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CALITRI CANTI POPOLARI

A cura di A. RAFFAELE SALVANTE

NEL 1 CENTENARIO DELLA NASCITA DEL

Prof. Vito Acocella


Dedichiamo questo modestissimo lavoro, a tutti i Calitrani per ricordare luomo e lo studioso, che con lopera intensa, assidua e competente, investig con amorevole cura le fonti scritte della nostra terra, le raccolse e analizzandole con sagacia e profonda dottrina, seppe tradurle in momenti di Storia.

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INTRODUZIONE Premessa
Lentusiasmo che ci spinse, alcuni anni fa, ad iniziare un minuzioso lavoro di raccolta, annotazione e registrazione di tutto ci che poteva riguardare il dialetto di CALITRI, in provincia di Avellino, andato man mano affievolendosi di fronte alla nostra personale inesperienza ed impreparazione a maneggiare materiale che, al contrario, richiede chiare prospettive, rigore metodologico e competenza specifica. Tuttavia la riscoperta del dialetto, accanto allantico fascino che spesso si rinnova, magari a livello di revival, e che sta suscitando in questi ultimi crescenti interessi da varie parti e con diversi orientamenti, con una discussione ed una produzione seria, informata e proficua, ha contribuito, non poco, a tener acceso il cucignolo delle nostre speranze. Delusi, per, che in questo rinnovarsi problematico di studi dialettali, non si sia ancora pensato di offrire un corpo unico di tutti, o quasi, i canti popolari calitrani, abbiamo superato la certezza del rischio con la consapevolezza di fare cosa utile, anche se non propriamente dotta. Con la presente raccolta, certamente non esaustiva, non intendiamo fare dellarcheologismo, mettendo in bella mostra, come in un museo, il nostro patrimonio di canti popolari, ma intendiamo ristabilire col dialetto un rapporto nuovo, convinti come siamo che il dialetto testimone prezioso di storia e di cultura, e che conoscere il dialetto possedere lo strumento per capire il mondo da cui siamo venuti e in cui siamo ancora immersi, non per limitare il nostro orizzonte, ma, al contrario, per collocare i fatti della nostra storia particolare nel quadro pi ampio della storia e della cultura nazionale ed europea, che fatta di tanti contributi particolari che lentamente si sono aggregati e stanno ancora aggregandosi (De Mauro - Lodi: Lingua e dialetti Roma 1979 pag. 57). Nostro intendimento non dunque quello di sezionare, catalogare, studiare le parole e la grammatica, non ne avremmo del resto la competenza, ma quello di dare al nostro dialetto, non solo una giusta collocazione culturale, finora sconosciuta, ma soprattutto una adatta significazione storica, offrendo un discreto materiale di studio agli specialisti.

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La ricerca
Le parole sono come le monete: a forza di circolare di mano in mano, perdono il loro rilievo etimologico diceva Marc Bloch nellintroduzione al suo libro la Societ Feudale; ecco perch nel raccogliere il presente materiale pur conservando la massima fedelt a quando ci veniva riferito dai portatori dei canti, non possiamo non considerare trattandosi di fonti orali, per lassoluta mancanza di fonti scritte, fondate cio, di generazione in generazione, sulla memoria degli uomini le possibili distorsioni, la loro relazione con la struttura sociale e il mondo di valori dal quale esse nascono. La realt socio-economica di Calitri ha subto ormai una profonda e radicale trasformazione dallimmediato dopo-guerra in poi, ed in particolare con lavvento delle macchine che ha spopolato le campagne; con la quasi totale scomparsa delle osterie che per secoli avevano assolto una funzione fondamentale per la cultura del popolo, con lintroduzione di scuole ad ogni livello e per ultimo con lavvento della Televisione e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione. La mancanza di una analisi del problema delle fonti e dei suoi condizionamenti culturali, rende pi difficile investigare il momento dinamico di una cultura, per coglierne i fattori chiave, i modi e le direzioni di ciascun mutamento, che rendono incerti i limiti spaziali e cronologici, incerto il significato e perci il contenuto stesso dei canti. Infatti non poche, n semplici sono state le difficolt da superare per rendere pi semplice possibile la lettura di questi canti che ci sono costati anni di lungo e duro lavoro per i doverosi e prioritari impegni di lavoro e di famiglia e per la quasi impossibilit di poter effettuare opportune consultazioni presso le pur numerose e ricche biblioteche di Firenze. Inoltre parlare di un dialetto, anche senza voler fare un trattato, bisogner pure indicare alcuni principi generali a cui ci siamo rifatti o che hanno guidato il lavoro, o che abbiamo scoperto durante lo studio, il riordino e il confronto con altre realt dialettali, e che noi qui enucleiamo solo sinteticamente come tesi, sperando che qualcuno, pi preparato di noi, possa fare un lavoro serio e competente: 1) Monti di questi canti, almeno i pi antichi, sono nati da una cultura di sudditanza, di soprusi, in un quadro di rapporti sociali feudali o semifeudali, di una popolazione irretita dal timore reverenziale verso la classe dominante, prostrata dalla prepotenza signorile, avvilita dalla povert, dal dolore, dalla sofferenza, e schiacciata da ogni sorta di balzelli. 2) Non possiamo fare a meno di verificare il principio che il dialetto di un qualsiasi paese sempre composto di varie parlate distinte per classi; infatti fino al alcuni lustri fa nallautima o parte alta del paese di diceva: cavagghj, prtegghia, mantiegghj, capigghj ecc., mentre nella vasciagna, o parte bassa del paese si diceva: cavadd, prtedda, capidd ecc; alcuni
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termini, come ad esempio tata, mier venivano usati quasi esclusivamente dai contadini; infine anche il vestire era differenziato fra le diverse categorie. Letimologia di alcuni termini che abbiamo riportato nel testo finalizzata a fornire ai Calitrani il conforto che molti termini dialettali sono di origine, latina, greca ecc. Abbiamo ritenuto opportuno variare alcuni soprannomi, quando ci sono apparsi offensivi o quanto meno poco rispettosi. Facciamo notare, inoltre, la quasi totale assenza, nel nostro dialetto, di canti del prigioniero, come pure di canti in cui parlano le donne, per il ruolo assolutamente secondario della donna, in una societ condizionata da una subcultura sociale. Alcuni di questi canti, oggi sono per noi di difficile interpretazione se non addirittura insignificanti e banali. Spesso venivano cantati, con varie intonazioni, come ninne-nanne. In questa raccolta sono compresi tutti i canti gi editi dal prof. Vito Acocella. Abbiamo voluto inserire anche quei canti cosiddetti osceni, non solo perch, come dicevano gli antichi, naturalia non sunt turpia, ma principalmente perch i caratteri propri di una cultura non sono ne trasferibili dal loro mondo, n tanto meno frazionabili.

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Un pensiero, un saluto
Lapplicazione lunga, sentita e partecipata a questo lavoro, che ci ha forzatamente indotti a ripensare e rivivere gli anni della nostra infanzia e della nostra giovent, per ricercare il senso di alcuni termini dialettali una volta molto comuni, ci ha costretto spesse volte a riandare col pensiero a quegli amici che ci hanno preceduto nella pace del Signore, ma il cui ricordo restato sempre vivo in noi: Mario Corazzelli, Antonio Cucciniello, Canio Lampariello, Giuseppe Di Maio, Giuseppe Cialeo, Angelo Fastiggi, Valentino Nannariello, Adolfo Beltrami ed altri, ai quali va il nostro memento di cristiana speranza. Ci corre lobbligo, infine, di porgere il nostro pi vivo e sentito ringraziamento e riconoscimento, indistintamente a tutti i Calitrani, che con la squisita cortesia che li distingue, sono sempre stati pronti, premurosi e gentili nel collaborare; un pensiero tutto particolare lo vogliamo dedicare alla memoria del giovane sacerdote Michele Di Milia, che ha contribuito a questo nostro lavoro con una nutrita raccolta di canti, consegnataci l8 settembre 1980, cio circa due mesi e mezzo prima della sua tragica scomparsa, avvenuta il 23 novembre 1980, giorno del terremoto. Anche se non siamo in grado di giudicarci con perfetta veridicit, possiamo tuttavia confessare che abbiamo scritto coltivando unambizione: se con la presente raccolta, pur con i suoi limiti e le sue lacune, riusciremo nel tentativo di richiamare lattenzione di un numero sempre maggiore di persone a guardare con occhi nuovi, a promuovere ricerche e ad approfondire la vasta problematica della cultura popolare tradizionale, avremo conseguito il nostro scopo.

Per meglio leggere


Le vocali postoniche e quelle finali non accentate hanno quasi sempre un suono indistinto che noi abbiamo indicato con un apostrofo (): c si legge come la c di cena k si legge come c duro di corno in neretto uguale allantico io pronome personale h sempre aspirata allinizio di parola,a volte anche nel mezzo di parola ch allinizio di parola si legge come ch di chiesa; nel mezzo o alla fine di parola si legge come c di cono. j suono prolungato ed indistinto A. Raffaele Salvante Firenze, giugno 1983 Anno Santo della Redenzione
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INTRODUZIONE ALLEDIZIONE ON LINE


Rivedere tutto il libro alla distanza di ben 22 anni ci ha impegnati non poco e ci ha costretti a mettere anche la traduzione italiana che non sempre facile, perch il dialetto non la traduzione della lingua e certi concetti sono difficilmente spiegabili in italiano se non con formule molto complicate. In questa nuova edizione on line abbiamo aumentato di molto lAppendice includendo moltissimi canti, compresi quelli che, di volta in volta, abbiamo pubblicato su Il Calitrano. Siamo immensamente riconoscenti al dottor Marco Del Cogliano che in fondo il vero artefice di tutto questo grande lavoro, che permette a tutti i calitrani nel mondo di poter leggere la quasi totalit dei canti calitrani. Per quanto riguarda la grafia abbiamo apportato alcune correzioni, che sono le seguenti: T - preceduta da n e da m si trasforma in D come ad esempio : amand ammend argiend cand ciend cumb cundgnosa cunduorn lundan lundananza ecc. P - preceduta da n e da m muta il suono in B come ad esempio : mbar pond sand semb - tand- tiemb viend ecc. B - iniziale di parola ha un suono sempre forte, si raddoppia in BB come ad esempio: bbnrica bbell bbiata bbona bbotta bbror ecc. A. Raffaele Salvante Firenze, 16 aprile 2006 Pasqua del Signore

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CALITRI CANTI POPOLARI

PARTE PRIMA

Tanto tempo mhai desiderato Ecco, amore mio, io so benuto; So benuto co biento e co acqua Me so posto a riseco re la morte (S. Angelo dei Lombardi)

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Calitr bbell
Abbiamo creduto opportuno iniziare con la considerazione presuntuosa che i Calitrani, al pari degli abitanti dei paesi limitrofi, hanno sempre avuto, per il passato, di se stessi e del proprio Paese, in contrapposizione, o meglio in spregio a quelli confinanti. Una vera e prorpia cultura innata di strapaese, cio di quel movimento letterario che apparve in Italia soltanto intorno al 1930 e che evidenziava in negativo latavica resistenza paesana alla cultura nazionale, lestraneit cieca e colpevole alla vita dellarte e della letteratura, lespressione di una coriacea pigrizia intellettuale e morale, che non andava oltre langusto e limitato ambiente paesano (GDE, voce Strapaese). 1. Calitr bbell, aria ggntil bbata1 chi ng2 pot abbit;3 ij ng stongh4 e m naggia ra sc5 la Maronna6 m pozza7 accumpagn.

Calitri bello, aria gentile beato chi ci pu abitare; io ci sono e me ne debbo andare la Madonna mi possa accompagnare

2. La terra r Calitr eia nata8 cosa p tutt part vir9 r bbol10; vir na spina chi rvenda11 rosa, e manch12 a biern13 ng manca lu sol.
La terra di Calitri unaltra cosa Per ogni dove vedi viole; vedi una spina che diventa rosa, e neanche dinverno ci manca il sole.

bbiata = part. Pass.e agg.pienamente felice. Un biadh si trova gi in Uguccione da Lodi, sec.XIII (GDLI, voce beato)i 2 ng = ci, pronome prima persona plurale, che in alcune regioni esprime il dativo della terza persona; forma esclusivamente meridionale (Rohlf , 460 da ora in poi faremo riferimento al paragrafo e non alla pagina) 3 abbit = la b latineggiante della lingua letteraria, diventa per lo pi bb nel Mezzogiorno, stante la non esistenza della b semplice in queste zone Rohlfs, paragrafo 215) 4 stongh = sto, ci sono 5 m naggia ra sc = me ne devo andare; particolare costruzione di un infinito apocopato retto da . 6 Maronna = Madonna, con il noto passaggio della d intervocalica a r (Rohlfs, 216) 7 pozza = possa. 8 ata = altra, dal latino alter(rum), da alius diverso. 9 vir = vedi, come in molti dialetti della Lucania e principalmente della Campania, la d intervocalica passa a r e la e passa a i per metafonia. 10 bbiol = viole, la v iniziale si muta in bb (Rohlfs, 167) 11 rventa = diventa, il d iniziale passa in r come in Calabria, Cilento, Lucania meridionale e area napoletana (Rohlfs, 153) 12 manch = nemmeno, dal latino nequidem (Rohlfs, 961) usato spessissimo nella forma abbreviata manco. 13 biern = inverno, analizzato come i(n)-verno anzich come iv-erno (AEI, voce inverno).

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3. R14 gran15 r facim16 a quatt sciett17 amabl18 e arzndus19 eia20 lu vin; e gghiuogl21 abbasta22 a p lu vitt23 e li hranier24 r tnim chin25.
Il grano lo facciamo in abbondanza amabile e forte il vino; e lolio basta per il vitto e i granai li abbiamo pieni.

4. Tutt li pais26 chi stann attuorn27 so chin r rvit28 e r rddich29; la neglia30 n ng manca nott e ghiuorn31 cu mich n t vir 32 cu tich33.
Tutti i paesi che stanno dintorno sono pieni di rovi ed ortiche; la nebbia non manca notte e giorno con me non ti vedi ed io con te.

5. Tutt a stu paies so curtes34 r ronn35 chien r halandara;36 fann r bben37 senza nu trnes38
r = il , articolo determinativo singolare gran = grano 16 facim = facciamo, con flessione foneticamente regolare. 17 quatt sciett = in abbondanza, quasi come una fontana dalla quale sgorga acqua in quantit; letteralmente a quattro getti. 18 amabil = amabile, piacevole. 19 arzndus = generoso, forte. 20 eia = , terza persona singolare del verbo essere. 21 ghiuogl = lolio, con evidente assorbimento delarticolo nel nome che uogl. 22 abbasta = basta, al raddoppiamento della b iniziale, viene preposta una vocale di appoggio; fenomeno non raro nellarea meridionale (Rohlfs,186) 23 vitt = vitto, dal latino victus-us, drv, da victum supino di vivere, cio vivere 24 hranier = granai, dal latino granarium; particolarit importantissima di questa voce la h aspirata (come nelle voci calitrane hrasta hrotta hrigghj hrossa hagghina harofal huvern ecc.) fenomeno che meriterebbe uno studio particolareggiato. 25 chin = pieni, la p iniziale viene sostituita da una occlusione velare ch (Rohlfs, 186). 26 pais = paesi, forse dal latino tardo pagense (dallagg. Lat. Pagensis da pagus) usato nel significato di villaggio da Gregorio di Tour (DEI, voce paese). 27 attuorn = allintorno, (lett. a torno) avv. e prep. (DELI, voce attorno). 28 rvit = rovi. 29 rddich = ortiche. 30 neglia = nebbia, dal latino nebula. 31 ghiuorn = giorno, molto probabilmente con assorbimento dellarticolo, essendo il nome juorn. 32 = io, pronome pers. Di prima persona sing. Masch. E femm.; indica la persona che parla, ed usato solo come soggetto, anticamente veniva sempre espresso (GDLI, voce io). 33 mich e tich = con me e con te, forme pronominali composte con lenclitico cum (Rohlfs,443) 34 curtes = cortesi, gentili. 35 ronn = donne, con il passaggio della d iniziale in r. 36 halantaria = galanteria, altra h aspirata.
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Tutti a questo paese sono cortesi le donne piene di galanteria; fanno del bene senza danari hanno educazione e cortesia.

tenn custmanza e curtsa.39

6. Mena pret r Calitr, rrrupa sand r Carvnar, cul russ r Vsazza (vrecchj pann r Vsazza), sponza ruosp r Conza, cupplun r Cairan, scetta candar r SandAndreia, vota facc r Pspahan, sponza trav r Rapon, vozza nganna r Ruv, abbotta vssich r Sand Fel facc scialn r Mndverd, cap vacand r la Rocca, zingar r Crogna, lengh tuort li Vallatar, ciandotr r la Uardia, strazza uand r SandAngl, anngliat r Liun, mangnagl r Morra, scardalan r Tora, zrbttar r Sand Menna, scauzgliun r Castelgrand, mangia fich r Capssela, mangia ppciegghj r Quaglietta40.
bben = bene, usato in senso partitivo; una delle pochissime voci meridionali che si incontrano con le iniziali bb (Rohlfs, 150). 38 trnes = tornese, antica moneta francese di Tour, dellepoca precaroligia, introdotta dagli Angioini nellItalia meridionale nel 1581 e a Napoli divenne moneta locale, moneta di rame del valore di 6 cavalli o mezzo soldo; dur fino agli ultimi sovrani borbonici (GDE, voce tornese). 39 custmanza e curtsia = educazione e cortesia. 40 ena pret = letteralmente getta pietre; rrrupa sand = dirupa (statue di) santi; cul russ = sedere rosso (dal colore delle gonne); vrecchj pann = orecchie a sventola; sponza ruosp = lett. mettere i rospi a mollo in acqua; cupplun = sempliciotti ed ignoranti, dallappuntito cappellone di carta che una volta, purtroppo, a scuola si usava mettere in testa agli ultimi della classe; scetta candar = per mancanza di fognature, i cittadini erano costretti a gettare per le strade il contenuto dei vasi da notte; vota facc = volta faccia, per la incapacit di tener fede alla parola data; sponza trav = mettere le travi di legna in acqua, a causa di una leggenda spregiativa nei confronti di quegli abitanti; vozza nganna = lett gonfiore al collo, cio gozzo, frequente fra gli abitanti; abbotta vssigh = lett. gonfiare con la bocca le interiora del suino; facc scialn = facce gialle; cap vacand = teste vuote; zingar = zingari; lengh tuort = lingue torte; ciandotr = bonaccioni, strazza uand = guanti laceri, per la mania di salvare pi lapparenza che la sostanza; anngliat = pieni di nebbia; mangnagl = mancini; scardalan = pettinare la lana, dallattivit prevalente degli abitanti; zrbttar = sorbettieri, cio valenti gelatai; scauzgliun = gente che va a piedi nudi; mangia fich = mangia fichi, per eccellente qualit e la notevole quantit di questi frutti; mangia ppciegghj = mangia peperoncini piccanti.
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Butta pietre di Calitri dirupa santi di Carbonara (Aquilonia) culi rossi di Bisaccia (orecchie calate di Bisaccia) sponsa rospi di Conza coppoloni di Cairano getta pitali di SantAndrea volta faccia diPescopagano sponsa travi di Rapone gli abitanti di Ruvo hanno il gozzo gonfia vesciche di San Fele facce gialle di Monteverde teste vuote di Rocchetta zingari di Lacedonia lingue torte i Vallatesi bonaccioni di Guardia dei Lombardi strappa guanti di SantAngelo annebbiati di Lioni mancini di Morra De Sanctis scardalani di Teora sorbettari di Santo Menna scalzi di Castelgrande mangia fichi di Capossela mangia peperoncini di Quaglietta41

7. Tutt li cittadin chi scnnessn42 e chi vnessn43 a linfuor44 chi n venn li Caltran mbrtniend e mbriacun45; n venn p addr46 a Sand Lion47 ma p enchj48 lu puzz49 r chiancun
Tutti i cittadini che scendessero e che venissero eccetto che non vengano i Calitrani impertinenti ed ubriaconi; non vengono per adorare San Leone ma per riempire il pozzo di grosse pietre.

I motti e i detti spesso scherzosi e talora ferocemente satirici, con cui vengono definiti i caratteri degli abitanti delle varie citt e regioni, costituiscono quello che viene comunemente detto blasone popolare (P. Toschi, Guida allo studio delle tradizioni popolari, pagg. 164/5) 42 scnnessn = scendessero pure tutte le persone. 43 vnessn = vengano, tutti sono invitati. 44 infuor = tranne, eccetto, da infuora locuzione avverbiale XIV sec. (DEI, voce infuori). 45 mprtniend e mbriacun = impertinenti e ubriaconi; impertinenti dal lat. Impertinentem composto dalla particella in = non e pertinemtem che utile, che giova; ubriaconi dal basso latino ebriacus, cio ebrio con desinenza acus. 46 addr = adorare, voce dotta latina da orare, cio pregare col pref. ad (DELI, voce adorare). 47 sand Lion = San Leone, protettore di Cairano. 48 enchj = riempire, sorto dallincrocio dei latini replere e implere 49 puzz = pozzo. 50 chiancun = grosse pietre.

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8. U sinnch51 r Calitr staj tropp arrabbat; tutt li terremotat lu voln fa sc lu cappiegghj r nu lat52. Quigghj53 ndo r rulott lu voln spar cu lu rijbbott54; quigghj cu r cas carut55 lu voln fa probbia56 lu tavut57. A lu pover Zamberlett n lhann rmast58 manch la vrachetta;59 tand chi staj arrabbat, n s vota manch ra nu lat60.
Il sindaco di Calitri st troppo arrabbiato; tutti i terremotati gli vogliono fare andare il cappello da un lato. Quelli delle roulotte gli vogliono sparare col fucile; quelli delle case crollate gli vogliono fare proprio la bara. Al povero Zamberletti non gli hanno lasciato neanche lo sparato; tanto che arrabbiato non si gira neanche da un lato.

9. R femmn61 r Calitr so galand e mmaritan62 r ffigliol p senza niend; n tenn rota e manch rann rnar63 e n fann lu cuntratt si no paffar64.
sinnch = sindaco, con lassimilazione di nd a nn, fenomeno questo che si riscontra nel Mezzogiorno che va dalla localit toscana di Pitigliano, in provincia di Grosseto, corre dal confine settentrionale del Lazio attraverso lUmbria fino ad Ancona (Rohlfs, 253) 52 u cappiegghj ra nu lat = un particolare modo di dire, per indicare che la persona arrabbiata ha il cappello sulle ventitre. 53 quigghj = quelli, voce che si avvicina pi allabruzzese quill che al napoletano chill. 54 rijbbott = fucile, forse voce onomatopeica da due botti o colpi, in dialetto roj bbott 55 cas carut = case cadute, con il passaggio della d intervocalica a r (Rohlfs, 216). 56 probbia = proprio. 57 tavut = bara, dallo spagnolo ataut 58 rmast = lasciato, dal latino remanere. 59 vrachetta = sparato, da brache che in Italia meridionale passa da b a v davanti ad r come se fosse in posizione prevocalica. 60 n s vota manch ra nu lat = non si gira neanche da un lato, modo di dire per indicare una persona stizzita che v via a passo deciso, senza voltarsi da nessuna parte. 61 femmn = donne, qui si nota il fenomeno della geminazione, cio del raddoppio della consonante m che generalmente si riscontra in parole con laccento acuto sulla terzultima sillaba (proparossitoni). 62 mmaritan = maritano, danno cio marito alle proprie figlie. 63 Ci sanno fare cos bene che riescono a sposare le loro figlie senza dar loro la dote o denari.
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Le donne di calitri sono galanti e maritano le figlie senza niente; non hanno la dote e neanche denaro e non fanno il contratto se non per affare

10.Sann scard la lana e tess pann65 e for vcnanz66 r vann cundann67; la mamma llu vol r68 nu mastr rascia69 e la figlia nnu lu vol70 ca71 eia tropp vasc72.
Sanno scardare la lana e tessere panni e fuori del vicinato lo vanno raccontando; la mamma le vuol dare un falegname e la figlia non lo vuole perch troppo basso.

11.Figlia mia eia nu figl r rccon patron r cas e terr eia stu uaglion; mamma mia vogl un r for73 igghj74 m cunzola e mhav rat lu cor.
Figlia mia un figlio di riccone padrone di case e terre questo ragazzo; mamma mia io voglio uno della campagna lui mi consola e mi ha dato il cuore

12.M naggia sc75 lundan, for paies ca quegghj76 Caltran so cumprmess; ragg fatt r lagnanz a la cummara m laggia sc a pgli77 na Vsazzara78.
Me ne devo andare lontano, fuori paese perch le donne di Calitri sono compromesse;

E fanno il contratto matrimoniale soltanto per calcolo affaristico. scard e tess = cardare la lana e tessere panni, come si vede sono due infiniti apocopati. 66 for vcnanz = fuori del vicinato. 67 r vann cuntann = lo vanno raccontando: come un vanto. 68 llu vol r = le vuol dare in sposo. 69 nu mastr rascia = un mastro falegname. 70 nnu lu vol = non lo vuole, lo respinge. 71 ca = perch, causale derivato dal quia latino. Forma apocopata di pocca = poich 72 eia tropp vasc = troppo basso di statura. 73 for = qui inteso nel senso di campagna; altra accezione di questo termine fuori casa; da fores latino, che stava ad indicare la porta di casa, mentre porta, che genericamente indicava passaggio, design poi la porta della citt (Gianni A. Papini : Parole e Cose Sansoni 1977 pag. 242). 74 igghj = lui, terza persona singolare maschile; egghia femminile. 75 m naggia sc = me ne devo andare, non forse lantico tipo latino habeo dicere di cui il Rohlfs, 702 mette in dubbio lesistenza nel Meridione ? 76 quegghj = quelle, sottinteso le donne. 77 pgli = pigliare, dal lat. volgare piliare, der. dal latino tardo pilare = rubare (Devoto-Oli, voce pigliare). In dialetto vuol indicare propriamente prendere in moglie ad esempio Canio seia pgliat a Cuncttina. 78 vsazzara = donna di Bisaccia, bisaccese.
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ho fatto le mie lagnanze alla comare voglio andare a prendermi una Bisaccese.

13.So quatt mstrios e cap tes79 fann r pan a bbenn80 a p nu trnes; totta parata a tuon la cambana81 la vesta fann abbl82 e la sttana.
Sono quattro superbiose e altezzose (le donne) fanno il pane a vendere per un tornese; tutta parata per bene la gonnella la veste fanno volare e la sottana.

14.A lu barcon stann senza mtanza83 lu cul84 s rfresckan e la crianza;85 ora e mmend nnand a nu spcchial86 cangian e scangian cum a Carnval.
Al balcone stanno senza mutande il sedere si rinfrescano e la natura; ore e momenti davanti ad uno specchio cambiano e scambiano come a Carnevale

15.Cumbar mij n cummett arror87 ca ss frster88 n mancan a intr e for89; lu cupierchj90 a lu lat sul p frusc lu vann acchiann91 spierchj92 e n gi (mai ) musc.
Compare mio non commettere errore perch queste forestiere hanno rapporti con tutti; il coperchio a fianco soltanto per scherno lo vanno cercando pi del normale e mai moscio.

cap tes = teste alte, per significare persone vanitose. fann r pan a bbenn = fanno il pane a vendere, particolare modo di dire per indicare la prostituzione, per un solo tornese. 81 Altra similitudine che paragona la minuziosa ed accorta preparazione delle donne nel truccarsi, alla cura meticolosa dellartigiano che regola la tonalit del suono delle campane. 82 abbl = volare, alla bb iniziale viene preposta una vocale di appoggio (Rohlfs, 150) 83 mtanza = vestito in genere, ma qui si vuol significare indumenti intimi. 84 cul = il sedere, dal latino culus. 85 crianza = in questo caso sta ad indicare gli organi genitali femminili. 86 spcchial = specchio, dal latino speculum. 87 n cummett arror = non fare sbagli. 88 frster = forestiere, dal provenzale forestier, derv. Dal latino foras = fuori (Devoto: AEI, voce forestiero). 89 intr e for = dentro e fuori, onomatopeico per atto sessuale. 90 cupierchj = coperchio, sostantivo derivato dal verbo latino cooperire = coprire, quasi come garanzia a coprire le loro malefatte. 91 acchiann = cercando, dal latino afflare, propriamente fiutare (DEI, voce acchiare). 92 spierchj = pi del normale, dal latino tardo superculus (da super), che in pi.
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Oi la, llariul le donne calitrane non le cambiare; oi la, llariul compare mio sposati qua.

16.Oi lla, llariul r Caltran n r cangi;93 oi lla, llariul cumbar mij nzorat94 qu.

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cangi = cambiare, dal francese changier. nzorat = sposati, prendi moglie

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Chi cunzuma lom


17.Vlarria sap95 chi cunzuma lom96, lom lu cunzuma la mglier;97 la prima sera larrobba98 lu cor la sera appriess99 lacchiappa100 lu per (lappriess sera lu mett la chioppa a lu per101).
Vorrei sapere chi consuma luomo luomo lo consuma la moglie; la prima sera gli ruba il cuore la sera seguente gli prende il piede (la sera seguente gli mette il ceppo ai piedi).

Non c fiore pi bello della ginestra vestita reginetta alla romana; e quei capelli che portate in testa si chiamano consuma persone.

18.N ngeia cchi bell fior ca la scnestra vestita reginetta a la romana; e ss capill chi prtat ndesta s chiaman cunzuma crstian.

Lamore non lascia e prendi ma si tiene come si afferra la tenaglia; tu mi devi portare il rispetto che io porto a te bella ci dobbiamo amare fino alla morte.

19.Lamor n nneia fatt lassa e piglia102 ma s ten103 cum affierr la tnaglia; tu meja prt lu bben ca t port bella ngiavim am fin a la mort.

20.Si tu t pigl a mme la sgnora t fazz fa; la vesta cu la cora104


vlarria sap = vorrei sapere. lom = uomo, dal latino homo-is. 97 mglier = moglie, dal latino mulier-eris che prevale nei dialetti e ha sostituito quasi dappertutto uxor-oris (DEI, voce moglie). 98 arrobba = ruba, la r iniziale si raddoppia, come spesso si riscontra, anche, nel dialetto siciliano e abruzzese. 99 appriess = seguente, dal latino ad pressum. 100 acchiappa = prende, da chiappare col pref. ad (AEI, voce acchiappare) 101 chiappa a lu per = gli lega il piede. *** Nel toscano (Tigri pag. 75) abbiamo Fece la donna che consuma luomo. 102 lassa = lasciare, dal latino laxare. 103 ten = tenere fermo, stretto.
96 95

- 17 -

Se tu sposi me la signora ti far fare; il vestito con la coda non te lo devo far mancare

n nt laggia fa manc.

Quanto ti voglio bene come ad una mia sorella; nelle mie braccia ti vorrei tenere.

21.Quand t vogl bben cum a na sora105 mia; ndo r brazz mij t vlarria tn.

Bella come te Io non ne conosco; violetta mia di bosco e chi ti vuol dimenticare.

22.Bella cum a tte ij n n canosch; violetta mia rvosch ij a tti maggia spsa.

Ragazza come te io non ne conosco; violetta mia di bosco e chi ti vuol dimenticare

23.Fgliola cum te ij n n canosch; violetta mia r vosch e chi t vol scurd.106

24.Agg cammnat Napl cu tutta la Lombardia; n nagg acchiat nu segn cum eia la zita107 mia.
104

Una veste signorile, lunga con la coda; un altro particolare modo di dire, ormai scomparso, era la signora cu lu cantuscio che doveva essere una ricca veste persiana (Racioppi App. II). *** Un riscontro quasi identico lo troviamo sempre nellarea meridionale a Pagognano, un casale di Vico Equense (G.Amalfi XVII Villanella, 3 capoverso): Si tu ti pigl a me fai a signora 105 sor = sorella, dal latino soror-oris. 106 scurd = dimenticare, dal latino tardo excordare = uscire dal cuore.

- 18 -

Ho girato Napoli con tutta la Lombardia; non ho trovato un segno come la mia fidanzata.

25.P cogl r cras108 ng vol lu ngin109 p fa lamor ng vol lu malandrin110; zomba111 la rondinella e quand t vogl am azzeccat112 nata vota, oi F lumena.
Per cogliere le ciliegie ci vuole un uncino per fare lamore ci vuole un malandrino; salta la rondinella e quanto ti voglio amare avvicinati unaltra volta oi Filomena.

26.Non amo le ricchezze nemmeno mondi doro; ramm sta fgliola chi eia smbatica a fa lamor. amo te biondina che sai fare lamore.
(variante)

Non amo le ricchezze nemmeno monti doro; dammi questa ragazza che simpatica a fare lamore. (variante) amo te biondina che sai fare lamore.

27.Quanto sei bellina delizia del mio cuor delizia dellamor;


zita = fidanzata, sono da tener presente i tre diversi significati del termine zita: fidanzata la sposa nel giorno delle nozze zitella. Questo vale anche per il maschile zito. Simili concetti si ritrovano in altri canti, come nei Canti popolari della valle dellArno, pag. 93; Canti popolari Velletrani, pag. 127; Rispetti damore raccolti nellAppennino parmense, pag. 92; Canti popolari toscani del Giannini pag. 258. Ma molto pi vicini ci sembrano, anche per forma letteraria, gli ultimi due versi della LXXXI poesia popolare calabrese pag. 92 Napuli e Palermu giriai/ndi vitti belli, ma non cumu vui. 108 cras = ciliegie, dal latino ceresea(m), introdotte in Italia dal Ponto durante le guerre mitridatiche (U.E.Paoli, Vita romana pag. 117). 109 ngin = lungo bastone, generalmente col manico a triangolo, che serviva ai contadini per tirare gi i rami degli alberi; dal latino uncinus. 110 malandrin = furbo, nel senso quasi di cattivo, senza scrupoli. 111 zomba = salta, da una serie onomatopeica zmb (AEI, voce zompare). 112 azzeccat = verbo trans. e intrans. dal medio alto tedesco zeken tirare un colpo, cogliere nel segno, agire a proposito, ma nei dialetti meridionali nel significato soprattutto di avvicinarsi, attaccarsi ad uno come una zecca /Del Donno, Studi etimologici sulla Rivista Samnium 1980 nn.3-4).
107

- 19 -

Quanto sei bellina delizia del mio cuore; delizia dellamore se altra fosse doro non cambio mai di te.

si nauta113 foss ror n m cambio mai di te.114

28.Fatt la nanna, si t la vo fa lu lliett115 tagg fatt r viol; lu matarazz r fiur rapril r lnzlett116 rcamat ror.
Fai la nanna, se la vuoi fare il letto ti ho fatto di viole; il materasso di fiori daprile le lenzuolette ricamate doro.

29.Vlarria sap chi fec sta ronna ma Gies Crist nderra la mmanna; cu li capigghj117 ricc e la faccia tonna118 janca119 cchi r la nev r la mndagna.
Vorrei sapere chi fece questa donna ma Ges Cristo la manda in terra; con i capelli ricci e la faccia tonda bianca pi della neve della montagna.

Amore moi quanto ti amo


113 114

30.Amor mij quando tamo quand t vogl bben; mhaj ngatnat120 lu cor cu nu fasc r caten.

auta = altra, dove la l si vocalizza in u. per altra dopna mai te cangiarla dice uno strambotto del 400, riportato dal Bronzini (Lares XLV n. 1 pag. 95). 115 lliett = letto, per dittongazione della e in ie : con raddoppiamento delle consonanti iniziali e finali che, ancora oggi, nella parlata delle persone pi anziane si distingue nettamente. 116 lnzlett = piccole lenzuola. 117 capigghj = capelli, con il passaggio del gruppo ll a ggh. 118 tonna = tonda, forma abbreviata per rotonda. 119 janca = bianca, nellarea meridionale la b presenta uno sviluppo j. cchi janca di la nivi a Mungibeddu cchi bianca Diu ti fici di la nivi si legge nel repertorio sinottico della raccolta Vigo, a cura di Vera Di Natale, in Lares XLII n. 2 pag. 202, prima riga e XLIII n.1 pag. 100, seconda parte della settima riga. Bianca come la neve di montagna riporta anche Dante Priore nella sua raccolta di Canti popolari della valle dellArno pag. 95 al settimo capoverso.Sete pi bianca che neve in montagna si legge nei Canti Popolari Toscani di G. Giannini pag. 79; Ianca cchi di nammendula mundata/janca cchi di a nivi a li muntagli recita Raffaele Corso a pag. 42 dei suoi Patti damore e pegni di promessa. 120 ngatnat = incatenato, in spagnolo si ha encadenar.

- 20 -

quanto ti voglio bene; mi hai incatenato il cuore con un fascio di catene.

31.Quand t vogl bben e quand t vogl am; mhaj ngatnat lu cor e nn m pozz scatn121.
Quanto ti voglio bene e quanto ti voglio amare; mi hai incatenato il cuore e non mi posso liberare.

32.A la Fcocchia ammond122 di notte la ncontraj; ed ij laddmmannaj123 si vla fa lamor. ed essa mi rispose sono piccolina ancora.
(variante)

Sopra la Ficocchia di notte la incontrai; ed io le domandai se voleva fare lamore. (variante) Ed essa mi rispose sono piccolina ancora.

33.Quann leva lu sol, leva vasc e quannauza cchi piglia calor; probbia cum la ronna quann nasc si n cresc n t pong lu cor.
Quando sorge il sole, sorge basso e quando pi si alza, pi prende calore; proprio come quando nasce la donna se non cresce non ti punge il cuore.

34.Quann leva lu sol, leva vasc e quand cchi sauza, cchi porta calor; accuss eia la ronna quann eia picculella
121 122 123

scatn = togliere le catene, liberare. ammond = letteralmente vuol dire sopra, forse dal latino ad montem, ma qui sta ad indicare in salita. addmmannaj = domandai, dallarcaico addimandare.

- 21 -

Quando spunta il sole, spunta basso e quando pi si alza, pi porta calore; cos la donna quando piccola pi fa grande e pi pensa allamore.

cchi fac hrossa e cchi penza a lamor124.

35.La stella r livand m pariv la luna r scnnar massmgliav; rosa rossa mai culor perd addora quann eia secca e quann eia verd125.
La stella di levante mi sembravi la luna di gennaio mi assomigliavi; rosa rossa non perde mai colore odora quando secca e quando verde.

36.Faccia r na mennla126 fiorita faccia r na rosa spambanata; nn nagg vist cchi culrita, ggntil, piett tunn e aggraziata.
Faccia di una mandorla fiorita faccia di una rosa spampanata; non ne ho visto pi colorita gentile, petto tondo e aggraziata.

Ti voglio bene ti voglio bene assai; amicizia e primo amore non si abbandona mai.

37.T vogl bben, t vogl bben assaj; amicizia e primamor nn sabbandona maj.

38.Fgliola chi vai nchiesia a send lu prrrcator; ra nanz prieh127 a Ddij t vuot nnret128 e faj lamor.129
La delicata e quasi femminea bellezza di questi versi, la si ritrova identica nei Canti popolari Piceni raccolti dal Marcoaldi a pag. 99: Quando che leva il sole, leva al basso/e pi sinnalza e pi getta splendore,/e cos fa la donna quando nasce/pi si fa grande e pi conosce amore. 125 Questo paragonare lamata alla luna di gennaio, si trova anche nel repertorio sinottico della raccolta Vigo (Lares XLIII n. 1 pag. 81 riga 15). 126 mennla = mandorla, voce meridionale dal tardo latino amendula. 127 prieh = preghi, un vero hapax di h aspirata in fine di parola.
124

- 22 -

Ragazza che vai in chiesa a sentire il predicatore; davanti preghi Dio ti volti indietro e fai lamore

E io ti ho amata da quando eri nella culla; da piccola fanciulla con il cuore ti voglio amare.

39.E ij tagg amat ra quann jer ndo la culla; ra piccula fanciulla cu lu cor t vogl am130.

Io ti ho amata da quando eri nella culla; da piccola fanciulla voleva fare lamore.

40.Ij tagg amat ra che jer ndo la culla; ra piccula fanciulla la vla fa lamor.

Vieni amore mio vieni consolami; vieni a questo cuore e vedi cosa vuole da te.

41.Vien amore mij vien cunzola me; vien a quist cor e bbir che bbol ra te.

Tu sei gentile e sei nata gentile; quando ti metti accanto a me mi sembri una rosa profumata.
128 129

42.Tu si ggndil e si ggndil nata; quann t mitt a lu lat a mme m par na rosa mbrfumata.

nnret = indietro, dal latino volgare in de retro. Simile descrizione la troviamo nei canti piemontesi raccolti dal Marcoaldi pag. 120 n. 5. 130 Sciuri di spica/tamai di quannu stavi ntra la naca, troviamo in quella miniera del Repertorio Vigo (Lares XLIII n. 1 pag. 97).

- 23 -

Cinque foglie da questo fiore te le dono a te; cinque parole damore non ti scordare di me.

43.Cingh fogl ra stu fior t r don a tte; cingh parol ramor n t scurd r me.

Amore quando ti amo quanto faccio per tenerti; la notte quando dormo mi sveglio e penso a te.

44.Amor quand tam quand fazz p t tn; la nott quann rorm m rvegl131 e penz a tte.

45.Lu sol chi mo cala la luna mo tramonda; tu sei la mia gioconda e la mia vita mi fai ggioc.
Il sole che ora cala la luna ora tramonta; tu sei la mia gioconda e la mia vita mi fai giocare.

Buona sera Fontanarosa creasti il paradiso; creasti una donna galante sa fermare suoni e canti.

46.Bbona sera Fntanarosa chi criast lu paravis; criast na ronna haland s frm suon e cand.

47.Mndagna ror e coperta rargiend, faj mr a chi bben t vol; si amand tu naviss cinchciend
131

rvegl = mi sveglio, dal latino exvigliare (DEI, voce svegliare).

- 24 -

Montagna doro e coperta dargento fai morire a chi ti vuole bene; se tuavessi cinquecento amanti di questa battaglia sono io il vincitore.

r sta battaglia so ij lu vnctor.

Oi l e oi l lho detto e lo far; ti debbo rubare il cuore e non te ne far accorgere.

48.Oi l e boi l ragg ritt e raggia fa; taggia arrbb lu cor e n t naggia fa addn.132

Oi l e oi l aspetta e n parl; il fischio sospetto e se ne accorge tua madre.

49.Oi l e boi l aspetta e n parl; lu frisck eia sspett e s naddona mammata.

La donna quando bella si conosce nel camminare; la dondola la gonnella il grembiule allariul.

50.La ronna quann eia bella s canosc a r cammn; la zecula133 la unnella lu uandsin134 allariul.

51.Chi t rha ditt, amor, ca n t vogl135 fatt lu fancuttiell136 ca ij t pigl; lu pagliariell eia fatt a la mndagna arrobba li pann a mammata137 e giamnninn138.
addn = accorgere, dal latino medioevale addonare se, molto frequente nel nostro dialetto. zecula = dondola. 134 uandsin = grembiule o grembiale, sost. femm., dal latino ante sinum = davanti al grembo (Del Donno, Studi etimologici sulla rivista Samnium 1981 n. 3-4 pag. 218). 135 vogl = voglio, usato qui nel senso di amare; infatti in dialetto calitrano per dire che due persone sono fidanzate si usa dire che s voln. 136 fancuttiell = un insieme di effetti, generalmente strettamente personali, racchiusi in un grosso fazzoletto.
133 132

- 25 -

Chi te lo ha detto, amore, che non ti voglio fai il fangotto che io ti prendo; il pagliaio fatto alla montagna ruba i panni a tua madre e andiamocene.

52.Chi t rhav ritt, amor, ca n t vogl fatt lu fancuttiell ca t pigl; lu pagliariegghj lu tengh ind Nrich piglia li pann e scappatinn cu mich.
Chi te lo ha detto, che non ti voglio fatti il fangotto perch io ti piglio; il pagliaio ce lho a Nerico prendi i panni, fuggi con me.

53.Bella fgliola chi t chiam Milla139 ij semb Milla t vogl chiam; cu sacqua chi t lav la matina t preh, Milla mia, n la sctt;140 ndov la sciett tu, ng nasc nu ggigl abbata a quillu spos chi a vuj s piglia.
Bella ragazza che ti chiami Milla io sempre Milla ti voglio chiamare; con questacqua che ti lavi la mattina ti prego, Milla mia, non la buttare; dove la getti tu, nasce un giglio beato a colui che a voi si sposer.

mammata = tua madre, questuso enclitico del possessivo, in genere riferito a persone comunissimo nellarea Calitrana, infatti si dice abitualmente: attanta (tuo padre) fratta (tuo fratello) sorata (tua sorella) figliata (tua figlia) mglierta (tua moglie) maritta (tuo marito) fratma (mio fratello) cainatta (tua cognata) sorama (mia sorella) mglierma (mia moglie) maritma (mio marito) zianata (tuo zio/a) npotta (tuo/a nipote) ecc. 138 giamnninn = andiamocene, fuggiamo. Amuri si daveru mi voi beni, fuiri ni nnavemu tutti dui si legge nel repertorio sinottico della raccolta Vigo (Lares XLII n. 1 pag. 87 32 riga). 139 Milla = diminutivo di Camilla, abbastanza usato a Calitri. 140 sctt = gettare, con la variante di g che davanti a vocali palatali si muta in sc _ Anche qui larea di riscontro abbastanza ampia. E va dai Canti di Piano di Sorrento pag. 67 n. CVI, secondo capoverso; ai Canti popolari Piceni del Marcoaldi pag. 112 n. 54, terzo capoverso; ai Canti popolari Velletrani pag. 180 n. 439, ai Canti popolari Toscani del Giannini dove a pag. 89 si legge Lacqua che ti ci lavi la mattina/ti prego, anima mia, non la buttare! Nel libro I Re taumaturghi di Marc Bloch a pag. 67 si parla del rito taumaturgico dei Re di Francia e di Inghilterra e dellacqua dopo che se ne erano lavato le mani.

137

- 26 -

Buonasera a vuj sgnur


54.Buonasera a vuj sgnur la bella so bnut141 a cand; lu rolc sonn chi vuj facit so bnut a srvgli.
Buonasera a voi signori la bella sono venuto a cantare; il dolce sonno che voi fate sono venuto a sorvegliare.

55.Prima arrvata mia bonasera, saluti a tutti; e nu salut ra part a Nenna mia cchi de tutt.
Prima arrivata mia buonasera, saluti a tutti; e un saluto da parte a Nenna mia pi di tutto.

56.Prima arrvata mia t salut cu lu cappiegghj; oin quando sei bella chi r te s vol scurd.
(variante)

Prima arrivata mia ti saluto col cappello; oin quanto sei bella chi di te si vuole dimenticare. (variante) Per questa donna bella che penitenza che debbo fare oin chi ti vuole abbandonare.

P sta ronna bella che pntenzia caggia fa oin chi t vol abbandn.

57.T so bnut a cand t lagg fatt lu cor cuntend; li snett chi taggia ric manna prima vn a mmend
(variante)

li snett chi t rich


bnut = venuto, per il passaggio della v iniziale in b.

141

- 27 -

Ti sono venuto a cantare e lho fatto col cuore contento; i sonetti che ti debbo dire mi devono prima venire in mente. (variante ) I sonetti che ti dico Nenna mia ricordali.

Nenna mia tienr a mmend.

58.Tengh nu rcanett142 si vir cum fruscia143; mmiezz a ss ddoj mnnusc144 quanda vas taggia r.
Ho un organetto se vedi come fruscia; in mezzo a queste due mammelle quanti baci ti debbo dare.

Mi sono messo a cantare sotto a questa finestrella; tira la borea forte e se ne vola il cappello.

59.M so puost a cand sott a sta fnstrella; mena la voria fort sabbola lu cappiell.

Mi son messo a cantare sopra questo parapetto; soffia il vento forte e mi fa volare il cappello.

60.M so puost a cand ngimma a stu afijell145; mena lu viend fort e s nabbola lu cappiell.

61.Nuj hamma cand sott a sta fnstrella;


rcanett = organetto, strumento musicale comunissimo. fruscia = suona, qui inteso come intensit di suono e continuit. 144 mnnusc = diminutivo di mammella, in dialetto menna, dal latino minna. 145 afijell = propriamente nel nostro dialetto un parapetto in muratura che destate favorisce assembramenti di persone che sedute su questo parapetto parlano, cantano oppure molestano; dal longobardo waifa; nel napoletano si conosce gaifo (Pentamerone del Basile vol. 1 pag. 69) e Vefio la bella raccolta di FolkGlossario del dialetto procidano del medico Vittorio Parascandola.
143 142

- 28 -

Noi dobbiamo cantare sotto a questa finestrella; oin quanto sei bella questa sera ti debbo cantare.

oin quand si bella, msera146 taggia cand.

Io sono venuto a cantare a questa donna bella; prego la Madonna che me la fa sposare.

62.Ij so bnut a cand a sta ronna bella; la preh la Maronna chi m la fac pgli.

Noi cantiamo cantiamo alla rsciuna; dopo mangiato e bevuto dobbiamo fare baccano.

63.Nuj candam, candam a la rsciuna;147 ropp mangiat e bippt hamma fa auz lu fum.148

64.E nuj chi candam sim ancora rsciun; hamma prima mangi e bbev p fa auz lu fum.
E noi che cantiamo simo ancora digiuni; dobbiamo prima mangiare e bere per poi fare baccano.

65.Nuj hamma cand (chi candam) a luc r stell; oin quand si bella
msera = stasera, proprio dellarea Irpina che il Rohlfs erroneamente pone soltanto nella zona di Montefusco. 147 rsciuna = a digiuno. 148 hamma fa auz lu fum = particolare modo di dire, per significare che le cose saranno fatte con tale e tanto strepito da far sollevare la polvere o il fumo.*** Ccu vucca asciutta lu cantari nvanu si legge nel repertorio sinottico della raccolta Vigo (Lares XLII n. 2 pag. 210) per dire al pari del dialetto calitrano che solo dopo aver ben mangiato e (ancor pi) bevuto, si pu essere molto efficienti per le serenate.
146

- 29 -

Noi dobbiamo cantare (che cantiamo) a luce di stelle; oin quanto sei bella stasera ti dobbiamo cantare.

msera tamma cand.

Siamo venuti a cantare sotto a questa finestrella; e il passettino tuo bello mi fa appassionare (mi hai fatto appassionare).

66.Sim vnut a cand sott a sta fnstrella; e lu passtiell149 tuj bbell m fac appassiun (m ngei fatt appassiun).

Noi dobbiamo cantare sotto a questa lampadina; con un fiasco di vino stasera ci dobbiamo ubriacare.

67.Nuj hamma cand sott a sta lampedina; cu nu bttglion150 r mier151 msera namma mbriac152.

Mi sono messo a cantare sotto a questa lampadina; il nome di questa biondina e chi se lo dimenticher.

68.M so puost a cand sott a sta lampedina; lu nom r sta biondina e chi s lu vol scurd.

69.Tengh nu rcanett e eia a quatt bbass; li pier mij fann frahass p vn ndov si tu.
(variante)
149 150 151 152

passtiell = diminutivo di passo. bttglion = grossa bottiglia di circa due litri, senza impagliare. mier = vino, dal latino merum vinum = vino puro, senza mescolanza dacqua. mbriac = ubriacare, sostantivo mbriach, dal latino ebriacus (DEI, voce ebbro).

- 30 -

Ho un organetto ed a quattro bassi; i piedi mi fanno solletico per venire dove sei tu (variante) Ti sono venuto a cantare con questo organetto a quattro bassi.

T so bnut a cand cu stu rcanett a quatt bass

Faccia di luna piena ora ti sei coricata; come sono i tuoi pensieri cos li ho presi.

70.Faccia r luna chiena mo t si dvacata;153 cum so li tuj pnsier accuss ragg pgliat.

71.Lu tiemb eia nuvl mmiezz eia assrnat; e cum so li tuj pnsier accuss ragg pgliat.
Il tempo nuvolo in mezzo sereno; e come sono i tuoi pensieri cos li ho presi.

72.E tu t si curquata154 e n t si addrmuta155 ancora; tu stiv aspttann lamor chi tava vn a cand.
(variante)

E tu ti sei coricata e non ti sei addormentata ancora; tu stavi aspettando lamore che doveva venire a cantare (variante) Stai aspettando lamore
153 154 155 156

staj aspttann lamor e quann vol vn.156

duvacata = coricata, forse meglio stravaccata. curquata = coricata, dal francese antico colchier. addrmuta = addormentata, dal latino tardo addormire (DEI, voce addormire). Tratto dal libro di Rocco Polestra Calitri 1897-1910 Tip. Pannisco Calitri 1980 pag. 185.

- 31 -

e quando vuol venire.

73.Luma157 la luna e luma la lumera158 la bella mia n seia curquata ancora; vai p ndo la casa, cum a na valena corcat, bella mia, mndagna ror.
Illumina la luna e illumina la lanterna la bella mia non ancora si coricata; va per la casa come una balena coricati, bella mia, montagna doro.

74.Ruorm bella, ruorm cara, ca lu suonn eia nu rpos; quann po sarai mia sposa cchi n rrmarraj accuss.
Dormi bella, dormi cara perch il sonno un riposo; quando poi sarai mia sposa pi non dormirai cos.

75.Ssbegliat ra lu suonn, bella s neia vnut lamand; tu ruorm e ij t cand quist eia lu cand r lamor (lu cand eia p tte).159
Svegliati dal sonno, bella perch venuto lamante; tu dormi ed io ti canto questo il canto dellamore (il canto per te)

76.Ssbbegliat ra lu suonn ca eia vnut lamand; tu ruorm e ij t cand quist eia lu cand r lamor.
Svegliati dal sonno perch venuto lamante; tu dormi ed io ti canto
157

luma = illuminare, dal francese antico lumer. lumera = lume, generalmente a petrolio e prima ancora ad olio che veniva usato nelle case. *** Quasi identiche considerazioni sono fatte nella raccolta di Canti popolari Umbri di Mario Chini a pagina 129 n. 4. 159 Risbigghiativi bedda e non dormiti recita il repertorio sinottico della raccolta Vigo (Lares XLIII n. 1 pag. 84, 3 capoverso). Anche nei Canti popolari Toscani raccolti dal Tigri pag. 102 n. 385, si trova un analogo concetto.
158

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questo il canto dellamore.

77.Ssbbegliat ra lu suonn, bella ca so bbnut ij; r sndarraj sn r camban r larmonia.


Svegliati dal sonno, bella perch sono venuto io; le sentirai suonare le campane dellarmonia.

78.Ra lu rolc suonn sbegliat, cara, so lu vostr amand; na mmasciatella, 160cara, lu vostr amor v vol fa.
Dal dolce sonno, svegliati cara, sono il vostro amante; una ambasciata, cara il vostro amore vi vuole fare.

79.Lena161 e boi Lena mitt lacqua a la srena;162 si n la mitt bbona manch t cand e manch t son.
Lena e boi Lena metti lacqua alla serena; se non la metti bene neanche ti canto e neanche ti suono.

Lo senti che viene a piovere e cadono le gocce; ragazza coricati ai bordi del letto ti dobbiamo venire a cantare. (tu mi devi fare antrare).
160 161 162 163 164

80.R siend ca ven a chiov e carn r stizz163; fgli corcat mbizz164 thamma vn a cand. (tu meia fa cap)

mmasciatella = ambasciata, diminutivo. Lena = diminutivo di Elena srena = al freddo della notte. stizz = gocce dacqua piovana mbizz = sullorlo, forse dal Gotico pizze: punta di spada, sul ciglio.

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Lacqua del mare calma come il sole; soltanto tu bella ragazza soltanto tu sarai cos

81.Lacqua r lu mar eia tranquilla cum lu sol; sola tu bella fgliola sola tu sarai cos.

Si alzata la stella la stella mattutina; alzati biondina dobbiamo andare alla messa del mattino

82.Eia luata la stella la stella matutina; auzat biondina hamma sc a messa matina.

In punto alla mezzanotte appaiono le stelle; dove cammino io mi fa luce la mia bella

83.Mbund mezzanott appaiono le stelle; ndov camin ij m fac luc la mia bella.

84.Vlarria cand a per a sta lggetta165, ndov ng leva na spenda r sol; ng staj na fgliola assai allhretta,166 pcculella e sap fa lamor; langl r lu ciel l fann festa mbaravis la voln a sta fgliola.
Vorrei cantare ai piedi di questa loggia dove c uno spiraglio di sole; c una ragazza molto allegra piccola e sa fare lamore; gli angeli del cielo le fanno festa in paradiso la vogliono a questa ragazza.

165 166

lggetta = balcone pi grande del solito, tipo loggia. allretta = allegretta.

- 34 -

Il cielo stellato con trentasei stelle; finiamo di cantare e giriamo a tarantella.

85.Lu ciel eia stllat cu trentasei stell167; fnim r cand e vtam a tarandella168.

E venuto a piovere si sono avviate le lavine; mi sono fatto come un pulcino per venire a cantare a te (e non ti voglio cantare pi)

86.Eia vnut a chiov s so abbat r lavin169; m so fatt a plcin p vn a cand a tte (e n t vogl cand cchi).

Tu dormi a sonno pieno qui fuori io sono gelato; tu ti volti allaltro lato ed io mi vado a coricare.

87.Tu ruorm a suonn chin qua for ij so gglat; tu t vuot a latu lat e ij m vach a curqu.

88.La mia bella m staj annaslann170 a la fnestra e eia morta r suonn;171 ij t rich: bella mia, trastinn172 ca lacqua tnrella173 t fac rann; ij tagg amat juorn, mis e ann, e mo tavessa perd p lu suonn.
La mia bella mi sta ascoltando

trentasei stelle = il numero 36 deve racchiudere un significato che comune a molte aree culturali. vtam a tarantella = giriamo a tarantella, danza popolare cantata, tipica dellItalia meridionale. 169 lavin = smottamenti di terreno causati dalle piogge, dal latino tardo labina. 170 annaslann = ascoltando, voce tipicamente irpina, dal latino volgare inausulare tratto dallosco ausis il corrispondente del latino auris, orecchio (DEI, voce annasuliare). 171 morta r suonn = modo di dire per indicare stanchezza per sonnolenza. 172 trastinn = entra, dal latino tra(n)-sire, andare oltre. 173 acqua tnrella = rugiada.
168

167

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alla finestra ed morta dal sonno; io ti dico: bella rientra in casa perch lacqua tenerella ti fa male; io ti ho amato giorni, mesi e anni ed ora ti dovrei perdere per il sonno.

Mi son messo a cantare sotto a questo lampione; senza che ti spieghi il nome noi due ci dobbiamo capire.

89.M so puost a cand sott a stu lambion; senza chi t spieh lu nom nuj ruj namma cap.

90.Tagg vnut a cand a la porta t r lass scritt; lu cor chi tien afflitt t ptess cunzl.
Ti sono venuto a cantare alla porta te lo lascio scritto; il cuore che tieni afflitto ti potessi consolare.

91.Ij cand e cand arrpat174 a lu mur; oin statt sicura ca nuj ruj namma spsa.

Io canto e canto accostato al muro; oin stai sicura perch noi due ci dobbiamo sposare.

Io canto e canto per simpatia; chi se lo vuole dimenticare il nome di questa biondina

92.Ij cand e cand r smbata; chi s lu vol scurd lu nom r sta biondina.

174

arrpat = accostato, dal latino medioevale adripare.

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Ti sono venuto a cantare in questo vico stretto; il cuore che hai afflitto te lo voglio consolare.

93.Tagg vnut a cand ndo stu vich stritt; lu cor chi tien afflitt t lu vogl cunzl.

Tu dormi nel letto introneggiata dai fiori; in mezzo cera scritto delizia dellamore

94.Tu ruorm nda lu lliett ntroneggiata dai fiori; mmiezz ngera scritt delizia dellamore.

95.Tu ruorm a lu cuscin ij rorm a la srena;175 che pena e auta pena auzat176, bella, e vienm apr.
Tu dormi al cuscino io dormo alla serena; che pena e altra pena alzati, bella, e vieni ad aprire.

96.Tu ruorm a lu cuscin e ij rorm a lu scalon; quand m faj mr p n poch r passion.


Tu dormi al cuscino ed io dormo sullo scalino; quanto mi fai morire per un poco di passione

97.Tu ruorm a lu cuscin e ij a lu scalon;


175 176

Io che ce dormo a la serena si trova nei canti Velletrani a pag. 16. auzat = alzati, dal latino altiare, con la vocalizzazione della l in u.

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Tu dormi al cuscino ed io allo scalino; se ne hai compassione alzati, bella, e vienimi ad aprire

si nhaj cumbassion auzat, bella, e vienm apr.

Tu dormi al cuscino io dormo alla serena; se viene un altro amante tu di me non ti devi dimenticare. (variante) Spezzala questa catena Non la posso pi portare.

98.Tu ruorm a lu cuscin ij rorm a la srena; si naut amand ven tu r me n teia scurd. ( variante) spezzala sta catena n la pozz cchi prt.

99.Quist eia lu prim snett chi taggia accummnzat177; qua for eia lu nnammrat questa sera t vol cand.
Questo il primo sonetto che ti ho cominciato; qui fuori linnammorato questa sera ti vuole cantare.

100. Quist so dduj snett chi tagg accummnzat; qua for ngeia lu nnammrat la srnata t vol fa.
Questi sono due sonetti che ti ho cominciato; qui fuori c linnamorato che la serenata ti vuole fare.

101. Tu staj ndo ssu lliett cundenda sola tu;


177

accummnzat = incominciato, dal latino cominitiare.

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Tu stai in questo letto contenta solo tu; questa vita disperata me la fai mancare tu.

sta vita rsprata m la faj manc tu.

102. Nel tuo bianco letto ntroneggiat178 r ros e fior; dentro cera scritto la delizia dellamor.
Nel tuo bianco letto introneggiata di rose e fiorei; dentro cera scritto la delizia dellamore.

Tu sei nel letto e come una monachina; ed io qui fuori ti faccio la sentinella.

103. Tu si ndo lu lliett e cum na mnacella; e ij ra qua for t la fazz la sndnella.

E arrivato gennaio sono caduti i primi geli; se fosse primavera sempre qua canterei.

104. Eia arrvat scnnar so carut li prim ggel; si sarra primavera semb qua avessa cand.

105. So tre or chi cand qua nnanz sta prtegghia179 n vesc rapr; lu tien lu cor r fierr siend lamand e t mitt a durm.
Sono tre ore che canto qui davanti questa porticina non vedo aprire; hai un cuore di ferro
178 179

ntroneggiata = quasi come in trono, in mezzo a rose e fiori. prtegghia = piccola porta, ma in genere si chiama cos quella porta di legno bassa che serve per far entrare aria nellambiente e impedire agli animali di entrare in casa.

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senti lamante e ti metti a dormire.

106. Msera eia viernr e n s canda e ij ng cand p rvzzion180; ngeia la bella mia chi s vol fa sanda sera e matina se passa la crona181.
Questa sera venerd e non si canta ed io le canto per devozione; c la bella mia che si vuole far santa sera e mattina recita la corona.

107. So ddoj or182 chi cand e nsciun m ric bbasta; lu buon anim avasta183 eia arrvata lora e maggia rtr.
Sono due ore che canto e nessuno mi dice basta; la buona predisposizione basta arrivata lora e me ne debbo andare.

108. Tagg vnut a cand lu zit tuj n nneia vnut; lu Sgnor lu raj laiut ndov vai a fath.184
Sono venuto a cantare il tuo fidanzato non venuto; il Signore gli dia laiuto dove va a lavorare.

109. Canda lu uagghj185 a lammasona186 buonasera e statt bbona;


rvzzion = devozione. s passa la crona = recita il rosario, con la corona. *** Particolarmente interessante il riscontro che si trova nei canti di S. Valentino a pag. 14: Ogge che vernar,ca nun si canta/Voglio cantare pe devuzione./Tenghe nennella mia, ch na santa/Ogne ghiuorno si dice la curona. 182 so ddoj or = sono due ore. 183 lu buon anim avasta = basta la buona intenzione. 184 Patetica e commovente scena di colui che va a cantare una serenata per conto di altri:Ci vinni apposta ca ci fui mannatu , /pri parti di cui assai ti voli beni ed ancora Iu a cantar ci fuju mannatu/ di nuomu ca vi voli stremu beni recita con pari delicatezza il repertorio sinottico della raccolta Vigo (Lares XLII n. 2 pag. 212 nn. 3-4 pag. 442) Bocchialini pag. 18 n. 25. 185 uagghj = gallo, dove il gruppo ggh si sostituisce al gruppo ll. 186 ammasona = propriamente abitazione per animali, dallantico francese maison, sec. XIII, a sua volta dal latino ma(n)sionis (DEI, voce magione). *** Canta lu gallu e scuotila li pinni/lassamu la bona sira e jammunninni cantano nei paesi della Pre-Sila (Santi, Streghe e Diavoli pag. 276) ripetendo il motivo test citato.
181 180

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Canta il gallo che sta a riposo buona sera e arrivederci; canta il gallo e fa chicchirich buona sera perch me ne devo andare

canda lu uagghj e fa chicchirich bona sera, ca m naggia ra sc.

Mi son messo a cantare ma pi la voce si affina; quando ci dobbiamo coricare fra le lenzuola di mussolina (ci prendiamo i pali e cosa ne dobbiamo fare delle spighe di granoturco).

110. Magg puost a cand ma cchi la voc maffina; quann namma curqu ndo r lnzol r msllin187 (n pgliam li paralin188 e li vzun189 che namma fa).

Non so cosa dirti a te fiore di menta; quel che ti dico il mio nome devi tenere in mente

111. N nagg che t ric a tte fior r laumenda;190 quegghj chi t rich lu nom mij leia tn a mmend.

112. Uocchj r scenca191 bbona quand t voglam.


Occhi di giovenca bella quanto ti voglio amare.

113. Bella sei come un angelo discesa dal ciel celeste; t fazz na srnata
msllin = mussola o mussolina, tessuto leggerissimo e morbido; il nome gli viene da Mossul, citt dellIrak. 188 paralin = pali che si usano per costruire un pagliaio. In una variante del Poema mugellano leggiamo gli uomini lunghi si metton pe pali/e quei piccini si fanno i maglioli pag. 110. 189 vzun = sono le spighe di granoturco cotte, ma pu anche significare persone basse e tozze. 190 aumenda = menta, con lassimilazione dellarticolo. 191 scenca = giovane vitella.
187

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Bella sei come un angelo discesa dal cielo celeste; ti faccio una serenata di sotto alla tua finestra.

ra sotta a la toja fnestra.

Ragazza diglielo a tua madre se ne ha piacere; sono venuto a cantare questa sera sono venuto a cantare damore.

114. Fgliola rlligghj a mammata si lhav lu piacer; so bnut a cand msera so bnut a cand ramor.

Scusami bella mia se sono venuto a questora; io sono un ragazzo di campagna e di nuovo in campagna debbo ritornare.

115. Scusam bella mia si so bbnut a questora; ij so guaglion r for e arret for m naggia sc.

Vengo da tanto lontano per venire a cantare questa donna; prego la Madonna che mi faccia combinare.

116. Vengh ra tand lundan p bbn a cand sta ronna; la preh la Maronna chi m fac cumbn.

I sonetti sono terminati ti fossi almeno affacciata; un altro ne rimasto il nome tuo da spiegare.

117. Li snett so frnut t fuss ssbb arranzata192; naut neia rmast lu nom tuj ra spieg.

192

arranzata = affacciata.

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118. Li snett chi tagg ritt n t reia scurd; quann vaj for a un a un reia cand.
I sonetti che ti ho detto non te li devi dimenticare; quando vai in campagna uno ad uno li devi cantare.

119. Vi lascio la bbona sera a mamma e attan r famiglia (pat e mamma r famiglia); si m la rat la vostra figlia cum a na rosa laggia tn.
Vi lascio la buona sera a madre e padre di famiglia; se mi date la vostra figlia come una rosa la voglio tenere.

120. T lass la bbona sera cu tutta larmonia; statt bbona, Nnnella mia m vogl sc a cunqu
(variante)

Ti lascio la buona sera con tutta larmonia; arrivederci, Nennella mia voglio andare a letto. (variante) buona sera addio addio fatto notte e mi debbo ritirare.

bbona sera addij addij eia fatt nott e maggia rtr.

121. T lass la bbona sera cu tott nocch e zaharell193; figli quand s bella chi t vol abbandn.
Ti lascio la buona sera con tutti i nastri e fettucce; ragazza quanto sei bella chi ti vuole abbandonare.

193

nocch e zaharell = nastri e fettuccine di stoffa e di carta, per dire una buona notte allegra e felice.

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122. Si vuoj sap lu nom r quigghj chi tha candat; eia lu nnammrat chi pensa semb a tte.
Se vuoi sapere il nome di chi ti ha cantato; linnamorato che pensa sempre a te

123. La bbona sera ij lass a tutt lu vcnanz; scusat la malacrianza194 si v so bnut a svgli.
La buona sera io lascio a tutto il vicinato; scusate la scortesia se sono venuto a svegliarvi.

124. V lass la bbona sera a tutt lu vcnanz; si agg fatt quacche mancanza195 so guaglion e mavita scus.
Vi lascio la buona sera a tutto il vicinato; se ho fatto qualche mancanza sono giovane e mi dovete scusare.

125. Nenna mia appannammilla196 la porta so bbnut ra tand lundan; a chi stu cor cchi n s scunforta ra la prtegghia pruoscm197 la man.
Nenna mia socchiudimi la porta io sono venuto da tanto lontano; a chi questo cuore pi non si scoraggia dalla porticina porgimi la mano.

malacreanza = maleducazione, un canto di Anoia di Calabria dice Vinni mu cantu e no ppigghiai licenza/scusatimi la mia malacreanza (Fiori Selvaggi pag. 1). 195 quacche mancanza = qualche mancanza, se ho disturbato, anche i canti di Piano di Sorrento registrano a pag. 82 si vaggioncumurate, sonne scusato; i Canti Velletrani a pag. 19 Si t guastato r sonno, compatisceme, e nella raccolta Vigo (Lares XLII pag. 86) Amici cumpatiti la gnuranza/e si forsi haju fattu mpirtinenza. 196 appannammilla = socchiudimi la porta, termine irpino (DEI, voce appannare). 197 pruoscm = porgimi, dal latino classico por(ri)gere.

194

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126. Si p sort tness na chitarrella t vnarra a cand nnand a la porta; curquata sola sola nda ssa cella e fors lu cand mij t cunforta.
Se per caso avessi una chitarra ti verrei a cantare davanti alla porta; coricata sola, sola in codesta cella e forse il moi canto ti conforta

127. Bona sera e sta cumpagna canda a Sanda Lucia; voj I , Ntni sta cumbagna canda p tte. (Ritornello) Quann sona mattin ruorm ancora a suonn chin. Rit. P t send na canzona t n sciv ndo Cannovon. Rit. Quann tu sciv a la scola taspettava ra nand a Cola. Rit.
Buona sera a questa compagnia canta a Santa Lucia; voi J, Antonietta sta compagnia canta per te (ritornello). Quando suona mattutino dormi ancora a sonno pieno. Per sentirti una canzona te ne andavi da Cannavone. Quando tu andavi a scuola ti aspettava nei pressi di Cola.

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Bella figliola
128. Bella fgliola, chi staj nfnestra, famm na hrazzia,198 n t n tras; nu capill mnam199 ra r trezz mnal abbasc ca vogl sagl200.

Bella ragazza, che stai alla finestra fammi una grazia, non te ne entrare; buttami un capello dalle trecce buttalo gi perch voglio salire.

Ragazza con questa pergola alla finestra lunga ti sei fatto lombra; viene il tempo di cogliere la cresta non si pu cogliere se non matura.

129. Fgliola cu ssa preula201 a ssa fnestra longa t lhaj fatta la frscura; ven lu tiemb r cogl la cresta, n s po cogl si n nneia matura.

Ragazza che stai alla finestra un garofano da codesta pianta; buttalo subito e buttalo piano con unaccortezza di non farlo guastare.

130. Fgli chi staj nfnestra nu harofal ra ssa hrasta202; menal priest e menal chian cu naccurtezza a chi n s uasta.203

Bella ragazza di quindici anni


198

131. Bella fgliola r quinnciann, chi sola, sola tu staj rmmenn;204 ven lu zit e tarrobba li pann e chian chian po s n scenn.

hrazzia = grazia, altro esempio di h aspirata. menam = butta gi, dal latino classico minare minacciare, si svilupp un volgare minare col senso di spingere innanzi. 200 Dai Canti del popolo di Piano di Sorrento a pag. 31 possiamo, con poca meraviglia ormai, evincere la straordinaria somiglianza quasi letterale: Bella che staje coppa a sa funesta/famme na razie, e nu te ne tras.Molleme nu capillo re sa trezza, mollala abbiscio ca voglio sagl. *** Vedi anche Lares 1984 n. 4 pag. 538. 201 preula = pergola, dal latino pergula, che si allunga, cresce. 202 harofal e hrasta = garofano e vaso da fiori, due parole ancora con la h aspirata. 203 uast = guastarsi, rovinarsi, dal med.alt.ted. wasten, che deriva dal latino vastare, trasformando, come sempre, la w germanica in gu.***Si grasta di galofaru trionfanti in Lares XLIII n. 1 pag. 101, 14 riga. 204 rmmenn = dormendo, dal latino dormire.
199

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che sola, sola tu stai dormendo; viene il fidanzato e ti ruba i panni e piano piano poi se ne scende.

132. Fgli famm nu segn quann mammata n ngeia; cu na man apr la porta e nauta abbracc a mme.
Ragazza fammi un segno quando tua madre non c; con una mano apri la porta e unaltra mi abbracci.

133. Arranzat a la fnestra coi capelli in mano; facendoti la testa205 a luso di Milano.
Affacciati alla finestra coi capelli in mano; pettinandoti alluso di Milano.

134. Quann so nghianat206 ngimma207 a sta fnestra t pigl208 mbrazz e t port a durm; quann sim ngimma a quigghj lliett mannaggia suonn e chi n bol vn.209
Quando sono salito sulla finestra ti prendo in braccio e ti porto a dormire; quando saremo su quel letto mannaggia il sonno che non vuol venire.

135. Tu ra la fnestra ij ra qua t vesc;210 tu t fai la cap e ij mappond211 la currescia.212


testa = in dialetto farsi la testa vuol dire pettinarsi. nghianat = salito, verbo trans.dal latino in-clinare= inclinare, chinarsi (per salire), piegarsi in gi (Del Donno, Studi etimologici, sulla rivista Samnium 1982 n. 3-4 pag. 237). 207 ngimma = sopra, forse da cima. 208 pigl = qui nel senso di prendere, afferrare. 209 Quanno nce songo coppa a sa funesta/pigliame mbraccio e portame a durm./Quanno nce simmo coppa a chillu liettu/mannage e muorte e chi nce vo rurm Questa rispondenza quasi pedissequa che si riscontra nei Canti di Piano di Sorrento pag. 31 non solo ci meraviglia sempre di pi, ma ci sprona a ricercare il come e il quando si sia esplicata la ormai indubbia influenza dellarea sorrentina sul nostro patrimonio culturale dialettale. 210 vesc = vedo.
206 205

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Tu dalla finestra io di qua ti vedo; tu ti pettini ed io mi abbottono la cintura.

136. Fnestra cu ssa nova rvrenzia a p tras213 ng volen r stanz; si m ric r s, bella ronna ng pens e si m ric r no, cambj stanza.
Finestra con questa nuova riverenza per entrare ci vogliono le stanze; se mi dici di s, bella donna ci penso e se mi dici di no, cambio stanza.

137. Fgliola e boi fgliola n t fa coc214 ra lu sol; tammacchieraj lu vis e stramtisc r culor.
(variante)

Ragazza e boi ragazza non ti fare scottare dal sole; ti macchierai il viso e cambierai di colore (variante) leva la faccia dal sole perch ti macchierai il viso e ti cambi di colore.

leva la faccia ra lu sol ca tu t macchierai lu vis e ti cambi di colore.

138. Fgliola mia quand tagg amat perdona a stu pvriegghj tand malat; si mabbanduon, nenna, a stu mmend ramor s n mor stafflitt amand.
Ragazza mia quanto ti ho amato perdona a questo pverello tanto ammalato; se mi abbandoni, nenna, in questo monento di amore se ne muore questafflitto amante.

211 212 213 214

appond = abbottono, verbo trans.dal latino ad, prefisso con valore modale+ punctum. currescia = cintura per i pantaloni, dal latino corrigia lacci per scarpe poi cintura. tras = entrare, termine usato nel Mezzogiorno e derivato dal latino trans ire. coc = cuocere, ma in questo particolare caso vuol significare scottare, dal latino cocere.

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Quand si bella
139. Quand si bella e quand si galand vaj a la chiesia e salut la fond: cu la man t pigl lacqua sanda e cu lu rit215 t la mitt nfrond; quann tadduon ca lu zit eia for manch t siend la Messa e t n vaj.

Quanto sei bella e quanto sei galante vai in chiesa e saluti la fonte: con la mano ti prendi lacqua santa e col dito te la metti in fronte; quando ti accorgi che il fidanzato fuori neanche ti ascolti la Messa e te ne vai.

Vorrei salire in cielo se potessi con una scaletta di tremila passi; alla met dellaria vorrei cadere nelle braccia della mia bella per mettermi sopra il suo letto e con le sue manine mi raccomodasse.

140. Vlarra sagl216 ngiel si ptess cu na scalella r tremilia pass; a la mt r laria chi caress217 e mbrazz a la mia bella chi chiavass,218 ngimma a lu lliett suj m mttess cu r manuzz soj maggstass.

Come sei fatta bianca gentile con il petto; sei andata alla fiera di Andretta ti volevi maritare.

141. Cum si fatta janca ggndil cu lu piett; si ggiuta a la fera219 rAndretta t vliv mmart.

rit = dito, dal latino digitus, di etimologia incerta (DEI, voce dito). *** Analogo concetto viene espresso a pag. 275 dei Canti popolari Siciliani, raccolti da S. Salomone Marino ora nella collana di Klk-Lore a cura di G.B.Bronzini; e nei Canti popolari piemontesi raccolti dal Marcoaldi a pag. 120, dove si legge :La peja lacqua santa e po sinsigna, la guarda au so moros e po ghigna.Vedere anche Lares 1984 n. 4 pag. 548. 216 sagl = salire,dallantico salire del XIII sec.per influsso di salio (DEI, voce salire). 217 caress = cadesse. 218 chiavass = andasse a finire. *** Il consueto riscontro nei Canti di Piano di Sorrento a pag. 77 con laltro quasi identico nelle Villanelle di Gaetano Amalfi a pag. 14. 219 fera = fiera, voce semidotta dal latino feria = festa, passato a fiera, perch le fiere avevano luogo gi nel periodo precristiano in coincidenza colle grandi festivit religiose (DEI, voce fiera).

215

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Come sei fatta rossa come una ciliegia; ti voglio dare un bacio dove piace a me.

142. Cum si fatta rossa cum a na crasa;220 t vogl r nu vas ndov m piac a mme.

Come sei fatta bianca come ad una ricotta; i capelli inanellati te li devo far portare.

143. Cum si fatta janca cum a na rcotta; li capill a cannlott221 t raggia fa prt.

Oin quanto sei bella (quanto sei bellina) lamante lo fai sospirare gli dai un bacino ti accarezza e se ne va.

144. Oin quand si bella (quando sei bellina) lamand lu faj sspr lu raj nu vasill taccarezza e se ne va.

145. Bella sei come un angelo lucente come una stella; oin quando sei bella chi t vol abbandn
Bella sei come un angelo lucente come una stella; oin quanto sei bella chi ti vuole abbandonare.

crasa = ciliegia, dal latino cerasus pianta e frutti del ciliegio, portato dal Ponto in Italia da Lucullo nel 71 a. C. *** Un analogo riscontro lo si trova a pag. 349 di Un Dialetto della Lucania di A.R.Mennonna. 221 cannlott = capelli inanellati o riccioli..*** Aviti li capiddi ncannulati recita un canto di Borsetto nella raccolta Salomone-Marino a pag. 55.

220

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146. Mmiezz a questa strata ngeia nu lambion r luss; chi sciurrca la mia bella semb uerra laggia fa.
In mezzo a questa strada c un lampione di lusso; chi critica la mia bella sempre guerra gli devo fare.

147. Sott a larch r Ccoria n ngeia bbsuogn r lambiun; ca ngeia Giacinda r mamma chi fac luc cum la luna.
Sotto allarco di Cicoria Bon c bisogno di lampioni; perch c Giacinta mia di mamma che illumina come una luna.

148. Quann ierm222 pccninn223 sciemm224 tutt e duj a la scola; lu maiestr225 n mbarava legg, scriv, e r fa lamor.
Quando eravamo piccoli andavamo tutti e due a scuola; il maestro ci insegnava leggere, scrivere e fare lamore.

149. Ti ricordi Nenna quelle parole dolci; la sera sottovoce lo facevi lamore con me. 150. Come sei bellina bellina pi di un fiore; sei la rosa di aprile e della primavera ancora.

ierm = eravamo. pccninn = piccolini. 224 sciemm = andavamo, dal latino ire, andare; la consonante iniziale analogica su giamo dal latino eamus (DEI, voce gire; e Rohlfs, 545). 225 maiestr = maestro, tramandate anche in antico senese ed aretino, dal latino magister.
223

222

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151. U juorn r Sand Canij cumera vstuta bella; mmiezz a tutt r cumbagn la zita mia era la cchi bella.
Il giorno di San Canio come era vestita bella; in mezzo a tutte le compagne la mia fidanzata era la pi bella.

152. A lu pond r SandAndonij lhann fatt lu ndavlat; ij quann vesc a tti vesc a Crist rscsctat.
Al ponte di SantAntonio hanno fatto il podio per la musica; io quando vedo te vedo Cristo resuscitato.

153. Nnanz a la porta r casta226 ngeia nu cardill227 chi zomba; ngeia lamand faccfrond228 lu cor ra piett t vla lu229.
Davanti alla porta di casa tua c un cardellino che salta; c lamante di fronte ti vorrebbe togliere il cuore dal petto.

154. Vcin a la porta r casta ngeia nu cardill chi zomba, zomba; lamand eia faccfrond e t vol send cand.
Vicino alla porta di casa tua c un cardellino che salta, salta; lamante difronte e ti vuole sentire cantare.

155. T ragg ritt bella quann sciam a la Messa candata;


casta = casa tua, il Rohlfs, 430 menziona come molto rare le forme enclitiche del pronome possessivo non riferito a persone, come nella nostra nota n. 137, mentre per il dialetto calitrano comunissimo ed attualissimo; vedere anche larticolo di Ilio Calabresi su Lingua Nostra 1976 nn. 1-2 pag. 25. 227 cardill = cardellino, uccello della specie Carduelis carduelis, ordine passeriforme. 228 faccfrond = di fronte, formato da faccia e fronte (Rohlfs, 846). 229 lu = togliere, dal latino tollere, sostituito nel nostro Mezzogiorno dal latino levare.
226

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Te lho detto bella quando andiamo alla Messa cantata; fra le compagne ho scelto te.

ra miezz230 a r cumbagn a tte magg capat231.

156. Ngera la luna, tann affacciava a lacqua chiara chi sammrava; ngiel r stell tand lundan ma la cchi bella tna p man.
Cera la luna, allora spuntava nellacqua chiara si ammirava; in cielo le stelle tanto lontano la pi bella tenevo per mano

Volgo gli occhi al cielo e vedo due stelle; fra due compagne mi sono scelta la pi bella.

157. Volgo gli occhi al cielo e vech roj stell; ra miezz a ddoj cumbagn m lagg scelta la pi bella.

Londa del mare non si sa quando profonda; i capelli ricci e biondi mi hanno fatto innamorare.

158. Lonna r lu mar n s sap quandeia nfuta; i capill ricc e biond mhann fatt nnammr

ra miezz = in mezzo, fra, strano sviluppo del latino medium, forse continuazione di una forma osca (Rohlfs, 278). 231 capat = scelto, da capare= scegliere, termine molto in uso negli Abruzzi e nelle Marche: e mi voglio cappare quella pi bella dice il Marcoaldi nei suoi canti latini a pag. 140; mentre A. Ive nei canti Velletrani dice de le caline se capta la mejo pag. 161.

230

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Mmiezz a lu piett tuj


159. Bella fgliola cu ssu piett tuost, Sand Martin cum tha prvista; si ngarriv acchian ngimma a ssu mbuost t laggia fa r lanma a Crist.

Bella ragazza con codesto petto duro San Martino ti ha provvista bene; se arrivo a salire sopra codesto davanzale ti debbo fare esalare lanima a Cristo.

In mezzo al tuo petto c un ramoscello di viole; beato a quellamante che ci odora e si consola. (variante) beato quel ragazzoche ti godr.

160. Mmiezz a lu piett tuj ngeia na ramcegghia r viol; bbata a quill (piccul) amand chi ng addora232 e s cunzola. (variante) bbiata quigghj ninn chi r te s nadda hor

In mezzo al tuo petto c un garofano scritto; a tua madre lho detto se vuoi fare lamore con me.

161. Mmiezz a lu piett tuj ngeia nu harofal scritt233; a mammata lagg ritt si vo fa lamor cu mme.

In mezzo al tuo petto il garofano e la pianta;


232 233

162. Mmiezz a lu piett tuj lu harofal a la hrasta; attiend bella mia lu piett tuj chi n s uasta234.

addora = odora, dal latino volgare audorare. scritt = striato. 234 uasta = guastare, rovinare, dal latino vastare cui si sovrapposto il tedesco wuosti (DEI, voce guastare). *** Analogie le troviamo nei Canti Velletrani a pag. 80.

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attenta bella mia che non si sciupa il tuo petto.

163. Mmiezz a lu piett tuj ngeia na fndana; bbata a chi ng vev a la rsciuna: li malat r faj rpgli, li muort s n vann a la spltura235.
In mezzo al tuo petto c una fontana; beato a chi beve a digiuno i malati si riprendono i morti se ne vanno alla sepoltura.

Nel tuo petto c una fontanella; sono due colombe non riescono ad essiccarla.

164. Ndo lu piett tuj ngeia na fndanella; so doj palummell236 n la parn a scc237.

165. Mmiezz a lu piett tuj ng so doj palomm; si Ddij m rstina238 maggia fa nu rolc sonn.
In mezzo al tuo petto ci sono due colombe; se Dio mi destina mi devo fare un dolce sonno.

166. Mmiezz a lu piett tuj ngeia la colamita (nu bcchier racquavita); lu piscl239 ratton240
A li malati livati la siti/ ed a li morti larrisuscitati si legge nei canti popolari siciliani del SalomoneMarino a pag. 139 e un rispetto del Tigri a pag. 18 Di sotto terra levereste i morti/dal letto leveresti gli ammalati; anche a pag. 83 dei Canti popolari Toscani del Giannini. Ancora in Studio sul dialetto di San Giovanni in Fiore di Alfredo Prisco a pag. 96 si dice: Allu pettuzzu tue cc nna funtana/chi astate r bbiernu frisca se mantena./Ne vivu lli malati e puru i sani,/alli cecati la vista lle vena. 236 palummell = colombelle, dal latino palumba = colomba selvatica. 237 scc = inaridire, prosciugare, dal latino siccare. *** Molto simile ad un canto Velletrano N mezza lo petto tuo c na fontana/ e ddue cannelle doro lacqua mena pag. 51. 238 rstina = destina.
235

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In mezzo al tuo petto c una calamita; (un bicchiere di acquavite) la fontana di ottone e le pila ben guarnita.

e la pila241 ben guarnita.

Nel tuo petto c la calamita; gli occhi del fidanzato non riescono a saziarsi.

167. Ndo lu piett tuj ngeia la colamita; luoccj r lu zit n s parn a sazzi.

168. Mmiezz a lu piett tuj ngeia na rama raumenda; e si n m puoj parl lu nom mij tienl a mmend.
In mezzo al tuo petto c un ramoscello di menta; e se non mi puoi parlare il mio nome ricordalo

169. Na rosa mbiett t la vogl mett a p t fa canosc ra lundan; si nuj namma mett a fa lamor vien vcin a mmi e damm la man.
Una rosa sul petto te la voglio mettere per farti conoscere da lontano; se noi ci dobbiamo mettere a fare lamore vieni vicino a me e dammi la mano.

Oi stella Ariana il tuo petto a me;


239 240 241 242

170. Oi stella Ariana242 lu piett tuj a mme; lu cor, la vocqua ecc. lalma m sana.

piscl = rubinetto, passato ad indicare la fontana pubblica. ratton = di ottone, dallarabo latan. pila = abbeveratoio di pietra per le bestie, dal latino pila. Oi stella Ariana ovvero stella Diana, stella mattutina, stella diurna, un notissimo ritornello calitrano.

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il cuore, la bocca ecc. il cuore mi sana.

Tu ti sei coricata in questo bianco letto; io vorrei venire per baciarti il petto.

171. Tu t si curquata ndo ssu bianch lett; ij vorrei ven p t vas ssu pett.

172. Chi tha fatt stu curpett a cor r mman chi lu pozzan car; t lha fatt tand stritt mbiett ca manch st ddoj viol pozz vr.
Chi ti ha fatto questo corpetto, a cuore che le possano cadere le mani; ti ha fatto tanto stretta nel petto che non posso vedere neanche queste due viole

173. Spondat243 ss244 spingul245 ra piett, fammigghj vr nnanz246 chi mor; ndo ng staj nu par r palomm SandMchel e lAngl Custor.247
Sbottonati queste spille dal petto fammele vedere prima che muoia; dove ci sono un paio di colombe San Michele e lAngelo Custode.

174. Ragg vist e ragg aucchiat248 roj palomm so mbiett a tte; lu piacer chi vogl ij mo so r ttoj e po so r mmij.
Le ho viste, e le ho adocchiate due colombe sono nel tuo petto; ol piacere che voglio io ora sono tue e poi saranno mie.

243 244 245 246 247 248

spondat = sbottonati. ss = codeste. spingul = spille, dal latino spinula, diminutivo di spina. nnanz = prima di, nella lingua ha soppiantato il pi antico innanti (Rohlfs, 855). Troviamo ancora un riscontro quasi letterale nei canti di S. Valentino pag. 6, propri dellarea avellinese. aucchiat = guardare con insistenza, dal latino adoculare.

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175. Tien la vita tonna, tonna tien lu piett a panariell; e cu stuocchj a znnariell, m ng hai fatt nnammr. (variante) che taggia fa, so pccrill e n m puoj cchi vr.
Hai la vita tonda tonda hai il petto come un paniere; e con questi occhi vispi mi hai fatto innamorare. (variante) cosa ti posso fare, sono piccolo e non mi puoi pi vedere.

176. Tu t si curquata ndo ssu bbell lliett; e mmiezz a lu piett tuj m vlarra rpsa. (variante) r palomm ca tien mbiett t raggia pazzi.249
Tu ti sei coricata in questo bel letto e in mezzo al tuo petto mi vorrei riposare. (variante) le colombe che hai in petto te le devo trastullare.

177. Ragg aucchiat ss ddoj palummell; ij ra qua for laggia fa la sndnella.


Le ho adocchiate queste due colombelle; io da qui fuori la devo fare la sentinella.

249

pazzi = giocare, scherzare, dal greco paizo.

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Uocchj r brllandina
178. Uocchj r brllandina250 r faccioll251 toj r cera;252 quand t vogl amar fior di primavera.
Occhi di brillantina le tue guance di cera; quanto ti voglio amare fiore di primavera.

179. Luocchj tuj so bbell li mij so cchi galand; chi sadda pigli a mme cu lu cunzenz r tutt quanda.
Gli occhi tuoi sono belli i miei sono pi galanti; chi sposer me con il consenso di tutti.

Tu hai gli occhi neri i capelli biondi io sono nato al mondo per amare solo te.

180. Tu tien luocchj nieur li capill biond; io sono nato al mondo per amare solo te.

Hai gli occhi come le stelle e i capelli di seta torta; io piuttosto preferisco la morte e non gi lasciare a te.

181. Tien luocchj cum a r stell e li capigghj r seta torta; ij cchi priest vurra la mort e n gi lassar a tte.

brillandina = cosmetico a base di olio, alcool e sostanze aromatiche, per ungere i capelli e renderli lucenti, adattamento dal francese brillantine (DEI), qui vuol significare occhi languidi e maliziosi. 251 faccioll = diminutivo di faccia, ma con specifico riferimento alle guance. 252 cera = aspetto o espressione del volto da cui si arguisce lo stato di salute o la disposizione danimo (Vocabolario Devoto-Oli), dal francese chiere.*** Avete quelloccetto brillantino si legge nei canti Velletrani a pag. 23. Anche il Giannini nei suoi canti popolari Toscani a pag. 259 dice Avete quellocchietto brillantino.

250

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182. Nu par ruocchj nieur253 agg prdut e naut par254 mo r sto trvann; mmiezz a sta strata ragg cansciut, ndov ng pass la nott candann.
Un paio di occhi neri ho perduto e un altro paio ora lo sto trovando; in mezzo a questa strada li ho conosciuti dove ci passo la notte cantando.

A lza gli occhi in cielo e poi li giri allaria; croce di Calvario tu mi devi aiutare.

183. Auza luocchj ngiel e po r buot a laria; croc r Calavarij tu meia ajt.

184. Passaj inda na strata inda a na casa luca255 na stella; ij m chrra256 ca era na stella quigghj eran luocchj r Nenna mia (Nenna bella).
Passai per una strada in una casa luccicava una stella; io credevo che fosse una stella quelli erano gli occhi di Nenna mia (Nenna bella)

185. Aier sera vriett257 roj stell (aier sera so carut roj stell) mmiezz a lu chian258 r Sanda Lucia; ij m chrra ca eran stell, e eran luocchj r Nenna mia.
Ieri sera vidi due stelle
nieur = neri, dal latino niger. par = paio, singolare di paia, latino paria, plurale di par paris = pari (Devoto-Oli, voce paio). 255 luca = emanava luce, dal latino lucere. 256 chrria = credevo. *** Arsira cci passai unni dda bella/dintra la casa sua vitti una stilla troviamo in Lares XLII n. 1 pag. 89. 257 vriett = vidi, passato remoto di vedere, dal latino videre. 258 chian = piano, pianura, dal latino planum, dove locclusiva labiale della p viene stranamente sostituita da ch (come del resto per pianta pieno piovere piombo ecc.). *** Dd stelle da lu ciile so cadute recita un canto barese riportato in Santi Streghe e Diavoli a pag. 222.
254 253

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(ieri sera sono cadute due stelle) nel piano di Santa Lucia; io credevo che fossero stelle quelli erano gli occhi di Nenna mia.

186. Nciel ng mancan roj stell scinn qua bbasc ca ng n so ddoj; ngeia la mamma cu ddoj fgliol bbell e levan potenzia a lu sol; la piccula cu lenghj r cannell (per tessere) la hrossa cu r tess li pzzill ror; la mamma chi eia patrona r lu mar la fac sc la varca ndov vol.
Nel cielo mancano due stelle scendi qua gi che ce ne sono due; c una mamma con due figlie belle e levano potenza al sole; la piccola con il riempire le cannelle la grande con il tessere i costumi doro; la mamma che padrona del mare fa andare la barca dove vuole.

187. Bella, ca luocchj tuj so ddoj sckuppett259 m menan cu pall ngatnat m nhaj mnata una mmiezz a stu piett; fatta m lhaj na frita hrav, na frita chi semb s rnnova, na frita chi n s sana mai.
Bella, perch gli occhi tuoi sono due schioppi mi tirano con palle incatenate me ne hai tirata una in mezzo a questo petto; mi hai fatto una ferita grave una ferita che sempre si rinnova una ferita che non si sana mai

188. Luocchj tuj so bbell e li mij so cchi carin; si teia pgli a mmi mgeia mett li quattrin.
Gli occhi tuoi sono belli e i miei sono pi carini;

sckuppett = scioppo, piccola sorta darchibugio, dal latino medioevale sclopus, sclopetare, tirare con lo schioppo (DEI, voce schioppo). *** Amuri cu ti fici ssa firita/ ca lu to amuri mi lha fattu fari troviamo nel repertorio sinottico della raccolta Vigo (Lares XLII n. 1 pag. 87). Inoltre questo canto damore di Calitri stato riportato in Santi Streghe e Diavoli a pag. 192.

259

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se tu mi vuoi sposare ci devi mettere i quattrini.

189. Luocchj tuj so bbell e li mij cchi crius;260 si teia pgli a mmi ngeia mett lu rfus261.
Gli occhi tuoi sono belli e i miei pi curiosi; se tu mi vuoi sposare ci devi mettere unaggiunta

190. Uocchj neura e cor r lamand chi t n vol lu ra ndo la mend; li vcin chi stann qua nnand n lu voln fa lu trarmend.
Occhi neri e cuore dellamante chi si dimenticher mai di te; i vicini che stanno qui davanti non vogliono fare un tradimento.

191. Stuocchj bbell tuj, cara Rsina, ciend migl mattiran ra lundan; cchi t scuost262 e cchi mabbcin263, cum lauciegghj264 a lu rchiam.
Questi occhi belli tuoi, Rosina mi attirano da cento miglia lontano; pi ti scosti e pi mi avvicino come luccello al richiamo.

192. Tu tien luocchj pacc265 tu t n sierv p crapicc266; che naggia fa, r ssa faccia, ij maggia pgli a sckarola riccia.267
crius = curiosi, spesso usato nel senso di strano, dal latino dotto curiosus. rfus = letteralmente la differenza, dal latino refundere = riversare (AEI, voce rifondere). 262 scuost = allontani, da scostarsi cio allontanarsi dalla costa. 263 abbcin = avvicino, forse da un preromanzo advicinare. 264 auciegghj = uccello, dal latino aucellus, con il passaggio di ll a gg. 265 pacc = pazzo, probabilmente termine semidotto della medicina, dal latino patie(n)s, paziente, malato, che attraverso la variante medievale pacie(n)s spiegherebbe il dialettale meridionale paccio = folle (DEI, voce pazzo). 266 crapicc = capriccio, con metatesi della r (inversione di lettere o fonema allinterno di un vocabolo) molto frequente nei dialetti.
261 260

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Tu hai gli occhi pazzi tu te ne servi per capriccio; cosa ne devo fare di questa tua faccia io devo sposare scarola riccia.

193. Luocchj tuj scintillan e alluman tutt lu chian; mhaj ferit lu cor e ferito ra lundan.
Gli occhi tuoi scintillano e illuminano tutto il piano; mi hai ferito il cuore e ferito da lontano

194. Lu povr Cincheall cu luocchj a colamita; uardava la sua zita ca la vla cacci a bball.268
Il povero Pungigallo con gli occhi a calamita; guardava la sua fidanzata perch la voleva fare ballare.

195. Nun agg che t ric a tte frnnella269 racc; bbell so li capill quand cchi bbell luocchj e la faccia.
Non so cosa dirti a te piccola foglia di sedano; belli sono i capelli quanto pi belli gli occhi e la faccia.

196. M nnammraj r te mnnammraj r na sgnora; mnnammraj r suocchj chi so simbatch a fa lamor.


Mi innamorai di te

sckarola riccia = variet dindivia, in dialetto indica anche la lattuga e la cicoria, dal latino tardo scariola (Voc. Devoto-Oli). 268 *** Lamanti li tirate a calamita si legge nei canti popolari umbri raccolti dal Marcoaldi a pag. 69 e Gli amanti gli tirate a calamita recita anche un canto toscano raccolto dal Tigri a pag. 323. 269 frnnella racc = piccola foglia dapio o pi comunemente sedano, dal latino apium, nel quale il gruppo consonantico pi con i in iato per effetto della palatizzazione, d il risultato cc nei territori meridionali (Del Donno, Studi etimologici, nella rivista Samnium pag. 116.

267

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mi innamorai di una signora; mi innamorai di codesti occhi che sono simpatici a fare lamore.

197. M nnammraj di te mnnammraj di una stella; mnnammraj r stuocchj chi tien accuss bbell.
Mi innamorai di te mi innamorai di una stella; mi innamorai di codesti occhi che hai cos belli.

198. M nnammraj r nu pir appis mnnammraj r lu sc a cogl; mnnammraj r lu tuo bel viso e senza rota io pur t vogl.
Mi innamorai di un pero appeso mi innamorai di andare a coglierlo; mi innamorai del tuo bel viso e senza dote io pure ti voglio.

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Quann nascist tu
199. Quann nascist tu ij t vniett a bbr;270 lassaj ritt a mammata ca tu jer p mme.
Quando nascesti tu io venni a vederti; lasciai detto a tua madre che tu eri per me

200. Quann nascist tu a la calata r lu sol; la luna s frmava p nu quart rora.271


Quando nascesti tu al tramonto del sole; la luna si fermava per un quarto dora.

Quando nascesti te calarono gli angeli del cielo; e furono le mie preghiere non sapevano come chiamarti.

201. Quann nascist tu calarn langl ra lu ciel; e furn le mie prehier n sapienn cum t chiam.272

202. Quann nascist tu la fonda nova273 faciett fa; lu chiamaj lu megl nggnier la sepp ben rsgn.274
bbr = vedere, dal latino videre, in dialetto vr infinito apocopato la cui iniziale v subisce un cambiamento in bb. 271 ***La luna si ferm nel camminare con qualche piccola variante la troviamo nei canti popolari umbri a pag. 77; nel poema mugellano a pag. 24; nei Rispetti dAmore raccolti nellappennino parmense a pag. 30; nei canti popolari toscani raccolti dal Tigri a pag. 322; nei canti popolari velletrani a pag. 121 e 124 La luna sempunt de camminare; nei canti popolari di Piano di Sorrento riscontriamo La luna se cessaie re camminare a pag. 97; nel repertorio sinottico della raccolta Vigo (Lares XLIII n.1 a pag.90 riga 4 - 22); nei Canti popolari toscani del Giannini a pag. 80; in Lares 1984 n. 4 pag. 558; un articolo di D. Pieraccioni in Atene e Roma anno 1883 nn.3-4 pag. 181. 272 *** Quannu nascisti tu stidda lucenti/nterra calaru tri ancili santi (Lares XLIII n. 1 pag. 90). 273 fonda nova = la fonte nuova, sottinteso battesimale. 274 rsgn = disegnare, infinito apocopato, con uno sviluppo particolare nel Mezzogiorno- della d iniziale in r.
270

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(variante) langl t candava e san Giuann t bbattzzava.


Quando nascisti tu feci fare la fonte nuova; chiamai il migliore ingegnere la seppe ben disegnare. (variante) langelo ti cantava e san Giovanni ti battezzava.

203. Quann nascist tu ancora r tengh a mmend; mmiezz a r brazz mij la faciv la mbrtnend. (variante) ndo r brazz mij na fgliola mbrtnend
Quando nascesti tu ancora lo ricordo; fra le mie braccia la facevi limpertinente (variante) nelle braccia mie una ragazza impertinente

204. Quann nascist tu oin, nasc na sanda; nascist lu sapat275 sand che festa fu p mme.
Quando nascesti tu oin nacque una santa; nascesti il sabato santo che festa fu per me

205. Quann nascist tu, fior di bellezza mammata partor senza rlor; e si nata nu juorn rallhrezza r cambanell snavan sol sol
Quando nascesti tu, fior di bellezza tua madre partor senza dolore; e sei nata un giorno di allegria le campanelle suonavano da sole.

275

sapat = sabato, uno dei pochi casi in cui la b si sviluppa in p come nel calabrese.

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206. Quann nasciett ij, m mors mamma rmaniett criatur e senza menna; ancora tengh lu vizzij r tann ndov zonga vesc ronna, cerch menna276.
Quando io nacqui, mor mia mamma restai bambino e senza latte; ancora oggi ho il vizio di allora dovunque vedo donna, cerco mammelle.

*** Quanno nascivi i mi morse mamma recita un canto di Vaglia in Basilicata (Canti e ballate popolari pag. 70 n. 2).

276

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I capill tuj
207. I capill tuj so fatt aniell, aniell277; che passion chi tien r t sps stu giuvniell278.

I capelli tuoi sono fatti anelli anelli; che passione che hai di sposarti questo giovincello.

I capelli tuoi li ho fatti a fili doro; mi hai incatenato il cuore non mi posso allontanare.

208. I capill tuj ragg fatt a fil ror; mhaj ngatnat lu cor n m pozz allundan.

I capelli tuoi li giri allaltro lato; come devo fare non so notte e giorno penso a te.

209. Li capill tuj r buot279 a laut lat; cum aggia fa n sacc nott e gghiuorn penz a tte.

E i capelli a buccoli benedetto Dio che li ha arricciati; da un lato ci porti la fiocca allaltro lato c attaccato il cuore.

210. E li capill mbiocch, mbiocch280 bnritt Ddij chi rhav mbioccat; a nu lat ng porta la nocca, a laut lat ngeia stu cor attaccat281.

aniell, aniell = anelli, anelli, dal latino anellus, diminutivo di anulus. ***Rusidda chi su beddi ssi capiddi/chi ti penninu ncoddu aneddi aneddi (Lares XLIII n. 1 pag. 94) Ssi capiddi aneddi, aneddi (Lares XLIII n. 1 pag. 105) su beddi ssi capiddi ncannulati (Lares XLIII n. 1 pag. 108). 279 buot = volti, giri, dal latino voltare, iterativo di volvere. 280 mbiocch mbiocch = buccoli, ovvero ricci di capelli, dal latino buccola. 281 Aviti li capiddi ncannulati si trova nei canti popolari siciliani di S. Salomone Marino pag. 55 n. 87.
278

277

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211. Capill mbiocch mbiocch lamor tuj rhav mbioccat; a nu lat mitt la nocca a latu lat lu cor lhat282.
I capelli inanellati il tuo amore li ha inanellati; ad un lato metti il nastro allaltro lato il cuore legato.

212. I capill tuj so i ragg della luna; si lu Sgnor ng rstina hamma cangi frtuna.
I capelli tuoi sono i raggi della luna; se il Signore ci destina dobbiamo cambiare fortuna.

213. I capill tuj so i ragg della luna; si avess la frtuna di dormire affianco a tte.
I tuoi capelli sono i raggi della luna; se avessi la fortuna di dormire a fianco a te.

I capelli tuoi formano un grande piano; vengo da lontano per venire a vederti.

214. I capill tuj forman un grande piano; vengh ra lundan p t vn a bbr.

215. I capill s r fann mbiocch, mbiocch e la unnella ra cimma a r ggnocchj; e quann mena lu viend r la tramndana s tenn la unnella cu r man;
282

lhat = legato, con l h aspirata.

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I capelli se li fanno a buccoli e la gonnella al di sopra delle ginocchia; quando soffia il vento di tramontana si reggono la gonnella con le mani; e davanti lasciano la sottana e dietro si vede la mezza luna

e nnanz s la lassan la sttana, e nnret s ver la mezza luna

216. Nenna mia menammilla na trezza ra la fnestra quann la luna saffaccia; e chian chian a chi n s spezza quistu cor ra piett lu cacc.
Nenna mia buttamela una treccia dalla finestra quando sorge la luna; e piano piano che non si spezza io questo cuore dal petto lo caccio.

217. So arrvat a palazz rial n m cunvien r sc cchi avand; ngeia na ronna cu trezz ror ogn capill scetta diamand.
Sono arrivato a palazzo reale non mi conviene andare avanti; c una donna con trecce doro ogni capello butta diamanti

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Vasam
218. Amor, amor riss la ncella283 si n la ruomb284, n la puoj mangi; accuss eia la ronna, quann eia pcculella, si n la sciuoch285, n la puoj vas286.
Amore, amore disse la nocella se non la rmpi, non la puoi mangiare; cos la donna, quando piccola se non la giuochi, non la puoi baciare.

219. Quann jer sclosa287 n t pta tcqu;288 mo eia vnuta ( bnuta) lora tutta quanda taggia vas.
Quando eri gelosa non ti potevo toccare; ora arrivata lora tutta intera ti debbo baciare.

Bella sei come un angelo scesa davanti a Dio; ti hanno baciato gli angeli ed ora ti debbo baciare io.

220. Bella sei come un angelo scesa davanti a Dio; thann vasat langl e mo taggia vas ij.

Quanto mi sembri bella


283

221. Quand m par bella ra lundan e ra vcin; se mi daresti un bacio quand t paharra.289

ncella = nocciuola, dal latino nucella. ruomb = rompi, schiaccia. 285 sciuoch = giuochi, dal latino jocare, con il passaggio della j iniziale a sc. 286 vas = baciare, infinito apocopato dal latino basiare, con il passaggio della b iniziale in v - *** Lammore fatto cumma la nocella/si nun la rumpe nun la puoi magnare;/cos la ronna quann piccerella/si nun tavasce nun la pu vasare leggiamo nel II volume di poesia dialettale napoletana curato da Enrico Malato a pag. 28; cos pure con unanalogia quasi letterale, recita un canto di S. Valentino a pag. 5; ma ci meraviglia, e non poco, il riscontro che troviamo nei canti toscani raccolti dal Tigri a pag. 314 Lamore fatto come la nocciuola/se non si stiaccia, non si pu mangiare. 287 sclosa = gelosa, dal latino medioevale zelosus, con passaggio dalla z iniziale a sc. 288 tcqu = toccare, dal latino medioevale toccare, ma pervenutoci forse attraverso il francese tocher. 289 paharria = pagherei.
284

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da lontano e da vicino; se mi daresti un bacio quanto lo pagherei.

222. Quand s bella, quand s cara tien laddor290 r lu gielsmin; si tavess ra qua bcin, cum t vlarra vas.
Quanto sei bella, quanto sei cara hai lodore del gelsomino; se ti avessi qua vicino come ti vorrei baciare.

223. Quanda stell ng so ngiel tanda vas t rarra; un sul tabbastarra291 per poterti conzol.
Quante stelle ci sono in cielo tanti baci ti darei; uno soltanto ti basterebbe per poterti consolare.

224. T rciett292 ramm nu vas e m n rist293 ruj; abbasta chi n m lass t n rach quand n vuoj.
Ti dissi dammi un bacio e me ne desti due; basta che non li lasci te ne d quanti ne vuoi.

225. Ra cche t vasaj si crsciuta nat tand; tu si consuma amand e cunsum lu cor a mme. (variante) si rman a man vacand la culpanza mia n nneia.
Da quando ti baciai
addor = odore, profumo, termine meridionale, dal latino tardo audor-oris. abbastarria = basterebbe, dal latino medioevale bastare, di insicura etimologia; nel meridione al raddoppiamento della b iniziale a volte, come in questo caso, viene preposta una vocale di appoggio. 292 rciett = dissi, verbo irregolare. 293 rist = desti.
291 290

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sei cresciuta altrettanto; tu sei consuma amante e consumi il mio cuore. (variante) se resti a mani vuote la colpa non mia.

226. Quigghj vas chi m rist lagg appis294 a la catena; si m n riv mill era pur la stessa pena.
Quel bacio che mi desti lho appeso alla catena; se me ne davi mille era sempre la stessa pena.

227. Aggia vn na vota cu na scusa quann mammata ngeia ndo la casa; n daj tanda pund a na cammisa295 quanda nott m sonn ca t vas.
Devo venire una volta con una scusa quando tua madre in casa; non dai tanti punti ad una camicia quante notti mi sogno che ti bacio.

228. Ij pgliaj a car a Nenna mia ra lu prim vas chi m rez; ra tann accummnzaj a vl bben findand chi ndo lu cor m rmas.
Io presi a cara la mia Nenna dal primo bacio che mi diede; da allora cominciai a volerle bene fino a che mi mi rimase nel cuore.

229. Vorrei salire in cielo senza usare la scala; vorrei darti un bacio senza toccarti con le mani.

appis = appeso, dal latino appendere. cammisa = camicia, dal latino tardo dellVIII sec. camisa, che diviene cammisa nel meridione per geminazione ancora da motivare (Rohlfs, 228).
295

294

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230. Hav ciendann chi vach scarus296 positamend p t r nu vas; tu r saj ca ij so scurnus297 maviss ritt na vota: vien, tras298.
Sono cento anni che vado a capo scoperto proprio per darti un bacio; tu lo sai che io sono timido mi avessi detto una volta: vieni, entra.

231. Amor quand tamo quand mi fai patire; un bacio dar ti voglio e poi me ne vo a dorm.
Amore quanto tamo quanto mi fai patire; ti voglio dare un bacio e poi me ne vado a dormire.

232. Ngimma a lu pond r Tauras thav rat lu prim vas; trucch e trucch299 lu cor s n v Francsch300 che chiang301 a f.
Sopra il ponte di Taurasi ti ha dato il primo bacio; trucch e trucch il cuore se ne va Franceschina che piangi a fare.

233. T rcuord Nenna quei tempi passati; quei baci innamorati che cominciano da te.
Ti ricordi Nenna quei tempi passati; quei baci innamorati che cominciano da te.

scarus = a capo scoperto,da una radice greca kar (che si ritrova nel verbo keiro= tosare) con il verbo latino tosare derivato da tonsare (Francesco DAscoli : Dizionario Etimologico Napoletano, voce carus). 297 scurnus = timido, dal latino excornis. 298 tras = entrare, dal latino transire = passare***I nn. 216 e 217 fanno parte di un' unica canzonetta molto nota a Pian di Sorrento pag. 9 n. IV, che ricalcando qusi letteralmente anche nei termini (scaruso scurnuso ecc.) il dialetto calitrano, fanno pensare ad una vera e propria trasposizione. 299 truch e truch = modo di dire senza alcun senso, come un qualsiasi riempitivo. 300 Francsch = Franceschina, diminutivo di Franca. 301 chiang = piangi, dal latino plangere.

296

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234. Mend chi cammnava na fgliola sciett vcin e lu riett nu vas; tu p tazzcc a mmi n neia fa la mula maluasa.
Mentre che una ragazza camminava le andai vicino e le detti un bacio; tu per avvicinarti a me non devi fare la selvaggia.

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Quantia bbell a fa lamor


235. Quanteia bell a fa lamor vcin si n la vir302, la siend cand; siend quann chiama r cutell cut, cutell303 mij, vnit a mangi.
Quando bello a fare lamore vicino se non la vedi, la senti cantare; senti quando chiama le galline cut cutell mie venite a mangiare.

236. Quant eia bell a fa lamor cu na figlia r frnaregghia;304 t passa (t stipa)305 lu pzzugghj306 ra sotta a la unnegghia.
Quando bello a fare lamore con una figlia di fornarina; ti passa la pizzetta da sotto la gonnella.

237. Cumeia bell a fa lamor cu na vcina r casa; quann nu pizzch307 e quann nu vas staj semb a pazzi.
Come bello a fare lamore con una vicina di casa; quando un pizzico e quando un bacio stai sempre a scherzare.

238. Quanteia bell a fa lamor quandeia bell a cammn; quandeia bell Neva York e m la vogl sc a mbar.
Quando bello a fare lamore quando bello a camminare; quando bella New York e voglio andare a conoscerla.

vir = vedi, dal latino videre. cut cutell = = galline, termine onomatopeico derivato dal modo di chiamare le galline.Un motivo del tutto simile lo troviamo nei Canti popolari e altri testi di tradizione orale raccolti a Genzano di Lucania di Rocco Scazzariello a pag. 68. 304 frnaregghia = diminutivo di fornaia, dal latino furnarius, che da noi non laddetta a fare il pane, ma si intendeva colei che era addetta al trasporto della pasta dalle abitazioni al forno. 305 stipa = conserva, dal latino stipare = mettere nello stipo. 306 pzzugghj = piccola pizza, generalmente fatta per darla ai bambini. 307 pizzch = pizzicotto.
303

302

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239. Cum m piac cum m piacist; cum m so simbatch ss parol chi m rcist.
Come mi piaci come mi piacesti; come sono simpatiche codeste parole che mi dicesti.

240. N t rcuord Nenna quann sciemm308 a messa hrann309 (la scola nzemmar); cum fossm frat310 e sora311 tutt ruj312 figl a na mamma.

Non ti ricordi Nenna quando andavamo a messa solenne (alla scuola insieme) come fossimo fratello e sorella tutti e due figli ad una mamma.

241. La bllezza r r donn la rmenca a mmatina; chi ncammara, chi cucina chi sul letto a ripos.
La bellezza delle donne la domenica mattina; chi in camera, chi in cucina chi sul letto a riposare.

242. Lhaj fatt lamor cu mich p nda r vij e p nda li vich; e lhaj fatt ser e matin e m vliv semb vcin.
Hai fatto lamore con me per le vie e per i vicoli; e lo hai fatto di sera e di mattino e mi volevi sempre vicino.

243. T s curquata cu mich a lu lliett tu m vliv t vla;


308 309 310 311 312

sciemm = andavamo. messa hrann = messa cantata. frat = fratello, nato dagli stessi genitori, dal latino fratellus, diminutivo di frater (DEI, voce fratello). sora = sorella, nata dagli stessi genitori, dal latino soror-oris (DEI, voce sorella). ruj = due.

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Ti sei coricata con me a letto tu mi amavi ed io ti amavo; e me lo hai fatto per dispetto con te ci tengo e ci tenevo.

e m rhaj fatt a p dspiett cu tich ng tengh313 e ng tna.

244. Scgliett lerba p trncar314 la cima e m trvaj a luorl315 r r ram; tann t lass, faccia r regina, quann r toj bbllezz m venn mman.
Scelsi lerba per tagliare la cima e mi trovai allorlo dei rami; allora ti lascio, faccia di regina quando le tue bellezze mi vengono in mano.

Ho camminato tanto non ho trovato lamore; finalmente lho trovato chi mi ama e mi consola.

245. Agg cammnat tand n nagg trvat lamor; finalmend lagg trvat chi mama e m cunzola.

Non ti ho tradita mai e neanche ti ho ingannata; sono quel giovanotto che di cuore ti ha sempre amata.

246. N tagg trarut maj e manch tagg ngannat; sono quel giovinott che r cor tha semb amat.

Lamore una catena


313 314 315

247. Lamor eia na catena chi la vol scatn; n la scatena lu viend ramor manch lonna r lu mar.
tengh = ci tengo, nel senso di attaccamento amoroso. trncar = recidere, tagliare. uorl = orlo, margine di un qualsiasi spazio, dal latino orula, diminutivo di ora = orlo (Voc. Devoto-Oli).

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chi la vuole scatenare; non la scatena il vento damore e neanche londa del mare.

248. Chi m ravia ric ca lamor era accussin; e mo chi ng so chiavat a ogn muorij m naggia ass.
Chi me lo doveva dire che lamore cos; ed ora che si sono cascato in qualche modo me ne devo uscire.

249. Tagg aspttat tanda tiemb a la via r SandAntuon; t ragg ritt a labbuon ca t vogl mmart:
Ti ho aspettato molto alla via di SantAntuon; te lho detto veramente che ti voglio maritare

250. E mo s n ven cu la vocqua sorridente; fa fermar le gente col suo dolce cammin.
Ed ora se ne viene con la bocca sorridente; fa fermare la gente col suo dolce camminare.

251. L, l,l mo lu vesc r vn; mo lu vesc r chiam lu cor mij fac allhria
L,l,l ora lo vedo dche viene; ora lo vedo che mi chiama il mio cuore pieno di allegria.

252. Tengh secca fam e suonn si tness na femmna attuorn


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Ho sete, fame e sonno se avessi una donna intorno; mi passerebbe la sete, la fame e il sonno.

m passarria la secca, la fame e lu suonn.

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Rosa, Rosina
253. Rosa s chiama la mamma mia Rosa s chiama chi maggia pgli; ten na vocqua316 chiena r ros cu stu mssill317 ramm nu vas.

Rosa si chiama la mamma mia Rosa si chiama chi mi debbo sposare; ha una bocca piena di rose con questo musetto dammi un bacio.

Tu ti chiami Rosa in paradiso non ci entri; hai la bocca piena di rose e un musetto bacia, bacia.

254. Tu t chiam Rosa mbaravis n g tras; tien la vocqua chiena r ros e ssu mssill vasa, vasa.

255. Rosa bnegna318 mia, Rosa bnegna sta bbllezza toja, cu chi la cang?;319 mhaj appcciat320 r fuoch senza leun321 cu luocchj spacch r pret322 e r mndagn.
Rosa benigna mia, Rosa benigna questa tua bellezza, con chi la cambi? mi hai acceso il fuoco senza legna con gli occhi spacchi le pietre e le montagne.

256. Rosa m par r nu gran giardin, nsciun323 eia regn r t pgli mman; t mttern324 nu nom tropp fin, lu juorn chi t fecer crstiana. (variante) cu ssu mssill tuj tand russin
vocqua = bocca, dal latino bucca, con il passaggio di b a v. mssill = piccola bocca, termine dialettale dal latino musum. 318 bnegna = benigna, voce dotta dal latino benignus. 319 cang = cambi, dal latino tardo cambiare. 320 appcciat = acceso, etimologia discussa che presuppone un verbo latino piccare, da una base imitativa picc- indicante lattaccare (Francesco DAscoli: Dizionario Etimologico Napoletano, voce appicci). 321 leun = legna, per inserzione di una u come vocale anaptittica, ne deriva uno sviluppo velare, col risultato di gn in un (Rohlfs, 259). 322 pret = pietra, che per metatasi della r diventa preta. 323 nsciun = nessuno, dal latino ne ips(e) unus. 324 mttern = misero, dal latino mittere.
317 316

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Rosa mi sembri di un gran giardino nessuno era degno di prenderti in mano; ti misero un nome troppo fine il giorno che ti fecero cristiana. (variante) con codesto musino tanto rossino a cento miglia mi attira il tuo profumo.

a ciend migl madduor ra lundan.

257. Bella fgliola, lu nom tuj eia Rosa, che bell nom mammata tha puost; thav puost lu nom r la rosa lu megl fior r lu Paravis325.
Bella ragazza, il tuo nome Rosa che bel nome ti ha messo tua madre; ti ha messo il nome della rosa il miglior fiore del Paradiso

258. Mo326 chi r Rosa m so nnammrat tutt r ros m vogl vst; lu lliett r ros m vogl fa nziem cu Rosa m vogl curqu327.
Ora che di Rosa mi sono innamorato tutto di rosa mi voglio vestire; il letto di rose di voglio fare insieme con Rosa mi voglio coricare.

259. Rosa s chiama la patrona mia Rosa s chiama chi maggia spsa; nu lliett r ros lu vogl fa nzemmr328 cu Rosa maggia acquatt.329
Rosa si chiama la patrona mia Rosa si chiama chi mi debbo sposare; un letto di rose lo voglio fare insieme con Rosa mi devo acquattare.

Bella figliola, che te chiame Rosa/che bello nomme mammata tha miso./Tha miso o nomme bello de la rosa/lu meglio sciore che sta mparaviso, una analogia cos pedissequa ci fa pensare ad una incisiva e determinante influenza dellarea sorrentina sulla nostra cultura; confrontare ancora i canti di Piano di Sorrento a pag. 68. 326 mo = ora, adesso dal latino modo = ora. 327 Tuttu di rrosi mi vurria vestiri/e di li rrosi nni su nnamuratu riscontriamo, con non lieve meraviglia, nel repertorio sinottico della raccolta Vigo (Lares XLIII n. 1 pag. 119) come nella raccolta di Salomone-Marino a pag. 136. 328 nzemmr = insieme, dal latino tardo insimul, rafforzamento di simul. 329 acquatt = stare accovacciato, dal latino caactus = compromesso.

325

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Lundananza e pace
260. Semb a mmend m ven quigghj juorn chi lu curagg aviett330 r la partenza; r mamma mia la vesc331 la prsenza e li crstian332 tutt r lu cunduorn333.

Sempre in mente mi viene quel giorno che ebbi il coraggio della partenza; vedo la presenza di mia madre e le persone del vicinato.

261. Terra mia, quanda tiemb ia passat chi m n so ggiut ra te lundan; quann lu mar varcaj334 e locean lloch335 lassaj stu cor scunzlat.
Terra mia, quando tempo passato che sono andato lontano da te; quando attraversai il mare e loceano cost lasciai questo cuore sconsolato.

Come piangeva la povera mamma mia a quel momento della partenza; per un braccio mi teneva e per la vita io che ero geloso di mio fratello.

262. Cum chianga la povra mamma mia a quigghj mmend r la rpartita; p nu vrazz336 m tna e p la vita, chi r fratma ava gglusia.

E il mio amore andato lontano attraversando il mare e loceano; mi ha scongiurato di aspettarlo lui mi vuol dare il suo cuore.

263. E lu mij amor eia sciut lundan varcann lu mar e locean; mhav scungrat r lasptt igghj lu cor suj m vol r.

330 331 332 333 334 335 336

aviett = ebbi. vesc = vedo, dal latino videre. crstian = di Cristo, passato, gi nel XIV secolo, ad identificare in generale uomo. cunduorn = vicinato, dal latino con-tornare. varcaj = passare da una parte allaltra, dal latino varicare. lloch = col, dal latino illac. vrazz = braccio, col normale esito per larea meridionale di cc in zz.

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264. E quann la nev scenn nderra inda a stu piett m send la uerra; longa eia la nott e lu lliett r pen eia ra me lundan lu mij amor.
E quando la neve cade in terra in questo petto mi scende la guerra; lunga la notte e il letto di pena lontano da me il mio amore.

265. P tutt lu munn semb mnncann337 crcann frtuna p tutt r bbann338; na lettra agg avut nquann nquann339 la Nenna mia shav mbgnat li pann340.
Per tutto il mondo sempre camminando cercando fortuna per tutte le parti; una lettera ho ricevuto ogni tanto la Nenna mia si impegnata i panni.

266. Scusam bella mia nuj stam rarrass341; li pier mij fann frahass p bn ndov s ttu.
Scusami bella mia noi stiamo distanti; i miei piedi franno fracasso per venire dove sei tu.

267. So bnut ra tand lundan a p tadduc342 nu fior a tte; si sapiss quand m costa a p lu fa lamor cu tte. (per parlare una volta con te)343
Sono venuto da tanto lontano per portarti un fiore; se sapessi quanto mi costa per voler fare lamore con te

mnncann = mendicando, dal latino mendicare. bbann = parte, luogo; o dal gotico bandwa o dal germanico banda. 339 nquann nquann = di tanto in tanto, forse da latino non numquam (talora, qualche volta). 340 pann = letteralmente i panni, per dire la biancheria della dote. 341 arrass = lontano, dallarabo arrada (DEI, voce arrossare). 342 tadduc = portare a te, dal latino ad-ducere, portare verso (DELI, voce addurre). 343 Nel repertorio sinottico della raccolta Vigo troviamo Sugnu vinutu di luntana/pri viniri a cantari ni sta rua (Lares XLIII n. 1 pag. 110) e anche nelle canti velletrani contemplata la sofferenza della lontananza Me so ppartito tanto de lontano pag. 225.
338

337

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(per parlare una volta con te)

268. E lu camin eia luongh e a mmi m ven lu chiand; vorrei venir volando per venire dove sei tu.
E il cammino lungo e a me mi viene il pianto; vorrei venir volando per venire dove sei tu.

269. Luocchj tuj piangono li mij fann la fndana; quann adda vn lamor mij ra tand lundan.
Gli occhi tuoi piangone i miei fanno la fontana; quando arriver lamore moi da tanto lontano

270. Sopra a quel castello si vede la Lombardia; la stanziala r Roma ndov passeggia Pppin mij.344
Sopra a quel castello si vede la Lombardia la stazione di Roma dove passeggia Peppino mio.

271. Vlarria vr lamor si avess penn p t vn a trv a tott r bbann; m par na cambanegghia quann m ndenn, cu nora chi nn la vesc m par millann.
Vorrei vedere lamore se avessi penne per venirti a trovare per ogni dove; mi sembra una campanella quando mi capisce con un ora che non la vedo mi sembra mille anni

Ancora una volta troviamo lo stesso motivo nei canti popolari toscani del Giannini :Maffaccio alla finestra e vedo Roma/e vedo lo mi Amore, si pettinava;/e vedo l re, si mette la corona.

344

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272. Si senza fel345 a cum a nu palumm tien fer346 a lu cor a chi n m nganna; t venn a mmend raggr lu munn, amcizia nn pgli p ghiat347 bbann.
Sei senza fiele come un colombo tieni fede al cuore perch non mi inganni; ti venne in testa di girare il mondo non prendere amicizie da altre parti.

273. Millann e mill juorn m so parut348 t vogl vn a trv dolce mia fata; na hrasta r giardin bben guarnita, nu giardnier damor bben delicat.
Mille anni e mille giorni mi sono sembrati ti voglio venire a trovare dolce mia fata; una pianta di giardino ben guarnita un giardino dmore ben delicato.

274. Ij so bnut qua p fa la pac ij n vogl stan cchi nmic; oi so li Turch e fann la pac, e la bella mia semb uerra fac.349
Io son venito qui per fare la pace io non voglio stare pi nemico; sono i Turchi e fanno la pace e la mia bella fa sempre guerra

275. Sona chitarra, sona sona e fa bbona voc; cu la bella sto nmich e cu r cand aggia fa pac350.
Suona chitarra mia suona e fai la bella voce; con la bella sto nemico e con il cantare voglio fare pace.

fel = fiele, rabbia.Nel vocabolario siciliano del Picciotto-Tropea troviamo alla voce feli = essiri na palumma senza feli. 346 tien fer = tieni fede alla parola data. 347 gghiat = altre. 348 parut = sembrati, dal latino parere. 349 Nei canti toscani raccolti dal Tigri a pag. 223 leggiamo :Facciam la pace, caro bene mio/ch questa guerra non pu pi durare/Fanno la pace principi e signori/cos la posson fare due amatori. Analoghi sentimenti di pace e di concordia troviamo nella raccolta di canti siciliani di Salomone-Marino a pag. 189 : Vurria la paci, la paci vurria/ca sciarriatu nun pozzu campari; e in Bocchialini a pag. 32 e 64. 350 Una straordinaria somiglianza la si riscontra nei canti siciliani Sona citarra e dammi bona vuci (Lares XLIII n.2 pag.264 14 riga) e nei canti calabresi Sona, sona catarra, e dammi paci:/cu la me manti nci staju nimici,/nci cantu na canzona e fazzu paci (Fiori Selvatici pag. 92).

345

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Il giorno delle Palme dobbiamo fare pace; tanto che le piace che la pace vuole fare.

276. Lu juorn r la Palma nuj amma fa pac; tand chi lu piac chi la pac vol fa.

Se vuoi venirtene ora io ti porto (con me); al paese mio tanto lontano.

277. Si t n vuoj vn mo t n port; a lu paies mij tand lundan.

Piantasti i garofani sono nate le viole; lontano dagli occhi, lontano dal cuore.

278. Chiantast li harofal so nat r viol; lundan ra luocchj lundan ra lu cor

279. Tu ruorm al letto di rose ij al letto di sasso; la nott tranquilla pass p vn ndov si ttu.
Tu dormi al letto di rose io al letto di sasso; la notte tranquilla passa per venire dove sei tu.

280. Ij aggia part a r cunfin r la Francia; lu cor mij chiang sallundana ra lamor.
Io devo partire - 87 -

al confine con la Francia; il cuore mio piange si allontana dallamore.

281. Amor mij lundan chi t lu fac lu lliett la sera; t lu fazz ij cu r mman nott e giorn t facc dorm351.
Amore mio lontano chi ti fa il letto la sera; te lo faccio io con le mani notte e giorno ti faccio dormire.

282. E quandeia brutta la lundananza assaj; se tu mi aspetterai a lu ritorn ti sposer.


E come brutta la molta lontananza; se tu mi aspettarei al ritorno ti sposer.

283. Quanda eia brutta la lundananza eia na cosa brutta assaj; si tu maspttarraj tutt u tiemb passer.
Come brutta la lontananza una cosa assai brutta; se tu mi aspetterai tutto questo tempo passer.

284. So di partenza o di voler partire, indo a na varchtella in mezzo al mar passava; quando fui in alto mare m n pndiett: vota, varchetta mia, voglio tornare,
Sempre nei Canti Siciliani troviamo altre sorprendenti analogie che ci fanno pensare sempre pi ad influenze dirette dovute forse alla corte di Federico II che scelse quale sua sede Melfi a qualche centinaio di km. di distanza da Calitri; come spiegare altrimenti analogie cos pedisseque? Amuri amuri quantu si luntanu/cui ti lu conza lu lettu stasera (Lares XLIII n.1 pag. 87 11 riga) Cos pure si veda nei Canti Popolari di Genzano dello Scazzariello a pag.68. In Studio sul dialetto di S.Giovanni in Fiore di Alfredo Prisco a pag. 96 :Amure chi s jutu allu luntanu,/chi tti lu conza lu liettu la sira?.
351

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Sono di partenza o di voler partire con una barchetta In mezzo al mare passava; quando fui in alto mare me ne pentii rigira, barchetta mia, voglio ritornare lho lasciata, la mia bella, sola, e se si sposa e non si sposa a me meglio che io muoia.

lagg lassata, oi, la mia bella sola, e si s mmarita e n s piglia a mme megl ca mor.

285. Inda a lu giardin sapr la rosa e la rndnegghia s fac sposa; a mmi m ven lu chiand a lu cor lu mij amor cchi n torna ancor.
Nel giardino si apre la rosa e la rondinella si fa sposa; a me viene il pianto al cuore il mio amore non torna ancora.

286. Nnanz vlarra la mort qua vvcin e nno a tn lamor tand lundan; la rndnegghia352 chiang e s rspera torna viern e passa primavera.
Preferirei avere la morte qua vicina e non avere lamore tanto lontano; la rondinella piange e si dispera torna linverno e passa primavera.

287. Nu juorn m venn a mmend la partenza la mamma mia e la zita salutaj; tutt quanda la fecn la prsenza afflitt e scunslat mallundanaj.
Un giorno mi venne in mente di partire la mia mamma e la fidanzata salutai; tutti erano presenti afflitto e sconsolato mi allontanai.

288. P via la ncuntraj na zngaregghia m voz353 addvn354 la mia vndura;


352

rndnegghia = rondinella, con esito in ggh della ll.

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Per la strada la incontrai na zingarella mi volle indovinare la mia ventura; la nenna tua si impegna la gonnella e un altro amante ha cura di lei.

la nenna toja s mbegna la unnegghia355 e nat amand r egghia356 ten cura.

289. E n ng chrriett a quigghj mmend e cum cu na barchetta m n sca; nata vota uardaj lu tnmend lundan r mndagn mij vra.
E non ci credetti in quel momento e mentre me ne andavo con una barchetta; unaltra volta guardai la riva lontano vedevo le montagne.

290. E quann stia arrvann a lata terra trn vla ma n ptiett; nda stu cor snda ca ngera uerra357 la nenna mia p semb la prdiett.
E quando stavo arrivando allaltra terra lo volevo ritornare, ma non potetti; in questo cuore sentivo che cera guerra la nenna mia per sempre la perdetti.

291. Iamm a lAmerca a fa frtuna, iamm ia Cusm358 mhann arrbbat li rnar; a lAmerca non si va nata vota amma sc a zapp.
Andiamo allAmerica a fare fortuna, andiamo Cosimino mi hanno rubato il denaro; allAmerica non si va unaltra volta dobbiamo andare a zappare.

292. Eia stat cumbAntonij lu mariuol mhav arrbbat li sold e lu riuol359; tna li cund360 sotta a lu maton361
353 354 355 356 357 358 359

voz = volle. addvn = indovinare, dal latino tardo addivinare. hunnegghia = gonnella, parte principale del costume antico delle donne calitrane. egghia = lei, dal latino illa, con esito anticamente in dd e ultimamente in ggh. uerra = guerra, dal tedesco werra, contesa. Cusm = diminutivo di Cosimo, nome proprio di persona. riuol = orologio, voce delluso toscano oriolo, dal diminutivo latino horarium.

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E stato compare Antonio il ladro mi ha rubato i soldi e lorologio avevo i soldi sotto il mattone ma il vicinato mi chiama sciampagnone

ma lu cunduorn m chiama sciambagnon362.

293. Na casaregghia363 e nu trren p fa lu bbgliett p navig; vnniett364 ciucc, puorch e gagghin a li vcin sciett365 a p salut.
Una casetta e un terreno per fare il biglietto per navigare; vendetti lasino, il maiale e le galline ai vicini andai a salutare.

294. La spia m lha fatta la vatcara366 ha ggiut rcenn ndov eran li rnar; lu cumbariegghj chi eia nu marpion367 shav accattat368 la terra a lu Pcon.
La spia me lha fatta la vaticana andata dicendo dove erano i denari; lu compariello che un marpione si comprata la terra al Picone.

295. Lammasciata m lha fatta la Castgghiana ten la terra nda Gghisck e a la Fndana; a lAmerca non si va, nata vota amma sc a zapp.369
Limbasciata me lha fatta la Castellanaha la terra a Ghisck e alla Fontana; allAmerica non si vae di nuovo dobbiamo andare a zappare.

296. Amor quand s lundan


cund = le cose, oggetti, qui anche risparmi. maton = mattone del pavimento, nascondiglio usato da molti in quei tempi calamitosi a causa dei briganti. 362 sciampagnon = uomo spendereccio, che fa vita allegra (Dei). 363 casaregghia = diminutivo di casa, con esito di ll in ggh. 364 vnniett = ho venduto lasino, il maiale e le galline. 365 sciett = andai. 366 vatcara = uno dei tanti soprannomi, come pure la castgghiana. 367 marpion = furbacchione, dal francese marpion. 368 accattat = comprato, dal latino ad-captare. 369 Queste ultime cinque strofe narrano lamara storia di un progetto di emigrazione andato a male per il furto della somma necessaria per il viaggio.
361 360

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Amore quando sei lontano pi lontano non te ne potevi andare; fammi una lettera con le tue mani mandami a dire quando arriverai.

cchi lundan n t n puoj sc; famm na lettra cu ss mman mmannam a dic quann eia vn.

Alla via dei Chiani faceva piano piano ragazza dammi la mano che io me ne devo andare.

297. La via r li Chian faca chian chian; fgli ramm la man ca ij m naggia sc.

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Carcrat
298. E cum vogl fa, frtuna mia m lhann carcrat370 lu mij amor; m lhann puost abbagghj a la prggion e m lu fann mr r passion.
E come voglio fare, fortuna mia me lhanno carcerato il mio amore; me lo hanno messo gi nella prigione e me lo fanno morire di passione.

299. Povr amor mij nda na halera371 semb ven viern e mai primavera; cum nauciegghj372 nda na cangiola,373 lamand n po tras chi lu conzola.
Povero amore mio in galera sempre viene linverno e mai primavera; come un uccello nella gabbia lamante non pu entra per consolarlo.

300. A nu lat e naut mett na sndnella na bajnetta nnstata, nsegn r uerra; li juorn teia sciuqu374 nda na cella lundan ra me e lundan ra sta terra.
Ad ambo i lati una sentinella la baionetta innestata, in segno di guerra; i giorni ti devi giocare in una cella lontano da me e lontano da questa terra.

301. Attuorn, attuorn r fierr na cancegghia375 e sola so rmasta pvregghia; abbandnata sola e senzamor pac n pot trv quistu cor.
Intorno, intorno una cancellata di ferro ed io sono rimasta sola; abbandonata, sola e senza amore

carcrat = carcerato, messo in carcere, dal tardo latino ecclesiastico carcerare. halera = carcere, prigione, da galea o galera su cui si legavano i condannati ai lavori forzati. 372 abbagghj = gi, sotto, forse dal latino ad vallem. 373 cangiola = gabbia, dal latino volgare cavea = cavit e dal diminutivo caveolo deriva caiola, sviluppatasi nella nostra area in cangiola. 374 sciuqu = giocare nel senso negativo di perdere. 375 cancegghia = cancellata di ferro.
371

370

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questo cuore non pu trovare pace.

302. Sola so rmasta e senza aiut la terra a mmi m par na halera; lamand chi tna s nia sciut lu juorn chiar m par semb sera.
Sola sono rimasta e senza aiuto la terra a me sembra una galera; lamante che avevo se ne andato il giorno chiaro mi sembra sempre nero.

303. M lann carcrat a Canij mij n tengh cchi sstegn e chi m luca; li sand agg prhat cu tutt Ddij lApostl e la Vergn Maria.
Me lo hanno incarcerato a Canio mio non ho pi sostegno e aiuto; ho pregato Dio con tutti i santi gli Apostoli e la Vergine Maria.

304. E quanda tiemb chi s neia passat prggnier, m lann carcrat; nata ronna lhav arrbbat lu cor na chiaha nfunn376 chi n guarisc ancora.
E quando tempo che passato prigioniero, me lo hanno incarcerato; unaltra donna gli ha rubato il cuore una piaga profonda che non guarisce ancora.

305. So chius in quatt mur cu tre parm r larghezza; ndov eia sciuta la mia bellezza fiore di giovent?
Sono chiuso fra quattro mura con tre palmi di larghezza; dove finita la mia bellezza fiore di giovent.

306. Ij part ra Calitr e n sacc dov vach; dovunque vach vach


376

nfunn = in fondo, profondo, dal latino fundus in fundo = in fondo.

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Io parto da Calitri e non so dove vado; dovunque vada io penso sempre a te.

ij penz semb a tte.

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Mamma, mamma
307. Mamma, mamma acchiam lu zit ca r cumpagnj mij s so mmartat; si passa stann e n m mmarit mamma, tu t leia chiang stu pccat377.

Mamma, mamma trovami il fidanzato perch le mie compagne si sono maritate; se passa questanno e non mi marito mamma, tu devi piangere questo peccato.

Mamma, oi mamma tu sai cosa voglio questanno; una botte piena di vino ed una ragazza di ventanni

308. Mamma, oi mamma, tu r ssaj che bbogl auann378; na votta379 chiena r mier e na fgliola r vindann.

In questa strada c nato un giglio; tanto del profumo non si pu passare; c una mamma che ha una figlia me lha promessa e me la deve dare.

309. Indo a sta strata ngeia nat nu gigl tand r laddor380 n s pot pass; ngeia na mamma chi ten na figlia m lha prmmesa e m ladda r.

310. Bella eia la mamma cchi bella eia la figlia; bbata chi s nzora,381 lu uaglion chi s la piglia. (variante) ngeia na rosa che nasc e muore e lu prim amor n leia ngann.
Un canto di Carosino nel Salento ripete :Mamma, ci nu mmi nzueri/in fazzu liti,/ca li compagni mia/s0nu nzuratu (vedi un articolo di Maria Teresa La Porta sulla Letteratura popolare in Lares XLIII n.3-4 pag. 438); troviamo ancora Padre, tumi fa gran torto;//marito non mi dai/e in questo modo mi sto apinando (Poesie musicali del Trecento pag. 92). 378 auann = questanno, voce meridionale derivata dal latino hoc anno. 379 votta = botte, dal latino buttis, con il passaggio della b iniziale a v. 380 addor = odore, profumo; e nun se po passare pe laddore recita un canto di S.Valentino a pag. 40. 381 nzora = sposare, verbo riflessivo, nzurat il sostantivo maschile, dal latino participio passato uxoratus ammogliato (Del Donno, Studi etimologici sulla rivista Samnium 1982 n. 3-4, pag.241).
377

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Bella la mamma pi bella la figlia; beato chi si sposa il ragazzo che se la prender. (variante) c una rosa che nasce e muore e il primo amore non lo devi ingannare.

311. La mamma vaj rcenn figlia, figlia; lagg crsciuta tand, ven naut e s la piglia.382
La mamma va dicendo figlia, figlia; lho cresciuta tanto viene un altro e se la piglia.

312. Oi mamma vcchiarella tien na figlia bella; si tu n m la raj, m n vach ndo r cancell383.
Oi mamma vecchierella hai una bella figlia; se tu non me la dai me ne vado in galera.

313. Oi mamma vcchiarella srveglia ssa fgliola; falla snd lu cand chi lu fac il vero amor.
Oi mamma vecchierella soveglia questa ragazza; falle sentire il canto che le fa il vero amore.

314. Mamma vcchiarella uardam384 ssa fgliola;


Quant n fac na mamma p na fegl!/M ven u huapp e s la pegl si legge nei canti popolari di Genzano di Lucania di Rocco Scazzariello. 383 m n vach ndo r cancell = particolare modo di dire, per indicare una persona in carcere; Ora mi partu e mi nni vaju n cancellu (Lares XLIII n. 1 pag. 81). 384 uardam = stai attenta, dal francese wardon = stare in guardia; Mamma, che de figliate haje paura/voglio vedere si la saje guardare ripete un canto di Piano di Sorrento a pag. 111. E nei canti popolari raccolti da Rocco Scazzariello si legge: Statt attint, zia vecchiarell/e guarda guard sta fegliol,/ca sedd manten lunor/semp spusin sar p me.
382

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Mamma vecchierella guardami questa ragazza; se guarderai lonore mia sposina sar.

si uarderaj lonor sposina mia sar.

315. Oi mamma r famiglia stattv attiend a ssa fgliola; ca Giuann r lu Litt s r (la) ven a ndmmac.385
Oi mamma di famiglia state attenta a questa ragazza: perch Giovanni del Litto se la viene a possedere.

La mamma di questa ragazza un poco vecchierella; la figlia tanto bella non sia mai che non la sposo.

316. La mamma r sta fgliola eia nu poch vcchiarella; la figlia eia tand bella n sia maj n m la pigl.

317. Mamma, mamma conda r gagghin386 ca ng manca lu megl capon387; ng manca quigghj cu r penn turquin lu megl suldat r lu battaglion.
Mamma, mamma conta le galline perch ci manga il p bel cappone; ci manga quello con le penne turchine il miglior soldato del battaglione.

318. Mmiezz a sta strata ngeia na rndnegghia totta s prescia r la soja belt; la mamma vaj rcenn: figlia, figlia stu bell ninn tu t leia pgli.
In mezzo a questa strada c una rondinella tutta contenta della sua bellezza;

ndmmac = congiungersi carnalmente, da etimologia a noi sconosciuta. gagghin = galline. 387 capon = cappone, qui non inteso certamente come gallo castrato, anzi proprio il contrario, dal latino cappus.
386

385

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la mamma va dicendo:figlia mia questo bel ragazzo ti devi sposare.

319. Mamma, mo passa Antonij cu na catena ror; mamma ca ij mo mor ca m vogl mmart.
Mamma, ora passa Antonio con una catena doro; mamma che io muoio perch mi voglio maritare.

320. Beata la tua mamma che ti fece cos bella; la luna sopra al castello eia scesa fin quaggi.
Beata la tua mamma che ti fece cos bella; la luna sopra il castello scesa fin quaggi.

321. Mamma, mamma ca Nicola vogl si n m lu raj, m tagl li capill; sotta la preta388 cunsrv r bbogl passa Nicola e s r piglia.
Mamma, mamma io voglio Nicola se non me dai, io mi taglio i capelli; li voglio conservare sotto una pietra passa Nicola e se li prende.

322. L e boi l mamma n ngia, e tu vo vn; r tien r fuoch a lu cor mamma n ngia e vuoi fa lamor.
Li o boi l mamma non c, e tu vuoi venire; hai il fuoco al cuore mamma non c e vuoi fare lamore.

323. Mamma, n la (lu) vogl


preta = pietra, con metatesi della r; Mamma, mamma, ca Nicolo boglio/muzzre me li boglie li capilli/sotto na preta mettere li boglio riporta Raffaele Corso nei suoi Patti dAmore e Pegni di Promessa pag. 66.
388

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Mamma, non la (lo) voglio perch non ha larte mia; se mi devo sposare (maritare) mi devo prendere chi voglio io.

ca n ten lart mia; si maggia nzr (mmart) maggia pgli chi vogl ij.

324. E lacqua a la fndana lu vin a la bttiglia; tann t chiam mamma quann tu m raj ssa figlia.
E lacqua alla fontana il vino alla bottiglia; allora ti chiamer mamma quando tu mi darai questa figlia.

325. T preh mamma mia, fammilla nauta389 fammilla totta nocch e zaharell; caggia par megl ij ca na sgnora campo di fiori e Nenna damor.
Ti prego mamma, fammela unaltra fammela tutta nastri e cagarelle; che debbo sembrare meglio io che una signora campo di fiori e Nenna damore.

326. Mamma chi m facist tand bella, m mmannast a coc ra lu sol; corta m la facist la unnella campo di fiori e donna damor.
Mamma che mi facesti tanto bella mi mandasti a cuocere dal sole (a lavorare); corta me la facesti la gonnella campo di fiori e donna damore.

327. Bbata a tte fgliola chi tien la mamma toja; ij tengh la matreia390 chi varca e pzzleia391.
fammilla nauta = fammela unaltra veste; Ora la vogghiu bona la fadetta si legge in un canto siciliano, raccolto da Salomone-Marino a pag. 193. 390 matreia = matrigna, dal latino tardo matrigna. 391 varca e pzzleia = picchia e d pizzicotti dolorosi.
389

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Beata te ragazza che hai la mamma tua; io ho la matrigna che picchia e pizzica.

328. Mamma mia n vogl lu zappator r zannagl392 mogghj393 n vogl prtan; e cum nu stranguglion394 vaj for cu lu bbriend395 nguogghj396 e lu tascappan, n vogl arrn stier cu li pier.
Mamma mia non voglio la zappatore i panni bagnati non voglio portare; e come uno straccione va in campagna col bidente il spalla e il tascapane, non voglio prendere sterco con i piedi.

329. Mamma mia n vogl lu campes n vogl arrna stier cu li pier; cu lu jppon nguogghj fac lu mes s corca cu li cuturr397 p mstier
Mamma mia non voglio il campese non voglio prendere sterco con i piedi; con il giaccone addosso per un mese si corica con gli zoccoli per mestiere.

330. Oi mamma, mamma maggia mmart ca senza ippon398 cchi n pozz st; nott e ghiuorn chi m send sola passa lu tiemb e primavera abbola.
Oi mamma, mamma, io mi devo maritare perch senza calzoni pi non posso stare; notte e giorno che mi sento sola passa il tempo e primavera vola.

331. Lu per m lu mttist mamma nnand; sciarr399 m facist


392 393 394 395 396 397 398

zannagl = quei poveri e pochi cenci che portavano addosso, perch non si poteva parlare, allora, di vestiti! mogghj = molli di acqua, con esito della ll in ggh. stranguglion = in senso dispregiativo di una persona vestita miseramente. bbriend = bidente, zappa a due rebbi, dal latino dotto bidente(m) che ha due (bi) denti (dentes). nguogghj = addosso, sulle spalle; forse dal latino in collum. cuturr = grosse scarpe di contadini; ma qui forse allude allabitudine di andare a letto con le calze. jppon = calzoni, per dire che non pu pi stare senza uno sposo.

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Il piede me lo mettesti davanti mamma; bisticciare mi facesti con il mio amato.

a cu lamand.

332. Figlia mia che grossa fatuara400 lu zappator lassast a mezza via; cu la zappa nguogghj e r bbsazzol401 vietta402 sca403 for e nnand a lu sol.
Figlia mia che grande sciocchezza lo zappatore lasciasti a met strada; con la zappa addosso e le bisacce presto andava in campagna e davanti al sole.

333. Mamma mia lu vogl lu scardalan404 maggia mbar lu sciuoch405 r lu tlar406; ess e tras a lu tuocch r la man vaj e bben cum lonna r lu mar.
Mamma mia io lo voglio scardalana mi devo imparare il giuoco del telaio; esce ed entra al tocco della mano va e viene come londa del mare.

334. Mamma mamma la mmasciata eia fatta la zita n m vol, so ggiuquator407; shav sciuquat la nocca e lu lacc408 ror e mo s vol sciuqu r nenna lu cor.
Mamma mamma limbasciata fatta la fidanzata non mi vuole perch sono giocatore; si giocato il fiocco e il laccettino doro ed ora si vuol giocare il cuore di Nenna.

sciarr = bisticciare, dal latino exerrare; La tirannia, sebbene benevole, della mamma ricordata in molti canti:Oh matri chi cori chaviti/dunni vi vinni sta gran tirannia e ancora M matrizza mi fa lu tradimentu/chidda ca tantu beni mi vulia si legge nel repertorio della raccolta Vigo (Lares XLII nn.3-4 pag. 458 e XLIII n. 1 pag. 79). 400 fatuaria = sciocchezza, dal latino dotto fatuitas-atis = stoltezza. 401 bbsazzol = diminutivo di bisaccia, dal latino bis saccus =doppio sacco. 402 vietta = presto, di buonora; sembra risalga al latino vectus = tirato (Rohlfs, 933). 403 scia = andava, dal latino ire = andare. 404 scardalan = scardassiere, cio colui che addetto alla scardassatura della lana, in tempi remoti un mestiere ricercato e ambito anche come buon partito per le donne. 405 sciuoch = giuoco. 406 tlar = telaio; tutto il restante della frase una descrizione per similitudine dellatto sessuale. 407 ggiuquator = giocatore, generalmente di carte. 408 lacc = catenina doro da mettere al collo.

399

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335. Mamma mamma va ng parla ancora rlligghj ca so pndit r larror; si egghia manden la parola donor la nocca ij llaccatt e lu lacc ror.
Mamma mamma vacci a parlare ancora dille che sono pentito dellerrore; se lei mantiene la parola donore io le comprer il fiocco e il laccettino doro

336. Mamma mamma si nenna m ric sin p egghia r spengh li quatrin; llaccatt laniegghj ror e la cullana e li crchiun409 a tuon r cambana.
Mamma mamma se nenna mi dice di si per lei io li spendo i quattrini; le compro lanello doro e la collana e i cerchietti a tuono di campana.

337. Tengh na figlia smbatca e bella nu bbuon partit410 lu pot manca? Si po s mett la cap unnella tutta la gend s vota a guard.
Ho una figlia simpatica e bella un buon partito le pu mancare? se poi si mette la gonnella pi bella tutta la gente si volta a guardare.

338. Si un passa nnand a la casa semb contenda la send cand; ma si saffaccia rvenda smaniosa senza marit n pot rst.
Se uno passa davanti alla casa sempre contenta la sente cantare; ma se si affaccia diventa smaniosa senza marito non pu restare.

339. Ngia nu uagnon chi quas ogn sera cu lu rcanett la ven a cand; si quann eia craj chi sciam a la fera
409 410

crchiun = orecchini ad anello. partit = occasione di matrimonio.

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C un ragazzo che quasi ogni sera con lorganetto la viene a cantare; se quando domani che andiamo alla fiera viene anche lui, li far parlare.

ven pur igghj, r fazz parl.

340. Si po s piacn, si so cundend ra la cummara pozz mmann; quann eia frnut lu tiemb rAvvend tutt eia gi prond, s ponn spsa.
Se poi si piacciono, se sono contenti dalla comare posso mandare; quando finito il tempo di Avvento tutto gia pronto, si possono sposare.

341. Ij vogl bben a nonnata tu n saj pcch; nonnata ha fatt a mammata e mammata ha fatt a tte.
Io voglio bene a tua nonna tu non sai perch; tua nonna fa fatto tua madre e tua madre ha fatto te.

Lacqua alla fontana il vino alla bottiglia; allora ti chiamer mamma quando mi darai questa ragazza.

342. Lacqua a la fndana r mier a la bbttiglia; tann t chiam mamma quann mi darai questa figlia.

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U spaccon
343. Li e boi la n nneia r qua411 lu zit mij; eia r la marina eia spaccon412 quann camina.

Li e boi la non di qua il mio fidanzato; della marina spaccone quando cammina.

Caro campare sei un ragazzo troppo fino; senza andare per la cascina la ragazza ti vuoi trovare.

344. Uej cara cumb413 si nu uaglion tropp fin; senza sc p la Cascina la fgliola t vo acchi.

Caro compare ed anche noi lo abbiamo saputo; che per la Cascina te ne vai a passeggiare.

345. Uej cara cumb e nuj pur ramm apprat;414 ca p ndo la vasciagna415 t n vaj a passi416.

E pure compare si sciupato assai; tu come eri sei e cose serie non ne fai.
411

346. E pur cumb seia sciupat assaj; tu cum ier sei e cos serij n n faj.

n nneia r qua = non di queste parti, un forestiero. spaccon = fanfarone, gradasso, smargiasso. 413 cumba = compare, dal latino tardo computer. Il compater e la commater condividevano col padre e con la madre la responsabilit delleducazione religiosa del bambino (VII sec.). 414 apprat = appurato, saputo; dal latino medioevale appurare =accertare. 415 vasciagna = termine prettamente locale e di incerta etimologia, vuol indicare le abitazioni ai piedi della collina sulla quale costruito il paese; come autima vuol designare la parte alta del paese. 416 passi = verbo intransitivo passeggiare, termine propriamente dellarea meridionale.
412

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347. E p ess cap tuost417 (capa tosta) a la scola n s ggiut; tu senza cumb Jucc418 r cunquist n r puoj fa.
E per essere testa dura (capa tosta) a scuola non sei andato; tu senza compare Canio le conquiste non le puoi fare.

348. M raccumann a vuj passiat sol sol; ca quigghj un n ten e sola a una ladda r.
Mi raccomando a voi passeggiate sole, sole; perch lui uno ne ha e soltanto ad una lo dar.

Ragazze per il corso passeggiate una ad una; cos compare vi pu venire a fermare.

349. Fgliol a p lu cors passiat a una a una; accuss cumb v pot vn a frm.

350. N vo fa crer a nnuj ca t si fatt tanda zit; un chi seia apparat419 accuss n pot st.
Ci vuoi far credere a noi che ti sei fatto tante fidanzatr; uno che si saziato cos non pu stare.

351. Tu vir cumb


cap tuost = testa dura, dal latino caput = testa e tostus =duro, participio di torrere di area italiana, passato nei dialetti col senso di sodo, duro (DEI, voci capo e tosto). 418 Jucc = diminutivo di Canio: Caniucc, Jucc. 419 apparat = saziato, in genere riferito ad un contenitore di solidi, che riempito viene pareggiata la sua superficie.
417

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Tu vedi compare con il mal di pancia; queste sono le maleducazioni che gli fanno troppo male.

cu lu mal r la panza; quegghj so r mal crianz420... chi lu fann tropp rann421.

E conquistata la piazza alla cascina si dedicato; gran capo lo hanno fatto e lesclusiva si preso.

352. E conquistata la chiazza a la Cascina seia vtat; gran cap lhann fatt e lesclusiva shav pgliat.

E qui sotto non ci piove e noi sappiamo tutto; una ti diceva no unaltra ti dava il paniere.

353. E sotta qua n ng chiov e nnuj sapim tutt; una t rca no, nauta t ra lu panar422.

Lo so che hai tutto hai cento fidanzati; il rpimo non ti ha voluta il secondo ti ha lasciata.

354. R sacc ca tien tutt tien ciend nnammrat; lu prim n thav vlut lu second thav lassata.

355. Thaj fatt lu maqquatriegghj423 lhaj fatt cu lu snett; nganna424 t leia mett
panza = pancia, dal latino pantex, forse passato in Italia dallantico francese pance (DEI, voce pancia). rann = danno, nocumento; dal latino damnum, con il passaggio della d iniziale alla fricativa interdentale (Rohlfs, 153). 422 panar = paniere, dal latino panarium; ma qui usato per dire che ha avuto un rifiuto dalla ragazza che aveva scelto. 423 macquatriegghj = fazzoletto, dal latino maculare = macchiare, sporcare, che ha dato maccatura sviluppatosi poi in macquatriegghj (Del Donno, Studi etimologici sulla rivista Samnium, 1981 n.3-4 pag.217).
421 420

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Ti sei fatto il fazzoletto te lo sei fatto col sonetto; in gola te lo devi mettere e lo spaccone devi fare.

e lu spaccunciell eia fa.

424

nganna = intorno al collo, dal latino cannula = cannuccia, trachea, con in inglobato nella parola.

- 108 -

La zita
356. Duj pnzier sono n so qual pgli; un pgli mgliera, un altro restar a llibbert.

Due pensieri sono non so quale prendere uno prendere moglie un altro restare libero.

Oi compare, oi compare stai a sentire a me e non ti sposare; perch la moglie un gran guaio fa solamente bestemmiare.

357. Oj cumb, oj cumb staj a ssend425 a mmi e n t nzr; ca la mgliera eia nu uajon426 fac sckitta427 jastm.428

Tu ti sei messa il costume il marito dov ; ora risponde zio Antonio il marito lo faccio io

358. Thaj puost lu pzzill429 lu marit ndov eia; mo rsponn zi Antonij lu marit lu fazz .

359. La figlia r la Carpnera hav puost Calitr mmot430, ten pann e rota431 e un bbuon s vol spsa. Puozz ess accis432, puozz ess mbesa433
staj a ssend = stai a sentire. uajon = guaio, sostantivamente di guai, che deriva forse dal gotico wai. 427 skitta = solamente; il Rohlfs al paragrafo 958 dice: in Puglia, in Lucania e a Procida la funzione di soltanto stata assunta da schietto; noi aggiungiamo anche nellarea irpina. 428 jastm = bestemmiare, dal latino blasphmia, con lo sviluppo di bl in j, particolare dellarea meridionale.*** Lo stesso concetto lo ritroviamo negli strambotti del 400 riportati dal Bronzini Voi che te insengnia si voi biastemare? (LARES XLVI n. 2 pag. 231; mentre pi ancora aderente per spirito e compisizione ci sembra un canto ligure raccolto dal Marcoaldi a pag. 74 Vurreiva pie muje ura mipentu/che bella cosa l pensesie avanti/ l meju stare un giuvinin cuntentu/che prende muglie e aver pensieri tanti. 429 pzzill = caratteristico costume delle antiche donne calitrane. 430 mmot = in movimento, dal latino dotto motus, participio di movere = muovere. 431 pann e rota = corredo in panni e dote di possedimenti vari.
426 425

- 109 -

La figlia della Capinera ha messo Calitri in agitazione, possiede panni e dote e uno buono si vuole sposare. Possa essere uccisa, possa essere impiccata sei del forese e non c che fare.

si fres434 e n ceia che fa.

360. Quann vless quann chij m mmarit; p nsciun scop435 ca la vogl fa la zita (vecchia zita).
Quando volesse quando che io mi marito; per nessun motivo voglio fare la zitella (vecchia zita).

361. Quann vless quann chi frnim r fa lamor; ca la malizia hamm acquistat e n namm fatt bben a lu cor.
Quando volesse quando che terminiamo di fare lamore; perch la malizia abbiamo acquistato e non abbiamo fatto bene al cuore.

362. M naggia sc a lAmerca maggia prima mmart; quandeia bbell lu zit mij e m laggia spsa.
Me ne devo andare in America mi devo prima sposare; quando bello il mio fidanzato e me lo devo sposare.

363. M vogl sc a mmart a rAvllin pgli m lu vogl maccarnal436; quann vach a la Messa matina
accis = ucciso, participio del latino occidere. mbesa = appesa, voce meridionale dal latino impensus, participio di impendere = impiccare, appendere (DEI, voce impeso). 434 fres = contadino che sta fuori citt; dal latino tardo forensis. 435 scop = motivo. 436 maccarnal = pastaio, colui che faceva la pasta a mano.
433 432

- 110 -

Mi voglio maritare ad Avellino me lo voglio prendere pastaio; quando vado alla Messa mattina la seggiolina (riservata) e il ventaglio in mano.

la sgglegghia437 e lu vntagl mman.

364. M vogl sc a nzr a lu Cliend pgli m la vogl na clndana; n m mborta ca n ten niend basta ca ten na fresca fndana. (basta chi ten la cangiola sana)438
Mi voglio andare a sposare nel Cilento e mi voglio prendere una cilentana; che me ne importa che non ha nulla basta che abbia fresca la fontana. (basta che abbia la gabbia non rotta)

365. E magg acchiat la zita a p na sera prigionier m trov ndo na halera; mhav attaccat na catena a lu per spzz la vlarra, cchi n ng crer.
E mi son trovato la fidanzata per una sera prigioniero mi trovo in una galera; mi ha attaccato una catena al piede la vorrei spezzare, ma non ci credo pi.

366. Nenna mia rammilla mo tu laita na lima pigliala e piglia na tnaglia; tu chi la tien la chiav r sta vita nda stu nfiern perd la battaglia.
Nenna mia dammi ora te un aiuto prendi una lima ed una tenaglia; tu che hai la chiave di questa vita in questo inferno io perdo la battaglia.

367. Lu juorn r la sposa eia juorn r cundandezza; nnand a lautar laniegghj taggia mett.
sgglegghia = diminutivo di seggia = sedia, quasi certamente prestito del settentrione (Rohlfs, 278). *** Me voglio i a nzur a Casamarrazze dice un canto di S.Valentino a pag. 35 mentre il riferimento alla fresca giovent della ragazza lo troviamo sia nei canti di Piano di Sorrento a pag. 118 ma i nu curo ca nu tiene casce/baste che tiene o ciardeniello frisco e nel repertorio sinottico del Vigo Larma mi nesci e lu cori mi sfila/prun pocu dacqua di la to funtana (LARES XLII n. 3-4 pag. 448, penultima riga).
438 437

- 111 -

Il giorno della sposa un giorno di contentezza; davanti allaltare lanello ti debbo mettere.

368. Si arriv a tras ndo sta casa t vogl fa sckucqu439 cum a na rosa; ropp sckucquata, tremila vas ropp vasata, t vogl p sposa.
Se arrivo ad entrare in questa casa ti voglio fare sbocciare come una rosa; dopo sbocciata, tremila baci dopo baciata. Ti voglio sposare.

369. M vogl sc a nzr a Colavritt poch cchi abbaghj ngeia la Quaglietta; ngeia na fgliola chi eia quand na hatta, e mbiett r ten roj mnnett psat cinch rotoli440 e na quarta. (variante) ng staj na ronna vascia quando na hatta ma si t piglia t fac fa la fitta.441
Mi voglio andare a sposare a Calabritto poco pi go c la Quaglietta; c una ragazza che quando una gatta e in petto ha due mammelle pesate cinque rotoli e un quarto. (variante) c una donna bassa come una gatta ma se ti prende ti fa fare la fitta.

370. Mo m n vogl sc a r Fndanell ndov ng vann r donn a lav ndov so pann gghi so donn ndov so piett gghi so menn; gghi m la vogl scegl la cchi bella prt m la vogl nnand cavall. La ggend chi m ncontra p la via ndov haj fatt ssa caccia rial so stat a la mndagna r Maiella
439

440

sckucqu = sbocciare, schiudersi di un fiore. rotolo = antica unit di misura di peso in vigore in Italia prima delladozione del sistema metrico decimale con valori variabili da 0,89 a 0,79 kg. a seconda delle regioni; dallarabo ratl. 441 fitta = il girare vorticoso della trottola, detto curlo in dialetto,, il notissimo gioco, oggi in disuso.

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ndov la nev n s leva maj.

Ora me ne voglio andare alle Fontanelle dove vanno le donne a lavare dove sono panni l sono donne dove ci sono petti l ci sono mammelle; l me la voglio scegliere la pi bella portare me la voglio davanti cavallo. La gente che mi incontra per la strada dove hai fatto questa caccia reale sono stato alla montagna di Maiella dove la neve non si scioglie mai.

371. Eia la ngap ammond e a mmi m ven laffann; che ngeia scciess auann m voln mmart.
E in salita e a me viene laffanno; cosa successo questanno mi vogliono maritare.

372. E si t la pigl hrann442(hrossa) ng vol nu hran vstit; lu povr marit pzzenn s n vaj. (variante) povero marito denari in quantit.
Se te la prendi grande ci vuole un gran vestito; il povero marito se ne va pezzente. (variante) Povero marito soldi in quantit.

Se te la prendi piccola si perde fra la folla; un velo di cipolla tira il vento e se ne va.
442

373. Si t la pigl piccula s perd ndo la folla; un velo di cipolla mena lu viend e se ne va.

hrann = grande, con lh aspirata.

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374. E n t la pigli piccula s perd ndo la folla; cum sfoglia r cpolla lu viend s labbola.
E non te la prendere piccola si perde fra la folla; come foglia di cipolla il vento se la porta via.

375. Quann eia lu sapat a ssera tutt r ronn fann lamor; quann la zita s nness443, tann eia lu sign ca n lu vol.
Quando il sabato sera tutte le donne fanno lamore; quando la fidanzata esce allora segno che non lo vuole.

376. Spingul ror e achir444 rargiend quist eia ninnill tuj chi tama tand; uarda ca n lu mien lu trarmend, ca n lavissa cangi cu laut amand.
Spille doro e agoraio dargento questo il tuo fidanzato che ti ama tanto; attenta a non tradirtlo e non scambiarlo con altro amante.

377. Lhann prtata a la Barnata a lu giardniegghj r la rosa; ma n ngeia fior cchi r sta sposa chi raj laddor a sta contrada.
Lhanno portata alla Barnata al gaerdinello della rosa; ma non c fiore pi di questa rosa che d il profumo a questa contrada.

378. Ualan445 n lu vuoj


s nness = se ne esce, va fuori casa. *** Quanto, ch bello lu sabato sera/tutte li donne vanno a la funtana recita un canto di Piano di Sorrento a pag. 35. 444 achir = agoraio, piccolo astuccio in forma di bocciolo o di cilindro nel quale si tengono gli aghi. 445 ualan = uno dei pochissimi salariati addetti ai lavori dei campi.
443

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Il bovaro non lo vuoi dellarte tua non lo vuoi; ma vuoi il carrettiere che ti far portare le scarpette.

r lart toja n lu vuoj; ma t vo pgli lu trainier446 chi li sckarpin447 t fac prt.

La fidanzata quando si sposa fa la sostenuta; si mangia il pranzo e vuole andare a letto. (variante) vede il letto pronto e le viene il pianto e il riso.

379. La zita quann sposa la cundgnosa448 fac; s mangia lu banchett e n s vol sc a curqu. (variante) lu ver lu lliett tis449 lu ven lu chiand e la risa.

E fatto giorno giorno chiaro; ora siete moglie e marito gelosia non ce n.

380. Eia fatt ggiorn ggiorn piarit;450 mo sit mogl e marit gelosia n ng nneia.

Il sole con la luna non si possono affrontare; siete belli tutti e due non vi potete lamentare.
446 447 448 449 450 451

381. Lu sol cu la luna n s ponn cunfrnd;451 sit bell tutt e dduj n v ptit lamnd.

trainier = il conducente del trano, veicolo a due ruote trainato da un quadrupede. sckarpin = diminutivo di scarpa, dal tedesco antico skarpa. cundgnosa = atteggiamento, comportamento riservato dal latino tardo contenere. tis = pronto. piarit = chiaro. cunfrnd = incontrare, dal latino medioevale confrontare.

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382. Si ggiuta a fath452 a la hallaria453 r Liend; senza rota e senza niend p la bllezza taggia spsa.
Sei andata a lavorare alla galleria di Liento; senza dote e senza niente per la tua bellezza ti devo sposare.

383. Buonasera cajnata454 mia a luc r stell so bbnuta; agg saput ca vuoj lu mij frat ramor ciendann e cu bbona saluta.
Buonasera cognata mia a sera sono venuta; ho saputo che vuoi mio fratello damore cento anni e con buona salute.

384. Chi vol vr la zita quann chiang, oin quann s mett mmiezz a tanda ggend; vaj lu spos e ng s mett accand: faccia r luna mia statt cundenda, faccia bella mia; fa nu call chi s mor, mo lu scetta nu suspir.455 .
Chi vuol vedere la sposa quando piange, oin quando si mette in mezzo a tanta gente; va lo sposo e si mette accanto : faccia di luna mia sii contenta, faccia bella mia fa un caldo da morire, ora lo lancia un sospiro

385. La bella fa onor a li pariend la brutta li sbrogna tutt quanda;


fath = lavorare, deverbale dal latino fatigare. hallaria = galleria, traforo, dal latino galera. 454 cajnata = cognata, dal latino cognatus, con esito in i della gn. 455 *** Un riscontro quasi letterale lo troviamo nei canti di S. Valentino pag. 183 :Quanne la zita le scappa lu pianto,/quanne se vede mmiezo a tanta gente;/vace o marito; e se nce mette accanto:/zitte, nennella mia, ch cosa e niente!.... Anche Mennonna nel suo Dialetto della Lucania a pag. 346 ripete quasi pedissequamente lo stesso concetto.
453 452

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La bella fa onore ai parenti la brutta li svergogna tutti quanta; i soldi se ne vanno come il vento e il male giorno ti rimane davanti.

li sold s n vann cum a lu viend e lu mal juorn t rman nnand.

386. Mmiezz a lu mar ng so ddoj curriend una chi mena, lauta n tand; megl a pgli la bella senza niend ca la brutta cu rnar nnand.
In mezzo al mare ci sono due correnti una chi mena, laltra non tanto; meglio a prendere una bella senza niente che la brutta con i denari pronti.

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U suldat 387. N pozza maj fa juorn lu matin r lu vindruj; sadda spzz lu cor e chi s vol lnzi.456

Non possa mai fare giorno il mattino del ventiquattro; si spezzer il cuore e chi si vuole far coraggio.

Io debbo partire al distretto di Avellino; lettere e cartoline non te le devo far mancare.

388. Ij aggia part a lu distrett rAvllin; littr e cartllin n t raggia fa manc.

Vedi, vedi ora viene il treno che caccia fumo; si porta (via) i giovanotti e le ragazze come devono fare.

389. Lu v, lu v mo ven lu tren chi caccia lu fum; s porta li uagliun e r fgliol cum nna fa457.

Vedi, vedi ora viene il treno che va su; se lo porta nel Piemonte e dove andr a trovarlo.

390. Lu v, lu v mo ven lu tren chi vaj ammond; s lu porta nel Piemond e ndov lu vogl sc a trv.

391. Lu v, lu v mo ven
lnzi = farsi coraggio M pass u tren d lun,/vai cacciann tanta fomm;/m s n vann sti quatt huagliun,/i pover fegliol com hanna fa? si legge nella raccolta di Genzano di Lucania. Cos pure in Mennonna Un dialetto della Lucania a pag. 348.
457 456

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Vedi, vedi, ora viene il treno del ponte dellOrata; se lo porta a Leone del padre; dove vado ad acchiapparlo.

lu tren r lu pond rArata; s lu porta a Lion r tata458 e ndov lu vogl sc a ngapp459.

Tu sei doldato soldato di fanteria; ti sei portato il moi cuore dammi il tuo per carit.

392. Tu si suldat suldat r fanderia; t si prtat lu cor mij ramm lu tuj p cart.

393. Mannaggia lu Huvern chi ha cacciat460 la ferrovia; s leia prtat via ndov laggia sc a ncuntr. (variante) lamor mio vaj via e chi sa quann rtorner
Mannaggia il Governo e chi ha inventato la ferrovia; lo ha portato via dove andr ad incontrarlo. (variante) lamore mio va via e chi sa quando ritorner

Debbo fare una lettera tutta ricamata; la debbo mandare al mio fidanzato quando far il soldato.

394. Aggia fa na lettra totta ricamata; laggia mmann a lu zit quann fac il soldat.

458 459 460

tata = babbo, dal latino tata. ncapp = acchiappare, afferrare. cacciat = nel senso di istituire, inventare; esempio: cacciare la moda, cacciare una canzone ecc.

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395. Mannaggia lu Huvern e chi lha puost a mmend; la meglio giovend s l (eia) portata in combattimend.
Mannaggia il Governo e chi gli ha messo in mente; la meglio giovent lha portata in combattimento.

396. Mannaggia lu Huvern chi ha cacciat la stanziola; ogn tand r fac chiang a quegghj povr fgliol.
Mannaggia il Governo che ha inventato la stazione; ogni tanto le fa piangere a quelle povere ragazze.

397. Mannaggia lu Huvern chi ha cacciat la msura;461 ng spoglian a lannura462 e langiolett n fann fa. (variante) langl nguglnur n lu fann fa.
Mannaggia il Governo che ha inventato la misura; ci spogliano nudi e gli angioletti ci fanno fare. (variante) langeli nudi ci fanno fare.

398. Ij part ra Calitr e vach al reggimend; taggia scriv or e mmend semb allegra taggia fa st:
Io parto da Calitri e vado al reggimento; ti debbo scrivere ore e momenti sempre allegra ti far stare.

461 462

msura = visita di leva, dal latino mensura, deverbale di metir = misurare. annura = nudi, forse dal latino nudus con lesito di d in r.

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399. Aggia sc a fa lu suldat e sei mis aggia fa; m la pigl p passa tiemb quann torn laggia sps
Devo andare a fare il soldato e sei mesi debbo fare; me lo prendo come passatempo quando ritorno la sposer.

400. N so cchi tre mis so rciott mis; lundan ra stu pajes chi s vol fr rst.
Non sono pi tre mesi sono diciotto mesi; lontano da questo paese chi avr il coraggio di stare.

401. Oi mamma vcchiarella uardammilla sta fgliola; quann torn da fare il soldato te lo giuro che me la sposo.
Oi mamma vecchierella guardami questa ragazza; quando torno dal militare ti giuro la sposer.

402. Suspir ndov lu mmann ndov fac cuncrenza; chiss lamor mij ndov fac pntenzia.
Sospiro dove lo mandi dove fa coincidenza; chi sa lamore mio dove fa penitenza.

403. Lu tren n pot part ca ng vol lu frnator; ng vol sta fgliola p lu fa part.
Il treno non pu partire - 121 -

perch ci vuole il frenatore; ci vuole questa ragazza per farlo partire.

404. Vlarria fa nu pond tutt r pret lavorat; ndo adda pass lu zit quann ven cungrat463. (variante) quann ven lamore mij s ladda fa la passggiata.
Vorrei fare un ponte tutto di pietre lavorate; dove passer il fidanzato quando verr concedato. (variante) quando verr lamore mio se la deve fare la passeggiata.

Si tu te ne vai in guerra voglio venire anchio; tu vinci la battaglia ed io porto la bandiera

405. Si tu t n vaj nguerra voglio venire anchio; tu vinci la battaglia ed ij porto la bandiera

406. I ricci dei tuoj capelli a reggimendo raggia prt; raggia mett al mio cappello nott e ghiuorn raggia vas.
I riccioli dei tuoi capelli a reggimento li devo portare; li devo mettere al mio cappello notte e giorno li debbo baciare.

407. E nu vas a mamma Resa,464 e natu vas a tata Pepp; ne do cendo a la mia Rosina
cungrat = congedato dal militare, dal latino commeatus,deverbale di commeare = congedare. *** Nei canti popolari umbri raccolti dal Chini a pag. 91 si legge :La strata j vorrebbi mattonare/ de rose e fiuri la vurria crupine. 464 Resa = diminutivo di Teresa.
463

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E un bacio a mamma Resa e un altro bacio a tata Peppe; ne do cento alla mia Rosina e me ne parto a fare il soldato.

e m n part a fare il sold.

Allalba partir con il treno che va ad Avellino; piena di baci una cartolina Rosina mia ti mander.

408. Allalba partir con il treno che va ad Avellino; piena di baci una cartolina Rosina mia ti mander.

409. Il diretto prender per Casale Monferrato; quando torno dal soldato Rosina mia ti sposer. 410. Poi quando sar arrivato al mio distretto; ti mander il mio ritratto con il vestito da bersagliere. 411. E vestito da bersagliere e vestito con panno scuro; Rosina mia io tassicuro mai di te mi scorder. 412. Mo chi si sotto le arm la secta staj facenn; ma quann ier qua era quas tal e qual.

Ora che sei sotto le armi sei in un periodo di siccit; ma quando eri qua era quasi uguale.

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413. Votta465 macanista cu ssu tren avand; lu cor r lamand ndo lu puort a strargn.466
Spingi macchinista con questo treno avanti; il cuore dellamante dove lo porti fuori regno.

Devo essiccare il mare con una foglia dulivo; devo andare a trovare il povero ninno mio.

414. Aggia asscc lu mar cu na fronna rauliva; aggia sc a trv lu povr ninn mij.

415. Li e boi la lu vapor p laria v; li uagliun cu r fgliol s voln semb addmmann467.


Li e voi la il vapore per laria va; i ragazzi con le ragazze si vogliono per sempre parlare

416. Quann aggia part ij adda car la stanziola; lu tren chi adda part staj ferm e n s mov.
Quando partir io dovr cadere la stazione; il treno che deve partire sta fermo e non si muove.

417. Stanott magg snnat la Maronna r lIncurnata; nu bbgliett mhav assat u suldat leia sc a fa.
465 466 467

votta = spingi, dal provenzale botar. strargn = andare fuori del Regno. addmmann = parlare, domandare, dal latino dimandare.

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Stanotte mi sono sognato la madonna dellIncoronata; un biglietto mi ha lasciato il militare devi farlo.

Porgimi la mano porgimi la sinistra; se te lo prendi macchinista nel treno ti porter.

418. Pruoscm la man pruoscm la sinistra; si t lu pigl macchinista ndo lu tren tadda prt.

419. Teia fatt r scarp r fierr per distruggere questa strata; se vuj ngannat a mme ngannat nu povr suldat.
Ti sei fatta le scarpe di ferro per distruggere questra strada; se voi ngannate a me Ingannate un povero soldato.

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Lamiend ramor
420. Vlarria sap vuj cum v chiamat m chiam sana-cor, vuj che bblit?468 Giacch sana-cor vuj v chiamat sana stu cor mij, ca ngeia na frita469.

Vorrei sapere voi come vi chiamate mi chiamo sana-core, voi cosa volete? Giacch sana-core voi vi chiamate sana questo cuore mio, perch c una ferita.

Per te non dormo e non riposo se non mi dai il cuore che mi hai promesso; ti voglio fare signora se ti sposo solo voglio guardare a questo bel viso.

421. A p tte n dorm e n ripos si n m raj lu cor chi mhaj prmmis; t vogl fa sgnora si t spos sul vogl uard a stu bell vis.470

Cristo del cielo sacramentato risolvimi questa mia causa come andata; se non sposo questa donna che ho amato come Giuda mi impicco allalbero di savuco.

422. Crist r lu ciel sacramndat rsciuglm471 sta causa cumeia sciuta;472 si n m pigl sta ronna chagg amat cum Giura mappich473 a lu savuch474.

423. Nnnella mia r zucquar475 la cap476 lagg persa;477 m prtarrann Aversa478


bblit = volete. *** Vurria sapiri, comu vi chiamati? si trova anche nei canti siciliani raccolti da Salomone Mrino a pag. 171. 470 *** Nel repertorio sinottico della raccolta Vigo riportato su LARES leggiamo, con sempre maggiore meraviglia, Mali pri mia la notti cchi nun dormu/ nun sacciu chi rimeddiu pigghiari. 471 rsciuglm = spiegami, quasi a dire scioglimi per bene questo groviglio che io lo capisca; dal latino exsolvere = disciogliere, spiegare. 472 sciuta = andata, participio passato di andare. 473 mappich = mi impicco, etimologia discussa, presuppone un piccare (DEI, voce appiccare). 474 savuch = sambuco, in latino si ha sambucus (in Plinio, Scribonio e Sereno) e sabucus (in Sereno, Sammonico), forse da un mediterraneo egeo saba = acqua, larbusto che vive nellacqua. 475 zucquar = zucchero. 476 cap = il capo, la testa; dal latino capu(t). 477 lagg persa = ho perduto la testa. 478 Aversa = famosa da sempre per il suo manicomio.
469 468

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Nennella mia di zucchero ho perduto la testa; mi porteranno ad Aversa se non mi vuoi sposare.

si n m vuoj spsa.479

424. Ra quann t vriett480, n rpos, na lanza481 a lu mij cor mhaj nfiss; tien lu culor r r ros r fndanell r lu paravis.
Da quando ti vidi, non riposo una lancia al moi cuore mi hai infisso; hai il colore delle rose le fontanelle del Paradiso.

Mi metto a piangere come un bambino; per te ho perduto lanima mi taglio i capelli.

425. M mett a chiang cum a nu pccrill;482 p tte agg pers lalma,483 m tagl li capill.

426. Mannaggia484 quann ia stat chi ra qua so passat; la seggia mhann rat e m vlienn fa sr.485
Mannaggia quando stato che di qua son passato; la sedia mi hanno offerto e mi volevano fare sedere.

427. R pret r sta via ragg strutt e cunsmat; tann486 m n vach487 ra qua
*** Ju ppi lamuri ti sugnu mpazzutu e Li senzii mi nescinu pi tia leggiamo nel repertorio sinottico della raccolta Vigo (LARES XLII n. 2 pag. 209, ultimo capoverso e pag. 210, 17 riga). 480 ra quann t vriett = da quando ti vidi. 481 lanza = lancia, dal latino lancea. 482 pccrill = piccolo bambino. 483 alma = anima, dal latino anima; forse un prestito dal provenzale arma che attraverso una dissimilazione diventa alima (DEI, voce alma). 484 mannaggia = malannaggia: cio mal(e) ne aggia (abbia). 485 sr = sedere, dal latino sedere.
479

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Le pietre di questa strada le ho distrutte e consumate; allora me ne andr di qua quando la strada profonder.

quann la strata eia ssffnnata488.

Le pietre di questa strada le ho fatte come una carrozzabile; allora me ne andr di qua quando mi porter via questa ragazza.

428. R pret r sta via ragg fatt a bianova;489 tann m n vach ra qua quann m port sta fgliola.

429. Tu rondinella che vieni dalla Spagna dimmi lamore e come sincomincia; sincomincia cu suon e cu cand e s frnisc cu pen e trmiend490.
Tu rondinella che vieni dalla Spagna dimmi lamore come si comincia; si incomincia con suoni e canti e finisce con pene e tormenti.

430. Stracqua491 m send e stanca r sta vita tengh tott r ccos492 e sso sguarnita; na carrzzella nova senza stallon la snagliera n fruscia senza tuon.
tann = allora, dal latino tunc. m n vach = me ne vado. 488 ssffnnata = sprofondata. 489 bianova = termine specifico dialettale per indicare la strada dove passano i carri e non una qualsiasi strada o vicolo. 490 Nella ristampa anastatica dei canti popolari siciliani di Salomone Marino a cura di G.B.Bronzini a pag. 83 troviamo: Lamuri lassumigghiu a lu citrolu/ Cumenza duci e va a finisci amaru e nella relativa nota riporta alcuni raffronti con i canti toscani, vicentini, bergamaschi e varesini, ai quali noi aggiungiamo ancora i canti liguri raccolti dal Marcoaldi a pag. 82, n. 37, ma particolarmente ci hanno colpito alcuni canti che fanno riferimento, in vario modo, alla citt di Fiorenza, donde crediamo sia primieramente sorto questo canto. Infatti il Bocchialini nei suoi rispetti damore raccolti nellAppennino parmense dice : Vorrei saper dal Duca di Fiorenza/ come finisce amor se si comincia./ La si comincia in ridere e burlate/ la si finisce in pianto e sospirare , pag. 36 n.79 e a pag. 108 n. 277 riportato un canto che gi era stato riportato dal Tigri nei Canti Toscani del 1869 che parla di Uccellin che vieni di Fiorenza/ insegnami lamor come comincia mentre il Chini nella sua raccolta di Canti Popolari Umbri a pag. 200 parla di un ber giovinetto de Fiorenza/che vula saper come ancomenza amore.- Anche il Cioni Raffaello nel suo Poema Mugellano a pag. 17 riporta un rispetto toscano che recita : Lamor comincia con suoni e con canti, e poi finisce con dolori e pianti. 491 stracqua = stanca, tesa, forse dal longobardo strak (Migliorini, Parole in soffitta in Lingua nostra 1973 fasc. 1 pag. 10). 492 tott r ccos = tutte le cose, cio ho ogni cosa.
487 486

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Stanca e sfiduciata della vita mi sento ho tutto e pure sono sguarnita; una carrossella nuova senza stallone la sonagliera non suona senza garbo.

431. A quinnciann facia lamor a sirciann prende marito; a rciassett sera gi pentita. Lena, la bella Lena tu si la pena r quistu cor.
A quindici anni faceva lamore a sedici anni si sposa; a diciassette si era gi pentita. Lena, la bella Lena tu sei la pena di questo cuore.

432. Jer493 ndo lu mij cor e t nassist494, mo chi vo tras, agg pers la chiav; ncap a li ott juorn495 t vrist: n amor, laviss acchiata quella chiav? T rspnniett cu rolc parol: quegghia chi ero tann, so mo496.
Eri nel mio cuore e te ne uscisti ora che vuoi entrare, ho perduto la chiave; allottavo giorno ti vedesti: amore, lhai trovata quella chiave? Ti risposi con dolci parole: quella che ero allora sono ora.

433. Tu chi ruorm semb a mmi n m pienz; ij t vogl bben assaj e tu n pienz a mme.
Tu che dormi sempre a me non mi pensi; io ti voglio bene assai e tu non pensi a me.

434. Eppur saj ca tavarra spsata


jer = eri, voce del verbo essere. t nassist = te ne uscisti, dal latino exire = andare. 495 ncap a li ott juorn = alla scadenza degli otto giorni; particolare modo di dire dialettale. 496 *** Dinta stu core mio nc na chiavetta/ Chi se n asciuto, nu po chi trasire recita un canto popolare di S. Valentino a pag. 40 n. CI, penultimo ed ultimo capoverso.
494 493

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Eppure sai che ti avrei sposata saresti stata regina della casa; bella vestita, ricca e con la collana e sola non saresti mai restata.

sarriss stata rggina r la casa; bella vstuta, ricca e ncannaccata, e sola n sarriss maj rmasa.

435. Ma si nu juorn cang r pnsier pcch tutt thann abbandnata; saj ca p tte n so nu frastier, e ra tann n tagg maj scurdata.
Ma se un giorno cambi pensiero perch tutti ti hanno abbandonata; sai che per te non sono un forestiero e da allora non ti ho mai dimenticata

436. Quann faciemm a lamor faciemm a tira e molla; tagg rat cuoll e scolla497 e mo n m puoj cchi vr.
Quando facevamo lamore facevamo a tira e molla; ti ho dato collo e cravatta ed ora non mi pruoi pi vedere.

437. M lhaj pund498 lu cor cu na spina r prazz499; e r bben chi t fazz tutt pers eia p mme.
Mi hai punto il cuore con una spina di pero selvatico; del bene che ti faccio per me tutto perduto.

Amante mio carissimo


497 498 499

438. Amand mij carissimo eia megli a parlar chiaro; attanta chi n bol n pot ess maj
scolla = cravatta, forse da scollo, fazzoletto che copriva la scollatura. pund = trafitto, dal latino pungere. prazz = pero selvatico.

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meglio a parlare chiaro; tuo padre non vuole non pu essere mai

439. Sta passann p Mondmilett uardaj na ronna janca cum r latt; ij lu rciett: o Ddij la giovinetta na veppta500 del tuo latte la vlarra; m rspos la poveretta so lacrim ramor e n nneia latt.
Stavo passando per Montemiletto guardai una donna bianca come latte; io le dissi: l Dio la giovinetta vorrei una bevuta del tuo latte; mi rispose la poveretta sono lacrime damore e non latte.

440. E ghiastem501 semb lu juorn e lora chi m venn a mmend r cummett arror; ma p crapicc502 ragg fatt ancora, magg sciuquat lamor e quistu cor.
E bestemmio sempre il giorno e lora che mi venne in mente di commettere errore; ma per capriccio lho fatto ancora e mi sono giocato lamore e questo cuore.

441. Quann m ven a mmend m fac mal lu cor; Maronna che ddlor e chi lu vol spprt.
Quando mi viene in mente mi fa male il cuore; Madonna che dolore e chi lo vuol sopportare.

442. Sul chi ng penz m fac mal lu cor; lagg rata la parola e n m cummien r t lass.
500 501 502

veppta = bevuta, dal latino volgare bibutus (classico bibitus). ghiastem = bestemmio, dal latino blasphemia, con lo sviluppo della iniziale bl in gh. crapicc = capriccio, per metatesi di r.

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Soltanto che ci penso mi fa male il cuore; ho dato la parola e non mi conviene di lasciarti.

443. Quann vech a tti m fac mal lu cor; e tand r lu rlor m lu send ancora mo.
Quando vedo te mi fa male il cuore; e tanto del dolore me lo sento ancora ora.

Soltanto che ci penso mi viene a fantasia; la pena del mio cuore la pace mia sei tu.

444. Sul chi ng penz m ven a fantasia; la pena r lu cor mij la pac mia s ttu.

445. N tarrcuord Nenna quann faciemm lamor; tand r lu calor m lu send ancora mo.
Non ti ricordi Nenna quando facevamo lamore; tanto del calore me lo sento ancora ora.

446. Tagg amat nann e mo sim ndo li ruj; si avessm amat Ddij fossm sand tutt e dduj.503
Ti ho amato un anno ed ora sono quasi due; se avessimo amato Dio

Mamma la rondonella (ecc)/ tagghiu amatu nnannu/ e mmi ni pentu:/ ci era amata Ddiu/ era nna santa dice un canto di Carosino riportato da Maria Teresa Laporta su LARES XLII nn. 3 -4 pag. 440; un concetto quasi analogo lo ritroviamo in Marcoaldi a pag. 90 n. 99; mentre nel Tigri a pag. 141 n. 535 troviamo: E quanto tempo ho perso per amarte!/ egli era meglio avessi amato Iddio./ Del paradiso navere una parte/ qualche santo averei dal lato mio.

503

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saremmo santi tutti e due.

447. Quann vless quann che i cuori si uniranno; tann si spezzerann r caten dellamor.
Quando volesse quando che i cuori si uniranno; allora si spezzeranno le catene dellamore.

448. Sera m lu mangiaj nu mlon504, cu lu curtiegghj505 r lu nnammrat; mlon, chi n fuss maj frnut, mlon, chi n maviss maj sazziat
Ieri sera mangiai il melone col coltello dellinnamorato; melone, che non fossi mai finito melone, che non mi avessi mai saziato!

Il cielo stellato con trentasei stelle; gentile damigella su chi mi debbo appoggiare.

449. Lu ciel eia stllat cu tretasei stell; gntil damigella su chi maggia poggi.

450. Ava vn e n so bbnut cum a nu can so stat attaccat; agg saput ca vuoj lu mij frat e p ciendann e cu bbona saluta; agg saput ca vuoj a trpput a p ciendann e cu bbona saluta.
Dovevo venire e non sono venuto come un cane sono stato legato; ho saputo che vuoi mio fratello e per cento anni e con buona salute; ho saputo che vuoi a tripputo

mlon = cocomero, dal latino tardo melo-onis. curtiegghj = coltello, dal latino cultellus (diminutivo di culter), con una maggiore diffusione nel Meridione della forma dissimilata curtellus).
505

504

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per cento anni e con buona salute.

451. Vla vn e n so bbnut cum a nu can stach attaccat; tu bella mia che thaj crrrut, ca nata amand mava acchiat.
Volevo venire e non sono venuto come a un cane sono legato; tu bella mia cosa hai creduto che unaltra amante mi ero trovato.

452. Vuj chi stat ngiel a lu cuspett r lu Criator, ratm aita;506 vesc lu rmonij507 appier a lu lliett a lu nfiern vol lanma e la vita.
Voi che stete in cielo al cospetto del Creatore, datemi un aiuto; vedi il demonio ai piedi del letto allinferno vuole lanima e la vita.

453. Albero picculill t chiantaj, fust arracquat508 cu li mij surur509; mena lu viend e s spezza nu ram la megl fronna tramuta510 culor.511
Albero piccolino ti piantai fosti annaffiato con i miei sudori; soffia il vento e spezza un ramo la migliore foglia cambia colore.

454. La sera quann m corch nda lu lliett attuorn stann quigghj chi n bbliett; mmannaj a fagliott512 mastr e mastr rasc ca quist era musc e quigghj vasc.
Ieri sera quando mi coricai nel letto
ratm aita = datemi aiuto. vesc lu rmonij = vedo il demonio. 508 arracquat = innaffiato, da incerta etimologia. 509 surur = sudori, dal latino sudore(m), di origini indoeuropea. 510 tramuta = cambia, propriamente in Meridione vuol significare travasare, dal latino tramutare = travasare. 511 *** Come ormai consueto, lanalogia pi stretta la troviamo nei Canti del Popolo di Piano di Sorrento che con straordinaria somiglianza recitano Arevo peccerillo te piantaje/ e taracquaje cu lu mio surore./ Vene nu viento e ne vuttaje nu ramo / la verda fronna tramutaje culore pag. 113 n. CC. Concetto similare, bench con forma diversa, troviamo nel Poema Mugellano a pag. 141 n.560 e nei canti Velletrani a pag. 207, nella nota al n. 533. 512 mmannaj a fagliott = mandare una persona a quel paese, particolare modo di dire locale.
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intorno stavano coloro che respinsi; mandai a quel paese mastri e maestri dascia perch questo era moscio e quello basso

455. Tand r la stanchezza n si avezza a dormire sola; afflitta sola, sola, chi fa lamor, n staj cos.
Tanta della stanchezza non sei abituata a dormire sola; afflitta sola, sola chi fa lamore , non sta cos.

In cielo fanno festa sono gli angeli beati; c una donna ostinata se la potessero calmare.

456. Ngiel fann festa, so gli angeli beati; ngeia na ronna ustnata si la ptessn calm.

457. Quann camin tu camin semb distratta; qualunque strada batti n t pozz mai ncundr.
Quando cammini tu cammini sempre distratta; qualunque strada batti non ti posso mai incontrare

458. Tutt m r ddcienn: Angla ndov vaj; Maronna quanda uaj chi mavita rnfacci.
Tutti mi dicevano Angela dove vai; Madonna quanti guai che mi dovete rinfacciare.

459. Quann pass ra qua m fac nu hrupp a lu cor;


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Quando passi di qua mi viene un colpo al cuore; non sono io che ti lascio tua madre che non vuole ( il Governo che non vuole)

n so ij chi t lass, eia mammata chi n bol (eia lu Huvern chi m vol).

460. Tengh na chiaha a lu piett chi n m uarisc maj; oin, tu gi r saj ca m leia fatta tu.513
Ho una piaga al petto che non mi guarisce mai; oin, tu gi lo sai che me lhai fatta tu.

461. Seia mmartata Nnnella mia lagg pers lu fior cchi bbell; cchi r na luna mmiezz a r stell a ghiuorn chiar egghia luca.
Si sposata la mia Nennella ho perduto il fiore pi bello; pi la luna in mezzo alle stelle a giorno chiaro ella luccicava.

462. Cavagghj514 janch e na carrzzella cu guarnmiend tutt rargiend; s lhann prtata cum a nu viend r lu cundad era la cchi bella.
Cavallo bianco ed una carrozzella con finimenti tutti dargento; se la sono portata come un vento del contado la pi bella.

463. E quann la nev scenn a la terra inda stu piett m send la uerra; longa eia la nott a lu lliett r pen
*** Haju na chiaja npettu e non si sana ripete, con scrupolosa adesione, un canto del repertorio sinottico della raccolta Vigo (LARES XLII n. 1 pag. 95 riga 27); e un canto calabrese Na ferita mhau fattu ss0cchi toi/ chista ferita, chi non sana mai (Fiori Selvatici pag. 56 n. XLV). 514 cavagghj = cavallo, dal latino caballus, che in dialetto subisce lesito v della b e ggh per la ll.
513

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E quando la neve scende in terra dentro questo petto mi sento la guerra; lunga la notte e il letto di pene lontano da me il mio bene.

eia ra me lundan lu mij bben.

464. N, n, n mannaggia li visck515 tuj; chi thav fatt tand bella e n thav vlut mmart.
N, n, n accidenti ai toui capricci; chi ti ha fatta cos bella e non ti ha voluto maritare.

465. Zomba allariul e zomba allariul si pcculina e cum amma fa; che viend e voria516 chi mena, ra la fnestra na rosa eia caruta. Oil la mia bella s neia trasuta, n lhav vist lamand pass
Salta allariul e salta allaril sei piccola e come dobbiamo fare; che vento e borea che soffia una rosa caduta dalla finestra. Oil la mia bella se ne rientrata, non lha vista passare lamante.

466. Bella fgliola chi mammata tess, ra sotta a lu tlar lacqua ng passa; mammata n t mmarita apposta, n vol lu lu fior ra la fnestra.517
Bella ragazza la cui madre tesse di sotto al telaio passa lacqua; tua madre non ti marita apposta non lo vuol togliere il fiore dalla finestra.

visck = vizi, ma qui detto in tono canzonatorio. voria = borea, dal latino dotto boreas. 517 *** Canto comune a molte aree, infatti nei Canti Velletrani a pag. 242 n. 629 troviamo: Fior de gginestra/ La mamma tua n te marida apposta,/ pe nun lev sso fiore da la finestra; e con qualche impercettibile variazione lo ritroviamo nel Poema Mugellano pag. 26 n. 35; nella raccolta Bocchialini a pag. 81; nel Tigri a pag. 323 n. 27; in un articolo di Santucci Francesco sugli stornelli e Indovinelli umbri su LARES XLII n. 1 pag. 58. - La mamma non la vulia ammaret/p non lu la ros da la fenestr recita uno dei canti di Genzano di Lucania dello Scazzariello a pag. 70 -.
516

515

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Tanto del pianto le lenzuola hai bagnato; tu per fare lamore sei nata sfortunata.

467. Tand r lu chiand r lnzol hai bagnat; tu p fa lamor sei nata sfortunata.

468. Chi m rava ric e chi m rhav fatt fa ca nda r Serre ava cand; cu nu scchiett518 racqua r puzz m vlienn fa mbriac.
Chi me lo doveva dire che alle Serre dovevo cantare; con un secchio dacqua di pozzo mi volevano fare ubbriacare

469. Amor, amor che mhaj fatt fa, r quinnciann mhaj fatt mbazz; r quinnciann cu li pier a la naca pat e mamma mhaj fatt scurd. (variante) lu paternoster mhai fatt scurd la terza parte r lAvemmaria.519
Amore, amore cosa mi hai fatto fare a quindici anni mi hai fatto impazzire; a quindici anni con i piedi alla culla padre e madre mi hai fatto dimenticare (variante) il padrenostro mi hai fatto dimenticare la terza parte dellAve Maria.

scchiett = secchio, dal latino situla, di origine dubbia (DEI, voce secchia). ***Strette analogie le troviamo nei Canti Popolari Toscani del Giannini a pag. 90 e in LARES 1984 n. 4 pag. 548 Lo stesso concetto lo troviamo nel Studio sul dialetto di S. Giovanni in Fiore di Alfredo Prisco a pag. 99 : Amuri, amuri, chi mm fattu fare!/A qunnici anni m fattu mpazzire.
519

518

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Amor e mort
470. Chiang la criatura ca menna n ng nneia; morta eia la mamma: dovunque vesc ronna vesc menna.

Piange la bambina perch non c latte; morta la madre dovunque vedo donna vedo mammella.

Come non voglio piangere non ho la mamma, e se avevo la mamma non piangevo; ed ora lho trovata unaltra mamma, che ha una figlia e me la vuole dare se la figlia avesse quindici anni allora sarebbe il mio piacere.

471. Cum n vogl chiang n tengh mamma, e si tna mamma, n chianga: e mo m lagg trvata nata mamma, chi ten na figlia e m la vol ran a mmi; si la figlia tness quinnciann tann sarra lu piacer mij.

Quando tu nascesti, mia madre mor e restai ragazza e senza latte; la zingara mi volle indovinare: disse che avrei trovato un grande tesore, subito mi misi a scavare ma non trovai ne oro ne argento.

472. Quann nasciett ij, m mors mamma, e rmaniett fgliola e senza menna; la zingara m voz addvn: riss ca ava trv nu gran tsor; subitament m mttiett a scav, ma n trvaj n argient n or520.

***Presso Vaglio di Basilicata in quel di Potenza, durante i lavori della pisatura delle fave si canta Quanno nascivi i mo morse mamma/ rimasi orfanella e senza menna (riportato in Folk italiano pag. 70 con relativa nota).

520

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473. Sultand acchiaj naniegghj a cingh pret, mo m lu vogl mett a lu mij rit; chi n m pot vr chi sckatta e crepa, ind Calitr, ij n m ng mmarit.
Trovai soltanto un anello con cinque pietre ora me lo voglio mettere al dito chi non pu sopportare che schiatti e crepi, in Calitri, io non mi marito.

474. Mamma mia lu cor quist eia lu segn caggia mr; va lu chiama lu cunfssor va la chiama la Nenna mia.
Mamma mia il cuore questo il segno che debbo morire; vai a chiamare il confessore vai a chiamare a Nenna mia.

475. Cum vogl fa, si m mor mamma, a qual ram m vogl mandn; m mandengh a lu ram r lu zit, quigghj chi eia fort e cchi maggior r me.521
Come devo fare se muore mia madre a quale ramo mi voglio mantenere; mi regger al ramo del fidanzato quello che forte e maggiore di me.

Quando io morir sono perduto; ma non mi aspetto altro la tomba e la bara.

476. Quann morij ij so pers e so prdut; ma n maspett aut la tomba e lu tavut.

477. Quanda stell ng so ngiel e quanda pisc stann a mmar; si morij ij che nnhaj e sola tu cum eia fa.
Com vogl fa s mabbandon!/A qual ramascidd maggia manten?/Maggia manten a u ram d D,/codd i fort e non s spezza mai recita la raccolta di canti popolari eseguita da Rocco Scazzariello a Genzano di Lucania a pag. 67.
521

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Quante stelle ci sono in cielo e quanti pesci ci sono nel mare; se muoio io cosa ne ricavi e te sola come dovrai fare.

478. Quann mhanna prt a lu cambsand vogl ca n mhanna prt a la chiesia; p tavut mhanna mett ndo na scorza ruov, p cuscin na pecura morta, p cannel n poch r sauzicchj e p acqua sanda u cchi vin fort522.
Quando mi dovranno portare al cimitero voglio che non mi portino in chiesa; per bara mi devono mettere in una scorza duovo per cuscino una pecora morta, per candele un poco di salsiccia e per acqua santa il vino pi forte.

479. Sciett a lunfiern ca ng fuj mannat tand era chin, n ng capa. Nnanz a la porta ng trvaj Pilat, m fec largh ca m cansca. Poch cchi nnanz, r fuoch appcciat e vesc Nenna mia ca ng arda.523 ..................
Andai allinferno perch ci fui mandato tanto era pieno, che non ci entravo. Davanti alla porta ci trovai Pilato, mi fece largo perch mi conosceva. Poco pi avanti, il fuoco acceso e vedo nenna mia che vi ardeva.

480. Sciett a lunfiern e m fu ditt canda candar n ptiett, m mttiett a tarmend524: ngera na ronna chera bella tand, e chi pata nda r pen (fuoch) ardend. Ij laddmmannaj lu com e quand:
*** Anche questo canto trova una stretta analogia nellarea meridionale, infatti nella raccolta Vigo leggiamo Amici cumpatiti quannu moru/ facitimi un tabbutu di ricotti (LARES XLII n. 1 pag. 86); a Ronciglione di Viterbo si canta Quanno so morto copreme de pizze/sotterrami in un monte di ricotte,/ candelieri fossero salsicce,/ il cuscino di galline cotte (Folk Italiano pag. 184); ancora da San Valentino pag. 16 n. XL Famme nu tavutiello de ricotta/ Pe cusciniello na pecora cotta;/ e tutto nturniata dova fritte;/ e li cannele fossero sausicchie;/ e lacqua santa fosse vino forte ed infine negli Annali Cilentani N.1 pag. 60. 523 Vedere LARES LIII n. 4 pag. 597. 524 tarmend = guardare.
522

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Andai allinferno e mi fu detto canta Cantare non potetti, mi misi a guardare: cera una donna che era molto bella, e che pativa fra le pene (fuoco) ardenti. Io le domandai il come e il quando perch pativa nel fuoco ardente. Lei mi rispose con gli occhi di pianto: non ho avuto un amore contento. Era la donna mia che mi aveva tradito, che cos scontava il peccato Quando mi videi pens che io avessi attizzato il fuoco. Potevo godere dei suoi tormenti ma questo cuore tradito non ingrato. Per questo in fretta, come un vento, il fuoco venne spento dal mio pianto; poi le ho detto che lamore forte non finisce nemmeno con la morte. E chi vuole sincero e vero amore non si deve mai mettere con le donnacce.

pcch pata ndo r fuoch ardend. Egghia m rspos cu luocchj a lu chiand: n agg avut namor cundend (lamand n vliett fa cundend). Era la ronna mia chi mava trarut, che accuss scundava lu pccat. Quann m vr, sera crrrut ca ij r fuoch lavess attzzat525. Ur526 pta r li suj trmiend? Ma stu cor trarut n nn eia ngrat. P quest lest lest, cum a nu viend, r fuoch ra lu mij chiand fu sttat527; po lagg ritt ca lamor fort n frnisc manch cu la mort. E chi sncer e ver amor vol n sadda mett maj cu r cagnol528

481. Mort rpara tu a stu mij stat, tu m la poj san sta frita; lamand ca s ver abbandnat, rsirra cchi la mort ca la vita.
Morte ripara tu a questo mio stato

attzzat = ravvivato, dal latino volgare attitiare. ur = godere. 527 sttat = spento, dal latino extutare. 528 cagnol = in senso dispregiativo, per dire ragazze leggere*** Concetti molto analoghi si trovano nei canti di Piano di Sorrento pag. 91 n, CLVIII e in Folk Italiano pag. 185 n. 132, capoverso 3.
526

525

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tu me la puoi sanare questa ferita; lamante che si vede abbandonato desidera pi la morte che la vita.

482. Fronna rauliva chi ngimma a lacqua vaj; si mor la zita (zit) mia mnaciell (mnacella) maggia fa. Fronna rauliva chi ngimma a lacqua vaj;
Foglia dulivo che sopra lacqua vai; se muore la mia fidanzata monaco mi devo fare. Foglia dulivo che sullacqua vai.

483. Tengh la zita malata chi n pot uarisc; quanda mierc529 agg chiamat hann ritt cadda mr.
Ho la fidanzata ammalata che non pu guarire; quanti medici ho chiamato hanno detto che deve morire.

484. Quann morij ij sar tutto un pianto; li prieut maccumbagnan fin a lu cambsand.
Quando morir sar tutto un pianto; i preti mi accompagneranno fino al camposanto.

485. Quann morij ij ci vuole una scrittura; chi zonga passa e legg la mia disavventura.
Quando morir ci vorr una scrittura; chiunque passa e legge
mierc = medici.

529

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la mia disavventura.

486. Rondinella amabile hai dato lestremo addio; thann vasat langl taggia vas pur ij.
Rondinella amabile hai dato lestremo addio; ti hanno baciata gli angeli ti debbo baciare anchio.

487. Marit mij a la Puglia n ng sc li pann nuov n t r prt; si tanda vot avissa ra mr m vengh li pann e m torn a mmart.
Marito mio non andare in Puglia i panni nuovi non te li portare; se a volte dovessi morire mi vendo i panni e mi risposo.

488. Vlarra mr e po trn, p bbr chi m chiang e chi m rir; la bella mia m chiang na smmana e mamma mia m chiang affin chi mor530.
Vorrei morire e poi ritornare per vedere chi mi piange e chi mi ride; la mia bella mi piange per una settimana e mia madre mi piange fino a che non muore.

489. Vlarra mr e po trn vlarria p bbr chi m chiang la vita mia; vlarra vr chi m chiang cu cor e chi m chiang e n ten rlor.
Vorrei morire e poi ritornare vorrei per vedere chi piange la mia vita; vorrei vedere chi mi piange con cuore e chi mi piange ma senza dolore.

490. Nenna mia m chiang nu juorn ancor


*** Questo canto trova riscontro nella raccolta Marcoaldi, pag. 73 n. 8, e nei Rispetti dAmore dellAppennino Parmense raccolti dal Bocchialini pag. 63 n. 148.
530

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mamma mia m chiang fin a chi mor; Nenna mia na smmana staj a lutt mamma mia a la tomba juorn e nott. (variante) Nenna mia s trova nat amand mamma mia s n mor ra lu chiand
Nenna mia mi piange un giorno ancora mamma mia mi piange fin che muore; Nenna mia sta a lutto una settimana mamma mia alla tomba giorno e notte. (variante) Nenna mia si trova un altro amante mamma mia se ne muore dal pianto

491. Lu frutt era roc e mo eia amar, hav pers quill roc sapor; vness la mort e ng mttess rpar gi ca la bella mia ha cangiat amor.531
Il frutto era dolce ed ora amaro ha perduto quel dolce sapore; venga pure la morte e ci metta riparo visto che la mia bella ha cambiato amore.

Se tu vai a catania io vengo a catania; tu parti avanti ed io dietro ti vengo (dice la morte)

492. Si tu vaj n Catania ij n Catania vengh; tu nnanz t n vaj e ij appriess m n vengh. (dice la morte)

*** Questa non che la seconda parte di un canto popolare di Piano di Sorrento pag. 113 n. CC che con la solita ed ormai consueta precisione recita: Lu fruttu roce se nce fice amaro/ add ghiuto lu rorge sapore?/ Vienece, Morte, e trovece reparo,/ mo che la bella mia ha cagnato amore.-- Prima mi desti il dolce, e poi lamaro/ mi desti il dolce per farmi desire/ e poi veleno per farmi morire recita un rispetto toscano raccolto dal Tigri a pag. 264 n.975 capoverso 6.

531

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Ndo sta strata


493. Ndo sta strata chi semb chiov e maj mabbagn; eia lolezz di questa donna che mi confonde a mme.

In questa strada dove sempre piove e non mi bagno mai; il profumo di questa donna che mi fa confondere.

494. Mmiezz a sta strata si ferma nu salut; vita mia perduta notte e giorno penso a te.
In mezzo a questa strada si ferma un saluto; vita mia perduta morte e giorno penso a te.

In mezzo a questa strada larmonia di tanti uccelli; larmonia di questa ragazza che mi fa confondere.

495. Mmiezz a sta strata larmonia di tanti uccelli; larmonia r sta donzella che mi confonde a me.

Le ragazze della Croce sono belle e vanno schiette; le ragazze della Cascina li vanno trovando i vanitosi.

496. R figliol r la Croc so bell a vann sckett532; r fgliole r la Cascina r vann acchiann li cianell533.

497. A la via r la Croc lhann posta na tabella;534


532 533 534

sckett = genuine, sincere. cianell = dal toscano ciana = vanitosa. tabella = targa, oppure una scritta.

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Alla via della Croce hanno messo una tabella; chiunque passa la deve cantare a Ciapanella.

chi zonga ng passa ladda cand a Ciapanella.

498. Quann sim p la via r la Torr e nu piacer mavita fa; si ncundrat la mia bella cara bionda m laiutat a salut.
Quando saremo per la via della Torre un piacere mi dovete fare; se incontrate la mia bella cara bionda me laiutate a salutare.

La via della Torre una strada in pianura; ce ne andiamo muro, muro eppure dobbiamo salire

499. La via r la Torr eia na via nghiana, nghiana; n sciam mur, mur eppur amma nghian.

500. Inda a la Cascina ngeia na fgliola scketta; a la costa ammond r Curtin seia fmata na scaretta.
Nrella cascina c una ragazza scietta; alla coste di Cortino si fumata la sigaretta.

Vengo dalla Cascina salendo gli scalini; li conto uno ad uno per venire dove sei tu.

501. Vengh ra la Cascina nghianann li scalun; r cond a un a un p vn ndov s ttu.

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La via del Buccolo che mi da tanta pena; c una ragazza che mi vuole tanto bene.

502. La via r lu Vuccul chi m raj tanda pena; ngeia na fgliola chi m vol tanda bben.

503. A p lu Vuccul vogl sc e p la Psterla no; p lu Vuccul fgliol bell p la Psterla zngarell. (variante) mlngegghj535 vogl mangi e prtuall536 no.
Per il Buccolo voglio andare e non per la Posterla; per il buccole belle ragazze e per la Posterla zingarelle. (variante) piccole mele voglio mangiare ed aranci no.

504. A la Croc r Plcin titl537 r r Serr; (variante) ng so ddoj sorell n sabban538 for si n s stiran la unnella.
Alla croce di Pulcino titoli delle Serre; (variante) ci sono due sorelle che non vanno in campagna se non si stirano la gonnella.

505. Quanda uagliun (fgliol) passan nsciun chi m piac; sul lu zit (la zita) mij
535 536 537 538

mlngegghj = piccole mele dal sapore acre. prtuall = arancio del Portogallo. titl = dignit, onore, dal francese dotto title. n sabbian = non si avviano, non partono.

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Quanti ragazzi (ragazze) passano nessuno che mi piace soltanto il mio fidanzato (zita) che ni rassicura.

chi m fac r capac.

506. Ij camin camin semb distratt; qualunque strata batt n t pozz maj ngundr.
Io cammino cammino sempre distratto; qualunque strada batto non riesco mai ad incontrarti.

Ce ne andiamo muro, muro eppure dobbiamo salire; siamo ancora fanciulli non possiamo farci nulla.

507. N sciam mur, mur eppur amma nghian; sim ancora criatur n avim che ng fa.

Al ponte di SantAntonio due compagne amate; Berta assutta e Cia mangiat e chi le vuole abbandonare!

508. A lu pond r SandAntonij roj cumpagn amat; Berta assutta e Cia mangiat e chi r bbol abbandn!

Fai il via vai luva non matura; mia figlia piccolina lamore non deve fare.

509. Faj lu vaj e bien luva n nn eia matura; figliama eia creatura lamor n adda fa. (variante) sono ancora bambina non mi posso maritare.

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(variante) sono ancora bambina non mi posso maritare.

Tu fai il vai e vieni con codesta catena doro; io non conosco amore monacella mi debbo fare.

510. Faj lu pass e spass cu ssa catena ror; ij n canosch amor mnacella maggia fa.

511. Faj lu pass e spass a la Croc r Plcin; figli ferma ssu pass e scnnim a la Cascina.
Fai il va e vieni alla Croce di Pulcino; ragazza ferma codesto passo e scendiamo alla Cascina.

Eccolo che viene che vuol fare lamore; sono piccolina ancora e lamore non so fare

512. Lu v, lu v mo ven ca vol fa lamor; so pccnenna539 ancora e lamor n sacc fa.

513. Lu v, mo s n ven p la via facenn rmor; t vengh a salut Nenna mia r stu cor.
Eccolo, ora arriva per la strada facendo rumore; ti vengo a salutare nenna mia di questo cuore.

514. Quann camin tu


539

pccnenna = piccola di et, dal latino tardo pitzinninus.

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Quando cammini tu cammini, svelta, svelta; per il nemico di Cristo io a te mi debbo sposare.

camin ndista, ndista;540 p lu nmich r Crist541 ij a tti maggia pgli.542

Quando cammini tu la fai la fai la vanitosa; con codesto passo che hai bello mi hai fatto innamorare.

515. Quann camin tu la faj la pzzcarella; cu ssu pass chi tien bell meia fatt nnammr.

Quando cammini tu con il passo delicato; fai tremare la strada con il dolce camminare.

516. Quann camin tu cu lu pass rlcat; fai trm la strata cu lu rolc cammn.

517. Sera passaj p nnand a la porta Nenna mia t stiv spgliann; e trema stu cor e s scunforta quann cu stuocchj t stia spiann.
Ieri sera passai davanti alla porta Nenna mia ti stavi spogliando; e trema il cuore e si sconforta quando con questi occhi ti stavo spiando.

518. Ra nda la masckatura543 vogl spian t vogl vr quann t spuogl; r mmoss a una a una vogl cundan la vesta t la liev e lu cummuogl.
ndista = pronta, decisa, capace. p lu nmich r Crist = per il diavolo, un particolare modo di dire tuttora comunissimo in paese. 542 Quannu camini tu si tanta onesta/ a tia sta anist tutta ti abbasta (LARES XLIII n. 1 pag. 89 riga 9). Nei Canti Velletrani troviamo Quanno che pe la strada camminate,/ un angelo der celo me parete. 543 masckatura = chiusura, chiavistello, lucchetto.
541 540

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Dalla serratura voglio spiare io ti voglio vedere quando ti spogli; i movimenti ad uno ad uno voglio contare la veste te la levi e la biancheria intima.

519. Ngera appcciata la luc r gghiuogl e la mrescia544 faca a lu mur; t vra senza cummugl li pann pgliav nda lu tratur545.
Cera accesa la luce ad olio e faceva lombra sul muro; io ti vedevo senza niente addosso i panni prendevi nel cassettone.

520. Jer546 sera passaj a tu bella rmmiv ier547 scoperta a ij t cummgliaj; tand valn r crianz mij ier scuperta e ij t cummgliaj.
Ieri sera passai e tu bella dormivi eri scoperta ed io ti coprii; tanto valgono le mie delicatezze eri scoperta ed io ti coprii.

544 545 546 547

mrescia = ombra, in questo caso proiettata sul muro dalla luce, forse dal latino mirare. tratur = tiretto, cassetto, dal latino medioevale tiratorium con metatesi della r. jer = ieri, avv. di tempo, dal latino heri. ier = eri, imperfetto indicativo del verbo essere.

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Lettra chiusa e cuperta


521. Si lu ciel foss r carta n trass nu fuogl; n mabbasta a scriv quandeia lu bben chi t vogl.
Se il cielo fosse di carta ne tirerei un foglio; non basta un foglio per scrivere quando il bene che ti voglio.

Se il cielo fosse di carta e piovesse inchiostro; mi comprerei una penna e scriverei il tuo nome.

522. Si lu ciel foss r carta e nchiostr chvess; na penna maccattass e lu nom tuj scrvess548.

523. Cu na pnnuzza ror t vogl mmann a ddic; quanda bben t vol stu cor mij
Con una penna doro ti voglio mandare a dire; quanto bene ti vuole questo mio cuore.

524. Taggia scriv na lettra cu na pnnuzza ror; t raggia mmann a ddic quanda bben t vol stu cor.
Ti debbo scrivere una lettera; con una penna doro; te lo debbo mandare a dire quanto bene ti vuole questo cuore.

525. T laggia fa na lettra cum m ric lu cor;


548

3).

*** Se il cielo divenga carta, e il mare inchiostro si trova nella bella raccolta del Tommaseo (III, 325 n.

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Te la debbo fare una lettera come mi dice il cuore; senza che tu lo imparassi tu sai fare lamore.

senza chi lu mbarass tu lu saj fa lamor.

526. Lettra chiusa e cuperta p ssggill ng mett lu cor; quand ia car lu prim amor chi lu vol abbandn. (variante) quann eia frnuta la lettra ra fa, rondinella portala al mio amore.
Lettera chiusa e coperta per sigillo ci metto il cuore; quanto caro il primo amore chi lo vuole abbandonare. (variante) quando finita la lettera da fare rondinella portala al mio amore.

Te la devo fare una lettera e te la debbo mandare; me lo devi far sapere quando mi manderai a chiamare.

527. T laggia fa na lettra e t laggia mmann; m reja fa sap quann meia mmann a chiam.

528. Rndnegghia chi spacch lu mar fermat quann t rich roj parol, quann t scepp na penna ra nu lat, e po fazz na lettra a lu mij amor; quann la lettra eia frnuta r fa, partt, rndnegghia, e vall a trv.549
*** Questo canto racchiude nella sua melancona la tristezza di chi costretto a lasciare amicizie, affetti, ricordi per andare in terre lontane e sconosciute in cerca di un lavoro; un canto comune a molte aree del Meridione per quel triste fenomeno che fu ed lemigrazione, ma a noi qui interessano quei testi che pi significativamente si avvicinano al nostro dialetto. O rrinninedda ca vai mari mari/ aspetta ca t diri lui palori troviamo in quella miniera che la raccolta sinottica di Vigo (LARES XLII n. 1pag. 65, in una raccolta di stornelli fatta da Francesco Santucci a Sterpeto dAssisi; in un canto del Vulture riportato a pag. 265 di Santi Streghe e Diavoli; in un canto calabrese riportato a pag. 77 della raccolta Fiori Selvaggi n. LXVII ; nei canti Umbri raccolti dal Chini a pag. 159 n. 2; nelle raccolte del Marcoaldi sia nei canti piceni pag. 102 n. 22, sia nei canti latini pag. 131 n. 10; ed infine nei Canti Popolari Toscani del Giannini pag. 131.
549

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Rondinella che spacchi il mare fermati quando ti dico due parole, quando ti stacco una penna da un lato e poi faccio una lettera al mio amore; quando la lettera finita di fare partiti rondinella, e vallo a trovare.

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Viend ramor
529. Corta m la facist la unnegghia m labbl lu viend ramor; t preh, mamma mia, fammilla nova, fammilla tutta nocch e zaharegghj.

Corta me la facesti la gonnella me la fa volare il vento damore; ti prego mamma, fammela nuova fammela tutta fiocchi e nastrini.

Ieri sera passai e tu bella dormivi non ti potei dare la buona notte; te la lasciai davanti alla porta: alzati, bella mia, e prenditela; si alza la bella e non la trova se l portata via il vento dellamore.

530. Sera passaj e tu bella dormivi n t ptiett ra la bbona sera; t la mttiett nnand a la porta: auzat, bella mia, e pigliatilla; sauza la bella e n ng lha trvata, s leia prtata lu viend ramor.

Tira il vento forte emi fa volare il cappello; dove lo devo rincorrere nel vico di Cuviello (variante) non fare sospirare questo ragazzo poverello. che ti ho fatto io poverello che non mi puoi vedere

531. Mena lu viend fort e mabbola lu cappiell; ndo laggia sc a ncapp ndo lu vich r Cuviell. (variante) n fa suspr stu uaglion pvriell; che tagg fatt ij pvriell chi n m puoj vr.550

*** Chi thaju fatt miu dulci confortu/ ca cali locchi e non mo poi vidiri ripete un canto della raccolta sinottica del Vigo (LARES XLII n. 2 pag. 207 riga 4).

550

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532. Mena lu viend e zecula la fronna r lu limon; cum taggia lass lagg pgliata la passion.
Soffia il vento e trema la foglia di limone; come ti posso lasciare ho preso la passione per te.

533. Mena lu viend e zecula mena la voria e trema; fior di primavera chi t vol abbandn. (variante) m par na Matalena quann t mitt a lu lat a mme
Soffia il vento e trema soffia la borea e trema; fior di primavera chi ti vuole abbandonare. (variante) mi sembri una Maddalena quando ti metti a fianco a me.

534. Quann chiov e mal tiemb fa, ncasa raut eia mal st; chiov e n m n cur basta chi la pizza t coc ngul.
Quando piove e fa mal tempo, in casa di altri male stare; piove e non me ne curo basta che la pizza ti scotti il sedere.551

*** Ormai non basta pi la meraviglia, ma necessita un approfondito studio di ricerca per poter spiegare una plausibile ragione ad influssi, o meglio similitudini, cos aderenti e strette come questa: Quannu chiovi e malu tempu fa/ cu st n casa dautru malu sta (LARES XLIII n.1 pag. 89 riga 9). Anche nei Canti di Genzano di Lucania dello Scazzariello a pag.224 troviamo lo stesso concetto.

551

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Mmsckat552
535. Quann eia malannata eia malannata r tutt; e nuj namma arrangi cu nu rcanett rutt.

Quando malannata malannata di tutto; e noi ci dobbiamo arrangiare con un organetto rotto.

L, l, l dove andata Michelina; andata a quegghia Vanna quando ritorner.

536. L, l, l ndov eia sciuta Mchlina; eia sciuta a quegghia Vanna quann vol vn.

537. E boj zia Clmend va lu sona lu fratocchj553; si t pigl cu na cunocchia554 quanda bott taggia ra.
E boi zio Clemente vai a suonare il fratocchio; se ti prendo con una conocchia quanta botte ti devo dare.

La Gatta e Filo sottile hanno uno stesso nome; noi li dobbiamo cantare perch sono due brave ragazze.

538. La Hatta e Fil sttil tenn un nom; nuj ramma cand ca so ddoj fgliol bbon.

539. La farfallina rossa, mhav mzzcat mbaccia a lu muss;


552 553 554

mmsckat = mischiate, dal latino tardo misculare. fratocchj = il suono della campana vespertina. cunocchia = stampella.

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La farfallina rossa, mi ha morsicato vicino alle labbra; un poco di vino rosso mi ha fatto ubriacare

n poch r vin russ mhav fatt mbriac.

540. Si lu truov a tavla chi mangia, mangia tu p lamor mij; si lu truov a lliett chi rposa n lu rvgli ca eia rrobba mia.555
Se lo trovi a tavola che mangia mangia tu per lamore mio; se lo trovi a letto che riposa non lo svegliare che robba mia.

541. Agg fatt nata pnzata: lu trainier n lu vogl fa cchi; si m piglian carcrat la mia bella n la vesc cchi.
Ho fatto unaltra pensata il carrettiere non lo voglio fare pi se mi prendono carcerato la mia bella non la vedo pi.

542. Cum eia bella la cummara r mammata fac li maccarun556 e n m chiama; m chiama sul quann coc fogl557: cumm, so senza sal e n n vogl.
Come curiosa la comare di tua madre cuoce i maccheroni e non mi chiama; mi chiama soltanto quando cucina foglie, comare sono senza sale e non le voglio.

543. Sona la rrlloggia n saj che ora ? Eia luna coppa a r ddoj
*** Si tu la trouve a tavula, ca mangia/ piglia nu muorze pe lamore mio/ si po la trouve a lu lietto, ca dorme/ guardala e n tucc, ch cosa mia. Come si fa, leggendo questo canto di S. Valentino pag. 41 n. CIII, a non pensare ad un qualche motivo di diretta trasposizione? Anche nella raccolta di Canti Piceni del Marcoaldi, pag. 102 n. 22 e relativa nota, troviamo lo stesso motivo, che la nota assicura cantato anche in Lombardia. 556 maccarun = pasta fatta in casa. 557 fogl = verdura in genere. *** Lo stesso passo lo ritroviamo anche nei Canti di Genzano di Lucania di R: Scazzariello a pag. 138.
555

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Suona lorologio comunale non sai che ora ? e luna sulle due se lo vuoi sapere.

si r bb sap.

544. Zi Rminch eia sciut a per; n c n so e s cambleja.


Zio Domenico andato a pere; non ce ne sono e ci si arrancia.

545. Sciamn a corca Cecca ca r chiacchiar hann secca; uogl strrim, ndress facim sciamn a corca Cecca, ca megl facim.

Andiamo a letto Francesca perch le chiacchiere fanno venire la sete; consumiamo olio, e facciamo interesse andiamo a letto Francesca, che meglio facciamo.

(variante) Sciamn a curqu mia cara cocchia li cund r la nott ramma f; lacqua vvim, luogl strrrim sciamn a curqu ca megl facim.
Andiamo a letto mia cara coppia i fatti della notte li dobbiamo fare; lacqua beviamo, lolio consumiamo andiamo a letto che facciamo meglio.

546. E mo quann ven la primavera e p cimma a li mund e la chianura; p nda lu vosch canda lauciegghj canda la fndana e lu pastriegghj.
Ed ora quando arriva la primavera su per i monti e per la pianura; nei boschi canta luccello canta la fontana e il pastorello.

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547. Eia sciuquat a bbrecc558 cu r Tann e Muss r Becc; Ntni, Ntni pigliatill cum eia.
Hai giocato a vrecce con Tanno e Muso di Becco; Antonietta, Antonietta prendilo come .

548. Thaj fatt lu rtratt559 e t lhaj fatt alerta;560 lamma mmann a Caserta561 p lu fa vr.
Ti sei fatta il ritratto (foto) te lo sei fatto in piedi; lo dobbiamo mandare a Caserta per farlo vedere.

549. Ngeia na femmna chi sabbotta r risa eia stata tre ghiuorn a scup la casa; hav arrnat pulc e mnnezza e rhav mnat a la via r Rfezza.
C una donna che ride sempre stata tre giorni a spazzare la casa; ha raccolto pulci e immondizia e li ha buttati per la strada di Rifezza.

550. Eia fatt lu trramot eia fatt ad Avellin; thai fatt lu rtratt vstuta ra sgnrina
E fatto il terremoto fatto ad Avellino; ti sei fatta il ritratto vestita da signorina.

551. Ngiel ng so tanda stell qua basc ng n so ddoj; la prima eia la mia,
558 559 560 561

bbrecc = cocci di piatti di maiolica, che servivano ai ragazzi per giocare. rtratt = figura umana dipinta, ma qui sta per fotografia. alerta = in piedi, dal grido di controllo delle sentinelle allerta st. Caserta = probabilmente perch in questa citt era militare il fidanzato.

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In cielo ci sono tante stelle quaggi ce ne sono due; la prima la mia la seconda di chi la vuole.

la seconda r chi la vol562.

Come le piaceva la stazione di Benevento; senza dote e senza niente io a te mi devo sposare.

552. Cum lu piaca la stanziola r Beneviend; senza rota e senza niend ij a tte maggia pgli.

Come le piaceva la via di quegghia Vanna; la sorella piccolina lo voleva dire alla mamma.

553. Cum lu piaca la via r quegghia Vanna; la sor pccnenna r vla ric a la mamma.

In cielo tante stelle quaggi tanti fiori; mi dai i fazzoletti che te li devo andare a lavare.

554. Ngiel tanda stell qua basc tanda fiur; m raj li macquatur ca t raggia sc a lav.

555. Addij, addij lu munn eia frnut hann fatt uardabbosck563 lu Pgliat; eia rvndat lu cap r li curnut m par a bbr564 lu vov565 sotto a laratr.
*** Amuri amuri dammi un maccaturi/ quantu lu portu a lu ciumi a lavari ci d la raccolta Vigo (LARES XLII n. 1 pag. 87 riga 3). 563 uardabbosck = guardia forestale. 564 par a bbr = sembra. 565 vov = bue, dal latino bos, bovis antichissima parola indoeuropea discendente da una base GwOUS, attestata nelle aree celtiche, germ., baltica, slava, indiana, armena, greca, umbra (DEVOTO, Avviamento alla Etimologia Italiana, voce bove).
562

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Addio, addio il mondo finito hanno fatto guardaboschi il Pigliato; diventato il capo dei cornuti mi sembra il bue sotto allaratro.

556. Si avess na zuppa r pan e vin t squartarra566 r stntin567; si avess na zuppa r pan e llatt t squartarra cum na hatta.
Se avessi una zuppa di pane e vino ti squarterei gli intestini; se avessi una zuppa di pane e latte ti squarterei come una gatta.

557. Mo m lu vogl mett lu uardian ra nanz casa cchi n ngeia pass; na sella maggia accatt e nu cavall taggia sc accus ra lu marsciall.
Ora mi voglio mettere il guardiano davanti casa mia, non ci devi passare pi; mi sono comprato una sella ed un cavallo ti debbo accusare al maresciallo.

558. Che bbell capill chi ten sta campagnola i capill tuj bbell, la campagnola, no e no, e no e no, la campagnola damor. Che bell mnnell chi ten sta campagnola, che bell mussill chi ten sta campagnola, che belluocchj chi ten sta campagnola, che bell nasill chi ten sta campagnola ecc. ecc(con lo stesso ritornello).
Che bei capelli che ha la campagnola i capelli tuoi belli, la campagnola, no; e no, e no, e no, la campagnola damore. Che bel petto che ha questa campagnola, che bel musetto che ha questa campagnola, che begli occhi che ha questa campagnola, che bel nasino che ha questa campagnola ecc. ecc. (con lo stesso ritornello).

559. Lu Barbanera porta trramot


squartarria = da un latino *ex-quartare, rompere, spezzare, propr. in quarti, specialmente animali (vocabolario etimologico Pianigiani, voce squartare). 567 stntin = intestini, dal latino stentina, per metatesi reciproca gi latina di intestina (DEI, voce stentina).
566

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Il Barbanera annunzia terremoto questa notte ad Ascoli tremato; a Candela hanno messo dei sostegni Rocchetta per met scarubbata.

stanott ngimma a Ascul eia trmat568; a Cannela nghann puost r ssppond569 la Ruccucella eia mezza scarrbbata570.

560. Zucculicchj sfrtnat ngimma a nu ptrill stia assttat cum nu povr sfrtnat; rcitl, rcitl: t lu bbnrica, n lu pgliat a ruocchj. Che pccat, tira la zoca e sona lu vattagl; snava vindquattor e mo n sona cchi. Si m nzrava pccninn mo r tna tre fgliol hrann: una a la mastra, nauta a la vigna e nauta a passggi cu la mamma. N c passt cchi p Sant Menna ca labbatessa v mett n prggion.571
Zucculicchj sfortunato sopra sopra una pietra Seduto come un povero sfortunato: diteglielo, diteglielo: Dio ti benedica, non gli fate il malocchio. Che peccato, tira la fune e suona le campane; suonava ventiquattore ed ora non suona pi. Se mi sposavo da giovincello ora avevo tre figlie grandi: una alla mastra, una alla vigna e un' altra a passeggiare con la mamma. Non ci passate pi per Santo Memma perch labbadessa vi metter in prigione.

Il povero ragazzo che era schietto, schietto; gli hanno dato il fischietto e lo vogliono far suonare.

561. Lu povr uaglion chi era sckett, sckett; lhann rat lu frsckett572 t lu voln fa sn.

trmat = si verificata una scossa di terremoto. ssppond = travi di sostegno, per evitare cedimenti delle mura pericolanti. 570 scarrbbata = diroccata, proprio a causa del terremoto. 571 *** Questa che non una poesia, ma un pezzo di prosa, ci stato assicurato veniva cantata dai contadini; ma ci sfugge sia il senso, sia il motivo, che nella tradizione orale non hanno lasciato alcuna traccia. 572 frsckett = fischietto, deverbale di fischiare; passato nel provenzale fisquet e nel turco fisket (DEI, voce fischietto).
569

568

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562. A lu vich r li panciuott gghia ng stann roj stell; Lucia chi eia la cchi bella lhann prtata a r cancell.
Nel vicolo dei Panciotti l ci sono due sorelle; Lucia che la pi bella lhanno nessa in carcere.

563. La povra Maria chi shav mbgnat lu matarazz; vaj cu lu figl mbrazza, ammara a mme cum aggia fa.
La povera Maria che si impegnata il materasso; gira con il figlio in braccio povera me come debbo fare.

564. Cu n poch r pacienzia e un po di rattoppamend ti sar tutto magnificamente.


Con un po di pazienza e un po di arrangiamento sar fatto ogni cosa magnificamente

565. Lu povr zi Giuann li sold accugla a un a un; eia assut lu sciampagnon chi s r consuma.
Il povero zio Giovanni raccoglieva i soldi uno ad uno; arrivato lo sciampagnone che se li consuma.

566. Lu povr zi Giuann lhav passat nu uajon hrann; av mmartat la figlia pccnenna, n rava cunghiut573 li quinnciann.
Il povero zio Giovanni ha passato un grosso guaio; ha maritato la figlio piccola non aveva ancora compiuto quindici anni.
cunghiut = compiuti.

573

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567. Lu juorn r lu Rsarij hann addutt r brutt; ij agg pahat e Giuann rhav rott.
Il giorno del Rosario hanno portato le brutte; io ho pagato e Giovanni le ha rotte.

568. Il giorno di San Canio non ti vestir parata; n ng sc a messa candata ca lu zit tuj n ngia.
Il giorno di San canio non ti vestire elegante; non andare a messa cantata perch il tuo fidanzato non c.

569. Lu juorn r Sant Canij hamma prt lu palij574; Maronna che malaria a lautima nhamma sc.
Il giorno di san canio abbiamo portato il palio; Madonna che malaria allautima ce ne dobbiamo andare.

570. La nott r Natal adda nasc lu Bbammin; si tu m ric si575 lu rial576 taggia fa.
La notte di Natale deve nascere il Bambino; se tu mi dici s il regalo ti debbo far.e

571. La nott r Natal


palij = un lunghissimo palo con la bandiera della Congrega che viene portato durante le processioni da un solo uomo, coadiuvato da altri due a turno. 575 si tu m ric si = se tu rispondi positivamente alla mia dichiarazione damore. 576 rial = regalo, dallo spagnolo regalo, dono al re (DEI, voce regalo).
574

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La notte di Natale si era dato lappuntamento; cera una ragazza che faceva la piagnona.

seia rat lappuntamend; ngera na fgliola la faca la chianculenda.577

Li abbiamo trovato quattro impasta creta; non sanno fare un manico ad una pignata.

572. Nuj ramma acchiat quatt mbastacreta;578 n sann fa nu manch a na pgnata.

Potendo pagando non potendonon pagando; ogni volta che me richiedi tre mesi di tempo alla volta

573. Ptennpahann n ptennn pahann; ogn bota chi m r cierch tre mis r tiemb a la vota.

Tutte con le scarpine e la mia fidanzata no; se mi metto dompegno la mia fidanzata con le scarpine.

574. Tutt cu li sckarpin e la zita mia no; si m mett r mbegn ij cu li sckarpin la zita mia.

Te lo ricordi nenna
577 578 579

575. T rarrcuord Nenna, lu Rosarij mafalann579; pazziann, pazziann taddrmist mbrazza a mme.

chianculenda = piagnone, di persona che piange sommessamente e noiosamente; da piagnucolare. mbastacreta = coloro che lavorano largilla. mafalann = lanno scorso, forse da mo fa un anno = ora fa un anno.

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Il Rosario lanno scorso; giocando, giocando ti addormentasti fra le mie braccia.

576. Quann n vliemm nabbttavam r risa; eran langl mbaravis chi prhavan p tte.
Quando eravamo fidanzati ci saziavamo di risate; erano gli angeli in Paradiso che pregavano per te.

577. A la costa r Rfezza (li Chian) cu r littr mman; s r bla scriv li snett r lu Nan.
Sulla costa di Rifezza con le lettere in mano; se li voleva scrivere i sonetti del Nano

578. T si posta a lu barcon t vliv fa vr; t chrriv ca era maritta e mo n eia allu.
Ti sei messa al balcone ti volevi far vedere; ti credevi che era tuo marito ed ora non vero.

579. Nella e boi Nella tu ncammisa e ij n gunnella; mo m la fazz n poch r risa, tu ngunnella e ij ncammisa.
Nella e boi Nella tu in camicia ed io in gonnella; ora mi faccio un po di risate tu in gonnella ed io in camicia.

580. Chi lu ver lu povr Ottcozz

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Chi lo vede il povero Ottocozze quando la sera va a dormire al suo posto; sotto il letto trova le zucche le prende a botte con la mazza

quann la sera s vaj a curqu a lu jazz580; sott a lu lliett trova r cucozz581 e r piglia a bbott cu la mazza:

Uei mezzo culo come sei salito? Piatti sopra a piatti e sono salito.

581. Uei, miezz cul cum si nghianat? Piatt ngimma a piatt e so nghianat.582

Ti sei fatta le scarpe te le sei fatte con le stringhe; allora le metterai quando vieni sottobraccio.

582. Thai fatt r scarp t rhai fatt cu li lacc583; tann t reia mett quann vien sottobracc.

Non ti ricordi Nenna quando eri ammalata; io vicino al letto perdevo le nottate (te le davo le cioccolate).

583. N t rcuord Nenna quann jer malata; ij vcin a lu lliett r prda r nttat (t r da r ciucculat).

584. Fgliola chi si nata a lu Pcon


jazz = addiaccio, ricovero di pastori e pecore per la notte; dal latino volgare iacium, tratto a sua volta da iacere = giacere (DEVOTO, Avviamento alla Etimologia italiana, voce addiaccio). 581 cucozz = zucche, dal latino tardo cucutia. 582 *** Questo canto dal significato a noi del tutto sconosciuto, stato tratto dal libro del dottor Rocco Polestra Calitri 1897-1910- ed. Pannisco Calitri 1980. 583 lacc = stringhe per le scarpe, dal latino laceus (DEI, voce laccio).
580

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Ragazza che sei nata al Picone sei battezzata con lacqua di Vetrano; il compariello era di Castiglione la cummarella la scopa di fruscio (il campare era un pezzo vecchio la cummara una cambia gallina).

si battzzata cu lacqua r Vtran; lu cumbariell era r Castglion la cummarella la scopa r frusc (lu cumbar era nu piezz vecchj la cummarella na cangia hagghina).

Mannaggia la sfortuna quante cose fa fallire; le cose di nascosto non si possono fare.

585. Mannaggia la scarogna quanda cos fac sfagghi584; r cos r nascuost n s ponn probbia fa.

586. Ngeia nauciegghj chiamat plcan585 ngimma na hran mndagna fac lu nir586; vaj a pgli lu cev587 tand lundan e vaj tand lundan chi n lu vir.
C un uccello chiato pellicano sopra una grande montagna fa il nido; va a prendere il cibo tanto lontano e va tanto lontano che non lo vedi.

587. Varca li mond, chian e la marina e sonna588 sul uaj e staj mbnsier; chiama li figl suj sera e matina e trova quann ven nu cimiter.
Valica i monti, il piano e la marina e sogna soltanto guai e sta in pensiero; chiama i suoi figli sera e mattina e quando ritorna trova un cimitero.

584 585 586 587 588

sfagghi = fallire, da sfallare = far cadere. plcan = pellicano, dal latino pelicanus. nir = nido, dal latino nidus. cev = cibo, dal latino dotto cibus. sonna = sogna.

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588. Povr figl mij muort r fama sul e senza rfesa a la bufera; sopra la hran mondagna orla la cima chiang la soja svntura e s rspera.
Poveri figli miei morti di fame soli e senza difesa alla bufera; sopra la gran montagna sulla cima piange la sua sventura e si dispera.

589. A la chiazza r Carvnar hann puost nu mnmend; chi passa a tarmend li Caltran so semb qua.
In piazza ad Aquilonia hanno messo un monumento; chi passa e guarda i Calitrani sono sempre qui.

590. Mannaggia lu Castiegghj chi n bol car; ngeia na cana nchiusa e chi la vol vr (ngeia la zita mia e chi s la fira r mandn).
Mannaggia il Castello che non vuole cadere; c una cagna rinchiusa chi la vuol vedere (c la mia fidanzata e chi capace di mantenere).

Maria Nicola chi te lo ha fatto fare; se facevi la brava ragazza ti potevi maritare.

591. Maria Nicola chi t ra fatt fa; si faciv la bbona fgliola t ptiv mmart.

592. Oj strv ma cum si crius;


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Oj strv ma come sei curioso il cane peloso ce lhai tu.

lu can plus lu tien tu.

Eia venuta la piena nellOfanto ha portato la sabbia; se viene un altro amante u, di me non ti dimenticare.

593. Eia calat lOfat589 la rena590 hav addutt; si nat amand ven u, r me n t scurd.

La mezza lira tua la mezza mia; facciamo una lira intera e paghiamo la ruffiana

594. La mezza lira toja la mezza lira mia; facim la lira sana e paham la ruffiana.

Ti ha messo il costume e ti ha mandata fuori; vai a domandare a tua madre dove lha mandata.

595. Lhav puost lu pzzill e lhav ssbbata; va addmmanna a mammata ndov lha mmannata.

596. Si giut a la fera rAndretta r castagn n mhai accattat; quand eia fessa lu zit mij e quegghia mamma chi lhav allattat.
Sei andato alla fiera di Andretta
589 590

eia calat lOfat = il fiume Ofanto in piena. rena = sabbia, dal lat. harena, di prob. orig. mediterraneo-tirrenica.

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e le castagne non mi hai comprato; quando sciocco il mio fidanzato e quella mamma che lo ha allattato.

Un fatto realmente accaduto a Calitri e che fece clamore per una serie di concomitanze a volte veramente strane: gi dalla Ripa cade un maiale, la proprietaria piange, mentre il marito Baldassarre chiama gli zampognari a suonare, in segno di ringraziamento perch non era cascato un dei figli, o comunque una persona. Uno della benestante famiglia Maffucci, mand anche vino e salame perch cantassero meglio; poi chiam Baldassarre e gli disse: domani vai alla mia masseria e prendi pure il migliore maiale e alle giuste e timorate esitazioni del Baldassarre, gli fece un biglietto scritto per il porcaro; e cos legato il maiale dietro allasino, se lo port a Calitri:

597. Mo s rtira lu pvriell che mala sorta meia captat a stu munn, la megl carna eia sciuta a funn; si la frtuna m fac camb lu megl puorch maggia accatt
Ora si ritira il poverello che mala sorte mi capitata la miglior carne andata a fondo; se la fortuna mi far vivere il miglior maiale mi devo comprare.

598. Lamic t salutan quann haj e t chiaman quatt, cinch vot e sej; ma si mbascia frtuna vaj t voln cand lu miserer.
Gli amici ti salutano quando hai e ti chiamano quattro, cinque volte e sei; ma se ti trovi in difficolt ti vogliono cantare il miserere.

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CALITRI CANTI POPOLARI

PARTE SECONDA

Quanto piglio tre acena re sale

Co tre brecchieddre re na crocevia, Nuosso re morto, na nocca re messale E nacqua re tre puzzi mBarbaria (Montella)

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Ngiurij
599. Tengh nu rcanett chi vaj cum a na banda;591 t naggia ric tand taggia fa scumbar.592

Ho un organetto che va come una banda; te ne devo dire tante ti debbo fare vergognare.

E tu caro.. li vai cercando due sonetti; te ne devo dire quattro ti debbo costringere a nasconderti

600. E tu cara r bbaj acchian ruj snett; t naggia ric quatt taggia fa sc accuv.593

601. Faccia r na vipera srpend, n tien rota e taccundien tand594; tien na casa senza pramend595, ra intr s n fuscn596 pur li sand.
Faccia di una vipera serpente non hai dote e ti credi di essere chi sa chi; hai una casa senza le fondamenta di dentro se ne fuggono anche i santi.

602. Faccia scialna597 e faccia ngialnuta598, qual quart r luna tha pgliat?599 Si giuta rcenn ca tagg vluta, e manch p la cap m si passata.
Faccia gialla, e faccia ingiallita quale quarto di luna ti ha preso? Sei andata dicendo che io ti ho voluta e neanche dalla testa mi sei passata.

591 592 593 594 595 596 597 598 599

banda = qui inteso come complesso di suonatori forniti di strumenti musicali. scumbar = fare cattiva figura. accuv = nascondere, dal latino ad costam : essere disteso, dormire. taccundien tand = ti credi di essere chi sa chi! pramend = fondamenta. fuscn = fuggono, dal tardo latino fugire. scialna = gialla, adattamento toscano dallantico francese jalne, dal latino galbinus (DEI, voce giallo). ngialnuta = ingiallita, dal francese jaunir. qual quart r luna = quale influsso malefico della luna ti ha colpito?

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603. Faccia r na crapa saluaggia ptiv nasc a na meta600 r Foggia; cum a na cana601 teia mossa la raggia,602 tutt linnammrat a casta alluogg603.
Faccia di una capra selvatica potevi nascere in un pagliaio di Foggia; come una cagna ti sei arrabbiata tutti gli innamorati alloggi a casa tua.

604. Faccia scialna, ramm ruj cunfiett r ssu matrmonij chi hai fatt; t crrriv r m fa rspiett ij so tutt cundend e soddisfatt604.
Faccia gialla, dammi due confetti di codesto matrimonio che hai fatto; ti credevi di farmi un dispetto io sono tutto contento e soddisfatto.

605. Faccia r cuorn, si, faccia r cuorn bbscijarda605 cu mich e tutt quanda; mo n haj cchi nsciun scuorn n s condan cchi li tuj amand.
Faccia di corno, si, faccia di corno bugiarda co me e con tutti; ora non hai alcuna vergogna non si contano pi i tuoi amanti.

606. Faccia r nu lemmt606 abbattut, figlia r mal hran smmnat607; si giuta rcenn ca n mhaj vlut, faccia r cuorn, chi tha maj parlat?608
Faccia di muro abbattuto

meta = pagliaio a forma conica, dal latino meta. cana = femminile di cane. 602 teia mossa la raggia = sei stata presa da un violento attacco di rabbia. 603 *** N mezzar mare c na vita duva/ tutti li marinari la vanna trova/ Cuss fanno lamanti a casa tuva, Canti velletrani pag. 195 n. 487. 604 *** Pena nun aju no ca mi lassast/ La pena fu la tua ca mi pirdisti troviamo nella raccolta SalomoneMarino pag. 213 n. 515. 605 bbsciarda = bugiarda, dal provenzale bauzaire.- Tratto da Poesie Calitrane di Giulio Acocella pag. 12. 606 lemmt = termine, dal latino tardo limitum. 607 smmnat = seminato, dal latino seminare, verbo denom. da semen-inis. 608 *** Nei canti di Piano di Sorrento a pag. 54 n. LXXX riga 7, leggiamo: H jute recenne ca nu m voluto; come pure nei Canti Velletrani vediamo ripetuto Nnate dicenno che nun me volete pag. 289 n. 774.
601

600

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figlia di grano male seminato; sei andata dicendo che mi hai voluto faccia di corno, chi ti ha mai parlato?

607. Faccia r scmmenda609 calavres ra nu prtal610 jess611 e naut tras; la cap612 n t lhaj fatta chi eia nu mes li prucchj613 tarrvan a la ponda614 r lu nas615.
Faccia di giumenta calabrese da una porta esci e da unaltra entri; non ti pettini da un mese i pidocchi ti arrivano sulla punta del naso.

608. Faccia r nu lemmt abbattut terra neura mala stuata;616 tniv nu ciucc617 e t lhaj vnnut618, mo vaj a cavagghj a na crapa ccata.619
Faccia di una siepe abbattuta terra nera male posizionata; avevi un asino e te lo sei venduto ora vai a cavallo ad una capra cieca.

609. La rota toja eia nu trnes quand t laccatt620 la hrattacasa;621 t la mitt vcin a lu prtus622, e li mscugliun623 fann jess e tras.
La tua dote di un tornese quando ti compri una grattugia; te la metti vicino al buco e li mosconi fanno dentro e fuori.

scmmenda = giumenta, dal latino jumenta, femminile di jumentum, dove la j iniziale ha esito sc. prtal = porta, dallantico francese portal (XII sec.). 611 jess = esci, seconda persona singolare indicativo presente del verbo uscire. 612 cap = in questo caso vuol significare i capelli, infatti t s fatt la cap vuol dire ti sei pettinata. 613 prucchj = pidocchi, dal latino tardo peduculus. 614 ponda = punta, dal latino tardo puncta. 615 *** Nei Canti Velletrani i pidocchi sono diventati divoratori di camicie: Li purci te se mangeno la camicia pag. 275 n. 727. 616 mala stuata = in una posizione poco adatta a favorire le colture. 617 ciucc = asino, voce onomatopeica da ciucciare = poppare. 618 vnnut = venduto, participio passato di vendere. 619 crapa = capra, con metatesi della r - ccata = cieca, dal latino caecare. 620 t laccatt = te la compri, dal latino volgare accaptare (DEI, voce accattare). 621 hrattacasa = grattugia, dal latino medioevale gratuxa-usia; o forse dal provenzale gratar = grattare e caso = formaggio. 622 prtus = foro, dal latino scientifico pertusus. 623 mscugliun = mosconi.
610

609

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610. Faccia scialna faccia senza culor; pigliatilla na tazza r bbror624 e lu culor t faj vn.
Faccia gialla faccia senza colore; prenditi una tazza di brodo e il colore ti fai venire.

611. Faccia scialna e faccia ngialnuta sacc ca mman625 n nnhaj mangiat; t preh r t lu fa nu poch r bbror ca nu poch r culor t fac bben626.
Faccia gialla, e faccia ingiallita so che stamani non hai mangiato; ti prego di farti una po di brodo che un poco di colore ti fa bene.

612. Faccia scialna e faccia ngialnuta quann vir a mmi cang culor; fatta cum a na fraula627 arrssuta628 ma mo t n si assuta ra stu cor.
Faccia gialla e faccia ingiallita quando mi vedi cambi colore; fatta come una fragola arrostita ma ormai te ne sei uscita da questo cuore.

613. Deh! Arranzat a ssu barcon si m vo snd cand; quann t rich roj parol tutt li suon t vogl accurd.
Deh! Affacciati a codesto balcone se mi vuoi sentire cantare; quando ti dico due parole tutti i suoni ti voglio accordare.

614. Arranzat a la fnestra, faccia r cuorn, ca la cornacchia629 tadda parl;


624 625 626 627 628

bbror = brodo, dal germanico brod (DEI, voce brodo). mman = stamani, con influsso di mo =ora e il latino mane = mattino (Rohlfs, 924). *** A sta regazza n brodo de cicoria leggiamo nei Canti velletrani pag. 244 n. 634. fraula = fragola, dal latino fragula, diminutivo di fraga. arrssuta = arrossita.

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Affacciati alla finestra faccia di corno perch la cornacchia ti vuole parlare; ti ha portato una serta di sorve scendi gi, perch ti deve beccare.

thav addutt630 na nzerta631 r sorv632 scinn abbagghj, ca tadda pzzli.633

Ti sei fatta nera come un carbone; alla fiera di Rapone ti debbio andare a scambiare. (variante) e ti debbo portare a vendere alla fiera di Rapone. non basta un chilo di sapone per lavarti.

615. T si fatta neura634 cum a nu carvon635; a la fera r Rapon taggia sc a cangi636. (variante) e taggia prt a bbenn637 a la fera r Rapon. n nabbasta nu chil r sapon p t scutc638

616. Cum si fatta neura par nu tubb639 r cmmnera;640 n sia mai m fuss mgliera
curnacchia = cornacchia, dal latino tardo cornacula (DEI, voce cornacchia). addutt = portato, participio passata di addurre, portare, dal latino adducere. 631 nzerta = inserta, devrbale dal latino insertare intensivo di inserere, in prefisso + serere mettere dentro, intrecciare, congiungere, unire; da notare la sonorizzazione della consonante s in z (Del Donno, Studi etrimologici nella rivista Samnium 1982 nn.3-4 pag. 240. 632 sorv = sorbe, sorva usato anche nel grossetano amiantino (DEI, voce sorba). 633 *** O fatti alla finestra, o bicicucca/ ch le cornacchie ti voglion vedere troviamo nei Rispetti damore raccolti dal Bocchialini pag. 107 n. 273. 634 neura = nera, dal latino niger. 635 carvon = carbone, dal bizantino karbon. 636 cangi = cambiare, incrocio dal francese ant.changier (mod. changer) con litaliano cambiare. 637 prt a bbenn = portare a vendere. 638 scutc = pulire radicalmente, dal latino excuticare, da cutica =cotica (DEI, voce scoticare).*** Facciti alla finestra/ o muso nero veni alla mia fontana/io te lo lavoro tre chili di sapone/non te ne nego riporta la raccolta effettuata da Dante Priore nei Canti Popolari della valle dellArno a pag. 15 e spiegato a pag. 103. Similmente nei Canti Umbri Efaccete a la finestra o muso nero/se veni a la fontana te lo lavo/ tre chili de sapone n te li nego pag. 185 n. 3. 639 tubb = tubo, dal latino dotto tubus. 640 cmmnera = ciminiera, dal francese cheminee; dal latino tardo caminata, stanza fornita di un camino (DEI, voce ciminiera).
630 629

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Come sei fatta nera sembri un tubo di fumaiolo; non sia mai mi fossi moglie mi faresti paura.

m faciarriss641 appaur.642

Tutti lo hanno detto ragazza cosa hai fatto; hai rotto il piatto e vuoi che io te lo paghi

617. Tutt rhann ritt figli che hai fatt; ia rutt lu piatt e lu vuoj ess pahat ra me.

618. Vattinn a lu Tfiegghj . tien na faccia r scorza643 rurm644 haj arrbbat lu vis a la callara.
Vattene al Tufiello hai una faccia di scorza di olmo; hai rubato il viso alla caldaia.

E tu ti sei coricata ed i piedi li hai stesi; se ti alzi in camicia quanta risate che mi debbo fare.

619. E tu t si curquata li pier n raj stis; si tauz ncammisa quanda risa chi maggia fa.645

620. T si giuta a curqu cum a na leuna646 torta; t snnaraj la mort


faciarriss = faresti. appaur = impaurire, dallantico appaurire.*** Come s fatta nera,/mi pari na cimminera:/s tavessi pe migliera,/mi facissi appaur recita un canto di Muro Lucano raccolto da Mennonna Antonio Rosario in un Dialetto della Lucania. 643 scorza = corteccia, dal latino scortea = oggetto di pelle, pelliccia. 644 urm = olmo, dal latino scientifico ulmus. 645 *** Tratto dal libro di Rocco Polestra Calitri 1897-1910. 646 leuna = legna, dal latino lignum legna da ardere deriv. dalla radice di legere raccogliere e cio raccolto.
642 641

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Ti sei andata a coricare come una legna torta; ti sognerai la morte se ti avvicini a me.

si tavvcin a mme.647

621. Tu mhaj amat p nu sciuoch e spass648 ma tagg trattat cum a na fessa; faccia r cuorn, affacciat a la fnestra qual quart r luna thav pgliat.
Tu mi hai amto per un giuoco e per spasso ma io ti ho trattata come una stupida; faccia di corno, affacciati alla finestra quale quarto di luna ti ha preso.

E calato lOfanto (la piena) lha portata la rifosa; vuoi fare la vanitosa ma non la sai fare.

622. Eia calat lOfat lhav addutta la rfosa649; vo fa la cundgnosa ma n la saj fa.

623. Mala lenga650, n parl ra rrret, parla nnanz, ca t rach651 la rsposta; tu si Giura chi hav trarut a Crist, quest cummien652 tutt a la faccia toja.
Mala lingua non parlare alle spalle parla davanti, perch ti do la risposta; tu sei Giuda che ha tradito Cristo questo conviene tutto alla faccia tua

624. Si giut rcenn653 ca tengh picca654 rota;


*** ..cui si curca cu tia ci pigghia mali dice un canto della raccolta Vigo (LARES XLII nn.3-4 pag. 447 riga 14). 648 spass = passatempo, spasso deverbale di spassare donde il tedesco spass (DEI, voce spasso). 649 rfosa = in questo caso si intende tutto il materiale che viene trasportato dalla piena del fiume e che viene abbandonato quando le acque si ritirano. 650 lenga = lingua, dal latino lingua. 651 t rach = ti do. 652 cummien = conviene, si conf, dal latino convenire. 653 si giut rcenn = sei andato dicendo (criticando). 654 picca = poco, usato particolarmente nel Meridione.
647

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Sei andata dicendo che ho poca dote; davanti alla porta di casa tua possa fare il terremoto.

nnanz a la porta r casta, pozza fa lu trramot655.

Tu vai avanti e indietro con codesta catena doro; io il fidanzato ce lho e di te cosa ne debbo fare!

625. Tu faj lu pass e spass cu ssa catena rargient; ij lu zit lu tengh r te che naggia fa.

Sei andato cantando su tutte le ragazze; ora vai a prendere tua sorella da dentro al vallone.

626. Si giut candann ngimma a tutt r fgliol; mo va t pigglia a sorata ra ind a lu vagghion

Hai le scarpe rotte e i tacchi rivoltati; i panni tutti strappati e vai dicendo che vuoi a me.

627. Tien r scarp rott e li taccun656 ssbbtat657; li pann tutt strazzat658 e vaj rcenn ca vuoj a mme.

628. Tien r scarp rott r cauzett659 abbracalat660;


*** Si ghiute recenne ca nu tenghe renare? recita un canto di Piano di Sorrento pag. 16 n. XIII. taccun = tacchi grandi come lo erano le scarpe per la campagna. 657 ssbbtat = arrovesciati, cio cos consumati che si sono deformati. 658 strazzat = strappati, dal gotico strappan. *** Questo canto stato ripreso dal libro del dottor Rocco Polestra Calitri 1897-1910). 659 cauzett = diminutivo di calza, dal latino medioevale calcepta; luso della calza deriva dai contatti coi Germani nella regione Renana (DEI, voce calza). 660 abbracalat = abbassate, dal latino calare, chalare (Vitruvio, Vegezio DEI, voce calare).
656 655

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Hai le scarpe rotte le calze abbracalate; sei una faccia ammuffita e vai dicendo che vuoi a me. (vedi, questa faccia di muffa voleva fare lamore con me).

si na faccia mbaluscnata e vaj rcenn ca vuoj a mme (vi, sta faccia mbaluscnata661 vla fa lamor cu mich).

629. Muss662 r staccia663 mia, muss r staccia m siembr la scmmenda r zi Cicc; ij lu zit tuj pur lu sacc664 ten la prsenza r nu ciucc.
Labbra di staccia mia, labbra di staccia mi sembri la giumenta di zio Francesco; io conosco anche il tuo fidanzato ha la presenza di un asino.

630. Muss r staccia mia, muss r staccia spera a Ddij e a nu lamb chi tappiccia665; lu nnammrat tuj pur lu sacc m par lu prciegghj666 r zi Cicc.
Labbra di staccia mia, labbra di staccia spera in Dio e ad un fulmine che ti bruci; il tuo fidanzato anche lo conosco mi sembra il porcellino di zio Francesco.

631. Lu muss chiatt cum a na burraccia, luocchj pzzut cum a nu hagghiucc667; quann a la fnestra saffaccia r la bbllezza faj ragli li ciucc.
Il muso piatto come una borraccia gli occhi appuntiti come un galletto; quando si affaccia alla finestra dalla bellezza fa ragliare gli asini.

mbaluscnata = ammuffita, per il crittogramma che nasce sulle sostanze corruttibili. muss = viso delle bestie e delluomo; ma qui pi propriamente bocca, dal latino tardo musum. 663 staccia = una pietra piatta con la quale i ragazzi facevano dei giuochi. 664 sacc = nel senso di conosco. 665 tappiccia = ti brucia, etimologia discussa, presuppone un piccare (DEI, voce appiccare). 666 prciegghj = porcellino, dal latino porcellus (Varrone) = piccolo porco, con sviluppo della ll in ggh (DEI, voce porcellino). 667 haggiucc = galletto, gallo giovane, col solito esito della ll in ggh, ma che quasi sempre passata da uno stadio dd. Infatti ancora oggi c qualcuno che pronunzia hadduccio, unnedda, prtedda, ecc.
662

661

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632. Mo fac quattann la faciv la spaccunessa; n so li capill tuj ma cumb Pepp e r pttness668.
Ora sono quattro anni la facevi la presuntuosa; non sono i capelli tuoi ma compare peppe e i pettini.

633. Ropp chi tallisc669 e ropp ca t strusc670; p ess bona giovan ngiaviv prima nasc.
Nonostante che ti pettini e nonostante che ti trucchi; per essere buona ragazza ci dovevi prima nascere.

634. Oi l e oi l la ualana hai ra fa; ndo r cost r Curtin ij taggia vn a bbas. (variante) ndo r cost r Rfezza li puorc eia uard.
Oi l e oi l la bovara devi fare; sulle coste di Cortino io debbo venire a baciarti. (variante) sulle coste di Rifezza i maiali devi custodire.

635. Teia mangiat lagl Maronna cum puzz671; si n t pigl a mme va t mena672 ndo lu puzz673.
pttness = pettine da donna per ornamento dei capelli. allisc = lisci, ma nel Meridione viene riferito generalmente ai capelli, per cui allisciarsi vuol dire pettinarsi. 670 strusc = oltre al significato di passeggiare andando su e gi per il corso, forse qui pi giusto intendere pulizia del corpo in genere, per cui letimologia potrebbe essere dalla gypsophila struthium della radice saponaria. 671 puzz = puzzare, latino volgare *putjum, sost. deverb. di putere.
669 668

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Ti sei mangiato laglio Madonna come puzzi; se non ti prendi a me vatti a buttare nel pozzo.

636. Fgliola e boi fgliola n ng sc ca n t vol; r prdarraj li pass li sspir e r parol674.

Ragazza e boi ragazza non ci andare perch non ti vuole; perderai i passi i sospiri e le parole.

637. Ngeia na fgliola chi quann camina s uasta; lu vaj acchiann mastr e n lu pot av.
C una ragazza che quando cammina si guasta; lo va cercando mastro e non lo pu avere.

638. Fgliola e boi fgliola si giuta a lacqua sola; si t ncogl lu uardian t la romb la msctrola.675
Ragazza e boi ragazza sei andata allacqua sola se ti pesca il guardiano ti rompe la miscitrola.

639. Bella fgliola, chi fai cauzett, lu mazzariell676 ndov t lu miett; t lu miett a fianch a lu piett
mena = vai a buttarti, dal latino tardo minare spingere con minacce (Devoto, voce menare). puzz = pozzo, dal latino volgare *putjus, class. puteus. 674 *** cercar pi non perdere li passi si legge in uno strambotto riportato dal Bronzini su LARES XLVI n. 2 pag. 232. E nei Canti Velletrani a pag. 299 n. 793 riscontriamo chi me v appress a mme, spreca li passi. 675 *** Canto molto comune nellarea Meridionale, infatti lo ritroviamo nei Canti Velletrani Oh, mamma mia nu me ce mann ppi a lacqua sola pag. 82 n. 187; nei Canti popolari latini raccolti dal Marcoaldi Mamma, non mi mand per lacqua sola pag. 131 n. 7; fino alla lontana Sicilia Mamma non mi mannnati allacqua sola dalla raccolta Vigo (LARES XLIII nn.3-4 pag. 457 capoverso 1). 676 mazzariell = specie di cannoncino dove sinfila il ferro da calze.*** Le donne a lo fianchetto canno r callo/ pe lo troppo lavor dde mazzarello Canti velletrani pag. 241 n. 627 con relativa nota.
673 672

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Bella ragazza, che fai calzette lu pazzariello dove te lo metti; te lo metti a fianco al petto bella ragazza, che fai calzette.

bella fgliola, chi fai cauzett.

640. Figli rilligghj a mammata chi t raj la rota; matarazz r cannav677 e stoppa678 tu ng leia r.
Ragazza diglielo a tua madre chi ti d la dote; materassi di canapa e stoppa tu glieli devi dare.

641. Figli rilligghj a mammata chi t raj manda679 e cuperta; ca tu si vocqua aperta680 e chi t vol pgli.
Ragazza diglielo a tua madre che ti dia manta e coperta; perch tu sei bocca aperta e chi ti vuole prendere.

642. Figli rilligghj a mammata si t la raj la rota; s no t faj pzoca681 e la vita mia n la vir no.
Ragazza diglielo a tua madre se ti da la dote; altrimenti ti fai bizzoca e la mia vita non la vedrai pi.

643. Fgliola e boi fgliola, n so quest r parol; ma ng voln li cndrun682


cannav = canapa, dal latino tardo can(n)apis (glosse) per il classico can(n)abis (Varrone; pianta di origine orientale, giunta ai Greci, per mediazione scitica, verso la fine del V sec. E da questi introdotta in Italia e nella gallia meridionale (DEI, voce canapa). 678 stoppa = stoppa, avanzo di canapa o lino, dal latino stuppa. 679 manda = coperta o mantello, dal latino medioevale manta. 680 vocqua aperta = bocca aperta, nel senso di persona ingenua e poco furba; un classico accusativo alla greca (Rohlfs, 641). 681 pzoca = bizzocchera, termine molto in uso nel meridione per indicare una persona ipocrita e bacchettone.
677

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Ragazza e boi ragazza non sono queste le parole; ma ci vogliono i chiodi per inchiodarti il cuore.

a p t nchjv lu cor.

644. Eia vnut a chiov e s so abbat r lavnegghj; tagg crsciuta appriess cum na crapttegghia.
E venuto a piovere e si sono avviate le lavine; ti ho cresciuta a mano come una caprettina.

E tu che sai leggere ed io che non so leggere; sono capace di dirti in faccia che lamore non sai fare.

645. E tu chi saj r legg e ij chi n n sacc; m fir683 r t ric nfaccia, ca lamor n saj fa.

L e boi l davanti casa tua devo venire; debbo spegnere la luce ti rubo tua sorella e me ne scappo.

646. L e boi l, nnand casta aggia vn: aggia stt684 la luc arrobb a sorata e m n fusc.

647. Oi va fa ngul a mammata ca n t vogl cchi; quegghj chi ha fatt mammata r staj facenn tu685.
cndrun = grossi chiodi che una volta fino al primo dopoguerra- venivano usati per rafforzare le scarpe dei contadini. 683 fir = sono capace. *** De ff lammore nun ce avete er muodo ripete un Canto Velletrano pag. 199 n. 502 e gli fa eco un altro Canto Umbro Lamore che fai te non ha sapore pag. 182 n. 1. 684 stt = spegnere, in latino documentato solo tutare. 685 *** Quello che fa la mamma fa la figlia riporta un canto popolare Piceno raccolto dal Marcoaldi pag. 116 n. 72.
682

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Oi vai a farti sfottere perch non ti voglio pi; quello che ha fatto tua madre lo stai facendo tu.

648. Fgliola chi vinn zuqquar, a mme meia stat ritt (accuss meia stat ritt); ca r daj citt citt686 e r bbinn a chi vo tu.
Ragazza che vendi zucchero a me stato detto (cos mi stato detto) che lo dai zitta, zitta e lo vendi a chi vuoi tu.

649. Bella fgliola chi puzz ruogl thann vasat li scardalan; t rann puost r mman nguogghj bella fgliola chi puzz ruogl.
Bella ragazza che puzzi di olio ti hanno baciata gli scadalana; ti hanno messo le mani addosso bella ragazza che puzzi di olio.

650. Sera passaj p nu stritt vich; e tann lu stiv cuglienn a nu hranat.


Ieri sera passai per uno stretto vicolo; e allora stavi cogliendo un granato.

651. Thai fatt la camicetta t lhai fatta r vllut; ngeran li uaglion t tnian p mandnuta.
Ti sei fatta la camicetta te la sei fatta di velluto; cerano i ragazzi ti tenevano per mantenuta.

686

citt, citt = zitto, zitto, in silenzio, con un esito della z iniziale in c.

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652. Ngimma Cort ngeia nat nu chiuopp687; chi zonca688 passa ng fac na ntacca689.
In piazza nato un pioppo; chiunque passa ci fa una tacca.

653. N tarrcuord Nenna quann sciemm a fichj; e mo avarra parl lu pagliar inda Nrich.
Non ti ricordi nenna quando andavamo a fichi; ed ora dovrebbe parlare il pagliaio di Nerico.

654. Tien la rogna cum t fac prrit690; mo avarra parl lu pagliar ndo lu Spnit.
Hai la rogna come ti fa prurito; ora dovrebbe parlare il pagliaio dello Spineto.

Come ti dai arie come chi sa chi fossi; io la fidanzata ce lho e dove ti vedo ti sputo sul muso.

655. Cum taccundien, cum sa chi fuss; ij la zita la tengh ndo t vesc t sput mmuss.

chiuopp = pioppo, dal latino classico populus divenuto nel medioevo ploppus con uno sviluppo della p iniziale in ch non ancora bene spiegato. 688 zonca = chiunque, lesito z di ch forse dovuto allorigine greca del termine. 689 ntacca = tacca, un segno che veniva fatto su pezzi di legno per ricordare o per contare; deverbale forse dellantico francese entachier. *** mocc a sa porta nc nato no chiuppo/nonz chi passa, se ne fa na pacca dice lVIII Villanella di Pagognano pag. 8. 690 prrit = prurito, dal latino prurire.

687

- 189 -

656. Ndo sta strata ngeia nu piscl chi strvegghia691; li zit chi ng mmannan raccogl tutt egghia.
In questa strada c una fontana che schizza; i fidanzati che fanno la dichiarazione li raccoglie tutti lei.

657. Quann nascist tu foss nat nu srpend; lu mttiemm mmiezz a la strata p fa paura a la ggend.
Quando nascesti tu fosse nato un serpente; lo avremmo messo sulla strada per far paura alla gente.

Quando nascesti tu fosse nato un fascio di spine; lo avremmo messo vicino allorto per non far entrare i pulcini.

658. Quann nascist tu foss nat nu fasc r spin; lu mttiemm vcin a luort, p n fa tras li plcin.

659. T si posta a cavagghj t si posta a la scarrun692; lu faciv lamor cu li uagliun r li Pppun.


Ti sei messa a cavallo ti sei messa lla sgarroni facevi lamore con i ragazzi a i Pepponi.

660. M so posta a cavagghj m so posta a la scarrun; a la costa ammond r Curtin mhann vist li uagliun.
strvegghia = schizza, dal gotico slitian. scarrun = a gambe divaricate, scandaloso fino ai tempi della nostra infanzia, figurarsi poi per una donna!. Etimologia a noi sconosciuta.
692 691

- 190 -

Mi son messa a cavallo mi son messa alla sgarroni; alla costa di Cortino mi hanno visto i ragazzi.

661. T si posta a cavagghj t si posta a la capammond; eia cavagghj r monda nu lu ptienn mandn.
Ti sei messa a cavallo ti sei messa in salita; un cavallo di monta non potevano fermarlo.

662. Tna na ciuccia bbona la vla prt a Mndicchj; teia mangiat lu sauzicchj693 povra te cum eia fa.
Avevo una buona asina la volevo portare a Monticchio; ti sei mangiato la salsiccia povera a te come devi fare.

663. S n vla sc a lAmerca seia rotta la varchetta;694 lhann sciuta a ngapp a la stanziola r Rocchetta.
Se ne voleva andare in America si rota la barchetta; sono andati ad acchiapparla alla stazione di Rocchetta.

664. Eia arrvata Pasqua teia mangiat lu pcclatiegghj;695 teia puost laniegghj e n s sap r chi eia.
E arrivata Pasqua ti sei mangiato il casatello; ti sei messa lanello e non si sa di chi .

sauzicchj = salsiccia, con vocalizzazione della l. varchetta = barchetta, con evidente riferimento sessuale. 695 pcclatiegghj = il classico dolce pasquale delle nostre genti meridionali, cio un biscotto ricoperto da tantissimi piccoli confetti colorati. Etimologia a noi ignota.
694

693

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665. Balla lurs e balla Nicola lu tiemb r la vndemmia; s mmaritan r cagnol nan e boi nanna.
Balla lorso e balla Nicola il tempo della vendemmia; si maritano le poco di buono nan e boi nanna.

L e boi l malata tu e malato io; per la malattia tua la medicina lho io.

666. L e boi l malata tu e malat ij; p la malatia toja la mmrcina la tengh ij.

667. N t rcuord Nenna quann faciemm lamor nascus; li macquatriegghj p ndo lu prtus r faciemm cammn.
Non ti ricordi Nenna quando facevamo lamore di nascosto; i fazzoletti per il pertugio li facevamo camminare.

668. Lhai fatt lamor lhai fatt nascus; rhai fatt cammn li macquatriegghj ndo lu prtus.
Hai fatto lamore lhai fatto di nascosto; li hai fatti camminare i fazzoletti per il pertugio

669. Cu ssu uandsin a croc m par na cammariera; tann t leia mett

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Con questo grembiule a croce mi sembri una cameriera; allora te lo devi mettere quando vai a spalare il letame.

quann vai a cacci lu stier696.

Ti sei fatta le scarpette e non le sai portare; hai i piedi torti te le devi fare drizzare.

670. Thaj fatt li sckarpin e n r saj prt; tien li pier tuort t reia sc addrzz.

Io ti ho dato il capo tu ti sei presa la fune; ma se ti fai bizzoca la mia vita non la vedi.

671. Ij tagg rat lu cap tu t si pgliat la zoca697; ma si tu t faj pzoca la vita mia n la vir no.

672. A la chiazza698 r Carvnar hann puost li lum699 appis; li uagliun s fann la risa n t puoj cchi mmart.
In piazza ad Aquilonia hanno messo i lampioni appesi; i ragazzi se ne ridono non ti puoi pi maritare.

673. Minnammorai r te minnammorai r na pertca longa trentasei parm li pier r nand; si la chiech700 ven nu pond
stier = letame di animali, derivante dallinsieme delle deiezioni solide e liquide degli animali domestici e dalla lettiera (Devoti e Oli) Lettiera = paglia, fieno o strame che si pone per far letto alle bestie (O. Pianigiani). 697 zoca = fune, dal latino volgare soca. 698 chiazza = piazza, dal latino volgare *platea. 699 lum = lumi per lilluminazione pubblica. 700 chiech = pieghi, dal latino plicare, con leniz. settentr. di c in g.
696

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Mi innamorai di te mi innamorai di una pertica lunga trentasei palmi i piedi davanti; se la pieghi viene un ponte di sotto deve passare il vero amante.

ra sotta passa lu ver amand.

674. Ciucc, chi rspunn a lu mij cand t rngrazzij r tand favor; li can chi t pozzan mangi nnanz a la casa r lu tuj patron.
Asino che rispondi al mio canto ti ringrazio di tanto favore; che ti possano divorare i cani davanti alla casa del tuo padrone.

Quano passo di qua mi levo il cappello; se non vuoi che ci passi mettitelo il cancello.

675. Quann pass ra qua m lu lev lu cappiegghj; si n vuoj ca ng pass, mitttill lu cangiegghj.701

Tu dalla finestra ed io dal balcone; faccia di melone ascolta la mia canzone.

676. Tu ra la fnestra e ij ra lu barcon; faccia r mlon siend la mia canzon.

677. A la via r la Croc na rocchia702 r fgliol; si r guast tott quanda n n ven una bbona.
*** Pu sembrare strano, ma anche argomenti di s scarsa importanza, sono comuni a pi aree, infatti Si voi chi nun ce passo de casa tua/fatteci n ponticello co la catena riportano i Canti Velletrani pag. 209 n. 539; il Bocchialini nella sua raccolta di Rispetti dellAppennino parmense ha Ci v passar fin che mi pare e piace/le strade non mi sono proibite pag. 105 n. 259; il Tigri a pag. 214 n. 777 dice :Se vuoi che non ci passi, dammi bando/o leva la tua casa dalla via,, che ritroviamo anche nella raccolta di Dante priore a pag. 92 e 108. 702 rocchia = mucchio, torma, gruppo.
701

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Per la via della Croce un gruppo di ragazze; se le guasti tutte insieme non ne fai una buona.

678. Lu pagliariell eia fatt a la mndagna; arrobba li pann a mammata e giamnninn.


Il pagliaio pronto alla montagna; ruba i panni a tua madre e andiamocene.

679. Na massaria a r Serr e nauta a lu Spnit; n nneia cosa toja r fa lamor cu dduj zit703.
Una masseria alle Serre unaltra allo Spineto; non cosa tua di fare lamore con due fidanzati.

680. Fgliola r ciend mmisck mammata fac r mbrogl; la carna r lu nigl lhav cotta cu r fogl
Ragazza di cento faccende tua madre fa limbroglio; la carne del nibbio lha cucinata con la verdura.

681. Tagg amat nann p la troppa gntlezz; taggia mett la capezza704 e cum na ciuccia taggia tr..
Ti ha amata un anno

*** La donna amari a dui nun usanza sentenzia severamente un canto siciliano pag. 210 n. 505; un altro esprime le proprie titubanze dicendo Bella ca un cori lu prumetti a dui (LARES XLII pag. 95 riga 12) mentre altri esprimono chiara condanna: Cu quali cori stati amannu a dui (LARES XLII n.2 pag. 215 riga 36); Donna ca duni acqua a dui vadduna pag. 221 riga 9; Dui rre ntra un regnu dui cori ntra un pettu pag. 222 riga 8. Nei Canti Velletrani a pag. 239: Manco la donna li po am du amanti/e ssi li ama, nun li fa cuntenti (nota 617). 704 capezza = corda con la quale si lega lanimale domestico per condurlo, tirarlo meglio; diversa dalle briglie.

703

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per la troppa gentilezza; ti debbo mettere la cavezza e come unasina ti debbo trattare.

682. T lhaj fatt lu rtratt t lhaj fatt aggiunta705; n nnera mica cund uei n, r t lu fa.
Ti sei fatta la foto e te la sei fatta con altri; non era il caso uei n, di fartela.

683. Si ij m pigl a tte la sgnora taggia fa fa; fath e mangi poch e mazzat nquandt.706
Se io sposo te la signora ti far fare; lavorare e mangiare poco e botte in quantit

684. Si tu t pigl a mme la sgnora taggia fa fa; la zappa e lu bbriend707 n t laggia fa manc la zappa e lu bbriend e la paletta p anntt.
Se tu sposi me la signora ti far fare; la zappa e il bidente non te li devo far mancare la zappa e il bidente e la paletta per pulire.

685. Cum taccundien cum na gran massara; s bbona a fa la crapara quegghj so cumpagn a tte.
Come sei superba
aggiunta = insieme ad un' altra persona. *** Analogo canto troviamo nella raccolta siciliana di Salomone-Marino pag. 195 n. 456 :Manteniri a me mogghi un mi cunfunnu/manciari cci darria pri tuttu lannu/vastunateddi du voti lu jornu. 707 bbriend = bidente, dal latino bidens-entis, comp. di bi e dens dente.
706 705

- 196 -

come una grande massara; sei buona a fare la capraia quelle sono tue compagne.

686. Vengh ra lu Castieggh e scengh a la Cascina; teia carut lu sottanin e t lu vogl ait auz.
Vengo dal Castello e scendo alla Cascina; ti cascata la sottana ti voglio aiutare ad alzarla.

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Amor trartor
687. T rich nu snett a cendra r hall708; e chi stann a send a mmi so tutt pappahall.

Ti dico un sonetto a cresta di gallo; c chi ascolta me sono tutti pappagalli.

Eri fidanzata con me hai detto si ad un altro amante; se tu resti senza fidanzato non colpa mia.

688. T vliv cu mich eia ritt si a nat amand; si tu riest vacand la culpanza mia n nneia.

Addio, addio per sempre e amati con chi vuoi; lantico amante tuo la vendetta cercher

689. Addij, addij p semb e amati con chi vuoi; lantico amande tuo la vendetta cercher.

Ed io ho fatto la dichiarazione damore e tu mi hai detto no; mi hai dato il paniere per andare a cogliere le uova

690. E ij ngiagg mmannat e tu mhaj ritt non; mej rat lu panar709 e p gg a cogl gghiov.

691. Mhaj rat lu panar e p gg a cofl gghiov; si ier fgliola bbona


708 709

cendra r hall = cresta di gallo. panar = risposta negativa da parte della ragazza ad una dichiarazione damore.

- 198 -

Mi hai dato il paniere per andare a cogliere le uova; se eri una ragazza per bene non me lo dovevi fare.

n m raviva fa.

Senti qua ragazza quel Dio che ti cre; quando ni dicesti no giusto davanti a Tusciap.

692. Siend qua oj fgli quigghj Ddij chi t cri; quann m rcist no giust nnand a Tusciap.

Io canto canto con passione; se eri ragazza onesta non me lo dovevi fare.

693. Ij cand cand r passion; si jer fgliola bbona n m raviva fa.

694. Stella lucend quann cumbarist r fuoch miezz a lacqua laddmast; cu na lanzetta lu cor mij aprist quegghj chi ngera t pgliast; ndo na cartcella r mttist a li cchi nmich mij r prtast.
Stella lucente quando apparisti il fuoco in mezzo allacqua accendesti; con una lancetta apristi il mio cuore ci che cera ti prendesti; in una carta lo mettesti e al pi nemico mio lo portasti.

695. Ciel cu vuj m lagn, so rsprat! Stell, rcurr710 a vuj, crcann aiut! Quegghia chi tand amav mha lassat lu cor mha scppat711 e mha trarut.
710 711

rcurr = ricorro, mi appello. scppat = strappato, portato via con violenza.

- 199 -

Cielo con voi mi lagno, sono disperato! Stelle, ricorro a voi, cercando aiuto! Colei che tanto amavo mi ha lasciato il cuore mi ha strappato e mi ha tradito.

696. Bella mia, quand tagg amata cu li mij stend tagg mandnuta; cum na stella r lu ciel tagg uardata, rimm tu, ronna, pcch mhaj trarut?
Bella mia, quando ti ho amata con le mie fatiche ti ho mantenuto; come una stella del cielo ti ho guardata dimmi tu, donna, perch mi hai tradito.

697. Rhaj fatt r lagnanz a la cumpagna lat juorn prattcava na fgliola; auciegghj ammazzat chi s lagna, ra nurm s n vaj a naut abbola.
Ti sei lamentata con lamica laltro giorno ero con una ragazza; uccello ucciso che si lagna da un ramo vola ad un altro.

698. Nenna mia shav puost la rosa mbiett egghia rhav fatt a p m fa rspiett; e mhav apiert na chiaha nda stu cor hrann eia lu rlor chi n guarisc ancor.
Nenna mia si messa la rosa sul petto lo ha fatto per farmi dispetto; e mi ha aperto una piaga nel cuore grande il dolore e ancora non guarisce.

699. Lu mar fac lonna li pisc vann natann; sta fgliola cu lu piett tunn t raj la fera e ropp t nganna.
Il mare fa londa i pesci nuotano; questa ragazza con il petto turgido ti dice si e poi ti inganna.

700. T chiam e n m siend


- 200 -

Ti chiamo e non rispondi ti aspetto e non ci vieni; che pensiero che hai di fare lamore con me.

taspett e n ng vien; che pnzier chi tien r fa lamor cu mme.

701. Vien m trova e tozzla712 a la casa, agg puost na preta sul passat; e taccoglier cum a na sposa cum niend fra nuj ng foss stat.
Vieni a trovarmi e bussa alla casa ho messo una pietra sul passato; e ti accoglier come una sposa come niente fra noi fosse successo.

702. E t chrriv r trv nu trsor ma hai acchiat fierr e pers or; nu cangiegghj r fierr maggia fa fan a lu megl frgiar laggia urdnan.
E tu credevi di trovare un tesoro ma hai trovato ferro e perduto oro; un cancello di ferro mi debbo far fare lo debbo ordinare al migliore fabbro.

703. Ronna tu mhaj lassat e t rngrazzij mhaj fatt nu piacer e nu hran srvizzij; r donn r trov a pass a pass e tu la tien la spena713 ca vness.
Donna tu mi hai lasciato e ti ringrazio mi hai fatto un piacere e un gran servizio; le donne io le trovo ad ogni passo e tu hai la speranza che io vanga da te.

704. Mo vaj crcann nat amand ma p crapicc, e m vuoi bben; tagg amat e t vogl tand m vesc lu nfiern nda st ppen.
Tu vai cercando un altro amante ma per capriccio, e mi vuoi bene;

712 713

tozzla = bussa alla porta. spena = speranza, Dante usa speme.

- 201 -

ti ho amata e ti voglio tanto bene vedo lInferno in queste pene.

705. Si pass nata vota senza prmess scuond714 quegghj r tann e pur qquess; tu thaj pgliat sciuoch r stu cor e p crapicc hai cangiat amor.
Se passi unaltra volta senza permesso sconterai quello di allora e di ora; tu ti sei preso giouco di questo cuore e per capriccio hai cambiato amore.

706. Hai fatt cang lor a p lu stagn quann lassast a mmi cu tand sdegn, si manch fuss stat Carl Magn, o si manch pssriss quacche regn; tu si la hramegna715 r la campagna rapparnd cu mme n si degn.
Hai fatto cambio loro con lo stagno quando mi lasciasti con tanto sdegno, neanche se fossi stato Carlo magno, o se possedessi qualche regno; tu sei la gramigna della campagna di apparentarti con me non sei degno.

707. Magg acchiat lu zit716 fatiha a la Fcocchia; ma nn lu vogl cchi ca eia suldat r fandocchia.
Mi sono trovato il fidanzato lavora alla Ficocchia; ma non lo voglio pi perch soldato di fanteria.

708. Prima t vla717 ca fathav a la Fcocchia; mo n t vogl cchi ca si suldat r fandocchia.718


scuond = paghi il fio, verbo denom. da conto con s-2 sottrattivo. hramegna = gramigna, dal latino graminea. - *** Cangiasti loro fino pe la rame dice un canto popolare di Montella (vedi canti di Piano di Sorrento pag. 26 nota n. 1); Largento per lo plumbo par che lassi (LARES XLVI n. 2 pag. 232). 716 magg acchiat lu zit = mi sono trovato il fidanzato. 717 t vla = ti volevo, ti amavo.
715 714

- 202 -

Prima ti volevo perch lavoravi alla Ficocchia; ora non ti voglio pi perch sei soldato di fanteria.

709. Mammata chi n bol e mai chi vless; semb nora laggia ess e semb mamma laggia chiam.
Tua madre che non vuole e mai che volesse; sempre nuora le devo essere e sempre mamma la devo chiamare.

710. Ma chi t crir r ess n si manch napprendista; n mri a cumb chi eia probbia rijsciut.
Ma chi credi di essere non sei neanche un apprendista; non invidiare a compare che proprio riuscito.

711. E vengh ra la Cascina cu lu cappiegghj ra nu lat; la zita m lagg acchiata e r te n agg che n fa.719
E vengo dalla Cascina con il cappello da un lato; la fidanzata me la son trovata e di te non so cosa farmene.

712. Amanda mia, puozz sc pzzenn, puozz vn nnand a casa mia, puozz vn quann n ngeia mamma ca la cart t la fazz ij.
Amante mio possa andare pezzente pssa venire davanti a casa mia, possa venire quando non c mamma perch la carit te la faccio io.

fantocchia = fanteria, in senso dispregiativo. *** Lu zitu iu lu tegnu/ di te cce nnagghia a ff? dice un canto di Carosino nel Salento (LARES XLIII nn.3-4 pag. 445).
719

718

- 203 -

713. Stella lucend mia, stella lucend, a p vuj vann spiert ruj amand: - Rimm, Nnnella mia, qual vuoj nnand? - Quigghj cheia ror lu tengh a la mend, e si p sort cangian li viend n fazz cang lor a p largiend.
Stella lucente mia, stella lucente, pa causa vostra vanno raminghi due amanti: - dimmi, Ninnella mia, quale vuoi per primo? - Quello doro lo conservo alla mente e se per caso cambiano i venti non faccio a cambio loro per largento.

714. Quann n vliemm nabbttavam720 r cand; nagg abbandnat tand e tabbandon pur a tte.
Quando ci amavamo ci saziavamo di canti; ne ho abbandonate tante e ti abbandono anche a te

715. I capill tuj ragg puost nbortafogl; t vla e mo n t vogl meia passata la volond.
I capelli tuoi li ho messi in portafoglio; ti amavo ed ora non ti amo mi passata la volont.

716. Prima t vla bella e brutta e mo n t vogl cchi; va t fa fott, mo t laggia r e ropp no, pesatilla la cuscienza; a poch a poch t cresc la panza fatt li fassatur721, agg pacienzia.
Prima ti amavo bella e brutta ed ora non ti amo pi;

nabbttavam = ci saziavamo di canti, verbo intransitivo e riflessivo, dal latino medioevale aboctare = gonfiarsi come il rospo, oppure da a prefisso + botte = gonfiarsi come una botte (Del Donno, Samnium 1980 n. 1-2).*** Fo innamorar le citte e poi le lasso recita un canto toscano (Tigri pag. 98 n. 370, ultimo capoverso). 721 fassatur = sono delle lunghe fasce che una volta servivano per fasciare i bambini appena nati, dal latino fascia.

720

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vai a farti fottere, ora te lo do e dopo no, fatti un esame di coscienza un po alla volta ti cresce la pancia fatti le fasce per bambini, abbi pazienza.

717. Mo m n vengh, candann e snann p questa via facenn rmor; si s naddonan la mamma e lattan (la mamma e la figlia) mo s n ven lu trartor.
Ora me ne vengo, cantando e suonando per questa strada facendo rumore; se se ne accorgono la mamma e il padre ora se ne viene il traditore.

718. Mbaccia a la porta r casta ngeia la uardia campestr; si ng mmanna quacche aut amand r nuj ruj chi resta resta.
Di fronte alla porta di casa tua c la guardia campestre; se ti chiede qualche altro amante di noi due chi resta resta.

719. Ra luocchj t canusc ca r tien trartor; eia lassat chi tamava, e thaj pgliat chi t cunzola.
Dagli occhi ti conosci perch li hai traditori; hai lasciato chi ti amava e ti sei preso chi ti consola.

720. La chitarra chi canda e chi sona n t crer ca sona p tte; sona p Nenna mia chi lu fac lamor cu mme.
La chitarra che canta e che suona non ti credere che suona per te; suona per Nenna mia che fa lamore con me.

721. La mamma llu ddca


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La mamma glielo diceva figlia, figlia non ti ammirare; se ti vede il traditore ti caccia la canzone.

figlia, figlia n t mmr; si t ver lu trartor t la caccia la canzona.

C un giovanotto tutto vanitoso la giacca stretta, stretta il cappello morbido e una scarpetta alta per coprire la povert c un altro, uno che gira per i caff

722. Ngeia nu ggvnott tutt fast e trlatur la giacchetta stretta, stretta lu cappiell alla paposc e na scarpetta nganna, p cummgli la pvrt naut ngeia, un chi ggira li caf

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Lu patt r la rota
723. Li uagliun rauann tenn mal mot; prima r ng mmann722 s fann lu patt r la rota.

I ragazzi moderni hanno mali intentimenti; prima di dichiararsi si fanno il patto della dote.

Siamo andati a bere siamo usciti dalla grotta; non lo faccio per Giovanna ma per le sue terre di Vitagrotta.

724. Sim sciut a bbev sim assut ra nda la hrotta; n r fazz p Sciuanna ma p r terr di Vitahrotta.

Amore mio carissmo meglio a parlare chiaro; per fare un matrimonio ci vogliono i denari.

725. Amor mio carissimo eia megl a parl chiar; p fa lu matrmonij ng voln li rnar.

N, n.n ragazza da maritare chi se la vuol comprare cento ducati la deve pagare; trecento al banchetto e quattrocento al matrimonio; le lenzuola di mussolino
722

726. N, n, n fgliola ra mmart chi s la vol accatt ciend ruquat ladda pah; treciend a lu banchett e quattciend a r spsa; r lnzole r msllin r cupert r baccar.

mmann = fare la dichiarazione amorosa, forse damandare a dire.

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le coperte di baccar

Cosa ne devo fare di codesta bellezza; vado cercando la pancia mia piena di focaccia.

727. Che naggia fa r ssa bbllezza; vach trvann la panza mia chiena r mgliazza723.

Tremila lire erano tremila lire sono; se sei contento vieni e altrimenti vattene.

728. Tremila lir eran tremila lir so; si si cuntend vien e s no vattinn724 mo.

729. Quanda fgliol a p stu rccon hann ritt non a tanda uagliun; r quand amand chi stienn attuorn n nneia rmast un p cuorn.
Quante ragazze per questo riccone hanno detto no a tanti ragazzi; di quante amanti stavano intorno non ne rimasta una per corno.

730. Tu si ricca, ricca r cas e fond; t lhaj cummgliat lu frond725 che t n fai r cas e fond.
Tu sei ricca ricca di case e fondi; ti sei coperta la fronte che te ne fai di case e fondi.

mgliazza = pasta di granoturco con vari ingredienti; dal latino miliaceus, di miglio come si faceva una volta. 724 vattinn = vattene. 725 cummgliat lu frond = coprirsi la fronte, vergognarsi.

723

- 208 -

731. Magg sciuquat stu cor e lu cuntratt agg fatt p affar; e p rnar e no pamor, e pac n trova stu cor.
Mi sono giocato questo cuore e il contratto ho fatto per affari; e per denaro e non per amore, e questo cuore non trova pace.

Con codesti milioni chi ti credi di ingannare; noi con trenta lire gli sciampagnoni dobbiamo fare.

732. Cu ssi mliun chi t crir r ngann; nuj cu trenda lir li sciampagniun amma fa.

733. Seia mmartata la bella mia a nu paies assaj lundan; s lha pgliat nu rccon r cas e terr, igghj eia patron.
Si maritata la bella mia ad un paese assai lontano; si presa un riccone di case e terre, lui padrone.

734. Massarij ten e pannizz a la citt nu hran palazz; mul e cavagghj ten for e ten r pecur a la pastura.
Ha masserie e pannizze in citt un gran palazzo; muli e cavalli ha in campagna ed ha le pecore alla pastura.

735. Eia nu ggvanttiell ricch e bell e fac la mmira ca t vol spsa; si t piglia, n tappoggia nderra ngimma a li sett ciel t porta abbl.
E un giovanotto ricco e bello e ha lintenzione di sposarti; se ti prende, non ti appoggi in terra ti porta a volare sopra i sette cieli.

- 209 -

736. Mmiezz a lu mar ng so ddoj curriend una chi mena, lauta n tand; megl a pgli la bella senza niend ca la brutta cu rnar nnand726
Im mezzo al mare ci sono due correnti una che ha molta acqua, laltra poca; meglio a sposare la bella senza niente che la brutta con denari contanti.

737. E tutt r bbon ggiuvn so prmes, a mastr rasc e a fravcatur; e p rota n tenn nu trnes, lu patt s lu fann p n g for.
E tutte le belle ragazze sono promesse a mastri falegnami e fabbricatori; e per dote non hanno un tornese il patto si sono fatto per non andare in campagna.

726

*** La XII Villanella di Pagognano inizia Nmieza lo mare nce so doie corriente pag. 10.

- 210 -

Che lagg fatt a mammata


738. Amand mio carissimo eia megl a parl chiar; si vaj appriess a mammata tu n t nzuor mai.
Amante moi carissmo e meglio a parlare chiaro; se obbedisci a tua mamma tu non ti sposerai mai.

739. Amor, che lagg fatt a mamma toja, ca send n m pot mndv;727 si vengh nata vota e tacchj afflitta t pigl mbrazz e t n port. (variante) ij so figl r gend bbona e lamicizzia la sacc stm.
Amore, cosa ho fatto a tua madre che sento non mi pu mentovare; se vengo unaltra volta e ti trovo afflitta ti prendo in braccio e te ne porto via. (variante) io sono figlio di gente per bene e lamicizia la so stimare.

740. La mamma n bol ca la figlia sap fa tutt; sap cos e rcam e fa lamor cchi d tutt.
La madre non vuole che la figlia sappia fare tutto; sa cucire e ricamare e fare lamore pi di tutto.

741. Mammata n bol ma nuj n vlim; namm rat lappundamend, e craj728 n fscim.
Tua madre non vuole ma noi ci amiamo; ci siamo dati lappuntamento
727 728

mndv = ricordare, nominare, dal latino mente habere. craj = domani, dal latino cras = domani.

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e domani ce ne fuggiamo.

742. Mammata chi n bol nuj n lamma cur; ndo zonga729 n vrim namma semb addmmann.
Tua madre che non vuole noi non la dobbiamo curare; dovunque ci vediamo ci dobbiamo sempre parlare.

Tuo padre non vuole noi ci amiamo; arriver un giorno che si calma solo, solo.

743. Attanta n bol n vlim nuj; arriver nu juorn chi s calma sul, sul.

744. N voln mammata e attanta n vlim nuj ruj; arriver quel giorno chi s calma mammata e attanta pur.
Non vogliono tua madre e tuo padre noi ci amiamo; arriver quel giorno che si calemr tua madre e tuo padre pure.

745. Sera passaj, mammata t cardava730 n t ptiett nu poco ajt; si tajtava, mammata che ddca? Rca ca ij era lu nnammrat.
Ieri sera passai tua madre ti picchiava non ti potetti aiutare neanche un po; se ti aiutavo, tua madre cosa avrebbe detto? Avrebbe detto che io ero linnamorato.

zonga = qui nel significato di dovunque. *** Quelli de casa tua nun zo cuntenti/ semo cuntenti noi, tiremo avanti! ripete con fiducia un Canto Velletrano a pag. 64 n. 141. Anche nei Canti Umbri si ripete questo concetto a pag. 164 n. 6 e 9. 730 cardava = picchiare, bastonare.

729

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746. N r fa p mme, fall p Ddij n rat cchi mazzat731 a ssa fgliola; quist eia lamor chi lha vlut Ddij vuj lavit fatt prima r nuj.
Non fatelo per me, fatelo per Dio non date pi botte a codesta ragazza; questo amore lo ha voluto Dio voi lavete fatto prima di noi.

Gli occhi tuoi sono neri i capelli castani; tua madre si lamenta che tu fai lamore con me.

747. Luocchj tuj so nieur li capill castani; mammata s lagna ca lu fai lamor cu mme.

748. La mamma r sta fgliola tuort732 m tarmend; ma si n foss p la ggend m vless ncarpn733.
La madre di questa ragazza mi guarda storto; ma se non fosse per la gente mi vorrebbe tentare.

749. Mammata chi n bol e mai pozza vl; la faccia mia n lhav vista e manch sper r la vr.
Tua madre che non vuole e mai possa volere; la mia faccia non lha vista e neanche spero di vederla.

750. Mammata chi n bol e mai chi vless; semb nora734 laggia ess,
731 732 733

mazzat = colpo, generalmente dato con una mazza o bastone, dal latino mateola. tuort = distorto, dal latino extortus = non dritto. ncarpn = afferrare con violenza o frode, dal latino volgare in + capire.

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Tua madre che non vuole e mai che volesse; sempre nuora le devo essere, e sempre mamma la debbo chiamare.

e semb mamma laggia chiam.

Fatti il rullo a mamma fattelo che ti ci sta bene; la via di Aquilonia te la devi imparare.

751. Fatt lu rull735 a mamma fattill ca taccar736; la via r Carvnar tu t leia sc a mbar.

Mamma e boi mamma vado camminando per lamore; se non fosse per lamore resterei ancora con mia madre.

752. Mamma e boi mamma p lamor vach cammnann; si n foss p lamor m starra737 cu mamma ancora.

Mamma e boi mamma fai una cosa di fretta; se si dichiara qualche altro gli dici che sono promessa.

753. Mamma e boi mamma falla na cosa a lambressa;738 si ng mmanna quacche aut lu ric che so prmmesa.

Tua madre non vuole


734 735 736 737 738 739

754. Mammata chi n bol chi cu tich fazz lamor; cchi a rar739 n vrim cchi acquista la passion.
nora = nuora, dal latino volgare norus o nora. roll = rialzo di capelli sulla fronte. taccar = ti sta bene, ti dona. starra = qui nel senso di resterei. lambressa = arcaico toscano per dire con sollecitudine. a rar = raramente.

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che io faccia lamore con te; pi raramente ci vediamo pi cresce la passione.

755. L e boi l, bella oi l e bella oi l; la mamma cu la figlia n s ponn addmmann.


L e boi l bella oi l e bella oi l; la madre con la figlia non si parlano pi.

E calata la piena dellOfanto ha portato la sabbia; tua madre si arrabbia che fai lamore con me.

756. Eia calat lOfat ha prtat la sabbia; mammata sarrabbia ca fai lamor cu mme.

757. R r fgliol r quinnciann so patrun740 r mamm e rattan; arrvat a li vindun so patrun li uagliun.
Delle ragazze di quindici anni sono padroni le mamma e i padri; arrivate ai ventuno anni sono padroni i ragazzi.

740

patrun = padroni, proprietari.

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Attient a tte
758. Vtucc741 r curtllucc742 chi staj ciuott, ciuott743; so li sold r panciuott744 chi lu fann a ra ngrass.
Vituccio di cortelluccio che sta grassottello; sono i soldi di panciotto che lo fanno ingrassare.

E il povero zio Francesco ha preso uno scannatoio; egli si vuole suicidare povero me come debbo fare.

759. E lu povr zi Cicc lha pgliat lu scannatur745; ighhj s vol accir746 sul ammara a mme, cum aggia fa.

A Canione di comare Cuccia che un porco e svergognato; gli devo tirare una schioppettata questi pochi giorni me li devo giocare.

760. A Canion r cummar Cuccia chi eia nu puorch747 e svrugnat;748 laggia tr na sckuppttata sti poch juorn maggia ra sciuqu749.

761. Vcienz r Tarallucc chi seia addnat r la malaparata;750 eia curs ra lavvucuat: tu ra nda sti mbicc751 meia ra tr.
vtucc = diminutivo di Vito, nome proprio di persona molto comune in tutto il Meridione. curtllucc = uno dei tantissimi soprannomi. 743 ciuott = grassoccio, cicciuto; termine propriamente irpino (DEI, voce ciotto). 744 panciuott = dalla pancia prominente. 745 scannatur = grosso coltello ad un taglio, usato nei mattatoi per tagliare la gola dellanimale dopo labbattimento e dissanguarlo. 746 accir = uccidere, infinito apocopato dal latino volgare aucidere per occidere, usato nella lirica meridionale e toscana del duecento (DEI, voce accidere). 747 puorch = porco, qui sta per persona di costumi sudici; dal latino porcus che ha sostituito sus. 748 svrugnat = svergognato, cio senza alcuna vergogna o timore. 749 sciuqu = giocare, molto usato nel significato di giocarsi la libert cio fare atti di tale gravit che causano larresto e perci la perdita della libert. 750 malaparata = pericolo.
742 741

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Vincenzo di taralluccio che se ne accorto della mala parata; corso dallavvocato tu mi devi tirare da questi impacci.

762. Zi Pepp r Bartalucc n piglia requia752 nu mmend; s rhav cacciat753 li rcumend754 a lAmerca vol scapp.
Zio Giuseppe di bartalucci non si ferma un momento; si fatti i documenti allAmerica vuole scappare.

763. E lu povr zi Luiggij shav puost la scolla a lutt; mo r bbaj rcenn a tutt, ca Tarallucc ladda ra scann.
E il poveri zio Luigi si messo la cravatta a lutto; ora lo va dicendo a tutti che Taralluccio lo deve scannare.

764. E lu povr zi Ggiuann cu nu baston mman; eia curs ndo la vammana755: sola tu m puoj ra it.
E il povero zio Giovanni con un bastone in mano; andato dalla levatrice soltanto tu mi puoi aiutare.

765. Zi Rminch756 r Vtlanza chi lha persa la spranza; a quigghj puorch senza custmanza na mala sort ladda ra ncapp; a quigghj puorch senza crianza
mbicc = impicci, da questi imbrogli mi devi tirare fuori. n piglia requie = non sta fermo, particolarissimo modo di dire nostrano, dal latino requies = riposo. 753 cacciat = si procurato, si fatto fare. 754 rcumend = documenti per lspatrio. 755 vammana = levatrice, pi popolare di mammana (Vovabolario napoletano-italiano di A. Salzano). 756 zi Rminch = zio Domenico; zi = zio, viene dato a tutte le persone di una certa et per riverenza e rispetto.
752 751

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Zio Domenico di Vitalanza che ha perduto la speranza; a quel maiale senza educazione uma mala sorte gli deve capitare; a quel maiale senza creanza soltanto i diavoli se lo devono prendere.

sul li riavl s lhanna pgli.

766. Tengh na rivoltella, carrcata a cingh colp; un p mammata, un p attanta e nat ttre a chi ng ten colpa.
Ho una rivoltella caricata a cinque colpi; uno per tua madre, uno per tuo padre e altri tre a chi ne ha colpa.

Mannaggia quando fu e chi me lo fece fare; (chi me lo doveva dire) se ci fosse la denuncia lo andrei a denunziare.

767. Mannaggia quann fu e chi m r fec fa; (e chi m ravia ric) si ng foss la rnuncia lu sciarra a rnunci757.

Sei andata alla pretura a fare la dichiarazione; hai detto davanti al giudice cacciatelo via questo ragazzo.

768. Si ggiuta a la Pretura a fa la dichiarazione; eia ritt nnand a lu ggiurrc cacciatnnill stu uaglion.

*** E mo che lo mi amore mha lassato/ dimane vaco ar sinnicu e lu cito/ lu faccio arichiam dar delegato recita un canto Umbro raccolto dal Chini pag. 195 n. 11. * I canti raccolti in questo capitolo, non sono una concessione alle esigenze del cos detto mercato culturale odierno, ma una trascrizione speriamo precisa il pi possibile di quella cultura dei nostri avi, generalmente contadina, che sebbene oppressa da un servaggio inumano, non rinunziava a canti il cui elemento caratterizzante quasi sempre una accentuata situazione erotica, a volte sguaiata, oppure una battuta piccante espressa in termini crudi con allusioni continue, ricche di eufemismi sessuali.

757

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Prcarij758
769. Lu ciel eia stllat ra sotta a quei raggi; ij n t spos si prima n tassagg.

Il cielo stellato da sotto a quei raggi; io non ti sposo se prima non ti assaggio.

Caro marito mio mi venuto un gran prurito; se non vieni questa settimana mi far cardare la lana

770. Caro mio marito mi venuto un gran perrito759; si n vien sta sttmana mi far cardar la lana760.

771. Lu marit mij eia nu lion r la fatiha n sabbotta761 maj; lu juorn ric semb mena, mena762 la nott n dic maj luam man763
Mio marito un leone di lavoro non si stanca mai; il giorno dice sempre andiamo avanti la notte non dice mai smettiamo.

772. Sera m rtraj a nott, a nott m faciett na lotta ngimma a lu lliett r la nnammrata. - Figl, figl fuss sciut sotta? - So ggiut ngimma e ngiagg uaragnat764.
Ieri sera mi ritirai a notte, a notte mi feci una lotta

prcarij = atto o discorso impiantato a lascivia o impudicizia (Voc. Devoto- Oli). perrito = prurito, dal latino prurire = prudere. 760 cardar la lana = modo di dire per indicare il rapporto sessuale. 761 abbotta = sazia, riempie, riferito a botte, dal latino buttis. 762 mena, mena = particolare modo di dire per invogliare, invitare o costringere una persona ad intensificare il lavoro che sta svolgendo. 763 luam man = letteralmente togliamo le mai dal lavoro, cio smettere di lavorare. 764 ngiacc uaragnat = ci ho tratto profitto, dal latino guadaniare.Anche nei canti di Genzano di Lucania di R. Scazzariello si trova a pag. 78 un identico fatto.
759

758

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sul letto della fidanzata. - Figlio, non sei mica andato sotto? - Sono andato sopra e ci ho guadagnato.

773. Ammara me765 che sorta766 e mala frtuna cu sta mascesa767 mia a mezza via; quann r nott eia nuvl e n ngeia la luna n tras luc e manch la cumbagna.
Povera me che sorte e mala fortuna con questo mio maggese a mezza via; quando di notte nuvolo e c la luna non entra luce e neanche la compagnia.

774. Jer sera marranzaj sotta a mamma la vriett la hagghina penta768; lu rciett mamma che eia questa? Eia la forca ndov sappenn769 attanta.
Ieri sera mi affacciai sotto alla mamma la vidi la gallina dipinta; le dissi mamma cosa questa? E la forca dove si impicca tuo padre.

775. Quatt r Morra e cingh rAndretta e la frmamm la cumpagna; la rancascia770 la tna Maria, e lu tzzliatur771 lu tengh ij.
Quattro di Morra e cinque di Andretta formammo una compagnia; la grancassa laveva Maria e il battente ce lho io.

776. Tu ra la fnestra e ij ra lu barcon; tu la tien e ij lu tengh,


ammara me = povera me, con senso di rimpianto. che sorta = che fortuna, sorte, probabilmente dal francese sorte. 767 mascesa = maggese: terreno agrario tenuto a riposo, o anche opportunamente lavorato, affinch riacquisti la sua fertilit; qui come sottinteso per il rimpianto della giovane donna rimasta sola chss per quale motivo e ansiosa di compagna. 768 penta = macchiata, chiazzata, forse dal latino pinctus = colorato; ma qui si riferisce chiaramente allorgano sessuale femminile. 769 sappenn = si impicca. 770 rancascia = grancassa, con evidente allusione sessuale. 771 tzzliatur = battente, cio anello o martello fissato alluscio delle case per picchiare (Voc. Devoto-Oli), con chiara allusione sessuale.
766 765

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Tu dalla finestra ed io dal balcone; tu ce lhai ed io ce lho e tutti e due una cosa nuona.

e tutt e dduj na cosa bbona.

Madonna e boi Madonna c un pozzo con due colonne; la ragazza che tira lacqua fa il cuore tic-tac.

777. Maronna e boi Maronna ngeia nu puzz cu ddoj culonn; la fgliola chi tira lacqua, fac lu cor tic-tac.

Patisce la fondana da parecchio che non piove; fruscia lacqua lontano e non arriva dove ci vuole.

778. Patisc la fndana hav tiemb chi n chiov; fruscia lacqua lundan e n nnarriva ndov ng vol.

Quando mi guadagnai a spaccare pietre; tantone me ne mangiai con una cieca.

779. Quand m uaragnaj a spacc pret; tand m r mangiaj cu na ccata.

Siamo andati a lavare al ponte di Cortino; dove ti sei strappata ci vuole una pezza di mussola.
772

780. Sim sciut a lav a lu pond r Curtin; ndo t si strazzata,772 ng vol la pezza r msllin.

strazzata = strappata, termine indigeno caratterizzato dalla presenza della doppia z. Anche qui con evidente allusione sessuale.

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781. E sim sciut a lu vosch hamm fatt nu fasc r spin; aviva uppl773 lu var774 p n fa ass li plcin.
Siamo andati al bosco abbiamo fatto un fascio di spine; dovevi otturare il varco per non fare uscire i pulcini.

Non mi toccare oltre perch ho una ferita; pensa che sono signorina e mi devo maritare.

782. N m tocc pi avanti ca tengh na frita; penza ca so zita e maggia mmart.

783. Sim sciut a lav a la vagghia r li Trav; e indo a lu vagghion cum s lammrava.
Siamo andati a lavare alla valle dei Travi; e nel burrone come se lammirava.

784. Angla Rosa e boi Rosa p msera n nneia cosa; quann sciam a lu casin tann facim che bblim.
Angelarosa e boi Rosa per questa sera non cosa; quando andremo al Casino allora faremo ci che vogliamo.

785. Tarsuccia ndov vaj a la rstoccia775 a spcul


uppl = ostruire, dal latino dotto oppilare. var = passaggio, sost. deverbale da varare. 775 rstoccia = stoppie, probabilmente da seccia (latino fenisicia), forse dovuto ad incontro antico con arista cio resta. *** E tu Trecchiesca addoci va?/ a lu festina ad abball./E ci sapeva ca scive sola/ ti venive accumpagn./E cumpagnia no ni voglie/ ca mi saccio ben guard da una recensione del prof. G.B.Bronzini su LARES XLVI n. 1 pag. 129.
774 773

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Teresina dove vai A spigolare nelle stoppie; - Se sapevo che eri sola ti venivo ad accompagnare. - Compagnia non ne voglio mi so ben guardare.

- Si sapa ca jer sola t vna accumpagn - Cumbagna n n vogl m sacc bben ruard.

La via della Croce una fontana che butta; faccia di luna piena non ti puoi maritare.

786. La via r la Croc lu piscl chi mena;776 faccia r luna chiena n t puoj mmart.

787. Quann m nzraj, povrommn la cundandezza mia p na smmana; largh m sca lu juppon777, li cauzun r prtava mman.
Quando mi sposai, povero uomo la contentezza mia per una settimana; largo mi anda il giubbone i pantaloni li portavo in mano

788. Cum la tengh bella e cara cum na cascia778 r rnar; cum la tengh bella e fina, cum na pezza r msllin.
Come la conservo bella e cara come una cassa di denaro; come la conservo bella e cara come una pezza di mussola.

789. Chi sadda vev lacqua r sta fond li rnar hanna ess r cundand;
776 777 778

mena = qui inteso nel senso di buttare, sgorgare. juppon = calzoni, ma anche mutande, piuttosto rozze. cascia = cassa, dal latino medioevale capsia.

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Chi deve bere lacqua di questa fonte i denari debbono essere contanti; i miei denari sono belli e pronti, per bermi lacqua della tua fonte

li rnar mij so bell e prond, p m vev lacqua della tua fond779.

790. Tu n t rcuord a lu pascon abbagghj; tu faciv la scmmenda e ij lu cavagghj780.


Tu non ti ricordi a lu pascone in gi; tu facevi la giumenta ed io il cavallo.

791. Bella fgliola chi t chiam e cchi d nat tand puozz cresc; vaj a lu mar e ngapp li pisc, indo a lu prat mij li vien a pasc.
Bella ragazza che ti chiami e pi di altrettanto possa crescere; vai al mare e prendi i pesci dentro il mio prato li vieni a pascere.

792. Bella fgliola cu ssu puzz nfut781 ra quanda tiemb tu n lhaj plzzat782 lacqua chi tras eia mbzzluta,783 chi vev n car malat.
Bella ragazza con codesto pozzo profondo da quanto tempo che non lo pulisci; lacqua che entra puzzolente

*** I riscontri pi aderenti li troviamo nel Bocchialini, a pag. 109 n. 279, dal quinto capoverso Ma chi vuol bere a questa chiara fonte/ deve pagare uno zecchin sonante./ Io poverino che non ho monete/ sono alla fonte e morir di sete; nel Tigri, pag. LXII, prefazione: E chi vuol berea questa bella fonte/ ci vuol moneta doro traboccante/ e chi vuol bere a questa fontanina/ ci vuol moneta doro fiorentina; ed infine nella IX Villanella di Pagognano a pag. 9: Chi se vo vevere lacqua re sta fonte/ da ten renare pront e contanti/ li renari mo songo lesti e pronti/ megi a vevere stacqua, mentre campo. Vedi anche il canto n. 797 della presente raccolta. 780 *** Pur nella loro rudezza priapea questi canti hanno precisi ed analoghi riscontri in culture diverse: infatti nel repertorio sinottico della raccolta Vigo (LARES XLIII n. 1 pag. 114 riga 24) troviamo: Ti narrigordi jumenta muredda/ iu fui lu primu ca ti carvaccai, come pure nei canti Umbri raccolti dal Chini a pag. 180 n. 2 Non tarimenti, cavalla stornella/ la prima vorda che te cavargai. 781 nfut = profondo, dal latino fund-us. 782 plzzat = pulito, dal latino polire. 783 mbzzlut = si fatta puzzolente, dal latino putidus = puzzolente. *** Per ca assai te puza la sentina/ la donna, quando vecchia et ruvinata recita uno strambotto del quattrocento riportato dal Bronzini su LARES XLVI n. 2 pag. 233 n. 119, terzultimo capoverso.

779

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chi beve si ammala.

Tu diventi pozzo io divento secchio; con una buona catenella sempre acqua devo tirare.

793. Tu rviend puzz ij rvend scchjtella; cu na brava catnella, semb acqua aggia tr.

Oi comare mia mettiti il negozio; una cosa ti do io sono i pesi e la stadera.

794. Uoj cummara mia mitttilla la pteja;784 na cosa t rach ij so li pis785 e la stateja786.

795. A la via r la Cascina ngeia nu scalon rutt787; la mamma vaj rcenn ca la figlia sap fa tutt.
Per la via della Cascina c una scalino rotto; la mamma va dicendo che la figlia sa fare tutto.

796. Lamor vlarra fa cu tich curquat a la nguglnura788 nda lu lliett; tn t vlarra semb cu mich na man a la crianza e nauta mbiett.
Lamore vorrei fare con te coricato nudo nel letto; tenere ti vorrei sempre con me una mano alla natura e unaltra al petto.

pteja = bottega, dal latino apotheca. pis = pesi, dal latino pe(n)sum (pendere =sospendere, pesare). 786 stateja = bilancia o bracci disuguali, anticamente ad un solo piatto, dal latino statera ***E troppo chiara lallusione sessuale. 787 scalon rutt = gradino rotto. 788 nguglnura = spogliato delle vesti, nudo; etimologia a noi sconosciuta.
785

784

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797. Quann abballava mammata abballava a la nguglnura: e la pettla r nand ra lu cul a la natura (la mnava vcin a lu cul).
Quando ballava tua madre ballava nuda; e la pettola davanti; dal sedere alla natura

798. Quann abballava mammata la pettla r nand; la mnava ra qua e ra gghi, e s vra la quegghiagghi.
Quando ballava tua madre la pettola davanti; la buttava di qua e di la e si vedeva la natura.

799. Quann abballava mammata abballava e auzava li tacch; e la pettla789 ra nand la mnava pacch, pacch790.
Quando ballava tua madre ballava ed alzava i tacchi; e la pettola davanti la buttava sulle natiche.

800. Attanta ra nnret la faca labbottacul;791 egghia lu mnava, lu pttlon a zmbarul792.


Tuo padre da dietro faceva il bottaculo; lei lo buttava il pettolone sul sedere.

801. Attanta la faca


pettla = falda della camicia. pacch = natica, forse dal longobardo pakka. 791 abbottacul = specie di ballo campestre, cos detto perch nelle evoluzioni del ballo i due partners spesso si toccano col sedere. 792 zmbarul = salterino, devrbale da zombare.
790 789

- 226 -

Tuo padre faceva a salza carbone; di sotto lo buttava il centrone al portone.

a sauza carvon793; ra sotta lu mnava lu cntron794 a lu prton.

802. Nu juorn sciett a raut ndo na vecchia, lu prim surch795 m spzz laratr; egghia m riss: ualan fttut pcch n r puort li stigl796 aggstat? E ij lu rciett: vecchia arrabbata cum la tien storta ssa vrsura797.
Un giorno andai a lavorare ad altri da una vecchia, il primo solco mi spezz laratro; lei mi disse: bovaro sfottuto perch non porti gli arnesi aggiustati? Ed io le dissi: vecchia arrabbiata come ce lhai storta codesta partita.

803. Riavl, riavl798 stanott che eia stu rmor ndo sta casa? - Citt marit mij ca n nneia niend, eia la hatta ncarnata a r ccas799. - Si avessa vn quacche ata nott Ij laggia r r ccas e la rcotta. (variante) figlia r puttana, culrotta t laggia r ij r cas e la rcotta.
Diavolo, Diavolo stanotte cos questo rumore nella casa? - Zitto marito mio perch non niente, la gatta che si incarnata al formaggio.

sauza-carvon = giuoco che i ragazzi fanno per le strade e che consiste nello spiccare un salto a pi pari e sorpassare uno o pi compagni che stanno piegati in fila indiana. 794 cndron = martello o anello fissato alla porta delle case per bussare. 795 surch = solco, dal latino sulcus, fenditura della terra lasciata dallaratro. 796 stigl = arnesi da lavoro, dal latino basso usitilium (DEI, voce stiglio). 797 vrsura = quel punto del campo dove il solco finisce e il bifolco torna indietro con laratro; oppure il volgere che fa laratro ripigliando un nuovo solco, il luogo dove si fa questo rivolgimento (DEI, voce versura). 798 riavl = diavolo, con esito della d iniziale in r. 799 cas = cacio, dal latino caseus.

793

- 227 -

- Se dovesse venire unaltra notte io le dar il formaggio con la ricotta. (variante) figlia di puttana, culo rotto te lo dar io il formaggio e la ricotta.

804. Riavl, Riavl stanott eia caruta mglierma ra lu lliett; eia sckaffata cu la cap ndo lu mzzett e seia rutt ghiarch r lu piett
Diavolo, Diavolo, questa notte caduta mia moglie dal letto; andata con la testa contro un recipiente di ferro e si rotto lo sterno.

805. Fgliola chi vaj a bungul800 n ng sc a lu mij faval801; si t ngappa lu uardian802 ogn bungul cingh fav.
Ragazza che vai a baccelli non ci andare al mio favale; se ti acchiappa il guardiano ogni baccello cinque fave.

806. Fgliola chi ciern803 farina, cu lu cul n cutl804; cu lu frusc r r menn la farina faj abbl.
Ragazza che stacci farina con il culo non dondolare; con il fruscio delle mammelle la farina fai volare.

807. Ma nuj t sim amic e nu cunzigl tamma r; su cazz r strmend leia fa pur fnzijn.
bungul = baccello delle fave, in dialetto propriamente la voce vungul con esito della v iniziale in b. faval = campo di fave. 802 uardian = sorvegliante, guardiano; forse dal gotico wardia. 803 ciern = stacci farina, dal latino cernere. 804 cutl = dondolare, etimologia a noi sconosciuta. *** Quanno cammini, lu pettu te valla/o Dio der cielo, come sete bella riporta il Chini nella sua raccolta di canti umbri a pag. 85 n. 8; mentre nei canti Velletrani troviamo :Quanno cammini, lo petto te bballa/ telo po mmagin quanto se bella pag. 114 n. 259.
801 800

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Ma noi che siamo amici e un consiglio ti dobbiamo dare; codesto cavolo di strumento lo devi pure far funzionare.

808. Nel tuo giardin ci sta na fondanella c lacqua fresca e bella per annaffiare i fiori; sotto la fontana ci sta un bel boschetto allegri, allegri, giovanotti. Te lo far veder, te lo far sentire io ti far morire dalla soddisfazione. 809. Chi sadda vev lacqua Marnella, Marn chi sadda vev lacqua r sta fond, ng voln li rnar. Marnella, Marn ng voln li rnar r cundand. E li rnar mij Marnella, Marn, so lest e prond sta ronna m la hor a ffin chi camb.805.
Chi si deve bere lacqua Marinella, Marin chi di deve bere lacqua di questa fonte, ci vogliono i denari. Marinella, marin ci vogliono i denari in contanti. E imiei denari Marinella, Marin sono lesti e pronti questa donna me la godo fino a che campo.

810. La farina fina t vogl fa. - Ohi mulnariell n parl r quess, tengh sei frat, tammazzerann. - Nun agg paura r sei e manch r sett, tengh na pistulella ben caricata, ben caricata cu pallin dor; la sckaff ncuorp a te, ohi uocchj neura mia la sckaff ncuorp a te, chi mor mor.
La farina fine ti voglia fare

805

Vedere nota al canto n.773 della presente raccolta.

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- oi mulinariello non parlare di questo ho sei fratelli, ti ammazzeranno. - Non ho paura di sei e neanche di sette, ho una pistolina ben caricata ben caricata con pallino doro; la metto nel tuo corpo, oi occhi neri mia la metto nel tuo corpo, e chi muore, muore.

811. Zia Nglina piett tonna, pigliat li curall chi ij t mmann; quiss n so curall, so fil ror t reia mett quann n sciam a sps.
Zia Angelina petto tondo prenditi i coralli che ti mando; questi non sono coralli, sono fili doro te li devi mettere quando andremo a sposarci.

812. Si giuta a li bagn li bagn a r Mftegghj; tand chi jer nfuquata t si mnata cu la unnegghia.
Sei andata ai bagni i bagni alle Mufitelle; tanto che eri infocata ti sei buttata con la gonnella.

Il mio fidanzato di prima era buono quanto mai; ma aveva un vizio non si stava fermo con le mano.

813. Lu zit mij r prima era buon quand maj; ma nu vizzij tna n s stia ferm cu r mman806.

814. Nu juorn sciett a caccia a la mndagna, trvaj na ronna chi spaccava legna; lu rciett si s vla fa ait a mbonn807, egghia m riss: non, m ver mamma.
Un giorno andai a caccia in montagna
Nora nun pozzo st, ssi nun te tocco/ me riquede quer vizio maledetto si legge nella nota n. 448 a pag. 184 dei Canti Velletrani. 807 mbonn = in genere, in dialetto ait a mbonn vuol dire aiutare una persona, generalmente una donna, a mettere un recipiente, o peso qualsiasi, sulla testa per trasportarlo.
806

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trovai una donna che spaccava legna; le diddi se voleva farsi aiutare a metter in testa lei mi disse: no, mi vede mia madre.

815. Lu mes rAust, r femmn senza vest e senza bust; m piacn a guard e tarmend, pa, pa, pa, tutt eia fatt e s n vann.
Il mese di agosto, le donne senza vestito e senza busto; mi piacciono guardare pa, pa, pa, tutto fatto e se ne vanno.

816. Mannaggia qua, mannaggia gghia mannaggia li visck r pap, nu fiocch ndo li capill, lu sciallett ngimma r spagghj; m par na zucculella, uagli che uard a fa: a mossa a sagg fa.
Mannaggia qua, mannaggia la mannaggia i capricci di pap, un fiocco nei capelli lo sciallato sulle spalle; sembri una zucculella, ragazzo cosa guardi a fare: la mossa la so fare

817. Quinnc carrin maccattaj na hatta ca m chrra ca m prtava ngroppa;808 sciett p lu mett lu per a la staffa, e m la fec pgli na hrossa botta (m fec car ndunna la botta). N bogl spenn carrin a gatta m n vogl sc a femmn la nott. Pcch r femmn so cum a r gatt s frecan la carna crura e no la cotta.
Quindici carlini mi comprai una gatta perch mi credvo che portava in groppa; andai per mettere il piede alla staffa, e me la fece prendere una grande botta (mi fece cadere di botto). Non voglio spendere carlini per gatte si rubano la carne cruda e non la cotta.

808

ngroppa = sul dorso, dal germanico kruppa.

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818. Trirituppit e mo m n vengh e sul sera m naddnaj e la hatta r zi accpreut809 hattsciava810 la hatta mia. E ha fatt tre mscill811 ianch, russ e pccrill; cu lu cul iatava812 r fuoch cu la cora scupava la casa Tiru lliri lliri llera ndov tien la tabacchera. Mhav ritt la cajnata la tabacchera eia stzzata (ritornello)
Tirituppito ed ora me ne vengo e soltanto ieri sera me ne accorsi e la gatta di zio arciprete amoreggiava con la mia gatta. Ha fatto tre micetti bianco, rosso e piccolini; con il sedere soffiava sul fuoco con la coda spazzava la casa Turi lliri lleri llera dove tieni la tabacchera. Mi ha detto la cognata la tabacchera stozzata. (ritornello)

819. Uei cummar Rosa p msera n eia cosa; t laggia fa zmb a lu vllurd r la gazzosa; oi cummar Rosa, p mme ij tengh queggh t laggia fa zmb a lu vllurd r la mandegghia.
Uei comare Rosa Per stasera non cosa; te lo devo fare saltare Oi comare Rosa Per me io ce lho Te lo devo far saltare della mantella.

809 810 811 812

accpreut = sta per arciprete. hattsciava = corteggiava, faceva le fusa. mscill = gattini, dal latino musio (mussio) = gatto. iatava = soffiava.

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820. E ind a lu cannit mo cum fruscian r cann mo avarra parl lu mliggh a San Giuann; la nev a r mndagn chian chian s navvcina quann voless quann, roj cap a nu cuscin.
E dentro il canneto ora come frusciano le canne ora dovrebbe parlare il melo a san Giovanni; la neve alle montagne piano piano si avvicina quando volesse quando, due teste a un cuscino.

821. Vlarra rvnd nu srcill p fa nu prtusill a la unnella; tand scavarra cu lu mssill fin a chi trvarra la mscatella.
Vorrei diventare un sorcino per fare un buco alla gonnella; tanto scaverebbe con il musetto fino a che trover la moscatella.

Nella Cascina c una macchinetta; si rotta la molletta e non si pu cucire pi.

822. Ind a la Cascina ngeia na machinetta; seia rotta la molletta e n s pot cos cchi.

823. Nu vndariell r primavera la vesta mov e la crniera; tu cu la man t laccustav chian chian ssuocch abbasciav.
Un venticello di primavera muove la veste e la cerniera; tu con la mano ti accostavi piano, piano codesti occhi abbassavi.

824. Quigghj povr babbalion e chi s crer nu marpion813; igghj seia ncarnat a r quas lu jess e tras lu vol fa.
E quel povero babbasone
813

marpion = furbacchione.

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e che si crede un furbo; si ingolosito al formaggio e vuole fare lu tras e ess.

825. Nglcchion chi eia nu marchian tott r corn vol scund; ma la mglier nott e ghiuorn r fuoch a lu furn fac appcci.
Angelicchioche uno stravagante vuole scontare tutte le corna; ma la moglie notte e giorno fa accendere il fuoco al forno.

826. Egghia chi ha fatt la mancanza n s n fott r la crianza; lu marit rhav semb saput cu ssi curnut seia vlut accucchi.814
Lei che ha fatto la mancanza se ne infischia della buona creanza; il marito lo ha sempre saputo con questi cornuti si voluto mettere.

827. Igghj marracquava matin e sera e lacqua laddca815 a sta fndanegghia; p mme n ngera viern ma primavera cum ndnava tann sta campanegghia.
Lui mi bagnava mattina e sera e lacqua la portava a questa fontanella; per me non cera inverno ma primavera come intonava allora questa campanella.

828. Tna sirrciann e bella tand para na rosa nata a lu giardin; vla accuss ben a quigghj amand lu tna semb chin lu catin.
Avevo sedici anni ed ero tanto bella sembrava una rosa nata nel giardino; volrvo cos bene a quellamante avevo sempre il catino pieno.

814 815

accucchi = accoppiare, dal latino ad-cupolare. addcia = portava, dal latino adducere.

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829. Ngeia na fndana nda sta foresta chi semb mena e mai sarresta; lacqua cu tich vogl vev e totta quanda laggia rcev.
C una fontana in questa foresta che butta sempre e mai si ferma; io voglio bere lacqua con te e tutta la devo ricevere.

830. Curquata a la nguglnura nda lu lliett cundenda e pnsrosa r ss bbllezz: cu tott e ddoj r mman tattand mbiett la crianza t lammir e r fattezz.
Coricata nuda nel letto contenta e pensierosa di codeste bellezze; con ambo le mani ti toccgi il petto la natura ti ammiri e le fattezze.

831. La mglier r bbuon campes chi lhav posta la papara a bbenn; egghia la venn p nu trnes manch r penn s fac pah.
La moglie del buon campese che ha pesso in vendita la papara; la vende per un tornese neanche le penne si fa pagare.

832. E la mglier chi eia na cagnola la ten parata la tagliola; egghia fac r pan a bbenn tott r penn shav fatt scpp.
E la moglie che una poco di buono tiene preparata la tagliola; lei fa il pane a vendere tutte le penne si fatta scippare.

833. Pariv na rosa r giardin mo r fliscn816 a lu camin; tarracquava cu lu catin mo manca lacqua a lu fndanin.
Sembravi una rosa di giardino ora le fuliggini al camino;

816

fliscn = fuliggini, dal latino fuligo-inis.

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io ti annaffiavo col catino ora manca lacqua al montanino.

834. Mamma, mamma che dic stu ggvnott s vol curqu cu mich a p na nott; m vol prt for a la pagliera lamor vol fa a p na sera.
Mamma, mamma cosa dice questo giovanotto si vuole coricare con me per una sola notte; mi vuol portare fuori alla pagliera lamore vuole fare per una sera.

835. Figlia mia fatt pah ncundand si sadda vev lacqua r ssa fond; quann nu juorn vliss cangi partit chi puort la fond toja ben guarnita.
Figlia mia fatti pagare in contanti se si deve bere lacqua di codesta fonte; quando un giorno volessi cambiare partito che porti la fonte tua ben guarnita.

836. Sera sciett e lu marit ngera m labbsckaj817 na mala nttata; si n nera sllect cu lu per m rabbsckava a li rin na hrattata818.
Ieri sera andai e cera il marito me la buscai una mala nottata; se non ero sollecito con il piede mi sarei preso una grattata al groppone.

837. Ngappaj819 nu scampl e n m raspttava aviett na paura quann scappava; accarraj820 cu lu per la chianghegghia821 e arrvaj mbiett a la tnegghia.822
Capitai un incidente e non me lo aspettavo ebbi una paura mentre scappavo; trascinai con il piede uno sgabello e finii contro la tinozza.

817 818 819 820 821 822

abbsckaj = procacciarsi, oppure prendere botte, nellitaliano si ha buscare. hratt li rin = in dialetto vuol dire picchiare, dare una lezione di botte. ngappaj = afferrare, ma qui nel significato mi capitato. accarraj = mettere sotto il carro, inciampai. chianghegghia = piccolo sedile a tre piedi, di legno e fatti quasi sempre in famiglia. tnegghia = tinozza.

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838. Snda lu lliett chi faca naca e rmor r vrscigl823 nda la naca; lu cor chi m faca tich tach ra for m nassiett uatt uatt.
Sentivo il letto che dondolava e rumore di chi rovista nella culla; il cuore mi faceva tich tach me ne uscii fuori piano piano.

839. E ddca lu marit a la mglier pcch tanda rmor a p nda sta casa; meia pars ca la porta hv fatt strizzch824 lu viend fors lhav fatt lu pizzch.
E diceva il marito alla moglie perch tanto rumore in questa casa; mi sembrato che la porta ha cigolato forse il vento ha provocato il cigolio.

840. E citt marit mij, ca n neia niend lu uatton chi seia ncarnat a r quas; e si avessa ra vn nata nott quiss caccia r quas cu la rcotta.825
E zitto marito mio, che non niente il gattone ha cercato di prendere il formaggio; e se dovesse venire unaltra volta il gatto pagher il formaggio con la ricotta.

841. Ngeia nu povr scaplon ten paura r saccas; nda la casa so quatt puttan lu cntron s lu fann mn.
C un povero scapolo ha paura di accasarsi; in casa sono quattro puttane il centrone si fanno battere.

842. Igghj chi eia nu ciaciaccon


vrscigl = latto di rovistare. strizzch = cigolo. 825 *** il racconto narrato nelle cinque ultime quartine lo ritroviamo, leggermente sintetizzato, nei Canti popolari di Piano di Sorrento a pag. 82/83 n. CXXXIX.
824 823

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Lui che un giocherellone si vuole cavare la pietruzza; ha messo la freccia allarco e alle pi belle la vuole tirare.

e s la vol lu la vreccia;826 lhav posta a larch la freccia a r cchi bbon la vol tr.

843. Fac lu bacocch a la Cascina ma mamma e sor fann ndress; s lhann cacciat lu prmess la carabina la fann spar.
Fa il bellimbusto alla Cascina ma la madre e le sorelle fanno il mestiere; ci sono procurate il permesso la carabina la fanno sparare.

844. La nonna chi faca r forn lav chiamat a lu cuspett; hruoss e grann eia lu rfett tott r corn n puoj scund.
La nonna che faceva il mestiere lo ha chiamato al suo cospetto; grosso e grande il difetto tutte le corna non puoi scontare te.

845. Rngrazziam la Maronna chi lhav criata la minigonna; tutt luommn vann pacc quann vern la spaccazza.
Ringraziamo la Madonna che ha creato la minigonna; tutti gli uomini ne vanno pazzi quando vedono la spaccazza.

La madre spensierata
826

846. La mamma spnzarata ric ca la figlia s sap uard; lu cardill s neia assaquat e p la cora lu vol ngapp.

vreccia = piccolissimi pezzi di ghiaia che facilmente si introducono nelle scarpe con notevole fastidio del piede; nel dialetto dire che uno s vol lu la vreccia significa che ha intenzione di vendicarsi di un torto subito.

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dice che la figlia si sa guardare; il cardellino volato via e per la coda lo vuole prendere.

847. Mamma e bboi mamma m vogl mmart; lu vogl nu lacc luongh cum quigghj chi ten pap.
Mamma, cara mamma mi voglio maritare; lo voglio un laccio come quello che ha pap.

848. A la Croc r Plcin827 ngeia na ronna chi porta nzella828; lhann posta la sndnella mo cchi vcin n pot st.
A la Croc r Plcin c una donna che porta in sella; lhanno messa la sentinella ora non pu stare pi vicino.

849. Vcin a lu furn r Toglia829 ngeia na ronna cu na patacca; nott e ghiuorn la carna nzacca senza nnoglia830 n pot st.
Vicino al forno di Toglia c una donna con un grosso attributo; notte e giorno la carne inzacca senza la salsiccia non pu stare

850. Vcin a lu furn r Toglia ngeia nu piscl e quand mena; seia spzzata ssa catena e n la puoj cchi nzan.
Vicino al forno di Toglia c una fontana con acque abbondanti; si spezzata questa catena e non la pruoi pi rinsaldare.

827 828 829 830

E il nome di una nota localit del paese nei pressi del negozio di Tommaso Piumelli. Si tratta di una donna che praticava il mestiere pi antico del mondo : la prostituta. Uno dei forni pi antichi del paese, si trova nelle prossimit di Piazza dei Disoccupati. nnoglia = insaccato di carne di maiale (in oleum) dal latino involia.

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851. Hai fatt la votafaccia e m mmann a dic no; quann ndo lu vagghion paccia ier r me.
Hai fatto il voltafaccia e mi hai mandato a dire no; mentre quando eravamo nel vallone pazza eri di me.

852. Si pacciaregghia assaj e cuntroll n n tien; quann a cu mich vien li uaj m faj pass.
Sei molto pazzerella e controllo non ne hai; quando vieni con me i guai mi fai passare.

853. E tengh nu rcanett e eia a quatt bbass; la cossa eia zoppa ma lu cic831 ng fac frahass
Ho un organetto ed a uqttro bassi; la gamba zoppa ma lu cic fa molto strepito..

854. E prima che jerm amic e mo chi sim nmic; si la pac hamma fa lu cic taggia fa prv.832
Mentre prima eravamo amici ora siamo nemici; se dobbiamo fare la pace te lo devo fare assaggiare

855. Maronna e boi Maronna ngeia nu puzz cu ddoj culonn; lu marit tira lacqua e la mglier fac tricch e tracch833.
831 832

cic = uno dei tanti modi di esprimere lorgano sessuale maschile. Era la prova damore richiesta dai giovanotti.

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Madonna e boi Madonna c un pozzo con due colonne; il marito tira lacqua e la moglie fa tricch e tracch.

856. Na fgliola ndo na pagliera senza scuorn n brogna; fac bben a chi abbsogna r snaglier fac frsci.
Una ragazza nel deposito della paglia senza vergogna n pudore; fa bene a chi ne ha bisogno le sonagliere mette in azione

857. Fgliola e boi fgliola cu mich appiccia ssa varola834; e cu pap parola n fa non non ca n r dich si n vuoj a lu mij pap
Ragazza e voi ragazza con me accendi codesta padella e con tuo padre non fare parola no, no, che non lo dico se non vuoi al mio pap

Si vuole evidenziare che la moglie non troppo fedele. varola: la padella bucherrellata per cuocere le castagne, ma qui sta a significare lorgano sessuale femminile.
834

833

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Mbrmmsator835
NellAia di Berrilli, durante la psatura, passa a cavallo del suo asino BACCALAJ, che era un ottimo improvvisatore, e prende di mira uno dei presenti: 858. La pistola chi spara e chi ngrilla quanda fessa attuorn a Bbrrill quann la pistola hav sparat lu cchi fessa eia lu Scpat

La pistola che spara e che si inceppa quanti fessa intorno a berrilli; quando la pistola ha sparato il pi fessa lo Scipato.

- Vedi come si ridotta la mia sfortuna mi sono messo con un poveraccio; tre cose storte ha fatto Cristo: richhezza, povert e vanit - Tu che sei venuto dallAbruzzo Contami quante gocce dacqua ci sono in questo pozzo.
835

859. Vir cum seia ridotta la mia sfrtuna m so puost cu nu stranguglion; tre cos tort ha fatt Crist: rcchezz, pvrt e pampanara836. - Tu chi si bnut ra labruzz condam quanda stizz837 racqua ng so ndo stu puzz. - Tu a lu cor mij meia fatt nu nuzz838 Quand r culonn r quigghj palazz. Ammiend chi ij t cond r stizz racqua ndo lu puzz, sorata m conda quanda pil tengh mbaccia a lu mstazz839.

mbrmmsator = letteralmente designa colui che declama brindisi improvvisando; era una caratteristica figura che si esibiva sulle piazze in vere e proprie gare di improvvisazione in versi su predeterminati augomenti. uasi sempre persone analfabete, per quei tristi tempi, erano capaci di improvvisare per ore intere in gare senza fine. Uno dei pi bravi a Calitri, verso la fine dell800, fu un certo soprannominato Baccal. Ci preme far conoscere che in questo mondo fantastico, quasi irreale, ci introdusse a suo tempo il carissimo amico e compagno di scuola Giuseppe Cialeo deceduto nel fiore degli anni. 836 pampanaria = molta apparenza ma poca sostanza, come la vite con molti pampani (foglie della vite) e poca uva. 837 stizza = goccia, forse dal latino stilla. 838 nuzz = nocciolo, ovvero la parte interna dura e legnosa di alcuni frutti, forse dal latino nucleus. 839 mstazz = baffi, dal latino tardo mustacia (DEI, voce mostaccio). Luso turco dei mostacci venne di moda in italia nel XVI secolo.

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- Tu al mio cuore mi hai fatto un nodo Quanto le colonne di quel palazzo. Mentre che io ti conto Le gocce di acqua nel pozzo, tua sorella mi conta quanti peli ho al mostaccio.

860. Bbrutt Baccalaj mal spnzat840 mhaj fatt perd ndunn841 lapptit; lu viernr e lu sapat s mangiat (sul lu viernr s prfrit) ma v che bbrutt nom vuj tnit.
O brutto Baccal (soprannome) male bagnato mi hai fatto perdere del tutto lappetito; vieni mangiato il venerd e il sabato (solo il venerd sei il preferito) ma guarda che brutto nome che avete.

861. Bbrutt Baccalaj mal spnzat vir che bbrutt nom vuj tnit; lu sapat e la rmenca sit mangiat e lu lunnr t scettan a ftndun842.
O brutto Baccal male bagnato vedete che brutto nome che avete; il sabato e la domenica venite mangiato e il luned ti buttano nella cloaca.

862. Baccalaj che mhaj prtat? - Vungul, fav novell, fnucchj e rros e pur nu panariell r cras. Ronna Rsina mha prmis na cosa, ammara a mme chi n n tengh a casa. Si vol ronna Rsina m raj lu prsutt cu tutt lu ngin.
Baccal cosa mi hai portato? - Baccelli, fave novelle, finocchi e rose Ed anche un piccolo paniere di ciliegie. Donna Rosina mi ha promesso una cosa Povero me che non ne ho in casa. Se vuole donna Rosina Mi da il prosciutto compreso luncino.

840 841 842

spnzat = messo a bagno nellacqua. ndunn = del tutto. scettan a ftndun = gettano nelle latrine.

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863. Bbrutt paparal va t corca ca assmmiegl a lu bbrutt r March; haj cammnat lu vosch r Zampaglion e Castglion Vecchj e n si stat capac r trv na parecchia.
Brutto papero vattene a letto perch assomigli al brutto di March; hai camminato il bosco di Zampaglione e Castiglione Vecchio e non sei stato capace di trovare un apricchio.

864. Li Pppun so vindquatt s lhann fatta na prvista r pagliett; si vo sap chi eia lu cchi scuntrafatt: eia Pppin r Prtnegghia, quigghj chi ten lu nas cum Maomett.
Li Puppuni sono ventiquattro si sono fatto una provvista di pagliette; se vuoi sapere chi il pi brutto Peppino di Portinello, quello che ha il naso come Maometto.

865. Chi n ber lu Srpend r lu malomm lu nmich r li crstian; n ponn fa na frasca ndo lu vosch r Castglion; la matina vaj e r sncer r fac annvl.
Chi non vede il serpente del maluomo il nemico dei cristiani; non possono fare una frasca nel bosco di castiglione la mattina va e il sincero lo fa annuvolare.

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Lu pastor e lu campes
866. Quann lu pastor vaj a la chiazza843 cum a nu frastier s mett a nu pizz;844 mett lu przon845 mbonda846 a la mazza 847: facitl pass, ca puzza racizz848.

Quando il pastore va in piazza come un forestiero si mette in un angolo; mette il corpetto sulla mazza fatelo passare, perch puzza di rancido.

867. Una, roj e tre canda la bella lu sicchj, la pastora, la frnella, la mandra, la crina r li vtiegghj.
Una, due e tre canta la bella il secchio, la corda , la fornacella la mandria, la crina dei vitelli.

Quando il pastore si vide ricco aveva cinque grana nella sacca; and alla pianura e si compr la trippa, and a casa e non trov i piatti.

868. Quann lu pastor s vedd ricch, tna cingh hran849 nda la sacca; sc a la chianga850 e saccatt la trippa, sc a la casa e n trv li piatt.

Il pastore quando sciagurato, non sa mangiare nel piatto di creta;


843

869. Lu pastor quand eia sciaurat, n sap mangi ndo lu piatt r creta; mangia ndo la scutegghia851 mala cavata, e lu muss s lannetta852 vcin a la reta.

chiazza = piazza, locclusione labiale della p stata sostituita da un occlusione velare k (Rohlfs 186). pizz = cantone, da una serie onomatopeica p..zz, che si associa a punto. (Devoto, AEI, voce pizzo). 845 przon = era un cappotto ricavato dalla pelle di pecora, senza maniche e con il vello. 846 mbonda = in punta, in cima alla mazza. 847 mazza = linseparabile bastone del pastore. 848 acizz = acidit, il puzzo del latte acido. 849 hran = grano, moneta napoletana e siciliana. Era la decima parte del carlinoe, essendo loncia pari a 60 carlini, la seicentesima parte delloncia. Sidivideva a sua volta in 12 parti chiamate denari in Sicilia e cavalli a Napoli. Il grano fu coniato per la prima volta sotto Ferdinando I dAragona (1458-1494), e dur, battuto in argento e in seguito in rame, fino alla fine del regno delle Due Sicilie (GDE, voce grano). 850 chianga = macelleria, dal latino planca. 851 scutegghia = scodella, ciotola, ricavata a mano da un legno, dal latino tardo scutella. 852 annetta = pulisce, dal latino necto - nexus - nectare = pulire.
844

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mangia nella scodella cavata male e si pulisce il muso vicino alla rete.

870. Ti, ti, tirul ciend pecur e nu tar;853 si cchi nfunn ij m fccava, ij cchi pecur trvava.
Ti, ti, tirul cento pecore e un tar; se pi in fondo io entravo pi pecore avrei trovato.

871. Quann lu pastor vaj n Puglia la mamma s lu crer fa ntar; la cora r la pecora eia la penna, e la scchjtella eia lu calamar854.
Quando il pastore va in Puglia la mamma se lo crede fatto notaio; la coda della pecora la penna e il secchietto il calamaio.

872. Quann lu pastor vaj n chiesia cum a nu sand s mett arrpat; mo s vota vcin a lautar che bella preta p psa r sal; e mo s vota vcin a r fgliol che bella rocchia r pecur spagnol; mo s vota vcin a li uagliun che bella rocchia r zemmar855 e mndun; e mo s vota vcin a r pccrell che bella rocchia rain856 e ciavarell857; e mo s vota vcin a r mmartat che bella rocchia r pecur scrlat858;
tar = tar o tareno, moneta doro coniata in Sicilia nel 913 dai califfi Fatimidi e del valore di un quarto di dinar arabo. La moneta poi fi imitata dai Longobardi, Normanni, Svevi in Palermo, Messina, Amalfi, Salerno e Brindisi con alterazioni delle scritte arabe, talvolta parzialmente sostituite da lettere latine. Con gli aragonesi (Pietro III, 1282-85) venne creato il tar dargento che fu in seguito coniato in Sicilia fino a Ferdinando IV di Borbone (1759-1825) (GDE, voce tar). *** Tratto dal libro del dott. Rocco Polestra- Calitri 1897-1910 pag. 117. 854 *** Con la sola variante di Maremma al posto di Puglia, questo canto si trova anche fra i pastori laziali (Vedi Canti e Ballate Popolari, Newton Compton 1976 pag. 114).- Vedi anche Cera una Volta di Paola Tabet- ed. Guaraldi1978 pag. 179 Nel Canti Popolari Toscani del Giannini a pag. 55. 855 zemmar = capro, dal greco. 856 ain = agnelli, dal latino agnus. 857 ciavarell = capretti giovani di tre mesi, dal francese antico chevrel.
853

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Quando il pastore va in chiesa come un santo si mette arrivato; ora si volta verso laltare: che bella preta per pestare il sale; ed ora si volta verso le ragazze: che bel gruppo di pecore spagnole; ora si volta verso i ragazzi: che bel gruppo di zemmari e montoni; ed ora si volta verso le ragazzine: che bel gruppo di agnelli e ciavarelle; ed ora si volta verso le maritate: che bel gruppo di pecore scialate; ed ora si volta verso la sagrestia: che bella mungitura ci verrebbe.

e mo s vota vcin a la sahrsta che bella mngtura ng vnarra.

873. Mo saccummenza la sozza r r cingaregghj859: la figlia r lu massr eia la cchi bella, Stillante, Cummartina, Iancarella, Margarita, Giardinella, Carusella, Bellavita, Angiolina, Finistrella, Avalia, Zarafina, Tummasella, Ostranda, Fuggiana, Signurella, Viola, Vincenza, Urfanella, Castagnola, Bellarama, Pazzirella, Aucellina, Funa, Caitanella, Maranghina, Pettura, Cinzinella. Quest eia lutma sozza r r cingargghj, la figlia r lu patron eia la cchi bella.
Ora comincia la conta delle vacche: la figlia del massaro la pi bella, Stillante, Cummartina, Bancarella, Margarita, Giardinella, Carusella, Bellavista, Angiolina, Finestrella, Avalia, Zarafina, Tummasella, Ostranda, Fuggiana, Signurella, Viola, Vincenza, Orfanella, Castagnola, Bellarama, Pazzerella, Aucellina, Fuina, Caitanella, Maranghina, Pettura, Cinzinella. Questa lultima conta delle vacche la figlia del padrone la pi bella.

pecur scrlat = una razza di pecora che d ottima lana. Vedere un saggio di G.B.Bronzini per gli Studi in memoria di U.Caldora (LARES 1979 n. 2 pag. 159/179) e LARES 1984 n. 4 pag. 589 nonch Il Dibattito sul Folklore in Italia di Clemente, Meoni e Squillacciotti - Ed. di Cultura Popolare - Treviglio 1976 pag. 388. 859 la sozza r r cingaregghj = la conta degli animali.

858

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874. Maritma eia a la Puglia e n m scriv vatrova860 che mancanza lagg fatt; nha lassat tre e mo sim a quatt: citt marit mij ca n nneia niend, ca r mannam a Napl a fa striend861.
Moi marito in Puglia e non mi scrive chi sa quale mancanza gli ho fatto; ne ha lasciati tre ed ora siamo quattro (figli): zitto marito moi perch non niente, perch li mandiamo a Napoli a studiare.

875. Va marit mij va t corca ca ragg post r lnzol janch. - N r pozz fa mglier mia, ca r pecur so rmast sol. Ma uarda quand eia fessa lu pastor ca penza cchi a r pecur ca a lamor862.
- Vai marito mio vai a letto Perch ho messo le lenzuola bianche. - Non lo posso fare moglie mia Perch le pecore sono rimaste sole. Ma guarda quanto fesso il pastore Che pensa pi alle pecore che allamore.

876. Oi marit mij vattin for; ca r pecur n ponn st senza lu pastor.


Oi marito mio vattene in campagna; perch le pecore non possono stare senza il pastore.

877. La mglier r lu pastor chi la ten accuss bbona; lu patron chi s naddona lamor cu egghia vol fa.
La moglie del pastore che ce lha cos buona;

vatrova = chiss; composto da va e trova in senso dubitativo. striend = studenti. 862 Troviamo questo canto con le stesse identiche parole a Castel del Monte in Abruzzo, come riportato in Santi, Streghe e Diavoli a pag. 100 e ancora in LARES XLV, 1979 n.2 pag. 175 e nel Dibattito sul Folklore in Italia pag. 388.
861

860

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il padrone che se ne accorge lamore con lei vuole fare.

878. Quann vaj a la fndana fac nfinda ca ten scuorn; igghj cchi la raj attuorn la cambana la vol ndn.863
Quando va alla fontana fa finta che ha vergogna; lui pi la circuisce la campana la vuole intonare.

879. La mett ngroppa a lu stallon manch lu viend cchi lu ncappa; a lu quason864 s n scappa lu carrcchion fac fcc.
La mette a cavallo di uno stallone neanche il vento pi li raggiunge; al casone se ne scappa il carricchione fa funzionare.

880. Poch lundan nu lamiend eia la voc r lu pastor; cu la patrona fac lamor li uarnmiend865 fac frsci.
Poco distante un lamento la voce del pastore; con la padrona fa lamore gli attrezzi fa funzionare.

881. Si figlia r cambes e n lu sai fa lamor; e li vuov nnand a tti chi t lu crepan lu cor.
Sei figlia di campese e non sai fare lamore; e i buoi davanti a te ti crepano il cuore.

la cambana la vol ndn = chiara ed evidente lallusione sessuale. quason = casone, grosso fabbricato in campagna. 865 uarnmiend = indica in genere gli attrezzi di un qualsiasi mestiere, ed indica pure tutto ci che serve per bardare una bestia da soma; forse dal longobardo warnian.
864

863

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882. Cum eia bell fa lamor cu na figlia r campes; na parola chi lu ric s n ven sola, sola.
Come bello a fare lamore con una figlia di campese; una parola che le dici se ne viene sola, sola.

883. Si figlia r cambes r scarp chien r stier; p addm866 na pagliera ng vol na sckatla r lumier867.
Sei figlia di campese le scarpe piene di letame; per accendere una pagliera ci vuole una scatola di fiammiferi.

La via dei Chiani una strada in pianura; me la volevano dare una figlia di bovaro.

884. La via r li Chian eia na via nghiana; m la vlienn r na figlia r ualan.

Figlia di pastore non la sai parare la rete; te lho detto davanti ed ora te lo dico alle spalle.

885. Figlia r pastor n la saj par la ret; t ragg ritt ra nand e mo t r ddich ra nnret.

886. Quand m piac laria r r Serr; la fndana r Savanella ndo ng staj lamand bella.868
866 867 868

addm = accendere, incendiare, dal latino volgare adluminare (DEI, voce allumare). lumier = fiammiferi, forse dal fracese allumette. *** Quando me piace laria de Genzano leggiamo in un canto Velletrano pag. 173 n. 411.

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Quanto mi piace laria delle Serre; la fontana di Savanella dove ci sta lamante bella.

887. Quand eia bell a fa lamor cu na figlia r cambes; cu nu segn chi lu faj s n ven tesa, tesa.
Quando bello a fare lamore con una figlia di campese; con un segno che le fai se ne viene tesa, tesa.

888. Eia arrvat Aust tutt r ronn a spcul; la bella mia lha cotta869 lu sol e n nnhav cor870 r s rtr.871
E arrivato agosto tutte le donne a spigolare; la bella mia stata scottata dal sole e non ha il coraggio di ritirarsi.

889. Lu povr Punchall sul, sul a rabball; mo scenn lu patron ra ndo la cammara soja: pgliatv na fenmmna prun872 e mttitv a rabball. Culuccia r mast Tonn prattca n nnera, cum nu sorg ndo la pagliera s poss a zfli. Cajtana Tasc cu na scarpetta fina, e cu la man a lu uandsin ggira e intorno v. Sciuanna r mast Tonn era na femmna avanzata, li uagliun ra cimma a la meta
869 870 871 872

cotta = scottata dal sole, dal latino tardo da (ex) coctus di (ex)coquere (DEI, voce scottare). e n nnhav cor = si vergogna; particolare modo di dire paesano. r s rtr = di ritornare in paese dalla campagna. prun = per uno, ciascuno.

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Il povero Pungigallo solo, solo, a ballare; ora scende il padrone dalla sua camera; prendetevi una donna ciascuno e mettetevi a ballare. Cosuccia di maestro Antonio non era pratica; come un topo nella pagliera si mise a zifiliare. Gaetana di Tasc con una scarpetta fine; e con le mani al grembiule gira e intorno va. Giovanna di maestro Antonio era una donna avanzata, i ragazzi da sopra ai covoni li volle andare a tirare. Quando fu la sera seguente ritorna ad andare ancora; i ragazzi sopra il covone la fecero andare a letto.

r vvoz sc a tr. Quann fu la sera appriess torna agg arret, li uagliun ra cimma a la meta la fecn sc a curqu.

890. Pastor ngamba chi vaj ndo lAbruzz nda nu pndon apposta la mgliera la streng mbietta e cu cor sincer; amanda mia tu n macchi stupuzz tagg vlut bben e t n vogl e nu prdon e scusa chi ng vach. Nata vota Nenna t lu rach stu uarrafon cchi n t mbroglia. fgli n sspr ca so prond a mett lu vattagl a la cambana. Quann la luna s specchia nfndana e cu lu hregg part e nnauz frond. Mglier mia prparat a ssa prova u lliett u spalanca e r lnzol si maccundiend amor t cunzol ca tiemb adda pass
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Pastore in gamba che vai in Abruzzo, in un angolo aspetta la moglie la stringe al petto e con cuore sincero ti ho voluto bene e te ne voglio ti chiedo perdono e scusa se vado via. Unaltra volta, Nenna, te lo do questa caraffa pi non ti imbroglia ragazza non sospirare che io sono pronto a mettere il battaglio alla campana. Quando la luna si specchia nella fontana e parto con il gregge e innalzo la fronte. Moglie mia preparati a questa prova il letto spalanca e le lenzuola; se mi accontenti amore io ti consolo; perch passera del tempo prima di unaltra volta.

p nata chiova.

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Ggend r for
891. Staj calann lu sol staj calann russ; lu patron torc lu muss873 ca nuj namma rtr.

Sta calando il sole sta calando rosso; il padrone fa una smorfia col labbro che noi ce ne dobbiamo andare.

Quando il sabato sera al ritiro dei bovari; con la giacchetta addosso e lorganetto in mano.

892. Quann eia lu sapat a sera a lu rtir r li ualan; cu la giacchetta nguogghj e lu rcanett mman.

Che bel grano che c in questa costa padrone vai a prendere la fiasca; non gli dare a bere a chi fa i manipoli di grano perch prende i manipoli e li butta per laria: vuole fare spigolare quelle due ragazze.

893. Che bell hran chi ngeia ndo sta costa, patron va la piglia la fiasca; n lu ra a bbev a lu scrmtator874 ca piglia li sciermt e r mena p laria: r bbol fa spcul a st ddoj fgliol.

894. Miet fauc875 mia cu la cpogghia forza n ng nneia a r garamegghj:876 tu m vo accurd877 cu la stzzolla878, ij m so mbarat879 cu la cannegghia880.
torc lu muss = fa le smorfie con la bocca nel senso che vorrebbe sfruttare ancora i lavoratori; dal latino tardo musum, nel significato di bocca. 874 scrmtator = colui che fa i manipoli (sciermt) con le spighe di grano. 875 fauc = falce, con vocalizzazione della l. 876 garamegghj = braccia, polsi. 877 accurd = metter daccordo, dal latino volgare adcordare. 878 stzzolla = dominutivo di stilla o goccia. 879 mbarat = qui per abituato. 880 cu la cannegghia = con la cannella, che si metteva alla fiasca di vino per regolare il flusso del vino stesso. *** Si vua, patruni, mitutut la ranu/ vattindi l a Sambiasi e pigghia vinu/ c cu lu vinu si meti la ranu/ cu lacqua si macinanu i mulini dice un canto popolare calabrese ( in Santi, Streghe e Diavoli a pag. 68).
873

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Mieti falce mia con la cipolla forza non c nella braccia; tu mi vuoi accontentare con la stizza io mi sono abituato con la cannella.

895. Canda la calandrella, canda, canda t lu vol fa snd lu cand ramor (sopra la spina fa candi damor); chiama li mttur tutt quanda, sciam a mangi ca eia arrvata lora.
Canta la calandrella, canta, canta te lo vuole far sentire il canto damore; (sopra la spina fa canti damore) chiama i mietitori tutti quanta andiamo a mangiare che arrivata lora.

896. Lu carr n camina cu na rota, patron va la piglia nata vota; r ggran n nn eia nfut881 e manch allasch882, patron va la piglia la fiasca.
Il carro non cammina con una ruota padrone vai a prenderla unaltra volta; il grano non profondo e neanche rado padrone vai a prendere la fiasca.

897. L e boi l urtlan lu zit mij; r chianda lacctiell e porta la nocca a lu cappiell.
Li e boi l ortolano il mio fidanzato; pianta laccio e porta il fiocco al cappello.

898. Bbona sera a li patrun ragg addutt li fcun; a p la ggend chi vann spert n tagg prtat r fich apert.
Buona sera al padrone ti ho portati i ficoni; per la gente che va spiet

881 882

nfut = qui nel significato di fitto. allasch = dirarato.

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non ti ho portato i fichi aperti.

899. Tengh nu vov883 chi s chiama Rusiell, chi sap lora r scapl;884 quann lu sol eia ngimma Castiell vota Rusiell n vol cchi ar.
Ho un bue che si chiama Ruscello che conosce lora di liberarsi; quando il sole sopra il Castello gira Ruscello che non vuole pi arare.

900. E quann arriva a la capvota,885 Rusiell mij gghi886 fac cota;887 e scutleia lu sciuv888 e lu fac sciucqu a lu cumbagn lu vaj annas.
E quando arriva al punto di ritorno Ruscello mio l fa i suoi bisogni; e scuote il giogo e lo fa schioccare al compagno va ad annusare.

901. A lu matin e s n leva lu sol Rusiell mij ar n bol; e quann lu mett r fronn889 a la vena,890 r la prscezza la raj la mena.891
Al mattino alla levata del sole Rusiello mio non vuole arare; e quando gli metto le foglie e la biada Rusiello mio non vuole pi arare.

902. E quann sona lu miezz juorn Rusiell mij s vota attuorn; e scotla r corn ra qua e ra gghi, a la mrescia892 s vaj a cacci.
vov = bue. scapl = liberarsi, far uscire gli animali dal chiuso; dal latino volgare excapulare, verbo denom. da capulus, con pref. ex sottrattivo. (Devoto, AEI, voce scapolare). 885 capavota = il punto in cui ritorna indietro. 886 gghi = l. 887 fac cota = fa i suoi bisogni. 888 scutleia lu sciuv = scuote il giogo. 889 fronn = foglie, dal latino frons frondis. 890 vena = avena, agli animali si misschia sempre alcune foglie con lavena come pasto. 891 r la prscezza la raj la mena = dalla contentezza diventa giocherellone. 892 mrescia = allombra. *** Questo canto al bue Rusiello, lo si riscontra anche a Sezze nel Lazio (vedi Canti e ballate Popolari pag. 98 n. 39).
884 883

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E quando suona mezzogiorno Rusiello mio si gira intorno; e scuote le corna di qua e di la e allombra si va a mettere.

903. Sarahogghia893 vecchia n n tengh ca ngeia sckaffata na valanga; tna nu trren a la Fndana n n agg fatt maj assaj hran.
Grano vecchio non ne ho perch c stata una valanga; avevo un terreno alla Fontana non ho fatto mai molto grano.

904. Smmnaj Spnit e Castglion n nn eia vnuta ( bnut) mai nannata bbona; mtiett r granrinij a lu Mlniegghj n nagg fatt manch a p nu prcieggh.
Seminai allo Spineto e a Castiglione non mai venuta unannata buona; ho mietuto granoturco al Mulinello non ne ho fatto neanche per un maialino.

905. Chiantaj r patan nda la Cascina n nagg fatt nu maqquatur chjn; mman so bbnut a lu mlin, nu sacch chjn r hran e senza farina.
Piantai patate nella Cascina non ne ho fatte un fazzoletto pieno; stamani sono venuto al mulino, un sacco pieno di grano e senza farina.

Sei andata a spigolare nel terreno dei Peppuni; hai fatto i manipoli vicino ai covoni.
893 894 895

906. Si ggiuta a spcul a quegghj r li Pppun; hai fatt li mattl894 vcin a li pignun895.

sarahogghia = variet di grano duro, ricca di semola. mattl = manipoli di spighe di grano. pignun = sono formati da una ventina di covoni.

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907. Don Dinat mha dat la sarahogghia mo laggia sc a scund896 cu la zappegghia: sim sciut cu r zzannagl mogghj tutt li iuorn cu r zzannagl mogghj; mo laggia jastm897 a Sant Libborij patron r li curnut volontarij.
Don Donato mi ha dato il grano sono andato a scontarlo con la zappa; sei andati con gli indumenti bagnati tutti i giorni con gli indumenti bagnati; ora lo devo bestemmiare a san Liborio patrone dei cornuti volontari.

908. Sotto a la preula, nasc luva prima acerva e poi matura; ven lu viend a trculi pizz, cannell, carofin898.
Sotto alla pergola nasce luva prima acerba e poi matura; viene il vento a scuotere pizz, cannell, carofin.

909. Cum m par bella la patrona mia quann s mett la unnegghia nova; m par na palummegghia quann vola e vaj attuorn attuorn a la massaria.
Come mi sembra bella la padrona mia quando si mette la gonna nuova; mi sembra una palomba quando vola e va intorno intorno alla masseria.

910. Porta li capigghj ricc nfrond e quann camina r mena a lu viend; e m par na cavalla saluaggia mpazzisc p nu pgghitr899 chi la maneggia.
Porta i capelli ricci sulla fronte e quando cammina li butta al vento; e mi sembra una cavalla selvaggia impazzisce per un puledro che la maneggia.

896 897 898 899

scund = scontare il debito con il lavoro. jastm = bestemmiare, dal latino volgare blastemare, con lo sviluppo della iniziale bl in j. *** Tratto dal libro di Rocco Polestra Calitri 1897-1910 pag. 118. pgghitr = puledro, giovane cavallo, dal latino pullitru.

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911. Quann camina trema lu piett tunn e la unnegghia fac a cum lonna; e quann vaj a lacqua r la fond lamor vol fa a cu lamand.
Quando cammina trema il petto tondo e la gonnella fa come londa del mare; e quando va allacqua alla fonte vuole fare lamore con lamante.

Andando a ssllc (pulire il grano dalle erbe), quando il grano era troppo sporco si era costretti ad andare via:

912. Sciuogl pan accuogl vezza pan nrezza; u hralat s r porta lu viend sciamnninn ca n ngeia niend
andiamocene che non c niente.

913. Ngeia la retana r Scatozza quann camina cu Ccia, s tozza; e voi Luc, che dic Vt la pena mia si sola tu. (2 volte) Ngera Lucia a la capammond e Vtucc era faccfrond. (2 volte) Lucia ngroppa a lu mul scia Vtucc e lattandava ngul. (2 volte) P la via r la Taverna lu jastmava lu Patratern. (2 volte) Ngera Lucia ngimma a la cascia e statt citt, sn t la sckasc. (2 volte)
C la retana di Scatozza quando cammina con Lucia, si danno fastidio; e cara Lucia, cosa dici Vituccio la mia pena sei soltanto te. Cera Lucia in salita e Vituccio era di fronte. Lucia a cavallo del mulo e Vituccio le toccava il sedere. Per la strada della taverna bestemmiava il Padreterno. Cera lucia sulla cassa

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e stai zitta, altrimenti te la rompo.

914. Chi n ver lu povr Zuz r Pesc quigghj chi prima r laut saddrmisc; cum la frtuna laccunzend ess nu cuan e spavenda la scmmenda. Lallucquj ra li Captal s send crstian facitv avand cu lautuocchj ava pers lu rgor perd fiasch, scmmenda e bbsazzol.
Chi non vede il povero Zuz di Pesce colui che prima degli altri si addormenta; come vuole la fortuna esce un cane e spaventa la giumenta. Il grido si sente dai Capitali cristiani fatevi avanti con laltro occhio aveva perduto la forza perde fiaschi, giumenta e bisacce.

915. Ngeia na massaria nda li Chian ndov stann aunit li Cstun; (ndov stann aunit tutt li Cstun) vnnazia r pan e r vin ca so cinch o sei li patrun. Un n ten caniglia p li can, (a chi lu manca la caniglia a p li can) a chi n ten lu huviern p li capun naut n ten sckof p r gagghin; tutt li juorn fann toppt e tammegghj voln vev e n ngeia la msctregghia, un cu laut s rezn la voc sciam a bbev a la fndana r la Noc.
C una masseria nei Piani dove stanno insieme i Cestoni (dove stanno insieme tutti i Cestoni) abbondanza di pane e di vino perch sono cinque o sei i padroni. Uno non ha la crusca per i cani, (a chi gli manca la crusca per i cani) chi non ha da governare i capponi un altro non ha mangime per le galline; tutti i giorni festa vogliono bere e non c il recipiente uno con laltro si sono dati la voce andiamo a bere alla fontana della Noce (ma acqua) - 260 -

916. Lu pacc r Pind eia sciut a lu travagl ra nda la campana, hav pers lu vattagl; quann vaj ndo la mglier cu la risa n porta cchi lu vattagl appis
Il pazzo di Pindo andato al lavoro dalla campana ha perduto il battaglio; quando va dalla moglie con la risa non porta pi il battaglio appeso.

917. A quegghj r li Pppun so vindquatt r curm s la fann la paglietta; Pppin r Mnghtegghia scuntrafatt ten lu nas cum a Maumett lu preut narruna srbett
Nella masseria dei Pepponi sono ventiquattro di colmo se la fanno la paglietta; Peppino di Minghitella starvolto ha il naso come maometto il prete ne raccoglie sorbetti.

918. Sim arrvat a quegghj r lAnglegghia ndov so tutt fuoss e tott vagghj; p carstia r cicn e msctregghj vevn nda la halitta r lu hagghj.
Siamo arrivati alla masseria degli Anglegghia dove sono tutti fossi e tutti avvallamenti; per mancanza di recipienti bevono nellabbeveratoio del gallo.

919. Ramm puost r fierr mbonda a la mazza cu pariend n sim puost r stozz; rhav aggrfat li mstazz sciamnninn a quegghj r Scatozza.
Abbiamo messo il ferro alla punta delle mazze con parenti ci siamo messi in contrasto; li ha rizzati i baffi andiamocene alla masseria degli Scatozza.

920. Sim arrvat a quegghj r Scatozza ndov ardn sul paglia e sluvizz; tanta r la cennra chi scarrozza, n s ponn arrv a nfuqu nu muors r pizza
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Siamo arrivati alla masseria di Scatozza dove ardono soltanto paglia e pagliarizza; tanta della cenere che viene gi non si possono riscaldare neanche una pizza.

921. A li sett rAust ndo la massaria a li Chian tutt vuov r carovana n bblienn fath; quann fu la sera appriess la facienn lacquasala ngera Culuccia r Ianual chi s poss a rattzz Pasqual flava la nzogna e Culuccia lasssta.
Ai sette di Agosto nella masseria ai Piani tutti buoi di carovana non volevano lavorare; quando fu la sera seguente fecero lacquasala cera Coluccia di Ianuale che si mise ad attizzare (il fuoco) Pasquale scioglieva la sugna e Coluccia lo assisteva.

922. Ngimma a lu catin900 mij nu fiss e miezz leia mn Rocch r Santor chi snava la cutarra u povr Punghall sul sul a rabball. S vota lu patron vcin a Resa r Martin siend siend che suon fin pcch n niess a rabball? Patron n so prattca ca m fac n picca suonn, ngeia Culuccia r Masttonn quegghia quand n sap fa. Pronta arriva Culuccia, cu na scarpetta fina cu la man a lu uandsin ruj ggir ntorno fa: ij r tess nun n sacc,
900

catin = piatto senza petana.

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Sul mio piatto un filo dolio e mezzo ci devi buttare Rocco di Santoro che suonava la chitarra il povero Pungigallo solo soletto a ballare. Si volta il padrone verso Resa di martino senti, senti che bella musica perch non esci a ballare? Padrone non sono pratica perch ho sonno, c Culuccia di Mastroantonio quante ne sa fare. Pronta arriva Culuccia, con una scarpetta fine con la mano al grembiule, due giri intorno fa: io di tessere non ne so di cucire non sono in grado domandate a Titta cerrata quale cosa non so fare.

r cos n so ngrata addmmannat Titta crrata qual cosa n sac fa.

923. Sciascia Mchel lu mbrmmsator n sapa che bbla fan quann arrvavan lu matin r fgliol subbt r mtta a fath. Fgli facit quegghj chi rich ij e a mmi n m facit jastm ca si ven lu patron e s nquieta ij cu bbuj m laggia pgli. Zi Mmch n t n ncarrc nuj facim cum ric tu; ca si ven lu patron e s nquieta crammatina n ng vnim cchi.
Sciascia Michele limprovvisatore non sapeva cosa fare; quando arrivavano al mattino le ragazze subito le metteva a lavorare. Ragazze fate quello che dico io e non fatemi bestemmiare; perch se arriva il padrone e si lamenta io con voi me la devo prendere. Zio Michele non ti preoccupare noi faremo come dici; che se viene il padrone e si lamenta domattina non ci veniamo pi.

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924. Chi n ver lu povr ragazz shav fatt na leuna tnnizza shav puost nu ptatur mbonda a na mazza e baj tagliann spin a tutt pizz Tu chi vaj a lacqua cu la pgnata cum foss na scarst r creta; lu tien u cicn scucumat e lu msctriegghj eia rutt na nand e ra rrret. Si ij vach a lacqua cu la pgnata vach p mancanza r moneta; si lu tengh lu cicn scucumat hav fatt la uerra cu r pret.
Chi non vede il povero ragazzo si fatto un legno tondo ha messo un pennato sulla cima della mazza e va tagliando spine per ogni dove. Tu che vai allacqua con la pignata come ci fosse una scarsit di creta; hai lorcio rovinato e la ciotola di terracotta rotta davanti e di dietro. Se io vado allacqua con la pignata vado per mancanza di moneta; se ho lorcio rovinato ha fatto la guerra con le pietre.

925. U povr musciahatt rhav chiandat li paparul; leia nat lu fgliul e povera nuj cum amma fa. La mgliera eia vecchia e stia semb rspiaciuta; ma p quist chi eia vnut tu a patron n ngeia st. Zi Tonn lu pvriegghj faca ancora lu ualan; ma na vota la sttmana laspttava r s rtr. Ccchina era fatta hrossa stia semb arrabbiata; lanma toja chi ng s nata e n t vogl cutl.
Il povero musciagatto - 264 -

ha piantato i peperoni; gli nato un figlio e poveri noi come dobbiamo fare. La moglie vecchia e sta sempre dispiaciuta, ma per questo che arrivato tu a padrone non ci devi stare. Zio Antonio il poveretto fa ancora il bovaro; ma una volta la settimana gli spetta di ritirarsi a casa. Francesca era fatta grande stava sempre arrabbiata; lanima tua che ci sei nata non ti voglio dondolare.

926. Sciascia Mchel lu sona tu tammorr lu nascmend suj eia r Morra s rtira la sera, curr curr p g a trv la faccia r la zavorra.
Sciascia Michele suona il tamburo nato a Morra quando rientra la sera di corsa a trovare la sua brutta.

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Eia frnuta la schiavit


927. E forza uagli, frnuta la schiavit; lu patron cu lu chiancon ndo lu plon901 lhanna affuqu.902

E forza ragazzi finita la schiavit; il padrone con una grossa pietra nel pilone lo devono affogare.

E forza ragazzi finita e non c pi; il padrone sotto terra e mai pi guerra pu fare; finita la nostra sventura e pi paura non pu fare.

928. E forza uagli, ia frnuta e n ngeia cchi; lu patron eia nzotta terra e mai cchi guerra pot fa; ia frnuta la nostra sventura e cchi paura n pot fa.

E finita ragazzi morto Belzeb; il padrone con la catena nella piena lo devono buttare: il padrone prima dellinverno nellinferno lo devono bruciare.

929. Eia frnuta uagli, eia muort Belzeb; ndo la chiena lhanna mn: lu patron cu la catena lu patron prima r viern ndo lunfiern lhanna appcci.

930. Non regna pi linfamit una lItalia, una sar; una lItalia e Zampagli adda ra. E r sciammrchstrazzat ra li ross
plon = pilone, ovvero il pilastro di cemento che sostiene larcata di un ponte. affuqu = uccidere qualcuno togliendogli il respiro; dal latino offucare da fauces = gola, passato nel latino volgare ad affocare (DEI, voce affogare).
902 901

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Non regna pi linfamit una lItalia, una sar; una lItalia e Zampagliene deve dare. E i panni stracciati dai rossi e Zampagliene se ne deve andare a zappare.

e Zampagli s nadda sc a zapp

931. Oi Zampagli, menat for ra Castglion tu eia sc for; menat for ra Castglion sei discendente dei Borboni.
Oi Zampagliene buttati fuori da Castiglione tu devi uscire fuori; buttati fuori da Castiglione sei discendente dei Borboni.

932. Non siamo pi i vostri servitori e voi mai pi i nostri signori; abbiamo lavorato per voi la terra e i nostri figli sono morti in guerra.
Non siamo pi i vostri servitori e voi mai pi i nostri signori; abbiamo lavorato per voi la terra e i nostri figli sono morti in guerra

933. Bella fgliola sciam a Luzzan r pan nzin903 e la zappa mman; e si n basta lu Spnit e Luzzan, sciam a la Paza, sotta Caran; e un chi ngeia e un chi n ngeia abbascia la ciaula904 e viva lu Rre.
Bella ragazza andiamo a Luzzano il pane in grembo e la zappa in mano; e se non basta lo Spineto e Luzzano, andremo alla Pazia sotto Cairano; ed uno che c ed uno che non c abbascia la ciarla e viva il Re.

934. Sim arrvat a la via r Puntlligghj


nzin = in seno, per dire che le contadine portavano in un grembiule legato alla vita le provviste del giorno. ciaula = siccome il sindaco del tempo era un prete, esso veniva designato dal popolino col nome di ciaula (tipo di cornacchia) dal suo cappello nero a larghe falde. *** Lu pani ncoddu e la zappa a li manu dice un canto di Borgetto, nella raccolta di canti siciliani fatta da Salomone-Marino pag. 135 n. 294. Questo canto ebbe origine dalla quotizzazione di Luzzano nel 1880 causata da vere e proprie sommosse popolari.
904 903

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Siamo arrivati alla via di Puntillicchio dove saltano quattro grilli. Siamo arrivati al forno del Leccese ci sono due ragazze di zio Tommaso.

ndov zomban quattr hrigghj. Sim arrvat a lu furn r lu Lcces ng so roj fgliol r zi Tmas. Sim arrvat a quegghj r Bbrrill ndov ng so r gagghin senza hagghj. Sim arrvat a quegghj r Scatozza, ndov ard paglia e slufizza, n la ponn coc manch na pizza. Sim arrvat a lu Pizz r la strata, ndov ng stann r donn carpat. Sim arrvat a quegghj r Tmas msera lhann nggnata la hrattacasa. E mo arrvam a quegghj r Maffucc chi n r bbol ric, ca n r sap Sim arrvat a lu quart r lu puzz Pasqual, Catniegghj e Catnazz. Sim arrvat a quegghj r lu Baron tutta ggend bbona e galanduom; a nuj povr lavorator nhann pgliat cu lu baston. Sim arrvat a quegghj r Pron era nu fort lavorator, ma crpava i lavoratori. Sim arrvat a quegghj r li Mark ngeia na hran quandit r vurp: Cannaviell chi era lu cchi galand scia a caccia cu la sckuppetta vacand. Sim arrvat a quegghj r li Zarrigghj ndo mangian semb agl, li pvriegghj. Sim arrvat a quegghj r ronn Errich era nu halandom scarut ropp sera rpgliat tutta la probbiet lhav lassata a li nput. Sim arrvat a quegghj r Anglegghia ndov ng so fuoss e tutt vagghj; la cap lhav posta a la chianghegghia quann lhann vista cacci la manstagghia. Cum chiang Tonn r Massaregghia Cicch Chel e Luiggij Zarrigghj; Langlegghia, li Maffucc e li Pppun so rmast cum li frggiar senza cavun.

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Siamo arrivati alle terre di berrilli dove ci sono le galline senza gallo. Siamo arrivati alle terre di Scamozza, dove brucia paglia non possono cuocere neanche la pizza. Siamo arrivati allangolo della strada dove ci sono le donne carpate. Siamo arrivati alle terre di Tommaso questa sera hanno inaugurato la grattugia. Ed ora arriviamo alle terre dei Maffucci chi non lo vuol dire perch non lo sa Siamo arrivati al quarto del pozzo Pasquale, Catiniello e Catenazzo. Siamo arrivati alle terre del barone Tutta gente buona e galantuomini; noi poveri lavoratori ci hanno preso col bastone. Siamo arrivati alle terre del Perone un forte lavoratore ma crepava i lavoratori. Siamo arrivati alle terre dei Marchi c una gran quantit di volpi: Cannaviello che il pi galante andava a caccia con la pistola vuota. Siamo arrivati alle terre dei Zarrilli dove mangiano sempre aglio i poverelli. Siamo arrivati a lle terre di don Errico era un galantuomo scaduto dopo si era ripreso tutta la propriet ha lasciato ai nipoti. Siamo arrivati alle terre di Angiolecchia dove ci sono fossi e tutte valli; la testa lha messa allo sgabello quando lhanno vista Come piange Antonio di Massaregghia Francesco Michele e Luigi Zarrilli; Langelecchia, li Maffucci ed i Peppuni sono restati come i forgiai senza carboni.

935. Quann tniemm Msllin905 faca mangi li flrin906, venn Badogl n fec mangi sei ann fogl, vnern lAmrcan s la mangiavan lor la carna ndo lu tian907.
905 906 907

Msllin = Mussolini. flrin = spaghetti sottilissimi. tian = tegame, recipiente per cucinare; per cambio di suffisso dallitaliano meridionale ti(g)anu.

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Quando avevamo Mussolini faceva mangiare gli spaghetti, venne Badoglio ci fece mangiare sei anni foglie, vennero gli Americani se la mangiavano loro la carne nel tegame. Non sia mai vince il Comunista dalla fame non potremo resistere; se vince la Democrazia si mangia il tuo e il mio; vota per le tre rose e quando mai ci hanno dato una cosa? Se non prendi il bidente nessuno vi che ti guarda.

N sia mai venc lu Cummnist r la fam nun hamma pt rsist; si venc la Democrazia s mangia r ttuj e r mmij; vota p r tre ros e quann maj nhann rat na cosa? Si n pigl lu bbriend nsciun eia chi t tarmend.

936. Nu ntar spararn a Andretta naut laccrern a Calabbritt; a Calitr spararn a don Titta ma n voz affrr bbona la sckuppetta.
Un notaio spararono ad Andretta un altro lo uccisero a Calabritto; a Calitri spararono a don Titta ma non afferr bene la pistola.

Tu che vai in campagna e vai a Luzzano; ti levi il cuore dal petto e te lo metti in mano.

937. Tu chi vaj for e vaj a Luzzan; t liev lu cor ra piett e t lu mitt mman.

938. Quann la lana nuj scardam quann la zappa nuj affnnam; cu pen e trmiend e cu srur nuj mandnim puorc e sgnur.
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Quando la lana noi scardiamo quando la zappa affondiamo; con pene, tormenti e sudori noi manteniamo porci e signori.

939. Quann li pann nuj tssim quann r gran nuj mtim; lu patron cu lu scurial908 a nuj cummanna e fac mal.
Quando i panni noi tessiamo quando il grano noi mietiamo; il padrone con lo scuriale a noi comanda e fa male.

940. Bella fgliola chi vaj for la naca ngap e la criatura; appriess la puort la pcuregghia e la crapetta cu la campanegghia.
Bella ragazza che vai in campagna la culla in testa e il bambino; porti appresso la pecorella la capretta con la campanella.

941. Bella fgliola chi vaj araut909 tu vaj araut a Castglion; teia ngappat nott e t si curquata nda lu cason cu Tannaglion.
Bella ragazza che vai a lavorare da altri tu vai da altri a castiglione; ti ha sopreso la notte e ti sei coricata nel casone con Tanaglione.

908 909

scurial = scudiscio, frusta. araut = sc araut vuol dire andare a lavorare in campi altrui, da altri.

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CALITRI CANTI POPOLARI

PARTE TERZA

Arzulo arzulo Btte vaco scuzo e a la nur Pquir Cristo ca tho criato Tann t lasso quann taggio sculato (Bisaccia)

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Quid aspicis? Fuge910


942. T vo fa monaca monaca r santAustin; quann ramma mett roj cap a nu cuscin.

Ti vuopi fare monaca monaca di SantAgostino; quando le dobbiamo mettere due teste su uno stesso cuscino.

Lerrore lho fatto Nenna mia e potevo allaltare cantare messa; volevo mettere un po di gelosia sono stato scostumato e lo confesso.

943. Larror lagg fatt Nenna mia e pta a lautar cand messa; vla mett nu poch r gglsia so stat scustmat e r cunfess.

Le figlie di Maria sono tutte a don Cantuccio gli hanno messo la capezza.

944. R figl r Maria so tott avezz; a don Caniucc lhann puost la capezza.

Le figlie di Maria sono tutte sante; danno ascolto ai ragazzi e a tutti quanta.

945. R figl r Maria so tott sand; rann auriezia911 a li uaglion e a tutt quanda.

Quid Aspicis? Fuge = vuol dire cosa guardi? Scappa viaed era incisa sulla chiave di volta del portale a destra dellArco degli Anglegghia meglio conosciuto, forse, come lArco r zia Margarita nel corso Matteotti ormai abbattuto dalla furia del terremoto del 23.11.1980. Qui abitava il sacerdote don Francesco Maffucci, che indispettito per la curiosit morbosa dei suoi concittadini, a causa di una perpetua troppo giovane, fece scolpire questa frase, volta ad ammonire i tanto curiosi calitrani. 911 aurienzia = ascolto, danno udienza, parlano; dal latino dotto audiens-entis.

910

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Le figlie di Maria sono tutte sante; restano per titolo tutte quanta.

946. R figl r Maria so tott sand; restan p titl tott quanda.

947. Ngeia na monaca chiamata Daharora seia mbarata bben cucn; manch lu cuoch r Napl ng pot ssbbaglia la cucina quacche bbota; quann eia la matina r Natal mett assaj uogl e poch sal.
C una monaca chiamata Deodora si imparata bene a cucinare; neanche il cuoco di Napoli ci pu sbaglia la cucina qualche volta; quando la mattina di Natale mette troppo olio e poco sale.

948. Addij, addij lu munn eia frnut r monach s voln mmart; s lu voln pgli fravcator e la cella s la voln ndnac.912
Addio, addio il mondo finito le monache si vogliono maritare; se lo vogliono prendere fabbricatore e la cella se la vogliono fare intonacare.

949. Tu t fai monaca e monaca r cumend; marit n vuoj trenda cch monaca si ttu.
Tu ti fai monaca e monaca di convento; mariti ne vuoi trenta che monaca sei tu

*** Nei canti popolari piemontesi raccolti dal Marcoaldi a pag. 122 n. 13 troviamo :Misericordia! Il mondu finitu/ fina li previ voglion maridarsi/ fina le munie voglion tor maritu/ Misericordia! Il mondu l finitu. Mentre nel repertoio sinottico della raccolta Vigo su LARES XLII n. 1 pag. 84 riga 22 leggiamo: Ajutu ajutu lu munnu pirdutu/ li monaci si vonno maritari.

912

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950. Si tu t faj monaca ij preut maggia fa; a qual cumend vaj gghi t vengh a cunfss (taggia vn a trv)913.
Se tu ti fai monaca io prete mi debbo fare; a quale convento vai l ti vengo a confessare (ti debbo venire a trovare).

951. N vogl am cchi Pscatamund914, oil n vogl am cchi Pscatamund, oil; chi seia fatt nu cuan mzzchend915, e zomba la rondinella e cum t vogl am.916
Non voglio amare pi Pescatamondi, oili non voglio amare pi Pescatamondi, oil; che si fatto un cane che morde e salta la rondinella e come ti voglio amare.

952. Oil, oil n vogl am cchi lu preut vasc; chi seia fatt prfssor e n capisc e zomba la rondinella e cum t vogl am.
Oil, oil non voglio amare pi il prete basso che si fatto professore e non capisce; e salta la rondinella e come ti voglio amare.

953. N vogl am cchi stu preut marnar917 fac lamor e n daj maj rnar; Pscatamund m tratta cum na fessa fac lamor cu mich e canda messa.
Non voglio amare pi questo prete marinaio fa lamore e non da mai denari; Pescatamondi mi tratta come una scema fa lamore con me e canta messa.

*** Anche nei Canti Velletrani troviamo lo stesso concetto a pag. 160 n. 377 :Tu monica te fai, io frate me faccio/ a ni convento vai, te viengappresso. 914 Pscatamund = dal latino peccata mundi, si trattava di un prete. 915 mzzchend = che morde, dal latino tardo morsicare. 916 *** Tratto dal libro di Rocco Polestra Calitri 1897 1910 pag. 186. 917 marinar = forse perch faceva promesse da marinaiocio non mantenute.

913

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954. Cu lu pannitt918 ncap curr, curr a la Maronna; cu na faccia senza vrogna nun hai cor r cammn.

Con lo scialle in testa corri, corri alla chiesa della Madonna; con una faccia senza vergogna non hai coraggio di camminare.

955. Si giuta a la messa la messa a SandAnduon; rai ritt a la bbuon ca monaca teia fa.
Sei andata alla messa alla messa a SantAntuono; hai detto veramente che monaca ti devi fare.

956. Sciett a Roma p m cunfss m cunfssaj ra nu prrrcator; la prima cosa chi maddmmann: quandhav chi n lhai vista la tua sposa? Padre mij hav nu tiemb assaj, hav poco cchi di una minuta dora; la penitenza chi po m sc a d: tu v la trova quann rorm sola.
Andai a Roma per confessarmi mi confessai da un predicatore; la prima cosa che mi domand: da quando tempo che non vedi la tua sposa? Padre mio da molto tempo poco pi di una minuta di ora; la penitenza che poi mi dette: tu vai a trovarla quando dorme sola.

Li e boi l larciprete di Penico; faceva lamore con mamma


918

957. L e boi l laccpreut r Pnich; faca lamor cu mamma e s vla st cu michj.

pannitt = specie di scialle di panno nero che si portava sul capo e sulle spalle per difendersi dal freddo; di forma rettangolare tutto adorno di nastro serico.

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e si voleva stare anche con me.

958. Laccpreut eia nu curnut tutt r femmn shav tnut; s vla st cu mamma questa e la bborsa chi t mmanna.919
Larciprete un cornuto tutte le donne si tenuto; voleva stare con mia madre questa la borsa che ti manda.

959. SandAntonij Abat e Sanda Margarita n m vol assolv si n vach zita; bell oil e belloil bell lamor e chi lu sap fa.
SantAntonio Abate e Santa Margherita non mi vuole assolvere se non vado zitella; bella oil e bella oil bello lamore e chi lo sa fare.

960. Si vir ch sscciess a li Casal: nu preut ha bbasat a na fgliola: faca nfinda ca la cunfssava ra piett lu scppiava r bbiol.920
Se vedi cosa successo ai Casali: un prete ha baciato una ragazza; faceva finta che la confessava dal petto le scippava le viole.

961. Citt zi preut mij ca n ngeia mamma, taggia sc accus a Mnzgnor; ma Mnzgnor a mmi che madda fa si igghj m leva la messa, ij m nzor.
Zitto zio prete mio perch c mamma ti debbo accusare a Monsignore; ma Monsignore a me cosa mi deve fare se lui mi toglie la messa, io mi sposo.

*** Si racconta che a Contursi, o in qualche paese limitrofo nel periodo che si ammazzano i maiali, un giovane entrando in chiesa mentre il prete predicava, gli abbia buttato addosso gli escrementi trovati nel corpo del maiale, come spregio per aver insidiato la madre. 920 *** Lo stesso fatto era accaduto ad Ottaviano come si legge in LARES 1984 n. 4 pag. 589.

919

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962. Preut (monaca) levatilla ssa sttana cum t puoj vr senza mgliera (marit); quann a la sera t vaj a curqu, truov lu pizz fridd e t mitt a pnz.921
Prete (monaca) togliti codesta sottana come ti puoi vedere senza moglie; quando la sera vai a letto trovi il posto freddo e ti metti a pensare.

963. Lu preut staj cu mamma e si vuj n r chrrit vnit a casa ca r bbrit; ndo la cmmnera seia scurdat la tabbacchera; ngimma a lu tavlin seia scurdat lu bastncin; vcin a lu cacciafum seia scurdat li cauzun.
Il prete sta con mamma e se voi non lo credete venite a casa che lo vedete; si dimenticato la tabacchiera sopra al tavolino si dimenticato il bastoncino; vicino al caminetto si dimenticato i pantaloni.

964. A lu mar, mar, m chi t mbosma922 lu cullar? M lu mbosma Culomba, chi lu sap mbsm.
Al mare, mare, m chi ti imposima il collare? Me lo imposima Colomba che lo sa imposimare.

*** Preveto, lavatella sa suttana/ vi comme te pu ver, senza mogliera/ quanno la sera che te vaje a cuccare/trouve lu pizzo friddo e te despieretroviamo ad litteram in un canto di Piano di Sorrento pag. 83 n. CXL. 922 mbosma = inamidire, cio tessuto preparato con salda damido alla stiratura; in dialetto lamido viene chiamato posma.

921

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Carnval
965. Arranzatv ronn bbell, ca mo passa lu Plcnella; e si n varranzat v romb r bbtriat.923

Affacciatevi denne belle, che ora passa il Pulcinella; e se non vi affacciate vi rompo le vetrate.

966. Arranzat ronna bella ca mo passa lu Plcnella; chi mhav tucquat? Nu ggvnott; quiss eia nu batrass, la fera eia tropp moscia brutta e bbona n la pot av.
Affacciatevi donna bella che ora passa il Pulcinella chi mi ha toccato? Un giovanotto; codesto un strambo, la fiera troppo moscia brutta e buona non la pu avere.

Nicchio, nicchio e nicchio dammi un capo di salsiccia; e se non me lo vuoi dare che ti possa infracidare (in gola ti possa strozzare).

967. Nicch, nicch e nicch ramm nu cap r sauzicchj; e si n m lu vo r chi t pozza nfract924 (nganna t pozza ndrsc)925.

Rucco e bavarucco a quattro grani il baccal; e se tua madre mi sgrida


923 924 925 926

968. Rucch e bavarucch a quatt ran lu baccal; e si mammata mallucqua926 n ng pass cchi ra qua.

bbtriat = vetrate. nfract = andare a male, dal latino fracere = infradiciare. ndursc = parlando di cibo il fermarsi in gola ed affogare. allucqua = sgrida, dal latino medievale alucari.

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non ci passo pi di qua.

969. Fgliola e boi fgliola li maccarun nsciun r scola;927 ma pnzam cum amma fa, li maccarun shanna mangi.
Ragazza e boi ragazza i maccheroni nessuno li scola; ma pensiamo come dobbiamo fare i maccheroni si devono mangiare.

970. Vlarra ca chjvess maccarun r prt r la via cas hrattat; r stell r lu ciel carn arrstuta, e lacqua r lu mar vin annvat928.
Vorrei che piovessero maccheroni le pietre della strada formaggio grattato; le stelle del cielo carne arrostita e lacqua del mare vino annevato.

971. Nell, nell e nell mo s rtira Plcnella; ca troppo hav pazzat e shav fatt na ubriacata.
Nell, nell, e nell ora si ritira Pulcinella; che troppo ha giocherellato e si fatta una ubriacata.

972. Carnval mij, vi che mbruogl msera maccarun e craj fogl; Carnval mij che m cumbin osc929 hravaiuol930, craj931 cpgghin932; Carnval mij, si muort hrass e sckitta baccal mo m lass.
Carnevale mio, vedi che imbrogli

scola = scolare, togliere lacqua nella quale sono cotte le paste; dal latino medioevale scolare. *** Vurria che chiuvesse maccarune/ li prete de la via caso rattato/ le muntagne de Somma carne arrustuta/ e lacqua de lu mare vin annevato recita un antico canto napoletano (vedi la Maschera della Cuccagna di Domenico Scafoglio- Colonnese ed. 1981 pag. 13). 929 osc = oggi, dal latino hodie, con sviluppo della di in sc. 930 hravaiuol = ravioli. 931 craj = domani, dal latino cras, sostituito da de mane = domani. 932 cpgghin = bubetto di cipolla, dal latino cepullina.
928

927

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stasera maccheroni e domani foglie; Carnevale mio cosa mi combini oggi ravioli, domani cipolline Carnevale mio, sei morto grasso e soltanto baccal ora mi lasci.

973. Eia muort Carnval e ggiaml a rprc.933


E morto Carnevale e andiamoli a seppellire

974. E frnut Carnval e so frnut li maccarun; e la femmna chi r faca, hav pers lu lahanatur934.
E finito Carnevale e sono finiti i maccheroni; e la donna che li faceva ha perduto il matterello.

975. Sim arrvat a la Psterla e sim carut r cul nderra; si p la Psterla n ng sciv r cul nderra n cariv.
Siamo arrivati alla Posterla e siamo caduti col culo in terra; se per la Posterla non adavi di culo in terra non saresti caduto.

976. Abballa lu mninn e la mnenna abballa lu scarrafon935 ndo la paglia; abballa sul sul par nu maccaron senza prtus.
Balla il piccola e la piccola balla lo scarafone nella paglia; balla solo, solo sembra un maccherone senza pertugio.

rprc = seppellire. *** Questo canto riportato anche nel libro del Toschi Origini del teatro italiano a pag. 318. 934 lahanatur = matterello per lavorare la pasta.*** Finitu Carnu, finitu amore/ finiti a magn li maccheroni si legge nel libro di Svampa Montecassino nella storia, nellarte , nel folklore a pag. 82, riportato nelle Origini del teatro italiano di Paolo Toschi a pag. 132. 935 scarrafon= scarafaggio, dal latino dotto scarabeau(m).

933

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977. Si tu t n vaj sauzicchj nun hai; si tu t rman pur picca936 neia av.
Se tu te ne vai salsiccia non hai; se tu rimani anche poco ne devi avere.

978. Sera passaj nda nu stritt vich sndiett la sartuscna937 chi cantava; lu sorg lu snava lu zich-zach e la hatta saccra rabball.
Ieri sera passai in uno stretto vico sentii la tartaruga che cantava; il topo che suonava il zich-zach e la gatta che si accaniva a ballare.

979. Cap rann e cap r mes ramm la strenna chi mhaj prmmes; e si n m la vuoj r nganna t pozza ndssc.
Capo danno e capo di mese dammi la strenna che mi hai promesso; e se non me la vuoi dare in gola ti possa strozzare.

980. Hav quarantasett juorn chi n nagg cammarat; Pasqua eia arrvata e vogl cammar. Eia arrvata Pasquaregghia eia arrvata lallegria; cu totta la famiglia mia ij vogl cammar.
Da quarantasette giorni che non ho mangiato grasso; Pasqua arrivata e voglio mangiare grasso. E arrivata Pasquetta arrivata lallegria;

936 937

picca = poco, in varie parti del Mezzogiorno invece di poco si usa picca. sartuscna = tartaruga, dal latino testudinem; etimologia discussa.

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con tutta la famiglia mia Io voglio mangiare grasso.

981. Carnval eia tanda sciambagnon ma a lutm lagg fatt rsciun; sta zappann inda a nu stradon nda na casegghia n ngera nsciun. Eia sciut nu can n irt n vasc e seia mangiat r pan ndo la cascia. Veramend cu mich nn la vol frnisc a r scarp ij port r lasc; ma si larriv a ngapp na vota sola cu la pegghia soja maggia fa li crusciul.
Carnevale tanto spendaccione ma allultimo lho fatto digiuno; stavo zappando nello stradone nella casetta non cera nessuno. E entrato un cane n alto n basso e si mangiato il pane nella cassa. Davvero con me non la vuole smettere alle scarpe io porto le stringhe; ma se arrivo ad acchiapparlo una sola volta con la sua pelle mi far i crogioli.

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A frasca938
982. Questo vino bello e fino; e me lo bevo a goccia a goccia a la salut r Rafaiel lu bbocc.
Questo vino bello e fino; e me lo bevo a goccia a goccia alla salute di Raffaele lu bocc

Abbiamo mangiato i peperoni piccanti; ci dobbiamo fare una cantata a casa di Rente Amaro.

983. Namm mangiat li paparinij939 amar; namma fa na candata a la casa r Rend Amar.

984. Riss lacc che bbell vin chi sacc; riss lu rafaniell, facimnnill nat bbcchriell riss lu fnucchj, facimn natu scucchj
Accio, accio che bel vino che so; risponde il ravanello, facciamoci un altro bicchierino disse il finocchio , facciamo unaltra bevuta.

Accio, accio che bella bevuta che mi faccio; dice il finocchio: due bevute in un sorso.

985. Acc, acc che bella veppta chi facc; ric lu fnucchj: roj veppt nda nu surchj940.

La frasca un ramoscello collocato come insegna di osterie e taverne, specialmente di campagna (DELI,vol. II pag. 456). Per i calitrani, in mancanza dei moderni bar, i luoghi di maggior ritrovo erano la farmacia o il barbiere per i signorini e la hrotta per la stragrande maggioranza che quotidianamente vi si recava non solo per le usuali ed abbondanti libagioni, ma anche per aggiornarsi sugli avvenimenti paesani. 939 paparinij = peperoncini rossi molto piccanti e sottaceto. 940 surchj = sorso, dal latino tardo sorsum.

938

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986. Ric lu rafaniegghj so pvriegghj; ma cu n picca r pan e ccas che bella veppta chi m tras.
Dice il ravanello sono poverello; ma con un po di pane e formaggio che bella bevuta che ci viene.

987. Rzzull941 mij bbnign si r creta e n si r legn; cum nu sand ij tador n t lass si n t scol.
Rizzullo moi benigno sei di creta e non di legno; come un santo io ti adoro non ti lascio se non ti scolo.

988. Tengh stu martiell cheia assai vzzius: ra na candina ess e ra nauta tras; mo s rtira a casa cu na bocca e risa ric mglier mia amma fa pac; pac n vogl fa ca st ustnata si prima n m ric chi tha basat; m so basat cu na candnera quann msura lu vin zecula lu per942.
Ho un maritino assai vizioso: da una cantina esce e ad unaltra entra; ora si ritira a casa con un bocca a riso dice moglie mia dobbiamo fare pace; pace non voglio fare perch sono ostinata se prima non midici chi ti ha baciato; mi sono baciato con una cantiniera quando misura il vino dondola il piede.

989. Rafaiel r la cariulina, vaj candina, candina; ndov trova lu megl vin s ferma e s mbriaca943.
rzzull = piccolo recipiente di creta per misurare il vino. *** I tenghe nu marite/pozzesse accise/da na candina esce/ Quande retorna a casa/ egli me dice/ amore mio bello/ damme nu vase/ Vasci non te ne do/ brutto sfacciato/ se prima non me dici/ chi t vasciato recita un canto abruzzese in Santi, Streghe e Diavoli a pag. 124.
942 941

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Rafaiele della cairolina va cantina, cantina; dove trova il vino buono si ferma e si ubriaca.

990. Quant ia bella sta candnera quand ia bella sta candnera venn lu vin e zecula lu per zecula la unnella sta candnera.
Quando bella questa cantiniera quando bella questa cantiniera; vende il vino e dondola il piede dondola la gonnella questa cantiniera.

*** So masti Rafaiele e non ti nincaric/ me ni vaco candini candini e mi send addicri/ ndo trovo lu megli vino mi mett ambriac si legge in un canto di Melfi (La Sarcinedda pag. 59).

943

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Ma che llavur
991. Lu Lunnr n s fatiha poch m ncozza r fath ma che llavur, che llavur (ritornello). Ngiav colpa mamma, questarta nfam m voz a forza a farm mbar.

Il Luned non si lavora poco mi va di lavorare; ma che lavorare, che lavorare (ritornello). ci ha colpa mamma, questarte infame mi volle a forza farmi imparare.

Il Marted con una bella papetta una bella scarpetta si mise a lavorare.

992. Lu Martr cu na bella papetta na bella scarpetta s mis a llavur; rit.

Il Mercoled con una palla di pece e tutto il giorno stava ad incerare.

993. Lu Miercur cu na palla r pec e tutt lu juorn stava a ngr; rit.

Il Gioved era il giorno seguente male mi sento e povero a me.

994. Lu Giovr eia lu iuorn sguend mal m send e povr a mme; rit.

E il Venerd come brutta la moglie che non la puoi mai accontentare il piccolo piange e fa ngu, ngu.

995. E lu Viernr cum eia brutta la mgliera chi n la puoj mai accurd: lu creatura chiange fac ngu, ngu rit.

Poi viene il Sabato di passione vai dal padrone che vuole i soldi; si gira il padrone, tutto arrabbiato:

996. Po ven lu Sapat r passion vaj ndo lu patron ca vol li rnar; s vota lu patron, tutt arrabbiat: quistat che vaj acchiann, stu sfathat ra qua? rit.

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questaltro cosa va cercando, questo sfaticato di qua? Rit.

997. Lu scarpar tic, tac, semb povr e mai ricch; mbicia la mbigna e la sola e vai candann la cicrgnola.944
Il calzolaio tic, tac, sempre povero e mai ricco; mette la pece alla tomaia e alla suola e va cantando la cicirignola.

998. Lu povr vardar tutt lu juorn a fath; s spezza la e vai candann lu verbum car.
Il povero sellaio tutto il giorno a lavorare; si rompe la e va cantando il verbum caro.

999. Lu povr varvier sett varv fec ier; p pah la pteja s voz mbgn la mgliera.
Il povero barbiere sette barbe fece ieri; per pagare la bottega si dovette impegnare la moglie.

1000. Auzat zi mastr ra lu rrmtorij mittt a lu srtorij e mitt sckarp sckamburr ca zzaccht abbranch (gatto) hav prtat Coc (fuoco) s stann ardenn li pil r la terra (paglia) e si n curr cu la vnnanzia (acqua) aurecchj pann (asino) staj a mal partit.
Alzati maestro dal dormitorio mettiti al sedile

*** In una recensione di Antonio Lotierzo ad un libro di G.B.Bronzini in LARES XLIX/1983 n. 3 pag. 482 si riporta lo stesso concetto sul calzolaio.

944

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e metti le scarpe subito perch il gatto ha portato il fuoco si sta bruciando la paglia e se non corri con lacqua lasino a mal partito.

1001. Lu povr Baldassarr cu li pulc eia vnut a fa la uerra; eia vnut a prpar lu lgnam p li carr e tutt cu ghiogn r carn safferra semb p li Sierr straca rhav curs appriess (li pulc) cu la seca.
Il povero Baldassarre (un falegname) con le pulci venuto a fare la guerra; e venuto a preparare il legname per i carri e tutto con le unghie si afferra le carni sempre per i Sierri gira le ha rincorse (le pulci) con la sega.

1002. Li zappatur stann a us r zimarra cum arrivan s menan ndo la paglia; eia sciut lu cap polc cu la vriglia e cu li riend hav strazzat r mmnnagl. Li mastr chi stann cchi a ddver subbt shann armat la lettera.
I contadini stanno come delle zimarre appena arrivano si buttano nella paglia; andato il capo delle pulci con la briglia e con i denti ha strappato le foglie di granoturco. I mastri che sono pi precisi subito si sono preparati la lettiera.

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Il fiorellino
1003. Il fiorellino dammelo quello che porti in petto; ij so quel giovinetto che tu hai sempre amato. 1004. I capelli tuj so fini cum i raggi della luna; oh! Si avessi la fortuna di dormire accanto a te. 1005. Dammi un ricciolo dei tuoi capelli io lo tengo per memoria li stringer fino al tuo seno. 1006. Quanto sei bellina e sei bellina assai; ti voglio amore sempre e non sposarti mai. 1007. Lamore come il grano che piano piano si matura; arriver quel giorno che si raccoglie pure. 1008. Dammi la bianca mano la destra mi stringevi; il cuor che mi batteva sono i palpiti damor. 1009. Amore quanto tamo quanto faccio per te; la notte quando dormo mi risveglio e penso a te. 1010. Di cuore siamo vicini il pensiero sempre lontano; il mio cuore sempre sospira
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non so se tu mi ami. 1011. Se io parto ti lascer un fazzoletto; te lo stringerai sul petto non ti scordar di me. 1012. Amore dammi un bacio dammelo per favore; lamore senza baci primavera senza fiori. 1013. Vorrei contar le stelle quann la luna cammina; a letto biondina mia quando ti voglio am. 1014. Quanto ti amo quanto fai per me; dimmi ci che hai non ti scordar di me. 1015. E mhai ferito il palpito di questo cuore mio; la pena del cuore mio la pace sei tu. 1016. Bella sei come un angelo disceso innanzi a Dio; mi hai ferito il palpito di questo cuore mio. 1017. Nellora che ti vidi negli occhi ti guardai; e me ne innamorai del tuo viso, caro amor.

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1018. La rosa nel giardino si cresce e non si coglie; se ne cascan le foglie il profumo si perder. 1019. Rondinella amabile ecco le mani giunte; ricordati quel punto non ti dimenticare. 1020. Rondinella amabile dove ti sei riposta; dammilla na risposta mi ama: si o no. 1021. Rondinella amabile ndove ti sei riposta; rammilla na rsposta se mi ami: si o no. 1022. Il giorno di San Canio non ti vestir pomposa; ma pensa al tuo sposo chiss dove si trover. 1023. Amore mio dammelo quello che porti in petto; io sono quel giovinetto che ama di cuore a te. 1024. Il cielo stellato lalberi son fioriti; una parola io dico non mi abbandon. 1025. Quando eri piccolina eri bella come un fiore; adesso sei fatta grande
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ti sei sciupata per lamor. 1026. Maledetto quel vento e chi lo fa menare la mia voce lontana e non si pu capire; lamore come il grano che pian piano si matura arriver quel giorno che si raccoglie pure. 1027. Il giorno dei morti andai al cimitero; tutta vestita nera mi faceva appassion. 1028. Quando eri bellina eri bella come un fior; adesso ti sei sciupata col pensiero dellamor. 1029. Il 29 luglio quando si miete il grano nata una bambina, con rose e fiori in mano; non era cittadina, nemmeno paesana era in quel boschetto, vicino alla marina. 1030. Se tu vuoi che morij dammi il tuo veleno; io vorrei venire a riposare sul tuo seno. 1031. Adda arriv un giorno che te ne pentirai; tu sola piangerai che perduto hai lamore. 1032. Signorine che facite lamore non sapete che sia il soffrire; non c altro al mondo dolore che vedere lamore morire

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1033. Un fazzoletto bianco un altro di colore; sar quel fazzoletto regalato dallamore. 1034. Ind a questa strata (ndo la Cascina) quanta lacrim ho gettato; dove sono quelle ossa che tanto avevo amato. 1035. Bella sei come un angelo discesa davanti a Dio; questa la vita mia io te la dono a te.

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Filastrocche
1036. Car, carett Napl e Barletta; n vogl ric Napoli, lu pizzl945 r la papara; n vogl ric lu pizzl lu cor mij s spizzla; n vogl ric lu cor fratta chi mo mor n vogl ric fratta; lu lup chi mafferra n vogl ric lu lup; lu sorg varvut, n vogl ric lu sorg; la spina r lu polc; n vogl ric la spina, ma lanca porcina; n vogl ric lanca, eiavstut r janch!

Car, carett Napoli e Barletta; non voglio dire Napoli, il becco della papera; non voglio dire becco il cuore mio si spazzola; non voglio dice il cuore Tuo fratello che ora muore non voglio dire tuo fratello; il lupo che mi afferra non voglio dire il lupo; il topo barbuto, non voglio dire il topo; la spina della pulce; non voglio dire la spina, ma la coscia porcina; non voglio dire lanca, vestito di bianco!

1037. Ndoveia sciut zi preut? A la fndana nova. - Che eia sciuta a fa? Eia sciut a cogl li curnal a chi r bbol r a li puorc e a li can:
945

pizzl = pizzo, becco di uccello.

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- Dove andato zi prete? Alla fontana nuova, -Che andato a fare? E andato a raccogliere i curnali, ai porci e ai cani: -la gallina zoppa, chi lha azzoppata? lu ndinn della porta. -La porta dov? Lha bruciata il fuoco Il fuoco dov? Lo ha spento lacqua. Lacqua dov? Se l bevuta la mucca. La mucca dov? Sopra a quel monte E andiamo a raggiungerla. Come il precedente:

- La hagghina zoppa, chi lav azzppata? Lu ndinnr la porta. - La porta ndoveia? Lhav arsa r fuoch. - R fuoch ndoveia? Rhav sttat lacqua. - Lacqua ndoveia? S lhav veppta la vacca. - La vacca ndoveia? Ngimma a quigghj mond E giamla a raccogn E tuppt e tuppt e tuppt946.

1038. Car, car la vecchia s n vaj lassamnnilla sc ca craj torna a bbn cu na pizza lenda lenda947 e Maria s scaglienda948 cu n picca r mier fort e Maria s cunforta cu n picca r vin racit e Maria ten lu zit!
Car, car la vecchia se ne va lasciala andare
946 947 948

Questo canto riportato anche nel libro di S. La Sorsa a pag. 109. lenda = pasta molto floscia. scaglienda = riscalda.

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che domani torna a venire con la pizza molle molle e Maria si riscalda con un po di vino forte e Maria si conforta con un po di vino di aceto e Maria ha il fidanzato!

Vill villut cavallo pizzuto chi fila, chi tesse esce fuori!

1039. Vill villut cavall pizzut chi fila, chi tess ra for s ness!

Giuochi infantili che spesso si facevano, e si fanno ancora per intrattenere giocando i pi piccini; prendendo la palma di una mano si comincia a dire:

1040. Mmiezz qua ngeia na fndanella ng vai a bbev na paparella (pollice) quist la vr (indice) quist la ngapp (medio) quist la cucin (anulare) quist s la mangi (mignolo) a quist povero pprniell n ng rezn manch nu scianghtiell949.
Qui in mezzo c una fontanella ci va a bere una paperella (pollice) questo la vide (indice) questo la cattur (medio) questo la cucin (anulare) questo la mangi (mignolo) a questo povero pipirinello non dettero neanche una coscettina.

Oppure, strizzando la falange di ogni dito, dice:

1041. (mignolo) (anulare) (medio) (indice) (pollice)


949

pprniell fior raniell cchi luongh r tutt allecca mrtal950 scazza prucchj a lu mnnzzar951.

scianghtiell = diminutivo di scianga che vuol dire coscia, o anca di pollo o di altro animale.*** Questo giuoco riportato a pag. 88 del libro di S. La Sorsa. 950 allecca mrtal = lecca mortaio, ovvero recipiente in cui si pestano vari ingredienti.

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Canzoni alla rovescia


1042. Sacc na canzona a la mmersa952 si t la rich, n t la mbar maj; chiandaj nu savuch e po era cerza953; ngimma ng sciett a cogl li curnal, po venn la patrona r r cucozz: pcch thaj fatt r persch954 mij? Tandann puozz av r sanitat quand ij mlegghj toj magg mangiat.

Conosco una canzone alla rovescia se te la dico, non la impari mai piantai un sambuco e poi era una quercia sopra andai a cogliere i cornioli poi venne la padrona delle zucche perch hai raccolto le persiche mie? tanti anni possa tu avere di salute quante mele tue io mi sono mangiate.

Conosco una canzone alla rovescia alla dritta non la so cantare mi alzai una mattina ed era festa, presi una falce e andai a zappare; arrivai alla porta e trovai una quercia, le ciliegie cominciai a mangiare, poi venne la padrona delle zucche; lascia stare le mie cipolle. Tanti anni possa tu avere di salute quante mele tue io ho mangiato.
951

1043. Sacc na canzona a la mmersa a la rrritta n la sacc cand: mauzaj na matina e era festa, m pgliaj na fauc e sciett a zapp; arrvaj a la porta e trvaj na cerza, r cras accummnzaj a mangi; po venn la patrona r r cucozz: lassa st r mij cpogghj. Tantann puozz av r santat quandij mlegghj toj magg mangiat955.

mnnzzar = immondezzaio, dal latino medioevale immundizarium (XV sec. A Roma)- DEI,voce immondo. 952 mmersa = alla rovescia, al contrario. 953 cerza = quercia, dal latino volgare cercea per assimilazione da quercea. 954 persch = pesche, dal latino persica. 955 *** Nei canti popolari umbri raccolti dal Chini troviamo a pag. 150 n. 2 un canto che ne ricalca, quasi alla perfezione, e con gli stessi termini, il concetto. - ***La n. 995 e la 996 sono riportate a pag. 72 del libro Come giocavano i Fanciulli dItalia di Saverio La Sorsa Ed. Insubria NA 1937.

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1044. La Befana vien di notte con le scarpe tutte rotte; con le trecce a la romana viva, viva la Befana956. 1045. Silenzio perfetto, chi parla schiaffetto; chi dice parola esce fuori di scuola957. 1046. Questa la strata r lu Rre, chi zonga passa s vol sr.
Questa la strada del Re chiunque passa si vuole sedere.

Uno, due e tre il Papa non Re.

1047. Uno due e tre Lu Papa n nneia Rre958.

Ferro, ferraccio un bue ed una mucca, la mucca munta e zio Pietro cornuto.

1048. Fierr frrazz nu vov e na vacca; la vacca mnciuta959 e zi Pietr curnut960.

1049. Sega, sega mast Cicc na panella961 e nu sacicc; la panella ng la stpam e lu sacicc n lu mangiam962.

*** Questo canto riportato a pag. 177 del libro Ambarab di Lella Gandini ed. Emme MI 1979. *** Riportato nel libro succitato della Gandini a pag. 188 nn. 453/54. 958 *** I primi due righi sono identici ad un canto riportato dalla Gandini a pag. 213 n. 517. 959 mnciuta = munta, p. p. debole del verbo mungere. 960 *** Citato nel libro di S. La Sorsa a pag. 50. 961 panella = grossa pagnotta di pane; termine usato anche in Abruzzo. 962 *** E riportato anche nel libro Tradizioni popolari salernitane di Fernando Dentoni-Litta- Salerno 1982 pag. 101.
957

956

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Sega, sega mastro Ciccio una panella e una salsiccia la panella la conserviamo e la salsiccia ce la mangiamo.

1050. N, n, n pesc fritt e baccal.963


N, na, n pesce fritto e baccal.

Se me ne esco da queste botte non uscir pi a defecare la notte.

1051. Si m nnesk ra ndo st bbott; n nnesk cchi a cac la nott.

Luccello che in gabbia non canta per amore canta per rabbia.

1052. Lauciell chi ia ngabbia; n canda p amor canda p rabbia.

1053. Botta catascia scinn abbasc ramm la chiav r la cascia tu t nghiur e ij t sckasc964.
Lucciola scendi gi dammi la chiave della cassa tu ti rinchiudi ed io ti apro.

1054. Mo ven a chiov cu lacqua r lu sol; cu lacqua r la marina


*** N e nac n/ fighitu frittu e baccal troviamo nella raccolta Vigo (LARES XLII nn.3-4 pag. 464 riga 13). 964 *** Riportato dalla Gandini nel suo libro a pag. 131 n. 305.
963

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Ora viene a priovere con lacqua del sole; con lacqua della marina Francescantonio e Caterina.

Ciccantonij e Catarina.

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Ninne nanne
1055. Suonn, suonn n vn ra sul vien a cavall cum a li sgnur vien a cavall a nu cavall bianch la sella ror e la staffa r diamand; vien a cavall a nu cavall russ la sella ror e la vriglia a lu muss965.

Sonno, sonno non venire da solo vieni a cavallo come i signori vieni a cavallo di un cavallo bianco la sella doro e la staffa di diamante; vieni a cavallo di un cavallo rosso la sella doro e la briglia al muso.

Fai la ninna, la ninna doro morta la gallina sopra le uova fai la ninna, la ninna doro possa morire chi male ti vuole.

1056. Fa la ninna, la ninna ror eia morta la hagghina ngimma a luov; fa la ninna, la ninna ror pozza mr chi mal t vol.

1057. Ninna nanna, la ninna mo ven n ngeia la mamma chi t vol bben; n ngeia la mamma e manch ngeia lattan so giut a prh a Sand Caitan.
Ninna, nanna la ninna ora arriva non c la mamma che ti vuole bene non c la mamma e neanche il padre sono andati a pregare San Gaetano.

Non c la mamma e neanche la nonna sono andate a pregare la Madonna; ninna nanna, la ninna la nanna
965

1058. N ngeia la mamma e manch la nonna so giut a prh la Maronna; ninna nanna, la ninna la nanna si pccninn e t canda la mamma.

Una identica ninna-nanna, ma con parole diverse la troviamo nei canti di Piano di Sorrento a pag. 117 n. CCVIII; e a pag. 190 di Santi, Streghe e Diavoli; nonch nelle carte di R. Scotellaro riportate da G.B.bronzini su LARES 1984 n. 4 pag. 594 n. 25 riga 14.

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sei piccolino e ti canta la mamma.

1059. Suonn ca vnist ra Caserta rimm si la bella mia eia viva o morta; sera la lassaj a lliett faca lu sagg r la mort.
Sonno che venisti da Caserta dimmi se la bella mia viva o morta; ieri sera la lasciai a letto faceva il saggio della (buona) morte.

1060. Suonn ngannator, nganna amand nganna lu ninn mij ca saddrmenda; ninna nanna, la ninna a chi nat sia bnritt Ddij chi lhav criat, sia bnritt Ddij e la Maronna, lu paravis cu tutt li sand.
Sonno ingannatore, inganna amant inganna il mio piccolo perch si addormenti; ninna nanna, la ninna a chi nato sia benedetto Dio che lo ha creato, sia benedetto Dio e la Madonna, il Paradiso con tutti i santi.

1061. Suonn, suonn n bn ra sul ca si tu vien t vogl pahan; t vogl ran nu carlin966 lora ogni ddoj or so dduj carlin
Sonno, sonno non venire da solo perch se tu vieni, ti voglio pagare; ti voglio dare un carlino lora ogni due ore sono due carlini.

1062. Vien Maronna, vien m ladduorm adducmmill quann eia fatt juorn; vien Maronna, cu ss mmenn chien portar a stu criatur ca s r bbev.
Vieni Madonna, vieni ad addormentarlo portamelo quando fatto giorno; vieni Madonna, con codeste mammelle piene

carlin = carlino, moneta assai diffusa nel Medioevo in quasi tutta lItalia, coniata per la prima volta in oro e argento da Carlo I dAngi nel 1278, poi molto diffusa in argento nel conio gigliato di carlo II dAngi, emesso nel 1303. Vari molto di peso e di lega con il tempo, ma continu ad essere emessa nel Regno di Napoli fino allavvento del sistema Feudale (GDE).

966

- 303 -

portale a questo bambino che se le beve.

1063. Maronna r lu puzz, n fa chiov mandien lacqua e n la fa car; cum vogl fa, frtuna mia, n tengh leun e r fuoch m mor.
Madonna del pozzo, non fare piovere mantieni lacqua e non la far cadere; come voglio fare fortuna mia, non ho legna e il fuoco si spegne.

1064. Ninna, nanna, la ninna fattilla cum s la fann tanda pccrill; fatt la ninna, figl mij, rpuos mamma thav fatt nu lliett r ros.
Ninna, nanna, la ninna fattela come se la fanno tanti bambini; fatti la ninna, figlio mio riposa la mamma ti ha fatto un letto di rose.

1065. N pozz cand, n tengh voc ninnill staj lundan n m send; n pozz cand ca mena viend e r parol mij passan nnand. Mena viend, quand vuoj mn, ca assuqua967 la cammisa a ninn mij
Non posso cantare, non ho voce ninnillo sta lontano non mi sente; non posso cantare perch c il vento e le mie parole passano avanti: Soffia vento, quando vuoi soffiare che asciuga la camicia al mio piccolo.

1066. Vien Maronna, vien t lu piglia portal mbaravis e gioquammill968; mbaravis ng so bell ccos chi zonca vaj, l s rposa.
Vieni Madonna, vieni a prendertelo portalo in Paradiso e fallo giocare; in Paradiso ci sono cose belle chiunque va, l si riposa.

967 968

assuqua = asciuga, dal latino tardo exsucare = asciugare. gioquammill = giocamelo.

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1067. Ninna, ninna, ninna, ninna nanna lu lup seia mangiat la pcurella; pcurella mia cum facist quann mmocqua a lu lup t vrist. Scist a p fusc e fusc n ptist rimm tu pcurella, cum facist969
Ninna, ninna, ninna, ninna nanna il lupo si mangiato la pecorella; pecorella mia come facesti quando in bocca al lupo ti vedesti. Andasti per fuggire e fuggire non potesti dimmi tu pecorella, come facesti

1068. Chiamai nu sand(ritornello ad ogni invocazione) n vnern ruj, e bbenn la Madonna e Santa Lucia tre SantAndreia quatt r r latt cing Sant Vcienz seij Sant Vlas sett San Ggsepp ott Sant Rocch nov Sant Nicola 1069. San Nicola a la taverna scia ma la vscilia970 n la cammarava971

*** Canto molto noto in varie culture, qui segnaliamo un canto del Sannio raccolto da Manfredi Del Donno e riportato a pag. 190 di Santi, Strege e Diavoli Sansoni 1971 ed anche in Tradizioni popolari salernitane di Fernando Dentoni-Litta a pag. 111. 970 vscilia = vigilia, dal latino vigilia, giorno che precede una solennit religiosa. 971 cammarava = mangiare di grasso, voce dialettale panmeridionale, dal significato di contaminare, infettare, avvelenare; dal latino tardo cammarare (DEI, voce cammarare).

969

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Cerimonie religiose
1070. Verb r Ddij ra lu ciel scnnist trentatr ann p lu munn scist tutt li padr Sand allumnast. Cunfrndast San Giuann e Ggies Crist cu nu libbr mman scienn lggenn pccatur e pccatric chi sap lu Verb r Ddij, chi s lu ric chi n lu sap, s ladda ra mbar. Ca lu juorn r lu ggrizzij abbsgnarr si no mazz r fierr e frust r hranat pcch lu Verb r Ddij n t leia mbarat?

Verbo di Dio dal cielo scendesti trentatre anni per il mondo andasti tutti i padri Santi illuminasti. Incontrasti San Giovanni e Ges Cristo con un libro in mano andavano leggendo peccatori e peccatrici chi comosce il Verbo di Dio, se lo reciti chi non lo sa, lo deve imparare. Perch il giorno del giudizio servir altrimenti mazze di ferro e fruste di granate perch il Verbo di Dio non te lo sei imparato? Entrando in Chiesa:

Peccati miei restate fuori io me ne vado dallangelo custode; con langelo custode e tutti i santi in nome del padre, figlio e Spirito Santo. Alla fonte battesimale:

1071. Pccat mij rmanit for ij m n vach a langl custor; cu langl custor e tutt li sand in nome del Padre, Figl e Spirit Sand972

1072. Acqua sanda sacra sal tand sacr fonda r paravis; perdonami Ddij mij che vaggia affis; agg affis Ddij e tutt li sand
*** Penziere de la case, rumanite da fore/ c-agghiu sc adur nostre Signore dice un canto religioso pugliese riportato da Luigi Sada su LARES XLII n. 1 pag. 29 n. 94.
972

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Acqua santa sacra sale tanto sacro fonte di Paradiso; perdonami Dio mio che vi ho offeso; ho offeso Dio e tutti i santi in nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo.

in nome del Padre Figl e Spirit Sand.

A sera quando si chiudeva o sprangava la porta:

1073. Chiurt porta mia cu lu mand r Maria cu lu vel r San Ggsepp cu laniegghj r Salamon fusc ra qua brutt spion.
Chiuditi porta mia con il manto di Maria con il velo di San Giuseppe con lanello di Salomone fuggi di qua brutto spione. A sera, andando a letto:

1074. Mo m corch a lliett cu langl prfett, cu langl r Ddij e cu la Vergn Maria.973


Ora mi corico a letto con langelo perfetto, con langelo di Dio e con la Vergine Maria.

1075. A letto m so curquat sett angl agg acchiat tre ra pier e quatt ra cap; la Maronna m staj a llat mbaccia a li titt ngeia langl spas; nnret a la porta ngeia San Rocch cunfssion, cummnion, uogl sand, ngeia lu Patr, lu Figl, lu Spirt Sand;
*** Una simile preghiera della sera la troviamo nei canti umbri del Chiani a pag. 64 n. XX; e alcune varianti le troviamo nei Canti Popolari Marchigiani a pag. 533 dellestratto anastatico. Infine riportato da S. La Sorsa a pag. 67.
973

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A letto mi son coricato sette angeli ho trovato, tre ai piedi e quattro al capo; la Madonna mi sta a lato di fronte al tetto c langelo scritto in mezzo alla casa c langelo steso; dietro la porta c san Rocco confessione, comunione, olio santo, c il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; c la vergine Maria che assiste quastanima mia. O Maria della Scala io mi corico e tu mi chiami di coricarmi mi corico sicura, ci sei tu e non ho paura. Evitami questa notte di farmi morire di mala morte; i Santi mi sono parenti i dodici Apostoli mi sono fratelli; ora che ho questi amici fedeli mi faccio la croce e mi metto a dormire. Oppure:

ngeia la Vergn Maria chi assist questanima mia. O Maria r la Scala ij m corch e tu m chiam r curqu m corch sicura, ng si tu e n nagg paura. Havitam stanott r m fa mr r mala mort; i Sand m so pariend i rurrc Apostl m so frat; mo chi r tengh stamic frel m fazz la croc e m mett a durm.974

1076. Mo m corch a letto cu langl perfett, cu langl r Ddij e cu la Vergn Maria. A lett m so curquat, tre ra pier e quatt ra cap; la Maronna m staj a llat, Sand Rminch e Sand Francisch la Maronna e Gies Crist, a lu funn r la mia mort
974

Questa preghiera della sera labbiamo trovata anche sulla rivista Nueter 1982 n. 1 pag. 27.

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Ora mi corico a letto con langelo perfetto con langelo di Dio e con la Vergine Maria. A letto mi sono coricato, tre ai piedi e quattro al capo; la Madonna mi st a lato, San Domenico e san Francesco la Madonna e Ges Cristo, alla fine della mia morte fammi restare costante e forte. Ricordati di me, Maria beata te, beata te Maria, che sei tanto verginella, gli angeli tornano in cielo e noi peccatori in terra; io col vostro amore mi inchino e bacio in terra. Oppure, due formule brevi:

famm rst custand e fort. Arrcordat r me, o Maria bbiata tte, bbiata a tte Maria, chi si tanda vrgnella, langl tornan ngiel e nuj pccatur nderra; ij cu vostr amor m nghin e vas nderra.

1077. Sand Francisch monach r Crist uardam stanma mend chi maddrmisk; si lu rmonij m ven a tnd, Sand Francisch m pozza ajt975.
San Francesco monaco di Cristo guardami quastanima mentre che mi addormento; se il demonio mi viene a tentare, san Francesco mi possa aiutare.

Buona sera, buona sera langelo spegne la candela; la madonna per la casa
975

1078. Bona sera, bona sera langl stuta la cannela; la Maronna p ndo la casa lu brutt ess e lu bbuon tras.

*** Luigi Sada riporta questo brano come cantato anche ad Anzano (FG) come si evince da LARES XLIII/1977 n. 1 pag. 40 n. 18.

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il brutto esce e il buono entra. 25 marzo alla chiesa dellAnnunziata:

1079. Cnzina (o altro nome) ra stu munn adda pass ra lu rmonij n la fa tnd; osc eia la Beata Vergine Maria ciend cruc e ciend Ave Maria. Sanda Maria sei matra r Ddij so pccator e t vengh a trv: per quellamor chi puort a Ddij Mamma Maria n mabbandn. Osc ia il giorno di la Bambinella la grazia chi t cerch m la cungier cuncrmmilla tu Maronna mia, mo t la cand la prima Ave Mmaria.
Vincenza (o altro nome) da questo mondo deve passare dal demonio non la far tentare; oggi la Beata Vergine maria cento croci e cento Ave maria. Santa maria sei madre di Dio sono peccatore e ti vengo a trovare: per quellamore che porti a Dio mamma Maria non mi abbandonare oggi il giorno della Bambinella la grazia che ti cerco me la concedi concedimela tu Madonna mia, ora te la canto la prima Ave maria.

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Natal
1080. Ancora eia nasc e si mariunciell ndo r fasc; mariunciell chi tha mbarat? Quanda cor chi hai arrbbat976.

Ancora devi nascere e sei marionciello nelle fasce; marioncello chi ti ha insegnato? Quanti cuori che hai rubato.

1081. Eia nat lu Bbammin a Betlemm tu vir che trsor, che gemm; Oh che gemm o che trsor si lu munn foss ror!
E nato il Bambino a Betlemme tu vedi che tesore, che gemme; Oh che gemme o che tesoro se il mondo fosse doro!...

Quanto bello Ges bambino quando bello riposto sta; tutto pieno di grande amore e tutto pieno di carit.

1082. Quanteia bbell Ges Bammin quandeia bbell, rpuost st; tutt chin r grannamor e tutt chin r cart.

1083. Gies, t ron lu mij cor e Tu ronam la bella Trnnt!


O Ges ti dono il mio cuore e Tu donami la bella Trinit

Chi non fa il digiuno la vigilia di Natale diventa turco, diventa cane.


976

1084. Chi n fac lu rsciun la vscilia r Natal rvenda turch, rvenda can.

*** Bammineddu picciriddu/ lu me cori lu voliddu/ Iddu chianci ca lu voli/ Bammineddu arrobba-cori recita un canto sacro di Partinico della raccolta Salomone-Marino pag. 244 n. 607.

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1085. Eia arrvat Natal sand e giust eia arrvata la nascta r Crist: chi s mangia la carn e chi larrust e ij manch appesa a la chianca lagg vista; chi s vev r mier e chi r must, ij racqua magg fatta na prvista. Si natu Natal ven cum a quist nnanz lu puet pozza av la frusta977
E arrivato Natale santo e giusto arrivata la nascita di Cristo: chi si mangia la carne e chi larrosto ed io neanche appesa alla macelleria lho vista; chi si beve il vino e chi il mosto, io di acqua mi son fatto una provista. Se un altro natale viene come questo che il poeta possa assaggiare la frusta.

*** Fin da ragazzo eravamo arciconvinti, come altri, che questo fosse un canto prettamente calitrano, fino a che non abbiamo scoperto che ne esiste uno identico a S. Costantino Briatico in Calabria, come riportato da Vito Teti ne Il Pane, La Beffa e La Festa ed. Guaraldi 1978 a pag. 194 e 256.

977

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Sttmana Santa
1086. Gies Crist e San Giuann cu nu libbr p lu munn scienn, prrrcann pntenzia a salvamiend

Ges Cristo e San Giovanni con un libro per il mondo andavano predicando penitenza e salvezza.

Verbo di Dio che dal cielo scendesti nel seno di Maria ti ingarnasti; trentatre anni per il mondo andasti tutti i padri santi illuminasti.

1087. Verb r Ddij ra lu ciel scnnist nda lu sen r Maria t ngarnast; trentatr ann p lu munn scist tutt li patr sand allumnast.

Peccatori e peccatrici chi conosce il verbo di Dio lo reciti chi non lo sa se lo impari.

1088. Pccatur e pccatric chi sap lu Verb r Ddij s lu ric chi n lu sap s lu fac mbar.

1089. Corona ror tna Maria, fuorfc ror mman tna, pann r seta tagliava e cusa.
Corona dora aveva Maria, forbici doro in mano aveva, panni di seta tagliava e cuciva.

Viene il Figlio dalla scuola Mamma maria che fai sola, sola? Figlio, figlio, cosa vuoi che faccia: mal sogno mi sono sognata/che i Giudei ti hanno attaccato - 313 -

1090. Ven lu figl ra la scola, - Mamma Maria, che fai sola, sola? - Figl, figl, che bbogl fa: mal suonn magg snnat ca li Ggrej thann attaccat curona ror thann luat, curona r spin thann nghvat.

corona doro ti hanno tolto e corona di spine ti hanno inchiodato.

1091. La curona r spin eia lu vuler rvin. La curona r spin eia llu mij rstin.
Corona di spine il volere divino. La corona di spine il mio destino.

1092. Quill sangh przzius nda lu calc cunsahrat, chi lu ric tre vot a lu camb n nnhav paura r truon e lamb; chi lu ric tre vot a lu juorn n nnhav paura r rmonij attuorn; chi lu ric tre vot la sera Gies Crist lu vaj a bbr; chi lu ric tre vot la nott n nnhav paura r mala mort: Gies Crist, che bella rosa, mand e gigl r purit porta lanma al ciel preziosa a p bbr la Trinit.
Quel sangue prezioso nel calice consacrato, chi lo dice tre volte al campo non ha paura di tuoni e lampi; chi lo dice tre volte al giorno non ha paura di demonio intorno; chi lo dice tre volte la sera Ges Cristo lo va a vedere; chi lo dice tre volte la notte non ha paura di mala morte: Ges Cristo, che bella rosa, mantello e giglio di purezza porta lanima al cielo preziosa per vedere la Trinit.

1093. Gies Crist mmiezz a luort n snda lu scunfuort; p li chiand e p la voc n snda la soja croc.
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Ges Cristo in mezzo allorto non sentiva lo sconforto; per i pianti e per la voce non sentiva la sua croce. O croce mia dolcissima sii dolce un po per me! Giuda lo trad, e non se lo sogna!

O Croc mia dolcissima dulcisc nu poch p mme! Giura lu trar, e n s lu sonna!

1094. Quann fu lu giovr sand, la Maronna s poss lu mand, n nnhava cu chi sc sola, sola s part. Cunfronda Sand Pietr nnand: - Che hai, Maria, chi tand chiang? - Chiangh, chiangh lu mij rlor chiangh ca agg pers lu figl mij. - Tu lhaj pers e ij lagg acchiat va a la casa r Pilat, l lu truov flaggllat.
Quando fu il gioved santo, la Madonna si mise il manto, non aveva con chi andare sola, sola, se ne part. Incontra San Pietro davanti: - Che hai Maria che tanto piangi? - Piango, piango il mio dolore piango perch ho perduto il Figlio mio. - Tu lo hai perduto ed io lho trovato vai a casa di Pilato, l lo trovi flagellato.

Tupp, tupp chi l? Sono Maria sventurata.

1095. Tupp, tupp chi eia lloch? So Maria sventurata.

1096. Mamma, mamma n pozz apr ca li Ggrej mhann attaccat, mhann attaccat man e pier; mhann luat la Curona ror, e mhann puost la Curona r spin. Hann urdnat nu par r chiuov
- 315 -

Mamma, mamma non posso aprire perch gli Giudei mi hanno legato, mi hanno legato mani e piedi; mi hanno tolto la Corona doro, e mi hanno messo la Corona di spine. Hanno ordinato un paio di chiodi lunghi, lunghi e assai doppi. Vai dal forgiaio fatteli fare corti e sottili perch debbono trafiggere carni gentili fatteli fare piccoli e galanti perch debbono trafiggere carni di santo.

luongh, luongh e assaj ndrign. V ra lu mastr frggiar fattill fa curt e sttil ca hanna prci carn ggndil; fattill fa piccul e galand ca hanna prci carn r sand.

Quella zingara maledetta che li fece lunghi e doppi; la Madonna maledice e sempre raminga la fa andare.

1097. Quegghia zengara maledetta chi r fec lungh e ndrign; la Maronna la malric e semb sperta la fac sc.

Ahi, quando Maria si affanna Ges flagellato alla colonna, schiaffeggiato da gente tiranna. Vedi il pianto che fa la madonna! Figlio, figlio, cosa devo fare? Non ti posso pi aiutare. Rosso, rosso alla colonna Ges Cristo non risponde.

1098. Ahi, quando Maria saffanna! Gies eia flaggllat a la colonna, eia sckafftiat ra ggend tiranna. Vir lu chiand chi fac la Maronna! Figl, figl, che aggia fa? N t pozz cchi ait. Russ, russ a la culonna Gies Crist n rsponn.

1099. Mmanna a dic a li pariend


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Manda a dire ai parenti che Maria non pu venire ha il Figlio morente.

ca Maria n po bn ten lu figl p mr.

Emmanuele, Emmanuele, Ges Cristo con i Giudei: chi gli dava una spintonata chi gli dava una stilettata. Quel sangue che scorreva San Giovanni lo raccoglieva; e lo metteva nel calice.

1100. Emmanuele, Emmanuel Gies Crist cu li Ggrej: chi lu ria na spindunata chi lu ria na stlttata. Quill sangh chi scurra San Giuann laccuglia; e ndo lu calc lu mtta.

1101. Rimm, Giuann, p quand amor m puort rimm si lu Figl mij eia viv o muort? Viv o muort nuj lu trvarramm la via chi hav fatt nuj faciarramm.
Dimmi, Giovanni, per quanto amore mi porti dimmi se il Figlio mio vivo o morto? Vivo o morto noi lo troveremo la via che ha fatto noi faremo.

1102. Quann furn arrvat a quigghj luoch s sndienn r soj strilland voc; nu figl tna e meia muort nncend lhann rat fel e act p medicamend. Figl, figl che segn m lass?
Quando giunsero a quel luogo si sentivano le sue voci strillanti; un Figlio avevo e mi morto innocente Gli hanno dato aceto e fiele per medicamento. Figlio, figlio che segno mi lasci?

1103. Mamma, mamma, lu sign ca t lass ca mund cu mund shanna cunfrnd:


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Mamma, mamma, il segno che ti lascio che mondo con mondo si deve affrontare; le pietre della strada tremeranno lacqua del mare diventer sangue.

r pret r la via hanna ra trm, lacqua r lu mar sangh rvnd.

1104. Tutt rciarrann: che eia quegghia? La mort r Gies onnipotend, chi la sap, chi la ric e la ndenn
Tutti diranno: cosa successo? La morte di Ges onnipotente, chi la sa, chi la dice e chi la intende.

1105. Gies Crist appasiunat si muort ncroc p nostramor! So grann li tuj rlur p salv li pccatur. Prdona a nuj, Gies Redentor, cum prdnast a lu buon latron.
Ges cristo appassionato sei morto in croce per nostro amore! Sono grandi i tuoi dolori per salvare i peccatori. Perdonaci, Ges Redentore, come perdonasti al buon ladrone.

Santa madre, addolorata, prega Ges per noi. Tu soffristi molto, o Maria per salvare questanima mia!

1106. Sanda madre, addulurata, preha Gies per noi. Tu suffrist assaj, o Maria, p salv questanima mia!

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Li Sand
1107. San Ggsepp mastr rasc faca bbffett e casc; faca pur la fazzatora, e San Ggsepp protettor.

San Giuseppe falegname faceva tavoli e casse; faceva anche la madia e San Giuseppe protettore.

San Nicola per il mondo andava tutti i bambini addormentava. San Nicola non voleva latte voleva carta, calamaio e penna.

1108. Sand Nicola p lu munn sca tutt r criatur addrmsca. SandNicola n vla menna vla carta, calamar e penna.

San Nicola non voleva canzoni, voleva paternostri ed orazioni. San Nicola lha pensata bene, non da retta a nessuna persona.

1109. Sand Nicola n vla canzun, vla patrnostr e razziun. Sand Nicola lhav pnzata bbona, n daj retta a nsciuna prsona.

1110. Sand Nicola mij, bbiata a tte famm stu figl buon cum a tte; buon cum a tte e a laut Sand, ruorm, figl, ca mamma t canda! Ruorm, figl mij, n vogl chiand: taddrmisc Ddij e tutt li Sand978.
San Nicola mio, beato te fammi questo figlio buono come te; buono come te e gli altri santi, dormi, figlio, perch mamma ti canta! Dormi, figlio mio, non voglio pianti: ti addormenta Dio e tutti i santi.
978

*** Santo Nicola mio, Santo Nicola/ famme sto figlio santo comme a te/ Comme a te e comme a lauti Santi/ adduormammillo tu, Spirito Santo recita un canto di Bagnoli Irpino riportato in Santi, Streghe e Diavoli a pag. 194.

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1111. Ruorm e crisc cum r gran a lu sol, t canda mamma chi bben t vol; t vol bben cu tutt lu cor, vr t vrra gran sgnor. Ruorm, figl, e po n t scurd, cchi r la mamma nsciun t po am.
Dormi e cresci come il grano al sole, ti canta mamma che ti vuole bene; ti vuole bene con tutto il cuore, ti vorrei vedere gran signore. Dormi, figlio, e poi non ti dimenticare, pi della mamma nessuno ti pu amare.

1112. A San Canio i devoti Calitran con lofferta offron il cuor. 1113. Sand Vit Sand; libberac tutt quanda ra sierp vlnos ra can arrabbiat ra ira r sgnur e ra mal lengh pur979.

San Vito Santo, liberaci tutti quanti da sepentei velenosi da cani rabbiosi da ira di signori ed anche dalle male lingue.

1114. SandAntonij, gigl prfett facc la grazia che ci aspetta.


SantAntonio, giglio perfetto facci la grazia che ci aspetta.

1115. SandAntonij, gigl rvin si ngurnat cu lu Bbammin; saglist ngiel cu tanda hrolia,
*** Questo identico canto riportato dalla Gandini a pag. 107 n. 236 del suo libro Ambarab come cantato anche a Barletta.
979

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SantAntonio,giglio divino sei incoronato con il Bambino; salisti in cielo con tanta gloria, facci la grazia SantaAntonio.

facc razzia, SandAntonij.

1116. SandAntonij, gigl gioconn si nmmnat p tutto il mondo; chi lu ten p avvucuat ra SandAntonij eia aitat980.
SantAntonio, giglio giocondo sei nominato per tutto il mondo chi lo ha come avvocato da SantAntonio aiutato.

1117. Sanda Lucia, nobile e zitella, stia a la cella p serv Ddij; pass lu Rre e riss: Quanteia bella tu, Lucia, haja fa lu vuler mij.981
Santa Lucia, nobile e zitella stava in cella per servire Dio; passa il Re e disse: Quanto bella tu Lucia, devi fare il mio volere.

1118. Lu mij vuler eia la mia vlunt nnanz m mnarria ndo na vallata; oppuramente ndo na frnac accuss mrarra nzanda pac.
Il mio volere la mia volont prima mi butterei in un precipizio; oppure in una fornace cos morirei in santa pace.

1119. S lu luocchj e r mtt mbacil: Portal a lu Rre stu bell rial, ij m r fazz r salic piangend, riss Lucia a lu serv tutta cundenda.
*** SantAntonie, giglie giocunde/ numenate pe tutte lu munde/ chi lu tene p-avvucate/ da ogne pericule i liberate un canto religioso di Candela in Puglia, riportato, in un articolo di Luigi Sada in LARES XLIII n. 1 pag. 37 n. 5. La presente quartina la troviamo anche a chiusura di una lunga preghiera a S. Antonio in quel di Cagnano Varano (FG), come riporta sempre Luigi Sada su LARES 1979 n. 3 pag.350. 981 *** Sanda Lucia de Napele era zitella/ indanu bosche feceva razione./Pass lu rrei e disse: Lucie/ tu mada iesse l0amore mie si riscontra in un canto religioso di Accadia di Puglia (Luigi Sada in LARES XLV n. 3 pag. 358 n. 15).
980

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Si tolse gli occhi e li mise in un bacile: Portalo al Re questo bel regalo, io me li faccio di salice piangente disse Lucia al servo tutta contenta.

1120. Lu Rre quann snd sta novella, quandera irt car nderra. Quaranda saracin so tutt lest, chi cu paroccul e chi cu cntregghj.
Il Re quando sent questo fatto, quanto era alto cadde a terra. Quaranta saraceni sono pronti chi con bastoni e chi con chiodi.

1121. Condra Sanda Lucia voln fa la uerra ngera nu saracin cor crur; auz nu vrazz a laccugl ndesta Eia morta Sanda Lucia cu giuoch e festa.
Contro Santa Lucia vogliono fare la guerra cera un saraceno cuore crudele; alz il braccio a la colp in testa morta Santa Lucia con giuochi e festa.

1122. Sand Mchel Arcangl, staj ngimma a na mndagna; semb chiov e mai s bagna so r grazie r Gies.
San Michele Arcangelo, sta su una montagna; sempre piove e mai si bagna sono le grazie di Ges.

1123. Sand Mchel Arcangl, la vocqua toja purissima; quann nascist tu fust chiamat ra Gies.
San Michele arcangelo, la tua bocca purissima; quando nascesti tu fosti chiamato da Ges.

1124. E Gies accuss lu cunfrt: Sand Mchel, fatt curagg,


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E Ges cos lo confort: San Michele, fatti coraggio, a settembre e al mese di maggio, vengono tutti a visitarti.

a sttembr e a lu mes r magg, t venn tutt a bbisit.982

Ai piedi di San Michele ci sono nati bei gigli; tutti doro ed argentati, e San Michele sia lodato.

1125. A li pier r Sand Mchel bell gigl chi ng so nat; tutt ror e argndat, e Sand Mchel sia laurat.

1126. Sia laurat Sand Mchel che la razzia n cunger; n la cunger cu piet e Sand Mchel a lu mond st.
Sia lodato San Michele che la grazia ci concede; ce la concede con piet e San Michele al monte st.

Nato sei di gloria cresciuto in paradiso; perdonami angelo santo, da quando ti ho offeso.

1127. Nat si r hrolia, crsciut mbaravis; prdonam, angl sand, ra lora chi tagg affis.

Chi pi glorioso dellArcangelo Michele? Questanima mia fedele


982

1128. Chi eia cchi glurius r larcangl Mchel? Questanima mia eia frel e cu stu cor lu vogl am.

*** Ma Ddie nge responne:/ Michele fatte curagge/ a settembre, abrile e magge/ te vennene a visit da un canto religioso di Monte S. Angelo (LARES XLIII n. 1 pag. 46 n. 46).

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e con questo cuore lo voglio amare.

1129. Sand Mchel Arcangl staj ngiel e semb prieh preha lu cor r Gies e Sand Mchel aiutac tu. Evviva Sand Mchel Sand Mchel evviva ecc. ecc.
San Michele Arcangelo sta in cielo e sempre prega prega il cuore di Ges e San Michele aiutaci tu. Evviva san Michele san Michele evviva.

1130. A Sand Livardin li vungul so chin chin; si li vungul so vacand Sand Livardin seia fatt sand; seia fatt sand ramor e Sand Livardin preha pp nuj.
A san Berardino i baccelli sono pieni pieni; se i baccelli sono vuoti san Berardino si fatto santo; si fatto santo damore e san Berardino prega per noi.

Venite ben presto voi popolo di Dio, a visitare maria la madre di Ges.

1131. Vnite ben presto voi popoli r Ddij, a visitar Maria la madre r Gies. Per mare e per terra sei nominata tu Maria r lIncurnata sei piena r vrt. Maria r lIncurnata inda a na Puglia staj ij t vengh a vsit e la razzia meia fa.

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Per mare e per terra tu sei nominata Maria dellIncoronata sei piena di virt. Maria dellIncoronata (di Foggia) in Puglia stai io ti vengo a visitare e la grazia mi devi fare.

1132. Mamma Maria, si chiena r vrt tu sai li uaj mij, Maria, aiutam tu. Maria r lIncurnata, che staj ndron, auza la man e racc la bbnrzzion. Ngimma a na cirztella ng staj na Ngurnatella: la uardan quandeia bella e la hrazzia nadda fa. Vnit tutt quanda, popoli r Ddij vnit a vsit Maria, madre r ddij. P mar a p terra si nnmmnata, tu, o Maria r lIncurnata. Maria, Maria, si chiena r vrt, tu sai i mij uaj, Maria, aiutam tu.
Mamma Maria, sei piena di virt tu sai i miei guai, Maria aiutami tu. Maria dellIncoronata, che stai in trono, alza la mano e dacci la benedizione. Sopra una quercia ci sta una Incoronatela: la guardano quando bella e la grazia ci deve fare. Venite tutti quanta, popoli di Dio venite a visitare Maria, madre di Dio. Per mare e per terra sei nominata, tu, o Maria, dellincoronata. Maria, Maria sei piena di virt, tu conosci i miei guai,Maria, aiutami tu.

1133. Osc eia lu juorn tuj, o Ngurnatella, la hrazzia che t cerch cungrmmilla, cungrmmilla tu, Maronna mia, mo t cand la prima Avemmaria. Maria r lIncurnata, che staj ndron, auza la man e racc la bbnrzzion.
Oggi il tuo giorno, Incoronatella, la grazia che ti cerco concedimela,

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concedimela tu, madonna mia, ora ti canto la prima Avemaria. Maria dellincoronata, che stai in trono, alza la mano e dacci la benedizione.

1134. Maria r la Festa inda a nu vosch sta. Mamma Maria, so figl r Ddij so pccator e t vengh a trv; p quellamore chi puort a Ddij Mamma Maria, n mabbandn! Maria r la Festa inda a nu vosch sta; t sim vnut a trv e tu la hrazzia ci hai ra fa. La bella mia Maria, lu cor mij Ges, v ron lu cor mij, ca n lu vogl cchi. Ma mo chi sim vnut na bella hrazzia hamm avut; e mo che nhamma ra sc facc hrazzia, Maronna mia.
Maria della Foresta /dentro un bosco sta. Mamma Maria, sono figlio di Dio sono peccatore e ti vengo a trovare; per quellamore che porti a Dio mamma Maria, non mi abbandonare! Maria della Foresta sta dentro ad un bosco; ti siamo venuti a trovare e tu la grazia ci devi fare. La bella mia Maria, il mio cuore Ges, vi dono il cuore mio, perch non lo voglio pi. Ma ora che siamo venuti una bella grazia abbiamo avuto; ed ora che ce ne dobbiamo andare facci la grazia Madonna mia.

1135. Lu zit mij eia sciut a Foggia p vr li fiur chi scetta magg; ngeia sta ronna chi lu sol ptregg mhav mbrut lu passagg.
Il fidanzato andato a Foggia - 326 -

per vedere i fiori che maggio fa sbocciare; c questa donna che il sole protegge mi ha impedito il passaggio.

1136. A lassuta r lu sol vesc na ronna, potenzia r Ddij quanda s grann; era r capill ricc e faccia tonna e janca cchi r la nev r la mndagna.
Al sorgere del sole vedo una donna, potenza di Dio quanto sei grande; era di capelli ricci e faccia tonda e bianca pi della neve della montagna.

1137. Sant Lion mij bannera nova si nat a la citt r Milan; si battzzat a la chiesia r Roma, si fatt protettor a Caran.
San Leone mio bandiera nuova sei nato nella citt di Milano; sei battezzato alla chiesa di Roma, sei fatto protettore a Cairano.

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CALITRI CANTI POPOLARI

APPENDICE983

M chiam Ros e tengh ventann a Cap dacqu lav i pann: tengh na cest e nu spannatur tengh nu bbell strecatur (Genzano di Lucania)

In questa Appendice abbiamo voluto raccogliere dei canti notissimi a Calitri, e alcune composizioni quasi sconosciute ed inedite che riecheggiano inconfondibilmente le manifestazioni pi tipiche dellanimo popolare.

983

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I. CALTRAN Caltran m chiam e m vand na cutarra la tench chi sona; lagg posta na corda chi ndona e nu cand lu vogl cand Nata terra r ncand n n trov, chi rarghiuca lu raj bbuon addor; chi sincer lu spunda lamor, ndov tutt s ponn vas. So r donn r tratt curtes, r fgliol grazzios e cchi sckett; n t fann nu sgarr o rspett, p trnes n n vann a spsa. E tu sona cutarra mia, sona, sona, ca stanott la bella maspetta; a stu cor m send na stretta, la cchi bbona cu mmich adda st

Calitrano: mi chiamo e mi vanto/ho una chitarra che suona;/gli ho messo una corda che gli da il tono/ed un canto lo voglio cantare./Unaltra terra di incanto non ne trovi,/che gli d buon odore;/dove sincero sboccia lamore,/dove tutti si possono baciare./Le donne sono di modi cortesi,/le ragazze graziose e pi schiette;/non ti fanno uno sgarro o un dispetto,/per danaro non si sposano./E tu suona chitarra mia, suona, suona,/perch questa notte la bella mi aspetta;/mi sento una stretta al cuore,/la pi bella con me deve stare.

II. LAMOR CU NU VECCH VLIETT FA Lamor cu nu vecch vliett fa, gi che nu ggvniell n ptiett trv. Quann scerm a la chiesia a spsa, lu vecch p la via m cara; quann scerm a tavla a mangi, lu piatt r vavugl m langha;984 quann scerm a lu lliett a rpsa, lu cuscin r scazza985 m langha. Che hai tu, bella mia, chi semb chiang? Si vuoi la unnegghia nova t la fazz. N vogl n unnegghia, n cammisa, vogl nu ggvniell p mmarit: lu vecch che n fazz, ammara a mme, la croce eia hrossa e n s po prt.
984 985

langha = riempiva il piatto di bava. scazza = umore mucoso che cola dagli occhi.

- 329 -

(variante) quann scerm a lu lliett a rpsa, lu lliett n s lu frava racchian.986 Curr Lucia mia, vienm aiuta ca Crist mha luat la saluta,987 t vogl fa na vesta rcamata cu quella rrobba chi piac a vuj. N vogl n gunnell, n palazz vogl nu ggvniell chi mabbrazza.
Lamore con un vecchio volli fare: lamore volli fare con un vecchio/giacch un giovanotto non potei trovare./Quando andammo in chiesa a sposare,/il vecchio per la strada mi cascava;/quando andammo a tavola per mangiare,/il piatto mi riempiva di bava;/quando andammo a letto per riposare, mi riempiva il cuscino di cispa./Cosa hai, bella mia, che piangi sempre?/Se vuoi la gonnella nuova te la faccio./Non voglio ne gonnella, ne camicia,/voglio un giovanotto per marito: del vecchio cosa ne faccio, povera me,/la croce grande e non si pu portare. VARIANTE.quando andammo a letto per riposare,/non aveva la forza di salire sul letto./Corri, Lucia mia, vieni ad aiutarmi/perch Cristo mi ha tolto la salute,/ti voglio fare un vestito ricamato/con quella stoffa che piace a voi./Non voglio n gonnella, n palazzi/voglio un giovanotto che mi abbracci. Si tratta di una delicata e triste storia damore fra un anziano e quasi sempre ricco signore e una giovane ragazza che certamente, per quei tempi oscuri, non aveva altra scelta: o perch di antica famiglia decaduta, o povera, o per scelta dei genitori, o reduce da un amore infelice, o addirittura e non era caso difficile, perch la famiglia era indebitata col vecchio signore. Uno straziante lamento, che per i toni delicati, sensibilissimi eppure tanto umani, fa trasparire chiaramente come la scelta della ragazza non sia stata libera. (da Il Calitrano n. 5 gennaio-febbraio 1983)

III. FRANCESCHINA LA CALTRANA Ritornello: Francschina la Caltrana faca lamor cu lu cap candier; e lassstend e lu nggnier, e li manual mo che stann a ffa988. A la stazzion r Rapon ndov seia frmata la piattina; e Francschina la Caltrana s rabbrazzava cu lu cap candier. Rit.
986 987 988

racchian = di salire, non aveva forze sufficienti per salire sul letto, anticamente molto alto. Crist mha luat la saluta = Cristo mi ha tolto tutte le forze. Esprime quasi stupore per la noncuranza verso i lavoratori pi infimi.

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Cchina, Cchina989, cor r la mamma chi t lha posta ssa cannacca990 nganna: eia stat lu prim ammor e lu second eia cchi bbell ancora. Rit. A la stazzion di Rocchetta la cummanavan cu la bacchetta;991 e Francschina la Caltrana s rabbrazzava cu lu cap candier. Rit. Sott a lu pond r cinch luc992 ndov s snda sn la bbanda; Francschina la Caltrana faci lamor cu lu cap candier. Rit.
Franceschina la Calitrana: Franceschina la Calitrana/faceva lamore con il capo cantiere;/e lassistente e lingegniere,/e i manovali cosa ci stanno a fare./Alla stazione di Rapone/dove si fermata la piattina;/e Franceschina la Calitrana/si abbracciava con il capo cantiere./China, China, cuore della mamma/chi ti ha messo questa collana al collo:/ stato il primo amore/e il secondo pi bello ancora./Alla stazione di Rocchetta/la comandavano con la bacchetta;/e Franceschina la Calitrana/si abbracciava con il capo cantiere./Sotto al ponte a cinque luci/dove si sentiva suonare la banda;/Franceschina la Calitrana/faceva lamore col capo cantiere.

IV. LU PASSARIELL Oi pap stu passariell lu send ogn matina; nda lu fnstrin e mo lu send oi far c-c. Oi pap si ij lu ngapp e ng lu mett a la cangiola, mo si iggh s nabbola oi pap cum vogl fa. Oi pap ij lagg ngappat e ij lu tengh strind strind e laggir intr p intr oi pap n lu fazz cchi scapp. Oi pap stu passariell iggh eia tropp pcculill
Cchina Cchina = un vezzeggiativo di Francesca (Franceschina Cchina). cannacca = collana per donna, dallarabo hannaqa= monile, collana; voce molto diffusa in Italia Meridionale (Dizionario Etimologico Napoletano di Francesco DAscoli, voce cannacca. 991 cu la bacchetta = comandare severamente, spadroneggiare (F.DAscoli, DEN, voce bacchetta). 992 r cinch luc = a cinque arcate.
990 989

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ma quiss eia nu lazzariell e mo mavessa mzzc. Oi pap stu passariell e mo vir che pizzch chi mha dat; e lu cor mij lha chiahat e n s pot mai cchi san.
Il piccolo passero:Oi pap questo piccolo passero/lo sento ogni mattina:/nel finestrino/ed ora lo sento fare c-c./Oi pap se lo prendo/e lo metto nella gabbia,/ora se lui se ne vola/oi pap come devo fare./Oi pap lho acchiappato/e lo tengo stretto, stretto;/e lo giro dentro e fuori/oi pap non lo faccio pi scappare./Oi pap questo piccolo passero/ora vedi che pizzicotto mi ha data;/e il mio cuore ha piagato/e non si pu mai pi sanare.

V. OI PASTURELLA Ritornello: Oi pastorella,993 chiamat li can oi n, Nenna m lhann strazzata la vesta e pur la sttana oi n, Nenna currit vcin, sciat a chiam la mamma. La mamma n ngeia eia sciuta a la massaria; quann eia trnata la mamma tutta affannata: oi tu figlia mia cum s arruunata! Citt mamma mia mhann pahat li rann.
La pastorella: oi la pastorella, chiamati i cani/ oi n, Nenna/mi hanno strappato il vestito/ed anche la sottana/oi n, Nenna/correte voi del vicinato/andate a chiamare la mamma./La mamma non c/ andata alla masseria;/quando ritornata/la mamma tutta affannata:/oi ti figlia mia/come sei rovinata!/Stai zitta mamma/mi hanno pagato i danni.

Questo canto comunissimo anche in Lucania, anzi durante una festa a Calitri nellestate del 1982 abbiamo avuto modo di ascoltare una registrazione a cassetta intestata Canti Popolari Lucani. Atia figghiuzza chiamati li cani/un ti lassari cchi mmenzu la via recita un canto del repertorio sinottico della raccolta Vigo (LARES XLII n.1 pag. 90).

993

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VI. U NOBBL CAVALIER Sciett a lacqua a r Fndanell ra nand lu ncuntraj nu nobbl Cavalier: dove vai, bella biondina, dove vai? Vado a prender lacqua per lavare il gil. si m raj nu poch a bbev cendo zecchini ti voglio regal. Ij n tengh n tazz, n bbcchier p v r a bbev a vuj nobbl Cavalier. Ij n vogl n tazz, n bbcchier voglio dorm na nott a fianch a tte. Siend mamma che ha ditt lu Cavalier: vol dorm na nott a fianch a mme. Sin figlia, falla, falla questa eia la rota chi t raj la mamma a tte. Sin, sin bel Cavalier mij stanott e altra nott dormirai a fianco a mme. Quann fu la mezzanott, lu nobbl Cavalier s mise a sospirar. Tu che hai bel Cavalier mij? Chiangiss li rnar che mhai dato a mme! Ij n chiangh li rnar chiangh che fa giorn e m naggia part.
Il nobile Cavaliere: andai allacqua alle Fontanelle/davanti lo incontrai un nobile Cavaliere:/dove vai, bella biondina,dove vai?/Vado a prendere lacqua per lavare il gil./Se mi dai un po a bere/cento zecchini ti voglio regalare./Io non ho n tazze, n bicchieri/per dare a bere a voi nobile Cavaliere./Io non voglio n tazze, n bicchieri/voglio dormire una notte a fianco a te./Senti mamma cosa ha detto il Cavaliere:/vuole dormire una notte a fianco a me./Va bene figlia fallo, fallo/questa la dote/che ti da la mamma./Va bene, va bene bel Cavaliere mio/stanotte ed altra notte/dorminari a fianco a me./Quando fu la mezzanotte,/il nobile Cavaliere si mise a sospirare./Tu che hai bel Cavaliere mio?/Non piangi mica i denari/che hai dato a me!/Io non piango i denari//piango che fa giorno/ e me ne devo andare. Il bellissimo canto di cui sopra, effuso di malinconia, comune a parecchie culture: lo troviamo, infatti, nei Canti Marchigiani del Rondini a pag. 189 n. II; nei canti di Albano di Lucania di Damiano Pipino a pag. 39 e con non lieve meraviglia nei Canti Popolari di S. Pietro Capofiume (tra Bologna e Ferrara) del Ferrari a pag. 23 n.XI; e infine, con almeno cinque varianti, che vanno dal Piemonte al Veneto, nei Canti Popolari del Piemonte vol. II pag. 461 e ss. - 333 -

VII. DDAHARORA R LU CARPAT Ddaharora r lu Carpat tutt li ricc shav scppat994, p Libbert chi eia malat. eia sciuta a lav a Curtin cu nu tuozz r pan nzin. Mamma, mamma meia fa nu piacer a Libbert leia sc a trv. La trnata chi fec la mamma: mamma, mamma, che fac Libbert? Figlia, figlia che bbol fa mo lu voln sc a strm.995 S neia sciuta a messa cantata Cum a na vacca spambanata,996 s neia sciuta a messa matina senza cannaca n aurcchin: Ddaharora r lu Carpat cum na cannela ngannlata. quann stia r sauz la messa:997 Maronna mia n permett qquess; quann stia r s nass:998 Maronna mia n lu fa mr. Ddaharora annanmata999 pcch Libbert n lavienn strmat e chian, chian s rpgliava S n scia mur mur p n s fa vr ra li candatur; s n scia uatta, uatta p n s fa vr manch ra r gatt. Quann Libbert fu rpgliat n la candat cchi a Ddaharora s no v spar cu la pstola. tutt stienn anmat1000 Ddaharora era candata.
Teodora del Carpato: Teodora del Carpato/tutti i riccioli si era strappati,/per Liberto che era malato./Se ne andava a lavare a Cortino/con un tozzo di pane con se/Mamma, mamma mi devi fare un piacere/a Liberto devi andare a trovare./Al ritorno che fece la
994 995 996 997 998 999 1000

scppat = strappati, per la disperazione. strm = dare lestrama unzione ai moribondi. spambanata = senza pampini, cio alquanto sciatta, senza alcuna ricercatezza nel vestire. auz la messa = alla consacrazione. ass = quando era sul punto di uscire. annanmata = rianimata, riavutasi. tutt stienn anmat = essere alquanto ansiosi per un avvenimento.

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mamma/mamma, mamma cosa fa Liberto?/Figlia, figlia cosa vuoi che faccia/ora vogliono andare a stremarlo./Se ne andata a messa cantata/come una vacca spampanata,/se ne andata a messa mattina/senza cannacea e senza orecchini:Teodora del Carpato/come una candela che sta per spegnersi./Quando arrivava la consacrazione/: Madonna mia non permettere questo;/quando stava per uscire/ Madonna mia non farlo morire./Teodora rianimata/perch Liberto non lavevano stremato/e piano, piano si riprendeva/ se ne andava muro, muro/per non farsi vedere dai cantatori;/se ne andava di nascosto/per non farsi vedere neanche dalle gatte./Quando Liberto si riprese/non la cantate pi a Teodora/altrimenti vi sparo con la pistola./Tutti stavano ansiosi/ Teodora era cantata.

VIII. CUNDMARK Figlia, figlia n t pgliar Augenij; pgliat a Cundmarch che eia un gran signore di trecento milioni, e n vaj mai a lavorare. Cundmarch n lu vogl vogl Augenij mij che eia prim amore. Allora andarono a sposare e quando fu la sera sandarono a corcare. Cundmarch n nadduma1001 la cannela Mamma, mamma adduma la cannela ca s neia scappata la zita r sera. Figl, figl che bbo fa tu t lhai fatta ra scapp. Augenij mij aprim r port ca m n so scappata ra miezz a la mort. N m vlist quann ier ztella mo t n vai ndo lu tuo marit. Augenij, si n m truov ztella piglia na lanza e tutta mi flagelli.
Conte Marco: Figlia mia/non ti sposare Eugenio;/prendi ConteMarco/che un gran signore/di trecento milioni/e non vai pi a lavorare./ConteMarco non lo voglio/voglio Eugenio mio/che il primo amore./Allora andarono a sposare/ e quando fu sera/andarono a letto./ConteMarco non accende il lume/Mamma, mamma accendi la candela/perch fuggita la sposa di ieri sera./Figlio, figlio cosa vuoi fare/tu lhai fatta fuggire./Eugenio mio aprimi le porte/perch me ne sono scappata/da mezza alla morte./Non mi volesti quando eri zitella/ora te ne vai da tuo marito./Eugenio, se non mi trovi zitella/prendi una lancia e flagellami.
1001

n n adduma = non accende, dal latino volgare adlumare.

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Anche questultimo canto molto conosciuto nellItalia centro-meridionale, basti consultare LARES 1982/XLVIII n. 3 pag. 322 LARES L/1984 n. 4 pag. 560 e la Rassegna Tradizioni Popolari di Puglia e basilicata Anno I n.1 pag. 28.

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Amore e passione
IX. UCCELLO IN GABBIA Dind a na cangiola mha nchius na fgliola; m ggir e m sbatt e n pozz ass; mo fazz nu vot pcch vogl uar sanda Mar ra lu mij cor prima chi mor fannilla ass
Uccello in gabbia: dentro una gabbia/mi ha rinchiuso una ragazza;/mi giro e mi sbatto/e non posso uscire;/ora faccio un voto/perch voglio guarire/santa Maria/dal mio cuore/prima che io muoia/falla uscire.

X. CUNSIGL A NA FGLIOLA Fgli quann tu jess ra la casa p gg a la pteja a fa la spesa camina semb seria e cundgnosa; si vo trv quaccun chi t sposa n t mbnd1002 p la via e fila ddritt e stringt sotta canna1003 lu pannitt.1004 Quann po vaj a send la Messa uarda p terra e auza la cossa,1005 e, na vota arrvata a la Maronna, penza sultand a Ddij si no t rann; ca si t vuot viers la navata, a guard li uagliun mbrtniend, t siend arrv ncap na cannata1006 ra ron Pppin chi staj semb attiend. Si a lassuta1007 po t ven nnand fra la ggend nu giovan haland, n teia fa tucqu1008 manch nu rit,
n t mbnd = non ti fermare. sotto canna = sotto la gola. 1004 pannitt = di panno nero rettangolare, ornato con nastro serico, che le donne mettevano sul capo, tenendo i bordi con la mano sotto la gola, quando uscivano di casa. 1005 cossa = coscia, per dire che cammini svelta, col piede veloce. 1006 cannata = in chiesa le donne disattente e distratte venivano redarguite con un colpo di canna in testa. 1007 a lassuta = alluscita. 1008 n teia fa tucqu = non ti devi far toccare.
1003 1002

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pcch risch r perd lu zit. E quann lu tammurr r Squarcion1009 raj lu sgnal r la prggssion, canda cu ghiat1010 figl r Maria la mort accusssia Gies e Maria.
Consigli a una ragazza: Ragazza quando tu esci di casa/per andare alla bottega a fare la spesa/cammina sempre seria e contegnosa;/se vuoi trovare qualcuno che ti sposi/non ti fermare per la strada e fila dritto/e stringiti sotto canna lu pannitt./Quando poi vai a sentire la Messa/guarda per terra e abbi il passo svelto,/e, una volta arrivata in Chiesa,/pensa soltanto a Dio, altrimenti ti danni;/perch se ti giri verso la navata/a guardare i ragazzi impertinenti,/ti senti arrivare in testa una cannata,/da don Peppino che sta molto attento./Se alluscita poi ti viene davanti/fra la gente un giovane galante,/non ti devi dar toccare neanche un dito,/perch rischi di perdere il fidanzato./E quando il tamburo di Sguarcione/da il segnale della processione,/canta con le altre figlie di Maria/la morte e cos sia Ges e Maria.

XI. R FEMMN R CALITR R femmn r Calitr so galand e mmaritan r figl p senza niend; n tenn rota e manch rann rnar e n fann lu cundratt si no paffar. Sann scard la lana e tess pann e for vcnanz r vann cundann; la mamma llu vol r nu mastr rascia e la figlia n lu vol ca eia tropp vasc. Figlia mia eia nu figl r rccon patron r cas e terr eia stu uaglion; mamma mia vogl un r for igghj m cunzola e mhav rat lu cor.
Le donne di Calitri: le donne di Calitri sono galanti/e maritano le figlie senza dote;/non hanno dote e neanche denari/e non fanno il contratto se non per affari./ Sanno scardare la lana e tessere panni/e lo raccontano fuori del vicinato./ La mamma le vuole dare un falegname/e la figlia non lo vuole perch troppo basso./ Figlia mia un figlio di riccone/padrone di case e terre questo ragazzo./Mamma mia io voglio uno della campagna/lui mi consola e mi ha dato il cuore.

XII. MAMMA ACCHIAM LU ZIT E mamma, mamma tu acchiam lu zit


Squarcione, fra laltro, era anche il banditore del paese. Andava in giro per annunziare avvisi vari alla popolazione, attirando lattenzione col suo rumoroso tamburo. 1010 cu ghiat = con le altre.
1009

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r cumpagn mij s so mmartat; e si passa auann n m mmarit mamma t reia chiang tu li pccat. Tna sirrciann e bella tand para na rosa nata a lu giardin; vla accuss ben a quigghj amand lu tna semb chin lu catin. Igghj marracquava matin e sera e lacqua laddca a sta fntanegghia; p me n ngera viern ma primavera cum ndnava tann sta campanegghia. Lu per m lu mttist mamma nnand sciarr tu m facist a cu lamand.
Mamma trovami il fidanzato: e Mamma, mamma tu cercami il fidanzato/le mie compagne si sono gi maritate;/e se passa questanno e non mi marito/mamma lo devi piangere te il peccato./ Avevo sedici anni ed ero tanto bella/sembravo una rosa nata nel giardino;/volevo cos bene a quellamante/lo aveva sempre pieno il catino./Lui mi innaffiava mattina e sera/e lacqua la portava a questa fontanella;/per me non cera inverno ma primavera/come intonava bene, allora, questa campanella./Il piede lo mettesti mamma davanti/bisticciare mi facesti con lamante.

XIII. CRSPIN Crspin seia acchiat la zita e n ten niend e la mamma r bbaj cundann ca ten a Lliend; e ten la terra a li Chian e a lu Tfiegghj e nu trren lu ten a lu Mlniegghj. P rota li cuscin ten e quattrin e r lnzol r ten r msllin; ij a Crspin laccattaj lu ciucc e a Vtucc lu fil inda Gghisck. Lu ciucc r Crspin n porta ngroppa la varda n la porta e manch la vriglia; e quann vaj p mett la ronna a cavagghj lu ciucc auza cul e la mena abbagghj. Tutt li juorn ngimma a quegghia toppa po passa SandAliggij e s lu piglia; la terra r Vtucc che mala sort quann cala lOfat s la porta.
Crispino: Crispino si trovato la fidanzata e non ha niente/e la madre lo racconta che ha propriet a Liento;/e che ha la terra a li Chiani e al Tufiello/ed un terreno al Mulinello./ Per dote ha cuscini e quattrini/e le lenzuole le ha di mussola;/io a Crispino gli comprai lasino/e a Vituccio un filo di terreno a Ghisck./ Lasino di Crispino non porta in groppa/non porta il basto e neanche le briglie;/e quando mette la donna a cavallo/lasino la scrolla e la fa - 339 -

cascare./ Tutti i giorni sopra a quella toppa/poi passa SantEligio e se lo prende;/la terra di Vituccio che mala sorte/quando cala lOfanto se la porta via./

XIV. VOGL LU SCARDALAN Mamma mia n vogl lu zappator r zannaglj mogghj n vogl prtan; e cum nu stranguglion vaj for cu lu bbriend nguogghj e lu tascappan. Mamma mia n vogl lu campes n vogl arrn stier cu li pier; cu lu jppon nguogghj fac lu mes s corca cu li cuturr p mstier. Mamma mia lu vogl lu scardalan maggia mbar lu sciuoch r lu tlar; ess e tras a lu tuocch r la man vaj a bben cum lonna r lu mar.
Voglio lo scardalana: mamma mia non voglio lo zappatore/gli stracci bagnati non voglio portare;/e come una persona sciatta va in campagna/col bidente sulle spalle ed il tascapane./ Mamma mia io non voglio il campese/non voglio raccogliere letame con i piedi;/che tiene addosso per un mese il giubbetto/va a letto con gli scarponi per abitudine./ Mamma mia il voglio lo scardalana/voglio imparare il giuoco del telaio;/esce ed entra al tocco della mano/va e viene come londa del mare.

XV. TOTT R BBON GGIUVN SO PRMMES Tott r bbon ggiuvn so prmmes a mastr rasc e a fabbrcatur; p rota n lu tenn nu trnes lu patt s lu fann p n ng for. I capigghj s r fann mbiocch mbiocch e la unnegghia ra cimma a r ggnocchj; e quann mena lu viend o tramndana s tenn la unnegghia cu r mman. Ra nanz s la vascian la sttana nnret gi s ver la mezza luna.
Tutte le belle ragazze sono promesse: tutte le buone ragazze sono promesse/a falegnami e fabbricatori;/per dote non hanno un tornese/il patto se lo fanno per non andare in campagna./ I capelli se li fanno tutti buccoli/e la gonnella al di sopra del ginocchio;/e quando soffia il vento o tramontana/si tengono la gonnella con le mani./ Davanti se labbassano la sottana/di dietro gi si vede la mezza luna.

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XVI. SERA PASSAI Sera passaj p nnand a la porta Nenna mia t stiv spgliann; e trema stu cor e s scunforta quann cu stuocchj t stia spiann. Ngera la luc appcciata r gghiuoglj e la mrescia faca a lu mur; t vra senza cummuglj li pann pgliav nda lu tratur. Curquata a la nnura ngimma lu lliett li pann appsciav ndo ng capa; Nenna ra for trmava mbiett lamor cu ttich fa vla.
Ieri sera passai: ieri sera passai davanti alla porta/Nenna mia ti stavi spogliando;/e trema questo cuore e si sconforta/quando con questi occhi ti stavo spiando./Cera accesa la luce ad olio/e lombra faceva sul muro;/io ti vedevo senza vestiti/i panni prendevi dal tiretto./Coricata nuda sul tuo letto/i panni appoggiavi dove cera posto;/Nenna da fuori io tremavo nel petto/lamore con te voleva fare.

XVII. SERA CU MICH Sera cu mich t tna vcin a stu cor Nenna mia; t rca vir stu fior lacqua lu mien e cchi n mor. Ngera la luna, tann affacciava a lacqua chiara chi sammrava; ngiel r stell tand lundan ma la cchi bella tna p mman. Nu vntariegghj r primavera la vesta mov e la crniera; tu cu la man t laccustav chian, chian ssuocchj abbasciav. Ngeia na fndana nda sta foresta chi semb mena e maj sarresta; lacqua cu tich vogl vev e totta quanta laggia rcev.
Ieri sera con me:Ieri sera io ti tenevo con me/vicino a questo cuore Nenna mia;/io ti dicevo vedi questo fiore/lo annaffi e non muore pi./ Cera la luna allora affacciava/a lacqua chiara si ammirava;/in cielo le stelle tanto lontano/ma la pi bella tenevo per mano./Un venticello di primavera/la veste muove e la cerniera;/te con la mano te lo accostavi/pian pian0 codesti occhi abbassavi./Cera una fontana nella foresta/che sempre butta e mai si arresta;/lacqua con te io voglio bere/e tutta quanta la devo ricevere. - 341 -

XVIII. QUANN JERM PCCNINN Quann jerm pccninn e giemm a la scola tott r donn m vlienn aman; ma mo chi meia crsciuta la pstola nsciuna ronna cchi m vol vasan Nu juorn m rez attuorn na fgliola m cutlava e nzin m tna; lu cardill lu pglia ra la cangiola n canda ancora ma egghia s ngiaca. Vlarria trn na vota cum tann quann r nenn m strngienn mbiett; e p mascia m sndarria hrann curqu r faciarria cu mich a lu lliett.
Quando eravamo piccoli: quando eravamo piccoli ed andavamo a scuola/tutte le donne volevano amarmi;/ora che cresciuta la pistola/nessuna donna pi mi vuole baciare./ Un giorno mi corteggi una ragazza/mi cullava, fra le braccia mi teneva;/il cardellino lo prendeva dalla gabbia/non cantava ancora, ma lei si compiaceva./ Vorrei ritornare una volta come allora/quando le donne mi stringevano al petto;/e per magia mi sentirei grande/coricare le farei a letto con me.

XIX. SI TNESS NA CHITARRELLA Si p sort tness na chitarrella t vnarria a cand nnand a la porta; curquata sola, sola inda ssa cella e fors lu cand mij t cunforta. Ra nda la masckatura vogl spian t vogl vr quann t spuoglj; r moss a una a una vogl cundan la vesta t la liev e lu cummuglj. Curquata a la nguglnura nda lu lliett Cundenda e pnsrosa r ss bbllezz; cu tott e ddoj r mman tattand mbiett la crianza t lammir e r fattezz.
Se avessi una piccola chitarra: se per caso avessi una piccola chitarra/verrei a cantare davanti alla tua porta;/coricata sola, sola dentro la tua cella/(e forse il mio canto ti conforter./ Dal chiavistello voglio spiare/io ti voglio vedere quando ti spogli;/i movimenti li voglio contare uno ad uno/la veste ti toglie e le mutande./ Coricata nuda nel letto/contenta e pensierosa delle tue bellezze;/con ambedue le mani ti tocchi il petto/la natura te lammiri e le fattezze.

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XIX. QUANN M VENN A MEND R MACCASAN Quann m venn a mend r maccasan p scuorn m cummgliava cu la man; capanna gi faca lu vrachtton e cum ndnava tann stu prton. Lundan lacchiaj e for vcnanz la cummara mia m la poss nnanz; la frnacella nova sera appcciata ma n ngabbaraj a la trasuta. A lautara avienn candat messa ma a quigghj mmend m trvaj fessa; quann eia mttor e tien arsura n ngeia tiemb p lacqua chiara o scura. Senza pann r tuocch e senza rota lu cund n pgliaj manch na vota; para na rosa mmiezz a lu giardin stella lucend para r matin
Quando mi venne in mente di sposarmi: quando mi venne in mente di sposarmi/per vergogna mi coprii la faccia con la mano;/gi faceva capanna lo sparato/e come intonava bene questo portone./Lontano la trovai e fuori vicinato/la mia comare me la present;/la fornace si era gi accesa,/ma io non ci badai allentrata./Allaltare avevano cantato messa/ma a quel momento mi trovai intontito;/quando il mese di giugno ed hai sete/non c tempo per lacqua chiara o scura./Senza panni e senza dote/non presi mai largomento/sembrava una rosa in mezzo al giardino/sembrava stella lucente del mattino. Vero componimento fresco, arguto, colorito, con espressioni ardite che pur nella loro genuina spontaneit evidenziano alquanto lequivoco osceno, ma pressocch innocente per quel tempo nel quale ogni facezia, non poteva e non sapeva che essere grassa. Il matrimonio, uno dei momenti pi importanti nella vita di un giovane contadino, viene qui colto con straordinario vigore sanguigno mentre cala, con semplice finezza, lindagine nella psicologia dei sentimenti pi profondi e reconditi del cuore umano. La traduzione in lingua italiana mortifica alquanto la freschezza e la bellezza di questo ammirevole sfogo amoroso.

XX. NENNA APPANNAMMILLA LA PORTA Nenna mia appannammilla la porta so bbnut ra tand lundan; a chi stu cor cchi n s scunforta ra la prtegghia pruoscm la man. Nenna mia chi staj a ssu barcon e chi tappuosc ngimma a la rnghiera; mena lu viend, la vesta scumpon trema stu cor cum quegghia sera.
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Nenna mia menammilla na trezza ra la fnestra quann luna affacc; e chian chian a chi n s spezza quist cor ra piett lu cacc.
Nenna socchiudimi la porta: Nenna mia socchiudimi la porta/io sono venuto da tanto lontano;/perch questo cuore non si sconforta pi/dalla porta porgimi la mano./ Nenna mia che stai a codesto balcone/e che ti appoggi sopra la ringhiera;/soffia il vento che scompone la veste/trema questo cuore come quella sera./ Nenna mia buttami una treccia/dalla finestra quando si affaccia la luna;/e piano piano perch non si spezzi/io questo cuore lo caccio dal petto.

XXI. CHI T RHAV RITT AMOR Chi t rha ditt, amor, ca n t vogl fatt lu pagliariegghj ca t pigl; lu pagliariegghj lu tengh ind Nrich piglia li pann e scappatinn cu mich. Mamma, mamma che dic stu ggvnott s vol curqu cu mich a p na nott; m vol prt for a la pagliera lamor vol fa a p na sera. E figlia mia fatt pah ncundand si s ladda vev lacqua r ssa font; quann nu juorn vliss cangi partit chi puort la fond toia ben guarnita. Ma lacqua r sta fndana eia gi traruta mamma n pozz pgli cchi nu marit. Ritornello: E fgliola mia mo t rich t pah ncuntand si scapp cu mich.
Chi ti ha detto amore: chi ti ha detto, amore, che non ti voglio/fatti il pagliaio perch io ti prendo;/il pagliaio ce lho a Nerico/prendi i panni e fuggi con me./ Mamma, mamma cosa dice questo giovanotto/si vuol coricare con me per una notte;/mi vuole portare in campagna alla pagliera/lamore vuole fare per una sera./ Figlia mia fatti pagare in contanti/se vuole bere lacqua di codesta fonte;/se un giorno volessi cambiare partito/devi poter portare la tua fontana ben guarnita./ Ma lacqua di questa fontana gia tradita/mamma non posso pi prendere marito./ E ragazza mia io te lo dico/ti pago in contanti se scappi con me.

XXII. LU SCAPLON Ngeia nu povr scaplon ten paura r saccasan; nda la casa so quatt puttan
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lu cndron s lu fann mn. Igghj chi eia nu ciaciaccon e s la vol lu la vreccia; lhav posta a larch la freccia a r cchi bbon la vol tr. Fac lu bbacocch a la Cascina ma mamm e sor fann ntress; s lhann cacciat lu prmess la carabina la fann spar. La nonna chi faca r forn lhav chiamat a lu cuspiett; hruoss e hrann eia lu rfett tott r corn n puoj scund.
Lo scapolone: ce un povero scapolone/ha paura di accasarsi;/in casa sono quattro puttane/si fanno penetrare/Lui che un pacioccone si vuol togliere un brecciolina dalla scarpa;/ha messo una freccia allarco/e la vuole indirizzare alle pi belle donne./ Fa il gradasso alla Cascina/mentre madre e sorelle fanno il mestiere;/si sono munite del permesso/fanno sparare la carabina./ La nonna che gi era del mestiere/lo ha chiamato al suo cospetto;/grande e grosso il problema/tutte le corne non puoi scontare.

XXIII. LA CUNDANDEZZA R LU MARIT Quann maccasaj fuj cundend trvaj na mglier cum r ppan; m vol bben cum lu sacramend la chiam e m ndenn a suon r camban. Cum na vammanegghia m staj attuorn lu matin m rveglia chian chian; n picca chi la uard s mett scuorn e la facc s laccova nda r mman. La sera quann torn ra la campagna cu lu bbriend nguogghj e lu baston; r fuoch m fac acchian la cumpagna e la mnestra vcin a lu tzzon. Lu przzon muogghj a lu uardafuoch e r scarp m r sceppa ra li pier; lu sciall m lu mett nguogghj cu giuoch lu rzzliegghj m lu enchj r mier. Osc fac nu mes e na smmana cu mich lhaj fatt lu ggiuramend; m lagg posta la sttanta nova marit mij fammigghj tn a mmend. Mglier mia taccundend cu cor chin lagg stpat lu nzrfatur;
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m so rtrat apposta vietta ra for stanott magg snnat nu criatur.


La contentezza del marito: quando mi sposai io, fui contento/trovai una moglie come il pane;/mi vuole bene come un sacramento/la chiamo e mi risponde subito./Come una levatrice mi sta intorno/la mattina mi sveglia pian, piano;/un po che la guardo si vergogna/e la faccia nasconde fra le mani./La sera quando ritorno dalla campagna/con la zappa in spalla e il bastone;/il fuoco acceso mi fa trovare la mia compagna/e la verdura vicino al fuoco./Il cappotto bagnato mette ad asciugare/e le scarpe mi strappa dai piedi;/lo scialle mi mette in spalla con giuoco/la ciotola mi riempie di vino./Oggi fa un mese ed una settimana/con me hai fatto il giuramento;/mi son messa la gonna nuova/marito mio fammelo ricordare./Moglie mia ti accontento con cuore/pieno ho conservato per te linsolfatoio;/mi sono ritirato apposta presto dalla campagna/questa notte mi son sognato un bambino. Animazione di quadri e scene di insolita bellezza, con uno sfondo idilliaco,che sottraendosi ad una realt spesso povera e dolorosa, proietta questi due sposi novelli, in un mondo di sogno, dove assecondati dalla dolcezza dellora crepuscolare, si scambiano lardente confessione del turbamento amoroso.

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Partenza
XXIV. SO R PARTENZA So r partenza r vler partir e cu na barchetta lu mar passar; quann fu mbiett a lu mar m pndiett lundan ra sta terra uerra snda. Marnar chi puort lu bastmend ferma nu mmend vogl trnar; sola lagg lassata la fgliola uard a chi la cangiola apr e s nabbola. Si lu cor s mpegna m n mor fra li Turch a la Spagna e fra li Mor; pvra mamma mia cum chiang chiang la mia sventura e chi m cura. Chiang nott e ghiuorn: figl n tuorn? trsor r la mamma p nda lu mar; neura lagg fatta la tvaglia cu st lacrm mij fatta zannaglia.
Sono di partenza: sono di partenza, di voler partire/e con una balchetta il mare passar;/quando fui di fronte al mare mi pentii/lontano da questa terra sentivo guerra dentro di me./ Marinaio che guidi il bastimento/ferma un momento io voglio scendere;/sola ho lasciato la mia ragazza/stai attento che apre la gabbia e se ne vola via./ Se il cuore si impegna io me ne muoio/fra i Turchi nella Spagnae fra i Mori;/povera mamma mia come piangeva/piange la mia sventura e chi mi cura./Piange notte e giorno:figlio ritorna!/tesoro della mamma in mezzo al mare;/nera ho fatto la tovaglia/con queste lacrime mie lho ridotta una zannaglia.

XXV. VLARRIA VRE LAMOR Vlarria vr lamor si avess penn p t vn a trv a tott r bann; m par na campanegghia quann m ndenn cu nora chi n la vesc m par millann. Millann e mill juorn so parut t vogl vn a trv dolce fata mia; na hrasta r giardin ben guarnita nu giardnier damor ben delicat. Scgliett lerva p troncar la cima e m trvaj a luorl r r ram; tann t lass faccia r regina quann r toj bbllezz m venn mman.
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Vorrei vedere lamore: vorrei vedere lamore se avessi le penne/per venire a trovarti in ogni parte;/mi sembri una campanella quando intoni il suono/con unora che non la vedo, mi sembrano mille anni./Mille anni e mille giorni mi son sembrati/ti voglio venire a trovare dolce fata mia;/una pinta di giardino ben guarnita/un giardiniere damore molto delicato./Scelsi lerba per staccare la cima/e mi trovai sulla punta dei rami;/allora ti lascio faccia di regina/quando le tue bellezze mi vengono fra le man.

XXVI. LU VECCHJ ZIT M naggia sc lundan, for pajes ca quegghj Caltran so cumbrmes; ragg fatt r lagnanz a la cummara m laggia sc a pgli na Vsazzara. So quatt chiaranzan e cap tes; fann r pan a bbenn a p nu rnes; totta parata a tuon la cambana la vesta fann abbl e la sttana. A lu barcon stann senza mtanza lu cul s rfresckan e la crianza; or e mmend nnanz a nu spcchial cangian e scangian cum a Carnval. Cumbar mij n cummett arror ca ss frster n mancan a intr e for; lu cupierchj a lu lat sul p frusc lu vann acchiann spierchj e n gi musc. Ritornello: Oi lla llariul r Caltrann r cangi oi lla llariul cumbar mij nzorat qua.
Lo zitellone: me ne devo andare lontano, fuori paese/perch le donne calitrane sono compromesse;/mi sono lagnato con la comare/mi devo andare a prendere una Bisaccese./ Sono quattro vanitose e superbe;/fanno il pane a vendere per un tornese;/tutta parata a tuono la campana (per il meretricio)/la veste fanno volare e la sottana./ Al balcone stanno senza mutande/il sedere si rinfrescano e la natura;/ogni momento davanti allo specchio/cambiano e scambiano come a Carnevale./ Compare mio non fare errore/perch le forestiere non sono meno pudiche;/vogliono una persona accanto solo per coperchio/e sono sempre a caccia di uomini.

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Emigrazione
XXVII. LEMIGRANTE Terra mia, quanda tiemb eia passat chi m n so giut ra te lundan; quann lu mar varcaj e locean lloch lassaj stu cor scunslat. Cum chianga la povra mamma mia a quigghj mmend r la rpartita; p nu vrazz m tna e p la vita chi r fratma ava gglsia. Semb a mend m ven quigghj juorn chi lu curagg aviett r la partenza; r mamma mia la vesc la prsenza e li crstian tutt r lu cunduorn. P tutt lu munn semb mnncann crcann frtuna p tott r bbann; na lettra agg avut nquann nquann la Nenna mia shav mbgnat li pann.
Lemigrante: terra mia, quanto tempo passato/che me ne sono andato lontano da te;/quando attraversai il mare e loceano/col lasciai questo cuore sconsolato./ Come piangeva la povera mamma mia/al momento della partenza;/per un braccio mi teneva e per la vita/io che di mio fratello ero geloso./ Sempre mi viene in mente quel giorno/che ebbi il coraggio della partenza;/vedo la presenza di mia madre/e tutte le persone del vicinato. /Mendicando sempre per tutto il mondo/cercando fortuna per ogni parte;/ogni tanto ho avuto qualche lettera/la Nenna mia si impegnata i panni.

XXVIII. QUANN VEN LA PRIMAVERA E mo quann ven la primavera e p cimma a li mund e la chianura; p nda lu vosch canda lauciegghj canda la fndana e lu pastriegghj. Inda a lu giardin sapr la rosa e la rndnegghia s fac sposa; a mmi m ven lu chiand a lu cor lu mij amor cchi n torna ancor. E lu mij amor eia sciut lundan p lu mar varcann e locean; mhav scungrat r lasptt igghj u cor suj m vol r. E quann la nev scenn a la terra inda stu piett m send la uerra;
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longa eia la nott a lu lliett r pen e ra me lundan lu mij bben. E quanda tiemb chi s neia passat prigionier m lhann carcrat; nata ronna lhav arrbbat lu cor na chiaia nfunn chi n guarisc ancora.
Quando viene la primavera: ed ora quando viene la primavera/e per i monti e la pianura;/per i boschi canta luccello/canta la fontana e il pastorello./ Nel giardino si apre una rosa/e la rondinella si fa sposa;/a me viene il pianto al cuore/il mio amore pi non torna ancora./ E il mio amore andato lontano/varcando il mare e loceano;/mi ha scongiurato di aspettarlo/lui mi vuol dare il suo cuore./E quando la neve scendein terra/dentro questo petto sento la guerra;/lunga la notte al letto delle pene/ da me lontano il mio bene./E quanto tempo che passato/prigioniero me lo hanno carcerato;/unaltra donna gli ha rubato il cuore/una piaga profonda che non guarisce ancora.

XXIX. NENNA MIA Nenna mia shav puost la rosa mbiett egghia rhav fatt a p m fa rspiett; e mhav apiert na chiaha nda stu cor hrann eia lu rlor chi n guarisch ancor. Ritornello: E mo so trartor perdona Nenna stu cor. E magg acchiat la zita a p na sera prigionier m trov nda na halera; mhav attaccat na catena a lu per spzz la vlarria, cchi n ng crer. E ghiastem semb lu juorn e lora chi m venn ammend r cummett arror; ma p crapicc ragg fatt ancora magg sciuquat lamor e quist cor. Nenna mia rammilla mo tu laita na lima pigliala e piglia na tnaglia; tu chi (la) tien la chiav r sta vita nda stu nfiern perd la battaglia.
Nenna mia : Nenna mia si messa una rosa sul petto/ lha fatto per farmi dispetto;/ed ha aperto una piaga in questo cuore/grande il dolore che non guarisce ancora./ E mi sono trovato la fidanzata per una sera/prigioniero mi trovo in un carcere;/mi ha legato una catena al piede/la vorrei spezzare, ma non ci credo./ E bestemmio sempre il giorno e lora/che mi venne in mente di fare errore;/ma per capriccio lho fatto ancora/mi sono giocato lamore e questo cuore./ Nenna mia dammelo tu un aiuto/prendi una lima ed una tenaglia;/tu che hai la chiave di questa vita/in questo inferno io perdo la battaglia.

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XXX. NU POVR UAGLION Nu povr uaglion lu piglia nu cavagghj; cchi ca nu saitton varca chian e vagghj. E varca r mndagn r nott e r matina; p vosch e p campagn corr a la marina. Lu mar tmbstus na varca lundana st; rman pnzrus nnret vol trn. Ropp tanda trmiend chiang soia sventura; manch si foss viend torna p la secura. Quann stia arrvann attuorn a la citt la mamma cu li pann lu venn a cunfrnt. La mamma chi chiangia figl mij dilett; eia morta Nenna mia cu lu vlen mbiett. Scappa a lu cimiter Nenna cu tanta pena; cerca e cu man e pier scava e gghi s mena.
Un povero giovane: un povero ragazzo/prende un cavallo;/pi veloce di una saetta/attraversa piani e valli./ E varca le montagne/di notte e di mattina;/per boschi e per campagne/corre alla marina./ Il mare tempestoso/una barca st lontana;/resta pensieroso, vuole tornare indietro./ Dopo tanto tormento/piange la sua sventura;/neanche fosse vento torna ./ Quando sta arrivando/intorno alla citt;/la mamma con i panni/gli va incontro./ La mamma che piange/figlio mio diletto;/ morta Nenna mia/col veleno nel petto./ Corre al cimitero/Nenna con tanta pena;/cerca e con le mani e i piedi/scava e l si butta.

XXXI. LA PARTENZA R LAMAND R lunnr fu la mia (sua) partenza inda stu cor ng cara na lanza; quistuocchj mij r lahrm ragg chin nu puzz lagg chin e ddoj fndan.
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Sola so rmasta e senza aiut la terra a mi m par na halera; lamand chi tna s neia sciut lu juorn chiar m par semb sera. Nnanz vlarra la mort qua vcin e no a tn lamor tand lundan; la rndnegghia chiang e s rspera torna viern e passa la primavera. S senza fel cum a nu palumm tien fer a lu cor a chi n m nganna; t venn a mmend raggr lu munn amicizia n pgli p ghiat bann.
La partenza dellamante:_di luned fu la mia partenza/dentro questo cuore ci cadde una lancia;/questi occhi miei di lacrime li ho pieni/ho ripieno un pozzo e due fontane./ Sola sono rimasta e senza aiuto/la terra a me sembra una prigione;/lamante che avevo se n andato/il giorno chiaro mi sembra sempre sera./Preferirei avere la morte qui vicina/e non avere lamore tanto lontano;/la rondinella piange e si dispera/torna inverno e passa la primavera./ Sei senza fiele come il palombo/abbi fede al cuore che non mi inganna;/ti venne in mente di girare il mondo/non prendere amicizia in altre parti.

XXXII. LA MASCESA A MEZZA VIA M lhann carcrat a Canij mij n tengh cchi sstegn e chi m luca; li sand agg prhat cu tutt Ddij lApostl e la Vergn Maria. Vuj chi stat nciel a lu cuspiett r lu Criator, ratm aita; vesc lu Rmonij a ppier a lu lliett a lu Nfiern vol lanma e la vita. A mmara me che sort e mala frtuna cu sta mascesa mia a mezza via; quann r nott eia nuvl e ngeia la luna, n tras luc e manca la cumbagnia.
Il maggese appena iniziato e non finito: me lo hanno carcerato al mio Canio/non ho pi sostegni e chi mi brillava;/ho pregato i Santi con Dio/gli Apostoli e la Vergine Maria./ Voi che state in cielo al cospetto/del Creatore, datemi aiuto;/vedo il demonio ai piedi del letto/vuole allinferno lanima e la vita./ Povera me che sorte e mala fortuna/con questo mio maggese lavorato a met;/quando notte, nuvolo e non c luna/non entra luce e manca la compagnia.

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Religione
XXXIII. LA BBEFANA Li cingh, a nott, ven la Bbefana uarda attuorn si ng so li lum; eia stanca, pcch ven ra lundan e s n tras nda lu cacciafum. Vrim si vala fa la tecchia p asptt la vnuta r sta vecchia. M so bstut la matina nfretta p gg a vrscgli la cauzetta: vrsceglia e vrsceglia e m so sacris rmanenn cu nu parm r nas: nu purtuall, castagn e ncegghj, lu riest carvun e vascnegghj! Vir quand eia bella quistann la Bbefana ssprata per tutta na smmana.
La Befana: Il cinque, di notte, viene la Befana si guarda intorno se ci sono le luci;/ stanca, perch viene da lontano/ed entra nel camino./Vediamo che valeva la pena fare la veglia/per aspettare la venuta di questa vecchia./Mi sono vestito in fretta la mattina/per andare a rovistare nella calzetta:/rovista, rovista, e mi sono messo lanimo in pace/restamdo con un palmo di naso:/un arancio, castagne e nocelle,/il resto carboni e carrube!/Vedi quanto bella questanno la Befana/sospirata ed attesa per tutta la settimana.

XXXIV. NATAL Qann eia Natal vann snann li zzambugnar la ninna nanna. Fac fridd e nardim li frndill1011 nnand a la vamba r lu fucuril1012. La sera a casa r lu vecchj vav nsciun veramend ng mancava: ngeran tutt quanda li pariend attuorn a ruj spasun1013 r scliend1014; ptienn mangi a sazziet cascavall1015, aringh e baccal e nuc e nucell e fich nghiattat,
frndill = tibia, cio losso lungo, pari, che costituisce insieme alla fibula, lo scheletro della gamba. fucuril = focolaio, parte del camino sotto la cappa dove si fa il fuoco; dal latino medioevale fogalarium. 1013 spasun = piatto grosso e largo, nel quale, anticamente, mangiava tutta la famiglia. 1014 scliend = spaghetti, detti scliend, per il fatto che essendo conditi con lolio scivolavano in bocca. 1015 cascavall = formaggio, in origine cacio a forma di cavallo fatto di pasta di latticino, in occasione di fiere e mercati, per diletto dei bambini.
1012 1011

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e n s passava, no, lu msctriegghj1016 ma r mier nu bbell ruzzliegghj1017.


Natale: quando Natale vanno suonando/gli zampognari la ninna nanna./ Fa freddo e ci bruciamo le gambe/davanti alle fiamme del focolare./la sera a casa del vecchio nonno/non ci mancava veramente nessuno:/cerano tutti quanta i parenti/ intorno a due grossi piatti di spaghetti;/ potevano mangiare a saziet/ cacicavalli, aringhe e baccal/e noci e nocelle e fichi secchi,/e non si passava, no, un piccolo recipiente per il vino/ ma un bel recipiente capiente.

XXXV. U MONACH ZIT Mamma, mamma n pozz assin ca m mancan laurcchin mo rsponn, lu monach zit, lauricchin raccatt ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata ra lu monach zit. Mamma, mamma n pozz assin ca m manca la cannacca mo, rsponn lu monach zit, la cannacca laccatt ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata,ncannaccata ra lu monach zit. Mamma, mamma n pozz assin ca m manca lu reggipett mo, rsponn lu monach zit, lu reggipett laccatt ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata, ncannaccata, reggipttata ra lu monach zit. Mamma, mamma n pozz assin ca m mancan r mtandin mo, rsponn lu monach zit, r mtandin raccatt ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata, ncannaccata, reggpttata, mmtandata ra lu monach zit. Mamma, mamma n pozz assin ca m manca lu sottanin mo, rsponn lu monach zit, lu sottanin laccatt ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata, ncannaccata, reggpttata mmtandata, nsottanata ra lu monach zit. Mamma, mamma, n pozz assin ca m manca lu vstit
1016 1017

msctriegghj = recipiente di terra cotta, usato, generalmente, per lacqua. ruzzliegghj = diminutivo di rzzull, recipiente di terra cotta, usato generalmente per il vino.

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mo, rsponn lu monach zit, lu vstit laccatt ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata, ncannaccata, reggpttata, mmtandata, nsttanata, vstuta ra lu monach zit. Mamma, mamma, n pozz assin ca m mancan r cauzett mo, rsponn lu monach zit, r cauzett raccatt ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata, ncannaccata, reggpttata, mmtandata, nsttanata, vstuta, ncauzttata ra lu monach zit. Mamma, mamma n pozz assin ca m mancan li sckarpin mo, rsponn lu monach zit, li sckarpin raccatt ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata, ncannaccata, reggptttata, mmtandata, nsttanata, vstuta, ncauzttata, sckarpnata ra lu monach zit. Mamma, mama n pozz assin ca m manca lu marit mo, rsponn lu monach zit, lu marit lu fazz ij; accuss la mamma stia prsciata a bbr la figlia ncurchinata, ncannaccata, reggpttata, mmtandata, nsttanata, vstuta, ncauzttata, sckarpnata, mmartata cu lu monach zit.
Il monaco giovane: mamma, mamma non posso uscire perch mi mancano gli orecchini (collana, reggiseno, vestito ecc.) risponde il monaco giovane gli orecchini (collana, reggiseno, vestito ecc.) glieli compro io. Cos la mamma era tutta contenta nel vedere la figlia con gli orecchini (collana, reggiseno, vestito ecc.) del monaco giovane.

XXXVI. PSCATAMUND E SCKAROLA RICCIA N vogl aman cchi a sckarola ricciaoil sckarola riccia m fac ass pacc; zomba la rondinella, quant t vogl am t vogl am e t vogl bben azzeccat nata vota e che n ven ven. N vogl aman cchi a Pscatamundoil Pscatamund eia nu can mzzchend N vogl am sta femmna r crapiccoil egghia m creia sul uai e mbicc N vogl am stu preut marnaroil fac lamor e n daj maj rnar
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Sckarola riccia ven a messa santaoil fac lamor cu mich e cu tutt quanta Pscatamund m tratta a cum a na fessaoil fac lamor cu mich e canta messa
Pescatamundi e scarola riccia: non voglio amare pi a scarola riccia/scarola riccia mi fa impazzire;/salta la rondinella e quanto ti voglio amare;/ti voglio amare e ti voglio bene/avvicinati unaltra volta e quel che sar, sar./Non voglio amare pi a Pescatamundi/Pescatamundi un cane che morde/Non voglio questa donna di capricci/lei mi crea soltanto guai e impicci;/non voglio amare questo prete marinaro/fa lamore e non da mai denaro;/Scarola riccia viene a messa santa/fa lamore con me e con tutti quanta;/Pescatamundi mi tratta come una sciocca/fa lamore con me e canta messa.

XXXVII. R MONACH S VOLN MMARTAN Varamend lu munn sona a mrtor r monach s voln mmartan, pgli s lu voln fravcator la cella s la voln ndnacan. Li scur a la fnestra hanna luan r fierr rhanna abbatt r cancell; lu prtus nda lu mur lhanna fan lu tubb lhanna mett a r frnacell. Aggiavut Nenna mia lu sndor tutt li muonac stann p fa uerra; a lu cumend fann lu cuncrtor n manca la smenda manca la terra. Na lettra hann mmannat a lu patr sand fac cuncssion a r mnacell; chi fac lu prmess a muonac e quand r fuoch hanna appcci a r frnacell.
Le monache si vogliono maritare: veramente il mondo alla fine/le monache si vogliono maritare;/lo vogliono sposare un fabbricatore/la cella se la vogliono intonacare./ Le imposte delle finestre devono togliere/devono abbattere i cancelli di ferro;/il buco nel muro vogliono fare/il tubo lo vogliono mettere alle fornacelle./ Ho avuto, Nenna mia, il sentore/tutti i monaci stanno per fare guerra;/stanno facendo una riunione in convento/non manca la sementa manca il terreno (dove seminarla)./Hanno mandato una lettera al padre santo/fa le concessioni alle monachelle;/che faccia il permesso a monaci e quanti/devono accendere il fuoco alle fornacelle.

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Oscenit
XXXVIII. TARSUCCIA Tarsuccia ndov vaj Tarsuccia ndov vaj a la rstoccia a spcul. Si sapa ca jer sola si sapa ca jer sola t vna accumpagn. Cumpagnia n n vogl cumpagnia n n vogl mi so bbene riguard. Na fndanegghia a p cumpagna na fndanegghia a p cumpagna e non mi puote dissetar. Lamore mio va in montagna lamore mio va in montagna a la foresta a travagliar. Stamattina non c brina stamattina non c brina la Rosellina gi mi sviene. Gi si duole poverina gi si duole poverina vuole lacqua e non avvien. Quant bello questo fiore quant bello questo fiore chi delizia dellamor. E se lamore coglie il fiore e se lamore coglie il fiore questo cor fa palpitar.
Teresuccia: Teresuccia dove vai/Taresuccia dove vai;/alle stoppie e spigolare./Se sapevo che eri sola/se sapevo che eri sola/io ti venivo ad accompagnare./Compagnia non ne voglio/compagnia non ne Voglio/io mi so riguardare./Una fontanella per compagna/una fontanella per compagna/e non ci si pu dissetare.

XXXIX. QUANN ABBALLAVA MAMMATA Quann abballava mammata abballava a la nguglnura; e la pettla r nand la mnmava ra lu cul a la natura. Ritornello:
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Belloil, belloil la pettla r nand la mnava ra qua e ra gghi. belloil, belloil quann faca a mmond e abbagghj s vra la quegghiagghi. Attanta attuorn attuorn la faca la tarantella; e mammata n tna lu cummuogl e la unnella. Rit. Quann abballava mammata abballava e auzava li tacch; e la pettla r nand la mnava pacch pacch. Rit. Attanta ra nnret la faca abbottacul; egghia lu mnava lu pttlon a zmbarul. Rit. Quann abballava mammata abballava e trmava nzin; s nabblava lu sottanin e n tna r brachssin. Rit. Attanta la faca a sauzacarvon; ra sotta lu mnava lu cndron a lu prton. Rit.
Quando ballava tua madre: quando ballava tua madre/ballava nuda;/e la pettola davanti/la buttava vicino al culo:/ Bella oil e bella oil/la pettola davanti/la buttava di qua e di la./Bella oil e bella oil/quando faceva su e gi/si vedeva quella cosa l./Tuo padre intorno, intorno/faceva la tarantella;/e tua madre non aveva mutande e gonnella./ Quando ballava tua madre/ballava e alzava i tacchi;/e la pettola davanti/la buttava sul sedere./ Tuo padre da dietro/faceva il ballo del bottaculo;/lei lo buttava il pettolone a zombarlo./ Quando ballava tua madre/ballava e tremava inseno;/se ne volava la sottana/ e non aveva le mutande./ Tuo padre faceva/il gioco del saltacarbone;/di sotto lo buttava.

XL. LU JUORN R SAND VIT E ma lu juorn r Sand Vit ammaccattat la scardatric;


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n nagg cor r t r dic cumbar mij lavissa pah. E p quegghia santa Flumena e p SandAntonij Abbat; teccutigghj li sett rquat nzemmr cu tich famm curqu. E ssi rquat tientigghj tu e ssi rquat tientigghj tu; agg fatt lu vut oi Vt e n t pozz cchi accundand. E Maronna r la Cunczion e Maria sanda consacrata; ra ssu vut a ti ncatnata pensac tu a p la scatn.
Il giorno di San Vito: e il giorno di san Vito/abbiamo comprato la cardatrice;/non ho il coraggio di dirtelo/compare mio, la dovresti pagare./E per quella santa Filomena/ e per SantAntonio Abbate;/eccoti i sette ducati/insieme con te fammi coricare./E codesti ducati tieniteli tu/ho fatto il voto,caro Vito,/e non posso pi accontentarti./E Madonna della Concezione/e Maria Santa consacrata;/da questo voto a te incatenata/pensaci tu per liberarla. Quelli che seguono sono fatti noti e quotidiani del gramo vivere di paese, che quel grande poeta che il popolo spesso obbligato spettatore di vizi, prepotenze e soprusi ha di volta in volta, icasticamente, stigmatizzato, ironizzato o declamato.

XLI. LU HATTON Sera sciett e lu marit ngera m labbsckaj na mala nttata; si n nera sllcit cu lu per m rabbsckava li rin hrattat. Ngappaj nu scambl e n m raspttava aviett na paura quann scappava; accarraj cu lu per la chianghiegghia e arrvaj mbietta a la tnegghia. Snta lu lliett chi faca la naca e rmor r vrscigl nda la naca; lu cor chi m faca tich tach ra for m nassiett uatt uatt. E rca lu marit a la mglier pcch tanda rmor a p nda sta casa? Meia pars ca la porta hav fatt strizzch lu viend fors lhav fatt lu pizzch. E citt marit mij ca n nneia niend
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lu uatton chi seia ngarnat a r quas; e si avessa ra vn cu nata nott quiss caccia r quas cu la rcotta.
Il gattone: ieri sera andai e cera il marito/mi guadagnai una mala nottata;/se non ero svelto di piede/rischiavo una grattata di botte./Presi uno scampolo e non me lo aspettavo/ebbi una paura mentre scappavo;/inciampai con il piede in uno sgabello/e andai a finire contro una tinozza./Sentivo il letto che cigolava/e rumore di rovistare nella culla;/il cuore mi faceva tich tach/e me ne uscii fuori quatto quatto./E il marito diceva alla moglie/perch tanti rumori per questa casa?/Mi sembrato che la porta abbia cigolato/il vento forse lha fatta cigolare./E stai zitto marito mio perch non niente/il gattone che si incarnato al formaggio;/e se dovesse ritornare unaltra volta/questo gattone pagher il formaggio con la ricotta.

XLII. TONNA LA PIETT TONNA Uej Tonna la piett tonna, la tien tonna e la vogl vr; la vogl vr sera e matina; r liev e r mitt r bbrachssin. Sapat a sera, rmenca a nott, tras ra cimma e ss nness ra sotta; uej Tonna la piett tonna, la tien tonna e la vogl vr. M s n ven lu zngarott, raj na bbotta a la porta r sotta; uej Tonna la piett tonna, la tien tonna e la vogl vr. M chi si bbiva e n m la raj, quann s morta che t n faj; uej Tonna la piett tonna, la tien tonna e la vogl vr. Uej Tonna la piett tonna, cu Tonna mia m vogl curqu; e quann naca fac lu lliett senza lu nnart e cchi niend mbiett. Uej Tonna la piett tonna Tonna a la nnura vogl vr; e cu ssu cul cum na palla; e cu ssu piett cum traballa. Uej Tonna la piett tonna, tien nu puzz cu ddoj culonn; tien nu puzz cchi nfunn nfunn, tras lu mar cu tutt lu munn. Uej Tonna la piett tonna,
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ng faj lamor cu lu cavalier; e quann faj lu intr e for ng raj lu ust a quistu signor. Uej Tonna la piett tonna, ndiennm a mmi e n t scurd; sapat a sera e rmenca a nott resta la porta appannata r sotta (mena la chiav a la porta r sotta).
La donna dal petto tondo: oi Tonna col petto tondo/ce lhai tonda e la voglio vedere;/la voglio vedere sera e mattina/levi e metti le mutandine./ Oi Tonna col petto tondo/Tonna nuda io voglio amare;/senza la pettola e niente in petto/quando la culla fa il letto./ Oi Tonna dal petto tondo/con Tonna mia mi voglio coricare;/e con codesto petto come una palla/e con codesto sedere, e come traballa./ Oi Tonna dal petto tondo/hai un pozzo e due colone;/ed hai un pozzo molto profondo/entra il mare e tutto il mondo./Oi Tonna dal petto tondo/fai lamore con un cavaliere;/e quando fai il vai e vieni/dai gusto a questo signore./Oi Tonna dal petto tondo/oi Tonna vieni ad aprire;/soffia il vento trema la porta/trema questo cuore e si sconforta./ Oi Tonna dal petto tondo/ascoltami, non ti dimenticare;/sabato a sera e domenica a notte/butta la chiave alla porta di sotto.

XLIII. LI SCARDALAN Mariantonia m vaj apprtnann ca scardalana s vol mbar; vaj a la chiazza lu struscia lu per chi ten la lana e la vol scard. Mariantonia, Mariantonia thann vasat li scardalan; thann mnat r mman mbiett ngimma a nu lliett chin r lana. Mariantonia vcin a lu tlar scarda la lana e fac lamor; li scardalan menan la man senza cummuogl e manch sttana. Mariantonia r bbaj vannsciann ca seia mbarata r tess li pann; e cu li rnar r li scardalana hav puost pteia e venn la lana. Zompalleir zompallair thann vasat li scardalan.
I cardatori di lana: Mariantonia mi va importunando/che scardalana si vuole imparare;/va in piazza struscia il piede/chi ha la lana e la vuole scardare./ Mariantonia, Mariantonia/ti hanno baciato gli scardalana;/ti hanno messo le mani sul petto/sopra un letto pieno di lana./ Mariantonia vicino al telaio/scarda la lana e fa lamore;/gli scardalana buttano le mani/senza mutande e neanche sottana./ Mariantonia si vanta/che ha appreso a tessere le - 361 -

stoffe;/e con i denari degli scardalana/ha messo una bottega e vende la lana./Zompalleir e zompallair/ti hanno baciata gli scardalana.

XLIV. CORN R FAMIGLIA Quigghj povr babbalion e chi s crer nu marpion; igghj seia ngarnat a r quas lu jess e tras lu vol fa. Nglcchion chi eia nu marchian tott r corn vol scuntan; ma la mglier nott e ghiuorn r fuoch a lu furn fac appcci. Ma la mglier chi eia na cagnola la ten parata la tagliola; egghia fac r pan a bbenn tott r penn shav fatt scpp. Egghia chi hav fatt la mancanza n s n fott r la crianza; lu marit rhav semb saput cu si curnut shav vlut accucchi.
Corna di famiglia: quel povero babbasone/che crede di essere un furbastro;/lui si ingolosito del formaggio/vuol fare il via e vieni./ Angelone che uno stravagante/vuole scontare tutte le corna;/ma la moglie notte e giorno/accende il fuoco alla fornacella./ Ma la moglie che una gagnola/ha sempre parata la tagliola;/lei fa il pane a vendere/tutte le penne si fatta strappare./ Lei che ha fatto la mancanza/se ne infischia della nomea/il marito lo ha sempre saputo/con questi cornuti si dovuto associare.

XLV. LA TAVRNARA Na nott chi ncappaj ndo na taverna lu sciuoch lu facienn r lu lliett; la Tavrnara s scupria lu piett, r brach s scppava a la cbberna. Lu tavrnar, chi eia nu ciafarcon a la ntrasatta votta la prtegghia; e la mglier ngappa , puttanegghia, lu spuogl lu faca cu Cacchion. Tagg ngappat, piezz r cazzon cu sta scrufaccia senza luvarola; a p quanda fuoch appicc a ssa varola, maj lu vntrazz suj fac pallon. Curpanza n n tengh, ciaciaccon
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ma eia lu vattagl tuj chi maj ng ndona; tengh na cambana e quann sona s send ra lundan, ciavarron.
La tavernara: Una notte capitai in una taverna/il giuoco facevano del letto;/la Tavernaia si scopriva il petto,/le brache si toglieva../Il tavernaio, che era un furbo/allimprovviso spinse la porta/e la moglie sorprese, puttanella,/si spogliava con Cacchione./Ti ho sorpreso, pezzo di fanfarone/con questa puttana senza le ovaie;/per quanto fuoco accendi a questa../mai il suo ventre fa /Io non ne ho colpa,carissimo,/ma il tuo battocchio che non intona;/io ho una campana e quando suona/si sente da lontano ciavaccone.

XLVI. CUM ABBALLAVAN E chi abballava tesa tesa era quegghia la Frgntesa; e chi abballava e trmava nzin era la zoppa r Sckarrambin; e chi abballava scarrava alluongh era la zoppa r Cicchluongh; e chi abballava panza a panza era la zoppa r Cicchlanza; e chi abballava alzava langa era quegghia la figlia r Panga; e chi abballava alzava li tacchj era quegghia r Pacchj Pacchj; e chi abballava attuorn attuorn era quegghia r Taluorn; e chi abballava cum a nu viend era quegghia la figlia rArmiend; e chi abballava e faca la mossa era quegghia r Scolla Rossa; e chi abballava e mnava la cossa era quegghia Cia la Rossa; e chi abballava a botta cul era quegghia r Paparul; e chi abballava mbttlon era quegghia r Pplon; e chi abballava a la nguglnura la Crgnesa Bonaventura.
Come ballavano: e chi ballava tesa, tesa/era quella donna la fregnetesa;/e chi ballava e tremava nzino, era la zoppa di Sckarrambino;/e chi ballava con passo allargato/era la zoppa di Cilloluongh;/e chi ballava pancia a pancia/era la zoppa di Ciccolanza;/e chi ballava alzando langa/era quella la figlia di Panga;/e chi ballava alzando i tacchi/era quella di Pacchi Pacchi;/e chi ballava intorno, intorno/era quegghia di Taluorno;/e chi ballava come un vento/era quella la figlia di Armento;/e chi ballava e faceva la mossa/era quella di Scolla - 363 -

Rossa;/e chi ballava e buttava la gamba/era quella Cia la Rossa;/e chi ballava a bottaculo/era quella di Paparulo;/e chi ballava in pettolone/era quella r Pplon;/e chi ballava nuda/era la Crgnesa Bonaventura.

XLVII. FGLIOLA CU SSU PIETT TUOST E bella fgliola cu ssu piett tuost Sand Martin cum thav prvist; si m riesc r lacchian ss mbuosp taggia fa r, cu mich, lanma a Crist. Lamor vlarria fa cu tich curquat a la nguglnura nda lu lliett; tn t vlarra semb cu mich na man a la crianza e nauta mbiett. Raj fatt r lagnanz a la cumbagna lat juorn prattcava na fgliola; auciegghj ammazzat chi s lagna ra urm s n vaj a naut abbola. Larror lagg fatt Nenna mia pta a lautara cant mess; vlia mett n poch r gglsia so stat scustmat e r cunfess.
Ragazza con codesto petto duro: e bella ragazza con codesto petto tondo/San Martino ti ha provvisto;/se riesco a salire su codesto posto/ti far dare lanima a Cristo./ Lamore vorrei fare con te/coricato nudo nel letto;/ti vorrei tenere sempre con me/una mano sulla natura, unaltra sul petto./ Ti sei lagnata con lamica/laltro giorno praticava una ragazza;/uccello ucciso che si lagna/da un olmo vola ad un altro./ Lerrore lho fatto Nenna mia/potevo allaltare cantare messa;/volevo istillare un po di gelosia/sono stato scostumato e lo confesso.

XLVIII. MARIANTONIA Agg mmannat na lettra a Bbsazza, e Mariantonia la tengh mbrazza; Mariant, Antonia mia, Mariant, femmna mia! Agg mmannat na lettra a Vallata, e Mariantonia la tengh malata; Mariant,. Antonia mia Mariant , fmmnazza mia! Agg mmannat na lettra a frggiend, e Mariantonia senza uarnmiend; Mariant, Antonia mia
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Mariant, femmna mia! Agg mmannat na lettra a Trvich E Mariantonia lo corch cu mmich; Mariant, Antonia mia Mariant, fmmnazza mia! Agg mmannat na lettra a Bbnviend, e Mariantonia n n fac cchi niend; Mariant, Antonia mia Mariant, femmna mia! Agg mmannat na lettra a Potenza, e Mariantonia m n m penza; Mariant, Antonia mia, Mariant, fmmnazza mia!
Mariantonia: ho mandato una lettera a Bisaccia,/e Mariantonia la tengo in braccia;/Mariant, Antonia mia,/Mariant, femmina mia.!/Ho mandato una lettera a Vallata,/e Mariant, Antonia mia,/ Mariant, femminazza mia!./Ho mandato una lettera a Frigento,/e Mariant, senza alcunch /Mariant,Antonia mia,/Mariant, femmina mia!/ Ha mandato una lettera a Trevico,/e Mariant la corico con me;/Mariant, Antonia mia,/Mariant, femminazza mia!/ Ho mandato una lettera a Benevento,e Mariant, Antonia mia,/Mariant, femmina mia!/ Ho mandato una lettera a Potenza,/e mariant ora non mi pensa;/ Mariant, Antonia mia,/Mariant femminazza mia!.

XLIX. STANOTT CU NU UAGLION E figlia mia, stanott che haj fatt A mara me! T s curquata cu nu uaglion; nda nu lliett r lana e n t puoj cch mmart. E mamma mia, stanott che agg fatt! A mara me! T s curquata cu nu uaglion; nda nu lliett r lana, n t puoj cchi mmart. T sei coricata in un letto di lana, lhaj rotta la cambana non ti puoi pi maritare. E senza la camciola e la sttana, oi figli! T s curquata, stanott, cu nu uaglion; nda nu lliett r lana, n t puoj cchi mmart. La nocca t lhaj sciuquata e la cullana, oi figli! T lhaj sciuquata, stanott, cu nu uaglion; nda nu lliett r lana e n t puoj cchi mmart.
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T lhaj sciuquata nda nu liett r lana, lhaj rotta la cambana n t puoj cchi mmart.
Stanotte con un giovane: e figlia mia, stanotte, cosa hai fatto, povera me!/Ti sei coricata, stanotte, con un giovane;/in un letto di lana,/non ti puoi pi maritare./E mamma mia, stanotte, cosa ho fatto, povera me!/ Ti sei coricata, stanotte, con un giovane;/in un letto di lana/ e non ti puoi pi maritare./Ti sei coricata in un letto di lana/lhai rotta la campana/non ti puoi pi maritare./ E senza la camicia e la sottana, oi ragazza!/Ti sei coricata, stanotte, con un giovane;/in un letto di lana,non ti puoi pi maritare./ Ti sei giocata la nocca e la collana,oi ragazza!/Ti sei giocata, stanotte, con un giovane;/in un letto di lana,/e non ti puoi pi maritare./ Te la sei giocatta in un letto di lana,/lhai rotta la campana e non ti puoi pi maritare.

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Varie
L. CARA ZZI NNICOLA O cara zz Nnicola, tanda cos n r sai; ndo stu cazz r pajes n s pot cumbn. Flumena r Culonna chi staj sotta la maronna; cu la cap chi ten a cionna nd la casa sadda st. Mchlina r tppigghj chi par na santaregghia; chi r ddca ca pur quegghia lu faca lu indr e for. Nd nu lliett cu r mmnnagl meia auzata la zannaglia; nda la stagghia cu r ball cu la figlia r la Tnaglia. Mchlina r Pnzigghj ten la capa cum a nu hrigghj; oi Maronna r lIncurnata cum lhaj fatta strppiata. A la festa r la mimosa cansciett a Maria rosa; m parl r sc ncasa e m fec scuraggi. Lu sahrstan r sotta gghi quann passa la sottatassa; si n foss p tanda fess cum avarra pur fa. Lu sahrstan r cimma qua quann sona miezzjuorn; s n vaj tuorn tuorn ca n bol fath.
O caro zio Nicola: o caro zio Nicola,/tante cose non le sai;/in questo strano paese/non si pu combinare nulla./Filomena di Colonna/che sta sotto la Madonna/con la testa che ha strana/dentro casa deve restare./Michelina di Teppiggho/che sembra una santarella;/chi lo avrebbe detto che anche quella/faceva gli affari suoi./Nel letto di foglie di granoturco/mi venuta voglia di fare lamore;/nella stalla con la paglia/con la figlia della Tenaglia./Michelina di Ponzigghio/ha la testa come un grillo;/oi Madonna dellIncoronata/come lhai fatta storpiata./ Alla festa della mimosa/conobbi Maria Rosa;/mi parl di andare in casa7 e mi fece scoraggiare./Il sagrestano disotto/quando passa per la - 367 -

raccolta;/se non fosse per tanti fessi/come dovrebbe fare./Il sagrestano di sopra/quando suona mezzogiorno;/se ne va in giro/perch non vuole lavorare.

LI. 15 giugno 1975 - Elezioni per il Parlamento e Consiglio Comunale Ritornello: Ndo stu pajes quanda salut quann eia tiemb r vtazziun; quanda prmmes chi r ponn crer sul li fessa. O vuot russ, o vuot janch si vo mangi, eia fath. Quann parla la Democrazia r dic semb r fssarij; e so trendann chi n vaj frcann la libbert e la croc sanda. Rit. I Cumnist a li zappatur t rhann puost a r spagghj a lu mur; r mmannan for a ccera a sol e lor s stann ra nand a Cola. Rit. E li cumbagn r lu bbon tiemb (PSDI) s so stancat r n fa niend; o cu li fessa o cu li ndist s la voln spart la cammisa r Crist. Rit. La stuazzion rvenda trist quann r siend li Socialist; e cu la fauc e lu martiegghj t r srrinan li pvriegghj. Rit. E li Crchist si hann li vot r bboln fa nat quatt tomb; ma ij chi so ancora uaglion n vogl lu nicchj, ma na bella fgliola. Rit. E lu partit r r Tre Ros e quann maj nha dat na cosa? E si nun acchiapp nu bbriend n ngeia nsciun chi t tarmend. Ritornello e infine:
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e gira e vota e vota e gira questa eia la vita , che ci vuoi fa


Votazioni del 15 giugno 1975: In questo paese quanti saluti/quando tempo di votazioni;/quante promesse/ che le possono credere soltanto i fessa./Ovoti rosso, o voti bianco/ se vuoi mangiare devi lavorare./Quando Parla La Democrazia/dice sempre le fesserie;/e sono trentanni che ci prende in giro/la libert e la croce santa./I Comunisti agli zappatori/li hanno messi con le spalle al muro;/li mandano in campagna al sole/e loro stanno davanti a Cola./E i compagni del buon tempo (PSDI)/si sono stancati di non fare niente;/o con i fessi o con i furbi/se la vogliono dividere la camicia di Cristo./La situazione diventa triste/quando senti i Socialisti;/ e con la falce e il martello/te li afiniscono i poveretti./ E i Cerchisti se avranno i voti/vogliono fare quattro tombe;/ma io che sono ancora giovane/non voglio il loculo, ma una bella ragazza./E il partito delle Tre Rose/e quando mai ci ha dato una cosa?/e se non prendi il bidente/non c nessuno che ti guarda.

LII. LARCH R LI ZINGAR Sotta larch r li zingar so nata nda na casa scurdata ra lu sol; ma pur si era scura e affmmcata quandamor ngera nda stu cor. Rcrottann r la vita mia ragg passat candann e nallgria; ma lu r stin accuss ha vlut ca lundan aviemma emigr. Tand lundan e senza cchi trn pur si lu munn agg ggrat Calitr mij n tagg mai scurdat.
Sotto larco degli zingari sono nata/ in una casa dimenticata dal sole;/ma anche se era buia ed affumicata/quando amore cera in questo cuore./Diciotto anni della mia vita/ li ho trascorsi cantando e in allegria;/ma il destino ha voluto cos/che lontano dovevamo emigrare./Tanto lontano e senza mai pi ritornare/anche se ho girato il mondo/Calitri mio non ti ho mai dimenticato. Angela Lampariello in Del Cogliano - Canada (da Il Calitrano agosto-settembre 1985)

LIII. VIA SAN CANIO Nu juorn chi lu sol era cchi call e vattija ngimma a r pret e a li scalun; cammnann p r vij, a nu tratt maddrmiett sul sul senza nsciun. A via Sand Canij, assttat ngimma a na preta attuorn laria era accuss cujeta
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chi s sarria sendut mov pur nu sung. Tanta fandasma a nu tratt so passat nnanz a mmi accuss addrmut; tutta ggend r lu vcnat uommn muort ra tandann frnut. Ognun m uardava e s n sca chiamava naut e naut ancora; e tutt vnienn e n vlienn ca rmmia, mavienna parl, era vnuta lora. Un r lor a nu tratt savvcina e ddic: sim ggend cambata nda sta strata; tu n canusc, sim pariend e amic via S. Canij n nadda ess abbandnata. Nuj sim muort senza colpa nostra ma cum fandasma sim stat semb vcin a vuj, a la vostra giostra r la vita, a tutt li tiemb. Lu trramotn so fatt tanda eia la scusa r chi vol stu trmiend; eia la scusa r chi n nneia amand r fa trn ngimma qua la ggend.
Via San Canio: un giorno che il sole era pi cocente/e batteva sopra alle pietre e ai gradini/camminando per le strade, ad un tratto/mi sono addormentato solo soletto,senza nessuno./A via S. Canio, seduto sopra ad una pietra/un sonno mi feci molto lungo,/attorno laria era cos tranquilla/che si sarebbe sentito muovere un filo derba./ Tanti fantasmi ad un tratto sono passati/davanti a me cos addormentato;/ tutta gente del vicinato,/uomini morti da tanti anni finiti./ Ognuno mi guardava a se ne andava,/ chiamava un altro e un altro ancora,/tutti venivano e non volevano che dormissi/ mi dovevano parlare, era ormai lora./ Uno di loro ad un tratto si avvicina e dice:/ siamo gente vissuta in questa strada,/ tu ci conosci, siamo parenti ed amici,/ via San Canio non deve essere abbandonata./Noi siamo morti senza colpa nostra,/ ma cone fantasmi siamo stati sempre/ vicini a voi, alla vostra giostra/della vita, in tutti i tempi./ Il terremotone sono fatti tanti/ la scusa di chi vuole questo tormento/ la scusa di coloro ai quali non piace/ fare ritornare quass la gente. Madiar (da Il Calitrano marzo-aprile 1984) Nostalgia rimpianto puro sentimentalismo? Per noi qualcosa di pi: un itinerario dellanima alla ricerca delle proprie radici, strappata dai suoi antichi valori e dal suo tessuto culturale-sociale, dalla violenza distruttrice del sisma che ha spezzato una continuit non solo di tradizioni, ma anche ed essenzialmente fisica.

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Tradimenti
LIV. LAMENTO DI UNA MADRE ABBANDONATA DAL MARITO Ah! Malandrin, ah! trartor m lhai rat stu hran rlor! ciend carlin, ciend rquat ah! quand car m s custat! Tata m rez na bbona rota, na bella stagghia cu vuov e cota! Ma tu, brhand e svrugnat, nu bbell juorn t n s abblat. Ndov si ggiut, s po sap? Nda nu rrrup puozz car! Megl era cert si taccmbav! Nommn a casa semb rstava. Mo chi r guira r criatur? Ponn sc scauz, ponn sc a la nnura? Senza r pan ponn camb? Senza lattan n ponn st. Acciess mij cum aggia fa? A qual sand maggia vt? Maronna mia aiutam tu for che chiang n pozz cchi.
Lamento di una madre abbandonata dal marito: Ah! malandrino, ah! traditore/mi hai dato un gran dolore!/Cento carlini, cento ducati,/ah! quanto caro mi sei costato!/Mio padre mi diede una buona dote,/una bella stalla con mucche e letame!/Ma tu brigante e svergognato,/un bel giorno sei volato via./Dove sei andato, si pu sapere?Possa tu cadere in un dirupo!/Certo era meglio se tu diventavi paralitico!/Un uomo in casa restava sempre./Ora chi seguir i figli piccoli?/Possono andare scalzi, possono andare nudi?/Senza il pane possono vivere?/Senza il padre non possono stare./Povera me come debbo fare?/A quale Santo mi debbo votare?/Madonna mia, aiutami tu/fuori che piangere non pozzo fare altro.

LV. RONNA TU MHAJ LASSAT Ronna tu mhaj lassat e t ringrazzij mhaj fatt nu piacer e nu gran srvizzij; r donn r trov a pass a pass e tu la tien la spena ca vness. M trov nda na rfesa senza pasc???. E nautara chi n s candan mess; tu mhaj amat cu nu sciuoch e spass tagg trattata cum a na fessa.
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Donna tu mi hai lasciato: donna tu mi hai lasciato e ti ringrazio/mi hai fatto un piacere e un gran favore;/Le donne io le trovo ad ogni passo/e tu hai ancora la spranza che io ritorni;/mi trovo in una difesa senza pascoli????/ed un altare dove non si cantano messe;/tu mi hai amato per un giuoco e per spasso/io ti ho trattata come una sciocca.

LVI. QUIGGHJ CHI N BBLIETT E mamma, mamma maggia mmartan ca senza jppon cchi n pozz stan; nott e ghiuorn chi m camard sola passa lu tiemb e primavera abbola. Stracqua m send e stanca r sta vita tengh tott r cos e so sguarnita; na carrzzella nova senza stallon la snagliera n fruscia senza tuon. La sera quann m corch nda lu lliett attuorn stann quigghj chi n bbliett; mmannaj a fagliott mastr e mastr rasc; ca quist era musc e quigghj vasc. Figlia mia che hrossa fatuaria lu zappator lassast a mezza via; cu la zappa nguogghj e r bbsazzol vietta scia for e nnand a lu sol.
Quegli innamorati che non volli (respinsi): e mamma, mamma io mi devo maritare/perch senza giubbone pi non posso stare;/notte e giorno che mi tormento da sola/passa il tempo e primavera vola./ Stanca e sfinita mi sento di questa vita/ho tutto e sono aguarnita;/la carrozzella nuova senza stallone/la sonagliera non fruscia senza tuono./ La sera quando vado a letto/intorno vedo le persone che non respinsi;/mandai a quel paese falegnami e maestri in altri settori/perch questo era moscio e quello basso./ Figlia mia che grossa sciocchezza/lasciasti lo zappatore a mezza strada;/con la zappa addosso e le bisacce/presto andava in campagna e prima del sorgere del sole.

LVII. LAGG PERS LU FIOR CCHIU BBELL Seia mmartata Ninnella mia lagg pers lu fior cchi bbell; cchi r na luna mmiezz a r stell a ghiuorn chiar egghia luca. Nu patrnciegghj r prncpat s lhav prtata a la Barna; gghi la chiaman assgnra la srvt r lu casat.
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Cavagghj janch e na carrzzella cu guarnmiend tutt rargiend; s lhann prtata cum a nu viend r lu cuntad eia la cchi bella. Lhann prtata a la Barnata a lu giardniegghj r la rosa; ma n ngeia fior cchi r sta sposa chi raj addor a sta cuntrada.
Ho perduto il fiore pi bello: si maritata Ninnella mia/ho perduto il fiore pi bello;/pi di una luna in mezzo alle stelle/a giorno chiaro lei luccicava./ Un padroncello di principato/se l portata alla Barna;/li la chiamano Vossignoria/la servit del casato./ Cavalli bianchi ed una carrozzella/con guarnimenti tutti dargento;/se la son portata via come un vento/ la pi bella del contado./ Lhanno portata alla Barnata/al giardinello della rosa;/ma non c fiore pi bello di questa sposa/che da lodore a questa contrada.

LVIII. NA RONNA CIEND MIGLIA S CHIAMAVA Na ronna ciend miglia s chiamava e ciend amand attuorn r tna; quann a la fnestra saffacciava tutt cum stell r bbra. A chi nu vas mannava e a chi nu fior e tutt quanda cundend r faca; a tutt quanda egghia apra lu cor e la passion soja la rca. Passa lu tiemb e passa primavera povra ronna nata senza frtuna; lamand chi tna matina e sera arriva lu viern e n n ten un. Povra ronna nata scunslata vna a questa terra cu gran dolor; sola rmana e abbandnata n ngeia chi la consola e senza amor.
Una donna si chiamava cento miglia: una donna cento miglia si chiamava/e cento amanti intorno aveva;/quando alla finestra si affacciava/tutti come stelle li vedeva./ A chi buttava un bacio, e a chi un fiore/e tutta contenta era;/a tutti lei apriva il cuore/e diceva la sua passione./ Passa il tempo e passa primavera/povera donna nata senza fortuna;/gli amanti che aveva mattino e sera/arriva linverno e non ne ha nessuno./Povera donna nata sconsolata/veniva in questa terra con gran dolore;/sola restava ed abbandonata/senza amore e non c chi la consola.

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LIX. LA NENNA MIA P SEMB PRDIETT Nu juorn m venn a mend la partenza la mamma mia e la zita salutaj; tutt quanda la fecn la prsenza afflitt e scunslat mallundanaj. P via ncundraj na zngaregghia m voz addvn la mia vendura; la Nenna toja smbegna la unnegghia e nat amand r egghia ten cura. E n g chrriett a quigghj mmend e cum cu na barchetta m n scia; nata vota uardaj lu tnmend lundan r mndagn mij vra. E quann stia arrvann a lata terra trn vla ma n ptiett; nda stu cor snda ca ngera uerra la Nenna mia p semb la prdiett.
La Nenna mia per sempre lho perduta: un giorno mi venne in mente di partire/la mamma mia e la fidanzata salutai;/tutti furono presenti/afflitto e sconsolato mi allontanai./ Per strada incontrai una zingarella/che volle indovinare la mia ventura;/la tua fidanzata si impegna la gonnella/ed un altro amante ha cura di lei./ Io non ci credetti in quel momento/e come con una barchetta me ne andavo;/unaltra volta guardai il tenimento/lontano vedevo le montagne./ E quando stavo arrivando allaltra terra/ritornare io volevo, ma non potei;/sentivo la guerra che cera nel mio cuore/la Nenna mia per sempre lho perduta.

LX. FRTUNA MIA E cum vogl fa frtuna mia m lhann carcrat lu mij amor; m lhann puost abbagghj a la priggion e m lu fann mr r passion. Attuorn attuorn r fierr na cancegghia e sola so rmasta pvregghia abbandnata sola e senzamor pac n pot trv quistu cor. Povr amor mij nda na halera semb ven viern e maj primavera; cum nauciegghj nda na cangiola lamand n po tras chi lu cunzola.
Fortuna mia: e come voglio fare fortuna mia/mi hanno carcerato il mio amore;/me lo hanno messo in fondo ad una prigione/e me lo fanno morire di passione./ Intorno, intorno un cancello di ferro/e sola sono restata io poveretta;/abbandonata sola e senza amore/pace non - 374 -

pu trovare questo cuore./ Povero amore mio in una prigione/sempre viene inverno e mai primavera;/come un uccello in gabbia/lamante non pu entrare per consolarlo.

LXI. LU SCIUQUATOR Mamma, mamma la mmasciata eia fatta la zita n m vol, so ggiuquator; shav sciuquat la nocca e lu lacc ror e mo s vol sciuqu r Nenna lu cor. Mamma, mamma va ng parla ancora rilligghj ca so pndit r larror; si egghia manden la parola donor la nocca ij llaccatt e lu lacc ror. Mamma, mamma si Nenna m ric sin p egghia r spengh li quatrin; llaccatt laniegghj ror e la cullana e li circhiun a tuon r cambana. Fgliola mia quant taggia amat prdona a stu pvriegghj tand malat; si mabbanduon Nenna a stu mmend ramor s n mor stafflitt amand.
Il giocatore: mamma, mamma limbasciata fatta/la fidanzata non mi vuole, sono giocatore;/si giocato il nastro e il laccettino doro/ed ora si vuole giocare il cuore di Nenna./ Mamma, mamma vacci a parlare ancora/digli che sono pentito per lerrore;/se lei mantiene la parola donore/io le compro il nastro e il laccettino doro./ Mamma, mamma se Nenna mi dice si/per lei li spendo i quattrini;/le compro lanello doro e la collana/e i cerchioni (orecchini) a tuono di campana./ Ragazza mia quanto ti ho amato/perdona a questo poverello tanto malato;/se mi abbandoni Nenna in questo momento/questo afflitto amante se ne morir damore.

LXII. LAMOR CU MICH Lhaj fatt lamor cu mich..e mo e mo p nda r vij e p nda li vich.e mo e mo e lhaj fatt ser e matin ..e mo e mo e m vliv semb vcine mo emo T si curquata cu mich a (lu) lliett tu m vliv t vla; e m rhaj fatt a p dspiett cu tich ng tengh e ng tna. Mo vaj crcann nat amand ma p crapicc e m vuoj bben; tagg amat e t vogl tand
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m vesc lu nfiern nda st pen. Pariv na rosa r giardin mo r fliscn a lu camin; tarracquava cu lu catin mo manca lacqua a lu fndanin.
Lamore con me: hai fatto lamore con me/per le strade e per i vicoli;/e lhai fatto sere e mattina/e mi volevi sempre vicino./ Ti sei coricata con me a letto/tu mi volevi ed io ti volevo;/e me lo hai fatto per dispetto/con te ci tengo e ci tenevo./ Ora vai cercando un altro amante/ma per capriccio e mi vuoi bene;/io ti ho amato e ti voglio tanto bene/mi vedo linferno in queste pene./ Sembravi una rosa di giardino/ora ci sono le fuliggini nel camino;/io ti annaffiavo col catino/ora manca lacqua alla fontanina.

LXIII. LA BELLA MIA Seia mmartata la bella mia a nu pajes assaj lundan; s lhav pgliat nu rccon r cas e terr igghj eia patron. Massarij ten e pannizz a la citt nu gran palazz; mul e cavagghj ten for e ten r pecur a la pastura. Quanda fgliol a p stu rccon hann ritt non a tanda uagliun; r quand amand chi stienn attuorn n neia rmast un p cuorn. Magg sciuquat quist cor e lu cuntratt agg fatt paffar; e p dnar e no pamor cchi la pac n pozz trovar (e pac n trova quistu cor).
La bella mia: si maritata la mia bella/in un paese molto lontano;/si presa un riccone/lui padrone di case e terre./ Possiede masserie e pannizze/e un grande palazzo in citt;/muli e cavalli ha in campagna/ed ha le pecore al pascolo./ Quante ragazze per questo riccone/hanno respinto tanti ragazzi;/di quanti amanti che stavano intorno/non ne rimasto neanche uno per scaramanzia./ Mi sono giocato questo cuore/e il contratto ho fatto per affare;/e per denaro e non per amore/e pace non trova questo cuore.

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Ingiurie
LXIV. LU ZUOPP R GIACCHETTA CORTA E lu zuopp r Giacchetta Corta chi sona lu fratocchj; si lu pigl cu la cunogghia quanda bott chi laggia r. Ritornello: Maria Nicola chi t ra fatt fa si faciv la bbona fgliola t ptiv mmart. Mo n sciam p li Pppun e tutt scauz e nguglnur; po vtam (aggram) p li Cuzzett tutt scauz e ngarretta. Rit. E lu sahrstan a la Croc lu sona miezzjuorn; s n vaj (s naggira) tuorn tuorn ca n bol fath. Rit.
Lo zoppo di Giacchetta Corta: e il zoppo di Giacchetta Corta/che suona il fratocchio;/se lo prendo con una conocchia/quante botte che gli debbo dare./Maria Nicola chi te lo ha fatto fare/se facevi la buona ragazza/ti potevi maritare. Rint./Ora ce ne andiamo per i Pepponi/tutti scalzi e nudi;/poi giriamo per i Cozzetti/tutti scalzi e senza calze./ Rit./E il sagrestano alla Croce/suona mezzogiorno;/se ne va in giro/perch non vuole lavorare./Rit.

LXV. MARIUCCELLA Mariuccella giuta a Gghisck mo mo mo mo e lhav avut lu rfrisck Mariuccella mo mo Mariuccella mo ca mo. Mariuccella giuta a lacqua mo-mo-mo-mo e lhav avut nda la sacca mo mo Mariuccella mo mo Mariuccella mo ca mo. Mariuccella giuta a luort mo mo mo mo e lhav avut lu cunfuort Mariuccella mo mo Mariuccella mo ca mo Mariuccella nda li Chian mo mo mo mo
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lhav avut e lu ten mman Mariuccella mo mo Mariuccella mo ca mo. Mariuccella a la fndana mo mo mo mo lhav ndnata la campana Mariuccella mo mo Mariuccella mo ca mo. Mariuccella a lu flar mo mo mo mo cu lu cumbar nda lu pagliar Mariuccella mo mo Mariuccella mo ca mo. Mariuccella giuta for mo mo mo mo lhav fatt lu intr e for Mariuccella mo mo Mariuccella mo ca mo.
Mariuccella: Mariuccella andata a Gghisck/ed ha avuto il rinfresco;/Mariuccella andata allacqua/e lo ha preso in tasca;/Mariuccella andata allorto/ed ha avuto il conforto;/Mariuccella ai Chiani/lo ha avuto e lo tiene in mano;/ Mariuccella alla fontana/ha intonata la campana;/Mariuccella ./con il compare nel pagliaio;Mariuccella andata in campagna/ed ha fatto lamore.

LXVI. LU CIAFARCAGNUOL Nu bbacocch e ciafarcagnuol chi ten mglier cu li figlj; igghj hav scunsacrat nu ggigl lu sckuppttuol lu fac spar Hav fatt sgarr cu na fgliola chi eia cchi lucend r na stella; r lu cunduorn eia la cchi bella ra la cangiola lhav fatt abbl. Igghj chi vaj allsciann hropp a lu prton ten nu var; quiss vaj mttenn rpar ma quanda topp a p lu san.
Il ciafarcagnuolo: un balordo ciafarcagnuol/che ha moglie e figli;/ ha profanato un giglio/sparando con la pistola./ Ha fatto sgarro con una ragazza/che pi lucente di una stella;/ la pi bella del vicinato/dalla gabbia lha fatto volare./ Lui che va lisciando schene/al portone ha un grosso affare/perci cerca di mettere riparo/ ma quante toppe per sanarlo.

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Vita contadina
LXVII. U ZAPPATOR CALTRAN Ommn r cor ronor e gran fathator. eia pvriegghj ma nu tuozz r pan semb lu spart cu lamich. Casa soja aperta eia a tutt quanda e na ciotla r mier frisch ngimma a la bbffetta n la fac mai manc. Aiuta si pot e cunzola semb a chi r bbsuogn hav. Lamicizzia po p igghj eia sahra e quann parla e par ca ngir vol pgli, r fac sul p rir e p s scurd. U cor suj, per, accuss bbuon e accuss tiennr, rvenda cum na preta, prdona s, ma n s scorda maj, si r nu trarmend s naddona.
Lo zappatore calitrano: uomo di cuore e donore/e gran lavoratore./E povero/ma un tozzo di pane/sempre con gli amici lo divide./La sua casa aperta a tutti/e una ciotola di vino/sopra il tavolo/non la fa mai mancare./Aiuta se pu,/e consola sempre coloro che ne hanno bisogno./Lamicizia, poi, per lui sacra/ e quando parla e sembra che prenda in giro,/lo fa soltanto per ridere e per dimenticare./Il suo cuore, per, cos buono/e cos tenero/diventa come di pietra,/perdona s/ma non dimentica mai,/se si accorge di un tradimento. - 379 -

Giovanni Fierravanti - Germania (da Il Calitrano novembre- dicembre 1986) Poche, sobrie ed incisive parole riescono a scolpire con precisione, calore e concretezza, la familiare, eppur secolare, figura r lu zappator, pulsante di un nostalgico passato, in cui traspare tutta la delicata e vibrante sensibilit dellautore.

LXVIII. LU UALAN Nu juorn sciett ar a cu na vecchia a lu prim surch s spzz larata; stracqu m sntia e faciett ftecchia e fessa m trvaj a la parata. Egghia (la vecchia) m riss stu ualan fttut pcch n puort li stigl arattat? E lu rciett vecchia arrabbiata cum la tien tosta ssa partita.
Il bovaro: un giorno andari ad arare con una vecchia/al primo solco si spezz la punta;/stanco mi sentivo e feci petecchia/e mi trovai sul fatto impacciato./La vecchia mi disse: stu gualano fotturo/perch non porti gli attrezzi adatti?/Io le dissi vecchia arrabbiata/come ce lahi dura questa partita.

LXIX. LU PATRON E LU PASTOR La mglier r lu pastor chi la ten accuss bbona; lu patron ch s naddona lamor cu egghia vol fa. Quann vaj a la fndana fac nfinda ca ten scuorn; igghj cchi la raj attuorn la cambana la vol ndn. La mett ngroppa a lu stallon manch lu viend cchi lu ncappa; a lu quason s n scappa lu varrcchion fac fcc. Poch lundan nu lamiend eia la voc r lu pastor; cu la patrona fac lamor li uarnmiend fac frsci.
Il padrone e il pastore: la moglie del pastore/che ce lha cos bona;/il padrone che se ne accorge/vuole fare lamore con lei./ Quando va alla fontana/fa finta di vergognarsi;/lui pi - 380 -

la circuisce/vuole suonare la campana./ La mette in groppa allo stallone/neanche il vento lo pu acchiappare;/se ne scappa al casone/dove fanno lamore./Poco lontano un lamento/ la voce del pastore;/che con la padrona fa lamore/i finimenti fa frusciare.

LXX. LU PATRON CU LU SCKURIAL Quann la lana nuj scardam quann la zappa nuj affnnam; cu pen e trmiend e cu srur nuj mandnim puorc e sgnur. Ritornello: Ma lu patron cu lu sckurial a nuj cummanna e fac mal. Quann li pann nuj tssim quann r gran nuj mtim; cu pen e trmiend e cu srur nuj mandnim puorc e sgnur. Rit. Quann la sposa nuj diman a lu patron tocqua la man; cu pen e trmiend e cu srur nuj mandnim puorc e sgnur. Rit. Quann abballam nuj e candam quann la fossa nuj cavam; cu pen e trmiend e cu srur nuj mandnim puorc e sgnur. Rit. Ddij prham nuj nott e ghiuorn giuoch s piglia r nuj e scuorn; cu pen e trmiend e cu srur nuj mandnim puorc e sgnur. Rit.
Il padrone col frustino: quando noi scardassiamo la lana/quando noi affondiamo la zappa nel terreno;/con pene e tormenti e con sudore/noi manteniamo porci e signori./ Ma il padrone con lo staffile/ci comanda e fa male./ Quando i panni noi tessiamo/quando il grano noi mietiamo;/con pene e tornenti e con sudore/noi manteniamo porci e signori./Quando la sposa/al padrone tocca la mano;/con pene e tormenti e con sudore/noi manteniamo porci e signori./ Quando balliamo e cantiamo/quando la fossa noi scaviamo;/con pene e tormenti e con sudore/noi manteniamo porci e signori./Noi preghiamo Dio notte e giorno/gioco si prende di noi e vergogna;/con pene e tormenti e con sudore/noi manteniamo porci e signori./ Ma il padrone con lo staffile/ci comanda e fa male.

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LXXI. LI CURNUT VOLONTARIJ Don Dnat mha dat la sarahogghia e laggia sc a scund cu la zappegghia; tutt li juorn cu r zannagl mogghj mav scurciat lu cuorij e la pegghia. E mo laggia jastm a Sand Libborij Patron r li curnut volontarij; e quiss p quess portan la vittoria n stann a patron e tiran lu salarij.
I cornuti volontari: don Donato mi ha dato la saraogghia/e la devo andare a scontare con la zappetta;/tutti i giorni con i miei stracci bagnati/mi ha scuoiato la vita e la pelle./Ed ora lo devo bestemmiare a San Liborio/Patrono dei cornuti volontari;/e codesti perci lhanno sempre vinta/non stanno a patrone e prendono il salario.

LXXII. LA MGLIER R BBUON CAMBES La mglier r bbuon cambes chi lhav posta la papara a bbenn; egghia la venn p nu trnes manch r ppenn s fac pah. La vlarra na camciola e lla freca a lu ptuar; la mett a fuoch la varola cu li rnar n bbol pah. E lu marit chi s naddona r bbaj tzzliann prtegghj; la vaj acchiann una bbona r tavaregghj r bbol scund. Lhann ncappat nda na cummara ma n neia prond cu lu vattagl; ngera accuvat natu cumbar nda r tnaglj eia sciut a ncapp. Igghj chi eia nu ciavarron n s n fott r ssa fhura; la mglier hav puost ntruon n ngeia paura r la macchi.
La moglie del buon campese: la moglie del buon campese/che ha messo in vendita la papera;/la vende per un tornese/non si fa pagare neanche le penne./ Vorrebbe una camicia/e la ruba al bottegaio;/La mette a fuoco la varola/con il denaro non vuole pagare./ E il marito che se ne accorge/va bussando alle porte;/va cercando una buona donna/vuole scontare./Lo hanno colto presso una comare/ma non pronto col vattaglio;/cera nascosto

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un altro compare/fra le tenaglie incappato./ Lui che un ciavarrone/se ne infischia di questa figuraccia;/ha messo la moglie in trono/non c paura di macchiarla.

LXXIII. FGLIOLA CHI VAJ A LUZZAN Bella fgliola chi vaj a Luzzan r pan nzin e la zappa mman; e si n tabbasta Spnit e Luzzan ngeia la Pazia sotta Carian. Ritornello: E mo ch ngeia e mo chi n ngeia abbascia la ciaula evviva lu Rr. Bella fgliola che vaj for la naca ngap e la criatura; appriess la puort la pcuregghia e la crapetta cu la campanegghia. Rit. Bella fgliola chi vaj araut tu vaj araut a Castiglion; teia ngappata nott e t s curquata nda lu cason cu Zampaglion. Rit.
Ragazza che vai a Luzzano: bella ragazza che vai a Luzzano/il pane in seno e la zappa in mano;/e se non basta Spineto e Luzzano/c la Bazia sotto Cairano./ Ed ora che c ed ora che non c/abbasso la ciaula e viva il Re;/non regna pi linfamit/ed anche Zampaglione deve andare a zappare./Bella ragazza che vai in campagna/la culla sul capo e il bambino;/appresso porti la pecorella/e la caprettina con la campanella./ Bella ragazza che vai a lavorate da altri/tu vai ad altri a Castiglione;/ti ha sorpresa la notte e ti sei coricata/nel casone con Zampaglione.

LXXIV. CUM M PAR BELLA LA PATRONA MIA Cum m par bella la patrona mia quann s mett la unnegghia nova; m par na palummegghia quann vola e vaj attuorn attuorn a la massaria. Quann camina trema lu piett tunn e la unnegghia fac a cum lonna; ra sotta lu reggipett s ver lu funn stu cor s scunforta a chi n m nganna. Porta li capigghj ricc nfrond e quann camina r mena a lu viend; e m par na cavalla saluaggia
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mpazzisc p nu pgghitr chi la maneggia. E quann vaj a lacqua r la fond lamor vol fa a cu lamand.
Come mi sembra bella la mia padrona: come mi sembra bella la padrona mia/quando si mette la gonnella nuova;/mi sembra una palombella quando vola/e gira intorno, intorno alla masseria./ Quando cammina trema il suo petto tondo/e la gonnella fa come londa;/di sotto al reggiseno si vede il fondo/questo cuore si sconforta a chi non mi inganna./ Porta i capelli ricci in fronte/e quando cammina li butta al vento;/e mi sembra una cavalla selvaggia/impazzisce per un puledro che la maneggia./E quando va allacqua della fonte/vuol fare lamore con lamante. Di seguito riportiamo alcune poesie che la nostra concittadina Angelina Pavese (dal 1924 negli USA), nata Simone, ci ha inviato come collaborazione a Il Calitrano.

LXXV. CUM SO CRSCIUTA Quanntna ancora unnciann faca la pntima, e rcamann pur r cauzett m faca M rcia mamma: figlia mia na fgliola tutt r cos sadda mbar sn n s pot mmart. Prima r tutt a cucn: lu rah fu la prima cosa, a fa li cingul, cum m piaca!... Ma quann r nnmiccul sgla crcav aiut a tutt li Sand, c la vezza era nu trmiend, pta fa car pur li riend. E r ccorijmamma mia che pazienza ng vla!... a foglia, a foglia, tutt quegghj giall a una, a una savienna lu che aggia ric po p r lav? R mttia nda lu vacil r li pann cu la spareggia ncap r prtava, a la Fndana, p r lav, aspttava ca tanta ggend, cu li varril ognun, a turn, lancha. E ij, creatura, prima chi fna Cert bbot, pur lu sol calava; e s n scia tutta na scrnata p fa na mnestra mmartata cu lu sauzicchj e larracciata;
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e si ra la pertca, r lard pta scenn ava chiam la cummara p lappenn.


Come ho vissuto: quando avevo undici anni/facevo il punto alluncinetto e ricamavo/mi facevo anche le calze/.mi diceva mia madre: figlia mia/una ragazza tutte le cose deve imparare a fareAltrimenti non si pu sposare./Prima di tutto cucinare//Il rag fu la prima cosa (che imparai)/a fare le orecchiette come mi piaceva!.../Ma quando sceglievo le lenticchi/ecercavo aiuto a tutti i santi/perch le impurit erano un tormento/potevano far cascare anche i denti/E la cicoria mamma mia/che pazienza ci voleva/a foglia, a foglia tutte quelle gialle/ad una, ad una si dovevano togliere/che devo dire poi per lavarla?La mettevo nel secchio dei panni/con il cercine sulla testa la portavo/alla Fontana e per lavarla, aspettavo/che tanta gente riempisse i barili/.Ed io, piccola, prima che finisse la fila/a volte tramontava il sole/e trascorreva tutta una giornata/per fare una verdura col prosciutto/con la salsiccia e il lardo battuto./E se ero capace di scendere il lardo dalla pertica/dovevo pio chiamare la comare per rimetterlo appeso. Angelina Pavese - USA (da Il Calitrano aprile-maggio 1982)

LXXVI. SAN GIUANN Quann era pccnenna r sapa ca San Giuann avia battzzat a Gies Crist e ca eran pur pariend. La Madonna e Sanda Elisabetta s rcia eran sor cucin a li vindquatt r Giugn lu juorn chi caria la festa r San Giuann. Quas nsciuna fgliola r settann tnia la pupa p la battzz ma mamma Ria m la facia cu r pezz r nu lnzul vecchj. E lu cuppin, ndov frsca gghiuogl p fa lacquasala a tata Rnat cu nu piezz r carvon tngia luocchj lu nas e pur la vocqua a risa E un rcia: mo trovat la cummara portala a la chiesia a battzz ca osc eia San Giuann n t r scurd. N m ragg scurdat e mo chi tengh sttantann ancora penz a lu pupl r pezza cu lu cuppin.
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San Giovanni: quando ero piccola lo sapevo/ che San Giovanni/ aveva battezzato a Ges Cristo/ ed erano anche parenti./La Madonna e santa Elisabetta/ si diceva erano cugine/al 24 di giugno/il giorno in cui cadeva la festa di San Giovanni./Quasi nessuna ragazza a sette anni/aveva la pupa da battezzare/ma mamma Ria me la faceva/con le stoffe di un vecchio lenzuolo./E il coppino dove friggeva lolio/per fare lacquasala a nonno Renato/con un carbone tingeva gli occhi/il naso ed anche la bocca sorridente./Ed uno diceva: ora trovati la comare/portala alla chiesa a battezzare/perch oggi san Giovanni/ non te lo dimenticare./Non me lo sono dimenticato/ed ora che ho settantanni/ancora penzo al pupazzo/di stoffa con il coppino. Angelina Pavese (da Il Calitrano luglio - agosto 1982) Il componimento precedente dedicato alla festa di San Giovanni del 24 giugno, con la genuina e felice ricostruzione di un antichissimo costume, ormai sconosciuto ai pi giovani.

LXXVII. TIEMB R MET Che bbell hran chi ngeia ndo sta costa Patron va la piglia la fiasca n lu ra a bbev a lu scrmtator cCa piglia li sciermt e r mena p laria r bol fa spcul a st ddoj fgliol. Miet faucia mia cu la cpogghia forza n ng nneia a r garamegghj tu m vo accurd cu la stzzolla ij m s mbarat cu la cannegghia. Canta la calandrella, canta, canta t lu vol fa snd lu cand ramor chiama li mttur tutt quanta sciam a mangi ca eia arrvata lora.
Tempo di mietere: Che bel grano che c in questa costa/padrone valla a prendere la fiasca/ non dar da bere al mietitore/che prende i manipoli e li butta per laria/vuole farli raccogliere da quelle due donne./Mieti falce mia con la cipolla/forza non ce n nelle braccia/tu mi vuoi accontentare con una goccia/io invece sono abituato con la cannella./Canta la calandrella, canta, canta/te lo vuol far sentire il canto damore/chiama i mietitori tutti quanti/andiamo a mangiare perch giunta lora. La torrida calura che ogni anno ci tormenta, ha riportato alla mente gli anni della nostra infanzia, nellimmediato dopoguerra, e a quel caratteristico, ma anche triste, spettacolo di centinaia di mietitori, in gran parte pugliesi (in Puglia si miete in giugno) che nei mesi di luglio ed agosto affollavano la piazza ngimma cort, il corso, e stazionavano, distesi sulla nuda terra, sotto a u mnmend o nei pressi del pascone, in attesa di trovare un lavoro. Anche questo costume di vita paesana, stato spazzato via dallattuale societ tecnologica. Angelina Pavese - USA Angelina Pavese - USA - 386 -

(da Il Calitrano luglio - agosto 1982)

LXXVIII. R FEMMN R CALITR Crscenn a Calitr r vra r femmn caltran; cu lu varril ngap facenn la cauzetta p la via; a la Fndana o a lu puzz lacqua avienna sc a pgli. Cum eran ndist r femmn r na vota... crscienn tanda figl cu picca pan, ma lu bben n fna maj Ogn fgliola prima r rieciann gi sapa cos e cucn; e r cauzett s sapa fa! M ven a mmend spiss mamma Ria quann a Natal, faca r scarpegghj vir, rca, figlia mia: Quist eia lu Bbammin la mangiatora, la Maronna e San Ggsepp li pasture po venn pur li tre Magg. P la Santa Pasqua faca li pcclatiegghj n r faca vr, senza tucqu, prima chi vna lu preut a bbnric la casa e tutt r bben r Ddij. St cos mo, r fazz pur ij li tiemb bbuon n sanna scurd! Cum ij m rcord a nonna mia pur ij n m vogl fa scurd.
Le donne di Calitri: crescendo a Calitri le vedevo/le donne calitrane;/col barile in testa/lavorando a maglia per la strada/alla Fontana o al pozzo/lacqua dovevano andare a prendere./Come erano sveglie le donne di una volta!/Allevavano tanti figli con poco pane/ma con un amore che non finiva mai/Ogni ragazza prima dei dieci anni/gi sapeva cucire e cucinare:/e le calze si sapeva fare (a maglia)./Mi ricordo spesso di Mamma Ria/quando a natale, faceva le scarpegghj/vedi, diceva, figlia mia:/Questo il Bambino Ges/la mangiatoia, la Madonna e San Giuseppe/i pastorie dopo arrivano anche i tre Re Magi./Per la Santa Pasqua faceva i pcclatiegghj/Ce li faceva vedere senza toccarli,/prima che arrivasse il prete/a benedire la casa ed ogni cosa che in essa si trovava./Queste cose, ora, le faccio anchio/i bei tempi non si devono dimenticare!/Come io mi ricordo di mia nonna,/cos anchio non voglio essere dimenticata. Angelina Pavese - USA (da Il Calitrano giugno-luglio 1983) - 387 -

LXXIX. ACCUSSI SADDA PAHA SI A LA VCCHIAIA S VOL ARRVA T uard a lu specchi t vir arrpcchiat quann tauz lu matin nu rlor ogn lat n puoj cammn teja appsci: par nann nu mmend luongh assaj li trmiend! Si lu fridd fac rann lu calor t condanna e t ven sul suonn senza spena r mr! e t n vaj: chian chian ra lu lliett a lu divan.
Cos si deve pagare se alla vecchiaia si vuole arrivare: ti guardi allo specchio/vedi il viso rugato. Ti alzi al mattino/un dolore ogni lato/ Non puoi camminare/ti devi appoggiare/ sembra un anno ogni momento/molto lunghi i tormenti!/Se il freddo ti punge/il caldo ti costringe ti condanna/ e ti fa venire il sonno/senza speranza di morire/E te ne vai: piano, piano/dal letto al divano. Angelina Pavese - USA (da Il Calitrano marzo - aprile 1984) Questa composizione, nella quale si intuisce una penetrante finezza di analisi, stata ispirata da un colloquio telefonico col compaesano Vito Solimene, ultra ottantenne, che parlando dei propri acciacchi ha commentato questo il prezzo da pagare se si vuole morire di vecchiaia.

LXXX. LU MAIESTR ARMIEND Lu maiestr r la quinta elementar s chiamava Luiggiij Armiend, t barava cu la bacchetta: a vot t facia pur paura! Ma quann na cosa t nzngava N sul ncap, ma ncor t rstava. Quann fu lu turn mij (Igghj era stat pajestr pur a tata) M snta n picca mbauruta; ma tna na cumbagna a lu lat - n vliemm bben e m ria curagg Cum la pienz Mchlina Fastigg? E chian chian pur cu Chiarina - a figlia r lu majestr maffiataj;
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e r lzziun nzemmr r faca. Quann penz ca nat picca lu prda Quigghann r la quinta class. Mamma m rcia: torna p natann a la quarta N ng pnz a fa lesam. Ma quann m vedd ronna Francschina Riss: che faj qua tu, osc so lesam E n nneia niend p te: sul la littura. Ij rspnnioett: mamma n vol E po: te cum so vstuta Cum m prsend p lesam? Na cumbagna s lu lu uandsin cu lu ricc M lu poss nnanz e accuss m trov barata Ra lu maiestr Armient Chi facia paura, e bben a tutt quanta Chi avienn la frtuna r lhav. Ropp tantann cu tutt li scular pur tata S lhann rcurdat ra lAmerca; Facenn onor a tutt li maiestr. Ncap lu prfssor Luigg Della Badia. Cu mragl ror e na bella poesia Ij chi lu so rstata semp hrata Ngiel lu mmann stu salut.
Il maestro Armiento: il maestro della quinta si chiamava/Luigi Armento ti insegnava con la bacchetta/a volte ti faceva paura/ ma quando ti insegnava una cosa/ti restava non solo in testa, ma anche nel cuore. Quando fu il mio turno/(lui era stato maestro anche di mio padre)/mi sentivo un po impaurita/ma avevo una compagna (di banco) a fianco/ci volevamo bene e mi dava coraggio/Come la pensi Michelina Fastigi?/E piano piano anche con Chiarina/la figlia del maestro, mi affiatai/e facevamo le lezioni insieme/quando penso che per poco non perdevo/quellanno della quinta classe/.Mamma mi diceva: torna per un altro anno alla quarta/non ci pensare a fare lesame/ma quando mi vide donna Franceschina/ mi disse: che cosa fai qua tu?/oggi ci sono gli esami/ e per te non niente, c soltanto la lettura./Io risposi: mia madre non vuole/e poi ecco come sono vestita!/come mi presento agli esami?/Una compagna (di scuola) si tolse il grembiule con il riccio/me lo mise davanti e cos mi trovo istruita/dal maestro Armento/ che faceva paura, e bene, a tutti/coloro che avevano la fortuna di averlo (come maestro).Dopo tanti anni, con tutti gli scolari, compreso mio padre/se lo sono ricordato dallAmerica/facendo onore a tutti i maestri/con a capo il professore Luigi Della Badia.Con medaglie doro e una bella poesia/io gli sono restata sempre grata/in cielo gli mando questo saluto. Angelina Pavese - USA (da Il Calitrano novembre-dicembre 1984)

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Non pretende e non vuol essere una composizione poetica, ma un ricordo vivo e sempre forte che restato impresso nel cuore di una giovane fanciulla, che dopo oltre mezzo secolo ce ne fa partecipi con quella stessa freschezza e genuinit di tanti anni fa.

LXXXI. LU ZAPPATOR R LU SPNIT Lu zappator r lu Spnit era quigghj pvriegghj chi r terra n tnia nu macquatriegghj.! Ogn matina, vietta vietta s mttia ngammin p nu par ror. Tutt nann: smmnava e zappava cu la spena r cogl la prvvista quann vnia lu tiemb mttor. Si p sfrtuna, era malannata tutta la fatiha era prduta e s passava na mala nvrnata lu povr zappator r lu Spnit.
Lo zappatore dello Spineto: era colui poverello;/che di terra ne aveva/un fazzoletto./Ogni mattina, presto, presto/si metteva in cammino/ per un paio dore./Tutto lanno: seminava e zappava/con la speranza di cogliererne il frutto/quando veniva il tempo di mietere./Se per sfortuna, era male annata/tutto il lavoro era perduto;/ e passava una pessima invernata/il povero zappatore dello Spineto. Angelina Pavese - USA (da Il Calitrano marzo - aprile 1988)

LXXXII. LU PRIM NAT Lu prim figl lu prtava nnanz ropp lattan, era lu cap r la casa. ma p lu pvriegghj lu prim nat n ptia fa manch nu starnut ca a lu frat avia ess raiut e p la via rrritta lavia ngammn
Il primo figlio lo portava avanti/dopo il padre, era il capo di casa/ma per il poveretto, il primo nato,/non poteva fare neanche uno starnuto/perch al fratello doveva essere di aiuto/ e per la via diritta/ lo doveva incamminare. Angelina Pavese - USA - 390 -

(da Il Calitrano marzo - aprile 1988)

LXXXIII. APPRZZA LI PANN Era tiemb rapprzz li pann quann na fgliola s spsava; ra quannera ndo la naca la mamma tssa: tvagl, lnzol e cuorp r cammis. Ra criatura la nzngava e tutt cos ava sap r fa; lutma la cammisa r lu zit cchi o men na sttmana prima. A la casa r la zita eran prparat li pann; a sei, a ddurrc, cum s pta o cum la prima sor ava avut. Vnienn mmtat ra li ruj lat r femmn mbarntat; ogn macquatur, tvaglia, lnzol e cuscin vna apprzzat e puost a lista. A vot s trvavan plej e s fna a sciarr; e lu matrmonij n s faca cchi. Tutt li pann po bell strat s mttienn ndo r cest; la mamma r la zita, tutta prsciata passava li bbcchrucc e li hraffaiuol. E dda lu cartocc a li pariend r lu zit; chi aspttava ndov era nat p accogl li pann r la zita. Chi eran prtat ncap ra r femmn mbarntat; p la via cum na parata, nnanz a tutt , na sor r la zita cu la cammisa r lu zit, cummgliata r ccciaruc janch. Trasienn, a un, a un, tutt nfesta li pariend cchi stritt; facienn lu lliett cu r megl lnzol cuscin e cupert e lu cummgliavan r ccciaruc.
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Mo era la mamma r lu zit a fa r ccrmonij; cu li bbcchrucc e li hraffaiuol e lu cartocc a li pariend r la zita. Chi trnavan a la casa n picca stnat; ca a li bbcchrucc n neran abbtuat.
Stimare (mostrare) il corredo da sposa: era tempo di stimare il corredo/quando una ragazza si sposava;/da quando era nella culla/la madre tesseva:/tovaglie, lenzuola e corpetti./ Da bambina si insegnava/a saper fare tutto;/per ultima cosa la camicia dello sposo/ pi o meno una settimana prima./A casa della fidanzata/erano preparati i panni;/a sei, a dodici come si poteva/ o come aveva avuto la prima sorella./Venivano invitati dalle due parti/le donne imparentate;/ogni fazzoletto, tovaglia, lenzuolo e cuscino/ veniva apprezzato e messo nella lista./ A volte si trovavano scuse/e si finiva a bisticcio;/e il matrimonio/non si faceva pi./Tutti i panni, poi, stirati/si mettevano nelle ceste;/la madre della fidanzata, tutta contenta/passava i bicchierini di liquore e i dolci./ E dava lu cartocc/ai parenti del fidanzato;/che aspettava dove era nato/per ricevere i panni della fidanzata./Che venivano portati in testa (le ceste)/dalle donne della parentela;/per la strada come in una parata/innanzi a tutti, una sorella della fidanzata/che portava la camicia dello sposo/coperta di confetti bianchi./Entravano una alla volta, tutti in festa/I parenti pi stretti;/facevano il letto con le migliori lenzuola, cuscini e coperte/e lo coprivano di confetti./Ora era la madre del fidanzato/a fare le cerimonie;/con i bicchierini, i dolciumi/e il cartoccio ai parenti della fidanzata./Che ritornavano a casa/un po storditi;/perch ai liquori/non erano abituati. Angelina Pavese - USA (da Il Calitranomarzo-aprile 1985)

LXXXIV. SCIAM A LOFAT A LAVA Femmn ggiuvn e fgliol zit vietta la matina cu lu vacil ngap chin r pann lurd. n mttiemm ncamin sciemm a lOfat a lav. Na bona preta faci ara struculatur roj vot savienna nzapn, prima li pann janch vgghiemm lacqua p lu cnnratur ammiend chi schiarienn lavavam li pann r culor. E sciacqua, sciacqua ngimma a lerva r mttiemm p assuqu.
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passavam na scrnata r fata, ma cuntend r trn cu li pann plit assuquat e chjcat. Cantann, cantann ramm lu macquatriegghj lu port a lOfat a lav: acqua e sapon sol lion viend ramor fammigghj assuqu.
Andiamo allOfanto a lavare: Donne, giovani e ragazze da marito/presto la mattina/con in testa il bacile/pieno di panni sporchi./Ci mettevamo in cammino/andavamo a lOfanto a lavare./Una buona pietra serviva per strofinare/due volte bisognava passare il sapone/prima i panni bianchi/bollivamo lacqua per candeggiare/mentre che schiarivano/si lavavano i panni di colore./E sciacqua, e sciacqua/sullerba li stendevamo/per asciugarli./Era una giornata di fatica/ma contente di ritornare/con i panni puliti/asciugati e ripiegati/cantando, cantando/dammi i fazzoletti/ li porto allOfanto a lavare.Acqua e sapone/sole, e sol leone/vento damore/fammeli asciugare. Angelina Pavese - USA (da Il Calitrano marzo - aprile 1996) Leggendo le composizioni della signora Angelina Pavese, nata Simone, negli USA dal 1924, non si pu fare a meno di constatare come siano pervase da un delicato e sensibile desiderio di chiarimento, di analisi dellio, attraverso una revisione ed una graduale riscoperta della originaria cultura certamente povera, ma semplice e senza convenzionalismi, n orpelli o strutture artificiali ed asfissianti.

***
Questi ultimi brani sono composizioni di Alfonso Nannariello, calitrano, che ci dimostra, con una certa grazia, come ancora oggi sia possibile scrivere in un buon dialetto.

LXXXV. Lu prim raust chi carist malat s mett a lliett, piglia mmrcin; la prima mmrcina chi lu fu data ra lu mierch fu lcnziat.
Il primo di agosto che ti ammalasti/si mette a letto;/la prima medicina che gli fu data/dal medico fu licenziato.

LXXXVI. E m r ven a sap la nnammrata mett li cauzun e lu vaj a bbr; e chian chian s vota a latu lat
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mamma, chi eia questa che eia vnuta?


Ed ora lo viene a sapere la madre/mette i pantaloni e lo va a visitare;/e pian piano si gira allaltro lato/mamma perch venuta questa persona?

LXXXVII. Figl, figl, eia la nnammrata mbund r mort tha bbnut a bbr; mamma, mamma famm nu piacer: piglia la seggia e fattilla sr.
Figlio, figlio la tua innamorata/in punto di morte ti venuto a vedere;/mamma, mamma fammi un piacere: prendi/la sedia e falla sedere.

LXXXVIII. Che si vnuta a fa, mndagna ror s scarpina lanma ra lu cor; che si vnuta a fa, mndagna rargiend mo scarpina lanma e sacramend.
Cosa sei venuta a fare, montagna doro/si strappa lanima dal cuore;/cosa sei venuta a fare, montagna dargento/mi si strappa lanima e il sacramento.

LXXXIX. Agg acchiat, ma vach1018 cercann, Mar t uard chi ruorm E t vesc patisc1019 Sta vita nostra chi a capisc! Vach cercann, ma m stach prdenn, uard quissuocchj, ma stach mrenn1020. Tu t vuot nnret e guard nnanz, ma losc tuj eia senza spranza. Ij uard, cerch, cerch r capisc Ma a vita nostra juorn p gghiuorn fnisc. Ij, ij chi sa che facess Ij chi sa che vlarria, ma arriva cu a sera a pcundria.1021 Mar t uard nda luocchj, taddmmann1022: pcch? Ma s senza rsposta, tu s cum a mme. Maggir, m vot1023, scenn crcann1024,
1018 1019 1020 1021 1022 1023

vach = vado. patisc = soffrire. stach mrenn = sto morendo. pcundria = malinconia. taddmmann = ti domando. m vot = mi giro (nel letto).

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ij m rvot inda li pann; r scatt m vot, m so sndut1025 chiam: ij chi crcava, so stat acchiat. M so aggrat, ma n s ver chi eia, m scost, camin, vogl vr; eia poch cchi nnanz, eia ferm cchi gghi, n dic niend, ma tu uardannl accummienz a pnz. Mar, tu ogn ghiuorn patisc E a vita stessa frnisc; ma patenn, rnasc, si a forza ra croc capisc.
Ho trovato, ma vado cercando,/Maria ti guardo mentre dormi/e ti vedo patire/questa nostra vita chi la capisce!/Vado cercando, ma mi st perdendo,/guardo codesti occhi, ma sto morendo./Tu ti volti indietro e guardi avanti,/ma il tuo oggi senza speranza./Io guardo, cerco, cerco di capire/ma la nostra vita giorno per giorno finisce,/Io, io chi sa cosa farei/io chi sa cosa vorrei,/ma arriva con la sera la melanconia./Maria ti guardo negli occhi,/ti domando: perch?/Ma sei senza risposta, tu sei come me./Mi giro, mi volto dentro i panni;/di scatto mi volto, mi sono sentito chiamare:/io che cercavo, sono stato trovato./Mi sono girato, ma non si vede chi ,/mi scosto, cammino, voglio vedere;/ poco pi avanti, fermo pi in l,/non dice niente, ma tu guardandolo/cominci a pensare./Maria, tu soffri ogni giorno/e la stessa vita finisce;/ma soffrendo, rinasce, se capisci la potenza della croce.

XC. Hrazzij, hrazzij a tti hrazzij ca ng s; p quegghj chi s p u cor chi tien. P quann m uard p cum m uard; hrazzij, pcch s cum nu specchj e ij chi m perd, uardannt, macchj1026.
Grazie, grazie a te/grazie perch ci sei;/per quello che sei/per il cuore che hai./Per quando mi guardi/per come mi guardi;/grazie, perch sei come uno specchio/ed io che mi perdo, guardandoti mi ritrovo.

XCI. Nabbrazzam, sciarram1027, rrim1028 cum eia crius stamor, e cum eia strana a vita; ma ij msera t rich hrazzij
1024 1025 1026 1027 1028

scenn crcann = andando cercando. m so sndut = mi sono sentito. macchj = mi trovo, rientro in me stesso. sciarram = bisticciamo, litighiamo. rrim = ridiamo.

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pcch pur osc so stat cu tich.


Ci abbracciamo, bisticciamo, ridiamo/come curioso questo amore,/e come strana la vita;/ma io questa sera ti dico grazie/perch anche oggi sono stato con te.

XCII. U sol staj nascenn ra fnestra stach uardann; m u sol seia auzat, e tutt Mndicchj1029 ha culrat. Ij nnret a r lastr aspett stu juorn p capisc megl tu Ddij cum s fatt.
Il sole sta nascendo/sto guardando dalla finestra;/ora il sole si levato,/e ha colorato tutto Monticchio./Io dietro ai vetri aspetto/questo giorno per capire meglio/tu Dio come sei fatto.

XCIII. Sfatt, allaccanut1030, ij m send bbrutt abbandnat, m send r mr ma ndo so, ndo m so abbat!... Che sgnifca camb, a che serv mr. niend mappiaqua1031, n che tengh n quegghj chi vlarra; m send r fott1032, vless, ma, cum u puorch, quann u scannan, n serv allucqu1033, m navessa, sul trn. Staj megl chi torna ra li Chian, cundend pur si ha tnut a zappa mman. Scauz, mguglnur, livr1034 a tti m prsend, scttann lu sangh1035; e strafacciannm1036 assaj, m mengh1037 , cu tich rmangh. T prosc1038 r bbrazz, so qua, m, ra m aspett; taspett, vien, n farm mr.

1029 1030 1031 1032 1033 1034 1035 1036 1037 1038

Mndicchj = Monticchio, ovvero il Vulture. allaccanut = magrissimo e pallido. mappiaqua = mi calma, mi contenta, niente mi soddisfa. m send r fott = particolare modo di dire per significare mi arrabbio, mi adiro. allucqu = gridare. livr = livido. scttann u sangh = per indicare unazione che richiede grandissimo sacrificio. strafacciannm = con la faccia strafatta. m mengh = mi butto, rischio. t prosc = ti porgo.

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Stanco, magrissimo, io mi sento brutto/abbandonato, mi sento morire/ma dove sono, dove mi sono avviato!.../Cosa significa vivere, a che serve morire./Niente mi soddisfa, n ci che ho/n quello che vorrei;/Mi adiro, vorrei, ma,/come il maiale quando lo scannano,/non serve gridare,/me ne dovrei soltanto ritornare./Sta meglio chi ritorna dai Piani,/contento, anche se ha lavorato con la zappa./Scalzo, nudo, livido/a te mi presento, con grande sacrificio;/e facendomi forza,/mi butto, con te resto./Ti porgo le braccia; sono qua,/ora, da ora aspetto;7ti aspetto, vieni, non farmi morire.

XCIV. Lass ogn cosa, m n vengh cu tich, lassam u pajes e giam acchiann prtus1039; lassam a luc, viers a scura,1040 eia calata a sera, e a malinguna.
Lascio ogni cosa, me ne vengo con te,/lasciamo il paese e andiamo a cercare un buco;/lasciamo la luce, verso la notte,/ calata la sera, con la malinconia.

XCV. Che mseria, chi zonga canosch s send sul, pur ij; msera m n vach a la cantina, m vev nu bcchier e m send ncumbagna.
Che miseria, chiunque io conosca/si sente solo, anche io;/questa sera me ne vado alla cantina,/mi bevo un bicchiere/e mi sento in compagnia.

XCVI. Che bella libbert! a vita chi Tu vai rann, ij a vach vndliann1041.
Che bella libert!/La vita che tu vai donando,/io la vado giocando.

XCVII. So ggiut p for, crcann amor s ggiut addmmannann a chi zonga vra; si avienn vist a bella mia. Agg aggrat, mndagn e vagghiun ma n tava vist nsciun. T vla cand na bella canzon t vla cand, ma m n tengh parol; t vla cand na canzon ramor.
1039 1040 1041

prtus = letteralmente cavit, qui sta per riparo. scura = loscurit (dellanima). vndliann = buttandola al vento, sciupandola.

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M n pozz cand t n s giuta, e meia accis stu cor.


Sono andato in giro, cercando amore,/sono andato a domandare a chiunque incontravo;/se avevano visto la mia bella./Ho girato, montagne e burroni/ma non ti aveva visto nessuno./Ti volevo cantare una bella canzone/ti volevo cantare, ma ora non ho parole;/ti volevo cantare una canzone damore./Ora non posso cantare,/te ne sei andata, e mi hai ucciso questo cuore.

XCVIII. A vita mia eia nda na crstalliera1042, chi zonga ven, a pot uard; e tutt quanda, tenn ra ric: quegghj chi ha fatt, n rava fa. No, eia sign ca u rstin suj era quist qu, megl m ca cchi gghi. Ij a ra nda li vitr uard annasl e stach citt; n z pot parl cu chi p paura a vita soja, n a sap camb.
La mia vita in una credenza,/chiunque viene, la pu guardare;/e tutti hanno da dire:/quello che ha fatto, non lo doveva fare./No, segno che il suo destino/era questo, meglio ora che pi in la./Io dai vetri guardo/ascolto e sto zitto;/non si pu parlare con chi per paura/la sua vita, non la sa vivere.

XCIX. Cascett cu oss neur fract e affmmcat, spatriat; lumin cunzmat quaccun appcciat crun e cuscin r fiur sccat; questa eia a sort chi penn a li muort.
Cassette con ossa nere/fradice ed affumigate, sparpagliate;/lumini consumati, qualcuno acceso/corone e cuscini di fiori appassiti;/questa la sorte che sovrasta i morti.

1042

crstalliera = credenza a vetro per custodire argenteria, cristalli o ceramica.

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BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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INDICE
Dedica Introduzione 2 4

PARTE PRIMA
Calitr bbell Chi cunzuma lom Bonasera a vuj sgnur Bella fgliola Quand s bella Mmiezz a lu piett tuj Uocchj r brllandina Quann nascist tu I capill tuj Vasam Quant ia bbell a fa lamor Rosa, Rosina Lundananza e pace Carcrat Mamma, mamma U spaccon La zita U suldat Lamiend ramor Amor e mort Ndo sta strata Lettra chiusa e coperta Viend ramor Mmsckat 9 17 27 46 49 54 59 65 68 71 76 81 83 93 96 105 109 118 126 139 146 153 156 158

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PARTE SECONDA
Ngiurij Amor trartor Lu patt r la rota Che lagg fatt a mammata Attiend a te Prcarij Mbrmmsator Lu pastor e lu cambes Ggend r for Eia frnuta la schiavit 175 198 207 211 216 219 242 245 254 266

PARTE TERZA
Quid aspicis? Fuge Carnval A frasca Ma che llavur Il fiorellino Filastrocche Canzoni alla rovescia Ninne nanne Cerimonie religiose Natal Sttmana Santa Li Sand 273 279 284 287 290 295 298 302 306 311 313 319

APPENDICE
Caltran Lamor cu nu vecchj vliett fa Francschina la Caltrana
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329 329 330

Lu passariell Oi Pastorella U nobbl Cavalier Ddaharora r lu carpat Cundmark Uccello in gabbia Cunzigl a na fgliola R femmn r Calitr Mamma acchiam lu zit Crspin Vogl lu scardalan Tott r bbon ggiuvn so prmmes Sera passaj Sera cu mich Quann jerm pccninn Si tness na chitarrella Quann m venn a mmend r maccasan Nenna appannammilla la porta Chi t r hav ritt amor! Lu scaplon La cundandezza r lu marit So r partenza Vlarria vr lamor Lu vecchj zit Lemigrante Quann ven la primavera Nenna mia
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331 332 332 334 335 337 337 338 338 339 340 340 341 341 342 342 343 343 344 344 345 347 347 348 349 349 350

________________________________________________________ AMORE E PASSIONE

________________________________________________________________ PARTENZA

______________________________________________________________ EMIGRANTE

Nu povr uaglion La partenza r lamand La mascesa a mezza via La Befana Natal U monach zit Pscatamund e sckarola riccia R monach s voln mmart Tarsuccia Quann abballava mammata Lu juorn r Sand Vit Lu hatton Tonna la piett tonna Li scardalan Corn r famiglia La tavrnara Cum abballavan Fgliola cu ssu piett tuost Mariantonia Stanott cu nu uaglion Cara zzi Nnicola 15 giugno 1975: elezioni nazionali e comunali Larch r li zingar Via San Canio Lamento di una madre abbandonata dal marito Ronna tu mhaj lassat Quigghj chi n bbliett
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351 351 352 353 353 354 355 356 357 357 358 359 360 361 362 362 363 364 364 365 347 348 349 349 371 371 372

_______________________________________________________________ RELIGIONE

________________________________________________________________ OSCENITA

_____________________________________________________________________ VARIE

______________________________________________________________ TRADIMENTI

Lagg pers lu fior cchi bbell Na ronna ciend miglia s chiamava La Nenna mia p semb prdiett Frtuna mia Lu sciuquator Lamor cu mich La bella mia Lu zuopp r giacchetta corta Mariuccella Lu ciafarcagnuol U zappator caltran Lu ualan Lu patron e lu pastor Lu patron cu lu sckurial Li curnut volontarij La mglier r bbuon cambes Fgliola chi vaj a Luzzan Cum m par bella la patrona mia Poesie di Angelina Pavese Brani di Alfonso Nannariello

372 373 374 374 375 375 376 377 377 378 379 380 380 381 382 382 383 383 384 393

_________________________________________________________________ INGIURIE

__________________________________________________________ VITA CONTADINA

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