeva la breve
bito a lui con movimento e con volto che schiera cfr. Purg. XXII, 127 XXIII,
; ;

dicono meglio di ogni parola quanto egli 7 Sg.; 119; XXV, 8 sg.
XXIV,
abbia sentito la potenza di queir ultimo 49. dentro: nella fiamma. - Dogliente
argomento, V. chiede con bonaria ironia vetro: vetro liquefatto, « quod est summe
e simulata ingenuità: «Vogliamo dunque calidum» {Benv.), parrebbe acqua fresca
rimanerci di qua dalle fiamme?» E alla alparagone di quelle ardentissime fiam-
domanda il maestro fa seguire un signifi- me. Cfr. Ariost., Ori. Vili, 20.
cativo, benevolo sorriso. - come ecc.: nel 51. sanza metro: senza misura: indi-
modo che si sorride a un fanciullo, il cibilmente intenso.
quale dalla promessa di un pomo si la- 53. pur: solo, opperò di continuo.
scia indurre a far cosa che prima non 54. Gli occhi « Gli occhi di Beatrice
:

voleva fare. - pome pomo anche fuor


: ; sono le ragioni sottilissime et efficacia
di rima, v. 115, e cfr. Bull. Ili, 117. sime, e l'intelletti sottilissimi, che han
« Vedemo li parvoli desiderare massima- no avuto li Teologi in considerare e con
mente un pomo » Gonv. TV, 12. « Lo
; templare Iddio et insegnare a conside
scoppiettio del senso drammatico in tutta rarlo e contemplarlo» Buti, e cfr. Gonv
;

questa scena è davvero maggiore che quel II, 16 ma nel senso letterale sono i cari
;

d'una fiamma»; D'Ovidio, N. St. I, 551. occhi della donna amata, il ricordo de'
V- 46-63. Il passaggio attraverso quali accortamente il maestro ravviva
la fiamma. Vedendo D. risoluto ad ub- nell'animo del discepolo insieme con la
bidire, V. entra primo nel fuoco e prega sicura speranza di presto rivederli, per
Stazio di venire ultimo tra essi due è : accrescergli animo a proseguire il breve
D. Il calore dentro la fiamma è indici- ma tormentosissimo cammino.
bile. Per confortare D., V. gli vien par- 55-57. Guidavaci ecc. tra le fiamme
:

lando di Beatrice. Intanto fuor della i P. non,, possono esser certi di tenere
fiamma, là dov'è la scala per montare la giusta direzione ma seguono il suono
;

al Par. terrestre, un angelo invita con della voce e riescono al luogo desidera-
le parole '
Venite, benedetti del Padre to. È la voce dell'angelo, il quale però
mio! ', ed esorta i viandanti ad affret- non si dice che cancellasse dalla fronte
tare il passo prima che annotti. di D. l'ultimo dei 7 P; fu questo forse
46. innanzi: per far coraggio a D. e tolto via dalla fiamma ? - pur a lei solo :

servirgli insieme di guida. e sempre ad essa voce. - venimmo ecc.:


47-48. retro per sospingere e incorar
: uscimmo dalla fiamma proprio dove prin-
D., se mai, vinto dal bruciore, avesse cipiava la scala al Par. terrestre.
voluto tornare indietro. - ci divise fino : 58. Venite ecc. parole che Cristo dirà
:
[salita] Purg. xxvn. 59-76 [riposo] 575

sonò dentro a un lume che lì era,


tal, che mi vinse e guardar noi potei.
81 « Lo sol sen va » soggiunse, « e vien la sera :

non v'arrestate, ma studiate il passo,


mentre che l'occidente non s'annera. »
64 Dritta salia la via per entro il sasso
verso tal parte, eh' io toglieva i raggi
dinanzi a me del sol ch'era già basso ;

67 e di pochi scaglion levammo i saggi,


che il sol corcar, per l'ombra che si spense,
sentimmo dietro e io e li miei saggi.
70 E pria che in tutte le sue parti immense
fosse orizzonte fatto d' un aspetto,
e notte avesse tutte sue dispense,
73 ciascun di noi d' un grado fece letto $

che la natura del monte ci affranse


la possa del salir più e '1 diletto.
76 Quali si fanno ruminando man se
il di del giudizio finale
agli eletti « Ve- : lendo per essa, il Poeta aveva dinanzi
nite,benedicti patris mei possidete pa-;
l'ombra del proprio corpo. Era dunque
ratura vobis regnum a constitutione in prospetto dell'occidente questa estre-
mundi»; Matt. XXV, 34. ma scalea e dirigeva a levante »: An-
59-60. lume : lo splendore, come sem- tonelli. - parte: oriente.
pre, abbagliante dell'angelo. - lì: nel 67. levammo i saggi facemmo l'espe- :

luogo dove cominciava la scala, -tal ecc.: rimento, salendoli. Erano saliti pochi
cfr. Purg. II, 39; IX, 81; XV, 10-30. scaglioni, quando si accorsero del tra-
63.mentre ecc. finché non tramonti
: montare del sole, vedendo mancare l'om-
il sole vige anche lassù la legge espo-
: bra del corpo di D. Si noti il rimare di
sta in Purg. VII, 44 sgg. saggi con saggi, ma la parola ha diverso
V. 64-93. Principio della salita e significato ne' due luoghi.
riposo. Mancano pochi minuti alle 6 69. sentimmo ci accorgemmo. - saggi:
:

pom., e il sole sta per tramontare. Se- V. e Stazio.


condo il consiglio dell'angelo, i P. si af- 70. immense: lassù in alto l'orizzonte
frettano a salire l'ultima scala; ma han- era più ampio assai che nelle nostre re-
no fatti appena pochi scalini, quando il gioni terrestri.
sole tramonta, e la legge del Purg. co- 71. d'un aspetto: tutto oscuro.
stringe i P. a fermarsi. Ciascuno di essi 72. e notte ecc. e prima che la notte :

fa suo letto d'uno scalino. Il modo con avesse diffuse dappertutto le sue tene-
cui si adagiano, aspettando il nuovo so- bre. Il senso letterale non è ben sicuro :

le*, è descritto con due similitudini D. : forse dispensa qui vale ciò che si as- '

come capra custodita dal pastore, Vir- segna, parte assegnata', e D. vuol dire:
gilio e Stazio come mandriani che ve- '
prima che la notte avesse occupate e
gliano attendendo al gregge. Dall'angu- rese ugualmente scure tutte le parti del
sta scala dove riposa, si mostrano a D. cielo, ormai sue '.
lo stelle più lucenti e più grandi del 73. d'un grado fece letto: si coricò so-
solito. Mentre D. guarda le stelle e me- pra un gradino.
dita fra sé, si addormenta. 74. la natura : tale, che, tramontato
64-66. Dritta: « dice che quest'ultima il sole, non si può salire ; cfr. Purg.
via, scavata essa pure nel masso vivo, VII, 44 sg. - affranse : annientò, tolse.
era dritta; che era battuta dai raggi 75. il diletto: il piacere.
solari prossimi a estinguersi ; che, sa- 76. manse : mansuete, addomesticate.
576 [salita] Pukg. xxvn. 77-93 [iìiposo'

le capre, stale, rapide e proterve


sopra le cime avanti che sien pranse,
79 tacite all'ombra, mentre che il sol ferve,
guardate dal pastor, che in su la verga
poggiato
s'è, e lor poggiato serve;
82 e quale il mandrian che fuori alberga,
lungo il peculio suo queto pernotta,
guardando perchè riera non lo sperga ;

85 tali eravamo tutti e tre allotta,


io come capra, ed ei come pastori,
fasciati quinci e quindi d'alta grotta.
88 Poco parer potea lì del di fori.;
ma per quel poco vedea io le stelle,
di lor solere e più chiare e maggiori.
91 Sì ruminando e sì mirando in quelle,
mi prese il sonno; il sonno che sovente,
anzi che '1 fatto sia, sa le novelle.

agilmente rapaci. « Ut clau-


77. rapide: driani, mentre D. paragona sé stesso alla
sis rapidus fornacibus ignis »; Virg., capra ruminante (cfr. vv. 76 e 91). Bene
Georg. IV, 263. - proterve: petulanti. VOtt. osserva che delle due comparazio-
« haBdi.... petulci»; ibid. IV, 10. ni la prima (vv. 71-81) D. la, pone quanto
78. cime su per le balze. « Dumosa
: a sé, e la seconda (vv. 82-84) quanto a
pendere procul de rupe videbo » Virg., ;
V. e Stazio. Nella prima c'è un eccesso
Eclog. I, 76. -pranse: latinismo per 'pa- di particolari giacché ciò che vi si dice
sciute, sazie '. Pransus da prandeo è
' ' del pastore poggiato alla verga serve
propriamente chi ha fatto colazione. solo a compiere la descrizione, ma non
79. mentre ecc. durante le ore più cal- : ha che gli corrisponda nell'altro termine
de del giorno. - ferve arde. : della comparazione, dove abbiamo V. e
80. verga: bastone. St. che pernottano queti vigilando come
custodendole. Mentre che
81. serve : il mandriano dei vv. 82 sgg. della 2 a com-

le capre riposano, il pastore, appog-


si parazione.
giato sul suo bastone, le custodisce, ed 87. fasciati chiusi tra le pareti di
:

in tal modo serve loro di guardia. Al. quella fenditura del monte entro la quale
e lor di posa serve: lez. non facile a es- era la scala. - d'alta: Al. dalla. Che :

sere interpretata in modo che sodisfac- la grotta (rupe; cfr. Purg. XIII, 45 ecc.)
cia, eppur data da ottimi codici. Cfr. fosse alta, risulta chiaro dal v. sg.
Moore, Grit., 425 sg. 88. Poco le pareti essendo alte e la via
:

mandrian custode di una mandra.


82. : stretta. - parer apparire. :

-fuori: di casa sua, in campagna. «Ipse 90. di lor solere del loro solito. - mag-
:

velut stabuli custos in montibus olim, giori «L'accresciuta chiarezza si spiega


:

Yesper ubi e pastu vitulos ad tecta re- coll'aumentata purità e finezza dell'aria
ducit Auditisque lupos acuunt balatibus in quell'alta regione; e quanto alla par-
agni,Considit scopulo medius numerum- venza di più grande volume, bisogna
que recenset » Virg., Georg. IV, 433 sg.
; dire che il P. credesse di aver salito
83. lungo : presso. - peculio : in senso tanto, da essersi avvicinato in modo ap-
di gregge, ma riferitometaforicamente prezzabile alla sfera stellata, sì che le
ad uomini, si ha anche in Par. XI, 124. stelle dovessero comparire più grandi;
84. sperga: disperga, distrugga. concetto che per la dottrina di quel tempo
85. allotta: allora; cfr. Inf. V, 53; sulla distanza di questi astri niente ha
XXXI, 112, ecc. di assurdo » Antonelli.
;

86. ei V. e Stazio, paragonati ai


: man- 91-93. Sì ecc. mentre rivolgevo nella
:
alita] Purg. xxvii. 94-102 [sogno di dante] 577

Nell'ora, credo, clie dell'oriente


prima raggiò nel monte Citerea,
che di foco d'amor par sempre ardente,
giovane e bella in sogno mi parea
donna vedere andar per una landa
cogliendo fiori e cantando dicea
; :

100 « Sappia qualunque il mio nome dimanda,


eh' io mi son Lia, e vo movendo intorno
le belle mani a farmi una ghirlanda.

mia mente cose trascorse, così come le


le « Eam fìngit ire per landam quae dicitur
capre ruminano l'erba pasciuta,
(v. 76) locus prativus» ; Pietro di D.
e miravo le stelle, fui preso dal sonno, 101. Lia: (=affaticata, stanca), figlia
il quale rivela sovente i fatti prima che maggiore di Laban e prima moglie di
avvengano; cfr. Inf. XXVI, 7. Purg. Giacobbe ; cfr. Gerì. XXIX, 16 sg.; XXX,
IX. 10 sg. 17 sg. ; XLIX, 31. « Per L"iam, quae fuit
V. 94-108. Sogno di Dante. Verso lippa, sed fecunda, significatur vita acti-
l'alba,quando del ver si sogna, D. vede va, quae dum occupatur in opere, minus
in sogno una bella e giovane donna an- videt sed dum modo per verbum, modo
;

dar per un prato cogliendo fiori per in- per exemplum ad imitationem suam pro-
ghirlandarsene il capo. Essa canta, e nel ximos accendit, multos in opere bono fi-
suo canto dice che è Lia, la quale si di- lios generat»; Greg. Magn., Rom. 14 in
letta dell'operosità, mentre Rachele, sua Ezecìi. - « Quid per Liam nisi activa vita
sorella, si diletta di contemplarsi di con- signatur? Quid per Rachelem nisi con-
tinuo nello specchio. Come l'aquila del- templativa? In contemplatione princi-
l'altro sogno (Purg. IX, 19 sgg.) signi- pium, quod Deus est, quaeritur in opera- ;

ticava Lucia, così la bella donna prean- tone autem sub gravi necessitatum fasce
nunzia Matelda che D. vedrà nel Par. laboratur » Id., Moral. VII, 28. « Vita
;

terrestre. E per i SS. Padri e per gli Sco- hominis convenienter dividitur per acti-
lastici (cfr. la n. 101), Lia e Rachele, figlie vam et contemplativam »; Thom. Aq.,
di Laban e mogli del patriarca Giacobbe, Sum. theol. II, n, 179, 1. -«Iskb duse
figurano la l a la vita attiva, la 2 a la vita vitse significantur per duas uxores Ia-
contemplativa. Come Lia preannunzia cob activa quidem per Liam, contem-
:

Matelda, così Rachele Beatrice. plativa vero per Rachelem.... Divisio


94. Nell'ora: D. suppone che il pia- ista datur de vita h umana, quae quidem
neta Venere sorgesse al Purg. poco pri- attenditur secundum intellectum. Intel-
ma dell'alba solare; cfr. Purg. I, 19 sgg. lectus autem dividitur per activum et
Vuol dire che sognò presso al mattino ;
contemplativum, quia finis intellectivae
ci'r. Inf. XXVI, 7. - « Il sogno, che si cogniti onis vel est ipsa cognitio verita-
sogna dalla nona ora della notte infino tis, quod pertinet ad intellectum con-
al principio dell'aurora, dicono che si templativum vel est aliqua exterior ac-
;

dee compiere infra a uno anno, o sei tio, quod pertinet ad intellectum prac-
mesi, o tre, o infra '1 termine di dieci ticum sive activum » ibid. II, il, 179, ;

dì. E
questi sogni, che si fanno intorno 2. - « Deum diligere secundum se est
all'alba del dì, secondo che dicono, sono magis meritorium quam diligere proxi-
i più veri sogni che si facciano, e che mum.... Vita autem contemplativa di-
meglio si possano interpretare le loro recte et immediate pertinet ad dilectio-
significazioni»; Passavanti, Specchio di nem Dei.... Vita autem activa directius
pen., Fir., 1843, p. 407. ordinaturaddilectionem proximi» ibid. ;

monte: del Purg. - Citerea: Ve-


95. II, li,182, 2. Cfr. Conv. II, 5; IV, 17.
nere, così chiamata dall'isola di Citerà, De Mon. Ili, 16.
oggi Cerigo, presso la quale la Bea sa- 102. le belle ecc. : « significano li atti
rebbe nata dalle spume del mare, e dove virtuosi, li quali, come fiori vari, fanno
era particolarmente venerata. corona di loda e di gloria a chi li collie
98. lauda: pianura, 'prato; cfr. Inf. XIV, e ponseli a capo, cioè in su lo suo in-

Div. Comm., 8 a ed
578 [salita] PtTRG. xxvii. 103-116 [risvegli!

103 Per piacermi allo specchio qui m'adorno;


ma mia suora Rachel mai non si smaga
dal suo miraglio, e siede tutto giorno.
10G Ell'è de' suoi begli ocelli veder vaga,
coni' io dell'adornarmi con le mani;
lei lo vedere, e me 1' ovrare appaga. »
109 E già per gli splendori antelucani,
che tanto ai peregrin surgon più grati,
quanto, tornando, albergan men lontani,
112 le tenebre fuggian da tutti i lati,

e il sonno mio con esse; ond io leva'mi, 7

veggendo i gran maestri già levati.


115 « Quel dolce pome che per tanti rami
•cercando va la cura de' mortali,

telletto » ; Futi. Cfr. Conv. IV, 22. De 109. antelucani : precedenti la luce de
Mon. I, 4. sole. Cfr. Purg. I, 115 sg. « Tamqnar
103. Per piacermi : io mi adorno qui gutta roris antelucani, quae descendit i:
colle opere (fiorì) per piacere a me stessa, terram»; Sapien. XI, 23.
quando mi specchierò in Dio, specchio 110. più grati perchè annunziano sem
:

della coscienza. pre più vicino il momento di riveder


104. Rachel (= pecorella), secondo-
: la patria.
genita di Laban e seconda moglie di Gia- 111. men lontani : Al. : più lontani, eh
cobbe; cfr. Gen. XXIX, 10sg.~; XXX, il Lan. spiega: «Quanto lo pellegrina
22 sg.; XXXI, 19 sg. 16 sg. in
; XXXV, ; è più lontano della sua casa, tornandi
cielo siede presso Beatrice cfr. Inf. II, ; dal suo viaggio, tanto gli è più a grad'
102. - si smaga: si allontana, si distac- lo die e l' aurora quindi i estina e viag
;

ca; cfr. Purg. X, 106. «Santo Bartolo già. » Veramente più lontani è lezion
fu iscorticato.... e non si smagò dalla di molti codd. ma l' altra contiene
; m
volontà di Dio»; Fra Giord., Fred., Ed. concetto famigliare a D. e il solo qu
Moreni, I, 125. conveniente. « Quanto la cosa desiderati
105. miraglio dal suo specchio, che è
: più s' appropinqua al desiderante, tant<
Iddio. Per miraglio, prov. miralh, usato il desiderio è maggiore » Conv. Ili, 10 ;

dagli antichi nel senso di specchio, cfr. - « Omne diligibile tanto magis diligitur
Biez, W'òrt. II 3 37 8. Nannuc, Verbi, 749.
,
quanto propinquius est diligenti»; B
- siede : « Sedens secus pedes Domini Mon. I, 11. E poi, se si leggesse più, D
audiebat verbum illius » ; Luca X, 39. implicitamente verrebbe a dire che l'au
106-107. de' suoi ecc.: ella è deside- rora è tanto men grata al pellegrino
rosa di vedere i suoi begli occhi nello quanto meno è lontano da casa sua, eh»
specchio, come io dell' adornarmi co' fiori è falso. D' altra parte D. non era più
trascelti colle mie mani ella si bea nella
; ma men lontano e dal Paradiso terre
contemplazione, io nell'operare. stre, destinato già per patria terrena al
V. 109-123. Salita al Paradiso ter- 1' uomo, e dal Paradiso celeste, vera pa

restre. Sono le ore 6 J /2 di mattina. D. tria di lui. Cfr. Moore, Crit., 426 sg
si sveglia, e vede V. e Stazio già levati. 113. leva' mi : mi levai.
V. gli dice: «Questa felicità che gli V. e Stazio « del mon
114. gran maestri:
uomini vanno cercando per tante e sì do sì gran maliscalchi »; Purg. XXIV, 99
diverse vie, appagherà oggi nel terre- 115-116 pome: pomo, cfr. v. 45. Conv
stre Paradiso le tue brame ». Oltremodo IV, 12. Il pomo che la cura dei mortai
lieto di sì fausto annunzio, D. sente rad- va cercando per tanti rami, per tanti,
doppiato il volere di giungere sulla som- e diverse vie, è il vero bene, quello ch<i
mità del sacro monte, così che sale il rende l'uomo veramente felice. « Omniì
rimanente della scala quasi volando. mortalium cura quam multiplicium stu
[salita] PURG. XXVII. 117-131 [CONGEDO DI VIRG.] 579

oggi porrà in pace le tue fami. »


118 Virgilio inverso me queste cotali
parole usò ; e< mai non furo strenne
che fosser di piacere a queste iguali
121 Tanto voler sopra voler mi venne
dell' esser su, eh ad ogni passo poi
7

al volo mi sentia crescer le penne.


124 Come la scala tutta sotto di noi
fu corsa e fummo in su '1 grado superno,
in me ficcò Virgilio gli occhi suoi,
12; e disse « Il temporal foco e l' eterno
:

veduto hai, figlio, e se' venuto in parte


dov'io per me più oltre non discerno.
130 Tratto t' ho qui con ingegno e con arte :

lo tuo piacere ornai prendi per duce :

diorum labor exercet, diverso quidem soglia del Par. terrestre, V. guarda fiso il
calle precedit, sed ad unum tamen bea- suo alunno e si congeda da lui, dicendo-
tìtudinis finem nititur pervenire. Id au gli « Tu hai già vedute le pene dell' Inf.
:

tem est bonum, quo quis adepto nihil e del Purg. e sei giunto in luogo, dove io
,

ulterius desiderare queat»; Boet., Cons, non so più quel che occorre £er esserti
phil. 2. - la cura: nominativo.
Ili pr. guida. Ti guidi pertanto il tuo volere
Senso mortali con tanta cura e in
: che i sino all' apparizione di B. £)a me non
sì varii modi vanno cercando. aspettar più parole o cenni; tu sei or
117. porrà in pace ecc. appagherà : mai pienamente padrone di te. »
acqueterà i tuoi desiderii. 125. grado superno : lo scalino più alto,
119-120. strenne; I comm. ant. spie soglia del Par. terrestre.
gano strenna o mancia, cioè dono o
' '
; 126. ficcò: mi guardò fisamente; cfr.
novella, annunzio. Certo strenna valse Inf. XII, 46 ; XV, 26. Purg. XIII, 43, ecc.
*
mancia o dono ', ma più precisam. se- 127. il temporal fuoco: del Purg. -
condo che scrive Pietro di D., « mancia T'eterno: dell' Inf. Per il senso di 'fuo-
qua e datur in principio calendarum ». co', conche si designano tutte sinteti-
Il Cavalca poi (Specchio dei peccati, Fi- camente le pene dell'altra vita, cfr. le
renze, 1828, p. 79 e cfr. Simbolo degli osservazioni del D' Ovidio, N. St. I, p. 208
Apost., Koma, 1763, pag. 95) parla del sgg. e 370 sg.
« dare o ricevere strenne in calendi gen- 128. in parte nel Par. terrestre, figura
:

naio o in altre calendi per segno o prin- della beatitudine di questa vita, alla
cipio di buon fatto » e Fra Giordano ; quale 1' uomo perviene per gli ammae-
'
(Ed. Manni, pag. 86) usa farle strenne '
stramenti filosofici, operando secondo
per auspicare '. Probabile è perciò che
'
le virtù morali ed intellettuali e sotto la
in D. strenne valga dono lietamente
' ' '
guida dell'autorità imperiale; cfr. De
e sicuramente augurale ', o addirittura Mon. Ili, 15.
'
annunzio ', e magari annunzio di cosa '
129. per me: senza illume della ri-
lieta '. Le parole V. a D. sono pronun-
di velazione; cfr. Purg. XVIII, 46 sgg.
ziate al principio del mattino, appena D. 130. con ingegno trovando quanto era
:

si è svegliato. Cfr. Barbi, Bull. XXV, 65. mestieri al tuo campare, cfr. Inf. II,
penne: la forza e la facilità a
123. le 67 sgg. - con arte studiando quanto ti
:

oramai avverata la profezia


salire. Si è fosse di soccorso ad ogni bisogna; cfr.
di Y. Purg. IV, 91 sgg. XII, 121 sgg. ; Purg. XVIII, 139.
Cfr. Par. XVIII, 58 sgg. 131. lo tuo ecc.: or va' a tuo senno.
V. 124 142. Ultime parole di Virgi- x< Deus reliquit hominem in manu con-
lio. Arrivati al sommo della scala, sulla silii sui » : Eccles. XV li .
580 [salita] PCRG. XXVII. 132-142 [CONGEDO DI VIRGILIO"

fuor se' dell' erte vie, fuor se' dell' arte,


133 Vedi lo sol che iu fronte ti riluce;
vedi l'erbetta, i fiori e gli arbuscelli,
che qui la terra sol da sé produce.
130 Mentre che vegnan lieti gli occhi belli
che, 1 agri mando, a te venir -ini fenno,
seder ti puoi e puoi andar tra elli.
139 Non aspettar mio dir più né mio cenno :

libero, dritto e sano è tuo arbitrio,


e fallo fora non fare a suo senno :

142 per eh' io te sopra te corono e mi trio. »

132. erte: ripide, -arte: strette; cfr. hoc totum in bonuni hominis cedebat » ;

Inf. XIX, 42. Par. XXVIII, 33. Thom. Aq., Sum. theol. I, 102, 3.
133. in fronte :« se i Poeti avevano il 136-137. Mentre che: finché, -lieti:
sole alle spalle, quando la sera precedente della tua salvazione, gli ocelli belli di
cominciarono a salire la scala, giunti in B., che già lagrimarono (Inf. II, 110),
cima ad essa poco dopo il sorgere di quel- quando, addolorata del tuo smarrimento,
1' astro, doveva questo esser loro in pro- ella scese a pregarmi di soccorrerti, v. 54.
spetto, sebbene un poco a sinistra »; An- 138. seder: vita contemplativa, v. 105.
tonelli. - Dio è il sole spirituale e intelli- - andar vita attiva, v. 101. - elli l' er-
: :

gibile (Conv. 12); e ora che dalla


Ili, betta, i fiori e gli arbuscelli del v. 134.
fronte sua son cancellati i sette P, D. 139. mio dir: V. abbandonerà D. solo
è ornai disposto a ricevere la divina luce. all'apparire di B. cfr. Purg. XXVIII,
;

« Poiché la somma Deità, cioè Iddio, 145 sgg. XXIX, 55 sgg.: XXX, 43 sgg.
:

vede apparecchiata la sua creatura a ri- ma fin da questo momento non gli parla
cevere del suo benefìcio, tanto largamente più, né gli fa alcun cenno è compagno:

in quella ne mette, quanto apparecchiata tutto passivo.


è a riceverne » Conv. IV, 21.
; 140. libero: dalla soggezione a impulso
135. sol da sé: senza seme (cfr. Purg. o potere di appetiti, ma di essi signore e
XXVIII, 69)esenzalavoroumano. «Ipsa regolatore: cfr. De Mon. I, 12. - dritto:
quoque immunis rastroque intacta nec non torto dalla via del vero e del bene,
nllis Saucia vomeribus per se dabat om- -sano: integro, senza macchia o guasto
nia tellus»; Ovicl., Met. I, 101 sg, Se- d'alcuna specie.
condo la Genesi (II, 15), Dio «posuit ho- 141. e fallo: ecc.: e sarebbe errore non
minem in paradiso voluptatis, ut opera- agire assecondando in tutto e per tutto
retur et custodiret illum. » Ma, secondo esso arbitrio, così purificato e perfetto.
gli scolastici, quel lavoro non era fatica, 142. te sopra te corono e mitrio ti di- :

era anzi diletto. « Xec tamen ilia opera- chiaro pienamente padrone di te stesso ;

tio esset laboriosa, sicut post peccatum ;


ma questa sentenza solenne è qui espres-
sed fuisset iucunda propter experìentiam sa efficacemente con la immagine della
virtutis natura*. Custodia etiam illa non corona e della mitiàa, designanti quella
esset contra invasorem; sed esset ad l'autorità temporale, questa la spiri-
hoc, quod homo sibi paradisum custo- tuale. Eccellente ci pare la chiosa del-
diret, ne ipsum peccando amitteret. Et l' Ott.: « Te sopra te fo rettore e pastore ».
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXVIII. 1-10 [ENTI*. NEL PAR. TERR.] 581

CANTO VENTESIMOTTAVO

PARADISO TERRESTRE

FIUME LETE, LA DONNA SOLETTA


IL
ORIGINE DELL'ACQUA E DEL VENTO NELLA DIVINA SELVA
CONDIZIONE DEL LUOGO

Vago già di cercar dentro e dintorno


la divina foresta spessa e viva,
ch'agli occhi temperava il nuovo giorno,
sanza pia aspettar, lasciai la riva,
prendendo la campagna lento lento
su per lo suol che d' ogni parte oliva.
Un'aura dolce, senza mutamento
avere in sé, mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento ;

10 per cui le fronde, tremolando pronte,

V. 1-21. Entrata nella divina fo- luptatis a principio » ; Gen. II, 8. - spes-
resta, È la mattina del 7° giorno del sa folta (v. 108) di piante. - viva sempre
: :

viaggio dantesco. I P. entrano nel Par. verde e fiorente.


terrestre, selva incantevole, dove il suo- 3. temperava: temperava agli occhi
lo olezza del profumo di mille e mille miei, co' suoi numerosi e frondosi ra-
fiori e dove spira un' aura dolce e sem- mi, i raggi del sole, sorto da poco.
pre uguale. - D. si mostra fedele disce- 4. aspettar: parola o cenno di V.; cfr.
polo di S. Tommaso anche nella topo- Purg. XXVII, 139. - riva: soglia del
grafia del Par. terrestre, il quale, se- Par. terrestre.
condo l'Aquinate, è situato in luogo 5. prendendo ecc. avviandomi per
:

altissimo nelle parti orientali della terra. quella campagna pian piano giacché ;

« Cum autem oriens sit dextera eoeli, voleva osservare tutto e assaporare il
dextera autem est nobilior quam sini- piacere di tanta bellezza.
stra; conveniens fuit ut in orientali parte 6. oliva: olezzava essendo tutto fiori,
paradisus terrenus insti tu eretur a Deo. . . erbetta e arboscelli cfr. Purg. XXVII,
;

Pertingit usque ad lunarem circulum.... 134. Bocc, Dee. II, 5.


Seclusus est a nostra habitatione aliqui- 7-8. dolce: perchè lene ed olezzante. -
bu8 impedimentis vel montiùm, vel ma- senza mutamento avere in sé: non sog-
rium, vel alicuius sestuosse regionis, quae getta ad alterazioni e perturbazioni,
pertransiri non potest » Sum. theol. I,
; come l'aria sulla nostra terra.
102, 1 cfr. S. Aug., In Genes. Vili, 7.
;
9. non di più colpo ecc. dandomi la
:

1. Vago: desideroso; e il desiderio è stessa impressione che dà sulla terra un


stato eccitato dalle parole di V., Purg. soffio di vento soave e leggero.
XXVII, 115 sgg. - dentro nel mezzo. - : 10. per cui ecc. e pel soffiare della
:

dintorno: in giro. dolce aura le fronde degli arboscelli si


2. diTina piantata da Dio. «Plantave-
: piegavano tutte obbedienti verso la parte
rat autem Dominus Dens paradisum vo- dove il santo monte in quel!' ora mattu-
582 [par. terrestre] Purg. xxviii. 11-22 [entrata]

tutte quante piegavano alla parte


U' la prim ombra gitta il santo monte
7

L3 non però dal loro esser dritto sparte


tanto, che gli augelletti per le cime
lasciasser d operare ogni lor arte
7
;

L6 ma con piena letizia l


7
óre prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone sue rime, alle
19 tal, qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su '1 lito di Chiassi,
quand Eolo Scirocco fuor discioglie.
7

22 Già m 7
avean trasportato i lenti passi

tina gettava la sua ombra, cioè verso vento di S.-E. « Quando lo Scirocco spi-
occidente. ra, di tra levante e mezzogiorno, tutte
13-15. non però ecc.: senza per questo le fronde del pineto ravennate, posto sul-
essere fatte divergere tanto dalla loro l'orlo dell'Adriatico, si piegano.... mor-
posizione naturale, che gli uccelletti do- morando con dolcezza e con ima specie
vessero, spauriti, tralasciare ogni arte di ritmo e di fremito uguale e costante
loro, cioè di volare di ramo in ramo e che è proprio de' pini, per la loro forma
di cantare. quasi piana al di sopra e per la qualità
16-17. l'ore prime: le primo aure, le della chioma a steli rigidi ed acuti. Così
aurette mattutine; cfr. Petrarca, Son. gli uccelli, non impauriti da stormire
I, 143 :Parmi d' udirla, udendo i rami e improvviso né da troppo ondeggiamento
l'ore, -ricevieno: riceveano, respiravano. dei tronchi schietti e forti, cantano per
18. tenevan bordone ecc.: facevano co- le cime senza interruzione come raccolti
me un suono di continuo contrabbasso, in dilettoso convegno o in viva gara di
col loro moderato ma incessante stormi- voci e di canti»; Ricci, o. e, 115.
re, alle sue rime, al loro canto. V. 22-33. ZI fiume Lete. Addentra-
19-21. tal, qual ecc. tale bordone, tale
: tosi nella divina foresta D. giunge alla
accompagnamento, quale si forma [« il sponda di un fiume, il Lete, dalle acque
raccogliere ritrae e quasi computa i pic- limpidissime, e lì si ferma. Il P. tolse
coli elementi del suono, che poi si fa dalla Genesi II, 10 sg., l'idea dei fiumi
tutto con rumore » Tom.] nella pineta
; del Par. terrestre, che nascono da una
di Ravenna, quando spira lo Scirocco. sola sorgente e scorrono in direzione op-
« Qualia succinctis, ubi trux insibilat posta; ma i nomi, i nomi soli, prese dalla
Eurus, Muratura pinetis fìunt, aut qualia mitologia classica. Il Lete dantesco non è
fiuctus ^Equorei faciunt, si quis procul il Lete mitologico, che, spegnendo la me-

audiat illos»; Ovid., Met: XV, 603 sgg. - moria di tutto il passato, rende le anime
Chiassi oggi Classe, già castello o città
: de' defunti, immemori interamente di sé
sul celebre porto di Ravenna, cui era e d' altrui, spoglie d' ogni coscienza e cie-
unito da una via, detta Cesarea. Ne che d' ogni lume di cognizione distinta.
rimane oggi la splendida basilica di Le acque del Lete dantesco, all' anima
S. Apollinare in Classe, presso cui sorse che se ne bagna e ne beve a purgazione
anticamente un' abbazia abitata dai Cas- compiuta, fanno dimenticare solo i pec-
sinesi, ai quali nel 1138 succedettero cati, e quindi la liberano di tutta 1' ama-
i Camaldolesi cfr. Ricci, Ultimo rifugio
; rezza dolorosa e della vergogna che alla
di D., 117. - Eolo: il dio dei venti, che coscienza hanno date e darebbero ancora,
li tiene chiusi in una grotta e li spri- se il ricordo ne durasse, i peccati; con-
giona a suo beneplacito. « iEoliam ve- corrono perciò alla perfezione della bea-
nit.Hic vasto rex JEolus antro Luctan- titudine a cui salgono le anime uscenti
tes ventos tempestatesque sonoras Im- dal purgatorio. Cfr. Perez, Delle fra-
perio premit ac vinclis et carcere fre- granze ecc., 25 sgg.
nat»; Virg., Aen. I, 52 sgg. - Scirocco : 22-24. Già ecc. m' ero già pian piano
:
[paradiso terrestre] Purg. XXVIII. 23-33 [il fiume lete] 583

dentro alla selva antica tanto, ch'io


non potea rivedere ond'io m'entrassi ;

25 ed ecco più andar mi tolse mi rio,


che invèr sinistra con sue picciole onde
piegava l'erba che in sua riva uscio.
28 Tutte l'acque che son di qua più monde,
parrìeno avere in se mistura alcuna
verso di quella che nulla nasconde ;

31 avvegna che si mova bruna bruna


sotto ombra perpetua, che mai
l'

raggiar non lascia sole ivi né luna.

addentrato tanto nella selva, eh' io non la riconoscesse subito ; cfr. Gìov. XXI,
vedeva più il luogo ond'ero entrato; cfr. 12. Equando più tardi ne ode il nome,
Inf. XV, 13 sgg. Matelda (Purg. XXXIII, 119), egli non
25. tolse: impedì, -rio: Lete, v. 130. chiede chi sia questa Matelda mo- ;

27. piegava: «Tenuis fugiens per gra- stra anzi di sapere assai bene tale essere
mina rivus»; Virg., Georg. IV, 19.- uscio: il nome della donna soletta. Se dunque

uscì, spuntò sulle sue sponde. D. la riconobbe senza chiedere uè a lei


28. di qua nel nostro mondo. - monde
: : né ad altri chi fosse e come si chiamasse,
pure e limpide. doveva,' così pensarono e pensano pa-
29-30. parrìeno avere ecc. parrebbero
: recchi studiosi, averla conosciuta nella
torbide a paragone dell'acqua di quel prima vita onde questa donna non po-
;

rio, che lascia vedere ogni più picciola trebbe essere storicamente, secondo che
cosa sino al fondo, tanto è limpida. variamente opinarono gli interpreti, né
31. avvegna che sebbene scorra in luo-
: la contessa Matilde di Toscana, né la
go del tutto ombreggiato. D. aveva da- moglie di Arrigo I imperatore, né una
vanti alla mente i limpidi canali della monaca tedesca ma una giovine donna
;

pineta ravennate. conosciuta dal P., forse una di quelle


33. raggiar ecc. non lascia che sole
: ricordate da D. nella Vita Nuova. Tale
né luna mandino ivi i loro raggi. Qui « si opinione parrebbe confortata dal ritratto
può dire che la descrizione del Paradiso che il P. fa di Matelda, il quale non è
Terrestre finisca. Descrizione assai bre- certo quello della Gran Contessa e molto
ve, perchè tutta ristretta in trentatrè meno di una monaca. Ed essendo Ma-
versi » ma in essa « tutto è concreto,
; telda guida e maestra di D. nel Par. ter-
preciso, nitido, perspicuo. Ivi le parole restre, colei che lo presenta a B., lo im-
sembrano essere le impronte stesse delle merge nelle mistiche acque dei due fiumi
cose; figure di sigillo. Nulla d'involuto, e lo '
offre '
alla danza delle Virtù car-
nulla di astruso, nulla di ammanierato, dinali, potrebbe anche, si è detto, alle-
nulla di ridondante. Nessuno sforzo, nes- goricamente figurare il ministero eccle-
suna ostentazione. La meraviglia più mi- siastico, il pastore ideale delle anime.
rabile qui entro è la schietta, tranquilla, Se non che si osserva che, essendo essa
laminosa semplicità »; Qraf, Lectura preannunziata dalla Lia del sogno, deve
Dantìs, p. 14 sg. simboleggiare, come Lia, la vita attiva, e
V. 34-84. La bella donna sulle spon- a tale simbolo ben si presterebbe la Gran
de del Lete, Fermatosi, D. guarda oltre Contessa. La questione, molto ardua, è
il fiume e vi scorge una bella donna che, tuttora sub iudice, e non se ne avrà forse
pari alla Lia del sogno mattutino (Purg. mai una soluzione interamente sicura per
XXVII, 97 sgg.), va cantando e cogliendo la scarsezza dei dati che a risolverla ci
fiori.La prega di avvicinarsi, ed ella si offre il P. Cfr. D'Ov., N. St., I, 486
accosta alla riva, di modo che il P. ne sgg. e 567 sgg. (dove è anche breve-
è separato dal solo fiume, e si dichiara mente, ma assai lucidamente rifatta la
pronta a sodisfare ad ogni domanda di lui. storia delle controversie mateldiane di
Chi è costei? D. conversa con essa senza questi ultimi anni), e Graf, Lectura
chiederle chi sia il che suppone che egli
; Dantis, 13-20.
584 [PAR. TERRESTRE] PDRG. WVNI. :>4-54 [_l.A BELLA DOJ

34 Coi pie ristetti, e con gli ocelli passai


di là dal fìumicello, per in ira re

gran variazion dei freschi mai


la :

37 e là m'apparve, si com'egli appare


subitamente cosa che disvia
per maraviglia tutto altro pensare,
•lo
una donna soletta, che si già
cantando ed iscegliendo fior da flore,
ond'era pinta tutta la sua via.
43 « Deh, bella donna ch'ai raggi d'amore
ti scaldi, s'io vo' credere ai sembianti

che soglion esser testi mon del core,


46 vegnati voglia di trarreti avanti »
diss'io a lei, « verso questa rivera,
tanto ch'io possa intender che tu canti,
40 Tu mi rimembrar dove e qual era
fai

Proserpina nel tempo che perdette


la madre lei, ed ella primavera. »
52 Come volge con le piante strette
si

a terra e intra sé donna che balli,


e piede innanzi piede a pena mette •

34-36. ristetti mi fermai sulla riva si-


: V, 385-408, dove si racconta come Proser-
nistra del fìumicello e drizzai gli occhi pina, figlia di Cerere, mentre nell' ameno
alla riva opposta. - Yari'azion ecc. la : bosco di Enna
coglieva fiori insieme con
gran varietà de' rami fioriti. Maio (== le compagne, fu sorpresa e rapita da Plu-
maggio) voce dell' uso, vale ramo fio- '
tone che sul proprio carro la portò giù
rito '
cfr. Caverni, Voci e Modi, 78 sg.
; nell'Inferno. Nell'atto che fu afferrata
37. e là: di là dal fìumicello. -egli: dal Dio « collecti fiores tunicis elidere
riempitivo. remissis», e il poeta aggiunge che«haec
38. disvia: distoglie. «E qui è da no- quoque virgineum movit iactura dolo-
tare che, siccome dice Boezio nella sua rem ». - primavera i fiori, eh' ella lasciò
:

Consolazione, ogni subito mutamento di


'
cadere. Al. il verdeggiante e fiorito bo-
:

cose non avviene senza alcuno discorri- sco d'Enna, dove, al dire di Ov., 1. e,
mento d' animo » Conv. II, 11, (v. Boet.
'
; v. 391 è primavera perpetua. Primavera
Cons. phil. II, pr. 1. Cfr. Petrarca I, per fiori, o piuttosto fioritura primave-
Son. 136). rile, troviamo in Par. XXX, 63. La 2a in-
42. pinta: dipinta, smaltata. terpretaz. è preferibile poiché 1' espres-
44. s' io vo' ecc. se voglio credere alla
: sione nel tempo che non par convenire
espressione del tuo aspetto. a un momento breve quale fu quello del
45. testini on: «lo viso mostra lo co- lasciar cader i fiori, ma a un fatto o con-
lor del core»; Vita Nova, lo. Cfr. Conv. dizione durevole e se ben si guarda, in
;

III, 8. tale interpretaz. è inclusa anche la pri-


46. voglia: AL: in voglia: compiaciti ma la caduta dei fiori fu per Proserpina
:

di avanzarti verso il fiume (rivera). il primo atto o momento del perder pri-

48. che: che cosa. Udiva il canto (v.41), mavera.


ma non ne distingueva le parole. 52-53. strette a terra: quasi striscian-
49-51. Tu ecc. tu mi richiami alla men-
: ti sul suolo. - intra sé : strette tra loro.
te. - dove l'ameno e fiorito prato. - qual
: : 54. e piede innanzi piede: cfr. Purg.
raggiante di bellezza-, cfr. Ovid., Met. XXIX, 9. .
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXVIII. 55-70 [LA BELLA DONNA] 585

55 volsesi iu su i vermigli ed in su i gialli


fioretti verso me, non altrimenti
che vergine che gli occhi onesti avvalli ;

;>s
e fece i prieghi miei esser contenti,

appressando sé, che '1 dolce suono


veniva a me co' suoi intendimenti.


61 Tosto che fu là dove l'erbe sono
bagnate già dall'onde del bel fiume,
di levar gli occhi suoi mi fece dono :

6i non credo che splendesse tanto lume


sotto le ciglia a Venere, trafìtta
dal figlio fuor di tutto suo costume.
67 Ella ridea dall'altra riva dritta,
trattando più color con le sue mani,
che l'alta terra sanza seme gitta.
70 Tre passi ci facea il fiume lontani :

vermigli colore della carità, -gial-


55. : del sovrumano splendore degli occhi di
li: come
l'oro, colore della purità. Matelda, il paragona a quelli di Ve-
P. li

57. avvalli: chini, abbassi; cfr. Purg. nere, allorché, ferita acaso da Cupido suo
XIII, 63. Il Graf, Lectura Dantis, p.16, figlio, si sentì presa d'amore per Adone,
nota che «il poeta volle adornata questa nel qual momento gli occhi della dea do-
sua dolce creatura di quante grazie e vettero rifulgere di lume straordinario.
vaghezze possono in donna apparire più « Pharetratus dum dat puer oscula ma-
seducenti ». Ella è bellissima come Pro- tri, Inscius exstanti distrinxit arundine

serpina (v. 49), anzi come Venere (v. 64) ; pectus, etc. » Ovid., Met. X, 525 sgg.
;

ella ha il riso « che la fa più gioconda» -fuor ecc.: a caso, ciò che Cupido non
e il pudore « che la fa più cara » ella ; soleva mai fare.
canta, e « quale attrattiva conferisca il 67. altra riva dritta: dritta si riferi-
canto alla donna, dice il mito delle si- sce non a riva, ma a Matelda: ella ri-
rene »; ella coglie fiori, « e bella donna deva stando ritta in su l'opposta riva.
che coglie fiori ponesi a un paragone d 68. trattando tenendo fra le mani, e
:

cui rimane a lei la vittoria » ella balla ; forse intrecciando fiori di varii colori
e « non è mai la donna così seducente che già aveva colti. E questo senso biso-
come nelle movenze del ballo » e final ; gnerebbe dare a traendo ', eh 'è var. as-
'

mente un fascino maggiore di tutti gì sai diffusa, non essendo possibile che
altri e che a tutti gli altri accresce vir trarre significhi qui, come si è voluto,
tu : Matelda da a divedere d'essere in '
cogliere ', se si rifletta che Matelda
namorata. » sta dritta sulla riva di Lete.
59-60. suono: del canto di lei. - co 69. alta è al sommo della montagna,
:

suoi intendimenti con le parole del can


: elevatissima, del Purg. - sanza seme :

to sì chiare, che ne intendevo il signi cfr. Purg. XXVII, erataeter- 135. «Ver
ficato. num, placidique tepentibus auris Mul-
margine erboso del fiume
61. là: sul cebant Zophyri natos sine semine flo-
Matelda si avvicinò al P. fin
62. già: res»; Ovid., Met. I, 107 sg. -«Questa
là dove le onde già piegavano le erbe elevatissima regione terrestre conserva,
dunque quanto più avanti potè senza giusta l'opinione del Poeta, la proprietà
bagnarsi. che il Signore dette alla terra primitiva,
63. ocelli: sin qui avvallati per ve-
' '
di produrre da sé erba verdeggiante che
recondia, v. 57. -dono: grazia; cfr. Inf. facesse il seme a seconda della sua spe-
VI, 78. cie e piante fruttifere»; Antonellì.
64-66. Non credo ecc. : per dar un'idea 70. Tre passi: cfr. Purg. IX, 106.
586 [par. terrestre] Purg. xxviii. 71-87 [la bella donna]

ma Ellesponto, là 've passò Serse,


ancora freno a tutti orgogli umani,
73 più odio da Leandro non sofferse,
per mareggiare intra Sesto e Abido,
che quel da me, perdi' allor non s'aperse.
76 « Voi siete nuovi e forse perdi' io rido »
;

cominciò ella « in questo loco eletto


all'umana natura per suo nido,
79 maravigliando tienvi alcun sospetto :

ma luce rende il salmo Defedasti ', '

che può te disnebbiar vostro intelletto.


82 E se' dinanzi e mi pregasti,
tu che
di' s'altro vuoli udir; ch'io venni presta
ad ogni tua question tanto che basti. »
85 « L'acqua » diss' io « e il suon della foresta
impugna dentro a me novella fede
di cosa ch'io udi' contraria a questa. »

71-72. Ellesponto: lo stretto dei Dar- delle meraviglie che Iddio creò, e di che
danelli. - là 've passò Serse Serse, figlio : è pieno il Par. terrestre.
di Dario re di Persia, cui successe nel 81. disnebbiar: schiarire; cfr. v. 90.
regno l'anno 485 a. C, passò nel 480 con 82. dinanzi: a V. e a Stazio.
un grande esercito sopra due ponti di 83-84. di' s'altro ecc.: parla liberamen-
navi lo stretto de' Dardanelli, per por- te, se vuoi sapere altra cosa da me, che
tar guerra alla Grecia. Sconfitto presso io sono venuta qui pronta a rispondere
Salamina, ripassò fuggendo l'Ellespon- ad ogni tua domanda tanto quanto basti
to, lasciando così ai pòsteri un severo a sodisfarti: cfr. v. 134 sg.
esempio delle funeste conseguenze del- V. 85-108. Causa del vento nel Pa-
l' orgoglio umano; cfr. De Mon. II, 9. radiso terrestre. Da Stazio D. aveva
73. più odio ecc. l'Ellesponto non fu
: udito, non aver luogo, dalla porta del
più odiato da Leandro che Lete da me. Purg. in su, nessuno de' fenomeni pro-
Leandro, giovane greco di Abido, città prii dell'atmosfera terrestre cfr. Purg. ;

sull'Ellesponto, per visitare la sua aman- XXI, 43 sgg. Questa verità sembra ora
te Ero, che abitava a Sesto sulla riva op- contradetta dal fatto, che lassù, in vetta
posta, traversava ogni notte a nuoto l'El- allamontagna, e' è acqua corrente e ri-
lesponto, finché una volta vi annegò; suona la foresta per soffiare di vento.
cfr. Ovid., Ep. XIX; Heroid. XVII. « Come mai avviene ciò ? » domanda il P.
74. per mareggiare per l'ondeggiare: Matelda risponde che causa del vento
impetuoso delle sue acque. lassù non è, come quaggiù, alcuna alte-
75. quel Lete. - non s'aperse: a me,
: razione atmosferica, bensì il movimento
come il Mar Rosso e il Giordano agli dei cieli, la cui sottile sostanza, girando,
Israeliti ; cfr. Purg. XVIII, 134. muove Vaere vivo (immune da esalazioni
76-78. nuovi: arrivati ora; cfr. Inf. d'acqua o di terra), in che si eleva la
IV, 52. - nido sede naturale.
: selva, e il moto dell' aere vivo percuote,
79. maravigliando: «quia creditis quod come vento, e fa piegare e rumoreggiare
sim philocapta [innamorata] ut tu dice- le piante della selva.
bas paulo ante [vv. 43 sg.] mini»; Benv. 85. L'acqua del Lete. - il suon della
:

80. Delectasti : Sai. XCI, 5 sgg.: « Tu foresta: cfr. vv. 16-18.


mi hai letificato, o Signore, colle cose 86. impugna ecc. : combattono la re-
fatte da te e io esulterò nelle opere
; conte credenza in me fermata dalle pa-
delle tue mani ecc. » Matelda gioisce role di Stazio ; cfr. n. 85-108.
[par. terrestre] Purg. xxviii. 88-103 [vento del par. terr.] 587

88 Ond'ella: «Io dicerò come procede


per sua cagion ciò ch'ammirar ti face,
e purgherò la nebbia che ti fìede.
91 Lo sommo ben, che solo esso a sé piace,
fece 1' uom buono e a bene, e questo loco
diede per arra lui d'eterna pace.
94 Per sua diffalta qui dimorò poco j

per sua diffalta in pianto e in affanno


cambiò onesto riso e dolce gioco.
97 Perchè il turbar che sotto da sé fanno
l'esalazion dell'acqua e della terra,
che quanto posson dietro al calor vanno,
100 all'uomo non facesse alcuna guerra,
questo monte salìo vèr lo ciel tanto,
e libero n'è d'indi ove si serra.
103 Or perchè in circuito tutto quanto

88. coinè procede ecc.: come l'acqua e quanto può, va dietro al calore, cioè dal
il vento di che ti maravigli, siano effetto calore dipende, giusta leggi opportune.
d'una loro speciale causa. Acciocché, quel turbamento non
poi,
purgherò ecc.: ti libererò dall'igno-
90. molestasse uomo, che doveva, inno-
1'

ranza che t' annebbia, ti vela la mente; cente, esser felice anche su questa terra,
« ignorantise nebula eluetur »; De Mon. suppone il P. che l'abitazione ai nostri
II, 1. Cfr. v. 81 e Inf. VII, 71. progenitori' destinata, salisse così gran-
91. sommo ben ecc.: Dio, che solo piace demente verso il cielo, tanto da non vi
veramente a so, non potendogli piacere esser possibili quei turbamenti »; Anto-
nulla che sia impuro e imperfetto, quali nelli. Circa le materiali condizioni del
sono tutti gli altri esseri. « In angelis Par. terrestre, cfr. Thom. Aq., Sum.
suis reperit pravitatem »; Job IY, 18. - theol. I,102 sg. -sotto: nelle parti più
« Coeli non sunt mundi in conspectu basse, dalla porta del Purg. in giù. -
eius »; id. XV, 15. - « Luna etiam non tanto quanto hai potuto vedere salendo-
:

splendet, et stellse non sunt mnndas in lo.Dell'Olimpo S. Agostino, Civ. Dei


conspectu eius » id. XXV, 5.
: XV, 27 « Snpra quem perhibentur nu-
:

92. buono: «E Iddio vide tutte le cose bes non posse conscendere, quod tam
ch'egli avea fatte; ed erano buone as- sublimis quam ccelum sit, ut non ibi sit
sai»; Genes. I, 31. - a bene: atto a ope- aer iste crassior, ubi venti, nebulse im-
rare e a conseguire il bene. bresque gignuntur, nec attendunt om-
93. arra: pegno della celeste beatitudi- nium elementorum crassissimam terram
ne. Arra, = caparra; cfr. Inf. XV, 94. ibi esse potuisse ». - libero n'è ecc. il :

94. diffalta: fallo, peccato,colpa (da monte è libero dal turbamento dell' esala-
fallire), -poco cfr. Par. XXVI, 139 sgg.
: zioni acquee e terrestri dalla linea della
96. onesto riso: « qualis erat risus porta del Purg. in su; cfr. Purg. IX, 76, 130.
Mathildis paulo ante», dignitosa espres- 103. Or ecc.: sin qui Matelda ha con-
sione di letizia, Benv. -dolce gioco: pia- fermato ciò che D. aveva udito da Sta-
cevole trastullo. Cfr. Genes. III, 16-19. zio, Purg. XXI, 43 sgg.; ora passa a
Riso è opposto a pianto gioco ad affanno.
;
dichiarar la causa dell'aura che muove
97-102. il turbar: «Il turbamento che Secondo le opinioni
le foglie, e dell'acqua.
nelle basse regioni della tejra avviene del tempo, la terra giace immobile nelcen-
per le meteore acquose e ventose, attri- tro dell'universo. L'aria si volge in giro,
buiscesi ottimamente dal P. all' esala- si gira,con la prima volta, cioècolPrimo
zione dell'acqua e della terra, cioè al- Mobile, e cogli altri cieli a quello sotto-
l'evaporazione; la quale ben dice che, posti, da est a ovest? ossia girando col
588 [par. terrestre] Puug. xxvni. 104-120 [virtù seminali]

l'aere si volge con la prima vòlta,


se non gli è rotto il cerchio d'alcun canto,
10G in questa altezza che tutta è disciolta
nell'aere vivo, tal moto farcito te,
e fa sonar la selva, perdi 'è folta ;

109 e la percossa pianta tanto puote,


che della sua virtute l'aura impregna,
e quella poi girando intorno scuote;
112 e l'altra terra, secondo ch'è degna
per sé e per suo ciel, concepe e figlia
di diverse virtù diverse legna.
115 Non parrebbe di là poi maraviglia,
udito questo, quando alcuna pianta
sanza seme palese vi s'appiglia ;

118 e saper dèi che la campagna santa


ove tu se', d'ogni semenza è piena,
e frutto ha in sé che di là non si schianta.

primo Mobile i cieli, è fatta girare anche piante. E poiché, continua Matelda, gli
1'aria sottoposta eh' è a contatto col più alberi quassù sono pieni di ogni virtù se-
basso di essi, quel della Luna. I vapori minale, percossi, impregnano di queste
che fanno il vento, quaggiù, danno molte Varia e l'aria le porta su la nostra ter-
;

volte all'aria altro moto che non quello ra, dove fa nascere piante, di cui niuno
da oriente ad occidente ma lassù i va-
;
ha perciò visto o piantato il seme. E
pori non salgono e l'aria vi gira sem- tutta la campagna quassù è piena di ogni
pre nello stesso senso e con moto uni- semen za e dà frutti così buoni quali nella
,
,

forme, se non è in qualche parte rotto terra abitata dagli uomini non si hanno.
il movimento da qualche ostacolo. Orbe- 110-114. della sua virtute ecc. le pian- :

ne : l'aria trova lassù una resistenza nella te percosse e mosse impregnano l'aura
spessezza della selva, il che produce il di loro virtù, e l'aura impregnata, men-
moto delle fronde e quindi quel suono che tre gira, com'è stato detto, con la prima
D. ha udito e di cui ha chiesto la causa. volta, scuote codeste virtù e le diffonde
104. la prima vòlta: il Primo Mobile. per gli strati sottostanti dell'aria; e V al-
L' Antonella intende invece della sfera tra terra, quella abitata dagli uomini,
del fuoco, « la quale succedeva imme- secondo eh' è acconcia {degna) per se
diatamente all'oceano aereo o fluido » (?). stessa, cioè per sua natura, per il clima
Al. nella prima vòlta vede la concavità {cielo) ad accogliere codeste differenti
del cielo della luna. virtù, concepisce e produce piante dif-
105. cerchio: moto circolare. ferenti {diverse legna).
106. che tutta ecc. che si slancia
: li- 115. di là: nel vostro mondo.
bera nell'aria pura. 116. udito questo: quando si fosse udita,
107. vivo libero dalle esalazioni di
: intesa la spiegazione ch'io ho data a te.
laggiù. - moto: dell'aria, v. 103 sg. 117. s'appiglia: germoglia, senza che
108. sonar ecc. « la ragione che il P.
: alcuno ne abbia veduto il seme.
assegna al suonar della selva dimostra 119. d'ogni semenza: d'ogni specie di
che egli conosceva la riflessione e la con- piante. « Produxit Dominus Deus de
centrazione del suono per mezzo delle humo omne lignum pulchrum visu et ad
piante effetti che si producono dagli al-
; vescendum suave; lignum etiam vitae
beri quanto più sono fìtti, e quanto per in medio paradisi lignumque scientiae
questa loro spessezza così forman quasi boni et mali»; Qen. II, 9.
delle pareti riflettenti » Antonelli. ; 120. di là: cfr. v. 115. - si schianta :

V. 109-120. Viriti seminali delle si coglie; cfr. Purg. XX, 45. Taluni in-
[PAR. terrestre] Purg. XXVIII. 121-131 [acqua d. par. terr.] 589

121 L'acqua che vedi non surge di vena


che ristori vapor che gel converta,
come fiume ch'acquista e perde lena ;

124 ma esce di fontana salda e certa,


che tanto dal voler di Dio riprende,
quant'ella versa da due parti aperta.
UT Da questa parte con virtù discende
che toglie altrui memoria del peccato ;

dall' altra d'ogni ben fatto la rende.


130 Quinci Lete ; così dall' altro lato
Eunoè si chiama; e non adopra,
se quinci e quindi pria non è gustato :

133 a tutt' altri sapori esto è di sopra.


E avvegna eh' assai possa esser sazia
terpreti pensano che D. alludaal frutto montagna del Purg. e attraversa il Par.
degli alberi della vita e della scien- terrestre, sarà probabilmente, benché il
za del bene e del male. Cfr. Genes. II, P. non lo dica, quel rivo che, cadendo
9; III, 22. Apocal. II, 7 XXII, 2, 14.
;
appiè del monte e di lì scorrendo giù
V. 121-139. Causa dell'acqua nel per un foro ch'esso stesso si è aperto
Paradiso terrestre. Spiegato quel che nella rupe, arriva al centro della terra ;

pare vento della foresta, Matelda chia- cfr. Inf. XXXIV, 130 sgg. Purg. I, 40.
risce come possa esserci lassù acqua 131-132. Eunoè: buona memoria o ri
corrente. Questa non deriva già, come cordanza del bene ed è voce formata di
;

ne' fiumi terrestri, da sorgente alimen- parole greche ben note alla cultura me-
tata dalle piogge, ma da una fontana pe- dievale. - non adopra ecc. 1' acqua non
:

rennemente fornita di acque da Dio. Da opera, non produce il suo effetto, eh' è
questa scaturiscono due rivi scorrenti di renderei' uomo degno di salire al cielo,
in direzioni opposte Lete, che fa dimen-
: se non gustata da ambedue i rivi, da
ticare le colpe; Eunoè, che avviva la ambe le parti {quinci e quindi); vale a
memoria delle buone opere fatte: di dire le anime, per salire al cielo, devono
entrambi devono bere le anime. non pure essere monde de' peccati, ma
122. converta: allude alla dottrina espo- anche del ricordo di essi (gustare Lete)
sta altrove, Purg.V, 109 sgg., che il freddo e ravvivare in sé la memoria del bene
sia generativo dell'acqua; cfr. Conv. IV, (gustare Eunoè), ora che al solo bene
18. Senso Quest'acqua non nasce da sor-
: devono essere intente, e del solo bene
gente alimentata da vapori che il freddo devono aver F abito.
muti, cioè condensi, in acqua. 133. esto questo sapore, ossia di Eu-
:

123. eh' acquista Al.


: eh' aspetta. I
: noè; cfr. Purg. XXXIII, 138.
fiumi terrestri acquistali lena, cioè si V. 134-148. L> età dell'oro nel Pa-
gonfiano, e perdon lena, cioè si dissec- radiso terrestre. Spiegato così ciò che
cano, secondo che le loro sorgenti rice- nelle condizioni del Par. terrestre aveva
vono o no alimento dalla pioggia; per destato la curiosità di D., Matelda ag-
le correnti del Par. terrestre tali varia- giunge intorno a quelle un' altra dichia-
zioni non hanno luogo. razione di suo. I poeti, ella dice, che de-
124. salda e certa: inesauribile e in- scrissero l' età dell'oro, videro forse nella
variabile. lor$3fantasia poetica, come in sogno, que-
125-126. che tanto ecc. riacquista per
: sto luogo, nel quale veramente fu 1' età
volontà di Dio, senza mezzi naturali, tan- dell'oro degli uomini qui essi furono in-
:

t' acqua, quanta ne riversa per i 2 rivi. nocenti qui si hanno sempre fiori e frutti,
;

130. Quinci Lete: sott. 'si chiama'.


: e quest'acqua è il nettare di che tanto si
Lete (cioè oblìo) era fiume dell'Averno parla. All'udir ciò, D. volge uno sguardo
nella mitologia classica (cfr. n. 22-33). a V. e Stazio, e li vede sorridere poscia ;

Il Lete di D. che nasce sulla vetta della rivolge di nuovo gli occhi a Matelda.
590 [par. terrestre] Po bì ; . xxv 1 1 1 . i :»r>- 1 1 s [età dell' oro]

non li scopra.
la sete tua, perdi' io più
13G darotti un corollario ancor per grazia;
né credo che '1 mio dir ti sia men caro,
se oltre promission teco si spazia.
139 Quelli che anticamente poetaro
V età dell' oro e suo stato felice,
forse in Parnaso esto loro sognaro.
142 Qui fu innocente 1' umana radice;
qui primavera sempre e ogni frutto ;

nettare è questo, di che ciascun dice. »


145 Io mi rivolsi a dietro allora tutto
a' miei poeti, e vidi che con riso
udito avevan P ultimo construtto ;

148 poi alla bella donna torna' il viso.

135. sete: desiderio di sapere; cfr. Purg. intravvidero forse come in sogno lo stato
XXI, 1. - perch'io ecc.: anche se io non felice dell'uomo durante la sua breve di-
ti riveli altra cosa. mora nel Par. terrestre, giacché in que-
136. una giunta al pre-
corollario: sto sono cosa reale le condizioni che i
cedente ragionamento; cfr. Par. Vili, poeti antichi favoleggiarono essere sulla
138. « Igitur voluti geometra© solent de- terra in quella età.
monstratis prepositis aliquid inferre quce 142. umana radice; Adamo ed Eva, pro-
porismata ipsi vocant, ita ego quoque genitori degli uomini ; cfr. Purg. XX, 43.
tibi voluti corollarium dabo »; Boet., 143. primavera sempre ecc. qui è sem- :

Gons. phil. Ili, pr. 10. - « Corollarium pre nello stesso tempo stagione de' fiori
appellatur ultima conclusio, quse datur e stagione de' frutti. «Ver erat aMer-
post alias quasi conclusio conclusionum, num » Ovid., Met. I, 107.
;

sic dictum a corolla idest, parva corona, 144. nettare: cfr. Purg. XXII, 150.
quasi coronarium, quia datur disputan- - ciascun di quelli che anticamente
:
'

tibus in prsemium » Benv. - per grazia


; : poetaro '

liberamente, senz' esserne stata richiesta 145. mi Vuol vedere quale


rivolsi ecc. :

138. si spazia: si allunga e distende. impressiono ultime parole di Matelda le


139. Quelli principalmente Ovidio,
: abbiamo fatto sui suoi due compagni,
Met. I, 89 sgg. - poetaro: scrissero, ce- due di quelli che anticamente poetaro
' '
;

lebrarono nelle loro poesie. e che si dovevano sentir particolarmente


140. felice« felix nimium prior aetas »;
: tocchi dalle parole del '
corollario '.

Boet., Cons. phil. II, metr. 5. 146-147. con riso ecc. : mostrando così
141. Parnaso; monte della Focide, sa- d'aver compreso bene V ultimo construtto
cro ad Apollo ed alle Muse cfr. Purg. ; cioè l'ultime parole, di Matelda, e di
XXII, 65 sognare in Parnaso significa
; avere accolta bonariamente la garbata
1
vedere poetando nella propria fantasia, puntura per essi contenuta in quello.
quasi in sogno '. Dice dunque che quando 148. torna' il viso: rivolsi nuovamente
gli antichi poeti cantarono l' età dell' oro, gli occhi.
j
] [PARADISO TERRESTRE] PURG. XXIX. 1-12 [MATELDA] 591

CANTO VENTESIMONONO
PARADISO TERRESTRE

LUNGO LE RIVE DEL LETE


PROCESSIONE MISTICA, OSSIA IL TRIONFO DELLA CHIESA

Cantando come donna innamorata,


continuò col fin di sue parole :

« Beati quorum teda sunt peccata ! »


E come ninfe che si givan sole
per le salvatiche ombre, disiando
qual di veder, qual di fuggir lo sole,
allor si mosse contra il fiume, andando
su per la riva, e io pari di lei,
picciol passo con picciol seguitando.
10 Non eran cento tra' suoi passi e' miei,
quando le ripe igualmente diér vòlta,
per modo eh' a levante mi rendei.

V. 1-12. D. e Matelda lungo le rive 5. salvatiche ombre: ombre delle selve.


del Zete. Finito il suo discorso, la bella 6. qual ecc. le une in cerca di più
:

donna ritorna al canto, e così cantando, aprico luogo per vedere il sole, le altre in
a' avvia a passi lenti su per la riva in cerca di più spesse ombre per fuggirlo.
direzione opposta alla corrente, mentre 7. contra il fiume: in direzione oppo-
lungo l'altra riva, di pari passo con lei, sta a quella della corrente.
cammina il P., seguito da V. e da Sta- 9. picciol ecc. secondando il corto
:

zio. Fatti un 50 passi, il corso del fiume passo di lei con passo altrettanto corto,
li costringe a volgersi verso oriente. cfr. Purg. XXVIII, 54.
1. Cantando ecc. è lieve variante del
: 10. tra' suoi ecc.: sommati insieme;
v. di Guido Cavalcanti, Ball. IX « Can- : dunque cinquanta per uno.
tando come fosse innamorata. » 11-12. igualmente: rimanendo equidi-
2. col fin appena finite le parole a me
: stanti. - dièr vòlta mutarono direzione,
:

dirette. fecero un gomito, -a levante mi rendei:


3. Beati : Salmo XXX, 1 « Beati co-
: tornai a camminare verso levante come
loro, le cui iniquità sono state rimesse, allorquando m'era affacciato al Par. ter-
e i cui peccati sono stati coperti ». - « E restre e m' era incamminato per esso
viene questo Salmo a proposito de la ma- (Purg. XXVII, 133).
teria imperò che 1' autore era per pas-
: V. Jùuce e melodia annun-
13-36.
sare lo fiume che tollie la memoria del ciatrici della gran processione. Fatti
peccato » JButì.
; pochi passi verso levante, Matelda esorta
4. corno ninfe con la verecónda leg-
: D. a far attenzione alle cose che tra un
giadria di movimenti, propria delle nin- momento appariranno. Ed ecco una luce
fe. « Nymphasque sorores, Centum quae simile a quella d' un lampo, ma che non
silvas, centum quae fi. nonna servant » ;
isvanisce come questa, anzi va ognora
Virg., Georg. TV, 382 sg. crescendo; e, insieme con la luce, una
592 [par. terrestre] Purg. xxix. 13-30 [LUCE E MELODIA]

13 Né anco fu così nostra via molta


quando la donna tutta a me si torse,
dicendo : « Frate mio, guarda ed ascolta ».
10 Ed ecco un lustro subito trascorse
da tutte parti per la gran foresta,
tal che di balenar mi mise in forse ;
19 ma perchè il balenar, come vien, resta,
e quel, durando, più e x>iù splendeva,
nel mio pensar dicea « Che cosa è questa? » :

22 E una melodia dolce correva


per l'aere luminoso; onde buon zelo
mi fé' riprender 1' ardimento d' Eva,
25 che là dove ubbidia la terra e il cielo,
femmina sola e pur testé formata,
non sofferse di star sotto alcun velo ;

28 sotto il qual se devota fosse stata,


avrei quelle ineffabili delizie
sentite prima, e più lunga fiata.

melodia vsì dolce e soave, che D. non mo. « Et Adam non est seductus : ma-
può trattenersi dai riprendere in cuor iler autem seducta in prsevaricatione
suo la madre Eva, che col suo ardi- fuit » ; I Timot. II. 14. - « Peccatum mu-
mento privò l'umanità di tante delizie. lieris fuit gravius quam peccatum viri » ;

Il lustro intanto di vien quasi fuoco, e Thom. Aq., Sum. theol. II, il, 163, 4.
la melodia canto. Sulla visione finale del 25. là dove ecc. mentre tutto il creato,
:

Purg. ai tanti ricordati nel Comm. Lips. terra e cielo, era ubbidiente al creatore.
si sono aggiunti in questi ultimi anni nu- 26. femmina
onde avrebbe dovuto
:

merosi lavori, di cui si può aver notizia essere meno audace.


- sola sicché non :

scorrendo il Bullett. della Soc. Dantesca. potevano né stimolarla emulazione o de-


13. Ne anco ecc. e non eravamo ancora
: siderio di soverchiar le sue pari, né cor-
andati molto avanti così, cioè verso est. romperla cattivo esempio. - testé for-
14. donna: Matelda. -si torse: si volse mata: opperò ancora innocente.
tutta a me. Alla lez. Quando la donna mia 27. velo: dell'ignoranza, Eva cedette
a me si torse, contrasta l'autorità dei infatti alla lusinga : « Gli occhi vostri si
codici e il fatto che D. chiama donna apriranno, e sarete come dèi, avendo co-
mia la sola E. noscenza del bene e del male » Genes. ;

16. lustro subito: un lume subitaneo, Ili, 5. Taluno intese invece del velo
proveniente dai sette candelabri, v. 50. dell'ubbidienza; ma Eva disobbedì per-
18. mi mise in forse mi fece dubitare
: chè non volle star sotto il velo dell' igno-
che balenasse. ranza del bene e del male. « In statu pri-
19. come vien, resta cessa subitamen-
: mae conditi onis hominis vel angeli non
te, come subitamente è apparso. erat obscuritas culpse vel pcense inerat ;

20. quel: il lustro durava e cresceva. tamen intellectui hominis et angeli qui-
21. nel mio pensar: fra me stesso. Il dam obscuritas naturalis»; Thom. Aq.,
pensare è nn parlare interno. Sum. theol. II, ir, 5, 1. Questa obscuritas
22. melodia: il canto de' 24 seniori, naturalis è il velo di che parla D.
v. 85 sg. 28-30. devota: sommessa di buona vo-
23. buon zelo: giusto zelo o sdegno. glia a Dio. Senso della terzina: Senza
Cfr. Purg. Vili, 83 Par. XXII, 9. ; la colpa d'Eva avrei gustato tali deli-
riprender: biasimare, s'intende,
24. zie nascendo e per tutta la mia vita,
col cuore. - d'Eva: più colpevole d'Ada- giacché il Par. terrestre sarebbe stato la
[paradiso terrestre] Purg. xxix. 31-46 [invocazione] 593

31 Mentr'io m' andava tra tante primizie


dell' eterno piacer tutto sospeso,
e disioso ancora a più letizie,
84 dinanzi a noi, tal quale un foco acceso,
ci si fé' 1' aere sotto i verdi rami;
e '1 dolce suon per canti era già inteso.
37 sacrosante vergini, se fami,
freddi, o vigilie mai per voi soffersi,
cagion mi sprona ch'io mercè vi chiami,
40 Or convien ch'Elicona per me versi,
e Urania m' aiuti col suo coro
forti cose a pensar mettere in versi.
43 Poco più oltre sette alberi d' oro
falsava nel parere lungo tratto il

del mezzo eh' era ancor tra noi e loro ;

46 ma quando fui sì presso di lor fatto,

dimora dell' umanità. - lunga fiata: lun- fonti di Aganippe e d' Ippocrene che ne
gamente; Purg. XXVr, 101 e XXX, 27. sgorgano, volendo dire: Ora conviene
31-32. primizie dell'eterno piac^: pri- che Elicona mi sia largo delle acque che
mi saggi delle ineffabili delizie del Par. da «Pandite nunc He-
lui scaturiscono. -
- sospeso: incerto e pieno di stupore. cantusque movete » Virg.,
licona, deae, ;

« Lo stupore è uno stordimento d' animo, Aen. VII, 641. Cfr. ibid. X, 163.
per grandi e meravigliose cose vedere o 41. Urania la Musa che presiede alle
:

udire o per alcun modo sentire che in ; cose astronomiche e celesti.


quanto paiono grandi, fanno reverente a 42. forti: difficili: se diffìcili a pen-
sé quello che le sente; in quanto paiono sare, tanto più saranno diffìcili a dire,
mirabili, fanno voglioso di sapere di quel- posto che « lo nostro parlare dal pen-
le quello che le sente » Conv. IV, 25. ; siero è vinto»; Conv. Ili, 4.
più delizie anzi tutto a quella di
33. a : V. 43-60. I sette candelabri. La mi-
riveder B. cfr. XXVII, 25 sgg. 52 sg.
;
stica processione si avvicina. Si apre
34-35 tal quale: sotto i verdi rami con sette candelabri accesi, che a prima
l'aria si fece rossa come fuoco. vista sembrano a D. sette alberi d'oro.
36. era già inteso s' intendeva già che
: Stupefatto, il P. si volge a V., che gli
quella dolce melodia era di canti. risponde con isguardo ch'esprime pari
V. 37-42 Invocazione delle Muse. stupore. - I 7 candelabri sono derivati
« Avendo a trattar di cose altissime, co- dalla Scrittura Sacra (cfr. Esod. XXV,
me sono le celesti e divine, e molto diffì- 37. Num. Vili, 2. Apoc. I, 12, 20; IV, 5) e
cilisolamente a pensare, non che a scri- figurano « i sette spiriti di Dio » (Apocal.
verle, conveniente cosa è eh' egli invochi IV, 5), cioè lo Spirito di Dio settemplice
l'aiuto di tutte le Muse in genere, e di (cfr. Isaia XI, 2), fonte dei sette doni
Urania in particolare, perche questa ce- dello Spirito Santo, onde i 24 seniori
leste significa » Veli. ; seguono i candelabri, cioè lo Spirito,
37. vergini Muse, già invocate in
: come loro duci, v. 64. Per altre inter-
Inf. II, 7; XXXII, 10. Purg. I, 8. pretazioni cfr. Comm. Lips. II, 627-629.
per voi per amore di voi cfr. Par.
38. : ; 43. più oltre: del punto dov'eravamo.
XXV, 3. Conv. Ili, 1, 9. 44-45. falsava ecc. il lungo tratto del
:

39. cagion ecc. una cagione forte mi


: mezzo, dello spazio intermedio tra il luogo
spinge ora a chiedervi come guiderdone dov' io mi trovava e la luminosa appa-
{mercè) il vostro aiuto. rizione, mi faceva apparire sette alberi
40. Elicona: monte della Beozia, sede d' oro, apparenza falsa, giacché erano
delle Muse. Nomina il monte invece dei candelabri, v. 50.

38. Div. Comm., 8 a ediz.


594 [par. TERRESTRE] Purg. xxix. 47-62 1 >ELABRI]

che l'obbietto comun che il senso inganni,


non perdea per distanza alcun suo atto,
49 la virtù eli a ragion discorso ammanna,
7

sì com'elli eran candelabri apprese,

e nelle voci del cantare Osanna '. *

52 Di sopra fiammeggiava il bello arnese


più chiaro assai che luna per sereno
di mezza notte nel suo mezzo mese.
Io mi rivolsi d' ammirazion pieno
al buon Virgilio, ed esso mi rispose
con vista carca di stupor non meno.
58 Indi rendei l'aspetto all'alte cose,
che si moveano incontro a noi sì tardi,
che foran vinte da novelle spose.
61 La donna mi sgridò « Perchè pur ardi :

sì nell'aspetto delle vive luci,

47. l'obbietto comun : o, come diceva- sottili e trasparenti y di mezza notte,


no gli scolastici, sensibile comune, è ciò quando sono più remoti gli albóri mat-
che può essere colto da più sensi e dar tutini e serali del sole, e quindi la notte
luogo a percezioni erronee cora' è nel ; più cupa dà più risalto al chiaror della
caso di D. la figura degli steli dei can- luna; nel suo mezzo mese.... mentre la
delabri, comune all' occhio e al
obbietto luna è perfettamente nella fase che pie-
tatto, la quale da lontano era apparsa na appelliamo » Antonelli.
;

figura d' alberi. Gonv. IV, 8 « il sen- : 57. con vista ecc. con uno sguardo non
suale parere.... è molte volte falsissimo, meno stupefatto del mio. V. non sa e
massimamente nelli -sensibili comuni, là non può dare le spiegazioni chieste con
dove il senso spesse volte è ingannato ». quello sguardo, essendo in parte dove
48. atto: particolare qualità. per sé più non discerne, secondo eh' egli
«la estimativa, come
49-51. la virtù: stesso ha già detto, Purg. XXVII, 129.
lachiama nel Par. XXVI, 75, che ap- 58-60. rendei ecc. volsi ancora lo sguar-
:

prendendo la verità delle cose prepara do alle alte cose, cioè alla parte di sopra,
alla ragione la materia del discorrere, (cfr. v. 62) luminosa, del bell'arnese, che
cioè del dedurre e del giudicare» Tom. ; si avanzavano più lente che spose novelle.
Grazie a tale virtù, dice D., vidi distin- V. 61-81. JOe sette liste. Matelda esorta
tamente che quelli era candelabri, ed in- D. a guardare non soltanto alle luci, ma
tesi che si cantava Osanna (== oh, salva!) , anche a ciò che vien loro dietro. Il P.
cioè le parole colle quali fu salutato Cri- obbedisce; e vede dietro ai candelabri
sto la domenica delle Palme : « Osanna al procedere genti vestite di candidissimi
Figliuolo di Davide Benedetto colui che
! abiti, mentre nell' acqua di Lete egli
viene nel nome del Signore Osanna ! scorge riflessa la propria immagine. Le
ne' luoghi altissimi ! » ; Matt. XXI, 9 7 luci dei candelabri lasciano dietro di
cfr. Salm. CXVII, 25, 26 ecc. sé, nell'aria, 7 striscie che hanno i colori
52. Di sopra nella sua parte superiore
: dell'arcobaleno, tanto lunghe, che l' oc-
- arnese il bell'ordine dei sette candela
: chio non arriva a vederne la fine: la
bri. Parlando dei 7 candelabri col singo distanza tra le due estreme è di circa
lare, D. accenna all'unità loro; cfr dieci passi. Le 7 liste di 7 differenti co-
Esod. XXV,31 sg. lori figurano, probabilmente, i 7 doni
53-54. più chiaro ecc. « in due versi : dello Spirito Santo « sapienza, intel-
:

raccoglie le circostanze-generali del mas letto, consiglio, fortezza, scienza, pietà


simo lume di luna. Per sereno, cioè lim e timor di Dio» {Gonv. IV, 21).
pidezza di aria, senza nuvoli, nemmeno 61-63. La donna Matelda. - pur ardi
: :
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXIX. 63-81 [7 LISTE LUMINOSE] 595

e ciò che vien diretro a lor non guardi? »


64 Genti vid'io allor, com'a lor duci,
venire appresso, vestite di bianco ;

e tal candor di qua giammai non luci.


L'acqua splendeva dal sinistro fianco,
e rendea a me la mia sinistra costa,
s'io riguardava in lei, come specchio anco,
70 Quand'io dalla mia riva ebbi tal posta,
che solo il fiume mi facea distante,
per veder meglio, a' passi diedi sosta,
73 e vidi le fiammelle andar davante,
lasciando dietro a sé l'aere dipinto,
e di tratti pennelli avean sembiante ;

sì che sopra rfmanea distinto


di sette liste, tutte in quei colori


onde fa l'arco il sole e Delia il cinto.
Questi ostendali dietro eran maggiori
che la mia vista e, quanto a mio avviso,
;

dieci passi distavan quei di fuori.

seguiti a fìggere con tanto ardore lo terpretazione più semplice e naturale


sguardo nelle vive luci e non guardi il delle parole e la più conveniente al con-
resto? Un rimprovero simile troveremo testo. Al. intesero pennelli per bandiera,
in Par. XXIII, 70 sg. stendardo (cfr. v. 79), o, come si esprime
64. Genti ventiquattro seniori, v. 83.
: ilDan., « porta stendardi et gonfaloni. »
- yid' io guardando più in là.
: Al. lessero panelli, che sono viluppi di
65. appresso: dietro ai candelabri, co- cenci intrisi d' olio e di sego per far lu-
me a loro guide (duci), -bianco: come i minare. « Noctisque per umbram Flam-
24 seniori nella visione di S. Giovanni, marum longos a tergo albescere tractus »;
Apoc. IV, 4. Virg., Georg. I, 366 sg.
66. di qua nel nostro mondo. - fuci
: : 76. sì che AL: di che. - lì sopra: nel-
:

ci fu. l' aria al di sopra della processione che

67. L' acqua del Lete. - splendeva per


: : seguiva i candelabri.
ilfiammeggiare de' candelabri. - dal si- 77-78. colori: dell'arcobaleno (l'arco
nistro fianco: alla sinistra di D. fatto dal sole) e dell' alone (il cinto che
68-69. e rendea ecc. e anclie mi riman-
: fa Delia). - Delia soprannome di Diana,
:

dava, come specchio, l'immagine del nata in Delo; qui sta per Luna.
mio fianco sinistro, ch'erarivoltoadessa. 79-81. ostendali: stendardi, cioè le li-
70-71. posta: luogo. Quando fui giunto ste o striscie colorate dipinte per V aria
a tal luogo che da me i candelabri dista- dalle fiammelle. « Ostendali a enim ap-
vano sol quanto era largo il Leto cioè : pellantur in mundo signa imperatoris,
quando io e i candelabri ci trovammo in quae ostenduntur quando vadit in expe-
punti delle due rive l'uno perfettamente ditionem, et ista sunt signa summi impe-
di fronte all' altro ecc. ratoris qui veniebat cum suo exercitu » ;

andar davante: avanzarsi.


73. JBenv. - dietro ai candelabri. - maggiori
:

75. e di tratti ecc. e le fiammelle sem-


: che la mia vista: troppo lunghi, perchè
bravano pennelli tratti, cioè, tirati su la mia vista ne potesse scorgere la fine.
una superficie da un pittore. Come que- La settemplice virtù illuminante e san-
sti, infatti, le fiammelle, passando e tificante dello Spirito Santo si estende
avanzando, tracciavano e lasciavano liste co' suoi doni sulla Chiesa sino ai tempi
o righe di colore. Questa a noi pare la in- venturi più lontani, i quali non è dato
596 [PAR. TERRESTRE] PtJRG, XXIX. 82-93 [SENIORI]

82 Sotto così bel ciel com'io diviso,


ventiquattro seniori, a due a due,
coronati venian di fiordaliso.
85 Tutti cantavan : « Benedetta tue
nelle figlie d' Adamo, e benedette
sieno in eterno le bellezze tue ».
88 Poscia che i fiori e l'altre fresche erbette,
a rimpetto di me dall'altra sponda,
liberi fur da quelle genti elette,
91 sì come luce luce in ciel seconda,
vennero appresso lor quattro animali,
coronati ciascun di verde fronda :

a nessuno di conoscere; cfr. Matt. XXIY, trina del Vecchio Testamento, e fors' an-
36. -quanto ecc.: e, secondo il mio parere, che la fede nel Messia venturo.
le due estreme liste luminose e colorate, 85-87. Benedetta ecc. sono le parole
:

distavano tra loro un dieci passi. Dieci di saluto a Maria dell'angelo Gabriele
è il numero compiuto, perfetto, « con- e di Elisabetta (cfr. Luca I, 28, 42) ma ;

ciossiacosaché dal dieci in su non si vada ad esse D. aggiunge le lodi della divina
se non esso dieoi alternando cogli altri bellezza.
nove, e con sé stesso »; Oonv. II, 15. V. 88-105. I 4 animali. Appresso
I 10 passi possono quindi figurare la ai 24 seniori vengono 4 animali, quali
compiutezza e perfezione della illumi- li descrive il profeta Ezechiele, I, 4-14
nazione e santificazione accordata alla e X, 1-22, salvo che, invece di 4, han-
Chiesa dallo Spirito Santo. Secondo i no 6 ali, conforme la descrizione di S. Gio-
più, invece, i 10 passi figurerebbero i vanni, Apocal. IV, 6-8 e l'ali sole son pie-
10 comandamenti della legge di Dio e ; ne d' occhi, mentre in Ezech. X, 12 e in
il P. vorrebbe farci comprendere come Apoc. IV, 8 gli occhi sono anche nel resto
non sia possibile divenire partecipi dei del corpo e sono poi tutti e quattro coro-
;

doni dello Spirito Santo, se non con la nati di fronda verde, di che né Ez. né
stretta osservanza di essi comanda- Giov. fanno parola. 1 4 animali che D. non
menti, col tenersi costantemente nei descrive, pago di rimandare ai testi sacri
limiti loro. citati (e in verità oscura e confusa riesce
Y. 82-87. I 24 seniori. Sotto le sette la figurazione di Ezechiele in confronto
liste colorate delle quali non si vede la di quella più precisa di Giovanni Bocca, ;

fine vengono 24 seniori a due a due, coro- Leti. D. di Roma, p. 29 sg.) sono le per-
nati di fiordaliso e cantanti le parole di sonificazioni dei quattro Evangeli.
lode con le quali fu salutata Maria da 90. genti elette i 24 seniori, che pas-
:

Gabriele. « E intorno al trono 24 sedie e ; sarono oltre lasciando un istante libero


sopra le sedie 24 seniori sedevano ve- lo spazio fiorito ed erboso sulla sponda
stiti dibianche vesti, e sulle loro teste destra del fiume sacro.
corone d'oro»; Apocal. IV, 4. Questi 91. sì cóme ecc. come nel cielo una
:

seniori figurano nell'Apocalisse i dodici stella succede ad un' altra e ne occupa il


patriarchi e i dodici apostoli. In D. essi luogo. « A dipingere l'ordine, la maestà
figurano i libri del Vecchio Testamento, del movimento, la bellezza e la giocon-
che, secondo la divisione di S. Gerolamo dità dei personaggi che passavano di-
nel Prologus Galeatus, sono per l'appun- nanzi al Poeta, a piccola distanza sul-
to ventiquattro, « quos sub numero vigin- l' altra riva, non si poteva scegliere
tiquatuor seniorum Apocalypsis Joannis imagine più conveniente di quella del
inducit adorantes Agnum. » passaggio degli astri ad un cerchio ce-
82. diviso: descrivo, racconto. Cfr. leste, cui sia rivolto lo sguardo d'esperto
frane, deviser =
parlare, raccontare. osservatore » Antonelli.
;

84. fiordaliso: giglio; frane. Jleur de 93. verde fronda: lauro, sempre ver-
IÌ8. I gigli figurano la purità della dot- deggiante come il Vangelo.
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXIX. 94-111 [QUATTRO ANIMALI] 597

94 ognuno era pennuto eli sei ali •

le penne piene d' occhi, e gli occhi d'Argo,


se fosser vivi, sarebber cotali.
97 A descriver lor forme più non spargo
rime, lettor; ch'altra spesa mi strigne,
tanto che a questa non posso esser largo.
100 Ma leggi Ezechiel, che li di pigne
come li vide dalla fredda parte
venir con vento, con nube e con igne )

io:? e quali i troverai nelle sue carte,


tali eran quivi, saljfo eh' alle penne
Giovanni è meco, e da lui si diparte.
106 Lo spazio dentro a lor quattro contenne
un carro, in su due ruote, triunfale,
eh' al collo d' un Grifon tirato venne.
109 Esso tendea in su l' una e l' altr' ale

tra la mezzana e le tre e tre liste,


sì eh 'a nulla, fendendo, facea male.

94. ali nelle visioni di Ezechiele e del-


: carro trionfale a due ruote, tirato da un
l'Apocalisse le ali degli animali figurano Grifone (aquila e leone) che tende in su
come la provvidenza divina opera nel me- le ali ; e queste, passando tra quelle liste
desimo istante in tutte le parti. Nella vi- luminose, salgono tanto, che non se ne
sione dantesca le ali dei quattro animali può vedere la punta estrema. Il carro,
figureranno la velocità colla quale il Van- figlio delle 4 ruote di Ezechiele (1, 15-21),
gelo si diffuse per tutto il mondo. Se- fratello del « Currus Dei decem millibus
condo altri, le ali rappresentano le leggi multiplex » di JSahn. LXVII, 18, e del
naturale, morale, profetica, evangelica, carro di fuoco di Elia (IV Reg. II, 11 sg.) è
apostolica e canonica: oppure l'altezza, simbolo della Chiesa universale (così tut-
larghezza e profondità della Scrittura o ti, tranne il Lomb. che nel carro volle

i tre tempi : passato, presente e futuro, figurata la sola Cattedra Pontifìcia). Nel-
o l'altezza del volo, o la prontezza ed le 2 ruote i più vedono figurati i 2 Testa-
ubbidienza alla voce di Dio. menti altri la vita attiva e la contem-
;

95. Argo: il custode di Io, pieno d'occhi, plativa; altri i due ordini di S. Dome-
ingannato e ucciso da Mercurio cfr. ; nico e di S. Erancesco altri la Sacra;

Ovid., Met. 1, 568-747 e Purg. XXXIT, 65. Scrittura e la tradizione altri la Chiesa
;

96. se fosser: erano come gli occhi di greca e la latina altri ì due ordini del
;

Argo vivo. - cotali aperti e in atto di


: chiericato, claustrali e secolari. Il Gri-
continua vigilanza. fone (leone-aquila, cfr. Isid. Hisp., Orig.
97. non spargo: non consumo. XII, 2) è simbolo di Cristo, nel quale
98-99. altra spesa ecc. necessità, do-
: sono due nature, la divina e l'umana,
vere di spender rime per altre cose. congiunte nella unità della divina per-
100. Ezechiel calatolo I, 4-14. Il v. 4o
: sona del Verbo.
dice: « Et vidi, et ecce ventus turbinis 110-111. tra la mezzana: «il Grifone,
veniebat ab aquilone, et nubes magna, movendo dietro i candelabri e nel mezzo
et ignis involvens. » di essi per uno stesso sentiero, era per
105. Giovanni: nell'Apocalisse IV, 8. conseguente in [meglio: sotto] quellalista
V. 106-120. U
carro ed il Grifone. che ne aveva tre da ciascun lato e tenen- ;

In mezzo ai 4 animali s' avanza, più bello do egli l' una e l' altra dell' ale all' insù,
non pur del più magnifico che Roma mai occupava con esse i due spazi laterali alla
vedesse, ma di quello stesso del Sole, un detta lista mezzana, di maniera che fen-
598 [PAR. teburestbe] Purg. XXIX. 112-129 [grifone]

112 Tanto che non eran viste


salivari, :

le membra d'oro avea quant'era uccello,


e bianche l'altre, di vermiglio miste.
115 Non che Roma di carro così bello
rallegrasse Affricano, ovvero Augusto,
ma quel del Sol sarìa pò ver con elio ;

118 quel del Sol, che, sviando, fu combusto


per l'orazion della Terra devota,
quando fu Giove arcanamente giusto.
121 Tre donne in giro, dalla destra rota,
venian danzando: l'ima tanto rossa,
eh 'a pena fora dentro al foco nota :

124 l'altr'era come se le carni e l'ossa


fossero state di smeraldo fatte ;
la terza parea neve testé mossa.
127 E or parean dalla bianca tratte,
or dalla rossa ; e dal canto di questa
l'altre togliean l'andare e tarde e ratte.

dendo quegli spazi, anullafacea male, 119. l'orazion: per l'orazione della de-
cioè non intersecava nessuna delle colo- vota Terra; cfr. Ovid., Met. II, 278-300.
rate liste » Br. B.
; Al. uniscono devota a orazion.
112. Tanto salivan ecc. : pur essendo 120. arcanamente in modo imperscru-
:

in terra, Cristo è in pari tempo anche tabile, avendo punito nel figlio la colpa
in cielo [« Neino aseendit in ccelum nisi del padre, dicono alcuni. Al. misterio- :

qui descendit de ccelo, Filius hominis, samente, volendo insegnare agli uomini
qui est in ccelo »; Giov. Ili, 13], dove quanto la presunzione torni finalmente
l'occhio mortale non arriva. in danno de' presuntuosi.
113. d'oro: « Caput eius aurum opti- V. 121-129. Le 3 Virtù Teologali.
mum »; Cant. Cantic. V, 11. -quanto ecc.: Dalla destra ruota del bellissimo carro
nella sua parte anteriore di aquila, figu- vengono danzando in giro, facendo cioè
ra della natura divina. ballo tondo, 3 donne, personificazioni
114. l'altre le membra inferiori di
: delle Virtù teologali. L' una la Carità,
leone, figura della natura umana, e bian- è sì rossa, che a fatica si distinguerebbe
che e vermiglie come la carne. Cfr. Cant. nel fuoco; la Speranza è verde come se
Oantic. V, 10. avesse carne e ossa di smeraldo {Purg.
116. Àftricano Publio Cornelio Sci-
: VII, 75); la Fede è bianca come neve
pione, il vincitore di Annibale. - Augu- appena caduta. Ora la Fede, ora la Ca-
sto « Curules triumphos tres egit, Dal-
: rità (che la Speranza non può mai an-
maticum, Actiacum,Alexandrinuru;con- dare innanzi ad esse due), guida la dan-
tinuo triduo omnes»; Svet.,Vit. Aug-, 22. za, ch'è ora tarda, ora veloce secondo
- « At Csesar triplici invectus Romana il canto della Carità, radice, madre e

triumphoMcenia»; Virg., Aen. Vili, 714. forma di tutte le altre virtù. Cfr. I Cor.
117. quel del Solcarro cfr, Inf. XVII,
: ; XIII, 2 e 13. Thom. Aq., Sum. theol. I, li,
106 sg. Purg. IV, 72. - con elio in para- : 62, 4 ; 65, 5 ; 71, 4. II, li, 23, 6, 8, ecc.
gone di quello tirato dal Grifone. 128. testé mòssa: caduta or ora dall'al-
118. sviando per opera di Fetonte
:
; to; cfr. Inf.XVIII, 114. « Albo rara
cfr. Inf. XVII, 107. Ovid., Met. I, 751; fìdes velatapanno »; Horat., Od. I,
II, 328.- fu combusto; « Ferventesque xxxv, 21 sg. « Quippe color nivis est,
auras velut e fornace profunda Ore tra- quam nec vestigia duri Calcavere pedis,
hit, currusque suos candescere sentit»; nec solvit aquaticus Auster » Ovid., ;

Ovid., Met. II, 229 sg. Met. II, 852 sg.


[PARADISO terrestre] Purg. XXIX. 130-143 [virtù] 599

130 Dalla sinistra quattro facean festa,


in porpora vestite, dietro al modo
d'una di lor ch'avea tre ocelli in testa,
133 Appresso tutto il pertrattato nodo
vidi due vecchi in abito dispari
ma pari in atto e onesto e sodo :

136 1' un si mostrava alcun de' famigliari


di quel sommo Ippocràte che natura
agli animali fé' ch'eli' ha più cari ;

139 mostrava l'altro la contraria cura


con una spada lucida e aguta,
tal che di qua dal rio mi fé' paura.
142 Poi vidi quattro in umile paruta;
e di retro da tutti un veglio solo

V. 130-132. JLe quattro Virtù Car- 134. in abito dispari : diversi quanto
dinali. Dalla ruota sinistra del carro alla foggia dell'abito.
fanno festa 4 altre donne, vestite di por- 135. pari ecc. uguali nel portamento
:

pora, seguendo il modo di danzare del- dignitoso e costantemente lo stesso. Al-


l' una di esse che ha tre occhi. Sono tre lez. e onestato e sodo ognuno one-
: ;

quattro virtù cardinali: Giustizia, For- sto e sodo,- e con istato sodo.
tezza, Temperanza e Prudenza. La por- 136. L'un quegli che personifica i fatti
:

pora di che sono vestite, è l' emblema di degli Apostoli, dettati, come si crede, da
carità. Sono poi guidate dalla Prudenza, San Luca. Si mostra famigliare di Ip-
eh' è fondamento e regola delle altre tre pocràte, il famoso medico greco, (470-
in quanto conosce e giudica essa il bene 356 a. C.) padre della medicina, essendo
ed ha tre occhi, essendo suo ufficio di ri- Luca il « medico carissimo », come lo
cordarsi delle cose passate, ordinare le chiama l'amico suo S. Paolo, CqIoss. IV,
presenti e prevedere le future. Cfr. Thom. 14. E S. Girolamo nella, Epistola ad Pauli-
Aq., Sum. the'ol. I, II, 58, 4; 60, 1; 64, 3; num osserva che « si noverimus scripto-
65, 2 66, 3. Ili, 85, 3. Conv. IV, 17, 27.
;
rem eorum [degli Atti] esse medicum....
V. 133.154. La retroguardia. Chiu- animadvertemus pari ter omnia verba il-
dono la processione 7 personaggi, vestiti lius animae languentis esse medicinam ».
di bianco come i 24 seniori, salvo che 138. animali ecc. uomini; cfr. Inf.
: gli
essi non sono coronati di gigli, ma di V, 88. Conv. II, 9 IV, 27.
; ITI, 2 ;

rose e d'altri fiori vermigli. Primi ven- 139. contraria il medico risana le pia-
:

gono 2 vecchi, personificazioni dei Fatti ghe; chi porta la spada, le fa. Con la
degli Appostoli e delle Epistole di San spada si suole rappresentare S. Paolo
Paolo. Seguono 4 d'umile aspetto, per- delle cui Epistole è simbolo il vec- '

sonificazioni delle Epistole di S. Pietro, chio '


di cui qui parla T>. La spada è
S. Giacomo, S. Giovanni e S. Giuda. {Efes. VI, 17 cfr. Ebrei, IV, 12) quella
;

Ultimo vien dormendo, ma colla faccia della parola di Dio.


vivace, un vecchio, che personifica V Apo- 141. rio: fiume Lete, -mi fé' paura:
calisse di S. Giovanni (le altre interpre- perchè ? Cfr. Purg. IX, 112 sg.: XXX, 57.
tazioni non sono accettabili). In questa 142. umile: come figurazioni di libri
processione è dunque tutta la dottrina sacri di piccola mole quali sono le epi-
della Chiesa inspirata dallo Spirito San- stole canoniche che S. Girolamo nella
to, dalla Genesi sino all' Apocalisse. Giun- cit. Epistola dice succinte. -y&rutsL: appa-
to il carro dirimpetto a D., s'ode un tuo- renza; cfr. Purg. XXV, 100; XXVI, 70.
no, e tutti si fermano. 143. veglio secondo la tradizione, l'au-
:

133. nodo: dopo tutto il gruppo che tore dell'Apocalisse morì decrepito. -so-
sta intorno al carro, e del quale si è fin lo l' Apocalisse è 1' ultimo libro e il solo
:

qui trattato. Cfr. Inf. XI, 80. profetico del Nuovo Testamento.
600 [par. terrestre] Purg. xxix. 144-154 [retroguardia]

venir, dormendo, con la faccia arguta.


145 E questi nette col primato stuolo
erano abituati ma di gigli;

dintorno al capo non facean brolo,


148 anzi di rose e d'altri fior vermigli :

giurato avria poco lontano aspetto


clie tutti ardesser di sopra da' cigli.
Kl E quando il carro a me fu a ri m petto,
un tuon s'udì; e quelle genti degne
parvero aver l'andar più interdetto,
154 fermandosi ivi con le prime insegne.

144. dormendo: tutto visioni è V Apo- quel rosso delle ghirlande giurato che
calisse. - con la faccia arguta l'Apoca- : quei sette ultimi avessero fiamme di so-
lisse con le visioni vuole « far conoscere pra dai cigli. - ardesser: « Ardet apex
lo cose che debbon tosto accadere » ;
capiti cristisque a vertice fiamma Fundi-
Apocal. I, 1. tur »; Virg., Aen. X, 270 sg.
145-146. col primato stuolo erano abi- 152. un tuon che dà alla mistica pro-
:

tuali vestiti come i 24 vecchi che forma-


: cessione il segnale di fermarsi. Si dovrà
no la l a schiera; cfr. Par. XXXI, 59-60. intendere che questo tuono venga dal
147. brolo ghirlanda. Più propria-
: cielo. « Il Poeta ha descritto la Chiesa
mente brolo '
è boschetto o giardino.
'
in forma di croce, e volta a occidente,
Cfr. Parodi, Bull. Ili, 149. « Di questa come tutte s'usano di costruere, perchè
voce è rimasto vivente nell'aretino il v. ha posto prima i sette candelabri, che
scrollare. Da brolo poi, che vale e ghir- fanno piede di quella poi ventiquattro
il ;

landa di fiori, e siepe fiorita che chiuda seniori a due a due, che fanno il resto del
un orto, son venuti i nomi a molte ville primo leguo sino all'altro che s'incrocia ;

della Toscana, come Brollo, Brolio e si- e qui ha posto in luogo di essa incrocia-
mili » Cavemi.
; tura il nodo, cioè il carro tirato dal Gri-
148. vermigli il color vermiglio dino-
: fone in mezzo a' quattro animali, et in
ta l'ardore della carità, che informa i li- luogo della parte destra del legno ha
bri del Nuovo Testamento, destinati a posto le tre, e in luogo della sinistra le
spargere ovunque il fuoco d'amore che quattro donne in giro. Poi in luogo della
Cristo portò sulla terra cfr. Lue.
; parte di sopra ha posto i sette abituati
XII, 49. col primaio stuolo » Veli. ;

149-150. giurato avrìa ecc. un aspetto


: 153. interdetto proibito.:

(= vista) un po' lontano, cioè chi non li 154. insegne : i sette candelabri che a
avesse veduti, come me, da vicino, non mo' di insegne, o gonfaloni, aprivano la
potendo distinguere i fiori, avrebbe per processione.
[paradiso terrestre] Puro. xxx. 1-12 [PRELUDIOj 601

CANTO TRENTESIMO
PARADISO TERRESTRE

APPARIZIONE DI BEATRICE ^SCOMPARSA DI VIRGILIO


RIMPROVERI DI BEATRICE A DANTE

Quando il settentrion del primo cielo,


che né occaso mai seppe né òrto,
né d'altra nebbia che di colpa velo,
e che faceva lì ciascuno accorto
di suo dover, come il più basso face
qual timon gira per venire a porto,
fermo s'affisse; la gente verace,
venuta prima tra '1 Grifone ed esso,
al carro volse sé, come a sua pace;
10 e un di loro, quasi dal ciel messo,
« Veni, sponsa, de Libano » cantando,
gridò tre volte, e tutti gli altri appresso,

V. 1 21. Preludio dell'apparizione accorto del suo dovere, cioè avverte dei
di B, Fermatasi la processione, i 24 se- movimenti che deve fare, chiunque gira
niori si volgono al carro e uno di essi, ;
timone pervenire al porto, scopo d'ogni
quasi deputato a ciò dal cielo, grida 3 navigazione. - il più basso il settentrio- :

volte, secondato da' compagni, invitando ne dell' 8^ sfera, contrapposto al setten-


B. a venire. A
tale invito un gran nume- trion del primo cielo, dell' empireo, che è
ro d'angeli si leva su dal carro per festeg- tanto più alto. - qual chiunque. :

giare colei che sta per apparire, e canta, e 7. fermo formò; cfr. Inf.
s'affisse: si

a piene mani gitta fiori sopra e dintorno. XII, 115. - gente 24 seniori.
: i

1. settentrion : i sette candelabri, detti 8. esso settentrione, cioè i 7 candela-


:

settentrione, come la costellazione del- bri, cfr. Purg. XXIX, 82 sgg.


l'Orsa minore, fatta di 7 stelle che splen- 9. volse sé: si volse indietro. -come a
dono nella parte settentrionale del no- sua pace « oome a suo fine ciò che si
: :

stro cielo. - primo cielo: l'Empireo: al- fece nel vecchio testamento, si fece a
tri intesero a torto Iddio o il Par. terre- fine di costituire la S. Chiesa, e Cristo a
stre; cfr. n. 4-6 in fine. quel fine venne » Bufi. ;

che ecc. il qual settentrione -


2-3. : 10-11. un ecc.: uno dei 24 seniori; e
ch'è il settemplice spirito di Dio (cfr. sarà quello che nella schiera rappresen-
Purg. XXIX, n. 43-60) - non andò mai ta il Cantico dei Cantici, a cui appar-
soggetto, come il settentrione di stelle, tengono le parole « Vieni dal Libano,
alle vicende del sorgere e del tramon- o sposa ! »; IV, 8. Altrove D. identifica
tare, né fu tolto agli sguardi degli uo- la sposa del Cantico con la scienza di-
mini se non dalla colpa loro, dal peccato. vina; cfr. Conv. II, 15.
4-6. faceva ecc. guidava i membri
: 12. tre volte come nel Cantico (se-
:

della processione così come il setten- condo la Volgata) « Veni de Libano,


;

trione del nostro emisfero, cioè V orsa sponsa inea; veni de Libano, veni ». -
minore, di cui fa parte la stella polare, fa gli altri: seniori.
602 [rAR. terrestre] Puro. xxx. 13-28 [preludio]

L3 Quali i novissimo bando


beati al

surgelati presti ognun di sua caverna,


la rivestita voce alleluiando ;

IG cotali in su la divina basterna


si levar cento, ad vocem tanti sente,

ministri e messa ggier di vita eterna.


19 Tutti dicean: « Bcncdictiis qui venis ».
e fior gittando di sopra e dintorno :

« Manìbus o date Ulta plenis ! »


22 Io vidi già nel cominciar del giorno
la parte orientai tutta rosata
e l'altro ciel di bel sereno adorno ;

25 e la faccia del sol nascere ombrata


sì che, per temperanza di vapori,
l'occhio la sostenea lunga fiata :

28 così dentro una nuvola di fiori,

13. novissimo: ultimo; all'invito che venire, v. 11, ora sta per giungere D. e :

sarà gridato dagli angeli il dì del giudi- il Grifone sono già lì, fermi.
zio finale. 21. Manibus ecc.: oh, spargete gigli a
14. caverna: tomba. piene mani! Son parole che Yirg., Aen.
15. la rivestita voce alleluiando: spe- VI, 883 mette in bocca ad Anchise, quan-
cie di abl. ass.; mentre canterà alleluia do parla in onore di Marcello.
la viva voce da essi beati ripresa insieme V. 22-33. Apparizione di JB. Den
coi corpi. « Et sic vide quantum compa- tro la nuvola di fiori che gli angeli spar-
ratio sit propria ex omni parte, de bea- gono sopra e intorno al carro, appare B.
tis ad angelos, de basterna ad cavernam, coronata di fronde d'ulivo sopra il can-
de voce angeli ad vocem Salomonis » ;
dido velo che ha in testa, e vestita di un
Benv. ÀI. la rivestita carne alleviando.
-.
abito rosso con mantello verde ella si :

sulla quale var. cfr. Moore, Orit., 429 sg. presenta adunque coi colori stessi (bian-
16. basterna: voce latina: sorta di carro co, rosso e verde) delle Virtù teologa-
coperto o lettiga, che presso i Romani li ; cfr. Purg. XXTX, 122 sgg.
serviva specialmente alle matrone. Qui, 22-27. Io vidi ecc.: « Dalla circostanza
per similitudine, il carro mistico. meteorologica, per la quale vediamo non
17. cento: un gran numero di angeli; di rado esser sereno tutto il cielo, fuor
cfr.vv. 29, 82. Il mistico carro è dunque che a ponente o a levante, ove uno stra-
pieno di angeli rimasti sin qui invisibili, to poco denso di vapori s' infiamma ai
non avendone ancor fatto alcun cenno. - raggi solari, prende una tinta rosata, e
ad vocem tanti senis alla voce di : fa velo al grand'astro diurno per modo,
tanto vecchio, di colui che aveva gri- da permetterci di rimirarlo senza offesa;
dato « Veni, sponsa, de Libano ! »
: leva il Poeta l' imagine di una delle più
18. ministri : denominazione scrittura- soavi e felici pitture, ch'egli abbia sa-
le degli angeli ; cfr. Salm. CU, 20 sg. puto ideare e che noi possiamo ammi-
Ebrei, I, 7, 14. rare»; Antonelli. Cfr. anche L. Veni.,
Benedictus ecc.: benedetto tu che vie-
19. Siimi., 5. -rosata: del colore della rosa;
ni. Sono
le parole [salvo venis sostituito « Ut solet aer Purpureus fieri, cum pri-
a venit] colle quali Cristo, entrando in mum aurora movetur»; Ovid., Met. VI,
Gerusalemme la domenica delle Palme 47 sg. - l'altro ciel: il resto del cielo.
fu salutato dai Giudei cfr. Hatt. XXI, ;
- per temperanza di vapori per i vapori
:

9, ecc. Le parole non sono dirette a D. temperanti la faccia, lucente, del sole.
né al Grifone come opinarono molti in- 28. nuvola: consuona all'immagine
terpreti, ma a B., che, prima invitata a della nebbia che vela il sole.
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXX. 29-48 [BEATRICE] 603

che dalle mani angeliche saliva


e ricadeva in giù dentro e di fori,
31 sopra candido vel cinta d' uliva,
donna m'apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.
34 E lo spirito mio, che già cotanto
tempo era stato, che alla sua presenza
non era di stupor, tremando, affranto,
37 sanza degli occhi aver più conoscenza,
per occulta virtù che da lei mosse,
d'antico amor sentì la gran potenza.
40 Tosto che nella vista mi percosse
1' alta virtù che già m'avea trafitto

prima eh' io fuor di puerizia fosse,


43 volsimi alla sinistra col rispitto
col quale il fantolin corre alla mamma,
quando ha paura, o quando egli è afflitto,
46
p er dicere a Virgilio :
i
Men che dramma
di sangue m' è rimaso che non tremi ;

conosco i segni dell' antica fiamma '


;

30. dentro e di fuori: dentro e intorno 37. sanza ecc.: senza che dagli occhi,
alla divina basterna, cioè al carro. cioè col guardarla, potessi avere più pre-
31-33. candido ecc. : i tre colori, come cisa conoscenza di lei, velata dalla nube
s'è detto, della Fede, della Speranza e di fiori e dal velo candido,
della Carità. L' olivo è simbolo di sa- 38. occulta virtù virtù arcana, già dal
:

pienza e di pace. Cfr. V. N., 2, 3, 2J, 40. P. sperimentata in vita di B.


V. 34-54. I segni dell" antica fiam- 40. nella Yista: negli occhi, e per gli
ma. La vista di D. non può discernere occhi nel cuore.
chi sia questa donna; ma, per arcana 41. trafìtto: « Vulnerasti cor menni,
virtù che muove da lei, egli sente la soror mea, sponsa, vulnerasti cor meum
gran potenza dell'antico amore. Si volge in uno oculorum tuorum, et in uno crine
allora per dire a V. la commozione del- colli tui » ;Gant. Cantic. IV, 9.
l'animo suo; ma all'apparire di E., V. 42. prima ecc. :a 9 anni; cfr. V. N.,2.
è subitamente disparito; di che D. è 43. rispitto: dal prò v. respieit Mu- =
cosi dolorosamente sorpreso, che non eia, speranza. AL: Rispetto; ma il bimbo
può trattenere il pianto, pur essendo fra corre alla mamma con fiducia; di rispetto
le delizie e nella letizia del Par. terre- e venerazione non sa ancor nulla. Cfr.
stre. Circa l'effetto di stupore e di tre- Nann., Voci e locuz. Udì. deriv. dalla
more che B. viva produceva sul P., cfr. lingua prov. JFir., 1840, 121 sg. Par.
V. Ar ., 2, 11, 14, 24, ecc. XXII, 2-3. Il Parodi (Bull. Ili, 94) vor-
cotanto tempo: 10 anni, essendo
34. rebbe intendere rispitto come sguardo
B. morta nel 1290; cfr. Purg. XXXII, 2. (cfr. il lat. respicere), o, con valore un
36. affranto: abbattuto, vinto; effetto t>o' più generico, atteggiamento del volto.
della vicinanza di B. viva su I). Yien 48. conosco ecc. « Adgnosco veteris
:

fatto di pensare al tremore e allo smar- vestigia flammee » Yirg., Aen. IV, 23
;

rimento da cui D. nei §§ e XIV XXIV dove queste parole son dette alla sorella
della V. N. racconta d'essere stato preso Anna da Didone che le rivela d' avere,
per la vicinanza di B., prima che avesse nell' amore per Enea, sentito ciò eh' ella
avvertita la presenza di lei. altra volta sentì per Sicheo.
604 [par. terrestre] Puro. xxx. 49-63 [scomparsa di Virgilio]

49 ma Virgilio n'avea scemi


lasciati
di sé, Virgilio, dolcissimo padre,
Virgilio, a cui per mia salute die' mi ;

52 nò quantunque perdeo 1' antica madre,


valse alle guancie nette di rugiada,
che, lagrimando, non tornasser adre.
55 « Dante, perchè Virgilio se ne vada,
non pianger anco, non pianger ancora ;

che pianger ti convien per altra spada. »


58 Quasi ammiraglio che in poppa e in prora
viene a veder la gente che ministra
per gli altri legni e a ben far l'incuora;
01 in su la sponda del carro sinistra,
quando mi volsi al suon del nome mio,
che di necessità qui si registra,

49. scemi: privi me e Stazio. altera e disdegnosa e aggiunge altre pa-


;

mi: mi diedi. La ripetizione


51. die' role di rampogna, più amare delle pri-
del nome di V. in tre versi consecutivi me sicché egli, che tanto avea sospirato
;

è espressione di affetto. « Eurydicen vox il momento del rivederla, china la testa,

ipsa et frigida lingua, A


miseram Eury- e rimane tutto confuso e vergognoso.
dicen, anima fugiente vocabat, Eurydi- 55. Dante « quest' uscita ex abrupto
:

cen toto referebant fiumine ripse » Vìrg., ; è un tratto di sublimissima poesia. Con-
Georg. IV. 525-527. veniva ricondur tosto a B. il lettore;
52-53. quantunque: tutto ciò che; cfr. ed ecco fa ella stessa l'uffizio»; Oes.
Inf. V, 12. Purg. XV, 71. - madre: Eva. 57. per altra spada per ben altro do-
:

Senso tutte le bellezze e le gioie del


: lore che non quello di vederti abbando-
Par. terrestre, perdute già per sua colpa nato da V. E quest'azera spada sono le
da Eva, non m'impedirono di commuo- spietate parole di rimprovero che D.
vermi sino alle lagrime per il dolore della udirà tra poco dalla bocca stessa di B.
scomparsa del mio V. - nette: nettate 58. Quasi ammiraglio « la similitu-
;

da V. con la rugiada: cfr. Purg. I, 95 dine, con la dignità dell' ufficio e del per-
segg., 124 sgg. sonaggio, accenna alla dignitosa nobiltà
54. adre: atre, oscnre di pianto. di B. e toccando le cure e le parole
;

V. 55-81 Accoglienza inaspettata. benigne volte da un ammiraglio alla


Il P. sorprende il lettore col racconto gente degli altri legni, delle altre navi
del severo saluto fattogli da B. Dal prin- minori, per incoraggiarla a far il dover
cipio del mistico suo viaggio sino a que- suo, mostra che dagli atti e dallo sguardo
sto momento la speranza di riveder lei, di B. traspariva altezza d'affetto. An-
già tanto amata, lo ha fortificato a so- che il carro misterioso, su cui ella si
stenere le fatiche, disagi e i dolori del
i posa, ha qualche analogia con la nave
cammino; cfr. 133 sgg. Purg.
Inf. II, maggiore, ove 1' ammiraglio risiede »; L.
VI, 46 sgg. ; XX
VII, 35 sgg. Egli poi si Vent., Simil, 359. Cfr. Conv. IV, 4.
è già purificato di tutti quei peccati che 59 ministra serve, fa suo ufficio: « Ipse
. :

si purgano via via nei sette gironi del ratem conto subigit velisque ministrai »;
sacro monte, e V. ha dichiarato il suo Vìrg., Aen. VI, 302.
arbitrio libero, diritto e sano {Purg. 61. sponda: «parola che conviene sì
XXVII, 140). Ciò nonostante B. lo ac- all' idea di carro, sì a quella di nave » ;

coglie con parole aspre. « Non piangere, L. Vent., 1. e. - sinistra: alla sinistra
o D., per la dipartita di V.: per ben del mistico carro era D. cfr. Purg. ;

altra ragione ti converrà lagrimare », gli XXIX, 67 sg.


dice essa, ritta presso la sinistra sponda 63. di necessità: « Dice che di neces-
del carro, e tuttora velata e in apparenza sita de qui si scrive il suo nome, peroc-
[paradiso terrestre] Purg. xxx. 64-79 [rimproveri] 605

C4 vidi la donna che pria m' apparìo


velata sotto P angelica festa,
drizzar gli occhi vèr me di qua dal rio.
07 Tutto che '1 vel che le scendea di testa,
cerchiato dalla fronde di Minerva,
non la lasciasse parer manifesta;
70 regalmente nelP atto ancor proterva
continuò, come colui che dice
e il più caldo parlar dietro riserva:
73 « Guardaci ben; ben sem, ben sem Beatrice,
Come degnasti d' accedere al monte *?

non sapéi tu che qui è V uom felice? »


70 Gli occhi mi cadder giù nel chiaro fonte;
ma veggendomi in esso, i trassi all' erba,
tanta vergogna mi gravò la fronte !

79
Così la madre al figlio par superba,

ckè convenne che la donna il chiamasse tore, sidee riservare di dietro perocché ;

per nome, per due cagioni 1' una, per- : quello che ultimamente si dice, più ri-
chè certa fosse la persona, intra tante, mane nell'animo dell'uditore »; Conv.11,9.
alla quale dirizzava il suo sermone 1' al- ; 73. sem siamo. Beatrice parla col plu-
:

tra, però che come più addolcisce nello rale della maestà. Al. Guardami ben l :

umano parlare il nomare la persona per Ben son, ben son Moore, Orit., 431 sg. ;

lo proprio nome, in ciò che più d'affe- Per tutto l' insieme cfr. JBoet., Cons.
zione si mostra; così più pugne il re- phil. I, pr. 2.
prensivo, quando la persona ripresa dalla 74. Come degnasti : « Chi salirà al
riprendente è nomata » Ott. È questo ; Monte Signore ì O chi starà nel
del
il solo luogo del poema in cui il P. re- luogo suo santo? L'uomo innocente di
gistri il nome suo altrove, anche essen-
; mani e puro di cuore, il quale non eleva
done apertamente richiesto, egli lo tace ;
l' animo a vanità » Salm. XXIII, 3, 4. ;

cfr. Purg. XIV, 20 sg. D. aveva elevato 1' animo suo a va-
64. donna: Beatrice. - pria: cfr. v. 32. nità (Purg. XXX, 131 sg. XXXI, 34, ;

- apparìo apparve, come Purg, II, 22.


: 35, 60) e non era puro di cuore (Purg.
65. angelica festa nuvola di fiori git-
: XXXI, 58 sgg.). Degnare si usò antica-
tati dagli angeli ; cfr. v. 28 sgg. mente nel senso di potere (= provenzale
66. dal rio: dal fiume Lete. denhar), e in tal senso 1' usò D. qui. Al-
68. fronde di Minerva: rami d'ulivo tri intendono i vv. 74 sg. come una fiera
(cfr. v. 31), pianta sacra a Minerva. ironia, dando a degnasti il senso di ti
70. regalmente: cfr. Par. XI, 91. - nel- degnasti : cfr. Bull. XXIII, 48.
l' atto ancor oltre che nelle parole. - pro-
: 77. i trassi: li trassi; cfr. Inf. V, 78.
terra: altiera e rigida. « Dal principio Non bastandogli 1' animo di contemplare
essa filosofia parea a me, quanto dalla la propria immagine nelle acque del Le-
parte del suo corpo, cioè sapienza, fiera, te, volse gli occhi all' erba.
che non mi ridea, inquanto le sue per- 79. madre la Chiesa è la madre dei fe-
:

suasioni ancora non intendea e disde- ; deli e 1' autorità ecclesiastica è la rappre-
gnosa, che non mi volgea l' occhio, cioè sentatrice della Chiesa. Quindi Beatrice
eh' io non potea vedere le sue dimostra- è paragonata più volte ad una madre ;

zioni » Conv. Ili, 15.


; cfr. Ph- I, 102; XXII, 4. La pietà del-
m

72. dietro riserva per poi le parole più


: l' amor materno è qui severa ma è pur ;

animate, ma dal modo in cui si espri- sempre pietà. La madre pare superba,
me, le fa già presentire. « Sempre quello mentre è amorevole. B. pareva, ma non
che massimamente dire intende lo dici- era proterva (v. 70).
606 [par. terrestre] Puro. xxx. 80-91 [angeli]

coni' ella parve a me, perchè d'amaro


sente sapor della pietade acerba.
il

82 Ella si tacque, e gli angeli cantaro


di subito : « In
Domine, speravi »te,
;

ma pedes meos non passaro.


oltre 6
'

85 Si come neve tra le vive travi


per lo dosso d'Italia si congela,
soffiata e stretta dalli venti schiavi
;

88 poi, liquefatta, in sé stessa trapela,


pur che che perde ombra
la terra spiri,
sì che par foco fonder la candela
;

91 così fui sanza lagrime e sospiri

81. sente Al. sentì. Trattandosi qui


: : abbiezione, salvasti dalle angustie 1' ani-
evidentemente d'una massima generale e ma mia. Né mi chiudesti tra le mani del-
non di una esperienza isolata, il sentii di l' inimico apristi spazioso campo a' miei
;

parecchi codd. andrà letto sent' il sente = piedi. » E qui gli angeli si fermano, per-
il e non senti' l (= sentì il). La pietà chè buona parte dei concetti de' versetti
acerba, che castiga, sente, cioè sa sem- seguenti qui non tornerebbe a proposito.
pre di amaro per il castigato. Acerba per 85. vile travi: alberi verdeggianti; cfr.
sé di sapore, riesce amara al gusto. Virg., Aen. VI, 181. Ovid., Mei. VIII,
V. 82-99. Compassione angelica. 329; X, 372 seg. XI, 361; XIV, 360.
;

B. tace; e gli angeli sulla divina ba- 86. lo dosso d' Italia Y Appennino,:

sterna cantano, quasi in nome di D., un quasi spina dorsale deli' Italia.
salmo eh' esprime la speranza in Dio. E 87. soffiata e stretta ecc.: sotto il freddo
D., prima gelato e come impietrito per soffio, che ha forza di addensarla, dei ven-
il dolore, tocco da quell' amore degli an- ti che vengono di Sehiavonia (di X-E.).
geli, che lo compatiscono e par diman- 88. in se stessa trapela quella di sopra,
:

dino a B. perchè tanto lo strugga co- prima a liquefarsi, penetra in quella di


gli acerbi rimproveri, sfoga il dolore con eotto.
lagrime e sospiri l' interno
: suo gelo, 89. pur che la terra ecc. purché spiri :

dunque, si liquefa. vento dall'Africa. « Utve sub adventu


82. gli angeli: «gli angioli, ch'erono spiranti s lene Favoni Sole remollescit
in sul carro in persona di D. rispondono quse trifore constitit unda, Sic lacrimis
a B.: Egli ardì di salire al monte speran- consumpta suis Phcebeia Byblis »; Ovid.,
do in Dio »; An. Fior. Cfr. Ebrei XII, 22. Met. IX, 661 sgg. - perde ombra « pro- :

83. In te: cantano i primi nove ver- prietà delle regioni tropicali, o della zona
setti del salmo XXX: «Signore io ho torrida, ove due volte all' anno a mezzo-
sperato in te fa' che io non sia giammai
;
giorno il sole tocca lo zenit di ciascun
confuso; liberami per la tua giustizia. punto ; e quindi 1' ombra di un corpo
Piega a me le tue orecchie, affrettati a opaco, in situazione verticale, cade sulla
liberarmi. Sii tu a me Dio protettore e sua base, onde non comparisce da alcun
casa di asilo, per farmi salvo. Perocché lato » ; Antonelli.
tu sei mia fortezza e rifugio e, pel tuo ;
90.par foco « Sicut fluit cera a facie
:

Nome, mi guiderai e mi darai il sosten- ignis»; Psal. LXVII, 3. -« Valles scin-


tamento. Mi trarrai dal laccio che mi dentur sicut cera a facie ignis »; Michece
hanno teso di nascosto poiché tu sei il
;
I, 4. - «Ut intabescere fìavse Igne levi
mio protettore. Io raccomando il mio ceree, matutingeque pruina^ Sole tepente
spirito nelle tue mani tu mi hai redento,
; solent»; Ovid., Met. Ili, 487 sgg.
Signore, Iddio di verità. Tu odii quelli 91. così: prima che gli angeli cantas-
che senza prò stanno dietro alla vanità ;
sero, D. era internamente (v. 97), per le
ma io sperai nel Signore. Esulterò e mi parole di B., impietrato e gelato quasi
rallegrerò nella tua misericordia; pe- neve indurita; udito il canto, s'intenerì
rocché tu gettasti lo sguardo sulla mia e liquefece. Paragona il suo interno alla
Paradiso terrestre] Purg. xxx. 92-105 [angeli] 607

anzi '1 cantar di quei che notan sempre


dietro alle note degli eterni givi ;

94 ma poi che intesi nelle dolci tempre


lor compatire a me, più che se detto
avesser '
Donna, perchè sì lo stempre ^ ',

lo gel che in 7 era intorno al cor ristretto,


spirito e acqua féssi, e con angoscia
della bocca e delli occhi uscì del petto.
Ella, pur ferma in su la detta coscia
del carro stando, alle sustanzie pie
volse le sue parole così poscia :

« Voi vigilate nell'eterno die,


sì che notte né sonno a voi non fura

passo che faccia il secol per sue vie;

neve, le parole severe di B. ai venti schia- marlo sulla buona via per mezzo di sogni
vi, quelle pietose degli angeli a caldo e divisioni. Cadde tanto in basso, che, per
svento affricano. salvarlo, non c'era più che un sol mezzo:
92. quei: angeli. - notan cantano. : mostrargli i dannati e le loro pene. Ora,
| 93. dietro ecc.: assecondando l'armo- prima di passare il Lete e gustarne le
nia delle sfere celesti cfr. Par. 1, 76 sgg.
; acque, che tolgono memoria dei peccati,
\ 94. nelle dolci tempre nelle parole del
: la divina Giustizia esige ch'ei senta vivo
salmo cantate con dolce modulazione ;
pentimento di questi, e, pentito, versi
?cfr. Par. X, 146 sg. lagrime. »
I 95. compatire: «Peccatores.... quam- 100. in su la detta sulla sponda sini-
:

tiiu sunt in hoc mundo, in tali statu stra del carro, com'è detto nel v. 61. Al.:
snnt, quod sine praeiudicio divinae iusti- in su la destra coscia. Ma B. stava pur
tiae possunt in beatitudineni transferri ferma dunque non si era volta a destra.
;

/de statu miserise et peccati. Et ideo com- 101. alle sustanzie pie: agli angeli pie-
^passio ad eos locum habet et secundum tosi e compassionevoli; cfr. Thom. Aq.,
electionem voluntatis (prout Deus, an- Sum. theol. I, 50, 5 ; 56, 1, 2. Pie, perchè
geli et beati eis compatì dicuntur, eorum sante e perchè hanno pietà di D.
salutoni volendo), et secundum passio- 102. poscia: come gli angeli si tacquero.
nem, sicut compatiuntur eis homines 103. vigilate: vegliate di continuo. -
boni»; Thom. Aq., Sum. theol. Ili, Sup- die giorno « in diem seteraitatis »; II
: ;

pi, 94, 2. Petr. Ili, 18. - « La sentenza è che le


96. stempre: mortifichi, avvilisci. creature angeliche a ninna guisa ed in
98. spirito e acqua fèssi si risolse in : nessun tempo ponno essere disciolte dal-
sospiri (spirito) e in lagrime (acqua). la continua contemplazione di Dio....
99. delia bocca: come spirito, in for- Dice adunque B. agli angeli, che essi
ma di sospiri. - delli occhi come acqua, : stanno sempre vigilanti ed attenti a con-
in forma di lagrime. Al. per la bocca : templar il creator loro, sì fattamente,
e per gli occhi. - uscì il gelo disciolto.
: che notte né sonno fura o toglie loro
V. 100-145. Traviamenti di D. B. passo, che per sue vie caminando faccia
volge ora la parola agli angeli, con inten- il secolo, ponendo il secolo per il tempo,
zione però d'essere ascoltata e intesa dal il quale altro non è che ombra dell'eter-
P., ch'ella rimprovera de' passati tra- nità e perchè le cose mondane soggiac-
;

viamenti. « Natura e Grazia » ella dice ciono al tempo, prendesi ancora il se-
«gli furono larghe di loro doni; ma di colo per il mondo, ed il mondo per gli
questi ei non usò come doveva. Finché uomini in esso contenuti»; Dan.
vissi, io gli fui guida al bene vero morta ; 104. fura: ruba, sottrae alla vostra vi-
me, egli si sviò e corse dietro a beni falla- sta e conoscenza.
ci. Né valse ch'io m'adoperassi a richia- 105. passo ecc.: cosa chenelmondo sue-
608 [PAH. TERRESTRE] PURG. XXX. 106-121 \ I AMENI

106 onde la mia risposta è con più cura

che ni' intenda colui che di là piagne,


perchè sia colpa e duol d' una misura.
109 Non pur per ovra delle rote magne,
che drizzan ciascun seme ad alcun fine
secondo che le stelle son compagne,
112 ma per larghezza di grazie divine,
che sì alti vapori hanno a lor piova,
che nostre viste là non van vicine,
115 questi fu tal nella sua vita nova
virtualmente, ch'ogni abito destro
fatto averebbe in lui mirabil prova.
118 Ma tanto più maligno e più Silvestro
si fa il terren col mal seme e non colto,
quant'egli ha più del buon vigor terrestro,
121 Alcun tempo il sostenni col mio volto :

ceda. «Sicut Deus per suam essentiam cognitione mysteria gratise angeli cogno
materialia cognoscit, ita angeli ea co- scere non possunt.... Licet angeli beoti
gnoscunt per hoc quod [hcec] sunt in eis divinam sapientiam contemplentur, non
per suas intelligibiles species » Thom. ; tamen eam comprehendunt; et ideo non
Aq., Sum. theol. I, 57, 1. - « Angelus oportet quod cognoscant quid quid in ea
per un ani intellectivam virtutem utra- latet» Tho7n. Aq., Sum. theol. I, 57, 5.
;

que [cioè tanto universalia et immate- 115. vita nuova: età giovanile.
rialia, quanto singularia et corporalia] 116. virtualmente in potenza, per vir
:

cognoscit »; ih., 2. tu ricevute dai cieli e per abbondanza


106-108. onde ecc.: conoscendo voi già di grazie divine. « L'effetto dicesi con
ogni cosa che nel mondo succede, scopo tenuto nella causa, formaliter, quando
della mia risposta non è d' informar voi, in essa se ne trova la natura, come il
ma d'essere intesa da colui che piange calore nel fuoco; virtualiter, quando
di là dal Lete, affinchè il suo dolore sia nella causa non si trova la natura del-
adeguato alla colpa che or dichiarerò. l'effetto; la statua, per es., è contenuta
109-111. per ovra delle rote magne: per virtualiter nella mente dell' artefice » ;

naturale influenza dei cieli cfr. Inf.


; Dini. - abito destro buona disposizione.
:

XV, 55 sgg. Purg. XVI, 73 sg. Le sfere - « Scientia vel virtus : nani scientia est
celesti (rote magne) danno a ciascun es- habitus conclusionis dernonstratse, et
sere che nasce, inclinazione ad un qual- virtus est habitus electivus»; Benv.
che fine, buono o cattivo, secondo la 118. Ma tanto ecc.: « quanto una terra
virtù del pianeta o delle stelle sotto cui ha più di naturale vigoria, tanto più essa
egli è generato. diventa maligna, se si butta in essa
113-114. che sì alti ecc. che piovono,
: cattiva semenza e la si lascia incolta.
derivano da vapori tanto alti, che le no- Una terra priva di vigore è incapace di
stre viste « nonché raggiungere, neppure dare buone piante o cattive.... Uomini
s'avvicinano » (Tom.) a tanta altezza. di alto ingegno non diretti al bene e
In altri termini a discernere le ragioni viziati hanno
fatto danni stragrandi a
per le quali Iddio infonde la sua grazia sé stessi ed alla società. Gli stupidi sono
negli esseri, non giunge neppure 1' in- incapaci di far gran male e gran bene»;
telletto angelico o de' beati (nostre vi- Corn.
ste!); cfr. Par. XX, 118 sg. « Secun- 121. Alcun tempo: circa sedici anni. -
dum naturalem cognitionem angeli co- ilsostenni circa gli effetti benefici di Bea-
:

gnoscunt res tum per essentiam suam, trice, tale di nome e eli fatto, sull'animo
tum etiam per species innatas; et hac di D. cfr. Vita Nuova, 11, 19, 21, 27, ecc.
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXX. 122-136 [TRAVIAMENTI] 609

mostrando gli occhi giovanetti a lui,


menava in dritta parte volto,
meco il

124 Sì tostocome in su la soglia fui


di mia seconda etade e mutai vita,
questi si tolse a me, e diessi altrui.
127 Quando di carne a spirto era salita,
e bellezza e virtù cresciuta m'era,
fu' io a lui men cara e men gradita ;

130 e volse i passi suoi per via non vera,


imagini di ben seguendo false,
che nulla promission rendono intera.
133 Né impetrare spirazion mi valse,
con le quali ed in sogno e altrimenti
lo rivocai ; sì poco a lui ne calse !

136 Tanto giù cadde, che tutti argomenti


;
.- Citiamo solo alcuni vv. della canz. 129. inen cara: non cessò dunque di
Donne che avete: « .... quando va per amarla, ma il suo amore intepidì.
via, gitta nei cor villani Amore un
|
130. via non vera cfr. « via che non
:

gelo per che onne lor penserò agghiac-


|
è buona, dietro ai proprii pensieri » ;

cia e pere, e qual soffrisse di starla a


| Isaia LXV, 2.
vedere diverria nobil cosa o si morria ».
|
131. imagini: cfr. Purg. XVI, 91 sgg.
124. Sì tosto ecc. per verità lo svia- : 132. che nulla ecc. che non attengo- :

mento avvenne un po' più tardi, più di no mai del tutto le loro promesse. « Non
un anno dopo cfr. Vita N., 35, 30, Conv. ; igitur dubium
est, quin ha3 ad beatitu-
II, 2, 14 ma qui B. parla appassionata,
; dinem devia qusedam sint, nec per-
viae
e la lieve inesattezza dell' affermazione ducere quemquam valeant ad quod se
non ha nulla di strano. - soglia in prin- : perducturas esse promittunt » Boet., ;

cipio della mia gioventù. « La umana Gons. phil. Ili, pr. 8. « Hsec igitur vel
vita si parte per quattro etadi. La prima imagines veri boni vel imperfecta quse-
si chiama adolescenza, cioè accresci- dam bona dare mortalibus videntur ve- ;

mento di vita; la seconda si chiama gio- runi autem atque perfectum bonum con-
ventù.... Della prima nullo dubita, ma ferre non possnnt » ibid. Ili, pr. 9. ;

ciascuno savio s'accorda, ch'ella dura in- 133. impetrare da Dio di mandare a
:

fi.no al venticinquesimo anno » Conv. ; D. '


ispirazioni '. - spirazion: allude
IV, 24. B. morì nel giugno del 1290, senza dubbio alle visioni raccontate nel-
quando aveva finiti da poco i 25 anni. la Vita Nuova, 39 e 42, le quali, se non
125. mutai vita: la terrestre nella ce- rimasero senza effetto, come si compren-
leste. de dal racconto della Vita Nuova, pro-
126. altrui ad altra donna, alla «don-
: dussero però, come risulta da questi
na gentile » della Vita N., 36-39. versi, solo un pentimento passeggero,
127-128. di carne ecc. di donna mor- : che agli occhi di B. non aveva alcun
tale ero divenuta puro spirito immortale. valore.
-e bellezza ecc.: «il piacere de la sua 134. altrimenti in visione. :

bieltade, partendo sé da la nostra ve-


| 135. lo rivocai: «lo richiamai dalla tor-
duta, divenne spiritai bellezza gran-
j ta strada del vizio alla dritta via della
de, |
che per
lo cielo spande luce d'a- | virtù » Dan. - sì poco ecc. tanto poco
; :

mor fche angeli saluta, e lo intelletto


li | egli si curò di quelle « spirazioni ».
loro alto, sottile face maravigliar, sì | 136. giù cadde ò il traviamento rap-
:

v'è gentile»; V. N., XXXIII. -virtù ecc.: presentato dalla « selva oscura » di cui
« quia anima beata separata a corpore D. parla in principio dell' Inf. - argo-
est liberior in voluntate, ratione et me- menti rimedii, senso che argomenti ebbe
:

moria » Benv. ; spesso in antico cfr. Bull. XVIII, 18 sg.


;

39. Div. Comm., 8 a ediz.


610 [par. terrestre] Purg. xxx. 137-145 [traviamenti]

alla salute sua eran già corti,


fuor che mostrargli
le perdute genti.
139 Per questo visitai l'uscio dei morti,
e a colui che l'ha quassù condotto,
li preghi miei, piangendo, furon porti,

142 Alto fato di Dio sarebbe rotto,


se Lete si passasse e tal vivanda
fosso gustata san za alcuno scotto
145 di pentimento che lagrime spanda. »

137. corti: insufficienti. Civ. Dei I, 8, 9. - «Providentia est ipsa


138. le perdute genti: le ultime con- illadivina ratio in summo omnium prin-
seguenze del peccato. « Quasi dicat: cipe consti tuta quae cuncta disponit: fa-
salvo quam inclinare animum eius ad tum vero inhaerens rebus mobilibus di-
considerandam miseriani et infelicita- spositio per quam providentia suis quse-
tem miserorum » Benv. ; que nectit ordinibus. Providentia nam-
139. Per questo perchè tutti gli altri
: que cuncta pariter, quamvis diversa,
mezzi erano sufficienti a salvarlo. - visi- quamvis infinita, complectitur fatum ;

tai : Inf. II, 52 sgg. - l'uscio cfr.


cfr. : vero singula digerit in motuin locis, for-
Inf. Ili, 1 sgg. - morti: dannati. «Mor- mis ac temporibus distributa ut haec ;

te dice privazione » (Conv. IV, 8), e i temporaljs ordinis explicatio in divinae


dannati sono privati per sempre del som- mentis adunata prospectu providentia
mo bene, che è Iddio. sit; eadem vero adunatio digesta atque
140. colui: Virgilio. esplicata temporibus fatum vocetur » ;

141. piangendo : cfr. Inf. II, 115 sgg. Boet., Oons. phil. IV, pr. 6. - rotto
142. fato di Dio: legge o ordinamento violato.
voluto da Dio. « Fatum est ordinatio 143. vivanda: le acque del Lete, che, be
secundarum causarum ad effectus divi- vute, fanno dimenticare le colpe comraes
nitus provisos. Qusecumque igitur cau- se, e perfezionano così la purificazione
sis secundie subduntur, ea subduntur 144. alcuno uno. - scotto pagamento
: :

et fato.... Fatum refertur ad volunta- per quel che si mangia; parola in armonia
tem et potestatem Dei sicut ad primum con vivanda e con gustare
' '
l
Non si '
.

principium »; Thom. Aq., Sum. theol. gustano le acque di Lete, se non a prezzo
I, 116, 4. - « Ipsa Dei voluntas, vel po- di sincero pentimento, eiìbndentesi in
testas, fati nomine appellatur»; Aug., lagrime. -
•ARADISO TERRESTRE] PURG. XXXI. 1-14 [CONFESSIONE] 611

CANTO TRENTESIMOPBIMO
PARADISO TERRESTRE

CONFESSIONI DI DANTE, IMMERSIONE NEL FIUME LETE


LE ANCELLE DI BEATRICE, BEATRICE SVELATA

« tu che se' di là dal fiume sacro »,


volgendo suo parlare a me per punta,
che pur per taglio m'era paruto acro,
ricominciò seguendo sanza cunta;
« di', di' se questo è vero a tanta accusa :

tua confession conviene esser congiunta. »


7 Era la mia virtù tanto confusa,
che la voce si mosse, e pria si spense
che dagli organi suoi fosse dischiusa.
10 Poco sofferse poi disse « Che pense?
;
:

Rispondi a me, che le memorie triste


in te non sono ancor dall'acqua offense. »
13 Confusione e paura, insieme miste,
mi pinsero un tal '
sì '
fuor della bocca,

r V. 1-21. JLa prima confessione. B. te veemenza di parlare »;. Lomb. - que-


livolge ora direttamente la parola aD., sto: di che ti accuso; cfr. Purg. XXX,
invitandolo a confermare la verità delle 109-138. - tanta sì grave,:

accuse eh' ella gli ha mosse stando volta 7. nel senso stesso di Purg.
virtù :

agli angeli. Ma
D. è sì turbato e sgo- XI, 19. - confusa: peri rimproveri uditi,
^nento, che si prova ma non riesce a prof- ravvivanti il triste ricordo delle colpe,
•ferir parola. Esortato di nuovo a rispon- 8. la voce si mosse volli, ma non potei
:

dere, mormora a fatica un si più percet- articolar parola. - si spense: mi morì sulle
tibile all' occhio per il moto delle labbra labbra. Cfr. Inf. XVII, 92 sg.
che all'udito; e subito, oppresso dal 9. organi suoi: la gola e la bocca, organi
grave carico che gli pesa sul cuore, scop- della voce. « Vox faucibus hsesit »; Virg.,
pia in lagrime e sospiri. Aen. II, 774; III, 48; IV, 280 ecc.
1. fiume sacro Lete. : 10. Poco sofferse B. pazientò per un
:

2. per punta: direttamente, volgendo,, momento. -pense: pensi; cfr. Jn/.V, 111.
la parola a D., di cui fin qui aveva par- 11. memorie
triste: de' traviamenti,
lato in 3» persona. Per la metafora della acqua; di Lete. - offense offese;
12. :

a cfr. Purg. XXX, 57. turbate e cancellate; cfr. Inf. V, 109.


3. per taglio indirettamente, parlando
: 13. Confusione e paura: «confusione
agli angeli; cfr. Purg. XXX, 103 sgg. - de la mente, che venia da vergogna, e
'

acro acerbo.
: paura che procedea da la pena che me-
4. cunta: indugio, dal lat. cunctari— rita la colpa del peccato»; JButì.
Indugiare. 14-15. mi pinsero ecc. mi spinsero,
:

5. Di', di': «conduplicazione esprimen- ossia mi fecero uscire dalla bocca un sì


612 [par. terrestre] Pukg. xxxi. 15-30 [CONFESSIONE jr
FA

al quale intender fur mestier le viste.


le Come quando scocca
balestro frange,
da troppa tesa, sua corda e l'arco,la
e con men foga 1' asta il segno tocca,

10 sì scoppia io sott' esso grave carco,


7

fuori sgorgando lagrime e sospiri,


e la voce allentò per lo suo varco.
22 Ond'ella a me « Per entro i miei disiri,
:

che ti menavano ad amar lo bene


di là dal qual non è a che s'aspiri,
25 quai fossi attraversati o quai catene
trovasti, per che del passare innanzi
do vessiti così spogliar la spene ?
28 E quali agevolezze o quali avanzi
nella fronte degli altri si mostraro,
per che dovessi lor passeggiare anzi ? »

con tale stento e con voce sì fioca, che, 24. non è a che-, non c'è cosa alla
a intenderlo, fn necessario vedere il mo- quale. Quando l' uomo ha
conseguito i]
vimento delle labbra. - al quale intender : sommo bene, che è Dio, nulla più pu£
a intendere quale.il desiderare. « Chi è per me in cielo f uoi
16-18. Come balestro « come il bale- : che te ? Io non voglio altri che te in ter- :

stro, quando egli è troppo teso, scoc- ra » Salm. LXXII, 25. - « Veram bea-
;

cando rompe et spezza l' arco e la corda, titudinem in summo Deo sitam esse ne-
onde lo strale vola più. lento a toccare cesse est»- JBoet., Gons.phil. Ili, pr. 10.
il destinato segno così ecc. » Dan. -
; ;
25-27. attraversate poste attraverso. -
:

tesa: tensione, -l'asta: della freccia. catene: all'entrata delle fortezze, dei
19. grave carco: il pesante carico della ponti, dei porti e anche delle vie. Quali
confusione e della paura (v. 13). gravi impedimenti, quali forti ostacol:
21. allentò: il verbo qui è intrans, come attraversarono la buona via sulla quale
in Par. XXXI, 129 è trans, in Purg. V,
;
ti eri messo, sì che tu dovessi lasciar*
11 e Par. XV, 6. - Io sno varco delle : ogni speranza (spene) di passar oltre (in-
labbra; cfr. Virg., Aen. XI, 150 sg.: «ha> nanzi) e proseguire il tuo cammino?
ret lacrimansque gemensque Et via vix 28. agevolezze: comodità. -avanzi: van-
tandem voci laxata dolore est. » taggi. « Quali stati, quali meriti, quah
V. 22-36. La seconda confessione, avanzi avrebbon fatto Gisippo non cu-
Richiesto ora della cagione de' suoi tra- rar di perdere i suoi parenti e quei d:
viamenti, Dante amaramente sospira, e Sofronia?»; Bocc., Dee. X, 8.
risponde, sempre lagrimando, d' essersi 29. degli altri: beni, in confronto col be-
lasciato sedurre dal falso piacere delle ne del v. 23. La var. delle altre è sprovvi-
cose presentì (terrene), quando la morte sta di autorità; cfr. Moore, Crit., 433. Al
gli ebbe tolta B., che lo teneva sulla cuni (cfr. anche Bull. XVIII, 302) rife
diritta via. riscono altri a desiri, v. 22, intendende
22. Per entro ecc. : nel seguire i buoni dei desiderii di beni temporali; mal'uomc
desiderii da me inspirati. corre dietro all'aspetto dei beni mondani
23. menavano: « vita del mio core so- e D. confessa subito di essere corso die
lca essere un pensiero soave; e questo tro alle cose presenti, cioè ai beni terreni
pensiero se ne già spesse volte a' pie non ai disiri; v. 34 sg.
d'Iddio, ciò è a dire, ch'io pensando 30. passeggiare anzi questa, e anche
:

contemplava lo regno de' beati » Conv. ;


1
passar davanti ', son frasi che indicane
II, 8. - «Dio è nostra beatitudine som- quel che fanno « gli innamorati per dimo
ma »; Conv. IV, 22. strare il proprio affetto alla donna amate
PARADISO terrestre] Purg. XXXI. 31-49 [NUOVI RIMPROVERI] 613

1 Dopo la tratta d'un sospiro amaro,


a pena ebbi la voce che rispuose,
e le labbra a fatica la forni aro.
4 Piangendo dissi : « Le presenti cose
col falso lor piacer volser miei passi,
tosto che '1 vostro viso si nascose ».
7 Ed ella : « Se tacessi o se negassi
ciò che confessi, non fora men nota
la colpa tua ; dal tal giudice sassi !

Ma quando scoppia della propria gota


l'accusa del peccato, in nostra corte
rivolge sé contra il taglio la ruota.
13 Tuttavia, perchè vergogna porte mo
del tuo errore, e perchè altra volta
udendo le sirene sie più forte,
L6 pon giù seme del piangere, e ascolta
il :

sì udirai come in contraria parte

mover doveati mia carne sepolta.


40 Mai non t'appresentò natura o arte

b per sodisfare il desiderio di vederla » ; lo sforzo»; Tom. - propria: del pecca-


Barbi, Bull. XXV, 66 dove questo senso tore. - gota: bocca.
è comprovato con sicuri esempi dei seco- 41. nòstra corte: la corte celeste.
li xm-xv. Il v. dunque significa: « che tu metafora tolta dalla ruota
42. rivolge :

dovessi innamorartene e vagheggiarli ». o cote dell'arrotino, la quale, voltata


33. la formaro formarono la risposta.
: contro il taglio, lo ottunde invece di af-
«Suspirans imoque trahens a pectore vo- filarlo. Senso la confessione fa sì che la
:

cem»; Virg., Aen. I, 371. spada della divina giustizia non tagli più,
34. Le presenti cose cioè i beni visibili,
: ma che Dio misericordiosamente perdoni.
tangibili di questo mondo, ricchezze, ono- 43. mo ora. - vergogna fin qui D. ha
: :

ri, gloria, diletti, scienza mondana, ecc. provato confusione e paura; il dolore
35. falso: è il piacere con cui ci allet- lo ba fatto sospirare e piangere; e se ha
tano le false imagini di bene {Purg. provato vergogna (Purg. XXX| 78), non
XXX, 131 sg.) mera apparenza l' uno
: è stata proprio quella vergogna del suo
come le altre. errore, che B. vuole eh' egli porti in sé.
36. tosto che ecc. : dopo la morte di 45. sirene: cfr. Purg. XIX, 19 sgg.
Beatrice; cfr. Vii. N. e. 35 e 36. Purg. Per sirene intende qui tutti i falsi beni
XXX, 124 sgg. -si nascose: si tolse, perla che allettano con le loro belle*apparenze
morte vostra, agli occhi miei: non aven- e conducono a perdizione.
do più. presente il bel viso di B., il P. si 46. pon giù deponi. - il seme il grave
: :

lasciò fuorviare da altri beni presenti. carco della confusione, della paura e del
V. 37 -63. Nuovi rimproveri di bea- dolore che ti fa piangere, sicché non puoi
trice. Avuta daD. la nuova confessione, seguire attentamente il mio discorso.
B., affinchè egli senta vergogna di sue 47. sì: così, -in contraria parte: op-
colpe e sia più forte nell' avvenire, gli posta a quella, verso cui volgesti i tuoi
mostra tutta la vanità e stoltezza de' suoi passi.
traviamenti, scusabili in giovanetto ine- 48. carne sepolta: corpo morto e sepolto.
sj)erto, non in uomo fatto come lui. 49-51. t'appresentò: ti mostrò. Distin-
89. da tal giudice da Dio, giudice che
: gue due bellezze: della natura e del-
vede e sa tutto da sé. l'arte, come Oonv. I, 5 « Pare l' uomo
:

40. scoppia esce con dolore « esprime


: ; essere bello, quando le sue membra de-
614 [par. terrestre] Puiui. xxxi. 50-66 [nuovi rimproveri]

piacer, quanto le belle membra in ch'io


rinchiusa fui, e sono in terra sparto;
52 e se '1 sommo piacer sì ti fallìo
per la mia morte, qual cosa mortale
dovea poi trarre te nel suo disio ?
55 Ben ti dovevi, per lo primo strale
delle cose fallaci, levar suso
di retro a me, che non era più tale.
58 Non ti dovea gravar le penne in giuso,
ad aspettar più colpi, o pargoletta
o altra vanità con sì breve uso.
01
Nuovo augelletto due o tre aspetta ;

ma dinanzi dagli occhi dei pennuti


rete si spiega indarno o si saetta. »
64 Quali i fanciulli, vergognando, muti
con gli occhi a terra stannosi, ascoltando,
e se riconoscendo, e ripentuti,

bitamente si rispondono [natura]


e di- ; ta parla anche la Ball. Io mi sonpa r go-
' '

cemo bellocanto, quando le voci di


il letta bella e nuova e il son. Chi guar-
'

quello, secondo il debito dell'arte, sono derà giammai. Cfr. Bull. XII, 327. - sì
intra sé rispondenti». - piacer: bellezza breve: « come fu V uso del sommo piacer
piacente. - rinchiusa: alla morte corpo- che tu avesti di me » Buti. - Panini ;

rale pare all' anima di « uscire dell' al- durat omnis gloria humana etiam quie
bergo e ritornare alla propria magione » ;
videtur durabilior»; Benv.
Conv. IV, 28. - sparte: sono ora disciolte 61. Nuovo tenero, piccino. - (lue
: tre :

in terra; cfr. Genes. Ili, 19. « Numquam sono i colpi accennati nel v. 59 pur col
natura.... vel ars.... praesentavit tibi ali- verbo aspettare. - aspetta prima di di- :

quid placibilius membris meis, nunc in venir cauto.


terra dispersis » ; Pietro di D. 63. indarno: perchè, ammaestrati dal-
52. ti fallìo : ti venne a mancare. l'esperienza, sanno sfuggire la rete e
a desiderarla. Senso:
54. nel suo disio: gli strali. È similitudine biblica: «Fru-
Se piacere sommo, il piacere di una bel-
il stra iacitur rete ante oculos pennato-
lezza perfettissima ti si dimostrò fallace rum »; Prov. I, 17. Cfr. Eccl. VII, 27.
e caduco, tanto più fallace e caduca do- V. 64-90. Vergogna e pentimento.
vevi giudicare ogni altra apparenza pia- All'udire quelle parole acerbe, D. se ne
cevole di beltà, e non dovevi lasciartene sta lì muto, e cogli occhi rivolti a terra,
allettare. come fanciullo che si vergogna e si pen-
55. per lo primo strale dopo il primo : te di fallo rinfacciatogli. Ma, eccitato
colpo ricevuto dalle cose fallaci con la da B. con frase colorita e pungente a le-
morte della bellissima B. vare il viso, D., non senza uno sforzo
56-57. suso al cielo. - diretro a me ecc.
: : penoso, leva il capo, e, guardando lei, la
dietro a me, calita al cielo e non peri- vede tanto bella, sebbene tuttora velata,
tura, non più fallace, perchè puro spirito. che sente più vivo che mai il pentimento
58-60. ti dovea gravar farti tendere a : dell'essersi straniato da essa, e conce-
terra, per poi esperimentare altri colpi pisce odio per tutte le altre cose dalle
di strale. - pargoletta o altra vanità so : quali si lasciò allettare e accendere
vanità è parola generica, ben può essere d'amore. Prova allora tale stretta al
pargoletta allusione a qualcosa di parti- cuore, che cade tramortito.
colare, posto che pargoletta è detta la 64-66. i fanciulli: «buono e ottimo se-
donna delle Rime pietrose nell' ult. v.
' '
gno di nobiltà è nelli pargoli e imper-
della canz. Io son venuto, e di pargolet- '
fetti d' etade, quando, dopo il fallo, nel
[PARADISO TERRESTRE] PlJRG. XXXI. 57-83 [PENTIMENTO] 615

67 talmi stav' io ; ed ella disse « Quando :

per udir se' dolente, alza la barba,


e prenderai più doglia riguardando ».
70 Con men di resistenza si dibarba
robusto cerro, o vero al nostral vento,
o vero a quel della terra di Iarba,
73 ch'io non levai al suo comando il mento;
quando per la barba il viso chiese,
e
ben conobbi il velen dell'argomento.
7G E come la mia faccia si distese,
posarsi quelle prime creature
da loro aspersion l'occhio comprese ;

79 e le mie luci, ancor poco sicure,


vider Beatrice volta in su la fiera,
eh' è sola una persona in due nature.
82 Sotto suo velo e oltre la ri vera
'1

vincer pareami più sé stessa antica,

viso loro vergogna si dipigne»; Conv. 74. chiese: che io alzassi la barba (v. 68)
IV, 19. - se riconoscendo ecc. ricono- : per chiedere ch'io alzassi il viso.
scendo i falli loro rimproverati e peren- 75. velen: « ben m'avvidi ch'ella ar-
dosene. « A
questa età è necessario d'es- gomentava sottilmente e latentemente,
sere penitente del fallo, sicché non s'ausi come corre lo veleno al cuore tu non se' :

a fallare»; Conv. IV, 25. fanciullo che tu ti possi scusare per non
67. Quando giacché, quandoquidem.
: cognoscereperpogo tempo; imperò che tu
68. la barba il viso, v. 74. D. s' è pa-
: se' barbuto » Buti. ;

ragonato al fanciullo vergognoso e pen- 76. si distese : in alto, si rifece diritta.


tito. Dicendogli alza la barba per alza 77-78.prime creature angeli cfr. Inf. : ;

il viso, B. gli rinfaccia ch'egli non è VII, 95. Purg. XI. 3. « Quidam dicunt
più bambino, sicché certi atteggiamenti quod ante omnem creationem geniti sunt
troppo timidi e pudibondi non sono tol- angeli »; Ioh, Damasc, De orthod. Fid.
lerabili in lui abbia il coraggio di guar-
: II, 3 ; cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 61, 3.
da^ lei con fronte alta! - da loro ecc.: come alzai il viso, l'occhio
69. prenderai ecc.: il guardar me ti comprese che gli angeli avean cessato di
crescerà il dolore, poiché vedrai qua! spargere fiori; cfr. Purg. XXX, 20 sg.,
bellezza vera, celestiale fu da te negletta 28 sgg. Le altre lez. sono materiali de-
per amore di falsi beni terrestri. formazioni o facili fraintendimenti della
70-72. Con men feci così grande
ecc. : vera apersion; operazion; apparsion;
sforzo a vincere me
stesso © levare il apprension ecc.
mento, che minore è quello con che una 79. le mie luci gli occhi miei. - poco si-
:

quercia robusta è diradicata dal vento cure sì per aver pianto, e sì per la vergo-
:

di tramontana o dall' australe. - si di- gna, il timore e la riverenza ond' era pos-
barba si sbarbica, si sradica. La simi-
: seduta l'anima sua, gli occhi non sape-
litudine esprime efficacemente quanto vano ancora fissarsi con franchezza su B.
sentita e profonda fosse in lui la vergo- 80. fiera: il Grifone; cfr. v. 122 Purg.
gna. - nostral vento: Borea «che vien da XXIX, 108 ; XXXII, 26 e 96.
tramontana, verso la qual parte è 1' Eu- due nature leone e aquila, natura
81. :

ropa, ove noi siamo »; Veli. - a quel ecc. : umana e divina (di Cristo).
al vento australe che spira dall' Affrica, 82-84. Sotto ecc.benché velata e un :

detta qui terra di Iarba dal re di Libia po' lontanada me, perchè di là dal fiu-
di questo nome, protettore e innamorato me, B. mi pareva che superasse in bel-
di Bidone; efr Yirg., Aeri. IV, 196 sg. lezza sé stessa antica, cioè quale era
616 [PAR. TERRESTRE] PURG. XXXI. 84-96 [LETE]

vincer, che 1' altre qui, quand' ella c era. ?

85 Di pentér sì mi punse ivi 1' ortica,


che di tutt' altre cose qua! mi torse
più nel suo amor, più mi si fé' nimica.
88 Tanta riconoscenza il cor mi morse,
ch'io caddi vinto ; e quale allora renimi,
salsi colei che la cagion mi porse.
91 Poi, quando il cor di fuor virtù rendemmi,
la donna ch'io avea trovata sola
sopra me vidi, e dicea: « Tienimi, tienimi! »
04 Tratto ni' avea nel fiume infino a gola,
e tirandosi me dietro, sen giva
sovresso l' acqua lieve come spola.

stata in altro tempo, mentre viveva nel V, 135) colei, Beatrice, che coi suoi rim-
mondo (cfr. V. N. 26), più di quanto proveri mi ridusse a tale stato.
aveva superato quaggiù tutte le altre V. 91-102. Immersione nel Lete.
donne. - In luogo di vincer, nel v. 83, Riacquistati i D. vede sopra di
sensi,
altri leggono verde, da unirsi a riviera, sé Matelda che già lo ha tuffato nel-
var. che dà un buon senso, ma eviden- l' acqua di Lete sino alla gola, e lo esorta

temente introdotta per togliere la ripe- a tenersi bene stretto a lei, e, cammi-
tizione poco gradevole di vincer. nando leggiera come spola sovra l'acqua,
85-87. pentér: pentire =
pentimento; se lo trae dietro. Come sono presso la
cfr. Purg. XVII, 132. - ivi: allora, in riva destra, si ode cantare un versetto
quel momento. Altri intesero « in quel latino; poi Matelda allarga le braccia,
luogo » altri « in quel termine di co-
; prende D. per il capo e lo sommerge nel-
se ». Anoi par preferibile la l a interpre- l'acqua costringendolo a berne.
tazione. - l'ortica: il pungente dolore 91. cuor: caso retto. - virtù: accu-
il

del pentimento. Paragona la puntura del sativo. Nel deliquio


il cuore avea con-

pentimento a quella molteplice dell' or- centrato in sé tutta l'attività, di ma-


tica, e dice che questa puntura fu per niera che i sensi esterni ne erano rimasti
lui così forte e sensibile, che tutti gli og- privi; ma, dopo un poco, cessato lo sti-
getti diversi da B. gli vennero in odio, e molo che ha prodotto il deliquio, il cuore
maggiormente quelli che più lo avevano, restituisce di fuori, cioè ai sensi esterni,
distogliendolo dall'amore di quella, al- l'attività che aveva concentrata in sé.
lettato a sé e innamorato. - torse ecc. : 92. la donna Matelda. - sola cfr.
: :

« la cosa che lo torse nel suo amore, cioè Purg. XXVIII, 40.
il bene minore che attrae Dante a sé, è 93. soprame D. era immerso nel fiu-
:

qui modo ambiguo; ma il torcersi nel- me sino alla gola, Matelda andava sul-
l'amore non degno, ha pure potenza, e l' acqua lieve come spola dunque era so-;

dice in uno perversione e sforzo » Tom. ; pra D. - Tienimi tienimi, attienti a me.
:

88-90. Tanta riconoscenza ecc. così : 96. come spola « scorrendo sopra l' ac-
:

grande, così pieno, e però così grave e qua con quella leggerezza con cui la
doloroso fu il riconoscimento che allora spola delle tessitrici corre da una ban-
mi morse il cuore - riconoscimento della da all'altra dell'ordita tela»; Br. B.
bruttura e vanità delle cose che mi ave- « Ferret iter celeris nec tingueret sequore
vano torto nel loro amore e della colpa gra- plantas »; Yirg., Aen. VII, 811. - « Sum-
vissima d'avere per esse posta in non cale maque decurrit pedibus super gequora
la bellezza sola degna di amore, quella siccis »; Ovidio, Met. XIV, 50. Molti co-
di Beatrice, proprio quando per la morte dici antichi hanno scola, lez. per sé ec-
del corpo tale bellezza era divenuta mag- cellente, poiché scola significò barchetta
giore - eh' io caddi vinto, cioè smarrii i o gondola (Bull. IX, 292), e in Toscana
sensi e caddi e quale io mi fei, divenni
; fu (v. Diz.) ed è (Giuliani, Delizie del
allora, ben sa (salsi =
se lo sa Purg. ; pari. tose. I, 6) usata per spola.
[paradiso terrestre] Purg. xxxi. 97-114 [ancelle di b.] 617

07 Quando beata riva,


fui presso alla
'Asperges me sì dolcemente udissi,
'

eh' io noi so rimembrar, non eh' io lo scriva,


100 La bella donna nelle braccia aprissi,
abbracciommi la testa, e mi sommerse
ove convenne ch'io l'acqua inghiottissi.
103 Indi mi tolse, e bagnato m' offerse
dentro alla danza delle quattro belle;
e ciascuna del braccio mi coperse.
106 « Noi sem qui ninfe, e nel ciel semo stelle :

pria che Beatrice discendesse al mondo,


fummo ordinate a lei per sue ancelle.
109 Merrenti agli occhi suoi ma nel giocondo ;

lume eh' è dentro, aguzzeranno i tuoi


le tre di là, che miran più profondo. »
112 Così cantando cominciaro ; e poi
al petto del Grifon seco menarmi,
ove Beatrice volta stava a noi.
98. Asperges ;
parole del Salm. L. 8 : 103. Indi mi tolse: mi trasse dall'acqua.
«Asperges me liyssopo, et mundabor; 105. del braccio: « perciocché il braccio
lavabis me, et super nivem dealbabor. » della giustizia difende dall'ingiustizia,
- « Questo Asperges si dice quando per lo la prudenza dalla stoltizia, la fortezza
prete si gitta l' acqua benedetta sopra il dalla timidità, la temperanza dalla libi-
confesso peccatore, il quale elli assolve»; dine » Land. ;

Ott. E intera liberazione o assoluzione 106. stelle: cfr. le quattro stelle che
delle sue colpe ottiene D., peccatore or- illuminano la faccia di Catone in Purg.
mai pentito, confesso e contrito, per I, 23, 37 sgg. Vili, 91. Le Virtù car-
;

mezzo dell' acqua di Lete, in cui Ma- dinali splendono in cielo quali luci che
terna lo ha tratto acqua che prima col
; illuminano il mondo, e sono in terra fide
bagno lo purifica e monda poi, bevuta, ;
consigliere degli uomini.
gli toglie anche il ricordo de' peccati. 107. discendesse: B. pareva a D. « cosa
99. non che lo scriva e tanto meno
: venuta Di cielo in terra a miracol mo-
saprei descrivere sì grande dolcezza. strare », Vita N., 26; dunque: Prima
101-102. la testa D. era nell'acqua sino
: che B. nascesse. Allegoricamente: Le
alla gola ora Matelda gli fa immergere
; Virtù cardinali prepararono già nel gen-
anche il capo (sede della memoria), sicché tilesimo la via al cristianesimo; furono
egli debba inghiottire l'acqua dell'oblìo» dunque ordinate per ancelle all'autorità
V. 103-117. Xe ancelle di Beatrice. ecclesiastica già prima della fondazione
Trattolo fuori dal fiume, Matelda offre della Chiesa.
D. dentro la danza delle quattro Virtù 109. Merrenti per merrenoti
: — merre-
cardinali {Purg. XXIX, 130 sgg.), che moti, cioè ti meneremo.
lo abbracciano e lo menano al petto del 110. dentro: agli occhi di B.
Grifone, e però dinanzi a B. « Poi che la 111. le tre: le Virtù teologali (cfr.
dottrina et autorità sacerdotale [Matelda] Purg. XXIX, 121 sgg.) « per le quali tre
hae mundificato e lavato l'omo da l'atto e virtù si sale a filosofare a quella Atene
dal fomite del peccato sì, che l' ha ren- celestiale, dove gli Stoici e Peripatetici
duto innocente, così lavato lo mette den- ed Epicurei, per l' arte della Verità eter-
tro da la dansa de le quattro Virtù car- na, in un volere concordevolmente con-
dinali, acciò eh' elli vegga lo tripudio corrono »; Gonv. Ili, 14, e cfr. il cap. 15.
e l' allegressa loro, e come elle serveno 114. volta stando sul carro, B. erasi
:

a la santa Teologia » Buti. ; volta a guardare il Grifone, che lo ti-


618 [par. terrestre] Purg. xxxi. 115 : 129 [occhi di beatrice]

115 Disser: « Fa' che le viste non risparmi :

posto t' a veni dinanzi agli smeraldi


onde Amor già ti trasse le sue armi ».
118 Mille disiri più che fiamma caldi
strinsermi gli occhi agli occhi rilucenti,
che pur sopra il Grifone stavan saldi.
121 Come in lo specchio il sol, non altrimenti
la doppia fiera dentro vi raggiava,
or con altri, or con altri reggimenti.
124 Pensa, lettor, s'io mi maravigliava,
quando vedea la cosa in sé star queta,
e nell'idolo suo si trasmutava.
127 Mentre che, piena di stupore e lieta,
l'anima mia gustava di quel cibo
che, saziando di sé, di sé asseta,

rava, v. 89. sg. sicché D., volto al petto


; 121. Come ecc.: l'immagine par tolta
del Grifone, aveva B. di fronte. da Ovid., Met. IV, 348 sg.: « Non aliter,
115. fiste: sguardi. quam cum puro nitidissimus orbe Oppo-
116. smeraldi occhi di B., detti sme-
: sita speculi referitur imagine PhcBbus. »
raldi per il loro splendore. Cfr. Purg. Cfr. Gonv. Ili, 15.
VII, 75. « Nullius coloris adspectus iucun- 123. reggimenti ; atteggiamenti, modi
dior est »; Plin., Hist. Nat. XXXVII, 5. di contenersi; cfr. Gonv. Ili, 7; IV, 25.
Il verde è poi il colore della speranza. Cristo si specchia in terra nell'autorità
117. onde dai quali occhi Amore un
: della Chiesa che lo rappresenta visibil-
tempo vibrò gli strali onde rimanesti fe- mente, ora secondo la divina, ora secon-
rito. Un sonetto di Dante (V. N., XXI) do la natura umana.
incomincia « Ne li occhi porta la mia
: 125. la cosa : il Grifone. Cosa è qui il

donna Amore » un altro (Canzoniere)


; reale; idolo è l' imagine. -queta: ferma,
« Da li occhi dela mia donna si move |
sempre la stessa nella reale sua figura.
un lume sì gentil, che dove appare, si | V. 127-145. Beatrice svelata. Pre-
vedon cose eh' uom non pnò ritrare |
gata dalle tre Virtù, teologali di mostra-
per loro altezza e per loro esser nuove. re al suo fedele la propria seconda e
|
E da 'suoi raggi sopra '1 mio cuor piov§ \ maggiore bellezza, B. si svela agii oc-
tanta paura che mi fa tremare ». E nella chi di D. Questi si confessa inetto a de-
canzone Donne che avete: « De li occhi scrivere una bellezza siffatta.
suoi, come eh' ella li muova, |
escono 127. stupore: vedendo il trasmutarsi
spirti d'amore infiammati, |
che feron li bell'immagine del Grifone negli occhi di
occhi a qual che allor la guati ecc. B. - lieta di sentirsi sgravata da ogni
:

V. 118 126. Gli occhi di Beatrice, colpa e di trovarsi dinanzi a B. e di ve-


specchi del Grifone, D. guarda B., i dere quella mirabile trasmutazione.
cui occhi rilucenti sono ancora immobil- 128-129. cibo ecc.: «del mirar Beatrice
mente fissi sul Grifone, e vede che que- ed il Grifone » (Dan.), di che D. non
sto, sempre quieto, dentro vi si specchia era mai sazio. « Qui edunt me, adhuc
e dentro vi raggia ora cogli atti propri esurient; et qui bibunt me adhuc si-
del leone (natura umana), ora con quelli tient»; Eccles. XXIV, 29. Dei beni ce-
dell' aquila (natura divina) di che D. ; lesti, dice Fra Giord. (Pred., Ed. More-
forte si maraviglia. lli, I, 111), sempre « saremo affamati e

119. strinsermi mi fecero fissare i


: assetati e desiderosi.... Ma non inten-
miei negli occhi fulgenti di B. dete che questa fame e sete sia con pena
120. pur stavan: seguitavano a stare. (non piaccia a Dio!), però che la sete e
- « I miei occhi son del continuo verso il la sazietade sarà congiunta e unita ».
Signore » Salm. XXIV, 15.
; Cfr. anche Gonv. IV, 13.
[paradiso terrestre] Purg. xxxi. 130-144 [beat, svelata] 619

130 sé dimostrando di più alto tribo


negli atti, l'altre tre si fero avanti,
danzando al loro angelico caribo.
135 « Volgi, Beatrice, volgi gli occhi santi »
era la sna canzone « al tuo fedele,
che, per vederti, ha mossi passi tanti!
136 Per grazia fa' noi grazia che disvele
che discerna
a lui la bocca tua, sì

la seconda bellezza che tu cele. »


139 isplendor di viva luce eterna,
chi palido si fece sotto l'ombra
sì di Parnaso, o bevve in sua cisterna,
142 che non paresse aver la mente ingombra,
tentando a render te, qual tu paresti
là dove armonizzando il ciel t'adombra,

130. tribo dal lat. tribus


: tribù; qui = gli occhi tanto manifesta, che conoscer
'
grado '
; « e le schiatte de' vi-
e' tribi sipuò la sua presente passione, chi bene
venti »; G. Villani, I, 3 cfr. V, 29. ;
là mira » ma anche « dimostrasi nella
;

131 l'altre tre: le Virtù teologali, stan-


. bocca, quasi siccome colore dopo vetro.
ti a destra del carro, Purg. XXIX, 121. E che è ridere se non una corruscazióne
132. caribo: (per l'etim. cfr. Ascoli, della dilettazione dell' anima, cioè un
Arch. glott. XIV, 346 sgg. e Parodi, lume apparente di fuori secondo che sta
Bull. VI, 251 sg.): Canzone a ballo, dentro ? » Per altre interpretazioni cfr.
come sembra risultare dal v. 134 e Purg. Comm. Lips. II, 712 sg.
XXIX, 128 sg. Così i comm. moderni. 139. isplendor B. si toglie il velo,
:

Secondo il Biadene, Var. lett., Pad., 1896, e apparisce, riflessa da lei, la luce eter-
caribo valse più precisamente « aria di na: splendore, come è spiegato in Conv.
ballo accompagnata col canto », e quindi Ili, 14, è lume riverberato. D. né de-
anche « canto che si faceva danzando scrive l'atto nò la seconda bellezza della
coli' accompagnamento della musica ». sua Donna, ma prorompe in un'esclama-
Su altre interpretazioni cfr. Comm. Lips. zione, più sublime ed efficace di qualsiasi
II, 710-712. Per * canzone a ballo sem- '
descrizione. « Candor est enim lucis ceter-
bra che, già prima di D., usasse questo nce, et speculum sine macula Dei maie-
vocabolo Giacomo Pugliese; cfr. D'An- statis, et imago bonitatis illius » JSap. ;

cona e Comparetti, Ani. rime volg. I, VII, 26. Cfr. Vita N., 2, 26, 30, ecc.
388 V, 351. La voce doveva essere ben
; 140. chi palido ecc. chi mai si affaticò
:

nota nel Trecento, non essendosi alcuno e logorò tanto nello studio della poe-
de' più ant. comm., sino a Benv., cu- sia, ecc.
rato di darne spiegazione. 141.0 bevve: iVfarsi palido all'ombra
134. fedele così le tre Virtù chiamano
: di Parnaso si riferisce agli studi, il bevere
D. ad onta dei rimproveri fattigli da B.; alla sua fonte si riferisce al dono natu-
cfr. Inf. II, 61. « Fedele d'amore e di rale dell'immaginazione e delle altre fa-
desiderio se non d'opera » Tom. ; coltà necessarie al poeta. 11 senso è dun-
136. noi a noi. : que: Nessuno si affaticò e logorò mai
138. la seconda bellezza la bocca, in , tanto negli studi, o fu dotato d' imma-
cui balena il santo riso da cui D. dirà ginazione e virtù di parola sì potenti,
d'essere come ammaliato, Purg. XXXII, che non sembrasse avere la mente offu-
5 sg. La prima bellezza di B. sono gli scata {ingombra) tentando di descriver
occhi davanti a cui già hanno le Virtù te quale apparisti svelata.
cardinali menato il P., ma che le teolo- 144. t'adombra: ti simboleggia, ti rap-
gali vogliono che B. rivolga a D., v. 133. presenta,' ancorché imperfettamente; « là
Conv. Ili, 8 « Dimostrasi [l'anima] ne-
: dove il cielo, armonizzando con la terra
620 [PAR. TERR.] Pukg. XXXI. 145 - XXXII. 1-8 [troppo fiso]

145 quando nell'aere aperto ti solvesti?

dell'innocenza [il Parodi intende invece nioso delle sue ruote, effigia e rappre-
1
con te ', Bull., XXII r, 49] appena con senta tutto il corpo della scienza, della
la sua bellezza rende imagi ne di tue bel- quale tu sei il simbolo ». Il verso è in-
lezze divine » A ntonellì. Altri diver-
! ; dubbiamente oscuro, e i commentatori
samente: « Là dove le sfere, risonando nell'interpretarlo vanno tutti, più o me-
colle loro usate armonie, ti facevano co- no, tentoni.
perchio, ticircondavano »; - « Là dove 145. nell'aere ecc.: quando ti mostra-
gli angeli, cantando, ti coprono di fiori»; sti nell'aere aperto, in tutta la tua bel-
- « Là dove il cielo, col volgere armo- lezza sovrumana.

CANTO TRENTESIMOSECONDO
PARADISO TERRESTRE

VICENDE DEL SACRO CARRO, ALBERO SIMBOLICO, L' AQUILA


LA VOLPE E IL DRAGO, TRASFORMAZIONE MOSTRUOSA DEL CARRO
LA MERETRICE ED IL GIGANTE

Tanto eran gli occhi miei fìssi ed attenti


a disbraroarsi la decenne sete,
che gli altri sensi m'eran tutti spenti ;

ed essi quinci e quindi avean parete


di non caler, così lo santo riso
a sé trae' li con l'antica rete;
quando per forza mi fu volto il viso
ver la sinistra mia da quelle dee,

V. 1-12. Troppo fiso. Assorto nella 3. spenti : sopiti 1 sgg.


; cfr. Purg. IV,
contemplazione delle sovrumane bellezze 4-5. ed essi ecc.: e agli
occhi miei la
diB., D. non pone piti mente a nessun'al- stessa noncuranza (non caler) di tutte
tra cosa: tutta l'anima sua è raccolta le altre cose circostanti erano impedi-
(Purg. IV, 3) nell'occhio fìsso in B., e gli mento (parete) a muoversi e vagare. -
altri sensi rimangono inerti. Ma le tre quinci e quindi : da tutte le parti, -riso:
Virtù teologali con un Troppo fiso! lo la seconda bellezza di B. testé svelatasi ;

distraggono da quella troppo intensa ed la bellezza che le risplende nella bocca;


esclusiva contemplazione: neppure la cfr. Purg. XXXI, 138.
contemplazione della bellezza eterna de- 6. trae' li: li traeva. - rete: d'amore.
ve indur V uomo a trascurare gli altri Qui D. ricorda e risente tutto l'antico
beni. Il P. si volge dunque verso la parte amore per la giovine donna terrena.
onde gli è venuto quel monito ma egli, ; 8. dee le tre donne raffiguranti le Vir-
:

con l'occhio abbagliato come se avesse tù teologali, le quali erano alla destra
guardato nel sole, nulla discerne. del carro (Purg. XXIX, 121); quindi alla
2. decenne dal 1290 al 1300 cfr. Purg.
: ; sinistra di D., volto verso la parte ante-
XXX, 34 sgg. - sete di veder B.
: riore del carro (Purg. XXXI, 113 sg.).
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXXII. 9-27 [PROCESSIONE] 621

perch' io udìa da loro un i


Troppo fiso !
'

10
e la disposizion ch'a veder èe
negli occhi pur testé dal sol percossi,
sanza la vista alquanto esser mi fée.
13 Ma poi che al poco il viso riformossi
- poco per rispetto al molto
io dico '
al '

sensibile onde a forza mi rimossi -,


16 vidi in sul braccio destro esser rivolto
lo glorioso esercito, e tornarsi
col sole e con le sette fiamme al volto.
19 Come sotto gli scudi per salvarsi
volgesi schiera, e sé gira col segno
prima che possa tutta in sé mutarsi ;

22 quella milizia del celeste regno


che procedeva, tutta trapassonne
pria che piegasse il carro ilprimo legno.
25 Indi alle rote si tornar le donne;
e il Grifon mosse il benedetto carco
sì che però nulla penna crollonne.

9. Troppo fiso : tu guardi B. troppo 18. le sette fiamme quelle de' 7 can-
:

fisamente. delabri; Purg. XXIX, 43-54.


10. èe: è; cfr. Inf. XXIV, 90. La di- 19. sotto gli scudi riparata sotto gli
:

sposizióne a vedere negli occhi di fresco scudi per salvarsi, mentre gira per tor-
percossi dai raggi solari è nulla, perchè nare addietro, dalle offese nemiche, -col
essi sono abbagliati; essendo in quel segno: con la bandiera in testa.
momento tale la disposizione a vedere 21. mutarsi cambiar direzioue di mar-
:

di D., egli rimane per un poco senza cia. Quando una colonna, fermatasi, si
la vista. La bellezza di B. è fulgida co- rimette in marcia in direzione opposta a
me sole; cfr. Par. Ili, 1; XXX, 75. quella di prima, nella nuova direzione
V. 13-33. Il ritorno della processio- si muove prima « la fronte col segno, la
ne, Riacquistata la virtù visiva, D. ve- bandiera poi a grado a grado il corpo,
;

de il carro e tutta la processione, volti a e da ultimo la retroguardia. Così qui :

destra, ritornare indietro verso oriente. prima i candelabri che precedono, poi
Matelda, D. e Stazio si avviano dietro la schiera de' santi [seniori] e ultimo il
la ruota destra del carro. carro»; L. Vent., Simil., 354.
13. il viso: la vista. - al poco: è tanto 22. quella milizia i 24 seniori, Purg.
:

grande fulgore della bellezza di B.,


il XXIX, 83, che precedono al carro.
che, al paragone, quello delle altre ma- 24. il primo legno: il timone.
raviglie allora visibili, era ben poca cosa. 25. alle ruote si tornar ecc.: le 3 dalla
- riformos n si ristabilì, riacquistò virtù
: destra e le 4 dalla sinistra ruota del
sufficiente al poco '.
'
carro (Purg. XXIX, 121-132) ripresero
molto sensibile allo « splen-
14-15. al : il posto di prima, abbandonato dalle 4
dor di viva luce eterna» Purg. XXXI, ; per menare il P. agli occhi di B. (Purg.
139. - a forza mi rimossi per le parole : XXXI, 109) e dalle 3 per farsi avanti
delle Virtù teologali (vv. 7-9). danzando a pregar B. di svelare tutta
17. io glorioso esercito : la processione la faccia sua (Purg. XXXI,
130 sgg.).
(Purg. XXIX, venuta verso
04-150) era 26. ilbenedetto carco: il carro.
ponente incontro a D. che camminava 27. però: benché tirasse il carro, non
verso levante ora essa processione torna
; per questo si scosse (crollò) per una delle
indietro verso oriente ond'era venuta. sue penne d'aquila. Cristo governa e
622 [par. terrestre] Purg. xxxii. 28-40 [albero mistico]

28 La bella donna che mi trasse al varco,


e Stazio e io seguitavano la rota
che fé' l'orbita sua con minor arco.
31 Sì passeggiando l'alta selva vota,
colpa di quella ch'ai serpente crese,
temprava i passi un'angelica nota.
34 Forse in tre voli tanto spazio prese
disfrenata saetta, quanto eràmo
rimossi, quando Beatrice scese.
37 Io senti' mormorare a tutti Adamo ' ';

poi cerchiarouna pianta, dispogliata


di fiori e d'altra fronda in ciascun ramo
40 la coma sua, che tanto si dilata

guida la Chiesa non con mezzi esterni, 36. scese lo scendere di B. dal carro
:

ma con la parola e lo spirito, né, in far trionfale par figurare l'omaggio dell'au-
ciò, ei s' affatica o turba menomamente. torità ecclesiastica alla civile, giusta il
28. La bella ecc.: Matelda, che mi fece precetto apostolico « Omnis anima po-
:

varcare il Lete cfr. Purg. XXXI, 91 sgg.


: testatibus sublimioribus subdita sit»;
29. rota: destra, che, nel volgersi del Rom. XIII, 1.

carro a destra, avea naturalmente gi- 37. mormorare mormorio di dolore e


:

rato sul posto o quasi, opperò descritto biasimo, perchè Adamo, disubbidendo per
un arco minore che la sinistra. superbia alla suprema autorità, trasmi-
31-33. Sì: nell'ordine descritto. - YÒta: se al genere umano il peccato originale.
di aiutatori. - colpa ecc.: per colpa di 38-39. pianta: cfr. Gen. II, 9, 17; III,
Eva che credette alle false promesse del 3. Daniele IV, 7 sg. Molti videro in que-
serpente il che ebbe per effetto il bando
; sta pianta raffigurata 1' Ubbidienza (e
dell'uomo dal Par. terrestre; cfr. Genes. potrebbe stare in quanto l'impero esige
ìli, 5. Purg. XXIX, 23 sgg. -crese cre- : ubbidienza) altri la Croce altri Roma;
; ;

dette; forma dell'uso ant. tose, e tut- altri la Morale; altri la Chiesa; altri
tora viva nell'Umbria; Bull. Ili, 132. altro. Non è questo luogo opportuno,
-temprava ecc.: un canto (nota; cfr. Par. discutere di siffatti argomenti, molto
XIX, 98) angelico regolava la marcia. oscuri e difficili. Noi stiamo con chi vede
V. 34-63. L'albero mistico. A tre nella pianta figurato l' impero (impero
tiri di saetta dal luogo onde si erano romano), in quanto, più precisamente,
partiti, B. scende dal carro. Sono giunti la pianta stessa simboleggia la legge o
presso un albero brullo (l'albero della iut naturale, che (De Mon. II, 2) è tut-
scienza del bene e del male); e tutti t'una cosa con la divina voluntas, e di
mormorano « Adamo ! », e si dispongono cui l'Impero è sulla terra l'espressione
in cerchio attorno a quello; poi lodano concreta e viva e insieme lo strumento
il Grifone che non discinde di quel le- indispensabile, voluto da Dio per la sua
gno. E il Grifone, risposte adeguate pa- attuazione; la quale consiste nella giu-
role alle lodi, tira il carro e ne lega il stizia.La pianta poi, in quanto è dispo-
timone all'albero, il quale tosto rifiori- gliata, significherà che, prima di Cristo
sce. S'intona allora da tutte quelle fi- redentore quell'autorità universale e la
gure sovrumane un inno sovrumano. giustizia, causa il primo peccato ch'era
34. Toli: tiri di saetta. « Tantum abe- stato violazione della pianta e aveva
rant summo, quantum semel ire sagitta rotta la concordia fra 1' uomo e Dio,
Missa potest»; Ovid., Met. VIII, 698 non potevano prosperare. Così si capi-
sg. - « Quale quater iaculo spatium, ter sce perchè tutti mormorino al vedere la
arundine vincas » Stat., Theb. VI, 354.
; pianta dispogliata: Adamo - Cfr. Bull.
4
'
.

35. disfrenata: rilasciata dall'arco, do- XVI, pp. 270 sgg.


ve prima era quasi tenuta in freno. - 40-42. La coma ecc.: Quest'albero ri-
eràmo eravamo.
: corda quello del 6° girone (Purg. XXII,
[paradiso terrestre] Purg. xxxii. 41-55 [albero mistico] 623

più quanto più è su, fora dagl' Indi


nei boschi lor per altezza ammirata.
4? « Beato se', Grifon, che non discindi
col becco d'esto legno dolce al gusto,
poscia che mal ventre quindi si torce il

46 Così dintorno all'albore robusto


gridaron gli altri ; e l'animai binato :

« Sì si conserva seme d'ogni giusto il ».


49 E volto al temo ch'egli avea tirato,
trasselo al pie della vedova frasca,
e quel di lei a lei lasciò legato.
52 Come le nostre piante, quando casca
giù la gran luce mischiata con quella
che raggia dietro alla celeste lasca,
55 turgide fansi, e poi si rinno velia

133 sgg.). La sua forma e l'altezza figu- 48. Sì ecc. parafrasi della parola di
:

reranno la intangibilità e l'origine di- Cristo al Battista « Sic enim decet nos
:

vina e del ius e dell'impero. - dagl'Indi : implere omnem justitiam » Matt. Ili, ;

che nelle loro selve hanno alberi sì alti, 15. Così, cioè non discindendo d' esto
che saetta scagliata dall' arco non arriva legno, ma rispettandolo, si mantiene il
sino alla cima di essi, come dice Yirg., fondamento di ogni giustizia. Cfr. De
Georg. II, 122 sgg. Dell'albero della Mo- Mon. I, 13.
narchia scrive Dan. IV, 7 sg. (e D. dovè 49. al temo: timone che raffigura
al
ricordare e questo e il passo biblico del- la croce, così come
il carro è simbolo

l'albero edenico) «Ecce arbor in medio


: della Chiesa e della sua sede.
terrse, et altitudo eius nimia. Magna ar- 50. TedoTa dispogliata di foglie e di
:

bor, et fortis ; et proceritas eius contin- fiori, v. 38 sg. Cfv.Purg. VI, 113, XX, 58.
genscoelom aspectns illius erat usque
; 51. e quel ecc. alla frasca lo legò con
:

ad terminos universa teme. » la frasca stessa; di lei vale con lei. In-
43. discindi : laceri, strappi. È lo «scin- tendere quel di lei come quel legno 4

dere Impellimi » del De Mon. Ili, 10, fatto di essa pianta ', in quanto il ti-
ed è evidente insieme l'allusione al di- mone è la croce, e questa, secondo una
i scindere, di cui si resero colpevoli i primi nota leggenda, fu fatta col legno d'una
parenti. Cristo {Grifone) non solo incul- pianta sviluppatasi da un ramo dell'al-
cò 1' ubbidienza all' impero (cfr. Matt. bero edenico portato fuori dal Par. terr.
XXII, 21 « rèddito, qua© sunt Caesa-
: da Seth, è un far violenza alla lingua
ris, »), ma gli fu soggetto ed ub-
Cacari italiana senza necessità. L'atto del Gri-
bidiente egli stesso che « sub edicto Ro- fone indica l'unione ristabilita da Cri-
mansB auctoritatis, nasci voluit de Vir- sto tra l'nmano e il divino, l'unione del-
gine Matre, ut in illa singulari generis l' impero alla chiesa e se quello tiene
;

humani descriptione Filius Dei, homo questa avvinta e in quanto è organizza-


factus, homo conscriberetur » De Mon. ; zione umana sommessa a sé come vuole
H, 12; e cfr. anche il cap. 13. il suo fondatore (v. n. 43), questa alla
45. mal si torce è il lat. male torqueri
:
;
sua volta fa sentire a quello i suoi be-
si dibatte in atroci dolori chi viola ciò : nefici effetti (vv. 52-60).
che 1' albero figura, male se ne ritrova. 52. nostre: di questo nostro mondo. -
46. arbore robusto: cfr. Daniele IV, quando casca: nella primavera.
17 « arbor robusta ».
: 53-54. la gran luce ecc.: la luce del sole
47. gli altri la milizia del celeste re-
: insieme con quella del segno dell'Ariete
gno, v. 22. -binato: partecipante di due che segue alla costellazione dei Pesci
nature, di leone e d'aquila (umana e di- {celeste lasca).
vina) ; cfr. Purg. XXXI, 81. •
55. turgide fansi: rigonfiano le loro
624 [par. terrestre] Purg. xxxii. 56-65 [SONNO]

di suo color ciascuna pria clie il sole


giunga li suoi corsier sotto altra stella ;

58 men che di rose e più che di viole


colore aprendo, s'innovò la pianta,
che prima avea le ramora sì sole.
61 Io non lo intesi, né qui non si canta
l'inno che quella gente allor cantaro,
né la nota soffersi tutta quanta.
64 S' io potessi ritrar come assonnalo
gli occhi spietati, udendo di Siringa,

gemme. Della verga d'Aronne: « Turgen- forme dell'uso antico, oggi dismesse, fog-
tibus gemmis eruperant flores » Num. ; giate su neutri pi. lat. del tipo tempora ;

XVII, 8. - « Iam lento turgent in palmite cfr. Nannucci, Nomi, 360 sg. - sole spo- :

gemmae » Virg., Eclog. VII, 48. - « Fru-


; glie; cfr. vedova frasca, v. 50.
menta in viridi stipula lactentia tur- 61. qui: in terra. - non si canta: es-
gent » Virg., Georg. I, 315.
; sendo sovrumano.
57. giunga ecc. attacchi i suoi cavalli,
: 62. cantaro: cantarono.
imprenda il suo quotidiano viaggio sot- 63. nota: canto, come v. 33. - soffersi:
t' altra stella, cioè la costellazione del ressi ad udire, vinto dalla dolcezza di
Toro. « Nec tam aversus equos Tyria quella nota.
Sol iungit ab urbe » Virg., Aeri. I, 568.
; V. 64-84. Sonno e risveglio. 11 P.,
- « Iungere equos Titan velocibus im- prima che cessi quel canto divino, cade
perat Horis»; Ovid., Met. II, 118. addormentato. Questo sonno figura la
58. men che di rose ecc. color medio
: pace perfetta che consegue all' unione
tra rosa e viola. « Aureus ipse, sed in del carro con l'albero, della legge di gra-
foliis, qusB plurima circum Funduntur, zia con la naturale, della autorità eccle-
violai sublucet purpura nigrae » Virg.,
; siastica con la imperiale. Risvegliatosi
Georg. IV, 274 sg. Chi intende il color a un improvviso chiarore e ad un grido,
purpureo delle vesti delle quattro Virtù D. vede presso di sé la sola Matelda;
Cardinali (Purg. XXIX, 131). e l'alle- È questo un insieme di Atti che ricorda
goria sarebbe, che, coll'unirsi della Chie- la trasfigurazione di Cristo. Come i 3 di-
sa con V Impero, questo fiorì per le virtù scepoli addormentarono sul Taborre
si
cardinali chi del colore del sangue, con
; (Luca IX, 32), così D. si addormenta sulla
allusione al sangue sparso da Cristo, op- montagna del Purg. Come i discepoli al
pure al sangue dei martiri. Attraente, loro svegliarsi, ancor sonnolenti, videro
anche perchè più stretta alla lettera del la gloria del Maestro (Luca, ibid.), così
v. 58, è l'interpretaz. del Parodi (Bull. D. vede lo splendore del Grifone. Come
XVII, 137), che il colore dei fiori sia quel Gesù si accosta ai discepoli, li tocca e
dell' ametista, misto di viola e rosso; dice Surgite (Matt. XVII, 7), così D. ode
dell' ametista, che, giusta quel che si dirsi Surgi. Come i discepoli non videro
legge in uno scritto attribuito a S. Bo- poi se non Gesù tutto solo (Matt. XVII,
naventura, raffigura per i suoi colori 8. Marco IX, 7. Luca IX, 36), così D.
l' uomo giusto : « quindi il rifiorire del- risvegliatosi, non vede che la sola Ma-
l' albero nei colori dell' ametista, mesco- tilda.
lati di rosa e di viola, raffigura l' inno- 64. ritrar : descrivere o narrare. - as-
varsi della giustizia verso Dio per l'opera sonnare : si chiusero al sonno.
del Riscatto o più particolarmente.... il 65. occhi: d'Argo (cfr. Purg. XXIX,
nuovo sentimento dell' impero cristiano 95. Ovid., Met. I, 568-747), lo spietata-
verso il vero Dio, mescolato di giocondo mente vigile custode di Io. Poiché Argo
ossequio e di modesta umiltà » efletto ; dai cento occhi impediva a Giove di av-
ideale, si capisce, del Riscatto più che vicinassi all'amata Io, egli fu, per or-
realtà vera ed intera. dine di Giove, ucciso da Mercurio, che
60. le ramora: i rami; così si disse riuscì ad addormentarlo cantando gli
pratora, campora, nomora, staiora, ecc., amori di Siringa, amata da Pane.
[PARADISO terrestre] Purg. XXXII. 66-85 [risveglio] 625

gli occhi a cui più vegghiar costò sì caro ;

come pintor che con esemplo pinga,


disegnerei coni' io m' addormentai ;

ma qnal vuol sia che l'assonnar ben fìnga.


70 Però trascorro a quando mi svegliai ;

e dico eh' un splendor mi squarciò il velo


del sonno e un chiamar Surgi che fai?
,
'
:
'

73 Quali a veder dei fioretti del melo


che del suo pomo gli angeli fa ghiotti
e perpetue nozze fa nel cielo,
7G Pietro e Giovanni e Iacopo condotti
e vinti, ritornaro alla parola
dalla qual furon maggior sonni rotti ;

79 e videro scemata loro scuola


così di Moisè come d' Elia,
e al Maestro suo cangiata stola ;
82 tal torna' io, e vidi quella pia
sovra me starsi, che conducitrice
fu de' miei passi lungo il fiume pria;

e tutto in dubbio dissi: « Ov' è Beatrice'?»


66. piavegghiar: più che non voleva 78. maggior sonni quelli della morte : ;

la natura. - sì caro: la vita. allusione alle persone risuscitate da Cri-


67. con esemplo: con nn modello. sto colla parola sua, per es. Lazzaro,
69-70. ina qual ecc.: ma raffiguri (finga cfr. Luca VII, 14. Giov. XI, 11, 43.
bene con parole 1' addormentarsi chi al 79-81. scuola: compagnia: scuola del
tri voglia: io non mi sento da tanto divino Maestro cfr. Matt. XVII, 8. -suo:
;

opperò ecc. loro. - stola veste non più trasfigurato.


: :

71. splendor: del Grifone e degli altri 82-84. tal: così io mi risvegliai alle
della processione che tornavano al cielo parole Surgi che fai ? - quella Ma-
: : :

chiamar: chi chiama, è Matelda


72. telda. - sovra me ritta presso di me. - :

che sola gli è rimasta presso (vv. 82 sgg.) il fiume: Lete.


73. fioretti: pregustazione della glo Y. 85-99. B. seduta in terra. « Dov'è
ria di Cristo nella sua trasfigurazione B. » chiede D., appena è desto. E Ma-
?

- melo: chiama così Cristo, per remini telda: «È


là, seduta sulla radice del-
scenza delle parole del Oant. Cantic l'albero e circondata dalle setta ninfe,
II, 3 « Sicut malus inter Ugna silvarum
: mentre gli altri se ne ritornano col Gri-
sic dilectus meus inter .fìlios ». fone al cielo ». B. siede sotto la fronda
74. pomo:
piena gloria di Cristo
la e in su, la radice dell'albero, figura
della quale la trasfigurazione non fu che dell'Impero: la radice è Roma, dove
un saggio. - ghiotti bramosi di vedere
: custode, maestri, rappresentante delle
«in quem [Spiritum sanctum] desiderant verità rivelate, risiede l'autorità eccle-
angeli prospicere » I Petr. I, 12.
; siastica (= Beatrice, che si capisce come
75. nozze: feste; cfr. Matt. XXII, 2. abbia preso il posto del Grifone - Cristo
Apocal. XIX, 9. Cfr. Par. XXIV, 1-3. presso il Plaustro - Chiesa), protetta
77. vinti: dallo splendore di Cristo dall' Impero. Insieme potrebbe essere
trasfigurato e dalle parole udite, come adombrata qui anche l' umiltà della
I). dal canto; cfr. Matt. XVII, 6. - pa- chiesa primitiva: cfr. n. 94 e D'Ancona,
rola: di Cristo che «si accostò adessi, Lect. D., Le op. min., 255 sgg.
e li toccò, e disse loro Alzatevi, e non
: 85. tutto in dubbio tutto pauroso di :

temete»; Matt. XVII, 7. essere nuovamente abbandonato da B.

40. — Dio. Comm., 8 a ediz.


626 [PAR. TERRESTRE] PURG. XXXII. 86-101 [BEATRICE E LE 7 N1NFJ

Ond'ella : « Vedi lei sotto la fronda


nova sedere in su la sua radice.
88 Vedi la compagnia che la circonda;
gli altri dopo il Grifon sen vanno suso
con più dolce canzone e più profonda. »
0J E se più fu lo suo parlar diffuso,
non so, però che già negli occhi m'era
quella eh' ad altro intender m' avea chiuso,
94 Sola sedeasi in su la terra vera,
come guardia lasciata lì del plaustro
che legar vidi alla biforme fiera.
97 In cerchio le facevan di sé claustro
le sette ninfe, con quei lumi in mano
che son sicuri d' Aquilone e d'Austro.
100 « Qui sarai tu poco tempo silvano ;

e sarai meco senza fine cive

87. sua: la radice dell' albero è anche Plaustrum è nome lat. =


carro. « At*
radice della fronda. tendite vobis et universo gregi, in quo
88. compagnia delle : 7 ninfe, cioè delle vos Spiritus Sanctus posuit episcopos
7 Virtù, che tengono in mano ciascuna regere ecclesiam Dei, qnam acquisivit
uno dei 7 candelabri, v. 98 sg. sanguine suo»; Atti XX. 28. - legar:
89. altri membri della processione. -
: all'albero, v. 51. -biforme fiera Grifone.
:

dopo: dietro. - « Unusquisque autem in 97. claustro: (donde chiostro); chiusura.


suo ordine: prirnitise Christus, deinde ii 98. lumi :i 7 candelabri. Questi, che

qui sunt Christi, qui in adventu eius durante la processione s' erano mossi da
crediderunt » I Cor. XV, 23. - suso al
; : sé, partito il Grifone e gli altri, mentre
cielo, ond' erano venuti. D. dormiva, erano stati presi in mano
90. più dolce canzone e più profonda : dalle 7 virtù.
che non fu l' inno che tu udisti e la cui 99. son sicuri ecc, non sono spenti
:

dolcezza ti vinse. Dolce si riferisce al da forza di venti di questi il P. no


:

suono, profonda ai concetti del canto. mina i due più gagliardi.


Nel risalire del Grifone al cielo il P. avrà V. 100-108. La missione di I). B.
figurata l'ascensione di Cristo, così come ammonisce il P. di fare ora molta at
nel cammino dal Lete all' albero la vita tenzione al carro della Chiesa. Egli, dice
di Cristo sulla terra. B., resterà per poco lì nel Par. terrestre,
91. E se più ecc e se disse altro, non
: ed essendo destinato a divenire dopo la
so, perchè io era già di nuovo assorto morte cittadino del cielo in eterno
tutto nella contemplazione di B. atto ad ammaestrare i viventi, come sarà
93. chinso: impedito d'attendere ad ritornato nel mondo. Stia dunque attento
altro, v. 1 sgg. al carro, e scriva, una volta tornato tra
94. vera: nuda; non aveva altro seg- i vivi, ciò che avrà veduto, a correzione

gio che la nuda terra. I primitivi ve- degli uomini che vivono in malo modo.
scovi di Roma, depositari dell' autorità Subito D. volge obbediente gli sguardi
della Chiesa erano poveri e umili, senza e la mente al carro.
corteggio alcuno, ma con sé avevano 100. Qui: nel Par., terrestre. - silvano:
tutte le virtù e i doni dello Spirito Santo abitante di questa selva cfr. ; Purg.
(vv. 97-99). Secondo altri, vera, cioè ve- XXVIII, 23; XXXII, 31, 158.
race, sarebbe la terra del Par. terrestre, 101. cive: lat. civis, cittadino. « Iair
perchè « vera, cioè verace e ubbidiente non estis hospites et advense, sed estù
al suo Fattore » ; Ott. cives sanctorum et domestici Dei »; Efes
95-96. plaustro: carro della Chiesa. II, 19. Cfr.Pura. XIII. 94 seg.
[paradiso terrestre] Purg. XXXII. 102-116 [aquila] 627

di quella Roma onde Cristo è romano.


103 Però in prò del mondo che mal vive
al carro tieni or gli occhi e quel che vedi, ,

ritornato di là, fa' che tu scrive. »


106 Così Beatrice ed io, che tutto ai piedi
)

de suoi comandamenti era devoto,


7

mente e gli occhi ov' ella volle diedi.


la
109 Non scese mai con sì veloce moto
foco di spessa nube, quando piove
da quel confine che più va remoto,
112 com' io vidi calar V uccel di Giove
per l'alber giù, rompendo della scorza,
non che dei fiori e delle foglie nove )
115 e ferì il carro di tutta sua forza ;
ond' el piegò come nave in fortuna,

102. Eoma: celeste-, il Par. - Eomano: sg. - spessa: condensata. « Fertur ut ex-
« cittadino in quanto omo, et in quanto cussis elisus nubibus ignis »; Ovid., Met.
Iddio re e signore » JButi. ; Vili, 339. - « Ocyor et patrio venit igne
105. di là nel mondo dei viventi, con-
: suisque sagittis »; Stat., Theb. VI, 386.
trapposto al qui del v. 100. - scrive: 111. remoto: « quando piove dalle più
scriva; cfr. Bull. Ili, 125. Apocal. I, remote regioni pluviali, e però vengono
11, 19; XXI, 5. ivi a formarsi nuvole, queste si trovano
106-107. che tutto ecc.: che era piena- nel massimo avvicinamento alla suppo-
mente disposto ad ubbidire a' suoi co- sta sfera del fuoco, la quale credevasi
mandi. L'espressione « piedi de' coman- potesse influire su quelle, nel far loro
damenti » ha qualcosa di secentesco ; concepire e concentrare maggior copia
ma, a mostrare che non è singolarità di calore il perchè il divampare di que-
;

dantesca, il Torraca citò opportuna- sto in luce e fuoco, e quindi il precipi-


mente « la cervice del core » di Guittone; tare del fulmine, fosse in tal caso e più
e tutti ricordano « le ginocchia della fragoroso e più violento, in ragione ap-
mente inchine» del Petrarca. È per al- punto di quel più grande con centramento
tro innegabile che un' espressione così per cui doveva prodursi quella che oggi
fortemente colorita ed atteggiata riesce diremmo straordinaria tensione » An- ;

efficace a dirci l' umile e completa de- tonella Cfr. Par. XXIII, 40 sgg.
dizione del P. a B. 112. l' uccel di Giove: '
Jovis ales '
;

108. la mente ecc.: rivolso i pensieri e Yirg., Aen. I, 394. Cfr. Par. VI, 4.
glisguardi al carro cfr. Purg. III, 14.
; 113. rompendo ecc. :
1' aquila fa più

V. 109-117. L' aquila nemica del danno all' albero che non al carro e con
;

carro. Più veloce del fulmine scende ciò il P. vuol forse dire che le persecuzioni
un'aquila giù per l'albero, rompendo del- contro i Cristiani danneggiarono più
la scorza non che de' fiori e delle nuove l'Impero romano stesso che non la gio-
foglie, e colpisce il carro di tutta forza, vane Chiesa. Il D' Ancona però opina
sicché esso si piega barcollando. La vi- - opinione molto sensata - che D. abbia
sione dell'aquila è tolta da Ezechiele voluto accennare con le rotture subite
XVII, 3 sg., dove 1' aquila figura il re smembramento dell' im-
dall' albero allo
di Babilonia, persecutore della Chiesa pero in orientale e occidentale e che il
;

dell' antico Patto. Qui l' aquila figura colpo al carro alluda alle persecuzioni
gl'imperatori romani persecutori della ultime dell'impero alla Chiesa, e spe-
Chiesa di Cristo, da Nerone a Diocle- cialmente a quella di Diocleziano, il
ziano, e il ferire il carro simboleggia le quale primo smembrò l'impero; o. e.
persecuzioni. Cfr. Bull. XVI, 281 sg. pp. 255 sg.
110. foco: fulmine; cfr. Purg. IX, 28 116. in fortuna: in tempesta.
628 [PAR. TERRESTRE] PlJRG. XXXII. 117-132 [VOLPE, AQUILA, DRAGO]

vinta dall' onda or da poggia, or da orza.


118 Poscia vidi avventarsi nella cuna
una volpe
del triunfal veiculo
che d' ogni pasto buon parea digiuna ;

121 ma, riprendendo lei di laide colpe,


la donna mia la volse in tanta futa,
quanto sofferser l'ossa sanza polpe.
124 Poscia, per indi ond'era pria venuta,
l'aguglia vidi scender giù nell'arca
del carro e lasciar lei di sé pennuta ;
127
e qual esce di cuor che si rammarca,
tal voce uscì del cielo e cotal disse :

« navicella mia, coni' mal se' carca ! »


130 Poi parve a me che la terra s'aprisse
tr'ambo le ruote, e vidi uscirne un drago,
che per lo carro su la coda fìsse ;

117. Tinta: spinta. « Iam validam Ilio- imperatori; le penne, i beni temporali do-
nei navera, iam fortis Achati, Etquavec- nati da essi alla Chiesa In ispecie si al-
tus Abas et qua grandasvus Aletes, Vicit lude alla donazione di Costantino, Inf.
hiem8 » Virg., Aen. I, 120 sgg. - or da
; XIX, 115 sgg. Par. XX, 55 sgg.
poggia, or da orza ora sul fianco destro,
: 124. per indi giù per 1' albero, v. 113,
:

ora sul sinistro. Poggia è la corda che sul quale l'aquila ha sua stanza.
lega 1' antenna dal lato destro della na- 127. e qual ecc.: e dal cielo venne una
ve, orza quella che la lega dal lato si- voce dolente, quale esce di cuore afflitto.
nistro; cfr. Frezzi, Quadr. IV, 3. Dopo la donazione di Costantino la leg-
V. 118-123. la volpe. Una volpe af- genda narrava che si udì dal cielo una
famata s'avventa alla cuna del carro, voce gridare « Hodie diffusum est ve-
:

ma B. la volge in fuga. La volpe figura nenum in Ecclesia Dei», delle quali pa-
l'eresia i cui attacchi furono validamente role è espresso qui con altra immagine
respinti dai Padri della Chiesa forse più ; il concetto, quando il P. dice « O na- :

particolarmente l' eresia di Ario. vicella (= Chiesa) mia, come sei mal
118. cuna: fondo del carro. carica (= carica di mala merce) » !

120. d'ogni pasto buon ecc.: digiuna V. 130-141. LI drago. Tra le due ruote
d'ogni sana dottrina; cfr. I Cor. Ili, 2. del carro si apre la terra, e dall' apertura
Ebrei V, 14. esce un drago che ficca la coda su per il
121. ma riprendendo ecc. : i Padri della carro, e, ritirandola, si trae dietro parte
Chiesa, difensori della fede vera, vinsero del fondo, poi s'allontana. Il rimanente
gli eretici mettendo in chiaro la brut- del carro si copre allora tutto delle penne
tezza di loro dottrine. L' eresia ariana, lasciategli dall' aquila. EL drago è tolto
in particolare, fu solennemente condan- dalV Apocalisse (XII, 3, 4), dove è detto
nata nel concilio di Nicea del 325. essere «quell'antico serpente, che chia-
122. futa: fuga; forma popolare del- masi Diavolo o Satana, il quale seduce
l' uso ant. e viva tuttora in qualche dia- tutta la terra » (Apocal. XII, 9 XX, 2). ;

letto; cfr. Parodi, Bull. HI, 152. Anche nella visione dantesca il drago è
123. quanto ecc.: per quanto potè la Satana, spirito maligno di cupidigia, che
magri ssima bestia, estremamente debole. toglie alla Chiesa lo spirito di umiltà e
V. 124-129. Il regalo dell'aquila. povertà, virtù fondamentale a cui essa
L' aquila scende una seconda volta dal- doveva la sua prosperità primitiva. Altri
l'albero nel carro e vi lascia sue penne : nel drago ravvisarono, senza buon fon-
in quel momento s' ode dal cielo un grido damento, Maometto.
di dolore. L' aquila figura anche qui gli 132. la coda: vien fatto di pensare al
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXXII. 133-147 [CARRO-MOSTRO] 629

133 e come vespa che ritraggo l


?
ago,
a sé traendo la coda maligna,
trasse del fondo, e gissen vago vago.
136 Quel che rimase, come di gramigna
vivace terra, della piuma, offerta
forse con intenzion sana e benigna,
139 si ricoperse, e funne ricoperta

e l'una e l'altra ruota e il temo in tanto,


che più tiene un sospir la bocca aperta.
142 Trasformato così, il difìcio santo
mise fuor teste per le parti sue,
tre sovra il temo e una in ciascun canto.
145 Le prime eran cornute come bue,
ma le quattro un sol corno avean per fronte
simile mostro visto ancor non fue.

proverbio: « Dove il diavolo non pnò met-


tere il capo, mette la coda ». cosa simboleggiante i guai della Chiesa »;
133. come vespa ecc. il pungiglione
: L. Vent., Simil., 473.
della vespa è occulto e maligno. V. 142-147. Xe 7 teste e le IO corna.
135. trasse del foudo: si trasse die- Così trasformato, il carro mette fuori 3
tro parte del fondo del carro. - vago: teste dal timone, ed 1 in ciascun canto:
non contento del male fatto alla Chiesa, le 3 hanno due corna e le 4 uno. Sono
ma desideroso di fargliene ben altri co-
; così 7 teste e 10 corna; cfr. Inf. XIX,
me la lupa, Inf. I, 98-99. - Invece Dan. : 109 sgg. Il carro trasforma dunque
si
« Andossene d' una falsa openione in per modo da prendere la figura della
un' altra peggiore vagando, et dalla leg- bestia dell' Apocalisse (XVII, 1-18). «Le
ge della virtù discese a quella della vo- membra che vide organarsi in lo ditto
luttà et vani piaceri terreni ». animale hanno a significare li 7 vizii
136. Quel che rimase: del carro, dopo capitali, li quali vizii entronno nella
che il drago n'ebbe tratta parte del fondo. Chiesa sì tosto com'ella possedio ric-
137-138. vivace: feconda, fertile; cfr. chezze temporali, li quali sono Super- :

L. Vent., Sim., 139. - piuma: beni tem- bia, Ira, Avarizia, Invidia, Lussuria,
porali. - offerta dagli imperatori, degni
: Accidia e Gola. E perchè li primi 3 pec-
di scusa, perchè forse animati nel donare cati offendono doppio, cioè a Dio e al
alla Chiesa da intenzioni buone (cfr. Par. prossimo, sì li figura per quelle 3 teste
XX, 55-57); ma questi beni temporali, del timone che aveano ciascuna 2 corna.
furono mal seme che die presto copioso E perchè li altri 4 sono pure diretti con-
e mal frutto. Perduto lo spirito primitivo tra lo prossimo, sì pone a ciascuno pure
di umiltà e povertà, la Chiesa, forte del- uno corno » Lan. Così, con lievi mo-
;

l' acquistata ricchezza e potenza, e ormai dificazioni, altri ant. comm.


accesa da cupidigia di queste, riuscì ad 142. il diflcio santo: l'edifìcio santo, il
accrescerle rapidamente, e ne fu tutta carro simboleggiante la Chiesa dificio si;

contaminata. Tale il senso del coprirsi ha anche in Inf. XXXIV, 7.


tutto il piuma lasciata dal-
carro della V. 148-160. JLa meretrice ed il gi-
l' aquila,non appena il drago n' ebbe gante. Sopra il carro così trasformato
tratto parte del fondo; e poiché è piuma appare seduta una meretrice che si guar-
dell'aquila,il P. vorrà insieme significare da sfrontatamente attorno, figura della
che la Chiesa usurpava ciò che era pro- Curia romana ai tempi di D., specie sotto
prio dell'Impero. i papi Bonifazio Vili e Clemente V. A
141. che più ecc. in meno tempo che
: fianco della meretrice appare, ritto in
non istà aperta la bocca, quando si man- piedi per terra, un gigante che la bacia,
da un sospiro. « L' immagine del sospiro simbolo dei re di Francia, e particolar-
630 [par. terrestre] Puro, xxxii. 148-160 [meretrice e gigante]

148 Sicura, quasi ròcca in alto monte,


seder sovr'esso una puttana sciolta
m'apparve, con le ciglia intorno pronte;
151 e come perchè non gli fosse tolta,
vidi di costa a lei dritto un gigante,
e baciavansi insieme alcuna volta.
154 Ma perchè V occhio cupido e vagante
me rivolse, quel feroce drudo
a
la flagellò dal capo infìn le piante ;

157 poi, di sospetto pieno e d' ira crudo,


di sciolse il mostro e trassel per la selva,
tanto che sol di lei mi fece scudo
160 alla puttana e alla nuova belva.

mente di Filippo il Bello. Ma, avendo 149. sciolta: sfrenata, licenziosa.


la meretrice volto uno sguardo a D., il 150. le ciglia ecc.: volgendo con lasciva
gigante la flagella tutta, scioglie il carro vivacità e mobilità gli occhi in qua e in
mostruoso e lo trae con lei per la selva. là: cfr. v. 154: l'occhio cupido e vagante.
Con che si vuol significare come « ogni « Fornicatio mulieris in extollentia ocu-
fiata che li papi hanno guardato verso lorum et in palpebris illius agnoscetur » ;

lo popolo cristiano, cioè hanno voluto Eccles. XXVI, 12.


rimuoversi e astenersi da tale avolterio, 151. come ecc.: e quasi facendo la guar-
li detti giganti, cioè quelli della Casa dia, perchè nessuno gliela togliesse.
di Francia, hanno flagellatoli e infine 152. di costa: a lato, accanto a lei. -
mortoli, e ridottoli a suo volere » (Lan.); dritto in piedi, pronto a difesa ed offesa.
:

e nella flagellazione saranno da ravvisare 153. insieme: «notala mutua voi ontade
particolarmente le ingiurìe di Filippo il la quale denota colpa da ciascuna parte»;
Bello a Bonifazio Vili, e piìl che altro Lan. Alcune volte Bonifazio Vili e Fi-
l'orse la famosa scena di Anagni, cfr. lippo il Bello rjarvero essere d'accordo.
Purg. XX, 86 sgg. mentre il trascinare
; 154. vagante: mobile, « quia Bonifa-
il carro per la selva figurerà il trasferi- cius nolebat amplius pati servitutem
mento della Sede papale in Avignone Philippi »; Benv.
nell'elezione di Clemente V
(1304). D. 158. a me: D. rappresenta qui il po-
attinse anche per questa parte, valen- polo cristiano, « forse più particolar-
dosene però, come sempre, liberamente, mente il cristiano d' Italia » ; W Ancona.
all' Apocalisse XVII, 1-18; XVIII, 2 sgg.; 157. di sospetto: che la donna gli fosse
ma insieme con essa, come dimostrò il tolta, o eh' ella si desse altrui. - iraper :

Tocco (Lect. D.), ricordò e seguì anche i aver la donna volto l'occhio al P.
commenti fattine dall'abate Gioacchino 158. disciolse dall' albero a cui il Gri-
:

e dai seguaci di lui. fone avea legato il carro, v. 51. - il mo-


148. Sicura : sicura di sé, sfacciata. - stro il carro così trasformato, v. 136 sgg.
:

monte : Non
« potest civitas abscondi 159-160. tanto che ecc.: si addentrò
supra montem posita»; Matt. Y, 14. - tanto nella selva, che questa sola di-
« Fabricasti lupanar tuum in capite om- venne riparo (scudo) che m'impediva di
nia viso, et excelsum tuum fecisti in omni scorgere la meretrice e il carro, dive-
platea»; Ezech. XVI, 31. nuto belva nuova, cioè mai più veduta.
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXXIII. 1-10 [CANTO E SOSPIRI] 631

CANTO TRENTESIMOTERZO

PARADISO TERRESTRE

VATICINIO DI BEATRICE, IL CINQUECENTO DIECE E CINQUE


ULTIMA PURIFICAZIONE DI DANTE, IL FIUME EUNOÈ

'
Deus venerimi gentes ', alternando
or tre or quattro dolce salmodia,
le donne incominciaro, e lagrimando )

e Beatrice sospirosa e pia


quelle ascoltava che poco
sì fatta,

più alla croce si cambiò Maria.


Ma poi che l
7
altre vergini dièr loco
a lei di dir, levata dritta in pie,
rispose colorata come foco :

10 « Mo dicum, et non videbitis me ;

V. 1-12. Canto e sospiro. Nel vedere cambiò di colore e d' espressione, allor-
:

lo strazio del Carro- Chiesa, le 7 ninfe, ché vide il Figliuolo patire e morir sulla
figuranti le virtù teologali e cardinali, croce. « Quomodo.... mutatus est color
cominciano a cantare alternamente i ver- optimus » Lament. Jer. IV, 1.
;

setti di un salmo con espressione dolce, 7-8. l'altre le tre e le quattro ninfe. -
:

ma non senza lagrime di dolore; e B. diér loco a lei di dir: avendo finito di
le ascolta sospirosa, col volto atteggiato cantare il salmo.
a pietà; divampando di zelo, ri-
poi, 9. come foco: rossa in viso, perchè
sponde annunziando vicino il soccorso. accesa, nell'atto di farsi profetessa, non
1. Deus: «Deus, venerunt gentes in pure di santo zelo, ma anche di santa ira
hereditatem tuam polluerunt templum
;
per le offese e i danni recati alla Chiesa
sanctum tuum posuerunt Jerusalem in
;
di Cristo di cui ella è guardiana; cfr.
pomorum custodiam »; Ps. LXXVIII, 1. Purg. XXXII, 95. « Cui plurimus ignem
D. opportunamente applica questo Sal- Subiecit rubor et calefacta per ora cu-
mo, in cui si piange la distruzione di currit»; Virg., Aen. XII, 65.
Gerusalemme e del suo Tempio per opera 10. Modicum parole di Cristo ai disce-
:

dei Caldei e s'invoca la vendetta divina poli per annunziar loro la sua morte e
sui colpevoli, alle vicende dolorose della la sua resurrezione « poco, e non : Un
Chiesa, adombrate nelle figurazioni ul- mi vedrete ; e di nuovo un poco, e mi ve-
time del e. XXXII. drete»; Oiov. XVI, 16. Questi versi an-
2. or tre ecc. « le tre [virtudi] diceano
: nunziano, nel 1300, in forma di profezia,
l' uno verso, e le quattro diceano l' altro probabilmente questo che tra poco (1305) :

verso con pianto e con canto » Ott. - ; la Chiesa sarà allontanata dalla sua sede,
dolce salmodia « cantum psalmi dulceni,
: ma di 11 a un altro poco ricomparirà nel
licet esset de materia amara » Benv. ; posto suo, cioè quando verrà chi ne ot-
4. sospirosa e pia: per compassione del- terrà la liberazioue materiale e morale,
la Chiesa straziata. secondo cheD. fermamente sperava, anzi
5-6. sì fatta: così mutata in volto. - si considerava come certo (vv. 34-45).
632 [>ar. terrestre] Purg. XXXIII. 11-28 [dante e beatrice]

et iterum, sorelle mie dilette,

modicum, et vos videbitis me ».


13 Poi le si mise innanzi tutte e sette,
e dopo sé, solo accennando, mosse
me e la donna e '1 savio che ristette.
10 Così sen giva, e non credo eli e fosse
lo decimo suo passo in terra posto,
quando con gli occhi gli occhi mi percosse ;

19 e con tranquillo aspetto « Vien più tosto »


mi disse, « tanto che, s'io parlo teco,
ad ascoltarmi tu si e ben disposto. »
22 Sì com' io fui, coni' io doveva, seco,
dissemi: «Frate, perchè non t'attenti
a domandarmi ornai venendo meco ? » 1

25 Come a color che troppo reverenti


dinanzi a' suoi maggior parlando sono,
che non traggon la voce viva ai denti,
28 avvenne a me, che sanza intero suono

V. 13-33. Colloquio tra D. e B. Per e sicure speranze del P. Parodi, Bull.;

volere di B. tutti s' allontanano dall' al- XV, 35 sg. e XVI, 282.
bero, con ordine simile a quello della 18. quando ecc.: allorché, guardandomi
processione: precedono le 7 ninfe coi in viso, percosse (cfr. Purg. XXX, 40
candelabri; poi viene B. nltimi Dante,
; sgg.), gli occhi miei con lo splendore
Matelda e Stazio. Eatti appena dieci de' suoi. « Modo
efficacissimo a signifi-
passi, B. invita amorevolmente D. a far- care la gran forza d'uno sguardo di Bea-
sele più vicino per intender bene ciò trice » Betti.
;

eli' ella gli dirà. Quindi gli chiede perchè 19-21. con tranquillo aspetto: non più
egli non le faccia alcuna domanda; al severo e duro, come quando gli rinfac-
che D., tutto compreso di timida reve- ciava i suoi traviamenti, Purg. XXX, 70
renza e di vergogna, risponde « senza sgg., né più sospirosa e pia come testé,
intero suono » che ella conosce da sé ciò quando deplorava i mali della Chiesa ;

che a lui giova sapere. B. lo esorta a non e neppure accesa di santo sdegno, come
temere e a non vergognarsi ormai più. quando s' era or ora drizzata in piedi a
14. solo accennando: con solo un cenno, profetare Modicum etc.
'
oramai si '
:

senza profferir parola. sta avverando la profezia del v. 12. m


15. la donna e il savio Matelda e Sta-
: Vien ecc. accelera il passo e vienimi
:

zio. - ristette: rimase con noi, quando a paro, sicché, se io ti parlo, tu possa
V. allontanò cfr. Purg. XXX, 49 sgg.
s' ; udirmi bene.
17. decimo i 10 passi hanno certo un
: 22. doveva: per ubbidire all'invito.
senso allegorico; ma quale? cfr. Purg. seco :di fianco a Beatrice,
XXIX, 81. 6. Manni ci vede un accen- 23-24 non ti attenti non ardisci.
:

no ai 10 comandamenti e alla loro osser- 25. reverenti « Riverenza non è altro


:

vanza, opportuno nel momento in cui sta che confessione di debita suggezione per
per essere profetato « quanto castigo è manifesto segno»; Gonv. IV, 8.
serbato a chi da quella osservanza allon- 26-27. maggior: «sicutdiscipuluscoram
tanandosi, rovinò il carro »; Lectura Dan- magistro » Benv. - viva forte, distinta.
; :

tu, p. 11 ;
più verisimilmente, forse, 28. sanza intero suono sommessamen-
:

sono figura dei 10 anni di esilio che non te e poco distintamente, cioè non con
finiranno di passare prima che la Chiesa tutta la forza e chiarezza della voce mia
torni al posto suo, secondo le previsioni naturale.
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXXIII. 29-43 [CHIESA E IMPERO] 633

« Madonna, mia bisogna


incominciai :

voi conoscete e ciò eh' ad essa è buono »,


31 Ed ella a me « Da tema e da vergogna
:

voglio che tu ornai ti disviluppe,


sì che non parli più com uom che sogna.
7

34 Sappi che '1 vaso che '1 serpente ruppe,


non è ; ma chi n' ha colpa, creda
fu e
che vendetta di Dio non teme suppe.
Non sarà tutto tempo sanza reda
l'aguglia che lasciò le penne al carro,
per che divenne mostro e poscia preda;
40 eh' io veggio certamente, e però il narro,
a darne tempo già stelle propinque,
sicure d' ogni intoppo e d' ogni sbarro,
43 nel quale un cinquecento diece e cinque,

29-30. mia bisogna ecc. : ciò che mi oc- una usanza eh' era anticamente nelle
corre e pnò essermi utile sapere. parti di Grecia in questo modo se uno :

32. disviluppe disviluppi, liberi. « Te-


: uccidea un altro, [e] egli potea an-
ma e vergogna (come nel Canto XXXI, dare nove dì continui a mangiare una
13, confusione e paura insieme miste) suppa per die suso la sepoltura del de-
fanno un viluppo tra sé, e avviluppano funto, né '1 Comune né i parenti del
il sentimento e il pensiero, e quindi la morto non faceano più alcuna vendetta.
parola di Daute » Tom. ; Ed usasi a Firenze di guardare per nove
33. coni' uom: con parole sommesse dì la sepoltura d' uno che fosse ucciso,
e confuse, simili al borbottio di chi parla acciò non vi sia suso mangiato suppa »;
sognando. « Qualia non totas peragunt Lan. Aquesto uso superstizioso riferi-
insomnia voces»; Stai., Tlieb. V, 543. scono il presente verso tutti gli antichi
Cfr. Petrarca I, Son. XLI, 7 sg. Tasso, e il più dei moderni. Senza dubbio il
Gerus. XIII, 30. P. vuol dire che « vendetta di Dio è
V. 34-51. l'avvenire della Chiesa e sicura da prescrizione»; Manni., Lect.
dell'Impero. B. predice che Dio farà 2>., p. 16. Altri per la suppa intendono
vendetta dello strazio della Chiesa-.l'aqui- il Sacrifìcio della Messa. Per altre inter-

la avrà presto un erede, un imperatore, pret. cfr. Comm.Lips., Bull. X.II, 282, ecc.
il Messo di Dio, ucciderà così la
quale, 37. reda: erede: cfr. Inf. XXXI, 116.
meretrice come quel gigante che pecca Purg. VII, 118. L' impero non sarà sem-
con lei. Sa, e lo dichiara, di parlare pre vacante. D. lo considerò tale dalla
oscuro; mai fatti che avverranno tra bre- morte di Federigo II fino all'elezione
ve, daranno dell'enimma.
la spiegazione di Arrigo VII; cfr. Conv. IV, 3.
34. il vaso: il carro. - serpente:
il drago, 38. aguglia: aquila. - le penne: cfr.
cfr. Purg. XXXII, 130 sgg. - ruppe fic- : Purg. XXXII, 124 sgg.
cando la sua coda su per il carro, e con 39. per che per le quali penne (= beni
:

essa traendone parte del foudo. temporali) il carro prima si trasformò


35. fu e non è: parole dell' Apocalisse mostruosamente, poi divenne preda del
XVII, 8 « La bestia che hai veduta fu
: gigante; cfr. Purg. XXXII, 142 sgg.
e non Secondo la mente di D., la
è ». 40-45. ch'io veggio ecc. : perciocché io
sedia papale in Avignone non era la cat- vedo in Dio con tutta chiarezza e cer-
tedra di S. Pietro, né Bonifacio VIII e tezza, e però me ne faccio annunzia-
Clemente V erano successori legittimi di trice, sorgere tra breve stelle che, libere
S. Pietro, ma usurpatori cfr.Par.XXVII, ; da ogni contrasto ed ostacolo^ col bene-
22 sgg. - chi il gigante della fine del e.
: fico loro influsso renderanno degno e
prec. - creda: si persuada. conveniente il tempo alla venuta di un
36. suppe « qui [il Poeta] intromette
: Messo di Dio che ucciderà la meretrice ed
634 [PAR. TKRRE8TRE] PlJRG. XXXIII. 44-48 [CHIESA E IMPERO]

messo di Dio, anciderà la faia


con quel gigante che con lei delinque.
46 E forse che la mia narrazion, buia
qual Temi e Sfinge, men ti persuade,
percli' a lor modo lo intelletto attuia;

ilgigante. - a darne.... propinque steli©


: XII, 194 sg.); E. Proto, L'Apocalisse
vicine a portarci il tempo in cui ecc. - nella D. 0., Napoli, Pierro, 1905, cap. 5°,
sbarro: ostacolo. - cinquecento ecc.: D. (cfr.Bull. XIII, 37 sgg.); Parodi, Bull.
imita anche qui il linguaggio de\V Apo- XV, 30 sgg; XVI, 282 sgg. oltre il fon-
calisse (XIII, 18), dove col numero 666 damentale lavoro La data della compo-
è designato Nerone, per la ragione che sizione e le teorie politiche dell' Inferno
si ha 666, se si scrive in lettere ebraiche nel III voi. degli Studi Romanzi anni, ; M
Neron Cesar e si sommano i numeri rap- Lectura X>., pp. 17-20 ecc.
presentati da queste lettere. In Dante 44. fuia ladra cfr. Inf. XII, 90 Par.
; ; ;

pare che l'espressione numerica valga IX, 75 e Bull. Ili, 152. Chiama così la
4
duce, capitano in quanto le lettere che
'
meretrice, come si è detto or ora, quale
formano il numero DXV sono le stesse usurpatrice de' diritti imperiali.
della parola latina DVX = duce. Il P. 45. delinque pecca, prima coll'esserle
:

esprime pertanto, così si è pensato, la drudo (Purg. XXXII, 153, e cfr. Inf.
speranza in un duce venturo, che sarà XIX, 108), poi col flagellarla « del capo
reda dell' aquila, cioè imperatore, e che, insin le piante » Purg. XXXII, 156. ;

come dice il Manni, « fiaccherà l'orgoglio 46. narrazioni esposizione di fatti futu-
sia della Curia, /uva, ladra dei diritti im- ri. - buia: oscura, di difficile intelligenza.
periali, e del re francese, gigante, che 47. Temi: lat. Themis, Temide, perso-
pecca con lei ». E poiché D. mostra di naggio mitologico, figlia di Urano e della
avere in mente un personaggio determi- Terra, celebre per l' oscurità de' suoi ora-
nato, questi non può essere se non Arrigo coli; cfr. Ovid., Met. I, 347-415. -Sfinge:
VII, e la profezia ben potè essere scritta, è la favolosa figlia di Tifone e della Chi-
lui vivo; quell'Arrigo, a cui D. scriveva: mera, dalla faccia muliebre e di natura
« Rompi gli indugi, confida nel Dio Sa- feroce, che abitava sul monte Fino presso
baoth alla cui presenza tu operi, e con la Tebe e uccideva i viandanti che non sa-
fionda della tua sapienza e con la pietra pevano sciogliere certo sno enimma ;

delle tue forze abbatti questo Golia [il questo alla fine fu sciolto da Edipo. « Si
re di Francia], morto il quale ne' Filistei Sphingos inique© Callidus ambages, te
entrerà la paura, in Israele la libertà ». pra3monstrante, resolvi »; Stat,, Theb. I,
La profezia purtroppo non si avverò; 66-67. Cfr. Ovid., Met. VII, 759 sgg.
ma ci fu un tempo in cui Arrigo parve 48. perch' a lor modo ecc. perchè la :

veramente colui che avrebbe compiuto mia narrazione oscura e offusca il tuo
quel che D. desiderava. - Molti identifi- intelletto, come gli oracoli di Temide e
carono il DXVcol Veltro (cfr. Inf. I, l'enimma della Sfinge. - attuia: Gli an-
100-111), e dal Veli, in poi si è opinato tichi comm. o non spiegano, o danno di-
da parecchi che il DXV sia Cangrande chiarazioni che mostrano come davanti
della Scala. Buggero della Torre dettò al vocabolo inusitato pendessero incerti.
un grosso volume per dimostrare che Si escogitò perciò la var. accuia\ intesa '

D. allude a sé stesso; altri volle leggere come acuisce ' '. Un


attuia del Prezzi, ' '

Dante Xristì Vertagus. Ma D. scrisse Quadriregio II, 79 vale ottura (ogn'uo- ' '

un cinquecento diece e cinque, non già mo.... s' attuia gli occhi per non vederla).
D, X, V. Lo stesso è da osservare a chi Il senso qui dev' essere che la narrazione
vuol leggere Dominus Xristus Victor, o buia non permette all'intelletto di pe-
Vltor (ultor), o Vindex, ed intendere netrarne il senso dunque essa impe- ;
'

della 2a venuta di Cristo come pure a


; disce l'intelletto dal comprendere; e
'

chi legge Domini Xristì Vicarius, in- 1


impedire, trattenere vale il prov. atu- '

tendendo di un papa. Cfr. Comm. Lips. rar. Di attuiare


'
oltre questi due di '

II, 801-817; e inoltre Moore, The DXV D. e quello del Prezzi, suo imitatore,
prophecy in Studies in Dante, Third Se- non si sono fin qui citati altri esempi.
rie*, pp. 253-83 (Oxford, 1903) (cfr. Bull. Cfr. Parodi, Bull. Ili, 137 e XXIII, 49.
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXXIII. 49-62 [PIANTA SACRA] 635

ma tosto fien li fatti le Naiàde


che solveranno questo enigma forte,
sanza danno di pecore o di biade.
Tu nota, e sì come da me son porte,
così queste parole segna ai vivi
un correre alla morte.
del viver eh' è
55 E aggi a mente, quando tu le scrivi,
di non celar qual hai vista la pianta,
eh' è or due volte di rubata quivi.
58 Qualunque ruba quella o quella schianta,
con bestemmia di fatto offende a Dio,
che solo all' uso suo la creò santa.
Gì Per morder quella, in pena ed in disio
cinquemili' anni e pia l'anima prima

49. ma tosto ecc. : ma i fatti espliche- che ad essa fosse legato il trionfale car-
ranno ben presto la mia predizione. - ro »(Lomb) e il suo posteriore rinverdire
Naiade: ninfe fatidiche, con allusione ad e rifiorire.
Ovid., Met. VII, 759 sg., dove si legge 57. due volte: chi intende dall'aquila '

Laiades, cioè Edipo, figlio di Laio; ma e dal gigante chi da Adamo e dal
'
;
'

D. nel testo suo di Ovidio dovè leggere gigante '; chi da Adamo e dall'Aquila ';
'

Naiades, eh' è la lezione de'codd. delle chi altrimenti l' or ci fa propendere alla
;

Metani.: Laiades è una felice conget-


' '
l a interpretazione.
tura. Senso :i fatti saranno gì' interpreti V. 58-78. L'inviolabilità sacro-
delle mie parole. Cfr. Monti, Saggio dei santa dell' albero. Chiunque, conti-
molti errori, ecc. 95 sg. : nua B., deruba o schianta l'albero, of-
50. enigma del DXY. - forte
: : assai fende coi fatti Iddio che lo santificò alla
difficile : Purg. XXIX, 42.
cfr. sua gloria. Per aver morso il frutto di
51. danno: senza che ne derivi quel quell'albero, l'anima di Adamo stette
danno che sofforsero i Tebani. ai quali oltre cinquemila anni nel Limbo, aspet-
Temide, perchè il Laiades aveva inter- tando colui che, morendo sulla croce,
pretato l' enigma della Sfinge che n' era espiò tale colpa. Né senza una parti-
morta, mandò una fiera che ne divorò colare ragione 1' albero è tanto alto e si
le greggi e devastò i campi cfr. Ovid., ;
dilata quanto più s'innalza. Anche solo
Met. VII, 762 sg. per queste circostanze tu, o D., dovresti
V. 52-57. La missione di Dante. B. conoscere la giustizia di Dio nell' inter-
prega D. d' imprimersi bene nella mente detto da lui fatto in riguardo dell'albero,
ciò eh' ella gli ha detto e gli dirà, e di appostandone il senso morale.
riferire tutto ai mortali, una
fedelmente 58. schianta: ne strappa, ne stacca qual-
volta ritornato nel mondo. In partico- che parte.
lare non taccia quale egli ha veduta la 59. di fatto che è bestemmia più gra-
:

pianta nel Paradiso terrestre, due volte ve assai che di parole.


derubata. 60. all'uso suo ecc. la creò santa, cioè
:

52. porte dette cfr. Inf. II, 135 V,


:
; ;
inviolabile, solo per valersene a' suoi alti
108 ecc. fini di giustizia. Si tenga presente ciò che
53. segua: Al.: insegna: ofr. v. 81. si disse nella n. ai vv. 38-39 del e. prec.
54. del Tiver ecc. : della prima vita, circa il significato simbolico della pianta.

che è una corsa verso la morte; cfr. Oonv. 61. Per morder per aver mangiato del
:

IV, 28 e Purg. XX, 39. frutto della pianta. - in pena delia pri- :

55. aggi: abbi; cfr. Bull. HI, 129. vazione di Dio. - in disio di salvazione;:

56. qual: « la di lei altezza, il modo cfr. Inf. IV, 42.


di spandere i rami, il dispogliamento in 62. cinquemili' anni e più: 5232, cioè
cui si trovava di fiori e di frondi prima 930 sulla terra e 4302 nel Limbo; cfr.
636 [par. terrestre] Purg. xxxiii. 63-78 [pianta sacra]

bramò colui che '1 morso in sé punìo.


04 Donne 'ngegno tuo, se non istima
lo
per siugular cagione essere eccelsa
lei tanto e sì travolta nella cima.
67 E se stati non fossero acqua d' Elsa
li pensier vani intorno alla tua mente,
e il piacer loro un Piramo alla gelsa,
70 per tante circostanze solamente
Dio nello interdetto
la giustizia di
conosceresti all'arbor moralmente.
73 Ma perch'io veggio te nello intelletto
fatto di pietra, e impietrato, tinto,
sì che t'abbaglia il lume del mio detto,
76 voglio anco, e se non scritto, almen dipinto,
che '1 te ne porti dentro a te per quello
che si reca il bordon di palma cinto. »

Par. XXVI, 118 sgg. D. si attiene alla dèi gelso, che di bianchi divennero rossi ;

cronologia di Eusebio, secondo il quale cfr. Ovid., Metam. IV, 55-166. Purg.
Cristo nacque l'anno 5200 dopo la creazio- XXVII, 37, sgg. - gelsa: il frutto del
ne del mondo, -l'anima prima: Adamo.
63. colui ecc.: Cristo, morto per espiare 70-72. per tante ecc.: anche solo «per
il peccato di Adamo. queste circostanze [della straordinaria
64. Dorme: è assopito, epperò inerte, sua altezza e dell'essere travolta nella
incapace di pensare e comprendere. - cima] riconosceresti all'albero, cioè dal-
istima: giudica. l'albero .... moralmente, nel suo signifi-
65. eccelsa: alta; Purg. XXXII, 40 cato morale, la Giustizia di Dio che proi-
sgg. e la nota. bì di toccarlo » Marini, Lect. JD., 39. -
;

67-68. E se stati ecc. vani pen-


: e se i interdetto: proibizione di manomettere
sieri non avessero indurita la tua mente. la pianta. -moralmente: cfr. Oonv. II, 1.
-acqua d'Elsa: che, essendo satura di 74-75. fatto di pietra: indurito a modo
acido carbonico e di sotto -carbonato di di pietra : « Induraverunt facies suas
calce, ha la proprietà d' incrostare i corpi supra petram » ; lerem. V, 3. - « Auferam
che vi restino qualche tempo immersi. cor lapideum de carne vestra » Ezech.
;

L'Elsa è un
fìumicello della Toscana XXXVI, 26. - e impietrato, tinto: e
che esce dal fianco occidentale della mon- non solo indurito, ma anche oscurato
tagna di Siena, bagna parte del terri- nell' intelletto « impietrato, e la pietra
:

torio Sanese e parte del Fiorentino, co- è tinta di bruno, sicché non se' atto a
steggia la strada volterrana e si scarica ricevere la luce fulgida del mio mistico
nell'Arno a pochi chilometri da Empoli parlare » Ott.
;

e da Ponte d' Elsa. - intorno alla tua 76-78. foglio anco ecc. : voglio che se
mente se i pensieri vani non sono nera-
: anche non porti entro di te tutto nitida-
mente, ma intorno ad essa, è chiaro che mente scritto, impresso il detto mio, giac-
t). con pensier vani intende dire la *
ché l'attuale indurimento e offuscamento
vanità delle cose a cui pensavi ': così del tuo intelletto non lo consentirebbe,
torna, del resto, ottimamente il para- almeno ne porti in te una qualche im-
gone tra acqua oV Elsa e pensier vani magine, per la ragione stessa per cui i
per quanto riguarda i loro effetti. pellegrini tornanti dalla Palestina por-
69. il piacer ecc. e se il piacere che
: tano il bordone, cioè il bastone, ornato
ti davano quelle vane cose, non avesse di foglie di palma, eh' è per essi ricordo
macchiata, offuscata la tua mente, come e prova dell' essere stati in Terra Santa.
Piramo col suo sangue macchiò i frutti Cfr. Vita N., § 41.
[paradiso terrestre] Puro, xxxiii. 79-90 [ultimo rimprov.] 637

E « Sì come cera da suggello,


io :

che la figura impressa non trasmuta,


segnato è or da voi lo mio cervello.
j
82 Ma perchè tanto sopra mia veduta
vostra parola disiata vola,
che più la perde quanto più s'aiuta? »
85 « Perchè conoschi » disse « quella scuola
e' hai seguitata, e veggi sua dottrina
come può seguitar la mia parola ;

88 e veggi vostra via dalla divina


distar cotanto, quanto si discorda
da terra il ciel che più alto festina. »

V. 79-102. X,' ultimo rimprovero. come essa non sappia e non possa sol-
Il P. assicura prima B. che le parole di levarsi alla contemplazione delle verità
Ipi gli sono impresse in modo indelebile superiori. - «Non cognovit mundus per
nella mente ma poi le domanda, perchè
; sapientiam Deum » ; I Cor. I, 21 ; e cfr.
il parlare di essa s' innalzi tanto al di- ibid. II, 14. -vostra: umana e mondana.
sopra del suo intendimento. « Perchè - si discorda: è distante. « Non enim
tu conosca » gli risponde B. « 1' in- cogitationes mese, cogitationes vestrse;
sufficienza di quella scuola alla qnale neque vice vestree, vice mece, dicit Do-
tutto ti desti, e per farti comprendere, minus. Quia sicut exaltantur codi a ter-
quanto inferiore è la sua alla mia dot- ra, sic exaltatce sunt vice mece a viis ve-
trina. » - « Ma io non mi ricordo di es- stris, etcogitationes mese a cogitationi-
sermi mai straniato da voi. » - « È natu- bus vestris »; Isaia LV, 8-9. - « Sidera
rale, avendo tu oggi bevuto l'acqua di terra Ut distant, et fiamma mari, sic
Lete, che cancella la memoria del male; utile recto» Lucati., Phars. Vili, 487.
;

ma codesta stessa dimenticanza è prova - festina festinat, si affretta. « Il cielo


:

della tua colpa. Ma da ora in poi le mie che più velocemente ruota è il Primo
parole saranno chiare quanto è neces- mobile, secondo il sistema di Tolomeo.
sario, perchè siano prontamente com- Per impulso di questo tutti i cieli infe-
prese dalla vista del tuo intelletto, im- riori movendosi insieme uniformemente,
perfetta perchè non educata a dovere. » è chiaro che il più alto o più remoto dal
79. Sì come cera: cfr. Purg. X, 45. Gonv. centro comune sarà il più veloce » An- ;

I, 8 II, 10. De Mon. II, 2. Come la cera


; tonelli. - Non possiamo qui tacere che,
serba inalterata la figura impressavi dal secondo taluni interpreti, anche nei vv.
suggello, così la mia mente serberà le vo- 85-90, come nei precedenti 52-78, B. trat-
stre parole improntatesi in lei. terebbe pur sempre e solo dell' Impero :

82. veduta intellettuale, ossia capa-


: la scuola del v. 85 sarebbe quella dei
cità di comprendere. teologi propugnanti e teorizzanti la su-
83. disiata desiderata da me
: cfr. ; premazia papale, divenuta dottrina ca-
Vita N. § 3. Inf. V, 133. nonica; la via del v. 88 sarebbe quella
84. che più la perde ecc. che, quanto
: di tali teorici e dei più de' Contempo-
più l' intelletto s' affatica ad intenderla, ranei di D. che non comprendono an-
tanto meno ci riesce. cora 1' origine divina dell' Impero di
85-90. quella scuola della scienza uma-
: cui Dio impose agli uomini il rispetto
na, alla quale D., in quel periodo della e 1' obbedienza « fin dal principio del
sua vita che incominciò dopo la morte Genesi, con la prima delle sue sante e
di B. e durò sino al suo risveglio nel- irrevocabili Leggi ». Solo così, nota il Pa-
la selva oscura, fu dato quasi esclusi- rodi, « le parole di Beatrice.... formano
vamente, trascurando la sacra dottri- una salda e indivisibile unità. » Vero è
na, rappresentata da B. Cfr. Manni, o. che i 3 ultimi versi hanno « l'aria di un
e, 25. sg. - sua dottrina: gl'insegna- significato più generico » ma ciò « pro-
;

menti della scienza umana, -come ecc.: viene dalle necessità drammatiche della
638 [par. terrestre] Purg. xxxiii. 91-106 [ultimo rimprovero]

91
Ond' io rispuosi lei : « Non mi ricorda
ch'io straniassi me giammai
da voi,
né honne coscienza che rimorda ».
94
« E se tu ricordar non te ne puoi »
sorridendo rispuose, « or ti rammenta
come bevesti di Lete ancoi ;

97 e se dal fummo foco s'argomenta,


cotesta oblivion chiaro conchiude
colpa nella tua voglia altrove attenta.
100 Veramente oramai saranno nude
le mie parole, quanto converrassi
quelle scovrire alla tua vista rude. »
103 E più corrusco e con più lenti passi
teneva il sole il cerchio di merigge,
che qua e là come gli aspetti fassi;
106 quando s'affisser, sì come s'affigge

scena », ed è mera apparenza ; Bull., desiderate. B. scusa benignamente il P.


XVI, 282-5. della momentanea dimenticanza dopo ;

91. Onde: per avere udito l'ultimo di che ordina alla bella donna di con-
rimprovero. durlo all'Eunoè e di ravvivare conl'acqua
92. straniassi ecc.: mi allontanassi mai di questo la tramortita virtù di lui. Ma-
da voi per seguitare un'altra scuola. telda eseguisce 1' ordine, e D. beve di
93. che rimorda: che mi rimproveri quell'acqua, così dolce che egli non se.
d'avervi lasciata. ne sentirebbe mai sazio. Per l'efficacia
96. ancoi: oggi, quest'oggi; cfr. Purg. di quest'acqua egli finalmente si sente
XIII, 52 XX, 70.
; rifatto, perfettamente puro, e però di-
97. E se ecc. « qui esemplifica a si-
: sposto a salire dal terrestre al Par. ce-
mile Beatrice, che, sì come quando si leste, o, com'ei dice, alle stelle.
vede fummo, egli è notorio che quivi è 103. corrusco: fiammeggiante, splen-
fuoco, così quando l'uomo per la detta dente. - passi più lento nel suo corso;
:

acqua è in oblivione, egli è notorio che cfr. Par. XXIII, 11 sg. A


mezzodì sem-
prima vi fu vizio » An. Fior. ;
bra. che il sole sia più fulgido e che cam-
98-99. conchiude ecc. porta a conclu-
: mini più lento.
dere, che l'aver tu rivolta la tua voglia 104. il cerchio di merigge il meridia- :

ad altro che a me, fu colpa, giacché delle no; cfr. Purg. XXV, 2.
sole colpe il Lete toglie la memoria. 105. che qua ecc. « il qual mezzo-
:

100-102. oramai da ora in poi. - nude


: : giorno si fa ora qua ora là, secondo i
non velate, ma chiare quanto è necessa- vari gradi di longitudine, in che i paesi
rio perchè siano comprese da te. - sco- son posti, o secondo i luoghi da cui si
vrire: aprire, manifestare. - rude: rozza, guarda » Frat. Così i più. Invece l' An-
;

non educata a discorsi che inchiudano, tonelli « il quale meriggio si fa in que-


:

come quei ch'io ti ho fatto, alte verità. sto e nell'altro emisfero secondo le re-
V. 103-145. La dolce bevanda del-r lazioni di posizione » oppure «E il sole
; :

l'acqua delVJEunoè. È imminente il teneva il cerchio di meriggio con più


mezzogiorno. B., Dante, Matelda, Sta- splendore e con più lenti passi che nei
zio e le 7 ninfe arrivano presso la sor- precedenti perciocché in questo e nel-
;

gente comune del Lete e dell' Eunoè. D., l'altro emisfero si fa (avviene) secondo
maravigliato, chiede spiegazioni su quei le relazioni di posizione. » Altri tenta-
due fiumi, e B. commette l'incarico di rono altre spiegazioni più sottili, ma non
spiegare a Matelda, che osserva subito perciò più persuasive.
d'aver già fornito a D. le dichiarazioni 106-108. quando s'affisser ecc. : quando
[PARADISO TERRESTRE] PURO. XXXIII. 107-122 [eunoè] 639

chi va dinanzi a gente per iscorta,


se trova novi tate in sue vestigge,
109 le sette donne al fin d' un'ombra smorta,
qual sotto foglie verdi e rami nigri
sopra suoi freddi rivi l'Alpe porta.
112 Dinanzi ad esse Eufratès e Tigri
veder mi parve uscir d'una fontana,
e, quasi amici, dipartirsi pigri.
115 « luce, o gloria della gente umana,
che acqua è questa che qui si dispiega
da un principio, e sé da sé lontana? »
118 Per cotal priego detto mi fu « Priega :

Matelda che '1 ti dica » e qui rispuose, ;

come da colpa si di slega,


fa chi
121 la bella donna « Questo e altre cose
:

dette gli son per me, e son sicura

le sette ninfe fei fermarono come chi va amici «que' due fiumi mostravano d'an-
:

innanzi a una' compagnia per guida, si dar lenti per il dispiacere di doversi di-
ferma se incontra qualche novità sulla videre, come sogliono gli amici. Con-
strada, ch'ei tiene. - vestigge orme, pas- : cetto affettuosamente gentile » (L. Vent.,
si. Al. o sue v.
: —
o vestigia di novità. Simil., 182) che D. aggiunse a ciò che
109-111. al fin ecc. : là dove finiva gli offriva Boezio.
l'ombra della selva, bruna come quella 115. luco: cfr. Inf. II, 76 sg. «Lucerna
che l'Alpe porta sopra i suoi rivi scor- pedibus meis verbum tuum, et lumen
renti sotto verdi foglie. - qual: ombra; semitis meis » Psalm. ; Vili, 105. - CX
accusativo. - nigri neri per antichità.
: « Ego sum lux mundi » Giov. Vili, 12. ;

« Si-cubi nigrum Hicibus crebris sacra - « Ego lux in mundum veni, ut omnis
nemus accubet umbra » Virg., Georg. ;
qui credit in me, in tenebris non ma-
Ili, 333 sg. - « Nigra3 feraci frondis in neat » ibid. XII, 46. Ciò che qui il P.
;

Algido»; Horat., Od. IV, iv, 58. -«Ob- dice di B. è vero di lei, considerata nel
scurum cingens connexis aera ramis, Et suo valore simbolico.
gelidas alte submotis solibus umbras »; 116-117. si dispiega ecc : scaturita da
Lucan., Phars. III, 399 sg. una sola fonte, si dirama in due rivi,
112-114. Eufratès e Tigri: sono 2 dei allontanando così sé da so stessa, cioè
4 fiumi del Par. terrestre, secondo Gè- una sua parte dall'altra.
nes. II, 10 sg., derivantida una mede- 118. Per cotal ecc.
per aver fatto io:

sima sorgente. D. però li nomina qui tale preghiera, mi fu


risposto da B. che
come termini di confronto [veder mi mi rivolgessi a Matelda. Anche poi, in
parve] e se potè ripensare, nominando-
; cielo, B. ripetute volte indirizzerà D.
li, fiumi di cui parla il Gerì., di certo
ai alle anime beate, affinchè esse appaghino
ei non intere ricordarli come fiumi del con le loro dichiarazioni le giuste cu-
Par. terrestre. Qui si parla di Eunoè e riosità di lui.
Lete, che escono, dice D., d'una sola 120. si dislega: si difende. « La colpa
fonte, così come non pure l'Eufrate e è nodo che avvince 1' animo ; e, come
il Tigri edenici, ma anche, secondo si tale, lo slegarsene è più di scioglierse-
.credeva, l'Eufrate e il Tigri reali. D. A ne»; L. Vent., Simil., 265.
forniva questa notizia Boezio, Gons. 121. altre cose: Matelda avea istruito
phil. V, met. 1 « Tigris et Euphrates
: il P. non solo circa le acque del Par. ter-

uno se fonte resolvunt Et mox abiunctia restre, ma anche circa il vento di lassù,
dissociantar aquis»; delle quali parole le condizioni del luogo e i suoi primi abi-
udiamo come un'eco nel v. 114. - quasi tatori; cfr. Purg. XXVIII, 88-144.
640 [par. terrestre] Ptjbg. xxxiii. 123-139 [purific. finale J

che l'acqua di Lete non gliel nascose. »


124 E Beatrice « Forse maggior cura,
:

che spesse volte la memoria priva,


fatt' ha la mente sua negli ocelli oscura.
127 Ma vedi Eunoè che là deriva :

menalo ad esso ; e come tu se' usa,


la tramortita sua virtù ravviva. »
130 Com'anima gentil che non fa scusa,
ma fa sua voglia della voglia altrui,
tosto che è per segno fuor dischiusa j

133 così, poi che da essa preso fui,


donna mossesi, ed a Stazio
la bella
donnescamente disse « Vien con lui : ».
136 S' io avessi, lettor, più lungo spazio
da scrivere,io pur cantere' in parte
lo dolceber che mai non m'avria sazio ;

139 ma perchè piene son tutte le carte

123. non gliel nascose : non gliene tolse 135.donnescamente con grazia gen-
:

il ricordo, togliendo essa solo la memo- tile di donna. Il Buti legge, con qual-
ria del male commesso, non delle cose che cod., onestamente =
con dignità.
buone o indifferenti. 136. S'io avessi ecc.: « Atque equid em,
124. maggior cura quella delle tante : extremo ni iam sub fine laborum Vela
e singolarissime cose che D. ha vedute traham et terris festinem ad vertere pro-
e udite dopo le spiegazioni di Matelda. ram, Eorsitan et pinguis hortos quse cura
125. che nominativo. - la memoria
:
;
colendi Ornaret, canerem »; Virg., Georg.
accusativo. - priva: di sua virtù. IV, 116 sgg.
126. fatt'ha ecc.: ha, col togliergli il 137. in parte: per quanto è possibile
ricordo di tue parole, offuscato gli occhi ad ingegno e lingua mortale, che intera-
della sua mente, sicché non vede, non mente nessuna lingua e nessun ingegno
capisce essere questa la fonte di cui tu potrebbe ridire quella dolcezza. - pur....
gli parlasti. in parte anche solo in parte.
:

128-129. e come tu se' usa: e, come 138. ber: dell'acqua di Eunoè. I più
suoli, ridestagli con l'acqua dell' Eunoè affermano che vi si tuffasse come nel
la virtù, cioè la memoria, tramortita. Lete. Di una immersione anche nell'Eu-
La frase come tu se' usa ci fa capire
' '
noè il P. non fa parola possiamo bensì ;

che, come fa con D., Matelda deve rav- supporla per analogia con ciò che accade
vivare in tutte le anime in generale che per il Lete, e perchè, così, della assistenza
salgono al cielo, la memoria del bene ed aiuto di Matelda (vv. 128 sg.) vedia-
con le acque dell' Eunoè. mo meglio la ragione.
130-132. non fa scusa: non adduce scuse 139. piene ecc. compiuti i 33 canti
:

per negar di fare ciò che altri le chie- destinati a questa 2 a cantica. Nel suo
de ma conforma la sua alla volontà del
; poema, D. osserva rigorosamente le leg-
richiedente, cioè si apparecchia volon- gi della simmetria: ogni cantica ha 33
terosa ad appagarlo. - per segno fuor canti (il 1° dell' Inf. è proemio generale
dischiusa: in qualsiasi modo espressa: a tutta l'opera) ; il poema ha 14,233 ver-
'
segno si può dire qualunque forma
'
si cioè l'In/. 4720, il Purg. 4755, il Par.
;

di esterna manifestazione dell'animo. 4758. Il P. aveva determinato, si direb-


133. essa Matelda. - preso per mano.
: : be, anticipatamente la lunghezza ap-
134. Stazio è ricordato qui per l'ul-
: prossimativa di ogni cantica, assegnan-
tima volta. do a ciascuna un dato numero di carte.
[PARADISO TERRESTRE] PURG. XXX1I1. 140-145 [PURIFIC. finale] 641

ordite a questa cantica seconda,


non mi lascia pia ir lo fren dell'arte,
142 Io ritornai dalla santissima onda
rifatto sì, come piante novelle
rinnovellate di novella fronda,
145 puro e disposto a salire alle stelle.

140. ordite: preparate, come l'ordito vestite di nuove fronde; «Renovamini


alla tela. autem spiritu mentis vestrse »; Efes. IV,
• 141. lo fren dell'arte : la norma del- 23. - « Kursus reno vari ad posniten-
l'arte, che richiede proporzione tra le tiam » ; Hebr. VI, 6. Del ramo d' oro
varie parti di un'opera, e vuole perciò svelto da Enea e ripullulante V. dice:
che io non allunghi ancora questa se- « Quale solet silvis brumali frigore vi-
conda cantica. « Sed nos immeusum scum Fronde virere nova » Aen. VI,
;

spatiis coni ecimus sequor, Et iam tem- 205 sg. Cfr. Purg. XXXII, 52 sgg.
pus equum fuinantia solvere colla » ;
145. stelle: con questa parola (come
Virg., Georg. II, 541 sg. notammo già per Inf. XXXIV, 130) fini-
142. ritornailà dove B. era rimasta.
: scono tutte e tre le cantiche del poema,
143. rifatto« collectum robur vire-
: forse ad accennare il luogo a cui l'oc-
sque refectce»; Virg., Georg. Ili, 235. chio dell'uomo dovrebbe sempre mirare,
- « Armis auimisque referti»: Virg., Aen. cfr. Purg. XIV, 148 sgg. e dove sol-
XII, 788. tanto egli trova l'ultima pace e la vera
144. rinnovellate ecc.: ravvivate e ri- beatitudine.

41. — Dìv. Comm,., 8 a ediz.


LA

DIVINA COMMEDIA
CANTICA TBEZA

PARADISO
CANTO PRIMO

PROEMIO DEL PARADISO

PROPOSIZIONE E INVOCAZIONE, ASCENSIONE ALLA SFERA DEL FUOCO


MODO DELL'ASCENDERE, ORDINE DELL'UNIVERSO

La gloria di colui che tutto move,


per l' universo penetra, e risplende
in una parte più, e meno altrove.
Nel che più della sua luce prende
ciel
fu' io, e vidi cose che ridire
né sa, ne può chi di lassù discende 5

V. 1-12. Proposizionedell' argo- Epist. Kani, 23. Cfr. Salm. XVIII, 2;


mento. La gloria di Dio, prima causa CXXXVIII, 7-12. Eccles. XLII, 16. Isaia
e primo motore, penetra e risplende, più VI, 3; LXVI, 1. Rom. XI, 36.
o meno, in tutte le parti dell'universo, 3. più e meno: secondo che la cosa
essendo egli sostanzialmente in tutte le creata, per sua maggiore o minore per-
cose. Ma nelT Empireo, dove Dio si ma- fezione, è atta a riceverla. « La divina
nifesta immediatamente alle creature bontà in tutte le cose discende, e altri-
intelligenti, più che in qualsiasi altro menti essere non potrebbono ma avve- ;

cielo o regione dell' universo splende la gnaché questa bontà si muova da sem-
luce di Lui. Lassù fui io e vidi cose che plicissimo principio, diversamente si ri-
non so, né posso ridire, perchè, appres- ceve, secondo più o meno, dalle cose ri-
sandosi al fine di tutti i suoi desiderii, ceventi»; Conv. III, 7. Cfr. De Yulg.
il nostro intelletto si profonda tanto, che EX. I, 16. Thom,. Aq., Sum. theol. I, 8, 1.
la memoria non può seguirlo. Dirò del S. Bern., Medit., 1: « Deus in creaturis
celeste regno solo quel tanto di che ho mirabilis, in hominibus amabilis, in an-
potuto far tesoro nella memoria. gelis desiderabilis, in se ipso incompre-
1. colui che tutto more: Dio, il quale hensibilis, in reprobis intol arabili s, item
è « movens non motum»; Thom. Aq., in damnatis ut terror et horror. »
Sum. theol. I, 105, 2. - « O qui perpe- 4. ciel ecc. empireo, st- Je della Divi-
:

tua mundum ratione gùbernas Terra- nità; cfr. Conv. II, 4. Ep. Kani, 24-26.
rum ccelique sator, qui tempus ab sevo 6. ne sa: non ricordandosene. - ne
Ire iube> stabilisque manens das cuncta può: essendo quelle cose tanto sublimi,
moveri»', Boet., Cons. phil. Ili, metr. 9. - che la parola umana non è sufficiente ad
«Con Lei [la Sapienza] Iddio cominciò il esprimerle. « Nescit, quia oblitus nequit ;

mondo e spezialmente il movimento del quia, si recordatur et contentimi tenet,


cielo, il quale tutte le cose genera e dal sermo tamen deficit»; Ep. Kani, 29.
quale ogni movimento è principiato e « La lingua non è di quello che lo 'ntel-
mosso»; Conv. ILI, 15. lettovede compiutamente seguace»;
2. penetra: «penetrat quantum ad es- Conv. Ili, 3. Cfr. II Cor. XII, 1-4.-
sentiam, resplendet quantum ad esse » ;
chi chiunque dal cielo ritorna in questa
:
646 [PROEMIO] Par. i. 7-21 [INVOCAZIONE]

perchè, appressando se al suo di sire,


nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non può ire.
10 Veramente quant'io del regno santo
nella mia mente potei far tesoro,
sarà ora materia del mio canto.
13 buono Apollo, all'ultimo lavoro
fammi del tuo valor sì fatto vaso,
come dimandi a dar l'amato alloro.
16 Infìno a qui l' un giogo di Parnaso
assai mi fu ma or con amendue •

m'è uopo entrar nell'ariugo rimaso,


19 Entra nel petto mio, e spira tue,
sì come quando Marsia traesti

della vagina delle membra sue.

mortai vita, è tuttora mortale (i beati non dere l'alloro, -amato alloro amato da te, :

ci discendono più); e quindi soggetto alle perchè in lauro fu trasformata Dafne, da


umane imperfezioni quali sono dimenti- te amata ; cfr. Ovid., Metam. I, 452-567.
canza e insufficienza di linguaggio. 16-18. Infìno a ecc. :mi ba- sin qui
7. suo disire Dio, sommo bene e fine
: stò l'aiuto delle Muse; ma quind' in-
ultimo dei desiderii dell' uomo. Cfr. nanzi, per cantare in modo non indegno
Purg. XXXI, 24. Par. XXXIII, 46 sgg. l'alto argomento, m'è necessario anche
Conv. II, 15; IV, 12, 22. Ep. Kani, 28. l'aiuto di te, dio e duce delle Muse. II
8. si profonda tanto penetra sì a fondo: Parnaso ha due gioghi, Elicona e Cirra,
mirando in Dio, che la memoria non l' uno sacro alle Muse, 1' altro ad Apollo;

lo può seguire. Cfr. Oonv. Ili, 4. Ep. cfr. Ovid., Met. I, 316 sg. II, 221. Fast. ;

Kani, 28. IV, 93.Lucan., Phars. V, 73. Isid., Orig.


Veramente: ma, nondimeno; lat.
10. XIV, 16. -nell'aringo rimaso nell'im- :

verumtamen cfr. Purg. VI, 43. Par.


,-
presa difficile, che mi rimane, di descri-
VII, 61; XXXII, 145. - regno santo: vere la gloria dei beati. Aringo significò
Paradiso. propriamente lo spazio in cui si facevano
11. mente: memoria; cfr. Inf. II, 6, corse, ed anche la corsa stessa; e D.
8, ecc. Conv. Ili, 2. « Mens prò memoria considera la trattazione del Par. come
accipitur, quia mone ameminissedescen- l'ultima corsa che gli rimane a compiere.
dit »; S. Aug. Ve
Triti. IX, 2. Cfr. Thoin. 19-21. spira tue ecc. spira nel mio
:

Aq., Sum. theol. I, 79, 9. - far tesoro : petto con la potenza e dolcezza che tu
tesoreggiare, cioè accogliere e conserva- spiegasti, allorché, sfidato dal satiro Mar-
re come cosa preziosa cfr. Ep. Kani, 19. ;
sia a chi meglio sonasse, lo vincesti e
V. 13-36. Invocazione. Nelle altre lo scorticasti. La favola di Marsia leg-
due cantiche ha invocate le Muse; qui in- gesi in Ovid., Met. VI, 382-400: se non
voca Apollo, Dio della poesia, e capo che, osserva giustamente G. Mazzoni
e duce delle Muse; cfr. Boccacc, Gen. (Lectura D., 18-19), Ovidio « narrava
Deor. I, 2, 5, e. 3. « Et dividitur ista il fatto con abbondanza di particolari

pars in partes duas in prima invocando: evidenti il Satiro urlare, Apollo segui-
:

petit, in secunda suadet Apollini petitio- tare a tirargli via la pelle è ormai tutto :

nem factam, remunerationem quamdam una ferita zampilla il sangue si vedo-


; ;

praenuntians » Ep. Kani, 31.


;
no i nervi allo scoperto, si vedono pul-
13. ultimo lavoro della terza cantica.
: sare allo scoperto le vene, palpitare i

« Extremum hunc Arethusa, mihi con- visceri, rosseggiare ogni libra. Un ma-
cede laborem») Yirg., Ed. X, 1. cello!... Altra cosa è in D. Non la pelle
14-15. fammi infondimi tanto del
ecc. : è tratta al Satiro, ma il Satiro dal tocco
valor tuo, quanto tu ne esigi per conce- onnipotente del Dio è tratto egli fuor
[proemio] Par. i. 22-36 [invocazione] 647

divina virtù, se mi ti presti


tanto, che l'ombra del beato regno
segnata nel mio capo io manifesti,
venir vedrà' mi al tuo diletto legno
coronarmi allor di quelle foglie,
e
che la materia e tu mi farai degno.
28 Sì rade volte, padre, se ne coglie,
per trionfare o Cesare o Poeta,
colpa e vergogna dell'umane voglie,
31 che partorir letizia in su la lieta
delfica deità dovrìa la fronda
peneia, quando alcun di sé asseta.
34 Poca favilla gran fiamma seconda :

forse dietro da me con miglior voci


si pregherà perchè Cirra risponda.

della pelle, d' un sol colpo fu come sfo- : Apollo (lieto dell'arte sua, del suo al-
derare una spada il trarlo dalla vagina loro), quand'essa in alcuno mette desi-
delle sue membra. E il suono del verso, derio di sé ossia il veder che altri brama
;

con Marna allungato di dieresi, fa sen- 1' alloro a lui caro dovrebbe
rendere an-
tire quell'agevole sfoderamento. » Come cor più lieto il dio. Questa interpreta-
qui il castigo di Marsia, così nell' invoca- zione è, per il senso, soddisfacente; e
zione del Purg. 1, 10-12 è ricordato quello ancorché sia sintatticamente un po' stra-
audaci Piche dalle Muse.
inflitto alle no che, dopo essersi rivolto ad Apollo
22. se mi
presti se ti doni a me, se
ti : col vocativo padre, il P. parli di lui
mi concedi la tua forza, il tuo valore. nello stesso periodo in 3 a persona con
23-24. l'ombra ecc. : quella tenue, im- le parole delfica deità, ci pare interpre-
perfettaimmagine del beato regno, eh' è tazione preferibile ad altre troppo lam-
rimasta nella mia memoria. - segnata : biccate e sottili. - delfica: in Delfo era
impressa, quasi impronta di sigillo ; cfr. il tempio principale di Apollo. « Mihi

Purg. XXXIII, 81. JEp. Kani, 19. Delphicatellus.... servit»; Ovid.,Met. I,


vedra'mi: mi vedrai. - diletto le-
25. 515 sg. - « Apolline Delphos Insignes » ;

gno : cfr. il v. 15 e Par. XXV, 9.


alloro ;
Horat., Od. I, vii, 3-4. Cfr. Bull. VIII,
27. che ecc. di cui mi faranno meri-
: 123. -fronda peneia così D. chiama l' al-
:

tevole e l' intrinseca eccellenza dell' ar- loro, perchè Dafne, trasmutata in lauro
gomento e la forma non indegna in che (vv. 14-15) era figlia del fiume Peneo.
lo esporrò ma che solo da un po' della 34. favilla: accusativo. - fiamma: no-
divina virtù di te, Dio della poesia e minativo, -seconda: segue. È l'antico
dell' arte, io posso sperare. adagio « Parva ssepe scintilla magnum
:

28. padre: Apollo era venerato come excitavit incendium. » Cfr. Par. XXIV,
padre degli eroi, dei veggenti e dei poeti. 145 sg. Conv. III, 1.
29. per trionfare ecc. per il trionfo di : 35. dietro da me dopo di me, seguendo
:

un imperatore {Cesare) o di un poeta, ai il mio esempio. - miglior voci voci di :

quali era data la corona d' alloro « cui ; poeti più degni forse dall' esempio mio
:

geminae florent vatumque ducumque più nobili e potenti ingegni avranno in-
Certatim laurus»; Stai., Ach. I, 14-45. citamento a poetare, e dalla mi a opera te-
Cfr. Petr. I, son. 225. nue verrà così stimolo ad opere grandi.
30. colpa ecc.: per colpa ed a vergo- 36. Cirra: il giogo del Parnaso, sacro
gna delle pervertite volontà degli uomini; ad Apollo, è preso qui per lo stesso nume.
cfr. Purg. VI, 97 sgg. Gonv. IV, 12. Eclog. Tutto il v. vuol dire : altri pregherà più
I, 36 sg. efficacemente di me Apollo, e, ottenen-
31-33. partorir ecc. : la fronda peneia done un maggiore aiuto, riuscirà a far
dovrebbe accrescer letizia al già lieto opera più bella e grande della mia.
648 [proemio] Par. i. 37-46 [ascensione]

87 Surge a mortali per diverse


7
foci
la lucerna del mondo ma da ; quella
che quattro cerchi ghigne con tre croci,
40 con miglior corso e con migliore stella
esce congiunta, e la mondana cera
più a suo modo tempera e suggella.
43 Fatto avea di là mane e di qua sera
tal foce quasi, e tutto era là bianco
quello emisperio, e Pai tra parte nera,
40 quando Beatrice in sul sinistro fianco

V. 37-81. Ascensione di D. e Ji. rituale, splende più propizio dove le sette


Come il P. è ritornato dal fiume Eunoè virtù trovano armonicamente congiun-
si

al luogo di lì poco discosto, dove si trova te, od anche {Mazzoni, Lect. D., 21 sg.)

B., questa si volge a sinistra e fìssa il che alla salvazione e beatitudine del cri-
sole. D. fa lo stesso; quindi volge gli stiano occorre la cooperazione di tutte e
occhi su B. e si sente trasumanato. Su- sette le virtù. - giunge: congiunge.
bito entrambi ascendono colla velocità 40. con miglior corso: perchè, giunto
del lampo verso la luna. Di Stazio, di in Ariete, il sole incomincia a portar gior-
Matelda e delle sette ninfe non si fa più ni sempre più lieti e più belli. - con
menzione. Tutto assorto nella contem- migliore stella: con l'Ariete, che eser-
plazione di B., D. non si cura più d'altro. cita sulla terra benigni influssi, e (Inf.
Circa il tempo della salita molti lian cre- 1, 38 sgg.) in cui si trovava il sole quando
duto e credono che fosse il mattino del Dio cominciò a muovere i cieli.
giorno seguente a quello nel cui meriggio 41. cera: materia. Paragona l'influen-
D. bevve dell'acqua dell'Eunoè ma non ; za del cielo sulla terra all'impressione
sanno poi render conto del come fossero del suggello nella cera. La cera è la ma-
spese le 18 ore intermedie. Meglio è in- teria, informa è la feconda attività del-
tendere - e cfr. i vv. 139 sg. - che D. e la terra, procedente dal sole. - tempera
B. salirono, appena egli fu tornato dalla e suggella: dispone e segna della pro-
santissim'onda, cioè sul mezzodì di quello pria impronta.
stesso giorno. Cfr. Agnelli, Topo- Crono- 43. di là: nell'emisfero del Purg. -

grafia, 122-129, 139-159, e D'Ovidio, N. di qua: nel nostro emisfero.


St.'ll, 545-558. 44. tal foce quasi, e tutto: « Un emi-
Surge il ìsole nasce agli uomini da
37. : sfero per essere tutto bianco, cioè, se-
vari punti dell'orizzonte ne' diversi gior- condo l'intenzione del P., tutto illumi-
ni dell'anno. nato, è necessario assolutamente che il
38-39. lucerna ecc. « Phcebese lam^
: sole batta i suoi raggi direttamente sul
padis instar » Virg., Aen. Ili, 637 cfr.
; ; meridiano che divide in due parti eguali
ibid. IV, 6; VII, 148. - da quella ecc. : quell'emisfero stesso,- vale a dire: è as-
da quella foce che è il punto dell'oriz- solutamente necessario che sia mezzo-
zonte, ove lo zodiaco, l'equatore e il co- giorno, o quanto meno imminentissimo»;
luro equinoziale, intersecandosi coli 'oriz- Agnelli, 128. Cfr. Antonelli, Studi, 22
zonte medesimo, formano tre croci. Altri sg. Il P. dunque prima ha designato in
spiegarono e spiegano altrimenti i 4 cer- che costellazione si trova il sole accen-
chi e le 3 croci ma, comunque debbasi
; nando al sorgere di esso, ma accennan-
intendere la cosa, questo è certo - ed è dovi con avea fatto, come a cosa pas-
ciò che più giova per l' intelligenza del sata; poi designa l'ora in cui vide B.
contesto - che D. vuol indioare il sorgere volta a sinistra verso il sole stesso di-
del sole con l'Ariete, vale a dire il prin- cendo che tutto era là bianco ecc. H
cipio della primavera ; e, d' altra parte, '
quasi ha la sua ragione nel fatto
'

è probabilissimo che i quattro cerchi e che l'equinozio era passato di più giorni.
le tre croci raffigurino le quattro virtù 46. sinistro prima guardava verso le-
:

cardinali e le tre teologali, onde il senso vante, ora si volge verso settentrione;
allegorico sarebbe che Iddio, il Sole spi- cfr. Agnelli, 151, sg.
[proemio] Par. i. 47-68 [ascensione] 649

vidi rivolta, e riguardar nel sole :

aquila sì non gli s'affisse unquanco.


49 E sì come secondo raggio suole
uscir del primo e risalire in suso,
pur come peregrin che tornar vuole ;

52 così dell'atto suo, per gli occhi infuso


nell' imagine mia, il mio si fece ;

e fissi gli occhi al sole oltre nostr' uso.


55 Molto è licito là, che qui^non lece
alle nostre virtù, mercè del loco
fatto per proprio dell' uinana spece.
58 Io noi soffersi molto, né sì poco,
ch'io noi vedessi sfavillar dintorno,
qual ferro che bogliente esce del foco j

61 e di subito parve giorno a giorno


essere aggiunto, come Quei che può te
avesse il ciel d'un altro sole adorno.
C4 Beatrice tutta nell'eterne rote
fìssa con gli occhi stava ; e io in lei
le luci fìssi, di lassù remote.
67 Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
qual si fé' Glauco nel gustar dell' erba,
48. aquila : cui occhio può patire il
il 55-57. Molto è licito ecc. : nel Par. ter-
sole; cfr. Par. XX,
31 sg. Brun., Lat., restre, creato da Dio apposta per abi-
Tes. Ili, 8. Lucati., Phars. IX, 902 sgg. tazione dell'uomo, anche la parte corpo-
-unquanco: giammai; cfr. Purg. IV, 76. rea di questo è più forte, così che egli può
49. come secondo: come raggio di ri- mirar nel sole. - qui in questo mondo. :

flessione segue a quello diretto o d'in- 58-60. Io noi soffersi ecc. io non so- :

cidenza, e risale, a guisa di pellegrino stenni per lungo tempo la vista del sole,
che, giunto alla mèta del suo viaggio, ma neppure per un tempo tanto breve,
vuol tornare indietro; così D., vedendo che io non potessi discernere ch'esso sfa-
B. volgere gli occhi in alto e guardare villava tutt'intorno come ferro arroven-
nel sole, fa lo stesso cfr. Purg. XV, 16.
; tato. - qual ferro : cfr. Inf. IX, 118 sgg.
Prezzi, Quadr. IV, 2. - suole: qui in- Purg. XXÌV, 138. Par. XIV, 76 sgg. ;

dica atto costante ogni volta che un


: XXVIII, 89 sg.
raggio di luce cade sopra un corpo lu- 61. di subito: tanto veloce fu l'ascesa.
cido, torna indietro, e si ha così un al- - giorno a giorno parve che lo splendore
:

tro raggio che D. qui chiama secondo del dì si fosse raddoppiato; cfr. Arios.,
(luca rifratta in Purg. XV, 22) ed i fisici Ori. X, 109. Tasso, Ger. Uh. XIV, 6.
di riflessione, o riflesso. 62-63. come Quei ecc.: come se Dio,
pur: proprio. - tornar in patria,
51. : avesse ornato il cielo di un altro sole.
cfr. Gonv. IV, 12. 64. eterne rote i cieli, detti altrove
:

52. atto suo: di riguardare il sole. - « eterni giri » Purg. XXX, 93.
;

infuso venuto per la via degli occhi


: 66. le luci fìssi ecc. fissai gli occhi nel :

nella mia immaginativa (imagine, cfr. volto di lei, rimovendoli dal sole.
Purg. XVII, 7 e 21). 67. Nel suo aspetto ecc.: guardando lei
54. oltre nostr' uso sopra l'uso umauo,
: mi trasumanai cfr. Par. XXXI, 37.
;

essendo tale lo splendore del sole, « che Glauco pescatore di Àntedone nel-
68. :

l'occhio noi può mirare»; Conv. II, 14. la Beozia, il quale, vedendo che i pesci da
650 [proemio] PAR. i. 69-80 [ascensione]

che il fé' consorto in mar degli altri dei.


70 Trasumanar significar per verbd
non si porìa però l'esemplo basti;

a cui esperienza grazia serba.


7a S' io era sol di me quel che creasti
novellamente, Amor che il ciel governi,
tu che col tuo lume mi levasti.
'1 sai,
76 Quando la rota che tu sempiterni
desiderato, a sé mi fece atteso
con l'armonia che temperi e di scemi,
79 parvenii tanto allor del cielo acceso
dalla fiamma del sol, che pioggia o fiume

lui presi rivivevano mangiando certa giosi che falsamente assume la sua com-
erba, e saltavano di nuovo nel mare, as- pagna Costretta- Astinenza, dice: « Iddio
saggiò di quell'erba e diventò Dio ma- sa ben sed ella è spiritale » che vai quan-
rino. Cfr. Ovid., Met. XIII, 898-968. to: « comi' ellanon sia spiritale». Qui
70. Trasumanar
diventare più che
: dunque D. vuol dire « Sa Iddio, che
:

umano; elevarsi, oltre i limiti dell'uma- bosì volle, come io non fossi solo anima,
nità, in una condizione che ha qualcosa ma anima e corpo ». Quanto a Par. II, 37
del divino. « Facultas videndi Deum non v. la nota relativa. - Amor Dio « ccelo :

competìt intellectui creato secundum imperi taus amor»; Boet., Cons.phil. II,
suam naturam, sed per lumen glorise, metr. 8, 15.
quod intellectum in guadarti deiformi- 75. lume riflesso dagli occhi di B.,
:

tate costituit»; Thom. Aq., Sum. theol. vv. 64 sgg. - levasti al cielo.
:

I, 12, 6. -per verba per mezzo di parole.


: 77. desiderato: « Lo cielo Empireo....
Cfr. Nann., Nomi, 331 sg., 761. è cagione al Primo Mobile per avere ve-
71. l'esemplo: di Glauco.
Il linguag- locissimo movimento che per lo fer ven-
;

gio umano non


è sufficiente a descrivere issimo appetito che ha ciascuna sua par-
l'atto della trasumanazione (vedasi il te d'esser congiunta con ciascuna parte di
passo del Oonv. Ili, 3 riferito nella n. 6). quello divinissimo cielo quieto, in quello
Pertanto l'esempio allegato basti a colui si rivolve con tanto desiderio, che la sua
al quale la divina grazia riserba di po- velocità è quasi incomprensibile» Conv. ;

tersi un giorno persuadere della cosa II, 4. Il desiderio di dunque il prin-


Dio è
con la propria esperienza. cipio motore delle sfere celesti, -a se mi
73-74. quel ecc.: lo spirito, creato no- fece atteso richiamò su di sé la mia at-
:

vellamente, cioè da ultimo, dopo il cor- tenzione.


po; cfr. Purg. XXV, 37-75. La forma 78. l'armonia: delle sfere; cfr. Purg.
dell'espressione ricorda S. Paolo: « Non XXX, 93. Par. VI, 126. Secondo Pita-
so, se nel corpo non so, se fuori del
; gora, le sfere celesti fanno ne' loro giri
corpo; Dio lo sa»; Il Cor. XII, 2, 3. un armonioso concento, di che si diletta
Se non che così qui come in Par. II, la stessa divinità. Tale dottrina, combat-
37 D. non mette in dubbio d'essere sa- tuta da Aristotile, fu ripristinata da Pla-
lito in cielo anche col corpo se così non : tone e da Cicerone (nel Somn. Scip.), dal
fosse stato, né la maraviglia de' vv. 98 quale D. sembra averla presa. - temperi e
sg., né le lunghe dichiarazioni di B. discerni: accordi e distribuisci. «Hic dul-
avrebbero ragion d'essere. Del resto an- cis sonus est, qui intervallis coniunctus
che noi parlando, poniamo, di un mo- imparibus sed tamen prò rata partium
mentaneo deliquio nostro, potremmo di- ratione distinctis, impulsi! et motu ipso
re « Sa chi fu presente se potevo par-
: rum orbium conficitur qui, acuta cum ;

lare e muovermi » e ciò equivarrebbe al


; gravibus temperans, varios requabiliter
dire come non potessi parlare né muo-
:
'
concentus efficit»; Cic, Somn. Scip.
vermi '. Così nel Fiore, Son. 102 Fal- 79-81. parventi :mi apparve così gran
sembiante, parlando de' varii aspetti reli- parte di cielo accesa dalla fiamma del
[PROEMIO] Par. i. 81-93 [dubbio sciolto] 651

lago non fece mai tanto disteso.


La novità del suono e '1 grande lume
di lor cagion m'acceseroun disio
mai non sentito di cotanto acume;
85 Ond'ella, che vedea me sì coni' io,
a quietarmi l'animo commosso,
pria eh' io a dimandar, la bocca aprìo,
e cominciò : « Tu stesso ti fai grosso
col falso iniaginar, sì che non vedi
ciò che vedresti, se l'avessi scosso.
91 Tu non se' in terra sì come tu credi ;

ma folgore, fuggendo il proprio sito,


non corse come tu eh' ad esso riedi. »

sole, che pioggia caduta o fiume non 84. di cotanto acume tanto acuto,
: tan-
fecero mai lago sì ampio. Sin qui il P. to pungente e vivo.
aveva tenuto lo sguardo fisso in B. : 85. me sì coni' io: dunque anche i se-
tratto dall'armonia delle sfere, guarda greti pensieri e sentimenti.
a queste, e gli pare di veder© come un 86. commosso: dallo stupore, che « è
immenso lago d'intensa luce Non c'è uno stordimento d'animo per grandi e
bisogno d' intendere che D. accenni qui maravigliose cose vedere, o udire, o per
alla sfera del fuoco se così fosse, ce lo
: alcun modo sentire »; Conv. IV, 25.
avrebbe di certo fatto comprendere con 88. grosso: grossolano, ottuso di mente;
parole più esplicite. Il P. descrive solo cfr. Inf. XXXIV, 9ì. Purg. XV, 64 sgg.
Vaer vivo o etere che gli sta sopra, ac- 89. iniaginar : d'essere tuttora interra.
ceso dal sole, il quale al luogo dov'egli rimosso da
90. l'avessi scosso: avessi
ora è asceso volando, è assai più. vicino te tuo falso immaginare.
il

che a quello in cui prima si trovava. Con 92. il proprio sito la sfera del fuoco
:
;

che non s' esclude eh' egli e B. abbiano cfr. Par. XXIII, 40 sgg. « Fulminis ocior
attraversata la sfera del fuoco. Per altri alis »; Yirg., Aen. V, 319. - « Non ocius
il lago di luce sarebbe la luna (Bonito, alti In terras cadit ira Io vis »; Stat.,
La sfera del fuoco ecc., Venezia, 1902); Theo. Ili, 317 sg.
o il sole (Torraca) o « la diffusa chia-
; 93. ad esso : al tuo proprio sito, cioè
rità e luminosità dei cieli, non visibile al cielo. - riedi : ritorni. L'anima umana,
ad occhi terreni »; Nardi, Nuovo Giom. ch'è uscita dalle mani di Dio, sospira
Dant., Anno 2°, pag. 101. sempre di tornare a Dio; cfr. Purg. XVI,
V. 82-93. Un dubbio sciolto. Non es- 85 sgg. Conv. IV, 12. « [La nobile anima]
sendosi accorto del velocissimo suo volo ritorna a Dio, siccome a quello porto, on-
in alto, ma credendo di essere tuttora sul- d'ella si partìo quando venne a entrare
la sommità del Monte Sacro, il P. non sa nel mare di questa vita»; Conv. IV, 28.
darsi ragione della dolce armonia ch'egli V. 94-142. L'ordine dell'universo.
ode, né di quell'aumento di luce. Allo- All'udire che non è più in terra, il. P.
ra B., che gli legge nel cuore, gli dice che resta sorpreso, non potendo compren-
non è più in terra, ma che, veloce più dere come un corpo materiale possa vo-
del lampo, ascende conlei verso i cieli. lare in alto. Ma B. scioglie il suo nuovo
suono delle sfere suono del tutto
82. : ; dubbio con un ragionamento arguto e
nuovo, perchè in terra non si ode. profondamente filosofico, nel quale si
83. di lor camion di conoscerne la ca-
: espone succintamente l'ordine dell'uni-
gione. Le cose grandi e maravigliose «in verso. « Tutte le cose sono ordinate tra
quanto paiono mirabili, fanno voglioso loro; e quest'ordine informante 1' uni-
di sapere di quelle quello che le sente » ;
versolo rende simile a Dio, fine ultimo di
Conv. IV, 25. - « Ad faciem causse non tutto il creato. In quest' ordine tutte le
pertingentes, novum effectum communi- differenti nature, inanimate ed animate,
ter admiramur »: De Mon. II, 1. tendono naturalmente a differenti por- '
652 [proemio] Pah. i. 91-105 [ordine dell'universo]

94 S'io fui del primo dubbio disvestito


per le sorrise parolette brevi,
dentro ad un nuovo più fu' irretito ;

97 e dissi « Già contento requievi


:

di grande ammirazion ma ora ammiro ;

coni' io trascenda questi corpi lievi ».


100 Ond'ella, appresso d' un pio sospiro,
occhi drizzò vèr me con quel sembiante
gli
che madre fa sopra figliuol deliro ;

103 e cominciò « Le cose tutte quante


:

hann' ordine tra loro e questo è forma :

che l' universo a Dio fa simigliante.

ti, per lo gran mar dell'essere ', gui- due, certo perchè D. invecchiando ebbe
data ciascuna e portata da una forza intorno a sé di sì fatti spettacoli nella
istintiva. E una forza siffatta porta te, famiglia di suo figlio Piero, ed anche
o D., e me su verso l'Empireo, al luogo perchè l'età virile e senile induce sem-
della beatitudine eterna, fine ultimo e pre più a riguardare ed ammirare an-
vero dell'uomo. Può bensì la creatura che gli uffici materni nella donna, che
talvolta sviarsi dalla propria strada sot- l'età giovanile riguarda e ammira invece
to l'azione d'impulsi fallaci ma tu, o ; quasi soltanto per la innamoran te e inna-
D., ormai purificato e rinnovellato, non morata bellezza »\Mazzoni,Lect. D., 25 sg.
potresti non salire come fai, allo stesso delirante, che sia fuori di
102. deliro :

modo che il fuoco, libero da impedimen- sé; cfr. Par. XXII, 4-6.
ti, non può non tendere all'insti verso 103. Le cose: «Beatrice fa un discorso
la propria sfera. » tanto dotto e tanto sottile, che a me pare
94. primo dubbio: circa il suono eia impossibile che tante cose e sì grandi si
luce. - disvestito : liberato. potessero ristringere in tanto pochi versi
95. sorrise: profferite sorridendo. e così leggiadre parole » ; Varchi.
avviluppato. « Irretivit
96. irretito : 104. ordine une rispetto alle altre
: le
eummultis sermonibus» Prov. VII, 21. ;
sì da formare un tutto ben armonico.
97-98. requievi di grande ammirazion Cfr. De Mon. I, 6. - « Est autem duplex
ecc.:mi sento l'animo sodisfatto e quieto ordo considerandus in rebus unus quo :

rispetto alla luce e al suono che mi erano aliquid creatum ordinatur ad aliud crea-
cagione testé di tanta maraviglia ma ;
tum, sicut partes ordinantur ad totum,
ora mi maraviglio ecc. Requievi (= ripo- et accidentia ad substantias, et unaquae-
sai) è perfetto del latino requiescere. que res ad suum tìnem; alius ordo, quo
99. corpi lievi : gli elementi più leg- omnia creata ordinantur in Deum » j

gieri, cioè l'aria e fuoco. Dall'aria e


il Tliom. Aq., Sum. theol. I, 21, 1. - « Mun-
dal fuoco « resta intorniata la terra, che, dus iste unus dicitur unitate ordinis, se-
essendo più grave elemento e la più
il cundum quod quaedam ad alia ordinan-
salda sostanza, conviene che la si tragga tur. Quaecumque autem sunt a Deo, or-
nel mezzo o nel fondo dell'altre che in- dinem habent ad invicem, et ad ipsum
torno di lei sono » Brun. Lat., Tes. II,
; Deum »; ibid. I, 47, 3. - • Finis universi
25; cfr. Conv. HI, 3. est aliquod bonnm, in ipso exsistens, sci-
100. pio: per la pietà che in lei desta licet ordo ipsius universi»; ibid. 1, 103, 2.
la ignoranza di D. - questo: quest'ordine, che «è come la
101. sembiante: di pietoso affetto; cfr. forma onde il mondo ritrae l'iniagine
Petrar. II, son. 19 (244). Tra l'esposi- delle divine perfezioni » Oorn. ;

zione dottrinale dei vv. 88 sgg. e quel- «quia mundus non


105. simigliante:
la, più lunga, dei versi 103 sgg., i ver- est casu factus a Deo per intellectum
si 100-102 « riposano con uno di quei agente, necesse est quod in mente divina
quadretti familiari che sono nella terza sit forma ad similitudinem cuius mundus
cantica più frequenti che nelle prime est factus »; Thom.Aq., Sum. theol.1, 15,1.
[PROEMIO] Par. i. 106-117 [ordine dklt/univ.] 653

106 Qui veggion l'alte creature l'orma


dell'eterno valore, il quale è fine
al quale è fatta la toccata norma.
109 Nell'ordine eli' io dico sono accline
tutte nature, per diverse sorti,
più al principio loro e men vicine;
112 onde muovono a diversi porti
si

per lo gran mar dell'essere, e ciascuna


con istinto a lei dato che la porti.
115 Questi ne porta fuoco invér la luna;
il

questi ne' cor mortali è permotore;


questi la terra in sé stringe e aduna ;

106. Qui in siffatto ordine dell'uni-


: peradditum, sicut inclinatio ad locum
verso gli esseri intellettuali e razionali est per gravitatemi vel levitatem »; Thom.
(angeli ed uomini) riconoscono l'impron- Aq., Sum. theol. I, 59, 1, 2
ta della divina sapienza e potenza. Cfr. 110-111. tutte nature: tutti gli enti di
De Mon., I, 8. S. Aug., De Trin. VI, 10. qualsivoglia natura. - per diverse sorti :

Thom. Aq., Sum. theol. I, 45, 7. Boet., secondo le diverse loro condizioni. « Nel-
Cons. phil. Ili, metr. 8. l'ordine intellettuale dell' universo si sa-
107. fine « omnia appetunt Deum ut
: le e discende per gradi quasi continui
finem»; Thom. Aq., Sum. theol. I, 44, 4. dall' infima forma all' altissima, e dal-
Prov. XVI, 4. l' altissima all'infima, siccome vederne
108. la toccata norma l'ordine soprac-
: nell' ordine sensibile »; Gonv. Ili, 7. Cfr.
cennato, che hanno tra loro le cose tutte. Thom. Aq., Sum. theol. I, 19, 1; I, 50,
109. accline inclinate hanno le loro
: ; 1. Boet., Cons. phil. IV, pr. 6.
inclinazioni « Cum
omuia procedant ex 112. porti: fini. «Appetitus uniuscu-
voluntate divina, omnia suo modo per iusque rei naturaliter movetur et tendit
appetitum inclinantur in bonum, sed in finem sibi connaturalem »; Thom. Aq.,
diversimode. Quaedarn enim incliuantur Sum. theol. I, il, 62, 3; cfr. II. il, 102,
in bonum per solam naturalem habitu- 2. Gonv. IV, 28. Salm. CVI, 30.
dinem absque cognitione, sicut piante© 113. mar: «Vanno tutte le cose, non
et corpora inanimata; et talis inclina- già errando come materia bruta in balìa
tio ad bonum vocatur appetitus natu- delle onde, sì invece come navi che ve-
ralis. Quaedam vero ad bonum inclinan- leggino sapientemente a porti diversi
tur aliqua cognitione; non quidem sic pel gran mare dell'essere»; Mazzoni,
quod cognoscant ipsam rationem boni, Lectura D., 28 sg.
sed cognoscunt aliquod bonum particu- 114. porti: spinga (v. 132) e conduca.
lare; sicut sensus, qui cognoscit dulce 115. Questi questo istinto
: « il fuoco
:

et album et aliquid huiusmodi. Inclina- stendesi infìno entro la luna, e aggira


tio autem liane cognitionem sequens di- questo aere dove noi siamo. Disopra al
citur appetitus sensitivus. Quaedam vero quarto elemento che è il fuoco sta assisa
inclinantur ad bonum cum cognitione la luna » Brun. Lat., Tes. III, 8. Cfr.
;

qua cognoscunt ipsam boni rationem, Purg. XVII, 91 sgg. XVIII, 28 sgg. ;

quod est pròprium intellectus et haec ; 116. ne' cor mortali: negli animali bru-
perfettissime inclinantur in bonum non ; ti, senza intelligenza e razionalità, sen-
quidem quasi ab alio solummodo directa z' anima immortale.
in bonum, sicut ea quse cognitione ca- aduna: « tiene in sé unita e ser-
117.
rent neque in bonum particulariter tan-
; rata la terra per le forze di attrazione,
tum, sicut ea quibus est sola sensitiva di coesione, ecc. »; Br. B. -« Ciascuna
cognitio; sed quasi inclinata in ipsum cosa.... ha il suo speziale amore, come le
universale bonum. Et haec inclinatio di- corpora semplici hanno amore naturato
citur voluntas.... Inclinatio ad aliquid in sé al loro luogo proprio; e però la
extrinsecum est per aliquid essentiae su- terra discende al centro; il fuoco alla
654 [proemio] Par. i. 118-134 [ordine deli/ universo]

118 né pur le creature che son fore


d' intelligenza, quest'arco saetta,
ma quelle e 7
hanno intelletto e amore.
121 La provvidenza, che cotanto assetta,
del suo lume fa '1 ciel sempre quieto,
nel qual si volge quel e' ha maggior fretta.
124 E ora lì, coni' a sito decreto,
cen porta la virtù di quella corda
che ciò che scocca drizza in segno lieto.
127 Vero è che come forma non s' accorda
molte fiate alla intenzion dell'arte,
perchè a risponder la materia è sorda ;

130 così da questo corso si diparte


talor la creatura, e' ha podere
di piegar, così pinta, in altra parte,
133 -e sì come veder si può cadere
foco di nube -, se l' impeto primo

circonferenza di sopra lungo '1 cielo della scocca, ognitendenza che manda e mette
luna e però sempre sale a quello»; Conv.
; nelle creature,sempre a segno lieto, cioè
Ili, 3. Cfr. De Mon. I, 15. al fine proprio in cui giocondamente si
118-120. fore ecc, : prive d'intendi- acqueti. « Ad illud autem ad quod non
mento; animali irrazionali. Questo
gli potest aliquid virtute suae natura per-
naturale istinto colpisce e spinge al fine venire, oportet quod ab alio trans ni itta-
loro anche le creature dotate d'intel- tur, sicut sagitta a sagittante mittitur
letto e di volontà, cioè angeli e uomini. - ad signum»; Thom, Aq., Sum. theol.
arco: questo istinto naturale. - saetta: I, 23, 1.
manda e spinge a viva forza verso il pro- 127-132. Vero è ecc. come avviene che
:

prio fine cfr. il verbo scocca del v. 126. -


: opere, anche state ben concepite dall'ar-
amore « gli uomini hanno loro proprio
: tista, molte volte non riescono bene per
amore alle perfette e oneste cose.... Per colpa della materia con cui esso deve
la natura vera umana, e, meglio dicendo, eseguirle, la quale è mal disposta a ri-
angelica, cioè razionale, ha l' uomo amo- cevere la forma che 1' artista ha conce-
re alla verità e alla virtù »; Conv. Ili, 3. pita ; così l' uomo può dipartirsi dalla
121. assetta ordina e predispone « or-
: ; via che mena al segno lieto, a cui lo
dinat et disponit universitatem creatu- drizza il primo naturale impulso, ed es-
rarum in mando » ; Benv. ser piegato al male per colpa della vo-
122. il ciel l' Empireo, che è « immo-
: lontà, che, essendo libera, talora mo-
bile per avere in sé, secondo ciascuna strasi repugnante, mal disposta ad asse-
parte, ciò che la sua materia vuole ». E condare esso impulso. Cfr. De Mon. II, 2.
questo quieto e pacifico cielo è « lo luogo Conv. II, 1 « Impossibile è la forma del
:

di quella Somma Deità che sé sola com- l'arca venire, se la materia cioè lo legno,
piutamente vede. Questo è lo luogo de- non è prima disposta e apparecchiata ».
gli spiriti beati.... Questo è il sovrano - sorda non arrendevole. Ea bel riscon-
:

edifìcio del mondo


Conv. II, » ; 4. Cfr. tro col verbo rispondere. - da questo corso:
Boet., C<ms. phil. Ili, metr. 8. dalla via segnata dal naturale istinto.
123. quel il Primo Mobile; cfr.
: v. 77 n. - la creatura l' uomo dotato di libera vo-
:

124. lì Empireo. - decreto


: al cielo : lontà, per la quale, pur essendo diretto
decretato a noi come termine nostro. al vero bene (cosi pinta) dal primo im-
125-126. la virtù di quella corda ecc.: pulso, si lascia fuorviare.
la potenza dell' istinto naturale, il quale 134-135. foco: fulmine. - se l'impeto
drizza, cioè dirige, ogni cosa ch'essa primo ecc. se la tendenza primitiva, na-
:
[PROEMIO] Par. i. 135-142 [ordine dell' univ.] 655

a terra è torto da falso piacere.


136 Non dèi più ammirar, se bene stimo,
lo tuo non come d' un rivo,
salir, se

se d' alto monte scende giuso ad imo,


139 Maraviglia sarebbe in te, se, privo
d'impedimento, giù ti fossi assiso,
come a terra quiete in fuoco vivo. »
142 Quinci rivolse invèr lo cielo il viso.

turale eh' è verso il bene supremo, verso non solo la sede dell'anima, ma « eziandio
Iddio, è volta alla terra dal falso pia- il luogo del corpo è nel cielo » e che nella
cere de' beni mondani. « Est mentibus resurrezione dei corpi « la lievitade sua
hominum veri boni naturaliter inserta che sì perde per lo peccato e altre cose
cupiditas. sed ad falsa devius error abdu- si ristoreranno », e « bene potremo vo-

cit»; Boet., Cons. phil. Ili, pr. 2. - a lare»; Fred., Ed. Narduccì, p. 401
terra è torto: Al.: l'atterra, torto, lez. di e 403.
ottimi codd.; cfr. Moore Crii., 436 sg. 141. come a terra come sulla terra lo
:

136. se bene stimo: se il mio ragio- star quieta sarebbe cosa che ci mara vi-
namento è giusto, il tuo salire al cielo, gilerebbe in una fiamma viva, che per sua
ora che sei libero d'ogni impedimento di natura tende a salire verso Ja sfera del
colpa, è cosa tanto naturale, quanto lo fuoco (cfr. Purg. XVIII, 28 sgg. ; qui
scendere d'un ruscello da monte a valle. sopra, il v. 115 e anche Par. IV, 76 sgg.)
Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. II, il, 175, 1. AL: come a terra quieto foco vivo con la
:

139. in te: nel caso tuo. quale lezione il senso rimane lo stesso.
140. impedimento: morale, cioè dei Cfr. Moore, Grit., 439. sg. « Perfectio
peccati e dei torti appetiti. È ciò che è ignis est, secundum quod in loco suo
-già detto con l' ultimo v. del Purg. quiescit »; Thom. Aq., Sum. theol. I,
« Puro e disposto a salire alle stelle ». 6, 3. - « Ignis non semper movetur sur-
- giù ti fossi assiso fossi rimasto fermo
: sum, sed quando est extra locum suum »;

Bulla terra. Cfr. Conv. III, 2. Affermava ibid. I, il, 10, 1,


Fra Gìord. che Iddio non ci diede il 142. Quinci compiuto questo ragiona-
:

corpo « per gravezza, anzi per legge- mento, È., che aveva volto, con espres-
rezza dell'anima acciocché ne fosse più sione di madre amorosa, lo sguardo al
leggera come l'uccello per la piuma. P., v. 101, lo volge di nuovo verso il
Ma questo corpo si è aggravato per lo cielo. Se durante il dialogo B. e D. rima-
peccato »; Fred., Ed. Manni, p. 10. E al- nessero fermi, o continuassero il volo
trove lo stesso Fra Oiord. dimostra che verso il cielo, non è detto.
t)5ti [CIELO PRIMO] Par. ii. 1-9 [ammonimento]

CANTO SECONDO

CIELO PRIMO o DELLA LUNA


MANCANTI AI VOTI DI CASTITÀ

AMMONIMENTO AI LETTORI, ASCENSIONE AL PRIMO CIELO


LE MACCHIE DELLA LUNA, LE INFLUENZE DEI CIELI

voi che siete in piccioletta barca,


desiderosi d' ascoltar, seguiti
dietro al mio legDO che cantando varca,
tornate a riveder li vostri liti :

non vi mettete in pelago ; che forse,


perdendo me, rimarreste smarriti.
L'acqua eh' io prendo, giammai non si corse
Minerva spira, e conducemi Apollo,
e nove Muse mi dimostran 1' Orse.

V. 1-18. Ammonimento ai lettori. o, procul este, profani»; Virg., Aen.


Cominciando a descrivere le bellezze e VI, 258.
le gioie del regno de' cieli, il P. sente 5-6. non vi mettete ecc.: Senso: non
crescere le ali al proprio ingegno, e in- proseguite la lettura di questa cantica,
tona in modo liricamente solenne il pre- perchè vi confondereste e turbereste, non
sente canto. La navicella del suo inge- intendendo le dottrine profonde che io
gno, Purg. I, 2, è divenuta legno mae- esporrò; di che un saggio avete avuto in
stoso che, cantando, varca le onde. « Voi ciò che vi ho esposto (e. I, vv. 103 sgg.);
che non vi siete dati allo studio della più cfr. Virg., Aen. V, 8 sg. - perdendo me:
alta sapienza filosofica e teologica, e mi non avendo la vostra piccioletta barca
avete seguito fin qui nel poetico mio forze sufficienti a seguitare in alto mare
viaggio ascoltandomi ed intendendomi, (pelago) la corsa veloce e sicura della
cessate ormai di seguirmi, che, d'ora mia nave poderosa.
in poi, non intendereste più ciò che io 7. L'acqua ecc. come mai può D. af-
:

canto. Seguitemi solamente voi pochi fermar ciò ? Non mancano descrizioni in
che vi dedicaste di buon'ora allo studio versi del Par.prima di D.; ma se pure ei
di quella sapienza, e troverete cagione e le conosceva, non avevano agli occhi suoi
argomento di grande maraviglia nel leg- valore e certo nessuno aveva fatto del-
;

gere e comprendere ciò che io verrò can- l' argomento una trattazione ad un tem-

tando. I concetti di questo preambolo ri- po altamente, anzi incomparabilmente


cordano quelli del proemio del Conv. 1, 1, poetica, e - ciò che il P. vuole in questo
dove però l' intonazione è meno solenne. momento di preferenza rilevare - profon-
1. in piccioietta barca: con piccolo cor- damente e schiettamente dottrinale, co-
redo di scienza. me questa di D.
3. varca: « s'apre un varco, trapassa 8-9. Minerva ecc. la dea della sapienza
:

ad altre acque » ; Giul. col suo soffio gonfia le vele, è il vento che
4. tornate ecc. contentatevi della let-
: mi spinge; Apollo è mio timoniere; le
tura delle due prime cantiche. « Procul, Muse, cioè le Arti, sono la mia bussola.
[CIELO PRIMO] Par. ii. 10-21 [ammonimento] 657

10 Voi altri pochi che drizzate il collo


per tempo al pan degli angeli, del quale
vivesi qui ma non sen vieu satollo,
13 metter potete ben per 1' alto sale
vostro navigio, servando mio solco
dinanzi all' acqua che ritorna eguale,
16 Quei gloriosi che passaro a Coleo,
non s' ammiraron come voi farete,
quando Giason vider fatto bifolco.
19 La concreata e perpetua sete
del deiforme regno ceu portava
veloci, quasi come il ciel vedete.

In altri termini: tento il mio supremo nave. Allude alla forte e continua at-
sforzo poetico e scientifico, e devo met- tenzione necessaria ai lettori del Par.
tere in opera tutti i mezzi, giovarmi di 15. dinanzi ecc. prima che la super-
:

tutti gli aiuti di che poeti e scienziati ficie dell'acque siasi riappianata.
possano mai disporre. - spira cfr. Ovid., : 16. Quei ecc. gli Argonauti, che an-
:

Metam. I, 2-3. -nove: tante essendo le darono in Colchide per il Vello d' oro.
Muse. Secondo altri, nove sarebbe il plur. 17-18 s' ammiraron si meravigliarono.
:

di nova (nuova), e il P. parlerebbe di - Giason :duce degli Argonauti, cfr.


Muse novelle, cioè cristiane, che nessu- Inf. XVIII, 86. - bifolco aratore. Per
:

no sa altrimenti specificare. Ma non è na- conquistare il Vello d' oro, Giasone do-
turale che, come Minerva e Apollo, così vette arare un campo con due buoi da
anche le Muse siano qui le note divi- lui domati aventi corna di ferro e pie
nità dell' antica mitologia, intese come di bronzo, e che spiravano fiamme dalle
personificazioni di virtù e qualità scien- narici; cfr. Ovid., Met. VII, 104 sgg.
tifiche ed artistiche ? Si cfr. e. I, vv. 13-18.
1

V. 19-45. A.rrivo di D. e 2*. nella


- l'Orse: il polo. JLtina, B. guarda nel sole, D. in lei. In
10. pochi: cfr. Matt. XX, 16. Gonv. un attimo arrivano al primo cielo, quello
I, 1. Thom. Aq., Sum. cont. Gent. I, 4. dov'è la luna (Gonv. II, 4), e propria-
- drizzaste ecc. : alzaste di buon' ora la mente nella luna. « Ringrazia Iddio » gli
mente alla scienza delle cose divine; cfr. dice B. « che già ci ha portati nella pri-
Prov. Vili, 17. ma stella ». A
D. pare di essere avvolto
pan degli angeli la sapienza delle
11., : da una nube lucida, spessa, solida e puli-
verità supreme, eterna. Cfr. Gonv. I, 1: ta, simile a diamante sotto raggi del so-i

« Oh beati que' pochi che seggono a quel- le. La luna riceve D. e B. come l'acqua
la mensa ove il pane degli Angeli si man- un raggio di luce, cioè senz' alterare la
gia e miseri quelli che colle pecore hanno compattezza di sua materia: fatto ve-
comune cibo ! » ramente miracoloso, perchè D. è corpo.
del qual pane il savio
12. vivesi ecc. : 19. concreata; innata all'umana natu-
vive in terra, ma non può saziarsene a ra; cfr. Purg. XXI, 1; XXXI, 128 sg. Gonv.
voglia sua, conoscendo ben poco di ciò IV, 12. Eccl. XXIV, 29. - perpetua: non
che vorrebbe, rispetto a Dio cfr. Gonv. ; potendo l'uomo saziarla mai; cfr. v. 12.
IV, 22. Salm. XVI, 15. II Gor. V, 7. 20. deiforme: chiama così l'Empireo,
13. sale: lat. sai e salum, il mare; che più prende della luce di Dio, (I, 4)
cfr. Horat., Epod. XVII. 54 sg. e « non è in luogo, ma formato fu solo
14. navigio « non disse barchetta, ma
: nella prima Mente.... Questo è quella
navigio, per dimostrare che, essendo in magnificenza della quale parlò il Salmi-
gran legno e saldo, cioè usati a speco- sta, quando dice a Dio Levata è la
:
'

lare, non portano pericolo di rimanere magnificenza tua sopra li cieli '. » Gonv.
indietro e smarrirsi come quei primi»; II, 4. «Deiformes, id est Deo similes»;
Varchi. Cfr. Virg., Aen. II, 711, 753. - Thom. Aq., Sum. theol. I, 12, 5; 4, 3.
servando attenendovi al solco della mia
:
21. quasi come ecc, quasi con quella
:

42. — Div. Gomm., 8 a ediz.


658 [CIELO primo] Par. ii. 22-34 [arrivo nella ltjnaJ

22 Beatrice in suso, e io in lei guardava;


e forse in tanto in quanto un quadrai posa
e vola e della noce si dischiava,
25 giunto mi vidi ove mirabil cosa
mi torse il viso a se e però quella, ;

cui non potea mia ovra essere ascosa,


28 volta vèr me, sì lieta come bella,
« Drizza la mente in Dio grata » mi disse,
« che n'ha congiunti con la prima stella. »
31 Pareva a me che nube ne coprisse
lucida, spessa, solida e polita,
quasi adamante che lo sol ferisse.
34 Per entro sé l' eterna margarita

velocità, colla quale vedete muoversi il ragone di quella poco prima veduta;
cielo stellato, 84000 miglia
cioè circa I, 79 sgg.
al minuto secondo. Della Valle, Senso, 26-27 quella ecc.: B., a cui non po-
147 sg. Ejusd., Nuove illustrazioni, 98 sg. teva rimaner nascosto alcun atto mio,
« Assidua rapitur vertigine cceluni, Si- esterno od interno. - ovra: Al.: cura.
deraque alta trahit celeri que volli mine 28. volta dopo aver sin qui guardato
:

torquet » Ovid., Met. II, 70 sg.


; in alto, v. 22. - sì lieta come bella: cioè
22. in suso: cfr. Par. I, 142. con espressione di letizia ineffabile come
23-24. in tanto ecc.: e forse in tanto ineffabile è la bellezza. « De sui natura
tempo in quanto uno strale (quadrel) di pulcerrima erat, et gratulabatur super
balestra si disfrena, e vola, e, toccata la felicitate autoris, qui incipiebat intrare
mèta, si ferma. Cfr. Inf. Vili, 13 sg. ;
regnum desideratimi » ; Benv.
XVII, Par. V, 91 sg. Virg., Aen.
136. 30. la prima stella: la luna, ch'è, se-
XII, 855 sgg. L. Vent., Simil., 486 e condo il sistema di Tolomeo, il primo,

487, dove si fa giustamente Dotare che cioè il più. vicino, dei corpi celesti che
qui, come in Par. XXII, 109 sg., è in- si aggirano intorno alla terra.
vertito l'ordine in cui avvengono gli nube ne coprisse essendo entrati,
31. :

atti che si accennano, per significare ch'è e quindi trovandosi chiusi ed avvolti nel
sì rapido il loro succedersi che quasi corpo della luna.
« il prima e il poi sono un punto solo ». 32. lucida ecc. : « Il P s' attiene
Al. invece (non bene, perchè la simili- alle opinioni delsuo tempo.... I tre pri-
tudine è fatta per il rapido giungere, mi attributi sono convenienti il quarto ;

v. 25) intendono nel modo così formu- è improprio, essendo scabrosissima la


lato dal Betti « Qui D. indicar vuole
: faccia della luna che sempre sta volta
un atto repentissimo e dice che così
; alla terra: contiene grandi catene di
avvenne con tanta celerità, come è a monti, disposte circolarmente; e vi si
vedersi un quadrello nell' atto che si osservano dei picchi elevati sul fondo,
posa [sulla noce] e già prende il volo, anche più di settemila metri; che è
e già dischiavasi dalla noce. Queste cose quanto dire straordinariamente più alti
vanno considerate insieme e veramente : delle più alte cime delle nostre monta-
non p nossi immaginar prestezza mag- gne, avuto il riguardo alla tanto mag-
giore di un quadrello, che il vedi ad un giore piccolezza della luna rispetto alla
tempo posarsi e uscir dalla noce. » - terra » ; Antonelli.
noce osso della balestra, a cui vien ac-
: 33. ferisse: cfr. Yirg., Aen. YHI, 25.
costato lo strale. - si dischiava si libera : : Ovid., Met. II, 109 sg.
letteralmente si schioda '. Cfr. Inf.
'
34. eterna: secondo gli scolastici , il sole,
XXXIII, 46; Purg. VIII, 137; Par. la luna e le stelle sono incorruttibili; cfr.

XXXII, 129. Thom. Aq., Sum. theol.JJl, Suppl., 74, 4;


25. niirabii cosa: il globo della luna, 91, 2, 5. - margarita: pietra preziosa;
la cui luce mite eramaravigliosa al pa- cfr. Par. VI, 127; XXII, 29.
[liklo primo] Par. ii. 35-46 [arrivo nella luna] 659

ne ricevette, coni' acqua recepe


raggio di luce, permanendo unita.
37 S' io era corpo, e quinon si concepe
com' una dimension altra patio,
eh' esser convien, se corpo in corpo repe,
40 accender ne dovrìa più il disio
di veder quella essenza in che si vede
come nostra natura e Dio s' unìo.
43 Lì si vedrà ciò che tenem per fede,
non dimostrato, ma ria per sé noto,
a guisa del ver primo che 1' uom crede.
46 Io ripuosi « Madonna, sì devoto
:

35. recepe: riceve: lat. recìpit. «L'im- due volte, dice l'Aquinate, in quanto
magine del raggio di luce che penetra « corpus pueri exiens claustra pudoris
una massa d'acqua senza disunirla, è non fregi t », e in quanto Cristo risorto
felicissima, e 1' unica che la Fisica ci « ad discipulos intra vit clausis januis ».
somministri per vedere come sensibil- - repe s' insinua; dal lat. repere
: stri- =
mente possa venire un' eccezione ad una sciare. - e Dio: Al. in Dio. Al.
: a Dio. :

delle leggi della natura, la impenetrabi- Cfr. Moore, Grit., 422 sg.
lità de' corpi. Con quella immagine viene 43. Lì: nel cielo vedremo co' nostri oc-
a ritrarci, meglio che con lunga disser- chi ciò che in terra crediamo, ma non
tazione filosonca. la felice trasformazione possiamo vedere. « La cosa che tu vedi,
avvenuta nel corpo suo. E da questa non è fede com' è quella e' hanno i Santi
specie di miracolo, del penetrare la so- in vita eterna, che non hanno fede, anzi
stanza di quel pianeta senza disunirla, hanno la visione»; Fra Giord., Pred.,
si fa strada a contemplazione di più alti Firenze, 1831, II, 286. « Deus per es-
misteri, e al desiderio di conoscere quel sentiam videbitur a sanctis in patria » ;

che concerne l'ineffabile incarnazione Thom. Aq., Sum. theol. Ili, suppl.92, l.
del Verbo divino»; Antonelli. '
Cfr. I, Gor. XIII, 12, Gonv. II, 9.
37-42 corpo: cfr. Par. I, 73. - qui: 44. non dimostrato, ma ecc. non per :

in questo mondo. Se io era, ed era ve- via di raziocinio, ma per evidenza intuiti-
ramente, corpo, e se, tale essendo io, va, poiché la ragione umana, finita com'è,
non si comprende dagli uomini come non può comprendere il come e il perchè
due dimensioni potessero compenetrarsi dei misteri divini.
in una, il che è inevitabile se un corpo 45. ver primo: assiomi, verità fonda-
penetra in un altro senza romperne punto mentali, non dimostrabili, ma che pur
la compattezza, questo dovrebbe acuire sono a tutti certe e vere: cfr. Purg.
il nostro desiderio di salire al cielo, dove, XVIII, 56.
non che questo fatto miracoloso del si- V. 46-105. ie macchie Itmari, Nel
multaneo stare di due corpi nello stesso Gonv. II, 14, D. aveva attribuito, se-
spazio, vedremo quell'essenza, Cristo, guendo Averroè, la diversità di splen-
in cui si unirono, cosa ancor piti mi- dore che si scorge nelle diverse parti
racolosa, in una sola persona la na- della superficie lunare a varia densità
tura divina e l'umana; Par. XXXIII, di materia. Qui il P. fa confutar a B.
127 sgg. « Virtute divina fieri potest, tale opinione mostrando come, se così
et ea sola, quod corpori remaneat esse fosse, ne deriverebbe anzitutto una con-
distinetnm ab alio corpore, quamvis eius seguenza d'ordine generale, la quale è
materia non sit distincta in situ ab al- inammissibile (vv. 67-72) e per quel che
;

terius corporis materia: et sic miracu- riguarda in particolare la luna, si ren-


lose fieri potest quod duo corpora sint derebbe necessario, comunque s' imma-
simul in eodem loco » Thom. Aq., Sum.
; ginino distribuite in essa la rarità e la
theol. III. Sappi., 83, 3 (e cfr. anche 2 densità, l' avverarsi di fenomeni che non
e 4). E il fatto si avverò per Cristo stesso si avverano assolutamente (vv. 73-105).
660 [CIELO PRIMO] Par. ii. 47-69 [macchie lunari]

com' esser posso più, ringrazio lui,


lo qual dal mortai mondo ni' ha remoto.
49 Ma ditemi che son li segni bui :

di questo corpo, che laggiuso in terra


fan di Cain favoleggiare altrui? »
52 Ella sorrise alquanto, e poi « S' egli erra
l'opinion » mi disse « de' mortali,
dove chiave di senso non diserra,
55 certo non ti dovrìen punger gli strali
d' ammirazione ornai poi dietro ai sensi ;

vedi che la ragione ha corte l'ali :

58 ma dimmi quel che tu da te ne pensi ».


E io « Ciò che n'appar quassù diverso,
:

credo che fanno i corpi rari e densi. »


'1

61 Ed ella « Certo assai vedrai sommerso


:

nel falso il creder tuo, se bene ascolti


l'argomentar ch'io gli farò avverso.
64 La spera ottava vi dimostra molti
lumi, li quali e nel quale e nel quanto
notar si posson di diversi volti.
67 Se raro e denso ciò facesser tanto,
una sola virtù sarebbe in tutti,
più e men distributa ed altrettanto.

47-48. lui ecc. : Dio, che mi ha allon- 60. rari e densi la maggiore o minor
:

tanato dal mondo dei mortali. densità de' corpi. Era questa l'opinione
49. segni bui : le macchie dalla luna. di Averroè, che ai tempi di D. si cre-
51. fan di Cain ecc. : cfr. Inf. XX. 126. deva essere anche d'Aristotele, e che
sorrise: della favola di Caino e
52. D. stesso aveva mostrato di tenere cfr. ;

dell'ignoranza di D. « Quasi volens di- n. 46-105 e Par. XXII, 139 sgg.


cere tacite Non solum vulgares errant
: 61-63. sommerso: vedrai senza dubbio
fabulando de eo quod nunc petis, sed quanto falsa sia la tua opinione, se farai
etiam magni sapientes philosophando de attenzione agli argomenti coi quali io la
hoc errant»; Benv. combatterò. Cfr. Conv. IV, 2.
54-57. dove ecc. in quelle cose a pene-
: 64. La spera ottava il cielo delle stelle
:

trar le quali il senso non basta. - chiave fìsse, dette qui lumi. Cfr. Conv. II, 3,4.
dì senso: la forza sola dei sensi. «Dai 65. nel quale e nel quanto nella qualità
:

senso comincia la nostra conoscenza » ;


e nella quantità della luce; e alle diverse
Conv. II. 5. - « Se e' inganniamo in qualità corrispondono le diverse virtù
quelle cose medesime nelle quali abbia- che essi lumi esercitano su i corpi sot-
mo per guida i sensi, quanto più in tostanti fino alla nostra terra.
quelle dovremo che i sensi trascendo- 67. tanto: solamente; latino tantum;
no ?» Gioberti. - strali d' ammirazione
; : e tanto in questo senso fu già dell' uso,
« ogni impressione profonda è con que- e resta tuttora nella frase per una volta
'

sto tropo dipinta » poi ecc. poi-; Tom. - : tanto '. Cfr. Bull. Ili, 135.
ché vedi che dietro ai sensi la ragione 6S. in tutti: i lumi, ossia in tutte le

poco e male riesce a scoprire il vero. stelle della spera ottava.


59. Ciò ecc. la diversità tra parti lu-
: 69. altrettanto: egualmente. In altri
centi e oscure nella superficie lunare. termini, esisterebbe quella sola virtù che
[CIELO PRIMO] Par. ii. 70-87 [macchie lunari] 661

Virtù diverse esser convegnon frutti


di principii formali, e quei, fuor ch'uno,
seguiterìeno a tua ragion distrutti.
78 Ancor, se raro fosse di quel bruno
cagion che tu domandi, od oltre in parte
fora di sua materia sì digiuno
esto pianeta, o sì come comparte
lo grasso e il magro un corpo, così questo

nel suo volume cangerebbe carte.


Se il primo fosse, fora manifesto
nell'eclissi del sol, per trasparere
lume come in altro raro ingesto.
lo
Questo non è però è da vedere
:

dell'altro, e s'egli avvien ch'io l'altro cassi,


falsificato fla lo tuo parere.
85 S' egli è che questo raro non trapassi,
esser conviene un termine da onde
lo suo contrario più passar non lassi j

dipende dalla densità, e come questa non l'uno sull'altro uno strato denso e uno
può variare se non per essere, da stella a rado, come grasso e magro di un corpo
stella, maggiore o minore, anche quella, o come carte di un volume. - bruno :

la virtù, non potrebbe differire da stella macchie, -sì digiuno: non privo del tutto,
a stella se non per essere maggiore o ma sì scarseggiante di materia da riu-
minore, cioè per quantità laddove sap-
; scir 'raro'. Cfr. Par. XII, 121 sgg.
piamo essere le virtù delle stelle anche 79-81, Se il primo ecc.: nel primo caso,
qualitativamente diverse. se cioè il corpo della luna fosse là dove
70-72. principii formali : la scolastica vediamo le macchie, raro per tutta la
distingue ne' corpi il principio materiale sua grossezza o spessore, ciò apparirebbe
(materia prima) eh' è in tutti i corpi lo chiaramente quando, per venirsi a tro-
stesso, e il formale (forma sostanziale), vare la luna tra noi e il sole, e' è eclissi
che costituisce le varie specie e virtù di sole che attraverso quelle parti rare
;

de' corpi. «Obiectum movet determinan- dovremmo vedere il lume solare, come lo
do actum ad modum principii formalis, a vediamo attraverso ad altri corpi rari di
quo in rebus naturalibus actio specifica- materia. - ingesto introdotto, intromes-
:

tur, sicvt calefactio a calore. Trimurti au- so; lat. ingestus: accorda con lume '.
'

tem principium formale est ens, et verum 82. Questo non è non avviene « che lo
:

universale, quod est obiectum intelle- lume dei raggi solari passi per lo corpo
ctus»; Thom. Aq., Sum. theol. I, II, 9, 1. lunare; dunqua seguita che sia falso l'an-
-seguiterìeno: sarebbero conseguente- tecedente, cioè che il corpo della luna
mente. - Virtù qualitativamente diverse abbia rarità penetranti da 1' una super-
conviene che siano prodotte da diversi fìcie a 1' altra » Buti.
;

principii formali mentre, secondo il tuo


; 83. dell' altro della seconda parte del
:

modo di vedere (a tua ragione), derive- dilemma, cioè che il raro sia a strati col
rebbe come conseguenza necessaria che denso. - cassi annulli, confuti.
:

un solo principio formale sussisterebbe 84. falsificato: dimostrato falso.


(quello della densità), e tutti gli altri sa- 85-87. S'egli è ecc.: «Se questo raro
rebbero annullati. non trapassa da una parte all' altra, ci
73-78. Ancor ecc. oltracciò se dal raro
: conviene essere un termine, dal quale il
venissero le macchie, o la luna sarebbe denso non lo lassi passar più oltre, ma
rara per tutto il suo spessore o avrebbe che rifletti i raggi nella guisa che fa il
662 [cielo primo] Par. ii. 88-105 [MACCHIE JA'XAKl]

88 e indi l'altrui raggio si rifonde


così come color torna per vetro
lo qual diretro a se piombo nasconde.
91 Or dirai tu ch'ei si dimostra tetro
quivi lo raggio più che in altre parti,
per esser lì rifratto più a retro.
91
Da questa instanza può diliberarti
esperienza, se giammai la provi,
ch'esser suol fronte ai rivi di vostr'arti.
97 Tre specchi prenderai e due rimovi i
;

da te d'un modo, e l'altro, più rimosso,


tr'ambo li primi gli occhi tuoi ritrovi.
100 Rivolto ad essi, fa' che dopo il dosso
ti stea un lume che i tre specchi accenda,

e torni a te da tutti ripercosso.


103 Benché nel quanto tanto non si stenda
la vista più lontana, lì vedrai
come convien eh' igualmente risplenda.

piombo dopo il vetro dello specchio » ;


94. instanza: obbiezione, dubbio. Kel
Dan. Così molti mentre altri inten-; linguaggio scolastico chiamavasi instan-
dono che ciò ebe il denso non lascia za il replicare a una conclusione. Secondo
passare, sia il raggio ', di cui si parla
'
Aristotele, Vinstanza, è proposizione con-
nel v. 88. Il senso dell' insieme rimane traria ad altra proposizione. Cfr. Gonv.
lo stesso; ma forse non è necessario sot- IV, 13 e 22 De Mon. II, 6, 10, 11.
;

tintendere alcun oggetto speciale a più '


95. esperienza: un esperimento.
passar non lassi la frase può signifi-
'
: 96. fonte: fondamento delle arti uma-
care che il contrario del raro, cioè il ne; concetto aristotelico.
denso, non permette a nulla di passar 97-99. i due rimovi da te d'un modo ecc.:
oltre. Cfr. Comm. Lips. Ili, 43 sg. mettili ad ugual distanza da te, e poni
88. altrui del sole. - si rifonde « re-
: : il terzo più distante, ma in maniera
fiectitur ibi, et per consequens luceret che si offra agli occhi tuoi medio tra i
in ipso raro in superficie »; Benv. due primi.
89-90. come color ecc.: come i raggi co- 100. dopo il dosso: dietro le spalle.
lorati che formano l' immagine di alcun 101. accenda: illumini; confr. Yirg.,
oggetto sono riflessi dallo specchio, che Georg. I, 251.
« è vetro terminato con piombo »; Gonv. 102. ripercosso: riflesso da tutti e tre
Ili, 9. Cfr. Inf. XXIII, 25. gli specchi cfr. Yirg., Aen. Vili, 22 sg.
;

91-93. Or dirai secondo le dottrine di


: Ovid., Met. II, 110.
Avicenna {De tu potresti
Coel. II, 4, 61), 103-105. nel quanto.... lontana: nella
opporre che dove il raro occupa un buon quantità di sua luce e nella grandezza
tratto dello spessore lunare, e il denso l'immagine ripercossa dallo specchio
comincia lontano dalla superficie del- medio, che è il più lontano, non ag-
l'astro, quivi il lume riflesso riesce più guagli quelle che son riflesse dagli altri
languido, e per questo noi vediamo ivi due. -vedrai.... risplenda: vedrai che pe-
come una macchia. - tetro: oscurato. - rò la luce riflessa da tutti e tre è, per qua-
rifratto : riflesso. La fisica antica non di- lità, uguale « quindi concluderai che,
;

stingueva tra riflessione e rifrazione della sebbene la luce del sole si ribattesse da
luce; cfr. Purg. XV, 22. - più a retro: alcune parti più remote dalla superficie
da più indietro, cioè non dalla superficie della luna, ciò non basterebbe a produrre
della luna, come nei tratti dove già la in essa luna quelle macchie che vi si veg-
superficie è densa. gono » Br. B. ;
[CIELO PRIMO] Par. ii. 106-117 [influen. dei cieli] 663

106 Or, come ai colpi delli caldi rai


della lieve riman nudo il suggetto
e dal colore e dal freddo primai ;

109 così riniaso te nello intelletto


voglio informar di luce sì vivace,
che tremolerà nel suo aspetto.
ti
112 Dentro dal ciel della divina pace
si gira un corpo, nella cui virtute

l' esser di tutto suo contento giace.


115 Lo ciel segueute, e' ha tante vedute,
quell' esser parte per diverse essenze
da lui distinte e da lui contenute.

V. 106-148. Xe influenze de' cieli. (Bull. XXIII, 52) soggetto è propria- ' '

Dopo avere confutata l'erronea opinione mente una potenzialità rispetto a forme
di D. circa le macchie della luna, B. pro- accidentali, e forme accidentali sono qui
cede alla dimostrazione del vero, che è colore (bianco) e freddo, per i quali
questo La varia luminosità de' corpi ce-
: l' acquasi fa e apparisce neve. B. vuol
lesti (e quindi anche di varie parti di dunque dire che, distrutta dagli argo-
alcuno di essi, come è il caso della luna, menti suoi la opinione ch'era nell'in-
ma di questo caso speciale B. non fa pa- telletto di D., così come dai caldi raggi
rola, limitandosi a una dimostrazione solari viene distrutto il bianco e il freddo
generale e lasciando a D. di tirar la de- della neve, l'intelletto è rimasto nudo
bita conclusione riguardo alla luna) non di verità, come nudo del bianco e del
è se non il modo in cai si concreta e freddo resta il suggetto della neve
' '
;

si manifesta la varia letizia delle In- ma Beatrice, ora largirà a quello


ella,
telligenze angeliche che ai cieli comu- una luce vivace, una luminosa verità che
nicano moto e virtù ma per dimostrar
: gli darà nuova forma. « Volendo la ma-
questo D., espone per bocca di B., «il lizia d' alquanti dalla mente levare, per
grande e, si voglia o no, grandioso si- fondarvi poi suso la luce della verità » ;

stema cosmologico delle influenze e, ;


Conv. IV, 8. -
informar: voglio illumi-
come nel 1° e. aveva cantato l'ordine narti di verità sì lucente, che «ti scin-
reciproco di tutte le cose e 1' ascensione tillerà [tremolerà] nel presentartisi da-
dell' essere verso l' alto, in questo de- vanti»; L. Vent., Simil., 115.
scriveva la perpetua irradiazione lumi- 112. ciel della divina pace l'Empireo, :

nosa delle idee divine dall' alto verso il cfr. Conv. II, 4, 15. JEp. Kani, 24.
basso, compiendo con questi due mo- 113-114. un corpo: il Primo Mobile o
menti, che ne formano uno solo, la prima 9° cielo. Cfr. Conv. II, 1. - contento:
e più generale sintesi deli' Universo » ;
contenuto; cfr. Inf. II. 77. Nella virtù
Parodi, Bull. XXIII, 53. del Primo Mobile, comunicatagli dal-
106-111. ai colpi: cfr. Purg. XXX, 85 l'Empireo, ha fondamento l'essere di
sgg. Ovid., Metam. II, 808. Arios., Òri. tutte le cose che dentro il suo giro sono
XIX, 29. « Ecco la costruzione del ter- contenute e « esse est actualitas sub-
;

zetto: Or come ai colpi de'caldi rai il sug- stantiae vel essentice » Thom., Sum. ;

getto della neve riman nudo e del colore theol. I, 54, 1.


e del freddo che aveva prima » Betti. -; 115. seguente: il cielo delle stelle fis-
il suggetto: la materia ond'è fatta la se, dette vedute, o perchè si offrono alla
neve, cioè l'acqua; Conv. II, 1: «im- vista (Benv., Buti, ecc.), o perchè sono
possibile è la forma dell'oro venire, tanti punti che veggono, quasi occhi del
se la materia, cioè il suo suggetto, non cielo {Dan., ecc.). InPar. XXX, 9 le
è prima digesta e apparecchiata; e la stelle son chiamate viste. « A ut quam
forma dell' arca venire, se la materia, sidera multa, cum tacet nox, Furti vos
cioè lo legno, non è prima disposta e ap- hominumvidentamores»; Cat., Carm.,5.
parecchiata ». Filosoficamente parlando 116-117. parte ecc.: compartisce, distri-
664 [cielo primo] Par. ii. 118-132 [influenze dei cieli]

118 Gli altri glron per varie differenze


le distiuzion che dentro da sé hanno,
dispongono a semenze. lor fini e lor
121 Questi organi del mondo così vanno,
come tu vedi ormai, di grado in grado,
che di su prendono e di sotto fanno.
124 Riguarda bene a me, sì coni' io vado
per questo loco al ver che tu disiri,
sì che poi sappi sol tener lo guado.
127 Lo moto e la virtù dei santi giri,
come dal fabbro l'arte del martello,
dai beati motor convien che spiri;
130 e il lumi fanno bello,
ciel cui tanti
della mente profonda che lui volve,
prende l' imagi ne e fassene suggello.

buisce queir essere' che riceve dal nono


c
se effetto alcuno, ma opera e produce per
cielo, nelle diverse essenze, ossia diffe- mano del fabbro, così i cieli non si muo-
renti sostanze o nature contenute da esso, vono né esercitano le loro influenze per
ma distinte da esso. Al.: da lui distratte. sé medesimi, ma per mezzo dei beati mo-
118-120. Gli altri giron i sette cieli : tori, cioè degli angeli (intelligenze) pre-
interiori variamente, ciascuno con le de- poste al governo di ciascuno di essi.
bite differenze, dispongono le distinte Cfr. Arist., De Anima, 2. De Mon. Ili,
essenze (altri intendono gli elementi) che 6 « malie us in sola virtute fabri ope-
:

inchiudono, che hanno dentro di sé e le ratur ». Conv. I, 13 « il fuoco e il mar-


semenae che in queste sono, al conse- tello sono cagioni efficienti del coltello,
guimento dei loro fini cfr. Gonv. II, 7, ; avvegnaché massimamente è il fabbro ».
14 IV, 21. - fini effetti. - semenze cau-
; : : Conv. IV, 4 « i colpi del martello sono
:

se effettive. Cfr. Virg. Aen. VI, 6, 730 sg. cagione strumentale del coltello, e l'ani-
121. Questi organi del mondo: i cieli, ma del fabbro è cagione efficiente e mo-
membra od organi del corpo dell'uni- vente ». Cfr. anche Brun. Lat., Tes. II,
verso, cfr. Conv. Ili, 6. De Mon. II, 2. 30. -, Quanto ai beati motori cfr. Inf.
' '

123. di su prendono ecc. ricevono l'in- : VII, 74. Conv. II, 5, 6. Thom. Aq., Sum.
fluenza del cielo superiore e la comuni- theol. I, 110, 3; I, 70, 3; I, II, 6, 5 ecc.
cano all'inferiore; cfr. Ep. Kani, 21, e 130. il ciel ecc.: il cielo stellato; cfr.
Par. XIII, 52 sgg. Boet., Cons. phil. Ili, metr. 9.
124. a me: Al.: ornai; cfr. Hoore, 131. mente: anziché della mente di-
Crii., 444 sg. Conv. IV, 15. De Mon. I, 2. vina, dalla quale il cielo stellato riceva
125. per questo loco: per questo mio la sua forza e la imprima nei cieli infe-
ragionamento. Al. per questo lago, alla : riori, come parecchi intesero, crediamo
quale lezione s'accorderebbe la metafora che, in armonia con la terz. prec. dove
del guado del v. sg. si parla dei beati motori, si debba in-
126. sol per te stesso, senza bisogno
: tendere di quella intelligenza angelica,
di scorta, -tener lo guado: passar oltre, da cui il cielo stellato è mosso interpre- ;

e, seguitando e compiendo il ragiona- tazione confermata dal v. 136. Cfr. Par.


mento mio, arrivare alla spiegazione vera XXVIII, 99 sgg. Conv. II, 6.
delle macchie lunari. Per l'immagine 132. prende l'image ecc. riceve l'im- :

del guado cfr. Purg. Vili, 69. pronta, che poi imprime nelle stelle; im-
127. la virtù: l'influenza. - giri: cie- pronta che, per il tramite degli angeli,
li; cfr. Purg. XXX, 93. Par. Ili, 76; viene da Dio e per quanto limitatamente
XXVIII, 139. e parzialmente, lo rispecchia donde la ;

128-129. come dal fabbro ecc. come il : proprietà della parola immagine '; •

.martello non opera da sé, non produce da cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 106, 13.
[CIELO PRIMO] Par. ii. 133-148 [lume stellare] 665

133 E come Palina dentro a vostra polve


per differenti membra e conformate
a diverse potenze si risolve ;

136 così l' intelligenza sua bontate


multiplicata per le stelle spiega,
girando sé sopra sua imitate.
139 Virtù diversa fa diversa lega
col prezioso corpo ch'ella avviva,
nel qual, sì come vita in voi, si lega.
142 Per lanatura lieta onde deriva,
la virtù mista per lo corpo luce,
come letizia per pupilla viva.
145 Da essa vien ciò che da luce a luce
par differente, non da denso e raro:
essa è formai principio, che produce
148 conforme a sua bontà lo turbo e '1 chiaro. »
133. Palma : « siccome l'anima raziona- 141. in voi : come l'anima umana si
le, infìno ch'è congiunta col corpo [detto congiunge col vostro corpo, così l' In-
qui polve, secondo Genes. Ili, 19. Salm. telligenza colla stella. AL: in lui: ma
CIII, 29. Ucci. XII, 7], per diversi organi cfr.Moore, Crìt., 445 sg.
adopera sua virtude, per l'occhio la vi- 142. natura lieta: Per la natura lieta
sta e per l'orecchio l'udire; così la in- dell'Intelligenza motrice o angelo. Al. :

telligenza aopera sua boutade per suoi divina, di Dio ma benché sia vero che
;

organi, li quali sono le spere e le stelle»; agli angeli la letizia viene da Dio, di
Ott. Cfr. Virg., Aen. VI, 726 sg. Dio qui non parla il P., ma solo di In-
134. conformate ordinate e disposte.
: telligenze e di beati motori, cioè di an-
135 potenze: ai diversi sensi, del tat- geli.
to, della vista, dell'udito, del gusto, ecc. 143. la virtù mista: virtù dell'angelo
- si risolve si spiega.
: com penetrata nel corpo celeste.
136-138. così ecc.: l'intelligenza mo- 144. come ecc. : come brilla la letizia
trice del cielo stellato spiega la sua bou- dell'anima per viva pupilla.
tade, ch'è una, nelle varie stelle in varii 145. Da essa virtù diversa, v. 139, e
:

modi, che corrispondono alle varie parti, mista, v. 143, cioè dalla virtù diversa-
©particolari virtù, formanti essa bontà; mente influita dall'Intelligenza motrice
appunto come l'anima dell'uomo, una, nasce la differenza di luminosità ne'corpi
manifesta le varie virtù che ha in sé, nei celesti, e non solo tra stella e stella e
varii organi del corpo, che ella informa. tra pianeta e pianeta, ma anche tra parte
- girando se ecc. cfr. Purg. XXV, 74
: e parte di uno stesso pianeta, come ap-
sg. un'alma sola che vive e sente e
: | punto (ecco la conclusione a cui D. deve
sé in se rigira. In ambi i luoghi il girare e può ora arrivar da solo, v. 126) come
su se stesso vale 'intendere sé'; cfr. Conv. appunto avviene per la luna.
HI, 12 dove, parlandosi di Dio, si af- 147-148. essa ecc. : questa virtù, comu-
ferma che suo girare è suo intendere. nicata dall'Intelligenza motrice, è for-
Per la pluralità nell'unità del valore di- mai principio, cioè principio attivo, ca-
vino cfr. Par. XIII, 55-60. gione intrinseca e sostanziale, che pro-
.140. corpo: celeste, detto prezioso per- duce l'oscuro e il chiaro secondo la sua
chè incorruttibile. - ch'ella avviva Al. : : particolar potenza e qualità. Il principio
che l'avviva ma è l'Intelligenza che av-
; formale è attivo, il materiale è passivo.
viva la stella, non la stella l'Intelligenza. - turbo: lat. turbidus: il torbo, l'oscuro.
666 [CIELO primo] Par. ih. 1-9 [VISIONE]

CANTO TERZO

DELLA LUNA
CIELO PRIMO o
MANCANTI AI VOTI DI CASTITÀ

VISIONE DI ANIME BEATEPICCARDA DONATI ,

GRADI DI BEATITUDINE, COSTANZA IMPERATRICE

Quel sol che pria d'amor mi scaldò il petto,


di bella verità ni'avea scoverto,
provando e riprovando, il dolce aspetto ;

e io, per confessar corretto e certo


me stesso, tanto quanto si convenne,
levai lo capo a profYerer più erto.
Ma visione apparve die ritenne
a sé me tanto stretto per vedersi,
che di mia confession non mi sovvenne.

V. 1-33. Visione di spiriti. Nel mo- do la opinione mia; cfr. Conv. IV, 2:
mento stesso in cui il P. leva la fronte « In questo proemio prima si promette
col proposito di dichiararsi a E. con- di trattare lo vero, e poi di riprovare il
vinto del proprio errore e persuaso della falso; e nel trattato.... prima si riprova
nuova verità dimostratagli, una visione il falso, e poi si tratta il vero »; il quale

attira l'attenzione di lui per modo, ch'e- ultimo ordine è quello seguito da B. nel
gli dimentica il proposito di quella di- e. prec, ed è anche l'ordine, come pro-
chiarazione. Gli appariscono anime di seguendo osserva D. nel 1. e, tenuto
beati; ma gli appariscono quali ombre sempre da Aristotile.
tenui, a ino' d'immagini riflesse in vetri corretto: del mio errore. - certo:
4.
trasparenti o in acque nitide sicché D.,
-, della verità che B. mi aveva dimostrata.
credendole davvero immagini riflesse, si 5-6. tanto ecc. alzai più di prima il
:

volge indietro per guardare dove siano i capo, non però troppo, che sarebbe parso
reali spiriti, ma non vede nulla. Guarda atto poco riverente, ma solo quanto era
allora dubbioso B., la quale, dopo un necessario e naturale per profferere, cioè
sorriso, lo trae d' inganno, insegnan- per fare a B. la mia confessione. -Prof-
dogli che quelle che vede, sono vere so- ferere (dal lat. proferr e) proferire. —
stanze; poi lo esorta a parlar loro. Cfr. 7. Ma visione apparve ecc. Una scena :

Thom. Aq., Sum. theol. Ili, Suppl., 85, 2. consimile si ha in Purg. XV, 82 sg.
1. Quel sol Beatrice ; cfr. Par. XXX,
: 8. tanto stretto tanto fisso ed attento.
:

75.- pria: sin dalla mia puerizia; cfr. Virg., Aen. I, 495: « Duna stupet obtu-
Purg. XXX, 42. tuque hseret defixus in uno ». Cfr. Purg.
'

2. bella verità: intorno alle macchie XIV, 126; XVII, 22 sg. - per vedersi:
lunari e alle influenze dei cieli. Cfr. per vederla cfr. « A raccontarsi [
; a =
Conv. IV, 2, 8. Thom. Aq., Sum. theol. raccontarla] mi tira una novella di cose
II, II, 15, 1. cattoliche »; Bocc, Decam. II, 2. Per
3.provando: la opinione sua, la vera. questo costrutto dell'ant. ital. cfr. n. a
-riprovando: disapprovando, confutan- Inf. VI, 38-39 e anche Bull., XXV, 67.
CIELO PRIMO] Par. hi. 10-28 [visione] 667

10 Quali per vetri trasparenti e tersi,


ovver per acque nitide e tranquille,
nonsì profonde che i fondi sien persi,
13 tornan dei nostri visi le postille
debili sì, che perla in bianca fronte
non vien men tosto alle nostre pupille ;

16 tali vid' io più facce a parlar pronte :

per ch'io dentro all'error contrario corsi


a quel ch'accese amor tra l' uomo e il fonte.
19 Subito sì coni' io di lor m'accorsi,
quelle stimando specchiati sembianti,
per veder di cui fosser gli occhi torsi ;

22 e nulla vidi, e ritorsili avanti


dritti nel lume della dolce guida,
che, sorridendo, ardea negli occhi santi.
25 « Non ti maravigliar perdi' io sorrida »
mi disse « appresso il tuo pueril coto,
poi sovra il vero ancor lo pie non fida,
28 ma ti rivolve, come suole, a vóto :

10. Quali per vetri ecc.: cfr. Virg., Aeri. 18. a quel ecc.: all'errore di Narciso,
Vn, 759. Conv. Ili, 9. che credette viso reale l'immagine sua,
11. per acque : cfr. Prov. XXVII, 19. - riflessa dall'acqua (cfr. Ovid., Met. III,
nitide: cfr. Ovid. Mett. Ili, 407. Horat., 407-510. Inf. XXX, 128), laddove D.
Od IH, xiu, 1 .Stat Theb. IV, 817. - tran- , crede mere immagini visi reali.
quille Lucan., Phars. IX, 352.
: cfr. 19. di lor: delle dette facce.
12. persi perdati per la vista (cfr. vv.
: 20. specchiati sembianti immagini di :

124-5) acque, dunque, sì poco profonde,


; visi riflesse da superficie specchiante.
che il fondo si discerne. Se il fondo non 22. dritti ecc.: muto e meravigliato in-
si discernesse, l' immagine riflessa dalle terroga con lo sguardo la guida su quelle
acque non sarebbe sì languida. Secondo figure evanescenti.
persi vale qui oscuri cfr. Inf. V,
altri, ; 24. sorridendo ardea: cfr. Virg., Aen.
89 VII, 103. Purg. IX, 97. Conv. IV, 20.
; II, 405 (ad cosi ii m
tendens ardentia lu-
lineamenti. « Postilla
13. le postille : i mina) V, 277, 648. Il Capetti (Lect. D.,
;

è quella immagine nostra, che ci si rap- 7) nota essere questo « uno di quei versi
presenta in acqua o in ispecchio, o altro comprensivi ed intensi, ov' è tutta la
corpo trapassante, o vuoli l'immagine bellezza de' cieli: sorriso, ardore di ca-
della cosa specchiata della materia » ; rità, lume divino. »
Ott. - La parola postilla fu forse tratta 26. appresso il: in seguito al. - coto:
a questo significato in quanto « quelle pensiero; cfr. Inf. XXXI, 77.
deboli immagini sono all'immagine per- 27-28. poi ecc. poiché il tuo pensiero
:

fetta riflessa in uno specchio ciò che le ancora non ha saldo fondamento nella
note succinte (postille) sono al testo d'un verità, ma ti fa vaneggiare. « Tu se' usato
libro »; Blanc. Altri pensa che postille di ricorrere alla fìsica per le cagioni delle
sia diminutivo di poste nel senso di pic- '
cose naturali, e così vi ricorri ora per
cole impronte od orme'. cagione delle cose sopra natura, et a
14. perla ecc. bianca perla è : difficile questo non è sufficiente la fisica, ma la
a discernere in fronte bianca. Cfr. Ario- teologia » Buti. - suole come pensiero
; :

ito, Ori. XXIV, 66. fanciullesco. - a vóto in vano cfr. Inf. : ;

16. tali: così indistinte. - pronte: la XXXI, 79, dove, come qui, è in rima
voglia di parlare si leggeva loro in viso. con coto.
668 [cielo primo] Par. ih. 29-40 [P1CCARDA DONATI]

vere sustanze son ciò che tu vedi,


qui rilegate per manco di vóto.
31 Però parla con esse, e odi, e credi ;

che la verace luce che le appaga,


da se non lascia lor torcer li piedi. »
34 Ed io all'ombra che parea più vaga
di ragionar, drizza'mi, e cominciai,
quasi com'uom cui troppa voglia smaga
37 « ben creato spirito che a' rai
di vita eterna la dolcezza senti
che, non gustata, non s' intende mai,
40 grazioso mi fìa, se mi contenti

29. vere sustanzie: esseri reali. delle suore e badessa del monisterio, la
30. rilegate : confinate. Appariscono grado la diede al detto
trasse, e contra suo
qui, ma hanno, come tutti i beati, la loro marito la quale iminan tato ente infermò,
;

sede nell'Empireo cfr. Par. IV, 28 sgg.


; e finì li suoi dì, e passò allo sposo dei
Nella Luna, pianeta incostante, pone le Cielo, al quale spontaneamente s' era
anime di coloro che, per difetto di co- giurata. E dicesi che la detta infermità e
stanza, non adempirono i voti fatti cfr. ; morte corporale le concedette colui eh' m
Eccles. XXVII, 12. - manco: manche- datore di tutte le grazie, in ciò esaudien-
vole attuazione. do li suoi devoti preghi » Ott. Cfr. la ;

Dio, in cui tro-


32. verace luce ecc. : n. 107-108. Del Lungo, Dino C. II, 115.
vano l'appagamento di ogni desiderio. 34-35. pih vaga di ragionar: avendo
33. da se non lascia ecc.: non permette conosciuto P. nella prima vita.
il

loro che si allontanino da lei che è Ve- 36. quasi com'uom


ecc.: quasi confuso
rità, sicché dicono solo il vero. e turbato per il soverchio desiderio di
V. 34 57. Riccarda Donati* D. si conversare con quell'anima cfr. Petrar.,;

volge all'anima, che si mostra più de- Ball., I, 3 sg. - smaga: fa smarrire o
siosa di parlare, e la prega di manife- sviar l'animo, turba; cfr. Inf. XXV, 146.
stargli il suo nome e d'istruirlo sulla con- 37-39. O ben creato ecc. o spirito crea-
:

dizione dei beati di questo cielo. E l'ani- to per la vera felicità, e che di questa
ma « Sono Piccarda, e io e questi altri
: senti nel lume della vita eterna la dol-
spiriti siamo in questo infimo cielo, per- cezza, incomprensibile a chi non la gu-
chè non attuammo interamente i voti fat- sti ecc. - a' rai illuminato da Dio, sole
:

ti ».- Piccarda fu figlia di Simone (cfr. degli angeli, luce eterna e nostro sommo
Inf. XXX, 32) e sorella di Forese (Purg. bene; cfr. v. 32; Par. X, 53; XI, 20;
XXIII, 48) e del famoso Corso Donati XIV, 47. - non s' intende mai « dà per :

(Purg. XXIY, 82 sgg.). « È da sapere gli occhi una dolcezza al core, Ohe in-
che la detta Piccarda essendo bel- tender non la può chi non la prova » ;
lissima fanciulla, dirizzò l'animo suo a Vita N., § 26, son. 15. « È una simili-
Dio e feceli professione della sua virgi- tudine in cui i due termini si sono in-
nitade e però entro nel monisterio di sieme unificati ma il minore, a volerlo
;

S. Chiara dell'ordine de' Minori. Questa distinguere, ci si moltiplica nella fan-


cosa fece per quello che s' avea propo- tasia idee umane di acque ristoratici,
:

sto nell'animo e però che li suoi fratelli di fonti vitali, di ombre, di riposi idea :

l'aveano promessa di dare per moglie sovrumana di tutti i giusti raccolti in


ad uno gentile uomo di Firenze, di nome pace perpetua sotto i raggi pioventi
Rossellino della Tosa: la qual cosa per- senza fine dalla fonte stessa della vita.
venuta alla notizia del detto messer Sono i versi che la esprimono tra i più
Corso, ch'era al reggimento della città belli di semplicità spontanea, senza du-
di Bologna, ogni cosa abbandonata, ne rezza d'insolite o sforzate parole, che
venne al detto monisterio, e quindi per abbia il Poema»; Capotti, o. e.
forza, contro al volere della Piccarda e 40-41. grazioso ecc. : mi sarà grato, se
[CIELO PRIMO] Par. ih. 41 ; 57 [piccarda donati] 669

del nome tuo e della vostra sorte ».


Ond'ella pronta e con occhi ridenti :

43 « La nostra carità non serra porte


a giusta voglia, se non come quella
che vuol simile a sé tutta sua corte.
4G Io fui nel mondo vergine sorella ;

e se la mente tua ben si riguarda,


non mi ti celerà l' esser più bella ;
49 ma riconoscerai ch'i' son Piccarda,
che, posta qui con questi altri beati,
beata sono in la spera più tarda.
52 Li nostri affetti, che solo infiammati
son nel piacer dello Spirito Santo,
letizian del suo ordine formati.
55 E questa sorte, che par giù cotanto,
però n'è data, perchè fur negletti
linostri vóti, e vóti in alcun canto. »

appaghi il mio desiderio di sapere chi sei 48. non mi ti celerà ecc. : « l' esser io
e in che condizione siete qui. « Questa di- divenuta più bella non impedirà che tu
manda semplice, senza alcuna promessa mi riconosca.
di fama nel mondo e d' aiuto d' orazioni, 50/posta qui: per il momento, come
è conveniente al Par. dove la carità non si chiarirà in Par. 28-42 ma, non di- ;

serra porte » Settembrini.


; cendo Piccarda esplicitamente la cosa a
42. ridenti: per la gioia di compiere D., che pur sa come nell' Empireo abiti-
atto di carità appagando il desiderio di D. no tutti i beati, nascono dubbi che danno
43. non serra porte non si chiude, non
: luogo a spiegazioni di B. nel e. seg.
nega soddisfazione a giusto desiderio. 51. in la spera più tarda: secondo il
44-45. se non ecc. se non come la ca-
: sistema Tolemaico, la sfera lunare è più
rità di Dio, che non le serra mai e che piccola delle altre sicché gira bensì con
;

vuole tutto il regno dei beati simile a sé, quelle intorno la terra, ma si muove più.
epperò ardente della stessa carità eh 'Egli tarda compiendo nello stesso tempo di
è in essenza; cfr. Ep. I S. Giov. IV, 16. quelle un giro minore.
suora vergine.
46. vergine sorella: 52. affetti sentimenti. Risponde alla
:

riguarda: ritorna sopra sé me-


47. si domanda: della vostra sorte, v. 41. «Vuol
desima. « Il riguardare dalla mente a sé dire Noi godiamo di avere quella beati-
:

stessa dimostra per con vene voi modo tudine che a Dio piace che noi abbiamo,
l' atto del ricordarsi, o richiamare alla perchè amiamo il solo piacere di lui »; Ces.
memoria alcuna immagine di cosa altre 54. letizian si rallegrano, prendono
:

volte caduta sotto i sensi o pensieri » ; diletto, -del suo ordine formati in quan- :

Giul. - « Nel Paradiso dantesco le sem- to si informano e conformano all' ordine


bianze umane, fatte celesti, son divenute di Lui; formati è lez. di quasi tutti i
così spirituali in loro purissimo splen- codd. e comin. più ant. AL: informati.
dore, che in sul primo ilPoeta pena a raf- 55-57. questa ecc.: questo grado di bea-
figurar le persone; ma tornando a loro lo titudine, che par tanto basso, ci è dato
sguardo, e aiutandosi dell' associazione da Dio, perchè i nostri voti furono da noi
delle idee che si ridestano nel parlare trascurati e in parte inadempiuti. Si noti
'
con loro, viene poi a riconoscere anco il giochetto di parole voti e vóti.
'

di mezzo alla nuova bellezza i tratti indi- V. 58-90. Gradi di beatitudine, D.


viduali che le distinguevano una volta» ;
dichiara di non aver subito riconosciuto
Perez. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. Ili, Piccarda, per la nuova, sovrumana bel-
54, 1. Ili, Suppl., 79 sg. lezza, che ne ha trasformato l' aspetto.
670 [CIELO PRIMO] Par. hi. 58-69 [GRADI DI BEATITUDINE]

58 Ond'io a lei : « Nei mirabili aspetti


vostri risplende non so che divino,
che vi trasmuta da' primi concetti :

CI però non fui a rimembrar festino ;

ma or m'aiuta ciò che tu mi dici,


sì che raffigurar m'è più latino.
C4 Ma dimmi : voi che siete qui felici,
desiderate voi più alto loco
per più vedere o per più farvi amici ? »
G7 Con quelle altr' ombre pria sorrise un poco ;

da indi mi rispuose tanto lieta,


ch'arder parea d'amor nel primo foco :

Poi chiede se queste anime, poste tra i 64. dimmi : « Dicite, felices animae tu-
beati sì in basso, non sentano desiderio que optime vates »; Virg., Aen. VI, 669.
di salire a più alto grado. Piccarda ri- La domanda sembra a prima giunta su-
sponde che no i beati non hanno altro
: perflua, avendo Piccarda già detto che
volere che il volere di Dio, e ciò che da è beata e lieta (v. 51 e 54); ma non po-
Dio è voluto, li appaga appieno. D. si trebbe essere, pensa D., che, pur essendo
conforma anche qui pienamente alle dot- beati e lieti, nel confronto della loro con
trine dei SS. Padri; cfr. Aug., Deciv. la beatitudine maggiore di altri spiriti,
Dei XXII, 30, 2. Hieron., Adv. lov., 2ecc. abbiano a sentire il desiderio di salire
I beati « sono contenti di quella gloria che più in su di dove sono, per godere di
Iddio ha data loro e non ne addimandano una dolcezza maggiore?
di più.... ed hanno ciò che vogliono e 66. per più ecc. Desiderate voi di es- :

non vanno più cercando, e ciascheduno sere in luogo più alto per mirare più da
si chiama contento del suo bene e della presso la Divinità e godere di più della
sua grandezza, e non ci ha niuno mor- sua visione, o per farvi più amici a Dio,
morio»; Fra Giord., Pred. sul Genesi, quindi amarlo di più e di più esserne
Firenze, 1830, p. 26. E il medesimo in amati? «La nuova domanda.... è un dub-
Pred., Firenze, 1831, 1, 124: «La volontà bio rimastogli: Voi che siete qui felici,
de' Santi si ò unita con la volontà di Dio, avete desiderio di più alto luogo non per
sicché non possono volere se non quel godere soltanto, ma per amare di più
che vuole Iddio: ciò che vuole Iddio, Iddio? La contentezza presente com-
vogliono ciò che Iddio non vuole, ed
; porta l'aspirazione ad un amore più vivo,
e' non vogliono, però che sono uniti con a una letizia nata da fiamma di carità
la volontà di Dio ». più accesa? Dubbio da mortale;... dub-
58-59. Nei mirabili aspetti vostri nelle : bio che le brevi parole di Piccarda non
vostre meravigliose sembianze. hanno chiarito del tutto » Capetti, o. e, ;

trasmuta ecc. vi altera le sem-


60. tì : 11 sg. La
frase per verità, non è delle più
bianze, che aveste in terra e che altri perspicue, non essendo espressi i com-
ha fissate nella propria mente. plementi di vedere e di amici ', e si ca-
l
' '

61. festino: veloce, pronto; lat. festi- pisce perciò come siasi potuto, per quan-
'
nus-, cfr. Par. Vili, 23. to poco felicemente, intendere amici '

agevole, facile. « Di questa come sostantivo, e attaccare ad


'

63. latino : amici •

voce in tale significato è vivo latinare, il 'più', nel senso di 'più numerosi'.
eh' è detto da' conciatori per togliere con 67. sorrise « de simpiicitate quseren-
:

facilità la lana alle pelli di pecora, quan- tis » ; Benv.


do per la calcina son ben ricotti i bulbi 68. da indi è qui : il lat. deinde = quin-
de' peli » Caverni. Nel Conv. II, 3, lati-
; di, appresso.
namente vale facilmente. E latino per fa- 69. d'amor nel primo foco: in Dio,
cile U3Ò anche G. Vili., Cron. XI, 20, ed primo amore, o, che viene a dire lo stesso,
è vivo tuttora (anche in derivati verbali) primo fuoco d'amore. AL: nel più vee-
in più dialetti emiliani e lombardi. mente fuoco di un primo amore. Al.:
[CIELO PRIMO] Par. ih. 70-86 [gradi di beatit.] 671

70 « Frate, la nostra volontà quieta


virtù di carità, che fa volerne
sol quel ch'avenio, e d'altro non ci asseta,
?;;
Se disiassimo esser più superne,
foran discordi li nostri desiri
dal voler di colui che qui ne cerne ;

76 che vedrai non capere in questi giri,


s' essere in cari tate è qui necesse,
ben rimiri.
e se la sua natura
79 Anzi è formale ad esto beato esse
tenersi dentro alla divina voglia,
per eh' una fansi nostre voglie stesse ;

82 sì che come noi sem di soglia in soglia


per questo regno, a tutto il regno piace,
com'allo re eh' a suo voler ne invoglia ;

85 e la sua volontate è nostra pace :

eli' è quel mare al qual tutto si move

nella Luna, clie è primo splendore e co, e designa la necessità logica. - la


primo pianeta a noi. La prima interpre- sua natura: la natura della carità, che
tazione ci pare la preferibile; né vale è amore, e vuole perfettamente ligio e
opporre che nell' amor divino Piccarda conforme il volere di chi la sente al vo-
non pareva soltanto ardere, ma ardeva lere di colui per cui la sente (Dio) se no, ;

veramente; poiché parere qui, come in cessa di essere vera carità,


tanti altri luoghi, significherà apparire, 79. formale: ciò costituisce la forma;
mostrarsi-, p. es.Par. XIII, 91; XXVIII, oggi si direbbe essenziale, -ad esto bea-
14. Purg. XXII, 12, ecc. to esse: a questo vivere beato, a questa
70-72. volontà: accusativo. - quieta: beata esistenza. Anche esse è forma la-
appaga, sazia. - virtù caso retto. - fa : tina dell'uso scolastico.
volerne ci fa volere, desiderare. - non
: 80. tenersi ecc. non oltrepassare i li-
:

ci asseta: non
rende bramosi.
ci miti del volere divino.
73. più superne: in luogo più alto; 81. una ecc.: le nostre volontà, del tutto
cfr. v. 65. conformi a quella di Dio, formano con
75. qui ne cerne: ci aggiudica questo essa una sola voglia. « Sola divina vo-
luogo, e ci distingue così dagli altri beati: luntas, quse semper est recta, est regula
cfr. Par. XXXII, 30 e 34. Ma
il ne si può humanse actionis.... Divina voluntas est
riferire anche a tutti i beati, de' quali prima regula qua regulantur omnes ra-
tutti parla evidentemente Piccarda nei tionales voluntates»; Thom. Aq., Sum.
vv. che seguono e de' quali ben può par- theol. II, li, 104, 1. Cfr. Par. XX, 138.
lare già qui; e il qui a tutto il cielo, 82. seni di soglia in soglia: siamo distri-
come il qui del v. 77 e il senso sarebbe
; : buiti in varii gradi; cfr. Par. XXXII, 13.
'quassù in cielo ci divide', secondo, si 84. re Dio. - a suo voler Al. in suo
: : :

capisce, i nostri meriti. voler fa che al suo volere sia conforme


;

76-78. che il che. - capere aver luogo,


: : il nostro.

essere contenuto. Il non conformarsi alla 85. nostra pace: nostro acquetamento,
volontà di Dio non può aver luogo in nostra beatitudine. Unificate le volontà
Cielo, dove è necessario (necesse) che dei beati nella volontà di Dio, non ci è
domini assoluta la carità, e tale questa più luogo a desiderii inquieti nelle sin-
non è, se non si conforma interamente gole anime, né a discordia tra di loro.
al volere divino. Cfr. Thom. Aq., Sum. 86-87. quel mare ecc. come le acque
:

theol. I, il, 17, 6; 65, 5; 109, 3; II, II, 23, 2. dei fiumi tendono tutte al mare che è
Necesse è parola latina dell' uso scolasti- così il termine loro, ma che fu già anche
672 [CIELO PRIMO] Par. ih. 87-100 [VOTO di piccarda]

ciò ch'ella cria e che Datura face. »


88 Chiaro mi fu allor coni' ogni dove
in cielo è Paradiso, etsi la grazia
del sommo ben d'un modo non vi piove.
91 Ma sì com'egli avvien, s' un cibo sazia
e d' un altro rimane ancor la gola,
che quel si chiere e di quel si ringrazia ;

94 con atto e con parola,


così fec' io
per apprender da lei qual fu la tela
onde non trasse infìno a co la spola.
97 « Perfetta vita e alto merto inciela
donna più su » mi disse, « alla cui norma
nel vostro mondo giù si veste e vela,
100 perchè infìno al morir si vegghi e dorma
loro principio (Purg. XIV, 34-36), così 94. così ecc.: con atti e con parole rin-
alla volontà di Dio tendono tutti gli es- graziai Piccarda dell'avermi data la de-
seri o che Dio, causa prima, immedia- siderata risposta alla mia domanda e la ;

tamente creò ex nihilo per un atto della pregai di dirmi un'altra cosa, quale fosse
sua volontà, o che la natura (con che stato il voto che ella non avea condotto
si designa il complesso delle cause se- a compimento; cfr. v. 56 sg.
conde) generò conforme al volere di Lui. 95-96. onde: di cui.- trasse: gittò.
La volontà di Dio è dunque insieme prin- CO: capo, termine; cfr. Inf. XX, 76;
cipio e fine di quanto esiste, come il XXI, 64. Purg. Ili, 128, Costruisci e
mare de' fiumi. intendi :fino al termine della quale non
'

88. ogni dove: ogni luogo. seguitò a gittare la spola '. « Questa
89. etsi: cong. lat. che vale benché, spola è lo instrumento con che si tesse
e che perciò torna qui ottimamente. La e gittasi lo filo per la tela » Buti. ;

var. e sì, che pure era scritta et si, (tanto 97-98. Perfetta vita ecc.: contempla-
che è da considerare sì e no come vera tiva. « Perfectio hominis est ut, con-
e propria variante), non è se non lettura temptis temporalibus, spiritualibus in-
ital. della parola, che non fu sentita e haereat » Thom. Aq., Sum. theol. I, n,
:

intesa dai copisti come parola latina. 99, 6. Cfr. ibid. H, II, 184, 5 ; II, II, 186, 7.
Del crudo latinismo, specie nel Par., non - merto : meritum virtuosi actus con-
«
c'è da maravigliarsi. Cfr. Bull. XXV, 68. sistit inhocquodhomo, contemptisbonis
90. d' un modo dove più, dove meno,
: creatis, Deo inhaeret sicut fini »; Thom.
secondo i meriti beati e felici tutti, ben-
; Aq., Sum. theol. II, n, 104, 3. - incie-
ché la beatitudine sia loro dispensata in la.... più su: colloca più in alto nel cie-
differente grado e misura. Cfr. Thom. Aq., lo. - donna: S. Chiara d'Assisi, nata
Sum. theol. Ili, Suppl., 93, 2, 3. nel 1194, si chiamò nel secolo Chiara
V. 91-108. TI voto inadempiuto di Sciffì, e fu donna ricca e bellissima.
Piccarda. Pienamente soddisfatto circa Amante sino dalla sua fanciullezza del
la questione proposta ne' vv. 64-66, D. ritiro e della penitenza, e presa d'am-
vuole ora sapere da Piccarda quale sia mirazione per le virtù del suo concitta-
stato il voto da lei negletto e Piccarda ; dino S. Francesco, Chiara si pose sotto la
racconta come entrasse nell' ordine di S. direzione di lui, e, incoraggiata da' suoi
Chiara ma, trattane poi violentemente,
; consigli, fondò nel 1212 un monastero per
non potesse compiere i voti monacali. le vergini, e una regola che in breve si
92. la gola: la brama. diffuse per tutta l'Italia. Cessò di vivere
93. quel: delquale rimane il desiderio. l'undici agosto 1253. - alla cui norma:
-si chiere: Cherere (dal lat. qucerere), secondo la cui regola.
si disse anticamente per chiedere. - e di 99. si veste e vela si prende l'abito
:

quel: e dell'altro cibo, di cui già si è religioso ed il velo monacale.


avuto abbastanza, si ringrazia chi l'offre. 100-101. si vegghi e dorma ecc.: si stia
[CIELO PRIMO] Par. ih. 101-108 [costanza imper.] 673

con quello sposo ch'ogni vóto accetta


che cantate a suo piacer conforma.
103 Dal mondo, per seguirla giovinetta ,

fuggi' mi, e nel suo abito mi chiusi,


e promisi la via della sua setta.
106 Uomini poi, a mal più ch'a bene usi,
fuor mi rapiron dalla dolce chiostra;
e Dio si sa qual poi mia vita fusi.

giorno e notte in compagnia di Gesù Cri- versus sororem virginem ira percitus,
sto. -sposo così è chiamato Cristo nel
: assumpto secum Farinata sicario famo-
Nuovo Testamento, cfr. Afatt. IX, 15 ; so, et aliis duodecim perditissimis sy-
XXV, 1,5. MarcoII, 19. Luca V, 34. cophantis, admotisque parietibns scha-
Giov. UE, V, 25. - accetta cui
29. Efes. : lis, ingressus est saspta monasterii : cap-
è accetto ogni voto formato con spirito tamque per vim sororem ad paternam
di vero amore {cavitate) sicché sia tale domum secum .abduxit, et, sacris discis-
che a Lui piaccia. « Votum est promis- sis vestibus, mundanis iudutam ad nu-
sio Deo facta. Promissio autem est ali- ptias coegit. Antequam sponsa Christi
cuius quod quis prò aliquo voluntarie fa- cum viro conveniret, anteimaginem Cru-
cit.... Vana esset promissio si quis alicui cifìxivirginitatem suam sponso Christo
proinitteret id non esset accep-
quod ei commendavit. Mox totum corpus eius
tum. Et ideo cum omne peccatum sit leprà percussum fuit, ut cernentibus
contra Deum, nec aliquod opus sit Deo dolorem incuteret et honorem itaque,
;

accepturn nisi sit virtuosum, consequens Deo disponente, post aliquot dies cum
est, quod de nullo illicito, nec de ali- palma virginitatis migravit ad Domi-
quo indifferenti debeat fieri votum, sed nimi »; Bod. da Tossignano, Hist. Se-
solum de aliquo actu virtutis.... Vota raph. Belig. I, 138. Taluni particolari,
qua} sunt de rebus vanis et inutilibus, specie quello della subita malattia, han-
sunt magis deridenda quam servanda » ;
no sapore di leggenda; come d'un si '

Thom. Aq., Sum. theol. II, ri, 88, 2. dice ', ne fa cenno Pietro di Dante (Bull.
103. giovinetta: «idest puella adultse VI, 216). E in verità il v. 108 contrasta
SBtatis » Benv. Normalmente, secondo
; a codesto fatto col parlarci di vita ella :

che insegna anche Thom. Aq., Sum. « con pietà di santa chiama il suo Dio
theol. II, il, 89, 9 non si possono fare i in testimonio della lotta, dello strazio
voti religiosi r>rima della pubertà. di quella nuova vita in mezzo a cui fu
104. fuggirmi ecc.: mi fuggii e presi ricacciata»; Capetti, o. e, 16. Il quale
l'abito di Santa Chiara mi feci monaca. ; non a torto osserva che, se si ammetta
105. promisi feci voto di vivere nella
: vero il fatto della malattia « oltreché si
regola di S. Chiara. - via :-il modo di vi- contraddice al P., il verso misterioso e
vere, la regola; cfr. Atti IX, 2. -setta: potente si cambia in una esclamazione
compagnia, ordine (lat. secta a sedando). poco men che volgare »; ib., 18.
Setta usavasi anticamente anche in buo- V. 109-120. Costanza imperatrice.
na parte; cfr. Purg. XXII, 87. « Ha Piccarda parla poi di un altro spirito bea-
questa voce il significato innocente, che to che le sta alla destra e eh 'è raggian-
le viene dalla origine, anche nel pro- te di tutto il lume di quella sfera. È
verbio toscano: Una pecora infetta ne Costanza, figlia postuma di Buggero I,
ammorba una setta » ; Caverni. l'ultima erede dei Normanni e regina
106. Uomini ecc. : il fratello Corso ed delle Due Sicilie, moglie di Arrigo VI
altri dellafamiglia eh' ella per spirito di imperatore, figlio del Barbarossa, e ma-
bontà e carità non nomina. « Della casa dre di Federigo II, nata nel 1154, spo-
de' Donati era capo messer Corso Donati, sata nel 1185, morta nel 1198. Qui D.
e egli e quegli di sua casa erano gentili segue una favola, a' suoi tempi creduta
uomini e guerrieri, e di non soperchia fatto storico, che Costanza si fosse mo-
ricchezza, ma per motto erano chiamati nacata, e dall'arcivescovo di Palermo,
Male/ami »; G. Vili. Vili, 39. Gualtieri Offiamilio, venisse tolta dal
107-108. rapiron « Cursus frater ad-
: chiostro. Cfr. Comm. Lips. HI, 77-79.

43. — Div. Comm., 8 a ediz.


674 [ciklo primo] Par. ih. 109-121 [costanza -c. to d> addio;

109 E quest'altro splendor che ti si mostra


dallamia destra parte e che s'accende
di tutto il lume della spera nostra
112 ciò eh' io dico di me, di so intende :

sorella fu, e così le fu tolta


di capo l'ombra delle sacre bende.
115 Ma poi che pur al mondo fu rivolta
contra suo grado e con tra buona usanza,
non fu dal vel del cor giammai disciolta.
118 Quest'è la luce della gran Gostanza,
che del secondo vento di Soave
generò il terzo, e l'ultima possanza. »
121 Così parlommi, e poi cominciò Ave, '

109. splendor ; cfr. Gonv. Ili, 14. Thom. preta vento per venuto, cioè venuto dalla
Aq.. Sum. theol. Ili, Suppl. 85, 1-3. casa di Svevia. Meglio il Blanc: « la po-
111. di tutto ecc « secundum quod : tenza impetuosa e passeggiera dei prin-
anima erit maioris claritatis secundum cipi della casa di Svevia, paragonata ac-
maius meritum, ita etiam erit differenza conciamente ad un vento impetuoso. »
claritatis in corpore» Thom. Aq., ibid., ;
- Soave: dal ted. Schwaben, la Svevia;
85, 1. In paragone di quella diPiccarda cfr. Parodi, Bull. Ili, 143.
« la virtù di Costanza era stata più gran- 120. il terzo: Federigo II. - ultima:
de. Piccarda, gentile di sangue, ma umile nel Oonv. IV, 3 D. chiama Federigo II
fanciulla, era fuggita da una casa feroce « ultimo Imperatore dei Romani » nes- :

e mondana, da una città divisa. Un desi- suno della casa di Svevia fu imperatore
derio, un bisogno di pace le aveva fatto dopo Federigo II, e dal 1250 al 1312
cercare la verde solitudine di Monticelli. l'impero per D. vacò, non essendo stato
Costanza preferì il chiostro agli splen- incoronato mai alcun imperatole in Ro-
dori del trono: la sua volontà iniziale ma. Osserva finamente il Capetti, o. e,
doveva essere stata più forte perchè più p. 22, che « in tutto il discorso tre volte
combattuta »; Capetti, o. e. ripigliato di Piccarda è ritratta la in-
112-114. intende : lo intende detto an- genua, candida anima sua la vergine
;

che di sé la mia storia è anche la sua.


; sorella dirò così, mantenuta sempre
è,
- sorella monaca. - così a forza, come
: : nel suo carattere. Vede e giudica il mon-
accadde a me. - l'ombra ecc.: la coper- do dal cielo, come giù dal chiostro o
tura del velo monacale. dalle case dei Tosinghi e se nei primi
;

116. contra ecc.: violentemente, e con- detti ricorrono le parole carità, piacer
tro il buon uso, che non permette a mo- di Dio, pace, volontà divina che quieta
nache professe di ritornare al secolo. ogni volere dei giusti, tornano qui e pa-
117. non fu dal vel ecc.: rimase sempre role e imagini che dipingono i gaudi
monaca nel cuore, serbando quivi sem- claustrali: dal mondo fuggi mi, vel suo
1

pre vivo l'affetto allo stato monacale. abito mi chiusi, dolce chiostra, sorella
« Avvegna che fosse in privazione del- fu, l'ombra delle sacre bende, il velo del
l' abito estrinseco, sempre lo suo cuore cuore, legame soave e perpetuo, come il
fue chiuso e velato dalle sopradette sa- giogo della carità. Il mondo, i regnanti
cre bende, quasi a dire che sempre ebbe i due Svevi per l'anima quasi spaurita

l'animo e la voglia alla vita promessa ancora, per 1' anima che letizia nell' e-
per suo voto » Lan. ; terno, sono vento, vento, ultima pos-
119. secondo vento di Soave Arrigo VI : sanza, grandezza rapidamente passata
imperatore, figlio di Federigo I, n. 1165, sulla terra, rapidamente scomparsa. »
m. 1197. - vento Fn inteso o come gloria
: V. 121-130. Il canto d'addio. Giunta
umana, o come onore degli Svevi, o co- alla fine del suo discorso, Piccarda in-
me superbia, per essere stato Arrigo VI tuona un' Av emaria, e cantando dispa-
superbo ed altiero né manca chi inter-
; risce colle altre anime beate sue compa-
[CIELO PRIMO] Par. ih. 122-130 [fulgore di b.] 675

Maria cantando e cantando vanìo


'
;

come per acqua cupa cosa grave.


12-1
La vista mia, che tanto la segnìo
quanto possibil fu, poi che la perse,
volsesi al segno di maggior disio,
12'
e a Beatrice tutta si converse ;

ma quella folgorò nel mio sguardo,


sì che da prima il viso non sofferse )

130 e ciò mi fece a domandar più tardo.

gne. D. guarda loro dietro e quando ; di nuovo e dell'e che affievolisce, smorza
non le può più vedere, rivolge lo sguardo e precipita.... Così ai nostri occhi le soavi
alla sua Beatrice ma il fulgore di questa
; figure lontanando dileguano nelle pro-
lo sopraffa per modo, ch'ei rimane come fondità azzurramente cupe dei cieli, e le
stordito, ed è costretto a sospendere per note del canto a mano a mano, benché
alcuni momenti il parlare. presto, si attenuano, e si perdono gli ul-
122. vanìo: svanì, disparve cfr. Virg., ; timi echi vibranti negli ultimi candori
Aen. II, 791 IV, 278 IX, 658.
; ; evanescenti per gli spazi infiniti » Ca- ;

123. per acqua: cfr. Purg. XXVI, 135. petti, o. e.


Esodo XV, 10. - cupa: profonda. « Nel- quanto possibil fu per breve tem-
125. :

l'ultimo verso la similitudine, coll'idea po, così come per breve tempo seguitia-
di cosa grave che in acqua cupa si la- mo a scorgere un oggetto grave che scen-
sci cadere, sarebbe per sé stessa, nel de per un'acqua profonda. - perse « poi :

contenuto suo, manchevole, perchè rap- che la mia vista perdette lei, che non la
presenterebbe solo e inefficacemente l'ef- potetti più vedere » Buti. Cfr. v. 12.
;

fetto sulla vista invece si fa potente,


; 12G. ai segno ecc. a B., oggetto per me
:

anche per l'udito cogli elementi formali, di più intenso desiderio.


coi bisillabi, quasi altrettanti spondei, 128. folgorò « accenna il divario gran-
:

che obbligano la voce, pure scorrendo, de, che suppone, tra lo splendore delle
a dividerli : colle variazioni vocaliche anime della Luna e quello di B. »; Lomb.
dell'a e dell'w mediane succedute all'o 129. il viso ecc. la mia forza visiva
:

iniziale (caduta del grave), e poi dell 'ci sulle prime non resse a tanto fulgore.
676 [CIELO P1UMO] Pak. iv. 1-10 [dubbi di dante]

CANTO QUARTO

CIELO PRIMO o DELLA LUNA


MANCANTI AI VOTI DI CASTITÀ

LA SEDE DEI BEATI, IL RITORNO DELLE ANIME ALLE STELLE


IL LIBERO ARBITRIO, VOTI INFRANTI E LORO RIPARAZIONE

Intra due cibi, distanti e moventi


un modo, prima si morrìa di fame,
d'
che liber uomo V un recasse ai denti :

sì si starebbe un agno intra due brame

di fieri lupi igualmente temendo ;


,

sì si starebbe un cane intra due dame.

Per clie, s' io mi tacea, me non riprendo,


dalli miei dubbi d'un modo sospinto,
poi ch'era necessario, né commendo.
10 Io mi tacea ; ma il mio disir dipinto

V. 1-9. Dubbi di Dante. Udito il dubius Perseus »; Ovid., Met. V, 164 sgg.
ragionamento di Piccarda, D. è com- - sì: così immobile, senza gittarsi su
battuto tra due dubbi ugualmente gravi l'una o l'altra dama '. - dame: dam-
'

e a lui ugualmente tormentosi, di guisa me, lat. dama o damma daino. « Cum=
che non sa quale abbia ad esprimere per canibus timidi venient ad pocula daru-
primo, e tace: silenzio naturale e che ma3»; Virg., Eclog. Vili, 28. -« Timidi
perciò non merita né biasimo uè lode. damma© cervique fugaces Nunc interqne
1-3. Intra due ecc. « si aliqua duo
: canes et circum tecta vagantur » Virg., ;

sunt penitus aeqnalia, non magis mo- Georg. Ili, 539 sg.
vetur homo ad unum quam ad aliud; 7-9. Per che ecc. per la qual cosa,
:

sicut famelicus si habet cibum sequali- il mio tacere non meritava nò biasimo
ter appetibilem in diversis partibus, et né lode essendo io egualmente stimo-
:

secundum sequalein distantiam, non ma- lato dai due dubbi, dovevo necessaria-
gis movetur ad unum quam ad alterum »; mente tacere e solo a ciò che l' uomo fa
;

Thom. Aq., Sum. theol. I, il, 13, 6. - mo- liberamente si può dar lode o biasimo.
venti d' un modo 1* appetito, sì « che non
: V. 10-27. 1 dubbi di D. indovinati
ci fosse motivo più per l'uno che per l'al- ed esposti da J5. D. tace, ma sul suo
tro » ; Tom. - liber dotato di libero arbi-
: volto è espressa la domanda che le lab-
trio. - recasse: Al. uom l'un si recasse.
: bra non proferiscono e B. (che d' al-
;

agno: lat. agnus, agnello; cfr. Par.


4-6, tra parte vedendo ogni cosa in Dio, co-
IX, 131; X, 94, -due brame: tra due nosce tutto ciò che passa nello spirito
famelici lupi, non sapendo da quale dei di D.) formula i due dubbi di lui, l'uno
due più. tosto fuggire. « Tigri s ut auditis circa l'origine dell'anima e il suo ri-
diversa valle duorum Exstimulata fame torno alle stelle 1' altro,
; come pòssa
mugitibus armentorum Nescit utro po- essere cosa colpevole e diminuire il me-
tius ruat, et mere ardet utroque Sic ; rito di un uomo il non compiere per la
[CIELO PRIMO] Par. iv. 11-27 [dubbi di dante] 677

m' era nel viso, e ?


1 domandar con elio,
più caldo assai che per parlar distinto.
13 Fé' sì Beatrice qual fé' Daniello,
Nabuccodonosor levando d' ira,
che 1' avea fatto ingiustamente fèllo*
10 e disse: « Io veggio ben come ti tira
uno e altro disio, sì che tua cura
sé stessa lega sì, che fuor non spira.
19 Tu argomenti :
'
Se il buon voler dura,
la violenza altrui per qual ragione
di meritarmi scema la misura'? '

22 Ancor di dubitar ti dà cagione

parer tornarsi 1' anime alle stelle


secondo la sentenza di Platone.
25 Queste son le question che nel tuo velie
pontano igualemente; e però pria
tratterò quella che più ha di felle.

violenza altrui un bene che egli ha pur le anime già esistevano nelle stelle, e
voluto e seguita entro di sé a volere che alla morte .dell' uomo tornavano alle
anche sotto la violenza. stelle medesime; cfr. Plat., Tim. ree.
11. con elio: col desiderio. Elio per lui Hermann, p. 41 A; e meglio, poiché di
vive nel linguaggio del popolo. qui probabilmente D. derivò quel che
13-15. Fé' sì ecc. Beatrice fece cosi
: dice della opinione platonica, Aug., Oiv.
coline (qual) fece il profeta Daniele, che Bei XIII, 19 opinione riprovata da D.
;

indovinò il sogno del quale il Re di Ba- per bocca di Beatrice, ma che a lui, à
bilonia si era dimenticato, e ne dette prima giunta, poteva sembrar confer-
l'interpretazione, calmando così l'ira di mata dal fatto di ritrovar ora le anime
Nabuccodonosor, che aveva ingiusta- nella Luna e nelle altre stelle.
mente comandato di uccidere tutti i suoi 25. velie termine latino, d' uso nel lin-
:

indovini, perchè non gli sapevano rac- guaggio scolastico == il volere, la volon-
contare il sogno da lui dimenticato (cfr. tà cfr. necesse e esse in Par. III, 77 e 79.
;

Daniele, II, 1-45) B. indovina i dubbi 26. pontano premono sulla tua vo-
:

segreti di D. e li scioglie, e in tal modo lontà, stimolandola ugualmente a chie-


tranquilla la mente agitata del P. - fèllo: dere spiegazione; cfr. Inf. XXXII, 3;
cattivo, iniquo; cfr. Inf. XI, 88. Purg. XX, 74.
16. ti tira: ti spinge a domandare. 27. che ha ecc. : che ha più fiele (felle
17-18. tua cura ecc.: le due parti del è latinismo), è più amara, più maligna.
pensiero, contrappesandosi, lo tratten- Così è detto della teoria di Platone, per-
gono e impediscono dall' esprimersi con chè contraria alia dottrina cattolica, per
parole. « Ille pedem referens et inutilis la quale l'anime sono create da Dio
inque ligatus Cedebat » Virg., Aen.
; ogni volta che si genera un corpo umano,
X, 794 sg. e propriamente quando il corpo stesso
19-21. buon voler: se la volontà per- è giunto a un certo punto di sua for-
dura nel proposito buono e solo 1' altrui mazione (Purg. XXV, 70 sgg.), e perchè
violenza m'impedisce di attuarlo intera- da quella teoria scenderebbero altre con-
mente, come è accaduto a Piccarda e seguenze a un cristiano inammissibili.
a Gostanza rispetto ai voti monacali, V. 28-63. La sede dei beati. B. com-
per qual ragione questa violenza esterna batte prima la dottrina platonica sul
diminuisce il mio merito? ritorno delle anime alle stelle. Tutti i
23-24. parer tornarsi ecc. Platone in-
: beati, ella dice, dimorano nell'Empi-
segnò che, prima che nei corpi umani, reo: ma si mostrano a D. in diverse
678 [CIELO PRIMO] Par. iv. 28-43 [SEDE DEI BEATI]

28 Dei serafin colui che più s' india,


Moisè, Samuel e quel Giovanni,
qual prender vuoli, io dico, non Maria,
31 non hanno in altro cielo i loro scanni ,
che quegli spirti che ino t' apparirò,
né hanno all' esser lor più o meno anni;
34 ma tutti fanno bello il primo giro,
e differentemente han dolce vita,
per sentir più e men 1' eterno spiro.
37 Qui si mostraron, non perchè sortita
sia questa spera lor, ma per far segno
della celestial e' ha men salita.
40
Così parlar conviensi al vostro ingegno,
però che solo da sensato apprende
ciò che fa poscia d'intelletto degno.
43 Per questo la Scrittura condescende

sfere solo per significare in modo con- luogo e nell'eternità loro è differenza,
creto, sensibile il loro diverso grado ma nella beatitudine » Land. ;

di beatitudine. Così conviene parlare al- 34-36. il primo giro l'Empireo, in cui
:

l' umano ingegno, perchè solo da sen- vivranno senza fine tutti i beati. La loro
sato apprende ciò che poscia fa degno vita però ha un diverso grado di dol-
d'intelletto. Per questo anche la Scrit- cezza, perchè sentono diversamente lo
tura Sacra parla delle mani e d'altre spirare di Dio, quella beatitudine che
membra di Dio, accomodandosi così al- Dio diffonde intorno a sé. Cfr. Thom.
l' umana capacità per questo la Chiesa
;
Aq., Sum,. theol. ILI, Suppl. 93, 2-3.
rappresenta gli angeli con aspetto uma- assegnata loro in sorte.
37. sortita:
no. Forse però il vero concetto di Pla- 38-39.per far segno: per significare
tone è diverso da quel che suonano le sensibilmente la sfera celestiale che ha
sue parole: si può infatti supporre ch'egli men salita, cioè l'infimo dei gradi nella
intenda parlare dell' influenza esercitata sfera stessa, nell'Empireo. - celestial:
dalle stelle sull'uomo; che è un fatto Al. spiritual: e in favore di spiritual,
:

sicuro. che il Tom. accettò spiegando « per far


28-32. s'india: si addentra nella vi- segno a te d'essere meno alti in meri-
sione di Dio. Nomina prima i serafini, to », ragionò Ronzoni, I fondam. del-
perchè sono sopra tutti gli angeli, Gonv. l' ordin. mor. d. D. C. ed una var. nel

II, 6 e Par. XXVIII, 98 sg. poi Moisè,


;
e. IV del Par. Monza, 1906, pp. 113 sgg.;

il massimo dei profeti, Deuter. XXXIV, ma cfr. Busnelli, Il conc. e l'ord. del Par.
10, al quale accoppia Samuele, secondo • dant. II, Città di Castello, 1912, p. 22 sg.

Gerem. XV, 1; quindi i due Giovanni, 40. Così per mezzo materiale e sensibi-
:

l' Evangelista, il discepolo che Gesù pre- le cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I. 84, 1, 6.
;

dilesse, Giov. XIII, 23 XIX, 26, ed il


;
41. da sensato « da oggetto sensibile
:

Battista, il maggiore tra i nati di donna, apprende quel che poi diviene intelligi-
Watt. XI, 11; finalmente la Vergine bile»; Tom. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol.
Madre, felta più. che creatura, Par. I, ir, 3, 3: « Operatio intellectus prseexi-
XXXIII, 2. Vuol dunque dire: I sommi git operationeni sensus ».
fra angeli e i santi del Par. non hanno 43-45. condiscende ecc. parlando del
:

la loro sede in un cielo diverso da quello braccio e dei piedi di Dio, la Sacra Scrit-
in cui l'hanno gli spiriti che or ora tura usa traslati tolti da cose corporee,
ti apparvero. - non Maria: non eccet- per adattarsi al modo umano d'intendere.
tuata neppure Maria. Thom. Aq., Sum. theol. I, 1, 9. « Con-
33. anni: « tutti sono eterni; non nel veniens est Sacrse Scripturas divina et
[CIELO PRIMO] Par. iv. 44-60 [sede dei beati] 679

a vostra facilitate, e piedi e mano


attribuisce a Dio, e altro intende;
46 e Santa Chiesa con aspetto umano
Gabriel e Micliel vi rappresenta
e l'altro che Tobia rifece sano.
19 Quel che Timeo dell' anime argomenta,
non
è simile a ciò che qui si vede,
però che, come dice, par che senta.
52 Dice che 1' alma alla sua stella riede,
credendo quella quindi esser decisa,
quando natura per forma la diede ;
55 e forse sua sentenza è d' altra guisa,
che la voce non suona ed esser può te ;

con intenzion da non esser derisa.


S' egl' intende tornare a queste rote
l'onor dell' influenza e il biasmo, forse
in alcun vero suo arco percuote.

spiritualia sub similitudinem corpora- 53. quindi : di qui, dalla stella. - de-
li ani tradere. Deus enim omnibus pro- cisa: staccata; cfr. Purg. XVII, 111.
videt secundum quod competit eorum 54. per forma la diede: al corpo, come
natura}. Est autem naturale homini ut forma vitale. « Forma hominis est anima
per sensibilia ad intelligibilia veniat, rationalis; materia autem homini est cor-
quia omnis nostra cognitio a sensu ini- pus »; Thom.Aq., Sum. theol.TL il, 164, y

tium habet. Unde convenienter in Sa- I. « Anima rationalis est forma sui cor-
cra Scriptura traduntur nobis spiritua- poris » ; ibid. I, 76, 1, 7, 8; cfr. ibid. I,
lia sub metaphoris corporalium. » Cfr. 90, 4; 91, 4, ecc.
Tertull., Adv. Marc. II, 16. S. Aug., In 55-57. forse ecc. può essere che l'opi-
:

Gen. XVII, ecc. - altro: da quel che nione di Platone sia diversa da quel che
suonano le parole. « Attributi immate- dicono, intese alla lettera, le parole di
rialidivini simboleggiati nelle mani e lui e che l'intendimento vero di essa
nei piedi » Gorn. ; non sia da deridere. Così nel Gonv. IV,
47-48. Gabriel : cfr. Purg X, 34; Par. 21 D. scrive: « Plato e altri vollero che
XXXII, 103 sgg. - Michel: cfr. Inf. esse [anime] procedessero delle stelle e
VII. 11; Purg. XIII, 51. - l'altro ecc.: fossero nobili più o meno secondo la no-
l' arcangelo Raffaele che rese la vista al biltà della stella. Pittagora volle che
vecchio Tobia; cfr. Toh. Ili, 25; VI, 16. tutte fossero d' una nobiltà.... Se cia-
Tutti e tre sono arcangeli. scuno fosse a difendere la sua opinione,
49. Timeo Piatone nel suo dialogo in-
: potrebbe essere che la verità si vedrebbe
titolato Timeo. - argomenta : circa la di- essere in tutte. »
scesa delle anime dalle stelle ed il loro 58-60. rote: i cieli, rotanti. Se Platone
risalire ad esse. Cfr. Oonv. IV, 21 e la intende, non già che le anime discen-
n. 55-57. dano dal cielo e ci ritornino, ma che
non è simile ecc. non è, come
50-51. : dalle stelle discendano influssi buoni o
ciò che vede qui nella luna, una figu-
si cattivi, per i quali le anime possano di-
razione o apparenza che adombri una venir virtuose o prave, ci sarebbe un
realtà differente, poiché par eh' egli cre- po' di vero nella sua sentenza, giacché
da {senta) realmente così come suonano * dai cieli discendono veramente influssi
le sue parole. siffatti, i quali, per altro, non ledono la
52. Dice: cfr. Tini., ed. cit., 41 A ; il libertà umana cfr. Purg. XVI, 73. Par.
;

passo platonico è riferito in Gomm. Lips. II, 67 n. «Nella volontà e nell'opere


Ili, 91. della volontà nulla natura o stella ci
680 [CIELO PRIMO] Par. iv. 61-72 [voti infranti]

CI
Questo principio, male inteso, tòrse
già tutto il mondo quasi, sì che Giove,
Mercurio e Marte a nominar trascorse.
64 L'altra dubitaziou che ti commove
ha men velen, però che sua malizia
non ti porìa menar da me altrove.
67 Parere ingiusta la nostra giustizia
negli occhi de' mortali è argomento
di fede, e non d'eretica nequizia.
70 Ma perchè può te vostro accorgimento
ben penetrare a questa ventate,
come disiri, ti farò contento.

hae che fare, però eh' è libera la volon- no. Che se Piccarda ha affermato che
tà»; Fra Oiord., Fred., Ed. Marmi, Costanza « non fu dal vel del cor giam-
p. 105. - onor: dogi' influssi buoni. - mai disciolta », che parrebbe afferma-
bi asm o: degl'influssi cattivi. zione di una volontà incroUabile, ciò va
61-63. Questo principio .... quasi: L'opi- inteso della volontà assoluta ma la vo- ;

nione che le anime discendano dalle lontà relativa e di Costanza e dell'altre


stelle e vi ritornino (interpretazione e anime cede ad maiora mala vitanda.
allargamento erroneo di un principio Della teoria dei voti religiosi, in questo
vero) traviò già quasi tutto il mondo e. e nel seg. si giova il P. per far risal-

antico, diffondendo la perversa opinione tare la dottrina dell'umana libertà nes- :

che le anime di uomini insigni, quali suna forza esteriore può piegare o de-
Giove, Mercurio e Marte, tornassero ad viare un'anima che con salda-mente vo-
abitare certe stelle e fossero poi degne glia conseguire uno scopo. Cfr. Thom.
di ricevere onori dovuti alla sola divi- Aq., Sum. theol I, 81 e 82 I, li, 6-21; ;

nità. - tutto il mondo quasi: il solo po- II, il, 88.


polo giudaico fece eccezione. - a nomi- 64. dubitaziou : termine scolastico.
nar: a dare ai pianeti i nomi degli uomini 66. da me altroie : la dottrina plato-
insigni, le cui anime credeva fossero da nica, professata da Origene, Nemesio,
essi venute e in essi ritornate, Al. in- Prudenzio e da altri teologi cristiani,
tendono nominare per invocare-, e al- eia stata condannata, come eretica, dal-
cuno congetturò numinar ', che sa-
' l'autorità ecclesiastica nel Concilio di
rebbe neologismo tutto dantesco, foggia- Costantinopoli dell'anno 540; circa i voti
to sul lat. numen, numìnis per signi- infranti essa autorità non si era ancor
ficare fece numi, deificò '. « Deos enim
'
pronunziata in modo definitivo.
octo esse dicit Xenocrates quinque eos
;
67-72. nostra : celeste ; cfr. Thom. Aq.,
qui in stellis vagis hominantur » ; Cic, Sum. Senso: Il
theol. Ili, Sappi., 89, 1.
De nat. Deor. I, 13. fatto, in genere, che la divina giustizia
V. 64-117. I voti infranti. L'altro paia ingiusta agli occhi degli uomini
dubbio che occupava la mente di D. era : deve confermarli nella necessità della
Se il voto non s'adempie per colpa del- fede, non condurli a opinioni eretiche :

l'altrui violenza, perchè scema il merito? il credente deve sapere (Rom. XI, 33
B. argomenta: È vero che le anime di sgg.) che i giudizii di Dio sono incom-
Piccarda, di Costanza, ecc. non con- prensibili, e perciò non deve presumere
sentirono al male ma neppure vi si op-
; d'indagarne e scoprirne le ragioni. Po-
posero colla dovuta energia, né lo rime- trei dunque non farti alcuna dichiara-
diarono, ritornando, quando potevano, zione circa il caso speciale di giustizia
al chiostro. Volontà non s'ammorza, se divina avente apparenza d' ingiustizia,
non vuole. Esse non ebbero la volontà per il quale ti è sorto nell'animo un dub-
incrollabile che tenne S. Lorenzo fermo bio (cfr. vv. 19 21); ma giacché in que-
su la grata e che fece Muzio severo alla sto caso trattasi di verità a cui anche
sua mano però il loro merito non è pie-
;
l'umano intelletto può penetrare, sodi-
[CIELO PRIMO] Par. iv. 73-85 [voti infranti] 681

73 Se violenza è quando quel che paté


niente conferisce a quel che sforza,
non fur quest'alme per essa scusate;
70 che volontà, se non vuol, non s'ammorza,
ma fa come natura face in foco,
se mille volte violenza il torza.
79 Per che, s'ella si piega assai o poco,
segue la forza; e così queste fero,
possendo ritornare al santo loco.
82 Se fosse stato lor volere intero,
come tenne Lorenzo in su la grada,
e fece Muzio alla sua man severo,
85 così le avrìa ripinte per la strada

sferò il tuo desiderio. Questa fra le molte desima al luogo suo ; ad altro luogo non
interpretazioni date dei vv. 67-72 pare inclina, se per violenza noi fa ; e se vi
a noi, come già all'Albini (Lect. D., 23) pur va, sì vi sta poco, se per. forza non
la preferibile ma non vogliamo tacere
; è tenuta » ; Fra Giord., Pred., Ed. Mo-
essere in realtà i vv. 67-69 tutt'altro clie relli, II, 145.
facili a intendersi e in sé stessi e nel 79. s'ella si piega ecc. se la volontà :

collegamento con ciò che precede e con cede assai o poco, essa accondiscende
ciò che segue. - Argomento qui vale ar- poco o tanto, alla violenza, e concorre
gomentazione che porta a una certa con- cosi alla riuscita dell'atto violento.
clusione. - accorgimento: l' intelletto. 81. al santo loco: al monastero, onde
73. paté patisce, soffre cfr. Par. XX,
:
;
erano state tratte con violenza. Costan-
31, 94. Parodi, Ball. Ili, 124. Se perchè za, rimasta vedova nel 1197, vi sarebbe
sia vera ed intera la violenza, bisogna che potuta rientrare; ma Riccarda? D. potè
lo sforzatonon contribuisca punto colla conoscere della vita di lei qualche par-
sua volontà al violentatore, le anime di ticolare a noi ignoto, per il quale le con-
cui parliamo, non ebbero in tutto scusa venisse ciò che qui B. afferma.
di vera violenza; anzi in qualche modo 82. intero sempre nella pienezza del
:

mostrarono di assecondarla, di adattar- vigore.


visi, quando, potendo, non tornarono al 83. Lorenzo martire, diacono di Roma,
:

chiostro. Cfr. Aristot.,Eth. Ili, 1. Thorn. soffrì il martirio ai tempi di Valer iano

Aq., Sum.
theol. II, n, 175, 1. (258). Impostogli dal prefetto di Eoma
niente conferisce: non dà alcun
74. di consegnare il tesoro della Chiesa, gli
contributo o aiuto, non favorisce. menò i poveri ed infelici, dicendo questi
76. volontà ecc.: « coactionis necessitas essere il tesoro di essa. Fu straziato a
omnino repugnat voluntati»; Thom. Aq., colpi di frusta e di bastone per mano del
Sum. theol. I, 82, 1 cfr.I, n, 6, 4-5. - non
; carnefice, quindi posto sopra una grati-
s'ammorza non cessa metaforicamente
: ; cola (grada), sotto la quale erano carboni
dal cessare che fa il fuoco smorzandosi. accesi. Soffrì questo supplizio con ammi-
77-78. in foco: che ad onta di ogni rabile costanza, deridendo i carnefici e
violenza torna pur sempre, appena la pregandoli di rivoltarlo sulla gratella,
violenza cessi, per naturale, indomabile perchè tutte le parti del suo corpo fos-
impulso, a tendere all'alto verso la sua sero egualmente arrostite cfr. Breviar. ;

sfera; cfr. Purg. XVIII, 28 sg. Par. I, Rom. ad IO Augusti.


141. Conv. HI, 3. DeMon. I, 15. Ovid., 84. Muzio C. Mucius Cordus Scaevola,
:

Met. XV, 242 sg. - torza torca violen- : il giovine romano, che si arse quella
temente. « La forma toscana sarebbe mano che aveva errato a ferire, quando
torcia da un indie, tordo di tipo pisano- egli aveva voluto uccidere Porsenna che
lucchese »; Parodi, Bull. Ili, 102. - «Di- assediava Roma. Cfr. Tit. Liv. II, 12 sg.
cono che ogne cosa la quale è fuori del Conv. IV, 5. De Mon. II, 5.
suo luogo naturale, sì ritorna per se me- 85-86. così ecc. : così se era '
intera ',
682 [CIELO primo] l'Ali, iv. 86-105 [voti infranti]

ond'eran tratte, come fuoro sciolte ;

ma così salda voglia è troppo rada.


ss E per queste parole, se ricolte
l'hai come dèi, è l'argomento casso
che t'avria fatto noia ancor più volte.
91 Ma or ti s'attraversa un altro passo
dinanzi agli occhi tal, die x>er te stesso
non usciresti pria saresti lasso.
;

94 Io t' ho per certo nella mente messo

ch'alma beata non porla mentire,


però eh 'è sempre al primo vero appresso ;

97 e poi potesti da Piccarda udire


che l'affezion del vel Gostanza tenne,
ch'ella par qui meco contradire.

100 Molte fiate già, frate, addivenne,
che, per fuggir periglio, contr'a grato
si fé' di quel che far non si convenne ;

103 come Almeone, che, di ciò pregato


dal padre suo, la propria madre spense,
per non perder pietà si fé' spietato.

la volontà, avrebbe ricondotte quelle sapienza in queste criature»; Fra Giord..


donne al chiostro, subito che furori li- Pred., Ed. Manni, p. 262.
bere d'agire, non più impedite dall'altrui 94. Io t'ho ecc. ti ho detto come cosa
:

violenza. certa Par. ITI, 31 sgg. Cfr. Thom. Aq.,


;

88-89. se ricolte ecc.: se le hai ascoltate Summa cont. gent. IV, 92.
con la debita attenzione e ben comprese. 96. alprimo vero a Dio, fonte del vero.
:

- l'argomento: l'argomentazione enun- 97. udire: Par. ni, 115-117.


ciata nei vv. 19 sgg., e in termini più 98. tenne serbò affetto allo stato mo-
:

generali nei vv. 67 sg. - casso: cancel- nacale, epperò ebbe sempre la volontà
lato, distrutto cfr. Par. H, 83. Ben dice
; d' esser monaca.
V Albini, Lect. P>., p. 24 che i vv. 73-89, 99. ella : Piccarda. - contradire aven- :

dove la forza e la saldezza logica son lu- doti io detto che queste don uè aderirono
meggiate da similitudini vive e potenti, al volere de' loro rapitori. Ora se la con
sono « un beli' esempio dello scrivere tradizione fosse reale, l'ima o l'altra di
insegnativo dantesco, fatto di numerate noi due si scosterebbe dal vero, cioè men-
e precise espressioni e sparso di poesia, tirebbe.
schiettissimo acciaio con riflessi e river- 101. contr' a grato a malgrado, di :

beri d'oro ». mala voglia. Spesso, per evitare un pe-


90. noia: molestia, tormento di pen- ricolo, la possibilitàd'un male grave, si
siero. fa ciò che non
conviene. « Qui tocca
si
presenta al-
91-93. ti s'attraversa ecc.: si della voglia rispettiva, eh 'è mezzo tra
latua mente un'altra difficoltà, così gran- lo appetito volontario assoluto, e lo in-
de che non la potresti sciogliere da te, volontario semplicissimo»; Ott.
ma, prima di giungere alla soluzione, ti 103-104. Almeone ecc. che per ubbi- :

stancheresti. - non usciresti: « Non è dire al padre uccise la madre Eri file ;

cosa nulla sì vile, che si ne possa ren- cfr. Purg. XII, 49 sg. - padre Anfia- :

dere sufficiente ragione, che io non vi rao, cfr. Puf. XX, 31 sgg.
facessi mille questioni, e non ne sapresti 105. pietà: verso il padre. - spietato :

uscire, tanto abisso ha Iddio posto di verso la madre. « Ultusque parente na-
[CIELO PRIMO] Par. iv. 106-117 [voti infranti] 683

106 A questo punto, voglio che tu pense


che la forza al voler si mischia, e fauno
sì, che scusar non si posson l'offense.
.109 Voglia assoluta non consente al danno,
ma consentevi in tanto, in quanto teme,
se si ritrae, cadere in più affanno.
112 Però quando Piccar da quello espreme,
della voglia assoluta intende, ed io
dell'altra; sì che ver diciamo insieme. »
115 Cotal fu l'ondeggiar del santo rio
eh' uscì del fonte ond'ogni ver deriva;
tal puose in pace uno e altro disio.

rentem Natus erit facto pius et scelera- sono miste, ed anzi volontarie che in-
tue Ovid., Met. IX, 407 sg.
eodem » ;
volontarie ». E S. Tomm. 1. e. : « Id
106. A questo punto in questo fatto
: quod per metum agitur in se conside-
del cedere alla violenza « per fuggir pe- ratum non est voluntarium, sed fìt vo-
Dob-
riglio ». - pense: pensi, rifletta. « luntarium in casu, scilicet ad vitandum
biamo sapere che sono due volontà : malum quod timetur. »
l'una assoluta, la quale non può volere 112. espreme: esprime; cfr. Parodi,
lo male e l' altra respettiva, la quale
;
Bull. Ili, 151. Quando Piccarda dice di
vuole minor male per cessare lo mag- Costanza, ch'ella non consentì mai alla
giore e così può l'uomo volere con vo-
;
sofferta violenza, ella intende della vo-
lontà respettiva quel che non vorrebbe lontà assoluta (del volere simpliciter), io
secondo la volontà assoluta. Ma può es- della volontà relativa, o mista, o con-
sere che l'uomo s'inganni nel discernere dizionata (del volere secundum quid) ;
qual sia maggior male e qua! minore, e epperò ambedue diciamo il vero.
allora si fa quello che non si de', come 115-117. Cotal fu l'ondeggiar ecc. tale :

fece Gostanza, che elesse lo minor bene fu il ragionamento di Beatrice, la quale


parendole fuggire maggior male che non attingeva direttamente a Dio, fonte di
fuggitte e che non arebbe fuggito, se ogni verità. - fonte « Sequitur quod non
:

avesse seguitato lo maggior bene. E però solum in ipso [Deo] sit veritas, sed quod
ò vero che Gostanza colla volontà asso- ipse sit ipsa summa et prima veritas....
luta sempre tenne la religione ma colla;
Omnis apprehensio intellectus a Beo est »;
respettiva no; e però vero dico io Bea- Thom. Aq., Sum. theol. I, 16, 5 e cfr. I, ;

trice che intendo della volontà respet- il, 3, 7. - tal ecc.: siffatto ondeggiare del
tiva, e vero disse Piccarda che intese santo rio, siffatto ragionamento di Bea-
della volontà assoluta. E così è soluto trice sciolse i miei dubbi, appagò i due
lo dubbio»; Buti. Cfr. Aristot., Eth. Ili, desiderii (v. 17). « Presa l'imagine che
1. Thom. Aq., Sum. theol. I, li, 6, 4-6. la verace sapienza scorre come ruscello
107-108. si mischia ecc.: forza e vo- dalla sorgente immensa, imagine schiet-
lontà si uniscono, e uniti, per quel tanto tamente dantesca (e ricordiam pure con
che c'è di volontà, le offense (offese a Pietro Alighieri i due gliconèi iniziali
Dio, peccati) che si hanno in ciò che ne d'uno de' metri di Boezio, Be consol.
consegue, non si possono scusare. « Ad phil. Ili, 12 Felix qui potuit boni fon- j

id quod agitur per metum, voluntas ti- tem visere lucidum), V ondeggiar dice
mentis aliquid confert »; Thom. Aq., convenientemente e vivamente il venire
Sum. theol. I, n, 6, 6. di quella sapienza a irrigare l'anima de-
109. Yoglia ecc.: la volontà, in tali casi, siderosa »; Albini, Bect. B., p. 29.
non acconsente al male in modo asso- V. 118-142. Un nuovo dubbio. D. si
luto, ma vi acconsente in modo relati- dichiara gradissimo a B. degli insegna-
vo, in quanto, se non acconsentisse, te- menti ricevuti; ma soggiunge subito
me mali maggiori. Già Aristot., 1. e. : che, come in generale avviene che dalla
« Quelle cose che si fanno per timore cognizione di un vero nascano nuovi
684 [CIELO PRIMO] Par. iv. 118-131 [nuovo dubbio]

118 « amanza primo amante, o diva»


del
diss'io appresso, « il cui parlar m'inonda
e scalda che più e più m'avviva,

121 non è l'affezion mia tanto profonda,
che basti a render voi grazia per grazia ;

ma quei che vede e puote a ciò risponda.


124 Io veggio ben che giammai non si sazia
nostro intelletto, se '1 ver non lo illustra
di fuor dal qual nessun vero si spazia.
127 Posasi in esso come fera in lustra,
tosto che giunto l' ha ; e giugner puollo :

se non, ciascun disio sarebbe frustra.


130 Nasce per quello, a guisa di rampollo,
a pie del vero il dubbio ed è natura -,

dubbi, così nella mente di lui, dopo che titatem. Et sic licet plures sint essentiae
le sono state chiarite alcune verità, è vel formae rerum, tamen una est veritas
sorto il desiderio di vedersene chiarita divini intellectus, secundum quam om-
un'altra, cioè se l'uomo possa soddisfare nes res denominantur verae » Thom. ;

con altre opere buone ai voti da lui non Aq., Sum. theol. I, 16, 6.
adempiuti. Beatrice si mostra lietissima 127. lustra: tana, covile; lat. lustrum.
di soddisfare la nuova curiosità di D. ; Come la belva si riposa nella sua tana,
ma la risposta sua è nel canto successivo. raggiunta che l'abbia, così l'intelletto
118. amanza ecc. donna amata da Dio,
: umano si riposa in Dio. «La divina scien-
donna celeste, divina. za, che piena è di tutta pace.... perfet-
119. m'inonda : « applica al parlar di tamente ne fa il Vero vedere, nel quale
Beatrice, riguardo a sé medesimo, l' ef- si cheta l'anima nostra»; Conv. II, 15.
ficacia dell'acque e del Sole ad avvivare Cfr. Par. XXVIII, 108. Thom. Aq., Sum.
piante ed erbe: dell'acqua colVinnonda- theol. I, 19, 1.
re, coli' innaffiare, e del Sole col riscal- 129. frustra: avverbio latino inva- =
dare»', Lomb. no. « Si intellectus rationalis creatura}
121-123. non è ecc. non sono atto a
: pertingere non possit ad primam cau-
rendervi grazie degna della grazia che santi rerum, remanebit inane desiderium
voi mi fate, perchè la forza affettiva naturai»; Thom. Aq., Sum. theol. 1, 12, 1.
con che io sento la gratitudine è grande, La frase sarebbe frustra non è se non
' '

ma pur sempre inadeguata ad essa gra- una semivolgarizzazione della frase sco-
zia; cfr. Virg., Aen. I, 600 sgg. - pro- lastica esset frustra '.
'

fonda: « sufficiens et digna»; Benv. - voi: 130. per quello per il detto desiderio
:

a voi. - quei: Dio vi ringrazi per me naturale dell'intelletto umano di giun-


degnamente. gere al Vero supremo, al Fonte ond'ogni
124-126. non sazia ecc.: l'intelletto
si ver deriva (v. 116). « Il dubbio buono e
umano non si sazia mai, se non è illu- fecondo, quello che viene da istinto di
minato dalla verità di Dio, fuor della natura, e che serve all' ascensione del-
quale non si stende (si spazia) vero al- l' anima umana, è il dubbio che nasce

cuno. « Si loquamur de verìtate, prout a piedi del vero, ed è germe di quello. Se


exsistit in intellectu secundum propriam V uomo dubita, il genere umano crede ;
rationem, sicinmultisintellectibus orea- se l'uomo esita, 1' umanità procede; se
tis sunt multae veritates, et in uno et alcuni uomini si dividono tra sé, la fa-
eodem intellectu secundum plura cogni- miglia umana si aduna in sé stessa più e
ta.... Si vero loquamur de veri tate se- più intimamente » Tom. - a guisa come
; :

cundum quod est in rebus, sic omnes ai piedi degli alberi nascono i rampolli.
sunt verao una prima ventate, cui unum- 131. natura impulso naturale. « Natu-
:

quodque assimilatur secundum suam en- raliteraccidit, quod, cognito uno vero per
[CIELO PRIMO] Par. iv. 132-142 [nuovo dubbio] 685

che al soniino pinge noi di collo in collo,


133 Questo m'invita, questo m'assicura
con riverenza, donna, a dimandarvi
d' un' altra verità che ni' oscura.
136 Io vo' saper se l' uom può satisfarvi
ai vóti manchi sì con altri beni,
ch'alia vostra staterà non sien parvi. »
139 Beatrice mi guardò con gli occhi pieni
d'amor, con sì divini,
di faville
che, vinta, mia virtù diede le reni,
142 e quasi mi perdei con gli occhi chini.

intellectum, oriatur dubium aliquod pe- 136-137. Io vo' saper ecc. desidero di :

nesilludverum, et sioverumintelligendo sapere, se si ammette in cielo commu-


et dubia habendo disciturscientia grada- tazione di voti problema ampiamente
;

tim » Postili. Gass.


;
discusso da San Tommaso, Sum. theol.
132. di collo in collo: di grado in gra- II, ir, 88, 10 sg.
do, da nn vero all' altro. Collo per colle 138. ehe alla vostra staterà: che se-
usarono gli antichi Bull. Ili, 118. « Ve-
; condo la infallibile bilancia (staterà =
dere si puote che l'uno desiderabile sta stadera) di voi, membri della Corte ce-
dinanzi all' altro agli occhi della nostra leste (cfr. v. 67) non sieno trovati piccoli
anima per modo quasi piramidale, che '1 (parvi), insufficienti.
minimo li copre prima tutti, ed è quasi 140. con sì divini : Al. : così divini.
punta dell' ultimo desiderabile, ch'è Dio, 141. vinta, mia virtù ecc.: la mia virtù
quasi base di tutti. Sicché quanto dalla visiva, vinta dal fulgore di B., dovette
punta vèr la base più si procede, mag- cedere, cioè rinunziare a mirar lei; il
giori appariscono li desiderabili; e quest'è qual cedere, con imagine tolta dal lin-
la ragione perchè, acquistando, li desi- guaggio della guerra, donde viene an-
deri umani si fanno più ampi V uno ap- che il vocabolo vinta, è espresso con dar
presso l'altro»; Conv. IV, 12; cfr. Boet., le reni =darsi alla fuga. Al. che, vinta :

Cons. phil. IV, pr. 6. mia virtù, diedi. Ma non è forse ridicolo,
133-135. Questo ecc. : questo, cioè la o poco meno, un D. che, non pago di
possibilità, anzi la necessità impellente, chinar gli occhi, bruscamente voltasse
che l'uomo sente, di elevarsi via via, le spalle alla celeste guida? Eppoi anche
attraverso a sempre nuovi dubbi, da ve- nei primi 3 vv. del e. sg., B. indicherà
rità a verità fino a giungere alla Verità quale effetto del proprio fulgore sul P.,
Prima, m'invita, anzi m'incoraggia a solo l' aver ella vinto il valore degli oc-
farvi ancora, senza mancarvi di reve- chi di lui, non altro.
renza, una domanda circa un'altra verità 142. quasi mi perdei ecc. dovei abbas- :

che non vedo chiara. sar gli occhi e mi sentii come smarrito.
6Xti [CIELO I'JtIMO] l'Alt. V. 1-11 [amor divino]

CANTO QUINTO
CIELO PRIMO o DELLA LUNA
MANCANTI AI VOTI DI CASTITÀ

SANTITÀ DEL VOTO E POSSIBILITÀ DI PERMUTAZIONE


SALITA AL SECONDO CIELO

CIELO SECONDO O DI MERCURIO


SPIRITI ATTIVI E BENEFICI

GIUSTINIANO IMPERATORE

« S'io ti fiammeggio nel caldo d'amore


di là dalmodo che 'n terra si vede,
sìche degli occhi tuoi vinco il valore,
non ti maravigliar ) che ciò procede
da perfetto veder, che, come apprende,
così nel bene appreso move il piede.
Io veggio ben sì come già risplende
nello intelletto tuo l'eterna luce,
che, vista sola, sempre amore accende;
10 e s' altra cosa vostro amor seduce,
non è se non di quella alcun vestigio

V. 1-15. La fiamma dell'amor di- della mia vista, che quanto più percepi-
vino. B. spiega a D. perchè ella si mo- sce della divina luce, tanto più vi si ad-
stri più sfavillante del solito. Il suo è dentra, e ne diviene sfolgorante. Questa
splendore di celeste letizia e carità; è interpretazione è confermata dai passi
gioia del vedere e apprendere il bene biblici concernenti lo splendore della
supremo, Iddio; ed ora ella esulta ac- faccia di Mosè cfr. Esod. XXXIV,
;

corgendosi che la divina luce penetra già 28 sg. Deut. XXXIV, 10. II Cor. in,
anche nella mente di D. e la innamora 7. Thom. Aq., Sum. theol. III, Suppl.
di sé. Dopo di che B. ripete la domanda 85, 1. Eju8d., Comp. th., 165. AL, non
propostale dal P. coi vv. 136-8 del e. IV. bene, riferiscono il perfetto vedere a D.
1-2. S'io ti ecc.: s'io mi mostro a te 8-9. l' eterna luce ecc. il lume del vero
:

splendente ne' raggi dell' amor divino ol- e del bene eterni, supremi (il lume di
tre 1' uso e la condizione umana. Cfr. V. Dio) il quale, una volta veduto, come
;

N., § 21, son. 11 e §26, son.l5.(7onv.III,15. è proprio del vero e del bene, accende
3. degli occhi tuoi.... il valore: la forza amore di sé; amore di necessità per-
del tuo sguardo, che non può reggere a petuo, essendo il vero e il bene stessi
tanto splendore ; cfr. Par. IV, 139 sgg. perfettissimi e immutabili.
5. da perfetto veder: dalla perfezione 11-12. di quella: dell'eterna luce. -
[CIELO PRIMO] Par. v. 12-27 [santità bel voto] 687

mal conosciuto che quivi traluce.


18 Tu tuo' saper se con altro servigio,
per manco vóto, si può render tanto,
che l'anima sicuri di litigio. »
16 Sì cominciò Beatrice questo canto ;

e sì com' uom che suo parlar non spezza,


continuò così '1 processo santo :

19 « Lo maggior don che Dio per sua larghezza


fèsse creando, ed alla sua bontate
più conformato, e quel ch'ei più apprezza,
22 fu della volontà la libertate,
di che le creature intelligenti
e tutte e sole fuoro e son dotate.
25 Or ti parrà, se tu quinci argomenti,
l'alto valor del vóto, s'è sì fatto,
che Dio consenta quando tu consenti j

quivi: nell'altra cosa, cioè nei fallaci beni 17. non spezza: non interrompe. In
della terra. L' anima deU' uomo desidera senso inverso Virg., Aeri. IV, 388 « His :

naturalmente solo il bene ed il vero se : medium dictis sermonem abrumpit ».


dunque l' uomo corre dietro al male ed 18. processo: continuò
del discorso;
al falso, lo fa perchè si lascia sedurre senz'altro il suo santo ragionamento.
da qualche traccia del bene e del vero 19. Lo maggior dono ecc. : « Primum
assoluti, la quale è pur nei beni fallaci, principium nostra libertatis est libertas
in quanto l'idea divina splende più o arbitrii..,. Hsec libertas, si ve principium
meno in tutte le cose (Par. XIII, 52-54) ; hoc totius libertatis nostra, est maxi-
traccia che si può dire mal conosciuta mum, donum humance naturce a Deo col-
dall' uomo, in quanto egli, stoltamente, latum; quia per ipsum hic felicitamur
non la crede mera traccia, ma giudica e ut homines, per ipsum alibi felicitamur
crede un vero e un bene intero il male e ut Dii »; De Mori. I, 12.
il falso in cui essa apparisce. Cfr. Thom. 21. conformato « Dice che questo è il
:

Aq., Sum. theol. I, 60, 2 ; I, il, 78, 1. dono più conforme alla divina bontà, per-
Arist., De An., 3. Purg. XVI, 85-93. chè veramente il poter peccare è insieme
Tu vuoi saper ecc. tu desideri
13-15. : la facoltà diben meritare, la possibilità
sapere se 1' uomo può compensare con del dolore è la possibilità della gioia » ;

altra offerta, eh' è servigio reso a Dio, il Tom. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 83.
voto non adempiuto (manco), sì che renda 23. creature intelligenti: angeli e uo-
l'anima sicura, libera da ogni contrasto mini. « Neque enim fuerit ulla rationa-
colla divina giustizia; se pure, conte altri lis creatura, quin eidem libertas adsit
vuole, non si accenni qui ai contrasti che arbitrii»; Boet., Cons. phil. V, pr. 2.
alla morte dell' uomo sono suscitati dai 24. tutte e sole tutte le creature intel-
:

demoni, come si narra in Inf. XXVII, ligenti, ma soltanto esse, le altre no. -
e Purg. V
(cfr. Bull. Vili, 117). fuoro e son furono dotate, quando Dio
:

V. 16-33. La santità del voto. Il le creò, e sono dotate anche dopo la


massimo dono all' uomo è la
fatto da Dio colpa del primo padre; cfr. Thom. Aq.,
libertà del volere, libero arbitrio. Fa-
il Sum. theol. I, 59, 3; 83, 2; I, li, 1, 1.
cendo il voto eh' è vincolo della libera 25. ti parrà: ti apparirà, ti si manife-
volontà determinato da un atto di essa, sterà. - quinci : da questo che ti ho det-
l'uomo dunque fa sacrificio a Dio del to, cioè dal fatto che la libertà del volere
massimo suo bene qual compensazione
: è il maggior dono di Dio all'uomo.
potrebbe egli perciò dare in cambio del 26-27. sì fatto ecc. : tale, che alla pro-
voto? messa dell'uomo conceda la sua approva-
688 [CIELO primo] Pah. v. 28-43 [permutazione]

28 che nel fermar tra Dio e l'uomo il patto


vittima fasfli di questo tesoro,
tal qual io dico ; e tassi col suo atto.
?,l
Dunque che render puossi per ristoro 1
Se credi bene usar quel e' hai offerto,
di mal tolletto vuoi far buon lavoro.
34 Tu se' ornai del maggior punto certo ;

ma perchè Santa Chiesa in ciò dispensa,


che par contra lo ver ch'io t'ho scoperto,
37 convienti ancor sedere un poco a mensa,
però che il cibo rigido e' hai preso,
richiede ancora aiuto a tua dispensa.
40 Apri lamente a quel ch'io ti paleso,
e fermalvi entro che non fa scienza, }

sanza lo ritenere avere inteso.


43 Due cose si convegnono all' essenza

zione, ossia la accetti, Iddio ; cfr. Thom. 1° la convenenza o convenzione che si fa


Aq., Sum. theol. II, il, 88, 1 sg. con Dio, il patto cioè di far sacrifìcio
28. nel fermar ecc.: nel far il voto, che della propria libera volontà 2° la ma-
:

è patto o convenzione tra 1' uomo e Dio. teria rispetto alla quale si sacrifica la
29. di questo tesoro della libera volon-
: volontà. La convenenza è intangibile la ;

tà. « ISTel voto s'obliga la volontà dell'ar- "materia si può mutare con altra, purché
bitrio a Dio imperò che la promissione
; questa superi la prima di valore di che ;

obliga la voluntà » ; Buti. dev' essere giudice ed arbitra l' autorità


30. tal così prezioso com' è stato detto
: della Chiesa. Vi sono però, conclude B.
nei vv. 19-22. - col suo atto con un atto : materie tali, che non possono per il loro
della stessa libera volontà. « Ad votum impareggiabile valore sostituirsi con al-
tria ex necessitate requinmtur: primo tre. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. II, n,
quidem deliberatio secundo propositum
; 88, 3, 11.
voluntatis tertio promissio, in qua per-
; 34. del maggior punto che : il voto per
fìcitur ratio voti. Supera dduntur vero sé stesso non ammette compensazione.
quandoque et alia duo ad quamdam vo- 35. in ciò: nel fatto dei voti.
ti confirmationera, scilicet pronùntiatio 37. sedere starmi a udire. « Oh beati
:

oris, et iterum testimonium aliorum » ; quei pochi che seggono a quella mensa
Thom. Aq., Sum. theol. II, li, 88, 1. dove il pane degli angeli si mangia » !
;

31. ristoro: compenso. Come potrebbe Conv. I, 1.


l'uonfo surrogare al voto un'altra cosa 38. rigido: duro, difficile a digerirsi.
degnamente, nulla essendovi così pre- « Durus est hic sermo »; Johannes VI, 61.
zioso come la libera volontà? 39. dispensa: digestione, la quale di-
32-33. Se credi ecc.: se credi usar bene, spensa i cibi per vari canali. Senso af- :

cioè in altra opera che sia da dir buo- finchè tu possa pienamente intendere.
na, la libertà del volere offerta a Dio, « Quasi dicat indiget adhuc declara-
:

tu vuoi fare buon lavoro, buona opera, tione circa dispensationem voti » Benv. ;

di cosa malamente tolta e rubata altrui 41. fermalvi entro fissalo bene dentro
:

(per mal tolletto cfr. Inf. XI, 36). la mente. - non fa ecc.: sentenza platoni-
V. 34-63. Dispensazione e permu- ca sapere non è altro che ritenere le noti-
:

tazione. Eppure, soggiunge B., la Chie- zie ricevute di cosa alcuna. «Più suol far
sa concede dispensa dai voti, che sembra prode, se tu ritieni in memoria pochi co-
contradire a ciò che s' è ora dimostrato. mandamenti di sapere, ed averli in pron-
Come mai? Due sono gli elementi o le to e in uso, che se tu impari molto e non
parti essenziali che costituiscono il voto : tenessi a mente niente »; Albertano I, 50.
[CIELO PRIMO] Par. v. 44-60 [permutazione] 689

di questo sacrificio : l' una è quella


di che si fa ; V altra è la conveuenza.
4G Quest' ultima giammai non si cancella,
se non servata, ed intorno di lei
sì preciso di sopra si favella.
49 Però necessità fu agli Ebrei
pur l'offerére, ancor che alcuna offerta
si permutasse, come saper dèi.
52 L'altra, che per materia t'è aperta,
puote ben esser tal, che non si falla,
se con altra materia si converta.
55 Ma non trasmuti carco alla sua spalla
per suo arbitrio alcun, sanza la volta
e della chiave bianca e della gialla;
58 e ogni permutanza creda stolta,
se la cosa dimessa in la sorpresa
come il quattro nel sei non è raccolta.

44. sacrificio: del libero arbitrio, sa- deve mai compierla di suo arbitrio, bensì
crificio che si compie col voto, vv. 28 sg. con la licenza delle potestà ecclesiasti-
45. di che si fa: il soggetto, la ma- che. Il legame del voto è considerato
teria del voto, come la verginità, il digiu- come un obbligo che V uomo si è impo-
no, ecc. - la convenenza la convenzione, : sto verso Iddio e al cui adempimento
o patto che l'uomo fa con Dio, promet- egli è tenuto, sempre che chi rappresen-
tendogli ,di rinunziare al piti grande dei ta l'autorità di Dio, non gli faccia qual-
doni di Lui, che è la libera volontà. che concessione. « Votum est promissio
46. non si cancella rimane sempre. La
: Deo facta de aliquo quod sit Deo accep-
convenzione, il patto bisogna adempirlo. tum [cfr. i vv. 25-26]. Quid sit ante ì

49-50. agli Ebrei: Presso il popolo in aliqua promissione acceptum ei cui


Ebreo il fatto dell'offerta era necessario, promittitur, exeius pendet arbitrio. PrsB-
perchè prescritto dalla legge in modo as- latus autem in Ecclesia gerit vicem Dei,
soluto lecita la commutazione della cosa
; Et ideo in commutatione vel dispensa-
da offrire; cfr. Levit. XXVII, 1-33. - tione votorum requiritur piallati aucto-
alcana: non tutte. Proibita era la per- ritas, qui in persona Dei determinat
mutazione di animali mondi, votati al quid sit Deo acceptum »; Thom. Aq.,
Signore, di ogni cosa consacrata per in- Sum. theol. II, n, 88, 12. -sanza la volta:
terdetto, delle decime del bestiame, ecc.; senza la girata delle chiavi, cioè senza
cfr. Levit. XXVII, 9-10, 28-33. il consenso dell' autorità ecclesiastica.
52. L'altra: due cose che si
delle Sul significato delle due chiavi cfr. Purg.
convengono essenza del voto, quella
all' IX, 117 sgg. e Thom. Aq,, Sum. theol.
di che si fa, ossia la materia del voto ;
Ili, Suppl. 17, 3 - e ogni ecc.: e riten-
cfr. Thom. Aq., Sum. th. II. n, 88, 10-12. ga essere vana e di nessun valore qua
Più severo di S. Tommaso, il quale am- lunque commutazione di materianel voto,
mette in certi casi la totale dispensa dal se la materia di che constava dapprima,
voto, D. non crede lecita tale dispensa. non è contenuta in quella che le si sosti-
- aperta chiara, manifesta.
: tuisce come il 4 nel 6; cioè, non essendo
53. falla congiuntivo dà fallire
: pec- = da intendere tali cifre nel loro valore 1

care: cfr. Oonv. IV, 25: « un pentimen- matematico, se la nuova non supera no-
to.... il quale ha in sé un'amaritudine, tevolmente per valore la prima. - «li-
eh' è gastigamento a più non fallire ». messa: lasciata. - sorpresa: j>resa dopo.
55-60. non trasmuti ecc. la permuta- : Cfr. Levit. XXVII, 13, 15, 19, 31. - rac-
zione è lecita in certi casi, ma niuno colta: contenuta. Sacrificando cosa di

44. Div. Oomm., 8 a ediz.


690 [CIELO PRIMO] Pah. v. 61-71 [serietà dei voti]

61 Però qualunque cosa tanto pesa


per suo valor, che tragga ogni bilancia,
sodisfar non si può con altra spesa.
64 Non prendali li mortali il vóto a ciancia:
siate fedeli, e a ciò far non bieci,
come Ieptè alla sua prima mancia ;

67 cui più si con venia dicer Mal feci ', l


!

che, servando, far peggio; e così stolto


ritrovar puoi lo gran duca de' Greci,
70 onde pianse Ifigenia il suo bel volto,
e fé' pianger di sé i folli e i savi,

prezzo minore, si perde il merito che si ne gli oggetti perciò bieci vale qui
: in- '

acquisterebbe coll'offerta di cosa dì mag- considerati. Il P. vuol dire Serbate fe-


'
:

gior valore. de al voto fatto, ma non procedete in sif-


62. tragga: faccia tracollare. Se la cosa fatta cosa senza la debita considerazione,
votata è di sì grave peso e valore, da non come fece lefte ecc.
poter essere contrappesata da alcun 'al- 63. come Ieptè lette, giudice d'Israe- :

tra, da non aver, cioè, equivalente, la le (Giudici XI, 1 XII, 7) fé' voto che,
permutazione resta esclusa. E tale, per se fosse tornato vincitore degli Ammo-
esempio, è il voto di continentìa di chi niti, avrebbe sacrificato al Signore ciò
entra nella vita monacale. Anche S. che prima uscirebbe dall'uscio di casa
Tommaso crede non soggetti a dispense sua. Prima ad uscirne fu l'unica sua
o permutazioni il voto monacale della figlia, alla quale egli, benché addolora-
continentìa o castità, ma solo per la ra- tissimo, « fece secondo il voto eh' egli
gione che « quod semel santificatimi est avea fatto », cioè, come era comune opi-
domino, non potest in alios usus com- nione ai tempi di Dante, la uccise. « Ipse
mutali » sicché neppure « Papa potest
;
fìliam innocentem occidit propter vo-
facere quod ille qui est professus religi o- tum»; Thom. Aq., Sum. theol. II, u,
nem [come homo Deo consecratus, quanti- 88, 2. - mancia: dono, promesso a Dio.
diu vivit] non sit religiosus » est autem
; La dice prima con allusione alle parole
debitum continenti ae essentiale statui del testo sacro « Quicumque primus
:

religionis»; Sum. theol. II, il, 88, 11. fuerit egressus de foribus domus mese,
V. 64 84. Serietà dei voti. Conside- mihique occurrerit re vertenti cum pace
rata la gravità e l' indissolubilità del a fìliis Ammon, eum holocaustum offe-

voto, si esortano i Cristiani a prendere ram Domino»; Giudici XI, 31. Sulle
molto sul serio tutto ciò che lo concerne, interpretazioni di questa locuzione cfr.
a non assere imprudenti e leggieri nel Comm. Lips. Ili, 118 sg.
far voti, che molti altri sono i mezzi che 67. Mal feci facendo un voto incon-
:

conducono a salvamento, né ogni sorta siderato, che Dio non poteva gradire
d' acqua, cioè di voto e d' offerta, è ba- (cfr. v. 27).
stante a ottenerci il perdono, a toglierci 68. servando : il voto fatto, immolando,
le macchie dei peccati. Qui D. si scosta Thom. Aq., Sum. th. Il,
cioè, la figlia; cfr.
alquanto dall' Aquinate, per il quale « fa- II, 88, 2. - peggio: « In vovendo fuit stul-

cere idem opus cum voto est melius et tus, quia discretionem non habnit, et in
magis meritori um quam facere sine vo- reddendo impins »; Hieron. cit. dall' Aq.
to »; Thom. Aq., Sum. theol. H, il, 88, 6. 69. duca: Agamennone, che sacrificò
64. a ciancia: alla leggera; cfr. Inf. sua per ottenere dagli Dei
figlia Ifigenia
XXXII, 7. « Non prendan li signor le im- favorevole vento al viaggio della flotta
il

prese a ciancia » Fazio, Dittam. II, 30.


; che si recava a Troia. Cfr. Ovid., Met.
65. Meci: biechi: cfr. Inf. XXV, 31. XII, 27 sgg. Virg., Aen. II, 116 sgg.
Par. VI, 136. Bieco, dal lat. obliquus, 70.onde: per la stoltezza del quale
dicesi degli occhi. Guardar bieco è guar- nel fatto del voto cfr. Boet., Gons. phil. ;

dar di traverso. Chi guarda bieco, non IV, metr. 7.


può vedere ed osservare e considerar be- 71. i folli e i savi: tutti: modo vivo
[CIELO SECONDO] Par. v. 72-87 [ascensione] Ò91

eh' udir parlar di così fatto cólto.


73 Siate, Cristiani, amuovervi più gravi :

non siate come penna ad ogni vento,


e non crediate eh' ogni acquavi lavi.
70 Avete il vecchio e il nuovo Testamento,
e il pastor della Chiesa che vi guida:
questo vi basti a vostro salvamento.
79 Se mala cupidigia altro vi grida,
uomini siate, e non pecore matte,
sì che Giudeo di voi tra voi non rida.
il

82 Non come agnel che lascia il latte


fate
della sua madre e, semplice e lascivo,
seco medesmo a suo piacer combatte. »
85 Così Beatrice a me, com'io scrivo;
poi si rivolse tutta disiante
a quella parte ove '1 mondo è più vivo.

in più dialetti, coinè per es. nel milanese: 80. pecore matte: privi di discerni-
«G-he voruu i savii e i niatt a fàghela mento come le pecore che agiscono, ma
capì » ; cfr. Ronchetti, Appunti, 139. « lo 'mperchè non sanno »; Purg. III. 84.
72. cóltoculto religioso. È forma di
: Cfr. Conv. I, 11. II Petr. II, 12 : « velut
stampo popolare, ma è probabile che irrationabilia pecora. »
l'abbia coniata D. stesso. Cfr. Bull, III, 81. Giudeo qui nominato per averpiù
il :

96 e Par. XXII, 45. sopra 49 sgg.) ricordato quanto intor-


(v.
73. a muovervi nel risolvervi a far
: no ai voti la legge mosaica prescriveva e
voti, -gravi: come se aveste quel piombo consentiva ai Giudei. Cfr. II, Reg. I, 20.
a piedi, con che, secondo Par. XIII, 112, 82. come agnel « L' uomo, che abban-
:

è necessario procedere nell' argomentare dona V autorità della Chiesa e dei libri
e concludere di certe difficili materie. sacri, è come agnello che lascia il latte
74. come penna: sì leggieri. « Non ven- e, imbizzarrito, qua e là saltellando, nuo-

tiles te in omnem ventum » Eccles. ;


ce a sé stesso»; L. Vent., Simil., 410.
V, 11. - Ut iam non simus parvnli fluc- 83. lascivo come il lat. lascivus signi-
:

tuantes et circumferamur omni vento ficherà che vivace, a suo capriccio corre
'

doctrinaB » Efesi IV, 14.


, e saltella qua e là '. (Cfr. Prov. VII, 22.
75. lavi: come 1' acqua del battesimo. Osea IV, 16. Ooid., Met. VII, 320 sg.
Senso Non crediate che qualunque voto
: XII, 791).
riesca accetto a Dio, e vi possa guada- 84. seco medesmo contro di sé, a suo
:

gnare dalla misericordia di lui il per- danno. « Et sic cadit in os lupi et ita vos ;

dono di vostre colpe! ignorantes caditis in os diaboli »; Benv.


77. e il pastor ecc.: « opus fuit no- V. 85-99. Ascensione al 2<> cielo»
mini duplici directivo, secundum dupli- B. tace, e si rivolge al sole con sembian-
cem finem scilicet summo Pontifico, qui
: te che esprime un vivo desiderio, e D.,
secundum revelata [e la rivelazione è ciò vedendo, non osa proporle altre que-
fatta dallo Spirito Santo per mezzo de- stioni che pure avrebbe già pronte. In
gli scrittori de' due testamenti] humanum un attimo salgono nel cielo di Mercu-
genns perduceret ad vitam seternam, rio, dove B. si fa tanto più lieta e quindi
etc. »; De Mon.
Ili, 16. tanto più fulgida, che accresce lo splen-
79. mala cupidigia « sicut cupiditas : dore del pianeta, e la gioia celeste del P.
vindictae compulit Agamemnonen, et cu- 87. quella parte ecc. : alcuni intendono:
piditas victorise lephthe ad tam cseca Verso oriente. Al.: All' insù, verso l'Em-
vota » Benv. Cfr. Beccaria, Luoghi diff.
; pireo. Al. Alla parte equinoziale ecc.
:

d. D. C, 193 sgg. Al.: All'Equatore, dove allora trova-


692 [cielo secondo] Par. v. 88-100 [ascensione]

88 Lo suo trasmutar sembiante


tacere e 'I

puoser silenzio al mio cupido ingegno,


che già nuove questioni avea (lavante;
91 e sì come saetta che nel segno
percuote pria che sia la corda queta,
così corremmo nel secondo regno.
94 Quivi la donna mia vid' io sì lieta,
come nel lume di quel ciel si mise,
che più lucente se ne fé' il pianeta;
07 e se la stella si cambiò e rise,
qual mi fec' io, che pur di mia natura

trasmutabile son per tutte guise !

100 Come in peschiera eh' è tranquilla e pura

vasi il sole. Non facendosi il minimo curio, da D. comparato alla dialettica in


cenno d' una
qualsiasi differenza tra il Conv. II, 14.
modo di salire al 2° e quello di salire 94. lieta per esservi avvicinata di più,
:

al 1° cielo, ragion vuole si ammetta, es- salendo in Mercurio, al trono di Dio.


sere stato il modo di salire alla sfera di 96. più lucente che 1' accrescimento
:

Mercurio del tutto simile a quello te- di letizia si risolve ne' beati in accre-
nuto per salire alla sfera della Luna. scimento di fulgore cfr. più sotto i
;

Dunque B. avrà riguardato nel sole (cfr. vv. 137 sg. e Par. IX, 70.
Par. I, 47), il quale era allora sull'Equa- 97. si cambiò: per effetto dell'accre-
tore, sicché, per guardare nel sole, ella sciuta letizia e fulgidezza di B. - rise :

doveva volgersi verso l'Equatore. Ma « e che è ridere, se non una corrusca-


essendo il sole in alto, B. doveva pure zione della dilettazione dell'anima, cioè
guardare in su verso 1' Empireo, appun- un lume apparente di fuori secondo che
to come aveva fatto salendo nel cielo sta dentro?... Ahi, mirabile riso della
della Luna, nella qual salita il suo ri- mia Donna, ecc. »; Conv. HI, 8.
guardar nel sole (Par. I, 47) era pure 99. trasmutabile: «quiasum mortalis
un guardare in suso (Par. II, 22). receptibilis oninis infiuentise, ubi stella
88-90. tacere: Al.: piacere; Cfr. Moore, est impermutabili s »; Benv.
Crit., 449. - trasmutar sembiante in : V. 100-139. Spiriti operanti. Nel
quel nuovo, vivissimo desiderio, in quel cielo di Mercurio appaiono numerosis-
suo affisarsi nel sole, si è trasmutata la simi spiriti (chi siano, si dirà in Par.
espressione del volto di B. e D. non ; VI, 112 sgg.), come splendori fiammeg-
osa, in tale istante di intensa aspettazio- gianti di letizia nel vedere i due mistici
ne, turbare la donna sua. -cupido ecc.: viandanti. D. desidera sapere chi siano
dopo gli ammaestramenti ricevuti, il de- quelle anime e poiché una di esse, par-
;

siderio di conoscere altre verità agita su- landogli, lo incoraggia a interrogarla, e


bito l' ingegno di D. per la legge espressa promette risposta alle sue domande, il
in Par. IV, 124-132; e nuove questioni P. le domanda chi ella sia e come abbia
gli si affacciano da proporre a B. D. sortito quel luogo di gloria. L'anima,
non dice quali esse fossero, e il tentare che è quella di Giustiniano, sfavilla di
d' indovinarle come fece, p. es., il Pati, è più intensa luce, e, tutta nascosta e av-
fatica gettata. volta in questa, incomincia a parlare.
91-92. saetta: la celerità dell'ascensio- 100. tranquilla e pura: quieta e limpi-
ne è espressa con la medesima similitu- da cfr. Horat., Od. Ili, xvi, 29. « I due
;

dine della freccia [come Par. II, 23 sg.] epiteti tranquilla e pura rispondono alla
ma con varietà d'immagine. La saetta quiete somma e alla serenità della sfera
ha già colto nel segno, e la corda del- celeste; e l'immagine dei pesci, che si
l'arco tremola ancora » L. Vent., Sim.il.,
; volgono a ciò che stimano cosa di lor
488, dove si cita Virg., Georg. IV, 313 sg. pastura, concorda col desiderio che han-
93. nel secondo regno nel cielo di Mer-: no quelle anime di pascersi di carità. Di
[CIELO SECONDO] Par. v. 101-118 [spiriti operanti] 693

traggono i pesci a ciò che vien di fuori


per modo che lo stimili lor pastura;
103 sì vid'io ben più di mille splendori

trarsi vèr noi, ed in ciascun s' udia :

« Ecco chi crescerà li nostri amori ».


106 E sì come ciascuno a noi venia,
vedeasi l'ombra piena di letizia
nel fulgor chiaro che di lei uscia.
109 Pensa, lettor, se quel che qui s' inizia
non procedesse, come tu avresti
di più savere angosciosa carizia ;

112 e per te vederai come da questi


m'era in disio d'udir lor condizioni,
sì come agli occhi mi fur manifesti.
115 « bene nato a cui veder li troni
del trionfo eternai concede grazia,
prima che la milizia s'abbandoni,
118 del lume che per tutto il ciel si spazia,

piti: come i quali visti in fondo


i pesci, seguente, che fin dal primo loro mostrar-
alla peschieradistinguono appena, sa-
si si gli appariscono tutto celati nel lume
liti al sommo si veggono chiaramente; Quasi animai di sua seta fasciato ',
1

così quei beati via via si fanno più ri- Par. Vili, 54»; Ronchetti, Appunti, 140.
splendenti per la carità che gl'infiamma, 109-111. Pensa, lettor, ecc. se, dopo :

e che nell' avvicinarsi a Dante va cre- averti dato questo cenno, io tacessi, ti
scendo » L. Vent., JSimil., 419.
;
sarebbe tormento ed angoscia la man-
101. traggono accorrono. : canza di ulteriori notizie circa quei mille
103. splendori: anime risplendenti. e più splendori. - carizia carestia, pe- :

105. Ecco ecc. « ecco Dante,


: il quale au- nuria dal lat. carere cfr. Purg. XXII,
; ;

menterà la virtù della carità in noi, per- 141 e Parodi, Bull. VI, 16. Soli Buti e
chè di quella nel solvere i suoi dubbi Land., attribuiscono alla voce il senso
k
potremo usare»; Veli. Cfr. Virg., Bel. di desiderio '.
X, 53 sg. Su altre interpretazioni di 112. da questi: da questi splendori
questo v. cfr. Comm. Lips. Ili, 125 sg. che ci venivano incontro dipende da :

106. E sì ecc.: e quanto più ciascuno di '


udir '.
quegli splendori a noi si avvicinava. 113. m'era in disio: desideravo. «Hoc
107. l'ombra: l'anima. «Veda qui il erat in votis» Horat., Sat. II, vi, 1.
;

lettore di spiegare nel senso che si ve- 115-116. O bene nato: cfr. Purg. V, 60;
desse la figura dell'ombra distinta den- Par. Ili, 37. - troni del trionfo eternai:
tro del fulgore che in segno della sua i seggi gloriosi dei beati trionfanti nel-
letizia essa emanava, e allora potrà ca- l'empireo cfr. Purg. XXIV, 13-15.
;

pire il successivo contrapposto: Per più 117. milizia la vita terrestre, detta
:

letizia sì ini si nascose, v. 136. È poi milizia anche nel linguaggio scritturale ;

ben naturale che in segno di un minor cfr. Giobbe VII, 1; « Militia est vita
grado di gloria così queste anime come hominis super terram ». « Nota che il
le già viste del primo cielo siano meno vivere qui è uno militare e però dicesi ;

rischiarate delle altre, in cui la figura militante Ecclesia questa qua giù etriun-
sarà tutt'affatto celata dalla luce che le fante quella del Cielo » Ott. ;

circonda e si noti infatti come questa


; 118. lumo ecc. luce della divina sapien-
:

differenza sia da Dante avvertita anche za e carità, diffusa per tutte le regioni
con similitudine per gli spiriti del cielo celesti. -si spazia: cfr. Purg. XXVI, 63.
694 [cielo secondo] Pah. v. 119-135 [spiriti operanti]

noi senio accesi- e però, se disii


di noi chiarirti, a tuo piacer ti sazia. »
121 Così da un di quelli spirti pii
detto mi fa; e da Beatrice « Di', di' :

sicuramente, e credi come a dii » !

124 « Io veggio ben sì come tu t'annidi


nel proprio lume, e che dagli occhi '1 traggi,
perdi' ei corruscan sì come tu ridi ;

127 ma non so chi tu se', né perchè aggi,


anima degna, il grado della spera
vela ai mortai con altrui raggi. »
che si
130 Questo diss' io, diritto alla luniera
che pria m'avea parlato; ond'ella féssi
lucente più assai di quel eh' eli' era.
133 Sì come il sol, che si cela elli stessi
per troppa luce, con] e il caldo ha rose
le temperanze di vapori spessi ;

119. però perchè vediamo tutto in


: traggi « il lume eh 'è in te deduci e fai
:

Dio e siamo accesi d'ardente carità di- quasi sgorgare dagli occhi »; Tom. -
vina. perch'ei corruscan Al. perchè (o per- : :

intorno a noi e alla no-


120. di noi : ca' e') corrusca, che sarebbe detto del
stra condizione. - ti sazia parla e do- :
1
proprio lume ', e non degli occhi.
manda liberamente, che siamo pronti ad 127. aggi tu abbia cfr. Bull. III, 129.
: ;

appagare ogni tuo desiderio. 129. altrui: del sole, poiché Mercurio
121. un Giustiniano Par. VI, 10.
: ; è la stella che «più va velata de' raggi
122. Di', di' : parla, parla. Cfr. per la del sole, che null'altra stella » Conv. ;

rima Tnf. VII, 28, ecc. II, 14.


123. credi: cfr. Par. HI, 31 sgg.-dii: 130. dirittoindirizzandomi a quell'a-
:

cfr. Esod. VII, JSalm. LXXXI, 1, 6.


1. nima risplendente.
Giov. X, 34, 35. Boet., Cons. phil. Ili, 132. più assai per la gioia di poter eser-
:

pr. 10. Osserva S. Tommaso (Sum. theol. citare la sua carità, rispondendo a D.
I, 12, 5), che i beati per quel lume in- 133. Sì come il sol ecc. « quando i :

tellettuale che vien concesso loro per vapori, fatti parventi per abbassamento
grazia divina acciocché possano veder di temperatura, s'interpongono tra l'oc-
l'essenza di Dio, « effìciuntur deiformes, chio nostro e il sole, ci velano quest'astro
idest, Deo similes »• e possono essere e talvolta ci permettono di guardarlo;
chiamati Dii, perchè (Sum. theol. I, 13, ma se avvenga che il calore promosso
9) «est communicabile hoc nomen, Deus, perla presenza del sole istesso, rarefac-
non secundum suam totam significatio- ela questi vapori a poco a poco, quasi
nem, sed secundum aliquid ejus per li roda e li consumi e li renda quanto

quandam similitudinem ut dii dicantur più si può trasparenti, allora il sole si


qui participant aliquid divinum per si- cela egli stesso con la sovrabbondanza
militudinem, secundum illud Psalm. di sua luce, che dalle nostre pupille non
81, 6: Ego dixi, dii estis. » può sostenersi » Antonelli. - ; elli stessi :

124-126. Io veggio ecc.: Senso: vedo esso stesso. Stessi per stesso fu in antico
che tu derivi dagli occhi lo splendore di forma popolare (cfr. Inf. IX, 58) come
cui t' ammanti, perchè come tu ridi, mostrò il Parodi, Bull. Ili, 123.
essi brillano, risplendono di vivido lume. 135. le temperanze ecc. il velo di va- :

- t'annidi : te ne stai nel tuo splendore, pori densi temperante all'occhio nostro
quasi uccello nel suo nido. «Amictus lu- il fulgore del sole; cfr. Purg. XXX,

mino sicut vestimento » Ps. CHI, 2. - : 26 sg.


[cielo secondo] Pak. V. 136-139 - VI. 1-4 [GIUSTINIANO] 695

136 per più letizia sì mi si nascose


dentro alsuo raggio la figura santa;
e così chiusa chiusa mi rispuose
139 nel modo che il seguente canto canta.

136. sì così, colla sua luce fattasi più


• sciano vedere senza fatica del viso » ;

viva per la cresciuta letizia. «Certi [cor- Conv. Ili, 7.


pi].... diventano sì raggianti, che vin- 138. chiusa chiusa: intieramente av-
cono l'armonia dell'occhio, e non si la- volta nella luce ch'ella stessa irradiava.

CANTO SESTO
CIELO SECONDO o DI MERCURIO
SPIRITI ATTIVI E BENEFICI

VITA DI GIUSTINIANO IMPERATORE, STORIA DELL'AQUILA ROMANA


INVETTIVA CONTRO I GHIBELLINI E I GUELFI
GLI SPIRITI BEATI NEL SECONDO CIELO, ROMEO DA VILLANO VA

« Poscia che Costantin V aquila volse


contr' al corso del ciel, ch'ella segnìo
dietro all'antico che Lavina tolse,
cento e cent'anni e più 1' uccel di Dio

V. 1-27. Vita di Giustiniano. Nelle 2-3. contr'al ecc.: da occidente in orien-


parole dette dal P. a quell'anima beata, te. Le parole sembrano inchiudere un
Par. V, 127 sgg., erano contenute due biasimo. Ai tempi di D. si credeva che
domande « Chi sei ? » e « Perchè sei
: Costantino trasferisse la sede dell' im-
qui? » Alla l a si risponde in questi ver- pero a Bisanzio per donare al papa
si, alla 2 a nei vv. 112-126. L'anima in- « tutto lo 'mperio di Roma » (O. Vili.
comincia narrando come e quando lo I, 59), donazione, secondo D., illegale
scettro dell'impero romano pervenisse e funesta cfr. De Mori. III. 10. Inf.
;

nelle sue mani poi dichiara d' essere


; XIX, 115 sgg. Purg. XXXII, 124 sgg.
Giustiniano e ragiona della sua conver- Par. XX, 55 sgg.- ch'ella seguìo ecc.:
sione e delle sue opere. Nel e. VI del- ch'ella seguì quando dall'oriente (Troia)
l'In/. D. cantò le vicende di Firenze; venne in occidente (Italia) con l'antico
nel VI del Purg. pianse le condizioni Enea, che poi tolse in moglie Lavinia,
d'Italia; nel VI del Par. fa la storia figliuola del re Latino (cfr. Inf. IV, 126 ;

dell'Impero romano. Firenze, l'Italia, Purg. XVII, 35 sgg. G. Vili. I, 23).


;

l'Impero! Al.: che la seguìo. Tenendo dietro ad


1. Costantin Costantino I il Grande
: Enea, l'aquila seguì il corso del cielo,
(n. 274, m. 337), che nel 330 trasferì la non il il coreo dell'aquila.
cielo
sede dell'impero da Roma a Bisanzio. - 4. dal trasferimento della sede
e più :

l'aquila: insegna dell'impero romano. imperiale a Bisanzio, 330, all'incorona-


696 [CIELO secondo] Par. vi. 5-18 [GIUSTINIANO]

nello stremo d'Europa si ritenne,


vicino ai monti de' quai prima uscio;
e sotto l'ombra delle sacre penne
governò il mondo lì di mano in mano,
e, sìcangiando, in su la mia pervenne.
10 Cesare fui, e son Giustiniano,
che, per voler del primo amor ch'i' sento,
d'entro le leggi trassi il troppo e '1 vano.
13 E prima eh' io all'ovra fossi attento,
una natura in Cristo esser, non piùe,
credeva, e di tal fede era contento ;

16 ma il benedetto Agapito, che fue


sommo pastore, alla fede sincera
mi dirizzò con le parole sue.

zione di Giustiniano, 527, scorsero 197 osserva giustamente O. Bacci, Lect.


anni ma sino alle conquiste di Giustinia-
;
Dantis, p. 13, D. « sentì e idealizzò »
no nell'occidente (nel 536) ne scorsero 206. la figura di Giustiniano « d'accordo con
-l'uccel: l'aquila; cfr. Purg, XXXII, le conoscenze storiche e col sentimento
122. Conv. IV, 5. De Mon. II, passim. del suo tempo » e in essa « ha glori-
;

5. nello stremo d'Europa: a Bisanzio, ficato colui che, dopo e più di Carlo Ma-
ossia Costantinopoli, città posta a un'e- gno, gli apparve - nella trepida aspet-
stremità dell'Europa. tazione dell' a Wo Arrigo - impersonare
6. monti della Troade presso l'Elle-
: il concetto ideale dell'Impero ordinato

sponto, donde l'aquila s'era primamente nelle leggi, ricco e sicuro nel dominio ».
mossa dietro ad Enea per venire in oc- 11. per voler ecc.: per ispirazione dello
cidente. « Vicinanza relativa » osserva Spirito Santo v. 23 cfr. Inf. HI, 6.
; ;

argutamente il Torraca. 12. d'entro ecc.: dal corpo delle leggi


7. l'ombra: « Sub umbra alarum tua- levai il superfluo (il troppo) e l'inutile (il
rum protege me» Ps. XVI, 8. L'aquila; vano). Forse D. ebbe il pensiero alle pa-
governò il mondo, tenendolo sotto l'om- role « omni supervacua similitudine et
bra delle sue ali (sacre penile). iniquissima discordia absolntce », del§ I
8. lì a Costantinopoli. - di mano in
: del primo decreto di Giustiniano.
mano d'uno in altro imperatore.
:
r
13. all'opra: di riordinare le leggi.
10. fui nel mondo. In Par. non vi so-
: 14. una natura conforme la dottrina
:

no più. Cesari, come non ci sono più pa- eutichiana, o monofìsitica, condannata
pi Purg. XIX, 133 sgg. - son il nome
; : nel sinodo di Calcedonia, che in Cristo
personale resta. - Giustiniano primo di : fosse soltanto una natura, la divina,
questo nome, n. 482, m. 565, celebre per unendosi colla quale l'umana n'era ri-
le guerre fortunate contro i Vandali in masta come assorbita e annientata. È
Africa e gli Ostrogoti in Italia più ce- ; qui un errore storico. È vero che Giusti-
lebre per la raccolta e l'ordinamento di niano soggiaceva all' influenza di Teo-
tutti gli elementi del Diritto romano, dora, sua moglie, zelantissima della dot-
fatto per suo incarico da una schiera di trina monofìsitica; ma egli non la pro-
giuristi, diretta da Triboniano dal 528 fessò mai. Se non che l'errore di cre-
al 534. « D. pone qui in cielo Giusti- dere Giustiniano un tempo monofìsita,
niano, principe scelleratissimo, eli' Era- era comune nel M. E. Cfr. Brun. Lat.,
pio nel lib. V, pone a tormento nell'In- Tes. II, 25.
ferno. Se Dante avesse più conosciuta 16. Agapito : Agapito I, romano, papa
la storia bizantina, e non si fosse la- dal 533 al 536, m. a Costantinopoli dove
sciato illudere da ciance curiali, avrebbe era andato per trattar pace tra Giusti-
riputato rettitudine il cacciar questo ti- niano e Teodato, re degli Ostrogoti. Cfr.
ranno in una delle bolge » Betti. Ma, ; Anelli, Stor. della Chiesa I, 456 sg.
[CIELO SECONDO] Pah. vi. 19-33 [GIUSTINIANO] 697

li»
Io gli credettie ciò che in sua fede era,
;

veggio ora chiaro sì, come tu vedi


ogni contradizione e falsa e vera.
22 Tosto che con la Chiesa mossi i piedi,
a Dio per grazia piacque di spirarmi
mi diedi;
l'alto lavoro, e tutto in lui
25 e al mio Bellisar commendai l'armi,
cui la destra del ciel fu congiunta, sì

che segno fu eh' io dovessi posarmi.


Or qui alla question prima s'appunta
la mia risposta } ma sua condizione
mi stringe a seguitare alcuna giunta,
31 perchè tu veggi con quanta ragione
si move contr' al sacrosanto segno,

e chi '1 s' appropria e chi a lui s' oppone.

19. ciò che in sua fede era ciò che Aga-


: V. 28-36. Introduzione alla storia
pito credeva e affermava, cioè che in dell'aquila romana. Prima di rispon-
Cristo sono dae distinte nature, l'umana dere alla 2 a domanda di D. « Perchè
e la divina, benché unite in una persona. sei qui? », Giustiniano dichiara che ciò
20-21. sì come ecc. con quella stessa
: che ha detto lo obbliga a parlare della
evidenza che nel tuo umano intendimen- origine ed importanza dell' impero ro-
to ha il principio di contraddizione, cioè mano, figurato per l'aquila, e per aver
che di due termini contraddittorii se modo di dimostrare il torto che hanno
l'uno è vero, l'altro è falso. i Guelfi combattendo, i Ghibellini ap-

22. con la Chiesa ecc. camminai di


: propriandosi il sacrosanto segno.
pari passo con la Chiesa Romana, la 28-29. question prima: non so chi tu
Chiesa per eccellenza, avendo abbrac- se'; Par. V, 127. -s'appunta ecc.: fa pun-
ciato la sua dottrina. Anche qui D. to, ha termine la risposta alla tua prima
pecca di inesattezza cronologica, giac- dimanda ma il particolar contenuto
;

ché quando Agapito divenne papa, il della mia risposta (in cui ho parlato del-
lavoro giuridico era al termine ma D. ; l' aquila come dell' uccel di Dio, e come

segue la cronologia di Martino Polono, di quello che governò il mondo sotto


fonte anche di Brunetto Latini (Torraca). l'ombra di sue sacre penne), mi costringe
24. lavoro: del riordinamento delle ad aggiungere alcune altre dichiara-
leggi. - in lui: A.: a lui. zioni. Invece di sua condizione alcuni
25. Bellisar: Bellisario (n. 505, m. 565), leggono la condizione intendendo: La
il celebre generale di Giustiniano che mia condizione d'imperatore.
ritolse l' Italia ai Goti, e che nel 562 Giu- 31. cou quanta ragione: è detto iro-
stiniano fece incarcerare; cfr. G. Vili. nicamente per quanto a torto '.
'

II, 6. L'ingratitudine di Giustiniano 32. contra ecc.: dunque, secondo D.,


verso Bellisario sembra fosse ignota a i Ghibellini fanno contro all' impero non

D. come al Villani, non conoscendo essi meno dei Guelfi. - sacrosanto essendo
:

le opere di Procopio. Sembra inoltre che l' aquila simbolo dell' autorità imperiale,

D., al pari di altri dell'età sua, igno- voluta da Dio.


rasse che i veri riordinatori delle leggi 33. chi '1 s'appropria: i Ghibellini,
furono Triboniano e gli altri giuristi a v. 101 sgg. - chi a lui s'oppone i Guelfi,
:

lui associati. - commendai: affidai. v. 106 sgg. «Nessuno signore e nessuno


26-27. cui ecc.: sotto il comando di Bel- comune dovrebbe appropriarsi lo segno
lisario le mie armi furono sì fortunate, dell' aquila per riverenzia de lo imperio,
evidentemente per aiuto di Dio, eh' io se non l'avesse già di grazia dallo im-
vidi in ciò un divino ammonimento peradore;... ognuno lo dovrebbe obbe-
d'occuparmi solo delle arti della pace. dire nelle cose temporali, secondo la sen-
698 [CIELO secondo] Par. vi. 34-4 4 [aquila romana]
SfAJ

a Vedi quanta virtù l'ha fatto degno


di riverenza- e cominciò dall'ora
che Fallante morì per dargli regno.
37 Tu sai eh' el fece in Alba sua dimora
per trecent'anni e oltre, infìno al fine
che i tre a' tre pugnar per lui ancora ;

40 e sai eh' el fé' dal mal delle Sabine


al dolor di Lucrezia in sette regi,
vincendo intorno le genti vicine.
43 Sai quel che fé', portato dagli egregi
Romani incontro a Brenno, incontro a Pirro,

tenza di Cristo : lleddite ergo quee sunt rabile giustizia di Torquato, nella rigida
Ccesaris Ccesari, quee sunt Dei Beo ;
et povertà di Quinzio, nel nobile sacrificio
dunque contra ragione fa chi sei piglia di dei Decii, nelle militari grandezze dei
sua autorità e chi lo disobbedisce»; Buti. Fabii, nelle vittorie di Scipione, di Pom-
34. virtù: degli eroi romani; cfr. De peo, di Cesare, nelT opera militare e po-
Mon. II. litica di Augusto, nella morte di Cristo
35-36. e cominciò ecc. e questa virtù
: e nella distruzione di Gerusalemme.
dell'aquila cominciò a rivelarsi e a ren- Da Tito il P. salta a Carlo Magno, che
der degna l'aquila di riverenza «da sotto quell'insegna soccorse la chiesa
quando Pallante figliuolo di Evandro, contro i Longobardi. Anche in Oonv. IV
re del Lazio, [Pallante è celebrato nel- e De Mon. Ili si enumerano press'a poco
V Eneide] morì combattendo contro Tur- gli stessi fatti e personaggi della storia
no in soccorso di Enea morì per acqui-
; romana accennati qui.
star regno all' aquila, poiché Enea, vit- 37. el: il sacrosanto segno, 1' aquila. -
torioso di Turno, ereditò ì diritti di Alba Alba Longa nel Lazio, citta fon-
:

Pallante e fu dell' alma Roma e di suo data da Ascanio, figlio di Enea, conside-
impero Nell'empireo cìelper padre eletto »; rata come la madre di Roma. I discen-
Bacci, Lect. D., p. 16. Alcuni considera- denti di Enea vi regnarono per oltre tre
rono queste parole {e cominciò.... regno) secoli cfr. Liv. I, 3 e 29. G. Vili. I, 24 sg.
;

come un'osservazione, con cui D., in- 38-39. infìno al fine ecc. sino al ter-
:

terrompendo il discorso di Giustiniano, mine della dimora dell' aquila in Alba,


accennerebbe per conto suo, in forma nar- che fu, quando i tre Curiazi combatte-
rativa, al punto donde l' imperatore im- rono per essa coi tre Grazi romani, e per
prende a narrare i fasti del sacrosanto la vittoria di questi la signoria si tra-
segno. Ma « la linea larga e sicura » os- mutò in Eoma; cfr. Gonv. IV, 5 e anche
serva il Bacci 1. e. « del disegno del canto De Mon. II, 10-11, dove sono citati Livio
sarebbe come dimezzata per l' intrusione ed Orosio.
di un nesso niente affatto opportuno e 40. mal: il famoso ratto; cfr. Yirg.,
fuor di tono in tanto poetica melodia; Aen. Vili, 635. Tu sai quali furono i
mentre non servirebbe (e se stona l' os- trionfi del sacrosanto segno sotto i sette
servazione, la colpa è delle varianti che Re di Roma, dal tempo
Romolo, quan-
di
la suggeriscono) se non a lasciar ripren- do per volere di lui furono rapite le donne
der fiato a Giustiniano! » sabine, sino a quando, morta Lucrezia,
V. 37-96. Sto ria dell' aquila romana furono scacciati i Tarquinii e sorse la
da Enea sino a Carlo Magno. Per repubblica. Cfr. G. Vili. I, 26.
tre secoli fiorì all'ombra dell'aquila la 41. Lucrezia la virtuosa moglie di Col-
:

potenza degli Albani. Il santo segno si latino, che si uccise, addolorata per la
rese poi più rispettabile nei paesi circo- violenza fattale da Sesto Tarquinio; cfr."
stanti dalla pugna degli Orazii o Cu- Inf. IV, 128. Conv. IV, 5. G. Vili. I, 28.
riazii e dal ratto delle Sabine sino alla 43-44. egregi « Huic progeniem vii-
:

morte di Lucrezia e alla cacciata dei re. tute futuram Egregiam et totum qua»
Glorioso divenne quindi nelle guerre viribus occupetorbem»;^'^., Aen. VII,
contro i Galli e gli Epiroti, nella ineso- 257 sg. Tu sai pure come il sacrosanto
[CIELO SECONDO] Par. vi. 45-53 [aquila romana] 699

e contro agli altri principi e collegi ;

46 onde Torquato e Quinzio, che dal cirro


negletto fu nomato, i Deci e' Fabi
ebber la faina che volontier mirro.
49 Esso atterrò l'orgoglio degli Arabi,
che diretro ad Annibale passaro
l'alpestre rocce, di che, Po, tu labi.
Sott' esso giovanetti trionfaro
Scipione e Pompeo ed ; a quel colle

segno dell' aquila vinse Brenno coi suoi 48. Tolentier che in cielo non può tro-
:

Galli, e Pirro co' suoi confederati. var luogo alcuna invidia. - mirro « qui :

45. collegi: piuttosto che come plur. è da sapere che gli antichi usavano di
di collega, con la quale interpretazione ungere di mirra gli corpi morti ch'egli
« non s' avrebbe che una zeppa », col- volevono che si conservassero, sì come
legi sarà da considerare forma plurale di gli moderni usono di balsimare; onde
collegio, nel senso di repubbliche, o '
l'Auttore, volendo conservare tal fama
stati d' ogni genere ', e il senso « rimane di romano impero, sì la descrive nello
pieno e naturale: contro principi e re- presente capitolo, e dice la faìna eh' io
pubbliche »; Parodi, Bull. Ili, 150. volentier mirro, ciò ò ungo di tal mirra,
:

Cfr. O. Bacci, o. c. 17. f


che la conserva per lo tempo futuro » ;
46. Torquato: Tito Manlio Torquato, An. Fior, e così molti altri. Alcuni in-
il vincitore dei Galli e dei Latini; cfr. tendono, mirrare in senso di onorare
' ' '

Liv. VII, 3-12. Cic, De off. Ili, 31. Sal- con mirra, rendere omaggio cfr. Bull. '
;

ini., Oat., 31. Yirg,, Aeri. VI, 824 sg. Ili, 111. Il Buti invece, stranamente
Oonv. IV, 5. - Quinzio il celebre dittato- : (eppure fa seguito da parecchi) « mir- :

re romano tolto dall' aratro, e detto Cin- ro, cioè miro, cioè lodo, ma è scritto per
cinnato dall' aver sempre arruffati i ca- due r per la consonanzia della rima».
pelli (in lat. cirrus e cìneìnnus signifi- 49. Àrabi: Cartaginesi. «Il nome Arabi
cano ricciolo, ciuffo) cfr. Liv. IV, 25 sg.
; s' adopera dal Poeta, coro' era in uso an-

Conv. IV, 5. De Mori, U, 5. Par. XV, 129. tico, ed è pur oggi, qual nome generico
47. Deci cittadini romani. D. intende
: a significare qualsivoglia abitatore del-
dei tre seguenti 1° P. Decius Mus, tri-
: l' Africa settentrionale»; Biag. Con ugua-

buno militare e console, morto nella le anacronismo, D. chiamò lombarda pa-


guerra contro i Latini; cfr. Liv. VIII, renti di V., Inf. I, 68. Cfr. Inf. XXVHI,
10 sg. Cic, Div. I, 24, 51. Tusc. I, 37, 10 sg. Conv. IV, 5. De Mon. II, 11.
89 - 2° il figlio di lui, P. Decius Mus,
; 51. alpestre rocce: le Alpi Cozie, da
console, morto nella battaglia di Senti- cui nasce il Po. - labi da làbere, e que- :

num; cfr. Liv. X, 27 sg. - 3° il figlio ; sto dal lat. labi =


scorrere, discendere.
di questo, P. Decius Mus, che guerreggiò Cfr. Ovid., Met. V, 350 sg.
contro Pirro e contro gli schiavi; cfr. 52. esso il segno dell' aquila. - giova-
:

Fior. I, 18, 21. Conv. IV, 5. DeMon. II, 5. netti: P. Cornelio Scipione Affricano
- Fabi : D. intende dei
patrizii romani. maggiore combattè a diciassette anni
trecento, e diFabio Massimo Rullano, il contro Annibale al Ticino (Liv. XXI,
vincitore dei Sanniti (cfr. Liv. Vili, 30 ;
46. Fior. II, 6) e a diciannove anni a
IX, 35 sg. X, 15, 27-29), di Ceso Fabio
; Canne (Liv. XXII, 53) a venti anni ;

Vibulano e de' suoi fratelli Quinto e Mar- conquistò la Spagna, a trentatrè anni ri-
co, come pure de' suoi nepoti Quinto Fa- portò la vittoria decisiva sopra Annibale
bio Vibulano, Marco, Nunierio, ecc. (Liv. (Liv. XXIX, 1 sgg.). - Gn. Pompeo Ma-
Il, 43 sg.) e sopra tutto di Quinto Fa- gno combattè da giovine per Siila con-
bio Massimo Verrucoso, il Temporeggia- tro Mario e ottenne il trionfo a venti-
tore, che colla sua prudenza pose fine cinque anni. G. Villani I, 36 nomina
ai trionfi di Annibale; cfr. Liv. XXI, Pompeo tra i duci romani che assedia-
18; XXIII, 32, 39: XXVII, 11; Vili, XX rono e distrussero Fiesole.
40 sg.; XXIX, 37. Cic, Gaio Major IV, 53. colle: di Fiesole, sotto il quale è
10. Brut. XIV, 57. situata Firenze.
700 [CIELO secondo] Par. vi. 54-69 [aquila romana]

sotto il qual tu nascesti parve amaro. ,

55 Poi presso al tempo che tutto il ciel volle


redur lo mondo a suo modo sereno,
Cesare per voler di Roma il tolle.
58 E quel che fé' da Varo infino al Reno,
Isara vide ed Era, e vide Senna
e ogni valle onde Rodano è pieno.
61 Quel che fé' poi eh' egli uscì di Ravenna
e saltò Rubicon, fu di tal volo,
che noi seguiteria lingua né penna.
G4 In vèr la Spagna rivolse lo stuolo;
poi vèr Durazzo, e Farsaglia percosse
sì, ch'ai Nil caldo sì sentì del duolo;
67 Antandro e Simoenta, onde si mosse,

rivide, e là dov' Ettore si cuba;


e mal per Tolommeo poi si riscosse.

parve amaro: il sacrosanto segno


54. 62. saltòpassò. - Rubicon fiumicello
: :

dell' aquila; cfr.G. Vili. I, 37 sgg., dove tra Ravenna e Rimini, antico confine tra
si riferiscono le favole relative al lun- la Gallia cisalpina e l'Italia; cfr. Plin.
ghissimo assedio di Fiesole per parte dei Ili, 115. - di tal volo di tanta rapidità :
;

Romani e alla distruzione che ne seguì. cfr. Pur<j. XVIII, 101 sg.
55-57. tutto: si riferisce a lo mondo. 64. invèr la Spagna: contro Petreio,
Vicino a quel tempo (avanti la venuta di Afranio e Varrone, legati di Pompeo. -
Cristo) in cui il cielo volle che tutto il rivolse lo stuolo; l'aquila guidò l'eser-
mondo fosse sereno e pacifico come esso cito (stuolo; cfr. Inf. 32) di Ce- XIV,
stesso è (a suo modo) Cesare per volere sare. Sotto il segno
aquila romana, dell'
del popolo romano impugnò il sacrosanto per altro, combattevano anche i seguaci
segno contro lo Gallia. Cfr. Conv. TV, 5. di Pompeo.
De Mon. I, 16. - il tolle lo toglie cfr. : ; Durazzo l'antico Epidamnus, poi
65. :

Inf. XXIII, 57. Par. XVII, 33. Dyrrhachium, città marittima dell' Illi-
58-60. E quel ecc. Isara, Era, Senna : ria, dove Cesare fu assediato dai Pom-
e ogni valle da cui il Rodano riceve i peiani; cfr. Cces., Bell. civ. III. 13 sg.
fiumi che lo ingrossano, videro ciò che - Farsaglia Pharsalus, città della Tes-
:

il segno dell' aquila fece dal Varo insino saglia, presso la quale Cesare sconfìsse
al Reno, cioè nella Gallia transalpina. Pompeo; cfr. Cces., Bell. civ. Ili, 90-99.
Il teatro delle guerre combattute da AL: sentissi. Sin presso
66. si sentì:
Giulio Cesare nella Gallia, è indicato al caldo Nilo si sentì dolore per quella
secondo Lucan., Phars. I, 399 sgg. - sconfitta, essendovi Pompeo stato uc-
Varo : il fiume Varo formava confine tra ciso proditoriamente.
la Gallia transalpina e la cisalpina. Cfr. 67. Antandro : città marittima della
Petr., Lett. Fam.
V, 3. -Isara: Il, 7; Frigia minore, donde Enea fece vela per
Isère, fiume francese, che sbocca nel Ro- venire in Italia; cfr. Yirg., Aen. Ili, 6.
dano. - Era lat. Liger, la Loire (non già
: -Simoenta: S'imois, ora Mendes, piccolo
VArar = Saóne) ; cfr. Bull. XV, 52. - fiume della Troade. Cfr. Lucan., Phars.
Senna : lat. Sequana, il fiume che passa IX, 950 sgg., dove si narra come Ce-
per Parigi. sare dopo la morte di Pompeo volle visi-
61. Quel che fé' ciò che il segno del-: tare i luoghi in cui era stata Troia.
l' aquila fece, dacché uscì di Ravenna 68. là: a Troia. - si cuba: riposa, è
con G. Cesare, che, di ritorno dalle Gal- sepolto; cfr. Yirg., Aen. I, 99; V, 371.
lio, vi si era fermato qualche tempo cfr. ; 69. e mal ecc. e l' aquila si riscosse
:

Sueton. Cces., 30. poi, ripigliando il suo volo, con danno di


[CIELO SECONDO] Pah. vi. 70-85 [aquila romana] 701

70 Da indi scese folgorando a Inba ;

poi si rivolse nel vostro occidente,


dove sentia la ponipeana tuba.
73 Di quel che fé' col baiulo seguente,
Bruto con Cassio nello Inferno latra,
e Modena e Perugia fa dolente.
76 Piangene ancor la trista Cleopatra,
che, fuggendogli innanzi, dal colubro
la morte prese subitana e atra.
79 Con costui corse infine al. lito rubro ;

con costui puose il mondo in tanta pace,


che fu serrato a Jano il suo delubro.
82 Ma ciò che il segno che parlar mi fece
fatto avea prima, e poi era fatturo
per lo regno mortai eh' a lui soggiace,
S5 diventa in apparenza poco e scuro,

Tolomeo, al quale Cesare tolse il regno rugia assediò e prese il fratello Lucio
d'Egitto, dandolo a Cleopatra, sorella Antonio e Fulvia, sua moglie (41 a. C),
di lui; cfr. Sueton, lui. Cces., 35. e dopo la vittoria vi commise stragi e
70. Da indi scese dall' Egitto l' aquila
: barbarie, di che la città si risentì a
piombò come folgore sopra Iubao Giuba, lungo. Cfr. Lucan., Phars. I, 41.
re della Mauritania, fautore dei pom- Piangene: piange di ciò che il se-
76.
peiani. gno aquila fé' con Augusto. - Cleo-
dell'
71-72. nel vostro occidente: alla Spa- patra cfr. Inf. V, 63. Dopo la battaglia
:

gna, dove i figli e seguaci di Pompeo, di Azio, non essendole riuscito di se-
che vi s' erano afforzati, furono sconfitti durre il vincitore, si uccise col veleno
a Munda il 17 marzo dell'anno 45 a. C. - di un aspide. Cfr. Suet., Aug. 17. Veli.
tuba: tromba; cfr. Purg. XVII, 15. Pat. II, 87.
73. baiulo lat. baìulus
: =
il portatore. 77. innanzi: all'aquila. - colubro lat. :

Chiama così Ottaviano Augusto «perchè coluber, serDe; cfr. Virg., Aen. Vili, 695
portò la detta insegna, e bali e governò sgg. Horat., Od. I, xxxvn, 25 sg.
lo imperio di Roma » Buti. Nel Gonv.
; 78. subitana: subita. - atra: orribile,
IV, 5, i primi sette re di Roma sono detti atroce.
« quasi balii e tutori della sua puerizia ». 79. Con costui con Augusto, che con-
:

74. latra: Di Bruto e Cassio il P. non quistò l'Egitto, l'aquila corse sino al
ci ha detto, Inf. XXXIV, 64-67, che Mar Rosso (lito rubro) cfr. Virg., Aen.
latrino ; anzi di Bruto ha asserito espres- Vili, 686.
samente che « non fa motto ». Ma poiché pace cfr. De Mon. I, 4 III, 16.
80. : ;

il penzolare fuori della bocca di Lucifero Thom Aq., Sum. theol. Ili, 35, 8.
col capo in giù e il torcersi di cui, per 81. delubro: tempio; lat. delubrum.
Bruto, fa parola il P., non sono cose che Il tempio di Giano si serrava sol quando
possano significare la lotta e la vittoria Roma non avesse guerra con alcuno.
di Ottaviano sopra quei due, il latra 82. mi face: cfr. v. 29 sg.
andrà inteso alla lettera, come spregia- prima, e poi prima e dopo il terzo
83. :

tivo di gridare', e D. aggiungerà qui sul Cesare. - era fatturo era per fare lat. : ;

contegno di B. e C. un particolare, ta- facturum erat. È un crudo latinismo, che


ciuto nel 1. e. deìVInf., ma non escluso fa il paio col passuro di Par. XX, 105.
dal torcersi silenzioso di essi, allorché regno ecc. della terra, da Dio as-
84. :

D. li vide. Cfr. però Bull. XXIII, 54. segnato all' aquila, al popolo romano.
75. Modena: presso Modena Ottaviano 85. diventa in apparenza poco e scuro:
Augusto disfece Marco Antonio in Pe- ; apparisce come cosa assai dappoco.
7013 [CIELO secondo] Par. VI. 86-98 [aquila romana]

86 in mano al terzo Cesare si mira


con occhio chiaro e con affetto puro;
88 che la viva giustizia che mi spira,
gli concedette, in mano a quel eh' i' dico,
gloria di far vendetta alla sua ira.
91 Or qui t'ammira in ciò ch'io ti replico:
poscia con Tito a far vendetta corse
della vendetta del peccato antico.
94 E quando il dente longobardo morse

laSanta Chiesa, sotto alle sue ali


Carlo Magno vincendo la soccorse.
97 Ornai puoi giudicar di quei cotali
ch'io accusai di sopra, e di lor falli,

8G. terzo Cesare: Tiberio, sotto il cui 93. antico del primo uomo. La morte
:

impero Cristo patì e morì al qual fatto ;


di Cristo fu punizione del peccato di
D. attribuisce somma importanza; cfr. Adamo ond' era stata inquinata tutta
De Mon. II, 13. l'umanità; la distruzione di Gerusalem-
87. occhio chiaro; mente illuminata me, della morte di Cristo.
dalla fede. - puro : non lo vinca
« che 94. dente termine biblico
: : cfr. Salm.
più affezione d' uno che d' un altro » ;
HI, S; LVI, 5; CXXIII, 6. Quando i

liuti. - Hoc multi negant


dicit quia Longobardi perseguitarono la Chiesa ro-
istam rationem quam auctor hic facit, mana, Carlo Magno le venne in soccorso
sed ipse ubique habet istam opinionem sotto le ali dell' aquila e vinse nemici i

quicquid sit » Benv. - « La chiarezza


;
della Chiesa. « Come Stefano II aveva
del vedere dipende in gran parte dalla invocato il soccorso di Pipino contro
purità dell'animo »; Kart. Astolfo, così Adriano I .nel 773 l'aiuto
88. la viva giustizia ecc. : la giustizia di Carlo Magno contro Desiderio. dir A
divina che m' ispira, mentre parlo. vero, solo 27 anni più tardi Leone ITI
89. gli: al segno dell'aquila. - quei conferì la dignità imperiale al re dei
ch'io dico: Tiberio. Franchi. Ciò nonostante il Poeta poteva
90. di far ecc. di placare la giusta ira
: ben dire che sin d' allora l' aquila prese
di Dio. Cristo avendo scelto spontanea- sotto la protezione delle sue ali un' im-
mente di morire sotto Tiberio, contri- presa che doveva condurre al risorgi-'
buì con ciò alla gloria dell' aquila, cioè mento deli' Impero Occidentale » Witte. ;

dell' impero romano, riconoscendo col Secondo la mente di D., 1' impero di
sottoporsi alla giurisdizione romana l'au- Roma non cessò mai di esistere de jure,
torità dell'impero. Cfr. De Mon. II, 13, benché cessasse temporaneamente di esi-
Per altreinterpretazioni cfr. Comm. stere de facto.
Lips. Ili, 148 sg. V. 97-111. Invettiva contro i Guelfi
91. t' ammira: maravigliati. La morte e i Ghibellini. Dal sin qui detto D.
di Cristo fu giusta, necessaria e voluta deduce per bocca di Giustiniano la con-
da Dio per la redenzione del genere uma- clusione, eh' è già stata preannunziata nei
no; ma quella morte fu in pari tempo vv. 31-33 contro le parti de' Guelfi e dei
il più gran peccato commesso dagli uo- Ghibellini, e per ragion della quale Giu-
mini. Ora, come era stata, con sua gloria, stiniano si è indugiato ad esporrele fatali
V aquila romana ministra e strumento vicende secolari dell' aquila, cioè del-
della divina giustizia, cooperando al sa- l' Impero. I Guelfi peccano contro il Sa-

crifìcio di Cristo che placava l'ira di- cro Romano Impero, volendone infran-
vina contro il genere umano, così ebbe ciosare la plenipotenza; i Ghibellini,
la gloria di vendicare, in quanto era facendo servire il sacrosanto segno, sim-
stato un peccato, la crocifissione di Cri- bolo della g ustizia, ai loro ingiusti in-
sto. D. tenterà 1' ardua conciliazione di teressi di parte.
queste due cose in Par. VII, 19 sgg. 98. di sopra: v. 31 sgg.
[CIELO SECONDO] Par. vi. 99-116 '
[aquila romana] 703

che son cagion di tutti vostri mali.


100 L' uno al publico segno i gigli gialli
oppone, e l'altro appropria quello a parte,
sì eli' è forte a veder ehi più si falli,
103 Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
sott' altro segno ; che mal segue quello
sempre chi la giustizia e lui diparte ;

106 e non l' abbatta esto Carlo novello


coi Guelfi suoi, ma tema degli artigli
eh' a più alto leon trasser lo vello.
109 Molte fiate già pianser li figli
per la colpa del padre e non si creda ;

che Dio trasmuti 1' arme per suoi gigli.


112 Questa picciola stella si correda
de' buoni spirti che son stati attivi,
perchè onore e fama gli succeda;
115 E quando li disiri poggian quivi,
sì disviando pur, convien che i raggi

100. L'uno: il Guelfo oppone all'aquila, 111. l'arme: l'aquila, uccel di Dio, v. 4,
insegna dell' impero universale, epperò che anche in avvenire rimarrà sempre
pubblico segno e non segno di una parte, insegna dell'autorità imperiale univer-
i gigli d' oro, insegna della Casa di Eran- sale, voluta da Dio, e non può essere
cia, quindi di Carlo II, re di Puglia, al- •soppiantata dai gigli di Carlo, dall'in-
lora capo dei Guelfi. - segna (cfr. v. 100) della casa di Erancia.
101. l' altro il Ghibellino vuol far ser-
: V. 112-12G. Qualità e condizione
vire il pub b lieo segno ai soli interessi del- degli spiriti beati nel cielo di Mer-
la sua parte. curio. Dopo la lunga digressione, volta
102. forte: difficile; cfr. Purg. XXIX, a dimostrare con la storia dell' aquila i
42; XXXIII, 50. torti de' Guelfi e de' Ghibellini, Giusti-
103. Faccian ecc.: cfr. Inf. XV, 73sgg. niano risponde alla 2a domanda di D.,
(dove abbiamo contro i Fiorentini una Par. V, 127 sg. JSTel cielo di Mercurio
frase parallela: Facciali le bestie deso- sono le anime di coloro che operarono
lane ecc.) e Par. XVII, 61 sgg. il bene principalmente per amore di
104-105 quello: il pubblico segno del- fama mondana; per questo sono in un
l'aquila imperiale. - sempre chi ecc.: grado di gloria alquanto basso. L' am-
chi fa dell'aquila, eh' è insegna dell' Im- bizione, la cupidigia di onori mondani,
pero, solo depositario e amministratore diminuisce il merito pur dell'opere buo-
in terra della giustizia (De Mon. I, 11), ne che compirono. « Importat enim ani-
la insegna per imprese tutte ingiuste. bitio cupidi tatem honoris.... Illi qui so-
106. esto: questo. - Carlo: re di Pu- limi propter honorem vel bona faciunt,
glia, figlio di Carlo I d' Angiò. - novello: vel mala vitant, non sunt virtuosi » ;

per rispetto al padre. Thom, Aq., Sum. theol. II, n, 121, 1.


107. artigli : potenza imperiale. 112-114. picciola: Mercurio è la più
108. a più alto leon a chi era assai
: piccola stella del cielo » Conv. II, 14. -
;

più forte di Carlo. - trasser lo Tello: si correda: s' adorna. - gli succeda: suc-
strapparono il pelo. ceda loro cfr. Nannuc, Verbi, 129.
;

109. pianser cfr. Esod. XX, 5. È sen-


: 115. poggian quivi: tendono a questo,
tenza generale ma forse allude in parti-
; a conseguire fama ed onore in terra.
colare alle sventure di Carlo Martello, 116. sì disviando pur deviando sol così
:

figlio di Carlo II cfr. Par. Vili, 49 sgg.


: da Dio, che dev'essere unico nostro scopo.
701 [CIELO secondo] Par. vi. 117-131 [spiriti in mercurio]

del vero amore in su poggi n men vivi.


118 Ma nel commensurar dei nostri gaggi
col m erto e parte di nostra letizi a,
perchè non li vedem minor uè maggi.
121 Quindi addolcisce la viva giustizia
in noi l affetto, sì che non si puoi e
7

torcer giammai ad alcuna nequizia.


124 Diverse voci fan giù dolci note )
così diversi scanni in nostra vita
rendon dolce armonia tra queste rote.
127 E dentro la presente margarita
luce la luce di Romeo, di cui
ovra grande e bella mal gradita;
fu 1'

130 ma i provenzai che fecer contra lui


non hanno riso e però mal cammina ;

117. vero amore divino. - in su: poggili di Provenza. Morto il conte nel 1245, Ro-
men vivi : s
1
innalzino più deboli a Dio. meo rimase amministratore della Pro-
118. nel commensurar ecc. parte della : venza e tutore di Beatrice, quarta figlia
gioia di noi beati consiste appunto nel di Raimondo, la quale Romeo maritò a
vedere adeguato il premio al merito. - Carlo d'Angiò. Morì in Provenza nel
gaggi premi parola di origine tedesca,
: : 1250. Invece, secondo la leggenda qui
ma entrata anche nell'uso popolare Pa- ; seguita da D. e a' suoi tempi creduta
rodi, Bull. HI, 145. «Sono rimasti al storia, Romeo sarebbe stato un umile
popolo i gaggi militari, d'onde s' è fatto pellegrino, che, tornando da S. Giacomo
il verbo ingaggiarsi » Caverni. ; di Galizia, capitò in Provenza; dove,
120. maggi maggiori cfr. Inf.YI, 48
: : ; acconciatosi in casa del conte Raimondo,
XXXI, 84. Par. XIV, 97 : XXVI, 29 ecc. ne amministrò e accrebbe i beni, e ne
121-123. Quindi ecc.: «Per questa corri- maritò le figlie a quattro re; quindi,
spondenza [tra merito e premio] che Egli reso dagl'invidiosi baroni e cortigiani
ci concede di scorgere, Dio smorza e pu- sospetto a Raimondo, si partì da lui e
rifica nostri affetti sì, che essi non pos-
i finì mendicando la sua vita. Cfr. G. Vili.
sono essere mai traviati a nessuna cosa VI, 90. Bacci, Lect. D., p. 3G sg. e 50 sg.
mala, come l'invidia»; Bacci, o.c, p. 34. 127. margarita: Mercurio; cfr., perii
124-126. Diverse ecc. Senso della ter- : nome margarita, Par. II, 34.
zina: Come diverse voci fanno dolce ar- 128. la luce ecc.: l'anima chiara di
monia, così diversi gradi di gloria for- Romeo.
mano qui in cielo un tutto armonico 129. l'opra: del riordinamento degli
-per la perfetta concordia che regna tra affari del conte Raimondo e dell ingran-
i beati de' varii scanni armonia celeste. : dimento della famiglia con quattro ma-
-scanni gradi di beatitudine: cfr. Giov.
: ritaggi reali. - mal gradita che il conte, :

XVI, 2. - « Domus est una, quia unum col credere alle voci degl'invidiosi, mo-
est Summum Bonum, id est Deus ipse; strò di non averla degnamente apprez-
sed diversitas mansionum ibi erit » ;
zata e gradita.
Petr. Lomb., Seni. IV. 130. fér contra lui lo accusarono e
:

V. 127-142. Episodio di JRomeo. Giu- calunniarono presso il conte.


stiniano mette fine al suo discorso, dicen- 131. non hanno riso : « immo amare fle-

do che nel cielo di Mercurio trovasi anche verunt, et saepe suspiraverunt Romeum;
l' anima di Romeo, del quale narra suc- nani officiales regis Francise et Caroli
cintamente la storia. Romeo (Pomée, Po- [1° d'Angiò] non fuerunt postea ita be-
micu) di Villanova, nato verso il 1170, fu nigni et gratiosi erga eos, sicut fuerat
primo ministro, connestabile e gran sini- Raymundus comes et Romeus viceco-
scalco di Raimondo Berengario IV, conte mes » ; Benv.
[CIELO SECONDO] Pah. vi. 132-142 [ROMEO] 705

qual si fa danno del ben fare altrui.


133 Quattro figlie ebbe, e ciascuna regina,
Ramondo Berlingliieri ) e ciò gli fece
Romeo, persona umile e peregrina;
130 e poi il mosser le parole biece
a dimandar ragione a questo giusto,
che gli assegnò sette e cinque per diece.
139 Indi partissi povero e vetusto ;

e se '1 mondo
cuor eh' egli ebbe
sapesse il

mendicando sua vita a frusto a frusto,


142 assai lo loda e più lo loderebbe. »

132. qnal ecc. :chiunque volge a suo ma perdita grande ! »; Fra Giord. Pred.,
danno le altrui buone opere, facendosi Ed. Moreni, II, 97 sg. E nel voi. I, 207 sg.
colpevole d' invidia e calunnia. Al. : troviamo assegnare (o anche rassegnare)
Chiunque reputa danno suo il ben fare ragione, detto dei fattori che rendon
con che altri si segnala, ossia è invi- conto ai padroni. - sette e cinque ecc. :

dioso (Purg. XVII, 118-120). dodici per dieci, cioè notevole guadagno.
133. Quattro figlie: Margherit a(m. 1295), 139. vetusto vecchio epperò tanto più
: ;

maritata nel 1234 a Luigi IX, re di Fran- ammirabile fu il suo disinteresse.


cia; Eleonora(m. 1291), maritata nel 1236 141. a frusto a frusto: a tozzo a tozzo.
ad Arrigo III, re d' Inghilterra; Sancia « Pars in frusta secant »; Virg., Aen. I,
(m. 1261), maritata nel 1243 a Riccardo, 212. Cfr. Gonv. I, 3. Par. XVII, 58 sgg.
conte di Cornovaglia, fratello di Arrigo, 142. più il mondo lo loderebbe assai
:

eletto nel 1257 re di Germania Beatri- ; più che non fa, quando sapesse formarsi
ce, erede della Provenza e moglie di un' idea della magnanimità e fortezza di
Carlo I d'Angiò, divenuto poi re di Si- cuore con che Romeo, già vecchio, si ras-
cilia, Cfr. G. Vili. VI, 89. segnò a mendicare il suo pane a tozzo a
135. amile e peregrina: quest'umile tozzo pur di non rendersi infedele od av-
straniero fece «quod non fecisset Ray- vilirsi.In queste ultime terzine, dove
mundus simplicitate sua, nec aulici ma- la parola di Giustiniano si fa singolar-
lignitate sua » Benv.; mente calda e diviene altissima lirica,
136. biece: bieche, ingiuste (cfr. Inf. D. evidentemente rappresenta ed esalta
XXV, 31. Par. V, 65): cioè le calun- sé stesso, esule immeritevole, che andò
niose parole degl'invidiosi. (Gonv. I, 3) « per le parti quasi tutte
137. ragione: i conti. alle quali questa lingua si stende quasi
138. assegnò: era, come pare, verbo mendicando, .... mostrando contro a sua
tecnico per la resa dei conti. « Se Iddio voglia la piaga della fortuna », simile
punisce chi non guadagna coll'avere suo a « legno sanza vele a sanza governo,
[i beni da Lui dati] e sta ozioso, quanto portato a diversi porti e foci e liti dal
maggiormente punirà coloro che non so- vento secco che vapora la dolorosa po-
lamente non gli assegnano il capitale, vertà ».

45, — Div. Comm., 8^ ediz.


70i) [cielo secondo] Pah. vii. l-'J [canto]

CANTO SETTIMO

CIELO SECONDO o DI MERCURIO


SPIRITI ATTIVI E BENEFICI

LA MORTE DI CRISTO, LA REDENZIONE E L'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA

« Osanna, sanctus Deus sàbaòth,


superillustrans ciarliate tua
felices ignes horum malachòth ! »
Così, volgendosi alla nota sua,
fa viso a me cantare essa sustanza,
sopra la qual doppio lume s'addua;
ed essa e l'altre mossero a sua danza ;

e quasi velocissime faville,


mi si velar di sùbita distanza.

V. 1-9. Il canto d'addio» Terminato 4-5. volgendosi ecc. danzando al ritmo


:

ilsuoragiouarnento, Giustiniano intuona del suo canto. - fu viso visumfuit, par-


:

lodi al Dio degli eserciti; e subito egli ve; cfr. Virg., Aen. I, 326; II, 773, ecc.
e gli altri beati s' allontanano come ve- - essa sustanza Giustiniano.
:

locissime faville. L' inno è in latino, con 6. doppio lume: espressione indeter-
mescolanza di voci ebraiche {Osanna, sà- minata, e perciò d'interpretazione non
baòth, malachòth): le lingue della Chiesa, sicura. O si allude alla clarita* di Dio
antica o giudaica, e della nuova o cri- che s' accoppia al lume proprio dell'irli*
stiana. felix con che D. ribadirebbe per Giusti-
;

1-3. Osanna « Salve, santo Dio


ecc. : niano ciò che questi ha detto degli angeli
degli eserciti, che dall'alto illumini (op- e beati o il doppio lume è quel delle
;

pure fai più risplendenti) colla tua chia- leggi e dell' impero, secondo la sentenza
ra luce i beati fuochi di questi regni » ! di Giustiniano (Proemio delle Istitu-
Osanna è voce ebraica —
salva! invoca- zioni):« Imperatoriam maiestatem non
zione superflua in bocca ai beati. Ma, solum armis decoratam, sed etiam egi- 1

questa era la parola consueta di saluto bus oportet essearmatam » o si accenna ;

degli Ebrei, e con essa era stato salu- al lume consueto, della beatitudine, e al
tato il Redentore (cfr. Matt. XXI, 9, 15. nuovo, della carità usata &D.(Giovan-
Marc. XI, 9. Oiov. XII, 13). - sàbaòth: nozzi, Lect. D., p. Altri altrimenti;
8).
degli eserciti. - felices ignes angeli e : ma la più ci pare
semplice e probabile
beati; cfr. Par. IX, 77 XXII, 46, ecc. - ; la prima interpretazione, bene difesa dal
malachòth: avrebbe dovuto dire mam- Torraca. - s'addua: si accoppia; neolo-
lachòth —
regnorum ma, non sapendo ; gismo di D.; cfr. Bull. Ili, 139.
di ebraico, D. di certo prese la voce dal mossero ecc.: si partirono con mo-
7-9.
Prologus galeatus di S. Girolamo, dove vimento di danza, e in un batter d'oc-
leggeva « malachòth, idest regnorum ».
: chio si fecero per distanza invisibili,
La forma malachòth, che ai nostri tempi come faville velocissime. « Iusti fulge-
è stata corretta, al tempo di D. era co- bimt, et tamquam scintili» in arundi-
mune a tutti i codici della Volgata. neto discurrent » Sap. Ili, 7.
;
[CIELO SECONDO] Par. vii. 10-24 [dubbio di dante] 707

io Io dubitava, e dicea « Dille, dille »


fra me « Dille » dicea « alla mia donna,
\

che mi disseta con le dolci stille. »


13 Ma quella reverenza che s' indonna
di tutto me pur per be e per ice,
mi richinava come Puom ch'assonna.
1(5
Poco sofferse me cotal Beatrice,
e cominciò, raggiandomi d'un riso
tal, che nel foco farìa uom felice : l'

19 « Secondo mio infallibile avviso,


come giusta vendetta giustamente
punita fosse, t'ha in pensier miso ;
ma io ti solverò tosto la mente ;

e tu ascolta, che le mie parole


di gran sentenza ti faran presente.

V. 10-24. Un dubbio. La mente di « Se Cristo patendo morte sul legno della


.D. è travagliata da un dubbio: come croce aveva giustamente vendicato in sé
mai una giusta vendetta, o punizione stesso l'antico peccato de' primi parenti ;
che si voglia dire, potè essere giusta- come poteva Tito giustamente aver ven-
mente vendicata, ossia punita? (cfr. Par. dicato la morte di Cristo negli Ebrei che
VI, 91 sg.). Ma, vinto da riverenza, D. lo crocifissero? » Veli. - punita: Al. ven-
non osa interrogar su ciò B. Se non che giata; cfr. Moore, Orti., 449 sg. Par.
ella legge nel suo animo, e con un sor- VI, 92 sg. VII, 51. -miso (latino mis-
; :

riso beatificante si offre spontanea a scio- sus), antico participio passato di mettere,
gliergli il dubbio. messo; cfr. Inf. XXVI, 54.
10-12. dubitava ecc.: io, tutto dubbioso, 22. ti solverò: dal nodo del dubbio, j

dicevo a me stesso « Di' di' a Beatrice,


: gran ecc. ti
24. di : faranno dono (pre-
che colle soavi sue parole sazia la mia sente) di una grande verità.
naturai sete di sapere » - stille goccio-
! : V. 25-51. La tnorte di Cristo. Scio-
le di verità. gliendo il dubbio di D., B. dimostra che
s'indonna: si fa donna o si-
13-14. fu giusta la morte di Cristo perchè egli
gnora, impadronisce. - pur per BE e per
s' aveva assunto l' umana natura, la quale,
ICE all' udire anche solo una parte, la
: già dannata nel padre comune, bene si
prima o 1' ultima, del caro nome di Bea- meritava tale punizione. Ma avendo Cri-
trice, così « come il tocco d' uno stru- sto conservata la sua natura divina, que-
mento risveglia nella memoria e nell'ani- sta fu sacrilegamente perseguitata ed of-
mo una lunga melodia tutt' intera»; Tom. fesa. Arguzia scolastica che dimentica
15. mi richinava ecc.: tornava a farmi l'unità della persona: sulla croce non
chinale il capo, come chi è preso dal morirono un Dio e un Uomo, ma una so-
sonno similitudine acconcia per V atto
; la persona, Cristo, Uomo-Dio ; e per que-
esterno, ma al fent. (Simil., 225), «non sto appunto il sacrificio ebbe sì alto va-
pare molto conveniente il paragone del- lore da bastare alla redenzione dell'uma-
l'abbassamento del capo per timor ri- nità. « Noi ora con più semplicità diciamo
spettoso con quello che viene dal bisogno che l' uccisione di Cristo fu, da parte
di dormire. » di chi la commise, pretta iniquità, ma
16. Poco ecc.: B. mi lasciò pochi istanti Dio la volse a salute del genere umano,
così ansioso; cfr. Purg. XXXI, 10. e così, coni' è suo costume, fu più sa-
18. nel foco: cfr. Purg. XXVII, 52 sgg. piente cavando il bene dal male, che
19. infallibile: già in Par. non è pos- impedendo lo stesso male » : Giovannoz-
sibile errore di giudizio; eppoi B. logge zì, Lect. D., p. 17. Fra Oiord., Pred.,
chiaro nell'animo di D. Ediz. Moreni, II, 222 « Ma i Giuderi:

20-21. come ecc. : cfr. Par. VI, 88-93. .... ebbono mala intenzione pessima e
708 [cielo SECONDO] Pah. mi. 25-45 [morte di cristo]

25 Per non soffrire alla virtù che vuole


freno a suo prode, quell'uom che non nacque,
dannando sé, dannò tutta sua prole ;

28 onde l'umana specie inferma giacque


giù per secoli molti in grande errore,
fin ch'ai verbo di Dio di scender piacque
31 u' la natura, che dal suo fattore
s' era allungata, unìo a sé in persona

con l' atto sol del suo Eterno Amore.


34 Or drizza il viso a quel ch'or si ragiona.

Questa natura al suo fattore unita,


qual fu creata, fu sincera e buona;
37 ma per sé stessa fu ella sbandita
di Paradiso, però che si torse
da via di verità e da sua vita.
40 La pena dunque che la croce porse,
s'alia natura assunta si misura,
nulla giammai sì giustamente morse ;

43 e così nulla fu di tanta ingiura,


guardando alla persona che sofferse,
in che era contratta tal natura.

però peccaro gravissimamente. Di que- della Trinità che il Figliuolo di Dio in


sto peccato li punì Iddio duramente ». terra discendesse a fare questa concor-
25. alla virtù che vuole: alla volontà; dia » Gonv. IV, 5. - u' ecc. in terra,
; :

cfr. Purg. XXI, 105; XXIX, 27. dove la natura umana erasi allontanata
26. a suo prode: ad utilità sua, che {allungata) da Dio per il peccato, -in'
il tollerare il freno gii avrebbe giovato. - persona in unità di persona. « Unio est
:

uom che non nacque: Adamo non nacque, facta in Verbi persona, non autem in
ma fu creato da Dio. « Vir sine matre, natura»; Thom. Aq., Sum. theol. Ili,
Vir sine lacte, qui neque pupillarem seta- 2, 2. -con l'atto ecc. per sola virtù ed
:

tem, nec viditadultain »; De Vulg. Eloq. opera dello Spirito Santo s' incarnò il
I, 6 cfr. Thom. Aq., Sum. theol. 1, 105, 1.
;
Verbo in Maria; atto di amore verso
27. sua prole: i suoi discendenti, os- l'umanità, che ne fu redenta. Cfr. Thom.
sia tutto il genere umano. Aq., Sum. theol, III, 32, 1, 2.
28. inferma in istato di peccato cfr.
: ; 35. natura: umana, assunta dal Verbo.
Isaia, I, 5 sg. 37. per se stessa per tutta e sola sua
:

laggiù nel vostro mondo. -


29. giù: colpa.
errore « Omnes nos quasi oves erravi-
: 39. da via di verità ecc. dalla via vera,
:

mus » Isaia LUI, 6. - « Semper errant


; di Dio, e dalla vita che doveva essere la
corde » Hebr. Ili, 10. - « Eratis sicut
; vita sua; cfr. v. 104. Al. da via, da ve- :

oves errantes » I Petr. II, 25.


; rità, giusta le parole di Giov. XIV, 6:
30-33. verbo di Dio Cristo cfr. Giov.
: ; « Ego sum via et veritas et vita ».
1, 1 sg. Thom. Aq., Sum. theol. I, 34. 41. natura umana, assunta da Cristo,
:

2. « Volendo la smisurabile Bontà di- la quale per sé stessa era degna di pena.
vina l'umana natura a sé riconforma- 42. morse: colpì.
re, che per lo peccato della prevarica- 43-45. ingiura: ingiuria, ingiustizia;
zione del primo uomo da Dio era par- come pane per panie, Inf. XXI, 124;
tita e disformata, eletto fu in quell'altis- varo per vario, Inf. IX, 115 matera ;

«imo e congiuntissimo concistoro divino per materia, Purg. XVIII, 37 XXII, ;


[CIELO SECONDO] Par. vii. 46-58 [redenzioneJ 709

46 Però d' un atto uscir cose diverse ;

Dio ed ai Giudei piacque una morte


eh' a
per lei tremò la terra e '1 ciel s'aperse.
•10
Non ti dee oramai parer più forte,
quando si dice che giusta vendetta
poscia vengiata fu da giusta corte.
52 Ma veggi or la tua mente ristretta
io 7

di pensier in pensier dentro ad un nodo


del qual con gran disio solver s'aspetta.
Tu dici Ben discerno ciò eh' i' odo ;
:
'

ma perchè Dio volesse, m'è occulto,


a nostra redenzion pur questo modo '.

58 Questo decreto, frate, sta sepulto

29, ecc. Nessuna pena fu tanto ingiusta, da Dio immediatamente, è incorrutti-


se si guardi (guardando) alla divina per- bile, libero, similea lui. Tale fu la crea-
sona con cui la natura umana erasi unita. tura umana, più d' ogni altra somiglian-
- contratta: congiunta. te al Creatore, sicché piti vivo raggia
46 48. d'un atto ecc.: dalla morte di su lei 1' amore divino. Ma il peccato, e
Cristo nacquero diversi effetti. Essa solo il peccato, può guastare codesta
piacque a Dio, essendo per essa soddi- sua condizione privilegiata, né ella tor-
sfatta la divina giustizia, e ne seguì la na in sua dignità se con adeguato bene
redenzione dell'umanità; piacque anche non colma il vuoto fatto dal peccato.
ai Giudei, che per essa sfogarono la loro Ora per il peccato del primo uomo l'uma-
invidia, ma si resero colpevoli di im- nità tutta perdette le celesti sue prero-
mane delitto. (Cfr. Thom. Aq., Sum. gative e fu privata dall'amicizia di Dio.
theol. Ili, 47, 5 sg.). Perciò tremò la Occorreva dunque o che l'uomo cercasse
terra, nel momento in cui Cristo morì riparare al suo reato da sé, o che Dio
(Inf. XU, 41 e cfr. Matt. XXVII, 51.
; stesso provvedesse al riparo. Ma all'uo-
Thom. Aq., Sum. theol. Ili, 44, 4), e, in- mo, essere piccolo e meschino, era impos-
sieme, il ciel s' aperse « Per passionerà : sibile riempiere l' immenso vuoto fatto
Christi aperta est nobis ianua regni cce- dalla colpa: rimaneva pertanto che Dio
lestis»; Thom. Aq., Sum. th. Ili, 49, 5. stesso lo redimesse per una delle due
49. forte: difficile a comprendere. vie ch'egli può tenere, o della miseri-
50. si dice: cfr. Par. VI, 91 sgg.; VII, cordia, o della giustizia. Orbene a Dio :

20 sg. piacque procedere per ambedue che ;

51. vendicata; cfr. Inf. IX,


vengiata : misericordia spinse il divin Verbo ad
54 XXVI, 34. - da giusta corte chi in-
; : incarnarsi; giustizia lo inchiodò sulla
tende da Tito come da giudice compe-
'
croce. E veramente ogni altro mezzo sa-
tente '; chi dal giusto tribunale di Dio '.
4
rebbe stato insufficiente a soddisfare alla
Delle due interpretazioni si può farne divina giustizia, tranne l'umiliazione del
una sola, in quanto dalla giustizia divina Figliuol di Dio. Questa dottrina è con-
fu voluta la punizione de' Giudei (Par. forme a quella svolta da Anselmo di Can-
VI, 88-93) e fatta attuare dall' Aquila, terbury nel celebre trattato Cur Deus
portata da Tito, con la distruzione di Ge- homo?, ed è la dottrina della Chiesa.
rusalemme. Giusta corte ben può com-
' '
52-54 ristretta ecc. passando da uno
:

prendere e il giusto giudice supremo e il ad altro pensiero la tua mente è ormai


giusto strumento di cui egli si valse. ferma, perchè stretta da una difficoltà,
V. 52-120. La redenzione. Continuan- dalla quale aspetta con gran desiderio
do, B. tratta la questione che tiene dub- di essere liberata: cfr. Inf. X, 95 sg.
bioso il P., e che anche i SS. Padri si 57. pur: solamente. - questo modo: la
proposero, se il genere umano non si sa- morte di Cristo, ingiusta, secondo D.,
rebbe potuto redimere per altra via, che quanto alla natura divina di lui.
per la morte di Cristo. Ciò eh' è creato 58. sepulto sepolto, nascosto.
:
710 [CIELO SECONDO] PAR. VII. 59-77 [redenzione]

agli occhi di ciascuno, il cui ingegno


nella fiamma d'amor non è adulto.
Veramente, però eh 'a questo segno
molto si mira e poco si discerne,
dirò perchè tal modo fu più degno.
(il
La divina bontà, che da sé speme
ogni livore, ardendo in se, sfavilla,
sì che dispiega le bellezze eterne.
07 Ciò che da lei sanza mezzo distilla

non ha poi fine; perchè non si move


la sua imprenta, quand'ella sigilla.
70 Ciò che da essa sanza mezzo piove,
libero è tutto, perchè non soggiace
alla virtute delle cose nuove.
73 Più l'è conforme, e però più le piace;
che l'ardor santo eh' ogni cosa raggia,
nella più simigliante è più vivace.
76 Di tutte queste cose s'avvantaggia
1' umana creatura ;es' una manca,

59-60 di ciascuno ecc. « di chi non ha


: da sé rigetta ogni livore (cioè ogni egoi-
cresciuto e educato l' ingegno alla fiam- smo ed ogni invidia del bene altrui), es-
ma del divino amore. Ed è vero: se i sendo in sé tutta un'ardente fiamma,
misteri divini, per loro natura, sono av- scintilla sì, che, come faville, sprizza

volti nell'ombra, è inutile aguzzare in fuori di sé parte delle sue eterne bel-
essi con crescente sforzo lo sguardo me- : lezze, e di queste fa belle le sue crea-
glio è illuminarli con la luce intellet-
* ture. Dico parte, perchè la creatura finita
tual piena d'amore ', che piove dall'al- non è capace dell'infinito »; G. Giovan-
to » (Giovannozzi, Lect. D., 18) e che nozzi, o. e, p. 20.
sola ci aiuta a comprenderli. 67. sanza mezzo: senza il concorso di
61-62 Veramente ecc.: « ma perchè mol- cause seconde, -distilla: deriva, è creato.
ti in ciò studiano e pochi intendono, e si 69. imprenta: impronta; cfr. Purg.
può pure intendere e devesi » Tom. - ;
XXXIII, 79 sgg. Ciò che è creato da
a questo segno alla ragione per cui Dio
: Dio immediatamente, dura in eterno,
volle che la redenzione del genere uma- perchè l'impronta della mano di Lui
no si ottenesse con la incarnazione e la non può giammai cancellare. « Signa-
si
morte di Cristo. « Questa cosa » dice tum est super nos lumen vultus tui, Do-
Fra Giord. del modo tenuto da Dio per mine « ; Salm. IV, 7. - Didici quod om-
redimerci, Fred. Ediz. Narducci, p. 122 nia opera, quse fecit Deus, perseverent
« non si può intendere, di tanta sapienza in perpetuum »; Eccl. III, 14. Cfr. Thom.
e boutade ène.... Ma avvegna che questa Aq., Sum. theol. I, 65, 1; 104, 4.
opera sia di cotanto abisso, come detto 71. libero: « Ubi spiritus Domini, ibi
è, e vie più, non però di meno i santi libertas»; II Cor. Ili, 17.
che ciò hanno considerato, hanno ve- 72. alla virtude delle cose nuore: alle
dute certe ragioni, secondo il loro vedere, influenze dei cieli, nuovi in quanto sono
della convenienza e della ragione di que- creati, e, in genere, al potere di tutte le
sta alta opera, secondo che sono stati cause seconde.
illuminati da Dio ». 73-77. Più.... piace: ciò che proviene
64-66. sperile: lat. spernìt, rigetta; cfr. immediatamente dalla divina bontà, è
JBoet., Cons. phil. Ili, metr. 9. Il senso più somigliante a Dio, e per questo a Lui
della terzina è: «La divina bontà, la quale piace di più; cfr. Conv. Ili, 8. - Par-
[CIELO SECONDO] Par. vii. 78-93 [redenzione] 711

di sua nobilita convien che caggia.


Solo peccato è quel che la disfranca
il

e falla dissimile al sommo bene,


per che del lume suo poco s' imbianca ;

e in sua dignità mai non ri vene,


se non riempie dove colpa vota,
contra mal dilettar, con giuste pene.
85 Vostra natura, quando peccò tota
nel seme suo, da queste dignitadi,
come da Paradiso, fu remota;
88 né ricovrar potiensi, se tu badi
ben sottilmente, per alcuna via,
sanza passar per un di questi guadi :

91 o che Dio solo per sua cortesia


dimesso avesse; o che l'uom per sé isso
avesse satisfatto a sua follia.
dor santo: l'amor divino. -• raggia: illu- 83-84. se non riempie ecc. se non ri- :

mina e scalda de' suoi raggi: cfr. Alb. stora con la debita pena la perdita della
Magli., De Intellectu et Intellig. Ili, 2. grazia, cagionata dalla colpa pena che ;

- Di tutte queste cose sono dunque


: deve essere proporzionata al mal diietto
tre le prerogative dell' uomo, creato im- di essa colpa; cfr. Ans., Gur Deus ho-
mediatamente da Dio: immortalità, v. mo? I, 11-14. Lomonaco, D. giurecon-
68; libertà, v. 71; somiglianza a Dio, sulto, 27 sg. - mal dilettar « mala men- :

per la quale l'uomo è oggetto di spe- tis Gaudia»; Virg., Aeri. VI, 278 sg. ;

ciale compiacimento per la Divinità, cfr. Purg. XVII, 99.


vv. 73-75. - s'avvantaggia: è privilegiata. 85-87 Vostra natura ecc. « Adamo :

« Ciascuna forma ha essere della divina peccando, tutti noi fummo peccatori,
natura per alcuno modo.... per lo modo però che tutti eravamo in lui e peccòe in
quasi che la natura del sole è parteci- [lui] tutta la natura umana »: Fra Giord.,
pata nell'altre stelle. E quanto la forma Pred., Ed. Manni, 318. - tota tutta : :

è piti nobile, tanto più di questa natura questa forma si ha anche in Par. XX,
tiene. Onde 1' anima umama, ch'è forma 132. Toto e tota usarono pure altri poeti
nobilissima di queste che sotto il cielo antichi, ma, come D., solo in rima; Fazio,
sono generate, più riceve dalla natura Dittam. I, 23. Prezzi, Quadr. II, 3. - nel
divina che alcun' altra»; Conv. Ili, 2. seme suo: in Adamo.
-e s'una manca ecc. se all' uomo viene
: 87. remota: allontanata. Perdette le
a mancare una delle dette prerogative, sue dignità o prerogative (n. 73-77)
egli necessariamente decade dalla sua così come il Par. terrestre.
primitiva, innata nobiltà. 88. ne ricovrar ecc. e le perdute di-
:

79. disfranca toglie la libertà, di che è


: gnità dell' umana natura non si pote-
parola nel v. 71. « Omnis qui facit pecca- vano recuperare per altra via. Al. po- :

timi, servus est peccati »; Giov. Vili, 34. tiesi (poteasi), cioè: la natura umana
Il peccato solo toglie alla creatura umana non poteasi ricuperare, riscattare dalla
la libertà e la fa dissomigliante da Dio. brutta sua condizione senso non diverso
:

81. per che del lume ecc. per la qual


: da quel che si ha con la lez. adottata
cosa, cioè per essere divenuta dissimile nel testo.
al sommo bene, poco è avvivata, rischia- 90-93. guadi ecc.: eranodue i guadi, le
rata (cfr. Inf. II, 128, Purg. IX, 2) dal vie,per cui potava l'uomo tornare nello
lume di esso, che, come si è veduto, stato di grazia :che Dio avesse sempli-
w. 74 sg., si riflette nella creatura più cemente perdonato, o che l' uomo avesse
o men vivacemente secondo la maggior soddisfatto per sé stesso - solo ecc. per :

o minor somiglianza ch'ella ha con lui. sua sola liberalità. Al. Dio per sé «solo.
:
712 [CIELO secondo] Par. VII. 94-108 [REDENZIONE]

94 Ficca mo l'occhio per entro 1' abisso


dell'eterno consiglio, quanto puoi
mio parlar distrettamente fìsso.
al
97 Non potea l'uomo ne' termini suoi
mai sodisfar, per non poter ir giuso
con umiltate obbediendo poi,
100 quanto disobbediendo intese ir suso ;

e questa è la ragion per che l' uom fue


da poter sodisfar per sé dischiuso.
103 Dunque a Dio convenia con le vie sue
riparar l'uomo a sua intera vita,
dico con una, ovver con ambedue.
l'

106 Ma perchè ovra è tanto più gradita


l'

dell'operante, quanto più appresenta


della bontà del cuore ond'è uscita,

- cortesia: cfr. Vita N., § 43: « e poi tale. Morendo, Cristo pagò e sodisfece
piaccia a Colui, eh' è Sire della corte- per tutti »; Fra Giord., Pred., Ed. Car-
sia »; Gonv. IV, 20. Inf. XVI, 67. Purg. ducci, 56. « È sì grande offesa chi of-
XVI, 116. - per se isso: per se stesso. fende Iddio pur d'uno peccato mortale,
Isso (lat. ìpse) si usò anticamente anche che tutte le genti del mondo noi potreb-
in prosa; cfr. Nannuc., Verbi, 227. - bono per lor virtude né per loro pena
follia: colpa. Nel vecchio Testamento uomo doveva sodisfare,
sodisfare. L' ma
il peccato è più volte chiamato pazzia non poteva; Iddio poteva, ma non do-
e sciocchezza: cfr. Comm. lips. veva: fu bisogno che fosse Cristo, cioè
94-95. mo: ora; cfr. Inf. X, 21 XXIII, ; Iddio e uomo, acciò che dalla parte del-
7, 28; XXVII, 20, 25, 100, ecc. ». l'occhio: l' uomo dovesse e dalla parte di Dio po-

«idest, speculationem intellectualem »; tesse.... e così fu sodisfatta e piena la


Benv. - abisso ecc. profondità del divino
: giustizia di Dio »; id., ih., 122 sg.
consiglio; cfr. Purg. VI, 121 sg. 102. dischiuso: escluso dalla possibi-
96. distrettamente fìsso: seguendo da lità di sodisfare da sé. Per il senso di
vicino e colla maggior possibile atten- dischiuso cfr. Par. XIV, 138. « Ad hanc
zione tutto il mio ragionamento. plenitudinem oportuit, ut tanta esset
97. ne' termini suoi nella sua condi-
: humiliatio in expiatione, quanta fuerit
zione di ente finito. « La ragione per- prsesumptio in praevaricatione. Eationa-
chè egli non potea satisfare in quanto lis autem substantiae Deus tenet sum-
uomo, è, che egli avendo peccato per mum, homo vero imum gradum. Quando
superbia, per voler appareggiarsi a Dio ergo homo pramimpsit contra Deum,
(perciocché volendo sapere il bene ed il facta est elatio de imo ad summum. Opor-
male, era agguagliarsi a Dio), egli non tuit ergo, ut ad expiationis remedium
potea ubbidiendo discendere in tanta fieret humiliatio de summo ad imum»;
bassezza, che fosse pari all' altezza di Rich. a St. Vict., DeVerb. incarn., 8.
Dio, alla quale disubbidiendo era voluto 103-105. Dunque ecc. Poiché l' uomo :

salire. Perciocché l' altezza di Dio è in- « per sé isso » non poteva sodisfare, con-
finita;ma nessuna bassezza si trova, veniva che Dio riconducesse egli l'uomo
che non sia finita»; Land., che segue all'integrità di sua vita o con la giu-
il Buti. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. stizia, o con la misericordia, o con l' una
II, il,163, 2; III, 1, 2. e l'altra insieme. Cfr.Thom. Aq., Sum.
100. ir suso salire in alto per aggua-
: theol. HI, Oom.p. theol. 198-200.
46, 1.
gliarsi a Dio; cfr. Genes. Ili, 5, 6. «Il 106-108. l'ovra ecc.: costruisci e in-
peccato che si fa contro a Dio è infinito, tendi L' ovra dell' operante è tanto più
:

sì come Dio è infinito; e però non pa- gradita, quanto più (pienamente) appre-
gherà mai quegli eh' è in peccato mor- senta (dimostra) la bontà (le qualità, le
[CIELO SECONDO] Par. vii. 109-120 [redenzione] 713

109 la divina bontà, che il mondo imprenta,


diproceder per tutte le sue vie
a rilevarvi suso fu contenta.
112 Né tra V ultima notte e '1 primo die
sì alto o sì magnifico processo,
o per Puna o per l'altra, fu o fie;
115 che più largo fu Dio a dar sé stesso
a far l'uom sufficiente a rilevarsi,
che s' elli avesse sol da sé dimesso ;

118 e tutti gli altri modi eran scarsi


alla giustizia, se '1 fìgliuol di Dio
non fosse umiliato ad incarnarsi.

virtù) dell' animo dell' operante. « Po- le quali si manifesta e procede nelle
tremo dire del maestro che fa l'opera forme e nella vita dell' universo lo spi-
sua, che quella opera rappresenta il mae- rito di Dio giusto e misericordioso; e
stro, la bontà sua » Fra Giord., Pred.,
; possiede, insieme, tanta virtù di parola
Ed. Moreni, II. 295. da conchiudere in tre soli versi e far
109-111. La divina bontà ecc.: Iddio sentire e comprendere a noi questa vi-
si compiacque di usare e giustizia e mi- sione immensa, quest' altissimo giudizio
sericordia per rialzare dalla sua abie- comparativo.
zione l'umanità, -imprenta: impronta 115-117. che più lar£0 ecc. Dio si mo-
:

di sé; cfr. vv. 64-66. strò più misericordioso, più cortese e li-

112-114. Ne tra 1' ultima notte ecc.: berale dando sé stesso, unendosi perso-
giammai, dal primo mattino della crea- nalmente all' uomo e soffrendo per farlo
zione all'ultima notte del giudizio finale, atto a rialzarsi, che se Egli avesse sem-
per le due vie della giustizia o della plicemente con atto di cortesia perdonato
misericordia di Dio si fece o farà piti {dimesso) il peccato. - se stesso « Tradì
:
-

alta e magnifica opera. - processo atto,


: dit semet ipsum prò me » Gal. II, 20.
;

procedimento. - fu o fie: fu o sarà. La 118-120. scarsi alla giustizia: inade-


redenzione, operata dalla divina miseri- guati a sodisfare la divina giustizia. -
cordia e giustizia, è l' opera più eccelsa che s' elli ecc. scrive S. Tommaso (Sum.
:

di ambeduedal principio alla fine del theol. Ili, 46, 1) che l'avere Iddio dato
mondo. Altri leggono e intendono a torto all' uomo quale « satisfactorem » il Fi-
altrimenti. Cfr. Ifoore, Orit., 451 sg. gliuol suo, cioè se stesso, fu atto « abun-
Su queste ultime terzine, bene osserva dantioris miseiicordiae quam si peccata
il Oiovannozzi, Lect. Dantis, p. 25 « : A absque satifactione dimisisset ». - umi-
mano a mano che l'argomento s'eleva, liato « Humiliavit semet ipsum factus
:

e il poeta sale nella contemplazione della oboediens usque ad mortem, mortem


mirabile economia che salvò il mondo, autem crucis»; Philipp. II, 8. Cfr. il
anche il suo canto s' innalza i suoi versi
; passo latino della n. 102. Quanto al-
perdono la rigidità scolastica, e fluiscono l'omissione della partic. riflessiva si, cfr.
caldi ed appassionati, sinché, all'ultimo, Bull. XXIII, 54, dove il Parodi rac-
tutta l'anima sua cristiana, l'anima di coglie altri esempi antichi di tale omis-
Dante, vibra in un inno d' ammirazione. sione.
Non è più un sillogizzare secondo il gu- V. 121 148. Creature corruttibili e
sto de' tempi, un teologizzare per non creature incorruttibili, B. aveva det-
esser da meno degli altri; è lo slancio to (v. 67 sgg.) che tutto ciò che è da Dio
d'un ingegno adulto, come dice egli so- immediatamente creato, non ha fine;
pra, nella fiamma d' amore », e che, sog- poiché l'impronta posta da Dio non si
giungiamo noi, può e sa, con mirabile muove. Come mai dunque - potrebbe
facilità e sicurezza, levarsi tant' alto da obbiettar D. - gli elementi, che pure usci-
abbracciare con uno sguardo solo a pa- rono dalla mano di Dio, sono corrutti-
ragonar fra loro le mille e mille vie per bili? In verità gli elementi non furono
714 [CIELO SECONDO] PAH. VII. 121-141 [IMMORTALITÀ]

ÌL'I
Or per empierti bene ogni disio,
ritorno a dichiarare in alcun loco,
perchè tu veggi lì così com'io.
124 Tu dici Io veggio l' acqua, io veggio
:
i
il foco,
l'aere, la terra e tutte lor misture
venire a corruzione e durar poco ;

127 e queste cose pur fur creature :

per che, se ciò eh' è detto, è stato vero,


esser dovrìen da corruzion sicure '.
130 Gli angeli, frate, e il paese sincero
nel qual tu se si posson creati,
7
dir
sì come sono, in loro essere intero ;

133 ma gli elementi che tu hai nomati


e quelle cose che di lor si fanno
da creata virtù sono informati.
136 Creata fu la materia ch'egli hanno ;

creata fu la virtù informante


in queste stelle che 'ntorno a lor vanno.
139 L'anima di ogni bruto e delle piante
di complession potenziata tira
lo raggio e '1 moto delle luci sante.

creati, così come sono, in loro essere in- 131. creati « nos autem dicimus quod
:

tero, da Dio, ma resultano dall'unione materia et cozlum producta sunt in esse


di cose create; e però anch' essi si cor- per creationem»; Thom. Aq., Sum. theol.
rompono. Invece l' anima-umana, creata I, 46, 1; 66, 2; 75, 6.
immediatamente da Dio, senza coopera- « In quello
132. in loro essere intero :

zione di cause seconde, è di necessità essere intero che ora sono imperò che;

immortale. Anche la figura del corpo Iddio insieme creò la materia loro e la
umano, del resto, procede immediata- forma.... E però si può conchiudere che
mente da Dio, avendo egli di propria debbono essere perpetui e liberi »; Buti.
mano plasmato il corpo dei progenitori ; 133. hai nomati: ne' vv. 124 sg.
donde si vede, conclude B., che la ri- 135. da creata ecc hanno la loro forma
:

surrezione dei corpi è cosa necessaria. da virtù creata da Dio, da una causa
121. per empierti: per sodisfare inte- seconda; dunque non sono creati in
ramente al tuo desiderio di conoscere il loro essere intero da Dio, come i cieli.
vero. 136. Creata immediatamente da Dio.
:

122-123. ritorno a dichiarare ecc.: mi « La materia prima degli elementi fu im-


rifaccio addietro a un certo punto (vv. mediatamente creata, in principio, da Dio
67-69) per aggiungere dichiarazioni. - lì : ed essa perdura sempre sotto successive
su questo punto. e varie forme sostanziali » Corn. ;

125. misture « ogni composizione dei


: 137. virtù informante la virtù che dà
:

detti quattro elementi » ; Buti. i principii specifici, o formali, agli ele-


127-129. creature: create da Dio; e menti.
però dovrebbero essere incorruttibili, se 138. vanno s' aggirano intorno alle re-
:

ò vero ciò eh' è stato detto ne' vv. 67-69. gioni più basse, o, se si vuole, più in-
130. paese sincero: i cieli che sono terne, assegnate ai 4 elementi.
di pura materia (Ep. Kani, 23), ma in- 139-141. L'anima ecc.: il concetto so-
corruttibili; cfr. Thom. Aq., Sum. theol. stanziale di questo passo, la cui inter-
I, 10, 5; 66, 2; 97, 1; I, II, 49, 4. pretazione letterale non è facile, è indub-
[CIELO SECONDO] Par. vii. 142-148 [immortalità] 715

142 Ma vostra vita san za mezzo spira


la somma beninanza, e la innamora
di sé, sì che poi sempre la disira.
14; E quinci puoi argomentare ancora
vostra resurrezion, se tu ripensi
come l' umana carne fèssi allora

148 che li primi parenti intrambo fénsi. »

bio: l'anima, cioè il principio vitale, dei desidera la somma beninanza. «L'ani-
bruti e delle piante, non è immediata- ma umana, eh' è forma nobilissima di
mente creata da Dio: quindi non è in- queste che sotto il cielo sono generate,
corruttibile e immortale, quale è invece più riceve della natura divina che al-
l'anima umana, creata immediatamente cun' altra. E perocché naturalissimo è.

da Dio. Quanto alla lettera, stiamo coi in Dio volere essere,... l'anima umana
molti, ant. e mod., che quale soggetto esser vuole naturalmente con tutto de-
del verbo tira considerarono lo raggio e siderio. E perocché il suo essere dipende
il moto e spiegarono così Dalla materia,
: da Dio e per quello si conserva, natu-
quando abbia complessione potenziata a ralmente disia e vuole a Dio essere unita
ciò, ossia tale mistione di elementi per per lo suo essere fortificare » Conv. Ili, ;

laquale sia a ciò disposta, le stelle, splen- 2. Cfr. Purg. XVI, 90; XXV, 70 sgg.
dendo e girando, sotto l' azione delle in- 145-148. quinci: dal principio stabilito
telligenze motrici, tirano e riducono in (v.67 sgg.) che ciò che proviene imme-
atto l' anima sensitiva de' bruti e la ve- diatamente da Dio, non ha fine, se tu
getativa delle piante. Questo modo d' in- ripensi che i corpi di Adamo ed Eva
tendere è confortato dalle dottrine sco- furono creati immediatamente da Dio e
lastiche; cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, però immortali, puoi inferirne che i corpi
75, 3, 6 118, 1, 2. Secondo altri, soggetto
; dovranno essere ricongiunti alle anime
del tira sarebbe V anima, e si dovrebbe degli uomini, avendo l' uomo per la pas-
intendere: L'anima sensitiva de' bruti e sione di Cristo riacquistato anche la pre-
la vegetativa delle piante trae delle luci rogativa, o dignità dell' immortalità (cfr.
sante, cioè dalle stelle, lo raggio eil moto, vv. 85 sgg. e in particolare i vv. 85-87
l'essere e l'azione, di complessione poten- e 103 sgg.) (cfr. Sum. theol. I, 91, 2; 92,
ziata, cioè da struttura di esse stelle do- 4 ; 97, 1 ; III, 49, 3). Osserva però il Corn.
tata di potenza. che a questo argomento [della creazione
142-144. Ma vostra ecc.: ma l'amor di- dei corpi de' primi parenti] non si ap-
vino crea immediatamente l'anima uma- poggia la risurrezione della carne come
na e la innamora e le fa sentir perpetuo a solida base»; e la osservazione è ri-
desiderio di sé. Cfr. Thom. Aq., Sum. petuta dal Giovannozzi, che, per meglio
theol. I, 90, 2, 3. -spira: « animam hu- chiarire essere l'argomento dantesco «di
manam creando infunditet infundendo pura convenienza, non di necessità »,
creat sine operatione coeli » Benv. - be-
; soggiunge a ragione che esso « anche se
ninanza: benignità; cfr. Par. XX, 99. valido pei corpi dei due primi parenti,
Nannuc, Verbi, 37 sg. - la innamora: da Dio immediatamente creati, non var-
« Tu fecisti nos ad Te, et inquietimi est rebbe pei susseguenti, prodotti certo da
cor nostrum, donec requiescat in Te. cause seconde ».
Quies apud Te est valde et vita imper- 148. intrambo: entrambi; cfr. intram-
turbabilis »; Aug., Con/. I, 1. - disira: be in Inf. XIX, 25.
716 [CIELO TERZO] AH. Vili. 1-9 [venere]

CANTO OTTAVO
CIELO TP]RZO o DI VENERE : SPIRITI AMANTI

IL NOME DEL PIANETA


GLI SPIRITI AMANTI , CARLO MARTELLO, ROBERTO RE DI NAPOLI
CAGIONE DELLE VARIE INDOLI PERSONALI

Solea creder lo mondo in suo periclo


che la bella Ciprigna il folle amore
raggiasse volta nel terzo epiciclo ;

per che non pur a lei faceano onore


di sacrifìcio e di votivo grido
le genti antiche nelP antico errore,
ma Dione onoravano e Cupido,
questa per madre sua, questo per figlio,
e dicean eh' el sedette in grembo a Dido ;

V. 1-12. Origine del nome di Ve- « Dico anche che questo spirito viene
nere pianeta» Sul punto di raccontare per li raggi della stella perchè sapere si
;

la sua salita nel 3° cielo, e propriamente vuole che li raggi di ciascuno cielo sono
in Venere, D. esordisce dicendo di Ve- la via per la quale discende la loro virtù
nere in particolare ciò che genericamente in queste cose di quaggiù »; Conv. II,
è stato detto dei pianeti in Par. IV, 7. - volta: girando. - epiciclo: « secondo

61 sgg. Credevano i pagani che Venere, Tolomeo, i pianeti facevano i loro mo-
volgendosi nell'epiciclo del terzo cer- vimenti in direzione opposta al moto
chio, influisse co' suoi raggi l'amore sen- diurno della rispettiva spera, in un cir-
suale onde non pure a lei facevano ono-
; colo particolare, che appellavano epici-
re di sacrifici e di preghiere accompa- clo, o perchè sovrapposto al circolo chia-
*
gnate da voti, ma onoravano altresì Dio- mato eccentrico, sulla circonferenza del
ne, madre di lei, e il figlio Cupido, cre- quale sempre doveva trovarsi il centro
dendo che anch'essi influissero siffatto dell'epiciclo; o perchè circolo principale,
amore; e favoleggiavano che Cupido si come quello che doveva rappresentare
posò nel grembo di Didone, e, spegnen- le apparenze più singolari, dipendenti
dole in cuore l'antico, vi accese un nuovo del moto proprio dei pianeti. Ciascuno
amore. Da costei tolsero il nome del « bel di questi aveva 1' epiciclo suo, tranne
pianeta che ad amar conforta », e lo chia- ilSole: quindi, cominciando la nume-
marono Venere. razione dalla luna, il terzo epiciclo ap-
1. in suo periclo: con pericolo dell'eter- parteneva alla stella di Venere » ; An-
na dannazione. Al. nel suo consueto
: tortelli. Cfr. Conv II, 4.
errore dell'idolatria, nel quale era pe- 5. votivo grido: preghiera con voti.
riclitato e perduto: periclo è sincope di 6. errore: del paganesimo.
pericolo. Anche in lat. si ha periclum 7. Dione madre di Venere; cfr. Virg.,
:

accanto a perìculum. Aeri. III, 19 sgg. - Cupido fìgMo di Ve- :

2. Ciprigna: Venere, nata in Cipro; cfr. nere e dio dell'amore; cfr. (Jonv. II, 6.
Ovid., Met. X, 270, - folle: sensuale. 9. sedette : cfr. Virg., Aeri. I, 657 sgg.
3. raggiasse infondesse co' suoi raggi.
: 715, sgg. - Dido: cfr. Inf. Y, 61, 85.
[CIELO TERZO] Par. viii. 10-28 [spiriti amanti] 717

10 e da costei, ond' io principio piglio,


pigliavano il vocabol della stella
che il sol vagheggia or da coppa, or da ciglio,
13 Io non m ?
accorsi del salire in ella;
ma d' esservi entro mi fé' assai fede
la donna mia, eh' io vidi far più bella.
16 E come in fiamma favilla si vede,
e come in voce voce si discerne,
quando una è ferma, e altra va e riede;
19 vid' io in essa luce altre lucerne
moversi in giro più e men correnti,
modo, credo, di lor viste interne.
al
22 Di fredda nube non disceser venti,
o visibili o non, tanto festini,
che non paressero impediti e lenti
25 a chi avesse quei lumi divini
veduti a noi venir, lasciando il giro
pria cominciato in gli alti Serafini.
28 E dentro a quei che più innanzi apparirò,
10. e da costei ecc. : e da Venere, onde fasciate dalla luce che, ardenti di lieta
io incomincio presente canto; cfr. Virg.,
il carità, esse stesse irradiano; cfr. Par.
Georg. IV, 316; Aen, IV, 284. IV. 136 sgg. e qui, sotto i vv. 52 sgg.
12. da coppa: dalla parte posteriore 21. al modo.... interne: a seconda della
(Inf. XXV, 22), la sera (Espero). - da ci- maggiore o minore vastità e profondità
glio: dalla parte anteriore, la mattina della interna, tutta spirituale visione
(stella Diana o Lucifero). che esse hanno della divinità. Al.: eterne.
V. 13-30. Spiriti atìiantU D. non si 22. Di fredda nube ecc. secondo Ari-
:

accorge del suo salire in Venere, ma la stotele, vapori caldi e secchi, montando
i

cresciuta bellezza di B. gli fa capire che all'estremo della terza regione dell'aria,
vi è già dentro. Nella luce di Venere commuovono questa, essendo percossi da
vede muoversi in giro e ve-
altre luci fredde nuvole; quindi il vento.
nirgli velocissime incontro, e, dentro a 23. visibili per il cacciar che fanno in-
:

quelle che prime appariscono, ode can- nanzi a sé polvere o nuvole; seppure
tare Osanna. Sono spiriti di persone che, (Torraca) con venti visibili non si allude
già in terra accese di amore, seppero ai lampi e in genere ai vapori accesi, no-
a tempo volgerlo a obbietti degni. An- minati già in Purg. V, 37. -festini: la-
che ora in cielo ardono d'amore, amore tinismo rapidi cfr. Par. Ili, 61. Virg.,
; ;

santo, amore per il sommo bene. Aen. V, 319 VII, 806 sg. ecc.
;

13. in ella: nella stella di Venere; cfr. 26-27. lasciando il giro ecc.: «Que'santi
Inf. XXXII, 124. adunque, che nel cielo Empireo danza-
15. far: farsi, divenire. La sua bel- vano insieme coi Serafini (i più sublimi
lezza cresce via via con l' avvicinarsi degli spiriti beati), discesi in Venere per
alla sede di Dio, all' Empireo. scontrare Dante e fargli oneste e liete
17-18. in voce voce si discerné ecc. : accoglienze, continuavano ancora la loro
«due voci che cantino all' unisono, paio- danza, e non la lasciarono, se non quando
no una sola. Ma
se una tenga ferma egli vi fu giunto » (Mariotti) e gli si
la nota, e l' altra gorgheggi, si discerne avviarono incontro.
questa da quella»; L. Vent., Simil., 74. 28. dentro Al.: dietro: Il suono o can?
:

19. lucerne: lumi. Le anime, appari- to dell'anime ben si può dire che avesse
scono come lumi, perchè interamente sua origine dentro, non dietro quei lumi.
718 [CIELO TERZO] Pah. viii. 29-44 [CARITÀ CELI

sonava Osanna sì, che unque


' '
poi
di ri udir non fui san za disiro.
3] Indi si fece 1' un più presso a noi,
e solo incominciò : « Tutti sein presti
al tuo piacer, perchè di noi ti gioi.
Noi ci volgiam coi Principi celesti
d' un giro e d'un girare e d' una sete,
ai quali tu del mondo già dicesti :

a: '
Voi che intendendo il terzo ciel movete ; '

e seni sì pien d' amor, che, per piacerti,


non fìa men dolce un poco di quiete. »
40 Poscia che gli occhi miei si furo offerti
alla mia donna reverenti, ed essa
fatti gli avea di sé contenti e certi,
43 rivolgersi alla luce che prornessa
tanto s'avea, e « Di' : chi siete"? » fue

29-30. Osanna: cfr. Par. VII, 1. -unque: 39. men dolce : del canto e della dan-
mai; cfr. Purg. Ili, 105; V, 49. -riu- za. « L' amor di Dio e V amore del prossi-
dir: sottinteso quel canto ' '. mo non possono mai essere in contesa tra
V. 31-39. Carità celeste. di que- Uno loro: V uno non può mai escludere l'altro.
sti spiriti avanti,
(Carlo Martello) si fa Ambedue sono essenzialmente uno, e si
dicendo a D. che tutti sono pronti ad aumentano vicendevolmente »; Filai.
appagare i suoi desideri, affinchè egli V. 40-84. Carlo Martello, Con lo sguar-
prenda gioia di loro. La gioia altrui è do D. dimanda a B. licenza di parlare ;

gioia per le anime beate cfr. Thom. Aq., ; con lo sguardo B. acconsente. Il P. al-
Sum. Suppl. 72, 2.
theol. Ili, lora chiede a quello spirito chi egli sia;
Gioì da gìoiare,
33. gioì: tu gioisca. e lo spirito gli si manifesta brillando
usarono gli antichi in verso e in prosa ;
di gioia. È Carlo Martello, figlio primo-
cfr. Nannuc, Verbi, 19. genito di Carlo II d' Angiò, n. 1271, coro-
34. coi Principi: col coro angelico dei nato re d'Ungheria nel 1290, m. nel 1295.
Principati, motori del cielo di Venere. Da questi vv. risulta che D. 16 conobbe
Secondo D., a ciascuno dei 9 cieli è pre- nella prima vita, e, quasi di certo, ebbe
posto, quale motore, uno dei 9 cori an- con lui relazioni amichevoli. Probabil-
gelici; cfr. Par. XXVIII, 40 sgg. mente D. lo vide, quando nei primi
35. d'un giro d'un giro, circolare,
ecc.: mesi del 1294 Carlo fu in Firenze, an-
rispetto allo spazio d'un girare, eterno, ; datovi da Napoli con bello e ricco se-
rispetto al tempo, e d' una sete, di Dio, guito di cavalieri per incontrare il pa-
quanto all' affetto. dre e la madre che tornavano di Francia,
36. ai quali- Principi celesti; cfr. Conv. « e da' Fiorentini » scrive O. Vili. (Vili,
II, 2, 6. - del mondo: Al.: nel mondo. 13) « gli fu fatto grande onore, ed egli mo-
Del mondo vale cittadino del mondo-. strò grande amore a' Fiorentini, ond'eb-
cfr. Purg. V, 105 «O tu del ciel, perchè
: be molto la grazia di tutti ». Cfr. L.
mi privi?». Ma si può anche intendere Rocca, Lectura D., pp. '6-18 e 23 sg.
del per dal ; e il senso sarebbe lo stesso 40-41. offerti ecc.: rivolti per chiedere
che s' ha conla var. nel. rispettosamente licenza di parlare.
37. Toi ecc. 1° verso della
: Canz. com- 42. di sé: della sua approvazione. Con-
mentata da D. nel II tratt. del Conv., tenti riguarda il cuore, certi l'intelletto.
dove in realtà al 3° cielo sono assegnati 44. Di' : chi siete ?: di': chi sei tu, e chi
iTroni anziché i Principati. Nell'ordina- sono le altre anime qui venute conte?
mento delle gerarchie angeliche D. mulo Una domanda simile è in Par. Ili, 40
opinione: cfr. Par. XXVIII, 40 sgg. sg. Al. intendono: 'Di' chi tu sei \
[CIELO TERZO] Par. viii. 45-61 [Carlo martello] 719

la voce mia di grande affetto impressa.


41»
E quanta e quale vid' io lei far piùe
per allegrezza nova che s'accrebbe,
quand'io parlai, air allegrezze sue!
49 Così fatta, mi disse: « Il mondo m'ebbe
giù poco tempo e se più fosse stato, ;

molto sarà di mal, che non sarebbe.


52 La mia letizia mi ti tien celato,
che mi raggia dintorno e mi nasconde,
quasi animai di sua seta fasciato.
55 Assai m'amasti, ed avesti ben onde;
che s' io fossi giù stato, io ti mostrava
di mio amor più oltre che le fronde.
58 Quella sinistra riva che si lava
di KodanQ poi eh 'è misto con Sorga,
per suo signore a tempo m'aspettava,
61 e quel corno d'Ausonia che s'imborga

rammentando Par. XVT, 16, dove a Cac- 55-57. m'amasti ecc.: Ripensando alle
ciaguida D. dà del voi, ma in tal caso parole del Vili, riferite nella n. 40-84, si
ci aspetteremmo Dite. Al. leggono: Di' potrebbe pensare che D. intenda solo di
chi se' tu Deh, chi siete, Benv. ha: deh,
; dire genericamente: « Mi amasti assai
chi siete, lezione propugnata moderna- come Fiorentino »; e che si alluda ad
mente da parecchi, ma che non ha il affetto grande e a speranze poste dai
suffragio di codici antichi e buoni. Fiorentini nel giovane re titolare d' Un-
46. E quanta e quale ecc. e come la : gheria; cfr. Comm. Lips. Ili, 193 sg.
vidi farsi maggiore di grandezza, am- Ma se si considera che già nei vv. 36-37
pliarsi, e farsi di pia vivo fulgore E ciò ! Carlo Martello ha mostrato di cono-
sìper la letizia di poter appagare il desi- scere individualmente D., e si tien conto
derio espresso dal pellegrino, sì perchè è di quel che c'è di particolarmente affet-
in lei « la gioia speciale dell' amico nel- tuoso e amichevole nelle parole e in tutto
l'udire la voce dell'amico»; Rocca, Lec- il tono dei vv. 55-57, parrà più ragione-

tura D., p. 25. Cfr. Aen. II, 274, 591 sg. vole ritenere che qui si alluda a cono-
49. Così fatta così accresciuta di gran-
: scenza ed amicizia personale tra il prin-
dezza e di fulgore. Secondo alcuni così cipe e il P. - giù in terra. Se io fossi
:

fatta sarebbero parole dell' anima così = vissuto ancora, come ti avevo già dato
bella qual mi vedi. Ma fu forse Carlo Mar- qualche cenno o seguo del mio amore,
tello in terra tale quale D. lo vide in cielo ? te ne avrei fornito coi fatti utili prove :

50. poco tempo: venticinque anni. - e alle fronde sarebbe seguito il frutto.
se più ecc.: se fossi vissuto più a lungo. 58 60. Quella sinistra riva ecc.: la Pro-
51. molto sarà ecc.: molti mali avver- venza merid. eh' era dei re di Napoli
ranno che si sarebbero evitati. « Quasi e nel cui governo Carlo Martello, come
dica: io avrei composto le cose di Si- primogenito del Ciotto, doveva succe-
cilia con quelle d'Aragona per modo, dere. - lava: cfr. Horat., Od. II, in,
si
che sarebbe tolta la guerra, la quale 18. Aen. Ili, 396 sg., 419. -Sor-
Virg.,
continuo l'affligge » Ott. - « Quia me-
; ga: la Sorgue, fiumicello che nasce dalla
lius gubernassem regna mea liberalita- fonte di Valchiusa ed entra nel Rodano
te, quam Robertus sua cupiditate, cum un po' a nord d'Avignone. - a tempo:
tota sapientia sua » ; Benv. dopo la morte di Carlo II, avvenuta
54. animai : come baco da
seta rav- nel 1309.
volto e chiuso nel suo bozzolo, eh 'è di 61. e quel ecc.: e m'aspettava per suo
seta. - fasciato : cfr. Par. XXVI, 135. ignore il regno di Napoli. - corno: la
720 [CIELO TERZO] Par. vili. 62-76 [CARLO MARTELLO]

di Bari, di Gaeta e di Catana,


da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
04 *Fulgeami già in fronte la corona
di quella terra che 1 Danubio riga, 7

poi che le ripe tedesche abbandona.


07 E la bella Trinacria, che caliga
tra Pachino e Peloro, sopra '1 golfo
che riceve da Euro maggior briga,
70 non per Tifeo ma per nascente solfo,
attesi avrebbe li suoi regi ancora,
nati per me di Carlo e di Eidolfo ;

73 se mala signoria, che sempre accora


li popoli suggetti, non avesse

mosso Palermo a gridar Mora Mora :


i
! !
'

76 E se mio frate questo antivedesse,


parte estrema; cfr. Virg., Aen. ILI, 549. 67. Trinacria : Sicilia, -caliga : si copre
- Ausonia: Italia. - sMinborga: si em- di caligine; cfr. Virg., Aen. Ili, 570 sgg.
pie di borghi. 68. Pachino: Capo Passaro.
- Peloro:
62. Cafona: paesello su l'estrema pun- Capo Faro. - golfo
golfo di Catania. : il

ta della Calabria. AL: Crotona, città in 69. maggior: che da altro vento; cfr.
prov. di Catanzaro, presso la foce del- Loria, L'Italia nella D. O. Il 3 629. ,

l'Esaro, sul mare Ionio (Bass., 275 sg.). 70. Tifeo gigante fulminato da Giove
:

Ma in favore di Catona sta l'autorità dei e sepolto sotto l'Etna, di dove sbuffando,
codici e la menzione di questo paesello,
; manda fuori fumo e caligine; cfr. Inf.
ben noto nel M. E., dopo quella di Bari XXXI, 124. Ovid., Met. V, 346 sgg.
e Gaeta, è opportuna a designare il Virg., Aen. Ili, 570-587. - solfo cfr. :

3° vertice di un triangolo che circoscrive Plin., Hist. nat. XXXV, 5. « Vuole il

l'antico reame di Napoli. Vedasi ciò che Poeta additarci l'origine e la cagione
S. De Chiara, che già aveva propugnato prossima del vulcano medesimo, appel-
la lez. Crotona, scrisse in favore di Ca- lato Mongibello, supponendola accorta-
tona nel Giorn. stor. d. lett. ital., XXX, mente nella natura sulfurea di quei ter-
p. 214 sgg. e ristampò con una notevole reni, e mettendo da parte le favole di
aggiunta in D. e la Calabria, 2* ediz.. Tifeo e di Enceìado»; Antonelli.
Città di Castello, 1910, pp. 43 sgg. 71-72. attesi : aspettati. - suoi regi re :

63. Tronto: tributario dell' Adriatico.- legittimi. - natKecc: i quali, attraverso


Verde il Liri, oggi Garigliano, che sboc-
: a me, quali miei figli, sarebbero stati i
ca nel mar Tirreno: cfr. Purg. Ili, 131. discendenti di Carlo I d'Angiò, mio avo,
Una linea che andava dalla foce del e dell'imperatore Ridolfo d'Absburgo,
Verde a quella del Tronto segnava il padre di Clemenza, mia moglie.
confine tra il regno di Napoli e gli Stati 73. mala signoria: di Carlo I d'An-
della Chiesa. Per altre opinioni cfr. giò; cfr. Vigo, Dante e la JSic, 24 sg.,
Bass. 275 sgg. 37. - accora : affligge, addolora.
65. terra: l'Ungheria, di cui Carlo 75. Palermo dov'ebbero principio (30
:

Martello (figlio di Maria, sorella di La- marzo 1282) i Vespri Siciliani, in conse-
dislao IV, re d'Ungheria, morto nel 1290 guenza dei quali la Sicilia si staccò dal
senza successione) fu incoronato re. Ma regno di Napoli e passò agli Aragonesi.
il trono fu occupato da Andrea III, il - Mora: « incontanente tutta la gente
Veneziano, sicché Carlo Martello fu re si ritrassono nella città, e gli uomini
d' Ungheria solo di nome. Suo figlio ad armarsi, gridando Muoiano i Fran- :

Carlo Roberto ottenne poi nel 1! H) ti- ceschi!»- O. Vili. VII, 61. Cfr. Amari,
tolo e trono. - riga: bagna; cfr. Virg., Vespri Sicil. Appendice.
A$n. VII, 738. 76. se mio frate ecc. : se fin da ora,
[CIELO TERZO] Par. viii. 77-89 [figli degeneri] 721

l'avara povertà di Catalogna


già fuggirla, perchè non gli offendesse ;

che veramente provveder bisogna


per luì, o per altrui, sì eh 'a sua barca
carcata più d' incarco non si pogna.
La sua natura, che di larga parca
discese, avrìa mestier di bai milizia,
che non curasse di mettere in arca. »
« Però ch'io credo che l'alta letizia
che '1 tuo parlar m'infonde, signor mio,
la 've ogni ben si termina e s'inizia
per te si veggia come la vegg' io,
grata m'è più; e anco questo ho caro,

prima di essere re, mio fratello Roberto ilRegno, già gravato assai per l'avari-
[salì sul trono nel 1309] tenesse pre- zia propria di lui, non sia gravato an-
sente come cosa che potrebbe anche a cor più per l'avarizia de' suoi ministri.
lui seguire, che i governi oppressivi e Si obbietta che il colloquio nel pianeta
tirannici inaspriscono e inducono a ri- di Venere si finge avvenuto nel 1300,
bellione i popoli soggetti, fuggirebbe fin mentre Roberto non salì al trono che
da ora, affinchè non gli avesse a nuo- nel 1309; ma non può Carlo Martello
cere, l'avara povertà dei Catalani, che, alludere al regno, conoscendo già la
posti come ufficiali nel regno, esercite- tendenza di Roberto all' avarizia e pre-
ranno sui sudditi, per la loro avidità di vedendo i tristi effetti di questa sul
guadagnare, odiose vessazioni. regno che a lui doveva toccare?
77. Catalogna Lodovico, Roberto e
: 82-84. larga: in confronto colla natura
Giovanni, fratelli minori di Carlo Mar- di Roberto; del resto era stato un po'
tello, dati dal padre loro Carlo II in avaro anche il Ciotto; cfr. Purg. XX
ostaggio pel riscatto della sua persona, 79 sgg. - parca: avara. Egli, che di pa
dovettero rimanere in Catalogna dal- dre liberale nacque avaro, avrebbe bi
l'anno 1288 fino al 1295. Durante questo sogno di ufficiali che non badassero sol
tempo Roberto «acquisivit amicitias et tanto a far denari. Cfr. 0. Vili. XII, 10
familiari tates multorum, quos postea in - milizia lat. milites, V insieme degl:
:

Italia promovebat ad officia, qui nove- ufficiali od impiegati del Regno. - in


rant bene accumulare. Ad quod duoim- arca « mihi plaudo ipse domi, simul ac
:

pellebant eos, scilicet paupertas, qua} nummos contemplor in arca »; Horat.,


suadet homini furtum et rapinam et ; SaUl, i, 67.
avaritia, qua3 reddit hominem ingenio- V. 85-93. Figli degenerati dai ge-
sum ad omnia illicita lucra » ; Benv. E nitori. Qual è l'albero, tale è il frutto;
anche nei cronisti è memoria di catalani cfr. Matt. VII, 16-17 XII, 33. Luca VI,;

al servigio di re Roberto. Si veda la no- 43-44. Giac. Ili, 11-12. Ma Carlo Mar-
ta, densa di notizie e osservazioni, di L. tello ha detto che Roberto, suo fratello,
Rocca, Lectura D., p. 48 sg., in cui si ri- nacque avaro da padre liberale. Come
badisce la interpretazione qui data con- può essere ciò?
tro quella che ad « avara povertà di 85-89. Però eh' io credo ecc. Alcuni :

Catalogna » dà il senso di « avarizia intendono del Par., e spiegano: Poiché


degna di Catalani ». io credo che qui nel Par., dov'è il prin-
79-81. che veramente ecc.: perciocché cipio ed il fine d'ogni bene, si veda e
bisogna veramente che sia provveduto o senta da te, come la vedo e sento io,
da lui medesimo, o da altri, parenti ed l'alta letizia che il tuo parlare m' in-
amici, affinchè l'avarizia sua non s'ag- fonde, questa letizia mi è più grata.
gravi con 1' altrui, e le sue colpe con Meglio Però che io credo che l'alta le-
:

altre nuove colpe. Al. per la barca in- tizia, che il tuo parlare mi ha infusa,
tendono il Regno, e spiegano Affinchè : si vegga da te in Dio, principio e fine

4ft. Div. Comm., 8 a ediz.


722 [CIELO TERZO] PAR. Vili. 90-105 [V Aitili INiJUUj

pcrcbè il di scemi rimirando in Dio.


91 Fatto m'hai lieto, e così mi fa' chiaro;
poi che, parlando, a dubitar ni' hai mosso,
com'esser può di dolce seme amaro. »
94 Questo io a lui ed egli a me « S' io posso
; :

mostrarti un vero, a quel che tu domandi


terra' il viso come tieni '1 dosso.
97 Lo ben che tutto il regno che tu scandi
volge e contenta, fa esser virtù te
sua provvidenza in questi corpi grandi.
100 E non pur le nature provvedute
sono in la mente eh' è da sé perfetta,
ma esse insieme con la lor salute ;

103 per che quantunque quest'arco saetta,


disposto cade a provveduto fine,
sì come cosa in suo segno diretta.

d'ogni bene, essa mi è più grata; e ho distinzione alcuna tra i diversi ceti del-
pur caro, che tu appunto la discerna ri- l'umana società.
mirando in Dio, anziché leggendomi di- 94-96. S'io posso ecc.: Se mi riesce
rettamente nel cuore. Cfr. Beccaria, Di di farti chiara una certa verità, ti ap-
alcuni luoghi ecc., p. 203. parirà evidente e certo ciò che ora ti rie-
93. di dolce ecc. da seme dolce frutto
: sce oscuro e dubbio. - terrai il viso ecc. :

amaro; da buon padre cattivo figlio. vedrai quello che ora non vedi; cfr. v. 136.
V. 94-135. Cagione delle varie in- 97. ben: Dio; cfr. Purg. XXVIII, 91.
doli personali. Carlo Martello scio- Pai-. VII, 80 XIV, 47. - regno: celeste.
;

glie il quesito propostogli, argomen- - scandi ascendi.


:

tando così: Veramente ogni essere do- 98-99. volge cfr. Purg. XXV, 70. Par.
:

vrebbe sempre generare esseri a so si- 1, 1. -contenta: fa lieto, appaga. - fa esser


mili ; epperò la natura de' figliuoli riu- ecc. : fa che la sua provvidenza divenga
scirebbe sempre conforme a quella dei in questi corpi celesti virtù atta ad influi-
genitori, se la Provvidenza non dispo- re sui corpi inferiori cfr. Deuter. IV, 19.
;

nesse altrimenti. Nella generazione del- 100-102. E non pur ecc. e la Mente di- :

l'uomo è da considerare, oltre la natura vina, per sé perfettissima, provvede non


del generante, la virtù influente dei cie- solo all'essere, ma alla salute delle na-
li, la quale opera indipendentemente ture, a ciò che le rende atte a tendere
dalla natura del generante. Dio imprime e pervenire al fine per cui esse sono.
la sua provvidenza nei corpi celesti co- Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 22, 1-4;
municando loro quelle virtù che ten- 23, 1. Su altre interpretazioni di questa
dono ad attuarla, onde essi influiscono terzina cfr. Comm. Lips. Ili, 203 sg.
sulla terra in modo conveniente a' suoi - da sé: mentre le creature hanno da
fini. Avendo egli creato l'uomo sociale Dio la loro perfezione. - salute: benessere.
e la società non potendo sussistere senza 103-105. quantunque: tutto ciò che cfr. ;

una ripartizione di professioni e di uf- Purg. XXX, 52. Tutte le influenze dei
fici, bisognò provvedere che gli uomini cieli sono disposte a fine già provveduto
nascessero diversi d'indole, di tendenze, da Dio e tendono a questo fine come
di capacità. Pertanto egli diede alle dardo al segno. - arco influenza di ope- :

stelle la virtù di mettere con le loro in- razioni celesti. « Tutte le operazioni di
fluenze negli individui che via via son quassù sono disposte a fine infallibile »;
generati, questa o quella inclinazione e Tom. - sì come cosa ecc. come la cosa :

attitudine senza badare alla natura dei lanciata riesce al segno al quale è stata
loro generanti non solo, ma anche senza diretta. Al. cocca; lez. priva d'autorità.
[CIELO TERZO] PAR. Vili. 106-125 [VARIE INDOLI] TSò

10(5
Se ciò non fosse, il ciel che tu cammine,
producerebbe sì li suoi effetti,
che non sarebbero arti, ma ruine ;
109 e ciò esser non può, se gV intelletti
che muovon queste stelle non son manchi,
e manco il primo, che non gli ha perfetti.
n- Vuoi tu che questo ver più ti s'imbianchi? »
E io « Non già; perchè impossibil veggio
:

che la natura, in quel eh' è uopo, stanchi».


115 Ond' egli ancora « Or di' sarebbe il peggio
: :

per l'uomo in terra, s'è' non fosse cive ? » 1

« Sì » rispos' io « e qui ragion non cheggio. »


:

11S « E può egli esser, se giù non si vive


diversamente per diversi offici ? 1

No, se il maestro vostro ben vi scrive. »


121 Sì venne deducendo infìno a quici \

poscia conchiuse: « Dunque esser diverse


convien dei vostri effetti le radici :

124 per che un nasce Solone e altro Serse,


altro Melchisedech, e altro quello

106-108. Se ciò ecc. : se cosìnon fosse, 117. ragion non cheggio non chiedo :

i cieli produrrebbero effetti non già or- che tu mi dimostri le ragioni di questa,
dinati e somiglianti al divino archetipo, eh' è cosa evidente e certa.
effetti in cui è palese l' arte di Dio, ma 118. E può ecc. e può l' uomo essere :

disordinati e da dirsi vere ruine. - cam- cittadino, ossiapuò esservi società civile,
mine : cammini. senza che i viventi esercitino differenti
109111. intelletti: intelligenze motrici. uffici?
Se il cielo producesse effetti disordinati 120. il maestro : Aristotele, « il niae-
anzichè ordinati, le intelligenze chemuo- stro della umana
ragione » (Gonv. IV, 2),
vono i cieli, sarebbero imperfette, ed im- « degnissimo di fede e d' obbedienza »
perfetta anche l'Intelligenza prima, Dio, {Gonv. IV, 6), il quale e nella Politica
che creò le intelligenze motrici, perchè e nell' Etica dimostra le necessità dei di-
non le avrebbe create atte a governare versi uffici per la società umana,
l'universo: il che è assurdo. - il primo: 121-123. deducendo: argomentando da
Dio cfr. Ep. Kani, 20. - perfetti per-
; : un vero ad un altro sino a questo punto ;

fezionati : cfr. Yirg., Aeri. III, 178. indi trasse la seguente conclusione. -
112. più ti s' imbianchi : ti si illumini quici qui cfr. Purg. VII, 66. Par. XII,
: ;

di più sicché tu lo veda più chiaro : cfr. 130. - esser diverse:Se affinchè la so-
Inf. II. 128. occorrono diversi uffici, oc-
ci età duri,
113-114. Non già ecc.: no davvero, corrono anche diverse attitudini (radici),
perchè da me comprendo essere impos- che rendano gli uomini capaci di com-
sibile che la natura venga meno (stan- piere codesti uffici svariati (effetti),
chi = stanchi) nelle cose necessarie.
si 124. Solone con le qualità proprie del
:

115-116. sarebbe ecc. sarebbe un male : legislatore, come Solone, il legislatore di


per gli uomini se non fossero uniti in Atene, nato a Salamina nel VII secolo
società? -ci ve: civis, cittadino, in senso a. C. - Serse: bellicoso, atto a guidare
di 'uomo vivente in società con altri'. eserciti, come Serse, il famoso re dei
Purg. XXXII, 101. Cfr. Aristot., Polit. Persiani; cfr. Purg. XXVIII, 71.
I, 1, 2; III, 9; VII, 8. 125. Melchisedech: un altro nasce con
724 [CIELO terzo] Par. Vili. 126-136 [VAK1JS INDOLI]

che, volando per 1' aere, il figlio perse.


137 La circular natura, eh' è suggello
alla cera mortai, faben sua arte,
ma non distingue un dall' altro ostello,
1'

130 Quinci addivien eh' Esaù si diparte


per seme da Iacob, e vien Quirino
da sì vii padre, che si rende a Marte.
133 Natura generata il suo cammino
simil farebbe sempre ai generanti,
se non vincesse il provveder divino.
136 Or quel che t' era dietro, t' è davanti :

attitudini di sacerdote, come Melchise- sendo tanto vile. - Ronchetti, 149 « s'in- ;

dech, il sacerdote di Saleme, tipo e figura tenda, che Quirino stesso si rende a Mar-
di Cristo; cfr. Oenes. XIV, 18-20. Salm. te, cioè s'attribuisce la paternità divina. »
CIX, 4. Ebrei V, 6; VII, 1,2. Thom. Cfr. Liv. I, 4.
Aq., Sum. theol. Ili, 22, 6. - quello: e 133-134. Natura generata: la natura
altri nasce ingegnoso meccanico e atto de' figli (dei generati) sarebbe sempre
alle arti, come Dedalo, che con un suo conforme a quella dei genitori, se ecc.
congegno volò ed insegnò a volare al Cfr. Thom. Aq., Sum. th. II. «Inil, 171. 6:
figlio,e lo perdette; cfr. Inf. XVII, rebus naturalibus forma generati est si-
109 sgg. XXIX, 116.
: militudo qu sedam forni se generantis ».
127-129. La circular natura ecc. la : 135. se ecc. se per opera della Prov-
:

virtù attiva dei cieli sempre giranti, la videnza le varie influenze dei cieli, pre-
quale imprime ai mortali le varie atti- valendo, non togliessero tanta unifor-
tudini, determina e imprime bensì le mità.
varie indoli degli uomini, ma senza di- V. 136-148. Natura e Fortuna. Come
stinzione di schiatte, senza badare al- Matelda, Purg. XXVIII, 134 sgg., an-
l' origine della persona, né alle case o che Carlo Martello soggiunge un corol-
alle famiglie. - ostello albergo, dimora:
: lario della dottrina esposta. Se nella
cfr. Purg. VI, 76. Par. XV, 132, ecc. scelta dello stato la fortuna non le si op-
130-132. Qninci ecc.: non avendo i corpi ponga, la natura, ministra della Provvi-
celesti nelle loro influenze riguardi per denza, fa sempre buona riuscita. Ogni
chicchessia, l' uno nasce di indole tutto volta invece che l'indole naturalmente
diversa da quella dell' altro, come si vide sortita dall' uomo si trovi in condizioni
in Esaù e Giacobbe, che, gemelli, ebbero non adatte ad essa, fa mala riuscita, così
indole diversa fin dalla loro generazione, come ogni semenza, messa in località a
di modo che contrastavano nel seno ma- lei non conveniente, o non attecchisce,
terno-, cfr. Oenes. XXV, 21-27. Rom. IX, o almeno non produce pianta rigogliosa.
10-13. «Esaù e Iacob nacquero d'uno Perciò se nel mondo si badasse all'in-
padre e d' una madre, e d' uno parto et dole naturata in ciascuno di noi dalla
ad una ora; e niente di meno l' uno, cioè virtù de' cieli, e ciascuno fosse avviato
Esaù, fu bellicoso, e l'altro, Jacob, fu all' ufficio a cui quest' indole lo dispone,
pacifico. Ecco che, benché fusseno d'uno si avrebbero ottimi filosofi, guerrieri,
seme, V uno si partì dall'altro per condi- sacerdoti, artisti, e così via diceudo ;

zione e disposizione; e benché li cieli ma gli uomini i, senza tener conto delle
mandasseno le loro influenzie, all' uno inclinazioni naturali, fanno prete chi ha
s'applicò l'una et all'altro l'altra se- attitudine di soldato, e viceversa, e le
condo la Providenzia Divina » Putì. - ; cose della società umana di necessità
per seme fin dal primo momento del loro
: vanno male.
concepimento. - vien: nasce. - Quirino; 136. Or ecc. posta questa dottrina,
:

Romolo; cfr. Virg., Aen. I, 274, 292. - tu intendi ciò che non comprendevi,
si rende si dà a Marte la gloria di es-
: vedi chiaro quel che dianzi non vedevi :

sergli stato padre, il suo vero padre es- cfr. v. 96.


[CIELO TERZO] Par. viii. 137-148 [natura e fortuna] 725

ma perchè sappi che di te mi giova,


un corollario voglio che t'animanti.
139 Sempre natura, se fortuna trova
discorde a sé, come ogni altra semente
fuor di sua region, fa mala prova.
142 E se il mondo laggiù ponesse niente
alfondamento che natura pone,
seguendo lui, avrìa buona la gente.
145 Ma voi torcete alla religione
tal che fia nato a cingersi la spada ;

e fate re di tal eh' è da sermone :

148 onde la traccia vostra è fuor di strada. »

'
137. di te mi giova ho piacere d' in-
: norma di queste naturali inclinazioni, la
trattenermi teco e d'esserti utile. gente sarebbe nel proprio ufficio buona
138. corollario ; cfr. Purg. XXVIII, e valente quale spesso non è. Cfr. Cic,
136. Boet., Con8.phil.IH, pr. 10. -t'am- De off. I, 31.
manti riceva, prenda a compimento del-
: 145. torcete alla religione: forzate a
la erudizione della mente tua, quasf farsi monaco o prete chi da natura avrà
manto che finisce di vestire la persona. avuto disposizione a fare il soldato. Allu-
139. Sempre natura ecc. cfr. Inf. VII, : de forse a Lodovico, figlio di Carlo II
67-96. - fortuna : le condizioni di vita in e fratello di Roberto, che entrò nell' or-
cui è messa dalla volubile fortuna. dine dei frati minori, fu assunto al sa-
140-141. come ogni altra semente ecc. : cerdozio e da Bonifazio Vili consacrato
cfr. Boet., Gons. phil. Ili, pr. 11 e Conv. vescovo di Tolosa.
HI, 3: « Le piante.... hanno amore a 147. eh' è da sermone: nato piuttosto
certo loco più manifestamente, secondo- per predicare che per governar popoli.
che la complessione richiede e però ve- ; Allude, pare, a Roberto, re di Napoli,
demo certe piante lungo l' acque quasi che si dilettava di comporre sermoni
sempre confarsi, e certe sopra li gioghi sacri e d'altra specie, infarciti d'erudi-
delle montagne, e certe nelle piagge e a zione varia, ma che non erano davvero
pie de' monti, le quali, se si trasmutano, gran cosa. Si sono potuti « raccogliere
o muoiono del tutto o vivono quasi triste, dai manoscritti non meno di 289 titoli
siccome cose disgiunte dal loro amico ». di sermoni di re Roberto, per la mas-
143. al fondamento ecc. alle naturali : sima parte effettivamente da lui reci-
inclinazioni che dovrebbero essere fon- tati »; Bull. XXV, 68. Cfr. O. Vili.
damento all'operare di ciascuno. XII, 10. Bocc, Gen. deor. XIV, 9.
144. seguendo ecc. regolandosi e nel-
: 148. di strada: della diritta via, che
l' educazione e nella scelta dello stato a ò quella segnata dalla natura.
726 [CIELO terzo] Par. ix. 1-7 [vaticinio indetermin.]

CANTO NONO

CIELO TERZO o DI VENERE : SPIRITI AMANTI

VATICINIO INDETERMINATO, CUNIZZA DA ROMANO


LA MARCA TREVIGIANA, FOLCO DA MARSIGLIA
LA MERETRICE RAAB, L' AVARIZIA DEGLI ECCLESIASTICI

Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza,


chiarito, mi narrò gl'inganni
m'ebbe
che ricever dovea la sua semenza ;

ma disse « Taci, e lascia volger gli anni »


:

sì eh' io non posso dir se non che pianto

giusto verrà diretro ai vostri danni.


E già la vita di quel lume santo

V. 1-6. Un vaticinio indetermina- Lectura D., p. 10. - vostri : non già per-
to* Il P. volge la parola a Clemenza, chè, come primogenito di Car-
figlia del
figlia di Carlo Martello, dicendole come lo II, anche Clemenza avesse diritti alla
Carlo Martello continuasse a parlare corona di Napoli e si dolesse che non le
de' torti e dei danni che sarebbero fatti fossero riconosciuti, ma perchè i danni
a' suoi discendenti, e vaticinasse i giu- della sua famiglia erano danni anche
sti castighi che colpirebbero gli autori suoi, se non per gli effetti materiali, per
di cotesti torti e danni, ma insieme gl'in- il dolore ch'ella ne doveva sentire.

giungesse di tacere il vaticinio. V. 7-36. Cunizza da Romano. Un


1. Clemenza figlia di Carlo, nata verso
: altro di quegli splendori si fa avanti e
il 1290, nel 1315 sposata a Luigi X, re di parla di sé. È Cunizzada Romano, figlia
Francia, vivente ancora nel 1328, cfr. minore di Ezzelino II, nata verso il 1198,
G. Vili. X, 106. La moglie di Carlo, che morta verso il 1279. In questo anno fece
pur si chiamò Clemenza, morì prima il suo testamento, col quale donò i suoi

della fine d'agosto del 1295. Cfr. Archiv. beni ai figli del conte Alessandro Al-
stor. napolet., VII, 15 sg. berti di Mangona(cfr. Inf. XXXII, 57).
2. chiarito sciogliendo i miei dubbii.
: Donna dissoluta e lasciva, ebbe tre ma-
3. semenza: i figli, specialmente Carlo riti e più amanti, tra i quali, dicesi,
Roberto, cui per legge spettava il regno il trovatore Sordello (cfr. Purg. VI,
di Napoli e Sicilia, usurpato da suo zio 58 sgg.). Perchè a una donna siffatta D.
Roberto. assegnò il Paradiso? Perchè, sebbene in
4. volger: cfr. Inf. V, 64, sg.; XXXILT, età provetta, si convertì, come affer-
132. mano alcuni antichi, e anche per aver
5-6. pianto giusto: giusto castigo. Aven- ella restituito nel 1265 la libertà agli
do P. taciuto, è vano presumere di
il uomini di masnada del padre e dei fra-
determinare a quali fatti positivi egli al- telli. Cfr. Bartoli, Lett. ital. VI 2 144 sgg.
,

luda. Forse D. accenna soltanto in ge- Secrétant, Lectura D., 16' sg.
nerale a future disgrazie angioine in 7. la vita ecc. l' anima beata di Carlo
:

punizione delle colpe di Roberto: cfr. Martello; cfr. Par. XII, 127; XIV, 6;
Oomm. Lips. Ili, 124 e G. Secrétant, XX, 100; XXI, 55; XXV, 29.
[CIELO TERZO] Par. ix. 8-28 [cunizza] 727

rivolta s'era al sol clie la riempie,


come quel ben eh' ad ogni cosa è tanto.
10 Ahi, anime ingannate e fatture empie,
che da sì fatto ben torcete i cori,
drizzando in vanità le vostre tempie !

13 Ed ecco un altro di quelli splendori


vèr me si fece, e '1 suo voler piacermi
significava nel chiarir di fori.
il-
Gli occhi di Beatrice, ch'eran fermi
sovra me, come pria, di caro assenso
mio disio certificato fermi.
al
io « Deh, metti al mio voler tosto compenso,
beato spirto » dissi, « e fammi prova
ch'io possa in te rifletter quel ch'io penso. »
22 Onde la luce che m'era ancor nuova,
del suo profondo ond' ella pria cantava,
seguette come a cui di ben far giova :

« In quella parte della terra prava


italica che siede tra Eialto
e le fontane di Brenta e di Piava,
28 si leva un colle, e non surge molt'alto,

8-9. al Sol ecc.: a Dio. - la riempie: nuova: non conosciuta. Quel-


22-24.
'la sazia; cfr. Par. X, 50 sg. - tanto suf- : l' animail cai nome io non conosceva

ficiente ; tanto quanto basta a riempier- ancora, dall' interno della luce, onde pri-
la, a saziarla; cfr. Gerenti. XXIII, 24. ma cantava (cfr. Par, Vili, 28 sgg.), con-
empie « Impia fattura è
10. fatture : tinuò a parlare come fa chi gode di com-
quella che non seguita lo suo fattore, et piacere altrui. AL, non bene Dal centro
:

impia creatura è quella che non seguita della stella di Venere. - ben far « le pa-
:

lo suo creatore » Buti. ; role.... sono quasi seme d'operazione » ;

12. le Tostre terapie: i vostri volti, i Oonv. IV, 2.


vostri occhi ; e a beni vani tendono i 25-27. In quella ecc. nella Marca Tri-
:

vostri animi, allettati dalle ingannevoli vigiana, compresa tra i monti in cui na-
apparenze di essi ; cfr. Purg. XXXI, 60. sce la Piave e quelli donde scende la
suo voler piacermi il suo desi-
14. il : Brenta da una parte, e dall' altra il ter-
derio di far cosa che mi piacesse. ritorio di Venezia, in origine ristretto
15. nel chiarir di fuori nel suo ester- : all' isola di Rialto, la principale di quelle
no fulgore, espressione di letizia e di su cui sorge Venezia. - terra prava ita-
ardente e pronta carità; cfr. Par. V, lica: la corrotta Italia; cfr. Inf. XVI,
106 sgg. e 131 sgg. Vili, 46 sgg. ; 9. Purg, VI, 76 sgg.
17-18. come pria: come quando le avevo 28. colle di Romano, su cui sorgeva
:

chiesto permesso di parlare a Carlo


il il castello degli Ezzelini ; colle non molto

Martello Par. Vili, 40 sgg. - di caro


; alto, « ma dalla cui vetta si domina tutta
assenso ecc.: mi fecero certo che B. dava la ridente pianura fra le sorgenti e il
il desiderato, epperò caro, consenso al primo defluire d6Ì Piave e del Brenta,
mio desiderio di parlare a quello spirito. fra il luccicar d'acciaio del loro corso
19-21. motti al mio voler ecc.: soddisfa serpeggiante e si scorgono da presso i
subito la mia voglia senza ch'io la espon- castelli degli Ezzelini, Bassano, San Ze-
ga, e provami, cosi facendo, che tu vedi none, Mnssolente e cent' altri che la tra-
riflesso in te il mio pensiero. dizione dice fossero tutti collegati con
728 [CIELO TERZO] Par. ix. 29-41 [folco da Marsiglia]

là oude scese già una làcella


che fece alla contrada un grande assalto.
3] D' una radice nacqui e io ed ella :

Cunizza fui chiamata, e qui refulgo


perchè mi vinse il lume d'està stella.
34 Ma lietamente a me medesma indulgo
la cagion di mia sorte, e non mi noia,
che parrìa forse forte al vostro vulgo.
87 Di questa luculenta e cara gioia
del nostro cielo che più m'è propinqua,
grande fama rimase e pria che moia, ;

40 questo centesim'anno ancor s' incinqua :

vedi se far si dee 1' uomo eccellente,

occulte vie sotterranee » ; O. Secrétant, 34-35. Ma lietamente ecc. ricordo con :

Lectura D., 13. benigna indulgenza di essere stata vinta


29. una facella: Ezzelino III da Ro- dal lume di està stella, cosa che fu cagione
mano, « mater cuius, dum partui eius della mia sorte né del fatto mi rammari-
;

esaet vicina, somniabatquod parturiebat co menomamente; Comm. Lips. Ili, 220.


unam facem ìgneam, quaa comburebat che parrìa ecc. il che al vostro
36. :

totam Marchiani Trevisanam; et ita volgo parrebbe duro a comprendere; cioè,


fecit sua horribili tyrannide. Et tangit come il vivo ricordo della mia forte in-
hoc auctor, dum dicit de facella »; Petr. clinazione all'amore mi dia non ramma-
Dant. Cfr. Inf. XII, 110. G. Vili. VI, 72. rico, ma letizia. Questa nasce dal fatto
30. alla contrada: «alla Marca Trivi- che codesta inclinazione, rivolta a Dio,
giana e alle parti di Lombardia»; Ott. m'ha fatto ardere di amor divino e
- un grande assalto gravi danni « Ec-
: : divenir beata. Delle colpe il ricordo è
celinus praenominatus, mortuo Fride- spento cfr. v. 104 sg.
;

rico II, cui fuerat confcederatus, ccepit V. 37-45. Faìna acquistata e fama
exercere omnem saevitiam in tota Mar- negletta. Cunizza accenna poi a un al-
chia Trivisana. Qui Comes de Romano tro spirito che le è vicino, senza nomi-
primo favore Monticulorum habuit do- narlo, ma dicendo ch'egli ha lasciato du-
minium in Verona; deinde habuit Pa- ratura e buona fama di sé nel mondo;
duam, Vicentiam, Tervisium, Feltrum, di che non si curano purtroppo i perversi
Tridentum, et ultimo Brixiam. Cum suoi conterranei della Marca Trivigiana.
autem Eccelinus, medietatis paene to- 37. cara: preziosa. AL: chiara; cfr. Par.
tius Lombardias dominus, esset in obsi- X, 71 XV, 86 XX, 16 XXII, 28 sg.
; ; ;

dione Mantuae cum forti exercitu, audita 40. s'incinqua si quintuplica


: pas- =
amissione Paduae captae per legatum Ec- seranno ancora cinque secoli dove par ;

clesia©, in rabie furoris reversus Vero- chiaro il P. usa il numero determinato


nam, omnes Paduanos captos quos se- per l' indeterminato, volendo dire la :

cum habebat, numero duodecim millia, fama di Folco durerà per molti secoli.
ferro, igne et fame consumpsit; et si quis Al.: Si fa il quinto centesimo; durerà
inveniebatur fugiens, pedibus et mani- cioè ancora duecento anni (dal 1300 al
bus truncabatur. Eccelinus consangui- 1500); ma non si riesce a capire il perchè
neis et amicis non perpercit » Benv. ; di siffatta limitazione. Invece l'Anto-
31. D' una radice dagli stessi genitori,
: nelli intende: « Prima che finisca l'anno
cioè da Ezzelino II, detto il Monaco, e che corre, la fama di Folco sarà quintu-
da Adelaide degli Alberti, conti di Man- plicata (?)». Altri: «dovrà moltiplicarsi
gona, terza moglie di Ezzelino II. Cfr. per cinque questo anno centesimo, questo
Purg. XX, 43. Par. XV, 89. 1300, cioè [la fama] durerà per migliaia
32-33. qui rifulgo ecc. risplendo qui
: d'anni»; Secrétant, o. e.
in Venere, perchè fui vinta dalla pas- 41. eccellente con opere virtuose e
:

sione amorosa, influita da Tenere. belle: cfr. Virg., Aen. VI, 806.
[CIELO TERZO] Par. ix. 42-54 [profezia] 729

sì ch'altra vita la prima relinqua !

E ciònon pensa la turba presente


che Tagliavento e Adice richiude }

né, per esser battuta, ancor si pente.


Ma tosto fìa che palude Padova al
cangerà l'acqua che Vicenza bagna,
per esser al dover le genti crude.
40 E dove Sile e Cagnan s'accompagna,
tal segnoreggia e va con la test 'alta,
che già per lui carpir si fa la ragna.
52 Piangerà Feltro ancora la diffalta
dell'empio suo pastor, che sarà sconcia
sì, che per simil non s'entrò in Malta.

42. sì ch'altra vita ecc. : sì che la vita dare Vicenza a motivo che le genti, cioè
del corpo lasci (lat. relinquat) dopo sé i guelfi padovani, sono crudi e restii al

la vita del nome. « Melius est noraen dovere, cioè alla soggezione ad Arrigo VII
bonum quam unguenta pretiosa»; Eccl. ed al suo Vicario Cane della Scala ». -
VII, 2 e « Melius est nomen bonum Il Gloria « Presto accadrà che i Pa-
:

quam divitiaB multse»; Prov. XXII, 1. dovani cangino al Palude di Brusegana,


43. E ciò : d'acquistarsi, facendosi ec- con la sostituzione dell'acqua del Bren-
cellente, buon nome, e tale che duri ta, l'acqua del Bacchiglione [stata de-
anche dopo la morte. viata a Longare dai nemici Vicentini]
"
44. 'ragliamento : confine della Marca per continuare la guerra, cioè per non
Trivigiana all'oriente. - Adice : confine essere costretti dalla mancanza dell'ac-
della detta Marca all'occidente. qua a venire a pace co' Vicentini». Cfr.
45. per esser: quantunque travagliata Comm. Lips., Ili, 223.
da malanni, come sarebbero le guerre e 49. dove a Treviso, dove si con giungo-
:

le oppressioni de' tiranni ; cfr. Isaia I, no insieme i due fiumi Sile e Cagnano.
5; IX, 12-13. Gerem. II, 30. 50. tal Rizzardo da Camino, figlio del
:

V. 46-63. Profezia di Ctinizza. Ma, buon Gherardo {Purg. XVI, 1 24), cui suc-
continua e conchiude Cunizza, gli abi- cesse nel Capitanato di Trevigi, avendo
tatori della terra prava (v. 25), saranno insieme l'ufficio di Vicario imperiale. Fu
puniti con gravi sciagure e tocca delle ; ucciso proditoriamente il 9 aprile 1312,
stragi sofferte dai Padovani, della mor- mentre giocava agli scacchi.
te violenta di Riccardo da Camino, della 51. carpir: prendere. - ragna: rete da
perfidia e crudeltà del vescovo di Feltre ;
uccellare. Già si sta facendo la rete per
e asserisce cbe ciò ch'ella dice, è verità pigliarlo, cioè si congiura per ucciderlo.
ch'ella legge in Dio il quale così vuole che 52. diffalta mancamento, colpa che
:

avvenga nella sua infallibile giustizia. fu (cfr. n sg.) vero tradimento; cfr.
46-48. Ma tosto ecc.: i più interpreta- Purg. XXVIII, 94.
no, ed è interpretazione che ben si con- 53. pastor Alessandro Novello tre-
:

viene a tutto il contesto presto ac- : Ma visano, minorità, vescovo di Feltre dal
cadrà che i Padovani, per esser crudi 1298 al 1320. che nel luglio del 1314,
al dovere, cioè ostinati contro la giusti- pregatone da Pino della Tosa, che allora
zia, faranno rosse del sangue loro le governava Ferrara per la Chiesa, fece
acque del palude che il Bacchiglione prendere e consegnare a esso Pino alcuni
forma presso Vicenza, quando essi sa- fuorusciti ferraresi, riparatisi presso di
ranno sconfitti e morti da Cangrande lui, i quali furono decapitati.
[1314] venuto in aiuto ai Vicentini {Vil- 54. sì che ecc. questa diffalta sarà
:

lani IX, 63). Altri escogitarono altri tanto enorme, che mai per delitto sì or-
sensi. Il Mercuri: «I Padovani devie- rendo alcun malfattore entrò in Malta,
ranno le acque del Bacchiglione rom- prigione presso il Lago di Bolsena, come
pendo le dighe come fecero per innon- ritennero i più, o. come vollero altri, di
730 [CIELO TERZO] Par. ix. 55-68 [folco da Marsiglia] \mS

Troppo sarebbe larga la bigoncia


che ricevesse il sangue ferrarese,
e stanco chi '1 pesasse a oncia a oncia,
che donerà questo prete cortese,
per mostrarsi di parte ; e cotai doni
conformi fieno al viver del paese.
U Su sono specchi - voi dicete Troni -
onde refulge a noi Dio giudicante;
che questi parlar ne paion buoni. »

64 Qui si tacette e fecemi sembiante
;

che fosse ad altro volta, per la rota


in che si mise com'era davante.
67 L'altra letizia, che m'era già nota
per cara cosa, mi si fece in vista

Viterbo, o, come altri sostennero, di Cit- V. 64-108. Folco da Marsiglia. Co-


tadella, edificata da Ezzelino III. Cfr. me Cunizza ha finito di parlare, l'anima
V. Cian, La Malta dantesca, Torino, da lei accennata ne' vv. 37-40 si fa più
1894. Bass. p. 296 sgg. Novati in Giorn. fulgida agli occhi di D., e, pregatane da
st. d. I. it., XXIV, 304. Dopo le osser- lui, comincia a parlargli per sodisfare
vazioni di questi tre ultimi, e in ispecie la curiosità che gli ha già letta nell'a-
del Gian, pare da preferirsi la prima nimo, dando notizie di sé. È Folco, o
interpretazione, tanto più che la Malta Folchetto da Marsiglia, trovatore pro-
di Bolsena sarebbe stata prigione spe- venzale fiorito nella 2a metà del secolo
ciale per ecclesiastici. Non va taciuto xn, che, dopo anni di vita mondana ne'
però che Malta, anziché nome proprio, quali assecondò la naturale inclinazione
potrebbe essere nome comune, in senso amorosa, si fece monaco
e nel 1205 fu
di prigione qualsiasi fangosa e buia ;
eletto vescovo di Tolosa, « feroce ve-
Bull. XXV, 68. scovo, collegato ai crociati che anda-
58. che: il quale sangue, -cortese: verso vano a distruggere la sua povera pa-
quelli di sua parte. Ironia tremenda. tria» (Bartoli, Lett. ital., II, 23): morì
59. di parte: vero uomo di parte, fido nel 1231. È stato opportunamente os-
ad essa: trattasi di parte guelfa. servato che « come nei vv. 94-108 si ri-
60. al viver del paese: ai costumi cor- vela il trovatore, così nei vv. 123-142 si
rotti della Marca Trevigiana. rivela il vescovo che ebbe parte (e quale !)
61-63. Su nell' Empireo. - specchi : in-
: nella crociata contro gli Albigesi. Senza
telligence celesti, che come specchi ri- questo presupposto, gli ultimi versi non
cevono la luce immediatamente da Dio si intenderebbero sulla bocca di Folchet-
e la riflettono su le altre creature. - Tro- to»; M. Pelaez, in Bull. VII, 226. Cfr.
ni ecc.: intelligenze angeliche, formanti Zingarelli, La personalità storica di F.
il 3° ordine della l a gerarchia, subito di M., 2» ediz., Bologna, 1899; Bydl.
dopo i Serafini e i Cherubini (cfr. Par. IV. 65 sgg. e la nota finale di questo
XXVIII, 104. Conv. II, 6. Colos. I, 16. canto.
Thom. Aq., Sum. theol. I, 108, 5, 6), 64-66. fecemi ecc.: mi dimostrò di aver
dalle quali (cfr. Par. XIX, 28 sg.) viene rivolto ad altro il suo pensiero, perchè
a noi, riflesso, il lume di Dio nella sua lasciò di conversar meco e riprese ad
qualità di giudice supremo, infallibile aggirarsi danzando con le altre anime
(cfr. Salm. IX, 5). - questi parlar que- : come prima cfr. Par. Vili, 25 sgg. -
;

ste mie predizioni. - buoni conformi a : rota: cerchio danzante d'anime beate;
verità. « Sì che queste parole non sono cfr. Par. X, 145 XIV, 20 XXV, 107. -
; ;

calunniatrici ma sono piene di verità,


; davante: cfr. Par. Vili, 16 sg.
perchè le abbiamo lette nel tribunale 67-68. letizia: anima lieta, perchè bea-
di Dio, eh' è per giudicarle » Betti. ; ta. - nota ecc. la quale, per le parole
:
[CIELO TERZO] Par. ix. 69-86 [folco da maksjluli^J ìói

qual fin bai ascio in che lo sol percuota.


70 Per letiziar lassù fulgor s'acquista,
sì come riso qui; ma giù s'abbuia
l'ombra di fuor come la mente è trista.
« Dio vede tutto, e tuo voler s' inluia »
diss' io, « beato spirto, sì che nulla
voglia di sé a te puot' esser fuia.
7ti
Dunque voce tua, che il ciel trastulla
la
sempre col canto di quei fuochi pii
che di sei ali fannosi cuculia,
79 perchè non satisface a' miei disii 1
Già non attenderei io tua domanda,
s' io m' intuassi come tu t' immii. »
82 « La maggior valle in che l'acqua si spanda »
incominciaro allor le sue parole,
« fuor di quel mar che la terra inghirlanda,
85 tra discordanti liti, contra il sole
tanto sen va, che fa meridiano

di C utilizza, m' era già nota come cosa stesso che cocolla (Par» XXII, 77) so-
preziosa (cfr. v. 37), quantunque non pravveste, o toga, monacale.
sapessi ancora chi propriamente fosse. 79. disii: di sapere chi tu sei.
69. balascio « specie di rubini che
: 81.m 'intuassi ecc.: s'io potessi, con
prendevano il nome dalla contrada del- la mente, penetrare in te così come tu
l'Asia donde provenivano, Balasca.m»; penetri in me in altri termini, se io
;

Torraca. Cfr. Ovid., Met. II, 109 sg. leggessi nel tuo pensiero, come tu nel
Pulci, Morg. XIV, 45. mio. Intuarsi e immiarsi sono verbi co-
70-72. Per letiziar.... qui: Nel Par. la niati da D. come inluìarsi del v. 73.
letizia simanifesta col fulgore, come 82. La maggior ralle ecc. il Mediter-
:

qui, in terra, col risocfr. Par. V. 126;


; raneo, il maggiore dei mari interni in
XXVII, 4 ; XXX, 40. Conv. Ili, 8. - cui si versa l'acqua dell'Oceano « e per-
giù nell'lnf., dove le ombre dei dan-
: ciò egli è detto Mare Maggiore » ; B.
nati si fanno tanto più scure, quanto Latini, I libri naturali del tesoro.... per
pivi sono tristi. cura di G. Battelli. Firenze, Le Mon-
73. s'inluia: « si profonda colla me- nier, 1917, p. 4.
ditazione in lui » ; Piane. 84. mar: Oceano. - inghirlanda ^cir-
75. di se così che nessun volere può
: conda cfr. Inf. XIV, 10. Purg. XIII, 81.
;

esserti celato, -fuia: cfr. Inf. XII, 90. « Laterra è cinta e intorniata dal ma-
Purg. XXXIII, 44. Mima
voglia può re.... il quale è chiamato mare Oceano»;
esser ladra di sé stessa a te, cioè ti può B. Latini, o. e, p. 3.
sfuggire. 85. liti: dell'Europa e dell'Africa; cfr.
76-77. trastulla ecc. diletta, cantando
: Yirg., Aen. IV, 628. -contra: da occi-
Osanna insieme col Serafini cfr. Par. ; dente ad oriente; cfr. Par. VI, 2.
Vili, 25 sgg. - fuochi Serafini cfr.
: : 86. fa meridiano si estende tanto da
:

Par. XVIII, 108; XX, 34; XXII, 46, ecc. occidente ad oriente, che là dove per chi
Salm. CHI, 4. sta all'imbocco occidentale del Mediter-
Seraphim stabant super
78. sei ali: « raneo, è l'orizzonte, è invece il meri-
illud sex alae uni et sex alse alteri dua-
: : diano per, chi sta sull'estremità orien-
bus velabant faciem eius, et duabus ve- tale dunque si estende per 90 gradi (di
:

labant pedes eius, et duabus volabant » ;


long.), quanti sono i gradi che dista
Isaia VI, 2. - cuculia (lat. cucullus) lo
: l'orizzonte da qualunque punto d' os-
732 [CIELO TBKZO] Pah. ix. 87-101 [folco da Marsiglia]

là dove l'orizzonte pria far suole.


88 Di quella valle fu' io littorano
tra Ebro e Macra, che, per cammin corto,
parte lo Genovese dal Toscano.
DI
Ad un occaso quasi e ad un orto
Buggea siede
e la terra ond' io fui,
che fé' del sangue suo già caldo il porto.
94 Folco mi disse quella gente a cui
fu noto il nome mio e questo cielo ;

di me s' impronta, com' io fé' di lui j

97 che più non arse la figlia di Belo,


noiando e a Sicheo e a Creusa,
di me, infìn che si convenne al pelo;
100 né quella Rodopeia che delusa
fu da Demofoonte, né Alcide

seriazione, e quanti, erroneamente, si vita m'improntai di lui, sentii il suo in-


credeva ai tempi del P. si estendesse da flusso. «Nel mondo seguitai l'infiuenzia
est ad ovest il Mediterraneo, il quale, di questo pianeto, vivendo amoroso ora :

invece, abbraccia solo 42 gradi. torna la loda del mio vivere a la virtù,
88. littorano rivierasco nacqui e vis-
: ; informativa di questo pianeto»; Buti.
si sul lido di quel mare. 97. arse: cfr. Virg., Aen. IV, 2, 68, 101.
89. Magra :piccolo fiume, confine tra -figlia di Belo: Didone; cfr. Virg., Aen.
Toscana e Liguria. - corto la Magra ha : I, 621.
un corso di 64 km. da N. a S., ma « sol- 98. notando ecc.: recando dolore col
tanto nel suo corso piti basso, colà dov'es- nuovo amore per Enea (cfr. Inf. XXIII,
sa scorre lungo i monti di Lerici, può 15. Purg. IX, 87) a Sicheo, suo primo
essere designata come fiume limitrofo fra marito, e a Creusa, prima moglie di
Genova e Toscana » Bass. 349. Marsi-
; Enea; cfr. Virg., Aen. I, 720 sgg.; IV,
glia è situata a mezza strada tra la foce 552, Inf. V, 62. De Mon. II, 3.
della Magra e quella dell' Ebro. 99. al pelo all'età giovanile.
:

90. parte: divide. 100. Rodopeia: Fillide, figlia di Sitone


91. Ad un occaso quasi ecc.: Buggea, re della Tracia, la quale abitava presso
(Bugia, città marittima dell'Affrica set- ilRodope, onde il suo soprannome. Fu
tentrionale in Algeria) è posta quasi sullo amata da Dem., che giurò sposarla. Ma
stesso meridiano su cui è la mia terra avendo egli prima dovuto andare in
nativa. « E, da Tolomeo sapendosi che Atene, sua patria, né essendo ritornato
Marsiglia e Bugia differiscono appena al tempo stabilito, Fillide, vinta da di-
di due gradi e mezzo, con quell'elemento sperazione, s' impiccò, e fu mutata in
geometrico resta evidentemente additata mandorlo; cfr. Ovid., Heroid. Il.Virg.
Marsiglia » Antonelli.
; Eclog. V, 10. -delusa: cfr. Virg., Aen.
93. che fé' ecc. allude alla strage
: I, 352.
de' Marsigliesi fatta da Bruto, quando Demofoonte: figlio di Teseo e di
101.
per ordine di Cesare espugnò la città; Fedra, re di Atene. - Alcide Ercole, il :

cfr. Lucan., Phars. Ili, 571 sg. quale, ardendo di amore per Iole, figlia
95. fu noto Cunizza esalta la fama di
: di Eurito, re di Tessaglia, e volendo spo-
Folchetto come duratura (v. 37 sg.) egli ; sarla, eccitò la gelosia di Deianira, sua
invece, modestamente, parla di sé come moglie, che gli diede la camicia di Nesso,
di persona la cui fama rimase entro an- indossata la quale, egli morì; cfr. Inf.
gusti limiti, e può considerarsi come XII, 67 sgg. Ovid., Met. IX, 134-228.
cosa ormai passata (mi disse -fu noto). Heroid. IX, 5 sg. Folchetto arse «per
96. di me ecc.: cfr. Par. VII, 69. S'im- la moglie del suo signore Barrai e per
pronta ora della mia luce, come io in Laura, sorella di lui.eper Eudossia Com-
[CIELO TERZO] Par. ix. 102-117 [raab] 733

quando Iole nel core ebbe rinchiusa.


[05 Non però qui si pente, ma si ride,
non della colpa, ch'a mente non torna,
ma del valore eh ordinò e provvide.
7

10G Qui si rimira nell'arte che adorna


con tanto affetto, e discernesi il bene
per che al mondo di su quel di giù torna.
109 Ma perchè le tue voglie tutte piene
ten porti che son nate in questa spera,
procedere ancor oltre mi conviene.
112 Tu vuoi saper chi è in questa lumera.
che qui appresso me così scintilla,
come raggio di sole in acqua mera.
115 Or sappi che là entro si tranquilla
Kaab; e a nostr' ordine congiunta,
di lei nel sommo grado si sigilla.

neno moglie di Guglielmo VHI di Mont- var., come modo, per mondo ; e altro
pellier, e per altre belle e gentili donne maniere di interpretare i particolari di
ancora»; Secrétant (Lect. D., p. 28). questa terzina, indubbiamente oscura.
103-105. Non però: in Par. i beati non V. 109-126. Kaab, la prima salvata
sentono dolore di pentimento, ma si ral- tra le anime del 3° cielo. Folchetto,
legrano della divina virtù, la quale di- che conosce i pensieri di D., continua:
spose che fossero soggetti agi' influssi « Voglio appagare tutte le brame che
de' cieli e provvide alla loro salute; cfr. dentro in questa stella si sono risveglia-
v. 34 sgg.-si ride cfr. Salm. CXXV, 2.-
: te in te. Tu desideri sapere qual anima è
a mente non torna essendone spenta la
: dentro lo splendore che qui a me vicino
memoria dal Lete cfr. Purg. XXVIII,
;
fiammeggia come raggio in acqua limpi-
127 sgg. ; XXXIII, 91 sgg. da. È Kaab, la meretrice di Gerico che
106-108. Qui ecc.: qui nel Par. si con- nascose presso di sé e salvò gli esplo-
sidera e vede addentro nell' arte del ratori mandati da Giosuè (cfr. Giosuè,
Creatore che con tanto amore ogni cosa II, 1-24; VI, 17-25. Ebrei, XI, 31. Oiac.
adorna: e qui si riconosce il fine ultimo II, 25), contribuendo così alla vittoria
dell'amore, cioè il Sólfomo Bene, che ri- di quello Fu accolta in questo cielo
conduce le anime dalla terra al cielo, prima d' ogni altr' anima salvata da Cri-
loro vera patria. Così Dan., Filai., ecc. sto, per aver favorito la prima impresa
Da molti però leggesi nel v. 107 cotanto di Giosuè in quella Terra Santa, di cui
effetto e nel v. 108 il mondo; con le quali il papa poco si ricorda. »

var. il senso sarebbe quello che cosi è di- 109-110. perchè ecc. affinchè siano
:

chiarato dell' Andr.: « Qui si contempla il soddisfatti tutti i tuoi desiderii, nati in
di vin magistero che abbella questa gran- questo cielo di Venere.
d' opera della sua creazione, e si cono- 113. scintilla: cfr. Virg., Aen. VII, 9.
sce il buon fine, la sapiente provvidenza 114. mera: limpida; cfr. Ovid., Ars
per cui il mondo di su (cioè i cieli), in- am. II, 721.
fluendo sue virtù nel mondo di giù, vie- si tranquilla
115. gode pace intera
:

ne in certo modo a risolversi in questo, ed eterna. Cfr. Aug., Giv. Dei, XIX, 13.
riducendolo a sua similitudine » oppu- ; 116-117. e a ecc.: Si può intendere: e,
re, come già interpretava l' Oh. e come congiunta al nostro coro, esso s'impronta
piace ad alcuni moderni «discerniamo : dello splendore di lei nel suo più alto
il bene, per lo quale il mondo di sopra grado. Ma è interpretaz. non sicura. Nel
torna, gira e governali mondo di sotto». v. 117 ottimi codd. leggono di lui. Cfr
Cfr. Bull. XV, 196. Né mancano altre il Gomm. lips. (III, 239).
34 [cielo terzo] Par. ix. 118-132 [avarizia be' prelati]

118 Da questo cielo, in cui 1' ombra s'appunta


che '1 vostro mondo face, pria oli alti*' alma 7

del triunfo di Cristo fu assunta.


L21
Ben si convenne lei lasciar per palma,
in alcun cielo, dell' alta vittoria
che s' acquistò con 1' una e l'altra palma,
124 perdi' ella favorò la prima gloria
di Josuè in su la Terra Santa,
che poco tocca al Papa la memoria.
127 La tua città, che di colui è pianta
che pria volse le spalle al suo Fattore
e di cui è la invidia tanto pianta,
130 produce e spande maladetto flore il

e' ha disviate pecore e gli agni,


le
però che fatto ha lupo del pastore.

118. s'appunta: finisce. Ohe nel cielo to, ossia il P., occasione ad inveire con-
di Venere termini con la sua punta il tro l'alto clero, intento solo, o troppo,
cono ombroso che fa la terra, fu dottri- a cose mondane. [A renderci ragione di
na, come ha mostrato il Toynbee, di Al- quest'invettiva in bocca di Folco, ve-
fragano Studies and Researches, 76 sg.
: dasi la n. 64-108]. Firenze, fabbricata
120. triunfo cfr. Inf.YV, 46-63. Par.
: dal demonio, dice Folco, conia e diffonde
XXIII, 19 sgg. Thom. Aq., Sum. theol. il fiorino d' oro, che ha disviato tutto il

Ili, 52, 5. mondo e trasformato i pastori in lupi.


121. palma: segno simbolico. Per amor del fiorino d' oro gli uomini
122. vittoria: di Giosuè su Gerico. di Chiesa trascurano i buoni studi, e
123. con l' una ecc.: colle mani giunte, a'occupano solo de' beni mondani. Per
cioè colla preghiera ; cfr. Eccles. XLVI, esso papa e cardinali non pensano al
1-3. Purg. VIII, 10. Molti intesero della riacquisto di Terra Santa. Ma Roma e
vittoria di Cristo ; ma tutte le altre ani- la Chiesa saran presto liberate da tale
me beate di qual altra vittoria sono se- adulterio.
gno ? E secondo qual sistema dogmatico 127-128. di colui è pianta ecc. fon- :

riportò Cristo V alta vittoria « con l'una data dal diavolo. Marte, patrono di Fi-
e l' altra palma » ? Tutti i beati sono pal- renze (Inf. XIII, 144 sgg.), era per i
me della vittoria di Cristo ; ma Raab è SS. Padri un demonio come tutte l'al-
anche, più in particolare, palma della tre divinità pagane cfr. I Cor. X, 20. -
:

vittoria di Giosuè, acquistata « in tol- pria: che fu il primo ribelle a Dio.


lendo man us suas » (Eccles. XLVI, 3), 129. e di cui ecc. e la cui invidia in-
:

cioè con la preghiera. dusse i primi parenti al peccato, donde


124. favorò: favorì. - gloria: acqui- tutte le miserie e i pianti del genere
stata coli' espugnazione di Gerico (cfr. umano. - tanto pianta: AL: tutta quanta.
Giosuè, VI, 1-27), primo fatto d'arme Cfr. Inf. I, 111 ; VI, 49 sg. e 74. Moore,
di Giosuè in Terra Santa. Grit., 453 sg.
126. che poco ecc. la qual Terra Santa
: 130. maladetto per : i suoi tristi effetti.
poco sta nella mente del papa, « scilicet - flore fiorino d' oro, così detto dal giglio
:

Bonifacii, qui tunc sedebat et faciebat che v' è improntato; G. Vili. VI, 59, 62.
guerram cum christianis, non cum sara- « Poni dinanzi alle bestie i fiorì dell'oro
cenis, [cfr. Inf. XXVII, 85 sgg.]; et ta- [== fiorini d'oro]: non se ne curano»;
men debuisset tacere bellum cum sarace- Fra Gford., Pred., Ed, Narducci, p. 76.
nis,quia habebat tunc materiam »; Benv. 131-132. agni: agnelli; cfr. Par. IV,
V. 127-142. L'avarizia dei prelati. 4. Giov. XXI, 16-17. Pecore ed agnelli,
Dalla menzione della Terra Santa, alla ossia il greggio dei fedeli, sono disviati,
quale il papa non pensa, prende Folchet- perchè i pastori son divenuti lupi ra-
[cielo terzo] Par. ix. 133-142 [avarizia de prel.] 735 7

133 Per questo l' Evangelio e i Dottor magni


son derelitti, e solo ai decretali
sistudia, sì che pare ai lor vivagni.
13G A questo intende il papa e i cardinali :

non vanno i lor pensieri a Nazzarette,


là dove Gabriello aperse Pali.
139 Ma Vaticano e V altre parti elette
di Roma, che son state cimiterio
alla milizia che Pietro seguette,
142 tosto libere fien dell' adulterio. »

paci (Par. XXVII, 55), corrotti dall' avi- 138. Gabriello: cfr. Luca, I, 26 sgg.
dità dell'oro maladetto fiore).
(il Purg. X, Par. IV, 47. - aperse l'ali
34. :

133. Dottor magni: i Santi Padri. drizzò il volo per recare alla Vergine
134. Decretali le costituzioni dei papi,
: Maria il grande annunzio.
V© il Diritto canonico in genere cfr. : 139. elette da Dio (cfr. Inf. II, 22 sgg.),
:

'De Mon. Ili, 3 e, meglio, JEp. Carditi. o, secondo il Barbi (Bull. XVIII, 19),
\ltal. t 7 « Iacet Gregorius tuus in telis
: « insigni, più degne ».
^aranearum iacet Ambrosius in negle-
; 141. milizia ai martiri e ai santi che
:

ctis clericoram latibulis; iacet Augu- seguirono l' esempio di S. Pietro.


stinus ;abiectns Dionysius. Damasce- 142. adulterio: dal mal governo dei
nus et Beda [tutti Dottor magni] et ; papi cfr. Inf. XIX, 1 sgg. Secondo al-
;

nescio quod speculum [lo speculum le- cuni, il P. allude in questo passo alla
gatorum e lo speculum iudiciale di G. morte di Bonifazio VIII, avvenuta nel
Durante, m. 1296], Innocentium [Inno- 1303 secondo altri, al trasferimento della
cenzo IV, autore del commento ai De- Sede pontificia in Avignone per Clemen-
cretali di Gregorio IX, cfr. n. seg.] et te V secondo altri, alla discesa di Ar-
;

Ostiensein [il cardin. Enrico Ostiense, rigo VII imperatore, che venne per dar
canonista, m. nel 1271; cfr. Par. XII, 83] sesto alle cose d'Italia. Ma D. è probabile
declamant. Cur enim? Illi Deum quae- che esprima qui, come in altri luoghi del
rebant, ut finem et optimum isti census ; poema (cfr. Inf. I, 100 sgg. Purg. XX, 13
*et beneficia consequuntur. » Il D' Ov. sgg.), la speranza in un futuro liberatore
ricorda negli Studi, p. 391 n., parole di d'Italia e riformatore del mondo, che sa-
San Pier Damiano, sulle quali si direb- prà anche purificare la Chiesa, senza al-
bero ricalcate quelle di Folco « Oggidì : trimenti precisare la sua allusione. - Un
i sacerdoti.... non meditano le parole fine esame del lungo discorso di Folchetto
della scrittura ma la scienza delle leggi fece il Porena, in Riv. d' Italia, Maggio
e le controversie del fòro...; restano non 1913, pp. 703 sgg. Finché parla di sé
letti ed incompresi gli Evangeli, men- e dell'amorosa Raab, lo stile di Folco è
tre le labbra dei sacerdoti non si schiu- studiatamente, e anche soverchiamente,
dono che a propugnare i diritti del fòro ». adorno, degno del letterato e del trova-
135. vivagni: margini sudicie consun- tore; ma appena il ricordo della Ter-
ti per il continuo uso ed anche pieni ra Santa lo scuote e commuove, « dal
zeppi di chiose. « Gregorio IX fece com- trovatore parolaio » così egregiamente
pilare i primi cinque libri delle Decre- il Porena, « esce, sorge e grandeggia
tali da Raimondo di Pennafort nel 1234. l'apostolo della fede.... Lo stile del Fol-
Bonifazio Vili ve ne aggiunse un sesto chetto vescovo è la perfetta antitesi di
libro. Le Decretali introdussero nuovo quello del Folchetto trovatore. Là il lan-
sistema di disciplina, unite all'ignoranza guido diluimento d' un povero pensiero
© miseria dei tempi » Lami. ; in una diguazzante onda di parola; qui
136. A questo: al maladetto fiore, cioè la sovrabbondanza del contenuto cui la
alle ricchezze mondane. parola accenna a tocchi rapidi, e bruschi
137. a Nazzarette: dove Cristo nacque passaggi, con nessi sottintesi o balenan-
povero ed umile. Pone qni la parte per ti appena. Non e' ò che un tratto comu-
il tutto, volendo dire Terra Santa. ne : una certa propensione al linguaggio
736 [CIELO QUARTO] Pah. x. 1-6 [CREZIONIfi]

figurato, come si conviene a un poeta grandiosità d' un'allegoria unica, sinte-


che anche nella sua nuova vita potò por- tica, balzala su dall' impeto d'una pas-
tare la calda immaginazione e il senti- siono elio cr<;a e scolpisce ncifero, ra- : I

mento vivo e che trovava anche propensa dice profondata nel centro della Terra;
al linguaggio figurato la tradizione del- Firenze pianta di questa radice, che
l' eloquenza sacra. Ma quale differenza s' allaccia al mondo ; il fiorino, fiore di
tra figurato del trovatore e il figurato
il questa pianta il papa, lupo affamato
;

dell'apostolo! Là uno sminuzzameuto di di questo fiore, dimentico della buona


figure e traslati, uno differente dall'al- pastura. Le style e' est V homme. In Fol-
l' altro per natura e per contenuto, par- chetto sono duo uomini, quindi due sti-
toritida ripetuti sforzi di un' artificiosa li; e 1' uno erompe improvviso dall'altro
fantasia che ricama e smerletta qui la;
col più portentoso effetto. »

CANTO DECIMO

CIELO QUARTO o DEL SOLE


DOTTORI IN FILOSOFIA E TEOLOGIA

DIO SUPREMO ARTEFICE, ORDINE DELLA CREAZIONE


ASCENSIONE AL QUARTO CIELO
SPIRITI SAPIENTI, TEOLOGI E FILOSOFI SCOLASTICI ED ANTICHI

Guardando nel suo Figlio con V Amore


die l'uno e l'altro eternalmente spira,
lo primo e ineffabile Valore,
quanto per mente o per loco si gira,
con tanto ordine fé', ch'esser non puote
sanza gustar di lui chi ciò rimira.

V. 1-6. La creazione. Opera della 1. Guardando Dio Padre creò il mondo


:

divina intelligenza e dell'eterno amore, mediante il Figlio; cfr. Giov. I, 3, 10. Col.
V universo fu creato dal Padre per il Fi- 1, 16. Ebr. I, 2. Th.A q.,Sum. theol.1, 45, 6.
glio nello Spirito Santo. La creazione è l'uno e l'altro: nominativo: lo Spi-
2.
opera di tutte e tre le persone della Trini- rito Santo procede dal Padre e dal Figlio:
tà. Lo primo ed ineffabile Valore, dice D., cfr. Aug., De Trin. IV, 20 V, 11, 14, 15. ;

cioè Dio Padre, che ha la virtù creatrice Thom. Aq. Sum. theol. I, 36, 4.
t

da sé, guardando nel divin Figliuolo, che 4. per loco Al. per l'occhio cfr. 2foo-
: : :

è la Sapienza, il Pensiero, il Verbo Suo, re, Crii., 454 sg. «Intellettivamente e lo-
e prendendo da lui la norma del creare calmente » ; Ott.
insieme coli' Amore, cioè collo Spirito 6. gustar: prender gusto. - di lui: di
Santo, il quale con eterna spirazione pro- quel Valore primo ed ineffabile che fece
cede dall'uno e dall'altro, fece il visi- ogni cosa con ordine sì meraviglioso.
bile e l'invisibile con tanto ordine, che V. 7-27. Ordine della creazione.
chiunque lo consideri, non può non gu- « C'invita il Poeta a levar seco la vista
star* alcun che della grandezza di Dio. alle sfere superiori e appunto a quella
[CIELO QUARTO] Par. x. 7-14 [creazione] 737

Leva dunque, lettore, all'alte rote


meco la vista, dritto a quella parte
dove Puri moto e l'altro si percuote;
10 e lìcomincia a vagheggiar nell'arte
di quel maestro che dentro a sé l'ama,
tanto che mai da lei l'occhio non parte,
13 Vedi come da indi si dirama
l' obliquo cerchio che i pianeti porta,

parte dove percuotonsi i due movimenti non vedrebbero maturazione di biade e


opposti, ildiurno o equatoriale da le- di frutti; le polari sarebbero immerse
vante a ponente, e il planetario o zodia- perennemente in un rigido inverno, e
cale da ponente a levante e per tal mo-
; così tutta la terra, nella eguaglianza tra
do fìssa la nostra attenzione ai punti i giorni e le notti, offrirebbe un mise-
equinoziali, ove lo scontro, per la oppo- rabile soggiorno, improprio allo svolgi-
sizione de' due moti, si fa. Da quei punti mento di quei germi preziosi che il Crea-
vuole che abbia principio la nostra con- tore amantissimo ha posto quaggiù negli
siderazione rispetto all' arte del divino uomini e nelle cose [vv. 16-18]. Quando
Maestro nell' architettura del mondo ci : poi l' obliquità dello zodiaco fosse note-
viene ricordando come da esso diramasi volmente maggiore o minore di quella
l'obliquo cerchio che porta i pianeti, cioè che di presente si osserva, in ambedue
lo zodiaco, e intanto con altezza di con- i casi verrebbe alterato tutto ciò che ai

cetto, giusta lo stato dell'astronomia di climi si riferisce; e quindi avverrebbe


quel tempo, manifesta il suo pensiero grave cambiamento nella distribuzione
circa la ragione per la quale da questa della luce e del calore, delle ore notturne
obliqua zona sono portati i pianeti, sup- e diurne, dei vapori e delle rugiade, delle
ponendola nella convenienza di soddi- pioggie e dei venti, dei ghiacci e delle
sfare al mondo che li chiama, cioè alla nevi, per non parlare che di fatti reali
i
terra e a ciò che vive sulla superfìcie di e solenni, a' quali poteva accennare il
lei, creduto abbisognare delle influenze Poeta [vv. 19-27]»; Antonelli.
; varie che a quei corpi celesti, in quella 7. alte rote: sfere celesti rotanti; cfr.
;
inversa direzione recati in giro, si at- Purg. Vili, 18 ;XI, 36 ; XIX, 63 Par.
;

tribuivano [vv. 7-15]. Passa indi a farci I, 64, 76, ecc. Boet., Oons.phil. III, pr. 8.
i
ammirare l'altissima importanza, che 9. dove: a quel punto del cielo, dove

!
quella zona sia obliqua, e di quella de- l'equatore e lo zodiaco s' incrocicchiano,
,
terminata obliquità eh' ella ha rispetto nel qua! punto il sole arriva negli equi-
all' equatore, o al movimento dell' alte nozi. - e l'altro: AL: all'altro. «Ac-
\
spere ; accennando con rettissimo giu- cenna al diverso muoversi dell'equatore
dizio alle infelici condizioni in Cui sarem- e dello zodiaco, voglio dire al moto del
mo quaggiù se quella strada planetaria o cielo stellato da oriente in occidente il ;

: non fosse torta, o fosse più o meno di quale è massimo all'equatore; ed all'altro
; quel eh' eli' è. Infatti se 1' eclittica coin- moto dei pianeti sul zodiaco verso l' uno
cidesse con l'equatore, e quindi corresse e l'altro polo andando obliquamente sem-
parallelo al medesimo lo zodiaco, pel pre verso all' oriente » Ponta. ;

solo fatto della costante permanenza del 11. Maestro: Dio; cfr. De Mon. II, 2.
;
sole a perpendicolo sulla linea equino- - l' ama Dio ama tanto il proprio magi-
:

ziale terrestre, anco senza tener conto stero, serbato da lui nella sua idea, che
delle credute influenze degli altri piane- lo mira con compiacenza di continuo.
ti, sarebbe davvero quasi ogni potenzia Sotto questo simbolo è significata la prov-
I quaggiù morta perciocché nelle regioni
;
videnza conservatrice, necessaria quanto
prossime all'equatore avremmo un'estate 1' arte motrice dell' universo cfr. Par.
;

perpetua e un accumulamento eccessivo XXXIII, 124 sgg.


di calore, che le renderebbe incapaci di 13. da indi: da quel punto dell'equa-
vegetazione e inabitabili; le zone che tore, eh' è comune al circolo dello zo-
ora diciamo temperate, avrebbero una diaco. - si dirama esce da esso come il
:

continua primavera incipiente, e quindi ramo dell'albero.


47. Biv. Comm., 8 a ediz.
738 [CIELO QUARTO] Par. x. 15-32 [ascensione]

per sodisfare al mondo che li chiama :

1G e se la strada lor non fosse torta,


molta virtù nel ciel sarebbe invano,
e quasi ogni potenza quaggiù morta j

19 e se dal dritto più o men lontano


fosse il partire, assai sarebbe manco
e giù e su dell'ordine mondano.
22 Or ti riman, lettor, sopra il tuo banco,
dietro pensando a ciò che si preliba,
s' esser vuoi lieto assai prima che stanco.
25 Messo t' ho innanzi ornai per te ti ciba :
;

che a sé torce tutta la mia cura


quella materia ond'io son fatto scriba.
28 Lo ministro maggior della natura,
che del valor del cielo il mondo imprenta
e col suo lume il tempo ne misura
31 con quella parte che su si rammenta
congiunto, si girava per le spire

15. per satisfare ecc. per la retta in- : tra con B. nel Sole. Confessa di non sa-
terpretazione di questo e dei sgg. sei vv. per porgere un'immagine adeguata di
vedasi la nota 7-27. quel che ivi gli apparve: le cose vi si
16. strada lo zodiaco. - torta obliqua,
: : discernevano non per colore diverso da
cfr. Ovid., Met. IT, 130. quello del Sole, ma per la luminosità lo-
19. dal dritto: Al.: da dritto; se lo ro, superiore a quella solare. Esortatone
Zodiaco divergesse dall'equatore più o da B., D. ringrazia Dio con tanto fer-
meno di quel che diverge. vore e concentrazione di spirito, che per
20. il partire cfr. Conv. II, 3. - manco
: : un momento dimentica B. di che ella ;

mancante, imperfetto. sente tale letizia che se ne accresce il


21. giù e su o nei due emisferi tra i
: fulgore de' suoi occhi, e tale fulgore ri-
quali il sole continuamente sale e di- scuote D., distogliendolo dal fervido rac-
scende; o, meglio: in terra e in cielo ; '
coglimento in Dio.
così come di cielo e di terra si è parlato 28. Lo ministro ecc.: il Sole, « luminare
nei vv. 17 sg. maius »; Gerì. I, 16. Cfr. Dion. Areop.,
22. ti riman ecc. : raccogliti in silenzio. De div. nom., 4.
23. che si preliba : di cui si dà qui sola- 29. imprenta: imprime nei corpi mon-
mente un piccolo assaggio. diali a lui sottoposti la virtù che riceve
24. lieto « quasi dicat quamvis labor
: : dal cielo. Cfr. Oonv. Ili, 14. Cauz. Po-
huius investigationis sit maximus, ta- scia ch'Amor del tutto, ecc., str. 6.

men tanta est delectatio, quod non per- 30. il tempo ne misura: dal girare di
nii ttit animum fatisci ; nam continuo lui, dal suo lume misuriamo il tempo:
magis et magis accenditur appetitus; cfr. Petr., Son. I, 9, 1 « il pianeta che
:

nam admirabiles delectationes affert in- distingue l' ore. »


quisitio veritatis x^otentibus causas re- 31. con quella parte ecc. congiunto :

rum cognoscere » JBenv. ; con la costellazione di Ariete implicita-


26-27. torce ecc. la materia di che scri-
: mente indicata nei vv. 8 sg. di questo
vo esige che a lei si volga tutta la tensio- canto con l'accenno agli equinozii.
ne di mia mente, tutta la mia diligenza. 32. spire « nel sistema Tolemaico se-
:

V. 28-63. Salita al cielo del Sole e guito da Dante, il Sole andando da un


luminosità de' beati che ivi appaio- tropico all' altro si aggira in ispire. Qui
no. Senza che D. s'accorga del salire, en- si accenna al venire del Sole verso di
[CIELO QUARTO] Par. x. 33-49 [LUMINOSITÀ] 739

in che più tosto ognora s'appresenta;


34 e io era con lui, ma del salire
non m'accors' io, se non coni' noni s'accorge,
anzi il primo pensier, del suo venire.
37 È Beatrice quella che sì scorge
di bene in meglio sì subitamente,
che l'atto suo per tempo non si sporge.
40 Quant'esser convenia da sé lucente
quel ch'era dentro al sol dov' io entra' mi,
non per color, ma per lume parvente !

43 Perch'io lo ingegno, l'arte e l'uso chiami,


sì noi direi che mai s' imaginasse ;

ma creder puossi, e di veder si brami,


40 E se le fantasie nostre son basse
a tanta altezza, non è maraviglia ;

che sovra il sol non fu occhio ch'andasse.


49 Tal era quivi la quarta famiglia

noi, cioè dal tropico del Capricorno [sol- 39. non si sporge non si estende nel :

stizio a quello del Cancro


invernale] tempo è istantaneo.
:

[solstizio estivo] nel qual viaggio cre- 41. quel che ecc.: le anime beate. - en-
scono a mano a mano i giorni e nasce tra' mi mi entrai.
:

Ognora più tosto il Sole » Coni. « Spirse ;


42. non per color ecc. essendo quelle :

dicuntur revolutiones orbitatis Solis qui- anime visibili (parventi) non per colore
bus volvitnr et revolvitur, ut rota funis diverso da quello del Sole, ma per lu-
putei » Pietro di D.
;
minosità superiore a quella di lui. Cfr.
ero già entrato nel
34-36. io era ecc. : Daniele, XII, 3.
Sole, senza essermene accorto; cfr. Thom. 43-45. Perchè per quanto. Il senso
:

Aq., Sum. theol. III. Suppl., 84, 3. « Dice della terzina è Invano, pur facendo
:

che in essa spera del Sole era venuto^ ma del mio meglio, tenterei di descrivere
non se n'accorse del venire, sì fu in pri- lo splendore di quelle anime; ma se non
ma giunto a guisa del pensiero che vie-
;
può essere descritto in modo che altri
ne nell' uomo, del cui venire il pensante se lo possa figurare, ben deve ciascuno
non si accorge, ma bene il sente quando credere che esso è, e desiderare di ve-
è in lui li primi movimenti non sono
: derlo da sé in Par. ossia operare e pen- ;

in nostra potestade » Ott. ;


sare così, da essere un dì accolto lassù.
37-39. È Beatrice: rende ragione del 46-48. E se ecc. : ~Nè è maraviglia se
non essersi accorto del suo salire. Mi l'immaginazione nostra non può figu-
guidava B., la quale conduce da ciascun rarsi questa luce maggiore di quella del
cielo al superiore in un attimo, cosicché sole, poiché nessuno vide mai una luce
non può misurare col tempo tal moto
si siffatta. La fantasia, o potenza imma-
di traslazione. Al. leggono oh (e, eh) : ginativa dell' anima, non può formare
Beatrice, e, con sintassi non conforme immagine se non di ciò che cade sotto i
alla consueta di D., prendendo scorge nel sensi ma nessun occhio vide mai luce
;

senso di vede, e collegando con questi tre più vivida, più possente di quella del
il 1° verso della terzina seguente, (e i vv. Sole; epperò all'uomo non è possibile im-
2-3 di questa unendo poi alla terzina suc- maginare luminosità maggiore di essa.
cessiva), spiegano Oh quanto dovea es-
: Cfr. Aristot., De An. III, 3, 11, 13.
ser lucente per sé medesima Beatrice, 49. Tal: tanto lucenti di proprio lu-
che si vede passare di bene in megtio, me, che vincevano il lume del Sole. - la
farsi più bella, sì repentinamente, che quarta famiglia : le anime beate apparse
il tempo noi misura ! nel 4° cielo.
740 [CIELO quarto] Par. x. 50-65 [dottori]

dell'alto padre, che sempre la sazia,


mostrando come spira e come figlia.
52 E Beatrice incominciò : « Ringrazia,
ringrazia il Sol degli angeli, ch'a questo
sensibil t' ha levato per sua grazia! »

Cuor di mortai non fu mai sì digesto


a devozione ed a rendersi a Dio
con tutto il suo gradir cotanto presto,
58 come a quelle parole mi fec' io ;

e sì tutto il mio amore in lui si mise,


che Beatrice eclissò nell'obblìo.
61 Non le dispiacque, ma sì se ne rise,
che lo splendor degli occhi suoi ridenti
mia mente unita in più cose divise.
04 Io vidi più fulgor vivi e vincenti
far di noi centro e di se far corona,

50. sazia: « Satiabor cura apparuerit 62-63. lo splendor: la letizia di B. si


gloria tua » Ps. XVI, 15.
; risolse ed espresse in un più vivo cor-
51. come spira ecc. come ab ceterno
: ruscar degìi occhi (Par. V. 125 sg.), il
Egli generi il Piglio e da ambedue pro- quale valse, dice D., a riscuotermi e fece
ceda lo Spirito Santo; cioè il mistero sì che la mia mente, prima unita, cioè
della Trinità, nell' intuizione diretta del tutta concentrata in Dio, si rivolgesse
quale consiste parte della beatitudine. anche ad altro, e anzi tutto di nuovo a
53-54. iì Sol degli angeli Dio, sole : lei, che « donna e simbolo, è ben degna
spirituale e intelligibile. - a questo sen- di dividere con Dio la mente di D. » ;

sibil: a questo Sole sensibile, che è la L. Passò, Lectura D., p. 22. Nello stesso
cosa sensibile « più degna di farsi esem- senso che qui, unito si ha, p. es., in
' '

plo di Dio » Oonv. Ili, 12. « Il Sole,


: Fra Giord., ed. Manni, 209 « Quando :

perdi' è la più nobil creatura del cielo io voglio vedere una verità, e' mi con-
e il più nobile corpo che Iddio creasse, viene essere unito e morto ai sensi ».
perciò dicono i Santi che '1 Sole rappre- V. 64-81. ie anime del 4<> Cielo,
senta più Iddio e la sua deitade più per- appariscono spiriti di dotti in divinità,
fettamente e più chiaramente che nullo tutti avvolti in vividissimo splendore,
corpo di questo mondo in due cose, cioè secondo la sentenza scritturale (Danie-
nella luce sua e nella sua virtude, e le, XII, 3; cfr. Thom.Aq., Sum. theol.
massimamente nella luce, però che Iddio Ili, Suppl., 96, 7) e cantano con inef- ;

è luce vera, come disse Cristo Ego sum : fabile dolcezza. Danzano circolarmente
lux mundi »; Fra Giord., Fred., Ed. tre volte intorno a D. e B. quindi so- ;

Moreni, II, 20. spendono il canto e la danza e si fermano,


55-58. digesto: disposto, acconcio. - pronti a sodisfare ai desiderii del Poeta.
rendersi ecc.: cfr. Inf. XXVII, 83. Conv. 64. fulgor anime fulgidissime, vincen-
:

TV, Cuore umano non fu mai sì di-


28. ti il lume del sole cfr. v. 40-48. « Certi
;

sposto a divozione, né sì pronto a darsi [corpi] sono tanto vincenti la purità del
a Dio con tutto il piacere suo, come mi diafano, che diventano sì raggianti, che
feci io, appena udite le parole di B. vincono l'armonia dell'occhio, e non si

in Dio. - eclissò si eclis-


59-60. in lui : : lasciano vedere senza fatica del viso »;

sò nella mia anima, in quanto mi dimen : Conv. Ili, 7.


ticai per un momento di lei. 65. far di noi centro ecc.: disporsi in
61. dispiacque: di vedermi sì assorto un circolo di cui D. e B. stanno al centro.
col pensiero in Dio da non pensare più « Consedere duces, et vulgi stante corona
a lei. -rise: di compiacenza. surgit.... Aiax » Ovid., Met. XIII, 1 sg.
;
[CIELO QUARTO] Par. x. 66-81 [dottori] 741

più dolci in voci che in vista lucenti :

87 così cinger la figlia di Latona


vedem talvolta, quando l'aere è pregno
sì, che ritenga il fil che fa la zona.
70 Nella corte del cielo, ond' io rivegno,
si trovan molte gioie care e belle

tanto, che non si posson trar del regno )

73 e ilcanto di quei lumi era di quelle:


chi non s' impenna sì che lassù voli,
dal muto aspetti quindi le novelle.
7G Poi, cantando, quegli ardenti soli

si fui? girati intorno a noi tre volte,

come stelle vicine ai fermi poli,


79 donne mi parver, non da ballo sciolte,
ma che s'arrestin tacite, ascoltando,
fin che le nuove note hanno Scolte ;

66. più dolci ecc.: ancor più possente mis.... qusB fìxa tenentur Astra polis »;
dello splendore era la dolcezza del canto. Lucan., Phars. V, 563. - « Nella cui (del
67-69. la figlia ecc. la luna col suo
: cielo) girazione conviene di necessità es-
alone; cfr. Purg. XX, 131. Virg., Aen. I, sere due poli fermi » Conv. Ili, 5.
;

502. Così talvolta vediamo formarsi come 79-81. non da ballo sciolte non ancor
:

una cintura, l' alone, attorno alla luna, del tutto ferme, non essendo per anco ter-
quando l'aere è saturo (pregilo) di vapori minato il ballo. Bene spiegò il fatto accen-
per modo, che ritenga in sé i raggi lumi- nato nella terzina il Borghini (cfr. Bull.
nosi (il fil) formanti tale zona o cintura. IV, 180): «Dimostra l'uso delle ballate,
72. trar del regno descrivere e far
: nelle quali quella che guida il canto dice
comprendere quaggiù, col linguaggio la prima stanza stando ferma: la qual
umano; cfr. Par. I, 6. La metafora è finita, il ballo tutto, volgendosi, la re-
presa « da certe merci più rare, come plica cantando, e finita, si ferma e la :

pitture, statue, ed altri lavori di celebri madonna della canzone pur ferma dice
artefici, le quali per la loro preziosità la stanza nuova, la quale finisce nella
non è lecito esportare fuori di paese. » Co- rima della prima, e subito finito, il ballo
sì Land, ed altri. si muove in cerchio, cantando pur la
73. di quelle: gioie inesportabili. stanza che si chiama il ritornello ».
74-75. s'impenna : si fornisce di penne ;
V. 82-138. La prima corona dei
quindi anche di ali. « Qui sperant in Do- Dottori. Un'anima - è San Tommaso -
mino, assument pennas sicut aquiìse»; dice a D. che tutti i beati sono pronti
Isaia XL, 31. Cfr. Thom. Aq., Sum, theol. ad appagare i suoi desideri, vedendolo
Ili, Suppl., 84, 2. Chi non si dispone, vi- così privilegiato da Dio. Né è necessa-
vendo secondo virtù, a salire un dì in rio che i suoi desiderii siano espressi con
Par., non potrà mai formarsi un'idea di parole i beati, che vedono ogni cosa in
:

siffatto canto e se mai si immaginasse


; Dio, conoscono anche voglie e pensieri
di poterla avere da chi « di lassù, per taciuti. E San Tommaso, sapendo già
istraordinaria grazia, ritorni » (Passò, che D. desidera di conoscere lui ed i
1. e), farà come chi aspettasse notizie suoi compagni, accenna prima solo ge-
da un muto. nericamente a sé, poi nomina il suo mae-
76. Poi: poiché; cfr. Purg. X, 1. - stro, che gli è vicino, e anche sé stes-
ardenti soli tanto lucenti da splendere
: so quindi ad uno ad uno gli altri dieci
;

più del Sole. spiriti, che, quasi fiori di Paradiso, com-


78. polì intorno a noi che eravamo fer-
: pongono insieme col suo maestro e con
mi, come intorno ai poli le stelle. « Sum- lui la ghirlanda.
742 [cielo quarto] Par. x. 82-99 [dottori]

82 e dentro all' un senti' cominciar: « Quando


lo raggio della grazia, onde s'accende
verace amore, e che poi cresce, amando,
m in te tanto risplende,
aliti pi icato

che ti conduce su per quella scala,


u' sanza risalir nessun discende ;

88 qual ti negasse il vin della sua liala


per la tua sete, in libertà non fora,
se non com'acqua ch'ai mar non si cala.
91 Tu vuo' saper di quai piante s' infiora
questa ghirlanda, che 'ntorno vagheggia
la bella donna ch'ai ciel t'avvalora.
94 Io fui degli agni della santa greggia
che Domenico mena per cammino
u' ben s'impingua, se non si vaneggia.
07 Questi che ni' è a destra più vicino,
frate e maestro funami ; ed esso Alberto
fu di Colonia, e io Thomas d'Aquino.

82-85. all'un: dentro all'uno dei detti 94-96. agniagnelli. Dice S. Tomma-
:

splendori. -Quando ecc.: poiché il raggio so Fui frate dell'ordine dei Predicatori,
:

della grazia del quale è acceso l'amore fondato da San Domenico con una re-
verace, l'amore di Dio, raggio che per gola che, rettamente osservata, conduce
l'amare stesso si moltiplica, risplende l'uomo alla perfezione cristiana. - Do-
tanto in te, che ecc. menico: cfr. Par. XII, 46 sgg. - s'im-
87. u' : ove; cfr. Purg. II, 91. «Chi pingua si avanza nella perfezione cri-
:

già è stato in Paradiso, se torna in terra, stiana, se non si devia dal giusto cammi-
non sarà mai vinto dalle lusinghe terrene no, tracciato dal fondatore, per correr
a meritar dannazione, tanto la memoria dietro ai beni vani del mondo. «Anima,
delle cose vedute sarà efficace » Corn. ; qua} benedicit, impinguabifur » Prov. ;

88. ti negasse ecc.: ti ricusasse le spie- XI, 25. Cfr. Par. XI, 22 sgg. L'immagine
gazioni che tu desideri e ch'egli è in dell'ingrassare è convenientissima, es-
grado di dare. - il vin: « Sapientia.... sendosi parlato di agnelli.
miscuit vinum» Prov. IX, 1-2 e 5 cfr. ; ; 97. Questi sebbene abbia già princi-
:

Isaia LV, 1. -fiala: ampolla. Senso del- piato a parlar di sé, pure, prima di nomi-
la frase le cognizioni ch'ei possiede.
: narsi, S. Tommaso, con delicato riguar-
89-90. in libertà ecc. dovrebbe avere : do, presenta e nomina il proprio maestro.
la propria libertà impedita, così come, 98. Alberto Alberto Magno, dei conti
:

solo se impedita da ostacoli, l'acqua non di Bollstaedt, n. 1193 a Lavingen nella


iscorre all' ingiù verso il mare. Svevia, m. a Colonia il 25 nov. 1280. Fat-
91-93. piante anime. - s'infiora
: cfr. : tosi domenicano nel 1222 o 1223, verso il
Par. XIV, 13 XXIII, 72. Il senso della
; 1244 insegnava a Colonia, dove gli fu
terzina è Tu vuoi sapere chi siano i
: discepolo prediletto Tommaso di Aqui-
beati che compongono questa viva co- no, che lo accompagnò nel 1245 a Parigi.
rona la quale all'intorno vagheggia la Nel 1254 fu eletto Provinciale dell'Or-
bella donna che t'avvalora, ti dà la forza, dine a Wormos, e nel 1260 vescovo di Re-
la virtù necessaria per salire al cielo. gensburg. Fu uno dei più dotti teologi
Il vagheggiare che fanno i teologi e fi- e filosofi del suo tempo. motivo del A
losofi B., è vero e nel senso letterale in suo vasto sapere fu denominato Doctor
quanto le fanno festosa corona, ma è universalis.
vero altresì nel senso allegorico. 99. Thomas d'Aquino: il gran Dottoro
IBLO QUARTO] Par. x. 100-113 [dottori] 743

100 Se sì di tutti gli altri esser vuo' certo,


mio parlar ten vien col viso
di retro al
girando su per lo beato serto.
103 Quell'altro fiammeggiare esce del riso
di Grazian,che 1' uno e l'altro foro
aiutò sì, che piace in Paradiso.
106 L'altro, eh' appresso adorna il nostro coro,
quel Pietro fu che con la poverella
offerse a Santa Chiesa suo tesoro.
109 La quinta luce, eh' è tra noi più bella,
spira di tale amor, che tutto il mondo
laggiù De gola di saper novella:
112 entro v' è l' alta mente u' sì profondo
saver fu messo, che se il vero è vero,

della Chiesa, n. da famiglia principesca vescovo. La sua opera Sententiarum li-


a Koccasecca presso monte Cassino nel bri IV fu il modello di tutte le succes-
1226; m. mentr' era in via per recarsi sive Somme teologiche e filosofiche. È
al concilio di Lione, il 7 marzo 1274 qui nominato accanto a Graziano, avendo
(cfr. Purg. XX, 69). Fu maestro di teo- fatto per la dommatica ciò che Grazia-
logia a Colonia, a Parigi ed a Napoli, e no fece per il Diritto canonico. - con la
scrisse un gran numero di opere, alle poverella: Allude alle parole del Lom-
quali (in particolare alle due Somme e ai bardo nel prologo alla sua opera: Cu-
Commenti ad Aristotele) I). attinse lar- pientes aliquid de penuria ac tenuitate
gamente e che formano una grande, or- nostra cumpauperculain gazophylacium
dinata, compiuta enciclopedia filosofica Domini mittere, ardua scandere et opus
e teologica. Fu chiamato Doctor Ange- supra vires nostras agere praesumpsi-
licita, e santificato nel 1323. mus»; dove lo scrittore ricorda eviden-
101-102. col viso: cogli occhi. - beato temente ciò che scrive Luca XXI, 1, 4:
serto ghirlanda di beati. Senso guarda
: : cioè, che quando Cristo vide i ricchi qui
via via quelli che io nominerò ordinata- mittebant munera sua in gazophylacium
mente cominciando dalla mia destra sino (= tesoro) e quandamviduam paupercu-
a colui che mi sta a sinistra. lam mittentem aera minuta duo, disse
103. fiammeggiar: splendore fiammeg- che la paupercula aveva dato più di tutti
giante, -del riso: dalla gioia beata. perchè aveva dato non del superfluo, ma
104. Grazian: Francesco Graziano, ce- '
omnem victum quem habuit '.
lebre canonista, fiorito nel secolo decimo- 109. La quinta luce: Salomone.
secondo, nativo di Chiusi in Toscana, fa 110. amor: come autore del Cantico
benedettino camaldolense e compilò ver- dei cantici, che pel M. E. era l'inno nu-
so il 1150 la celebre Concordia discordali- ziale della Chiesa.
tium canonum, ordinariamente detta De- 111. ne gola ecc. è avido di saperne
:

cretum Gratiani, una compilazione di notizia, giacché i teologi disputavano se


testi Canoni degli Apo-
della Bibbia, fosse salvo o dannato, a motivo di ciò
Decretali dei papi ed
stoli e dei Concilii, che di lui si racconta in III Reg. XI, 1-9.
estratti dai SS. Padri, in cui l'autore 112. entro v'è: AL: nell'alta mente
s' ingegna di stabilire la concordanza un sì, ecc. Cfr. Moore, Crit., 455 sg.
:

delle leggi ecclesiastiche con le civili. - 113. se vero ecc. se la Sacra Scrit-
il :

l'ano e l'altro: il civile e l'ecclesiastico. tura, che è la stessa verità, dice il vero.
107. Pietro: Pietro Lombardo, il ce- Allude alle parole scritturali III Reg.
lebre Magister sententio.rum, n. sul No- Ili, 12: « Ecce.... dedi tibi cor sapiens
varese da parenti poveri ed oscuri nei et intelligens in tantum ut nullus ante
primi anni del sec. xn, m. nel 1160 a te similis tiri fuerit nec post te sur-
Parigi, dove era maestro di teologia e recturus sit. »
744 [CIELO QUARTO] Pai*. X. 114-129 [DOTTORI]

a veder tanto non surse il secondo.


115 Appresso vedi il lume di quel cero
che giuso, in carne, più addentro vide
l'angelica natura e '1 ministero.
118 Nell'altra piccioletta luce ride
quell'avvocato dei tempi cristiani
dal cui latino Augustin si provvide.
121 Or se tu l' occhio della mente trani
di luce in luce dietro alle mie lode,
già dell'ottava con sete rimani.
124 Per vedere ogni ben dentro vi gode
l'anima santa che il mondo fallace
fa manifesto a chi di lei ben ode.
127 Lo corpo ond' ella fu cacciata, giace
giuso in Cieldauro ed essa da martìro
;

e da esilio venne a questa pace.

114. non surse il secondo: cfr. Par. dolo fare innanti, per avere poi meno
XIII, 34 3gg., dove si scioglie il dub- fatica a ritrovare le storie » Buti. ;

bio che quest' asserzione susciterà nella 121. trani muovi oltre. Tranare
:
=
mente di D. trainare; frane, trainer, prov. trahinar.
115. cero luminare della Chiesa. In-
: 122. lode pi. di loda cfr. Inf. II, 103.
: ;

tende di Dionigi l'Areopagita, converti- 13. ottava: luce. - sete: desiderio di


to da S. Paolo al Cristianesimo (cfr. Atti conoscere l'anima beata che in essa si
'KYIl, 34) e creduto, erroneamente, auto- nasconde.
re del celebre libro De codesti hierarchia. 124. Per vedere ogni ben: perchè ha
116. vide conobbe più profondamente
: la visione - in che consiste la beatitu-
d' ogn' altro - e spiegò a noi - la natura dine - di Dio, sintesi di tutti i beni.
e 1' ufficio degli angeli. 125. l'anima ecc. Anicio Manlio Tor-
:

119. avvocato ecc. per i più,: come anche quato Severino Boezio, la cui vita è docu-
per noi, è Paolo Orosio, prete spagnuolo mento della fallacia del mondo, chi ben
del 5° sec. la cui opera principale: «Histo-
, la consideri. Boezio, n. a Roma verso
riarum libri VII adversus Paganos » (si il 470, ni. prigione a Pavia nel 524 o 525, fu

notino queste due ultime parole) fu scrit- nel 510 console di Eoma. Si rese sospetto
ta dietro i conforti di Sant'Agostino, se- di tramare la liberazione di Roma dai
condo che l' A. stesso dice nel proemio del- Goti; e Teodorico lo fece perciò incar-
l' opera. Già però alcuni antichi intesero cerare e dopo sei mesi uccidere. Prigio-
di S. Ambrogio «il quale», così l' Ott. che niero, scrisse il celebre libro, formato
dice però altri non senza ragione opinare di prose e di poesie, De consolatane
che si tratti di Orosio, « il quale sottilis- philosophice, che D., come mostrano mol-
simamente parlò della fede cristiana per ti passi delle sue opere, ebbe familia-
cui S. Agostino ricevette battesimo ». rissimo. Non è certo che Boezio fosse
Modernamente è stata sostenuta l'iden- cristiano, ma nulla di contrario alle dot-
tificazione dell' avvocato dei tempi cri- trine cristiane trovasi ne' suoi scritti e ;

stiani con Lattanzio (e sulle orme di cristiano e santo ei fu ritenuto nel M. E.


G. Bofilto che la propugnò validamente 126. ben ode non basta udire, bisogna
:

cammina risoluto il Fassò, Lect. D., 30), ben udire; cfr. Conv. II, 13.
mentre il Filomusi- Guelfi propone S. 128. Cieldauro la chiesa di S. Pietro in
:

Paolino di Nola e il Busnelli il retore Ciel d'oro in Pavia; cfr. Boccac, Dec.X,9.
Mario Vittorino: Bull. XXII, 33.
cfr. 129. paco: cfr. Par. XV, 148: « E ven-
120. Àugnstin :Sant' Agostino cfr.
; ni dal martiro a questa pace». Thom.
Par. XXXII, 35. - si provvide: « facen- Aq., Sum. theol. I, il, 70, 3.
[CIELO QUARTO] Par. x. 130-138 [dottori] 745

130 Vedi oltre fiammeggiar l'ardente spiro


d'Isidoro, di Beda e di Riccardo
che a considerar fu più che viro.
133 Questo onde a me ritorna il tuo riguardo,
è il lume d' uno spirto che in pensieri ,

gravi a morir gli parve venir tardo :

136 essa è la luce eterna di Sigi eri,


che, leggendo nel vico degli strami,
sillogizzò invidiosi veri. »

131. Isidoro : Tsidorus Hispalensis, cioè città nel 1277, che lo aveva obbligato
di Siviglia, n. verso il 5G0, m. 4 aprile a vivere quind' innanzi nella Curia stes-
636. Fu vescovo di Siviglia (eletto pro- sa sotto rigorosa vigilanza. Posto ciò,
babilmente l'anno 600) ed uno dei più i pensier gravi in che gli parve venir

dotti uomini del tempo, venerato come tardo a morire, possono bensì essere le-
V oracolo della Spagna. Scrisse più opere meditazioni sulla vanità del mondo, ma
assai pregiate, delle quali la maggiore anche « i pensieri del povero professore
sono i venti libri di Etymologice o Ori- costretto dalla dura vigilanza della corte
gines, enciclopedia a cui molto e da mol- romana a meditare sul suo passato e a
ti si attinse nel M. E. - Beda: Beda desiderare d' uscir per sempre di trava-
Venerabili*, n. 674 a Weremouth in In- glio »; Fassò, o. e, 36 sg. È ormai pro-
ghilterra, m. a Jarrow 26 maggio 735. vato ch'egli è quel Sigieri di cui nel
Fu celebre per pietà e dottrina: ordi- Fiore, l'anonimo poema in sonetti che
nato prete a trent' anni, dedicò tutta la fu giudicato attribuibile a D. (Bull. X,
sua vita alia preghiera e agli studi. Le 273 sgg.), si dice che morì a ghiado
principali sue opere sono Hist. Eccles.
: (= di spada, di ferro) « nella Corte di
gentis Britonum, compiuta nel 731; De Roma, ad Orbi vieto ». Dettò, tra altre
raiione temporum; De ìiat. rerum, ecc. opere: Qucestiones naturales ed Imjyossi-
- Riccardo Riccardo da San Vittore, il
: bilia. Cfr. Fassò, o. e, pp. 32-39.
Magnus Contemplato!", teologo mistico 137. leggendo insegnando, -yico degli
:

del sec. xn, dal 1162 in poi priore del strami la rue de Feurre, o du Fouarre
;

Chiostro di San Vittore presso Parigi, a Parigi, vicina alla piazza Maubert,
m. verso il 1173, autore di parecchie dove erano le diverse scuole di filosofìa.
opere teologiche. Vuol dire: insegnando nell'Università
132. viro: lat. vir, uomo; cfr. Inf. IV, di Parigi.
30. Par. XXIV, 34. La sua dottrina fu 138. sillogizzò: argomentò, dimostrò
sovrumana. coi suoi sillogismi (Par. XXIV, 77) in-
.133-136. Questo onde ecc.: che mi è vidiosi veri, cioè verità odiose e che in-
a sinistra più vicino, v. 97, e dal quale fatti gli partorirono invidia e odio don- ;

pertanto il tuo riguardo (= riguardare, de accuse e processi e, poiché fra le 219


;

sguardo) ritorna a me. - Sigieri Sigieri : proposizioni condannate nel 1277 dal
di Brabante (da non confondersi con Si- vescovo di Parigi, una parte erano so-
gieri di Courtray, che fu uno dei fon- stenute dallo stesso Aquinate, gì' invi-
datori della Sorbona), celebre filosofo diosi veri, di cui questi fa cenno, po-
averroista, anzi, come dice il Fassa, « il trebbero essere, più precisamente, « le
rappresentante principale, che 1' aver- verità aristoteliche che egli sosteneva
roismo ebbe trai cristiani nel sec. xin ». in comune con Sigieri » Fassò, o. e, 38.
;

N. verso il 1226, professore nello Studio Ma intorno alla posizione che D. assume
di Parigi, morì di morte violenta per di fronte a Sigieri, esaltandolo per bocca
mano di un chierico, suo segretario, tra di S. Tommaso, non ostante le accuse
il 1282 e il 1284 a Orvieto, dove si tro- e condanne subite dalle dottrine del
vava allora insieme con la Curia romana, Brabantino, è da vedere B. Nardi, Si-
alla quale Sigieri era ricorso in appello gieri di Br. nella D. C. e le fonti della
contro le accuse mossegli per le sue ar- filosofia di Dante, e gli scritti polemici
dite dottrine dall' Inquisizione di Parigi, successivi: cfr. Bull., XX, 261 sgg. e
e più precisamente dal Vescovo di quella Nuovo Giom. Dantesco I, pp. 123 sgg.
746 [CIKJ.O QUARTO] l'Alt. X. 139-14« [nuova danzj b canto]

139 Indi come orologio, elio ne chiami


nell'ora die la sposa di Dio sarge
a mattinar lo sposo perchè l'ami,
142 che una parte l'altra tira ed urge,
1'

Un Un sonando con sì dolce nota,


che il ben disposto spirto d' amor turge;
145 così vid'io^la gloriosa rota
muoversi e render voce a voce in tempra
e in dolcezza, eh' esser non può nota
148 se non colà dove gioir s' insempra.

V. 139-148. Nuova danza e nuovo 1'una parte tira l' altra, oppure spinge,
canto. Appena S. Tommaso ha finito sìda far sonare il campanello. « Il ti-
di presentare i 12 dottori, questi, quasi rare e 1' urgere, cioè spingere d' una e
richiamati da segreto invito all'eterno d' altra parte, deve riferirsi nell' orologio
loro tripudio, si rimettono a danzare e alla codetta del battaglio, fatto bicipite
a cantare con una dolcezza che non si nell'interno della campana, or tirata ed
conosce né si può gustare se non in Pa- ora spinta dal semplice ordigno messo
radiso. Cfr. Par. XXIV, 13 sgg. in moto di va e vieni dal movimento
139. orologio: cfr. Comm. Lips., 269 sg. della ruota a ciò destinata » Antonelli. ;

140. nell'ora: nel principio del matti- « Tinnitusque eie et Ma-


143. tin tin :

no. - la sposa di Dio la Chiesa cfr. Par.


: : tris quate cymbala circum »; Virg., Georg.
XI, 31; XII, 43; XXVII, 40 ecc. Giov. IV, 64.
Ili, 29. Apocal. XXI, 2, 9; XXII, 17. 144. turge : (dal lat. turgeo == mi gon-
141. a mattinar: a dire il Mattutino, fia)propriamente si gonfia, inturgidisce :

spiegano i più. Mattinare è propriamente traslato per dire che si riempie di amor
far mattinata, cioè il cantare e sonare divino lo spirito del credente, disposto
che fanno amanti in sul mattino da-
gli a pregare. Cfr. Par. XXX, 72.
vanti alla casa della donna amata. Per 145. la gloriosa rota: la corona di spi-
D. la musica sacra è un'armoniosa se- riti beati; cfr. v. 65 e 92.
renata della Chiesa al suo sposo Cri- 146-147. muoversi in giro. - in tem-
:

sto, -.p^'c/iè l'ami, cioèper meritarsi e pra e in dolcezza con modulazione così
:

conservarsi il suo amore. « Dante so- dolce che ecc.


stituì all' espressione ecclesiastica dir 148. s' insempra: si eterna: cioè nel
mattutino V espressione popolare, etimo- Par., dove il gioire dura per sempre.
logicamente identica, mattinare, che ne Insemprarsi è verbo foggiato dal P.
estendeva il senso e vi aggiungeva un dall' avv. sempre, così come insusarsi
elemento fantastico di mirabile efficacia dall'avv. suso, (Par. XVII, 13), e indo
e freschezza»; Parodi, Bull. XII, 328. varsi da dove (Par. XXXIII, 138): neo-
142. tira: nel congegno dell'orologio logismi chiari ed efficaci.
[CIELO QUARTO] Par. xi. 1-12 [cure terrestri] 747

CANTO DECIMOPRIMO
CIELO QUARTO o DEL SOLE
DOTTORI IN FILOSOFIA E TEOLOGIA

VANITÀ DELLE CURE TERRESTRI, DUE DUBBI


VITA DI SAN FRANCESCO, RIMPROVERO AI DOMENICANI

insensata cura dei mortali,


quanto son difettivi sillogismi
quei che ti fanno in basso batter 1' ali !

Chi dietro a tura, e chi ad aforismi


sen giva, e chi seguendo sacerdozio,
e chi regnar per forza o per soiismi,
e chi rubare, e chi ci vii negozio,
chi, nel diletto della carne involto,
s' affaticava, e chi si dava all' ozio )

10 quand'io, da tutte queste cose sciolto,


con Beatrice m'era suso in cielo
cotanto gloriosamente accolto.

V. 1-12. Cure terrestri è gioia ce- alle scienze giuridiche. - ad aforismi di :

leste. Ripensando
e quasi rigustando la Ippocrate qui per lo studio della medi-
;

ineffabile dolcezza provata nel cielo di cina, il quale si faceva su gli Aforismi
Giove, quando il coro dei sapienti beati di Ippocrate; cfr. Inf. IV, 143.
aveva accolto con danze e canti cele- 5. seguendo sacerdozio: sen giva se-
stialmente giocondi lui e B., il P. è guendo, cioè mirava a sacerdozio, per-
tratto a riprovare e commiserare gli chè lucroso. « Non si dee chiamare vero
uomini che corrono dietro a beni vani filosofo colui eh' è amico di sapienza per
e fugaci, invece di pensare alle gioie utilità, siccome sono li legisti, medici e
reali ed eterne. Per 8,, Sat. I, 1 « O curas
: quasi tutti li religiosi, eli e non per sape-
hominum, o quantum in rebus inane ». ! re studiano, ma per acquistare moneta e
Cfr. Boet., Cons. phìl., I, pr. 3. dignità»; Gonv. Ili, 11.
2. sillogismi: discorsi, ragionamenti. 6-7. regnar ecc. e chi mirava a re-
:

« Syilogismus est oratio, in qua, consen- gnare per forza o per inganni (sofismi).
sis quibusdam et concessis, aliud quid, - civil negozio « la cura famigliare e
:

quam quae concessa sint, per ea quce civile convenevolmente a sé tiene de-
concessa sunt, necessario conficitur » ;
gli uomini il maggior numero, sicché in
Gellius XV, 26. Cfr. Aristot.,Anal.pr.I, ozio di speculazione esser non possono » ;

1. Thom. Aq., Sum. theol. I, n, 76, 1; 90, 1. Conv. 1,1.' Regnare', 'rubare 'e 'civil ne-
3. in basso ecc. volar basso, volger
: gozio' sono tutti oggetti di 'seguendo'.
l' animo alle cose terrene, appunto per- 9-10. s' affaticava per soddisfare le sue
:

chè si fanno sillogismi difettivi, cioè ra- passioni sensuali, -sciolto: cfr. «meque
gionamenti errati. his exsolvite curis »; Yirg., Aeri. IV,
4. a tura parola lat. che vale diritti
:
' '
: 652. Horat., Sat. I, vi, 128 sg.
748 [CIELO QUARTO] l'Alt. XI. lo-28 [due dubbi]

13 Poi che ciascuno fu tornato ne lo


punto del cerchio in clic avanti s'era,
fermossi come a candellier candele
ir»
E io senti'dentro a (niella lumiera
che pria m'avea parlato, sorridendo
incominciar, facendosi più mera:
1!)
« Così coni' io del suo raggio risplendo,
riguardando nella luce eterna,
sì,

li tuoi pensieri onde cagioni apprendo.

22 Tu dubbi, e hai voler che si ricerna


in sì aperta e in sì distesa lingua
lo dicer mio, eh' al tuo sentir si sterna,
25 ove dinanzi dissi U' ben s'impingua ',: '

e là u' dissi Non surse il secondo


: * '
;

e qui è uopo che ben si distingua.


28 La provvidenza, che governa il mondo

V. 13-27. Due dubbi. Dopo aver dan- 19-21. Così ecc. come io risplendo del
:

zato e cantato per alcuni momenti, la raggio della luce eterna, così, riguardan-
corona di spiriti beati si ferma di nuovo, do in questa, io apprendo onde cagioni
e la luce di S. Tommaso, facendosi più li tuoi pensieri, cioè da che tu traggi

chiara, continua a ragionare con D. : cagione di pensare, da qual cagione i


« Conosco i tuoi pensieri e la loro ori- tuoi pensieri (che nel caso presente sono
gine. Due dubbi t' ingombrano la mente. i due dubbii) procedono. - onde cagioni :

Tu non intendi che cosa io volessi signifi- per le varianti cfr. Comm. Lips.
care, quando dissi che nell'ordine di 22-23. si ricerna: si ridistingua, si di-
San Domenico ben s'impingua, se non si chiari ancora. - in sì aperta e in sì di-
vaneggia né come io abbia potuto affer-
; stesa lingua: in forma sì chiara e ampia
mare che la sapienza di Salomone fu tale, ed esplicita; «Queste cose delle quali
che a veder tanto non surse il secondo ». avemo predicato, sono dette in grosso,
ciascuno: dei 12 beati nominati
13. ma non sono aperte né distese » Fra ;

nel antec. - tornato danzando.


e. : Oiord., Pred., Ed. Moreni, II, p. 255.
14. avanti quando San Tommaso ra-
: 24. si sterna: si appiani, si adatti al tuo
gionava con D. cfr. Par. X, 76 sg.
; intendimento; cfr. Par. XXVI, 37, 40, 43.
15. fermossi tornato ciascuno nel pun-
: 25. ove dinanzi: Par. X, 96.
to di prima, si fermò e restò immobile co- 26. là u' dissi Par. X, 114. - non sur-
:

me candela fissa nel candeliere, -cande- se AL: non nacque. Questa 2 a lezione ha
:

lo forma antica per candela '; cfr. Par.


:
'
per sé la grandissima maggioranza dei
XXX, 54. Questa similitudine « ha una codici anche antichissimi e autorevoli;
duplice ragione di essere, che la parte cfr. Moore, Crii., 460 seg. Ma il surse
superiore del santo corrispondente alla di Par. X, 114 e XIII, 106, e l' aperto
faccia, è più splendida che il resto, e richiamo al primo di questi {là u' dissi)
questi dottori furono come luminosa ci portano ad adottare la lez. surse.
fiamma a stenebrare l'ignoranza degli 27. qui: e circa questi due dubbi è
altri »; A. Bertoldi, Lect. D., 9. necessario, a ben dichiararli, procedere
16-17. quella lumiera ecc. l' anima ri- : nel ragionare con le debite distinzioni.
splendente di San Tommaso; cfr. Par. V, Al. Quanto appartiene a questo secondo
:

130 IX, 112. « Finge che l'anima beata


; dubbio; ma del 2° dubbio si parla solo
stia dentro nello splendore, vestita e fa- assai più tardi, Par. XIII, 31 sgg.
sciata da esso » Enti. ; V. 28-42. I due campioni della
18. più mera di più chiara lucentezza
: Chiesa. A soccorrere la Chiesa - con-
per accresciuto ardore di carità. tinua S. Tommaso - la divina Provvi-
[CIELO QUARTO] Par. xi. 29-41 [campioni d. chiesa] 749

con quel consiglio nel quale ogni «.spetto


creato è vinto pria che vada al fondo,
31 però che andasse vèr lo suo Diletto
la sposa di colui eh' ad alte grida
disposò lei col sangue benedetto,
34 in se sicura ed anco a lui più fida,
due prenci pi ordinò in suo favore,
che quinci e quindi le fosser per guida.
37 L' un fu tutto serafico in ardore ;

l' altro per sapienza in terra fue


di cherubica luce uno splendore.
40 Dell' un amendue
dirò, però che d'
si dice l'un pregiando, qual ch'uom prende,

denza mandò due uomini, S. Francesco s' abbaglia e confonde prima che ar-
si

e S. Domenico, che, a mo' di principi, le rivi a penetrare i profondi secreti della

fossero guida; ambi degnissimi di tale Provvidenza; cfr. Boni. XI, 33 sg. Thom.
ufficio, ancorché assai diversi tra loro. Aq., Sum. theol. I, 12, 7. Conv. IV, 5.
Parlerò dell' uno, poiché, avendo ambe- 31. però che affinchè. - Diletto Cristo.
: :

due operato ad un fine medesimo, quello 32-33. la Sposa ecc.: la Chiesa; cfr.
di ben guidar la Chiesa, lodando 1' uno, Par. X, 140. - grida allude alle parole
:

si lodano entrambi. D. pone qui le lodi di Cristo in croce; cfr. Matt. XXVII,
di S. Francesco in bocca al domenicano 46, 50. Marco, XV, disposò
34, 37, ecc. --

Tommaso d'Aquino, e metterà i)OÌ le ecc.: « regere Ecclesiam Dei quam


....

lodi di S. Domenico in bocca al fran- acquisi vit sanguine suo »; Atti, XX, 28.
cescano Bonaventura, non pure in argo- 34. in se ecc.: sicura in sé stessa e più
mento di amicizia dei due ordini reli- fedele allo sposo suo, Cristo.
giosi, ma
anche perchè « Bonaventura 35. prencipi: capi, S. Francesco e S. Do-
nelle sue opere avea sempre onorevolis- menico, -suo: della Sposa, della Chiesa.
simamente parlato dell'ordine dei do- 36. quinci e quindi « quinci, cioè in
:

menicani, e Tommaso d'Aquino all' Uni- rendergliela più fida; e questo è S. Fran-
versità di Parigi avea scritta dell' ordine cesco mediante il suo serafico amore, per-
dei francescani anche un'apologia» {Me- chè allora è fedele la sposa allo sposo,
stica, Nuova Ant., LVII, 406). D'altra quando si vede esser accesa nel suo amo-
parte Tommaso biasima i suoi domeni- re. E quindi, cioè in rendergliela sicura;
cani, e Bonaventura i suoi francescani e questo è S. Domenico mediante la sua
della loro decadenza. Tutto ciò fa D. grandissima sapienza e profondissima
«non solo a mostrare della carità -del dottrina che la difende da ogni eretica e
cielo e quindi a pungere indirettamente falsa opinione » Veli. ;

i due emuli ordini ma a significare an-


; 37. L'un: S. Francesco. - serafico ar- :

cora come sia più conveniente, perchè dente di carità. « Sera.phim interpretatur
modesta, la lode in bocca altrui, e più ardentes .... et sic patet quod .... Sera-
credibile, perchè raro, il biasimo in boc- phim denominetur ab ardore charita-
ca propria»; A. Bertoldi, o. e, p. 13. E tis »; Thom. Aq., Sum. theol. I, 63, 7;
anche Fra Giord. scriveva « Noi [dome
: 108, ò.Thoìn. Celanus, Vita Frane. 1, 4, 23.
nicani] tacciamo le lodi sue [di S. Do 38. l'altro: San Domenico.
nienico] acciò che forse non paia a voi 39. cherubica luce: luce di sapienza,
una arroganza perch'ego sia nostro capo « Cherubin interpretatur ple?iitu do scien-
sì le tacciamo molto .... acciocché non pò tice.... et sic patet quod Cherubin de-
teste avere nulla cagione di mormorio » ;
nominetur a scientia»; Thom. Aq., Sum.
Pred., Ediz. Moreni, I, p. 46. theol. 11. ce.
29. aspetto: vista, come Purg. XV, un ecc. dirò di uno solo:
40-42. Dell' :

114; XXIX, 58, 149, ecc. ma, lodando l' uno, qualunque [qual che]
30. è vinto ecc. : ogni vista di creatura dei due si prenda, si lodano entrambi,
750 [CIELO quarto] Pak. XI. 12-55 [S. FRANCESCO]

perchè ad un fine far l'opere mio.


43 Intra Tupino e l'acqua che discende
del colle eletto del beato Ubaldo,
fertile costa d'alto monte pende,
46 onde Perugia sente freddo e caldo
da Porta Sole e diretro le piange
;

per grave giogo Nocera con Gualdo.


49 Di questa costa, là dov'ella frange
piti sua rattezza, nacque al mondo un sole,

come fa questo talvolta di Gange.


52 Però chi d'esso loco fa parole
non dica Ascesi, che direbbe corto,
ma Oriente, se proprio (\ìv vuole.
55 Non era ancor molto lontan dall'orto,

avendo tutt' e due operato al fine mede- porta Sole: così chiamavasi un tempo
simo di sostenere e ben guidare la chiesa. una porta di Perugia che guardava verso
V. 43-117. Vita di S. Francesco Assisi - di retro i più intesero dietro
: :

d'Assisi. In termini d'ammirazione da esso monte Vocerà e Gualdo si dolgo-


affettuosa San Tommaso narra la vita no, essendo suddite a Roberto di Napoli
di Francesco d'Assisi, e conclude: «Pensa ed oppresse di imposte. Invece Benv.:
adesso qual fu colui che gli fu collega a « quia recipit ventura, frigus et incom-
reggere la barca di San Pietro, cioè Dome- moda a dicto monte. » Altri però cre-
nico, il nostro patriarca». Sulla vita di dono che Dante voglia dire che Nocera e
S. Francesco, che D. espone attenendosi Gualdo mal volentieri stavano sotto Pe-
specialmente alla Leggenda maggiore di rugia; e questa interpret. per recenti stu-
S. Bonaventura e all' Arbor vitce di Uber- di e osservazioni ci sembra preferibile
tino da Casale, cfr. A. Bertoldi, o. e, alle altre. Cfr. Bertoldi, o. e, p. 17 sg.
p. 13 sgg. e le opere che il Bertoldi cita 49. frange ecc.: diminuisce la sua ripi-
nelle accuratissime note. dezza. Assisi è situata sul pendìo.
43-44. Tupino: o Topino, fìumicello che 50. nacque: nel 1182. - sole: S. Fran-
scorre vicino ad Assisi e versa le sue cesco, la cui Vita, scritta da Tommaso
acque nel Tevere, -l'acqua ecc. il Chia-: Celano, incomincia colle parole: « Quasi
scio che versa le sue acque nel Topino. sol oriens in mundo Beatus Franciscus
Assisi è sita tra i due finmicelli; il To- vita, doctrinaet miraculis claruit»; Ada
pino all' oriente, ed il Chiascio all'occi- Sanct. Oct. II, 552. Bonaventura (ibid.,
dente. Cfr. Bass. 255 sgg. - Ubaldo: 742) appropria a S. Francesco le parole
Sant'Ubaldo Baldassini, n. 1084, m. 1160, dell' Apocal. VII, 2 : « Vidi alterum An-
prima eremita, poi, dal 1129 al 1160, ve- gelum ascendentem ab ortu solis. »
scovo di Gubbio. 51. questo : questo vero Sole nel quale
45. fertile costa ecc. « questa è la co-
: ci troviamo. -talvolta: nel solstizio esti-
sta del monte detto Subaso [meglio, tutto vo, quando il Sole nasce dalla parte delle
il gruppo orografico del Subasio] nella foci del Gange, e a noi suol essere più
quale costa è Ascesi; lo qual monte .... ha caldo e più risplendente. Intorno ad al-
una costa molto fruttifera che pende in- tre interpretazioni cfr. il Comm. Lips.
verso Perugia, et in su questa costa in 53. Ascesi : così chiamavasi comune-
luogo basso giuso è Ascesi » Buti. ; mente Assisi ai tempi di D. - corto :

46-47. sente: « da tutta la costiera oc- troppo poco ; cfr. Par. XXXIII, 106.
cidentale di esso gruppo [di Subasio] » 54. Oriente : secondol'evangelico « Vi- :

si muovono« secondo le stagioni, cor- sita vit nos oriens ex alto » ; Luca I, 78,
renti fredde e calde su la città di Pe- cfr. Zacar. Ili, 8. - se proprio ecc. se :

rugia, che essa riceve dal suo oriente, da vuol parlare con proprietà.
Porta Sole»; A. Bertoldi, o, e, p. 17. - 55. orto: nascimento: lat. ortus. Con-
[CIELO QUARTO] Par. xi. 56-70 [S. FRANCESCO] 751

ch'el cominciò a far sentir la terra


della sua gran virtute alcun conforto ;

58 che per tal donna, giovinetto, in guerra


del padre corse, a cui, coni 'alla morte,
la porta del piacer nessun diserra }
GÌ e dinanzi alla sua spiritai corte,
et corani patre le si fece unito ;

poscia di dì in dì l'amò più forte.


GÌ Questa, privata del primo marito
millecent'anni e più dispetta e scura
fino a costui si stette sanza invito ;

G7 né valse udir che la trovò sicura


con Amiclate, al suon della sua voce,
colui ch'a tutto il mondo fé' paura ;

70 né valse esser costante, né feroce,

tinua la similitudine del sole 24 anni A e li restituisce al padre,esclamando :

S. Francesco, che sino a quell'età aveva '


Fino ad ora chiamai padre in terra
te ;

atteso alla mercatura (suo padre fu Pie- d'ora in poi io posso sicuramente dire :

tro Bernardone, dovizioso mercante di Padre nostro che sei ne' cieli, presso il
panni), fn fatto prigioniero in uno scon- quale ho riposto ogni tesoro ed ogni fidu-
tro dei cittadini di Assisi coi Perugini. cia di speranzaho collocato'»; Bertoldi,
Liberato e rimpatriato (primavera del o. e, p. 21. Il concetto del matrimonio

1206) cambiò tenore di vita, dedicandosi è tolto dall'inno di S. Francesco alla


a sole opere di pietà. Povertà
56. cominciò: «il mondo prese alcuno 63. più forte: a differenza di quel che
conforto che ritornerebbe la virtù ne li segue ne' matrimoni carnali, ne' quali
omini, che pareva già abbandonata, ve- non di rado l'amore si va intepidendo col
dendo uno sì giovanetto con tanta virtù »; tempo, se pure non si spegne del tutto.
Buti.-ìsi terra: sogg. di sentir-, cfr. Inf. 64. Questa la Povertà. - primo marito:
:

XII, 108. Purg. X, 60. Par. XXXIII, 96. Cristo"; cfr. Luca IX, 58. II Cor. Vili, 9.
58-59. donna la Povertà
: cfr. Cela-
;
65. e più: dalla morte di Cristo a San
nus I, 3, 22. Hase, 2& ediz., p. 26 sg. - in Francesco. - dispetta e scura «anctor vi-:

guerra ecc.: per amore della Povertà si detur dicere falsimi, quia multi sancti pa-
attirò addosso l'ira del proprio padre. - tres et heremitae dilexerunt paupertatem
a cui alla quale Povertà, come alla mor-
: et despexerunt mundum propter Chri-
te, nessuno apre con piacere le sue porte, stum, et antiquitus et moderniter. Di-
cioè a nessuno piace di fare accoglienza. cendum breviter, quianullus tantum et in
61-62. corte: curia; la curia episco- totum ama vit paupertatem tam perfecte,
pale di Assisi, sua patria. - et corani tam generalite.r, tam volenter » Benv. ;

patre ecc. : padre ecc. Per


e davanti al 68. Amiclate: povero pescatore della
avere venduto (1207) a Foligno certi riva orientale dell'Adriatico, che, au-
panni e un cavallo del padre ed avere che durante le scorrerie dei soldati di
offerto per il restauro della chiesetta di Cesare e di Pompeo, dormiva nella sua
S. Damiano danaio ricavato, France-
il misera capanna ad uscio aperto, e rimase
sco eccitò l'ira del padre stesso, che, imperturbato quando d'improvviso arri-
pur avendo riavuti i danari, « lo chiama vò a lui G. Cesare, colui che fece paura
innanzi al vescovo d'Assisi perchè ri- a tutto il mondo; cfr. Lucan., Phars.
nunzi ad ogni eredità. E Francesco non V, 521 sgg. Conv. IV, 13.
solo fa di piena letizia una tale rinun- 70. ne valse: alla Povertà, per rendersi
zia (siamo alla primavera del 1207), ma accetta e gradita agli uomini. - feroce :

innanzi al vescovo Guido e al popolo alteramente ferma nell'amore di Cristo.


tutto si spoglia degli abiti che indossa FeroceipeT altero, coraggioso, non cedevole
752 [CIELO quarto] Par. XI. 71-81 [8. FRANCESCO]

sì che, dove Maria rimase gin so,


ellacon Cristo pianse in su la croce.
Ma perch'io non proceda troppo chiuso,
Francesco e Povertà per questi amanti
prendi oramai nel mio parlar diffuso.
La lor concordia e i lor lieti sembianti
amore e maraviglia e dolce sguardo
faceano esser cagion di pensier santi ;

79 tanto che il venerabile Bernardo


si scalzò prima, e dietro a tanta pace
corse, e, correndo, gli parve esser tardo,

e simili usarono anche altri Trecentisti. par quasi un segno esteriore dell'avere
Cfr. Horat., Od. II, v, 13-14. ilP. distinto il primo dal secondo ag-
71-72. giuso: sotto la croce; cfr. Oiov. gruppamento, vien fatto di inclinare
XIX, 25. - ella: Cristo morì ignudo; piuttosto alla 2 a o alla Sa costruzione,
dunque la Povertà era con lui sulla come a quelle che mantengono netta tale
croce. - pianse «preces supplicatione-
: distinzione e danno a faceano e ad es-
sque.... cimi clamore valido et lacrymis sere speciali soggetti. E a noi sembra
offerens »; Ebrei V, 7, AL: salse, che preferibile alla 3 Jl la 2a, essendo natu-
sarebbe l' antitesi perfetta di rimase rale che il soggetto del verbo principale
giuso. D. rielaborò qui idee ed imagini abbia il primo luogo, e parendoci che
che trovava nella letteratura francesca- da siffatta costruzione esca un senso so-
na; cfr. Bertoldi, o. e, p. 23. disfacente. E il senso sarebbe questo :

73. chiuso oscuro cfr. Purg. XII, 87.


: ; « La manifesta salda concordia tra i due
75. prendi intendi. - diffuso lungo,
: : sposi e la letizia intima che traspariva
esteso. Intendi oramai che i due amanti, dai loro volti facevano sì che amore, e
dei quali ti ho sì a lungo ma coperta- maraviglia (la maraviglia con che gli
mente parlato, sono Francesco e la Po- amanti si contemplano « come se » dice
vertà. il Parodi « per la prima volta godessero

76. lor : dei due amanti e sposi. Il l'uno della vista dell'altro»; sempre che
senso complessivo della terzina è certo : non s'abbia a leggere a meraviglia ')'

l'esempio dato da San Francesco col suo e dolcezza di sguardi di quella coppia
amore costante e verace alla Povertà fu innamorata fossero in altri cagione -
edificante e salutare per altre persone. come di solito non avviene alla vista di
Ma quale è la struttura sintattica? E coppie d'amanti - di santi pensieri, cioè
come letteralmente va intesa la terzina? di quei pensieri ond'era nata e si nu-
C'è chi considera le parecchie cose enu- triva la forte passione tra Francesco e
merate ne' vv. 76-77 come tutto un sog- Povertà. » Indubbiamente i tre versi
getto di faceano- altri fanno del v. 76 peccano un po' di durezza e oscurità,
il sogg. di faceano e del v. 77 il Sogg. vizii quasi inevitabili quando cose mi-
di essere, mentre taluni ritengono che stiche sono pensate e figurate come reali
sogg. di faceano sia il v. 77 e di essere e concrete e si vuole usare per quelle il
il v. 76. Benché la la si presenti come linguaggio che si addice bene soltanto
costruzione molto naturale e spontanea, a queste.
pure, se si osserva che con essa si dice 79. Bernardo: di Quinta valle, ricco e
che la concordia e tutto il resto faceano nobile cittadino di Assisi, primo disce-
essere cagione, cioè facevano che ci fosse polo di S. Francesco, che egli seguì sin
la cagione di santi pensieri, mentre pro- dal 16 maggio 1209.
prio essa concordia e l'altre cose sareb- 80. si scalzò ad esempio di S. Fran-
:

bero da dire cagione di tali pensieri se : cesco cfr. Gelan. I, 3, 22. - prima
;
:

si nota inoltre che i termini del v. 76 « idest primus induit habitum Franci-
sono preceduti da articolo e da pron. sci » ; Benv.
possessivo, del tutto mancanti ai termini 81. tardo : tanto era il suo fervore d'i-
raccolti nel v. 77, e che tale diversità mitare il santo: cfr. Par. X, 135.
[cielo quarto] Par. xi. 82-94 [S. FRANCESCO] 753

Oh ignota ricchezza, oh ben ferace !

scalzasi Egidio, scalzasi Silvestro


dietro allo sposo ; sì la sposa piace.
S5 Indi sen va quel padre e quel maestro
con la sua donna e con quella famiglia
che già legava l' umile capestro.
Né gli gravò viltà di cor le ciglia
per esser fi' di Pietro Bernardone,
né per parer dispetto a maraviglia ;
ma regalmente sua dura intenzione
ad Innocenzio aperse, e da lui ebbe
primo sigillo a sua religione.
Poi che la gente poverella crebbe

82. ignota: agli uomini; cfr. Oonv. per umiltà, 1' aspetto spregevole d' un
13. -ferace: fecondo, fruttifero. AL: mendico, invilì punto il suo cuore, o gli
jrace cfr. Afoore, Orit. 462 sg.
; tolse di operare e parlar da magnanimo,
83. Egidio: terzo discepolo e seguace con regale dignità » Parodi, Bull.
;

li S. Francesco, autore del libro Verbo, XI, 192. - fl' figlio voce dell'uso an-
: :

aurea, ni. nel 1272 a Perugia. Pietro, il tico toscano. (Cfr. Nannuc., Nomi, 180),
secondo discepolo, non è menzionato, rimasta come primo elemento di certi
forse perchè mori prima del fondatore, e cognomi, quali Firidolfi, Figiovanni, Fi-
forse perchè D. non ne conosceva il no- fanti e simili. - dispetto a maraviglia:
me, taciuto anche dal Celano e da S. Bo- sì spregevole da far meravigliare i ri-
naventura - Silvestro altro seguace di
: guardanti, anche, torse, per avere « vul-
S. Francesco, già prete di Assisi e così tum desplicabilem » Matt. Paris, 1. e.
;

avido di danaro, che si fece pagar due 91-93. regalmente: cfr. n. prec. - dura
volte da Francesco le pietre vendutegli intenzione: quale appariva da tutta la
per il restauro di S. Damiano ma avendo ;
regola che S. Francesco presentava per
poi veduto « tra il sonno uscire di bocca l'approvazione; la quale parve così dura
ai Santo una croce d'oro, la cui sommità a papa Innocenzo III, che per allora
toccava il cielo, e le braccia, distenden- (1210) l'approvò soltanto a voce, provvi-
dosi in arco, cingevano l'una e l'altra soriamente e con tutte le riserve. « Fi-
parte del mondo » (Bertoldi), si pentì di lioli nostri, » avrebbe detto il Papa « vi-
Bue colpe e si dette tutto a Dio. ta vestra videtur nobis nimis dura et
84. sposo S. Francesco. - sì
: così, : aspera»; Bertoldi, o. e, p. 56. - reli-
tanto. - sposa la Povertà.
: gione ordine monastico.
:

85. va a Roma per ottenere da Inno-


: 94. crebbe: un contemporaneo, Jac. de
cenzo III l'approvazione e conferma Vitriaco (Rist. occid., e. 32), racconta :

della nuova regola (nel 1209 o 1210) ;


« Non solum autem praedicatione, sed
cfr. Mat. Paris, Hist. maj., Lond.. 1640, et exempio vitse sanetse et conversatio-
p. 340. Rase, 33-37. nis perfeetse, multos non solum inferio-
86. famiglia: compagnia di 11 discepoli. ris ordinis homines, sed generosos et
87. l'umile capestro : la corda di cui i nobiles ad mundi contemptum invitant ;

Francescani si cingono i fianchi e che qui, relictis oppidis et casalibus et am-


Francesco, mosso da spirito d' umiltà, plissimis posse8SÌonibus, temporales di-
volle sostituire alla correggia di cuoio. vitias et spiri tuales felici commercio com-
Cfr. Inf. XXVII, 92. Par. XII, 132. mutantes, habitum fratrum Minorum, i.
88-90. uè gli gravò ecc. né viltà di : e. tunicam vili pretii, qua induuntur, et
cuore gli fece abbassare la fronte ecc. funem, quo accinguntur, assumpserunt.
La terzina può parafrasarsi così: «Né l'es- Tempore enim modico adeo multiplicati
sere e il chiamare sé stesso, come per sunt, quod non est aliqua Christianorum
umiltà soleva, figlio di Pietro Bernar- provincia, in qua aliquos de fratribus
done [di un mercante] né l'aver preso, suis non habeant. »

48. — Div. Oomm., 8 a ediz.


754 [cielo quarto] Par. xi. 95-107 [S. FRANCESCO]

dietro a costui, la cui mirabil vita


meglio in gloria del ciel si canterebbe.
97 di seconda corona redi in ita
fu per Onorio dall'Eterno Spiro
la santa voglia (Testo archimandrita.
100 E poi che per la sete del niartìro,
nella presenza del Soldan superba
predicò Cristo e gli altri che '1 seguirò,
103 e per trovare a conversione acerba
troppo la gente, per non stare indarno,
reddissi al frutto dell' italica erba ;

106 nel crudo sasso intra Tevero ed Arno


da Cristo prese 1' ultimo sigillo,
96. meglio ecc.: si suole intendere da audivit»; Jac. deVitHaco, Hist., Occid.,
interpreti antichi e recenti alla gloria:
'
e. 33. - superba allude forse al titolo di
:

del cielo, cioè di Dio, piuttosto che alla bestia crudelis, del quale il vescovo di
gloria della persona del Santo '. Cfr. Acco onora Sultano.
il

« Non nobis, Domine, non nobis; sed 102. gli altri la « milizia che Pietro
:

nomini tuo da gloriam » Salm. CXII1,


; seguette »; Par. IX, 141 dunque Cristo ; :

1. Ma è preferibile a questa un'altra in- e i suoi seguaci, cioè le dottrine degli


terpr., rinnovellata e ben dichiarata da Evangeli e degli scritti degli Apostoli.
A. Bertoldi-, « Una tal serafica vita, 103. acerba: immatura, non ben dispo-
meglio che laggiù, come si usa, ne' cori sta a convertirsi. Cfr. Fior, di S. Frane.,
de' frati, meglio sarebbe cantata (non 24 « Gli disse il Soldano Frate France-
: :

detta, come Tommaso, e una volta


fa sco, io volentieri mi convertirei alla fede
tanto a dichiarazione di un dubbio del di Cristo, ma io temo di farlo ora im- ;

Poeta) tra' cori angelici negli altissimi però che, se costoro il sentissono, eglino
cieli, in faccia a Dio stesso, come la esal- ucciderebbono me e te con tatti e tuoi
tazione più degna dell'umana virtù. E compagni e con ciò sia cosa che tu possa
;

perchè meglio 1 Perchè la maggior parte fare ancora molto bene, e io abbi a spac-
de' frati non si muove più dritta alle ciare molte cose di molto grande peso, vo-
orme del maestro. » Sopra altre inter- glio ora indugiare la morte tua e la mia. »
pret. cfr. Comm. Lips. Ili, 290 sg. 104. per non stare indarno: per non
97-98. di seconda ecc. l'ordine fran-
: stare in ozio, senza fare e concluder
cescano fu solennemente approvato da nulla; Bull., XXIII, 57.
papa Onorio III nel 1223. - redimita co- : 105. reddissi « Videns se non proficere
:

ronata. -dall'Eterno Spiro dallo Spirito


: in conversione gentis illius, nec suum
Santo, che ispirò papa Onorio. assequi posse propositum, ad partes flde-
99. archimandrita: pastore, capo del lium.... rerneavit» Bonav., o. e, 768.
;

gregge, cioè dell'Ordine dei Minoriti. 106. nel crudo sasso nell'aspro, rupe-
:

100. E poi che ecc. allude alla mis-


: stre monte Pernice, o Alvernia o Verna
sione di San Francesco tra' Saraceni nel del Casentino, che s'alza tra le fonti del
1219. Scrive S.Bonaventura: «Desiderio Sieve e quelle del Sette; cfr. Bass. 108 sg.
martyrii flagrans.... ad partes Syrise Sulla vetta di questo monte i discepoli
pergens, multis se periculis constanter &l S. Francesco avevano edificato nel
exposuit, ut Soldani Babilonia} posset 1215 un oratorio, nel quale dicesi che
adire praesentiam ». nel 1224 il Santo ricevesse le Stimate.
101. Soldan: Malek al Kamel, cui San 107. l'ultimo sigillo: dopo i due sigilli, o
Francesco tentò invano di convertire al segni di approvazione e consacrazione, ri-
cristianesimo. « Videns eum bestia cru- cevuti da Innocenzo III e da Onorio III,
delis, in aspectu viri Dei in mansuetu- terzo ed ultimo furono le Stimate. I bio-
dinem conversa, per dies aliquod ipsum grafipiù antichi del Santo raccontano
sibi et suis Christi fìdem praedicantem che. trovandosi Francesco nel 1224 sul
[CIELO QUARTO] Par. xi. 106-123 [S. DOMENICO] 755

che le sue membra due auni portarne


109 Quando a colui eh a tanto7
ben sortillo,
piacque di trarlo suso alla mercede
ch'el meritò nel suo farsi pusillo,
112 ai frati suoi, sì com' a giuste rede,
raccomandò la donna sua più cara,
e comandò che 1' amassero a fede;
115 e del suo grembo 1' anima preclara
mover si volle, tornando al suo regno,
ed al suo corpo non volle altra bara.
118 Pensa oramai qual fu colui che degno
collega fu a mantener la barca
di Pietro in alto mar per dritto segno :

121 e questi fu il nostro patriarca :

per che, qual segue lui com' el comanda,


discerner puoi che buone merce carca.

monte Alvernia, Cristo gli apparve e sportare morente dal palazzo arcivesco-
gli impresse nelle mani e nei piedi i vile, e sulla nuda terra volle restare per
segni dell' inchiodatura, e nel costato qualche tempo ignudo, accettando poi
ilsegno della ferita di lancia delle quali ; le vesti solo perchè « rioifertegli in pre-
cinque piaghe il Santo fu assai lieto, stito come a mendico»; Bertoldi, o.c, 35.
"benché fossero assai dolorose. Grego- 116. tornando: « et spiritus redeat ad
rio III confermò con tre bolle la verità Deum, qui dedit illum »: Eccles. XII, 7.
di questo miracolo. Cfr. Gonv. IV, 28.
108. due anni dal 1224 al 1226, gran
: 117. altra bara fuorché il grembo
:

parte de'quali S. Francesco fu travaglia- della Povertà; quindi nessuna bara, nes-
to da gravi infermità. S. Francesco morì suna funerea pompa.
nella Chiesa di Santa Maria degli An- V. 118-139. la degenerazione dei
geli (Porziuncoia) d'Assisi il 3 ottobre Domenicani. Dalla vita di San Fran-
1226 dopo il tramonto. Era venerato non cesco, Tommaso d'Aquino prende occa-
pur come santo, ma poco meno che co- sione a soggiungere una parola in lode
me Dio, già durante la sua vita. del proprio patriarca, e a censurar quindi
109. a colui a Dio, che lo aveva de-
: fieramente i Domenicani del tempo, non
stinato a tanto bene quale era quello di più animati dallo spirito del fondatore.
ricevere le stimate da Cristo. - sortillo : 119-120. la barca di Pietro la Chiesa, :

cfr. Inf. XIX, 95. Virg., Aen. ITI, 634. raffigurata nella navicella di S. Pietro;
Petrarca, Trionfo della Fama, I, 61. cfr. Purg. XXXII, 129. - in alto mar :

110.mercede premio : : la vita eterna ;


« in mundo isto procelloso » Benv. - per ;

cfr. Matt. V, 12. dritto segno facendola camminare verso


:

111. pusillo: picciolo, umile. È parola il suo fine vero; cfr. Inf. XXII, 12.
evangelica. « Sanza la calamita non si potrebbe fa-
112. rede: eredi: plur. di reda; cfr. re: ella dirizza e mostra diritto il se-
Inf. XXXI, Purg. VII, 118.
116. gno »; Fra Giord., Pred.,Ed. Manni, 242.
113. la sua donna più cara: la Povertà; 121. il nostro patriarca: il fondatore
altre donne amate furono Castità e Ob- del nostro Ordine, S. Domenico.
bedienza. Si vedano le citazioni del Ber- 123. carca: rimanendo nell'allegoria
toldi a p. 59, n. 112. della barca, dice che chi segue S. Dome-
114. a fede: fedelmente. nico, osservandone rigorosamente la re-
115. grembo: della Povertà: volle mo- gola, come marinaio che carica la nave
rire sulla nuda terra nella chiesa di S. di bnona merce, accumula tesori per la
Maria degli Angeli, dove si fece tra- vita eterna.
756 [CIELO QUARTO] PAJR. XI. 124-139 [DOMENICANI]

124 Ma il suo peculio di nuova vivanda


è fatto ghiotto, sì ch'esser non puote
che per diversi salti non si spanda;
127 e quanto le sue pecore remote
e vagabonde più da esso vanno,
più tornano all' ovil di latte vote.
130 Ben son quelle che temono il danno
e stringonsi al pastor ma son sì poche,
;

che le cappe fornisce poco panno.


133 Or se le mie parole non son fioche,
se la tua a udienza è stata attenta,
se ciò ch'ho detto alla mente rivoche,
136 in parte fìa la tua voglia contenta j

perchè vedrai la pianta onde si scheggia,


e vedrai il corregger che argomenta,
139 '
IP ben s'impingua, se non si vaneggia '. »
124. peculio: gregge (cfr. Ptw^.XXVTI, 137. si scheggia alcuni intesero ve-
: :

83); i domenicani. - nuova vivanda: ono- drai da qual pianta io levo le schegge,
ri e ricchezze. "cioè intenderai che la corruzione dei
126. salti: lat. saltus', monti selvosi. frati domenicani porse argomento alle
« Deve sbandarsi
fuori dall' ovile o dal mie parole che ti erano tanto oscure.
chiostro in luoghi pericolosi » Corn. ; Altri, e con questi siamo anche noi: Ve-
127. pecore :domenicani Un
i frati drai come e perchè la religione dome-
tale traslato è frequente nei Vangeli; nicana (la pianta) si va assottigliando
cfr. Matt. IX, 36; X, 6, 16; XV, 24 ecc. e perdendo della sua prima bontà. Cfr.
128. da esso dal pastore, o patriarca.
: le parole del Beccaria nella n. sg..
129. di latte vote: prive di ciò con che 138. correggere: Al. lessero: correg-
il

dovrebbero fornire alimento ad altri ; gièr[o], che dovrebbe essere forma paral-
cfr. I Cor. Ili, 2 « Lac vobis potum : lela a cordigliero, e come questa fran-
dedi ». - « Idest, dulci doctrina qua de- cescano, così quella significherebbe do-
berent alere et cibare alios » Benv. ; menicano. Ma dopo le argomentazioni
130-132. Ben son di quelle ecc. Sonvi : specialmente del Beccaria (Di ale. luo-
bensì Domenicani non tralignati, fedeli ghi ecc. 207 sgg.), cui altri aggiunsero
alla regola del fondatore; ma sono così po- buoni rincalzi, s' avrà a ritornare all' in-
chi, che basta poco panno per fornirli finito correggere, e si dovrà, pur col Bec-
tutti di cappe. Dopo avere per 5 vv. (127- caria (cfr. Parodi, Bull. XI, 192), inten-
131) parlato, con metafora continuata, di dere così « Se pertanto io ho parlato
:

pecore, nel 6° verso, conclusivo, lascia chiaro, se tu, o D., mi hai inteso, ve-
la metafora e colpisce, col parlar delle drai onde la pianta dell' Ordine nostro,
cappe esplicitamente i frati. già verde e sana, per il sopravvenuto
133. fioche: dette con voce debole e tarlo [la corruzione dei Domenicani], ora
quindi non bene intelligibili, poiché è dif- scheggiandosi si assottiglia e minaccia
ficile intender bene chi parla con voce fio- di rompersi, ed in conseguenza vedrai
ca. Dunque: se il mio parlare è chiaro '.
'
qual cosa argomenti, od arguisca, o si-
134. audienza: 1' ascoltare, l' atto del- gnifichi il correggere, che io ho fatto, la
l' udire se hai ascoltato attentamente.
; frase assoluta u' ben s' impingua col-
' '

135. rivoche: rivochi, richiami alla l' aggiungervi la clausola ipotetica se '

mente quanto son venuto dicendo. non si vaneggia ». Cfr. Bertoldi, Lect.
'

136. in parte ecc. in ciò che concerne : D., pp. 38 sgg. e 61 sg.
l'uno dei dubbi enunciati più sopra, v. 25. 139. U' ben cfr. Par. X, 96.
:
[CIELO QUARTO] Par. xii. 1-9 [seconda corona] 757

CANTO DECIMOSECONDO
CIELO QUARTO o DEL SOLE
DOTTORI IN FILOSOFIA E TEOLOGIA

SECONDA CORONA DI VIVI SPLENDORI


VITA DI SAN DOMENICO, RIMPROVERO AI FRANCESCANI
BONAVENTURA È I SUOI COMPAGNI

Sì tosto come 1' ultima parola


la benedetta fiamma per dir tolse,
a rotar cominciò la santa mola;
e nel suo giro tutta non si volse
prima eli' un'altra dì cerchio la chiuse,
e moto a moto, e canto a canto colse;
canto che tanto vince nostre Muse,
nostre Sirene in quelle dolci tube,
quanto primo splendor quel ch'ei refuse,
V. 1-21. La seconda corona di vivi sole gira sopra sé « non a modo di vite,
splendori. Non appena San Tommaso ma di mola. »
ha terminato il suo ragionamento, la co- suo giro ecc. non ebbe com-
4-6. e nel :

rona dei beati ricomincia a rotare e su- ; piuto un


intero giro, che un'altra mola,
bito, esternamente, le si aggiunge con- un altro cerchio di vivi splendori, la
centrica un'altra corona di dodici vivi circondò, e accordò (colse) il moto ed il
splendori, la quale le gira intorno dan- canto al moto e al canto della prima.
zando e cantando all'unisono con essa. 7-9. nostre Muse: i nostri poeti; cfr.
Come appaiono due arcobaleni paralleli Par. XV, 26, dove nostra maggior Musa
© concolori, così quelle due ghirlande è chiamato Virgilio. Al. ìe Muse mito- :

di beati volgono concordemente fe-


si logiche. -Sirene: donne che cantino. Al.:
stanti intorno a D. e a B. le Sirene della mitologia. Il concetto è :

2. fiamma: cfr. Par. XIV, 66; XXVI, Di quanto la luce diretta dei sole vince
2. - per dir tolse prese a dire l' ultima
: la luce riflessa della luna o di altro cor-
parola, cioè vaneggia.
'
« Chi piglia
'
po opaco, di tanto quel canto vince per
per nutricare solamente la vita del cor- dolcezza e potenza il più dolce e potente
po, sì perde la vita dell'anima»; Fra canto delle nostre donne « allettataci ir-
Giord., Pred., Ed. Narducci, p. 75. resistibilmente soavi, se alle grazie del
3. mola la ghirlanda di dodici anime
: volto aggiungano per avventura le gra-
beate, detta già « gloriosa rota » Par. ; zie del canto» Bertoldi, Lect. Dantis, 9.
;

X, 145. «Per mola qui non altro deesi in- -dolci tube: propriam. dolci trombe qui ;

tendere che il giro che fa la mola, e su gli spiriti che dolcissimamente cantano.
questo, e non su l' inerte sua inasya, - primo splendor raggio diretto, -refu-
:

cade le comparazione » Monti, Prop.


; se : riflettè. Refondere per riflettere anche
Ili, 1, 140. E neppure avrà D. voluto Par. H, 88. - « Iulia qua ponto longe so-
dire che la velocità con che giravan le natiunda refuso » Virg., Georg. II, 163.
;

anime, fosse quella, grandissima, di una « Saxa fremunt laterique inlisa refundi-
macina. Nel Conv. Ili, 5 si dice che il tur alga»; Virg., Aen. VII, 590.
758 [CIELO quarto] Par. XII. 10-26 [8. BONAVENTURA]

LO Come si volgon per tenera nube


due archi paralleli e concolori,
quando Giunone a sua ancella iube,
13 nascendo di quel d'entro quel di fuori,
a guisa del parlar di quella vaga
ch'amor con suri se come sol vapori ;

16 e fanno qui la gente esser presaga,


per lo patto che Dio con Noè pose,
del mondo che giammai più non si allaga;
19 così di quelle sempiterne rose
volgiensi circa noi le due ghirlande,
e sì l'estrema all' ultima rispose.
22 Poi che il tripudio e l'altra festa grande
sì del cantare e sì del fiammeggiarsi
luce con luce gaudiose e blande
25 insieme a punto e a voler quetàrsi,
pur come gli occhi ch'ai piacer che i move
volgon « nel Purg. XXV, 91 sgg.
10. si : fermato da Dio con Noè (a cui Egli
ilP. accennò in generale alla natura dei come segno della promessa di non alla-
fenomeni lucidi degli aloni e dell' iride ;
gar più la terra mandò l'arcobaleno) si-
qui specialmente a quest'ultima, descri- curamente presagiscano che la terra non
vendola quando ci si presenta più bella in sarà più afflitta dal diluvio; (Gen. IX,
arco duplice e bene determinato » Ant. ; 8 sgg.).
- tenera « sottile, trasparente » Ott.
: ; 19. rose : anime de' due giri concentri-
11. archi i due archi concentrici della
: ci, dette rose, così come
giri ghirlande.
i

doppia iride. - concolori dagli stessi : 20. volgiensi: volgiansi, volgevansi. -


colori circa: intorno.
12. ancella: Iride, figlia di Taumante 21. l'estrema: quella di fuori, l'este-
(cfr. Purg. XXI, messaggera degli
50), riore. - all'ultima: a quella di dentro.
Dei, e specialmente di Giunone. -«Nuntia Al.: all'intima. -rispose: corrispose nel
Iunonis varios Induta colores»; Ovid., moto e nel canto.
Met. I, 270. - « Iuno.... Irim demisit V. 22-30. Il panegirista di San Do-
Olympo»; Yirg., Aeri. IV, 693 sg. -«Irim menico. Cessati insieme danza e canto,
de cselo misit Saturnia Iuno » ibid., V, ; una delle anime delia 2 a ghirlanda, S.
606.-iube: è il lat. iubet comanda. = Bonaventura, francescano (cfr. v. 127),
13. nascendo ecc.: si credeva che l'arco alza la voce per dire le lodi di S. Do-
esterno dell'iride fosse prodotto per ri- menico. All'udire quella voce, D. si ri-
flessione dall' interno, come per rifles- volge subito verso il luogo dond'essaè
sione di voce si genera l'eco. venuta, con la prontezza con che l'ago
14-15. di quella ecc.: della ninfa Eco calamitato si volge alla stella polare.
che fu consunta dall'amore per Narciso 22-23. tripudio: la danza: lat. tripli-
e si ridusse a sole ossa e voce; e quelle dium. - V altra festa grande ecc. del :

dagli Dei furono trasformate in sasso; cantare e del fiammeggiarsi, cioè del
questa rimase, sola parte viva di lei, «rispondere lo splendore dell'ima a lo
ed è Veco: « omnibus auditur; sonus splendore dell'altra, che era segno d'av-
est qui vivit in illa » cfr. Ovid., Met. ; vicendevole carità » Buti. ;

Ili, 339-510. - vaga: vagante, -consun- 24. gaudiose e blande piene di gaudio
:

se constimò, come il sole consuma i va-


: e con espressione carezzevole di alletto.
pori; cfr. Ovid., 1. e. 395 sg. 25-26. insieme a punto ecc. si ferma- :

16-18. e fanno ecc.: gli archi dell'iride rono tutte insieme nello stesso momento
fanno che gli uomini, memori del patto per concorde volere, in quella guisa che
[CIELO QUARTO] Par. xii. 27-42 [S. DOMENICO] 759

conviene insieme chiudere e levarsi )

28 del cor dell' una delle luci nove


si mosse voce, che l'ago alla stella
parer mi fece in volgermi al suo dove ;

31 e cominciò « L'amor che mi fa bella


:

mi tragge a ragionar dell'altro duca,


per cui del mio sì ben ci si favella.
34 Degno è che, dove l'un, l'altro s'induca;
sì che com'elli ad una militaro,
così la gloria loro insieme luca.
37 L'esercito di Cristo, che sì caro
costò a riarmar, dietro alla insegna
si movea tardo, sospeccioso e raro,
40 quando imperador che sempre regna,
lo
provvide alla milizia ch'era in forse,
per sola grazia, non per esser degna;

gli occhi si accordano insieme - e così 34. s'induca: s'introduca, si metta n


conviene, è necessario che sia - nel chiu- campo, si menzioni l' altro dove si ri-
dersi e nell'aprirsi, se li colpisce e muove corda l'uno.
cosa che loro piaccia cfr. Par. XX, 147.
; 35. elli eglino; cfr. Purg. XXII, 127.
:

28. del cor ecc.: dall'interno di una - ad una insieme, in quanto contempo-
:

delle Inci della ghirlanda sopravvenuta. ranei e miranti per differenti vie a uno
29. l'ago: calamitato della bussola. - stesso fine. - militaro: combatterono per
stella: polare: cioè al Nord. sostenere la Chiesa di Cristo.
suo dove al luogo dov'era la lu-
30. al : 36. luca risplenda cfr. Inf. XVI, 66
: :

ce ond'era uscita la voce. Il paragone Matt.Y, 16: « Luceat lux vestra coram ho
con 1' ago della bussola ci fa capire che minibus, ut videant opera vestra bona»
D. non avrebbe potuto non volgersi ver- 37. L'esercito di Cristo il popolo cri :

so il dove della luce nuova che parlava» stiano. - caro « Empti estis pretio ma
:

V. 31-45. Introduzione alla vita di gno » I Cor. VT, 20. - « Eedempti estis.
; .

S. Domenico. Prima di cominciare le pretioso sanguine quasi agni immaculati


lodi di S. Domenico, Bonaventura espo- Christi, et incontaminati »;IPetr. 1,18-19
ne il motivo che lo induce a far ciò. Ca- 38. riarmar : contro i nemici spirituali
rità celeste muove francescano, a
lui, Così più. - all'insegna
i : alla croce, inse
parlare del fondatore dell'Ordine al qua- gna della redenzione.
leappartenne S. Tommaso che ha sì alta- 39. si movea: seguiva l'insegna, cioè
mente celebrate le lodi di S. Francesco, la croce, senza fervore, fiaccamente (tar-
Del resto, avendo i due Santi, ispirati do), dubbioso per dubbi ereticali (sospec-
da Dio che a ciò li aveva predestinati, cioso) e poco numeroso (raro).
militato al medesimo fine di sostenere la 40. lo imperador ecc.: Dio; cfr. Inf. ^,
Chiesa pericolante, è conveniente Che 124. Par. XXV, 41. « Dominus regnabit
dove si fa menzione dell'uno, si menzioni in seternum et ultra »; Exod. XV, 18. -
anche l'altro. « Dominus regnabit in 8Bternum, et in
32. dell'altro duca: di S. Domenico, speculum sseculi » Ps. IX, 37. ;

capo e guida d' una famiglia religiosa. 41. milizia: cristiana; cfr. I Timot. I,
33. per cui ecc. per dimostrar l'eccel-
: 18. -in forse: in dubbio, vacillante nella
lenza del quale si è qui ragionato sì bene fede oppure in pericolo. Ma queste due
;

del patriarca mio S. Francesco; inter- interpretazioni (cfr. Oomm. Lips. Ili,
pretazione conforme a Par. XI, 40-42, 309) si riducono ad una sola, poiché, in
118-120. Per altre intrepr. cfr. Comm. questo caso, chi è in dubbio è insieme
Jjips. Ili, 307 sg. in pericolo.
760 [CIELO QUARTO] Pak. XII. 43-60 [8. DOMENICO]

43 e com'è detto, a sua sposa soccorse


con due campioni, al cui fare, al cui dire
lo popol disviato si raccolse.
46 In quella parte ove surge ad aprire
Zefiro dolce le novelle fronde
che si vede Europa rivestire,
di
49 non molto lungi al percuoter dell'onde
dietro alle quali, per la lunga foga,
lo sol talvolta ad ogni noni si nasconde,
52 siede la fortunata Calaroga,
sotto la protezion del grande scudo
in che soggiace il leoue e soggioga.
55 Dentro vi nacque l'amoroso drudo
della Fede cristiana, il santo atleta
benigno a' suoi ed a' nemici crudo ;

58 e come fu creata, fu repleta


sì la sua mente di viva virtute,
che, nella madre, lei fece profeta.

43-45. com'è detto: Par. XI, 31 sgg. te.Intorno al senso, assai discusso, de' vv.
- Sposa: Chiesa; cfr. Par. X, 140. - 49-51 cfr. Bertoldi, o. e, 45 sg.
;

campioni ecc.: difensori, per l'opera e 52. fortunata per esservi nato San Do-
:

per l' insegnamento dei quali il popolo, menico. - Calaroga: piccola città della
eh' era fuor di strada, si raccorse, cioè Vecchia Castiglia.
si ravvide (cfr. Parodi, Bull. Ili, 154). 53-54. scudo ecc. : l'arme del re di Ca-
Al. a torto intese si radunò ', deri-
'
stiglia è uno scudo dove s'inquartano
vando raccorse da raccogliere. due castelli e due leoni per modo, che
V. 46-105. Vita di S. Domenico. Bo- da una banda il leone resta sotto (sog-
naventura discorre a lungo della vita di giace), dall'altra banda invece resta so-
S. Domenico, descrivendo luogo doveil pra (soggioga) al castello.
nacque, la sua infanzia e sue gesta.
le 55. nacque: nel 1170. - l'amoroso dru-
Per la vita di San Domenico fu per D. do l'amante fido e ardente della Fede,
:

« diretta e quasi unica fonte la leggen- S. Domenico. La voce drudo non aveva
da di Teodorico d'Appoldia: l'ultima e anticamente il cattivo significato che ha
la più ampia di quante ne diede il se- oggi. Conv. II, 16 « Oh dolcissimi e inef-
:

colo xui, composta per volere del set- fabili sembianti.... che nelle dimostra-
timo generale dell'Ordine, Munione di zioni negli occhi della Filosofia apparite,
Zamora, che stimò opportuno riunire in quando essa aili suoi drudi ragiona » !

un sol corpo quanto sin allora era stato 57. a' suoi: a quelli che avevano la
scritto su la vita del gran Patriarca »; sua fede. - a' nemici crudo duro verso :

Bertoldi, o. e, p. 13 e 45. gli avversari della fede cfr. i vv. 97-102: ;

46-48. In quella parte ecc. nella re- : al crudo di questo verso fa riscontro il
gione occidentale dell'Europa, nella pe- duramente del v. 101.
nisola iberica. - Zefiro vento di ponente
: 58. repleta: ripiena; cfr. Inf. XVILT,
chei poeti dicono fecondatore; cfr. Ovid., 24. Purg. XXV, 72. Lue. I, 15. -«Non
Met. I, 64, 107-108. est credendum aliquos alios sanctificatos
49. onde: dell'Oceano Cantabrico, oggi esse in utero de quibus Scriptura mentio-
golfo di Guascogna. nem non facit» Thom. Aq., Sum. theol.
;

50. lunga foga il lungo e rapido corso


: Ili, 27, 6. D. dunque si scosta qui dal-
del sole nel solstizio d'estate. l' opinione di S. Tommaso.
51. talvolta intorno al solstizio d'esta-
: 60. che ecc. che egli, cioè la sua mente
:
[CIELO QUARTO] Pah. xii. 61-73 [S. DOMENICO] 761

GÌ Poi die le sponsalizie far compiute


al sacro fonte intra lui e la Fede,
u 1
sì dotar di mutua salute;
64 la donna che per lui l' assenso diede,
vide nel sonno il mirabile frutto
eh' uscir dovea di lui e delle rede.
E perchè fosse, qual era, in costrutto,
quinci si mosse spirito a nomarlo
del possessivo di cui era tutto.
Domenico fu detto ; e io ne parlo
sì come che Cristo
dell' agricola
elesse all'orto suo per aiutarlo.
Ben parve messo e famigliar di Cristo ;

già piena di viva virtute, rese profeta la Fra Giord., Pred., Ed. Manni, 56, dove
madre, quando ancora era nel seno si continua specificando come il nome
di lei. Dicono che la madre di S. Do- di Cristo di cielo, e come altrettanto
fu
menico, di lui incinta, sognasse di par- fu di S. Stefano, nome che in grecesco
torire un cane bianco e nero, portante in vuol dire corona-, e S. Stefano ebbe co-
bocca una face con cui metteva a fuoco il rona di vergine, corona di martire, co-
mondo « chiari simboli dell'abito [bianco rona di predicatore e corona di gloria.
e nero] e dell'istituto domenicano, e del- 69. possessivo: Dominicus è l'agget-
l'ardore al bene onde il nascituro infiam- tivo possessivo del sost. Dominus. « Do-
merà le genti »; Bertoldi, o. e, 17 sg. minicus denominative dicitur a Domi-
61-63. sponsalizie sponsali, nozze.
: no.... Dominicus non dicitur de bis de
<« Poi che al sacro fonte del battesimo quibus Dominus praedicatur; non enim
si fece sposo della Fede » {Dan.), ed ella consuevit dici quod aliquis homo qui est
die a lui per dote l'assicurazione della dominus, sit dominicus sed illud quod ;

eterna salvezza, ed egli a lei, quasi do- qualitercumque est Domini, dominicum
nazione corrispettiva alla dote, la pro- dicitur; sicut dominica voluntas, vel do-
messa di difenderla e sostenerla (Tor- minica manus, vel dominica passio»;
raca), la donna ecc. Thom. Aq., Sum. theol. Ili, 16, 3. Senso:
64-66. la donna: la madrina che die Dal cielo venne ai genitori l'ispirazione
per lui l'assenso alla fede, vide in so- di nomare il fanciullo Dominicus, eh' è
gno che egli aveva una stella in mezzo possessivo del nome di Colui (Dominus),
alla fronte, segno ch'egli «sarebbe stato, a cui egli interamente apparteneva.
anche ne' suoi degni successori, guida e 71. agricola: latinismo; agricoltore.
lume ai popoli nelle vie della salute » ;
72. orto: Chiesa; cfr. Par. XXVI, 64 sg.
Bertoldi, o. e, 18. -rede: eredi, i frati del- -aiutarlo « o per aiutar l'orto, e varrà
:

l'Ordine da lui fondato; cfr. Par. XI, 112. ripurgarlo o per aiutar Cristo, e varrà
;

67. in costrutto
nella espressione, cioè
: cooperare con esso nella coltura del-
nel nome con cui sarebbe stato desi- l' orto » : Lomb.
gnato. Senso: affinchè il suo nome fosse parve ecc. apparve, si manifestò
73. :

l'espressione vera, appropriata del suo nunzio e famigliare di Cristo. D. non


essere. Cfr. la n. a Purg. XIII, 109 e ; rima il nome di Cristo con altra voce, non
per il senso di costrutto Purg. XXVIII, essendovi idea da pareggiarsi a quella
147 e Par. XXIII, 24. del Kedentore divino. Cfr. Par. XIV, 104
68. quinci: di qui, dal cielo, -spirito: sgg. XIX, 104 sgg. XXXII, 83 sgg.
; ;

ispirazione, venuta ai genitori. « Entro Il D' Ovidio suppose che in tal modo
i nomi molte
volte, anzi spesso, si mo- D. volesse anche fare ammenda AbìVuso
stra Iddio la virtù de' santi ne' nomi sacrilego fatto della voce Cristo nelle
loro, imperò che non sono nomi vani né rime d'un sonetto contro Forese (e an-
posti a tastone, ma per provvedimento che nel Fiore ?) Studii, p. 215 sgg.
'
;

di Dio, sì come iera il nome di Cristo»; N". St. II, pp. 559 sgg. Certo però « la
762 [CIELO quarto] Par. XII. 74-84 [8. DOMENICO]

che il primo amor che in lui fu manifesto,


fu al primo consiglio che die Cristo.
7G Spesse fiate fu tacito e desto
trovato in terra dalla sua nutrice,
come dicesse Io son venuto a questo
:
' '.

79 Oh padre suo veramente Felice !

oh madre sua veramente Giovanna,


se, interpretata, vai come si dice !

82 Non per lo mondo, per cui mos' affanna


diretro ad Ostiense ed a Taddeo,
ma per amor della verace manna
ragione fondamentale sta nel fatto che in ebraico, etimologicamente conside-
un tal nome, al dir dell'Apostolo (Fi- rato, la donna cui Dio è benigno. San Gi-
lip. II, 9), est super omne nomen »; Ber- rolamo interpreta Dominus gratta eius, :

toldi, o. e., p. 48. e nel lessico di Vguccione da Pisa, che


75. consiglio: alla povertà, cioè alla D. conobbe ed usò, le£gesi « Johannes :

professione del primo consiglio dato da interpretatur gratia Domino ;jo idest do-
Cristo, come fondamento della vita per- minus, anna idest gratia unde Johan- ;

fetta; Matt. XIX, 21: « Si vis perfectus nes quasi Johanna. » Cfr. Bull. V, 199.-
esse, vade vende quae habes et da pau-
; se ecc. : Non e' è bisogno di supporre che
peribus, et babebis thesaurum in coelo ; S.Bonaventura si esprima col se perchè
et veni, et sequere me ». Cfr. I, Jo., non sia certo di tal significato ; ma l' ag-
cap. II e le considerai, di Thom. Aq., giunta è necessaria per far capire come
Sum. theol. I, il, 108, 4. - « Illud vero si possa affermare che vei'amente Gcio*
qua potuit districtione prohibuit, nequis vanna fu la madre di S. Domenico, e il

nnquam in suo Ordine possessiones in- se è ipotetico soloapparentemente, quale


duceret temporales, maledictionem Dei molte volte è nella lingua nostra, e intro-
omnipotentis et suam terribiliter impre- duce una proposizione assertiva.
cali s ei qui Praedicatorum Ordinem, quem 82. per lo mondo per acquistarsi beni :

prsecipue paupertatis decorat professio, ed agi mondani. - mo ora. - s' affanna : :

terrense substantise veneno respergere si dura fatica si lavora affannosamente.


;

laboraret » Costantinus, Vita Domini-


; 83. Ostiense: Enrico di Susa n. sul
ci, Durante una carestia Dome-
n.° 45. principio del sec. xiii, vescovo di Siste-
nico vendette tutti 1 suoi libri e ne dette ron, poi arcivescovo di Embran, nel 1261
il prezzo ai poveri, dicendo « Nolo stu- : creato cardinale e vescovo di Ostia, m.
derò super pelles mortuas, et homines 1271, celebre commentatore delle Decre-
moriantur fame»; cfr. Bertoldi, o. e, tali ; Murat., Script. XI, 1153. -Tad-
cfr.
pp. 22 e 50. deo i più (e con questi siamo noi, me-
:

Tenuto a questo: «Ad hoc veni»;


78. mori anche di iura ed aforismi appaiati
Marco I, 38. Senso: Sono venuto al in Par. XI, 4) intendono di Taddeo d' Al-
mondo non a riposare mollemente e dor- derotto, fiorentino (1215M295), medico
mire, ma a vegliare solerte nel mondo celeberrimo ed autore di molte opere
stesso, pago per me di una vita umile e ne' loro tempi e anche di poi famose.
povera. È la prova di ciò eh' è asserito Altri intendono di Taddeo Pepoli, giu-
ne' vv. 74-75. Sono conformi al passo reconsulto bolognese, contemporaneo di
dantesco le parole di Vincenzo di Beu- D.. Gomm.
Lips. III, 319 sg. e Bertoldi,
vais, citate dal Casini « Cum esset ad-: pp. 23 sgg.
o. e.,-
irne puerulus, nondum a nutricis dili- 84. verace manna: cibo spirituale, la
gentia segregatus, deprehensus est saepe vera sapienza (cfr. Purg. XI, 13« quo-
lectum dimittere, quasi iam carnis deli- tidiana manna » Par. II, 11 « il pati de-
;

cias abhorreret, et eligebat potius ad gli angeli »), opposta ai beni materiali,
terram accumbere. » ai quali, sebbene fallaci, gli uomini so-
79. Felice: di nome e di fatto. gliono correr dietro e per amor dei quali
80-81. Giovanna questo nome significa
: studiano iura e aforismi (cfr. n. preced.).
[CIELO QUARTO] Par. xii. 85-99 [S. DOMENICO] 763

85 in picciol tempo gran dottor si feo,


tal che si mise a circuir la vigna

che tosto imbianca, se il vignaio è reo :

SS e alla sedia che fu già benigna


più ai poveri giusti, non per lei,
ma per colui che siede, che traligna,
91 non dispensare o due o tre per sei,
non la fortuna di prima vacante,
non decimas, quce sunt paupernm Dei,
94 addimandò ma contro al mondo errante
;

licenza di combatter per lo seme


del qual ti fascian ventiquattro piante.
97 Poi con dottrina e con volere insieme
con V officio apostolico si mosse,
quasi torrente ch'alta vena preme,

85. gran dottor: cfr. Par. XI, 38 sg. quattro piante che in due concentriche
86. circuir:«girare intorno per guar- ghirlande ti circondano » Oorn. - Nel
;

dia e coltura » Tom. - vigna la Chiesa


;
:
;
1215 Domenico chiese l'approvazione del
cfr. Isaia, V, 1, 3, 4; XXVII, 2. Gerem. suo ordine. Mail Concilio Laterano proibì
II, 21. Matt. XX, 1 sgg. « Tutti siamo la fondazione di nuovi Ordini religiosi.
tramiti e ramora d'una vite, cioè della vi- Si dice che, su ripetute istanze e pre-
gna della Santa Ecclesia, tutti i Cristia- ghiere di Domenico e di altri per lui, In-
ni»; Fra Giord., Fred., Ed. Moreni, 1, 89. nocenzo III confermasse ciò non ostante
87. tosto imbianca: perde rapidamente l'Ordine, ma solo a viva voce. Eu poi
il suo verde, si secca. - vignaio: il pa- confermato solennemente da Onorio III,
store della Chiesa. - reo: di pigrizia, di nel 1216. - seme: la fede; cfr. Matt.
negligenza, o d' altro vizio. XIII, 24, ecc. - ti fasciali ventiquattro
88. sedia: pontificia. Domenico andò piante: benché per queste 24 piante gli
a Roma nel 1205. ant. intendano quasi unanimi i libri del
89-90. più: che non sia al presente. - Vecchio Testamento (cfr. Purg. XXIX,
non per lei ecc.: per colpa non della sedia 82 sgg.), devesi evidentemente stare con
(cioè della dignità per sé stessa), ma di Benv., che scrive: « idest, cuias semi-
colui che la tiene, cioè del pontefice, il nis fidei XXIV floridi doctores cingunt
quale non esercita più. il suo ministero te». Cfr. Par. X, 91 sg.
di carità come dovrebbe. 97. Poi: dal 1205, nel qual anno andò
non: non addimandò (v. 94) cioè
91. a Roma sino al 1214 Domenico si adope-
non chiese facoltà di dare 2 o 3 per gua- rò per convertire gli Albigesi, opera, per
dagnare 6. Oppure: «non domandò di- quel che riguarda S. Domenico personal-
spensazione di dare 2 o 3, quando doveva mente, « energica, sì, e instancabile, ma
dare 6, imperò che molti sono che ciò ad- di persuasione, di purificazione, inconta-
domandano »; Lari. Cfr. Oonv. IV, 27; minata di sangue, giacché nella terribile
92. di prima vacante non domandò le
: crociata condotta da Simone di Montfort
rendite del primo beneficio vacante. e dai Cistercensi contro quegli eretici....
93. non decimas ecc.: non domandò le egli, Domenico, non ebbe parte alcuna,
decime, che sono dei poveri del Signore, se lo troviamo soltanto, nell' ora della
e ad essi vanno distribuite. « Decimae celebre battaglia di Muret, il 12 settem-
debent cedere in subventionem paupe- bre del 1213, in una chiesa a pregare »;
rum per dispensationem clericorum » ;
Bertoldi, o. e, p. 25.
Thom. Aq. II, ir, 87, 4. 98. con l'officio apostolico: con l'au-
94-9G. ma contro ecc. « ma dimandò
: torità conferitagli da Innocenzo III; il
facoltà di combattere per la fede, che è il che non è del tutto esatto: cfr. n. 94-96.
seme del quale nacquero queste venti- 99. quasi torrente ecc. « quasi fiume
:
764 [CIELO QUARTO] PAR. XII. 100-113 [francescani]

100 e negli sterpi eretici percosse


l'impeto suo, più vivamente quivi
dove le resistenze eran più grosse.
103 Di lui si fecer poi diversi rivi,
onde l' orto cattolico si riga,
sì che i suoi arbuscelli stan più vivi.
106 Se tal fu 1' una rota della biga
in che la Santa Chiesa si difese,
e vinse in campo la sua ci vii briga,
109 ben ti dovrebbe assai esser palese
l'eccellenza dell'altra, di cui Tomma
dinanzi al mio venir fu sì cortese.
112 Ma l' orbita che fé' la parte somma
di sua circonferenza, è derelitta,

che scende di monte, che vena d' acqua, deplorare il tralignare de' suoi France-
che vegna d'alto, spinga: quando la vena scani. Pochi sono ancora, egli dice, i fe-
dell' acqua del fiume viene d' alto, allora deli alla regola, ma questi non vengo-
corre più rapidamente e più fortemen- no nò da Casale né da Aoquasparta. In
te »; Buti. Isaia LIX, 19: « Venerit una lettera circolare di S. Bonaventura
quasi fluvius violentus, quem spiritus del 5 aprile 1257 (Wadding, ad an. 1257,
Domini cogit». Cfr. Virg.,Aen. II, 305 sg. n. 10) leggiamo press' a poco le stesse
100. sterpi eretici: cfr. Inf. XIII, 37. lagnanze.
Purg. XIV, 95. « Nota che li cattolici sono 106-107. l'una ruota: S. Domenico. -
arbori fruttuosi, li eretici sono sterpi pun- biga carro a 2 ruote cfr. Purg. XXIX,
: ;

genti e venenosi»; Ott. Cfr. Qiov. XVI, 2. 107. « Gli antichi duci guerreggiavan sui
101. quivi: nella Provenza, anzi tntto carri [a 2 ruote] ;ed anche la S. Chiesa
nel distretto di Tolosa, nel quale più che doveva alla maniera de' capitani scen-
altrove fiorivano gli Albigesi. dere a combattere sopra un mistico car-
103. diversi rivi: avendo paragonato ro, di cui formavano le ruote S. Dom. e
a un torrente S. Domenico, chiama rivi i S. Frane. » Betti. ;

suoi seguaci. Domenico morì il 6 agosto 108. civil briga: guerra per l'eresia;
del 1221 E i diversi rivi sono forse i tre
. guerra - così il Bertoldi - « che i suoi
Ordini domenicani i Predicatori, le Do-
: figliuoli le avevano mossa » e alla quale ;

menicane, e il così detto Terz' ordine. perciò s'addice ì'epiteto di '


civile '
; cfr.
104. l'orto: la Chiesa cfr. v. 72 e Cani.
; Purg. XVI, 117.
Gantic. IV, 12 V, 1. Luca XIII, 19.
; 110. dell'altra: ruota, cioè di S. Fran-
105. arbuscelli tali sono i fedeli alla
: cesco. - Tomma: Tommaso d'Aquino.
Chiesa in opposizione agli sterpi del 111. venir: apparirti. -cortese: facen-
v. 100. - più vivi più ferventi nella fede.
: done alti elogi.
V. 106-126. La degenerazione dei 112-113. l'orbita ecc. la traccia circo- :

Francescani, Fatto breve ma efficace


il lare che la parte somma della circonfe-
panegirico di S. Domenico, Bonaventura renza della ruota segnò, cioè il solco se-
ne inferisce l' eccellenza di San Fran- gnato da S. Francesco, è abbandonato.
cesco poiché, se Domenico fu una delle
;
Tale par bene che debba essere il senso ;

ruote del carro sopra il quale la Chiesa ma l'espressione non è certo, quanto a
combattè la civil briga (l'eresia) e que- chiarezza, delle più felici. E una certa
sta ruota fu di tanta eccellenza, l'altra oscurità e incertezza rimane nella inter-
non fu certo da meno: argomentazione pretazione letterale di tutti questi vv. re-
simile a quella di S. Tommaso, Par. XI, lativi alla corrutela francescana, ne'quah
118 sgg. E comò S. Tommaso continuava S. Bonaventura parla per via di imma-
lagnandosi della corruzione de' suoi Do- gini, e passa, pur non mutando argo-
menicani, così S. Bonaventura passa a mento, rapidamente da una ad altra.
[CIELO QUARTO] Par. xii. 114-126 [francescani] 765

sì eh' è la muffa dov' era la gromma.


115
La sua si mosse dritta
famiglia, che
coi piedi alle sue orme, è tanto volta,
che quel dinanzi a quel diretro gitta;
118 e tostosi vedrà della ricolta

della mala coltura, quando il loglio


si lagnerà che l'arca gli sia tolta.
121 Ben dico, chi cercasse a foglio a foglio
nostro volume, ancor troverìa carta
u' leggerebbe Io mi son quel eh' io soglio
: '
;

124 ma non da Casal, né d'Acquasparta,


fìa

là onde vegnon tali alla scrittura,


eh' uno la fugge ed altro la coarta.

114. la muffa ecc. : è il male dove pri- mento (?) ». Altri altrimenti. Il Tocco,
ma era il bene. - Le botti, se sono state p. es., credette non improbabile che D.
riempite di buon vino, fanno la gromma; « accenni ai decreti del Concilio di Vien-
ma se questo sia tolto e non si abbia cura na, ebe prescrissero Yuso povero, e quindi
di esse, formano la muffa. condannarono quelle riserve che il loglio
115. famiglia: i Francescani. o la parte rilasciata soleva accumulare
117. quel dinanzi ecc. si può inten- : nei granai e nelle cantine » {Bull. VI,
dere : cammina ponendo le punte de' pie- 124) ma cfr. Bertoldi, o. e. 33 sg. e 59 sg.
; ,

di dove Francesco e i suoi primitivi se- 121. a foglio a foglio: i frati ad uno
guaci ponevano le calcagna, tanto è la ad uno. Ilvolume è l'Ordine, i fogli i

sua famiglia svolta dal diritto cammi- frati. Cfr. Par. XI, 130-132.
no. Cfr. però su questo verso che per l'in- 122. carta: frate.
determinatezza delle espressioni quel '
123. Io ecc. : io sono quale debbo es-
dinanzi '
e '
quel diretro '
lascia aperto sere, fedele
principii della regola,
ai
l'adito a interpretazioni varie, Bull. I, come solevano essere tutti i primitivi se-
97 sg. XXHI, 60 XXV, 70 e Filo-
; ; ;
guaci di S. Francesco.
musi Guelfi, Studii su I)., Città di Ca- 124. da Casal da Casale nel Monfer-
:

stello, 1908, pp. 481 sgg. rato, onde venne quel fra Ubertino, che
118. si vedrà: si vedrà presto quale nel capitolo generale del 1310 si fece
eia frutto della mala coltivazione. Il
il capo dei zelanti per stringere soverchia-
P. allude qui alle discordie insorte e lun- mente la regola, e finì poi con l'essere
gamente durate nell'Ordine dei France- costretto ad abbandonar l'ordine; cfr.
scani tra gli Spirituali (che si separarono Cosmo in Giom. Dant., VII, 63 sgg. e
poi dai Francescani e dalla Chiesa, e si Tocco in Bull. XI, 241 sgg. - d'Acqua-
costituirono in setta), i quali volevano sparta: nel contado di Todi, donde ven-
interpretare e attuare con soverchio ri- ne Matteo Bentivenga che rilassò la re-
gore la regola francescana, e i Conven- gola e fu Ministro generale e poi car-
tuali, che nella pratica volevano tem- dinale. Sulle sue missioni a Firenze
perata un po' l' eroica austerità e seve- quale pacificatore, - missioni non riu-
rità di essa regola. scite - nel 1300 e nel 1301 cfr. G.Vill.
119-120. il loglio ecc. con ogni pro- : Vili, 40, 49. « Si deve ricordare che chi
babilità si allude agli Spirituali intran- parla è S. Bonaventura, il quale successe
sigenti, discacciati dall'arca della Chiesa a fra Giovanni da Parma, e tenne una
con due bolle del die. 1317 e genn. 1318 via di mezzo tra gli esaltati da una parte
da Giovanni XXII. Invece il Com. stra- e i rilasciati dall'altra. A questa via di
namente: « [l'ordine francescano] pa- mezzo D. fa plauso»; Tocco, Bull. VI, 124.
gherà il fio, perchè all'ordine tralignato 125. alla scrittura: alla regola scritta
che mal coltiva la vigna del Signore il di S. Francesco.
popolo cristiano non gli farà quelle ele- 126. l'un quel d'Acquasparta fugge
:

mosine, onde egli trae il suo manteni- la regola, sembrandogli troppo rigida;
766 [CIELO quarto] Pah. XII. 127-138 [SPIRITI BEATI]

127 Io son la vita di Bonaventura


da Bagnoregio, che ne' grandi oi'iici
sempre pospuosi la sinistra cura.
130 Illuminato e Augustin son quici,
che fuor de' primi scalzi poverelli
che nel capestro a Dio si fero amici.
133 Ugo da San Vittore è qui con elli
e Pietro Mangiadore e Pietro Ispano,
lo qual giù luce in dodici libelli ;

136 Natan profeta e '1 metropolitano


Crisostomo ed Anselmo e quel Donato
ch'alia prim'arte degnò por la mano ;

quel dal Casale invece la coarta (lat. sul principio del sec. xn, fu Decano della
coarctat), cioè la rende ancor più stretta. Cattedrale di Troyes e dal 1164 in poi
V. 127-145. Oli spiriti beati della cancelliere dell'università di Parigi: si
3a ghirlanda. Senz'aspettare di esser- ritirò quindi nell'abazia di S. Yittore, e vi
ne richiesto, Bonaventura nomina sé e morì nel 1179. La sua opera principale è
i suoi compagni del cerchio esterno. la Hi8toria scholastica. -Pietro Ispano:
127. la vita: l'anima; cfr. Par. IX, Pietro di Giuliano da Lisbona. N. verso
7. - Bonaventura : il Doctor seraphicus il 1226, fu prima medico (e avrebbe in-

Giovanni Fidanza, n. 1221 a Bagnoregio, segnato medicina nello studio di Siena),


oggi Bagnorea, presso il lago di Bolsena, poi teologo, cardinale ed arcivescovo di
entrato nell' Ordine dei Francescani nel Braga, eletto papa nel 1276 (Giovanni
1243, eletto nel 1256 Ministro Generale XXI), m. 20 maggio 1277 a Viterbo sotto
dell'Ordine, nel 1272 cardinale e vescovo le rovine di una casa. Dettò, tra altre
di Albano, m. 15 luglio 1274 a Lione, au- opere, le celebri Summulce logicales, alle
tore di molte opere teologiche. Fu il Pla- quali si allude nel verso sg. Cfr. Bull.
tone degli scolastici. VII, 269 e Vili, 262.
129. sinistra cura cura delle cose tem-
: 135. giù: nel mondo. -luce: risplende
porali. « Sapientia pertinet ad dextram, per fama. - dodici libelli: i 12 libri delle
sicut et cantera spiritualia bona tempo-
;
Summulce logicales.
rale autem nutrimentum adsinistram»; 136. Natan:il profeta ebreo che ebbe

Thom. Aq., Sum. theol. II, 11, 102, 4. il coraggio di rampognare il re Davide
130. Illuminato: da Rieti, uno dei pri- per il suo peccato; cfr. II Peg. XII, 1
mi seguaci di S. Francesco e suo compa- sgg. Ili Peg. I, 34. È qui nominato ac-
gno in Oriente. - Augustin: anche co- canto a Crisostomo, perchè ambedue dis-
stui fu uno dei primi seguaci di S. Fran- sero verità amare ai grandi della terra.
cesco, eletto Ministro dell' Ordine in 137-138. Crisostomo: Giovanni d'An-
Terra di Lavoro nel 1216. - quicì qui. : tiochia, detto Crisostomo (= bocca d'oro)
132. nel capestro: cingendosi del cor- per la sua aurea eloquenza. N. da nobile
done francescano. famiglia verso il 347 in Antiochia fu pre-
133. Ugo da San yittore celebre teolo-
: sbitero nel 386, patriarca (= metropoli-
go mistico. 1ST. verso il 1097 presso Ipres tano) di Costantinopoli nel 398, m. nel
in Fiandra, visse sino al 1115 nel con- 407 in esilio nella chiesa di Basilisco
vento di Humersleben presso Magde- presso Cornano nel Ponto. Fu uno dei
burgo; fu quindi canonico regolare in più eloquenti Padri della Chiesa greca
San Vittore di Parigi, e vi morì 111 feb- e de' campioni pia animosi del cristiane-
braio 1141. Thom. Aq., Sum. theol. II, simo. - Anselmo arcivescovo di Canter-
:

li, 5, 1 « Dieta Hugonis de Sancto Vic-


: bury, il celebre autore del Cur Deus
tore magistralia sunt et robur auctorita- homo? e di altre opere teologiche, n. in
tis habent ». Aosta verso il 1033, monaco di Bec nel
134. Pietro Mangiadore Petrus Come-
: 1060, abate nel 1078, arcivescovo nel 1093,
stor, teologo francese, che, n. in Troyes m. 21 aprile 1109. - Donato Elio Dona-
:
[CIELO QUARTO] Par. xii. 139-145 [spiriti beati] 767

139 Rabano è qui ; e lucemi da lato


il calavrese abate Gioacchino,
Mff tU*y^uuau\ ,*V&*jJ*t
di spirito profetico dotato.
142 Ad in veggi ar cotanto paladino fSH ». 4%l c|.4. cu^>

mi mosse la infiammata cortesia


di fra Tommaso e '1 discreto latino
145 e mosse meco questa compagnia. »
sul mezzo del sec. IV, insegnò
to, fiorito eh 'è in esso implicito, di dir bene, loda-
a Roma, fu maestro di S. Girolamo e re, esaltare, cosìcome nell' invidiare in
grammatico celeberrimo. Dettò un libro senso cattivo ò implicito quello di bia-
di elementi grammaticali che fu per più. simare, denigrare. Il senso perciò, con-
secoli in uso nelle scuole, e commentò venientissimo al contesto, sarebbe Ad :
'

:
Terenzio e Virgilio. - prim'arte: la gram- encomiare sì grande paladino, quale fu
matica, l a delle 7 « scienze del trivio e S. Domenico, mi mosse la cortesia, ar-
del quadrivio, cioè Grammatica, Dialet- dente di celeste carità, di Era Tommaso e
tica, Rettorica, Arismetica, Musica, Geo- il suo discreto parlare. - Ma non voglia-

metria e Astrologia»; Conv. II, 14. mo tacere che, ad evitare la riduzione


139. Rabano: Rabano Mauro, n. 776 a or detta, che apparisce un po' sforzata,
Magonza, allievo del monastero di Ful- del senso d' invidiare in buona parte o
da, del quale fu eletto abate neir822, ar- emulare, altri suppose che cotanto pala-
civescovo di Magonza nell'847, m. 856. dino sia lo stesso Fra Tommaso oppure •

; Scrisse parecchie opere teologiche, tra le l'abbate Gioacchino, emulato da S. Bo-


;
quali commenti a più libri della Bibbia, naventura nel profetare la riforma degli
! sermoni, poesie ecc. - da lato a sinistra.
: ordini religiosi; mentre per alcuni co-
140. calabrese o calavrese, che gli an-
: tanto paladino equivarrebbe a la gran- '

!
tichi dicevano anche Calavra per Cala- dezza di questo paladino, di S. Domeni-
I bria; cfr. G. Vili. Ili, 4. Gioacchino da co e cotanto paladino dovrebbe essere
'
;

|
Ceiico in Calabria, n. verso il 1130, prima il soggetto di mi mosse, mentre V infiam-

j
cistercense, poi fondatore di un nuovo mata cortesia e il discreto latino sareb-
ordine di cui egli fu il primo capo nel- bero oggetti di inveggiare. Cfr. Bertoldi,
!
l'abbazia di Fiore nel cuor della Sila. o. e, 37 Bull. XXIII, 142 Giom.Dant.
; ;

;
Scrisse numerose opere bibliche, di cui XXIII, 222 sg. - paladino paladini (co- :

! una delle più famose è il commento al- mites palatini) furono detti i dodici baro-
I l'Apocalisse ed ebbe fama di profeta.
; ni, delle cui gesta sono pieni i romanzi
\ Morì nel 1202. Dante e Calabria, 2 a ediz. del cielo carolingio, che stavano intorno
I Città di Castello, 1911. Tocco, L'eresia a Carlo Magno; quali Orlando, Ulivieri,
1

nel M. E., 261 sgg. Turpino ecc., fior fiore di valore e cor-
142-144. Ad inveggiar molto discusso
: tesia. Paladino è chiamato qui S. Do-
<
è il senso di questi versi. Nel Purg. menico (o S. Tommaso o l'abbate Gioac-
VI, 20, si ha inveggia per invidia, e chino) come uno de' principi nella corte
qui inveggiar leggono quasi tutti, e sarà del cielo. Molti però, specie intendendo
da intendere invidiare, ma, come Ven- di S. Domenico, interpretarono paladino
vejar provenzale, invidiare in buona come' campione'; cfr.vv.43sg. e 97 sgg.
parte. Al. intende rinnovare la memoria; cortesia nel fare l'elogio di S. Francesco.
:

altri manifestare e lodare. In realtà lo 144. fra Tommaso fu canonizzato nel


:

I inneggiar che ci danno i codd. po- 1323, due anni dopo la morte di D. In
i trebb' essere un semplice sbaglio di let- Conv. IV, 30 D. lo chiama il buono fra
tura per inneggiar, lezione che ren- Tomnaso d' Aquino. - discreto retto, :

derebbe il testo chiarissimo e che è giudizioso, -latino: cfr. Par. XVII, 35.
ì caldeggiata dal Bertoldi (p. 37); ma la Il discreto latino è il discorso in lode di
> quasi unanimità dei testi e comm. an- S. Francesco {Par. XI, 43-117), fatto
tichi induce a tener fede alla lez. in- con retto discernimonte.
i veggiar, e a starsene alla prima inter- 145. mosse: al tripudio e al canto
' '

t prefazione, ancorché il senso d'invidiare di che è parola nei vv. 1-9. - questa com-
I in buona parte sia da ridurre a quello, pagnia: gli altri miei undici compagni.
768 [CIELO (-2UAKTOJ L'AK. xai. 1-10 [DANZE E CANJij

CANTO DECIMOTERZO
CIELO QUARTO o DEL SOLE
DOTTORI IN FILOSOFIA E TEOLOGIA

NUOVA DANZA E NUOVO CANTO


SAPERE DI SALOMONE, DI ADAMO E DI CRISTO
IL
LEGGEREZZA UMANA NEL GIUDICARE DI COSE ANCO PROFONDE
E IN ISPECIE DELLA SORTE OLTREMONDANA

Imagini chi bene intender cupe


quel ch'i' or vidi - e ritegna l'iniage,
mentre ch'io dico, come ferma rupe -,
quindici stelle che 'n diverse plage
lo cieloavvivan di tanto sereno,
che soperchia dell'aere ogni compage ;

imagini quel Carro a cui il seno


basta del nostro cielo e notte e giorno,
sì ch'ai volger del temo non vien meno ;

10 imagini la bocca di quel corno


V. 1-30. Danze e canti in miova 3. come ferma rupe; cfr. Purg. V, 14 :

maniera .Tosto che Bonaventura ha « sta come torre ferma ».


finito il suo discorso, i 24 spiriti for- 4. stelle: di prima grandezza, i raggi
manti le 2 ghirlande di viventi luci delle quali son cosi luminosi, che pas-
ritornano alla danza e al canto. Perchè sano l'aria anche se densa. - plage lat. :

il lettore si possa figurare in qualche plagce; plaghe, regioni del cielo.


modo la forma e la bellezza dei due ce- 5. sereno: chiarezza luminosa.
lesti drappelli, il P. lo invita a riunire 6. compage : lat. compages ; densità.
nella propria immaginazione con le 7 « In nubem cogitur aer » ; Yirg., Aen.
stelle dell'Orsa maggiore le 2 più grandi V, 20. Cfr. Nannucci, Nomi, 76 sg.
dell'Orsa minore e 15 altre delle più splen- 7-8. Carro ecc.: le 7 stelle del Carro
denti stelle del cielo a immaginare poi
; di Boote, ossia dell'Orsa maggiore, che
che queste 24 formino in cielo 2
stelle compiono il loro giro intorno alla terra
costellazioni simili alla corona d'Arian- restando sempre nell'emisfero celeste a
na, concentriche e giranti insieme se : noi visibile (il seno del nostro cielo); cfr.
questo farà, il lettore avrà una qualche JBoet., Cons. phil. IV, metr. 6.
idea di quelle due ghirlande di spiriti. Ma 9. temo timone; cfr. Purg. XXII, 119;
:

appena una qualche idea; poiché la bel- XXXII, 49, 140, Par. XXXI, 124.- non
lezza delle due ghirlande e la vaghezza vien meno: non si toglie alla vista no-
della loro danza superano immensamente stra, giacché si aggira intorno alla stella
ogni cosa di questo genere che siamo usi polare così da v vicino, che le sue stelle
vedere qui in terra. restano tutte e di notte e di giorno so-
1. cupe: desidera, brama; lat. cupit. pra l'orizzonte.
2. image: imagine cfr. Purg. XXV, 26.
; 10-12. la bocca di quel corno: le 2 ul-
[CIELO QUARTO] Par. xiii. 11-27 [danze e canti] 769

che si comincia in punta dello stelo


a cui la prima rota va dintorno,
13 aver fatto di sé due segni in cielo,
qual fece la figliuola di Minoi
allora che sentì di morte il gelo ;

16 e l'un nell'altro aver li raggi suoi,


e amendue girarsi per maniera,
che l'uno andasse al prima e l'altro al poi;
10 e avrà quasi l'ombra della vera
costellazione e della doppia danza
che circulava il punto dov' io era ;

09
poi eh' è tanto di là da nostra usanza,
quanto di là dal muover della Chiana
si muove
il ciel che tutti gli altri avanza.

Lì sicantò non Bacco, non Peana,


ma tre Persone in divina natura,
ed in una persona essa e 1' umana.

tirae stelle dell'Orsa minore, assoraiglia- tendono la curiosa espressione diversa-


bile anche a un corno ricurvo di cui mente.
quelle sarebbero l' estremità più lar- 19-21. avrà quasi ecc. : in questa im-
ga, o bocca, mentre l'estremità più stret- magine il lettore avrà press 'a poco la fi-

ta, che si può dire principio del corno, gura delle due corone di spiriti solo ;

è la stella polare, che è insieme una delle press'a poco avendo gli spiriti lucentezza
estremità dell'asse celeste {punta dello assai maggiore di quella delle più lucide
stelo) intorno a cui si aggira la prima stelle e danzando con sì mirabile ritmo
rota, cioè il cielo defle stelle fisse. e movenze quali non possiamo attribuire
aver ecc. immagini il lettore che
18. : con la fantasia nostra alle due corone di
queste 24 stelle formino in cielo due co- stelle che il P. ci ha invitato a immagi-
stellazioni, ciascuna di 12 stelle dispo- nare entro di noi. -della vera realmente
:

ste a cerchio. - segni costellazioni cfr.


: ; veduta da esse in cielo, -doppia: delle
Virg., Georg. I, 354. due ghirlande di lumi. - circulava ecc.:
14. figliuola ecc. Arianna (cfr. Inf.
: girava intorno al punto nel quale io stava.
XII, 20), la cui ghirlanda di fiori fu mu- 22-24. di là ecc. superiore ad ogni
:

tata in una costellazione da Bacco, che uso umano. - Chiana fiume di Toscana
:

confortò la misera, allorché Teseo, che il cui corso, ai tempi di D. era lentissi-

ella aveva aiutato nell'impresa di ucci- mo; cfr. Bass. 299. - il ciel: il Primo
dere il Minotauro, l'ebbe abbandonata ;
Mobile, il cielo velocissimo (Par. XXVII,
cfr. Ovid., Met. Vili, 174 sgg. Fast. V, 99) cfr. Purg. XXXIII, 90. Conv. II, 4.
;

345. - Minoi Minosse (cfr. Inf. V, 4 sgg.;


: 25-27. Peana: inno in onore di Apollo.
XIII, 96). Minoi antic. anche in prosa; Cfr. Virg., Georg. II, 2, 243. Aen. VI, 657.
forma derivata dai casi obliqui cfr. ;
- tre Persone ecc. il mistero della Tri-
:

Bull. Ili, 107. nità e quello dell'Incarnazione; la co-


16-18. e l'un ecc.: e che i detti due noscenza dei quali hanno i beati, e in
segni, o costellazioni, formino due ghir- ciò sta la loro perfecta beatitudo : essi
lande concentriche, aggirantisi in sensi vedono ipsam essentiam Primce Causce;
contrari. - al prima Al. al primo al
: : ; cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, li. 3 e 8.
pria. « Espressione oscura di signif. dub- - persona: Al.: sustanzia: lez. erronea;
bio, comunque si legga. Dante vuol dire insegnando la Chiesa che le due nature,
che due corone concentriche formate di divina ed umana, furono unite in Cristo
stelle, girano oppositamente, l'una in- non in una sostanza, ma in una persona.
nanzi, l'altra indietro » Blanc. Al. in-
; Cfr. Purg.XXXI, 84. Moore, Crii., 463 sg.

40. 7>?V Comm., 8 a ediz.


770 [ci ei.o quarto] Par. xiii. 2 [SALOMON j;J

28 Compiè il cantare e il volger sua misura ;

e afrtesersi a noi quei santi lumi,


felicitando so di cura in cura.
::i
Ruppe il silenzio ne' concordi numi
poscia la luce in che mirabil vita
del poverel di Dio narrata fumi,
e disse « Quando l' una paglia è trita,
:

quando la sua semenza è già riposta,


a batter l'altra dolce amor m'invita.
37 Tu credi che nel petto onde la costa
si trasse per formar la bella guancia
il cui palato a tutto il mondo costa,
-10
ed in quel che, forato dalla lancia,
e poscia e prima tanto satisfece,
che d' ogni colpa vince la bilancia,

28. Compiè ecc. terminaronsi i canti e le


: glierti l'altro. «Come non si trae il seme
danze. - sua misura il giusto loro tempo. : della paglia, cioè della spiga, se non si
29. attesersi a noi: si fermarono a guar- trita bene così non si trae il vero ascoso
;

dare me e B. cfr. Inf. XVI, 13.


; tra molti falsi, se con somma diligenza
30. felicitando sé: allietandosi, ralle- non si batte e scuote » Land. ;

grandosi. -di cura in cura: nel passare 37-39. nel petto ecc. in Adamo, d' una
:

dalla cura del danzare e cantare a quella cui costa fu formata Eva cfr. Gen. II, ;

dell'attendere a noi, opera di carità. 21, Par. XXXII, 5. -guancia: di


22.
V. 31-111. Il sapere di Salomone, di Eva, che mangiò, del frutto proibito e
A.damo e di Cristo. « A veder tanto non ne diede anche ad Adamo; cfr. Gen.
surse, il secondo » aveva detto S. Tom- Ili, 6. - il cui pallto ecc. essendo stata :

maso di Salomone, Par. X, 114. Questa la gustazione del frutto proibito, osata
parola, intesa alla lettera, aveva fatto da Eva, cagione dei mali dell' umanità ;

nascere un dubbio nella mente di D. cfr. Purg. XXIX, 24 sgg.


(cfr. Par. XI, 26), parendogli che la sa- 40. ed in quel ecc. : e nel petto di Cri-
pienza di Adamo e la sapienza di Cristo sto. -forato: «Unus militum lancea la-
dovessero essere più profonde che non tus eius aperuit»; Giov. XIX, 34.
quella dell'antico re d'Israele. S. Tom- 4Ì. e poscia e prima « Poi che fu forato
:

maso scioglie il dubbio. « Più sapienti discendendo al Limbo a trarne i santi


di Salomone, anzi di ogni uomo », egli Padri; e prima che forato fosse, perii
dice « furono veramente, e doverono es- gravi incommodi soffèrti al mondo trenta-
sere, Adamo e Cristo (e di ciò assegna tré anni che visse»; Veli, con altri prima
le ragioni con lungo e non facile ragio- e dopo di lui. Al. Die' con la sua pas-
:

namento) ma la mia sentenza dice che


; sione e morte soddisfazione all'Eterna
Salomone fu il più sapiente non di tutti Giustizia e per il tempo passato e per
gli uomini, ma solo dei re, come dimo- il futuro. E questa ci pare l' interpreta-
stra il verbo surse, che allude alla ele- zione giusta, perchè tien veramente conto
vata condizione regale. e del modo in che si compiè la Reden-
31. numi dei chiama così i Beati, per-
: ; zione (passione e morte di Cr.) e di tutto
chè sono come Dii, Par. V, 123. il valore ch'essa ebbe per l'umanità, e
32-33. la luce ecc. S. Tommaso, che
: perchè meglio si accorda col v. 42.
aveva narrato la maravigliosa vita di 42. vince Al. vinse; Cristo soddisfece
: :

S. Francesco. una volta per sempre; e tale soddisfazione


Quando ecc. dopo avere sciolto
34-36. : vince continuamente, fa col suo peso
l'uno de tuoi dubbii (Par. XI, 25 sgg. grandissimo alzare il piatto della bilan-
133 sgg.), l'amor celeste m'induce a scio- cia in cui stanno tutte le colpe umane.
[CIELO QUARTO] Par. xiii. 43-57 [SALOMONE] 771

quantunque alla natura umana lece


aver di lume, tutto fosse infuso
da quel valor che l'uno e l'altro fece;
46 e però ammiri ciò ch'io dissi suso,
quando narrai che non ebbe il secondo
lo ben che nella quinta luce è chiuso.
49 Or apri gli occhi a quel eh' io ti rispondo ;

tuo credere e
e vedrai il mio dire '1

nel vero farsi come centro in tondo.


Ciò che non more e ciò che può morire
non non splendor di quella Idea
è se
amando, il nostro Sire;
che partorisce,
che quella viva Luce che sì mea
dal suo Lucente, che non si disuna
da lui, né dall'Amor che a lor s'intrea,
I 43 44. quantunque ecc.: quanto lume di che delle cose ci formiamo accogliendole
scienza può essere Dell' umana natura. dal di fuori, ma addirittura generato,
45. valor: potenza divina che creò im- anzi partorito da Dio stesso, in quanto
mediatamente Adamo e Cristo. che ciò di cui l' intelletto di Dio ha Idea
46. ammiri maravigli di ciò.
ciò: ti e 1' atto per cui questa Idea è da Lui ve-
*-suso: di sopra, Par. X, 112 sgg. duta e intesa, son cose tutte intrinseche
48. il ben ecc.: Salomone; Par. X, 109. e consustanziali a Dio stesso; donde il
; 49. apri gli occhi ecc. « della ragione
: nome di Figlio dato al Verbo o Idea di
e dello intelletto » (Buti) per intender Dio, e quello di Padre a Dio che lo ge-
.bene la mia risposta. nera e partorisce. Ma Dio vedendo e in-
51. nel vero: « e vedrai ciò che tu tendendo se stesso come Sommo Bene, si
.credi e ciò che io dissi farsi uno nel ve- ama, perchè ogni bene, com'è inteso, così
ro, come uno è il centro nel cerchio»; è amato Dio dunque ama ciò che parto-
;

Betti. Sul sapere di Adamo cfr. Thom. risce; e quest'amore è Spirito Santo. Si
Aq., Sum„ theol. I, 94, 3; sul sapere di noti altresì che Iddio vede e intende sé
Cristo cfr. ibid. Ili, 9-12. stesso come l' essere perfettissimo da cui
52. Ciò che non muore: le creature in- e per cui è ogni altro essere reale o pos-
corruttibili gli;
A ngeli, 1' anima umana, sibile (fuori di Dio nulla sarebbe, se Iddio
- ciò che
i cieli. le creature
può morire : non lo volesse, che la creazione, si tenga
corruttibili: gli elementi e «le singolari ben presente, è ex nihilo); e però bi-
forme delle corporali cose»; Lan. sogna ammettere che nell'Idea che Iddio
53. splendor: luce riflessa (cfr. Gonv. ha di sé, son le idee o archetipi di tutti
HI, 14) di quell' Idea che il nostro Sire, gli esseri, o meglio è V archetipo, poiché
Dio, genera nell'Amor suo. Il Creatore Egli della moltiplicità indefinitamente
mira il prototipo della creazione nel Ver- varia degli esseri ha una visione unica e
bo suo, che è l'espressione ipostatica della simultanea. Ecco come tutti gli esseri
sua intelligenza; cfr. Thom. Aq., Sum. (v. 52) veramente riverberano Videa che
theol. I, 15, 1-3; I, 34, 3. Boet., Gons. il nostro Sire partorisce con Amore.
phil. III, metr. 9. Par. X, 1 sgg. Luce: il Verbo, Videa del v. 53. -
55.
54. Sire: signore. Il senso di questa mea: lat. meat, procede, deriva; cfr.
terzina può essere dichiarato così Il no- : Par. XV, 55; XXIII, 79.
stro Sire, Iddio padre, vede ed intende 56. dal suo Lucente dal Sire del v. 54,
;

sé stesso. Egli ha dunque V Idea di sé cioè dal Padre. - disuna: separa, di-
stesso e tale Idea è il Verbo, personale,
;
stacca.
di cui parlano i teologi. Ma esso Verbo, o 57. s'intrea: vien terzo fra loro; e
Idea, deve dirsi non tanto concepito, quest'amore è lo Spirito Santo, detto
così come noi diciamo concepite le idee anche altrove il Primo Amore.
772 [CIELO quarto] Par. sui. 58-69 [SALOMONE]

58 per sua bontà te il suo raggiare aduna,


quasi specchiato, in nove sussistenze,
eternalmente rimanendosi una.
Gì Quindi discende all' ultime potenze
giù d'atto in atto, tanto divenendo,
che più non fa che brievi contigenze;
64 e queste contingenze essere intendo
le cose generate, che produce
con seme e sanza seme il ciel movendo.
67 La cera di costoro e chi la duce
non sta d' un modo e però sotto il segno ;

ideale poi più e men traluce ;

sua bontate: non costretto da


58. per II, 123) e, incorruttibili, sono veramente
necessità. «Ad productioneui creatura- in atto. - divenendo: riducendosi a tanto,
rum nihil aliud niovet Deum nisi sua da non produrre finalmente che brievi
bonitas, quam rebus aliis communicare contingenze, cioè esseri o nature corrutti-
voluit secundum modum assimilationis bili. « Contingens est quod potest esse et
adipsum»;27iom.Ag., Contr. 6mt.II,46. nonesse»; Thom.Aq., Sum.theol.~L, 86, 3.
59. in iiOYe sussistenze nei nove cori . 66. con seme e sanza seme: cioè da una
od ordini angelici che sono le somme parte gli esseri vegetali ed animali, dal-
fra le creature in che specchiasi la l' altra i minerali. Nel Purg. XXVIII,

Luce di cui parla il v. 55. « Substantia 103 sgg. che si suole citare a questo luo-
secundum quod per se exsistit et non in go, si discorre non già, come qui, di ciò
alio, vocatur subsistentìa illa enim sub- ; che nasce addirittura senza seme, ma di
sistere dicimus, quae non in alio sed in ciòche nasce senza seme palese, eh'
se exsistunt»; Thom. Aq., Sum. theol. quanto dire con seme, che se non è visibile •

I, 29, 2 cfr. Conv. II, 5, 6 III, 14. Ep.


; ; a noi, è reale non meno di quello visibile.
Kani, 21. Par. XXIX, 142-145. Al.: Nei 67-69. La cera: la materia o soggetto
nove cieli. Al. prendono nove (o nuove) di tutte le cose, e la virtù dei cieli che
come agg. qualif., e intendono chi dei ad essa materia dà la figura, non sono
nuovi cieli, chi dell'universalità delle sempre ad un modo. E perciò sotto il
cose create ma il quindi del v. 61 sta
; sigillo dell'Idea, cioè sotto l'impronta
in favore della prima interpretazione. della divina luce, la materia risplende
60. eternalmente ecc. : a questo verso ove più, ove meno. « La divina bontà
fa esatto riscontro per il concetto, ma in tutte le cose discende, e altrimenti
ne resta molto al di sotto per concisione essere non potrebbono ma avvegnaché
;

e robustezza d' espressione e per effica- questa bontà si muova da semplicissimo


cia di ritmo, il v. 145 di Par. XXIX: principio, diversamente si riceve, se-
« Uno manendo in sé come davanti ». condo più o meno, dalle. cose riceventi » ;

61-63. Quindi: da queste nove sussi- Conv. Ili, 7. Par. I, 3. - e chi la duce :

stenze il raggiare della Viva Luce, agendo è la forza, l' influenza dei cieli che duce,
dalla superiore sulla inferiore, discende tempera, dispone la materia. « Vivos du-
infino alle creature inferiori, così de- cent de marmore vultus »; Virg., Aen.
crescendo finalmente dà
sempre, che VI, 848. - non sta d' un modo « Quello
:

l'esistenza e l' impronta soltanto a cose cielo [l' empireo] mostra quella vita per-
corruttibili. Cfr. Thom. Aq., In Aristot., petua anche in ciò, che non si muta in
Metaph. IX, 1 sg. Sum. theol. I, 41, 5. - qualità, ma sempre sta d' un modo » ;

potenze nel linguaggio filosofico potenza


: Fra Giord., Pred. sulla Genesi, p. 21.-
significa ciò che non è ma può essere, il segno Ideale: l'archetipo contenuto

atto ciò che è. Qui d'atto in atto signifi- nell' Idea o Verbo divino. In ogni cosa
cherà di cielo in cielo ; che i cieli per creata risplende (traluce; cfr. Purg. XIV,
la virtù ispirata loro dagli angeli motori, 79 e Par. V, 12) 1' idea divina, ma in
« di su prendono e di sotto fanno » {Par. una più, in altra meno.
[CIELO QUARTO] Par. xiii. 70-81 [SALOMONE] 773

70 ond' egli avvien eh' un medesimo legno,


secondo specie, meglio e peggio frutta
e voi nascete con diverso ingegno.
73 Se fosse a punto la cera dedutta,
e fosse il cielo in sua virtù suprema.
La luce del suggel parrebbe tutta j

76 ma la natura la dà sempre scema,


similemente operando all'artista,
e' ha l'abito dell'arte e man che trema.
7!'
Però, se il Caldo Amor la Chiara Vista
della Prima Virtù dispone e segna,
tutta la perfezion quivi s'acquista.

70. medesimo: non individualmente, durre le la parola


cose :natura si- ' '

ma quanto alla specie. Due alberi della gnifica complesso di tutte le cause
il

stessa specie hanno frutto diverso. - le- seconde cfr. Par. Vili, 127 sgg. Thom.
;

gno: pianta, albero; cfr. Inf. XIII, 73. Aq., Sum. theol. I, II, 1, 2; 6, 1; 26, 1;
Purg. XXIV, 116, ecc. 67, 1. - ladà: dà la luce del suggello -
72. voi: uomini; cfr. Par. Vili, 124 scema: imperfetta.
sgg. Conv. Ili, 7. -diverso: di forza e 78. l'abito dell'arte ecc.: disposizione
di attitudini. all'arte e conoscenza di tutti i suoi ele-
73-74. Se fosse ecc.: se la materia fosse menti, ma tremante la mano, epperò inet-
proprio a tutto punto, cioè preparata nel ta a formar cosa perfetta. Cfr. Thom.
modo migliore possibile, e le influenze ce- Aq., Sum. theol. I, n, 49, 1-4. Aristot.,
lesti fossero nella loro intera attività, Metaph. V, 25; VII, 42 sg.
le cose create risplenderebbero di tutta 79-81. Però ecc. dopo aver dimostrato
:

la luce del suggello, cioè sarebbero per- che, quando Dio opera mediante cause
fette. « Se la disposizione del cielo fosse seconde, l'effetto che ne viene non ha, né
a produrre uno agricola, e la materia può avere, intera e piena perfezione,
fosse a ciò disposta, allora nella ditta passa a dimostrare che, quando Dio opera
cera, cioè materia, apparerebbe tutta la o produce immediatamente, l'effetto è
forma del sigillo, cioè quella virtù ce- di necessità perfettissimo. E volendo
leste, e sarebbe perfetto.agricola » Lan.
; esprimere l'atto creativo unico operato
- dedutta « menata e fatta molle, acciò
: da tutte e tre le divine persone (cfr.
che ricevesse la impressione del sug- Inf. Ili, 4-6. Par. X, 1 sgg.), egli ci
gello » Buti. - in sua virtù suprema e
; : dà in un giro di frase le tre distinte
non (v. 61 sgg.) affievolita. « Si sperae coe- operazioni creative dicendo (non nascon-
lestes essent in earum inaiori virtù te; diamo però che la costruzione ed inter-
verbi gratia. si pianeta Iovis, qui est opti- pretazione della terzina è tutt'altro che
mus, esset in piscibus, quod signum est sicura): Però se lo Spirito Santo {il Caldo
domus eius vel si esset in sua exaitatio-
; Amore) dispone e segna nella creatura
ne, gaudio vel termino, vel esset in bono l'Idea, il Verbo (la Chiara Vista), del Pa-
aspectu bonorum planetarum et liber a dre onnipotente (della PrimaVirtù, cfr.
coniunctione malorum tunc res quse ge-
; Par. XXVI, 84), allora si consegue tutta
neraretnr, respondens illi planetse, esset la perfezione possibile. Nei vv. 52 s^g. la
optima, et appareret in ea virtus Iovis creazione è considerata come opera del
perfecte quae dat sibi formam»; JBenv. Padre nei v. 55 sgg. è spiegata come atto
;

75. parrebbe tutta apparirebbe, si mo-


: del Figlio qui è attribuita in ispecie allo
;

strerebbe in tutta la sua vivezza. L'im- Spirito Santo, mostrando così la perfetta
magine della cera e del suggello, di che equivalenza delle tre persone divine, e
anche altre volte fa uso D., deriva da Ari- indicandole in pari tempo nel loro ordi-
come mostrò meglio di tutti E.Ro-
stotele, ne gerarchico. È noto del resto che «vir-
stagno in Bull. IX, 42. tus creativa Dei communis est toti Trini -

76. natura: strumento di Dio a pro- tati»; Thom. Aq., Sum. theol. I, 32, 1.
774 [CIELO QUARTO] l'Ali. XIII. M-Vd L*àlomom-;]

82 Così fu fatta già la terra degna


di tutta l'animai perfezione:
così fu fatta la Vergine pregna ;

86 sì ch'io commendo tua oppini'one,


che l' umana natura mai non fue
ne fi. due persone.
a qual fu in quelle
8 ti Or s' non procedesse avanti piùe,
io
6
Dunque, come costui fu senza pare? '

comincerebbe!' le parole tue.


91 Ma perchè paia ben ciò che non pare,
pensa chi era, e la cagion che '1 mosse,
quando fu detto Chiedi ', a domandare. '

94 Non ho parlato sì, che tu non posse


ben veder eh' el fu re, che chiese senno
acciò che re sufficiente fosse ;

97 non per sapere il numero in che ènno


li motor di quassù, o se necesse

con contingente mai necesse fenno -,

82. Così per immediata operazione di-


: la condizione di Salomone. - la cagion
vina. - la terra della quale fu formato il
: che '1 mosse il desiderio, l'intendimento
:

corpo di Adamo. Al. intendono di tutti che lo indusse. - detto da Dio a Salo- :

gì animali; ma qui si tratta solo del- mone. « Apparuit Dominus Salomoni per
l'uomo perfetto, di Adamo; e del resto somnium nocte, dicens: Postula quod
gli animali furono prodotti non imme- vis, ut dem tibi. Et ait Salomon :... Da-
diatamente da Dio, ma per mezzo della bis ergo servo tuo cor docile ut populura
Natura; cfr. Genes. I, 24, 27; II, 7. tuum judicare possit et discernere inter
83. animai: conveniente alla natura ani- bonum etmalum quis enim poteri t. Indi-
:

male. * Suppone nella terra stessa, e sa- care populum istum, populum tuum hunc
pientemente, la disposizione a fornire più multuni?»; Ili Reg. Ili, 5 sgg.; cfr.
o men docili gli organi della vita »; Tom. Conv. IV, 27.
84. così: in questo modo (cfr.lan. 82) 94. sì: si oscuramente. - posse: per
Maria Vergine concepì Gesù Cristo. Cfr. possa antic. anche in prosa. Cfr. Nan-
:

Mica I, 31, 35. nucci, Verbi, 654.


85-87. commendo tuaoppimoneecc: ap- veramente idoneo. « Suf-
96. sufficiente:
provo e lodo opinione tua, che la na-
la ficiente aveva senso quasi di pienamente
tura umana non fu né sarà mai in al- efficiente » Tom.
;

cuno tanto perfetta quanto in que' due, 'J7. non per sapere ecc.: Salomone non

Adamo e Cristo. Dunque il vedere di chiese sapienza per sapere quante sieno
Adamo e quello di Cristo superarono le angeliche intelligenze che presiedono
certamente il vedere di ogni altro uomo, ai movimenti de' cieli. Nel racconto bi-
epperò anche di Salomone cfr. v. 37 sgg.
; blico (III Reg. Ili, 11 sg.) è detto che
88-90. Or ecc. Se a questo punto io,
: Dio lodò Salomone di aver chiesto intel-
dopo aver confermato che Adamo e Cri- letto per ben giudicare, ossia governare
sto furono perfettissimi, non aggiungessi il popolo, invece di chiedere lunga vita,

altro, tu mi faresti questa obbiezione: o ricchezza, o vittoria sui nemici. D. lo


'
Come dunque hai tu detto che Salomo- loda per non aver chiesto d' essere in
ne fu senza pari?' - costui: Salomone. grado di risolver quesiti di metafisica,
- pare pari, eguale cfr. Par. X, 1 12 sgg.
:
; di dialettica e di geometria, che a' suoi
91. paia ecc.: appaia ben chiaro ciò che tempi erano il paradiso degli scolastici.
è tuttora oscuro. 98-99. se necesse ecc. se da due pre- :

92-93. pensa ecc. : considera quale era messe, V una necessaria, 1' altra contin-
[CIELO QUARTO] Par. xiii. 100-114 [giudizi precipit.] 775

100 non si est dare primum motum esse,


o se del mezzo cerchio far si puote
triangol sì, eh' un retto non avesse.
103 Onde se ciò ch'io dissi e questo note,
regal prudenza è quel vedere impari
in che lo strai di mia intenzion percuote;
106 e se al ' surse ' drizzi gli occhi chiari,
vedrai aver solamente rispetto
che son molti e i buon son rari.
ai regi,
109 Con questa distinziou prendi il mio detto;
e così puote star con quel che credi
primo padre e del nostro diletto.
del
112 E questo ti sia sempre piombo ai piedi,
per farti muover lento, coni' uom lasso,
e al sì e al no che tu non vedi ;

gente, possa dedarsi conseguenza neces- 109-111. distinzion : tra uomo e re.
saria ;cfr. Aristot., Analit. pr. I, 16. - il mio detto : cioè « A veder tanto non
100. si est ecc.: se conviene {est) ammet- surse il secondo ». -star: sussistere in-
tere (dare) che esista un primo moto che sieme. - credi: cfr. v. 37 sgg. -primo
non sia l'effetto d'un altro moto ossia se ;
padre Adamo. - «ostro diletto Cristo.
: :

nella scala dei motori e dei mossi si vada «Gratificavit nos in dilecto Filio suo»;
all'infinito, o si arrivi a un motore che Efes. I, 6.
non è punto mosso ; cfr. Thom. Aq., V. 112-142. Contro i giti&izi 'preci-
Oontr. Gent. 13: « Impossibile est
I, pitati. Sciolti i dubbi di D., S. Tom-
quod in motoribus et motis procedatur maso ne trae argomento per ammonirlo
in infinitum ». che bisogna e cercar d'intender bene e
101-102. se del mezzo ecc.: se in un se- giudicar lentamente, se non si vuole
micerchio, preso diametro come lato,
il incorrere in gravi errori, come fecero
si possa iscrivere un triangolo che non molti antichi filosofi e gli eresiarchi. Lo
abbia un angolo retto cosa impossibile. : stolto giudica frettolosamente; il savio
103-105. Onde onde, se tu fai at-
ecc. : va a rilento e guarda se è il caso di far
tenzione a ciò che ho detto prima (Par. distinzioni sia nell' affermare, sia nel ne-
X, 114) e a ciò che t'ho esposto ora, ti gare. Scendendo poi nel campo pratico,
accorgerai -che quel vedere senza pari, rimprovera particolarmente chi con trop-
del quale io intesi parlare, è la sapienza pa facilità e sicurezza presume giudicare
regale. Salomone dunque fu il più sa- dell'altrui salvazione o dannazione. Dei
piente non già di tutti gli uomini, ma secreti divini l'uomo non può e non deve
solo dei re. Molti nel verso 104, invece sentenziare. E come tale che dal volgo
di è, leggono e (congiunz.) ma da questa ; è creduto santo, può cadere e perdersi,
lez. non si cava, ci sembra, un costrutto così altri, spregiato perchè grave pec-
che regga, senza sforzo e contorsione catore, potrà rialzarsi e salvarsi.
soverchia. Cfr. Filo imi si- Guelfi, Studii 112-114. ti sia ecc.: ciò ti serva a ren-
su D., 497 sgg.- impari che non ha pari. : derti cauto in avvenire. « Che mai tu
106-108. al surse
'
ecc.: e se con l'oc-
'
non sia subito a giudicare l'altrui detto
chio della mente non offuscato da pre- per libero sì, o per libero no; ma sem-
concetti tu noti il verbo surse, da me pre procedi con distinzione, consideran-
usato nel toccare di Salomone, vedrai che do che si possono ad una medesima cosa
esso accenna ai re, che sovra i sudditi avere diversi rispetti » Ott. - lento ; :

sorgono. Altri altrimenti, e taluni anche nel giudicare e quindi lento ad affer-
con stravaganze. - che son molti ecc. : mare o negare assolutamente ciò che a
siveda la rassegna che dei re del suo prima giunta chiaramente non discerni
tempo fa il Poeta in Par. XIX, 115 sgg. (tu non vedi). - lasso: stanco; cfr. Inf.
77() [CIELO QUARTO] l'Ali. XIII. 115-129 [GIUDIZI PRECIPITATI]

115 che quegli è fera gli stolti bene abbasso,


clic senza distinzioiì afferma e niega,

nell' un così come nell'altro passo ;

118 perdi 'egl' incontra che più volte piega


l'oppinion corrente in falsa parte;
e poi l'affetto lo intelletto lega.
121 Vie più che indarno da riva si parte,
perchè non torna tal qual ei si muove,
chi pesca per lo vero e non ha l' arte.
124 E di ciò sono al mondo aperte prove
Parmenide, Melisso, Brisso e molti,
li quali andavano, e non sapean dove.

127 Sì fé' Sabellio e Arrio e quegli stolti


che furon come spade alle Scritture
in render torti li diritti volti.

XXXIV, 83. Cfr. Ronchetti, Appunti, sere ogni cosa »; Land. -Melisso: altro
160 sg. filosofo eleatico, nativo di Samo e di-
115. abbasso collocato tra gli stolti in
: scepolo di Parmenide, fiorì verso il 450
assaibassoluogo: stoltissimo fra gli stolti. a. C. « Ebbe opinione che questo uni-
117. nell'ini così ecc.: sia che s'abbia verso fosse infinito, immutabile ed im-
a dir di sì, sia che s'abbia a dir di no. mobile, e che il moto non fosse, ma pa-
118-120. corrente corriva, precipitosa.
: resse.Diceva che non dobbiamo difiìnir
L' opinione che uno si forma frettolosa- alcuna cosa d'Iddio, perchè di lui non
mente, senza fermarsi a ponderar bene abbiamo certa cognizione » Land. De ;

e distinguere, spesso piega al falso, os- Mon. Ili, 4. - Brisso : Bryson o Dry-
sia è opinione falsa. E si sa bene che son, filosofo greco, figlio e discepolo di
come ci siamo formati un'opinione, l'af- Stilpone secondo altri, discepolo di Eu-
;

fetto a questa impedisce all' intelletto clide. Si occupò assai della quadratura
lega,', e restiamo
di più oltre ricercare, lo del circolo. Cfr. Aristot., Soph. El. I,
così nel falso a cui la precipitazione ci 10. - andavano e non ecc. procedevano :

ha menati. « Nihil est turpius quam co- nel loro pensare alla cieca. « Qui ambulat
gnitioni et perceptioni affectionem ap- in tenebris, nescit quo vadat » Giov. ;

probationemque prsecurrere »; Cicer., XII, 35.


Acad. IV. Al. intese opinion corren-'
127-129. Sabellio : dai filosofi passa agli
te '
come '
opinione volgare, comune ', famoso eretico del in se-
eretici. Sabellio,
ma né qui si vede come c'entri l'opinione colo, nato aPentapolinell' Africa, m. ver-
co^nune, nò D. usò mai corrente per co- so il 265, negava il dogma della SS. Tri-
mune o volgare. nità nel senso ammesso e stabilito dalla
121-124. Vie più che indarno ecc.: peg- Chiesa. - Arrio il famoso autore della
:

gio che inutilmente, cioè, non solo senza setta degli Ariani, prete di Alessandria,
vantaggio, ma con danno suo, si mette m. 336, il quale insegnava il Verbo di-
a cercare il vero chi ignora l'arte di ricer- vino non essere eterno e consustanziale
carlo poiché, non movendosi, resterebbe
;
al Padre, perchè spiritualmente dal Pa-
nell'ignoranza; ricercandolo male, arri- dre generato. - e quegli stolti che fu-
va facilmente a trovar l'errore, e a questo ron ecc.: e tutti coloro i quali contor-
si affeziona; male assai peggiore del- sero e falsarono il senso delle Sacre
l'ignoranza. Cfr. De Hon. I, 13. Scritture, e furono per queste come le
Parmenide: filosofo greco del-
125-126. spade che rendono nelle immagini torti
la scuola Eleatica, che fiorì verso il 500 e deformi i volti diritti che vi si spec-
a. C. « Scrisse che la generazione degli chiano. Altri intese: mutilarono la'

uomini ebbe principio dal sole, e il sole Scrittura come una spada mutila un bel
essere caldo e freddo, e da quello es- viso ma già render torto non è muti-
,' :
[CIELO QUARTO] Par. xiii. 130-142 [giudizi precipit.] 777

130 Non sien le genti ancor troppo sicure


a giudicar, sì come quei che stima
le biade in campo pria che sian mature ;

1- eh' i' ho veduto tutto il verno prima


il prun mostrarsi rigido e feroce,
poscia portar la rosa in su la cima;
130 e legno vidi già dritto e veloce
correr lo mar per tutto suo cammino,
perire alfine all'entrar della foce.
139 Non creda donna Berta e ser Martino,
per vedere un furare, altro offerére,
vederli dentro al consiglio divino ;

142 che quel può surgere, e quel può cadere. »

lare ; e '
rendere '
è il verbo che D. usa e' son ben pochi que' cotali. E quelli
per il riflettere degli specchi Purg. XV,
; tanti, che bene sanno, più dubiterebbono
75 ; XXIX, 68. che gli altri di giudicare, temendo di non
130. sien ecc.: rimprovera nel cam-
Non errare, che non farebbono coloro che poco
po pratico la inconsideratezza di coloro sanno. Onde ser Martino dell'aia e donna
che giudicano temerariamente dell' al- Berta del mulino più arditamente si met-
trui salute o dannazione e il rimprovero ; tono ad interpretare i sogni, che non fa-
torna molto a proposito qui dove si è ra- rebbe Socrate e Aristotile, maestri sovra-
gionato di quel Salomone della cui sal- ni della naturale filosofia. » Berta e Mar-
vazione alcuni dubitavano. « lolite an- tino erano nomi propri di persona usati
te tempus iudicare, quoadusque veniat per esemplificazioni generiche, così come
Doniinus, qui et inluminabit abscondita noi usiamo Tizio, Caio, Sempronio : cfr.
tenebrarum et manifestabit Consilia cor De Vulg. El. II, 6 e Conv. 1. e. e III, 11.
dinm»; I Cor. IV, 5. Cfr. Giac. IV, 13 140. furare rubare. - offerére far pie
: :

sg. Conv. IV, 15. offerte ; cfr. Par. V, 49 sg. « Però ne-
:

131-132. stima ecc. apprezza, fa la : cessità fu agli Ebrei pur V offerére. »


|

stima del grano, prima che sia maturo. 141. vederli: «veder quello che la di-
134. rigido non flessibile, quasi fosse
: vina sapienza ha determinato di ciascun
morto. - feroce questo agg, compie la
: di loro » Teli. - « De hoc, quem tu iu-
;

descrizione dell'aspetto invernale del stissimum et s&qui servantissimum pu-


pruno brullo e rigido. Yirg., Georg. II, tas, omnia scienti providentiae diversum
36; «fructusque feros mollite colendo», videtur»; Boet., Cons. phil. IV, pr. 6.
136-138. e legno ecc. e vidi già nave : - « O istoltissime e villissime bestiuole
che, dopo aver veleggiato felicemente e che a guisa d'uomini pascete, che....
velocemente durante tutto il viaggio (per volete sapere, filando o zappando, ciò che
tutto suo cammino) affondava entrando Iddio con tanta prudenza ha ordinato !

in porto, - correr « Di quibus imperium


: Maladetti siate voi e la vostra presunzio-
pelagi est, quorum asquora curro » ; ne e chi a voi crede! »; Conv. IV, 5.
Yirg., Aen. V, 235. - foce: porto. 142. quel ecc.: il ladro può rialzarsi,
139. donna Berta ecc. ogni vile fem- : cioè pentirsi e salvarsi, come avvenne
minella ed ogni omiciattolo. Conv. I; 8: all'uno dei ladroni crocifissi insieme con
« Od de suole dire Martino ». Passav., Gesù. « San Brandano fu sommo ladro-
Specchio di pen. II, 400 « De' sogni, che : ne, e poi per le finali opere piacque a
sono dal cielo, cioè dalla influenzia delle Dio » Ott. - e quel e colui che tu vedi
; :

stelle e delle pianete e dalla disposizione far pie offerte, può cadere in peccato
e impressione degli elementi, e' sono mortale e quindi essere anche dannato.
buoni filosofi e buoni astrologhi, che « Qui se existimat stare, videat ne ca-
possono far buona interpretazione, ma dat » I, Cor. X, 12.
;
778 [CIELO QUARTO] Par. xiv. 1-6 [dubbio]

CANTO DECIMOQUARTO

CIELO QUARTO o DEL SOLE


DOTTORI IN FILOSOFIA E TEOLOGIA

LO SPLENDORE DEI BEATI DOPO LA RISURREZIONE DEI CORPI


TERZA GHIRLANDA DI VIVENTI LUCI, SALITA AL CIELO DI MARTE

CIELO QUINTO o DI MARTE: MARTIRI DELLA RELIGIONE

LA CROCE DI MARTE : ARMONIA DI CONCENTI, ESTASI DI DANTE

Dal centro al cerchio, e sì dal cerchio al centro,


movesi l'acqua in un ritondo vaso,
secondo eh' è percossa fuori o dentro.
Nella mia niente fé' subito caso
questo ch'io dico, si come si tacque

la gloriosa vita di Tommaso,


V. 1-18. Dubbio nascente. D. e B. con circoli via via minori se l' acqua
;

stanno nel centro delle due corone di è percossa nel centro, essa si muove in
beati concentriche; cfr. Par. XII, 1 sgg. circoli via via maggiori dal ^entro al
Dopo che S. Tommaso, uno dei beati, cerchio.
ha parlato, parla B. ai beati. La voce 4. caso: caduta =
mi cadde subito in
di S. Tommaso diretta dalla circonfe- mente. Di caso usato latinamente per ca-
renza al centro e la voce di B. da que- duta si hanno altri esempi cfr. Monti,
;

sto a quella suggeriscono al P. una Prop. I, 2, 144 sg. Così quasi tutti da
similitudine nuova, quella dell'acqua Benv. in poi. I più antichi diversamente.
contenuta in un vaso rotondo la quale Buti « Parlando santo Tomaso scintil-
:

si move dal centro al cerchio e dal cer- lava, e ragguardava io e considerava lui,
chio al centro, secondo eh' è percossa e parlando B. ancora scintillava, et io
internamente o esternamente. Dal cen- ritornava la mente a considerare lei; e
tro dunque B. incomincia a parlare ai così la mia mente discorreva col pen-
beati: « Questi brama di sapere se la siero e co la considerazione da lei ai
luce che infiora la vostra sostanza, ri- serti, e da' serti a lei, e così si moveva
marrà sempre con voi, anche quando, Dal centro al cerchio e dal cerchio al
dopo la generale risurrezione, avrete ria- centro-, e però dice: Questo ch'io dico;
vuti i vostri corpi e se, rimanendovi, le
; cioè di muovere mia mente; e
così la
vostre viste non ne resteranno impedite ben dice subito caso imperò che altresì
;

o turbate ». Il dubbio non è per anco tosto fu questo movimento da la mia


sorto nella mente di D. ma B. lo pre-
; mente, come fu lo restare del parlare di
vede e anticipatamente lo espone. santo Tomaso e lo incominciare di Bea-
3. o dentro: Al. e dentro. Se il vaso
: triceche fu incontanente senza mezzo. »
che contiene l'acqua è percosso al di fuo- Questa interpretazione è stata rinfrescata
ri, l'acqua si muove dal cerchio al centro. e difesa da O, Steiner, Lect, D., 7, 37.
[CIELO QUARTO] Par. xiv. 7-27 [dubbio] 779

per la similitudine che nacque


del suo parlare e di quel di Beatrice,
a cui sì cominciar dopo lui piacque :

10 « A costui fa mestieri, e noi vi dice


né con la voce né pensando ancora,
d' un altro vero andare alla radice.
13 Ditegli se la luce onde s'infiora
vostra sustanza rimarrà con voi
eternalmente sì coni' eli' è ora;
10 e se rimane, dite come, poi
che sarete visibili rifatti,
esser potrà ch'ai veder non vi nói. »
19 Come, da più letizia pinti e tratti,
alla fiata quei che vanno a rota,
levan la voce e rallegrano gli atti,
22 così, all' orazion pronta e devota,
li santi cerchi mostrar nova gioia

nel torneare e nella mira nota.


25 Qual si lamenta perchè qui si moia
per viver colassù, non vide qui ve
lo refrigerio dell'eterna ploia.

7-8, per la similitudine ecc.: per il fatto carità ;e del nuovo gioire danno prova
simile, che avvenne, del parlare di S.Tom- col muoversi tripudianti in giro e col
maso e di Beatrice. dolcissimo canto di un triplice inno in
10-12. costui: Dante. - ne
pensando lode della SS. Trinità.
ancora il dubbio sta per nascere nella
: 19. da più letizia: da un sentimento
mente di D. - d' un altro ecc. sapere : di letizia per qualche particolar cagione
a fondo un'altra verità; cfr. Par. IV, fatto maggiore di prima. - pinti e tratti :

130 sgg. spinti e poi guidati e come trascinati.


13-15. se la luce ecc.: se i corpi dei beati 20. alla fiata: talvolta. Questo fu in
dopo saranno raggianti
la risurrezione» antico il senso della locuz. avverb. alla
di luce, - quali il P. ha visti e vede ora fiata, e non quello del francese à lafoìs ;

jli spiriti - è questione svolta ampia- cfr. Bull. X, 6. - a rota ballando in :

ìente da S. Tommaso, Sum. theol. Ili, tondo; cfr. Par. X, 145.


Zuppi., 85, 1 sg., il quale risponde, come 21. levan alzano.
:

., affermativamente. - sustanza: la so- 22. orazion preghiera o dimanda di


:

ìtanza non è la luce, ma questa è qua- B. (vv. 10-18). -pronta: fatta subito che
ità e apparenza esteriore di quella. S. Tommaso ebbe finito di parlare. -
16-18. se rimane ecc. se la luce che
: devota: riverente.
ora vi fascia resterà con voi dopo risorti 24. torneare nella velocità del muo-
:

corpi, come potrà essere che essa non versi in giro. - mira nota: mirabile canto.
offenda con la sua vivezza gli occhi cor- 25-27. Qual ecc. « Chi si lagna della
:

porei impedendo o rendendo difficile e legge che ognuno debba morire per ire
penoso ad essi il vedere? Cfr. Thom. al Cielo, non mai pensò o conobbe la
Aq., Sum. theol. Ili, SuppL, 82, 4. pioggia dell' eterna felicità onde godono
V. 19-33. Il tripudio dell'amore ce- i Beati » (Coni.), gioia assai maggiore di

leste. Udita la domanda di B., i beati ogni gioia terrestre. - non vide colla :

sentono gran gioia per esser data loro mente; non considerò. - quive: quivi, in
occasione di esercitare, rispondendo, la Cielo.. « Non vide: non è parola-di poe-
7*0 [cielo quarto] Par. xiv. 28-39 [tripudio]

Qucll' Uno e Due e Tre che sempre i

e regna sempre in Tre e Due e Uno.


non circonscritto, e tutto circonscrive,
?,]
tre volte era cantato da ciascuno
di quegli spirti con tal melodia,
eh' ad ogni merto sarìa giusto mimo.
34 E io udi' nella luce più dia
del minor cerchio una voce modesta,
forse qual fu dall'angelo a Maria,
37 risponder : « Quanto fìa lunga la festa
di Paradiso, tanto il nostro amore
si raggerà dintorno cotal vesta.

tica giacché veramente egli


finzione, che irradiamo ora, perchè allora la nostra
vide in qnel mondo
interiore che era il persona sarà, per aver assunto il corpo,
suo cielo perchè era nato in lui e sentito da perfetta ed intera), darà molestia agli oc-
lui; vero al credente, perchè fondato sul chi corporei gli organi del corpo saran-
:

verbo indiscusso della rivelazione, vero no forti tanto, da reggere a tutte le dilet-
al poeta, che ne aveva, con la più pura tazioni sovrumane e goderne» Cfr. Thom.
parte del suo spirito, animate le mistiche Aq., Sum. theol. III, Suppl. 82, 4; 85, 1.
figurazioni e in quel mondo egli vide
: 34. dia: lat. diva, divina, epperò an-
l'invisibile»; Steiner, Lect. D., 9-10. - che più risplendente. Ed è la luce di
ploia: pioggia, lat. pluvia, frane, pluie, Salomone eh' è già stata detta la più
;

prov. ploja cfr. Par. XXIY, 91 e Bull.


; bella {Par. X, 109) tra le 12 del minor
in, 100. cerchio. Di Salomone intendono tutti,
Uno Dio Uno e Trino
28. : ; Tino = il tranne il Land., che intende del Magi-
Padre; Due il Padre e = il Figlio; ster Sententiarum, Pietro Lombardo. Per
Tre «=il Padre, il Figlio e lo Spirito San- quali ottime ragioni potè D. volere spie-
to; cfr. Par. XXVII, 1 sgg. Nel Due gate da Salomone le condizioni dei beati
alcuni vedono un' allusione alle due na- dopo la resurrezione de' corpi, è con fine
ture in Cristo; ma qui è chiaro che si argomentazione ed eletta dottrina chia-
insiste solo sull' unità e trinità di Dio. rito dallo Steiner, Lectura D., 11-13.
30. non circonscritto: cfr. Purg. XI, 35. minor: interno. - modesta: soave
2. Conv. IV, 9. e piana; cfr. Inf. II, 56 sg.
32-33. con tal melodia ecc.: con melodia 36. dall'angelo: Gabriello, nell'An-
di sì ineffabile dolcezza, che l'udirla nunziazione; Purg. X, 34 sgg. Al.
cfr. : :

sarebbe premio condegno a qualunque dell'angelo. Il forse, pensa a ragione lo


merito, anche grandissimo. - ninno lat. : Steiner, fu suggerito a D. dal rispetto
munus, premio, dono. « Munus è quello per la narrazione evangelica che di mo-
dono che viene nella offerta, o quello destia non parla; e la modestia della voce
dono che si fa per via d'oblazione dalli si può spiegare pensando che « sì l' an-
principi » ; Ott. gelo in terra che Salomone in cielo an-
V. 34-60. I coi*pi glorificati. Un nunziano due prodigi.... doni entrambi
beato della ghirlanda interiore risponde della grazia », e tali prodigi « inducono
alla domanda fatta da B. in nome del a riverenza l' animo tli chi li annuncia,
P. « Quanto durerà la festa del Par.,
: e l'angelo e il beato piegano il capo ado-
tanto avremo intorno questa vesta rag- rando, e la voce suona modesta, come di
giante: l'avremo dunque in eterno. E chi, sentendosi oggetto d'un amore che
quando riprenderemo la nostra carne, trascende la rigida misura de' suoi me-
anch'essa si ammanterà di luce, ma re- riti, si dispone a goderne con verecondo
sterà visibile come carbone che sprigiona abbandono»; Steiner, o. e, 13 sg.
bensì attorno a sé la fiamma, ma col 37-39. Quanto ecc.: finché durerà la
suo candore la soverchia e resta visibile. gioia del Par., che è eterna. - festa:
Né tanta luce (assai maggiore di quella cfr. Purg. XXX, 65. - amore il nostro :
[CIELO QUARTO] Par. xiv. 40-54 [corpi glorificati] 781

40 La sua chiarezza seguita l'ardore,


l'ardor la visione, e quella è tanta,
quant'ha di grazia sovra suo valore.
4:;
Come la carne gloriosa e santa
fìa rivestita, la nostra persona
più grata fìa per esser tutta quanta :

40 per che s' accrescerà ciò che ne dona


lume il sommo bene,
di gratuito
lume, eh' a lui veder ne condiziona ;

49 onde ia vision crescer conviene ;

crescer l'ardor che di quella s'accende,


crescer lo raggio che da esso viene.
52 Ma sì come carbon che fiamma rende
e per vivo candor quella soverchia,
sì che la sua parvenza si difende,

ardente amore, effonderà intorno a sé, quanta « Anima e corpo compiono una
:

come ora, una luce che, come ora, ci natura, sicché il corpo dell' uomo è parte
ammanterà. di natura. Dunque, se così è, eh' è così
40-42. seguita: così ottimi codd. AL: fermamente, di necessità è mestiero che
seguirà: ma quanto è conveniente il fu- i corpi risucitino e si rifacciano, però
turo ne' vv. 43 sgg. in cui s' espone quel che se non risultassero, avrebbe la na-
che accadrà dopo il giudizio universale, tura un grande difetto»; Fra Giord.,
tanto è naturale il presente qui, dove si Pred., ed. Manni, 318.
espone la teoria generale che dà ragione 46-51. per che ecc. Il senso del passo
:

di quel che allora accadrà. - La chia- è: Venuto il beato a sua perfezione per
rezza radiosa di questa veste, essendo la riunione dell'anima col corpo, appunto
espressione di carità, è proporzionata al- perchè più perfetto, perchè di più valo-
l'ardore di questa ma tale ardore è, alla
; re, riceverà più lume di grazia (gra-
sua volta, conseguenza della visione tuito lume); il maggior lume di grazia
beatifica e a questa commisurato, così renderà più forte la vista dell'anima e se
come la visione è conseguenza ed effetto ne aumenterà la visione di Dio e questa, ;

- conseguenza ed effetto proporzionati - essendo aumentata, desterà a sua volta


della grazia illuminante eh' è aggiunta un ardore più vivo di carità, il quale,
soprannaturalmente e proporzionalmen- per essere più vivo, raggerà intorno al
te al valore o merito naturale di cia- beato una luce più vivida che prima, -ne
scuno. - valore merito. - « Per i nostri
: dona ci dona. - ne condiziona ci mette
: :

quantunque grandissimi meriti non pos- in condizione adatta, -lo raggio: lo splen-
siamo pervenire a questa cognizione di dore esterno, che s'irradia dall'ardore in-
Dio; ma la sua grazia, vincendo l'im- terno. La chiarezza dei beati, adunque,
possibilità nostra, ce ne fa abili e rende non solo rimane, ma si accresce dopo
capaci » ; Dan. la risurrezione Cfr. Thom. Aq., Sum.
43. Come: quando; nella risurrezione. theol., I, 90, 4; I, il, 4, 5. De An. I, 2.
- gloriosa glorificata. « I corpi de' santi
: 52. « Aspectus eorum quasi
carbon :

saranno lucenti come '1 sole »; Fra Qiord., carbonum ignis ardentium » Ezech. I, ;

Pred., Ed. Manni, 47. 13. - rende dà. :

45. più grata: a Dio? a noi? a Dio ed 53. per vivo candor colla vivacità della
:

a noi? Chi sta per uno, chi per altro di sua incandescenza.
questi tre modi d'intendere; ma none ne- 54. parvenza visibilità. « La visibi-
:

cessario sottintendere a più grata alcun lità del carbone acceso si mantiene di-
complemento più grata vale più accetta
;
stinta dalla fiamma che noi può sover^
in genere, più accetta a chicchessia in- chiare»;!/. Yent., Sim., 83 -«Il fenomeno
quanto più perfetta di prima. - tutta qui descritto si rende manifestissimo nel-
782 [cielo quarto] Pai:, xiv. 55-60 [desiderio i>ìa beati]

55 cosi questo fulgor che già ne cerchia,


iia vinto in apparenza dalla carne

che tuttodì la terra ricoperchia :

né potrà tanta luce affaticarne ;

che gli organi del corpo saran forti


a tutto ciò che potrà dilettarne. »
61 Tanto mi parver subiti ed accorti
e l' uno e l'altro coro a dicer Amme *
!

che ben mostrar disio de' corpi morti ;

04 forse non pur per lor, ma per le mamme,


per li padri e per gli altri che fur cari
anzi che fosser sempiterne fiamme.

le fucine,ove l'incandescenza del car- cietas amicorum, unde Aug. dicit 8 su-
bone è portata ad alto grado per mezzo per Gen. ad litt. cap. 25, quod creatura
di macchine soffianti » Antonelli. ; spiritualis ad hoc quod sit beata, nonnisi
55-57. questo fulgor ecc.: questa ful- intrìnsecus adìuvatur ceternitate, veri-
gida luce che sin d' ora ci fascia, sarà tate, charitate Greatoris; extrinsecus vero
soverchiata in apparenza, cioè in visi- sìadiuvari dicenda est, fortasse hoc solo
bilità, dalla nostra carne, eh' è tuttora adiuvatur quod se invicem vident, et de
(tuttodì) sepolta sotto terra. sua societat» gaudent.... Perfectio cha-
58-60. ne potrà tanta luce non po-
ecc.: ritatis est essentialis beatitudini quan-
trà abbagli arci; cfr.vv. 16- 18. Se le potenze tum ad dilectionem Dei, non quantum ad
sensitive del corpo risorto e ricongiunto dilectionem proximi. Unde si esset una
alla sua anima restassero quali furono sola anima fruens Deo, beata esset, non
nella vita caduca, l'occhio non potrebbe habens proximum quem diligeret. Sed,
sopportare tanta luce; ma Dio condizio- supposito proximo, sequiturdilectio eius
na i sensi per modo, che reggano ad ogni ex perfecta dilectione Dei. Unde quasi
più forte stimolo epperò ogni beato ve-
; concomitanter se habet amicitia ad per-
drà anche attraverso alla vivissima luce fectam beatitudinem»; Thom. Aq., Sum.
avvolgente la persona sua e a quella theol. I, il, 4, 8.
delle persone altrui; e ciascuno «godrà 61. tanto mi parver ecc.: mi parvero
così della sua come
della gloria altrui, così subitamente pronti.
e negli aspetti delle persone già care in 62. coro : corona di vivi splendori. -
vita aggiungerà alla celeste beatitudine Amme: riduzione popolare toscana di
la dolcezza dei ricordi famigliari»; Stei- amen = così sia; cfr. Inf. XVI, 88. « Am-
ner, o. e, 18. Questo è il dono dell'im- me dice lo vulgare ma la Grammatica ;

passibilità, sul quale cfr. Thom. Aq., dice Amen »


Buti. ;

Sum. theol. Ili, Suppl. 82, 1, 3, 4. 64. non pur per lor non solo per la :

Y. 61-66. Desiderio deibeati. Tutti propria gioia e gloria. - mamme madri :


;

gli altri spiriti delle due ghirlande rispon- cfr. Purg. XXI, 97.
dono alleultime parole della luce piti 65. gli altri figli, fratelli e sorelle,
:

dia (v. 34)con un Amme (amen =


così parenti, amici, ecc.
sia!), con che mostrano di desiderare 66. anzi ecc.: nella vita terrestre, prima
la resurrezione de' corpi, il qual deside- che divenissero in Par. spiriti in eterno
rio probabilmente riguarda in modo spe- fiammeggianti.
ciale le persone che furono loro care in V. 67-78. Terza corona di vivi
terra, e che essi desiderano di ri vedere in splendori. Ecco di là dalla 2 :i ghir-
cielo. - « Si loquamur de perfecta beati- landa di luci apparire una nuova luce
tudine, qu8B v erit in patria, non requiri- a guisa di orizzonte che si rischiara al
tur societas ainicorum de necessitate ad mattino, e di mezzo a questa nuova luce
beatitudinem quia homo habet totam
;
pare al P. di veder nuove anime così
plenitudinem suae perfectionis in Deo. come verso sera si veggono le stelle,
Sed ad bene esse beatitudinis facit so- che dubitiamo se tali siano o no; e gli
[CIELO QUARTO] Par. xiv. 67-80 [terza corona] 783

Ed ecco intorno, di chiarezza pari,


nascere un lustro sopra quel che v'era,
a guisa d'orizzonte che rischiari.
E sì come al salir di prima sera
comincian per lo ciel nuove parvenze,
sì che la vista pare e non par vera,

parvemi lì novelle sussistenze


cominciare a vedere, e fare un giro
di fuor dall'altre due circonferenze.
70 Oh vero sfavillar del Santo Spiro !

come si fece subito e candente


agli occhi miei che, vinti, non soffrirò !

79 Ma Beatrice sì bella e ridente


mi si mostrò, che tra quelle vedute

I pare che si dispongano in circolo at- re, Crit., 464.- pare e non par vera :

torno alle due corone di spiriti, sfavil- cfr. la parte ultima della n. 67-78, e an-
lando per modo, che l'occhio di lui non che Purg. VII, 10-12.
regge a tanto sfavillio. «Prima di le- 73. parvemi vedendole ancora solo in-
:

varsi alla stella di Marte, il Poeta vuol distintamente. - lì nel nuovo lustro del
:

farci sapere, che oltre ai beati spiriti v. 68. - novelle sussistenze altri spiriti:

dei quali si componevano le due lu- beati; cfr. Par. XIII, 59.
centi corone, altri molti ve ne erano in 74-75. fare un giro formare una terza
:

quella sede, meravigliosa per grandezza corona circolare attorno alle prime due.
e splendore. Però ivi gli si fecero par- 76. Spiro Spirito. La luce delle anime
:

venti a poco a poco; quasi venissero di beate, essendo espressione di carità, è


lontano, preceduti da un lustro chia- sfavillio dello Spirito Santo, che è carità.
rissimo a guisa d'orizzonte su cui fac- 77. subito essendo lì scesi i nuovi spi-
:

ciasi giorno, più su de' ventiquattro riti rapidissimamente, -candente incan- :

Dottori, e formanti una terza corona di descente.


raggio maggiore che l' altre due. Per 78. vinti ecc.: sopraffatti da tanto splen-
dipingere il modo di questa graduata dore, non ressero ad esso.
parvenza, si vale del fatto ovvio e molto V. 79-90. Ascensione al cielo di
a proposito per l'analogia, che è il primo Marte. Non reggendo al grande splen-
comparire delle stelle al cominciare della dore degli spiriti beati ultimamente ap-
sera, quando la vivacità del crepuscolo, parsigli,D. volge lo sguardo a B. e ;

che ce ne toglie la vista, va notabilmente questa gli si manifesta adorna di tanta


attenuandosi; e allora cominciamo a ve- bellezza e ridente d'un riso sì divino,
dere qualche lucore, ma non sì che siamo eh' egli non può ricordar bene la cosa né
certi di aver, visto distintamente il punto ridirla. Se non che, guardando B., gli oc-
luminoso onde emana, rendendoci dub- chi di D. riacquistano virtù a rilevarsi;
biosi la debolezza del raggio e l'inter-
; ed egli si vede trasportato al 5° cielo.
mittenza a cui questo va soggetto per Anche stavolta 1' ascensione si compie
le condizioni atmosferiche »; Antonelli. in un attimo, sì che il P. quando si ac-
67-G9. Ed ecco ecc.: ed ecco tutto in- corge del suo volare, già è entrato nel
torno, esternamente alle due ghirlande, pianeta Marte. Di ciò egli ringrazia con
a modo di orizzonte che si fa chiaro, una tutta l'anima Iddio.
nuova luce, uguale di chiarezza in ogni 80. tra quelle vedute: « Ed accrebbe
sua parte, nascere e diffondersi sopra la bellezza ed il gaudio tanto in B., che
la luce, quella del sole, che già vi era. il P. non lo può esprimere, e per questo lo

71. parvenze: apparizioni, cioè le stelle. lascia tra quelle vedute cose, che non
72. la vista: AL: la cosa. A. parvenza seguono, anzi abbandonano la mente,
si accordamela meglio di cosa. Cfr. Moo- quando le vuole descrivere»; Land.
784 [cielo quinto] Pah. xiv.- 81-95 [AflCENSK

si vuol lasciar che non seguir la niente.


82 Quindi ripreser gli occhi mìfiì virtute
a rilevarsi ; e vidimi traslato
sol con mia donna in più alta salute.
85 Ben m'accors'io eh' io era più levato,
per l' affocato riso della stella,
che mi parea più roggio che l'usato.
88 Con tutto il core e con quella favella
eh 'è una in tutti, a Dio feci olocausto,
qual conveniasi alla grazia novella.
91 E non er'anco del mio petto esausto
l'ardor del sacrifizio, ch'io conobbi
esso litare stato accetto e fausto ;

94 che con tanto lucore e tanto robbi


m'apparvero splendor dentro a due raggi,

82. Quindi: « a Beatrice exaitata » ;


al Signore e aver sortito buon effetto;
Benv. - « Dal guardare in Beatrice, la giacché scorge entro due r>ggi, formanti
scienza divina, gli occhi abbagliati rian- una croce a bracci uguali, lumi accesi e
no virtù » Tom.
; rossi distribuiti a mo' de' lumi maggiori
84. in più alta salute in più alto grado
: e minori ond' è distinta la Via Lattea.
di beatitudine. E nel mezzo della croce lampeggia Cristo
86. affocato: colorato come foco, -riso : in un modo ch'ei ricorda ma che è ineffa-
cfr. Par. V. 97. - stella: Marte; cfr. bile, perchè lontano e superiore ad ogni
Conv. II, 14. «Quanto a la lettera, è vero possibilità terrena. Gli splendori si muo-
che lo splendore di Marte viene più affo- vono tra la cima e il basso e di corno
cato che quello del Sole: imperò che in corno, scintillando forte nell' incon-
rosseggia, e lo Sole gialleggia ma, quanto
; trarsi e nel trapasso e frattanto, si- ;

all' allegoria, si de' intendere che mag- mile a suono d'arpa e di giga, s'accoglie
giore ardore di carità, cioè più ardente, per la croce un canto melodiosissimo
è in coloro che combattono e vincono li che rapisce il P. Egli non coglie né in-
tre inimici detti di sopra [il mondo, il tende bene le parole del canto, ma da
dimonio, e la carne], che in coloro che sé quel pochino che riesce ad afferrarne
esercitano ne le Scritture » Buti. ; (Risorgi e vinci), capisce eh' è un inno
87. roggio: rosso infocato, cfr. la nota a di lode a Cristo.
Inf. XI, 73. 91. esausto esaurito non avevo ancor
: ;

88-89. con quella favella ecc.: col par- terminato la tacita e fervida offerta di
lare spirituale, interno, che è lo stesso tutto me stesso al Signore per atto di
in tutti gli uomini, anche se d' idioma gratitudine.
diversi. D. non aspetta ornai più che 93. litare: è il verbo latino litari che
B. lo esorti a ringraziare Iddio; cfr. vale sacrificare ; qui esprime quel che
' '

Par. X, 52 sgg. - olocausto vale pro- : già è stato espresso con olocausto nel
priamente bruciato interamente ', e
'
v. 89; cfr. Virg., Aen. LE, 118; IV, 50.
così chiama vasi il sacrifizio a Dio di - fausto: « Più che accetto, seguito da
qualche cosa « quae tota comburebatur »; effetto felice » ; Tom.
Petr. D. Qui significa l'offerta che il P. luce diffusa. - robbi rossi,
94. lucore : :

fa di tutto se stesso a Dio per ringra- incandescenti plur. di robbio lat. ru-
: ;

ziarlo della nuova grazia; cfr. Thom. beus. Probabilmente è un latinismo tutto
Aq., Sum. theol. I, n, 102, 3. dantesco; cfr. Bull. Ili, 101.
V. 91-126. Zia croce di Marte. Ap- 95. splendor: spiriti rilucenti, e preci-
pena terminata la sua tacita, ma fervi- samente di martiri della fede cristiana.
dissima azione di grazie, D. vede cosa - raggi liste luminose formanti una cro-
:

che gli prova essere quella stata accetta ce cfr. v. 101.


;
[CIELO QUINTO] Par. xiv. 96-108 [croce di marte] 785

eh' io dissi : « Eliòs die sì gli addobbi »


Come distinta da minori e maggi
lumi biancheggia tra' poli del mondo
Galassia sì, che fa dubbiar ben saggi ;

100 sì costellati facean nel profondo


Marte que' rai il venerabil segno
che fan giunture di quadranti in tondo.
io;] Qui vince la memoria mia lo 'ngegno ;

che quella croce lampeggiava Cristo,


sì eh' io non so trovare esemplo degno :

06 ma chi prende sua croce e segue Cristo,


ancor mi scuserà di quel eh' io lasso,
vedendo in quell'albór balenar Cristo.
96. Eliòs : o Dio, che gli addobbi di circolo, bisogna che abbiano il medesimo
tanta luce Se avesse conosciuta la lin-
! raggio, ossia che spettino alla stessa cir-
gua ebraica, Dante avrebbe forse detto conferenza e allora son quattro, e altret-
;

Eliòn =eccelso, eh' è uno dei nomi di tanti i punti di divisione da quadrante a
Dio. Eliòs è propriamente nome greco che quadrante. Questi punti riuniti alter-
significa Sole; e D. chiama Sole Iddio nativamente con rette, fanno nascere
anche altrove, Par. IX, 8; XVIII, due diametri, che s'intersecano ad an-
105, ecc. ; ma qui ei ricordava probabil- golo retto e queste linee sono le giun-
;

mente quel che dicono le Magnce Deri- ture le quali fanno il venerabil segno,
vationes di Uguccione da Pisa, il dizio- la croce, quale era fatta nel profondo
nario latino che D. ben conobbe « Ab : Marte, cioè pel centro di questo piane-
ely, quod est deus, dictus est sol elyos, ta, da quei raggi, che sopra ha descritto
quod prò deo olim reputabatur ». Cfr. conl'imagine della Vita Lattea»; An-
Toynbee, Studies and Researches, p. 112. tonelli.
97-99.maggi: maggiori; cfr. Inf. VI, 103. vince qui la memoria supera l'in
:

48 XXXI, 84, ecc. Essendo i beati ap-


; gegno, quale non sa descrivere ciò che
il

parsi nel cielo di Marte entro due liste quella ha pur ritenuto caso inverso di ;

e splendendo qual più, qual meno, fanno quello accennato in Par. I, 7-9.
ripensare alla Galassia o Via Lattea, 105. esemplo degno: termine di con-
della quale in pochi^atti D. ci dà i fronto degno, adeguato a ciò eh' io vidi
caratteri « una striscia biancheggiante,
: in cielo e vedo tuttora nella mia memo-
procedente da un polo all'altro del mon- ria. L'arte del disegno tentò più volte
do a forma di zona circolare, in cui si di rappresentare anche questa visione,
distinguono molte stelle di varia gran- ma sempre con esito infelice.
dezza o splendore, intese con i lumi mi- 106-108. chi ecc. : chi andrà su a ve-
nori e maggi come col fare dubbiar ben
; dere la cosa, mi scuserà s'io ne taccio
saggi allude air incertezza nella quale (di quel ch'io lasso, cioè lascio), giacché si
erano tuttora gli uomini i più dotti sulla persuaderà coli' esperienza propria, non
indole di quella immensa corona »; An- esserci davvero esemplo degno. Cfr.P&r.I,
tonelli. Cfr. Conv. II, 15, dove sono 70 72. - prende sua croce e segue Cristo :

esposte varie opinioni circa la Via Lat- « Si quis vult post me venire, abneget
tea. Aristot., Meteor. I, 8. Cfr. Toym- semet ipsum et tollat crucem suam et
bee, o. e, p. 44. sequatur me »; Matt. X, 38. « Tutti co-
100. costellati: cospersi, come la Via loro che accettarono i loro dolori da Dio,
Lattea, di lumi più o meno lucenti. serbando intatto il tesoro delle loro cre-
101. rai: raggi. - il venerabil segno: denze, e declinarono in terra la viltà
la croce. del conforto, perchè sapevano che senza
102. che fan ecc.: «bel modo d'indicare dolore non si vive in amore, vedranno
una croce a bracci uguali. I quadranti fatta simbolo trionfante, tutta radiosa
perchè possano stare in tondo, cioè in di luci, tutta canora di suoni quella

50. — Div. Comm., 8a ediz.


J
786 [CIELO QUINTO] 1 AH. XIV. 109-123 [cuoce di MAi

L09 Di corno in corno e tra la cima e il basso


si movean lumi, scintillando forte
nel congiungersi insieme e nel trapasso
112 così si veggion qui diritte e torte,
veloci e tarde, rinnovando vista,
minuzie dei corpi, lunghe e corte,
le
115 moversi per lo raggio onde si lista
talvolta l'ombra che per sua difesa
la gente con ingegno e arte acquista.
118 E come giga e arpa, in tempra tesa
di molte corde, fa dolce tintinno
a tal da cui la nota non è intesa :

121 così da' lumi che lì m'apparinno,


s'accogliea per la croce una melode
che mi rapiva, sanza intender l'inno.

croce che, brutta di polvere e di san- tonelli. - si lista: «onde è tagliata, lista-
gue, avranno trascinata per il duro cam- ta, 1' ombra che si ottiene per mezzo
mino della loro esistenza, e da quella de' ripari, come sono le imposte, le stoie,
vedranno balenare l'immagine di Colui e simili altri ingegni, che 1' uomo con
che ha insegnato a tutti come si ami e arte oppone al sole » Br. B. ;

come si muoia»; Steiner, o. e, 24. 118-119. giga: strumento musicale a


109. Di corno in corno : da un braccio corde simile al violino dal ted. ant. gì-
:

all'altro di quella croce. gè, oggi Qeige. - in tempra.... corde:


110. lumi anime beate.
: con le molte corde tese e insieme armo-
111. nel congiungersi ecc. : dove gli nizzanti.
spiriti s' incontravano e passavano oltre. 119. fa: AL: fan. -tintinno: cfr. Par.
Cfr. Purg. XXVI, 28 sgg. e XXIII, 20. X, 143. Virg., Georg. TV, 64. Ariosto, Ori.
113-117. visfa: apparenza. « Dai più VII, 19.
sublimi fatti dell'universo passa il Poeta 120-123. la nota: la melodia. Come an-
ai più umili ma sempre mirabili, e sem-
;
che a chi è ignaro di musica, è dolce il
pre felicemente. Il calore, la gravità, gli suono della giga e dell' arpa, benché egli
attriti, i venti e le altre cause meccani- non conosca né distingua le note che
che distaccano continuamente dai corpi formano il dolce tintinno, così io udi-
che ci stanno d'intorno delle minime va il melodioso canto di quei beati, ma
particelle [le minuzie dei corpi]; le quali, non ne afferravo bene le parole, e quindi
per la loro tenuità e leggerezza, scor- non intendevo che inno fosse. - m'ap-
rono per l'aria in tutte le direzioni, e parinno: mi apparirono. La terminaz.
per la resistenza di essa vi si tratten- inno più che fiorentina è de'dial. tose,
gono assai, prima di obbedire alle leggi occidentali e meridionali Bull. Ili, 129.;

del peso e fermarsi su gli oggetti cir- -s' accogliea « si spandeva ma il verbo
: ;

costanti per rimettersi in giro a un nuovo dantesco spiega l'unità della melodia
impulso. Questo rimescolamento di tali risonante nella immensità della Croce.
minuzie coli' aria non ci è parvente in Così nella mente del Poeta l' immensa
piena luce: ma se tengasi difesa dal varietà dei minimi veri si raccoglie nel-
chiarore del dì una stanza, e per acci- l' unità di un vero supremo » L. Vent., ;

dente o per arte vi penetri un raggio di Simil., 57. - melode: melodia; cfr. Par.
sole, questo fa contrasto con la oscurità XXVIII, 119. « Come si disse ode o oda,
del rimanente del luogo, vi genera una strofe o strofa, ecc., così melode o melo-
lista luminosa, detta anche spettro so- da»; Nannuc, Nomi, 5. - mi rapiva:
lare, investe i corpuscoli vaganti, e rende mi faceva andare in estasi; cfr. Tom.,
visibile il fenomeno qui descritto »; An- Diz. dei Sin., n. 2208.
[CIELO QUINTO] Par. xiv. 124-136 [l'estasi beata] 787

Ben m'accors'io eh' elli era d'alte lode,


però che a me venia l Risurgi e Vinci '
i '

coni' a colui che non intende e ode.


127 Io m'innamorava tanto quinci,
che infìno a lì non fu alcuna cosa
che mi legasse con sì dolci vinci.
Forse la mia parola par tropp'osa,
posponendo il piacer degli occhi belli
ne' quai mirando il mio disio ha posa ;

133 ma chi s' avvede che i vivi suggelli


d' ogni bellezza più fanno più suso,
e ch'io non m'era lì rivolto a quelli,
ine escusar puommi di quel ch'io m'accuso

124. elli : l' inno. - lode : plur. di loda, nel cielo appunto che la rappresenta »,
Inf. II, 103. Par. X, 122. Cfr. Thom. poiché, come scrive I). nel Oonv. II, 14
Aq., Sum. theol. I, II, 101, 2; 103, 3. « il cielo di Marte si può comparare alla
I
125. venia: giungeva distinto al mio musica per due proprietadi, ecc. ecc. ».
jorecchio. - risurgi: forse le parole di 130. osarlat. ausa, ardita; Purg.XI,12Q.
Isaia, LI, 9 « Consurge, consurge, in-
: 131. occhi belli : di Beatrice.
.jluere fortitudinem brachium Domini. » 133-135. vivi suggelli : i cieli, così chia-
Gli ant. comm. credettero queste parole mati per il potere, che si credeva aves-
dirette a D. meglio intendere col Buti
;
: sero, di segnare una impronta nell'anima
* Questa è parola de la Santa Scrittura umana. Così i più. Altri: Gli occhi di B.;
che dice di Cristo; imperò che egli
si interpretazione validamente propugnata
risurresse da morte e vinse lo dimonio dal Torraca nel suo Commento e dallo
che aveva vinto l' uomo, e questo bene Steiner, o. e, 29 e 46 sgg. lì Barbi (Bull.
il intelligibile a lo intelletto umano ma : XXV, 79) opina (rinfrescando un'in-
l'altre cose divine, che furno fatte da terpretazione accennata già dall' Oit.
Cristo e che in lui sono, et apprendono e da Benv.) che i vivi suggelli siano le '

è dicono li beati che sono comprensori, anime beate '. E quando così s' intenda,
non possono intendere da noi che sia-
si tutto corre più liscio. Le anime beate,
mo E però debitamente fìnge lo
viatori. e così Beatrice e in particolare i suoi
nostro autore eh' elli non apprendeva se occhi, si manifestano con bellezze cre-
jion Risurgi e vinci ma 1' altre cose no,
; scenti quanto piti si sale per i cieli (più
perchè elli era ancora viatore. » fanno più suso, e cfr. Par. XXI, 8 sg.) :

V. 127-139. L'estasi beata. Il canto naturale perciò che i beati di Marte dia-
di quegli spiriti rapisce D. siffattamente, no a D. un piacere più intenso di quanti
eh' egli afferma di non avere mai, fino a egli ha avuti ne' cieli sottostanti e dai
quel momento, gustato così intenso di- beati e dalla stessa B., i cui occhi sono
letto. Ma forse, aggiunge, parrà a taluno stati sempre, è vero, più belli di ogni
eh' io dica troppo, posponendo il diletto bellezza d'altri beati, ma dei beati dei
che ni' infondevano gli occhi di B. a quella cieli inferiori. Ora indubbiamente anche
dolce armonia. Mi scuserà tuttavia chi ri- gliocchi di B. saranno in Marte divenuti
cordi che, giunto in Marte, io non aveva più fulgidi e belli e vinceranno ogni al-
ancora rivolto lo sguardo a quegli occhi di tra bellezza di quel luogo, sia puro affa-
cui, per la salita in Marte, la bellezza do- scinante come la melode del v. 122; ma
veva essersi, e si era, di molto accresciuta. D. non si era rivolto ancora a quelli oc-
127. quinci : di quella dolce melodia. chi sicché, esprimendosi come si espri-
;

129. vinci : vincoli di piacere. « Vinci me nei vv. 127-129, dice il vero, senza
Bono quelli legami con che comunemente far torto alcuno agli occhi di B.
si legano gli cerchi delle botti » Lan. ; 136. escusar lat. excusare, scusare. -
:

«Così» osserva lo Steiner « sono ingegno- m'accuso: di posporre il piacere degli


samente esaltati gli effetti della musica • occhi della mia donna, v. 131.
788 [cielo quinto] Pah. xiv. 137-139 -xv. 1-9 (silenzio d beati] .

per escusarmi, e vedermi dir vero;


che il piacer santo non è qui dischiuso,
139 perchè si fa, montando, più sincero.

137. per escusarmi per scusarmi dello


: 138. piacer santo: degli occhi di Beatri-
aver detto (vv. 127 sgg.) di non aver Par. VII, 102.
ce. -dischiuso: escluso; cfr.
inni gustato tanto diletto, quanto al- 139. si fa ecc.: anche
piacer santo
il
l' udire il dolcissimo canto dei beati di degli occhi di B. cresce, via via che si
Marte. L' accusa la muove D. a sé stes- sale, col crescer della bellezza de' cieli. -
so per potersi subito scusare, cioè di- sincero: puro e schietto; perfetto. Cfr.
scolpare. Par. XV, 32 Bgg.

CANTO DECIMOQUINTO

CIELO QUINTO o DI MARTE : MARTIRI DELLA RELIGIONE

CACCI AGUIDA, L' ANTICA FIRENZE E GLI ANTENATI DI DANTE

Benigna volontade in che si liqua


sempre l'amor che drittamente spira,
come cupidità fa nell' iniqua,
silenzio puose a quella dolce lira,
e fece quietar le sante corde
che la destra del cielo allenta e tira.
Come saranno a' giusti prieghi sorde
quelle sustanze, che, per darmi voglia
ch'io le pregassi, a tacer fur concorde?

V. 1-12. Il silenzio dei beati. Tace risolve (si liqua) in volontà iniqua, in
ilcanto dei beati per dare agio al P. di volontà di far il male.
manifestare i suoi desiderii. La cortese 4. lira: il coro dei beati; cfr. Par.
carità - effetto di diritto amore - degli XXIII, 100.
spiriti beati verso di lui pare al P. di 5. lesante corde: le anime beate si
buon augurio per chi in terra invoca quetarono, si fermarono.
l' intercessione dei santi e lo induce ad
; 6. la destra ecc. la destra di Dio. Di-
:

esclamare, esser ben giusto che sia dan- cendo che le corde di quella celeste lira
nato in eterno chi rinunzia a quell'amore sono allentate e tirate da Dio, il P. ri-
sì diritto per amare cose corruttibili e badisce il concetto anche altrove espresso
di breve durata. (Par. III, 82-85) che ai beati è legge e nor-
1. Benigna volontade voglia buona. -
: ma solo la volontà di Dio.
liqua: dal lat. liquat =
liquefa, scioglie: 8. sustanze: anime beate; cfr. Par.
sì liqua vale perciò si risolve '.
'
VE, 5; XXIX, 32.
3. come cupidità ecc. l' amore non di-
: 9.concorde: concordi (cfr. Nannuc,
retto al vero bene, ìa mala cupidigia, si Nomi 249 sg.) a finire il loro canto e
[CIELO QUINTO] Par. xv. 10-27 [cacciaguida) 789

10 Ben è che sanza termine si doglia


chi per amor di cosa che non duri
eternalmente quelP amor si spoglia.
13 Quale per li seren tranquilli e puri
discorre ad ora ad or subito foco,
movendo gli occhi che stavan sicuri,
1G e pare stella che tramuti loco ;

se non che dalla parte onde s' accende,


nulla sen perde, ed esso dura poco ;

19 tale, dal corno che 'n destro si stende,


al pie di quella croce corse un astro
della costellazion che lì risplende ;

22 né si partì la gemma dal suo nastro,


ma per la lista radiai trascorse,
che parve foco dietro ad alabastro.
25 Sì pia l'ombra d' Anchise si porse,
se fedemorta nostra maggior musa,
quando in Elisio del figlio s' accorse.

fermarsi, per provocarmi ad esprimere chè la stella non cade, e perchè quel
i miei desiderii. fuoco è fuggevole»; Tom.
10-12. Ben è: sta bene, è giusto. Cfr. 18. nulla sen perde ecc.: là onde quel
Thom. Aq., Sum. theol. HI, Suppl., 99, 1. fuoco muove, non vien a mancare alcun
- quell'amor : Vamor
che drittamente
è fuoco o lume, e il fuoco che si muove,
gpira del v. 2 ; l' uomo ha na-
amore che presto scompare senza lasciar traccia di
turalmente, ma di cui si spoglia volgendo sé. Cfr. Purg. V, 37 sgg.
il suo desiderio a ciò ch'è caduco e vano 19. dal corno ecc. dal braccio destro
:

(che non duri eternalmente). della croce; cfr. Par. XIV, 109.
V. 13-30. U
saluto dell' antenato. 20-24. un astro uno dei
: fulgidi spiriti,
Pari a quel guizzo di luce che suol dirsi onde la croce è costellata (XIV, 94-102).
stella cadente, discende dal destro corno « Costellazione è congregazione di molte
al pie della croce luminosa uno de' lumi stelle » ; Buti. - ne si partì ecc. : per di-
più sfavillanti, e con dolcissime parole scendere appiè della croce, quell'anima
saluta il P. come suo discendente. Que- non distaccò da essa, come una gemma
si
sto lume dichiarerà poi di essere l'anima che spiccasse dai nastro su cui è stata
si
di Cacciaguida, trisavolo di D. fissata; ma trascorse per entro i raggi
13. per li seren per i sereni notturni;
: (lista radiai; cfr. Par. XIV, 95 e 101)
cfr. Ovid., Met. II, 319 sgg. Vìrg., Aen. luminosi e biancheggianti (cfr. albor di
II, 693 sgg. Par. XIV, 108) di che è fatta la croce,
14. discorre: « Aspectus eorum quasi a guisa di lume che si muova dietro tra-
fulgura discurrentia » Nahum II, 4. ; sparente alabastro. - la gemma: l'ani-
Cfr. Lucan., Phars. V, 561 sgg. ; X, 502. ma raggiante. - radiai dal lat. radius,
:

- ad ora ad or: ogni tanto; cfr. Inf. raggio.


XV, 84. 25. Sì pia con la stessa tenerezza d'af-
:

15. movendo: «quia subitaneo scilicet fetto. - si porse: si offerse; cfr. Yirg.,
motu et splendore terrefacit videntes » ; Aen. VI, 684 sgg. dove si racconta co-
Benv. - sicuri: « sine cura, che s'op- me l'ombra di Anchise nell'Elisio corra
pone allo scotimento che porta all' ani- a braccia aperte incontro al figlio Enea.
mo quel subito guizzar di luce » Ces. ; 26. nostra maggior Musa; Conv. IV,
16. tramuti: cfr. Frezzi, Quadrir. I, 26: «Virgilio, lo maggiore nostro poeta»;
13. Poliziano, II, 17. « Stella non è, per- e cfr. Purg. VII, 16 sg.
790 [CIELO QUINTO] l'Alt. XV. 28-42 [cacciaguida]

« O sangui* meus, o superbi/usa


gratta Dei, sicut Ubi, cui
bis unquam certi Janna reclusa ? »
31 Così quel lume: ond'io m'attesi a lui;
poscia rivolsi alla mia donna il viso,
e quiuci e quindi stupefatto fui ;

:u che dentro agli occhi suoi ardea un riso


tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo
della mia grazia e del mio Paradiso.
37 Indi, a udire ed a veder giocondo,
giuuse lo spirto suo principio cose
al
ch'io non intesi, sì parlò profondo ;

40 né per elezion mi si nascose,


ma per necessità; che il suo concetto
al segno dei mortai si soprappose.

28. sangui» : O sangue mio, o grazia allora vedere tutti li termini de la beati-
di Dio in te dall'alto infusa [altri in- tudine»; Vita Nuova, § 3. - Paradiso:
tende: infusa olire misura], a chi, come cfr. Par. XIV, 131 sg. e XVIII, 21.
a te, fu mai dischiusa due volte la porta V. 37-69. L 9 invito dell'amor cele-
del cielo? Parla latino, o per indicare il ste. Dopo il primo saluto, Cacciaguida
tempo in che Cacciaguida visse, oppure soggiunge cose che D. non capisce, per-
per indizio di dignità; cfr. Purg. XIX, 99 chè di una profondità a cui non arriva
e Bull. XXIII, 61. l'intendimento umano. Ma poi Caccia-
30. bis due volte al presente e dopo
: ;
guida abbassa il tono del suo discorso,
morte; cfr. Purg. II, 91. La frase di e D. comprende ch'egli ringrazia Dio
Cacciaguida fa ripensare a quella della per la grazia concessa al suo discen-
Sibilla ad Enea che vuole scendere al- dente. Dopo di che, volgendo di nuovo
l'Inferno: « bis Stygios innare lacus, la parola a D., Cacc. continua: « Salendo
bis nigra videro Tartara ecc. »; Virg., quassù guidato da B., hai soddisfatto
Aeri. VI, 134. La porta del cielo fu di- al mio lungo e dolce desiderio di ve-
schiusa due volte anche a San Paolo, il derti, concepito per aver letto nel gran
vaso d' elezione (Inf. II, 28 sgg.) ma volume dei divini decreti (ove nulla mai
« S. Paolo era un Apostolo: non è da si cancella né si aggiunge) che un giorno
mettere in conto. Sicut tibi, cui vorrà
' '
ci saresti venuto. E tu ora, persuaso che
dire :a quale semplice mortale come
'
io veda e legga i tuoi desiderii in Dio,
tu sei'»; Parodi, Bull. XXIII, 61. stimi superfluo dimandarmi dell'esser
V. 31-36. Lo sguardobeatificante. mio e della ragione per che io mostro
All'udire il saluto di Cacciaguida, D. tanta gioia in vederti. Veramente tutti
guarda prima attento quella viva luce ;
i beati, qualunque sia il grado della loro
quindi volge gli occhi a B., e la vede beatitudine, mirando in Dio, vedono ivi
fatta sì bella, che gli par©, guardandola, come riflessi in uno specchio tutti gli
di toccare il colmo della beatitudine. umani pensieri. Tuttavia, affinchè si
31. m'attesi a lui lo fissai attenta-
: adempia meglio quell'amore del quale
mente. io sono eternamente acceso, manifestami
33. quinci e quindi dalla parte del
: tu stesso francamente il tuo desiderio,
lume e dalla parte di B., avendolo il al quale ho già pronta la risposta. »
lume chiamato suo sangue, e brillando 37. giocondo: gradito, piacevole.
gli occhi di B. straordinariamente per 38. giunse aggiunse. - principio alle
: :

essersi in lei accresciuti letizia e ardore sue prime parole, v. 28-30.


di carità col salire a quel cielo cfr. Par. ;
40-42. né per elezion: la oscurità del
XIV, 130 sgg. suo parlare non veniva da deliberalo pro-
35-36. toccar ecc.: « tanto che me parve posito; ma, in quel momento. Cacciaguida
[CIELO QUINTO] Par. xv. 43-61 [cacciaguidaJ 791

i?>
e quando l
1
arco dell' ardente affetto
fu sì sfocato, che il parlar discese
in vèr lo segno del nostro intelletto,
laprima cosa che per me s intese, ?

« Benedetto sie Tu » fu « Trino e Uno,


che nel mio seme se' tanto cortese » !

49 E seguìo « Grato e lontano digiuno,


:

tratto leggendo nel magno volume


u' non si muta mai bianco né bruno,
solvuto hai, figlio, dentro a questo lume
in ch'io ti parlo, mercè di colei
eh' all' alto volo ti vestì le piume.
55 Tu credi che a me tuo pensier mei
da quel eh' è primo, così come raia
dall' un, se si conosce, il cinque e il sei

e però ch'io mi sia e perch'io paia


più gaudioso a te, non mi domandi,
che alcun altro in questa turba gaia.
Tu credi il vero ; che minori e grandi
ra tutto ardente di così sublime amor lire quassù nelle sfere celesti. - piume :

Lvino, che non poteva pensare e dire se cfr. Boet., Cons. phil. IV, metr. 1.
m cose superiori al termine più alto cui 55-57. Tu ecc. Tu credi che il tuo pen-
:

>ssa elevarsi intelligenza de' mortali.


l' siero venga chiaro a me da Dio, che è
43. l'arco ecc. 1' ardore della infiain-
: l'Essere primo, come dalla conoscenza
ita carità. dell'unità deriva quella dei numeri tutti.
44-45. sfocato: Al. : sfogato. - discese : mei: trapassi, dal lat. meare; cfr. Par.
abbassò grado dell' umano intelletto.
al XIII, 55 XXIII, 79. - quel eh' è primo
; :

46. per me da me. : Dio, prima Mente (Conv. II, 4) e prima


48. cortese: cfr. Par. VII, 91. Bontà (Conv. IV, 9) cfr. ftp. Kani, 20. -
;

49. lontano già lungo, che dura da un


: ~ raia : raggia, procede ; Purg. XVI,
cfr.
tempo ormai lontano. Cfr. Bull. Ili, 113 ; 142. Par. XXIX, 136. Conv. III, 2. -
cfr. Inf. II, 60. -digiuno: desiderio. un ecc.: «Qui trae dall'aritmetica
dall'
50-51. tratto ecc. « Dice per simili-
: una opportuna dichiarazione a sublime
tudine, cioè, che come l'uomo leggendo concetto, dicendo che dalla perfetta co-
cava del libro eh' elli legge; così i beati, gnizione della assoluta unità si ha con-
ragguardando, come si vede nel libro tezza delle cose, come dalla idea chiara
scritto la scrittura eh' è, in Dio vedono dell'unità matematica procede la visione
ogni cosa, e quinde cavano ogni cosa intellettuale di ogni numero, indicato
ch'elli sanno»; Buti. Cfr. Inf. XIX, 54.- colla determinazione del cinque e del
niagno: grande, -u'non si muta: nel quale sei. Questa veduta semplicissima è il
non si fanno mai mutazioni e alterazioni fondamento della scienza dei numeri » ;

come ne'libri umani (cfr. Purg. XII, 105. Antonelli.


Par. XVIII, 130), ma quello che una volta 58-60. e però ecc. e per questo, perchè
:

vi è stato scritto, è immutabile in eterno. credi che io legga in Dio ciò che tu pensi,
52. solvuto: dal lat. solvere = scio- non chiedi chi io sia, né perchè io ti
gliere ; cfr. Inf. X, 114. - dentro a que- faccia maggior festa che gli altri spiriti
sto lume : in me, che ti parlo chiuso in di questa lieta schiera (turba gaia).
questo manto di luce. 61-63. minori e grandi ecc. gli spiriti :

54. all'alto volo ecc.: diede le ali


ti beati,qualunque sia il loro grado di bea-
per fare sì alto volo ; ti fece abile a sa- titudine, mirano tutti in Dio che vede
792 [CIKLO QUINTO] Par. xv. 62-76 [cacciaguida]

di questa vita miran nello spoglio


in die, prima che pensi, il pensier pandi.
64 Ma percli è il sacro amore in che io veglio
con perpetua vista e che m'asseta
di dolce disiar, s'adempia meglio,
la voce tua sicura, balda e lieta
suoni la volontà, suoni il disio
a che la mia risr^osta è già decreta ! »
Io mi volsi a Beatrice, e quella udìo
pria ch'io parlassi, ed arrosemi un cenno
che fece crescer l'ali al voler mio.
73 Poi cominciai così « L'affetto e il senno, :

come la prima equalità v'apparse,


d' un peso per ciascun di voi si fenno ;

76 però che il sol che v' allumò e arse

i pensieri prima che sieno concepiti. - in voi di pari vigore, poiché in quel Sole
vita: celeste. - speglio: specchio (cfr. che vi illumina di verità e vi accende
Inf. XIY, 105. Par. XXX, 85); Dio; di amore, la concezione della verità e
cfr. Par. XXVI, 106. - prima che pensi : quella dell' amore son tra loro sì eguali,
« Intellexisti cogitationes meas de lon- che nessuna idea di parità umana può
ge» Psl. CXXXVIII, 3. - pandi mani-
; : esprimere tale uguaglianza in modo con-
festi, dal latino panciere; usato anche in degno. Ma nei mortali affetto e senno non
prosa; cfr. Par. XXY, 20. hanno ugual potenza di volo; e io, morta-
64-66. perchè : affinchè. - il sacro amo- le, non trovo concetti corrispondenti al-

re ecc. amore, la carità santa di cui


: l' l' affetto, e molto meno ho parole da
io ardo e in cui io perpetuamente veglio tanto però vi ringrazio solo col cuore. »
;

contemplando Iddio e che desta in me 70. udìo: m'intese, comprese il mio


il dolce desiderio di appagare le tue vo- desiderio senza che io aprissi bocca.
glie, si adempia meglio ecc. 71. arrosemi: dal verbo arrogere; mi
67. balda: franca. « Tre cose toccò che aggiunse un cenno. Al. arrisemi mi : :

debbe avere lo parlatore nella sua voce ;


fece sorridendo un cenno. Cfr. Par. 1, 95.
cioè che debbe esser ferma e non tre- 72. fece crescer ecc. mi fece più de-
:

mante, che significa timore e debbe es- ; sideroso e pronto a parlare; cfr. Purg.
sere ardita, cioè alta e non bassa, che XXVII, 123.
significa diffìdenzia ; e debbe essere lieta senno sentimento e in-
73. l'affetto e il :

e non piangulosa, che significa tristizia ;


telletto. « L'intendere ne' beati è uguale
e, veduto in lui queste tre cose, crescerà al volere, perchè sono in Dio dove tutte le
l'ardore de la carità » Putì. ; facoltà umane, come in fermo e uguale
68. suoni: manifesti col suono delle fondamento, riposano saldamente»; Tom.
parole cfr. Inf. IV, 92. Par. XXVI, 50.
; 74. prima equalità: Dio. «Ogni per-
69. decreta: decretata, pronta; cfr. fezione od attributo divino è eguale al-
Par. I, 124. l' altro, perchè tutti si identificano nella

V. 70-87. Scusa e preghiera. Con divina essenza. Quindi si può dire Dio :

uno sguardo D. chiede a B. - che gliela è sapienza, Dio è amore, ecc. Col suo
concede con un cenno - licenza di par- manifestarsi al beato lo rende a sé si-
lare; quindi e' si scusa di non poter espri- mile»; Coni. Cfr. I Giov. Ili, 2. - v'ap-
mere l' affetto che sente, e prega Caccia- parse tosto che voi entraste nel regno
:

guida di manifestarglisi per nome. La dei cieli; cfr. Salm. XVI, 15.
scusa è espressa con questo giro di 75. d'un peso ecc.: divennero in cia-
parole « Dacché Dio, prima e perfetta
: scuno di voi d'uno stesso peso, cioè pari,
Uguaglianza, apparve in cielo a voi eguali.
h*ati, il sentire e l'intendere si fecero 76-78. sol: Dio. Perciocché Dio, che vi
[CIELO QUINTO] Par. xv. 77-92 [CACCIAGUIDA] 793

col caldo e con la luce, è sì iguali,


che tutte simiglianze sono scarse.
Ma voglia ed argomento nei mortali,
per la cagion eh' a voi è manifesta,
diversamente son pennuti in ali ;

ond'io, che son mortai, mi sento in questa


disagguaglianza, e però non ringrazio
se non col core alla paterna festa.
Ben supplico io a te, vivo topazio
che questa gioia preziosa ingemmi,
perchè mi facci del tuo nome sazio. »
« fronda mia in che io compiacemmi
pur aspettando, io fui ia tua radice. »
Cotal principio, rispondendo, femmij
poscia mi disse « Quel da cui si dice
:

tua cognizione e che cent' anni e piùe

illuminò col lume della sua sapienza e vi sonne di due ragioni: l'una ha colore
riscaldò col caldo del suo amore, ha così d'auro purissimo, l'altra ha colore di
eguali fra loro questi suoi attributi, che purissimo aere; ed è sì perspicacissimo,
lessuna comparazione può adeguata- che riceve in sé la chiarezza di tutte
lente rendere l' idea di tale egualità.
- V altre gemme. Dicesi che a colui che '1
Iguali eguale. Iguali per eguale fu usi-
: porta non può nuocere nemico » Ott. ;

tatissimo in antico cfr. Bull. Ili, 117.


: 86. questa gioia: questo gioiello-, la
79-84. voglia ed argomento: sono l'af- croce; cfr. v. 22.
fetto e senno del v. 73, il primo, atto V. 88-96. Xo spirito rivela sé stes-
lei sentimento; il secondo, dell'intelletto. so. Udita la preghiera di D., Caccia-
P. vuol qui esprimere quella disugua- guida si accinge a sodisfarla comincia-
glianza, per la quale col senno, col ra- dogli a dire « Io fui tuo progenitore.
:

gionare (argomento), non può adeguare Il tuo bisavolo, da cui prese nome il tuo
ed esprimere l' affetto (voglia) suo sic- ; casato, fu mio figliuolo, ed è tuttora in
ché alla paterna festa deve, suo mal- Purg. prega per lui. »
:

grado, render grazie solamente col cuore 88. compiacemmi: compiace'mi, mi coni -

e non anche, come vorrebbe, con la pa- piacei (= compiacqui). D.


fa dire a Cac-
rola. - a toì è manifesta in quanto di : ciaguida parole simili a quelle che si udi-
certo la vedete ora in Dio. Il P., eh' rono risonare dal cielo, quando Gesù fu
mortale, non la vede, epperò non la dice : battezzato «Hic est filius meus dilectus
:

egli però in sé stesso sente (v. 82), qua- in quo mihi complacui » Matt. Ili, 17.
;

lunque sia la cagione per cui Iddio vuole 89. pur aspettando anche solo aspet-
:

che così sia, che argomento e voglia sono tandoti; cfr. v. 49 sgg. - radice: capo-
forniti d' ali di differente potenza, e la stipite di antenati più antichi di Cac-
;

voglia volando tocca altezze a cui non ciaguida D. stesso forse nulla sapeva.
ha forza di giungere 1' argomento. - col Oonv. IV, 5 « Fu contemporaneo alla
:

cuore cfr. Par. XIV, 88 sgg. - paterna


: : radice della progenie di Maria. »
avendolo Cacciaguida chiamato suo san- 91-92. Quel ecc. colui dal quale tutto
:

gue, v. 28 ; suo seme, v. 48 suo figlio, v. 52.


; U tuo parentado ha preso il cognome
85. a te: D. costruisce alla latina il Alighieri. Parla di Alighiero o Alla-
verbo supplicare colla prep. cu cioè col ghiero, figlio di Cacciaguida, menzio-
dativo cfr. Par. XXVI, 94 ; XXXIII,
; nato insieme con suo fratello Preite-
25. - topazio: pietra preziosa di color nitto in un documento del 1189. Fu padre
giallo ; cfr. Par. XXX, 76. « Topazio è di Bellincione, che generò Aldighiero II,
una gemma intra l'altre maggiore; e padre di D. Era ancor vivo nel 1201; ma
794 [CIELO quinto] Pab. XV. 93-106 [FIRENZE ANTICA]

girato ha il monte in la prima cornice,


U mio tìglio fu e tuo bisavo fuc :

ben si convien che la lunga fatica


tu gli raccorci con l' opere tue.
97 Fiorenza dentro dalla cerchia antica,
ond' ella toglie ancora e terza e nona,
si stava in pace, sobria e pudica.
100 Non avea non corona,
catenella,
non donne contigiate, non cintura
che fosse a veder più che la persona.
103 Non faceva, nascendo, ancor paura
la figlia al padre che il tempo e la dote
;

non fuggian quinci e quindi la misura.


106 Non avea case di famiglia vote :

D. dovette crederlo morto primadell200, superbia e ingratitudine » G. Vili. V, 9.


;

se dice che nel 1300 Alighiero aveva già - sobria e pudica « temperata in man-
:

per più di cent'anni girato il monte giare e in bere, e pudica, cioè in abito ed
[Purg.J in la prima cornice, quella dei in atto onesta » Ott. ;

superbi; cfr. Purg. XI, 29; XIII, 4. 100. catenella: braccialetto, -corona:
95. fatica: di portare sulle spalle un si faceva d' oro o d' argento ed anche
grave sasso e sotto questo camminar con perle, e serviva ad adornare il capo
rannicchiato; che è la pena de' superbi. cfr. G. Vili. X, 153.
96. opere pie, che tu compia, tornato
: 101. contigiateGontigia si chiamò in
:

in vita, a suffragio di lui. genere (v. Diz.) ogni ornamento della


V. 97-129. L'antica Firenze, Col persona ma più particolarmente, così il
;

dire Cacciaguida: « Alighiero tuo bi- Bufi, contigie erano dette le « calze so-
savo, fu mio figlio », ha già fatto capire late col cuoio stampato intorno al pie »;
a D. chi egli sia: onde, prima di parlare Buti; e, al dire dell' Ott., contigie erano
più particolarmente di sé, descrive lo portate a' suoi tempi, che son quelli di
stato tranquillo e felice di Firenze nei D., dalle «femmine mondane».
tempo della sua nascita. Con questa de- 102. che fosse ecc. così riccamente
:

scrizione si confronti quella del cronista adorna e vistosa, da attirare gli sguardi
Giovanni Villani (lib. VI, cap. 69), il più che la persona stessa che la porta ;

quale dice su per giù le stesse cose avendo cfr. Ovid., Remed. amor., 343 sg. Gonv.
indubbiamente avuti presenti alia mente I, 10: «gli adornamenti dell' azzimare
i vv. del P. e delle vestimenta la [la donna] fanno
97. cerchia antica: è la cinta delle an- più ammirare che essa medesima. »
tiohe mura romane, cui fu sostituita una 104-105. il tempo o la dote ecc. «però :

2 a cerchia non già nel 1078, come per che aspettavano a maritarle d'etade suf-
errore narra G. Vili. IV, 8, ma solo ficiente; oggi le maritano nella culla. E
nel 1173, dopo i tempi di Cacciaguida, la dote era con misura sì che non facea
come dimostrò il Davidsohn (cfr. Bull. temere ora sono tali, che se ne va una
:

IV, 98); la 3 a fu cominciata nel 1284. con tutto quello che ha il padre » Ott. - ;

98. ond' ella toglie ecc.: «sulle ditte « Maritansi oggi di 10 anni ed anco di
mura vecchie si è una chiesa, chiamata meno.... e dannosili 400 fiorini et oltre
la Badia, la quale chiesa suona terza e per dote, come se tossono fave o lupini » ;

nona e l'altre ore, alle quali li lavoranti Buti. Cfr. G. Vili. VI, 70. Del Lungo,
delle arti entrano ed escono dal lavorìo»; Lino Gomp. I, 1101. Zdekauer, Misceli,
Lem., e così tutti gli altri antichi. fior, di erudii, e storia, 1886, 35, 97 sg.
99. in pace le dissensioni e lotte civili
: 106. vote: non grandi palazzi con stan-
incominciarono a Firenze nel 1177 «per ze più del necessario, non abitate, che si
troppa grassezza e riposo mischiato colla volessero avere solo per grandigia e per
[CIELO QUINTO] Par. xv. 107-119 [Firenze antica] 795

non v' era giunto ancor Sardanapalo


a mostrar ciò che n camera si può te. 7

]09 Non era vinto ancora Mon temalo


dal vostro Uccellatolo, che, coni' è vinto
nel montar su, così sarà nel calo.
'

112 Bellincion Berti vid' io andar cinto


di cuoio e d' osso, e venir dallo specchio
la donna sua sanza il viso dipinto
™ e vidi quel de' Nerli e quel del Vecchio
;

J
esser contenti alla pelle scoverta,
e le sue donne al fuso ed al pennecchio.
118 Oh fortunate ! ciascuna era certa
della sua sepoltura, ed ancor nulla

lusso, e questa interpretazione, se si ri- 113. andar cinto di cuoio e d' osso por- :

pensa ai costume di Firenze nei tempi tar cintura di cuoio con fìbbia d'osso:
di D. di avere, specie le consorterie, case nulla di prezióso.
con spazio sovrabbondante, e al discor- 114. dipinto: di biacca e di rossetto.
rere che si fa qui del costume semplice Lo imbellettarsi era un fatto comune
antico in contrapposto col fasto delle con- per le donne ai tempi di D. e in Firenze
suetudini di vita moderne, è da ritenere e altrove.
la vera. Al. Non erano vuote le case per
: 115116. Nerli: i Nerli d'Oltrarno, di
gli esigli cagionati dal parteggiare. Al.: parte guelfa, erano grandi e possenti cit-
Non erano le case vuote di figliolanza tadini di Firenze cfr. Q. Vili. IV, 13 V,
; ;

a motivo de' grandi vizi de' padri. 39; VI, 33. Iacopo di Ugolino de' lierli
107-108. Sardanapalo: re d'Assiria dal fu console di Firenze nel 1204 cfr. Hart- ;

667 al 626 a. C, di cui mollezza e lus- wig, Quellen und Forsch. II, 182, 196. -
suria erano proverbiali presso gli an- del Vecchio Vecchietti, nobili fiorentini
:

tichi; cfr. Paolo Or os. I, 19. Juven., del quartiere di porta San Brancazio, di
Sat. X, 362. Egli è ricordato qui come parte guelfa; cfr. G. Vili. IV, 12; V,39; VI,
tipo del lussurioso, per significare che 33, 79 Vili, 39. « Sono due antiche case
;

nella Firenze di Cacciaguida, sobria e della detta cittade; e dice che vide li mag-
pudica, ancora non era penetrata la raffi- giori di quelle case andare (ed era speziai
nata lussuria. « Lo spirito fa accenno grazia e grande cosa) contenti della pelle
significante e passa oltre»; Torraca. scoperta senza alcuno drappo; chi la por-
109. Montemaìo: Montemario presso tasse oggi, sarebbe schernito; e vide
Roma, onde prospetta la città di Roma.
si le donne loro filare; quasi dica: oggi
110. Uccellatolo: monte a 5 miglia da non vuol filare la fante, non che la
Firenze, onde si prospetta questa città donna » Ott. - scoverta « senza panno
; :

venendo da Bologna. Roma non era an- di sopra; non si facevano le guarnacce
cora superata per magnificenza d'edifìzi né mantelli di scarlatto foderati di vaio,
i

da Firenze. come si fa oggi » Buti. ;

111. nel calo: nella decadenza, Firen- 117. al fuso: cfr. Prov. XXXI, 19. -
ze, che vince adesso Roma in magnifi- al pennecchio: alla rócca.
cenza, la vincerà anche nel decadimento ;
118-119. Ciascuna era certa ecc.: non
cfr. Pura. XXIV, 79 sgg. c'era il pericolo che per dissensioni po-
112. Bellincion Berti padre della buo-
: litiche le famiglie dovessero esulare. Il
na Gualdrada (cfr. XVI, 37), della
Inf. Barbi, Bull. XVIII, 20 rieorda a illustra-
nobile famiglia dei Ravignani, onorevole zione di questo un passo di Guittone nella
cittadino di Firenze (cfr. G. Vili. IV, 1), famosa lettera ai Fiorentini: « E mogli ere
il quale visse nella 2 a metà del sec. XII, vostre, che morbide sono e grave, che
e nel 1176 fu deputato a ricevere il ca- posando e pascendo bene doveano dimo-
stello di Poggibonsi (cfr. Ildef. da 8. Lui- rare innelle sale e in le sambre vostre
gi, Deliz. IX, 4). tra i dimestichi loro, pasciute e vestite
796 [CIELO quinto] Pah. XV. 120-131 antica]

era per Francia nel letto diserta.


121 L' una vegghiava a studio della culla,
e consolando usava idioma
l'

che pria li padri e le madri trastulla ;

124 1' altra, traendo alla rócca la chioma,


favoleggiava con la sua famiglia
di Troiani, di Fiesole e di Roma.
127 Saria tenuta allor tal maraviglia
una Cianghella, un Lapo Salterello,
qual or sarìa Cincinnato e Corniglia.
130 A così riposato, a così bello
viver di cittadini, a così fida

male, e sole come aucille, e male ac- dicans super funere eius, dixit, quodin-
compagnate, alcuna fiata di loco in loco venerat in ista fcemina unum solum pec-
andate tribulando, in magioni laide e catucci, scilicet, quod ederat populum
strette, tra masnade tal fiata e con istra- Fiorenti®»; Benv. Cfr. Boccac., Labir.
nia gente addimorare, sicché l'ancille d'amore, 125. - Lapo Salterello dottore :

altrui erano loro quasi donne ». in legge e poeta fiorentino, contempora-


120. per Francia dove principalmente
: neo di D., insieme con lui condannato
andavano i Fiorentini a esercitare la mer- colla sentenza del 10 marzo 1302, forse
catura o il cambio. « Li uomini non an- per aver denunziato con due altri con-
davano in Francia e in Inghilterra e in cittadini letrame di alcuni Fiorentini
più lontani paesi guadagnando, e non la- con Bonifazio Vili, che voleva incorpo-
sciavano le donne loro sole nel letto »; Ott. rare la Toscana allo Stato della Chiesa;
121. a studio della culla: a curare e cfr. Del Lungo, Diìio Comp. I, 48 sgg. ;

custodire i figliuoletti in culla. 174 sg., ecc. Levi, Bonif. Vili e le sue
122-123. consolando: il bimbo. «Dice relaz., col comune di Fir., Roma, 1882.
che di quelle alcuna vegghiava a cullare « Giudice.... di tanti vezzi in vestire e
il suo fanciullo per addormentarlo, con- in mangiare, in cavalli e famigli, che
solandolo con quelle materne e vezzose e infra nullo termine di sua condizione si
dolci lusinghe; oggi per sé è la came- contenne » Ott. - Cincinnato il dittato-
; :

riera, per sé la balia, per sé la fante »; re romano; cfr. Par. VI, 46. - Corniglia:
Ott. Cfr. Purg. XXIII, 111. -l'idioma Cornelia, madre dei Gracchi; cfr. Inf.
ecc. :parlare infantile, primo trastullo
il IV, 128.
de' genitori, che se ne valgono, imitan- V. 130-148. Cacciaguida, Dopo aver
dolo, nel parlare ai loro piccini. descritto la vita semplice e sana del-
125. favoleggiava: andava ripetendo l'antica Firenze, Cacciaguida parla di
le vecchie tradizioni popolari sulle anti- sé, rispondendo così alla domanda di D.
chità di Fiesole, di Troia e di Roma cfr.;
v. 85-87. Nacque dunque a Firenze e fu
G. Vili. I, 6 sgg. - con la sua famiglia : battezzato nel bel San Giovanni sposò ;

questo particolare compie il quadro della una donna della Valle del Po; seguitò
vita tutta casalinga delle donne e delle poi l'imperatore Corrado, dal quale fu
famiglie di quei tempi. fatto cavaliere, e morì combattendo con-
127-129. Sarìa: sarebbe stata. I tristi tro gl'infedeli. Di più non ne sanno gli
erano in quei tempi così rari, come ora i stessi antichi biografi e commentatori.
buoni. - Cianghella della famiglia della
: L'esistenza di Caccinguida è certa per
Tosa, sposata a Lito degli Alidosi da Imo- un documento del 1189, dal quale risulta
la, famosa per superbia e lascivia, vis- che in quell' anno egli non viveva più.
suta sin verso il 1330. « Hsec mulier, de- Cfr. S. Scaetta, Cacciaguida, Pad., 1894.
functo marito, reversa est Florentiam, In un atto del 28 apr. 1131 il Davidsohn ha
et ibi fuit vanissima, et multos habuit trovato un Cacciaguida figlio dì Adamo
procos et multum lubrice vixit. Unde, ch'egli identifica col trisavolo di Dante;
ipsa mortua, quidam frater simplex prae- Bull. VI, 207.
[ClELO QUIETO] Par. xv. 132-145 [cacciaguida] 797

cittadinanza, a così dolce ostello


Maria mi die, chiamata in alte grida;
e nelP antico vostro Battisteo
iusieme fui cristiano e Cacciaguida.
36 Mor onto fu mio frate ed Eliseo :

mia donna venne a me di vai di Pado ;

e quindi il soprannome tuo si feo,


139 Poi seguitai lo 'mperador Currado ;

ed ei mi cinse della sua milizia,


tanto per bene ovrar gli venni in grado.
42 Dietro gli andai incontro alla nequizia
di quella legge il cui popolo usurpa,
per colpa dei pastor, vostra giustizia.
145 Quivi fu' io da quella gente turpa

133. chiamata ecc. : da mia madre nei 139. Currado: Corrado III di Svevia,
dolori del parto ; cfr. Purg. XX, 19 sgg. regnò dal 1137 al 1152 e andò nel 1147
134. Battisteo: nel Battistero di San con Luigi VII di Francia in Terra Santa,
Giovanni ; cfr. Inf. XIX, 17 sg. *
Ba- dove assediò e attaccò inutilmente Da-
tasteo fu usato dal rimatore Monte
'
masco, sicché la crociata finì in una ri-
Andrea (Rime ant. volg. n.° 864 nel- tirata. Ma Corrado non passò per Fi-
l'ediz. della JSoc. fil. Rom.)-, e Battisteo renze anzi neppure venne mai in Italia.
;

leggiamo nel Vasari; Bull. XXIII, 62. Forse D. scambiò Corrado III, che so-
135. insieme ecc. ebbi, col battesimo che
: disferebbe alle esigenze della cronologia,
mi l'è cristiano, il nome di Cacciaguida. con Corrado II (1024-1039), che « andò
136. Morcnto né di questo fratello di
: in Calavra contro a' Saracini eh' erano
Cacciaguida, né di Eliseo si hanno no- venuti a guastare il paese, e con loro
tizie. Un Moronto de Arco, ricordato in combatteo, e con grande spargimento di
un doc. fior, del 2 aprile 1076, non ha sangue de' cristiani gli cacciò e con-
qui che vedere. Che Eliseo fosse il ca- quise. Questo Currado si dilettò assai
postipite degli Elisei, come affermarono della città di Firenze quando era in To-
il Pelli e altri, è impossibile: gli Elisei scana, e molto l'avanzò, e più cittadini di
furono assai più antichi. Probabile in- Firenze si feciono cavalieri di sua mano
vece che la famiglia di D. fosse con- e furono al suo servigio » G. Vili. IV, 9.
;

giunta con quella degli Elisei. Cfr. la Anche taluni comm. antichi confusero i
n. a Par. XVI, 40. due imperatori. Cfr. Bull, IV, 54; XI, 9.
137. vai di Pado: i più intendono di 140. mi cinse della sua milizia mi fece :

Ferrara ; altri di Parma ; il Dion. di Ve- cavaliere: miles nel M. E. valse cavaliere.
rona. A Ferrara fiorì una famiglia Ali- 143. legge: maomettana. Non dice che
ghieri ; ma troviamo degli Alighieri an- andò in Terra Santa, ma a combattere
che a Parma e in luoghi dell'Emilia.
altri contro la gente che la usurpa; e ciò
138. quindi dalla mia donna. Caccia-
: potea dirsi dei Saraceni in genere, eppe-
guida «per isposaebbe una donzella nata rò anche di quei di Calabria; cfr. n. 139.
degli Aldighieri di Ferrara, della quale 144. dei pastor: dei papi. Cfr. Inf.
forse più figliuoli ricevette. Ma come XXVII, 87 sgg. Par. IX, 126. - vostra
che gli altri nominati si fossero, in uno, giustizia: Terra Santa, che appartiene
siccome le donne sogliono esser vaghe di diritto, per ragione di giustizia, a voi
di fare, le piacque di rinnovare il nome Cristiani.
de' suoi maggiori, e nominollo Aldighie- 145. Quivi: in tale impresa; ma se si
ri; come che il vocabolo poi, per sottra- alludesse a una crociata in oriente, quivi
zione d' alcuna lettera, rimanesse Ali- equivarrebbe in Terra Santa. - turpa
' '
:

ghieri»; Bocc, Vita di D., Redaz. £ a ,


turpe anticamente anche in prosa cfr.
; ;

ed. Guerri, p. 69. Parodi, Bull. Ili, 117.


798 [CIELO quinto] PAR. XV. 146-148 -XVI. L-9 [vanto di nobiltà]

di sviluppato dal mondo fallace,


il cui amor molte anime deturpa ;

148 e venni dal martìro a questa pace. »

146. disviluppato : disciolto. « È lo spi- stiana, la morte è da considerare mar-


rito diCacciaguida che parla; e perla tirio. « I martiri che difendono la fede....
moite del corpo sciogliesi lo spirito, e più servono a Dio in quel punto della
separasi dal mondo»; Lomb. - fallace: morte che molti che sempre stanno in
cfr. Par. X, 125. altro modo. E però è loro aperta la porta
147. deturpa:«quia inficit et maculat [del cielo] immantanente ; che molti fuo-
animas de puras et mundas » Benv.
se ; ro martiri e non servirò mai a Dio se non
148. dal martìro essendo egli morto
: in quella ora, e sì fuoro così esaltati»;
per la difesa dei diritti della fedo cri- Fra Giord., Pred., ed. Manni, p. 150.

CANTO DECIMOSESTO

CIELO QUINTO o DI MARTE : MARTIRI DELLA RELIGIONE

IL VANTO DI NOBILTÀ CACCIAGUIDA E I SUOI MAGGIORI


,

L'ANTICA E LA NUOVA POPOLAZIONE DI FIRENZE

poca nostra nobiltà di sangue,


se gloriar di te la gente fai
quaggiù, dove 1' affetto nostro langue,
mirabil cosa non mi sarà mai ;

che dove appetito non si torce,



dico nel cielo, io me ne gloriai.
Ben se' manto che tosto raccorce
tu ;

sì che, senon s'appon di die in die,


lo tempo va dintorno con le force.
V. 1-9. Il vanto di nobiltà. D., ben- sola est atque unica virtus ». Cfr. Conv.
ché trasumanato, si compiacque in cielo IV, dove D. dimostra che nobiltà di
di udire che il suo antenato era stato sangue non è nobiltà vera; questa con-
fatto cavaliere, cioè nobile. Ricordan- siste nelle virtù (dovunque è Virtù, ivi
dosi, ora che scrive, di tale compiaci- è Nobiltà, cap. 19) ed è pregio tutto in-
mento, dice di compatire chi in terra va dividuale (la stirpe non fa le singularì
superbo della propria nobiltà; ma su- persone nobili, ma le singulari persone
bito soggiunge che questa rapidamente fanno nobile la stirpe, cap. 20).
si consuma, se non è avvivata e reinte- 3. langue: è fiacco, tiepido al vero bene.
grata via via da novelle virtù. 5. là ecc.: in cielo, dove l'appetito no-
1. di sangue: a differenza di quella stro più non si torce a beni falsi.
dell'animo; cfr. Boet., Cons. phil. Ili, 7-9. raccorce: meglio che da raccor-
pr. 6. De Mon. LE, 3, dove citasi il verso ciré, nel qual caso sarebbe 3 a pers. =si
di Giovenale (VII, 20) « Nobilitas animi
: raccorcia, sarà da derivare (Bull. Ili,
[CIELO QUINTO] Par. xvi. 10-21 [preghiera] 791)

10 Dal * che prima Roma sonerìe,


voi ',

in che la sua famiglia men persevra,


ricominciaron le parole mie ;

13 onde Beatrice, ch'era un poco scevra,


ridendo, parve quella che tossì
al primo Ginevra.
fallo scritto di
10 Io cominciai : padre mio
« Voi siete il
;

voi mi date a parlar tutta baldezza ;

voi mi levate sì, ch'io son più eh' io.


19 Per tanti rivi s'empie d'allegrezza
la mente mia, che di sé fa letizia
perchè può sostener che non si spezza,

125), da raccorciare, e sarà 2 a pers., che, re il voi invece del tu, i Bomani persisto-
dato pron. tu, torna benissimo; cfr.
il no meno di altre genti essendo molto facili
Inf. I, 80 sg. Par. XXXIII, 4 sg. La e corrivi a dare del tu (ed è tuttora così).
nobiltà di sangue, quale ricco manto, 13. scevra: discosta.
adorna la persona di chi la possiede; 14. quella: la dama di Mallehault, ca-
ma il tempo con le forbici lo va di conti- meriera della regina Ginevra nel famoso
nuo tosando torno torno e raccorciando ;
romanzo di Lancillotto cfr. Inf. V, 127 ;

sicché ogni giorno occorre aggiungere sgg. - tossìo tossì per far capire che avea
:

pezzi nuovi ebe riparino l'azione distrut- veduto Lancillotto baciare la regina. Ma
trice del tempo. -s'appon: si aggiunge. si veda Toynbee, Ricerche e note dante-
-die: dì; cfr. Purg. XXX, 103. - force: sche, Serie 2 a Bologna, 1904, pp. 1-23,
,

lat. forfices, forbici. e in partic. la p. 17, dove si chiarisce


V. 10-27. Preghiera al trisavolo. come D. e qui e in Inf. V, 127 ricordò un
Come a tutte le altre anime, fuorché a po' confusamente il romanzo, poiché in
Beatrice, Farinata, Cavalcante, ser Bru- questo la dama è fatta tossire non nel
netto e Adriano V, D. aveva dato del tu momento del bacio (che fu di Ginevra a
anche a Cacciaguida. Ma
ora che dalla Lancillotto), ma quando Ginevra chiese
sua bocca stessa ha intesa l'alta condi- a Lancillotto donde fosse nato il suo
zione e dignità di lui, gli dà reverente- grande amore per lei. B. qui sorride,
mente del voi di che B. sorride. Dice
; perchè s' è accorta della vanagloria di
dunque il P. al trisavolo « Voi mi riem-
: nobiltà che aveva suggerito a D. di dare
pite di baldanza e di gioia. Ditemi chi del voi al suo glorioso antenato.
furono i vostri maggiori, quali gli anni 16. Voi lo ripete tre volte; voleva dun-
:

della vostra puerizia, quali le condizioni que che fosse notato da Cacciaguida.
di Firenze e quali i suoi principali cit- 17 balde/za « sicurtà, fiducia, ionfi-
:

tadini al vostro tempo. » denza, colla giunta però di qualche cosa


10. sofferte: sofferse. Si credeva comu- di buon ardire»; Ces. Cfr. Par. XV, 67,
nemente ripetono ant. comm. e i
(e lo 18. più ch'io più di quello che io pri-
:

Fatti di Cesare) che il voi fosse stato ma mi sentiva; superiore a me stesso.


usato la prima volta dai Bomani per 19-21. Per tanti ecc.. per tante ragioni,
Giulio Cesare, quando, tornato vitto- udendo le vostre parole, si riempie d'al-
rioso in Roma, riunì nella sua persona legrezza la mente mia, che si rallegra
tutti gli uffici della repubblica. L'erro- di sé medesima, in quanto può reggere
nea credenza si fondava, pare, su una er- a tanta allegrezza senza spezzarsi, ossia
ronea interpretazione di Lucati., Phars. rimanerne fiaccata. Così i più ed ò spie- ;

V, 383 sgg.: « Summum dictator hono- gazione semplice, chiara e conforme al


rem Contigit, et lsetos fecit se consule testo. Al. troppo sottilmente e oscura-
fastos. Namque omnes voces, per quas mente: «La mente mia si empie così di
iam tempore tanto Mentimur dominis, allegrezza, che converte in letizia tutta
haec primum repperit setas. » la propria essenza; altrimenti non po-
11. in che nel voi, cioè nell'uso di usa-
: trebbe a meno di esserne sopraffatta ».
800 [CIELO quinto] Pah. XVI. 22-37 [amor celeste]

22 Ditemi dunque, cara mia primizia,


quai fur li vostri antichi, e quai fur gli anni
che si segnaro in vostra puerizia.
Ditemi dell' ovil di San Giovanni
quanto era allora, e chi eran le genti
tra esso degne di più alti scanni. »
Come s'avviva allo spirar dei venti
carbone in fiamma, così vid' io quella
luce risplendere a' miei blandimenti ;

31 e come agli occhi miei si fé' più bella,


così con voce più dolce e soave,
ma non con questa moderna favella,
34 dissemi « Da quel dì che fu detto Ave
:
' '

al parto in che mia madre, eh 'è or santa,


s'alleviò di me ond'era grave,
37 al suo Leon cinquecento cinquanta

mia primizia mio progenitore,


22. : ceso » Veni., Simil., 85, dove
; si cita an-
mia famiglia cfr. Par.
capostipite di ; che Ovid., Met., VII, 79 sgg.
XXV, 14. D. non conosce suoi antenati 30. blandimenti : parole carezzevoli.
più antichi di Cacciaguida, e ne ignorala 33. moderna i più intendono
favella:
storia, giacché non sa dirci di chi Cac- che Cacciaguida parlasse latino; altri che
ciaguida fosse figlio. Cfr. n. 40-45. parlasse in favella angelica e divina; al-
23-24. quai fur gli anni ecc. quando : tri nel volgar fiorentino antico quest'ul- :

nasceste. tima è l' interpretazione migliore. D. nel


25. dell'ovil ecc. di Firenze, avente
: Oonv. I, 5 osserva: «.... vedemo nelle
a patrono San Giovanni Battista cfr. ; città d' Italia .... a cinquanta anni da qua
G. Vili. IY, 10. Ditemi quanti erano molti vocaboli essere spenti e nati e va-
allora gli abitanti di Firenze e quali i riati; onde se '1 piccolo tempo così tra-
più cospicui e autorevoli cittadini. D. fa smuta, molto più trasmuta lo maggiore. »
4 domande 1° quali furono gli antenati
: Y. 34-39. L'anno della nascita di
di Cacciaguida 2° quale 1' anno della
;
Cacciaguida. Dal giorno dell' incarna-
sua nascita; 3° quanti gli abitanti di zione di Cristo sino al dì della mia nascita,
Firenze in quei tempi 4° quali i citta- ;
dice Cacciaguida, questo pianeta Marte
dini degni di più alti scanni, cioè di venne a riaccendersi sotto le piante della
maggior onore. Nella risposta Caccia- costellazione del Leone 580 volte. Secon-
guida inverte l'ordine delle due prime do l'Almagesto, il manuale di astrono-
domande, giacché parla: 1° del tempo mia di D. e del suo tempo, la rivoluzione
della sua nascita, vv. 34-39 2° dei suoi ;
del pianeta Marte si compie in 686 giorni
antenati, vv. 40-45 3<> del numero degli
;
e 94 cent.; onde Cacciaguida nacque l'an-
abitanti di Firenze, vv. 46-48; 4° dei 686,94x580 ^
principali cittadini, vv. 49-154.
no -g -2jgg— ftB
65
=
2o gennaio 1091, seguitò

Y. 28-33. Letizia dell'amor celeste, l'imperator Corrado e morì in età di 56


«L'anima di Cacci aguida, interrogata da anni circa. Così i più. Secondo altri, i
D. con lusinghevoli parole, mostra, bril- quali calcolano la rivoluzione di Marte
lando di più vivo splendore, il gradi- due anni intieri, Cacciaguida sarebbe
mento e l'affetto. La
similitudine [col nato nel 1160, cioè dopo la sua morte !

carbone acceso che al vento s'infiamma] Altri nel v. 38 leggono non trenta, ma tre.
racchiude l' idea separatamente accen- 34. dì: dell'Annunciazione; cfr. Luca
nata in Par. XI Y, 52 sgg. XIX, 19 sgg., ; I, 28. Purg. X, 40. Par. IH, 121.
cogliendo insieme il fulgore e il calore 35. santa: beata.
della fiamma prodotta dal carbone ac- 37. al suo : presso la costellazione del
[CIELO QUINTO] Par. xvi. 38-47 [antenati] 801

e trenta fiate venne questo foco


a rinfiammarsi sotto la sua pianta.
40 Gli antichi miei e io nacqui nel loco
dove si truova pria l'ultimo sesto
da quel che corre il vostro annual gioco.
43 Basti de' miei maggiori udirne questo ;

chi ei si furo, e onde venner quivi 7

più è tacer che ragionare onesto.


46 Tutti color ch'a quel tempo eran ivi
da poter arme tra Marte e il Battista,

Leone. Perchè suo? si chiede il Torra- miei maggiori non istarò a dire da quale
ca. E risponde: Perchè come il sole è altra stirpe discendessero o da che paese
più. ardente che mai nella costellazione provenissero, e mi basta aver accennato
del Leone, così Marte, per natura affo- che avevan casa dentro la cerchia antica
cato, (Par. XIV, 86) accresce il suo na- di Firenze, cioè appartenevano alla vec-
turale ardore quando torna sotto il Leone. chia cittadinanza, non alla gente nuova. '

38. questo fuoco Marte, rosseggiante


: Tradotta la cosa alla buona, cioè racca-
come fuoco cfr. Purg. IT, 14. Par. XIV,
; pezzando la materia greggia sotto alla
85 sgg. elaborazione poetica, non ne rimane al-
antenati di Caccia-
V. 40-45. Gli tro, se non che nelle memorie di fami-
guida, D. domanda chi fossero gli an- glia D. non risaliva oltre quel Caccia-
tichi di Cacciaguida soltanto per coglie- guida, o non vi trovava alcuna persona
re l'occasione di dirci che i suoi ante- o cosa degna di nota.... [a D.] bastava
nati abitavano già da secoli nel centro essere risalito all'origine del casato Ali-
della città, segno di antica, autentica ghieri! »; D'Ovidio, Studii, p. 513, dove
fiorentinità. Infatti Cacciaguida non dà si mostra che a ravvisare nel v. 45 una
altra risposta evidentemente D. nulla
: espressione di modestia, o un modo usa-
sapeva de' suoi antenati più in su di to per coprire un'origine vile o fatti men
Cacciaguida: cfr. n. al v. 22 e al v. 45. che decorosi, sono stati indotti i comm.
40. loco dove comincia il sesto di
: dall'avere preso in un senso troppopie-
Porta San Piero; cfr. Q. Vili. IV, 11; no che qui vale solo
la parola onesto,
IX, 136. Circa le case degli Al. cfr. Bar- conveniente, opportuno. E che tale fosse
li, Bull. XII, 314 sgg. In quel sesto il senso di onesto confermò il Barbi
' '

erano pure le case degli Elisei, anzi (Bull. XVIII, 20) con questo esempio
(Barbi, Bull. IV, 2), nei vv. 40-42 «s'in- del Bocc. « Della quale [laurea] perciò
:

dica precisamente il principio di Via de- che assai avem parlato, estimo sia one-
gli Speziali grossi, dove erano appunto sto di tornare al proposito »; Vita di
le Case degli Elisei, non S. Martino e Dante, Redaz. 2 a ediz. Guerri (Bari,
,

le Case degli Alighieri, lontane assai da Laterza) p. 94.


quel punto e fuori della strada ove av- V. 46-48. L'antica popolazione di
veniva la corsa al palio »; il che, se può Firenze. Alla domanda, quanto era al-
anche fornire un indizio buono di paren- lora l'ovil di San Giovanni, Cacciaguida
tela tra gli Alighieri e gli Elisei, è certo risponde Erano il quinto di adesso quei
:

riprova della fiorentinità degli Alighieri, che in Firenze potevano portar arme.
poiché il P. dice che ivi, nel centro della S'intende che D. volle dire che la po-
città nacquero Cacciaguida e i suoi, non polazione si era aumentata assai, non già
già ci vennero, come altre famiglie, dal fare un computo statistico.
esatto
contado. Cfr. Bull. XXV, 71. 47. (la poterarme: atti alle armi. Al. :

42. annual gioco: il palio che si cor- da portar. Cfr. Moore, Crit., 464 sg. «Po-
reva per la festa di S. Giovanni. tere armeè una grazia di lingua coinu-
43. questo che è detto ne' vv. 40-42.
: nissima nostri antichi»; Betti. « I beni
a'
45. onesto cfr. Inf. IV, 104 sg. « La
: [celesti] per noi non si possono [=non si
reticenza di Cacciaguida, considerata in possono avere per solo nostro merito] »;
se stessa, significa semplicemente :
l
De' Fra Oiord., Pred., ed. Carducci. 13.-
51. — Dio, Oomm., 8 a ediz.
802 [CIELO QUINTO PAH. XVI. 48-63 [ANT. POPOL. D. FIRENZE]

erano il quinto di quei clic son vivi ;

49 ma mista
la cittadinanza, ch'è or
di Campi, di Certaldo e di Figghine,
pura vediesi nell'ultimo artista.
52 Oh quanto fora meglio esser vicine
quelle genti eh io dico, ed al Galluzzo
7

e a Trespiano aver vostro confine,


r,ó
che averle dentro e sostener lo puzzo
del villan d'Aguglion, di quel da Signa,
che già per barattare ha l'occhio aguzzo
58 Se la gente ch'ai mondo più traligna,
non fosse stata a Cesare noverca,
ma come madre a suo lìgliuol benigna ;
61 tal fatto è fiorentino e cambia e inerca,
che si sarebbe vòlto a Simifonti,
là dove andava l'avolo alla cerca.

Nel 1300 Firenze contava (Vili. Vili, da Firenze sulla via Senese presso il
39) più di 30000 persone: poco più di confluente dell' Em
a colla Greve.
6000 ne avrà dunque contate ai tempi 54. Trespiano a tre miglia da Firenze,
:

di Cacciaguida; e i cittadini atti alle tra le fonti dei torrenti Mugnone e Ter-
armi saranno- stati poco più di 1700 ;
zolle, sulla via Bolognese.
cfr. Salvemini, Magnati epopolani, p. 43. 56-57. del villan d'Aguglion: di Baldo
- tra Marte ecc.: tra la statua di Marte d'Aguglione (castello in Val di Pesa),
sul Ponte Vecchio e il Battistero di Sau contemporaneo di D. e di grande auto-
Giovanni, al tempo di Cacciaguida li- rità a Firenze, ad una frode del quale
miti della città di Firenze cfr. G. Vili. ; già accennò il Poeta in Furg. XII, 105.
IV, 8,14. Borghini, Orig. diFir., 304 sg. Nella così detta riforma di Baldo d'Agu-
V. 49-154. Xe principali famiglie di glione del 2 sett. 1311, D. fu uno de-
Firenze, Cacciaguida osserva poi che gli eccettuati dal richiamo. - di quel
ai tempi suoi non c'era miscuglio, come da Signa ecc. di Fazio dei Morubaldini
:

ai tempi di D., di famiglie di contado da Signa (paesello sull'Arno a poca di-


con quelle veramente cittadine. Passa stanza da Firenze), più famoso come ba-
quindi ad enumerare le principali fami- rattiere, che come dottor di legge.
glie d'allora, accennando via via alla de- 58. gente ecc. : di Chiesa, chierici ; cfr.
cadenza di ciascuna. Cfr. con questa enu- Furg. VI, 91 sgg.
merazione G. Vili. IV, 10-13; V, 39; 59. noverca: matrigna; qui figurata-
meglio, I. Del Lungo, La gente nuova mente per avversa, tolto il traslato dal-
in Firenze ai tempi di D. in D. nei tempi l'avversione delle matrigne pei figliastri.
di D., pp. 1-132. 60. come madre : cfr. De Mon. Ili, 16.
50. di Campi: di famiglie venute dal con- 61-63. tal ecc. : taluno è fatto cittadino
tado, come da Campi in vai di Bisenzio, di Firenze ed esercita l'arte del cambio
da Certaldo in Valdelsa e da Figline nel e della mercatura, che si sarebbe rivolto
Valdarno di sopra. Cfr. G. Vili. VI, 4, 51. a Semifonte, dove 1' avolo suo andava
pura: la cittadinanza di Firenze
51. alla cerca. I più intesero che il P. parli
era in verità mista di Romani, Fiesolani sulle generali; altri credono, non senza
e schiatte d'origine germanica, come i fondamento, che alluda a persone e fatti
Lamberti, e gli Uberti ma tutti ormai
; speciali; probabilmente a Lippo Velluti,
si potevano considerare puri, schietti fio- come congetturò il Casini e confermò I.
rentini. Cfr. G. Vili. IV, 11 sg. Del Lungo, Dal sec. e dal poema di D.,
52. vicine: invece di essere cittadine. 479 sg. giacché Lippo, uno de' princi-
;

53. Galluzzo: villaggio a due miglia pali - come più volte è detto nella ero-
[CIELO QUINTO] Par. xvi. 64-72 [ant. popol. d. fir.] 803

61 Sariasi Montemurlo ancor dei Conti ;

sariansi i Cerchi nel piovier d'Acone,


e forse in Valdigrieve i Buondelmonti.
07 Sempre la confusion delle persone
principio fu del mal della cittade,
come del corpo il cibo che s'appone ;

70 e cieco toro più avaccio cade


che '1 cieco agnello e molte volte taglia
;

più e meglio una che le cinque spade.

naca di Donato Velluti - a dare ordine Guidi tra Pistoia e Prato, che i conti
alla cacciata di Giano, « fu » osserva il Guidi, - in Firenze i Conti per antono-
Pel Lungo, « uno di coloro sopra i quali masia -, non potendolo difendere contro
il giudizio di Parte Bianca è formulato i Pistoiesi, vendettero nel 1254 ai Fio-

da Dino (I, 13-19), quando li chiama i rentini cfr. G. Vili. V, 31.


;

potenti del popolo.... falsi popolani.... 65. piovier ora piviere, che era ed è
:

pessimi cittadini, la cui lega coi Grandi, un gruppo di parrocchie sottoposte al


fatta appunto per quella cacciata, gua- capo di una di esse, avente titolo diplo-
stò e corruppe la democrazia guelfa », mano. - Icone in Val di Sieve cfr. G.
: :

e nel 1300 era, a quanto pare, ancor vivo: Vili. IV, 37. Nel 1300 i Cerchi, padroni
mentre è certo che i Velluti venivano di gran parte del sesto di Porta S. Piero,
dal territorio di Semifonti, e s'erano fat- capitanavano parte bianca. Cfr. Del
ticittadini di Firenze mercatando e cam- Lungo, D. nei t. di D., 39 sgg.
biando, e stettero « coi Neri, cioè con al mezzodì di Firen-
66. Valdigrieve :

la parte a cui, in quel corrompimento ze, dove era sito Montebuoni, castello
della cittadinanza lamentato da Caccia- dei Buondelmonti, del quale nel 1135 fu-
guida, tante e sì brutte colpe attribuiva rono spogliati e costretti a trasferirsi a
il Poeta. » - Semifonti Semifonte, ca-
: Firenze; cfr. G. Vili. IV, 36. Inf.
stello in Valdelsa, sul Poggio di Petro- XXVIII, 106 sgg. Par. XVI, 136 sgg.
gnano, distrutto dai Guelfi fiorentini nel La Greve è affluente di sinistra dell'Ar-
1202 cfr. Del Lungo, Semifonte in Mi-
; no, nel quale sbocca tra Firenze e Signa.
scellanea stor d. Valdelsa, XVIII, 1 sgg.
. 67-69. Sempre la confusion ecc.: la im-
- alla cerca: « Andare alla cerca si dice migrazione di forestieri e quindi «la con-
di chi va limosinando, specialmente de' fusione delle persone, per i costumi di-
frati»; Caverni. I comment. antichi pe- versi e per l'orgoglio solito di chi dal
rò intesero dell'« andare col panieri o col basso ascese in alto, fu sempre principio
somieri vendendo la merce, come vanno di corruzione a Firenze [anzi delle città
per lo contado li rivenditori » (Buti), o in genere] come prima origine di male
andare « alla guardia » (Ott. e Benv.) e ; al corpo è la mescolanza de' cibi sover-
veramente, come ha mostrato il Del Lun- chi >>; Vent., Simil., 237. - s'appone:
go (v. op. cit., p. 5-9) « andare alla cerca (cfr. il v. 8) s' aggiunge a quello già
i Fiorentini dal Trecento insino al Cin- preso e non ancora digerito dunque, si ;

quecento lo dissero usualmente e lo in- sovrappone, come intesero concordemen-


tesero delle perlustrazioni per la città te gli antichi comm. (Bull. XXV, 72).
proprie di gente armata, e in particolare 70-72. avaccio presto cfr. : ; Inf. X,
dei famigli della giustizia: ciò che più 116 ;XXXIII, 106. - « Posset enim
tardi la ronda. » Sarà questo dunque
' '
quis obiicere licet civitas sit repleta
:

il senso della frase dantesca e uomini ; rusticis, tamen est maior et fortior et
d'arme furono gli antenati di quel Lippo potentior. Ad hoc respondet, per simile,
Velluti a cui non è improbabile alluda quod citius cadit magnus et protervus
ilP. ; una famiglia, che, se il partito populus, sicut taurus, quam populus
guelfo non avesse distrutto Semifonte, parvus, humilisetpacifìcus, sicut agnel-
feudo imperiale degli Alberti, quivi si lus; nam qnanto maior populus, tanto
sarebbe rivolta e quivi avrebbe presa minor intellectus »; Benv. - cinque: il
dimora e cittadinanza. numero 5 non ò messo a caso da Caccia- :

64. Montemurlo castello dei conti


: guida a Dante il numero dei Fiorentini
804 [CIELO QUINTO] PAR. XVI. 73-90 [FAMIGLIE JL>1 FLRENZbJ

7:'.
Se tu riguardi Luni e Urbi sa glia,
come Bon ile, e come Bé ne vanno
diretro ad esse Chiusi e Sinigaglia,
udir come le schiatte si disfanno,
non ti parrà nuova cosa né forte,
poscia che le cittadi termine hanno.
78 Le vostre cose tutte hanno lor morte
sì come voi ma celasi in alcuna
;

che dura molto, e


son corte. le vite
82 E come il volger del
luna ciel della
cuopre e discuopre i liti sanza posa,
così fa di Fiorenza la Fortuna ;

85 per che non dee parer mirabil cosa


ciò eh' io dirò degli alti Fiorentini
onde la fama nel tempo è nascosa.
Io vidi gli Ughi, e vidi i Catellini,
Filippi, Greci, Ormanni e Alberi chi,
già nel calare, illustri cittadini;
atti a portar armi si era quintuplicato, ne, dimostrata poi giusta, che dalli! luna
v. Horat., Sat. I, x, 14-15.'
48. Cfr. dipendesse la marea cfr. Virg., Aen.
;

73. Limi Luna, antica città sulla si-


: XI, 624 sg. Lucan., Phars. X, 204. De
nistra del fiume Macra, o Magra, di- Aq. et T. § 7. - cuopre e ecc. come il :

strutta sin dai tempi di D. (cfr. G. Vili. cielo della luna col flusso e riflusso del
I, 50), ond'ebbe nome la Lunigiana. - mare copre e discopre incessantemente i
Urbisaglia: JJrbs Saliva, antica città liti, così la Fortuna ora innalza, ora ab-

della Marca d'Ancona, non lungi da Ma- bassa la città di Firenze. Cfr. Thom. Aq.,
cerata. Ai tempi di Dante la città vera e Sum. theol. 110, 3:«Fluxuset refluxus
propria da un pezzo più non esisteva, maris non consequitur formam substan-
essendo stata distrutta da Alarico Urbi- ; tialem aquae sed virtutem lunae ».
saglia era nome di un forte castello. Cfr. 86. alti: illustri, grandi, nobili; cfr.
JBass., 241 sgg. Virg., Aen. IV, 230; V, 45; VI, 500.
75. Chiusi Cliifìum, antica città etru-
: 87. nascosa: coperta dall'oblio; cfr.
sca in Valdicbiana, ai tempi di D. già Virg., Aen. V, 302; VII, 205.
in decadenza cfr. G. Vili. I, 54. - Sini-
; 88. Ughi « furono antichissimi, i quali
:

gaglia: Sena Gallica, città delle Marche, edificarono Santa Maria Ughi, e tutto il
ai tempi di D. parte della Marca d'Anco- Poggio di Montughi fu loro, e oggi sono
na, e già « a cagione delle devastazioni spenti »; G. Vili. IV, 12. - Catellini: « furo-
dei Saraceni e delle febbri malariche, no antichissimi, e oggi non n'è ricordo»;
giunta sull'orlo della rovina»; Bass. 243. G. Vili. IV, ibid.
77: forte: difficile a comprendere. 89. Filippi « che oggi sono niente, al-
:

78. cittadi tanto più grandi e durevoli


: lora erano grandi e possenti » G. Vili. ;

delle schiatte. « Perpetuo homo non ma- IV, 13. - Greci « fu loro tutto il borgo
:

net.. etiam ipsa civitas deficit » Thom.


. . ; de' Greci, oggi sono finiti e spenti»; G.
Aq., Sum. theol. IH, Suppl., 99, 1. Vili., ibid. - Ormanni: «abitavano ov'è
79. vostre: terrestri. oggi il palagio del popolo, e chiamansi
80-81. voi individui. - celasi in alcuna
: : oggi Foraboschi » G. Vili., ibid. - Albe-
;

in alcune cose, come nelle città e nelle righi « fu loro la chiesa di Santa Malia
:

schiatte, la morte si cela, non è veduta Alberighi da casa i Donati, e oggi non
dall' individuo, durando la vita di quelle n'è nullo»; G. Vili. IV, 11.
ben più a lungo che la vita individuale. 90. nel calare: nel declinare, benché
82-84. il volger ecc.: D. seguì l'opinio- ancora illustri.
[CIELO QUINTO] Par. xvi. 91-104 [famiglie di fir.] 805

91 e vidi così grandi come antichi,


con quel della Sannella, quel dell' Arca,
e Soldanieri e Ardinglii e Bostichi.
94 Sopra la porta eh' al presente è carca
di nuova fellonia di tanto peso,
che tosto ria iattura della barca,
97 erano i Kavignani, ond' è disceso
il conte Guido e qualunque del nome

dell' alto Bellincione ha poscia preso.


100 Quel della Pressa sapeva già come
regger si vuole ed avea Galigaio -,

dorata in casa sua già 1' elsa e '1 pome.


103 Grand' era già la colonna del Vaio,
Sacchetti, Giuochi, Fifanti e Barucci

92. della Sannella « erano grandi in- : Bellincione, presero il nome di Bellincio-
torno a Mercato Nuovo »; G. Vili. IV, 13. ni-, e il nome di Bellincione fu rinnovato
- « Di questi ancora sono alcuni, ma in più volte nella famiglia Adimari, discesa
istato assai popolesco » Ott. - dell'Arca ; : da un'altra figliuola di Bellincion Berti.
« molto antichi furono, e oggi sono spen- 100. della Pressa: «stavano tra^Chia-
ti»; G. Vili. IV, 12. vaiuoli, gentili uomini »; G. Vili. IV, 10;
93. Soldanieri di porta San Pancrazio,
: cfr. VI, 75, 78. - sapeva « erano chiamati
:

Ghibellini; cfr. G. Vili. IV, 12; V, 39; ed erano eletti a reggimento de


officiali
!
VI, 33. «Questi sono ancora: ma per le terre vicine » Buti. Tradirono i Fio-
;

parte ghibellina sono fuori » Ott. Cfr. ; rentini a Montaperti; cfr. G. Vili. VI, 78.
Inf. XXXII, 121. - Ardinghi: erano 101. Galigaio: Galigai, nobili ghibel-
« molto antichi » G. Vili. IV, 11 « sono
; ; lini del quartiere di Porta San Piero G. ;

al presente in bassissimo stato e pochi » ;


Vili. V, 39. « Dice che questi erano già in
Ott. - Bostichi erano grandi intorno a
: tale stato, che di loro erano cavalieri;
Mercato Nuovo, di parte guelfa; cfr. G. ora sono di popolo, assai bassi»; Ott.
Vili. IV, 13 V, 39 VI, 33, 79 VHI, 39.
; ; ; 102. pome: ^pomo; cfr. Purg. XXVII,
« Sono al presente di poco valore e di 45, 115. L' impugnatura della spada do-
poca dignitade » Ott. ; rata era de' soli cavalieri.
94-96. porta ecc. porta S. Piero, dove : 103. la colonna del Vaio: i Pigli, del
nel 1300 abitavano i Cerchi, gente sel- quartiere di porta San Pancrazio, « gen-
vaggia ed ingrata (G. Vili. V"III, 38), tili uomini e grandi in quelli tempi » ;

e così facile a mutar fazione (fellonia), G. Vili. IV, 12. - « Avevano per arma
che presto con l' assecondare il partito una lista di vaio nel campo vermiglio
de' Bianchi Pistoiesi sarà cagione che alla lunga dello scudo » An. Fior. ;

la repubblica Fiorentina (barca) abbia 104. Sacchetti di parte guelfa, molto


:

a patire gravissima iattura. antichi; G. Vili. IV, 13; V, 39. «Furono


97. Bayignani « furono molto grandi,
: nimici dell'autore.... Furono e sono, giu-
e abitavano in su la Porta San Piero,... sta lor possa, disdegnosi e superbi »; Ott.
e di loro per donna nacquero tutti i conti -Giuochi « che oggi sono popolani, abi-
:

Guidi, della figlinola del buono messere tavano da S. Margherita»; G. Vili. IV,
Bellincione Berti a' nostri dì è venuto : 11; V, 39. -«Questi sono divenuti al neen-
meno tutto quello legnaggio » G. Vili. ; te oggi dell'avere e delle persone e sono :

IV, 11. Ghibellini » Ott. - Fifanti detti Bogo-


; :

98. Guido: Guido Guerra VI; cfr. Inf. ghibellini; G. Vili. IV, 13; V, 38; VI,
lesi,
XVI, 38. G. Vili. IV, 1. 65. «Oggi sono neente d'avere e di per-
99. Bellincion : Bellincione Berti; cfr. sone sono Ghibellini » Ott. - Barucci
: ; :

Par. XV, 112, padre di Gualdrada. I di- « stavano Maria Maggiore, che oggi
da S.
scendenti di Ubertino Donati, genero di sono venuti meno: bene furono di loro le-
806 [CIELO QUINTO] PAR. XVI. 105-120 [FAMIGLIE DI FIRENZE]

e Galli e quei eh' arrossati per lo staio.


100 Lo ceppo di che nacquero i Calfucci,
era già grande ; e già erari tratti
alle curule Sizii e Arrigucci.
109 Oh quali io vidi quei che son disfatti
per lor superbia ! E le palle dell' oro
fiorian Fiorenza in tutt' i suoi gran fatti.
112 Così facean li padri di coloro
che, sempre che la vostra chiesa vaca,
fanno grassi stando a consistoro.
si
115 L' oltracotata schiatta che s' indraca
dietro a chi fugge, ed a chi mostra il dente
ovver la borsa, come agnel si placa,
118 già venia su, ma di picciola gente ;

sì che non piacque ad Liberti n Donato

che poi il suocero il fé' lor parente.

gnaggio gli Scali e'Palermini»; G. Vili. ne la divisione della parte, che si potea
IV, 10 V, 30, 39 VI, 33. - « Furono pie-
; ; dire che quasi fossero padri della cit-
ui di ricchezze e di leggiadrie oggi sono ; tade»; Ott. Cfr. Todeschini, II, 421-427.
pochi in numero, e senza stato d' onore 110-111. le palle dell'oro ecc. ed i Lam-
:

cittadini sono Ghibellini »


: Ott. ; berti, che furono i primi ad aver palle
105. Galli: abitavano in Mercato Nuovo d' oro nell' arme, prosperavano allora in
ed erano Ghibellini G. Vili. IV, 13 V,
; ; Firenze in tutte le sue grandi imprese.
39. « Caddero al tempo dell'Autore infino Anche i Foraboschi e i Medici ebbero le
all' ultimo scaglione, né credo mai si ri- palle d'oro. Cfr. G. Vili. IV, 12; VI, 33, 39.
lievino»; Ott. -quei: i Chiaramontesi, 112. Così ecc. in egual modo prospe-
:

Guelfi, del quartiere di Porta San Piero ;


ravano gli antenati dei Visdomini e dei
(r. Vili. IV, 11; V, 39. -arrossan: arrossi- Tosinghi, «padroni e difenditori del ve-
scono a motivo dello staio del sale, dal scovado» (G. Vili. IV, 10) «li quali han-
quale un di loro trasse una doga; cfr. no per regalia che, quando vaca vescovo
Purg. XH, 105. in Firenze, fino alla lezione dell'altro, so-
108. Lo ceppo ecc. « i Donati, ovvero
: no iconomi»; An. Fior. Cfr. Bull.Vl, 217.
Calfucci, che tutti furono un legnaggio ;
114. a consisterò adunati insieme « co-
:

ma i Calfucci vennero meno » G. Vili. ; me sta lo papa coi cardinali a consistoro


IV, 11. - « Calfucci, Donati ed Uccellini ad ordinare e disponere li fatti della Chie-
furono d' uno ceppo li Donati spensero
; sa » ; Buti.
li detti loro consorti Calfucci sì che oggi ; 115-118. L' oltracotata schiatta ecc. la :

nullo, od uno solo se ne mentova, o pochis- sohiatta tracotante, che prende natura
simi»; Ott. Il nacquero sarebbe dunque e ferocia di drago dietro a chi fugge, e
amara ironia. Secondo altri, i Calfucci si fa agnello dinanzi a chi le mostra i
discesero dai Donati (Benv., Land., ecc.). denti o la borsa ecc. « Questi sono li
108. alle curule; alle prime dignità della Adimari, de' quali l'Autore vide spe-
repubblica, che a Roma davano diritto rienza di quello ch'elli fa fede nel te-
alle sedie curuli. - Sizii « erano ancora
: sto » Ott. Cfr. G. Vili. IV, 11 Vili, 74.
; ;

nel detto quartiere [di Porta del Duomo] - Era irato a questa famiglia il Poeta,
Arrigucci e Sizii », di parte guelfa G. ; perchè Boccaccio Adimari occupò i suoi
Vili. IV, 10 V, 39 VI, 33 79, ecc. L' Ott.
; ; , beni, poi che fu mandato in esilio; e
dice i Sizii quasi spenti, gli Arrigucci sempre gli fu avversario acerrimo, che
quasi venuti meno. non russe revocato nella patria » Land. ;

109. quei ecc.: gli liberti, «li quali fu- Lo stesso ripetono Veli, ed altri.
rono in tanta altezza, infino che non ven- 120. che poi ecc.: che Bellincion Berti,
[CIELO QUINTO] Par. xvi. 121-133 [famiglie di fir.] 807

121 Già era il Caponsacco nel mercato


disceso giù da Fiesole ; e già era
buon cittadino Giuda e Infangato.
124 Io dirò cosa incredibile e vera :

nel picciol cerchio s' entrava per porta


che si nomava da quei della Pera.
127 Ciascun che della bella insegna porta
del gran barone il cui nome e il cui pregio
la festa di Tommaso riconforta,
130 da esso ebbe milizia e privilegio ;

avvegna che con popol si rauni


oggi colui che la fascia col fregio.
133 Già eran Gualterotti ed Importuni ;

suo suocero, maritasse l' altra figlia ad gna di Ugo il Grande, marchese di Tosca-
un Adimari, facendolo per tal guisa pa- na, morto in Firenze il dì di S. Tom-
rente di quella picciola gente-, cosa leg- maso 1001 e sepolto nella chiesa di Badia,
gendaria; cfr. Bull. IV, 97. furono da lui decorate dell'ordine caval-
121. Caponsacco i Caponsacchi, di par-
: leresco (milizia) e di privilegi di nobiltà,
te ghibellina, che abitavano presso a Mer- sebbene Giano Della Bella, che porta per
cato Vecchio, furono grandi Fiesolani, e arme l'insegna di Ugo contornata da
nel sec. xn ebbero consoli e podestà ;
un fregio d'oro, si raduni oggi colpo-
cfr. G. Vili. IV, 11 V, 39; VI, 33, 65.
; polo contro la nobiltà. Le 7 doghe ver-
123. Giuda: i Giudi « son gente d'al- miglie e bianche dell' impresa di Ugo il
to animo, Ghibellini, e molto abbassati Grande furono ridotte a 3 nell'impresa
d'onore e di ricchezze e di persone; e dei Pulci circondate dal fregio in quella
;

quelli che v' erano al tempo dell'Autore dei Della Bella, attraversate da una
seguirono coi detti Cerchi la fuga » Ott. ; sbarra d' oro nell' arme dei Nerli ed era ;

Il Vili, non li menziona, se pure in VI, inquartata, sempre in tre doghe, in quel-
65 non s'abbia a leggere Giudi invece la dei Giandonati, dei Gangalandi e degli
di Guidi. Cfr. Schefer-Boichorst, Fior. Alepri. Cfr. Comm. Lips. Ili, 446.
Stud., 34. - Infangato « intorno a Mer-
: 128. barone: Ugo; cfr. G. Vili. IV, 2.
cato Nuovo erano grandi.... gì' Infan- Sartwig, Quellen und ForscJi. I, 85 sg.
gati » di parte ghibellina G. Vili. IV, ; « .... del marchese Ugo, il cui nome e il
13 V, 39 VI, 65, - « Questi sono bassi
; ; cui valore, quando si fa la festa del beato
in onore e pochi in numero; sono Ghi- apostolo messer Santo Tommaso, si rin-
bellini disdegnosi » Ott.
; nuova però che allora di lui nella Badia
;

124-126. Io dirò ecc.: «Dice l'Autore: di Firenze, la quale con molte altre edi-
Chi crederebbe che quelli della Pera fos- ficò, si fanno solenni orazioni a Dio per
sono antichi? Io dico ch'elli sono sì anti- la sua anima » Ott. ;

chi, che una porta del primo cerchio della 132. colui: Giano Della Bella, dicono
cittade fu dinominata da loro; li quali tutti i moderni. Secondo qualche anti-

vennero sì meno, che di loro non fu me- co, D. intenderebbe dei Della Bella in
moria » Ott. G. Vili. IV, 13 « E die-
; : generale. Vero che Giano, esule sin dal
tro a San Piero Scheraggio ove sono oggi 1295, non si raunava nel 1300 col popolo
le case de' figliuoli Petri, furono quelli di Firenze ma ciò non poteva impedir
;

della Pera ovvero Peruzza, e per loro Dante di esprimersi come egli fa, e nelle
nome la postierla che ivi era, si chiamava parole di lui il Salvemini (Bull. IX, 114)
porta Peruzza: alcuno dice eh' e' Peruzzi ravvisa un rimprovero contro chi « im-
che sono oggi, furono stratti di quello le- memore della sua antica nobiltà, si ra-
gnaggio, ma non 1' affermo ». dunava col partito dei plebei. »
127. Ciascun ecc. tutte le famiglie
: 133. eran: in pregio, fiorivano. -Gual-
(Giandonati, Pulci, Della Bella, JSTerli, terotti : « in borgo Santo Apostolo erano
Gangalandi e Alepri) che portano l'inse- grandi Gualterotti e Importuni, che oggi
808 [CIELO QUINTO] PàB. XVI. 134-148 [FAMIGLIE DI FIRENZE]

e ancor saria Borgo più quieto,


se di nuovi vichi fosser digiuni.
136 La casa di nacque il vostro fleto,
clic
per lo giusto disdegno che v'ha morti
e posto fine al vostro viver lieto,
139 era onorata essa e suoi consorti :

o Buondelnionte, quanto mal fuggisti


nozze sue per gli altrui conforti!
le
142 Molti sarebber lieti che son tristi,
se Dio t'avesse conceduto ad Ema,
la prima volta eli 'a città venisti •

145 ma conveniasi a quella pietra scema


che guarda il ponte, che Fiorenza fésse
vittima nella sua pace postrema.
148 Con queste genti e con altre con esse
sono popolani G. Vili. IV, 13. Ambe-
»; morto, e per Firenze che ne fu divisa ;

due le famiglieerano di parte guelfa ;


cfr. Inf. IX, 54.
G.Vill. V, 39. I Gualterotti « sono pochi Amidei. - altrui:
141. sue: della casa
in numero, e meno in onore di costoro : di Gualdrada Donati, la quale indusse
[degl'Importuni] appena è alcuno »; Ott. il Buondelmonti a rompere la fede pro-

134. Borgo Borgo Santi Apostoli, do-


: messa alla figliuola di Lambertuccio
ve abitavano le due dette famiglie. Amidei, per sposare la figlia di lei.
135. yicin: cittadini; i Buondelmonti, 143. Ema fiume in Valdigreve che si
:

che « erano nobili e antichi cittadini in passa andando da Montebuoni, luogo


contado, e Montebuoni fu loro castello, d'origine de' Buondelmonti (cfr. n. 66)
e più altri in Valdigreve prima si puo- ;
a Firenze « nel quale inesser Buondel-
:

sono Oltrarno, e poi tornarono in Bor- monte fu per affogare, quando lo passò
go»; G. Vili. IV, 13. la prima volta per venire a Fiorenza »
136. La casa la famiglia degli Amidei,
: (Buti) circostanza, ignota a tutti gli al-
;

causa del fleto (lat. fletus), cioè del pian- tri antichi, e probabilmente ricavata dai
to di Firenze, per 1' uccisione di Buon- v v. di D. ne' quali si volle vedere non già
,

delmonte Buondelmonti nel 1215, dalla espresso un tardo e vano benché natu-
quale nacque la divisione dei cittadini in rale desiderio, una, sia pur vana, impre-
Guelfi e Ghibellini.» Cfr. Inf. XXVIII, cazione, ma l'allusione a un fatto reale.
103 sgg. G. Vili. V, 38. 145. pietra scema la statua mutila di:

137. disdegno: dell'affronto ricevuto. Marte cfr. Inf. XIII, 143 sg. e le n. re-
;

« E dice per lo giusto disdegno, però che lative. « Alcuna idolatria si parea per li
li Amidei ebbero cagione manifesta di di- cittadini contenere in quella statua, che
sdegnarsi, sì come più nobili, contra li credeano che ogni mutamento eh' ella
Buondelmonti. E dice che pose fine al avesse, fosse segno di futuro mutamento
vivere lieto e pacifico della città, però della cittade»; Ott. Vedasi quanto sui
che mimo a quivi non aveva avuto di- vv. 145-147 scrive il D'Ovidio, N. St.
visioni nella cittade ed ogni regno di- ;
II, 312 sgg. per rendere ragione dell'af-
viso in sé si dissolve » Ott. ; fermazione, superstiziosa e, a prima
138. yiver lieto descritto in Par. XV,
: giunta, strana sulle labbra di un beato,
97 sgg. circa la potenza della pietra scema.
139. onorata: il Vili. V, 38, chiama gli 147. postrema: ultima: d'allora in poi
Amidei « onorevoli e nobili cittadini » ;
Firenze non ebbe più pace.
ma IV, 10-14, non li nomina tra' nobili di 148. altre: all'anno 1215 il Vili. (V,39)
Firenze al tempo di Corrado II. - con- ricorda 70 schiatte notevoli di cittadini
sorti : Uccellini e Gherardini. fiorentini ; Cacciaguida non ne menziona
140. quanto mal : per te che ne fosti nemmeno lametà.
[CIELO QUINTO] PAR. XVI. 149-154 -XVII. 1-3 fDES. DI DANTE] 809

vid'io Fiorenza in sì fatto riposo,


che non avea cagione onde piangesse :

151 con queste genti vid' io glorioso


e giusto il popol suo, tanto che il giglio
non era ad asta mai x)osto a ritroso,
154 né per divisi'on fatto vermiglio. »

giglio: l'insegna di Firenze.


152. so. Dopo la guerra con Pistoia nel 1251,
a ritroso: in vituperio di subita
153. « cacciati i caporali de' Ghibellini di Fi-
sconfitta. « H
gonfalone si esalta e fa- renze, il popolo e gli Guelfi che dimoralo
glisi onore, quando si tiene in mano, alla signoria di Firenze, sì mutaro l'arme
rizzato in alto ma quando tu il vuoli
; del comune di Firenze e dove antica- ;

vituperare, come fanno coloro e' hanno mente si portava il campo rosso e '1 gi-
fatta la sconfitta, sì lo strascinano per glio bianco, sì feciono per contrario il

la terra e per lo fango, e nelle scon- campo bianco e '1 giglio rosso, e' Ghibel-
fitte delmare lo strascinano per l'ac- ritennero la prima insegna ma la
lini si ;

que»; Fra Giord., Pred. ed. Moreni, insegna antica del Comune dimezzata
H, 39. bianca e rossa, cioè lo stendale ch'an-
154. vermiglio : l'antica arme di Fi- dava nell' oste in sul carroccio, non si
renze era un giglio bianco in campo ros- mutò mai»; Q. Vili. VI, 43.

CANTO DECIMOSETTIMO

CIELO QUINTO o DI MARTE: MARTIRI DELLA RELIGIONE

I DOLORI DELL' ESIGLIO, SVENTURE E SPERANZE DI DANTE


IL CORAGGIO DELLA VERITÀ

Qual venne a Cliinenè, per accertarsi


di ciò eh' avea incontro a sé ndito
quei eh 'ancor fa li padri a' figli scarsi

V. 1-30. Domanda del Poeta intor- Cacciaguida descrivere a lungo l' ovil
no alle sue fattive vicende. Durante di San Giovanni e le genti già degne,
il suo viaggio per l'Inf. ed il Purg.il in esso, di più alti scanni, D. è tratto a
P. aveva udito parlare oscuramente del ripensare a quelle indeterminate, infau-
suo esiglio da Firenze in conseguenza ste predizioni, e a desiderarne la chiosa
Ielle discordie e delle lotte cittadine, e esplicativa e, confortatone da B., prega
;

dell'errar eh' egli farebbe per le città di tal chiosa Cacciaguida.


l'Italia; cfr. Inf. X, 79 sgg., 121 sgg.; 1. Climenè: madre di Fetonte, il quale
XV, 61 sgg.; XXIV, 140 sgg. Purg. VITI, venne da lei e le chiese ansioso se egli
133 sgg.; XI, 139 sgg. Aveva anche una fosseveramente figlio di Apollo (== Sole)
folta manifestato desiderio di più chiare ciò che Epafo, figlio di Giove, gii negava;
ìotizie a V., e questi gli avea risposto cfr. Ovìd., Met. I, 748 - II, 328.
:he gliele avrebbe date B. cfr. Inf. X,
; 3. quei Fetonte. - scarsi disposti a
: :

I 24 sgg. e XV, 89 sg. Ora, avendo udito non assecondar sempre le voglie dei figli ;
810 [cielo quinto] Par. xvii. 4-20 [domanda sul futuko]

tale era io, e tale era sentito


e da Beatrice lampa e dalla santa
clie pria per me avea mutato sito.
Per che mia donna « Manda fuor la vampa
del tuo disio » mi disse, « sì ch'eli' esca
segnata bene della interna stampa ;

10
non perchè nostra conoscenza cresca
ma perchè t'ausi
per tuo parlare,
che l'uom ti mesca. »
a dir la sete, sì
13 « cara piota mia che sì t'insusi,
che, come veggion le terrene menti
non capere in triangolo due ottusi,
10 così vedi le cose contingenti
anzi che sieno in sé, mirando
il punto

tempi son presenti,


a cui tutti li

19 mentre eh' io era a Virgilio congiunto


su per lo monte che l' anime cura

poiché ripensano alla orribile morte che « Per produrre un esempio della certez-
Fetonte incontrò, perchè il padre lo ave- za e della invariabilità di una visione del
va contentato lasciandogli guidare il pro- nostro spirito, e spiegare così qual siala
prio carro. Cfr. Inf. XXII, 106 sgg. natura della visione, che in Dio hanno
4-6. tale così ansioso di sapere il ve-
: gli eletti delle cose contingenti future,
ro. - sentito conosciuto, quantunque io
: il P. ricorre al noto teorema di geome-

non parlassi. - santa lampa: il beato spi- tria pel quale sappiamo che in ogni trian-
rito di Cacciaguida, che risplendeva co- golo rettilineo la somma dei suoi angoli
me lampa; cfr. Par. XV, 19 sgg. - mutato equivale a due retti d'onde la conse- ;

sito: discendendo dal braccio destro al guenza necessaria, che in esso non pos-
pie della croce di Marte. sono coesistere due ottusi altrimenti la ;

7. vampa ardore. Esprimi il tuo de-


: somma di quelli sarebbe già maggiore
siderio in tutta la sua intensità. di due retti »; Antonelli. Cfr. Conv. Il,
9. della interna stampa di ciò che senti : 14. - contingenti: che possono essere
entro di te. Al. eterna cfr. Moore, Crit.,
: : e non essere. « Contingens est quod
465 sg. Purg. Vili, 82. potest esse et non esse » Thom. Aq., ;

10-12. non ecc. non perchè tu possa


: Sum. theol. I, 86, 3; cfr. 19, 3. - siano
dir cosa a noi ignota, ma perchè tu ti in se sussistano di fatto, nella realtà
: ;

abitui (ausi, cfr. Inf. XI, 11 e Purg. cioè quando esistono soltanto in mente
XIX, 23) a manifestare i tuoi bisogni e Dei. - il punto Dio cfr. Par. XXVIII,
; ;

desiderii, sicché altri li possa appagare. 16. - a cui tutti ecc.: Thom. Aq., Sum.
-ti mesca: ti dia o dica o faccia quel e. Oent. I, 67, dimostra che Dio conosce

che tu brami e che ti occorra. anche singularia contingentia futura,


13-18. piota: è la pianta del piede; e cita fra l'altro Sap. Vili, 8, dove si
cfr. Inf. XIX, 120. Qui fig. per radice afferma che Dio « signa et monstra scit
della mia stirpe cfr. Par. XV, 88 sgg.
; antequam fìant et eventus temporum et
Al.: pianta; cfr. Oomm. Lips. Ili, 455. saeculorum. » E nella Sum. theol. II, il,
- t'insusi ti levi in su tanto, che di-
: 172, 1 « Praecognoscere futura, secun-
:

scerni in Dio ogni cosa futura con chia- dum quod sunt in seipsis, est proprium
rezza e certezza matematica. D. ricavò divini intellectus, cuius aeternitati sunt
inaurare dall' avverbio suso, come, insem- omnia praesentia». Cfr. n. 37-39.
prare da sempre; cfr. n. a Par. X, 48. - 20. monte ecc. del Purg.; cfr. i luoghi
:

non capere ecc. non poter esser conte-


: del poema indicati nella n. 1-30. - cura:
nuti due angoli ottusi in un triangolo. per purificarle daognimacchiadi peccato.
[CIELO QUINTO] Par. xvii. 21-36 [dom. sul futuro] 811

e discendendo nel mondo defunto,


22 dette mi mia vita futura
fur di
parole gravi avvegna eh' io mi senta
;

ben tetragono ai colpi di ventura.


25 Per che la voglia mia sarìa contenta
d' intender qual fortuna mi s'appressa ;

che saetta previsa vien più lenta. »


Così diss' io a quella luce stessa
che pria m'avea parlato, e come volle
Beatrice, fu la mia voglia confessa.
31 Né per ambage, in che la gente folle
già s
7
inviscava pria che fosse anciso
Pagnel di Dio che le peccata tolle,
34 ma per chiare parole e con preciso
latin rispose quello amor paterno,
chiuso e parvente del suo proprio riso :

21. mondo defunto: l'Inf., il « regno laedere tela solent » Dan. Ma che la;

della Inf. YIU, 85.


morta gente » ; sentenza sia d'Ovidio non è certo cfr. ;

24. tetragono fermo, incrollabile. « Te-


: Del Dungo, Lectura D., p. 21.
tragono, ogni figura che ha quattro an- 28. quella luce: Cacciaguida.
goli. L'imagine però del Poeta esclude 30. confessa: confessata, dichiarata.
le figure piane, porge il concetto di te- V. 31-45 Prescienza divina e liber-
traedro, il più semplice dei poliedri, che tà umana. Cacciaguida risponde di-
èuna piramide triangolare, la quale vie- chiarando anzi tutto che veramente tut-
ne determinata da quattro triangoli, ed te le cose contingenti future si vedono
ha quattro angoli solidi. Il concetto e il in Dio (ma non sono per questo da dire
un'opera materiale
fatto della stabilità di necessarie, restando la libertà dell'uomo
avente questa forma deriva da questo, intatta, quantunque Dio preveda ogni
che il centro di gravità di una piramide cosa) e che dal cospetto eterno, gli si pre-
;

è ad un quarto della retta che unisce il sentano le vicende future della vita di D.
vertice della piramide col centro di gra- 31. ambage: lat. ambages, parlare in-
vità della sua base, misurando quella tricato, oscuro, come quello degli ora-
quarta parte dalla base medesima, il che coli pagani. « Horrendas canit amba-
fa sì che quello sia poco remoto da que- ges»; Virg., Aen. VI, 99. - gente pa- :

sta, e che per tal modo adempiasi una gana. - folle: « Dicentes enim se esse
delle principali condizioni della stabili- sapientes, stulti facti sunt» Rom. I, 22. ;

tà » ; Anton. Vero ciò che dice V Anton.-, 32. s'inviscava si lasciava prendere
:

ma tetragono fu detto dagli antichi il come l'uccello al vischio cfr. Inf. XIII, ;

cubo, e del cubo intesero tutti gli an- 57; XXI, 18; XXII, 144. - aiìCÌSO: uc-
tichi commentatori; di quel cubo che ciso; prima della morte di Cristo.
sta fermo su qualunque delle faccie sue 33. l'Agnel ecc. :È la tradu-
Cristo.
non meno del tetraedro. Cfr. Arist., zione della frase liturgica « Ecce Agnus
Ethic, I, 10 col coinm. di S. Tom. ;
Dei, ecce qui tollit peccata mundi », che
Ithet. Ili, 11, 2. Horat., Sat. II, vii, deriva da Giov. I, 29. - tolle toglie :
;

83 sg. G. Gre8cÌ7nanno Il tetragono ,


'
'
cfr. Par. VI, 58.
di Dante, Firenze, 1914. - colpi « sono : 35. latin : favellare ; cfr. Par. XII,
andato mostrando, contro a mia voglia, 144. - amor paterno amorevole mio
: pro-
la piaga della fortuna » Conv. I, 3. Cfr. ; genitore.
Inf. XV, 91 sgg. 3G. chiuso ecc. chiuso dal suo lume,
:

27. vien più lenta: «non dà tanto do- gioioso e parvente, cioè manifestante il
lore ; onde Ovidio : Nam praevisa minus suo sentimento, per mezzo del lume stesso.
812 [CIELO quinto] Pab. XVII. 37-49 [LI BEUTA UMANA]

37 « La contingenza, che fuor del quaderno


della vostra matera non si stende,
tutta è dipinta nel cospetto eterno:
10 necessità però quindi non prende,
non come dal viso in eli e si specchia,
se
nave che per corrente giù discende.
A3 Da indi sì come viene ad orecchia
dolce armonia da organo, mi vene
a vista il tempo che ti s' apparecchia.
4C>
Qua! si partì Ippolito d' Atene
per la spietata e perfida noverca,
tal di Fiorenza partir ti convene.
49 Questo sivuole, e questo già si cerca,

37-39. La contingenza: cfr. n. 13-18. ciò che l'uomo liberamente vuole e vorrà.
- quaderno cose contingenti esistono
: le Cfr. Thom. Aq., Sum. e. Gent. I, LXVIII;
solo nel mondo materiale; nel mondo 111,94. JBoet., Con8.phil.pr. 4, 6. BeMon.
spirituale tutto è per ragione di neces- 1, 12. Purg. XVHI, 22 sgg. Par.Y, 19 sgg.
sità; cfr. Par. XXXII, 52 sgg. E il P. 41. in che si specchia: in cui la nave
con ardita metafora chiama quaderno riflette la sua immagine, si fa vedere.
della vostra matera le cose del mondo 43-45. Daindi: dalla vista eterna di
materiale, che, a modo dei fogli di un Dio viene mia la serie de' tuoi
alla vista
quaderno, si seguitano l' una all' altra, casi futuri. « Sicut enim auris h umana
mentre in Dio non vi è successione. Dice recipit dulcem sonum ab organo bene
dunque La serie degli avvenimenti con-
: temperato, ita intellectus beatus videt
tingenti, che accadono nel vostro mondo dulciter eventum futurorum in ilio or-
materiale e non altrove, tutta è manife- gano temperatissimo, a quo emanat har-
sta a Dio ma da questa scienza divina
; monia per diversas fistulas organales,
essi non pigliano carattere di necessità, scilicet no vem ordines angelorum »; Benv.
come non lo piglia moto di nave, che V. 46-51. L'esigilo di Dante. Conti-
discende per un fiume, dall' occhio di nuando Cacciaguida predice a D. l' esi-
chi la sta osservando, sebbene in esso gilo: «Tu dovrai partire da Firenze nello
occhio sia l'immagine di lei. Per altre stesso modo che Ippolito dovè partire
inaccettabili interpr. cfr. Comm. Lips. d'Atene. Questo si vuole e si cerca di
- tutta ecc. « Deus cognoscit omnia con- già a Roma, là 'dove ogni giorno si fa
tingentia, non solum prout sunt in suis mercato di Cristo. » L' esempio d'Ippo-
causis, sed etiam prout unumquodque lito, scacciato innocente, tolto da Ovidio,
eorum est actu in se ipso. Et licet con- Met. XV, 497-546, è una protesta dell'in-
tingentia fiant in actu successive, non nocenza di D. Perchè la similitudine
tamen Deus successive cognoscit contin- quadri a puntino alcuni pensarono che
gentia, prout sunt in suo esse, sicut nos, qui fosse allusione a proposte disoneste
sed simul; quiaeius cognitio mensuratur fatte a D. e da lui respinte; ma di que-
seternitate.... unde omnia quse sunt in ste non abbiamo notizia alcuna, uè è
tempore, sunt Deo ab seterno praesen- necessario che anche ne' più minuti par-
tia.... quia eius intuitus fertur ab aeter- ticolari i due termini di una similitudine

no supra omnia, prout sunt in sua pras- presentino esatta rispondenza.


sentialitate ; unde manifestum est quod 46. Ippolito figlio di Teseo, costretto
:

contingentia infallibiter a Deo cogno- ad abbandonare Atene per le calunnie


scuntur»; Thom. Aq., Suin. th. I, 14, 13. della matrigna Fedra, sdegnata dell'ave-
40. necessità dalla divina prescienza
: re egli respinte le sue dichiarazioni
gli eventi futuri non sono resi necessairi, d' amore.
ma resta all' uomo la libertà la mente : 47. noverca: lat. matrigna; cfr. Par.
divina, che tutto vede e prevede ab XYI, 59, dove la gente di Chiesa è detta
ceterno e simultaneamente, vede anche « a Cesare noverca ».
[CIELO QUINTO] Par. xvii. 50-63 [esiglio e suoi mali] 813

e tosto verrà fatto a chi ciò pensa


là dove Cristo tuttodì si merca.
La colpa seguirà la parte offensa
in grido, come suol; ma la vendetta
fìa testimonio al ver che la dispensa.
Tu lascerai ogni cosa diletta
più caramente ) e questo è quello strale
che 1' arco dello esilio pria saetta.
58 Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e com' è duro calle
lo salir per 1' altrui scale.
scendere e '1

Gì E quel che più graverà le spalle


ti

sarà la compagnia malvagia e scempia


con la qual tu cadrai in questa valle ;

51. là: a Roma. « Il suo esilio di Fi- punizione, attesterà il vero; del quale
renze fu per cagione, che quando messer si può dire che la dispensa, in quanto
Carlo di Valois della casa di Francia ven- la giusta punizione è inflitta secondo ve-
ne in Firenze l'anno 1301, e caccionnela rità, cioè a chi n'è veramente degno.
parte bianca.... D. era de' maggiori go- Alluderà D. a fatti speciali, o generi-
vernatori della nostra città, e di quella camente a tutto il complesso di infau-
parte»; G. Vili. IX, 136. Sui fatti ai quali sti eventi che in Firenze tennero dietro
il Poeta qui allude, cfr. Del Lungo, Lect. alla cacciata dei Bianchi? L'espressio-
D., p. 26 sgg. ne generica rende piti probabile questo
V. 52-69. Gli affanni dell' esiglio. secondo modo d' intendere, né è escluso
Alla profezia dell' esiglio di D. Cacc. che si alluda anche all'oltraggio di Ana-
fa seguire l' enumerazione de' guai che gni e alla morte di Bonifazio, come a
l' esiglio gii porterà. « Già si riverserà punizione da lui meritata. In altri ter-
tutta la colpa sugli oppressi, secondo il mini « La colpa si darà a torto a te e
:

solito, che chi ne tocca, ha sempre torto ; a' tuoi compagni ma Dio farà conoscere
;

ma i mali che poscia incoglieranno alla i veri colpevoli punendoli ».


,

parte stata sulle prime vittoriosa, faran 55-56. ogni cosa ecc. patria, famiglia,
:

vedere che la ragione stava dalla parte parenti, amici, patrimonio, ecc. - quello
dei vinti. Tu poi sarai costretto ad ab- strale ecc. il primo dolore che l' esiglio
:

bandonare tutto ciò che il tuo cuore ama infligge all' esule.
più. teneramente e dovrai quindi spe-
; 58-60. sa di sale: è amaro. «Memores sà-
rimentare quanto sia duro ed amaro quod in palatio comedimus »; I Esdrce
lis,
l' esser costretti a dipendere dalla gene- IV, 14. Il Dan. ricorda la sentenza di
rosità e beneficenza altrui. Ma il guaio Seneca: « Omnium quippe mortalium
peggiore sarà per te il contegno de' tuoi vita est misera; sed ìllorum miserrima,
compagni di sventura; se non che tu ti qui ad alienum somnum dormiunt, et
staccherai da loro, contento di restartene ad aliorum appetitum comedunt et bi-
senz' alcuna compagnia. » Cfr. Conv. I, 3. bunt. » E il Barbi dice chiosa degna
Boet., Cons. phil. I, pr. 4. di questi vv. le parole del Conv. I, 6:
52. la parte offensa: dei Bianchi, cacciati « Sono signori di sì asinina natura, che
da Firenze « con molta offensione » Inf. ; comandano il contrario di quello che
VI, 66. Per offensa in luogo di offesa vogliono e altri che senza dire vogliono
;

cfr. Inf. V, 109 e Purg. XXXI, 12. « La esser serviti e intesi, e altri che non vo-
voce sera che Dante, e quelli che se- gliono che '1 servo si muova a fare quello
ranno cacciati al suo tempo da Firenze, ch'è mestieri, se noi comandano.... cotali
siano persone di mala condizione, con- sono quasi bestie, alli quali la ragione
trarli di Santa Madre Ecclesia»; Lan. fa poco prode ».
54. la vendetta ecc. la vendetta, o
: 63-65. in questa valle: in questa mi-
814 [CIELO QUINTO] Par. XVII. 64-72 [PRIMO RIFUGIO]

64 che tutta ingrata, tutta matta ed empia


si farà contr' a te ma, poco appresso,
;

ella, non tu, n'avrà rossa la tempia.


67 Di sua bestialitate il suo processo
farà la prova sì che a te fìa bello
;

averti fatta parte per te stesso.


70 Lo primo tuo rifugio e '1 primo ostello
sarà la cortesia del gran Lombardo
che 'n su la scala porta il santo uccello ;

seria che io ti predico. D. dunque si una sconfìtta « se non


triare, e finita in
credeva gravemente offeso dai Bianchi, con strage, ma anche questa volta non
suoi compagni di sventura; ma in che senza sangue»; alla quale impresa D.,
le offese consistessero, non sappiamo. già staccatosi dai Bianchi, non partecipò.
Certo il giudizio di D. su' suoi com- 67. il suo processo: il modo di agire,
pagni di parte e di esiglio è, come ben di procedere dei Bianchi che riuscirà alla
nota il Del Lungo, « ingiusto, o almeno testé ricordata disfatta della Lastra.
crudele », ma
« scusabile forse in parte, 68-69. bello: onorevole, -per te stesso:
se, come sembra, lo sconforto del suo separandoti anche dai Bianchi e lascian-
ritrarsi, la sfiducia nell'opera loro, il doli fare. Ignoriamo il momento preciso
dissenso circa l'opportunità dell'operare in cui D, si separò dai Bianchi di certo ;

o dell' attendere, furono interpretati co- dopo il giugno del 1302 e prima dell'im-
me defezione, e quasi come tradimento, presa alla Lastra (cfr. n. 66) ; forse sulla
dalla compagnia sciagurata » Lectura ; fine del 1303.
D., p. 29 sg. Scrive VOtt.: «La qual V. 70-93. Il primo rifugio di Dan-
cosa divenne quando elli sé oppose, che te. Proseguendo, Cacciaguida predice a
la detta parte Bianca, cacciata di Firenze D. la cortesia e benevolenza eh' ei troverà
e già guerreggiante, non richiedesse li negli Scaligeri, vaticinando in ispecie la
amici il verno di gente, mostrando le ra- magnificenza e il valore di Can Grande.
gioni del piccolo frutto; onde poi, ve- 70-72. Lo tuo primo ecc. Da questi
:

nuta la state, non trovarono l'amico versi risulta che D. si rifugiò presso gli
com'elli era disposto il verno; onde Scaligeri a Verona, subito dopo essersi
molto odio ed ira ne portarono a Dante ; separato da' suoi compagni di parte,
di che elli si partì da loro. » La stessa se pure i vv. stessi non ci dicono essersi
cosa, con qualche differenza, racconta il egli là recato già ne' primissimi tempi
Postili, del Frani. Pai. (cfr. Comm. Lips. dell' esiglio. - gran Lombardo quasi :

Ili, 465), dov'è detto di D. essersi cre- tutti gli antichi e parecchi dei moderni
duto « quod a Florentinis corrnptus fuis- intendono, e ci par giustamente, di
set». «Calunnia senza dubbio quest'ul- Bartolommeo della Scala, m. 7 mar-
tima,» così il Del Lungo o.c, 35, «....ma zo 1304. Bocc. e Manettì di Alberto, pa-
la sola voce che del calunnioso sospetto dre di Bartolommeo; ma Alberto, morì
sia corsa, potè avere i suoi effetti nelle nel 1301, quando era tuttora a Firen-
relazioni tra i fuorusciti e lui in quei ze. Altri intendono di Alboino; ma il
due o tre primi anni dell' esiglio ». - poco modo stesso con che D. parla altrove di
appresso: poco dopo le ingiurie ch'essa Alboino, Conv. IV, 16, esclude questa
ti avrà fatte. interpretazione. Altri pensarono a Can
non di vergogna, ma di san-
66. rossa : Grande, opinione che starebbe solo colla
gue, interpretaz. confortata dalla lez. lezione colui vedrai, colui nel v. 76, esco-
rotta, che è però sprovvista d' autorità. gitata dal Dion., ma sprovvista di auto-
Che « se anche non si creda poter indi- rità, Cfr. Bull. XXIV, 49 sgg. - il santo
viduare punto per punto queste crudeli uccello: l'aquila imperiale; cfr. Par.
allusioni della profezia, storia di sangue VI, 4. D. viene a dir qui che già nel 1300
eli'è senza dubbio »; Del Lungo, o. e, gli Scaligeri avevano nel loro stemma
p. 36. Forse D. allude in ispecie all'infau- l'aquila sopra la scala. Se, come pare, lo
sta impresa della Lastra /estate del 1304) stemma degli Scaligeri non portò l'aqui-
tentata dai fuorusciti Bianchi per rimpa- la imperiale sopra la scala se non dopo
[CIELO QUINTO] Par. xvii. 73-90 [primo rifugio] 815

73 che in te avrà sì benigno riguardo,


che del fare e del chieder, tra voi due,
fìa primo quel che, tra gli altri, è più tardo.
76 Con lui vedrai colui che impresso fue,
nascendo, sì da questa stella forte,
che notabili fìer 1' opere sue.
70 Non se ne son le genti ancora accorte
per la novella età, che pur nove anni
son queste rote intorno di lui torte ,•

82 ma pria che il Guasco l alto Arrigo inganni,


7

parran faville della sua virtute


in non curar d' argento né d' affanni.
8;^
Le sue magnificenze conosciute
saranno ancora, sì eli e i suoi nimici
non ne potran tener le lingue mute.
A lui t' aspetta ed a' suoi benefìci :

per lui fìa trasmutata molta gente,


cambiando condizion ricchi e mendici ;

che Can G-rande fu fatto Vicario impe- 82. il Guasco : papa Clemente V, Gua-
riale che fu del 1311, D. cadde in un scone. Invitò Valto Arrigo, cioè Arrigo
anacronismo, facile a spiegarsi e che fa VII, a venire in Italia, e quando ci fa
ripensare a quello di Par. VI, 94-96. venuto, gli si fece nemico. D. vuol dire:
75. quel ecc,: il fare, ch'è dare; darà pri-
1
prima del 1312 '. Cfr. G. Vili. IX, 59.
ma eh e tu chieda. «Seneca nel libro de' Be- Par. XXX, 142 sgg.
nefizi (il quale il detto messer Bartolom- 83. parran ecc. « appariranno i primi
:

meo continuo praticava) Graziosissimi


: luminosi saggi della virtù di Cangrande»;
sono li benefizi apparecchiati, e che age- Del Lungo, o. e, 51.
volmente si fanno verso altrui, ne' quali 84. in non curar d'argento nò d'af-
nulla dimoranza interviene, se non per fanni : signorile magnificenza e valore
la vergogna del ricevente»; Ott. guerriero. « Auctor in duobus verbis
76. colui Can Grande, fratello mi-
: breviter colligit duo, quae reddiderunt
nore di Bartolorameo, n. 9 marzo 1291 hominem istum gloriosum, scilicet, ma-
(cfr. Bull. VI, 126), associato al governo gnificentiam in semptibus, et audaciam
nel 1311, solo signore di Verona nel 1312 in bello qua3 duo fecerunt faraosos mul-
;

sino alla sua morte, 22 luglio 1329. tos dominos vitiosos, quorum aliquosego
77. questa stella: Marte; nato sotto novi.... Cum pater eius duxisset eum se-
l'influsso di Marte, quindi bellicoso; mel ad videndum magnumthesaurum,
cfr. Gonv. II, 14. iste illieo, levatis pannis, minxit super
80. novella età: giovinezza; cfr. Inf. eum; ex quo omnes spectantes iudica-
XXXIII, 88. - nove anni Can Grande : verunt de eius futura munificenza per
compiva il suo nono anno il 9 marzo 1300; istum contemptura pecuniarum »; Beno.
onde inutile è il discutere, se D. parli 88-90. t'aspetta: cfr. Purg. XVIII, 47.
qui di rivoluzioni solari, o di rivolgi- - trasmutata ecc. per opera sua molti
:

menti del pianeta Marte. Cfr. la nota ricchi diventeranno poveri, molti poveri
di I. Del Lungo, o. e, p. 50. ricchi; mutazioni meritate e giuste, dob-
81. torte: rivolte, aggirate. «Nove fiate biamo sottintendere, se le parole, con
già, appressomio nascimento, era tor-
lo formemente a tutto il contesto di che
nato lo cielo de la luce quasi a uno me- fanno parte, devono sonar lode allo Sca-
desimo punto, quanto a la sua propria ligero. Ma poiché, questa determina-
girazione » Vita Nuova, § 2.
; zione esplicativa non c'è, altri {Troya,
816 [cielo quinto] Par. xvii. 91-100 [ammonizione]

91 e porterà' ne scritto nella mente


di lui, ina noi dirai »; e disse cose
incredibili a quei che fien presente.
94 Poi giunse « Figlio, queste son le chiose
:

di quel che ti fu detto; ecco le insidie


che dietro a pochi giri son nascose.
97 Non vo' però ch'a' tuoi vicini invidie,
poscia che s' infutura la tua vita
vie più là che '1 punir di lor perfìdie. »
200 Poi che, tacendo, si mostrò spedita

Veltro allegorico dei Ghib., pp. 171 sg.) re invidia a' suoi concittadini, che trion-
suppose che D. con ambiguo tenor di
'
feranno, è vero, in patria, mentr' egli
parole abbia voluto adombrare un bia-
'
prenderà la via dell'esiguo; ma essi sa-
simo alle violenze di quello. noi pare A ranno poi smascherati e puniti egli avrà
;

che per un biasimo questo non sia luogo fama pura e durevole ne' tempi ventu-
e che D. se avesse avuto tale intenzione, ri. « Adatta la risposta alli dubbii detti
si sarebbe espresso più apertamente; cfr. e mossi, e dice Io non voglio però che
:

vv. 124 sgg. tu odii tuoi vicini, poscia che la tua


li

91. portera'ne: ne porterai. - scrìtto vita dee essere tanta, che tu ne vedrai
nella mente cfr. Purg. XXXIII, 76 sg.
: vendetta per giudicio di Dio.... L'autore
« E di lui ne porterai scritto nella tua impertanto morì in esilio a Ravenna,
memoria, senza appalesarle ad alcuno, dove alla sua sepoltura ebbe singulare
queste cose che io ti predico » Br. B. ;
onore a nullo fatto più da Ottaviano
Il Poeta esprime qui le sue speranze nei Cesare in qua, però che a guisa di poeta
buoni imprese di Can grande.
effetti delle fu coronato con li libri e con moltitudine
Ma non specifica quali esse siano, e scusa di dottori di scienza » Ott.;

il suo silenzio fìngendo che Cacciaguida 94. Poi giunse aggiunse. - le chiose
: :

gli abbia ingiunto di tacere, e dettogli le dichiarazioni di ciò che ti è stato oscu-
cose incredìbili a chi le vedrebbe co' pro- ramente predetto nell' Inf. e nel Purg. ;

pri occhi, nonché a chi udisse anti-


le cfr. i passi cit. nella n. 1-30.
cipatamente annunziare. Le lodi date 95. le insidie: «occultai in adunati ones
qui allo Scaligero fanno ripensare a quel fortuna^ et vicinorum tuorum » Benv. ;

che si legge nel § I, dell' Episto la famosa 96. giri: di sole. La profezia di Cac-
a Cangrande « Inclyta vestrae niagrii-
: ciaguida si finge fatta nella primavera
fìcentiae laus quam fama vigil volitans del 1300 la l a condanna di Dante è del
;

disseminat [vv. 85-87], sic distrahit in 27 gennaio, la 2 a del 10 marzo 1302.


diversa diversos, ut hos in spem suae 97. vicini: concittadini; cfr. Inf. XVII,
prosperitatis attollat, hos exterminii dei- 68 e Purg. XI, 140. -invidie: tuinvidii.
ciatin terrorem [vv. 89-90]. -Hoc quidem 98-99.s'infutura: si estende, dura nel fu-
praeconium, facta modernorum exsupe- turo. « Vivrai quando e essi e i lor falli sa-
rans, tanquam veri existentialatius, ar- ranno spenti e la pena de' falliloro»; Tom.
bitrabar aliquando superfluum. Verum V. 100-120. Parlare o tacere ? Udite
ne diuturna me nimis incertitudo su- le parole di Cacciaguida, D. è preso da
spenderet.... Veronam petii fidis oculis un nuovo dubbio e lo manifesta. « Di-
disc ursurus audita; ibique magnalia ve- scendendo giù per l'Inf. e poi salendo
stra vidi, vidi beneficia siraul et tetigi su per il Purg., vidi e udii cose, che io
[v. 88] et quemadmodum prius dicto-
; non so bene se rivelare o tacere. Che
rum suspicabar excessum, sic posterius se rivelo ciò che vidi e udii, se ne risen-
ipsa facta excessi va cognovi [v. 92 sg.] ». tiranno molti, e il mio parlare mi frut-
93. che fien presente presente sta per
: terà nuove persecuzioni ma se non ho
;

presenti, di che abbiamo altri esempi. il coraggio di dire francamente il vero,

Al. fia presente


: =
sarà presente. temo di non conseguir fama tra i posteri.
V. 94-99. Ammonizione patema. Devo dunque parlare o tacere ? »
Cacciaguida esorta infine D. a non porta- 100-102. si mostrò spedita: mostrò d'a-
[CIELO QUINTO] Par. xvii. 101-120 [dubbio di dante] 817

l'anima santa di metter la trama


in quella tela eh' io le porsi ordita,
103 io cominciai come colui che brama,
dubitando, consiglio da persona
che vede e vuol dirittamente ed ama :

106 « Ben veggio, padre mio, sì come sprona


lo tempo verso me, per colpo darmi
tal, ch'è più grave a chi più s'abbandona;
109 per che di provvedenza è buon eh' io m'armi
sì che, se loco m'è tolto più caro,
io non perdessi gli altri per miei carmi.
112 Griìi ;,( r lo mondo sanza fineamaro,
e per lo monte del cui bel cacume
gli occhi della mia donna mi levaro,
115 e poscia per lo ciel di lume in lume
ho appreso quel che, s'io ridico,
io
fìa sapor di forte agrume;
a molti
118 e s'io al vero son timido amico,
temo di perder viver tra coloro
che questo tempo chiameranno antico. »
ver finito, d'aver compiuta la tela che io 111. gli altri : gli altri luoghi meno
gli aveva ordita. Chi domanda, prepara cari della patria,dove potrei trovar ri-
e porge in qualche modo l'ordito d'una fugio, -per miei carmi « per i miei versi :

tela, nel quale chi risponde mette la tra- pugnenti, che tratteranno singulari mali
ma che la compie. Lo stesso traslato di ciascun a parte e per conseguente sono
;

si ha in Par. Ili, 94-96. odiati da molti, però che oggi la veritade


103-105. come colui ecc. come chi, agi-
: partorisce odio » Ott. ;

tato da un dubbio, desidera consiglio da 112-115. lo mondo ecc.: l' Inf. - lo


persona sapiente, virtuosa e amorevole, monte : il Purg. - cacume : vetta, cima
cioè che discerne il vero (vede diritta- (Par. XX, 21); il Par. terrestre. - gli
mente), vuole il bene (vuol dirittamente) ,
occhi ecc.: cfr. Par. I, 64 sgg. - di lume
e sente affetto per chi chiede consiglio in lume: di cielo in cielo, o, meglio, di
(ama) un consigliere, insomma, perfet-
: pianeta in pianeta, fin qua.
to, quale è per D. il suo beato trisavolo. 117. savor di forte agrume un sapore :

106. sprona: si avanza in fretta. Pa- troppo forte e agro, quindi disgustoso.
ragona il tempo a cavaliere che, spro- « Sì come il forte agrume offende il gu-
nando il cavallo, s'avanzi veloce contro sto, così temo io offender la mente a molti
il nemico. che m'udiranno »; Teli.
107. colpo: l'esiglio, e le sventure che 118. timido amico tacendo. « Quello:

ne sono inevitabili conseguenze. maestro de' filosofi, Aristotile, nel prin-


108. s'abbandona: si lascia andare sen- cipio dell'Etica.... dice: Se due sono gli
za previdenza o cautela alcuna, cfr. v. 27. amici, e l'uno è la verità, alla verità è
Abbandonarsi in tal senso anche in Inf. da consentire » Conv. IV, 8. « [Philo-
;

II, 34. Purg. XVII, 136. Par. XXXI, 75. sophus] cuncta moralia dogmatizans,
109. por che di provvedenza ecc. onde : amicis omnibus veritatem docuit prae-
è bene che io provveda ai fatti miei, sì ferendam »; JEp. ad Card. Ital., 5. Cfr.
che, cacciato dalla patria, possa trovare De Mon. Ili, 1, in cui si sostiene do-
dove essere accolto. versi la verità dire schietta anche se in-
110. luogo.... più caro : la patria; cfr. cresciosa ad altri.
v. 48, 55 sgg. 119-12.0. viver: infinito sostantivato. « Se

>2. — Dir. Comm., 8 a ediz.


818 [cielo quinto] Par. xvii. 121-134 [coraggio del vero]

121 La luce in che ridea il mio tesoro


\ ch'io trovai lì, si fé 7
prima corrusca,
quale a raggio di sole specchio d'oro ;

124 indi rispose: « Conscienza fusca


o della propria o della altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca :

127 ma nondimen, rimossa ogni menzogna,


tutta tua vision fa' manifesta;
e lascia pur grattar dov'è la rogna;
130 che se la voce tua sarà molesta
nel primo gusto, vital nutrimento
lascerà poi,quando sarà digesta.
133 Questo tuo grido farà come vento,
che le più alte cime più percuote ;

io sono timido amico alla veritadc, temo 143. - il mio tesoro il « vivo topazio: » ;

di perdere ii vivere tra coloro che ver- Par. XV, 85; il mio antenato.
ranno dietro a questo tempo, il quale 122. corrusca scintillante più di pri-
:

tempo chiameranno antico, per lo


egli ma segno della gioia che sente nel com-
;

rispetto del loro presente cioè temo di


; piacere al P. cfr. Par. Vili, 46 IX,
; ;

perdere fama e buona nominanza » ; 68, ecc. Gonv. Ili, 8. Yirg., Georg. I,
Ott. 233 sg.
V. 121-142. Il coraggio della verità. 123. quale ecc. come uno specchio
:

« Parla francamente » risponde Caccia- d'oro sul quale cadano i raggi del sole.
guida «e non tacere né dissimular nulla
; 124. fusca: offuscata, turbata.
di ciò che hai veduto ed udito. Di certo 125. altrui: di congiunti od amici.
a molti, la cui coscienza è turbata delle 126-129. pur: veramente. Coloro cui
vergognose opere loro o de' loro congiun- rimorde coscienza o per le proprie colpe
ti od amici, riusciranno molto agre le o per quelle dei congiunti ed amici, sen-
tue parole. Tuttavia parla! Il vero tor- tiranno senza dubbio 1' amara puntura
nerà molto profittevole a quei medesimi, delle tue parole ciò nonostante di' aper-
;

ai quali sulle prime sarà parso disgu- tamente tutto ciò che hai veduto ed
stoso. I tuoi rimproveri feriranno prin- udito, e lascia che chi ha la rogna, se
cipalmente i grandi della terra, ciò che la gratti, lascia che si dolga chi ne avrà
è non piccolo argomento di animo ono- cagione. Modo, quest'ultimo, proverbiale
rato e grande. Rifletti che, appunto a e molto efficace anche se di una ruvi-
fine di istruire i tuoi contemporanei, ti dezza qualche po' volgare.
furono mostrate ne' regni oltremondani 132. digesta : digerita, fìguratam. per
le persone più note per fama tra quelle benponderata e perciò riconosciuta come
che, uscite delle regioni del tempo, già giusta e vera cfr. Boet., Gons.phil. Ili,
;

si trovano in quelle dell'eternità; giac- pr. 1. « Quando fuerit bene discussa, exa-
ché gli esempi atti a rendere odioso e minata et ruminata. Et vere auctor fuit
aborrito il vizio ed amabile e seguita la quodammodo propheta sibi quia vidi ;

virtù, devono essere di persone cospi- de facto multos magnos dominos, de


cue se no, non producono il desiderato
; quorum antecessoribus auctor dixit ma-
effetto. » gnani malum in libro isto, qui tamen
121. La luce: dello spirito di Caccia- summe diligunt librum istum et delec-
guida. - rideva del mistico Grifone dice
: tantur in eo; et licet aliquando vere-
raggiava (Purg. XXXI, 122); di Cac- cundentur ex bis quae auctor dicit, ta-
ciaguida rideva, i quali due verbi « ren- men tandem assentiunt et dicunt: ve-
dono con bella proprietà l'immagine che runi dicit » Benv.
;

allo splendore dell'uno e dell'altro me- 134. le più alte cime più percuote allo :

glio si conveniva »; L. Veni., Simìl., stesso modo il tuo grido colpirà più
[CIELO QUINTO] Par. xvii. 135-142 [coraggio d. vero] 819

e ciò non
fa d'onor poco argomento.
136 Però son mostrate in queste rote,
ti

nel monte e nella valle dolorosa


pur l'anime che son di fama note ;
139 che l'animo di quel ch'ode non posa,
né ferma fede per esemplo ch'aia
sua radice incognita e nascosa,
la
142 né per altro argomento che non paia. »

d'ogni altra persona i grandi e potenti der fama, buona o cattiva, ai tempi di
della terra. Cfr. Rorat., Od. II, x, 9 sgg lui.Del resto le anime che gli furono
Boet., Cons. phil. I, inetr. 4. Isaia XL, 9 mostrate da V., da B. e dagli spiriti du-
Tasso, Ger. VII, 9. « I luoghi piti alti rante il mistico suo viaggio, sono ve-
sono più ventosi e più malagevoli onde
; ramente tutte di fama note ; le anime
le torri stanno più al vento e alle per oscure non gli furono mostrate da altri,
cosse e alle tempeste » ;Fra Giord, ma il P. le riconobbe da sé.
Pred., ed. Manni, p. 27. 139-142. non posa ecc. non si acqueta
:

135. non fa così quasi tutti i codd.


: né crede sulla fede di esempi oscuri, tolti
tutte le ediz. più antiche, tranne la M da ignote e basse persone né gli argo-
;

dob., e tutti gli antichi commentatori menti puramente razionali, non conforta-
Al. non fla, che si potrebbe dire una
: ti da esempio alcuno, avrebbero efficacia

felice correzione. Il coraggio di rim- sull' animo nostro. « Instruenda est vita
proverare con aperta franchezza anche exemplis illustribus »; Seri., JEp. 83. -
ai grandi le colpe loro torna di grande àia: abbia; cfr. Inf. XXI, 60. -la sua
onore a chi ha tale coraggio. radice incognita e nascosa: che sia tolto
136. Però: per questo fine, perchè la da persone oscure e sconosciute. - non
tua parola colpisca chi sta in alto. paia che non abbia qualcosa di concreto
:

138. pur: solamente. - di fama note: e che lo renda evidente. « Non si può in-
anche i personaggi che noi conosciamo segnare la cosa non saputa per la non sa-
solamente dai versi di D., dovettero go- puta » Buti.
;
820 [CIELO QUINTO] l'Ali. XVIII. i-y [dante e beatrice]

CANTO DECIMOTTAVO
CIELO QUINTO o DI MARTE : MARTIRI DELLA RELIGIONE

SPIRITI RISPLENDENTI NELLA CROCE DI MARTE


ASCENSIONE AL CIELO DI GIOVE

CIELO SESTO o DI GIOVE: PRINCIPI SAGGI E GIUSTI

DILIGITI) IUSTITIAM, l' AQUILA IMPERIALE, AVARIZIA PAPALE

Già si godeva solo del suo verbo


quello specchio beato, ed io gustava
mio, temprando col dolce 1' acerbo ;
lo
e quella donna eli' a Dio mi menava
disse « Muta pensier pensa eli io sono
: :
7

presso a colui eh' ogni torto disgrava ».


Io mi rivolsi all' amoroso suono
del mio conforto, e quale io allor vidi
negli occhi santi amor, qui l'abbandono*

V. 1-21. Sguardo a "Beatrice, Cac- rissimi, ne' quali si vede Iddio perfet-
ciaguida tace, ed è di nuovo tutto as- tamente » Fra Giord., Fred., ed. Mo-
;

sorto nella visione beatifica della Divi- reni, IT, 305. - gustava pensando. :

nità. Dal canto suo il P. è assorto nella 3. lo mio: il mio verbo, cioè il mio
meditazione di ciò che ha testé udito. pensiero o concetto, -col dolce l'acerbo:
Ma pei conforti di B. si riscuote; e, Il dolce è il pensiero della fama impe-
guardando lei, eh' è tutta amor celeste, ritura promessagli; V acerbo il pensiero
dimentica le affannose sue cure. Dopo dell' esiglio e delle altre sventure che
un istante B. lo esorta a volgere di nuovo questo porta seco.
la sua attenzione a Cacciagnida. 5-6. Muta pensier. pensa ad altro; non
verbo: concetto, pensiero. « Verbum
1. ti preoccupar più oltre delle predizioni di
dicitur naturalis intellectus motus, se- sciagure e di torti che immeritevolmente
cundum quem movetur et intelligit et dovrai sostenere nel resto della tua vi-
cogitat»; Joh. Damasc, De fide orthod. ta. - disgrava alleggerisce, compensa;
:

I, 9. - « Primo
et principaliter interior « Mea est ultio, et ego retribuam in tem-
mentis conceptus verbum dicitur»; Thom. pore»; Deuter. XXXII, 35. Cfr. Jìom.
Aq., Sum. theol. I, 34, 1. XII, 19. Ebrei X, 30. « Beatrice disse :

specchio spirito beato di Caccia-


2. : sono pres-
S'elli ti fia fatto ingiustizia, io
guida, in che, come in uno specchio, si so a Dio, il quale dirizza ogni torto, dove
riflette lo splendore della divina luce; io sarò tua avvocata quasi dica sempre
;
:

cfr. Par. IX, 61. « Ogni santo, ogni, sarò teco, e mostrerotti li divini giudicii,
qualunche s' è il minore, sì rappresenta e sosterrotti in ogni passo » Ott. ;

più Iddio che tratutte le creature, im- 8-9. mio conforto Beatrice. Così chia-
:

però che sono come specchi lucenti e chia- mò anche V., Purg. III, 22 IX, 43, ecc. ;
[CIELO QUINTO] PAR. XVIII. 10-24 [DANTE E BEATRICE] 821

10 non perdi 7
io pur del mio parlar diffidi,
ma per la mente, che non può reddire
sopra sé tanto, s
7
altri non la guidi.
13 Tanto poss 7
io di quel punto ridire,
che, rimirando lei, lo mio affetto
libero fu da ogni altro disire,
10 fin che il piacere eterno, che diretto <

raggiava in Beatrice, dal bel viso


mi contentava col secondo aspetto.
19 Vincendo me col lume d' un sorriso,
ella mi disse « Volgiti ed ascolta :
;

che non pur ne miei occhi è Paradiso 7


»,

Come si vede qui alcuna volta


1' affetto nella vista, s elio è tanto, 7

che da lui sia tutta l


7
anima tolta ;

- e quale ecc. : e non mi provo neppure 20-21. Volgiti ecc.: volgiti a Caccia-
* descrivere quale amore vidi allora sfa- guida, ed ascolta ciò che ti dirà troverai :

villare negli ocelli di lei. un godimento paradisiaco anche nel ve-


10-12. pur: solamente. oS
r
è troverei pa- dere al tri beati. - non pur: non solo. « Quia
role sufficienti, né la memoria (mente) non solum in contempi atione tlièologise
con la sua sola forza può tornare a rap- est felicitas et beatitudo, sed etiam in
presentarsi obbietto sì trascendente, se exemplis valentium virorum »; Post. Caet.
non è aiutata da speciale grazia celeste ;l V. 22-51. Spiriti che sono nella
cfr. Par. I, 5 sgg. XXIII, 49 sgg. -
; Croce di Marte coti Cacciaguida.
reddire: cfr. Par. XI, 105; tornar tanto Alle parole di B., D. si volge a Caccia-
indietro da riprodurre in so la immagine guida e s' accorge eh' egli desidera par-
delle cose vedute. - altri Dio con gra- : largli ancora. Il trisavolo gli nomina
zia speciale; cfr. Inf. V, 81. 8 spiritimagni, che sono con lui nella
13-15. Tanto: lat. tantum solamente; = croce. Sono di uomini che nel mondo
questo solo cfr. Par. II, 67. - di quel
; combatterono per cause sante, due del-
punto ridire di quel momento io pos-
: l'antico, sei del nuovo Patto. Neil' atto
so soltanto dire che, mentre miravo B., stesso che si odono nominare (« rassegna
il mio cuore fu libero da ogni altro de- breve e quasi frettolosa nel punto della
siderio prima nutrito. L'amor celeste, battaglia»; Tom.), i singoli spiriti si
spirante negli occhi di B., distrusse dun- muovono dalle braccia della croce lumi-
que in lui ogni altro desiderio, anche di nosa e discendono raggiando. Dopo di
vendetta de' suoi nemici. che 1' anima di Cacciaguida si mescola
16-18. fi» che ecc.: finché il lume di- tra quei vivissimi fulgori associandosi
vino, eh' è il piacere eterno de' beati e al loro canto.
che raggiava direttamente in B., faceva 22. qui in terra. << Cacciaguida mo-
:

contento e beato anche me, che, mirando stra con fulgore più vivo il suo desiderio
negli occhi beili (bel viso) di lei, ricevevo di parlare col Poeta, in quella guisa che
e godevo, riflesso, quel raggio divino. un affetto grande, quale assorba ogni
il

Per altre interpunzioni e interpretazioni potenza dell' anima,


si palesa nel sem-

cfr. Comm. Lips. Bene l' Ott.: « Iddio di- biante, e massime negli occhi»; L. Yent.,
rizzava li raggi suoi in Beatrice, e quelli Simìl., 252. Cfr. Purg. XXI, 111 e Gonv.
poi da lei in me rifletteano, sì che questo Ili, 8 « Dimostrasi [l' anima] negli oc-
:

secondo aspetto mi contentava. » Per se- chi tanto manifesta, che conoscer si può
condo =
riflesso, cfr. Par. I, 49 sg. la sua presente passione, chi bene là
Vincendo me ecc.: scotendomi dalla
19. mira ».
beata contemplazione con nuovo fulgore, 24. tolta: assorbita; cfr. Purg. IV,
Bffetto di un suo sorriso. 1 sgg-
822 [CIELO QUINTO] Pak. XVIII. 25-42 [SPIRITI DI MARTE]

2.')
così nel fiammeggiar del fulgor sauto
mi volsi, conobbi la voglia
a eh' io
in lui di ragionarmi ancora alquanto.
28 El cominciò « In questa quinta soglia
:

dell' albero che vive della cima,


e frutta sempre, e mai non perde foglia,
31 spiriti son beati che giù, prima
che venissero al ciel, far di gran voce,
sì eh' ogni Musa ne sarebbe opima.
34 Però mira ne' corni della croce :

quello eh' io nomerò, lì farà 1' atto


che fa in nube il suo fuoco veloce. »
37 Io vidi per la croce un lume tratto
nomar Giosuè, coni' el si feo
dal -

né mi fu noto il dir prima che il fatto.


40 Ed al nome dell' alto Maccabeo
vidi moversi un altro roteando ;

e letizia era ferza del paleo.

25. fulgor santo: Cacciaguida; cfr. da nube a nube per generare quel che di-
Par. X, 64; XXX, 62. ciamo folgore o saetta, ma nella nuvola
28. soglia : grado di Par. ; cfr. Purg. stessa rimane, e a un tratto la illumina.
XXI, 69. Par. Ili, 82; XXX, 113; Qaesta immagine concorre coli' altra as-
XXXII, 13. sai somigliante, Par. XV, 24 Che parve :

29. albero: «paragona


Paradiso ad il fuoco dietro ad alabastro, a indicare che
nn albero, del qnale ogni grado di beati in Marte le beate Luci non avevano par-
sia come un ordine di rami ma con tre ; venza distinta, ma si mostravano incor-
differenze dagli alberi nostri, i quali vi- porate nelle splendenti liste della gran-
vono delle radici, non fruttano sempre, de Croce, in cui videsi dal Poeta lam-
ed ogni anno si sfrondano»; Andr.-vi\e: peggiare Cristo » Antonelli.
;

riceve la vita dalla cima, cioè da Dio. 37. tratto: mosso.


30. frutta: i suoi frutti, che sono le 38. Giosuè: il successore di Mosè e
anime elette, crescono continuamente, e conquistatore della Terra promessa cfr. ;

niuno mai se ne perde; cfr. Thom. Aq., Purg. XX, lll.-com'el si feo: appe-
Sum. theol. I, ri, 5, 4. Salm. I, 3. Ezech. na il nominare si fece =
tosto che Cac-
XLVII, 12. Avocai. XXII, 2. ciaguida ebbe nominato Giosuè.
31. giù: nel mondo, da vivi. 39. né mi fu ecc. Udirlo nominare e
:

32. voce : fama cfr. Tnf. VII,


: 93 ;
vederlo muovere fu un punto solo.
XXXIII, 85. Purg. XXVI, 121. 40. Maccabeo: Giuda Maccabeo, l'eroe
opima: ricca; cfr. Par. XXX, 111.
33. ebreo che liberò il suo popolo dalla ti-
Ogni poeta ne avrebbe ricca materia, di rannide di Antioco Epifane, re di Siria;
canto. Sono in parte personaggi cantati cfr. I Maccab. Ili sg.
dall'epica medievale. 41. un altro lume. - roteando volgen-
: :

34. nei corni: nei bracci della croce; cfr. dosi in giro.
Par. XIY, 109. 42. ferza: sferza, stimolo; cfr. Purg.
35-36. farà ecc. : trascorrerà per la XIII, 39. Letizia era a quello spirito
croce come baleno per nube ; cfr. Stat. cagione del roteare, ciò che la sferza è
Theb. I, 353. « Il fuoco veloce di una al paleo. - paleo strumento col quale
:

nube, incognito nella sua natura agli giuocano i fanciulli facendolo girare con
antichi, è una scarica o una scintilla- una sferza, già detto anche Fattore o
zione elettrica; il quale non sempre passa Trottola cfr. Yirg., Aen. VII, 378 sgg.
[CIELO QUINTO] Par. xviii. 43-57 [spiriti di marte] 823

13 Così per Carlo Magno o per Orlando


due ne seguì lo mio attento sguardo,
coni' occhio segue suo falcon volando.
40 Poscia trasse Guiglielmo e Rinoardo,
e il duca Gottifredi la mia vista
per quella croce, e Ruberto Guiscardo.
40 Indi, tra 1' altre luci mota e mista,
mostrommi 1' alma che ni' avea parlato
qual era tra' cantor del cielo artista.
52 Io mi rivolsi dal mio destro lato,
per vedere in Beatrice il mio dovere
o per parlare o per atto segnato ;
55 e vidi le sue luci tanto mere,
tanto gioconde, che la sua sembianza
vinceva gli altri e 1' ultimo solere.

43. Carlo Magno: il restauratore del- 48. Roberto Guiscardo figlio di Tan- :

l'impero occidentale e liberatore della credi d'Hauteville, cavaliere normanno,


Chiesa cfr. Inf, XXXI, 17. Par. VI, 90.
; nel 1046 raggiunse i suoi fratelli in Ita-
-Orlando: il famoso paladino di Carlo lia,e poscia per il suo valore e la sua
Magno; cfr. Inf. XXXI, 18. accortezza fu fatto duca di Puglia e di
44. due: lumi. Calabria, donde, così come dalla Sicilia,
com' occhio ecc. come l'occhio del
45. : scacciò i Saraceni. In seguito s'impa-
falconiere segue il falcone che vola cfr. : dronì anche di Benevento e di Salerno,
Yirg., Aen. VI, 200. Arios., Ori. XLIII prese Corfù, vinse Alessio Commeno,
94. -volando: volante; il gerundio per e morì a Salerno nel 1085. Cfr. Inf.
il partic. pres., e riferito al complem. XXVIII, 14.
oggetto, come nel 1° Son. della Vita N. : 49. Indi ecc. « Indi l' anima splen-
:

«Amor.... ne le braccia, avea madonna |


dente di Cacciaguida, che fin allora mi
involta in un drappo dormendo », e co- aveva parlato, mossasi [mota] e riuni-
me in Inf. XXXI, 14, ecc. tasi all' altre sue compagne, mi dimo-
Guiglielmo duca d'Orange, m. mo-
46. : strò quale artista ella fosse fra i cantori
naco a Gellone nelT 812, eroe di romanzi del cielo perciocché ricominciò a can-
;

francesi del medio evo; cfr. O. Nyrop, tare » ; Costa.


Storia dell' epopea francese nel medioevo, V. 52-69. Ascensione al cielo di
124 sgg.-Binoardo: Rainouart, saraceno Giove. D. si rivolge a B., per vedere
di origine e guattero, dotato di forza se con parola o con cenno ella gli indichi
smisurata, che militò sotto Guglielmo ciò che debba fare e la vede divenuta
;

d'Orange, il quale lo fece battezzare. più bella, più raggiante, più lieta. tale A
«Armato di una clava formidabile, egli indizio, s' accorge d' essere già, trasferi-
8i fa largo fra i nemici e si acquista tal tovi in un attimo, nel 6° cielo, e proprio
fama di prodezza, che alla fine è fatto nel pianeta Giove, dove gli appariscono
cavaliere e sposa la figlia della sorella spiriti di principi saggi e giusti.
di Guglielmo, Aélis»-, Nyrop, o. e, 142. 52. destro: dov'era B.
Giustamente è stato detto un antenato 53. dovere ciò che io dovessi fare.
:

di Morgante per certe sue comico-tra- 54. per parlare per mezzo di parole. -
:

giche imprese (cfr. o. e, 347) e l'ammis- con atto con un cenno.


:

sione di esso nel Par. (cfr. Parodi, Bull. 55. luci: occhi. - mere: pure, limpi-
XXIII, 62) è cosa alquanto singolare. damente luminose; cfr. Par. XI, 18.
47. Gottifredi Goffredo di Bouillon,
: 57. vinceva gli altri ecc.: l'aspetto di
ilduce della prima crociata e primo re B. era fatto più fulgidamente bello e
s'

cristiano di Gerusalemme, m. nel 1100. giocondo che gli altri aspetti tutti nei
Nyrop, o. e, 214 sgg. quali era stata solita fin qui mostrarsi,
824 [Cielo sesto] Par. xvjii. 58-70 [asci \ mone

E come, per sentii- più dilettanza


bene operando, V nono di giorno in giorno
s'accorge che la sua virtute avanza;
Ci
sì m'accora' io che il mio girare intorno
col cielo insieme avea cresciuto l'arco,
veggendo quel miracol più adorno.
04 E qua! è il trasmutare in picciol varco
di tempo in bianca donna, quando il volto
suo si discarchi di vergogna il carco,
67 tal fu negli occhi miei quando fui volto
per lo candor della temprata stella
sesta, che dentro a sé m'avea ricolto.
70 Io vidi in quella giovial facella

compreso 1' ultimo, pur mirabile e inde- lore ài fui (fu'), sicché, a rigore, neppure
scrivibile, accennato ne'vv. 7 sgg. - so- può dirsi una variante vera.
lere: sost., come in Purg. XXVII, 90. 68. temprata stella: «
il cielo di Giove

58-60. per sentir ecc. : «L'amore della si può comparare Geometria per «lue
alla
virtù produce il diletto e l'accrescimen- proprietà: l'una si è, che muove tra due
prova di aumentata virtù.
to del diletto è cieli repugnanti alla sua buona tempe-
Similitudine degna veramente del cielo»; ranza, siccome quello di Marte e quello
L. Vent., Simil., 259, dove si cita Par. di Saturno. Onde Tolommeo dice nello
XXXIII, 91 sgg. allegato libro, che Giove è stella di tem-
61-62. il mio girare ecc.: cresce man perata complessione, in mezzo della fred-
mano la circonferenza de' cieli, conte- dura di Saturno e del calore di Ma ite.
nuti l'uno dentro l'altro, l'inferiore entro L' altra si è, che intra tutte le stelle
il superiore; quindi D., cbe, durante il bianca si mostra, gitasi argentata » ;

tempo che resta fermo in ciascun cielo, Conv. II, 14 cfr. Par. XXII, 145 sg.
;

si aggira di necessità insieme con esso, V. 70-99. Lettere misteriose. Appa-


descrivendo un arco, viene a descrivere riscono in Giove le anime di uomini che
in ogni nuovo cielo un arco maggiore in terra amministrarono dirittamente la
di quello cbe ha descritto nel cielo pre- giustizia, anch'esse avvolte da fulgidis-
cedente. sima luce. Effondendo melodiosi canti e
63. quel miracolo: B., «nuovo mira- movendosi col ritmo di questi, si dispon-
colo gentile » Vita N., § 21, son. 11. -
; gono via via nella forma delle lettere che
più adorno: più bello. compongono la sentenza JDiligite insti-
:

64-69. E qual ecc. « come si vede don-


: tiam, qui iudicatis terram, non senza
na, di rossa, tornar bianca in viso così ; fermarsi un istante e tacere ad ogni let-
da Marte passando a Giove, io vidi una tera formata, prima di scomporla e for-
luce candida » Tom. D. allude all'essere
; marne un' altra. Questa sentenza suona
Marte « affocato di colore », e Giove « in- incitamento a quella virtù che « ordina
tra tutte le stelle bianca.... quasi ar- noi ad amare ed operare dirittura in tutte
gantata » (Conv. II, 14) e per accennare ; cose » (Conv. IV, 17) e eh' è la virtù più
il rapidissimo suo trasmutamento di am- amabile nell'uomo (Conv. I, 12). I lumi
biente, di cui s'accorge per il mutato co- si fermano nella forma dell' ultima let-
lore, dice che tal mutamento di colore nel- tera, eh' è una M, e subito altri lumi
l'ambiente si compie, per lui, per gli oc- scendono sul colmo di questa.
chi suoi, in tanto tempo, in quanto una 70. giovial: di Giove, che «è beni volo
donna divenuta rossa in volto per subita e bene temperato nelle sue qualitadi;
vergogna, riprende il suo naturai colo- onde gli antichi dissero che la cagione
rito bianco eh' è cosa di un istante. Cfr.
; della felicitade era nel circulo di Gio-
Ovid. Met. VI, 46 sgg. ve » Ott. e però gioviale significò lieto,
; ;

67. fui volto: Al.: fu, forma frequen- allegro, -facella: face, astro; cfr. Purg.
tissima ne' codici toscani antichi col va- Vili, 89.
[CIELO SESTO] Par. xviii. 71-85 [lettere mister.] 825

lo sfavillar dell'amorche lì era,


segnare agli occhi miei nostra favella ;

e come augelli surti di ri vera,

quasi congratulando a lor pasture,


fanno di sé or tonda, or altra schiera ;

76 sì dentro ai lumi sante creature


volitando cantavano, e faciensi
or D, or I, or L in sue figure.
79 Prima, cantando, a sua nota moviensi ;

poi, diventando V un di questi segni,


un poco s'arrestavano, e taciensi.
82 Diva Pegasea che gì' ingegni
fai gloriosi e rendili longevi,
ed essi teco le cittadi e i regni,
85 illustrami di te sì, eh' io rilevi

71. lo sfavillar ecc.: gli spiriti beati, JD,poi una I, poi una L, poi di mano in
sfavillanti di carità celeste. mano tutte le altre lettere delle quali si
72. segnare : rappresentare agli occhi compone la sentenza Diligite ecc., colla
:

miei le lettere del nostro alfabeto. quale esordisce il libro della Sapienza,
73. augelli« gru, ceceri e simili »
:
;
(I, 1).

Land. levatisi dalla riva di un


- surti : 79. Prima ecc.: ogni volta che avevano
fiume dove si dissetarono, come quelle a formare una delle lettere, dapprima
anime erano dissetate « nel fonte delle cantavano e si movevano a sua nota,
eterne delizie » L. Vent., Simil., 442. -
; cioè secondo il ritmo del loro canto cfr. ;

riviera fiume Inf. XII, 47. Purg. XIV,


: ; Purg. XXXI, 132. Par. VII, 4.
26, ecc. oppure, riva di fiume
; (come ' '
80-81. diventando ecc.: quando eransi
forse in Inf. Ili, 78). così disposti da formare una delle dette
74. congratulando ecc. « facenti festa : lettere, si fermavano un momento e so-
del pasto trovato così i beati godevano : spendevano il canto, per lasciare a D. il
del rinvenuto modo di palesare il loro tempo di osservar bene e imprimersi
giocondo affetto, quasi cibo per essi di saldamente nella memoria la lettera da
vita celeste » L. Vent., 1. e.
; essi figurata.
75. or altra: Al.: or lunga cfr. Moore, ; 82. Diva: divina, celeste; confr. Par.
Crii., 466 sg. Quegli spiriti non forma- IV, 118 XXIV, 23.
; Musa, -• Pegasea :

vano soltanto figure tonde e lunghe, ma Tutte e nove le Muse si chiamano Pega-
« cinque volte sette vocali e consonanti» see, sicché non si sa bene se qui il P.
(v. 88 sg.); dunque figure tonde, lunghe invochi la Musa in genere o Euterpe cui
ed altre. « Strymona sic gelidum bruma gli antichi assegnavano la sfera di Gio-
pellente, relinquunt poturae te, Nile, I ve, o Calliope, già invocata Purg. I, 9
grues, primoque volatu effingunt va- | o Urania, anch'essa già invocata {Purg.
rias, casu monstrante, figuras; mox |
XXIX, 41), la quale ben può dirsi diva
ubi percussit tensas Notus altior alas, j
in quanto Urania significa celeste
' ' ' '
:

confusos temere immistae glomerantur che sono tutte opinioni affacciate da que-
in orbes, et turbata perit dispersis li-
| sto e quel commentatore.
tera pennis »; Lucan., Phars. V, 711 sg. 83. longevi: di lunga fama; allunghi
Si diceva che le figure formate dalle la loro vita con la fama immortale cfr. :

gru erano lettere dell' alfabeto greco : Purg. XXI, 85.


Y, A, A. 84. ed essi ecc. e gì' ingegni col tuo
:

76. sante creature: anime beate. aiuto eternano la fama di città e regni.
77. volitando volando in qua e in là.
: 85. illustrami di te rischiarami del :

- faciensi si facevano.
: tuo lume. - rilevi: rappresenti, mostri
78. or 1), or ecc. prima faceansi una : come in rilievo.
826 [cielo sesto] I'ak. xvin. 8t>-y8 [GIGLIO]

le lor figure coni' io 1' ho concette :

paia tua possa in questi versi brevi !

ss Mostrarsi dunque in cinque volte sette


vocali e consonanti ; e io notai
le parti sì, come mi parver dette.
91 < DILIGITE IUSTITIAM' primai
fur verbo e nome di tutto il dipinto ;

' QUI IVDICATI8 TJERBAM '


fur sezzai
94 Poscia nell 7
M del vocabol quinto
rimasero ordinate, sì die Giove
pareva argento lì d'oro distinto.
97 E vidi scendere altre luci dove
era i) colmo deWemme, e lì quetarsi

86. lor figure figure formate da quel-


: ristampato più volte ultimamente come ;

le anime beate. - concette concepite nella : appendice alla Corrispondenza dantesca


mente. di M.Caetani, Firenze, 1903.
87. paia:apparisca; cfr. Inf. 11,9.- 96. distinto
fregiato d' oro in tutto
:

brevi « par che senta come i numeri ita-


: lo spazio occupato dalla M. Giove era
liani siano ineguali a quelli del verso an- bianco; le anime fìatnmeggianti. « Quale
tico » ; Tom. *. manus addunt ebori decus aut ubi flavo
dunque ecc.
88-89. Mostrarsi si di- : Argentum Pariusve lapis circumdatur
sposero dunque successivamente quelle auro»; Virg., Aen.
592 sg. I,
gante creature in cinque volte sette, cioè 97. scendere: dall'Empireo. «Per que-
35, lettere, tra vocali e consonanti, quan- sta fizione allegoricamente dà ad inten-
te sono nella sentenza: Diligite insti- dere che questo emme del vocabolo quinto
tiam qui iudicatis terram ed io osser- • significa lo mondo, e però lo figura per la
vai attento e notai nella mente queste lettera emme, perchè è la prima lettera
35 lettere nell'ordine nel quale mi si mo- che abbia questo nome mondo, e però lo
strarono. pillia dal quinto vocabulo, cioè terram,
90. le parti prima le singole lettere,
: e non dal secondo, che è iustitiam, che
poi le sillabe, poi le parole. - parver det- anco v' è l' emme, perchè la terra è lo
te si mostrarono espresse con le figure.
: mondo del quale elli intende. E per que-
91-93. primai primi di tutto il dipinto
: sto, che finge che rimaseno in questa
furono verbo e nome Diligite iustitiam ;
figura de Venirne, dà ad intendere che
sezzai, cioè ultimi, furono qui iudicatis questi beati spiriti da lui veduti, e rap-
terram. presentati quine infìno a qui, erano li
94. quinto: terram, quinta e ultima minori officiali e le persone singulari e
parola della sentenza Diligite ecc. Per private che erano valute nel mondo nelli
comprendere ciò che poi si dice delle tra- ìa. E per
atti e nell'amore della iustizia. ili

sformazioni di questa lettera, bisogna quelli altri beati spiriti, che


^»^ che noi ce la figuriamo (e tali finge che vedesse scendere
g^m^k dobbiamo, per conseguenza, poi sopra lo colmo dell'emme
fi fi figurarci anche tutte le let- e fare gilli a modo d' una co-
1 1 F
tere che la precedono) di for- rona (?) intese li regi e l'im-
J I f
ma gotica epigrafica, cioè peradori nel mondo, che sono
1 P r ess' a poco come si vede stati nel mondo sopra li altri
Fiff Fiff 2
nella fig. 1. Il merito di aver e governatoli co la iustizia » ;

chiarito ciò e spiegato, insieme, il modo Buti. Così pure Land., Veli., ecc. ma
in cui dobbiamo pensare che si compis- Con la discesa di queste
cfr. n. 113-114.
sero le trasformazioni della lettera, è di nuove luci sul colmo dell'emme, que-
Michelangelo Caetani, Proposta di una sta deve, secondo il Caet. e anche se-
più precisa dichiaraz. intorno ad un condo noi, assumere una forma simile
passo della D. C. Roma, 1852, opusc. alla fig. 2.
[CIELO SESTO] Par. xviii. 99-113 [aquila imperiale] 827

cantando, credo, il ben ch'a sé le muove,


100 Poi, come nel percuoter dei ciocchi arsi
surgono innumerabili faville,
onde gli stolti sogliono agurarsi,
103 resurger parver quindi più di mille
luci e salir, qual assai e qual poco,
sì come il sol che le accende sortille ;

106 e quietata ciascuna in suo loco,


la testa e'1 collo d'nn'agnglia vidi
rappresentare a quel distinto foco.
109 Quei che dipinge lì, non ha chi '1 guidi ;

ma esso guida, e da lui si rammenta


quella virtù eh' è forma per li nidi.
112 L'altra beati tudo, che contenta
pareva in prima d' ingigliarsi all'emme,

99. credo: affermazione, non dubbio. 106. quietata ecc. quando ciascuna di
:

- il ben : Dio che le muove e stimola a quelle luci si fu fermata al suo posto.
seguirlo. 107. agnglia: «l'uccel di Giove»; Purg.
V. 100-114. Jj 9 aquila imperiale. XXXII, 112, simbolo della giustizia im-
Movendosi con grande rapidità e ag- periale. - « Auctor fingi t subtiliter quod
gruppandosi in nuovi modi, gli spiriti multse animse iustorum regniti et recto-
trasformano la emme nella figura d' un'a- rum hic constituunt unum corpus aquilae,
quila, simbolo dell'impero, e, per conse- per hoc figuraliter ostendens quod omnia
guenza, della giustizia terrena, affidata regna mundi de iure dependent a roma-
da Dio ad esso impero. no, in quo maxime vignit iustitia, ut pro-
100. ciocchi: ceppi: cfr. Diez, W'órt.I 3 bari potest multipliciter, et omnes reges
128. -arsi «meglio che ardenti o accesi,
: sunt subiecti romano principi, sicut di-
perchè esprime consumati già in gran versa membra humana uni capiti»; Benv.
parte dal fuoco; onde sprigionano, per- 108. a quel distinto foco: da tutte quelle
cossi, maggior copia di faville »; L. luci, il cui aureo fulgore si distingueva
Yent., Sìmil., 75. dall'argentea bianchezza (v. 96) di Giove.
102. agurarsi: augurarsi; presagire a 109. (Juei: Dio. -dipinge: l'aquila nel
sé futuro. « Molti stolti, stando presso
il pianeta di Giove è una figura dipinta da
al fuoco, e' fregano in sull' arso degli Dio, il quale nel figurare non imita la
ciocchi, per la qual fricazione appaiono natura, come devono fare gli umani di-
molte faville, ed egli s' augurano dicen- pintori, poiché anzi la natura imita Lui,
do Cotanti agnelli, cotanti porcelli, co-
: riconoscendo da Lui quella informativa
tanti fiori ni d'oro, e così si passano tem- virtù, mediante la quale essa modella
po » An. Fior.
; Lan. = quaggiù ogni cosa. Cfr. Inf. XI, 99 sg.
103. parver : si videro. - quindi : dal 110. si rammenta si riconosce qui for-
:
;

colmo dell'emme. se per deriva, come suppone il Blanc.


105. sì come secondo che. - sol Dio;
: : 111. forma: qui nel senso scolastico =
cfr. Purg. VII, 26. Par. IX, 8; X, 53. natura, essenza. Al. che forma: cfr. Pa-
- sortille: le destinò. «Vuol significare rodi, Bull. XXIII, 62. - nidi: in cui gli
che non sono le luci che di loro consi- uccelli (il discorso che qui si fa prende le
glio si dispongono in figura di aquila mosse dall'aquila) si generano e formano.
imperiale, ma è Dio che le determina » ;
112. L'altra beatitudo: le altre anime
Gorn. Meglio forse alcune formarono gli: beate, Beatitudo è parola latina in senso ;

occhi, altre il capo, altre il collo, ecc., collettivo, come gioventù per giovani.
dell'aquila, e si fermarono così quale più 113-114. d' ingigliarsi all' emme in- :

in alto, quale più in basso, secondo il tendo di starsene nel giglio - giglio aral-
:

grado di gloria loro destinato da Dio. dico -formato dalla emme gotica, la qua-
828 [CIELO SESTO] PAR. XVIII. 114-123 [avarizia papale]

con poco moto seguitò la impresta


115 o dolce stella, quali e quante gemme
mi (limosi raro clic nostra giustizia
effetto sia del eie! clic tu ingemme!
118 Per ch'io prego la mente in che s' inizia
tuo moto e tua virhite, che rimiri
ond'esce il fummo che '1 tuo raggio vizia-
121 si eh' un'altra fiata ornai s'adiri
del comperare e vender dentro al tempio,
che si murò di segni e di martìri.

le in realtà e glisomiglia molto per so to dell'aquila celeste risveglia nella men-


stessa, emeglio ancora ne ricordava la te delPoetal'idea dell'impero, cioè della
forma a D., dopo che sulla lettera erano monarchia universale, nella quale sol-
scese le altre luci ; vv. 97-98 e la
cfr. tanto può fiorire la giustizia, poiché «iu-
fìg. 2. Come dunque fu formata la te-
si stitiapotissima est solum sub Monar-
sta e il collo dell'aquila, l'aera beatitudo chia»; De Mon. I, 11. Invoca quindi la
si adattò, si cou formò alla imprenta, cioè benefica influenza di Giove sulla terra o
all'impronta (Par. VII, 69), dell'aquila l'intercessione dei giusti beati, apparsi-
stessa, sì da completarne la figura. E gli nel G° Cielo, perchè da Dio sia punito
s'intende die, come il giglio, così aneli e chi offusca la luce della giustizia in terra
l'aquila è di forma araldica, qualcosa e svia dietro il suo malo esemplo gli
di simile alla fig. 3. Notiamo per altro uomini: allusione evidente ai papi, con-
qui che, circa il modo d'in- tro i quali e più specialmente contro Gio-
tendere e 1' M
(il Parodi ci vanni XXII, avido solo di ricchezze,
vede l'iniz. di Monarchia) e sono dirette le ultime terzine.
V ingigliarsi del v. 113 in rap- 115. stella : Giove ; cfr. Par. II, 30.
porto coi vv. 97 sgg., e il per- -gemme: anime beate e rilucenti; cfr.
cuoter dei ciocchi arsi e il sur- Par. XV, 22, 85.
gere delle innumerabili fa- 116. nostra: terrestre.

Fig. 3 ville de' vv. 100 sg. dura tut- 117. ingemme: ingemmi. « O dolce stella
tavia incertezza fra gì' in- di Giove, quali e quante anime situate in
terpreti detta D. 0.; cfr. Bull, XI, quella figura deli'aguglia che di sé fe-
250 sgg. e XV, 278. Notevole e giusta cero, ed in quello verso Diligite ecc., mi
l'osservazione del Parodi che D. segnò dimostrarono che la giustizia che tra li
uno stacco abbastanza forte tra la prima mortali si fa per li rettori, sia effetto della
figurazione della Me del giglio e quella tua influenza »; Ott. !

de\V aquila-, e acuta ed attraente l'altra 118. la Mente : Dio che ti dà moto e
osservazione dello stesso, che col giglio virtù d'influire in terra giustizia; cfr.
D. alludesse alla Monarchia Francese Par. XIX, 53 sg. XXVII, 109 sgg.;

e con la trasformazione del giglio in 119. rimiri: « O iam miseras respice


aquila, intendesse significare che la Mo- terras Quisquis rerum feedera nectis »;
narchia francese doveva non contrastare Boet., Òons. phil. I, metr. 5.
all'Impero, bensì compenetrarsi in esso, 120. ond'esce ecc.: il luogo da cui esce
rinunziando alle sue ambizioni (Purg. ecc. ;cioè la Corte di Roma cfr. In/. :

XX, 44) di potere universale cfr. Par. ; XIX, 103 sgg. Purg. XVI, 97 sgg. -
VI, 110 sg. « Così si capisce meglio il per- raggio : la giustizia che tu influisci. -
chè improvvisa scoppi l'ira di D. contro Tizia: offusca, guasta.
il Papa d'Avignone e tutto il passo in-
; 121-123. sì che ecc. : di modo Che la
fine si mostra animato dai medesimi sen- Mente divina, Iddio, che già, quando
timenti e rivolto al medesimo fine cui prese forma umana, si adirò contro co-
mira la rappresentazione famosa, con loro che mercanteggiavano nel tempio
cui si chiude la processione simbolica del Signore (cfr. Matt. XXI, 12 sg. Giov.
del Paradiso terrestre ». II, 14 sg.), si adiri un'altra volta con-
Y.115-136.A.variziapapale t li'sL9$et- tro i rinnovatori di tal mercato nella
[CIELO SESTO] Par. xviii. 124-136 [avarizia fapale] 829

124 milizia del ciel cu' io contemplo,


adora per color che sono in terra
tutti sviati dietro al malo esemplo.
127 Già si solea con le spade far guerra )
ma or si fa togliendo or qui, or quivi
lo pan che '1 pio padre a nessun serra.
130 Ma tu, che sol per cancellare scrivi,
pensa che Pietro e Paulo, che morirò
per la vigua che guasti, ancor son vivi,
133 Ben puoi tu dire « I' ho fermo il disiro :

sì a colui che volle viver solo

e che per salti fu tratto a martìro,


186 ch'io non conosco il Pescator né Polo ».

sua Chiesa, stabilita con miracoli e mar- determinato che non può essere né Bo-
;

tini. -tempio tempio qui la Chiesa


:
;
= ;
nifazio Vili nò Clemente V, morto il
cfr. Efes. II, 21. Thom. Aq., Sum. theol. primo nel 1303, il secondo nel 1314, pri-
I, il, 102, 4. - si murò fu edificata. - se- : ma che D. dettasse questi versi al qual ;

gni miracoli. Al.: sangue, quel di Cristo.


: tempo va riportata l'apostrofe, e non al-
« Quam [Ecclesiam] acquisivit sanguine l' epoca fittizia della visione. - scrivi :

suo » Act. XX, 28. Ma sangue è già in-


;
censure, scomuniche, bolle, ecc.
cluso in martìri' Cfr. Moore, Crit.,àQ7 sg.
'
. 132. Tigna la Chiesa cfr. Par. XII,
: ;

124. milizia del ciel: anime sante del 86. Isaia III, 14. - vivi « quasi dica : :

cielo di Giove ; cfr. Purg. XXXII, 22. elli ti rimunereranno di tue opere, però

Par. XXX, 43; XXXI, 2. - contemplo: ch'elli vivono, cioè possono » Ott. ;

veggo colla mente. 133. dire ridendoti delle minacce e


:

125. adora: óra, prega; cfr. Purg. Y, 71. burlandoti di Pietro e di Paolo. - 1' ho
126. al malo esemplo: dei pastori della fermo ecc. io sono tanto saldo e fedele
:

Chiesa Purg. XVI, 100 sgg.


; cfr. neil' amare e vagheggiare S. Giovanni
128. or qui, ecc.: or qua, or là, cioè ora Battista, cioè i fiorini d'oro della repub-
ad uno, ora ad un altro colle scomuniche blica fiorentina sui quali egli è effigiato,
e cogli interdetti con che si vuol dire ; che non conosco più né San Pietro né
che i papi cercano in ogni tempo e luogo San Paolo. Al dire del Vili. (XI, 20)
occasioni di guadagno. Giovanni XXII « per sua industria e
129. lo pan : il pane spirituale, la men- sagacità », approfittando di ogni occa-
sa del Signore, che questi non nega a nes- sione opportuna, « raunò infinito tesoro ».
suno; cfr. Purg. Ili, 122 sg. Il Parodi Alla sua morte il tesoro della Chiesa era
pensa che in questa terzina si possa al- « di valuta di piti di 25 milioni di fio-
ludere in particolare alla scomunica di rini d'oro », dei quali, più che 18 « in
che fino dal 1317 fu colpito Cangrande monete d'oro coniate ».
da Giovanni XXII; Bull., XVIII, 73. 134. colui ecc. Giovanni Battista. -
:

130. Ma tu ecc.: apostrofa papa Giovan- solo: « erat in desertis »; Luca I, 80.
ni XXII, il Caorsino (1316-34), (cfr. G. 135. per salti in premio del ballo che
:

Vili. XI, 20), il cui pontificato fu unase- la figliuola di Erodiade fece alla presenza
rie, si può dire, non interrotta di scomu- di Erode; cfr. Matt. XIV, 1-12.
nicazioni e ricomunicazioni (scrivere e 136. il Pescator: S. Pietro; cfr. Purg.
cancellare) cfr. Vili. IX, 109, 141, .144,
: XXII, 63. - Polo: Paolo, cioè S. Paolo.
171, 227, 246, 264, 278, 311; X, 36, 78, Questa forma, popolaresca e confidenzia-
184, ecc. V'ha chi intende dei chierici, le,indica che chi parla, un papa, non fa
o dei papi in generale ma se quelle dei ; gran conto di S. Paolo e una intenzione ;

vv. 125-129 sono o possono essere con- spregiativa o beffarda può ben essere
siderate allusioni generiche, qui' D. evi- anche nel designare ch'ei fa S. Pietro
dentemente si rivolge a un personaggio semplicemente come il Pescatore.
830 [CIELO SESTO] Pak. xix. 1-12 [l'aquila parla]

CANTO DECIMONONO
CIELO SESTO o DI GIOVE : PRINCIPI SAGGI E GIUSTI

l'aquila parlante, necessità della fede


imperscrutabilità della divina giustizia
la fede e le opere

Parea dinanzi a me
con 1' ali aperte
la bella iniage, che nel dolce fruì
liete facevan 1' anime conserte.
Parea ciascuna rubinetto in cui
raggio di sole ardesse sì acceso,
che ne' miei occhi rifrangesse lui.
E quel che mi convien ritrar testeso,
non portò voce mai, né scrisse inchiostro,
né fu per fantasia giammai compreso ;

10 eh' io vidi e anche udi' parlar lo rostro,


e sonar nella voce e io e mio ', 6
' '

quand' era nel concetto noi e nostro ' ' ' '.

V. 1-21. U linguaggio dell'aquila 3. facevan: «questa aquila facevano


celeste. Con l'ali aperte si mostra al gli spiriti conserti, cioè connessi e con
P. la bella immagine dell' aquila, in cni giunti l'uno all'altro»; Land. AL: fa
sono riunite tante anime, liete nel dolce ceva. Cfr. Borghini, Studi, ed. Gigli, 279
godimento della visione di Dio. Ciascuna * 4-6. Parea ecc.: ciascuna di quelle ani
sembra un rubino che rifletta i raggi del me fulgide che formavano l'aquila, sem
Sole. L' immagine comincia a parlare ; e brava un rubino che, accogliendo un rag
un solo suono esce di quelle numerosis- gio solare, lo riflettesse negli occhi miei
sime anime, ardenti d' amore, così come « Lumen eius simile lapidi pretioso tam
un sol calore si fa sentire di molte brage. quam lapidi iaspidis sicut crystallum »
Neil' unità del santo segno la pluralità Avocai. XXI, 11. Cfr. Conv.'lll, 7.
delle anime parla come se fossero un 7. ritrar: riferire, raccontare. - testeso
individuo solo. « Io ottenni la gloria » testé, ora; cfr. Purg. XXI, 113.
così l'aquila « per opere di pietà e di giu- 8. portò: ad orecchio umano. « Quod
stizia, virtù che in terra si ammirano, oculus non vidit nec auris audivit nec
ma non si praticano più. » in cor hominis ascendit » I Cor. Il, 9.
;

1. Parea: appariva, si mostrava. Cfr. Inf. XXV, 94 sgg.; XXVIII, 113 sg.
2. iniage : immagine ; cfr. Purg. XXV, 10. lo rostro: il becco (lat. rostrum)
26. Par. II, 132 - fruì frui-
; XIII, 2. : dell'aquila. « Vidi et audivi vocem unius
zione. Fruì è infinito lat. godere, usato= aquilse volantis per medium ccelum»;
come sostantivo. «Quod est simpliciter Apocal. VIII, 13.
ultimum, in quo aliquis delectatur sicut 11-12. sonar ecc. erano molti che par-
:

in ultimo fine, hoc proprie dicitur/mc- lavano, ma si udiva una sola voce e
tus et eo proprie dicitur aliquis fruì»)
%
questa parlava in l a persona singolare
Thom. Aq., Sum. theol. I, il, 11, 3. anzi che in l a plurale.
[cielo sesto] Par. xix. 13-30 [vecchio dubbio] 831

13 E cominciò « Per esser giusto e pio


:

son io qui esaltato a quella gloria


che non si lascia vincere a disio ;
16 ed in terra lasciai la mia memoria
sì fatta, che le gentilì malvage

commendan lei, ma non seguon la storia ».


19 Così un sol calor di molte brage
si fa sentir, come di molti amori
usciva solo un suon di quella image.
22 Ond' io appresso « perpetui fiori :

dell' eterna letizia, che pur uno


parer mi fate tutt' i vostri odori
25 solvetemi, spirando, gran digiuno il

che lungamente m' ha tenuto in fame,


non trovandogli in terra cibo alcuno.
28 Ben so io che se in cielo altro reame
la divina giustizia fa suo specchio,
che '1 vostro non 1' apprende con velame.
15. che non si lascia ecc. : giustizia e nulla né di Cristo né di battesimo. E
ìisericordia mi hanno esaltato a quella costoro, sol perchè mancanti della fede
gloria che non può essere superata, cioè e del battesimo, dovranno essere dan-
concepita maggiore, da umano desiderio, nati? Ma perchè? quale è la loro colpa?
in quanto che è tale che sazia e appaga È questa giustizia? Per tutta risposta ci
interamente chi la possiede. Per altra si dirà che la giustizia divina è imper-
interpretaz. che ebbe pur validi sosteni- scrutabile. Cfr. Thom. Aq., Sum,. theol.
tori nel Dion., nel Per azzini e in altri, II, II, 2, 2 e 7 III, 66, 11 ; 68, 2. Hug.
;

cfr. Comm. Lips. Ili, 508 sg. a S. Vici., Eluc, Evang. Ioh. XV, 22.
18. lei la memoria da me lasciata in
: 22. perpetui fiori anime che, come
:

terra. - la storia: le opere che di me fiori, rendete bello in eterno il Par.


narra la storia. Esaltano la mia memo- 23. pur uno: solamente uno, quasi fo-
ria, ma non seguono il mio esempio. Cfr. ste un fiore solo.
Lucan., Phars. I, 165. 24. odori :se le anime sono fiorì, le
19-21. Così ecc. : come da molti car- voci che vengono da esse si potran dire
boni accesi, uniti insieme, esce un solo gli odori esalati da tali fiori.
calore, cosi da quell'aquila formata dai 25. spirando parlando, -digiuno: igno-
:

molti amori, ossia da quella figura d'a- ranza del vero e desiderio di conoscerlo.
quila formata di molte anime accese Cfr. Conv. I, 1 sg.
dell' amor divino, usciva una voce sola. 27. non trovandogli ecc.: non trovan-
V. 22-33. Un vecchio dubbio non do giù in terra al mio dubbio soluzione
ancora sciolto. D. prega quei beati alcuna, soluzione che sarebbe cibo al di-
di chiarirgli un dubbio che da molto giuno or ora detto.
tempo turba l'animo suo. Non lo spe- 28. se in cielo ecc.: se la divina giusti-
cifica, ma dice soltanto: «Voi lo cono- zia si specchia in altro reame (cioè nei
scete, opperò vi prego di liberarmene ». Troni: «su sono specchi, voi dicete Troni,
H dubbio, che è esposto poi ne' vv. 70. Onde rifulge a noi Dio giudicante »; Par.
sgg., è questo: Se senza fede in Cristo IX, 61 sg.), essa si manifesta senza velo
e senza battesimo non vi è salute, a anche a voi, che siete stati osservatori
tutti dovrebb' essere offerta l'occasione fedeli della giustizia.
di abbracciare la fede e ricevere il bat- 30. che: ripetuto il che del v. 28: tale
tesimo. Invece moltissimi uomini muoio- ripetizione usò spesso il Boccaccio e si
;

no senza avere mai saputo né udito usa tuttora.


832 [cielo sksto] Pah. xix. ol-45 [giustizia divina]

::i
Sapete come attentò io m'apparecchio
ad ascoltar; sapete quale è quello
dubbio che m' è (ligi un cotanto vecchio. »
34 Quasi falcone eh' esce del cappello,
muove la testa e coli' ali si plaude,
voglia mostrando e faccendosi bello,
87 vid' io farsi quel segno, che di laude
della divina grazia era contesto,
con canti, quai si sa chi lassù gaude.
40 Poi cominciò « Colui che volse il sesto
:

all' estremo del mondo, e dentro ad esso

distinse tanto occulto e manifesto,


43 non potè suo valor sì fare impresso
in tutto V universo, che il suo verbo
non rimanesse in infinito eccesso :

33. cotanto vecchio: che dura ormai da Pulci, Morg. XI, 70; XVI, 64. Arios.,
tanto tempo; cfr. v. 27. Ori. IV, 46.
V. 34-99. Imperscrutabilità della 35-36. coll'ali si plaude ecc. : battendo
divina gitisti&ia. L' aquila celeste, le ali, fa festa a sé stesso; cfr. Ovid.,
esposto il dubbio di D., dà questa sem- Met. Vili, 238 XIV, 507. Yirg., Aen.
;

plice risposta « Questo è giudizio riser-


: V, 515 sg. - voglia di spiegare il volo. -
:

vato a Dio » Prima però di trattare del


! faccendosi bello: ringalluzzendosi; cfr.
dubbio, la bella image insegna a D. che, Arios., Ori. XXIY, 96.
avendo Dio creato l' universo, non potè 37-38. quel segno ecc. 1' aquila, inse-
:

imprimere in esso il valor suo per modo, gna imperiale, composta di spiriti loda-
che il suo divino intendimento non ri- tori della grazia divina. - laude plur. :

manesse infinitamente superiore a quello di lauda, qui =


lodanti, come nel v. 20
d' ogni creatura. Epperò Lucifero cadde, amori === amanti.
quando per superbia volle uguagliarsi 39. gaude :gode. Soltanto i beati pos-
al suo fattore. Né l'umano ingegno può sono comprendere e gustare quei canti.
incontrare altra sorte, se presuma d' in- 40-45. Colui ecc.: Dio che, creando,
dagare gli abissi infiniti della divina Sa- disegnò quasi con compasso il circolo
pienza. Nelle verità rivelate noi dobbia- abbracciante l'universo, e tante cose ci
mo aver piena fede, anche se all'intelletto pose manifeste ed occulte, ben distinte
nostro appaiano, secondo il criterio uma- fra loro, non potè, nelle creature finite
no, strane e quasi incredibili; e la scienza dell' universo, imprimer tanto del suo
più vera in questa parte è l' ignoranza, valore, che il verbo suo, vale a dire il
è l' umile, silenzioso, reverente ossequio concetto suo, ciò che nella sua mente in-
alla fede. Così è della giustizia di Dio, finita egli vedeva, non restasse pur sem-
la quale per rivelazione sappiamo e dob- pre cosa infinitamente superiore a tutto
biamo credere infallibile, anche se tale ciò ch'egli creava. - il sesto : il compasso ;

a noi non sembri qualche volta alcuna Prov. Vili, 27: « certa lege et gyro
delle opere sue. L' aquila dunque, in- [Deus] vallabat abyssos ». Cfr. Giobbe
vece di sciogliere il dubbio del P., gli XXXVIII, 4 sg. - in influito eccesso : in-
prescrive di « inchinare la mente al so- finitamente superiore a tutto ciò che del
prannaturale » (Tom.), chiamando menti suo valore (il quale è, per così dire, il
grosse ed animali terreni coloro che non contenuto dei concetto o verbo divino)
istanno contenti alla fede. vediamo impresso negli esseri finiti da
34. cappello: coperta di cuoio che il lui creati, anche se relativamente per-
falconiere metteva in testa al falcone, fetti. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. 1, 25, 6.
affinchè,. nulla vedendo, non si dibattes- Eccesso è qui usato in buon senso, come
se, mentre era portato alla caccia. Cfr. Ep. Kani, 1.
«CIELO SESTO] Pai*, xix. 46-60 [giustizia divina] 833

46 e ciò fa certo che il primo superbo,


che fu la somma ogni creatura, d'
per non aspettar lume, cadde acerbo.
49 E quinci appar eh' ogni minor natura
è corto recettacolo a quel bene
che non ha fine, e sé con se misura.
52 Dunque vostra veduta che conviene
essere alcun dei raggi della mente
di che tutte le cose son ripiene,
55 non può da sua natura esser possente
tanto, che suo principio non discerna
molto di là da quel che l'è parvente.
Però nella giustizia sempiterna
la vista che riceve il vostro mondo,
coni' occhio per lo mare, entro s' interna,

46-48. E ciò ecc. : e di ciò ci accerta il somma Deità che sé sola compiutamente
che Lucifero, quantunque la somma
itto vede »; e II, 6 « la luce che sola sé mede-
:

tra le creature, ebbe limitata la visione sima vede compiutamente. » Cfr. Par.
intellettuale e avea anche lui bisogno XXXHI, 124-126.
di un lume speciale divino per vedere 52-57. vostra: Al.: nostra. La lez. vo-
più in là; ma, non volendo aspettare stra è confermata dai versi 59 e 83.
questo lume, cadde acerbo, cioè non ma- L'umano intelletto (vostra veduta) eh'
turo, non perfezionato, quali divennero di necessità solo un tenue raggio della
gli angeli rimasti fedeli a Dio. Cfr. De mente divina, non può essere mai tanto
Yulg. El. I, 2. - la somma: cfr. Purg. potente, che non discerna il sno prin-
K

XII, 25 sg. Petr. Lomb., Sent. II, 3, 4. cipio (la mente divina) inoltrarsi od es-
Tliom. Aq., Sum. theol. I, 63, 7. Inf. sere assai più in là di quel qualunque,
XXXIV, - per non aspettar lume:
18. sia pur lontano, limite fino a cui esso
prima di essere confermati nella grazia, intelletto può spingere 1' occhio suo na-
gli angeli ebbero un tempo di prova. turalmente. - mente divina cfr. Par.
: ;

49. appar si vede chiaro. « Se Luci-


: XVIII, 118 sg. ; XXVII,
110 sg. - ri-
fero, il quale fu la più perfetta creatura piene cfr. Par. I, 1 sg. Ili Reg. Vili,
:

e più eccellente che Iddio avesse crea- 27. Gerem. XXIII, 24. Yirg., Eclog. Ili,
to, non potè intendere l' infinita divina 60; IV, 49 sg. Thom. Aq., Sum. theol. I,
provvidenza, meno la può conoscere una 8, 1. « Dicit enim Spiritus Sanctus per
creatura umana, eh' è molto meno eccel- Hieremiam: Numqnid non ccelum et
'

lente che non fu quella » Dan. ; terram ego impleo? et in Psalmo: Quo
' '

50-51. corto recettacolo: vaso o reci- ibo a spiritu tuo ? et quo a facie tua fa-
piente troppo piccolo per il bene infini- giani ? Si ascenderò in ccelum, tu illic es ;

to. - se con se « Iddio è bene infinito,


: si discenderò in infernum, ades, etc. » ;

che con niuno altro bene si può misu- Ep. Kani, 22. - 1* è parvente accessibile:

rare, se non con sé medesimo imperò ; alla vostra veduta. Cfr. Thom.Aq., Sum.
che ogni altro bene è minore di lui, sic- theol. I, 12, 2.
ché con niuno altro si può misurare. E 58-60. Però ecc.: perciò l'uomo non
come elli è infinito, così le opere sue so- può penetrare addentro nei segreti di
no ininvestigabili ed incomprensibili dal- Dio, e la vista dell'intelletto umano vede
l'uomo e da ogni altra creatura. E così è nella giustizia divina come l'occhio nel
dimostrata la maggiore proposizione; mare profondo, cioè niente o ben poco.
cioè che ogni creatura è corto ricetta- « Iudicia tua abyssus multa »; Salm.
culo d' Iddio e delle sue opere può be- : XXXV, - la vista ecc. la vista intel-
7. :

ne ricevere parte, ma non tutte » Buti. ; lettuale che il vostro mondo riceve in

Cfr. Conv. n, 4, dove Dio è detto «quella dono da Dio. Cfr. I Cor. IV, 7.

53. Div. Gomm., 8 a ediz.


834 [cielo sesto] Par. xix. 61-80 [giustizia divina]

61 clie, ben che dalla proda veggia il fondo,


in pelago noi vede e nondimeno ;

è lì, ma cela lui 1' esser profondo.


64 Lume non è se non vien dal sereno
che non si turba mai anzi è tenèbra,;

o ombra della carne, o suo veleno.


67 Assai t' è mo aperta la latebra
che t' ascondeva la giustizia viva
di che facéi question cotanto crebra :

70 che tu dicevi Un uom nasce alla riva


:
'

dell' Indo, e quivi non è chi ragioni


di Cristo, né chi legga, né chi scriva;
73 e tutti suoi voleri ed atti buoni
sono, quanto ragione umana vede,
sanza peccato in vita o in sermoni.
76 Muore non battezzato e sanza fede :

ov'è questa giustizia che '1 condanna'?


ov'è la colpa sua, se ei non crede ? 1
'

79 Or tu chi se' che vuoi sedere a scranna


,

per giudicar da lungi mille miglia


proda: guardando dalla riva.
61. dalla 71-72. non è chi ecc. nessuno predica :

in alto mare, a
62-63. in pelago ecc. : Cristo, nessuno legge di Cristo, nessuno
differenza di ciò che accade presso la scrive di Cristo. - ragioni : « Quomodo
proda, non lo vede; eppure il fondo è credent ei qnem non
audierunt? Quo-
anche nell'alto mare, ma la profondità •
modo autem audient sine predicante? »
sua lo nasconde a noi. Rom.'K, 14. -«Eequiriturad fidem quod
64. non è: per l'uomo, -dal sereno: credibilia proponautur credenti; et hoc
da Dio. Lume verace non può essere che quìdem fit per hominem»; Thom. Aq.,
quello che viene da Dio; dunque la ri- Sum. theol. I, 111, 1.
velazione. 75. in vita o insermoni in opere o in :

tenèbra il lume naturale è piut-


65. è : parole. È frase biblica « Vir potens in :

tosto tenebra che lume. opere et sermone » Luca, XXIV, 19. ;

66. ombra: « Corpus enim, quod cor- 77-78. ov'è ecc.: in che sta la giusti-
rumpitur, aggravat animam, et terrena zia della condanna di costui? Se muore
inhabitatio deprimit sensum multa cogi- senza fede né battesimo, non è colpa sua.
tantem » Sap. IX, 15. Cfr. Virg., Aen.
; 79. Or tu chi se' « O homo, tu quis es
:

VI, 733 sg. Thom. Aq., Sum. theol. II, n, qui respondeas Deo? » Rom. IX, 20. -
180, 7. - veleno stimolo peccaminoso che
: sedere a scranna farti giudice. Scranna
:

avvelena 1' anima. vale sedia '; qui seggio di giudice '.
' '

67. mo : ora. - la latebra : il nascondi- « Se 'n queste cose ultime e più vili hae
glio. Ora vedi, il che prima ti rimaneva Iddio posto tanto profondo, più che non
nascosto, essere solo l' insufficienza del- è quello del mare, come deono essere
V umano intelletto, che ti cela la ragione investigabili l'altre sue opere grandi !

della giustizia divina in quel fatto di Come dunque vuoli sapere.... perchè fa
cui hai sì spesso cercato invano la spie- questi Saracino e questi cristiano? ov-
gazione. vero, perchè elegge costui e non colui?
69. facéi: facevi, anticamente anche in Cattive, guarda: non ci metter mano,
prosa. - crebra frequente. Anche nella
: che tu ci perirai in questo pelago»;
Mon. II, 8, (cfr. Scherillo, Bull. VTII, Fra Giord., Pred., ed. Manni, p. 262.
14), è esposto questo dubbio. 80. da lungi ecc.: ciò che è assai lon-
[CIELO SESTO] Par. xix. 81-91 [giustizia divina] 835

con la veduta corta d' una spanna •?

82 Certo a colui che meco s'assottiglia,


se la Scrittura sopra voi non fosse,
da dubitar sarebbe a maraviglia.
85 Oh terreni animali, oh menti grosse !

La prima volontà, eh è per sé buona, 7

da sé, eh' è sommo ben, mai non si mosse.


SS Cotanto è giusto quanto a lei consuona ;
nullo creato bene a sé la tira,
ma essa, radiando, lui cagiona. »
91 Quale sovresso il nido si rigira,

tano e superiore al trio intelletto. AL, theol. I, 19, 7. -«Ego enim Dominus, et
senza badare a tutto l'insieme del ra- non mutor » Malach. Ili, 6. - « Sine pce-
;

gionamento, ha supposto che D. si espri- nitentia enim sunt dona et vocatio Dei » ;

ma così con ispecial riguardo all' « uom Pom. XI, 29. - « Or come temi tu (vuol
che nasce alla riva del l'Indo », vv. 70 sgg. dire), che sia altro che giusto ciò che
81. veduta: intellettuale. -corta d'una Dio fa? Quando egli è fonte di bontà, e
spanna che non vede più in là di un pal-
: tanto essenzialmente buono (e però an
mo. Cfr. le parole del Conv. IV, 5, citate che giusto), che spira e produce la bontà
nella nota a Par. XIII, 141. nelle cose fuori di sé, non esse in lui le ;

82. s'assottiglia : « qui subtiliter co- quali tanto son buone e non più, quanto
natur [come tu, o Dante, che hai lunga- partecipano della bontà sua? » Ces.
mente, ma invano, meditato sulla giu- 88. Cotanto ecc.: giusto è soltanto ciò
stizia divina] rationem mese iustitise, che è conforme alla divina volontà. «Ius
scilicet divinse, quse maxime relucet in in rebus nihil est aliud quam similitudo
me»; Benv. E questa è l'interpretazio- divinae voluntatis. linde fit quod quid-
ne migliore, sebbene il meco resti espres- quid divinae voluntati non consonat, ìp-
sione qualche poco strana per dire « con sum ius esse non possit, et quidquid di-
la giustizia, o meglio circa la giustizia vinae voluntati est consonum, ius ipsum
divina di cui io sono la figura ». - « Certo sit»; De Mon. Ili, 2.
per colui che meco ragionando volesse In quello
89-90. a se la tira: la trae a sé.
far l'arguto o il sottile, sarebbe da du- esposto ne' vv. 70 sg. è implicitamente
bitare a maraviglia, ossia avrebbe co- contenuto l'altro dubbio, se forse una
stui molti e molti dubbi da affacciare gente non abbia so: ra l'altra preroga-
sulla giustizia dei decreti di Dio, volen- tiva o meriti, per cui ad essa è offerta la
do giudicare coll'umana ragione; quando grazia di Dio in Cristo, all'altra no. Qui
voi altri cristiani non aveste a guida e si tronca tal dubbio ben lungi dall'es-
:

maestra la Sacra Scrittura, che vi ac- sere attirato dal bene delle creature, è
quieta in ogni dubbio e difficoltà colla Iddio che, irradiando la sua luce, cagio-
rivelazione di un Dio infallibile, e per na esso bene. L' argomentazione è tolta
essenza buono »; Br. B. Boet., Cons. da S. Paolo, Pom. IX. E in Filipp. H, 13 :

phil. IV, pr. 5: « Nec miruin, si quid, « Deus enim est qui operatur in vobis et
ordiiiis ignorata ratione,temerarium con- velie et perfìcere, prò bona voluntate. »
fusumque credatur. Sed tu, quamvis cau- Ma anche questa argomentazione sof-
savi tanice dispositionis ignores, tamen, foca il dubbio di D., non lo scioglie.
quoniam bonus mundum rector tempe- 91-96. Quale ecc. appagato, il P.
:

rai, recte fieri cuncta ne dubites ! » guarda l'aquila con amorosa maraviglia.
84. a maraviglia: cfr. Par. XI, 90. La similitudine dipinge l'aggirarsi del-
85. grosse: cfr. Inf. XXXIV, 92. l'aquila intorno al P., ed il fissare ch'ei
86.La prima volontà divina. - per sé
: : fa in essa i propri occhi, e l'affettuosa
per sé stessa, non per partecipazione vicendevole compiacenza. L'immagine
d'altrui bontà. si fece come cicogna, D. come cicogni-
87. mai non si mosse « voluntas Dei est
: no. - pasto pasciuto latino pastus cfr.
: ; ;

omnino immutabilis » Thom. A q., Sum.


; Yirg., Eclog. IX, 24. - cotal :*è il termi-
836 [CIELO SB8TO] Par. xix. 92-108 [fede e opere]

poi che ha pasciuti la cicogna i figli,

e come quel eh 'è pasto la rimira;


94 cotal si fece, e sì levai li cigli,
labenedetta imagine, che l'ali
movea sospinta da tanti consigli.
07 Roteando cantava, e dicea « Quali :

son le mie note a te, che non le 'ntendi,


tal è il giudizio eterno a voi mortali ».
100 Poi si quetaro quei lucenti incendi
dello Spirito Santo ancor nel segno
che fé' i Romani al mondo reverendi,
103 esso ricominciò « A questo regno
:

non mai chi non credette in Cristo,


salì

né pria, né poi ch'el si chiavasse al legno.


106 Ma, vedi, molti gridan Cristo, Cristo ', i
!

che saranno in giudizio assai men prope


a lui che tal che non conosce Cristo )

ne correlativo al Quale del v. 91. - sì: quando in quel giorno si apriranno i li-
è il termine correlativo al come del v. 93. bri dove sono scritti i loro dispregi ? »
Il costrutto è qualche po' involuto, giac- Cfr. ThomAq., Sum. theol. II, li, 124, 5.
ché le parole e sì levai li cigli interrom- 100-102. Poi poiché cfr. Purg. X, 1.
: ;

pono la proposiz. cominciata con cotal, - quetaro si quotarono dal roteare, e


si :

mentre, perchè ci fosse simmetria per- l'aquila ricominciò a parlare. - incendi


fetta coi due termini della terzina pre- dello S. S. fuochi vivaci d'amore cfr.
:
;

cedente, andrebbero collocate dopo il Par. XXV, 80. - ancor ecc.: pur sem-
v. 96. Cfr. Inf. XXIX, 16 sgg. - so- pre disposti in modo da formare un' a-
spinta da tanti consigli: cioè da tante quila, quel segno dell'impero che fece i
(unanimi) volontà, quanti erano gli spi- Romani degni di reverenza a tutto il
riti che la componevano. Al. sospinte. mondo (cfr. Par. VI, 34 sg.) « per le
97-99. Roteando girando intorno a me.
: molte vittorie e trionfi che ebbero sotto
- Quali ecc.: come tu non intendi il mio tale insegna » ; Dan.
canto (cfr. XVIII, 99) così voi mortali 104. in Cristo: o venturo,o venuto.
non comprendete la divina giustizia. - « Non est in aliquo alio salus nec enim :

tal è : « Quis enim hominum poterit scire aliud nomem est sub ccelo datum homi-
consilium Dei? aut quis poterit cogitare nibus in quo oporteat nos salvos fieri »;
quid velit Deus? »; Sap. IX, 13. AttilV, 12. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol.
V. 100-114. La fede e le opere» Dopo Ili, 68, 1. - Cristo: come di solito, que-
aver roteato e cantato, l'aquila si ferma sto nome sacro rima con sé stesso. Cfr.
e continua « Non vi è salute senza fede,
: la n. a Par. XII, 73.
ma la fede vuol essere accompagnata 105- si chiavasse fosse chiavato, cioè
:

dalle buone opere « sicut enim corpus


; inchiodato; cfr. Inf. XXXIII, 46. - al
sine spiritu mortuum est, ita et fides legno : alla croce.
sine operibus mortua est » (Giacomo, «Multi dieent mihi
106. molti gridan :

II, 26). Verissimo che in cielo non salì Domine, Domine!... Et tunc confitebor
mai chi non credette in Cristo ma molti, ; illisquia numquam novi vos discedite :

che hanno sempre il nome di Cristo a me, qui operamini iniqui tateni»; Matt.
sulle labbra, saranno nel dì del giudi- VII, 22 sg.
zio più lontani da lui, che altri i quali 107. in giudizio nel dì del giudizio
:

non conobbero Cristo. Gli Etiopi con- finale. - prope: prep. latina; presso.
danneranno siffatti Cristiani. E che di- 108. conosce Al.: conobbe, lezione
:

ranno gl'infedeli dei vostri principi, che ha l'aria di una correzione.


[CIELO SESTO] Par. xix. 109-120 [principi ingiusti] 837

109 e tai Cristiani dannerà l'Etiope,


quando si partiranno i due collegi,
l'uno in eterno ricco e l'altro inope.
112 Che poràn dir li Persi ai vostri regi,
come vedranno quel volume aperto
nel qual si scrivon tutt' i suoi dispregi?
115 Lì si vedrà tra l'opere d'Alberto
quella che tosto moverà la penna,
per che '1 regno di Praga fìa diserto.
Lì si vedrà il duol che sopra Senna
induce, falseggiando la moneta,
quel che morrà di colpo di cotenna.
L09. tai Cristiani : oggetto di dannerà-, tutti i mali, tutti insino al più minimo»;

Cristiani siffatti, Cristiani soltanto di Fra Giord., Fred., ed. Moreni, I, 208.
nome. - 1' Etiope un pagano soggetto.
: : 114. suoi loro. - dispregi male azio-
: :

« Dico autein vobis quod multi ab orien- ni, per le quali sono in dispregio l'ef- ;

te et occidente venient et recumbent cum fetto per la causa.


Abraham et Isaac et Iacob in regno coe- V. 115-148. Perversità dei principi
loruni filii autein regni eicientur in te-
; cristiani. Il P. si figura di leggere nel
nebras exteriores ibi erit fletus et stri-
: libro eterno e riferisce a noi, per bocca
dor dentium»; Matt. VHI, 11-12; cfr. dell'Aquila, i dispregi dei principi cri-
id. XII, 41-42, Lue. XI, 31 sg. e XIII, stiani del tempo suo da Alberto impera-
28 sg. « Or noi, che siamo Cristiani e tore ad Arrigo II di Lusignano, signore
facciamo opere non di Saracini, no, ma di Cipro. « Colla enumerazione delle pra-
di cani, eglino ci giudicheranno. E sono ve opere di molti re, ci presenta il Poeta
duei giudicii, dicono i Santi: uno d'azione un prospetto delle condizioni dell' Euro-
e un altro di comparazione. Il giudizio pa cristiana, presenta insieme un quadro
di comparazione si è che sarai giudicato geografico della penisola Iberica alla
e da' dimonii e da' Saracini e da' Pagani Boemia, dalle isole Britanniche all' Un-
e da chiunque t'avrà avanzato in alcuno gheria e all' Illiria, dalla Norvegia alla
caso»; Fra Giord., Fred., ed. Manni, 198. Sicilia, a Cipro, a Gerusalemme » Ant ;

110. si partiranno: si divideranno in 115.Albert0:d'Austria;Purgr.VI,97sgg


due schiere, alla destra ed alla sinistra 116-117. quella: l'invasione e devasta
di Dio; cfr. Matt. XXV, 31 sg. zione della Boemia {regno di Praga, ca
111. inope povero, perchè « dannato
: pitale della Boemia) dove regnava Ven
e privato della grazia d' Iddio » Futi. ; ceslao, cognato di Alberto. - tosto: l'in-
112. poràn potran[no]. - Persi anche
: : vasione avvenne nel 1304. - moverà la
qui, come Etiope, per non Cristiani in ' '
penna di Dio a scrivere in quel volume
: :

generale. - regi principi cristiani.


: cfr. Daniele, V, 5 sg.
113. TOlume: «Et vidi mortuos ma- 118. il duol il dolore che cagiona a
:

gnos et pusillos stantes in conspectu Parigi Filippo Bello facendo coniare


il

throni et libri aperti sunt et alius li-


; ; moneta Vili, 58 « Per
falsa. G. Vili. :

ber apertus est, qui est vitsB; et iudi- fornire sua guerra sì fece falsificare
cati sunt mortai ex bis quse scripta erant le sue monete, e la buona moneta del
inlibris secundum opera ipsorum»; Apo- tornese grosso, ch'era a undici once e
cai. XX, 12. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. mezzo di fine, tanto il fece peggiorare,
.1, 24, 1. « Al giudicio trarrà Iddio fuori che tornò quasi a metade, e simile la
il quaderno di tutti i peccati, e a ciasche- moneta prima e così quelle dell' oro,
;

duno porrà innanzi quaderno de' pec- il che di ventitré e mezzo carati le recò a
cati suoi » Fra Giord., Fred., ed. Nar-
; men di venti, facendole correre per più
ducci, 237. « E' sono due i libri, uno di assai che non valeano onde il re avan-
;

vita e uno di morte nel libro della vita : zava ogni dì libbre seimila di parigini,
sono scritti tutti i beni, non è manco e più, ma guastò e disertò il paese ».
uno; nel libro della morte sono scritti 120. cotenna: pelle del cinghiale, qui

<*
838 [cielo sesto] Par. XIX. 121-136 [principi ingiusti]

121 Lì sivedrà la superbia eh' asseta


che fa lo Scotto e Plnghilese folle,
sì che non può soffrir dentro a sua meta.
124 Vedrassi la lussuria e il viver molle
di quel di Spagna e di quel di Buemme,
che mai valor non conobbe uè volle.
127 Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme
segnata con un'/ la sua bontate,
quando il contrario segnerà un'ilf.
130 Vedrassi l'avarizia e la viltate
di quel che guarda l'isola del foco,
dove Anchise finì la lunga etate ;
133 e a dare ad intender quanto è poco,
la sua scrittura fien lettere mozze,
che noteranno molto in parvo loco.
136 E parranno a ciascun l'opere sozze

per cinghiale la parte per


; il tutto. «Nel- virtù con un'/, segno che vale 1 («ebbe
l'anno 1314 del mese di novembre, il re una virtù, cioè di larghezza, e con que-
Filippo re di Francia, il quale avea re- sta ebbe mille vizi » Falso Bocc. cfr.
;

gnato 29 anni, morì disavventuratamen- Par. VIII, 82), mentre una M, segno
te; che, essendo a una caccia, uno porco 1000, segnerà il contrario, cioè i vizi.
salvatico gli s'attraversò tra le gambe del Per altre interpret. secondo noi, inac-
cavallo in su che era e fecelne cadere, cettabili, cfr. Comm. Livs. Ili, 528. Il
e poco appresso morì»;'FiK. IX, 66. titolo di re di Gerusalemme l'aveva otte-
121. asseta: accende di smoderata sete nuto Carlo I.

di dominio. Accenna probabilmente alle 131. quel ecc. :Federico II, re di Si-
lotte tra Edoardo I re d'Inghilterra, e cilia (1272-1337) ; cfr. Purg. VII, 119.
Roberto di Scozia. Cfr. Barlow, Contri- Conv. IV, 6. De Vulg. Eloq. 1, 12. -guar-
butìons, 485-495. Purg. VII, 132. da: governa. - Pisola del foco la Sicilia, :

122. lo Scotto re di Scozia. - l'In-


: il dove è l'Etna cfr. Inf. XIV, 56.
;

ghilese il re d' Inghilterra.


: 132. doye ecc.: in Sicilia, e propria-
123. soffrir ecc.: reggere, durare a te- mente a Trapani morì, grave d'anni, An-
nersi entro i propri confini. chise,padre di Enea, secondo Yirg.,
125. quel di Spagna: Ferdinando IV, Aen. Ili, 707 sgg.
re di Castiglia (1295-1312), che tolse Gi- 133-135. a dare ecc.: a far conoscere la
bilterra ai Mori e nel 1312 fece morire a dappocaggine di Federico II, la sua par-
torto i fratelli Carvajal, i quali sul pati- tita scritta nel libro divino sarà di lettere
bolo lo citarono a comparire entro 30 mozze, cioè di segni abbreviati, che in
giorni davanti al tribunale di Dio. Fer- piccolo spazio noteranno i molti suoi vi-
dinando morì entro questo termine e fu ; zi; cfr. Amari, Vespro, XX. « Si tratta
perciò chiamato El emplazado, il citato: di uomo così da poco, che, per quanto
cfr. Mariana, Hist. gen. Espana XV, sian molti i suoi falli, non meritano che
I sgg. Molti intesero d'Alfonso (1258- X si perda spazio [' e tempo aggiungerei]
'

1284) ;ma l'aquila parla evidentemente a notarli: poche abbreviature stenografi-


di principi viventi nel 1300. - Buemme: che, e sarà presto finita col fastidio di
Boemia. Quel di Buemme è Venceslao IV dovere occuparsi della sua nullità »;
(1270-1305); cfr. Purg. VII, 101. Parodi, Bull. XXIII, 63. Cfr. Comm.
127-129. Ciotto zoppo. Carlo II re di
: Lips. Ili, 529. - parvo: piccolo: cfr.
Napoli Purg. XX, 70), fu chiamato
(cfr. Purg:XY, 129.
il Ciotto perchè zoppo. Senso Carlo : A 136. parranno appariranno,
: si vedran-
II si vedrà nel libro di Dio segnata la no scritte nel libro divino.
[CIELO SESTO] Par. xix. 137-145 [principi ingiusti] 839

del barba e del fratei, che tanto egregia


nazione e due corone han fatte bozze.
139 E quel di Portogallo e Norvegia
lì si conosceranno, e quel di Rascia

che male ha visto il conio di Vinegia.


142 Oh beata Ungaria se non si lascia
più malmenare E beata Navarra!

se s'armasse del monte che la fascia !

145 E creder dee ciascun che già, per arra

137. del barba dello zio di Federico


: II, quasi la veduta li due il servivano, ed
;

Don Giacomo, re di Maiorca (Baleari), il terzo fu rimandato allo avolo final- ;

figlio di Giacomo I d'Aragona (1243-1311) mente il padre uccise l'uno de' due suoi
e del fratello, Giacomo II re d'Aragona; figliuoli, e con l'altro si fuggì di carcere
cfr. Purg. VII, 119. Barba per zio vive e tornò in Rascia, e prese il padre, di
tuttora in parecchi dialetti. cui l'Autore parla, e fecelo morire in
138. nazione: prosapia, stirpe cfr. Inf. ; prigione. Poi e' poco resse il regno; che
1, 105. -due corone di Maiorca e d'Ara-
: da suoi figliuoli ricoverò il cambio »; Ott.
gona, -bozze: avvilite, disonorate, Ott.: 141. male ha visto ecc.: che per suo
« hanno adontata e adulterata la casa male ha conosciuta la moneta veneziana ;

di Raona e le corone di quelli due re- giacché, falsificandola, ha acquistato


gni ». Buti: «Vituperate, come è vitu- mala fama, seppure non sarà dannato;
perato l'uomo, quando la moglie li fa cfr. Inf. IX, 54; XII, 66. Purg. IV, 72.
fallo», poiché bozza fu detto l'uomo che è Al.: che male aggiustò. Ma Urosio non
in questo caso. Cfr. Bull. Ili, 149 e per falsò il conio bensì il metallo della mo-
l'uso mod. tose. Caverni, Voci e Modi, 33. neta veneziana. Cfr. Moore, Crit., 471.
139. quel di Portogallo: Dionisio l'Agri- 142. Ungaria governata da Andrea III
:

cola (1279-1325). « Tutto dato ad acqui- (1290-1301), l'ultimo re della stirpe di


stare avere, quasi come uno mercatante Santo Stefano. E quando D. dettava il
mena sua vita, e con tutti li grossi mer- Par., era re d'Ungheria Carlo Roberto
catanti del suo regno ha affare di mo- d' Anjou (1301-1342), « signore di grande
neta: nulla cosa reale nulla cosa ma- valore e prodezza»; G. Vili XII, 6.
gnifica si puote scrivere di lui »; Ott. 143. malmenare come la malmenarono
:

Gli storici moderni ne giudicano più i re anteriori ad Andrea III. -beata Na-
favorevolmente. - di Norvegia Acone : varra Giovanna, figlia di Enrico I di
:

VII, detto Gambalunga, re dal 1299


il Navarra ed ultima di quella casa, si ma-
al 1319. Sembra che di costui D. non ritò nel 1284 a Filippo il Bello, ma go-
sapesse molto, come nulla ne seppero gli vernò gli Stati paterni con assoluta auto-
antichi commentatori. rità e con esemplare saviezza. Morta Gio-
abbracciava parte di Ser-
140. Rascia : vanna nel 1304, le successe Luigi Utino
Croazia ed anche della Dal-
bia, Bosnia, suo figlio, vivente tuttora il padre mor- ;

mazia. Quel di Rascia è Stefano Urosio to il quale, Luigi Utino gli successe nel
Il Milutino (1275-1307), che falsificò i regno di Francia e fu il primo ad inti-
grossi (detti anche matapani e anche tolarsi re di Francia e di Navarra. «Ve-
sulle prime ducati) di Venezia, alteran- dendo l'Autore che il regno di Navarra
done la bontà del metallo; cfr. Comm. pervenia sotto la signoria de' superbi
Lips. e Bull. XI, 263. « Di costui e de' Franceschi, e discadea alla casa di Fran-
suoi si puote dire peggio che l'Autore cia, e' dice beata, s'ella si difendesse in
non scrive. Questi, avendo uno figliuolo, su gli monti che le sono dintorno e non
e d'esso tre nipoti, per paura che non gli ricevesse quelli superbi re di Francia,
togliessero il regno, li mandò a Costanti- li quali la faranno vivere sotto misero

nopoli allo imperadore suo cognato; e servaggio » Ott. ;

scrissegli, sì come si dice, ch'elli


cerca- 145-146. per arra quale caparra, quale
:

vano sua morte, e che gli tenesse in pre- prova anticipata di questo che per parte
gione. E così fece, tanto che per orribi- di Francia avrà a soffrire la Navarra,
litade del carcere il padre de' tre perde e in previsione di che dovrebbe armarsi
340 [ciklo sesto] Par. xix. 146-148 -xx. 1-6 [CANTO]

di questo, Nicosìa e Famagosta


per la lor bestia si lamenti e garra,
148 che dal fianco dell'altre non si scosta. »
1
dal monte che la lascia ', sono da tenersi le qnali debbono essere
di lungi dal re.
i lamenti e le grida di Nicosia e Famago- E dico che isolani se ne lamentano, e
li

sta, città principali dell' isola di Cipro. gridano perch'elli vive bestialmente, ed
147. bestia: Arrigo II di Lusignano usa con quelli che bestialmente vivono,
d'origine francese, nel 1300 re di Cipro, nò da loro punto si parte; e conchiude
dissoluto e crudele, sospetto di avere in lui, come più infamato ed istremo
avvelenato il proprio fratello. « Descrive de' mali, lo XIX
capitolo » Ott. -garra: ;

la vita bestiale del re di Cipri, il quale garrisca, strida; cfr. Taf. XV, 92. « La-
doverebbe essere tutto santo, però che mentarsi di dolore, garrire d'ira»; Tom.
dinanzi alla fronte li siede la terra, dove 148. dell'altre: bestie, cioè degli altri
il suo Creatore sangue sparse.... E
il regnanti cristiani d'Europa, testé ricor-
bene dice bestia, però che tutto è dato dati. - non si scosta va di pari passo con
:

alle concupiscenze ed alle sensualitadi, gli altri re, bestiale e vizioso com' essi.

CANTO VENTESIMO
CIELO SESTO o DI GIOVE : PRINCIPI SAGGI E GIUSTI

CANTO DEI GIUSTI


PRINCIPI GIUSTI NELI,' IMMAGINE DELL' AQUILA
FEDE E SALVAZIONE, ARCANI DELLA DIVINA PREDESTINAZIONE

Quando colui che tutto '1 mondo alluma


dell' emisperio nostro sì discende,
che '1 giorno d' ogni parte si consuma,
lo ciel, che sol di Ini prima s' accende,
subitamente si rifa parvente
per molte luci in che una risplende ;

V. 1-15. Canto dei giusti. Come II, 14 ; e cfr. HI, 12 e Canz. XI (« Io son
l'aquila, che aveva sin qui parlato, man- venuto al punto della rota
1 sgg. »),
dando fuori una sola voce per il becco, 2. discende: tramonta.
quasi fosse un essere solo, cessò di parlare 3. d'ogni parte: del nostro emisfero.
in talmodo, tutte le singole luci che la - siconsuma vien meno « consumpta
: ;

formavano, facendosi più vivide per ac- nocte»; Virg., Aen. II, 795.
cresciuta carità e letizia, cominciarono 4. che sol ecc. che aveva unico lume
:

a innalzare canti la cui divina soavità, il sole, mentre di notte i lumi vengono

nonché espressa col linguaggio umano, a moltiplicarsi con la luna e le stelle. -


nemmeno può essere accolta e serbata s'accende: « Illic sera rubens accenda
dalla memoria. lumina Vesper»; Virg., Georg. I, 251.
1. colui ecc. il sole « del cui lume
: 5-6. si rifa parvente si rallumina per:

tutte le altre stelle s' informano » ; Conv. l'apparire degli astri in che si riflette
[CIELO SESTO] Par. xx. 7-21 [canto] 841

e quest' atto del cielmi venne a mente,


segno del mondo e de' suoi duci
come il

nel benedetto rostro fu tacente ;

IO però che tutte quelle vive luci,


vie più lucendo, cominciaron canti
da mia memoria labili e caduci.
13 dolce amor che di riso t' ammanti,
quanto parevi ardente in quei flailli
eh' avieno spirto sol di pensier santi !

Poscia che i cari e lucidi lapilli


ond' io vidi ingemmato il sesto lume,
puoser silenzio agli angelici squilli,
udir mi parve un mormorar di fiume,
che scende chiaro giù di pietra in pietra,
mostrando 1' ubertà del suo cacume.

ta sola luce, quella del sole. Parvente da quei lumi, e che, stato prima collet-
per appariscente fu usato da D. anche tivo, anzi uno, si fa molteplice e indi-
in Conv. I, 1. viduale, per poi tornare, dopo un mo-
8. il segno ecc.: l'aquila, insegna del- mento, uno (vv. 22 sgg.) come prima.
l'impero universale e degl'imperatori V. 16-72. Principi gitisti nell'oc-
che dell'impero universale, cioè del mon- chio dell' aquila. Finito il canto dei
do, sono i duci. beati lumi, il P. ode venir dall'aquila
i. aveva parlato sin qui;
rostro: che un mormorio quasi di fiume; quindi,
cfr. Par. XIX,
10 sgg. come al collo della cetra il suono prende
11. lucendo: Al.: lucenti, -comincia- sua forma, così quel mormorare dell'a-
ron « la similitudine è in ciò, che come
: quila, salendo su per il collo, si fa voce
all'unica luce del sole succede la moltipli- ed esce per il becco in forma di parole.
co delle stelle, così all' unico ragionare « Kiguardami l'occhio» dice l'aquila:
dell' aquila sottentrarono i canti de' sin « le luci che lo figurano, furono sommi
goli spiriti » Andr. Cfr. Della Valle,
; giusti. » E nomina sei spiriti, Davide,
Nuove illustraz., 126 sg. che forma la pupilla, Traiano, Ezechia,
12. labili: sfuggenti; «nostro illius Costantino, Guglielmo e Eifeo che for-
labatur pectore voltus » ; Virg , Eclog. mano il ciglio.
I, 63. -caduci: «non di possibilità [espres- 16. lucidi lapilli: lat. lapillus-, lu-
sa da 'labili'], ma d'atto»; Tom. centi pietre preziose ; cfr. Par. XV, 22 ;

13. amor divino. - di riso t'animanti


: : XVIII, 115, ecc.
ti fai un manto di luce, espressione di leti- 17. il sestolume Giove, il 6° pianeta.
:

zia, di riso; Par. IX, 70; cfr. Salm.GIII,2. 18. puoser silenzio ecc.: ammutolisce il
14. flailli Al. flaTilli Flailli, dal lat,
: canto dei singoli spiriti per dar luogo al
fiare, e varrà piccoli flauti: francese parlare unico dell'aquila, -angelici squil-
ant. fiavel. Al. faYÌlli, masch. di faville li: canti armoniosi, degni di angeli.
= splendori. Ma è daleggere/aiZZi, e da 19-20. un mormorar ecc. : un mormo-
intendere flauti, « ne' quali i santi pen- rio di acque correnti che scendono di
sieri tenevano il luogo di soffio »; Parodi, pietra in pietra. « Vox erat ei quasi vox
Bull. Ili, 145 anche XXIII, 63, dove
; e aquarum multarum » Ezech. XLIII, 2 ;

si avverte che « la forma flailli oflavilli, Cfr. Apocal. I, 15; XIV, 2; XIX, 6
invece di flaelli o flavelli, è da ricono- Virg., Georg. I, 108 sgg.
scere come un altro esempio di rima si- 21. ubertà abbondanza qui, di acqua
:
;

ciliana». In questi versi, pur accennan- - cacume cima, dove il fiume ha la sor
:

dosi alla lucentezza di quegli spiriti, la gente; cfr. Par. XVII, 113. Con questa
cosa principale di cui parla il P. e su ricchezza di acque il P. dà un'idea della
cui insiste, è il canto e il suono eh' esce potenza vigorosa di quel suono.
842 [CIELO SESTO] Par. xx. 22-31) [occhio dell'aquila]

22 E come suono al collo della cetra


prende sua forma, e sì come al pertugio
della sampogna vento che penetra;
25 così, rimosso d' aspettare indugio,
quel mormorar dell' aguglia salissi
su per lo collo, come fosse bugio.
28 Fecesi voce quivi, e quindi uscissi
per lo suo becco in forma di parole,
quali aspettava il core ov' io le scrissi.
31 « La parte in me che vede, e paté il sole
nell' aguglie mortali » incominciommi,
« or fisamente riguardar si vuole,
34 perchè de' fochi ond' io figura fommi,
quelli onde 1' occhio in testa mi scintilla,
e' di tutti lor gradi son li sommi.
37 Colui che luce in mezzo per pupilla,
fu il cantor dello Spirito Santo
che 1' arca traslatò di villa in villa :

22-24. al collo al manico della cetra,


: fianco e non di fronte» (Corn.), ch'ò il
dove il suonatore tasteggia. « Come lo caso dell'aquila araldica, simbolo del-
suono della chitarra prende sua forma, l' impero e in un' aquila siffatta abbiani
;

cioè suo essere, al collo della chitarra, veduto (cfr. XIX, n. 113-114) essersi tra-
dove tiene lo sonatore le dita de la mano sformata la M.
sinistra, stringendo le corde al legno, or 34. de' fochi ecc. : degli spiriti fiam-
con un dito, or coli' altro, et or con più » ; meggianti, ond' è formata la mia figura
Buti. - prende sua forma vien modulato. : d'aquila; cfr. Par. IX, 77 XVIII, 108; ;

- al pertugio « il fiato del suonatore,


: XXII, 46; XXIV, 31; XXV, 37, 121.
che penetra nelle canne della zampogna, 35. quelli ecc. : i lumi onde si com-
prende la modulazione dal pertugio che pone l'occhio mio scintillante.
quegli va chiudendo o aprendo con le 36. e' di tutti ecc.: sono essi i più
dita»; L. Vent., SimiL, 52. nobili di tutti gli spiriti che, di diversi
25. rimosso ecc. senza il minimo in-
: gradi, formano la mia figura: e' vale
dugio, subitamente. qui ei, elli, eglino, e non è congiunzione,
26. dell' aguglia il mormorio, di che
: come pretendono alcuni, ma pronome
nel v. 19, saliva su per il collo del- che richiama il quelli del v. prec. « Di
l' aquila. verità quelli di Purgatorio e' sono pur
27. bugio: ha comune la sua deriva- buoni » Fra Giord., Pred., ed. Moreni,
zione con la parola buco. Bugio da bu- II, p. 211 « I pagani e i tiranni che
giare (anche busaré) =
perforare dun- ; tormentavano i cristiani, e' si credeano
que: vuoto internamente; cfr. Caverni, fare a Dio grande appiacere»; id., ih.,
Voci e Modi, 37. I, p. 168.
30. quali ecc.: conformi al desiderio cantor ecc. Davide, re d'Israe-
38. il :

del mio cuore, nel quale perciò io le ispirato autore dei Salmi « 6ommo
le, l'
impressi e conservai. cantor del sommo duce»; Par. XXV, 72.
31. La parte ecc. l' occhio. - paté pa-
: : 39. di Tilla in Tilla di luogo in luo-
:

tisce, sostiene; cfr. Par. I, 48; IV, 73. go dalla casa di Abinadab, che era in
;

32. aquile mortali: le aquile che vedia- sul colle, alla casa di Obed-Edom Ghit-
mo sulla terra, -incominciommi: l'aqui- teo; e di qui a Gerusalemme; cfr. II
la, T unità
degli spiriti, incominciò a Eeg. VI, 1-17. 1 Parai. XIII, 1-14; XV, 1-
parlarmi. « Suppone di esser veduta per XVI, 1 e Purg. X, 55 sgg.
[CIELO SESTO] Par. xx. 40-57 [occhio dell'aquila] 843

40 ora conosce il merto del suo canto,

quanto effetto fu del suo consiglio,


in
per lo remunerar eh' è altrettanto.
43 Dei cinque che mi fan cerchio per ciglio,
colui che più al becco mi s accosta, 7

la vedovella consolò del figlio :

4G ora conosce quanto caro costa


non seguir Cristo, per l'esperienza
di questa dolce vita e dell' opposta.
49 E quel che segue in la circonferenza
di che ragiono per 1' arco superno,
morte indugiò per vera penitenza :

52 ora conosce che il giudizio eterno


non si trasmuta, quando degno preco
fa crastino laggiù dell' odierno.
55 L' altro che segue, con le leggi e meco,
sotto buona intenzion che fé' mal frutto,
per cedere al pastor si fece greco :

40-42. ora conosce ecc. per la gran-


: 51. per vera penitenza: la preghiera
dezza del premio, che si sa essere ade- di Ezechia era tutt'altro che di peniten-
guato al merito, Davide conosce ora il za :«Obsecro, Domine; memento, quasso,
merito del suo canto, in quanto esso quomodo ambulaverim coram te in ve-
canto fu effetto del suo volere poiché ;
ntate et in corde perfecto, et quod bo-
in quanto fu effetto di grazia dello Spi- num est, in oculis tuis fecerim » IV, ;

rito Santo, il suo canto non ebbe merito Reg. XX, 3. Di un'altra preghiera la
alcuno. Altre interpretazioni non si pos- Scrittura non parla (cfr. Isaia XXXVIII,
sono sostenere con valide ragioni. - al- 3). A D. probabilmente si affacciò confu-
trettanto: tanto quanto il merto: cfr. Par. sa la reminiscenza di II Parai. XXXII,
VI, 118 sg., dov' è detto che ai beati vie- 26, dove si parla di penitenza di Eze-
ne letizia dal vedere la perfetta corri- chia, ma è una penitenza susseguente,
spondenza tra il merito di ciascuno e la come il peccato che ad essa è occasione,
beatitudine concessagli quale premio. alla ottenuta guarigione.
43. per ciglio a mo' di ciglio.
: 53. preco preghiera Inf. XXVIII, 90
: ;

44-45. colui ecc. il lume che sta nella


: 54. fa crastino ecc. fa divenire cosa
:

parte dell'arco cigliare più vicina al mio del domani ciò che doveva essere cosa
becco è l' imperatore Traiano, che fece dell' oggi. I latini dicevano cras per do- '

giustizia alla vedovella, alla quale era mani ', e crastinus era aggett. che signi-
stato morto il figlio; cfr. Purg. X, 73-93. ficava appartenente al domani '. Ora
'

46-47. conosce essendo stato più secoli


: Ezechia conosce, che, quand'anche il
nell'Inf., sa per propria esperienza quale giudizio di Dio, annuendo a preghiera
sia la pena che aspetta chi non segue degna d' essere accolta, differisca al do-
Cristo. Cfr. la n. al v. 106. mani ciò che era stabilito per oggi, non
48. questa beata. - opposta
: : infernale. per questo esso giudizio si muta. Cfr.
49. quel ecc. Ezechia, re di Giuda, al
: Thom. Aq., Sum. theol. II, il, 83, 2.
quale, infermo, fu dal profeta Isaia an- Purg. VI, 28 sgg.
nunziata la morte; poi, dietro l'umile sua 55-57. L'altro ecc. Costantino impe-
:

preghiera, la vita gli fu da Dio prolun- ratore, che, per cedere, con buona in-
gata per 15 anni: cfr. n. 51. tenzione (De Mon. II, 12, 13) che pro-
50. di che ragiono: cfr.v. 43. -arco super- dusse poi cattivi frutti (Inf. XIX, 115
no la parte superiore dell' arco cigliare.
: sgg.) Roma al Pontefice, trasferì in Bi-
844 [CIELO SESTO] Par. xx. 58-72 [occhio dell'aquila]

OS ora conosce come il mal dedutto


dal suo bene operar non gli è nocivo,
a v vegna che sia il mondo indi distrutto.
GÌ E quel che vedi nell'arco declivo,
Guiglielmo fu, cui quella terra plora
che piange Carlo e Federigo vivo :

64 ora conosce come s' innamora


lo ciel del giusto rege, ed al sembiante
del suo fulgore il fa vedere ancora.
67 Chi crederebbe giù, nel mondo errante,
che Rifeo troiano in questo tondo
fosse la quinta delle luci sante?
70 Ora conosce assai di quel che il mondo
veder non può della divina grazia,
ben che sua vista non discerna il fondo. »
Sanzio, città greca, la sede dell'impero, fosse in sua corte, o che passasse per
e per conseguenza anche la sede delle quella contrada, che da lui non fosse
leggi e delle armi, delle quali ultime provveduto.... In questa corte era tanta
l'aquila è particolarmente l'insegna; pace, tanta tranquillità, che li abitanti
cfr. Inf. 1. e. e XXVII, 94 sgg. Par. VI, e sudditi notavano in allegrezza» Lan.,;

1 sgg. - con le leggi e meco « accompa-


:
- terra: Sicilia. - plora: deplora, rim-
gnato dalle leggi e dal mio segno »; piange; cfr. Pertz, Mon. Germ., Script,
Butì. - per cedere al pastor: questa si XIX, 324, dov'è un cantico latino che
credeva nel M. E. essere stata la vera ra- piange la morte di Guglielmo.
gione del trasferimento Costantiniano. 63. Carlo: Carlo li, il Ciotto di Geru-
58. dedutto :dedotto, derivato. salemme-, cfr. Purg. XX, 79. Par. XIX,
59. non gli è nocivo: non gli arreca 127. - Federico II, re di Sicilia
: cfr.;
j
danno, non essendogli imputato a colpa. Purg. VII, 119. Par. XIX, 131. Il morto 1

«Eventus sequens non facit acturn ma- è pianto per la sua bontà e giustizia ;

lucci qui erat bonus, nec bonum qui erat i vivi fanno piangere per le loro ingiu-

m ilus»; Thom.Aq., Sum. theol. l,u,20,5. stizie e tirannie; cfr. Par. Vili, 73 sgg.
60. indi: per questo dono ai papi. - 65. al sembiante risplendendo viva-
:

distrutto: «imperò che per questa ric- mente, dà segno di quanto è beato, di
chezza della Santa Chiesa sono divisi li quanto perciò è caro a Dio e remunerato
sommi pontifici da l'imperadori, e fatto da lui un principe veramente giusto.
parte della Chiesa e de lo imperio guelfa 67. nel mondo errante: fra gli uomini
e ghibellina, sicché la cristianità n'è di- che vivono in terra, soggetti all'errore;
visa e venuta in grandi guerre » Buti. ; cfr. Par. XII, 94. In cielo non è possi-
Cfr. Purg. XXXII, 124 sgg. bile errore.
61. arco declivo la curva discendente
: 68. Rifeo ricordato da V. come uno
:

del ciglio dalla parte opposta al becco. dei Troiani che combatterono da valo-
62. Guiglielmo: Guglielmo II, re di rosi contro i Greci la notte che Troia
Sicilia, detto il Buono, che governò dal fu presa; cfr. Aen. II, 339, 394, 426 sg.,
1166 al 1189, nel quale anno cessò di vi- nel quale ultimo passo è lodato come
vere principe giusto ed amato dal suo
; iustissimus unus qui fuit in Teucri» et
popolo. « Amava li suoi sudditi di di- amantissimi^ cequi del resto personag-
;

lezione regale, la quale fae differenzia gio ignoto. - tondo ciglio.:

dalla iniqua volontà tirannica e teneali


; 70-72. ora conosce ecc. come tutti i
:

in tanta pace e diletto e trastullo, che beati, Rifeo della divina grazia com-
si potea stimare uno paradiso terrestre. prende assai più che i mortali, ma non
Costui era libéralissimo non era cava-
; può col. suo sguardo penetrare sino al
lieri, né d' altra condizione uomo, che fondo, non potendo l'ente finito aggua-
[CIELO SESTO] Par. xx. 73-85 [pagani beati] 845

73 Quale allodetta che in aere si spazia


prima cantando, e poi tace, contenta
dell' ultima dolcezza che la sazia,
tal mi sembiò l' imago della imprenta
dell'eterno piacere, al cui disio
ciascuna cosa, quale ell'è, diventa.
79 E avvegna eh' io fossi al dubbiar mio
lì quasi vetro allo color che il veste,
tempo aspettar tacendo non patio ;

82 ma della bocca « Che cose son queste?»


mi pinse con la forza del suo peso :

per eh' io di corruscar vidi gran feste.


85 Poi appresso, con l'occhio più acceso,

gliare mai l' ente infinito. G-li stessi figurata aquila, che Iddio la figurava
angeli non conoscono pienamente il mi- come si figura una figura d'una forma,
stero della grazia divina. Cfr. Aug., imprimendola ne la cera o in altra cosa
Semi. XXX VI li De Verb. Dom.; Thom. ricettevile di quella De l'eterno piacere,
:

Aq., Sum. theol. I, 12, 8; 57, 5. cioè d'Iddio che è eterno piacere, al de-
V. 73-84. Pagani beati. L' aquila siderio e volontà del quale ogni cosa di-
daccapo si tace; e D. che non credeva venta tale, quale ella è nel piacere d'Id-
di trovar pagani in cielo, massime dopo dio imperò che ogni cosa è fatta da Dio
;

aver testò udito che non vi salì mai tale, quale elli la vuole.... E questo dice
chi non credette in Cristo (Par. XIX, l'autore per togliere dubbio al lettore di
103 sg.), ora che gli sono mostrati due quel che hae detto ; cioè che la detta
pagani beati, morti l'uno pria, l'altro aquila, finita la sua orazione, cantò e ,

poi che Cristo « si chiavasse al legno », poi, finito lo canto, si tacque, rimanendo
pieno di dubbioso stupore, non sa trat- contenta di quello canto ch'avea fatto
tenere la domanda: « Che cose sono que- al piacere d' Iddio » Buti. Il Torraca
;

ste? » I beati sfavillano festosi a tale intende: così V imago, cioè l'aquila,
domanda lieti di poter rispondere al dub- mi sembrò contenta dell' imprenta del-
bio di lui. l'eterno piacere ecc. ', Per altre interpr.
73. Quale allodetta lat. alauda. « La
: cfr. Comm. Lips.
similitudine è di una giocondità che in- 79-81. avvegna eh' io ecc. « Sebbene :

namora; e i versi son pieni di moto e un dubbio, che io aveva nell'animo, fosse
di canto. Il paragone è tra uccello ed veduto dagli spiriti celesti fra cui io mi
uccello; scegliendo la lodoletta, sceglie trovava, come si vede un colore a tra-
quello appunto, cui è più che ad altri verso il vetro dietro al quale sta; tut-
proprio lo spaziarsi in aria gorgheggian- tavia quel dubbio non sofferse che io,
do »: L. Vent., Simil., 440. La similitu- tacendo, aspettassi tempo alla risposta»;
dine dantesca fa ripensare al principio L. Vent. Sim., 157. È l'impazienza sma-
di una nota poesia del trovatore Ber- niosa di saper la ragione di un fatto sin-
nardo di Ventadorn, dove si descrive golare che ci ha stupiti perchè, in ap-
la lodoletta che gioiosa si leva a volo parenza, inesplicabile. - patio patì. Di :

dirigendosi verso il sole, e poi si oblia questo verbo il sogg., facile ad arguirsi
e si lascia cadere per la dolcezza che le da ciò che precede, è il dubbiar mio.
scende in cuore. 83. mi pinse ecc.: il dubbio era così
75. dell' ultima della dolcezza delle
: grave, che mi spinse fuor della bocca
ultime note che contenta appieno la sua quelle parole.
voglia di cantare. Cfr. Virg., Georg. 1,412. 84. corruscar: scintillare. Cfr. Purg.
76-78. tal contenta delle sue parole. -
: XXI, 50. Par. V, 126. Senso: Per il che
imago: cfr. Inf. XX, 123. - imprenta: vidi quei lumi scintillare festanti, go-
impronta; cfr. Par. VII, G9 XVIII,; dendo di chiarire il mio dubbio.
114. « Sì fatta mi parve l'imagine de la V. 85-129. Fede e salute. Con occhio
846 [CIELO SESTO] Par. xx. 86-98 [fede e salute]

lo benedetto segno mi rispuose,


per non tenermi in ammirar sospeso :

88 « Io veggio che tu credi queste cose


perdi' io le dico, ma non vedi come;
sì che, se son credute, sono ascose.
91 Fai come quei che la cosa per nome
apprende ben, ma la sua quiditate
veder non può, se altri non la prome.
94
Eegnum ccelorum violenza paté
da caldo amore e da viva speranza,
che vince la divina volontate ;
97 non a guisa che 1' all' uom sobranza,
uomo
ma vince lei perchè vuole esser vinta ;

brillante di gioia, l'aquila dice: « Tu - lince « Questo si debbe notare con


:

credi a quel eh' io dico, ma non com- una distinzione cioè che due sono le
;

prendi come possa essere. Ecco: l'uomo voluntà in Dio: l'una è assoluta, e que-
può acquistarsi la grazia per forza; per sta mai non si vince, ma ella vince tut-
forza, s'intende, della carità e della spe- to; l'altra è condizionata, ciò che Iddio
ranza. A' preghi di S. Gregorio, avvi- vuole che, se tu se' infedele, sii danna-
vati da forte speranza, Traiano ritornò to ma potrà tanto amore in Dio essere
;

in vita, credette in Cristo, arse tutto in te e sì viva speranza, e in altre parti,


di vero amore, e così fu salvo. Kifeo che Iddio vorrà che quella prima vo-
pose suo amore a drittura, ed ebbe per luntà non si follia, che ella sta pur fer-
ciò la grazia di credere in Cristo ven- ma, che ogni infidele è dannato; ma
turo, sicché potè salvarsi fede, speran- : vuole Iddio che si trovi modo che si
za e carità supplirono in lui al difetto torni all'ordine che non sia infidele, ma
di battesimo. » Cfr. Thom. Aq., Sum. diventa fidele e così sta sempre ferma
;

theol. I, il, 114, 1-5 e Commi. Lips. la volontà d'Iddio assoluta e condizio-
87. in ammirar nella maraviglia nata
: nata »; Buti. Diceva Fra Giord., Fred.,
dal vedere tra gli eletti del cielo Traiano ed. Carducci, 169 « Tra pagani fuoro
:

e Rifeo, vissuti e morti pagani. molti di quelli che credettono in Cristo


89. non Tedi come tu non vedi in che
: eziandio anzi ch'egli s'incarnasse; e se
modo queste còse possano avvenire. addomandassi 'in che modo?', rispon-
Rammenta la nota sentenza di S. Ago- doti o che l'avessero da certi profeti che
stino: Credo ut intelligam. non fuoro al tutto infedeli di ciò che i
92. quiditate: termine delle scuole = profeti dissero, o che l'avessero da loro
che cosa sia =
quid sii ossia l'essenza,
; idoli, o vuo' da certe sibille. Sicché si
la quale fa che una cosa sia ciò che essa è. truova di molti pagani eh' ebbero fede
Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. II, n, 8, 1. in Cristo e aspettavanlo e che '1 desi-
. 93. prome manifesta, rivela
: ; latini- deraro, e molti ne morirò nella fede sua
smo da promere = trar fuori. credendo e sperando che dovesse veni-
94-98. liegntim è la sentenza
ecc. : re, avvegna che non fosse ancora ve-
evangelica, Matt. XI. 12 « Regnum cce-: nuto i quali credono i santi che tutti
;

lorum vini pati tur, et violenti rapiunt il- sieno salvi e così è da credere che ne
:

lud. »- «Il regno de' cieli cede all'affetto fuoro molti degli altri de' quali non è
ed alla speranza umana, che vincono la memoria nulla. » Cfr. n. 122. - sobranza :

divina volontà, non -per prevalenza di vince, dal prov. sobransar. Cfr. Nannuc-
forza, ma perchè vuole essere vinta. La ci, Voci ital. deriv. dalla linguaprov., 38.

similitudine negativa [del v. 97] cade sul- Far. XXIII, 35. - Tince carità fervida e :

l'abuso che gli uomini superbi fanno del- viva speranza vincono il volere divino,
la propria forza, oppostamente a ciò che perchè questo vuole esser vinto, e V es-
fa Dio. Quella è vittoria di prepotenza; ser così vinto è vittoria di sua benignità.
questa, di carità»; L. Veni., SimiL, 318. -beninanza: benignità; cfr. Far. VII, 143.
[cielo sesto] Par. xx. 99-115 [fede e salute] 847

e, vinta, vince con sua beninanza.


100 La prima vita del ciglio e la quinta
ti fa maravigliar, perchè ne vedi
la regi on degli angeli dipinta.
103 Dei corpi suoi non uscir come credi,
gentili, ma cristiani, in ferma fede,
quel de' passini e quel de' passi piedi.
106 Che 1' una dello Inferno, u' non si riede
giammai a buon voler, tornò all'ossa;
e ciò di viva spene fu mercede ;

109 di viva spene, che mise la possa


ne' preghi fatti a Dio per suscitarla,
sì che potesse sua voglia esser mossa.
112 L'anima gloriosa onde si parla,
tornata nella carne, in che fu poco,
credette in lui che poteva aiutarla,
115 e, credendo, s'accese in tanto foco

100. La prima Traiano vv. 43 sgg. -


: ; secundum autem superiores causas, qui-
Tita : anima cfr. Par. IX, 7 XII, 127
; ; ;
bus praevidebantur ad vitam revocandi,
XIV, 6. - la quinta : Rifeo ; vv. 67 sgg. erat aliter de eia disponendum. Vel di-
102. la region degli angeli: il cielo. - cendum, secundum quosdam, quod ani-
dipinta facendo parte dell'aquila ivi di-

ma Traiani non fuit sempliciter a reatu
pinta da Dio cfr. Par. XVIII, 109 se ; ; pcense aeternae absoluta; sed eius peana
pure, più semplicemente, dipinta non ' '
fuit suspensa ad tempus scilicet usque
;

vale qui adorna ' '


addiemiudicii»; Thom.Aq., Sum th.UI,
103. suoi loro. : Suppl., 71, 5. Per la leggenda di Traiano
105. quel 1' anima di Rifeo uscì del
: cfr. A. Graf. Poma ecc. II, 1 sgg.
corpo credendo fermamente nella futura 107. a buon voler: nell'Inf. non vi è
passione di Cristo e quindi nella reden- pentimento; e però la mala volontà non
zione lo spirito di Traiano nella passio-
; può divenir buona. Cfr. Thom. Aq., Sum.
ne e redenzione già avvenute. - passuri : theol. Ili, Suppl. 98, 1-2, Purg. XXIV,
che avevano a patire. - passi che ave- : 84. - all' ossa a ravvivare il corpo cfr.
: ;

vano patito. Passuro e passo sono i parti- Ezech. XXXVII, 2 sg.


cipii latini passurus e passus del verbo 108. di viva spene « della speranza
:

pati =patire, con desinenza italiana ; che Gregorio ebbe, che la misericordia
S.
cfr. Par. VI, 83. - piedi la parte per : di Dio esaudirebbe lui pregante per la
il tutto : Cristo. vita di Traiano, il quale era morto » ;

106. l' un a
Traiano cfr. Purg. X, 75.
: ; Ott. Ritenere, come il Butì ed altri, che
« De facto Traiani hoc modo potest pro- si parli di speranza di Traiano stesso,
babiliter asstimari, quodprecibus B. Gre- contradice alle parole del testo.
gorii ad vitam fuerit revocatus, et ita 109. la possa: Si cfr. vv. 94-96.
gratiara consecutus sit, per quam remis- 110. per suscitarla per risuscitare da
:

sionem peccatorum habuit, et per conse- morte e trarre d' Inf. l'anima di Traiano.
quens immunitatem a pcena si cut etiam : 111. voglia: non di Dio, ma di Traia-
apparet in omnibus illis qui fuerunt mi- no. - esser mossa: dalla divina grazia
raculose amortuis suscitati, quorum plu- alla fede, divenendo così buona volontà,
res constat idololatras et damnatos fuis- cosa impossibile nell' Inf. (vv. 106-107).
se. De omnibus talibus enim similiter 113. poco: poco tempo; tanto da con-
dici oportet, quod non erant in Inferno vertirsi e credere in Cristo.
fin filiter deputati, sed secundum prsesen- 114. in lui ecc. in Cristo, che poteva
:

teni propriorum meritorum iustitiam ;


salvarla {aiutarla).
848 [cielo *sksto] Par. xx. 116-129 [FEDE E SALUTE]

di vero amor, ch'alia morte seconda


fu degna di venire a questo gioco.
118 L'altra, per grazia che da sì profonda

fontana stilla, che mai creatura


non pinse l'occhio infino alla pri m'onda,
121 tutto suo amor laggiù puose a drittura $

per che, di grazia in grazia, Dio gli aperse


l'occhio alla nostra redenzion futura :

124 ond'ei credette in quella, e non sofferse


puzzo più del paganesmo
da indi il
;

e riprendìene le genti perverse.


127 Quelle tre donne gli fur per battesmo
che tu vedesti dalla destra rota,
dinanzi al battezzar più d'un millesmo.

morte seconda
116. alla : quando morì 124-126. non sofferse ecc. : non tollerò
la seconda volta. più le false credenze del paganesimo, e
117. giocogiocondità, festa cfr. Par.
: ; riprendeva le genti pervertite da quelle.
XXXI, 133 XXXII, 103. « Giuoco è di-
;
- il puzzo cfr. Par. XYI, 55. - riprendìe-
:

letto e riposo » Thom. Aq., Sum. theol.


; ne: ne riprendìà, cioè riprendeva. L'imp.
I, il, 1, 6; II, il, 168, 2. in la per la 2 a coniug. è « di tipo meridio-
118. L'altra: vita, v. 100, cioè Rifeo.- nale, ma noto anche al tosco-umbro, e ac-
per grazia aiutata dalla divina grazia.
: colto in tutta l'antica prosa toscana»; Pa-
119. fontana: la predestinazione. « Di- i-odi in Bull. Ili, 127. - « Questa è fìzione
scende dalla fontana profonda, cioè da del nostro autore, come lo lettore intelli-
Dio della quale fontana di grazia nulla
;
gente può comprendere; che di questo non
creatura vide mai lo principio suo» Ott. ; e' è alcuna prova, cioè che Eifeo troiano
- «Esce di sì profonda fontana, che è la sia salvo ma piacque a lui, per le parole
;

provvidenza d'Iddio che predestina chi che fumo dette di lui da V., di tìngere
ella vuole a salute, e predestina chi vuole che li fusse mostrato nel detto luogo ed
a dannazione, che non fu mai creatura adducere le cagioni che potrebbono es-
che pingesse 1' occhio suo né della ra- sere state iustamente effettive della sua
gione né de lo intelletto infino a la pri- salute, per mostrare come si potrebbe
m'onda, cioè a quella'di sopra, non ch'elli salvare uno che fusse in sì fatto caso,
vegga quella di sotto cioè non fu mai ; se a Dio piacesse, servando l'ordine della
niuno che vedesse le ragioni da presso, iustizia divina, che sempre è accompa-
non che quelle da lunga » Buti. ; gnata dalla misericordia e per dire an- ;

120. prim'onda: principio del fonte del- cora della predestinazione d'Iddio, che
la divina grazia; cfr. Purg. Vili, 68 sg. è alta e profonda materia, sicché nes-
121. laggiù: in terra. - a drittura alla : suna cosa de la Santa Teologia rimanga
giustizia; cfr. le parole di V.cit. nella n .68. non toccata da lui » Buti. ;

122. aperse: « Multi s gentilium facta 127. Quelle tre donne Fede, Speranza e :

fuit revelatio de Christo.... Si qui tamen Carità cfr. Purg. XXIX, 121 sgg. - gli
;

salvati fuerunt quibus revelatio non fuit fur per battesmo: «La fede, la speranza
facta, non fuerunt salvati absque fide e la carità furono in lui infuse, quan-
Mediatoris quia etsi non habuerunt fì-
;
tunque il battesimo, onde s'infondono
dem explicitam, habuerunt tamen fìdem gli abiti delle predette virtù, non fosse
implicitam in divina providentia, crederi istituito da Cristo che mille anni dopo
tea Deum esse liberatorem hominum se- Eifeo » Oom. Cfr. Aug., De bapt. cont.
;

cundurn modos sibi placitos, et secundum Don. IV, 22. Thom. Aq., Sum. th. Ili,
quod aliquibus veritatem cognoscentibus 66, 11; 68, 2, 3.
Spiritus revelasset » ; Thom. Aq., Sum. 129. dinanzi ecc. più di mill' anni:

theol. II, li, 2, 7. Cfr. n. 94-98. avanti la istituzione del battesimo.


[CIELO SESTO] Par. xx. 130-148 [predestinazione] 849

130 predestinazion, quanto remota


è la radice tua da quegli aspetti
che la prima cagion non veggi on tota !

133 E voi mortali tenetevi stretti


a giudicar; che noi, che Dio vedemo,
non conosciamo ancor tutti gli eletti ;

ed ènne dolce così fatto scemo,


perchè il ben nostro in questo ben s'affina,
che quel che vuole Iddio, e noi volemo. »
139 Così da quella imagine divina,
per farmi chiara la mia corta vista,
data mi fu soave medicina.
142 E come a buon cantor buon citarista
fa seguitar lo guizzo della corda,
in che più di piacer lo canto acquista )

sì, mentre che parlò, sì mi ricorda

eh' io vidi le due luci benedette,


pur come batter d'occhi si concorda,
con le parole muover le iìammette.

Y. 130-148. Il mistero della prede- non conosciamo ecc.: noi stes-


135-136.
stinazione. L'aquila conclude chela ra- sinon conosciamo ancora pienamente il
gione della predestinazione sta nel fondo numero dei futuri eletti, e ci contentia-
di un abisso (1' abisso del consiglio di- mo di ignorarlo, perchè tale ignoranza
vino; Purg. VI, 121 sg.), nel quale non è voluta da Dio, e noi ci conformiamo
può giungere lo sguardo di nessuna crea- in tutto al « voler di colui che qui ne
tura. E dall'imperscrutabile mistero del- cerne » Par. Ili, 75. - ènne ne è, ci
; :

deduce il consiglio di
la predestinazione è. - così fatto scemo tale incompiutezza
:

non giudicare leggermente del destino di cognizione.


futuro delle anime umane. Cfr. Par. 137-138. in questo ben s'affina: si per-
XHI, 112-142. Intorno alla predestina- feziona nel bene, ossia nel piacere di con-
zione cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 23, formare del tutto il voler nostro a quello
1-8; III, 24, 1. di Dio. -volemo vogliamo cfr. Par. 1. e.
: ;

130. predestinazion : « predestinazione 139. imagine dell'aquila, imagine for-


:

è quando Iddio prevede che alcuno sia matasi per volere di Dio (Par. XVIII,
salvato » [meglio « Prsedestinatio pro-
: 109).
prie accepta est qusedam divina prseor- 140. farmi ecc.: «farmi la mia è modo
dinatio ab seterno de Iris quse per gra- famigliare, e tanto più caro ed efficace»;
tiam Dei sunt fienda in tempore » Thom. ; Tom. - vista intellettuale, ch'è da dir
:

Aq., &um. theol. III, 24, 1] « che non può corta, in quanto non può vedere ad-
essere che non sia e prescienza è quando
; dentro ai misteri divini.
Iddio prevede che uno debbe essere per- 141. soave medicina « dulcis persua- :

duto. E perchè l'autore parla qui de' sal- sio quse habuit medicare vel curare te-'
vati, però dice predestinazione e uonpre- meritatela radicandi, quse est magna in-
scienzia » Buti. ; firmitas mentium humanarum » JBenv. ;

131. la radice tua: la tua cagione. - 142-148. E come ecc.: Il senso di tutta
aspetti : sguardi; cfr. v. 70 sgg.; 118 sgg. la similitudine è come il buon citarista
:

Par. VII, 85.


132. tota: tutta; cfr. accorda il suono del suo strumento alla
133. stretti guardinghi, quasi iegati.
: voce del buon cantore, pel quale accom-
Non v'allargate, che potreste facilmente pagnamento di suono il canto acquista
errare. maggiore soavità; così le due luci bene

54. Div. Oomm., 8 a ediz.


850 [CIELO SETTIMO] PAH. XXI. 1-11 [ASCENSIONE]!

dette di Traiano e <li Rifeo, in perfetto di essa » Br. B. -parlò: l'aquila. -sìml
accordo Ira loro accompagnavano col ricorda: impersonale. - pur.... concorda:
proprio scintillare il parlare dell'aquila. proprio così concordemente come concor
Cfr. Conv. 1, 11. L. Vent., Simil., 55. - lo demente, cioè insieme, si battono gli oc-
guizzo il suono prodotto dal vibrar delle
: elli
; cfr. l'ar. XII, 25 sgg. - con le ecc.:
corde toccal<>. « Usa la causa per l'effetto, agitar le loro fiammelle assecondando
il guizzo, il tremore della corda, pel suono via via le parole dell'aquila.

CANTO VENTESIMOPRIMO
CIELO SETTIMO o DI SATURNO: SPIRITI CONTEMPLATIVI

ASCENSIONE AL SETTIMO CIELO , LA SCALA CELESTE


PIER DAMIANO, CONTRO IL LUSSO DEI PRELATI

Già eran gli occhi miei rifìssi al volto


della mia dorma, e 1' animo con essi,
e da ogni altro intento s' era tolto.
E quella non ridea ; ma « $' io ridessi »
mi cominciò, « tu ti faresti quale
fu Semelè, quando di cener fèssi ;

che la bellezza mia, che per le scale


dell' eterno palazzo più s' accende,
coni' hai veduto, quanto più si sale,
10 se non si temperasse, tanto splende,
che il tuo mortai podere ai suo fulgore
V. 1-24. Ascensione al cielo di Sa- va in tal modo degnamente a salire nella
turno. Terminato il discorso dell'aquila regione degli spiriti contemplativi.
celeste, D. volge di nuovo lo sguardo e 4. non ridea: «quando l'uomo trascende
la mente a B. la quale più non ride,
; insino al supremo grado della specula
giacché, coni' ella stessa gli dice, egli zione divina, se Beatrice ridesse, cioè
non potrebbe sostenere il fulgore in che dimostrasse tutto il sno splendere, l'in
ora la sua cresciuta letizia si esonde- gegno umano n'abbaglierebbe, in forim
rebbe. B. gli annunzia, poi, che si sono che, volendo veder il tutto, non vede al
già elevati al cielo di Saturno, dove ap- cuna cosa»; Land.
pariscono gli spiriti contemplativi e dove 6. Semelè figlia di Cadmo, che, ingan
:

regnano serietà e silenzio. Invitato da nata da Giunone, volle vedere Giove, su<
B. a stare attento a ciò che è per appa- amante, nel pieno fulgore della maestà di
rirgli, il P. con lieta prontezza ubbidi- vina, e ne fu incenerita; cfr. Inf. XXX, 2
sce. Sul cielo di Saturno cfr. Conv. II, 14. 7. scale: i cieli, scale all'Empireo.
2. l'animo: cfr. Inf. XXIII, 83; 9. hai veduto : Par. V, 94 sgg. VIII;

XXIV, 131. 13 sgg. XIV,


; 79 sgg. XVIII, 55 sgg
;

3. e da ogni ecc. perchè era tutto as-


: 11. potere: virtù de' sensi, e in par
sorto nella contemplazione, e si prepara- ticolare della vista.
[CIELO SETTIMO] Par. xxi. 12-27 [ascensione] 851

sarebbe fronda che trono scoscende.


13 Noi sem levati al settimo splendore,
che sotto '1 petto del Leone ardente
raggia mo misto giù del suo valore.
16 Ficca diretro agli occhi tuoi la mente,
e fa' di quelli specchi alla figura
che in questo specchio ti sarà parvente. »
19 Chi sapesse qual era la pastura
del viso mio nell' aspetto beato,
quand' io mi trasmutai ad altra cura,
22 conoscerebbe quanto m' era a grato
ubbidire alla mia celeste scorta,
contrapesando 1' un con l'altro lato.
Dentro al cristallo che '1 vocabol porta,
cerchiando il mondo, del suo chiaro duce
sotto cui giacque ogni malizia morta,

I 12. che trono scoscende: che (accusa- volgere gli occhi ad altro obbietto, cono-
tivo) la folgore stacca e spezza. scerebbe quanto l'ubbidire a lei dovesse
13. al settimo splendore: al pianeta tornarmi pur grato e soave, se al guar-
Saturno. L' ascensione si compie anche dar lei preferii 1' ubbidire al suo ordi-
questa volta in un attimo. Altre volte ne di guardar altrove. Così, conforme
il P. se ne accorgeva alla cresciuta bel- al testo i più. Altri intendono che tanto
lezza e al sorriso di B. Qui, dove B. non era il prendeva di mirar
diletto eh' egli
ride, perchè egli non potrebbe sopportar B., che mal volentieri - e quanto m'era
tanto fulgore, ella stessa gli dichiara che a grato sarebbe frase ironica -, si spic-
si sono già levati al settimo splendore. cava da lei per altra cosa vedere inter- :

14-15. sotto il petto ecc. « nota che nel


: pretazione falsa, poiché I). non può non
1300 del mese di marzo Saturno si era essere pronto e libente ad assecondare gli
in Leone » Lan. Ma vi era anche nel-
; ordini e gì' inviti della guida celeste. -
l'aprile. Cfr. Della Valle, Senso, 144. - viso vista; cfr. Inf. IV, 11. - cura quella
: :

raggia mo ecc. manda ora giù in ter-


: di fare attenzione a ciò eh' era per ap-
ra i suoi raggi, misti coi forti influssi parire in Saturno. - contrapesando ecc.
del Leone. « Nota come la influenzia mettendo, per così dire, sui due piatti
viene mista alla terra della natura dei di una bilancia i due piaceri, di con-
corpi celesti Leone si è caldo e secco
; ;
templare B. e di ubbidirle.
Saturno è freddo e secco. Or mischia que- V. 25-42. La scala celeste. Il P.
ste due complessioni, averai eccellente guarda attento, e vede uno scaleo di co-
secco ma le qualità attive, come caldo
; lor d' oro, che s' innalza oltre il limite
e freddo, 1' una tempra 1' altra » ; Lan. estremo a cui la sua vista può spingersi,
16-18. Ficca ecc.: fissa la tua atten- e lungo lo scaleo infiniti splendori scen-
zione dove si saranno fissati gli occhi; dere, non oltre però un certo grado e ;

e fa' che in questi si rispecchi la figura qui altri fermarsi, altri risalire e restar
che ti apparirà in questo lucente pianeta. visibili, altri allontanarsi e scomparire.
Ficcare la mente è il latino figere men- È la scala celeste veduta dal patriarca
tem = fissar l' attenzione. - questo spec- Giacobbe in sogno cfr. Genes. XXV.UI,
;

chio: Saturno. Il P. ha già chiamato spec- 12 sgg. Par. XXII, 70 sgg.


chio il Sole in Purg. IV, 62. 25-27. al cristallo: al pianeta di Sa-
19-24. Chi sapesse ecc. chi sapesse
: turno, detto testé specchio, v. 18. - il vo-
quanto era soave e grato il pascolo che cabol: il nome; cfr. Purg. V, 97; XIV,
la mia vista trovava nell'aspetto di B. 26. Par. Vili, 11. - suo del mondo. -
:

nel momento in cui, per ubbidirla, dovei duco: il dio Saturno. - sotto cui ecc.:
852 [CIELO settimo] Par. XXI. 28-43 [SCALA CELESTE^

28 di color d' oro in che raggio traluce


viri' io uno scaleo eretto in suso
tanto, che noi seguiva la mia luce.
Bl Vidi anche per li gradi scender giuso
tanti splendor, eh' io pensai eh ogni 7
lume
che par nel ciel quindi fosse diffuso.
34 E come per lo naturai costume
le pole insieme, al cominciar del giorno,
si muovono a scaldar le fredde piume ;

37 poi altre vanno via sanza ritorno,


altre rivolgon sé onde son mosse,
e altre roteando fan soggiorno ;

40 tal modo parve me


che quivi fosse
a
in quello sfavillar che 'nsieme venne,
sì come in certo grado si percosse.
43 E quel che presso più ci si ritenne,

sotto la cui dominazione fu l' età del- nes aniniae separata ubique figurantur
quale non esisteva nel mondo
l'oro, nella in avibus volantibus propter earum le-
alcuna malizia; cfr. Ovid., Met. I, 89-112. vitatem et velocitatem et inter caeteras
;

Inf. XIV, 96. Purg. XXVIII, 139 sgg. animas animae contemplativorum sunt
28. (li color d'oro: «ad denotandam veloces, leves et expeditae, non gravata©
perfectionem vitae contemplati vae, quae a carne, non impedita© ab occupationi-
excedit omnem aliam, si cut aurum omnia bus mundi; secundo, quia polae amant
metalla » JBenv. - in che ecc. percosso
; : solitudinem; similiter et contemplativi,
dal sole, cioè fulgidissimo. unde eligunt heremum prò habitatione
29. scaleo: scala; cfr. Purg. XV, 36. sui; tertio, sicut polae primo apparent
30. la mia luce: il mio occhio. La sca- simul glomeratae, postea dividuntur et
la era tanto alta, che l' occhio mio non tendunt ad diversas partes, ita hic ist»
arrivava a scorgerne la cima. « Perchè animae; polae etiam sunt aves humiles
le menti contemplative si levano infìno et planae, et ita animae contemplantium »;
a Dio, però finge che li suoi occhi corpo- Benv.
rali non vedevano la sua altezza » Putì. ; V. 43-60. Due domande. Uno degli
32. splendor: spiriti fulgenti. - ogni spiriti della scala celeste, venutosi a fer-
lume il lume di quante stelle si vedono
: mare più presso che gli altri a D. e B.,
nel cielo. si fa sì fulgido per il grande fervore di
35. pole cornacchie. « La similitu-
: carità ond' è acceso, che D. dice fra sé :

dine coglie i vari movimenti, e V andare « Ben mi accorgo del tuo amorevole de-
e il restare di quei heati » L. Vent., ; siderio di soddisfarmi tu me ne dai se-
;

Simil., 439. gno col cresciuto fulgore ». Ma poiché


37-39. altre ecc.: alcune si allontanano B., che indica sempre quando e
al P. e
senza più tornare; altre rivol ano-ai luogo come egli abbia a parlare e tacere, non
dove hanno passato la notte altre resta-
;
gli fa alcun cenno, D. frena il suo de-
no e si muovono in giro lì dove sono. siderio e non fa domanda alcuna. Se
40-42. tal modo ecc. così, come le pole, non che B., che in Dio vede tutto ciò
mi parve che facessero quelle anime eh' è nell'animo del P., gli dice: «Sa-
sfavillanti come toccarono un certo gra- zia pure 1' ardente tua brama ». Allora,
dino dello scaleo d' oro. « Et sic vide rivolto a quel vivo lume, D. così parla:
quomodo auctor repraesentat diversos « Non ho merito che mi dia diritto ad
discursus animarum per diversos vo- avere risposta da te ma per amor di co-
;

latus polarum, quarum comparatio non lei che mi concede ch'io ti domandi,

videatur alicui aliena: primo, quia om- dimmi, anima beata che stai nascosta
[CIELO SETTIMO] Par. xxi. 44-61 [due domande] 853

si fé' sì chiaro, eh' io clicea pensando :

« Io veggio ben amor che tu m' accenne ». 1'

4C Ma quella ond' io aspetto il come e '1 quando


del dire e del tacer, si sta ; ond' io
contra il disio fo ben eh' io non domando.
49 Per eh' ella, che vedea il tacer mio
nel veder di colui che tutto vede,
mi disse « Solvi il tuo caldo disio ».
:

S2
E io incominciai : « La mia mercede
non mifa degno della tua risposta ;

maper colei che il chieder mi concede,


vita beata che ti stai nascosta
dentro alla tua letizia, fammi nota
la cagion che sì presso mi t' ha posta ;
e di' perchè si tace in questa rota
la dolce sinfonia diParadiso
che giù per altre suona sì devota ». 1'

« Tu hai 1' udir mortai sì come il viso »

entro alla gioconda tua luce, per qual tore, perchè furono suoi cognoscenti in
agione tu sei venata sì presso a me più prima vita, e alcuni gli hanno parlato
he le altre, e perchè la sinfonia, che per essere suoi consanguinei ecc. »; Lan.
uona sì devota per le altre sfere, tace 58-60. e di' ecc. : e dimmi anche per-
questa ». chè in questo cielo tace la soave armo-
46. il come e il quando : il modo ed il nia de' canti devoti, inneggianti a Dio,
Bmpo. che s'ode nei cieli inferiori, -giù: cfr.
non fa alcun cenno, né motto.
47. si sta: Par. Ili, 122; V, 104 VI, 126; VII, 5;
;

contra il disio ecc. fo bene, fo


48. : Vili, 28 sgg., ecc.
uello che devo, non domandando nulla, V. 61-72. Risposta alle due do-
enchè così io contrasti al mio desiderio. mande. Lo spirito beato risponde pri-
49-50. vedea ecc. vedeva in Dio il per-: ma alla 2 a domanda del P., come alla
e il come del mio tacere. più importante, e poi anche alla l a « Qui :

51 Solvi appaga, sazia cfr. Par. XV,


: ; non si canta per la stessa ragione per
XIX, 25 nei quali due luoghi oc- cui B. non ha riso. Il tuo udito e la tua
>rre la frase solvere il digiuno
' - di- '
. vista sono pur sempre d' uomo mortale,
0: di far domande allo spirito beato. cioè deboli; e come il riso di B., così il

52. La mia mercede: il mio merito; canto dei beati qui sopraffarebbe. Per-
ti
r. Inf. IV, 34. Par. XXVIII, 112. ciò la stessa carità celeste che indusse
Spesso contrappone l' idea del merito B. a non sorridere, induce noi beati a
l' idea della grazia » Tom. ; sospendere i nostri canti. Né maggior
54. colei ecc. : Beatrice. carità mi fece essere più presta delle
55. vita : anima ; cfr. Par. IX, 7 XII, ; altre anime; che su per questa scala
17; XIV, 6; XX, 100; XXV, 29. ferve in tutte tanto amore quanto in me,
56. letizia: luce, eh 'è effetto ed espres- e più ancora, siccome ti dimostra il loro
one di letizia; cfr. Par. V, 136 sgg. vivido fiammeggiare, che è proporzio-
57. mi t'ha posta: «Quale cagione è che nato al grado della loro carità. Ma quella
.sola, anima, mi se' venuta più presso di stessa carità profonda che ci fa pronte
tte queste altre? Quasi a dire: Haine tu esecutrici dei voleri della Provvidenza,
cuna cagione estrinseca, come di cono- ci fa sentire e c'impone senz'altro di
enza o di parentado? Imperquello che adempiere quel qualunque ufficio che la
laadrieto molti hanno parlato all'Au- Provvidenza vuole assegnato a ciascuna.
854 [CIELO settimo] Par. XXI. 62-72 [risp. alle domande]

rispose a me; « onde qui non si canta


per quel che Beatrice non ha riso.
G4 Giù per li. gradi della scala santa
discesi tanto, sol per farti festa
col dire e con la luce che ni' ammanta.
07
Ne più amor mi fece esser più presta ;

che più e tanto amor quinci su ferve,


sì come il fiammeggiar ti manifesta ;

70 ma P alta carità, che ci fa serve


pronte al consiglio che il mondo governa,
sorteggia qui, sì come tu osserve. »

63. per quel ecc.: per quella medesima D. non ragioni di vera e propria prede-
cagione. Far che i beati non cantino e stinazione, ma
piuttosto della Provvi-
B. non sorrida per riguardo a D. che denza, a cui, come si afferma in Par.
non reggerebbe a canto e a riso sì sovru- XXVII, 16 appartiene il compartire
mani, è nuovo modo suggestivo di ac- vice ed officio su in cielo] « Ben veggo »
.

cennare certe dolcezze ineffabili del Par. : dice dunque D., « beato spirito, che in
1' uomo, finché è mortale, anche se tra- questo regno non un esplicito, coat-
sumanato come D., non che descriverle, tivo comandamento di Dio, ma libero
neppure può sopportarle. amore vi porta a far tutto ciò ch'egli
64. scala: aurea, descritta ne' vv. 28 vuole. Ma non so comprendere il mo-
sgg. « Questa scala è quella per la quale i tivo per il quale tra cotante anime beate

contemplativi ascendono suso a Dio, e li per 1' appunto tu fosti predestinata


'
'

gradi di questa scala sono le cose create a venire a me e a parlar meco. » Dan-
da Dio, le quali considerando, l' anima zando in giro sopra so stessa, quel-
devota ascende a Dio » ; Buti. 1' anima raggiante manifesta la sua le-

66. col dire ecc. col mio parlare e con


: tizia di appagare il desiderio del P.; quin-
questo splendore, che m' avvolge come di risponde « Luce divina viene a fe-
:

un manto: cfr. vv. 43-45. rirmi dall' alto col suo raggio, attraver-
68. più e tanto negli altri spiriti fer-
: sando questa luce della quale io mi cir-
ve più amore che in me o almeno quanto condo e la virtù di questa luce divina,
;

in me umiltà celeste. - quinci su su per


; : congiunta colla naturai forza della mia
questa scala. Sulla carità de' beati cfr. vista intellettuale, m'innalza tanto sopra
Thom. Aq., Sum. theol. II, il, 26, 13. di me, che io veggo la stessa essenza
70-71. serve ecc. docili serve della Prov-
: di Dio, dalla quale essa luce proviene.
videnza che governa il mondo, pronte a Da tale visione ha origine la gioia per
sentire ed eseguire i suoi voleri. cui risplendo; giacché in me, come in
72. sorteggia : assegna, senza bisogno tutti i beati, la chiarezza dello splen-
di ordini speciali di Dio, a ciascuna anima dore si pareggia alla chiarezza della vi-
il suo ufficio. - osserve osservi.
: sione di Dio. Ma né tra le anime beate
V. 73-102. Incomprensibilità del quella che ha più chiarezza di lume bea-
mistero della predestinazione» Lo tifico, nò tra gli angeli il più sublime
spirito beato ha detto che è venuto a par- de' Serafini, potrebbero mai soddisfare
lare a D., non per altro motivo, che per- alla tua domanda giacché quel che tu
;

chè così ha voluto Iddio. Ciò induce il ricerchi, profonda tanto nell'abisso
si
P. a ritornare sull' arcano della prede- dei decreti di Dio, che non può essere
stinazione, già toccato in Par. XX, compreso da intelletto creato. Ritornato
130 sgg. in quanto si riferisca alla sal- nel mondo, annunzia ai mortali questa
vazione o dannazione finale dell'uomo, impossibilità di penetrare siffatto arcano,
che è ciò che più propriamente s' inten- affinchè niuno più presuma investigarlo
deva parlando di predestinazione '. [Ap-
'
né speri scoprirlo. La mente umana in
punto per ciò, quantunque D. usi pur terra è offuscata dalla caligine dei sensi:
qui, nel v. 77, la parola predestinata ',
'
pensa dunque per te stesso com'ella possa
il Luiso (Lcct. D., 40-43) pensa che qui comprendere ciò che non le è comprensi-
[CIELO SETTIMO] Par. xxi. 73-94 [predestinazione] 855

« Io veggio ben » diss' io, « sacra lucerna,


come libero amore in questa corte
basta a seguir la provvidenza eterna ;
ma quest' è quel eh' a cerner mi par forte,
perchè predestinata fosti sola
a questo ufficio tra le tue consorte. »
Né venni prima all' ultima parola,
che del suo mezzo fece il lume centro,
girando sé come veloce mola ;
poi rispuose 1' amor che v' era dentro :

« Luce divina sopra me s' appunta,


penetrando per questa in eh' io m' inventro,
la cui virtù, col mio veder congiunta,
mi leva sovra a me tanto, eh' io veggio
la somma essenza della quale è munta.
Quinci vien 1' allegrezza ond' io fiammeggio,
perchè alla vista mia, quant' ella è chiara,
la chiarità della fiamma pareggio.
91 Ma quell' alma nel
che più si schiara,
ciel
quel Serafìn che in Dio più 1' occhio ha fìsso,
alla domanda tua non satisfarà ;

U però che sì s' inoltra nell' abisso

bile neppure in cielo dov' è irradiata lucerna. Non e' è il solo intelletto umano
dalla luce divina. » Cfr. Thom. Aq., Sum. (col mio ma
con questo v'è il lume
veder)
cont. Gent. Ili, 161. divino, la virtù del quale deriva dalla
anima risplendente; cfr.
73. lucerna: stessa divina essenza » Gorn. - questa ; :

Par. Vili, 19 XXIII, 28. Oiov. V, 35.


; luce. - m' inventro « m' inchiudo ed in-
76. cerner: lat. cernere vedere, inten- serro »;Vell. Cfr. Bull. Ili, 138. -essen-
dere; cfr. Par. Ili, 75. - forte: difficile. za : di Dio. «- è munta essa luce : deriva.
78. consorte compagne di sorte fem.
: ; 88. Quinci ecc. : da questo vedere eh' io
plur. di consorta, usato anticamente per fo la somma essenza, viene la beata leti-
consorte, così come in Purg. XIV, 87 e zia per cui risplendo.
XV, 45 abbiamo, per il maschile, con- 89-90. alla vista mia ecc. : risplendo e
torto. Cfr. Nannuc, Nomi, 21. fiammeggio con chiarezza pari alla chia-
79-81. Ne venni ecc. : Non avevo ter- rezza della mia visione di Dio, secondo
minato di parlare, che quel vivo lume che I). ha già chiaramente spiegato in
; cominciò ad aggirarsi intorno a sé stesso Par. XIV, 40 sgg.
colla velocità di una veloce macina. - 91. si schiara: di lume divino; «la quale
moia: cfr. Par. XII, 3. più diventa chiara, eie è che più riceve lo
l'amor: l'anima beata, ardente di
82. 1', raggio della grazia d'Iddio, onde diventa
j
carità. - dentro in quel lume.
: chiara e più vede la voluntà sua » Buti. ;

83-87. sovra me s'appunta: arriva, viene 93. satisfarà: satisfarla, sodisferebbe


a fermarsi su di me. « Quest'anima vuol forma di condiz., di tipo meridionale,
dire che il lume della gloria viene dalla usata nella poesia anteriore e contem-
divina essenza in sé e con questo lume poranea a D. Cfr. Bull. Ili, 132.
vede la stessa divina essenza: come il 94-95. però che ecc.: perchè la cosa che
lume di una lucerna è quello che viene tu domandi, sta così addentro, così a
all'occhio e con esso si vede la stessa fondo nell'abisso del consiglio o decreto
856 [cielo settimo] Par. xxi. 95-106 [PREDKSTIN AZI ON E]

dell'eterna statuto quel che chiedi,


*
clieda ogni creata vista è scisso.
07 Ed al mondo
mortai, quando tu riedi,
questo rapporta, sì che non presumma
a tanto segno più mover li piedi.
100 La mente, che qui luce, in terra fumma ;

onde riguarda come può laggiùe


quel che non puote perchè il ciel 1' assumma. »
103 Sì mi prescrisser le parole sue,
eh' io lasciai la questione, e mi ritrassi
a domandarla umilmente chi fue.
106 « Tra due liti d' Italia surgon sassi,

divino, il quale è quel che è ab ceterno, che fu creato cardinale e vescovo d'Ostia.
nessun intelletto creato può vedere fin là. Ma due anni dopo ritornò nel suo mo-
96. scisso: disgiunto, lontano: cfr. Purg. nastero. Per umiltà prese il nome di
VI, 123. Petrus peccator Morì a Faenza il 22 feb-
.

99. a tanto segno più ecc. dirigere : i braio 1072. Scrisse numerose e impor-
proprii passi a sì gran meta, investigare tanti opere d' argomento religioso. « Fa
un mistero così profondo. geniale figura d' asceta e di scrittore,
100-102. La mento ecc.: l'intelletto acerbo contro l'avarizia e ogni altro vizio
creato, che qui in cielo è lucente, in ter- dei laici e, più, degli ecclesiastici, dispo-
ra è offuscato da fumo come dunque po-
: sto a lasciare a Cesare quel eh' è di Ce-
trebbe l'intelletto dell'uomo vedere lag- sare, facile a scattare, facile ai rimorsi,
giù, fumoso com'è, quel che neppure può tenero, arditissimo amico d'ogni vero»;
vedere, divenuto lucente, in cielo? - per- D' Ovidio^ Stuclii, p. 389.
chè ecc.: per il fatto che il cielo l'ac- 103. mi prescrisser: limitarouo il mio
colga cfr. Inf. XXXII, 100. -assumma
; : desiderio cfr. Par. XXIV, 6 XXV, 57.
; ;

congiuntivo pres. di assumere. « Prescrivere propriamente significa as-


V. 103-126. San Pier Damiano. Le segnar tèrmine ad alcuna cosa, il q^ale
parole di quell'anima impongono silenzio da essa non si possa trapassare; adun-
alla curiosità del P., che perciò lascia- que le parole dello spirito dette al Poeta
ta quella questione, si contenta di do- posero termine al medesimo » Dan. ;

mandare: « Chi sei tu? » « Fui Pier Da- 104. lasciai la questione: rinunzia! alla
miano » risponde lo spirito, « che negli mia questione (formulata nei vv. 76-78).
ultimi anni di mia vita fui tratto a quel -mi ritrassi mi ristrinsi.:

cappello cardinalizio che pur di male in 105. domandarla: quella vita beata
peggio si travasa. » Questo celebre dot- (v. 55) e sacra lucerna (v. 73).
toro della Chiesa nacque a Ravenna 106. liti del Mar Tirreno e dell'Adria-
:

nel 1007, da povera ed oscura famiglia. tico. - sassi monti, cioè gli Appennini.
:

Nella sua gioventù fece il pastore ma ; « Bendescritto il riuscire del monte Ca-
Damiano, suo fratello maggiore, s' in- tria dagli Appennini, dalle cime dei quali
caricò della sua educazione come padre ;
vedonsi non di rado sottostare le nubi
onde Pietro, mosso da gratitudine, volle procellose, scoccanti saette. Il Catria si
chiamarsi Petrus Damiani, come Euse- stacca da questi alla latitudine di Gub-
bio Eusebius Pamphilii in onore del- bio, e si spinge verso l'Adriatico tra le-
l' amico Pamfilio. Pietro studiò le arti vante e tramontana per otto o dieci mi-
liberali aRavenna, a Faenza e a Parma; glia, fuori affatto della linea dei monti
fu quindi maestro a Ravenna, dove in generatori; è al disopra della media al-
breve tempo conseguì onori e ricchezze. tezza di quelli, ergendosi la sua sommità
Verso il 1037 lasciò il secolo ed entrò al livello di 1700 [1702] metri sul mare.
nel monastero di Eonte Avellana nel- Più in basso nel fianco che guarda Greco,
1' Umbria. Quivi, segnalatosi per santità a uno dei capi del torrente Cesana, è il
e dottrina, fu eletto abate, e nel 1058 celebre Monastero dell'Avellana » Ani. ;
[CIELO SETTIMO] Par. xxi. 107-123 [pier damianoJ 857

e non molto distanti alla tua patria,


tanto, che i troni assai suonan più bassi,
109 e fanno un gibbo che chiama Catria,
si

di sotto al quale è consecrato un ermo,


che suole esser disposto a sola latria. »
112 Così ricominciommi il terzo sermo ;

e poi, continuando, disse : « Quivi


al servigio di Dio mi fei sì fermo,
115 che pur con cibi di liquor à ulivi
J

lievemente passava caldi e geli,


contento ne' pensier contemplativi.
Render solea quel chiostro a questi cieli
fertilemente ed ora è fatto vano,}

sì che tosto convien che si riveli.

In quel loco fu' io Pietro Damiano


e Pietro Peccatore fui nella casa
di Nostra Donna in sul lito Adriano.

107. non molto distanti : circa 120 chi- della settimana cibavansi di pane ed ac-
lometri. qua soltanto martedì e giovedì man-
; al
108. tantoquei sassi, cioè monti, sur-
: giavano un po' di legumi che facean cuo-
gono, innalzano tanto, che eccedono di
s' cere eglino stessi. Nei giorni di digiuno
molto le nuvole oVe si forma il tuono. misuravano il pane; vino non avevano
109. gibbo: gobba, rialzo. - Catria di- : fuor che pel santo sacrifizio e pei ma-
rupo o rialto nell'Appennino centrale tra lati. Camminar sempre a pie nudi, e di-
Gubbio e Pergola. Sotto questo rialto è sciplinarsi, far genuflessioni, battersi il

fabbricato il monastero di Santa Croce petto, star colle braccia stese quanto le
di Fonte Avellana dell'ordine Camaldo- forze e la divozione a ciascuno consen-
lese, delqual monastero S. Pier Damiano tivano, erano lor consueti esercizi. Do-
qui parla. Cfr. Bass., 244 sgg. Che D. sia po l'ufficio della notte recitavano prima
stato ospite in questo monastero, come di giorno tutto il salterio » Rohrbacher, ;

un tempo da molti si credette, è tutt' al- Stor. Eccl. XIII, 485, e cfr. Luiso, Lect.
tro che certo, specialmente dopo le osser- D., 49 sg.
vazioni di M. Movici; cfr. Bull. XI, 108 sg. 116. lievemente senza sentirne mole-
:

110.ermo: eremo, cioè il monastero stia o disagio.


di Fonte Avellana cfr. Picrg. V, 96.
; 118. Render: anime.
culto di adorazione do-
111. latria: 119-120. ed ora è fatto vano ecc. non :

vuto a Dio solo, cfr. Aug., De Civ. Dei, rende più anime ai cieli, perchè vuoto
X, 1. Thom. Aq., Sum. theol. II, li, 81, 1, di buone opere, ciò che Dio farà presto
dove si legge « Specialis ratio servitù
:
-
palese. « Dice che quello ermo, detto
tis Deo debetur et talis servitus nomine
; Catria, soleva essere più abbondevole di
lettrice designatur apud Grsecos » e cfr. ; romiti ed uomini contemplativi, li quali
ibid. 94, 1. sono conformi alla disposizione di Satur-
112. terzo sermo terzo sermone o di-
: no, che non fa ora; sicché tosto conviene
scorso. Gli aveva parlato già due volte, che si manifesti, che Dio non sofferà che
v. 61 sgg. e 83 sgg. di questo si passi senza penitenza o pu-
115. cibi ecc. : « cibi quadragesimali, nimento » ; Ott.
conditi con olio e non con altro gras- 121-123. In quel loco ecc.: nel mona-
so » Dan. - « Gli eremiti colà abi-
; stero di Fonte Avellana. Il senso di que-
tanti stavano a due a due in celle se- sto terzetto è assai discusso. Noi met-
parate, intesi continuamente a salmeg- tiamo punto e virgola dopo Peccator, e
giare, orare e leggere. Per quattro dì intendiamo Nel detto luogo fui io Pietro
:
858 [CIELO settimo] Par. XXI. 124-127 [PIER DAMIANO]

124 Poca vita mortai m' era rimasa,


quando fui chiesto e tratto a quel cappello
che pur di male in peggio si travasa.
127 Venne Cefàs e venne il gran vasello

Damiano e nello stesso tempo Pietro Pec- addano ». Ma sarebbe un fatto ben sin-
catore (cioè, io che ebbi ambi questi no- golare, anzi strano, la improvvisa, inop-
mi) fui anche a Ravenna nel monastero
; portuna inserzione dell'accenno, sia pure
di S. Maria in Porto. Così per la prima a scopo correttivo, a quest' altro Pietro
volta in Comm. Lips. Ili, 580. In favore Peccatore nel bel mezzo del discorso che
di questa punteggiatura e interpreta- San Pier D. sta facendo per dare, come
zione addusse persuasivi argomenti Gio- n' è stato richiesto, notizia di sé,
mentre
vanni Mercati, Pietro Peccatore, ossia è verisimile che se realmente la inten-
Della vera interpretazione di Paradiso zione di correggere un' opinione errata
XXI, 121-123, Roma, 1895, p. 3-11, dove fosse stata nel P., questi avrebbe tro-
si sostiene però che la casa di Nostra vato modo di farcelo comprendere in
Donna debba essere il monastero di modo più aperto.
S. Maria Pomposa presso Comacchio, 124. Poca vita: quattordici anni. Fu fat-
dove S. Pier Damiano, ancora semplice to cardinale nel 1058, in età di anni 51;
monaco, fu dietro preghiera mandato morì nel 1072 in età di anni 65.
dall' abate dell'Avellana e dove dimorò 125. tratto: contro mia voglia. - cap-
circa due anni. Quanto al duplice modo pello: cardinalizio: anacronismo, che il
di denominarsi del santo, va ricordato cappello ai cardinali in verità fu con-
che « possediamo 100 lettere di lui, di cesso solo verso il 1252, quasi 200 anni
cui 86 firmate Petrus Peccator mona- dopo che S. Pier Damiano era stato as-
chus e 14 col solo nome Petrus, o col sunto al Cardinalato. L' anacronismo si
nome seguito da altra nota di umiltà, spiega con la perdonabilissima ignoranza
come « Petrus indignus, Petrus ultimus di questo piccolo particolare storico del :

eremitarum. E di 60 opuscoli, 4 con tali resto, per lievi anacronismi siffatti, cfr.
umili soscrizioni gli altri 56 tutti hanno
;
Par. VI, 95 sg. e XVII, 72.
Petrus peccator monachus »; Luiso, o. e, 126. pur di male in peggio si travasa :

53. Se poi non è storicamente accertato si seguita a tramutare d'uno in altro,


che S. Pier Damiano dimorasse a S. Maria ma sempre di male in peggio, passando
in Porto « ciò non esclude che D. e i con- sul capo d' uomini sempre più indegni.
temporanei di D. non credessero a quella V. 127-142. Lusso dei prelati. Dalla
dimora. Credettero anzi di più: che il menzione dell'indegnità ogni dì maggiore
monastero attiguo alla Chiesa sorgesse de' cardinali S. Pier Damiano, che già
per opera del Damiano»; Luiso, o. e, in terra aveva tonato contro la corru-
p. 50 e note relative. Delle interpr. di- zione della Chiesa, è portato ad inveire
verse dalla nostra per le quali cfr. contro il lusso e le pompe dei prelati
Comm. Lips. e Bull. VI, 75 sgg.) ri- de' tempi di D. « Gli apostoli Pietro e
corderemo solo quella che modernamente Paolo furono sobrii e poveri cammina-;

ha avuto più di un autorevole soste- vano scalzi e mangiavano per carità,


nitore (basti ricordare F. Torraca e dove capitavano. Ma i prelati moderni
C. Picei), e che consiste nel metter virgo- vogliono chi li sostenga da ambo i lati,
la dopo Damiano nell' adottare per il v.
; e chi li meni, tanto e' sono gravi! E
122 la lez. fu [e fu si legge in molti codici vogliono il caudatario che regga lor die-
anche antichi; ma in Toscana anticam. tro lo trascico, tanto sono fastosi E, se!

spessissimo, per non dire abitualmente, cavalcano, con le loro amplissime cappe
a
si scrisse così, per contrazione, la l sing. ricoprono i palafreni sicché due bestie,
;

.fui] nel dare a questo verbo come sog-


; prelato e palafreno, sono coperte d' un
getto Pietro Peccatare e nell' intendere
; solo manto. Quanto sei grande, o jmzien-
che coi w. 122 sg. D. abbia voluto cor- za di Dio, che tanto sopporti » A questa
!

reggere un errore in voga ai suoi tempi, esclamazione molte anime dei contem-
cioè l' identificazione di Pier Damiano planti scendono roteando e facendosi più
con Pietro degli Onesti (1040-1119) chia- vivide, e attorniano S. Pier Damiano
mato Pietro Peccatore, il vero fondatore alzando un altissimo grido.
del convento di S. Maria in Porto « sul Irto 127. Cefàs Oephas è il nome che Cristo
:
[CIELO SETTIMO] Par. xxi. 128-142 [lusso dei prelati] 859

dello Spirito Santo, magri e scalzi,


prendendo il cibo da qualunque ostello
130 or voglion quinci e quindi chi rincalzi,
li moderni pastori, e chi li meni,
tanto son gravi, e chi di dietro gli alzi.
133 Cuopron de' manti loro i palafreni,
che due bestie van sott' una pelle
sì :

o pazienza che tanto sostieni » !

130 A questa voce vici io più fiammelle 7

di grado in grado scendere e girarsi,


e ogni giro le iacea più belle.
139 Dintorno a questa vennero e fermarsi,
e fero un grido di sì alto suono,
che non potrebbe qui assimigliarsi :

142 né io lo intesi ; sì mi vinse il tuono.


dette a Simone (S. Pietro), e v&lepietm; 134. due bestie : « bestia è il cavalca-
cfr. Giov. I, 42. I Cor. Ili, 22; IX, 5; tore, però ch'esce fuori della regola data
XV, 5. Qalat. II, 9. - il gran Tasello : al suo vivere ; ed in luogo di ragione usa
l'apostolo S. Paolo, il Vas electionis; cfr. l'appetito, come la bestia e bestia è il ;

Atti IX, 15 -e Inf. II, 28. palafreno; e sono coperte ambedue d'una
129. prendendo ecc. secondo il precetto
: cardinalesca cappa » Ott. Cfr. Conv. II,
;

apostolico, I Cor.X, 27 « Omne quod : 8; III, 7. Inf. XV, 73; XXIV, 126. Far.
vobis apponitur manducate ». Luca X, 7 : XIX, 147. ,

«In quamcunque domum intraveritis... o pazienza: di Dio, veramente


135.
... in cadem domo manete, edentes et infinita; la frase ricorda Foni. IX, 22:
bibentes quae apud ilios sunt ». - ostello : « Deus volens ostend&re viam et notam
albergo; cfr. Purg. XI, ,76. facere potentiam au&xtìjgsustinuit in mul-
130-131. quinci e quindi chi rincalzi: ta patientia vasa irae, apta in interitum
li aiuti, assista a destra e sinistra. - li (vasi d'ira [cioè chi era oggetto dell'ira
meni: li conduca. divina] pronti per la perdizione).
I 132. gravi: la parola ha un doppio 136. fiammelle: di spiriti beati.
senso, donde l' amarezza doli' ironico ac- 137. di grado in grado: di gradino in
cenno; cfr. Bocc, Dee. I, 4: «Avendo gradino della celeste scala d'oro.
forse riguardo al grave peso della sua 138. più belle: « gioia severa della
dignità. » - e chi di dietro gli alzi i cau- : giustizia, alla quale è amore la stessa
datari, « quia habent cappas longas ver- indegnazione » Tom. ;

rentes terram cum cauda » Benv. E ; 139. a questa: alla fiammella di che
alzareuno può significare alzarne l'abito, si ammantava l' anima di Pier Damiano.

come si ha da questo passo di Fra Oiord., 140. un grido: il quale è espressione


Fred., ed. Moreni, II, 249: «Quando di santo sdegno e insieme di preghiera
t' alzi tu [= sei succinto] ? Quando tu ti a Dio perchè punisca tanta corruzione ;

spacci e fa'ti più spedito alla via di cfr. Far. XXII, 13 sgg. ^

Dio ». 141. qui assimigliarsi: essere parago-


Cuopron « quando vanno a ca-
133. : nato ad alcun grido di questo mondo.
vallo;imperò che gittano la parte d'inanti 142. ne io Io intesi udii il grido, ma
:

de la cappa in sul collo del palafreno, e non ne intesi le parole. - il tuono: il


quella di rieto in su la groppa » Buti. ; grido, forte e assordante come tuono.
860 [CIELO SETTIMO PAK. XXII. 1-12 [IL GIUDO DE' CONTEMPL.]

CANTO VENTESIMOSECONDO

CIELO SETTIMO o DI SATURNO : SPIRITI CONTEMPLATIVI

SAN BENEDETTO, CORRUZIONE DEI MONASTERI

CIELO OTTAVO o STELLATO : SPIRITI TRIONFANTI

IL SEGNO DEI GEMINI


SGUARDO AI PIANETIED ALLA TERRA

Oppresso di stupore, alla mia guida


mi volsi, come parvol che ricorre
sempre colà dove più si confida ;

e quella, come madre che soccorre


subito al figlio palido ed anelo
con la sua voce che il suol ben disporre,
mi disse « Non sai che tu se' in cielo?
:

e non sai tu che il cielo è tutto santo,


e ciò che ci si fa vien da buon zelo?
10 Come t' avrebbe trasmutato il canto,
e io ridendo, mo pensar lo puoi,
poscia che il grido t' ha mosso cotanto ;

V. 1-21 Magione del grido dei Con-


. 2. come parvol: cfr. Purg. XXX, 43
templativi» 11 terribile grido, assordan- sgg. Arios., Ori. XLIV, 92.
te come tuono, opprime di stupore il 3. colà ecc. alla madre, nella quale il
:

P., che si volge subito a B., come fan- bambino pone la maggior fiducia.
ciullo sgomento alla madre. E B., per 4. -come madre ecc.: cfr. Inf. XXIII,
tranquillarlo, gli rammenta che è in cielo, 37 sgg. Purg. XXX, 79. Par. I, 100 sgg.
dove tutto è santo, e tutto ciò che vi si 6. ben disporre « non solo fargli cuore,
:

fa, è effetto di buon zelo. Quindi gli dà ma indurre ogni disposizione buona nel-
M spiegazione di quel grido. « Se tu ne 1' animo suo » Tom. ;

avessi inteso già conosceresti


le parole, 7-9. in cielo ecc. in cielo nulla e' è
:

la vendetta che vedrai prima di morire. di temibile. «Lo luogo santo, li abitatori
Dio punisce sempre a tempo debito, ben- santi, l' opere piene tutte di carità tol-
ché la punizione talora paia lenta a chi lieno ogni timore e ammirazione e così ;

la desidera, o affrettata a chi la teme. per contrario lo luogo maladetto, li abi-


Ma volgiti ora ad altri di questi spiriti : tatori scelerati, l'opere viziosissime dan-
vedrai molte anime d'uomini illustri. » no ragione vilmente timore e meravi-
1. Oppresso: vinto. « Sed te, ut video, glia » Buti.
;

stupor oppressit»; Boet., Cons. phìl. I, 10-12. il canto: dei beati; cfr. Par.
pr. 2. - guida: Beatrice. XXI, 58 sgg. - ridendo col mio ridere : ;
[CIELO SETTIMO] Par. xxii. 13-24 [il grido de' cont.] 861

13 nel qual, se inteso avessi i prieghi suoi,


già sarebbe nota la vendetta
ti

che tu vedrai innanzi clie tu niuoi.


1G La spada di quassù non taglia in fretta
né tardo, ma' eh' al parer di colui
che disiando o temendo 1' aspetta.
19 Ma rivolgiti ornai inverso altrui ;

eh' assai illustri spiriti vedrai,


se, coni' io dico, 1' aspetto redui. »
22 Coni' a lei piacque, gli occhi dirizzai ;

e vidi cento sperule che insieme


più s' abbellivan con mutui rai.

cfr.Par. XXI, 4 sgg., 62 sg. - mo ora. : 21. l'aspetto: l'occhio. - redui: riduci,
Senso della terzina: Ora puoi pensare rivolgi.
quale forte commozione avrebbero in te V. 22-51. San Benedetto, All'invito
prodotto il canto de' beati e il mio riso di B., D. rivolge nuovamente gli sguardi
in questo pianeta, se un sol grido t' ha suoi alla scala celeste, e vede gran nu-
qui colpito così profondamente. mero di lucenti globetti che illuminan-
13. i prieghi: la preghiera contenuta dosi l'un l'altro accrescono la fulgida
in quel grido. «In questa lettera mani- loro bellezza. Il maggiore e più lucente
festa quello che nel grido di quelli beati si fa innanzi : è S. Benedetto che parla
si contenne; quasi gridassero: Iddio, fan- di sé, e accenna a' suoi compagni, no-
ne vendetta di coloro che commaculano li minando in particolare Macario e Ro-
spirituali reggimenti in terra. La quale mualdo, tacque S. Benedetto nel 480
vendetta dice Beatrice ch'elli vedrà anzi da onorevoli parenti a Norcia nell' Um-
ch'elli muoia. Tutto dì, chi guata con la bria. Abbandonò il secolo nel 494, e si
mente sana, si vede di queste vendette nascose in una grotta presso Subiaco,
e giustizie di Dio » Ott.; dove dimorò più anni ignoto a tutti,
15. muoi muoia. Impossibile dire con
: fuorché a certo monaco Eomano, che di
certezza a qual fatto o a quali fatti pen- quando in quando gli calava il vitto giù
sasse qui il P. Secondo alcuni, allude- dalla rupe. Divulgatasi la fama della sua
rebbe alla cattura di Bonifazio YIII in santità, i monaci di Vicovaro, tra Su-
Anagni, cfr. Purg. XX, 86 sgg. per ; biaco e Tivoli, lo vollero nel 510 loro
altri è un'allusione all'avvilimento della superiore ma egli introdusse disciplina
;

Curia romana in Avignone, cfr. Purg. sì rigida, che i monaci tentarono di av-
XXXII, 151 sgg. Più nel vero saremo velenarlo. Kitornatosene nella grotta, gli
pensando che D. non abbia qui avuto in si affollarono intorno tanti discepoli che ,

mente fatti particolari, ma ancora una si vide costretto a fondare più mona-
volta esprimesse la sua ferma speranza steri, dei quali riteneva la suprema auto-
in un messo di Dio che presto verrebbe rità, dando però a ciascuno un superiore.
ad uccidere la lupa per il bene d'Italia Perseguitato da un malvagio prete, Fio-
e del mondo cfr. Purg. XXXIII, 40 sgg. renzo, andò nel 528 a Monte Cassino, vi
16-18. La spada ecc. il castigo di Dio
: distrusse il tempio, che ivi era, di Apollo,
non è mai né troppo celere né troppo e vi fondò il più gran monastero dell'Oc-
tardo troppo celere pnò parere solo a
: cidente, che divenne la culla dell' Or-
chi lo teme, troppo tardo a chi lo desidera dine. Quivi S. Benedetto morì il 21 mar-
e invoca. - ma' eh [e] fuorché cfr. Inf.
: ; zo 543.
IV, 26; XXI, 20; XXVIII, 66. Purg. 23. cento: moltissime; il numero de-
XVIII, 53. Al. : mai al piacer: cioè: La terminato per l' indeterminato. - speru-
spada di Dio non si muove mai a ta- le anime tutte ammantate di luce per
:

gliare in fretta né tardi, a seconda del modo da apparire piccole lucenti sfere.
desiderio di chi l' aspetta desiando, o te- 24. s' abbellivan con mutni rai radian- :

mendo. Cfr. Moore, Crii., 473 sg. do l'una sull'altra: cfr. Purg. XV, 73-75.
862 [cielo settimo] Par. xxii. 25-43 [S. BENEDETTO]

26 Io stava come quei che in sé repreme


la punta del disio, e non s' attenta
di domandar, sì del troppo si teme.
28 E la maggiore e la più luculenta
di quelle margarite innanzi féssi,
per far di sé la mia voglia contenta.
31 Poi dentro a lei udi' « Se tu vedessi :

com' io la carità che tra noi arde,


li tuoi concetti sarebbero espressi.
34 Ma perchè tu, aspettando, non tarde
all' alto fine, io ti farò risposta
pur al pensier di che sì ti riguarde.
37 Quel monte a cui Casino è nella costa,
fu frequentato già in su la cima
dalla gente ingannata e mal disposta.
40 E quel son io, che su vi portai prima
lo nome di colui che in terra addusse
la verità che tanto ci sublima ;

43 e tanta grazia sovra me rilusse,

25. cfr. Par. IV, 112.


repreme: reprime; Circumquaque in culto daenionum luci
punta dei disio l'acuto stimolo
26. la : excreverant, in quibus adhuc eodem
del desiderio. « Dubiaeque in proalia men- tempore infìdelium insana multitudo sa-
ti Urgentes addunt stimulos » Lucan., ; erifìciis insuclabat »
sacrilegis Greg. ;

Phars. I, 262 sg. Magn., Dial. II, 2. - gente ingannata:


27. del troppo si teme teme di riuscir
: i pagani, i quali erano ingannati dalle

molesto col troppo domandare. loro false credenze. - e mal disposta:


29. margarite anime beate cfr. Par.
: ; epperò avevano l' animo mal disposto
XX, 16. ad accogliere la vera fede.
30. per far ecc. : per appagare parlando 42. la verità ecc. la verità cristiana
:

il mio desiderio di sapere chi fosse. che innalza facendoci figliuoli di Dio
ci ;

31. dentro ecc.


parole profferite dal-
: cfr. Giov. I, 12. I Ep. di S. Giov. Ili, 1.
l' anima che formava il nucleo di quella « Tanto c'innalza, che ci fa montare in
margherita; cfr. Par. IX, 23. - vedessi: cielo in vita eterna » Buii. Della fede
;

cogli occhi della mente; conoscessi. cristiana D. in Conv. Ili, 7 dice che
33. li tuoi concetti ecc. già avresti : « più che tutte altre cose è utile alla
esposto i tuoi desiderii, sicuro di non umana generazione siccome quella per
;

riuscirci importuno. la quale campiamo da etternal morte, e


34. non tarde: non indugi l'alto fine acquistiamo etternal vita ».
del tuo viaggio, che è di salire a Dio. 43. rilusse e tanta grazia mi fu da
:

36. pur: risponderò al solo pensiero Dio concessa, da togliere dall' idolatria,
che ti guardi dal manifestare. che aveva sedotto il mondo intiero, tutte
37-39 Quel mónte ecc.: «Castrum, quod le genti di quei dintorni. « Illuc itaque
Casinum dici tur, inexcelsimontis [monte vir Dei perveniens contrivit idolum, sub-
Cairo] latore situm est (qui videlicet vertit aram, succendit lucos atque ipso
mons distenso sinu hoc idem castrum in tempio Apollinis oraculum Marise Vir-
recipit, sed per tria milia in altum se ginis, ubi vero ara eiusdem Apollinis
subrigens velut ad aera cacumentendit), fuit, oraculum S. Iohannis construxit, et
ubi vetustissimum fanum fuit, in quo commorantem circumquaque mnltitudi-
ex antiquorum more gentilium a stulto nem prsedicatione continua ad fidem vo-
rusticorum populo Apollo celebrabatur. cabat»; Greg. M., 1. e.
[cielo settimo] Par. xxii. 44-57 [s. benedetto] 863

eli' io ritrassi le ville circostanti


dall' empio colto che il mondo sedusse.
46 Questi altri fuochi tutti contemplanti
uomini furo, accesi
di quel caldo
che fa nascere i fiori e i frutti santi.
49 Qui è Maccario, qui è Romoaldo,
qui son li frati miei, che dentro ai chiostri
fermar li piedi e tennero il cuor saldo. »
52 E io a lui « L' affetto che dimostri
:

meco parlando, e la buona sembianza


eh' io veggio e noto in tutti gli ardor vostri,
55 così m' ha dilatata mia fidanza,
come il sol fa la rosa, quando aperta
tanto divien, quant' eli' ha di possanza.

45. colto: culto; cfr. Par. V, 72. virtù monacali dei frati suoi, che non
47-48. caldo : della divina carità, fecon- così virtuosi si sono mostrati i succes-
datore delle anime ; cfr. Par. XXXIII, 7 sori e ci fa quasi presagire le rampogne
;

sgg. Salm. XXXVHI,


4. Luca XXIV, che leggeremo ne' vv. 76 sgg.
32. -fiori pensieri, sentimenti e parole.
: V. 52-72. Domanda intempestiva.
- frutti opere.
: Dice D. « L' amore che mi dimostri tu
:

49. Maccario: i più intendono di San con le tue parole, e la benevolenza che
Macario alessandrino, detto ó ttoAinxóq, noto nell'aspetto anche de' tuoi com-
discepolo di S. Antonio, vissuto nelle pagni, mi fanno ardito a pregarti di mo-
solitudini tra il Mio ed il Mar Rosso, strarti a me con immagine scoperta, li-
eh' ebbe sotto la sua direzione oltre 5000 bera del lume che ti cela. » « Qui no »
eremiti, e morì il 2 gennaio 404. Al. in- risponde S. Benedetto « ma il tuo desi-;

tendono di S. Macario il Grande, o V egi- derio sarà saziato più in alto, nell' Em-
ziano, anch'egli discepolo di S. Antonio, pireo, dove tutti i desiderii si saziano e
che visse oltre 60 anni vita assai rigida sin dove arriva questa scala. » Cfr. Esod.
ne' deserti della Libia e morì nel 391. Pro- XXXIII, 18 sgg. - Al cielo di Saturno
babilmente D., con molti altri, non di- D. dedica poco più di un canto. In esso
stinse i due Macarii; cfr. Comm. Lips. B. non lo bea del suo sorriso, né i beati
Ili, 590 sg. - Romoaldo San Romoaldo : del loro canto. Il dubbio che ivi propone,
degli Onesti, nato in Ravenna forse verso non gli viene sciolto; un alto grido lo
il 956, morto nel 1027pressoVal di Castro, conturba; il desiderio suo non è appa-
fu il fondatore del monastero di Cainal- gato. In questo cielo più che ne' sotto-
doli (Campus Maldoli, così detto dal no- stanti egli esperimenta la differenza tra
me del signore, Maldolus, casentinese, la condizione de'beati e la sua di mortale.
che donò il luogo stesso a Romualdo) e 53. buona sembianza: cioè di persona
dell'Ordine dei Camaldolesi. benevola, pronta a compiacere altrui.
50. li frati « li miei monaci santi e
: 54. in tutti gli ardor vostri: in tutte
buoni e contemplativi » Buti. ; le fiammelle nelle quali vi nascondete.
51. fermar li piedi restarono. - e ten-
: 55. m'ha dilatata ecc.: ha allargato la
nero il cuor saldo « scilicet, perseveran-
: mia fiducia in voi.
do in proposito sanetse contemplationis, 56-57. come il sol ecc.: il cuore del
propter quod sunt exaitati ad islam al- P. s'apre fiducioso sotto l'azione de'raggi
titudinem beatitudinis. Et dicit dentro : dell' amor celeste, come le foglie della ro-
ai chiostri, non vagando ad aliena loca, sa ai raggi del sole. « E conviensi aprire
vel apostatando. Sicut enim moritur pi- l'uomo quasi com'una rosa che più chiusa
scia extra aquam, ita monachus extra stare non può, e l'odore, ch'è dentro ge-
cellam»; Benv. Benedetto già fa ca-
S. nerato, spandere » ; Gonv. IV, 27. - quan-
pire, rilevando così energicamente le t' eli' ha di possanza : quanto ella può.
864 [CIELO settimo] Par. XXII. 58-72 [s. benedetto]

:>*
Però ti prego, e tu, padre, m' accerta
s' io posso prender tanta grazia, eh' io
ti veggia con imagine scoverta. »
CI Ond 7
egli : « Frate, il tuo alto disio
s'adempierà in su 1' ultima spera,
dove s' adempion tutti gli altri e il mio,
04 Ivi è perfetta, matura ed intera
ciascuna disianza ; in quella sola
è ogni parte làdove sempr era, 7

67 perchè non è in loco, e non s'impola;


e nostra scala infìno ad essa varca ;

onde così dal viso ti s invola. 7

70 Infin lassù la vide il patriarca


Iacob porgere la superna parte,
quando gli apparve d' angeli sì carca.
58-60. però: per la dilatata fidanza con ciascuna parte di quello decimo cielo
eh' ei sente osservando la sembianza be- divinissimo e quieto, in quello si rivolge
nevola di quei beati, -prender: ottene- con tanto desiderio che la sua velocitade è
re, ricevere. - con imagine scoverta: non quasi incomprensibile » Conv. II, 4. ;

più nascosto dalla luce che ti fascia. 67. in loco Empireo « non è in luo-
:
1'

61. Frate: fratello; cfr. Par. Ili, 70; go, ma formato fu solo nella prima Mente,
VII, 58, 130, ecc. la quale Greci dicono Protonoe»; Conv.
li

62. in su V ultima spera: nell'Empi- II, 4. - non


s' impola immobile com' è, :

reo, dove in realtà dimorano i beati cfr. ; non ha poli sopra i quali giri. « Ed è da
Par. IV, 28 sgg. E S. Benedetto trovere- sapere che ciascuno cielo, di sotto del Cri-
mo e additato a D. da S. Bernardo fra gli stallino, ha due poli fermi, quanto a sé; e
eletti dell' Empireo in Par. XXXII, 35. lo nono gli ha fermi e fissi e non muta-
64. perfetta ecc. : « ivi ogni desiderio bili secondo alcuno rispetto»; Conv. ibid.
è perfetto, perchè principale oggetto
il 68-69. scala ecc. si estende per tutto
:

ne è Iddio; è maturo, perchè ai prece- il tratto eh 'è di qui infìno all'ultima spe-

denti meriti è dovuto l'adempimento; ra. -viso: vista; la sua cima si sottrae
è intero, perchè viene da Dio esaudito alla tua vista; cfr. Par. XXI, 29 30.
in tutta la sua pienezza » Pogg. « La ; 70. vide: in sogno; Gen. XXVIII, 12
gloria [de' beati nell' Empireo] sarà per- « Viditque in somnis scalam stantem su-
fetta e compiuta sanza nullo mancamento per terram, et cacumen illius tangens
da ni una parte; però che da ogni lato coelum angelos quoque Dei ascendentes
;

sarà perfetta, intera e compiuta » Fra ; et descendents per eam ».


Giord., Genesi, p. 29. 71. porgere ecc.: estendersi con la parte
65-66. in quella sola: soltanto nell' ul- superiore.
tima spera, nell' Empireo è quiete asso- V. 73-96. Corruzione dei mona-
luta, perchè non v'è alcuna manchevo- steri. San Beuedetto, parlando della
lezza che susciti bisogni o desiderii, i soddisfazione d' ogni desiderio nell' Em-
quali si risolvono in movimenti verso pireo e della scala che infino ad esso
ciò che non si ha. « [Li cattolici] pon- s' innalza, s' apre la via a riprendere il
gono lo cielo Empireo.... e pongono esso discorso, interrotto dalla domanda di D.,
essere immobile per avere in sé, secondo intorno alla corruzione dei monaci ascrit-
ciascuna parte, ciò che la sua materia ti alla sua regola. « Per questa scala » ei
vuole. E questo è cagione al Primo Mo- dice « nessuno laggiù pensa più a salire,
bile per avere velocissimo movimento; e la mia regola, che ne indica il modo, è
che per lo ferventissimo appetito che ba rimasta laggiù in terra solo per sciupare
ciascuna parte di quello nono cielo, che inutilmente la carta dove si scrive. Tutto
è immediato a quello, d'essere congiunta nei monasteri è degenerato; l'avarizia e
[CIELO SETTIMO] Par. xxii. 73-91 [benedettini] 865

73 Ma, per salirla, mo nessun diparte


da terra i piedi, e la regola mia
rimasa è per danno delle carte.
Le mura che soleano esser badia,
fatte sono spelonche, e le cocolle
sacca son piene di fariua ria.
79 Ma grave usura tanto non si tolle
con tra '1 piacer di Dio, quanto quel frutto
che fa il cor de' monaci sì folle ;

S2 che quantunque la Chiesa guarda, tutto


è della gente che per Dio domanda ;
non di parenti, né d' altro più brutto.
85 La carne de' mortali è tanto blanda,
che giù non basta buon cominci amento
dal nascer della quercia al far la ghianda.
Pier cominciò sanz' oro e sanz' argento,
e io con orazioni e con digiuno,
e Francesco umilmente il suo convento.
91 E se guardi il principio di ciascuno,
guastano i cuori. Ma Dio,
la rilassatezza accipiunt, gravius est usura.» Cfr. To-
anche senza grandi miracoli, rimedierà deschini, Scritti su D. II, 431 sg. e D' Ovi-
a tanta corruzione. » Cfr. Tosti, Gli or d. dio, Studii, 402 sgg. *
relig. nella D. O. in D. e il suo sec, 429 sg. 83-84. quantunque ecc. tutto ciò che
:

73. mo: ora. Al presente nessuno alza la Chiesa custodisce, tiene in deposito,
più un piede da terra per salire la scala appartiene ai poveri {la gente che per
celeste, cioè nessuno si eleva, nei modi Dio domanda), non già ai parenti dei
che la mia regola insegna, alla con- chierici, o ad altre persone ancor meno
templazione, ma tutti badano e stanno degne {altro più brutto). Cfr. Par. XII,
attaccati alle sole cose della vita terrena. 93. Nel De Mon. Ili, 10 si legge che
74. regola: monastica. il papa Costantino « poterat.... recipere

76. Lo mura ecc. dei monasteri, che


: non tamquam possessor, sed tamquam
solevano essere stanza di uomini buoni. fructum prò Ecclesia, prò Christi pau-
77-78. spelonche: «Numquid ergo spe- peribus dispensator ».
lunca latronum facta domus ista, in
est 85-87. blanda: tanto piena di blandi-
qua invocatum est nomen meum ? » Ge- zie e seduzioni da corrompere lo spirito,
renti. VII, 11. « Domus mea domus ora- sicché il buon proposito si comincia ad
tionis vocabiturvos autem fecistis il-
: attuare, ma l'opera bene principiata non
lam speluncam latronum » Maft. XXI, ; dura {basta), non si continua per tanto
13. - cocolle vesti monacali cfr. Par.
: ;
tempo, quanto ne passa tra la nascita
IX, 78. - sacca son ecc. le cappe mona-
: della quercia e il momento in cui essa
cali rivestono persone malvage. fa le ghiande.
79-80. si tolle contra il piacer di Dio: 88. Pier: l'apostolo San Pietro, -co-
è tolta, è presa contro il voler di Dio. minciò il suo uffìzio di predicare il Van-
:

Cfr. Nannuc, Terbi, 704 sg. Come usura gelo. « Petrus autem dixit [allo zoppo
offenda Iddio, dimostra D. nell' Inf. XI, che aspettava un'elemosina]: Argentimi
95 sgg. - quel frutto le rendite della
: et aurum non est mihi » ; Atti III, 6.
chiesa, per prendere e possedere le quali 90. convento: adunanza, congregazio-
è fatto così folle il cuore dei monaci. ne; cfr. Purg. XXI, 62.
Papa Alessandro III in una sua decre- 91. di ciascuno dei 3 conventi or no-
:

tale « Quod monachi, abbates et priores


: minati.

55. — Div. Oomm., 8 a ediz.


866 [CIELO SETTIMO] PAR. XXII. 92-106 [SALITA ALL 8°CTEL0j 7

poscia riguardi là dov'è trascorso,


tu vedersi del bianco fatto bruno.
94 Veramente Giordan volto retrorso
più fu, e '1 mar fuggir, quando Dio volse,
mirabile a veder, che qui il soccorso. »
97 Così mi disse, e indi si ri colse
al suo collegio, e '1 collegio si strinse;
come turbo, tutto in su s' accolse.
poi,
100 La dolce donna dietro a lor mi pinse
con un sol cenno su per quella scala,
sì sua virtù la mia natura vinse
;
103 né mai quaggiù, dove si monta e cala
naturalmente, fu sì ratto moto,
eh' agguagliar si potesse alla mia ala.
106 S' io torni mai, lettore, a quel devoto

92. dov'è trascorso: a che cosa il prin- congiunge alla sua compagnia, e tutti,
cipio, il così buono e santo principio, è stretti insieme, si levano in alto con mo-
riuscito nei successori e discepoli. vimento di turbine. Dietro a quei beati
93. del bianco fatto bruno: le virtù tra- B. spinge con un cenno il P. su per la
smutate nei vizii opposti. « Qui mostra celeste scala in un batter d' occhio egli
:

li buoni principii e li mali seguiti, di- si trova salito con B. nel cielo delle stelle
cendo: S. Piero, primo papa, cominciò fìsse, e precisamente Del segno dei Ge-
senza oro; li successori sono tesauriz- melli. Cfr. Conv. II, 15.
zanti in terra. Io Benedetto con orazioni 98. compagnia; cfr. Inf.
collegio:
e con digiuno voi neri e bianchi monaci
;
XXIII, Purg. XXVI, 129. Par.
91.
seguitate con ozio e con ghiottonerie e XIX, 110. -si strinse: si riunì.
delettazioni mondane. S. Francesco con 99. come turbo: roteando; cfr. Par.
umiltade; li successori con superbia»; Ott. XVIII, 41 sg. - in su verso 1' Empireo.
:

94. Veramente lat. verumtamen: non- — 100. La dolce donna: Beatrice.


dimeno. Il concetto è Le cose vanno a : 102. la mia natura: la gravità natu-
rovescio (v. 91-93) nondimeno Iddio può
; rale del corpo, che mi tirava in giù.
far ritornare sulla retta strada i reli- 103-105. ne mai ecc.: né quaggiù in ter-
giosi e sarà cosa meno miracolosa che
;
ra, dove si monta e cala naturalmente, vi
non fu in antico l'esser ritornate indie- fu mai moto così ratto, da potersi aggua-
tro le acque del Giordano ( Giosuè III, gliare alla mia ala, cioè a quel mio ra-
14-47) e l' essersi ritirate le acque del pidissimo volo. « Sale il Poeta con Bea-
Mar Eosso (Esod. XIV, 21-29). Alla let- trice al cielo delle stelle fìsse e questa ;

tera: Veramente il Giordano volto re- ascensione egli spiega con una similitu-
trorso e il mare fuggire (= il fuggire, dine levata anch essa dall' idea del volo
'

il ritirarsi del mare) allorché (così) Dio bene appropriata, in quanto, uscito fuor
volle, fu cosa più miracolosa a vedere de' pianeti, ei muove al cielo stellato pei
che non sarà il soccorso, il rimedio, che campi sublimi della contemplazione » ;

Dio apporterà a questi mali. Al. leggono L. Yent., Simil., 495.


al v. 95 più fu il mar fuggir e AL: Ve-
: ; 106. S'io torni: ottativo
così possa =
ramente Giordan volto è ritrorso! Più io tornare. - lettore: è
questo l'ultimo
fu il mar fuggir quando Dio volse. Cfr. dei 16 luoghi del poema in cui D. si
Moore, Crii., 474 sg. - ritrorso: lat. re- rivolge direttamente al lettore Inf. ;

trorsum =
ali indietro.
'
Vili, 94; XVI, 128; XX, 19; XXV, 46;
95. volse: volle; cfr. Purg. Vili, 66 ecc. XXXIV, 23; Purg. Vili, 19 IX, 70; X, ;

V. 97-111. Ascensione da Saturno 106; XVII, 1; XXIX, 98: XXXI, 124;


al cielo stellato. Posto termine al suo XXXIH, 136; Par. V, 109; X, 7, 22;
discorso, l' anima di San Benedetto si ri- XXII, 106.
[CIELO OTTAVO] Par. xxii. 107-123 [invocazione] 867

trionfo per lo quale io piango spesso


mie peccata e '1 petto mi percuoto
le ;
109 tu non avresti in tanto tratto e inesso
nel foco il dito, in quant' io vidi
il segno

Tauro, e fui dentro da esso.


che segue il

112 gloriose stelle, o lume pregno


di gran virtù dal quale io riconosco
tutto, qual che si sia, il mio ingegno,
115 con voi nasceva e s' ascondeva vosco
quegli ch è padre d' ogni mortai vita,
?

quand' io senti da prima V aere tosco;


7

118 e poi, quando mi fa grazia largita


d' entrar nell' alta rota che vi gira,
la vostra region mi fu sortita.
121 A voi devotamente ora sospira
1' anima mia, per acquistar virtute
al passo forte che a sé la tira.

107. trionfo celeste al Par., che è an-


: ; nascono sotto esso ascendente, e maggior-
che denominato Chiesa trionfante. - per mente quando il sole vi si truova però ;

lo qual : per arrivare il quale. che '1 Sole conferisce alla vita de' mor-
108. peccata: peccati; cfr. Inf. V, 9. tali e alla generazione, secondo ordine
Purg. XVI, 18. Par. XVII, 33. -il petto naturale » Ott. ;

mi percuoto: segno di contrizione e di 115. s'ascondeva: tramontava, -vosco:


penitenza. « Publicanus. .. percutiebat lat. vobiscum, con voi; cfr. Purg. XI,
ìctus suum dicens: Deus, propitius esto 60 XVI, 141. Nel 1265 il sole entrava
;

dhi peccatori » Luca XVIII, 13.; in Gemini il 18 maggio, e ne usciva il


109. tratto: «la celerità dell' ascensio- 1
17 giugno. Tra questi due termini dun-
ìe è espressa con una similitudine non que nacque l'Alighieri.
ìeno semplice che originale. Si noti co- 116. quegli ecc.: il sole, il quale « tutte

me il Poeta dice prima tratto, e poi mes- le cose col suo calore vivifica » Gonv. ;

il dito. Non è senza avvedimento qne- III, 12. « .... generat.... homo hominem
inversione di atto naturale, perchè et sol » De Mon. I, 9 (11).
;

jli è così istantaneo che il prima e il 117. senti' ecc. respirai; quando nac-
:

)i sono un punto solo; anzi, se fosse qui, -tosco : toscano cfr. Inf. XXIII, 76 ;

)ssibile l' immaginarlo, il mettere è più XXVIII, 108.


tpido del trarre »; L. Yent., Simil., 486. 118-120. quando ecc. quando Dio mi :

110-111. il segno ecc.: vidi la costella- largì la grazia di salire nel cielo vostro,
tone dei Gemini, che segue quella del nel cielo delle stelle fisse, che col suo
Tauro, e mi trovai dentro di essa. girare fa girar voi che siete in esso, mi
V. 112-123. Invocazione delle stelle fu dato per sorte di entrare in quel
dei Gemelli. Ricordandosi di esser nato tratto di cielo che voi occupate.
quando il sole era in quella costella- 121. ora sospira: Al.: óra e sospira.
zione, e riconoscendo dall'influenza di 123. al passo forte ecc. alla impresa :

essa quanto ha d' ingegno, P. ne in- il di descrivere le ultime, più sublimi cose
voca la sperimentata virtù, perchè aiuti del Par., ossia alla conclusione del Poe-
l' anima sua a superare il « passo forte ma; alla quale impresa, che tira a sé
che a sé la tira. » tutta anima mia, ora mi accingo e con
l'

113. virtù « Gemini è casa di Mer-


: la quale queir ingegno, eh' è dono di voi,
curio, che è significatore, secondo li
si o Gemelli, affronta una ben forte prova.
astrolaghi, di scrittura e di scienza e di Così i più. Altri A passare e montare
:
'

conoscibilitade e così dispone quelli che alla contemplazione di Dio al passo '
;
'
868 [CIELO ottavo] Par. XXII. 124-137 [sguardo all'universo]

124 « Tu sei sì presso all' ultima salute »


cominciò Beatrice, «che tu dei
aver le luci tue chiare ed acute.
127 E però, prima che tu più t' inlei,
rimira in giù, e vedi quauto mondo
sotto li x>iedi già esser ti fei,
130 sì che il tuo cor, quantunque può, giocondo
s' appresenti alla turba trionfante

che lieta vien per questo etera tondo. »


133 Col viso ritornai per tutte quante
le sette spere, e vidi questo globo
tal, ch'io sorrisi del suo vii sembiante;
136 e quel consiglio per migliore approbo
che 1' ha per meno ; e chi ad altro pensa,

per il quale l'anima si deve dividere 129. sottopiedi ecc. ti ho già fatto
li :

dal corpo, cioè alla morte all' alta e '


;
'
trascendere. « Guata
in giù, e vedrai il
difficile impresa di passare scrivendo mondo e le sue cose transitorie sì che ;

dal sensibile all'insensibile 'al mara- '


; tu d' essere cotanto salito t' allegri, e co-
viglioso trionfo di Cristo - tira « la '
. : tale allegrezza dimostri alli cori de' bea-
difficoltà trae a sé le menti e le anime ti, li quali vengono»; Ott.
forti con forza degna di loro sole le de- ; 130. quantunque può: per quanto gli
boli respinge » Tom. Cfr. Par. X, 26 sg.
; è possibile. « Servite Domino in laetitia ;

V. 124-154. Sguardo ai pianeti e introito in conspectu eius in exultatio-


alla terra. Consigliato da B., D. ri- ne»; Salm. XCIX, 2.
volge gli occhi in giù e vede quanto 131-132.
appresenti si mostri. -alla
s' :

mondo gli sta sotto i piedi; vede tutti turba trionfante alle schiere del trionfo
:

e sette i pianeti quanto sono grandi e di Cristo, che son per apparir qni cfr. ;

quanto sono veloci e come siano in luo- Par. XXIII, 19 sgg. - etera: etere (Xan-
ghi fra loro distanti sopra tutto vede e: nuc. Nomi, 216), « cioè la quinta essenza,
,

rileva quanto sia piccola la nostra Terra, cioè aere purissimo, del quale sono fatte
della quale andiamo tanto superbi. Quin- le otto spere. E noi dicemmo di sopra
di torna a fissare gli sguardi suoi negli che li uomini, infino che sono nelle fati-
occhi della sua donna. D. fu presento A che del mondo, sono detti militanti; e
indubbiamente Cic, Somn. Scip., 3-6. quando hanno vinto il mondo, sono detti
124-125. all' ultima salute a Dio alla : ; triunfanti, cioè vittoreggianti » ; Ott.
visione di Lui; cfr. Par. XXXIII, 27. 133. Col viso: colla vista.
Saint. XXVI, 1. - dèi : devi. 134. le sette spere: i cieli pei quali è pas-
126. le luci: «delli occhi corporali, se- sato. - globo terrestre, da noi abitato.
:

condo la lettera ; ma
secondo l'allegoria, 135. tal : così piccolo. « Iam ipsa terra
le luci mentali, cioè la ragione e lo intel- ita mihi parva » dice Scipione il giovane
letto; chiare, cioè non turbate da pas- « visa est, ut me imperii nostri pceni-
sione ed acute, cioè sottili a discernere
; teret»; Cic, Somn. Scip., 3. -sembiante:
e vedere le viltà del mondo, sicché bene apparenza.
ti puoi rivolgere a riguardare lo mondo, 136. approbo : approvo; lat. approbo ;

senza timore che lo sguardo t'inganni forma dell'uso antico.


e tiriti a sé » Buti. Via via ch'ei sale,
; 137. l' ha por meno lo tiene da meno, :

la vista di D. più forte e perfetta.


si fa ne fa minore stima. « Si tibi [sedes ho-
127. t' inlei entri in lei. Verbo coniato
: minum] parva, ut est, videtur, haec cas-
da D., come immiarsi e intuarsi in Par. lestia semper spoetato, illa humana con-
IX, 81, inluiarsi in Par. IX, 73, insem- temnito » risponde l' Affricano a Scip. il

prarsi in Par. X, 148, ecc. Prima che tu giov. Cic, Somn. Scip., 6. - ad altro:
piti entri in essa ultima salute, in Dio. alle cose celesti, spirituali.
[CIELO OTTAVO] Par. xxii. 138-153 [sguardo all'univ.] 869

puote veramente probo.


chiamar si

139 Vidi la figlia di Latona incensa


sanza quell' ombra che mi fn cagione
per che già la credetti rara e densa.
142 L'aspetto del tuo nato, Iperione,
quivi sostenni com' si move ; e vidi
Maia e Dione.
circa e vicino a lui
145 Quindi m' apparve il temperar di Giove
tra il padre e il figlio e quindi mi fu chiaro ;

il variar che fanno di lor dove.


148 E tutti e sette mi si dimostraro
quanto son grandi, e quanto son veloci,
e come sono in distante riparo.
151 L' aiuola che ci fa tanto feroci,
volgendone io con gli eterni Gemelli,
tutta m' apparve da' colli alle foci.

138. probo: virtuoso, animoso. IsTel -Dione: cfr. Par. Vili, l.Vvid., Fast.
M. E. « cavalleresco prode, discen-
il II, 461.
dente legittimo di prode, prodis, per la 145. il temperar: Giove, che, posto tra
solita tendenza ad etimologizzare.... fn Marte suo figlio e Saturno suo padre,
reso con probus che gli somigliava di tempera il troppo caldo del primo e il
suono e ne conteneva l' idea che pareva troppo freddo del secondo. Cfr. Conv. II,
fondamentale [e con probitas si rese ' '
14. Par. XVIII, 68.
'prodezza, valore ']. D. poi ritradusse in 148. il variar ecc. la ragione del mu-
:

volgare quella singoiar traduzione »; Pa- tare essi luogo, rispetto alle stelle fisse,
rodi, Bull. VI, 18. dell'apparire eh' essi fanno or in una,
139. la figlia di Latona la Luna Dia- : = or in altra plaga del cielo.- dove luogo
:
;

na; e Latona fu madre di Apollo e di come già in Par. Ili, 88 XII, 30, ecc.
;

Diana; cfr. Purg. XX, 131. Par. X, 67. - 148. tutti e sette i pianeti: Luna, Mer-
:

incensa :infiammata, illuminata. curio, Venere, Sole, Marte, Giove, Sa-


140. ombra: macchie lunari. Dalla terra turno.
sivede sempre la stessa faccia della luna. 150. e come ecc.: e nella propria distan-
Ora D. ne vede la faccia opposta, dove za eh' è tra le dimore dei singoli pianeti,
non scorge alcuna macchia. le quali gli astronomi chiamano case, e
141. già la credetti ecc. : cfr. Gonv. II, D. ripari. «Quantità di corpo, velocità
14 e Par. II, 46 sgg. di corso e distanzia di loco gli fue per
142. nato: figlio (cfr. Inf. IV, 59; X, tale vista nota»; An. Fior. {—Lari.).
111), il sole: « Hyperione natus »; Ovid., 151-153. L'aiuola: la Terra nella sua
Met. IV, 192, 241. - Iperione figlio di : parte emersa, nella quale abitano gli
Urano e della Terra e padre del Sole. uomini, di lassù appare una piccola aia,
143. sostenni senza restar abbagliato,
: rispetto all' ampiezza de' cieli; cfr. Par.
per il vigore novello della mia virtìi vi- XXVII, 86. Senso: Dal segno dei Ge-
siva. - com' come cfr. Inf. XXVI, 12.
: ; mini, col quale ormai mi volgevo, sco-
Purg. XI, 92. prii, dalle maggiori altezze del suolo sino
144. circa intorno circa il Sole e non
: ; al livello del mare dove i fiumi hanno le
lungi da esso si muovono Mercurio, fi- loro foci, tutta, quanta è, la terra da
glio di Maia, e Venere, figlia di Dione. - noi abitata; una piccola aia, che ci fa
Maia una delle Pleiadi, figlia di Atlante
: tanto feroci per disputarcene il possesso.
e madre di Mercurio cfr. Ovid., Met. I, ; Anche in De Mon. Ili, 16, la terra è chia-
669 sg. II, 685 sg.
; XI, 303. Virg., ; mata areola. Cfiw Boet., Gons. phil. II,
Georg. I, 225 Aeri. 1, 297 VILI, 138 sgg.
; ; pr. 7. - eterni essendo incorruttibili
:
;
870 [CIELO OTTAVO] PAR. XXII. 154 - XXIII. 1-9 [DANTE E BEATRICE]

154 Poscia rivolsi gli occhi «agli ocelli belli.

cfr. Par. VII, 130 sgg. Ci asteniamo del Pizzacasa d' Orsogna, riepilogata
dall'entrare nella difficile discussione chiaramente ed approvata dall'I ngelitti
del luogo preciso cui D. qui accenni. in Unii. IX, 114 B£
Diremo solo elio una buona dilucida- 154. ocelli belli : di Beatrice; « utsciret
zione e spiegazione è certamente quella quid esset agendum » ; Benv.

CANTO VENTESIMOTERZO
CIELO OTTAVO o STELLATO: SPIRITI TRIONFANTI

TRIONFO DI CRISTO E INCORONAZIONE DI MARIA

Come l'augello intra l'amate fronde,


posato al nido de' suoi dolci nati
la notte che le cose ci nasconde,
che, per veder gli aspetti disiati
e per trovar lo cibo onde li pasca,
in che i gravi labor gli sono aggrati,
previene il tempo in su l'aperta frasca,
e con ardente affetto il sole aspetta
liso guardando, pur che l'alba nasca ;

V. 1-15. Dante e Beatrice. B. sta tur, aut non laboratur, aut labor ama-
con gli occhi fissi verso la parte media tur»; Aug., De Bon. Vid., 22.
del cielo, mostrando di aspettare con 7. previene il tempo abbandona, as- :

ansioso desiderio qualche gran novità sai prima che il sole spunti, il nido na-
che là debba apparire. Vedendola in tale scosto nell'interno delle frasche, ed esce
atteggiamento, anche D. è preso da forte in su la parte esterna dei rami.
desiderio di ciò eh' è per lei oggetto di 9. purché solo che, non appena spunti
:

sì viva aspettazione, e acqueta intanto l'alba. Con ragione osserva F. Pellegri-


con la speranza la propria ansietà. ni, Lect. D., p. 11 sg., che in questi
1. l'augello cfr. Virg., Aen. XII, 473
: primi 9 versi D. « d'un fenomeno natu-
sgg. - amate « per li figliuoli li quali
: rale si fa quasi collaboratore ed inter-
esso uccello v'ha nidificati »; Ott. Cfr. prete, e trasfonde in esso una nota inat-
Stat., Achill. I, 212 sgg. Virg., Georg. tesa, vaghissima, di umana passione »,
I, 413 sg. intessendo, sui dati che l'osservazione
2. posato: Virg., Georg. IV, 514.
cfr. comune coglie della vita degli uccelli,
Hor., Epod. 19 sgg. -nati: pulcini; cfr.
1, « una finissima, verosimile psicologia
Virg., Georg. II, 523; III, 178. Aen. II, dell'alato abitatore dei boschi, e immor-
138 IV, 33.
; talandola in pochi versi di commovente
3. durante la notte.
la notte : semplicità.... Le speciali reminiscenze
in che: nella qual ricerca. - labor
6. : dei classici.... nulla tolgono all'origina-
lavori; latinismo. Cfr. Purg. XXII, 8. lità superba dell' insieme. » Fra queste
- aggrati graditi. « In eo quod ama-
: reminiscenze meritano particolare men-
[CIELO OTTAVO] Par. xxiii. 10-22 [trionfo di cristo] 871

10 così la donna mia istava eretta


e attenta, rivolta invèr la plaga
sotto la quale il sol mostra men fretta -,

13 sì che, veggendola io sospesa e vaga,


fecimi quale quei che, disiando,
altro vorrìa, e sperando s'appaga.
16 Ma poco fu tra uno e altro quando,
del mio attender, dico, e del vedere
lo ciel venir più e più rischiarando ;
19 e Beatrice disse « Ecco le schiere :

del trionfo di Cristo e tutto il frutto


ricolto del girar di queste spere ».
22 Pariemi che il suo viso ardesse tutto,

zione vv. 39 sgg. del poemetto di Lat-


i rire migliaia di lumi, e, dall' alto, un
tanzio, De ave Phoenice, la cui somi- Sole accenderli tutti, e nella luce di quel
glianza coi vv. di D. fu bene rilevata dal Sole trasparire lucente la persona di
Proto : cfr. Bull., XXII, 73. Cristo. A
tal vista la mente di D., ineb-
« dicendo che B. si stava
10. eretta : briata di celeste ammirazione, esce di
eretta e attenta, il P. la descrive con sé stessa epperò ora non rammenta più
;

esatta correlazione alla similitudine. E- quel che allora fece.


retta risponde al salir dell'augello sul- 16. quando tempo :
;
quando per tempo
l'ultima frasca attenta, al fiso guardar
; è termine delle scuole ; cfr. Par. XXI,
di quello aspettando l'uno con ardente
: 46 XXIX, 12. Così per luogo troviamo
;

affetto il sole, l'altra con desiderio amo- dove (Par. Ili, 88 XII, 30 XXIT, 147);
; ;

roso la vista del Sole eterno. E fiso sta come per modo (Purg. XXV, 36 ecc.).
bene ad augello, come atto più speciale Dunque tra il mettersi attento e il ve-
del corpo; attenta sta bene a B. come dere il cielo farsi più chiaro e lucente
atto più della mente » L. Veni., Sì-
; corse un intervallo brevissimo.
mil., 441. 19. le schiere « Come li Romani, quan-
:

11-12. invér la plaga ecc. verso il : do triunfano, menano manti al carro la


meridiano, ossia verso quella parte del preda tolta ai nemici così finge l'autore
;

cielo (cfr. Par. XIII, 4) dov' è -il sole nel che venisse Cristo co la preda che aveva
mezzodì, e nella quale appare più lento tolto al dimoino, e sì de' santi padri del
il suo cammino cfr. Purg. XXXIII,
; Limbo, e sì dei santi cristiani che sono
103. «E questo fìnge l'Autore, perch'elli salvati per la passione di Cristo »; Putì.
vuole mostrare che Cristo colli suoi apo- 20-21. e tutto il frutto ecc.: ed ecco
stoli, con tutti li beati del vecchio [e nuo- tutto il frutto raccolto dalle influenze
vo] Testamento si rappresentino nel cielo che da queste giranti sfere vennero alle
ottavo, tra' quali Cristo splendeva come anime in terra. Altri : Ecco tutta la mi-
e più che '1 sole sicché degna cosa è che
; lizia celeste raccolta, per seguire il trion-
elli finga che Cristo si rappresentasse fo di Cristo, da tutte le sfere ov'ell'era
nel mezzodì, acciò soprastesse sopra tutti sparsa Ma le schiere del trionfo di Cri-
!

li beati, come lo sole sta sopra noi, quan- sto sono tutte nell'Empireo, non disper-
do è al meridiano » Putì. ; se per le sfere; cfr. Par. IV, 28 sgg.
13. sospesa: in ansiosa aspettazione. Altri: Ed ecco tutto il frutto che tu
vaga desiderosa. Sospesa e vaga rispon-
: hai raccolto per il girare che hai fatto
de a eretta e attenta dei vv. 10 e 11, e in queste sfere celesti! No il frutto :

le due espressioni s'illustrano mutua- del girare di D. nelle sfere celesti è la


mente. visione di Dio nell'Empireo.
15. altro ecc. cfr. Purg. XXI, 38 sg.
: 22. il suo viso ecc. è il solito accre-
:

V. 16-45. Il trionfo di Cristo. Dopo scimento di letizia, e quindi di bellezza


alcuni momenti B. esclama « Ecco il : e di splendore in B. per lo ascendere di
trionfo di Cristo !» E il P. vede appa- cielo in cielo e avvicinarsi a Dio.
872 [CIELO OTTAVO] PAR. XXIII. 23-37 [TRIONFO DI CRISTO]

e gli ocelli avea di Letizia sì pieni,


che passar mi convien sanza costrutto,
25 Quale nei plenilunii sereni
Trivi'a ride tra le ninfe eterne,
che dipingono il ciel per tutti i seni ;

28 vid'io sovra migliaia di lucerne


nn sol che tutte quante l'accendea,
come fa il nostro le viste superne ;

ai e per la viva luce trasparea


la lucente sustanzia tanto chiara
nel viso mio, che non la sostenea.
^4 Oh Beatrice, dolce guida e cara !

Ella ini disse : « Quel che ti sobranza,


è virtù da cui nulla si ripara.
•òi
Quivi è la sapienza e la possanza

24. sanza costrutto: senza esprimere anime imperò che ne la virtù della pas-
;

con parole la cosa. Costrutto, termine sione di Cristo e nel suo sangue e ne
delle scuole, è anche in Purg. XXVIII, le sue virtù tutti li santi sono salvati
147 e Par. XII, 67. e santificati » Buti. ;

25. Quale ecc.: « Quasi stella matuti- 31-33. luce: raggiante tutta attorno. -
na in medio nebulae, et quasi luna piena trasparea: cfr. Par. II, 80. - la lucente
in diebus suis lucet» JEccles. L, 6. Cfr.
; sustanzia dalla persona, dalla sostanza
:

L. Vent., Simil., 15 e le belle considera- di Cristo s'irradia quella viva luce essa :

zioni che sul sentimento ch'ebbe D. della è dunque davvero la sostanza lucente. -
poesia antica, fa il Comparetti, in Vìrg. nel viso: nell'occhio.
nel M. E. I 2 268, ove a prova di tal sen-
, 34. Oh Beatrice ecc. esclamazione :

timento è addotta questa similitudine. d'affetto e di gratitudine, ch'esce spon-


26. Trivia: Diana =
la luna; cfr. Yirg., tanea dalla bocca e dai cuore del P. nel
Aen. VI, 13, 35; VII, 516, 774, ecc. Ovid., momento in che si accinge a descrivere
Met. II, 416. - ride: rifulge di vivida le mirabili cose che B. lo guidò a ve-
luce. - ninfe le stelle cfr. Purg. XXXI,
: ; dere. Secondo altri questo v. sarebbe
106. - eterne: essendo esse incorrutti- un'esclamazione che D. diresse lassù
bili; cfr. Horat., Epod. XV, 1 sg. in cielo a B. Ma se così fosse, D. di
27. per tutti i seni in tutte le sue
: certo l'avrebbe detto o in qualche modo
parti; cfr. Par. XIII, 7. accennato. Il Cass. legge: E Beatrice,
28. migliaia « Millia millium mini-
: dolce guida e cara, allor mi disse. Buona
strabant ei, et decies milies centena mil- lezione, a cui però manca l'autorità di
lia assistebant ei » Dan. VII, 10. - lu-
; codd. e commenti antichi e che, gram-
cerne beati cfr. Par. Vili, 19 XXI, 73.
: ; ; maticalmente incensurabile, riesce men
29 un sol: Cristo; cfr. Matt. XVII, sentita ed efficace della volgata.
2. Giov. I, 9. Apocal. I, 16; X, 1. Boet., 35. ti sobranza ti sopraffa, vince la
:

Oons. phil. V, metr. 2. « La chiarità di tua vista; cfr. Par. XX, 97.
Cristo è la lucerna di quella gloria, che 36. nulla si ripara: nessun occhio può
la illumina tutta in ogni parte » Fra ;
difendersi (cfr. Apocal. I, 7) « imperò ;

Giord., Genesi, 18. eh' ella è virtù divina, che ogni cosa
30. come fa il nostro ecc. come il: avanza e però non è meraviglia s'ella
;

nostro sole accende le stelle (secondo le avanza la tua virtù visiva » Buti. ;

opinioni del tempo). « Del lume del sole 37. sapienza ecc.: Cristo; cfr. I Cor.
tutte le altre stelle s'informano » Conv. ;
I, 24: «.... Christum Dei Virtutem et
II, 14. - viste: cfr. Par. II, 115; XXX, Dei Sapientìam ». Thom. Aq., Sum. th.
9. - « Ben finge l'autore che lo splendore I, 39, 7: «Filius dicitur Sapientia Pa-
di Cristo facesse lucide tutte quelle beate tris, ecc. »
[CIELO OTTAVO] Par. xxiii. 38-53 [riso di beatrice] 873

ch'aprì le strade tra il cielo e la terra,


onde fu già sì lunga disianza. »
40 Come foco di nube si disserra
per dilatarsi sì che non vi cape,
e fuor di sua natura in giù s'atterra;
43 la mente mia così, tra quelle dape
fatta più grande, di sé stessa uscio ;

e che si fèsse rimembrar non sape.


40 « Apri gli occhi e riguarda qual son io :

tu hai vedute cose, che possente


se' fatto a sostener lo riso mio. »
49 Io era come quei che si risente
di visione oblita, e che s' ingegna
indarno di redurlasi alla mente,
52 quando io udi' questa proferta, degna
di tanto grado, che mai non si stingue

38. le strade Giov. XIV, 6 « Dicit ei


: che nei limiti del suo naturai potere,
Jesus: Ego sum via.... nemo venit ad pa- non avrebbe veduto. - non sape: non sa
trem, nisi per me ». Cfr. Ebrei IX, 8, X, 20. (cfr. Purg. XVIII, 56); e non sa, perchè
39. onde ecc. : di che, cioè dell'aprirsi ora è di nuovo ristretta entro i suoi na-
le strade tra cielo e terra fu per così turali confini.
lungo tempo il desiderio nel mondo. - V. 46-69. Il riso di H. Dacché erano
lunga cfr. Purg. X, 34 sgg. - disianza
: : più in su del cielo di Giove, B.
saliti
cfr. Par. XXII, 65; XXXIII, 15. non aveva più riso a D., non potendo
40-15. Come foco ecc. « La mente del : egli reggere allo splendore di tal riso;
Poeta, tra tanti gaudi celesti fatta più cfr. Par. XXI, 4 sgg. ; 62 sgg. Ma ora,
grande, esce di sé stessa, del suo essere dopo tutto quel che D. ha visto e con-
naturale, come il fuoco elettrico [elettrico templato, B. lo dichiara già tanto forte
per noi, non per D.] dilatandosi, si spri- di vista da reggere anche al riso di lei.
giona dalla nube che noi può contenere, E così è; se non che il riso è siffatto,
e scende a terra contro la sua natura, che D. si dichiara inetto a descriverlo,
la quale (secondo l'opinione degli anti- e chiede scusa se è costretto a tacere di
chi) è di salire »; L. Vent., Simil., 33; questa e d' altre gioie del Par., troppo
cfr. Par. I, 133 sg. - si disserra cfr. : superiori a mente e a parola di mortali.
Ovid., Met. VI, 695 sg. - per dilatarsi 47-48. cose : tra l'altra la lucente su-
ecc.: perchè si dilata tanto, che non può stanzia di Cristo. « La luce divina gli
più capire entro la nuvola. - fuor di acuisce l' intelletto alla scienza. Dio
sua natura ecc.: « ciascuna cosa.... ha l'aiuta a contemplar B. com'ella l'aiutò
il suo speziale amore, come le corpora a conoscere Dio. Se il meno è scala al più,
semplici hanno amore naturato in sé al il più non può non essere al meno e luce

loro loco proprio e però la terra sem-


; e incremento » Tom. ;

pre discende al centro il fuoco alla cir-


; 49-51. si risente ecc. si riscuote e ri- :

conferenza di sopra lungo '1 cielo del- desta da una visione, o sogno, e già l'ha
la Luna, e però sempre sale a quello » ; dimenticata (oblita è crudo latinismo
Gonv. Ili, 3. Cfr. De Mon. I, 15. Purg. per dimenticata '), sicché, per quanto
'

XXXII, 109 sgg. Par. I, 115. - dape : s'ingegni e si sforzi, non riesce a rie-
lat. dapes — vivande. Chiama così le de- vocarne alcun particolare cfr. Par. ;

lizie ineffabili che si gustano in Para- XXXIII, 58 sgg. - di miniarsi alla men-
diso. - di se stessa uscio : estasiata, ineb- te : ricondursela alla memoria.
briata, quindi non più padrona
e conscia 52. proferta di bearsi del riso di lei.
:

di sé, si dilatò, per così dire, e vide ciò 53-54. grado qui vale gratitudine, co-
:
874 [CIELO OTTAVO] PAR. XXIII. 54-69 [RISO DI BEATRICE]

del libro clic il preterito rassegna.


Se ino sonasser tutte quelle lingue
che Polinnia con le suore fero
del latte lor dolcissimo più pingue,
58 per aiutarmi, al millesmo del vero
non si verrìa, cantando
il santo riso,

e quanto santo aspetto facea mero


il :

61 e così, figurando il Paradiso,


convien saltar lo sacrato poema,
come chi trova suo cammin reciso.
64 Ma chi pensasse il ponderoso tema
e l'omero mortai che se ne earca,
noi biasmerebbe se sott'esso trema.
67 Non è pileggio da piccola barca
quel che fendendo va l'ardita prora,
né da nocchier eh' a sé medesmo parca.

me già in Purg. Vili, 67. - si stingile: nel cielo. - figurando descrivendo cfr.
: ;

si cancella. - dal libro ecc. dal libro : Inf. XXXII, 7 sgg. - saltar: soggetto
della memoria che scrive le passate co- di saltare è lo sacrato poema ; cfr. Par.
se; cfr. Vita N., Proemio; Canz. E XXIV, 25; XXX, 22-33, XXXI, 136 sgg.;
m'incresce, str. 5. La gratitudine tien XXXIH, 56 sgg. 121 sgg. - reciso
; :

vivo il ricordo. tagliato da un fosso o da uno spacco


55. mo: ora. -lingue: dei poeti. Cfr. qualsiasi, che obblighi il viandante, se
Virg., Aen. VI, 625 sgg. Ovid., Metam. pur vuole passar oltre, a fare un salto.
Vili, 533 sgg. 64. ponderoso: cfr. Horat., Arspoet.,
56. Polinnia: Polyhymnm, la Musa 38 sg. « Dice l'autore: chi pensasse di
da' molti inni, che presiede alla poesia quanto peso è la materia di che trattare
lirica.Nomina in particolare questa Mu- mi conviene, e pensasse ch'io sono mor-
sa perchè il dir ciò che il P. vorrebbe, tale che l'ho a portare, non mi biasi-
sarebbe altissimo volo lirico. - le suore : merebbe, se io per debolezza ci triemo
le altre 8 Muse, sorelle di Polinnia. sotto » ; Ott.
57. del latte: cfr. Purg. XXII, 102. - 67. pileggio: cammino (Par. XIII,
pingue pingui come consorte per con-
: ; 137), rotta. Questo pare veramente il
sorti in Par. XV, 9 ecc. senso di tale disputatissima parola. Al-
60. facea mero: quanto questo santo tri intesero, e intendono, tratto di mare
'

riso di B. facea lucente di chiarissima, difficile a navigare'. Invece di pileggio


purissima luce {mero cfr. Par. XI, 18 ;
si è letto, essendo evidentemente la pa-
XVIH, 55 XXX, 59) il santo aspetto
; rola mal compresa perchè non di uso
di lei. Altri per il santo aspetto inten- comune, peleggio, paleggio, poleggio, pa-
dono l'aspetto di Cristo ', e sarebbe ne-
'
leggio, paraggio, pareggio: la quale ul-
cessario intendere così, chi leggesse - tima forma è anche di codici molto
lez. meno autorevolmente sostenuta dai antichi e buoni.
codd. - il facea mero ', dove il pronome 69. a se medesmo parca: lat. sibi ipsi
il siriferirebbe necessariamente al santo parcat, voglia risparmiare sé stesso, non
riso. Cfr. Gomm. Lips. Ili, 623 sg. spieghi tutte le sue forze, tutta la sua
61-63. e così ecc. : e come non ci sono abilità. Parcere (= risparmiare), forma
parole acconce non pure a descrivere, schiettamente latina, fu dell'uso antico:
ma anche ad accennare o appena adom- cfr. Toc. Crusca, s. v.
brare il santo riso di B., cosi mi con- V. 70-87. Za milizia celeste. Mentre
viene ommettere, perchè ineffabili, una il P. è tutto assorto nella contempla-
od altra cosa che pure io vidi e gustai zione della bellezza di B., questa con
[CIELO OTTAVO] Par. xxiii. 70-85 [cr. risale all'emp.] 875

70 « Perchè la faccia mia sì t' innamora,

che tu non ti rivolgi al bel giardino


che sotto i raggi di Cristo s'infiora ?
1

73 Quivi è la rosa in che il Verbo divino


carne si fece ; quivi son li gigli
al cui odor si prese il buon cammino. »
7G Così Beatrice; ed io, eh' a' suoi consigli
tutto era pronto, ancora mi rendei
alla battaglia dei debili cigli.
79 Come a raggio di sol che puro mei
per fratta nube, già prato di fiori
vider, coperti d' ombra, gli occhi miei ;

82 vid' io così più turbe di splendori


fulgorati di su di raggi ardenti,
sanza veder principio di fulgori.
85 benigna virtù che sì gì' imprenti,
amorevole rimprovero lo esorta a tor- nos in Christo Jesu et odorem notitice
nare collo sguardo alla contemplazione suce manifestat per nos in omni loco ;

della mirabile visione. Già Cristo è quia Ghristi bonus odor sumus etc. »
asceso in alto e più non si scorge bensì : li Cor. II, 14 sg. - si prese Al. s' ap- : :

D. vede i raggi eh' ei manda, e che, il- prese; s'aperse.


luminando i beati, da questi si riflettono 77-78. mi rendei ecc. tornai a mirare :

all'occhio suo. Così da un raggio di sole, quella eccessiva luce contro cui durava
che trapassi per una nuvola rotta, vedia- fatica a resistere il mio debole occhio;
mo talora illuminato un prato fiorito pur cfr. v.' 33. Parlasi di battaglia « in quan-
restandoci nascosto il sole ed essendo noi to la eccellenza combatte con la virtù
stessi nell'ombra per effetto delle nuvole. visiva » Lan. ;

70. Perchè ecc. cfr. Pure}. XXIX, 61


: 79-81. Come a raggio ecc.: « come i miei
sgg. XXXII, 9. Par. XXXI, 112 sgg.
; occhi, ombrati da alcuna nube, videro
71-72. al bel ecc. alle anime beate il-
: talvolta un prato di fiori illuminato da
luminate dai raggi che da Cristo discen- un raggio di sole, che schietto trapassi
dono: i beati già sono stati chiamati per- '
per piccolo spazio lasciatogli dalla nube
petui fiori dell' eterna letizia in Par.
'
rotta, così ecc.»; L. Vent., Simil., 150.
XIX, 22 sg. Paradiso, del resto, è voce - mei trapassi
: ; cfr. Par. XIII, 55 ;
greca (^apdòeicroq), che vale giardino '.
'
XV, 55. - coperti Al. coperto. Erano
: :

- s' infiora « finge 1' autore [che] Cristo


: forse i beati, dotati di sì vivo splendore,
stante pih alto come uno sole, spargesse simili a prato coperto d'ombra? Invece
e infundesse i suoi raggi sopra li beati. ben possono dirsi coperti d'ombra gli
E come lo sole fa aprire e ulimire li occhi di D. che vede l' illuminato senza
fiori; così li raggi di Cristo, che sono le scorgere l' illuminante né riceverne egli
grazie e li ardori della carità che sparge stesso la luce.
sopra li beati, fa gloriosi li beati »; Buti. 83. fulgorati ecc. illuminati da raggi
:

73. la rosa: Maria, la Rosa mystica, ardenti che piovevano dall' alto (di su)
come è chiamata nelle Litanie. senza che io scorgessi il punto onde quei
74-75. carne si fece: « Verbum caro raggi provenivano. « Et nox ultra non
factum est»: Giov. I, 14. - li gigli ecc. : erit, et non egebunt lumino lucernae ne-
gli apostoli, maestri ed esempi di san- que luminesolis, quoniamDominusDeus
tità, che primi predicarono per il mondo illuminabit illos » Apocal. XXII, 5.
;

la 'dottrina di Gesù e indussero le genti 84. principio di fulgori: cioè la luce


a mettersi per la via retta, cioè ad ab- di Cristo.
bracciare il cristianesimo. - odor: «Deo 85-87. benigna virtù: Cristo. - gì' im-
autem gratias, qui semper triumphat prenti li impronti del tuo lume. - su
:
876 [CIELO OTTAVO] PAR. XXIII. 86-101 [MARIA E GABRIELE]

su t'esaltasti, per largirmi loco


agli occhi lì che non eran possenti.
ss Il nome sempre invoco
del bel fior eli' io

mi ristrinse
e inane e sera, tutto
1' animo ad avvisar lo maggior foco :

91 e come ambo le luci mi dipinse


il quale e '1 quanto della viva stella

che lassù vince come quaggiù vinse,


94 per entro il cielo scese una facella,
formata in cerchio a guisa di corona,
e cinsela e girossi intorno ad ella.
97 Qualunque melodia più dolce suona
quaggiù e più a sé 1' anima tira,
parrebbe nube che squarciata tona,
109 comparata al sonar di quella lira
onde si coronava il bel zaffiro

t'esaltasti ecc.: ti ritirasti, ascendendo Putì. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, 25,
di nuovo all'Empireo -per largirmi loco 6. - stella: dice un noto inno a Maria:
agli occhi, cioè per dare libertà, possi- « Ave, maris stella, Dei mater alma, ecc.»
bilità di vedere a' miei occhi, che non Nelle litanie ella è detta stella matutina.
potevano reggere al tuo troppo intenso Cfr. Petr. Canz. P. II, Canz. Vili, str. 6.
ed acuto splendore. 94. per entro ecc. « dipinge lo scen-
:

V. 88-111. Apoteosi di Maria. Men- dere dall' altissimo che pare come un di
tre guarda il maggiore de' lumi rimasti, fuori di quella ampiezza » Tom. - una
;

Maria, D. vede scendere una facella che, facella: l'arcangelo Gabriele.


girando, cinge quel lume a guisa di co- 95. corona: «È l'arcangelo Gabriele
rona e intona un cantico divinamente che si aggira intorno a Maria. Per espri-
melodioso. È l'arcangelo Gabriele. Tutti mere la rapidità di codesto fulgidissimo
gli altri lumi ripetono il nome di Maria. aggirarsi, il Poeta dice che formava un

88. del bel fior : della rosa, nominata cerchio di fiamma, la quale a guisa di
da B. nel v. 73. corona cingeva il capo della Vergine » ;

89-99. mi ristrinse ecc.: raccolse tutta L. Veni., Simil., 483. Osservò giusta-
la mia attenzione ad osservare il mag- mente il Fogazzaro « Il tradizionale dia-
:

giore di quei celesti splendori, cioè Ma- dema di stelle è ben vinto dal diadema
ria: allontanatosi Cristo, lo splendore di dantesco di fuoco, di canto, di energia
Maria è più vivido di tutti.
il celeste, della potenza di un Essere mag-
91-93. e come
ecc. e poi che ad ambe-
: giore dell' uomo, maggiore delle moltitu-
due gli occhi miei si manifestò il quale, dini angeliche, ministro fra i primi del-
la qualità, e il quanto, la quantità, della l'Onnipotente » N. Antol., CCVII, 185.
;

luce che mandava la viva stella che su- 99.nube ecc. tuono che scoppia im-
:

pera in cielo (lassù) di splendore ogni provvisamente e ci rintrona fastidiosa-


spirito beato, come superò in terra (quag- mente gli orecchi. « Qualemve sonum,
giù) di grazia ogni mortale ecc. - dipinse : cum Inppiter atras Increpuit nubes,
cfr. Purg. XXXI, 121 sgg. « Mi dipinse, extrema tonitrua reddunt»; Ovid., 2let.
cioè imprimé a me, Dante, secondo quelli XII, 51 sg. Cfr. Tasso, Ger. XIV, 5.
che tegneno che la cosa veduta sia attiva, 100. sonar di quella lira: il cauto del-
e l'occhio passivo la quale opinione l'au-
; l'arcangelo Gabriele; cfr. Par. XV, 4.
tore studiosamente seguita qui, per mo- 101. il bel zaffiro: la Vergine Maria,
strare che questa fu grazia infusa a lui « che era più lucida che ogni zafiro que-
:

da Vergine Maria ne la mente sua,


la sto zafiro è una pietra di colore celeste
cioè che elli potesse sì parlare di lei » ;
molto preziosa»; Buti. Cfr. Purg. I, 13.
[cielo ottavo] Par. xxiii. 102-113 [maria e Gabriele] 877

del quale il ciel piti chiaro s' inzaffira.


103 « Io sono amore angelico che giro
V alta letizia che spira del ventre
che fu albergo del nostro disiro ;

106 e girerommi, donna del ciel, mentre


che seguirai tuo Figlio e farai dia 7

più la spera suprema, perchè gli entre. »


109 Così la circulata melodìa
si sigillava e tutti gli altri lumi :

facean sonar lo nome di Maria.


112 Lo real manto di tutti i volumi
del mondo, che più ferve e più s'avviva

102. il ciel più chiaro: l'Empireo, sede dovi. Oli per vi, come in Inf. XXIII,
della Vergine e di tutti i beati ; cfr. Par. 54. Purg. Vili, 69; XIII, 7, ecc.
I, 4. - s'inzaffini : si adorna come di pre- 109. circulata: « perchè, cantando, in-
ziosissima gemma; « ingemmatnr vel torno alla Vergine l'Arcangelo s'andava
exornatur clarius qnam ex aliquo alio aggirando»; Dan. cfr. vv. 95-96.
lapide pretioso, scilicet alio beato spi- 110. si sigillava: si apponeva il sigillo,
riti! » Benv. - « E perchè lo zafiro hae
; si conchiudeva. Così leggono e inten-
certe virtù, che abundantissimamente dono quasi tutti. Invece Buti-. «si gi-
fumo ne la Vergine Maria, però la no- rava: girava sé come detto è. »
mina col nome della detta pietra » ; Buti. 111. facean sonar: facevano echeggia-
E l' Ott. ci sa dire che il corpo
zaffiro « il re, cioè ripetevano ad alta voce, il nome
dell'uomo rin verzica, li membri couserva di Maria.
paura dall' uomo e fallo
integri, caccia la V. 112-120. Ritorno all' Empireo.
audace, rompe toccati legami e libera
li Come l'arcangelo Gabriele ha terminato
li presi. Come si dice, molto vale a con- il suo canto, Maria, seguendo il suo Fi-

servare pace; dalli incantatori molto è gliuolo, ascende in alto per ritornare
amata, perocché per lei abbiamo li re- all' Empireo; opperò il P., oltre un certo
sponsi; ristrigne l'incentivo ardore ecc. » punto, non la vede più. « Cedit Virgo
103-105. Io sono: canto dell'arcangelo Maria, ut auctor habeat locum videndi
Gabriele. - amore angelico angelo pieno : et conveniendi ceteros sanctos, exemplo
di ferventissimo amore. - giro ecc. mi : fìlii, ut supra»; Post. Fram. Palat.

aggiro intorno al grembo onde spira alta Lo real manto ecc.: il nono cielo,
112.
letizia. Cfr. Ronchetti, Appunti, 176. - ossia Primo Mobile, che «per lo ferven-
il

del ventre « idest, procedit de corpore


: tissimo appetito (=più ferve) che ha cia-
Virginis et per hoc innuit quod Maria
; scuna sua parte d'esser congiunta con
est cum corpore in coelo » Benv. - no- ; ciascuna parte di quello cielo divinissimo
stro disiro: Cristo, oggetto del nostro e quieto, in quello si rivolve con tanto de-
desiderio. « Donec veniret desiderium siderio, che la sua velocità è quasi incom-
collium seternorum»; Genesi XLIX, 26. prensibile (= più s' avviva) » Conv. II,
;

- « In quem desiderant angeli prospi- 4. Alcuni pochi intesero dell'Empireo,


cere » I Pietro I, 12.
; ma di questo, immateriale, tutto amore
106-107. mentre che ecc.: finché (cfr. e luce (cfr. Par. XXII, 67), non può di-
Inf. XIII, 18; XXXIII, 132. Purg. II, stinguersi la riva interna e l' esterna. -
26 ecc.) tu seguirai tuo Figlio, risalito volumi i cieli, che come volumi raccon-
:

all'Empireo. Ai.: In eterno. Ma nell'Em- tano la gloria di Dio (cfr. Salm. XVIII,
pireo Gabriele è bensì presso a Maria, 2), in quanto si volgono tutti in giro ed
Par. XXXII, 94, senza però aggirarsi ogni superiore involge gì' inferiori cfr. ;

intorno a lei come qui. -dia: divina, Apocal. VI, 14. « Volume da volgere e
quindi risplendente; cfr. Par. XIV, 34. da rivolgere le sfere soggette » Tom. ;

108. la spera suprema: l'Empireo, il 113. s'avviva: poiché « ordina col suo
più alto cielo. - perchè gli entre: entran- movimento la cotidiana revoluzione di
878 [CIELO OTTAVO] PAR. XXIII. 114-129 [MAR. RISALE ALL'EMI'.]

nell'alito di Dio e ne' costumi,


115 avea sopra di noi l'interna riva
tanto distante, che la sua parvenza,
là dov' io era, ancor non m'appariva:
118 però non ebber gli occhi miei potenza
di seguitar la coronata fiamma
che si levò appresso sua semenza.
121 E come fantolin che vèr la mamma
'1

tende le braccia, poi che 'l latte prese,


per l'animo che infìn di fuor s' infiamma ;

124 ciascun di quei candori in su si stese


con la sua fiamma, sì che l'alto affetto
ch'egli avieno a Maria mi fu palese.
127 Indi rimaser lì nel mio cospetto,
*Regina codi cantando sì dolce,
'

che mai da me non si partì il diletto.

tutti gli altri ; per la quale ogni dì tutti ria, coronata dall'Arcangelo, la quale,
quelli ricevono e mandano quaggiù la seguendo Cristo, suo figlio (sua semen-
virtù di tutte le loro parti. Che se
la za), saliva anche più su che il Primo
revoluzione di questo non ordinasse ciò, Mobile, all'Empireo.
poco di loro virtù quaggiù verrebbe o V. 121-139. Inno a Maria, Risalita
di loro vista»; Gonv. II, 15. la Vergine nell'Empireo, i beati, tutti
114. nell'alito: « quia scilicet est sibi insieme, in uno slancio d'affetto, proten-
propinquius quam aliud cceluni; ista dono le loro fiamme in su, come desiosi
enira spera nona est tamquam princi- ed anelanti, verso la coronata fiamma,
palis vicaria, quse recipit virtutem uni- ed effondono il loro devoto e lieto amore
tami a Deo, quam spera octava tamquam cantando con straordinaria dolcezza l'an-
ministra distribuit distincte per omnes tifona che la Chiesa canta nel tempo pa-
speras inferiores» Benv. Il Buti con al-
;
squale: Eegina cceli, lattare, - alleluia!
deformazione del pri-
tri lesse nell'abito, - Quia quem meruisti portare, - alle-
|

mitivo alito. - e nei costumi « cioè nei : luia! - Resurrexit sicut dixit: - alle-
|

costumi d'Iddio, cbe sono sempre di spi- luia' - Ora prò nobis Deum: - alle-
|

rare una grazia e virtù in chi la di- luia!- Gaude et laetare, Virgo Maria,
|

manda e volla (= la vole). Lo 9° cielo è - alleluia! - Quia surrexit Dominus


|

principio di moto e di vita, e in esso è uni- vere. Alleluia! - Al ricordo di quella vi-
versale virtù informativa de le mondane sta e di quel canto il P. prorompe in
singularità. E tutte spere e corpi cele- una esclamazione di gioiosa maraviglia.
sti ricevono da esso, secondo 1' ordine 121. come il fantolin Al. come fan-
: :

naturale, conservativa virtute ed infor- tolin : cfr. Purg. XXX, 44. « Ut tamen
mativa, sì come da Dio l'essere natu- accessit natus, inatrique salutem Attu-
rale»; Buti; e cfr. la n. preced. lit, et parvis adduxit colla lacertis, Mix-

115. l'interna riva la sua faccia con-


: taque blanditiis puerilibus oscula iun-
cava eh 'è l'interiore, mentre la convessa xit»; Ovid., Met. VI, 624 sgg.
è l'esteriore, rispetto al luogo in cui D. 123. per l'animo ecc. per l'ardente :

si trovava. Al. l'eterna, lezione da cui


: affetto, che anche nel viso e negli atti
è difficile ricavar senso tollerabile. Cfr. esterni si effonde a mo' di fiamma.
Moore, Crit., 477. 124-125. candori: candenti fiamme;
116.parYenza: aspetto ;cfr.Par. XIV, 54. cfr. Par. XIV, 77. - fiamma Al. ci- : :

117. là ecc. dal luogo, dov' io era, an-


: ma, lezione che dà pure ottimo senso.
cora non poteva da me essere distinta. 127. Jtegina cceli: cfr. n. 121-139.
119-120. la coronata fiamma ecc. Ma- : 129. mai ecc. sento tuttora, dopo tan-
:
JIELO OTTAVO] Par. xxiii. 130-139 [inno a maria] 879

Oh quanta è 1' libertà che si soffolce


in quell'arche ricchissime, che foro
a seminar quaggiù buone bobolce !

Quivi si vive e gode del tesoro


che s'acquistò piangendo nell'esilio
di Babilon, dove si lasciò l'oro.
Quivi trionfa, sotto l'alto Filio
di Dio e di Maria, di sua vittoria,
e coll'antico e col novo concilio,
colui che tien le chiavi di tal gloria.

anni, vivo in me il diletto che mi dei tesori materiali. Così, in sostanza,


quel dolcissimo canto.
*tte tutti gli antichi e i più dei moderni.
130. si soffolce si contiene. « Oh quan-
: Invece il Lomb., seguito da pochi, leg-
ta è 1' abbondanza della beatitudine e ge nel v. 135 dove elli in luogo di dove
della gloria che si ripone in quelli beati si, e facendo di questa e della seg. terz.

spiriticapaci d'essa più che arca gran- i due membri di un solo periodo, il

dissima » Buti. Sòffolcersi e soffolgersi,


! ;
cui soggetto comune è il v. 139, inter-
lat. suffulcire, propriamente sostenere; — preta Quivi colui che tien le chiavi di
:

cfr. Inf. XXIX, 5. Cfr. Bull. Ili, 155. tal gloria, S. Pietro, si gode, se la gode,
132. bobolce: plur. di bobolca, fem. di e vive del tesoro celeste, che s' acquistò
bobolco, dal lat. bubulcus =
aratore, semi- piangendo nell'esilio di Babilon, ov'egli
natore dunque che furono in terra buo-
; : lasciò l'oro, nel mondano esilio, dov'e-
ne seminatrici; secondo la sentenza di gli non curossi né d'oro né d'argento.»
S. Paolo, Gal. VI, 8. Per altri, poiché -tesoro: cfr. Matt. VI, 16 sg. Luca XII,
bobolca può intendersi terra (biolca = 21, 33, 34. II Cor. IV, 7. 1 Timot. VI, 19.
bifolca= bobolca dura in molti dialetti 135. Babilon «in transmigratione Ba-
:

dell'Italia nordica, nel senso di una de- bylonis. per quod quidem exilium fìgu-
. . .

terminata estensione di terra), il senso raliter designatur peregrinatio huius


sarebbe Che furono fecondi terreni da
: mundi in quo sumus exules » Benv. - ;

semente, con allusione alla nota parabola dove si lasciò: Al. dove li (elli) lascia;
del seminatore, Matt. XIII, 3-23 Marco ; dove li (elli) lasciò. Cfr. Gomm. Lips.
IV, 3-30; Luca Vili, 5-15; e Parodi, Ili, 638-639.
Bull. Ili, 144, e F. Pellegrini, Lect. 2>., 138. coll'antico ecc. : col consesso (cfr.
a
p. 28 sg. Pur propendendo alla 2 inter- Purg. XXI, 16) dei beati del Vecchio e
prete siamo lontani dal sentircene sicuri. del Nuovo Testamento.
133-135. Quivi ecc. in Paradiso le ani-
: 139. colui ecc.: San Pietro, cui Cristo
me fruiscono dello spiritual tesoro da diede le chiavi del regno dei cieli cfr. ;

esse acquistato coi patimenti in questo Matt. XVI, 19; Inf. XIX, 92. Par.
mortale esiglio, dove non si curarono XXIV,35; XXVII, 49; XXXII, 125.
880 [CIELO OTTAVO] PAR. XXIV. 1-11 [preghiera]

y
CANTO VENTESIMOQUARTO

CIELO OTTAVO o STELLATO : SPIRITI TRIONFANTI

SAN PIETRO, DANTE ESAMINATO CIRCA LA FEDE

« sodalizio eletto alla gran cena


del benedetto Agnello, il qual vi ciba

sì,che la vostra voglia è sempre piena,


se per grazia di Dio questi preliba
di quel che cade della vostra mensa,
anzi che morte tempo gli prescriba,
ponete mente all'affezione immensa,
e roratelo al quanto : voi bevete
sempre del fonte onde vien quel ch'ei pensa. »
10 Così Beatrice e quelle anime liete
;

si fero spere sopra fìssi poli,

V. 1-9. Preghiera di Beatrice. B. e conosco la misera vita di coloro eli e


prega il collegio dei beati, eletti alla dietro m'ho lasciati, per la dolcezza ch^o
gran cena del divino Agnello, di asper- sento in quello ch'io a poco a poco ricol-
gere alquanto D. di quell'acqua ch'essi go, misericordevolmente mosso, non me
bevono sempre, e onde viene ciò ch'egli dimenticando, per li miseri' alcuna cosa
pensa, cioè di concedergli alcun che del- ho riservata, la quale agli occhi loro, già
la bramata conoscenza delle cose celesti. è più tempo, ho^dimostrata ».
1. sodalizio: consesso, compagnia. - 6. tempo gli prescriba : segni per lui
cena cfr. Matt. XXII, 2 sg. Luca XIV,
: la fine della vita nel tempo ; cfr. Par.
15. Apoe. XIX, 9. « Il nostro Signore XXI, 103 n.
Jesù Cristo nella Scrittura in molte 8-9. roratelo ecc.: «rorare vien da ros,
luogora, volendoci dimostrare e dare ad che in latino significa rugiada. Onde la
intendere di quelli beni di vita eterna, Chiesa: Rorate, coeli, ecc. Adunque, sì co-
sì gli ci vuole dare ad intendere sotto me questa ravviva e rinverde l'erbette,
somiglianza di convito o di cena o di de- così illuminate voi alquanto il suo intel-

sinare e se tu dimandassi la ragione, la


; letto la qual cosa vi sarà agevole a fare,
;

ragione si è questa, però che '1 mangiare perchè voi bevete sempre del fonte, dal
e il bere è il piti onesto diletto corpo- qual vien quello ch'egli pensa, cioè quel-
rale che sia»; Fra Giord., Pred., ed. lo che desidera d'intendere»; Veli.
Moreni, I, 102. V. 10-18. Gaudio dell 9 amor celeste.
TOglia appetito, seguitando la me-
3. : Udita la preghiera di B., i beati co-
tafora della cena. -piena: soddisfatta; minciano a roteare e si fanno più lucenti,
cfr. Par. IX, 109. Apocal. VII, 16-17. mostrando col roteare e colla cresciuta
4. preliba: pregusta: cfr. Par. X, 23. luce la gioia di compiacere amorevol-
Conv. 1, 1 « E io adunque, che non seggo
: mente a B. e a D. Cfr. Par. X, 139 sgg.
alla beata mensa, ma, fuggito dalla pa- 11. si fero spere ecc.: si disposero in
stura del volgo a' piedi di coloro che seg- circoli, giranti a mo' di sfere ecc. cfr.;

gono, ricolgo di quello che da loro cade, Par. X, 76-78; XIII, 19-21.
[CIELO OTTAVO] Par. xxiv. 12-28 [amor celeste] 881

fiammando forte a guisa di comete.


13 E come cerchi in tempra d'oriuoli
si giran sì, che il primo a chi pon mente

quieto pare, e l' ultimo che voli )

10 così quelle carole, differente-


mente danzando, della stia ricchezza
mi si facean stimar, veloci e lente.
19 Di quella eh' io notai di più bellezza,
vid'io uscire un foco sì felice,

che nullo vi lasciò di più chiarezza )

22 e tre fiate intorno di Beatrice


si volse con un canto tanto divo,

che la mia fantasia noi mi ridice :

25 però salta la penna e non lo scrivo ;

che l' imagine nostra a cotai pieghe,


non che il parlare, è color troppo vivo.
28 « santa suora mia che sì ne prieghe

12. comete: cfr. Yirg., Aeri. X, 272 sg. 20-21. sì felice: epperò sì fulgente. -
13. cerchi : le ruote formanti il con- nullo vi lasciò nessun altro più fulgente
:

gegno degli oriu oli. - tempra : « è la di- lasciò nella carola ond' era uscito.
sposizione delle parti coordinate all'ar- 23. divo: divino, celeste, ^»er festeg-
monia di nn tutto » L. Yent., Sim., 505.
; giar B., la diva-, cfr. Par. IV, 118.
14. il primo: il cerchio più interno. 24. la mia fantasia eco: nonché de- :

15. quieto «par fermo, perchè ha pic-


: scriverlo con parole, neppure sa raffi-
cola circonferenza, al contrario di quel gurarselo con la fantasia; cfr. Par. I, 9.
cerchio che, ultimo, ha la massima cir- 25. salta ecc. la penna passa oltre,
:

conferenza, e par che voli»; L. Yent., 1. e. ed io non scrivo nulla intorno ad esso
16-18. carole circoli di anime danzanti
: canto. Cfr. Par. XXIII, 62.
« Carola è ballo tondo » Buti. - diffe-; 26-27. l'imagine: la facoltàimmagina-
rente-mente : « la spezzatura ritrae anco tiva. Cfr. Purg. XVII, 7 e 21 Par. I, ;

la differenza » ; Tom. Cfr. Arios., Ori. 53. -pieghe ecc.: « Nota che '1 dipintore,
XXVIII, 41. - della sua ricchezza ecc.: quando vuole dipingere pieghe, convie-
quei danzanti circoli, aggirandosi con ne avere un colore men vivo che quello
moto, quale più, quale meno veloce, mi della veste, ciò è più scuro ; e allora ap-
facevano giudicare della loro maggiore paiono pieghe; imperquello che in ogni
o minore beatitudine, ossia della loro piega l'aiere è più oscuro che in la su-
differente ricchezza di gloria cfr. Par. ; perfìcie e però se lo colore della piega
;

Vili, 19-21. Per altre lez. e interpr. cfr. eccedesse in chiarità, la vesta non fa-
Comm. Lip8. Ili, 642 sg. rebbe piega anzi farebbe della vesta
;

V. 19-45. S. Pietro e Beatrice. Dalla piega, e di sé superfìcie, e così sarebbe


carola più bella esce il lume più giocondo contrario alla intenzione del maestro
e fulgido, e gira tre volte intorno a B., pintore» Pian. Ora come il pittore cui
;

cantando un cantico ineffabile. Ferma- mancano colori delicati, non può dipin-
tosi poi, questo lume, che è S. Pietro, dice gere le pieghe dei panni, così l'imma-
a B.: « Tu, santa mia sorella, con la forza ginativa e la lingua umana non possono
del tuo affetto mi stacchi dal bel cerchio quella rappresentarsi, questa esprimere
di spinti coi quali io mi giro ». E B. lo perchè mancanti della necessaria finezza
prega di esaminare il P. circa la fede. e delicatezza, la dolcezza celestiale di
19. Di quella ecc. carola; è la carola,
: quel canto.
o cerchio danzante, degli apostoli e di- 28. suora sorella cfr. Par. III. 70 ;
:
;

scepoli di Cristo. VII, 58, 130 ecc. - prieghe preghi. :

56. — Dia. Comm., 8 a ediz.


882 [CIELO OTTAVO] PAH. XXIV. 29-45 [S. PIETRO E beatrice]

devota, per lo tuo ardente affetto


da quella bella spera mi disleghe.
8J Poscia, fermato, il loco benedetto

alla mia donna dirizzò lo spiro,

84 Ed «
ella luce eterna del gran viro
:

a cui nostro Signor lasciò le chiavi,


eh e' portò gin, di questo gaudio miro,
7

37
tenta costui di punti lievi e gravi,
come ti piace, intorno della fede,
per la qual tu su per lo mare andavi
40 S'elli ama bene e bene spera e crede,
non
t'è occulto, perchè il viso hai quivi
dov'ogni cosa dipinta si vede;
43 ma perchè questo regno ha fatto civi
per la verace fede, a gloriarla,
di lei parlare è buon eh' a lui arrivi. »

31. il fuoco benedetto: la benedetta V. 46-51. Preparazione all'esame.


anima fiammeggiante di S. Pietro. Sentendo di dover essere esaminato in-
32. lo spiro la voce che si forma spi-
: torno alla fede, D. si prepara a rispon-
rando, cioè col mandar fuori il fiato. dere. E prima di parlare si arma di ra-
34. viro: dal lat. vir. per uomo ', co- '
gioni per approvare, cioè per fornire di
me già in Inf. IV, 30 e Par. X, 132. sue prove, alcuna proposizione non per
;

36. giù dal cielo in terra. - di questo


: terminarla, cioè per definire, per senten-
ecc. è complem. di chiavi (cfr. Par.
: ziare, che spetta al maestro.- « Quello che
XXIII, 139). - gaudio miro il Par., luo- : mosse l'autore a voler trattare de' punti
go che dà un godimento maraviglioso ;
della fede cristiana così in singularità,
cfr. Par. XIV, 24. si fu la 'nvidia di molti rimorditori che
37. tenta: esamina, prova. - di: circa. sono al mondo, li quali, non intendendo
- lievi e gravi più e meno essenziali
:
;
lo stile, vel modo, del parlar poetico,
è il modo
scolastico levia et gravia. veggendo alcuna parte di questa Com-
39. su per lo mare andavi nel vangelo : media, gli apponeano ch'era detto di re-
(Matt. XIV, 25 sgg.): si narra che, essen- sìa, idi per consequens l'autore d'essa era
dosi Gesù avviato, camminando sulle ac- paterino. Onde lo primo movimento si era
que, verso i discepoli che erano su una da invidia, che, perchè essi non aveano
nave, questi lo credettero un fantasma, tanta scienzia, voleano vietare che quegli
ma ei li rassicurò dicendo ch'era vera- eh' aveano grazia da Dio, non dicessono.
mente Gesù. «Kespondens autem Petrus Lo secondo movimento era d'ignoranza,
dixit Domine, si tu es, jube me ad te ve-
: imperò che, s'egli avessono inteso lo stile
nire super aquas. At ipse ait Veni. Et : e '1 modo, eglino stessi sarebbono stati
descendens Petrus de navicula, ambula- giudici di sé medesimi, giudicando il pro-
bat super aquam, utveniret ad Jesum. » prio parlare e tale apporre esser falso.
41-42. viso: vista. -quivi ecc.: in Dio Onde tale inordinazione d' animo di mor-
in cui i beati vedono la figura di ogni ditori costrinse l'autore a legarsi collo
cosa; cfr. Par. XVII, 37 sgg. cristianesimo con sì fatti legami e fermi,
43-45. ma perchè ecc.: ma perchè que- che non possono esser rotti né franti da
sto regno ha acquistato cittadini (civi; frivole imposizioni viziosamente fatte;
cfr. Par. Vili, 116) per mezzo della fede lo qual legame si è lo santo simbolo, ap-
verace, così, a renderle gloria, sta bene provato per la santa madre Ecclesia es-
che a lui, D., si offra il destro (arrivi) di ser la forma del verace creder cristiano
parlare di essa; cfr. Par. XXV, 40 sgg. che comincia Credo ecc. » Lan. e Ott.
:
[CIELO OTTAVO] Par. xxiv. 46-63 [preparazione] 883

40 Sì come il baccellier s' arma e non parla


che il maestro la qnestion propone,
fin
per approvarla, e non per terminarla;
così m' armava io d' ogni ragione
mentre eh' ella dicea, per esser presto
a tal quereli te ed a tal professione.
« Di', buon cristiano, fatti manifesto :

fede che èl » Ond' io levai la fronte


in quella luce onde spirava questo ;

poi mi volsi a Beatrice, ed essa pronte


sembianze femmi, perchè io spandessi
acqua di fuor del mio interno fonte.
1'

« La grazia che mi dà eh' io mi confessi »


comincia' io « dall' alto primopilo,
faccia miei concetti bene espressi. »
li

E seguitai « Come il verace stilo


:

ne scrisse, padre, del tup caro frate,


che mise teco Roma nel buon filo,

16. baccellier : JBaccalarìus, titolo che telligibili che si credono, non si può de-
bi dava allo scolare che aveva finito il durre da altro che dalla fede stessa, la
suo corso e poteva aspirare alle dignità quale è pertanto il loro argomento. »
accademiche superiori, come, per es., al Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. II, li, 4, 1.
dottorato. - s' arma si provvede di ar-
: 54. onde spirava questo: dalla quale
gomenti per rispondere alle domande, uscivano queste parole.
o per difendere una proposizione. 55. mi volsi ecc. prima di rispondere
:

per approvarla: Approvare è qui


48. chiede con l'occhio il consenso di B., on-
preso nel senso scolastico di addurre de suole aspettare « il come e il quando
le prove, gli argomenti, che tocca al bac- del dire e del tacer » Par. XXI, 46 sg.;

celliere e terminare nel senso di deci-


; 56-57. spandessi ecc. dicessi quel che :

dere, sentenziare, che tocca al maestro. dentro di me già avevo concepito. « Qui
50. ella: Beatrice. - presto: «Parati credit in me.... flumina de ventre eius
seniper ad satisfactionem omni poscenti fluent aquae vivse»; Giov. VII, 38.
vos rationem de ea, quae in vobis est, 58. La grazia ecc. la grazia che mi
:

spe » I Pietro III, 15.


: concede di far la mia professione di fede.
51. a tal querente a tale interrogante
: 59. primopilo: voce tolta dallinguaggio
(lat. queerens) quale era S. Pietro. - a tal militare dei Romani. « Primipilus, ut
professione: di fede cristiana. dicit Isidorus apud Komanos erat vexil-
V. 52-78. Concetto della fede. « Che lifer qui portabat primum signum et qui
cosa è la fede?» domanda S. Pietro; e jaciebat primum pilum, si ve lanceam,
D. risponde colla definizione di S. Paolo : in prselio »; Benv. D. chiama S. Pietro
« Est fides sperandarum substantia re- V alto primopilo perchè fu il primo cam-
,

rum, argumentum non apparentium » ;


pione della Chiesa, e poiché Dio l'ha
Ebrei, XI, 1. « Sta bene ma perchè la ; degnato di professare la sua fede dinanzi
fede fu da S. Paolo definita come so- a tanto confessore, il P. invoca l'assi-
stanza e come argomento? » «Perchè le stenza della divina grazia, per profes-
cose che a me sono ora mostrate in sarla degnamente.
cielo e che sono oggetto delle nostre 61-63. stilo:penna, frate: S. Paolo,
speranze, non sono vedute in terra, e si come autore dell'Epist. agli Ebrei ; cfr.
ammettono solo per fede, la quale è per- II Pietro III, 15. - nel buon filo: sul
ciò loro sostegno, la loro sostanza. E
il cammino della salvezza, convertendola
la verità e certezza delle cose soprain- alla fede in Cristo ; cfr. Par. XXIII, 75.
884 [cielo ottavo] Par. xxiv. 64-81 [fede]

64 fede è su stanza di cose sperate,


ed argomento delle non parventi;
e questa pare a me sua q nidi tate. »
67 Allora udi' « Dirittamente senti, :

se bene intendi perchè la ripuose


tra le sustanze, e poi tra gli argomenti. »
70 E io appresso « Le profonde cose :

che mi largiscon qui la lor parvenza,


agli occhi di laggiù son sì ascose,
73 che 1' esser loro v' è in sola credenza,
sopra la qual si fonda V alta spene ;

e però di sustanza prende intenza.


76 E da questa credenza ci convene
sillogizzar sanza avere altra vista :

però intenza di argomento tene. »


79 Allora udi' « Se quantunque s' acquista :

giù per dottrina fosse così inteso,


non gli avrìa loco ingegno di sofista. »
64. sustanza: fondamento sostanziale. 68-69. se bene intendi ecc. se com- :

I). traduce il passo di S. Paolo riferito prendi bene per quali ragioni S. Paolo
nella n. 52-78. Secondo S.Tommaso (Sion. pose la fede prima tra le sustanze, poi
theol. II, li, 4, 1), « omnia ex quibus fìdes tra gli argomenti.
potest defìniri, in praedicta descriptione 71. che mi largiscon' ecc. che conce- :

tanguntur, licet verba non ordinentur dono al mio sguardo la loro visione di-
sub forma defìnitionis.... Substantia so- retta qui in cielo ecc.
let dici prima inchoatio cuiuscunque rei 75. di sustanza: cfr. n. 64. - intenza:
et maxime quando tota res sequens intenzione, nel senso scolastico di nozio-
continetur virtute in primo principio. ne. Cfr. Nannuc, Verbi, 170. Nomi, 14.
Per hunc ergo modum dicitur fides esse 77. sillogizzar: argomentare, con la
substantia rerum sperandarum quia soi- certezza che ha ragionando con sillo-
si
licet prima inchoatio rerum speranda- gismi (cfr. Par. X, 138; XI, 2), la realtà
rum in nobis est per assensum fldei, di quei veri che, nascosti agli uomini
quae virtute continet omnes res speran- sulla terra, saranno loro visibili in cielo.
das. In hoc enim speramus beatificar^ 78. però ecc. perciò la fede acquista
:

quod aperte visione videbimus veritatem nozione e natura di argomento.


cui per fidem adhaeremus .» V. 79-87. Ilpossesso della fede. « Se »
65. argomento : « Per argumentum in- dice San Pietro, « ogni dottrina nel mon-
tellectus inducitur ad inhserendum ali- do fosse intesa così dirittamente come la
cui vero; unde ipsa firma adhsesio in- intendi tu, false argomentazioni sofisti-
tellectus ad veritatem fidei non apparen- che o non sarebbero più possibili, o non
tem vocatur hic argumentum.... Per hoc troverebbero seguaci. L' esame, dunque,
enim quod dicitur argumentum, distin- sotto il quale è passata la tua nozione
guiti fìdes ab opinione, suspicione et della fede, l' ha chiarita giusta. Ma non
dubitatione, per quaB non est adhaesio basta conoscere che cosa è la fede;
intellectus firma ad aliquid »; Thom. Aq., bisogna averla. L'hai tu?» E D. «Sì, :

1. e. - non parventi : che sono del tutto e così netta ed intera, che di nessun
invisibili in terra. punto di essa dubito menomamente. »
66. pare a me : davanti a S. Pietro e ri- 79-80. quantunque ecc.: quanto in terra
spondendo all'ardua domanda Fede che '
per via di ammaestramento si apprende.
è? ', è naturale che D. non parli con piena - così come tu intendi la fede.
:

sicurezza. - quiditate cfr. Par. XX, 92. : 81. non gli avrìa ecc. mon ci avrebbe
[CIELO OTTAVO] Par. xxiv. 82-97 [fede] 885

Così spirò da quello amore acceso ;

indi soggiunse « Assai bene è trascorsa :

<T està moneta già la lega e '1 peso.


85 Ma dimmi se tu 1' hai nella tua borsa ».
Ond' io : « Sì , lio, sì lucida e sì tonda,
che nel suo conio nulla mi s inforsa ». 7

Appresso uscì della luce profonda


che lì splendeva « Questa cara gioia, :

sopra la quale ogni virtù si fonda,


onde ti venne ? » Ed io : « La larga ploia
dello Spirito Santo eh' è diffusa
in su le vecchie e in su le nuove cuoia,
è sillogismo che la m' ha conchiusa
acutamente sì, che, inverso d' ella,
ogni dimostrazion mi pare ottusa ».
Io udi' poi « L' antica e la novella
:

per gli
>go ecc. Cfr. =
ci Inf. XXXIV, tu l' acquisto? » E D. « Dalla parola di :

9 e Par. XXIII, 108. Dio contenuta nei libri del vecchio e del
82. spirò: queste parole uscirono da nuovo Testamento ». Cfr. Thom. Aq.,
quel lume infiammato d'amore: cfr. il Sum. theol. II, II, 6, 1.

v. 54 e Par. IV, 18; XXV, 82. 88. della luce profonda : di che si am-
83-84. trascorsa esaminata è riuscito
: : mantava S. Pietro.
con ottimo risultato l' esame della lega 89. gioia: preziosa gemma, cioè la fede.
e del peso di questa moneta. Così dice- Cfr. Matt. XIII, 45, 46.
vasi Trascorrere un libro per Esami- 90. si fonda poiché « omne quod non
:

narlo. - « Questa metafora, quadra bene est ex fide, peccatum est»; Rom. XIV,
in questa materia di fede: nella quale 23. « La fede si è il principio ed è il fon-
%a tanto luogo eziandio il falsare, pro- damento di tutto l' edifìcio spirituale,
prio anche delle monete » Ces. E una ; però che sanza fede nulla opera diritta
volta adottata siffatta metafora era na- potemo fare, come dice Santo Paolo Im- :

turale che D. parlasse di lega e di peso, possibile est sine fide piacere Deo [Ebr.
perchè una moneta è buona se è della le- XI, 6] »; Fra Oiord., Pred., ed. Manni,
ga e del peso che la legge vuole. Ne oc- 42. Thom. Aq., Sum. theol. II, n, 4, 7.
corre, ci sembra, sottilizzare, come altri 91-92. La larga ploia ecc.: pioggia;
fece per iscoprire ciò che nella fede può cfr. Par. XIV, 27. «La grazia che lar-
esser detto rispettivamente lega e peso. gamente piove dallo Spirito Santo su le
85. nella tua borsa: nel tuo animo. Con- carte del libro della vecchia e nuova
tinua la metafora della moneta. « Cor- Scrittura » (Dan.), cioè la rivelazione.
de creditur ad iustitiam, ore autem con- 93. cuoia le vecchie e le nuove cuoia
:

fessio fit ad saluterà » lìom. X, 10. ; sono i libri del vecchio e del nuovo Testa-
86. Sì, ho Al. Sì l'ho. - tonda intiera
: : : mento, scritti su cartapecore, onde in quei
torno, torno. « Sì, io hone la fede nell'ani- tempi si componevano i libri. Cfr. il vel-
mo, sì chiara, senza dubbio alcuno, e sì lus lance di Gedeone, Giudici, VI, 37 sg.
perfetta, che nella sua forma nulla cosa 94. sillogismo argomentazione cfr. v.
:

m' è in dubbio » JSuti. ; 77. - la m'ha conchiusa ecc.: mi ha fatto


87. mi s' inforsa: mi dà luogo a dei conchiudere eh' è vera.
cioè mi riesce dubbio, incerto.
1
forse '
; 95. d'ella: di quell'argomentazione
La sorgente della fede.
V. 88-96. che consiste nella « larga ploia dello Spi-
Continuando il suo esame, S. Pietro do- rito Santo », cioè nella rivelazione.
manda: «Questo prezioso bene della fede, 96. ottusa: inefficace.
eh' è fondamento di tutte le virtù cri- V. 97-114. Prove della verità della
stiane, onde ti venne ? Da chi ne facesti fede. « Va bene » continua S. Pietro ;
886 [CIELO ottavo] Par. XXIV. 98-109

proposizion clie così ti conchiude,


perchè 1' hai tu per divina favella? »
L00 E io« La prova che il ver mi diselli ude
:

son 1' opere seguite, a che natura


non scalda ferro mai, né batte ancude ».
103 Risposto fummi « Di' chi t' assicura
: :

che queli' opere fossero quel medesmo


che vuol provarsi, non altri, il ti giura. »
106 « Se il mondo si rivolse al cristianesmo »
diss' io « senza miracoli, quest' uno
è tal, che gli altri non sono il centesmo 5

109 che tu intrasti povero e digiuno

« ma per qual motivo credi tu che le 99. perchè ecc. per quali argomenti
:

Scritture Sacre sieno ispirate da Dio?» credi tu la Scrittura veramente ispirata


« Per i miracoli che le confermarono. » da Dio?
« Ma chi t' assicura che quei miracoli 100. il mi dischiude mi apre, mi
ver :

sieno veramente accaduti? Tu non ne dimostra vero.


il

hai altra testimonianza che quella delle 101. l'opere: i miracoli.


stesse Scritture, la cui divinità si vuole 102. non scalda ecc. :con le sue forze
provare appunto coi miracoli: il che è e co' suoi mezzi non riesce a fare. - Chia-
un circolo vizioso. » « Se anche i mira- ma i miracoli opere che la natura non
coli raccontati nelle Scritture non fossero compie; dunque soprannaturali.
realmente avvenuti, sarebbe il massimo 104-105. che quell'opere fosser? ecc.: che
dei miracoli 1' essersi diffuso senza mira- quei miracoli avvenissero ? Non altri lo af-
coli nel mondo, solo per opera di gente ferma che quello stesso libro del quale si
senza lettere e senza terrena potenza, vuol provare con essi miracoli che è ope-
il Cristianesimo, quel Cristianesimo, che ra divina. Onde tu cadi in una petizione
ora ha perduto tanto di sua san a vitalità. » di principio. Altri pongono l' interroga-
I beati, udito ciò, cantano il Te Deum. tivo dopo provarsi, e spiegano Chi ti fa :

Abbiamo qui due argomenti 1° I mira- : certo che quei miracoli fossero vera-
coli sono prova della divinità della Scrit- mente come si dice? Nessuno te lo af-
tura sacra; 2° La diffusione del Cristiane- ferma con giuramento. Per questa ed
simo è prova della realtà dei miracoli. Il altre interpretazioni, ancor meno accet-
primo argomento è biblico; cfr. Matt. tabili, cfr. Comm. Lips. Ili, 657 sg.
XI, 4 sg. XII, 28. Luca XI, 20. Giov.
; 108. il centesmo: gli altri miracoli,
V, 19 sg., ecc. Il secondo è il dilemma presi insieme, non valgono la centesima
di S. Agostino: « Si per Apostolos Chri- parte di questo: dell'essersi il mondo
sti, ut eis crederetnr resurrectionem at- rivolto al Cristianesimo senza miracoli.
que ascensionem prsedicantibus Christi, 109. povero: senza potenza e mezzi
etiam ista miracula facta esse non cre- esteriori di cui valerti a diffondere la
dnnt, hoc unum grande miraculum suf- fede in Cristo. - digiuno di scienza e di
:

ficit, quod eis terrarum orbis sine ullis lettere per le quali potessi convertire il
miraculis credidit » Aug., De civ. Bei
; mondo con parola dotta e adorna. Cfr.
XXII, 5. Cfr. Thom. Aq., Sum. cont. Atti III, 6. I Cor. II, 1, e cfr. ibid. I, 21.
gent. I, 6. L' argomento fu poi ampliato Anche Fra Giord. nella predica VIII
dal Bossuet, Hist. univ. II, 20. del Credo in Deo (Fred., ed. Manni, 192),
98. proposizion « il vecchio e nuovo
: a prova della bontà della Fede rileva il
Testamento ma dice proposizione per
; fatto che la diffusero « uomini semplici
continuar la presa metafora del sillogi- sanza lettere.... uomini vili e pescatori....
smo, il quale consta di due proposizioni, uomini poveri che riceveano limosina....
maggiore e minore, e della conclusione»; e dodici solamente ». Tutto ciò prova
Dan. - così ti conchiude ti mena a sì : che non fu data « per virtù umana », ma
fatta conclusione; cfr. v. 94. da Dio. Seguitando poi a ragionar della
[CIELO OTTAVO] Par. xxiv. 110-126 [fede] 887

campo a seminar la buoua pianta,


in
che fu già vite ed ora è fatta pruno. »
112 Finito questo, 1' alta corte santa
risonò per le spere un ' Dio laudamo !
'

melode che lassù si canta.


nella
115 E quel baron che sì di ramo in ramo,
esaminando, già tratto m'avea,
che all'ultime fronde appressavamo,
118 ricominciò « La grazia che donnea
:

con la tua mente, la bocca t'aperse


infìno a qui com'aprir si dovea,
sì ch'io approvo ciò che fuori emerse;
ma or con vene espremer quel che credi,
e onde alla credenza tua s'offerse. »
« santo padre e spirito che vedi
ciò che credesti sì, che tu vincesti
vèr lo sepolcro più giovani piedi »

sa, Fra Giord. dice che « fu somma confundentes personas, neque substan-
araviglia come '1 mondo ricevette la tiam separantes ».
ro dottrina, predicando povertade, ca- 115-117. quel baron « S. Pietro, che, :

itade, umiltade, penitenza e '1 disprez- a cominciare dal piede dell'albero, cioè
amento del mondo: che fu divino mi- dalla definizione della fede, aveva tratto
racolo come 'l mondo li ricevette. » su il discepolo per tutti i rami, cioè per
110. pianta: della fede cristiana; cfr. tutte le questioni con quella connesse,
att. XIII, 27 XV, 13. I Cor. Ili, 6.
; vuol ora da lui che metta in formula ed
111. vite cfr. Par. XII, 86 sg. - pruno
: : espressione l'oggetto e le fonti della sua
è insalvatica e divenuta sterile come è credenza»; Giovannozzi, Il e. XXIV del
pruno » ; Buti. Par., Firenze, 1913, p. 26. - all'ultime
113. spere: cfr. v. 11. - Dio laudamo: fronde: alle ultime questioni.
fr. Purg. IX, 140. 118. La grazia: necessaria per conse-
114. melode: melodia; cfr. Par. XIV, guire la fede. « Grafia estis salvati per
22. I beati intuonano il Te Deum, rin- tìdem; et hoc non ex vobis, Dei enim
aziando Dio della perfetta professione donum est»; Eph. II, 8. - donnea con
i fede fatta dal P., e in pari tempo del la tua mente amoreggia con la tua men
:

enzionato trionfo della fede cristiana. te, si compiace in lei cfr. Par. XXVII ;

V. 115 147. Soggetto della fede. 88. Nannucc, Terbi, 306 sg. Invece gì
. Pietro approva ciò che ha risposto il antichi spiegano donnea domina, si
: =
. alle domande fattegli sin qui circa gnoreggia. Ma qui tratta di corrisponden
fede, e passa poi all'ultima: « Che za* d' amore, non di dominio o signoria
sa credi tu, e di dove lo apprendesti 121. fuori emerse uscì dalla tua bocca
:

ì da rimanerne persuaso? » «Credo» ri- 122. quel che credi la forma della tua :

onde D., « in un Dio unico, e credo fede, v. 128, cioè quali sono le cose che
tre Persone in una sola essenza, e tu credi.
tto questo io credo per prove fìsiche 123. e onde e la cagione della tua
:

metafisiche, e perchè me l'offrono i li- fede, v. 129 ;cioè di dove l'hai derivata.
ri sacri. » La fede nella Trinità com- 125-126. vincesti ecc.: cfr. Giov. XX, 3-
rende la fede in Cristo. D. attinse il suo 10. Veramente S. Giovanni [più giovani
atto di fede al simbolo di Sant'Atanasio, piedi] arrivò per primo al sepolcro di
art. 3 e 4 « Fides autem cattolica hsec
: Cristo, ma S. Pietro fu primo ad en-
est, ut unum Deum in Trinitate et Tri- trarvi e a persuadersi che Cristo era ri-
nitatem in Uni tate veneremur, neque sorto. E D. mira qui alla maggior pron*
888 [CIELO OTTAVO] Par. XXIV. 127-144

127 comincia io, «tu vuoi eh o manifesti


1

La forma qui del pronto creder mio,

e anco la cagion di lui chiedesti.


130 E io rispondo Io credo in uno Iddio :

'1 ciel move,


solo ed eterno, clic tutto
non moto, con amore e con disio.
133 E a tal creder non ho io pur prove
fisico e metafìsice,dàlmi ma
anche la verità che quinci piove
136 per Moisè, per Profeti e per Salmi,
per l'Evangelio, e per Voi che scriveste,
poi che l'Ardente Spirto vi fece almi.
'

139 E credo in tre persone eterne e queste ;

credo una essenza sì una e sì trina,


che sofferà congiunto sono ed este.
142 Della profonda condizion divina
eh' io tocco mo, la mente mi sigilla
più volte l'evangelica dottrina.

tezza a credere, e in ciò Pietro fu primo, mezzo di Moisè, dei Profeti, e dei Salmi,
Giovanni secondo. Cfr. De Mori. Ili, e per mezzo dei Vangeli e di voi, o Apo-
9: « Dicit etiam Joannes, Petrura in- stoli,che scriveste gli Atti, le Epistole,
troi visse subito, quuin venit ad monu- e Apocalissi. - La designazione del
l'

mentimi, videns alium discipulum cun- Vecchio Testamento con Moisè, Profeti
ctantem ad ostium ». e Salmi è tolta da S. Luca XXIY, 44 :

128. la forma la parte sostanziale


: « necesse est impleri omnia quae scripta
(cfr. n. a Inf. XXVII, 73) della tua suntinlege Moysi, etProphetis, et Psal-
fede, cioè quali sono le verità che tu mis de me »; e, come ben nota E. Pistelli
credi. - prouto: «senza dubbiezza e senza nella Piccola Antologia della Bibbia Vol-
discussioni»; Casini. gata, Firenze, 1915 p. 9 « Moisè com- ' '

move: cfr. Par.I, 1. « Dice ebe


131. prende la Legge, cioè il Pentateuco;
crede in uno Iddio solo che è contra co-;
'
profeti '
gli altri libri storici e profe-
loro che dicono essere più dii e dice eter- ; tici, e '
salmi
i didattici ». I libri poi
'

no, contra coloro che poneano principio del Nuovo Testamento si divisero sin dal
a Dio, e dice che tutto il ciel muove, e 3° secolo in instrumentum evangelicum
non è mosso, contra coloro che teneano {Evangelio) ed instrumentum apostoli-
ch'elli ha in sé moto, conciossiacosaché cum (Atti, Epistole e Apoc).
elli sia principio di moto, e dia moto a 138. almi : nutritori, atti a produrre ed
tutte le cose » ; Ott. alimentare la fede coi vostri scritti.
132. con amore e con disio Dio muove : 141. sofferà : soffre, forma usata an-
i cieli, amato e desiderato cfr. Par. I, ; che in Conv. II, 9, 15. - sono ed este Al.: .

77. Aristot., Metaph. XII, 6, 11; 7, 2, 8. sunt et este. Soffre il singolare e plu-
133-138. prove: cfr. Thom. Aq., Sum. rale, cioè al suo nome, preso come sog-
theol. I, 2, 3, dove si adducono cinque getto, si può accordare il verbo al sing.
prove fisiche e metafisiche dell'esistenza e al plur. Sono tre persone, ma è un solo
di Dio. Vedi pure Thom. Aq., Comp. Dio. Si confronti il simbolo di Sant'A-
theol. e. 3-6. Aug., De
arb. II, 3-15. lib. tanasio, citato nella n. 115-147.
Boet., Cons. phil. Ili, pr. 10, ecc. - ma 142-144. Della profonda ecc.: Di que-
dàlmi ecc. ma me lo dà, cioè mi dà tal
: sta profonda, misteriosa condizione di
credere anche la verità che di qui, dal Dio (Unità e Trinità) che ora (mo) io
cielo, scende a manifestarsi in terra per accenno, il Vangelo in più di un luogo
[CIELO OTTAVO] Par. xxiv. 145-154 [benedizione] 889

145 Quest'è il principio; quest'è la favilla


che si dilata in fiamma poi vivace,
e come stella in cielo, in me scintilla. »
148 Come il signor ch'ascolta quel che i piace,
da indi abbraccia il servo, gratulando
per la novella, tosto ch'el si tace;
151 così benedicendomi cantando,
tre volte cinse me, sì coni' io tacqui,
l'apostolico lume, al cui comando
154 io avea detto ; sì nel dir gli piacqui.

m' imprime la certezza nella mente (più ca. Dopo la professione fatta dal P. della
mi
volte sigilla la mente) ; cfr. Matt. sua fede, il lume di S. Pietro per espri-
XXVIII, 19. Giov. XIV, 16, 17. Il Cor. mere il suo contento gli fa tre giri at-
XIII, 1 Pietro I, 2. 1 Ep. di Giov. V< 7.
13. torno, e insieme, cantando, lo benedice.
Dunque ne sono certo per la sola via 148. i i : =
gli, a lui
'
cfr. Inf. XXII, '
:

della rivelazione giacché, come dice


;
73 ecc.
S. Tommaso (Sum. th. I, 32, 1) « per 149. da indi: quindi. - servo: « D. pa-
rationem naturalem cognosci possunt de ragona sé a servo. Anche nell'Inf., preso
Deo ea quae pertineat ad unitatem es- da timore e rimproverato da V., usò la
sentiae, non autem ea quae pertinent ad stessa immagine (XVII, 89). Là, servo di-
distinctionem personarum ». gnitosamente vergognoso in faccia alla
145-147. Quest'è ecc.: questo, della Tri- scienza umana che lo corregge; qui, in
nità e Unità di Dio, è il principio, que- cielo, servo umilmente lieto rimpetto alla
sta è la sorgente da cui emanano tutti divina che lo benedice »; L. Vent., Si-
gli altri articoli della fede cristiana, la mil., 250. - gratulando: rallegrandosi.
quale è in me come che dirada le
stella 151. benedicendomi cantando: «cantan-
tenebre. Altri Questa dottrina evange-
: domi benedizioni» Lomb. ;

lica è il principio della fede, ed è fa- 152. cinse me


girò tre volte (allu-
: si
villa che cresce in grande ardore. Il sione alla SS. Trinità) intorno alla mia
Ces. « Ciò che dissi del mio credere in
: fronte coronandomi così di sua luce cfr. ;

Dio uno e trino, e del fonte dal quale Par. XXV, 12.
attinsi questa mia credenza, è il seme 154. detto: parlato per professare la
della fede mia, che in più altre cose si mia fede. - gli piacqui trattandosi della
:

estende che sono da credere; la cui pro- fede, lodare sé stesso è lecito. « In
il

fessione fo io chiaramente ». Cfr. Thom. hoc glorietur, qui gloriatur, scire et


Aq., Sum. theol. II, il, 1, 8 ; 2, 8. nosse me, quia ego sum Dominus »; Gè-
V. 148 154. Benedizione apostoli- rem. IX, 24
890 [CIELO OTTAVO] l'Ali. XXV. 1-7 [SOSPIRO ALLA PATRIA]

CANTO VENTESIMOQUINTO
CIELO OTTAVO o STELLATO : SPIRITI TRIONFANTI

SOSPIRO ALLA PATRIA, SAN IACOPO


ESAME INTORNO ALLA SPERANZA, SAN GIOVANNI
LUME CELESTE ED OCCHIO TERRESTRE

Se mai continga che il poema sacro


al quale ha posto mano e cielo e terra,
sì che m'ha fatto per più anni macro,
vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bello ovile ov'io dormi' agnello,
nimico ai lupi che gli danno guerra,
con altra voce ornai, con altro vello

V. 1-12. Sospiro alla patria, 11 can- re, Crit., 477 sg. - macro magro cfr. :
;

to della speranza celeste si apre con la Inf. XXVII, 93. Purg. IX, 138. Di sue
commovente espressione d'una speranza veglie e fatiche poetiche D. tocca an-
terrestre, che purtroppo non si avverò, che in Purg. XXIX, 37 sg. Cfr. Juven.,
dell'esule P. « Se, vincendo la crudeltà Sat. 7 « Ut dignus venias hederis et
:

di chi mi costringe a viver lontano dalla imagine inaerà. »


patria, il poema sacro mi riaprirà le porte 4. la crudeltà ecc.: l'odio crudele della
di Firenze, prenderò la corona di poeta parte nemica, che mi tien chiuse le porte
su la fonte del mio battesimo, dove io di Firenze; cfr. Conv. I, 3.
entrai in quella fede per la quale S. 5. bello ovile cfr. Par. XVI, 25. -
:

Pietro mi girò intorno alla fronte. » V. agnello: innocente e mansueto come


il fine esame che di questo preludio fece agnello. « Si communicabit lupus agno
M Porena in Rivista d'Italia, febbr. 1913. aliquando, sic peccator iusto » Eccles. ;

1. continga: lat. contingat —


avvenga. XIII, 21. - « Et ego quasi agnus man-
- sacro sacra la materia, religioso e mo-
: suetus, qui portatur ad victimam et ;

rale il concetto fondamentale e lo scopo non cognovi quia cogita verunt super me
principale; cfr. Par. XXIII, 62. Consilia, dicentes Mittamus lignum in :

2. ha posto ecc. al quale il cielo e la


: panem eradamus eum de terra
eius, et
terra hanno contribuito o cooperato dan- viventium, et nomen eius non meraore-
dogli materia e soggetto il cielo, con
: tur amplius » Gerern. XI, 19. ;

la santità dei suoi dogmi e la profon- 6. lupi : « i cittadini grandi della città
dità de' suoi misteri la terra, coi co-
; di Firenze son lupi » Don. Giannottì, ;

stumi e le azioni degli uomini che l'abi- Repub. Fior., II, 11. Cfr. Perticali,, Del-
tano. AL: Al quale ha prestato aiuto la l'amor patrio di D., § 13 sg.
scienza umana e la scienza divina. «Per 7. voce non più cantore di terreni
:

ccelum auctor intelligit gratiam Dei per amori, ma di argomenti ben più alti e
quam influeDtia cceli fecit auctorem ha- gravi. -con altro vello: con altri capelli,
bilem ad habitum scienti».... Per ter- cioè, non più giovane, ma già maturo.
ram vero intelligit humanum studium Cfr. D'Ovidio, Studii, 440.^11 Torraca
et exercitium, vigiliam et laborem tam intende anche vello in senso figurato, e
animi quam corporis » Benv. ; ne\V altro vello come in altra voce vede
3. più anni: Al.: molt'anni. Cfr. Moo- solo accennata la poesia di D. uomo ma-
[CIELO OTTAVO] Par. xxv. 8-24 [s. Iacopo] 891

ritornerò poeta, ed in sul fonte


del mio battesmo prenderò il cappello )

10 però che nella fede che fa conte


l'anime a Dio, quivi entra' io, e poi
Pietro per lei sì mi girò la fronte.
13 Indi si mosse un lume verso noi
di quella spera ond' uscì la primizia
che lasciò Cristo de' vicari suoi.
16 E la mia donna, piena di letizia,
mi disse « Mira, mira ecco il barone
: :

per cui laggiù si visita Galizia ! »


19 Sì come quando il colombo si pone
presso al compagno, e l'uno all'altro pande,
girando e mormorando, l'affezione;
22 così vid' io l'uno dall'altro grande
principe glorioso essere accolto,
laudando il cibo che lassù li prande.

taro, che ha ben altro valore di quel- habeat capellum perlarum in fronte
la di D. giovane. - « Sperando per la (commento a Par. Ili, 10-18) » Barbi, ;

poesì allo inusitato e pomposo onore Bull. XVIII, 20.


della coronazione dell'alloro poter per- 10. conte conosciute. «Per fìdem nam-
:

venire, tutto a lei si diede e istudiando que ab onnipotenti Deo cognoscimur » ;

e componendo. E certo il suo disiderio Gr. Magn., In Ezech. lib. I, hom. 3.


veniva intero, se tanto gli fosse stata la 11. quivi: nel « fonte del mio batte-
fortuna graziosa, che egli fosse giammai smo»: « nel mio bel San Giovanni »;
potuto tornare in Firenze, nella quale Inf. XIX, 17.
sola sopra le fonti di San Giovanni s'era 12. sì: come s'è visto in Par. XXIV, 152.
disposto di coronare acciò che quivi,
; V. 13-24. Apparizione di S. Iaco-
dove per lo battesimo aveva preso il pri- po. Dalla stessa sfera di beati ond 'era
mo nome, quivi medesimo per la coro- uscito S. Pietro, si muove verso D. e B. un
nazione prendesse il secondo » Boccac, ; altro lume. « Guarda: ecco S. Iacopo! »
Vita di D.,,ed. Guerri, p. 36. dice B. al P. Pietro a Iacopo fa le più
9. il cappello gallicismo per corona;
: liete accoglienze, lodando Iddio, unico
e la corona cui qui si allude, è quella diletto delle menti celesti.
di alloro ; cfr. Par. I, 22 sgg. e Ed. I, 14-15. spera: AL: schiera. Spera, ch'è
42 sgg. Pel Todeschini (o. e, 316) invece, di ottimi codd., è meglio conforme a
il cappello è la insegna del dottorato Par. XXPV, il. Cfr. Moore, Crit., 478
in teologia; per il Novati, Indagini e sg. - primizia ecc. S. Pietro,
: primo vi-
post, dantesche, p. 73 sgg., si tratte- cario di Cristo in terra.
rebbe di addottoramento in arti; ma 17-18. il barone ecc.: S. Iacopo; cfr.
come il Nov. ha ben confutato il To- Par. XXIV, 115. Il sepolcro di S. Iacopo
desch., così contro il Nov. vedansi le va- a Santiago di Compostella nella Galizia
lide obbiezioni del GianinBull. VIIL 169 (Spagna) era uno dei luoghi, dove più
sgg. e del D'Ovidio in Studii, 437 sgg. numerosi accorrevano i pellegrini nel
(cfr. Bull. IX, 76). E « a conferma che M. E. Cfr. V. N., XL.
nel sec. xiv cappello fosse anche in Ita- 20. pande: lat. pandit, manifesta, di-
lia usato nel senso di ghirlanda, co-
'
mostra; cfr. Par. XV, 63.
rona', può valere pur questo passo di 22. l'uno: S. Iacopo. - dall'altro: S.
Benv. da Im. nella lettura conservataci Pietro.
da Stefano Talice, dove è fatto il caso 24. il cibo: cfr. Par. XXIV, 1 sgg.
di una « pulchra domina candida, quae - li prande li sazia « Satiabor cum ap-
: :
892 [cielo ottavo] Par. xxv. 25-33 [speranza]

25 Ma poi che il gratular si fu assolto,


tacito corani me ciascuu s'affisse,
Ignito sì, che vinceva il mio volto.
28 Ridendo allora Beatrice disse :

« Inclita vita per cui la larghezza


della nostra basilica si scrisse,
31 fa' risonar la spene in quest'altezza :

tu sai che tante nate la figuri,


quante Gesù ai tre fé' più chiarezza ».

paruerit gloria tua » Psalm, ; XVI, 15. cfr. gratulando di Par. XXIV, 149. -
Cfr. Purg. XXVII, 38. assolto: terminato; è il lat. absolutum.
V. 25-48. Esame intorno alla spe- 26. corani me : davanti a me ; cfr.
ranza. Dopo il festoso saluto Pietro e Par. XI, 62. - s'affisse si fermò :
; cfr.
Iacopo fermano dinanzi al P. sfol-
si Inf. XVIII, 43.
goranti per modo da costringerlo ad 27. ignito sì ecc.: tanto infocato (lat.
abbassare il viso. Allora B., volgendo ignis = fuoco), che il volto dovette chi-
con un celeste sorriso la parola a San narsi, non reggendo i miei occhi a tanta
Iacopo, dice: « Anima illustre, che scri- luce.
vesti intorno alla liberalità della cele- 29-30. vita: anima, spirito; cfr. Par.
ste reggia, fa' che or qui si oda il no- IX, 7 XII, 127 XIV, 6 XX, 100 XXI,
; ; ; ;

me della speranza, insolito in queste 55. - per cui da cui. - la larghezza.


:

celesti regioni, dove V ultima speranza Al.: l'allegrezza. Dove scrisse San Iaco-
è già adempita. A
te è noto che nel po dell'allegrezza del Par. Della lar- ?

nuovo Testamento tu sei figura appunto ghezza (= liberalità) sì, nella sua Epi-
della speranza, ogni volta che Cristo ma- stola I, 5, 17. « Si quis vestrum indiget
nifestò più. chiaramente sé stesso a soli sapientia, postulet a Deo, qui dai om-
tre de' suoi Apostoli. » E S. Iacopo, ri- nibus affluenter, et non improperat et ;

volto a D.: « Alza il capo e sta' di buon dabitur ei.... Omne datum optimum et
animo e tranquillo! Chi dalla terra sale omne donum perfectum desursum est,
al cielo, deve, e può, assuefarsi a so- descendens a patre luminum, apud quem
stenere i celesti fulgori. E poiché è vo- non est transmutatio, nec vicissitudinis
lere di Dio, imperatore nostro, che tu obumbratio ecc. » Cfr. Moore, Crii., 479
prima di morire ti abbocchi coi conti e sg. - basilica: il cielo, tempio di Dio;
baroni della sua corte nella più intima cfr. II lleg. XXII, 7. Salm. X, 5. Apo-
parte di questa, sicché poi, veduta la cai. VII, 15 XI, 19 XV, 5, 6, 8, ecc. -
; ;

reale condizione del vivere celeste, col si scrisse fu scritta.


:

racconto delle cose vedute conforti in 31. fa' risonar ecc.: fa' che risuoni il no-
te ed in altrui l'unica verace speranza me della speranza, parlando d'essa a D.
dei mortali, eh 'è quella dei beni super- 33. quante quante fiate. - ai tre Pie-
: :

ni, dimmi che cosa è speranza, in qua! tro, Iacopo e Giovanni. - fé' più chia-
modo tu la possiedi ed a qual fonte tu rezza : rivelò più chiaramente che a tutti
la attingesti. » - Anche S. Pietro aveva gli altri sé stesso, volendo essi soli pre-
chiesto della fede: Che è? ed: Onde ti senti alla sua trasfigurazione, alla resur-
venne? (cfr. Par. XXIV, 53, 91); ma rezione della figlia di Giairo, in cui si
mentre S. Pietro chiese : Hai tu fede ? mostrò la sua divinità, e anche, poi, sul
(Par. XXIV, San Iacopo non do-
85) monte degli Ulivi, quando la natura
manda: Hai tu speranza? ma: Come, umana apparve chiara nello sgomento e
cioè in qual grado e misura possiedi la nella tristezza del Maestro; cfr. Matt.
speranza ? Forse perchè vi possono essere XVII, 1 sg.; XXVI, 37. Marco IX, 1;
uomini senza fede, ma non c'è alcuno XIV, 33. Luca Vili, 51 IX, 28. In tutti ;

assolutamente privo di speranza o, me- ; questi casi i tre figurano, (seguì D. qual-
glio, perchè chi ha fede, e D. ha dimo- che interprete delle Scritture?) la fede,
strato d'averla pura ed intera, non può la speranza e la carità. D. si scosta qui
non avere anche speranza. alquanto dall' Aquinate, che, attenendosi
25. il gratular: le congratulazioni; a S. Giov. Crisost. dice nella Trasfìgu-
[CIELO OTTAVO] Par. xxv. 34-49 [speranza] 893

34 « Leva che t'assicuri ;


la testa , e fa'
quassù del mortai mondo,
cliè ciò che vien
convien ch'ai nostri raggi si maturi. »
37 Questo conforto del foco secoudo
mi venne ond' ; io levai gli occhi a' monti
che gl'incurvaron pria col troppo pondo.
40 « Poi che per grazia vuol che tu t'affronti
lo nostro imperadore anzi la morte
nell'aula più segreta co' suoi conti,
43 sì che, veduto il ver di questa corte,
spene che laggiù bene innamora,
la
ed in altrui di ciò con forte
in te ;

di' quel eh' ell'è; di' come se ne 'nfiora


la mente tua, e di' onde a te venne. »
Così seguì '1 secondo lume ancora.
E quella pia che guidò le penne

raz. essere stati quei tre scelti come lusioni, mentre le speranze terrene inna-
excellentes Pietro in dilectìone Im- quam morano male, in quanto sono seguite da
buii ad Christum Giovanni in privilegio
;
amari disinganni. - di ciò: con ciò, colla
amoris, quo a Christo diligebatur Gia- ; verità veduta (v. 43), che potrai racconta-
como propter praerogativam martirii. re. -conforte: 2apers. sing. =
tu conforti.
Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. IH, 45, 3. 46-48. di' come ecc.: Dimmi in qual
Al. carezza: cfr. Porena, o. e, 222. modo s'adorna della speranza la mente
34-36. Leva la testa: abbassata testé tua, e anche onde l'avesti.
per il soverchio splendore, v. 27. - fa' V. 49-63.Il possesso della spe-
che t'assicuri ecc. rinfrancati, poiché
: ranza. B. risponde in vece di D., al-
il nostro lume è tale, che, se sulle prime la seconda delle tre domande fattegli
abbaglia, rafforza poi la vista e le altre da Iacopo, perchè per il P. il dichia-
potenze di chi dalla terra sale quassù. rar da sé che possiede la speranza in
37. fuoco secondo: S. Iacopo, venuto grado eminente, sonerebbe iattanza ;

secondo, dopo San Pietro, a parlargli. cfr. Prov. XXVII, 2. Dice dunque B.:
38. ai monti ai due apostoli Pietro e
: « Come tu stesso puoi leggere in Dio
Iacopo, chiamati monti con molto, fin che illumina tutti noi, non v'è cristiano
troppo ardita metafora: ma cfr. Salm. in terra dotato di speranza più di lui.
LXXXVI, 1; CXX, 1. Matt. V. 14. Per questo gli è stata concessa la gra-
39. gl'incurvaron ecc. li fecero ab- : zia di salire dal mondo al cielo prima
bassare col troppo lume; cfr. v. 27 e 34. d'aver compiuto il corso della sua vita
40. t'affronti ti trovi a fronte. Af-
: terrestre. Intorno agli altri due punti,
frontarsi aveva senso anche bupno. che cosa sia speranza, e onde sia a lui
41. lo nostro imperadore: Dio; cfr. venuta - cose che veramente tu non do-
Inf. I, 124. Par. XII, 40. mandi per apprenderle, giacché tutto
42. aula: sala « nella sala regale ch'è
; vedi in Dio, ma solo perchè D. possa
secreta alle cognizioni umane, e che non riferire in terra quanto questa virtù della
li piace se non per fede » Lan. - conti ; : speranza ti sia cara -. lascio rispondere
i beati. D. usa qui denominazioni proprie a lui, poiché né gli riusciranno difficili,
d' uomini e cose della corte sovrana. né gli daranno motivo di vantarsi. Ri-
43-45. sì che, veduto ecc.: di modo che, sponda egli dunque ed a rispondere lo
;

conosciuta la verità, tu rafforzi in te e aiuti la grazia divina. »


negli altri la speue (speranza) della glo- 49. quella pia : Beatrice ; cfr. Purg.
ria eterna,che sola innamora bene, cioè XXXH, 82; XXXIII, 4. - guidò le pen-
dei beni veri, che non procurano de- ne: cfr. Par. XV, 54.
894 [cielo ottavo] Pah. xxv. 50-69 [speranza]

delle mie ali a così alto volo,


alla risposta così mi prevenne :

52 « La chiesa militante alcun figliuolo


non ha con più speranza, com' è scritto
nel sol che raggia tutto nostro stuolo:
55 però conceduto che d Egitto
gli è
7

venga in Ierusalemine per vedere,


anzi che il militar gli sia prescritto.
58 Gli altri due punti, che non per sapere
son domandati, ma perdi' e' rapporti
quanto questa virtù t'è in piacere,
61 a lui lasc' io, che non gli saran forti
né di iattanza ; ed egli a ciò risponda,
e la grazia di Dio ciò gli comporti. »
04 Come discente eh' a dottor seconda
pronto e libente in quel ch'egli è esperto,
perchè la sua bontà si disasconda,
67 « Spene » di ss' io « è uno attender certo
della gloria futura, il qual produce
grazia divina e precedente merto.
54. nel sol: in Dio, nel quale i beati comporti gli consenta, dandogli
63. gli :

leggono tutte le cose ; cfr. Par. IX, 8 ;


ilsuo aiuto, di rispondere.
XVIII, 105; XXX, 126. V. 64-69. Concetto della speranza.
55. d'Egitto dal mondo. L' Egitto,
: Per definire la speranza, D. traduce le
luogo d'esilio del popolo eletto, è sim- parole del Maestro delle sentenze « Spes :

bolo della terra quale luogo d'esilio del- est certa exspectatio futurse beatitudi-
l'umanità; cfr. Purg. II, 46. ni s, veniens ex Dei grafia et ex meritis
56. in Ierusalemme nel cielo, che è
: praìcedentibus »; Petr. Lomb., Sent.
detto la Gerusalemme celeste cfr. Ge- ; HI, 26. Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. II,
lati IV, 26. Ebrei XII, 22. Apocal. Ili, il, 17, 1-2.
12 XXI, 2, 10. Aug., De Civ. Dei XIX,
; 64-65. discepolo; cfr. Inf.
discente:
11. -vedere: il ver di questa corte, v. 43. XI, 104. Par. XXIV, 46
sgg. - seconda :

57. il militar: il tempo che deve stare - « Secondare è rispondere » Buti. -;

nella chiesa militante, v. 52, la vita ter- libente: lat. libens, di buon grado, vo-
restre. « Militi a est vita hominis super lentieri. - in quel ch'egli è esperto: in
terram » Job. VII, 1. - prescritto : li-
; quello in cui egli è esperto, in ciò che
mitato cfr. Par. XXI, 103; XXIV, 6.
; ben conosce.
59. rapporti: riferisca giù nel mondo; 66. la sua bontà: il suo valore, che
cfr. vv. 43-45. qui è valore nelle cose della scienza. - si
60. t'è in piacere: AL: è in piacere: disasconda: si manifesti.
gli è in piacere. «Qui è chiaro che Dante 67. attender: aspettare. « Si autem
dice che la speranza dev' essere cara quod non videmus, speramus, per pa-
principalmente a S. Giacomo, percioc- tientiam exspectamus »; Rom. Vili, 25.
ché egli, come al verso 32, n'era figura Cfr. Thom. Aq., Sum. theol. I, ir, 40, 3.
in terra col Kedentore»; Betti. 68. il qual: accusativo; il quale at-
61. forti: difficili; cfr. Purg. XXIX, tendere è effetto di grazia di Dio e di
42;XXXIII, 50. Par. VI, 102; VII, 49: merito precedente.
IX, 36 XVI, 77 XXI, 76, ecc.
; ; V. 70-81. JOa sorgente della spe-
62. di iattanza: argomento di vanta- ranza. Passando a rispondere diretta-
zione ; cfr. n. 49-63. mente alla domanda Onde venne a te
:
l
[CIELO OTTAVO] Par. xxv. 70-81 [speranza] 895

70 Da molte stelle mi vien questa luce ;

ma quei la distillò nel mio cor pria, v

che fu sommo cantor del sommo duce.


73 6
Sperino in te nella sua teodìa
'

dice color che sanno il nome tuo ;


i '

e chi noi sa, s'egli ha la fede mia?


70 Tu mi stillasti, con lo stillar suo,
nell'epistola poi; sì ch'io sou pieno,
ed in altrui vostra pioggia repluo. »
79 Mentr' io diceva, dentro al vivo seno
di quello incendio tremolava un lampo
subito e spesso a guisa di baleno.

speranza? ', D. dice che tale virtù gli Altrove Davide è detto « il cantor dello
iene dalle parole di molti sacri scrit- Spirito Santo » Par. XX, 38.
;

ti, e principalmente dai Salmi di Da- 73. Sperino ecc. Sono le parole del
:

ide, e dalla Epistola dello stesso S. Ia- Salm. IX, 11 « Sperent in te qui no-
:

)po. Mentre D. risponde, lo splendore verunt nomen tuum ». - teodìa: (dal


che si ammanta l'anima di S. Iacopo, gì eco @eó<; e <pòi\) canto in onore di Dio :

lani festa la gioia di lui con ripetuto così D. denomina il libro dei Salmi.
ipeggiare. Interrogato circa la fede, 74. sanno: conoscono e credono. La
riferiva, oltre che alla rivelazio-
si speranza nasce dalla fede cfr. Thom. ;

a prove fìsiche e metafisiche (Par. Aq., Sum. theol. II, II, 17, 7.
[XIV, 133 sg.); interrogato circa la 75. la fede mia: testò professata; cfr.
>eranza, egli si riferisce alla sola rive- Par. XXIV, 86 sg., 130 sgg. E chi non
dono Abbiamo detto che il P. rispon-
. conosce il nome di Dio, se ha fede in-
qui direttamente alla domanda, onde tera e ferma, quale ho io?
speranza gli sia venuta, perchè una 76-78. stillasti ecc.: insieme con Davide
jposta si può dire che sia già in qual- tu pure instillasti in me la speranza,
ìe modo contenuta nella definizione cioè Tu con la tua Epistola mi confer-
:

dice la speranza prodotta da divina


le masti le promesse di Davide, sì che il
'azia e da precedente merito (cfr. Petr. mio cuore è pieno della speranza da voi
mib., Seni. Ili, 26. Thom. Aq., Sum. instillatavi, e la trasfonde anche in al-
lol. Il, li, 17, 7, 8). Ma qui si vuole tri.Veramente nell'Epistola non si parla
7oprio indicare la sorgente prima alla esplicitamente della speranza non vi ;

lale uomo
attinge la speranza della
1' mancano tuttavia passi dettati in stile
lori a futura, e questa sorgente è la ri- davidico ed atti a infondere speranza
ìlazione. Da essa viene all'uomo la spe- nei cuori, come I, 12; II, 5; IX, 8.
tiiza mediante la divina grazia, quale «.... alita per tutto l'anticodocumento....
'a del premio di precedente merito. un vivo spirito di speranza pei miseri
70. stelle: scrittori biblici, e fora' anco della vita.... La parola non v'è certamen-
Padri e Dottori della Chiesa. « Qui au- te, ma v'è profondamente la cosa »; A.
tem docti fuerint, fulgebunt quasi splen- Ohiappelli, N. Antol., CCVII, p. 8. -
dor firmamenti et qui ad iustitiam eru- ; replùo lat. repluo, ripiovo, riverso. Ri-
:

diunt multos, quasi stellse in perpetuas sveglio in altri la speranza che da voi ho
seternitates » Daniele XII, 3. ; attinta e di che son pieno. Giustamente il
71. quei Davide, che ne' suoi Salmi
: Porena, o. e, p. 228, loda il lirismo con-
esalta in mille guise la speranza. - la citato di questa «magnifica terzina, che
distillò la instillò. « La luce, quando
: nell'ultimo verso, con quella ripercussio-
s'immagini come sostanza, non come vi- ne, e riduplicazione di suoni, ha un'esu-
brazione, passando per tanti mezzi può beranza espressiva davvero magnifica».
dirsi quasi distillata. E fonte di luce è 80. incendio: di quell'anima raggian-
modo noto » Tom. ; te cfr. Par. XIX, 100. - lampo
; cfr. :

72. sommo duce: Dio; cfr. Inf. X, 102. Ezech. I, 13.

i-
896 [CIELO ottavo] Par. XXV. 82-94 [speranza]

62 Indi spirò : « L'amore ond'io avvampo


ancor ver la virtù che mi seguette
infili la palina ed all'uscir del campo,
85 vuol eh' io respiri a te che ti dilette
di lei; ed èmmi a grato che tu diche
quello che la speranza ti promette ».
88 E io : « Le nuove e le scritture antiche
pongono il segno, ed esso lo mi addita,
s' ha fatte amiche.
dell'anime che Dio
91 Dice Isaia che ciascuna vestita
nella sua terra fia di doppia vesta,
e la sua terra è questa dolce vita :

94 e 'l tuo fratello assai vie più digesta,

V. 82-99. L'oggetto della speranza. ranza Altri mettono una forte interpun-
'
.

Dopo aver dimostrato sua gioia per la zione dopo addita, e attaccano il v. 90
la bella risposta di D., S. Iacopo con- al 91 intendendo (e il senso, se si guarda
tinua l'esame colla domanda « Che cosa : bene, non differisce sostanzialmente da
ti promette la tua speranza ? » E D.: « La quello testò esposto ma appunto perciò ;

beatitudine perfetta dell'anima e del cor- si può evitare la spezzatura della ter-
po ». A tale risposta tutto il coro dei beati zina 88-90) le scritture antiche e nuove
:
'

intuona l'inno della speranza. Cfr. Thom. pongono il segno cui tende la speranza;
Aq., Sum. theol. II, n, 17, 2. ed esso segno mi addita ciò che promette
82. spirò parlò, disse cfr. Par. IV,
: : la speranza. Isaia dice che ciascuna delle
18; XXIV, 54, 82. -avvampo: ardo; cfr. anime che Dio s'ha fatte amiche, sarà ve-
Purg. Vili, 84. stita ecc. - Secondo altri si dovrebbe in-
83. ancor anche ora, che, essendo
: terpungere così: « .... segno. » Ed esso:
beato in Par., nulla più mi resta a spe- « Lo mi addita ». « DelV anime ecc. »; os-
rare. Nei beati non vi è fede, in quanto sia le parole Lo mi addita sarebbero det-
essi non credono più, ma vedono né ;
te da S. Iacopo; e il senso sarebbe: Ed '

speranza, in quanto non sperano più, egli mi disse: Additami questo segno
ma hanno. Sola la carità dura in eterno, posto dalle Scritture '. Ma interpunzio-
ed è anche nei beati. « Charitas nunquam ne e interpretazione son dimostrate im-
excidit, sive prophetira evacuabuntur; possibili dalla collocazione delle parti-
si ve lingua? cessabunt; sive scientia de- celle atone lo mi poiché in principio di
;

strnetur » I Cor. XIII, 8. Cfr. Thom.


; frase, nell'antico italiano, tali particelle
Aq., Sum. theol. II, n, 18. 2. Par. XIV, non si usarono mai proclitiche, quali sa-
61 sgg. - seguette : seguì. rebbero qui, ma enclitiche, legge bene
84. infin la palma: lino al momento in assodata da Adolfo Mussafia (Una parti-
cui morii con la palma del martirio. - colarità sintattica ecc. in Miscellanea
all' uscir con la morte « s' esce dal cam-
: Caix-Canello. Firenze, Le Mounier, 1886,
po; imperò che infine a quella stiamo p. 256 sgg.).
nel campo a combattere coi nostri av- 91. Isaia LXI, 7 : « in sua terra du-
:

versari » ; Bufi. plicia possidebunt ». - ciascuna delle :

85. respiri : riparli : cfr. spirò del v. 82. anime elette, fatte amiche di Dio.
8Q. èmmi: mi è. -diche: tu dica; cfr. 92. doppia vesta: la beatitudine del-
Inf. XX Y, 6. l'anima e del corpo dopo la risurrezio-
88-90. Le nuove Col Casini e con : altri ne; cfr. v. 127.
poniamo il punto fermo dopo amiche, fa- 93. sua terra sua patria vera. - questa
:

cendo dei versi 88-90 tutto un costrutto, dolce vita: la beatitudine celeste.
il cui senso è :
'
Le scritture antiche e 94. fratello: S. Giovanni, iiéìV Apocal.
nuove manifestano il segno o termine VII, 9, 13-17. -disesta: distinta, partico-
delle anime da Dio elette, e questo se- lareggiata. JSelV Apocal. VII sono enu-
gno mi addita ciò che promette la spe- merate le future delizie degli eletti.
[CIELO OTTAVO] Par. xxv. 95-110 [S. GIOVANNI] 897

là dove tratta delle bianche stole,


questa revelazion ci manifesta. »
97 E prima, appresso al fin d'este parole,
« Sperent in te » di sopra noi s' udì ;

a che rispuoser tutte le carole ;

100 poscia tra esse un lume si schiarì,


sì che se il Cancro avesse un tal cristallo,
l'inverno avrebbe un mese d'un sol dì.
103 E come surge e va ed entra in ballo
vergine lieta, sol per fare onore
alla novizia, e non per alcun fallo,
100 così vid' io lo schiarato splendore
venire a' due che si volgeano a rota
qual conveniasi al loro ardente amore.
109 Misesi lì nel canto e nella nota ;

e la mia donna in lor tenne l'aspetto,


97. E prima ecc.: quando D. ebbe fini- 102. d'un sol dì: «quando nel verno
to di parlare, si udì prima un canto dei [dal 21 dee. al 21 genn., nel qual mese
beati; poscia (v. 100) si avanzò verso il il Sole è in Capricorno] tramonta la co-

P. l'anima gloriosa di S. Giovanni. stellazione del Cancro, sorge il sole, e


98. Salm. IX, 11. D.
Sperent in te: quando tramonta sorge la costel-
il sole,
ha citato questo verso nella sua lingua lazione del Cancro. Dunque, se nel Can-
materna, v. 73 sg. i beati lo cantano
; cro ci fosse una stella così luminosa, nel
nella lingua della Chiesa. mese in cui avviene queir avvicendarsi
99. rispuoser cantando il verso, o il
: del Cancro col sole, ci sarebbe sempre
salmo intonato. - carole: cori di beati ;
giorno, o determinato dal sole, o deter-
cfr. Par. XXIV, 16. minato dalla supposta stella » Goni. ;

V. 100 117. Apparizione di S. Gio- « Quando anche attraverso tutto questo


vanni, Intonato il Salmo, uno dei lumi rigiro il lettore potesse giunger subito
componenti quelle celesti carole, S. Gio- alla immagine di quel sole cancerigno,
vanni evangelista, si fa così fulgido, che, sarebbe sempre un'immagine ragionata,
se la costellazione del Cancro possedesse dedotta, ipotetica, cioè molto più intel-
un tale astro, da mezzo decembre a mezzo lettuale che sensibile, e quindi disadatta
gennaio, circa, si avrebbe un giorno solo, a suscitar quella viva impressione, in
non interrotto mai da notte. E come si grazia della quale si giustifica una simi-
alza e va ed entra in ballo vergine lieta, litudine » Porena, o. e, p. 231. Cfr.
;

non per alcuna vanità, ma solo per fare Angelini, Bull. VII, 139.
onore alla sposa, così S. Giovanni viene 103. surge « Surge, propera, amica
:

ad unirsi a Pietro e Iacopo che danzano mea, columba mea, formosa mea, et ve-
e cantano. B. li guarda fissa, come sposa ni » ; Cantic. Cantic. II, .10.

tacita ed immota guarda le vergini dan- 105. novizia: sposa novella.In alcuni
zanti in suo onore quindi, rivoltasi a
;
voce dell'uso. - fallo di vanità,
dialetti è :

D., « Questi » dice « è colui che giacque cioè per essere vagheggiata, ammirata.
sovra il petto di Cristo, e che dalla croce 106. lo schiarato splendore: la luce di
fu prescelto a tener luogo di figlio a Ma- più vivace; cfr. v. 100.
S. Giov., fattasi
ria. » Ma, anche parlando, ella seguita due ecc.: a S. Pietro e S. Iacopo
107. ai
a fissare attenta i tre apostoli. che cantavano e danzavano in giro.
100. un lume: San Giovanni. -si schia- 109. Misesi lì ecc. entrò terzo a can-
:

rì : fece più lucente degli altri.


si tare in pieno accordo con San Pietro e
101. cristallo: una stella sì brilante. San Iacopo le stesse parole Sperent in '

Quel lume dunque splendeva come il so- te '


v. 98. Cfr. Purg. XXX, 92 sg.
le; cfr. Daniele XII, 3. Matt. XIII, 43. 110-111. la mia donna ecc. B. fermò :

57. — Div. Comm., 8& ediz.


898 [cielo ottavo] Par. xxv. 111-124 [leggenda]

pur come sposa tacita ed immota.


112 « Questi è colui che giacque sopra U petto
del nostro pellicano ; e questi fue
grande ufficio eletto.
d'in su la croce al
115 La donna mia così; né però piùe
mosser la vista sua di stare attenta
poscia che prima le parole sue.
118 Qual è colui ch'adocchia e s'argomenta
di veder eclissar lo sole un poco,
che, per veder, non vedente diventa,
121 talmi fec' io a quell' ultimo foco,
mentre che detto fu « Perchè t'abbagli:

per veder cosa

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