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I MARTIN PESCATORI

1.

Ciò che non cambia / è la volontà di cambiare


Si svegliò, tutto vestito, nel suo letto.
Ricordava una sola cosa, gli uccelli, e come,
rincasando, avesse fatto il giro delle stanze
per metterli di nuovo nella gabbia, prima quello verde,
la femmina con la zampa rotta, e dopo quello blu,
che avevano sperato fosse maschio

Altrimenti? Sì, Fernand, che aveva farfugliato di Albers & Angkor Vat.
Di colpo aveva piantato la serata. Come fece ad alzarsi, a infilarsi il cappotto,
non lo so. Quando lo vidi era sulla soglia, ma che importava,
stava già scivolando lungo le mura della notte, perdendosi
in qualche crepa fra le rovine. Che sia stato lui a dire: «I martin pescatori!
chi si occupa
delle loro piume
ora?».

Le sue ultime parole erano state: «Lo stagno è melmoso». Tutti d’improvviso
smisero di parlare e sedettero in cerchio attorno a lui, osservandolo
non è che udissero molto, o facessero attenzione, piuttosto
si stupivano, si guardavano in faccia, abbozzavano sorrisi, ma ascoltavano,
e lui ripeteva e ripeteva, non poteva levarsi quel pensiero
«Lo stagno le piume dei martin pescatori erano ricchezza, perché
s’è arrestata l’esportazione?»

Fu allora che se ne andò

2.
Pensai alla E sulla pietra, e a ciò che disse Mao
la lumière»
ma il martin pescatore
de l’aurore»
ma il martin pescatore volò a occidente
est devant nous!
il colore del petto l’ha preso
dal calore del sole al tramonto!
Le caratteristiche sono: fragilità della zampe (sindattilìa del terzo e quarto dito)
il becco dentellato, talvolta molto pronunciato, le ali
dove c’è il colore, corte e rotonde, la coda
che appena si nota.

Ma non erano quelli i fattori. Non gli uccelli.


Le leggende sono
leggende. Morto, appeso imbalsamato dentro casa, il martin pescatore
non indicherà vento propizio
né devierà il fulmine. Neppure facendo il nido,
potrà placare le acque, con l’anno nuovo, per sette giorni.
È vero, fa il nido al principio dell’anno, ma non sull’acqua.
Sul fondo di una galleria che si scava da sé su una sponda. Lì,
si depongono sei o otto uova bianche e translucide, su lische di pesci
non sulla nuda argilla, su lische ridotte a bolo e rigettate in palline dagli uccelli.

Sopra queste deiezioni


(accumulatesi formano la sagoma di una tazza) nascono i piccoli.
E, intanto che crescono e sono nutriti, il nido di escrementi e pesce decomposto diventa
fetida poltiglia gocciolante

Mao concluse:
nous devons
nous lever
et agir!

Mutando oggetto all’attenzione / la giungla


irrompe
anche i sassi si incrinano
si spaccano

Oppure,
entra
l’altro conquistatore che riconosciamo con grande naturalezza
tanto ci rassomiglia

Ma la E
incisa così rozzamente su quella pietra più antica
risuonò in altro modo,
fu udita diversamente

come, in altri tempi, si adoperavano i tesori:


(e, più tardi, molto più tardi, un intenditore immaginò
un mantello scarlatto)

« di piume verdi zampe, becco e occhi


d’oro

« animali ugualmente,
simili a lumache

« una ruota larga, d’oro, con sagome di sconosciuti quadrupedi,


ornata di ciuffi di foglie, peso
tremila ottocento once

« infine, due uccelli, fatti di filo e piume, le penne


d’oro, le zampe
d’oro, i due uccelli appollaiati su due canne
d’oro, canne che sorgono da due tumuli ricamati
uno giallo, l’altro
bianco.

« E da ogni canna pendenti


sette fiocchi di piume.

In questa circostanza, sacerdoti


(in vesti di cotone scuro, luride,
i capelli scompigliati, sporchi di sangue, disordinatamente sciolti
sulle spalle)
si precipitano tra la gente, la esortano
a proteggere i loro dei

E adesso tutto è guerra


dove poc’anzi era pace,
e dolce fratellanza, e l’uso
dei campi arati.

Non una morte, molte,


non accumulazione ma cambiamento, il feed – back lo prova, il feed – back è
la legge

Nessun uomo si bagna due volte nella stessa acqua di fiume


Quando il fuoco finisce l’aria finisce
Nessuno rimane, né è, uno

Intorno a un’apparenza, a un modello comune, in noi maturano


molti. Altrimenti com’è,
se rimaniamo gli stessi,
che adesso proviamo piacere
per ciò che non ce ne dava prima? amiamo
oggetti contrari? Ammiriamo e/o disprezziamo? adoperiamo
altre parole, proviamo altre passioni, non abbiamo forse
la stessa figura, aspetto, disposizione, fibra?
Non è possibile
essere in stati diversi senza mutamento

Possiamo essere precisi. I fattori sono


nell’essere animato e/o nella macchina i fattori sono
comunicazione e/o controllo, entrambi implicano
il messaggio. E cos’è il messaggio? Il messaggio è
una serie continua o discontinua di eventi commensurabili distribuiti nel tempo

è la nascita dell’aria, è
la nascita dell’acqua, è
condizione intermedia tra
il principio e
la fine, fra
la nascita e l’inizio di
un altro fetido nido

è cambiamento, che non offre


altro all’infuori di sé

E afferrandolo con presa troppo forte,


quando è insieme compresso e condensato,
lo si perde

Proprio questo, sei

II

Seppellivano i morti coi fianchi eretti


serpente bastone rasoio raggio di sole

E lei spruzzava acqua sulla testa del figlio, gridando


« Cioa – coat! Cioa coat! »
con la faccia rivolta a occidente
Dove si trovano le ossa, in ogni tumulo personale
con gli oggetti che ciascuno preferiva, dove c’è sempre
il pidocchio mongolico

La luce è a oriente. Sì. E noi dobbiamo sorgere, agire. Eppure


a occidente, malgrado l’apparente oscurità (il biancore
che copre tutto), se guardate se potete resistere, se potete, abbastanza a lungo

tanto a lungo quanto fu necessario alla mia guida


guardare nel giallo della rosa più duratura

dovete farlo, e, in quel biancore, in quella faccia, con che candore, guardare

e, considerando l’aridità del luogo


la lunga assenza di un’adeguata razza

(dei due che vennero per primi, conquistadores entrambi, uno restaurò, l’altro
rovesciò gli idoli orientali, abbatté
le mura del tempio, che, si dice a giustificarlo,
erano nere di sangue umano)

udite
udite, dove il sangue coagulato parla
dove cammina l’antico appetito

la più saporita et migliore


che si possa truovar al mondo

dove si nasconde, guardate


nell’occhio come scorre
nella carne / gesso

ma sotto questi petali


nel vuoto
guardate la luce, contemplate
il fiore

donde spuntò

con quale violenza benevolenza s’acquista


quale costo di riti comporta giustizia
diritti domestici quali torti significano
quanto procedere cauto
questo silenzio
a quale pudore fa affronto la peggiocrazia
come può imputridire timida meraviglia e quiete notturna e vicinanza
che cosa cresce dove è legge il sudiciume
cosa brulica
sotto

III

Non sono greco, non ho la ventura.


E, certamente, nemmeno romano:
non può correre rischi che lasciano il segno
il rischio della bellezza ancor meno.

Ma ho la mia gente, se non altro perché


(come disse un parente molto stretto) io mi impegno, e,
data la mia libertà, sarei proprio un bel farabutto
se non lo facessi. Il che poi è verissimo.

Si risolve così, nonostante lo svantaggio.


E, per spiegarlo, ecco una citazione:
si j’ai du goût, ce n’est guères
que pour la terre et les pierres

Nonostante l’incompatibilità (oceano coraggio età)


anche questo è vero: se ho del gusto
è soltanto perché m’interesso
a ciò che fu trucidato nel sole

Pongo a te la tua stessa domanda:

scoprirai miele / dove ci sono vermi?

Io vado a caccia fra le pietre.


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[…] If I hammer, if I recall in, and keep calling in, the breath, the breathing as distinguished
from the hearing, it is for cause, it is to insist upon a part that breath plays in verse which has
not (due, I think, to the smothering of the power of the line by too set a concept of foot) has
not been sufficiently observed or practiced, but which has to be if verse is to advance to its
proper force and place in the day, now, and ahead. I take it that PROJECTIVE VERSE
teaches, is, this lesson, that that verse will only do in which a poet manages to register both the
acquisitions of his ear and the pressure of his breath.

[…] “Is” comes from the Aryan root, as, to breathe. The English “not” equals the Sanscrit na,
which may come from the root na, to be lost, to perish. “Be” is from bhu, to grow.
I say the syllable, king, and that it is spontaneous, this way: the ear, the ear which has collected,
which has listened, the ear, which is so close to the mind that it is the mind’s, that it has the
mind’s speed . . .
it is close, another way: the mind is brother to this sister and is, because it is so close, is the
drying force, the incest, the sharpener . . .
it is from the union of the mind and the ear that the syllable is born.

(Charles Olson, Projective Verse, Poetry New York, 1950)

[…] È importante, più che non sembri, l’osservazione semplificatrice di Olson che il verso
nuovo va scritto nella misura del respiro, e non per l’occhio ma secondo l’orecchio. Nonostante
tutto, noi rischiamo ancora di scrivere per l’occhio... […]

(Alfredo Giuliani, Il verso secondo l’orecchio, Il verri, n.1, 1961)


eliocentrica
era a genova e parlammo con altri in un’aula
di università. la poesia occidentale le sue origini. e te
con inceppi
alla dentiera volevi risalire ci tenevi a un prima dei greci a un prima di aedi di omeri eccetera [eri
tu
per noi giovani poeti la forma stessa del romanzo in versi
lo sciamano
della poesia materia viva e/o stradale]. te ne uscisti
coi vogatori del volga con il loro ritmico canto
[qualcuno
disse magari del baltico]. per te l’importante era dare respiro corporeo alla poesia
darle continui salti. non ci furono poi in trattoria oblanda melanura
occhiaione
occhiata
occhio grigio
né ociuro coda gialla il ritmo il buon ritmo
di un’autentica litania di un’autentica comunicazione fu necessario trovarlo fra polpi
seppie e non blande fere. io tiro i remi in barca tu tiri i remi in barca [abbiamo dalla nostra
anche l’araldica

Mariano Bàino

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