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In occidente, la giornalista apprezzata, ma in patria d fastidio a troppi. Non solo al governo russo, ma anche a quello ceceno

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abato mattina Ania si alzata e si preparata la colazione. Dopo aver pettinato davanti allo specchio i capelli grigi e lisci, ed essersi sistemata i lunghi orecchini, tornata in cucina, chinandosi leggermente per guardare se il fuoco dei fornelli era acceso sotto il caff. Allo stesso modo, quando scende in garage, si china per guardare sotto la sua auto. Lo fa sempre, da anni, ogni mattina. Perch sotto la sua auto ci pu essere una bomba. In questo periodo Ania abbastanza tranquilla. E appena tornata da Stoccolma, dove ha sentito ancora una volta lammirazione intorno a s. In occidente la apprezzano, ma in patria ha dato fastidio a troppi. Non solo al governo russo, ma a quello ceceno. E non solo ai governi, ma anche ai terroristi, alle diverse anime della guerriglia in Cecenia, spesso in aperta ostilit tra loro. Seduta al tavolo della cucina, per, Ania non sta pensando alla Cecenia. Pensa al nipotino che sta per nascere, pensa ai suoi figli, Vera e Ilya, che non entrano in casa sua da tanto t e m p o . Ania ha preferito che si trasferissero dal padre, luomo da cui si separata proprio per lo stress di quella vita difficile. Non sarebbero al sicuro in casa sua, Ania lo sa. Pensa a loro, e conclude in fretta la colazione: una colazione leggera, perch la salute di Ania da due anni non pi la stessa. Da quel viaggio a Beslan, nei giorni della tragedia nella scuola. Sullaereo aveva bevuto un t ed era svenuta. Era finita in ospedale, avvelenata, e da allora non pi stata bene. Dopo la colazione, Ania si

mette gli occhiali dallampia montatura e si siede di fronte al computer. E prezioso, il suo computer. Contiene tutto ci a cui Ania sta lavorando. In questi giorni sono due le inchieste che la occupano di pi. Una contro Ramsan Kadyrov, il leader filo-russo della Cecenia, che appena due giorni fa Ania ha attaccato pubblicamente, in unintervista radiofonica. Laltra sulle torture e i delitti commessi da agenti russi in Cecenia. Nel suo computer ci sono i nomi dei responsabili, per questo un computer prezioso, ma anche pericoloso. Ania scorre qualche appunto, sullo schermo del pc, poi apre le sue caselle di posta elettronica. Continua a usare le e-mail, nonostante sappia che sono controllate. Spesso non le riceve e ha scoperto che qualcuno risponde al suo posto, a monosillabi: Hi!, Hallo!. Cos chi le ha scritto crede che Ania abbia ricevuto i messaggi, ma lei non li ha mai potuti leggere. Per aggirare quelle interferenze c sua sorella, a Londra, un contatto sicuro. Del resto, Ania non si fida pi della posta elettronica da quando, nel 2001, un anonimo gli scriveva di essere un cecchino e di essere in procinto di arrivare a Mosca per ucciderla. Poche settimane prima Ania aveva accusato dei poliziotti di avere ucciso civili inermi in Cecenia. E quella era la risposta. Finora nessun cecchino le ha sparato. E Ania si anche chiesta perch, ufficialmente, le abbiano concesso tanta libert. Ha potuto scrivere tutto ci che voleva, sulla Novaja Gazeta. Un po lo deve a Gorbaciov, che tra i proprietari del giornale: le autorit russe non possono mettersi contro di lui, sanno quanto sia noto e influente a

Il caso Politkovskaja

Averit N Quelle
ovest. Ma Ania consapevole anche che per Putin stato utile lasciarle mano libera, per dimostrarsi tollerante e democratico. Non poteva premere eccessivamente lacceleratore, Putin, cerano troppi affari importanti in ballo. Il gas, soprattutto. Ora per tanti contratti decisivi sono stati firmati e forse dimostrarsi liberali e permissivi non serve pi Lei diventata un simbolo. E i simboli rischiano. Da tempo Ania sa di dover temere anche dai nemici dei suoi nemici. Quale migliore occasione per gettare discredito su Putin se un giorno qualcuno attentasse alla vita della giornalista che ha criticato ferocemente il governo? Ma Ania ormai abituata a convivere con il pericolo. Mentre ancora davanti al computer, il cellulare squilla. Una delle decine e decine di telefonate che Ania riceve ogni giorno. Non si preoccupa pi delle intercettazioni, parla serenamente con tutti, russi o stranieri. Poi Ania spegne il computer e si prepara per uscire. Nellingresso, sistema le ultime cose nella borsetta, dove non dimentica mai il passaporto americano. Lo ha sempre con s, quel privilegio per essere nata a

La sua missione: la Cecenia. Con i suo

New York, da genitori diplomatici: un privilegio utile, per espatriare nei momenti di necessit. Va al lavoro, Ania. Esce dallappartamento nel centro di Mosca per raggiungere il suo giornale. Luned pubblicher un articolo sulle torture in Cecenia e deve sistemare gli ultimi documenti, le ultime immagini di accompagnamento. Quando esce sola, niente guardie del corpo, anche se alcuni anni fa la Novaja Gazeta laveva fatta scortare per un breve periodo. Al giornale erano preoccupati: undici i giornalisti uccisi in Russia negli ultimi sei anni.

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Nel 2004, Ania rimasta impressionata dalla morte di Klebnikov, un collega di Forbes. Anche lui stava indagando sulla sporca guerra

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COSI SCRIVEVA DI PUTIN Putin stato eletto presidente nel marzo del 2000. Poco prima dellinizio della seconda guerra in Cecenia, nel 1999, era solo un colonnello semisconosciuto a cui era stata affidata la direzione dellFsb (il nuovo nome del Kgb). Ma riuscito a bruciare le tappe della sua carriera, diventando il successore designato alla presidenza e primo ministro per volont di Boris Eltsin - allepoca affetto da continui problemi di salute - e della sua famiglia (la cerchia di persone pi vicine al trono del Cremlino). Nonostante il suo salto di carriera, per, Putin era un personaggio anonimo in Russia. La famiglia Eltsin decise allora che una guerra era il modo migliore per far crescere rapidamente la fama del successore alla presidenza che aveva promesso di tutelare il suo patrimonio. Cos Putin ha dichiarato guerra alla Cecenia, approfittando della possibilit di farsi conoscere che gli offriva lattualit: degli attentati a Mosca e a Volgodonsk avevano distrutto diversi edifici, e le bande di Basaev e Khattab stavano attaccando il Dagestan. La guerra stata chiamata ufficialmente operazione antiterrorista nel Caucaso del nord in altre parole, lotta contro il terrorismo - mentre tutti i ceceni, per volont del Cremlino, sono stati dichiarati indistintamente banditi e terroristi e obbligati ad addossarsi collettivamente la responsabilit delle azioni criminali di alcuni loro concittadini. Allo stesso tempo, stato deciso che chiunque si dichiara contrario alla guerra deve essere considerato un nemico, complice dei ceceni e antipatriottico. I russi hanno subto un radicale lavaggio del cervello da parte di una speciale sottodivisione dellamministrazione presidenziale. E il lavaggio del cervello ha funzionato. (da Internazionale, 9 settembre 2004)

N A pericolose
I funerali della giornalista russa Anna Politkovskaja e, accanto, una Makarov 9 mm, larma del delitto. In basso: Ramsan Kadyrov, leader ceceno filo-russo. A sinistra: Paul Klebnikov, il collega ucciso. A destra: Wladimir Putin

i reportage era diventata un simbolo

E Ania era rimasta impressionata soprattutto dalla morte nel 2004 di Paul Klebnikov, un redattore di Forbes. Anche lui indagava sulla Cecenia, su quella che Ania chiama la sporca guerra. E una giornata come le altre, per Ania. In redazione, poi al pomeriggio di nuovo verso casa. In serata finir larticolo e lo invier al direttore. Nella strada di ritorno le sembra che una persona la stia seguendo, ma non ci fa caso. La stessa persona che aveva visto dietro di lei, riflessa in una vetrina, gi in mattinata. Ma Ania non pu permettersi la paranoia, altrimenti non vivrebbe pi. Cos scaccia dalla mente quel sospetto. Prima di rientrare, Ania entra in un supermercato vicino a casa, per fare la spesa. C una donna che la fissa, nel negozio, ma Ania non si preoccupa, gi sollevata dal non vedere pi il

UNA REPORTER SUL CAMPO Anna Politkovskaja stata uccisa il 7 ottobre scorso, nel suo palazzo di Mosca. Le indagini sono in corso e non si conoscono ancora i mandanti dellomicidio. Aveva 48 anni ed era nata a New York da due diplomatici ucraini che lavoravano allOnu. Dopo gli studi a Mosca, si dedic subito al giornalismo: aveva collaborato a diverse testate fino ad approdare alla Novaja Gazeta, che ha tra gli azionisti lex presidente dellUrss Mikhail Gorbaciov. I suoi reportage dalla Cecenia fecero scalpore. Politkovskaja era implacabile nel denunciare le violenze dellesercito russo e gli abusi delle stesse autorit locali fedeli al Cremlino. Ma non si limitava a scrivere, agiva sul campo. Ad esempio organizzando, nel 1999, levacuazione dellospizio di Grozny in pericolo per i bombardamenti. E molti le hanno rimproverato i contatti troppo amichevoli con la guerriglia cecena, che si rifiutava di etichettare con il termine terrorismo. Nel 2001 verr arrestata e nel corso dellanno, temendo per la propria vita, si allontan per un certo tempo dalla Russia. Nel 2002 partecip alle trattative con i terroristi durante il sequestro di oltre 700 civili nel teatro Dubrovka di Mosca. Nel settembre 2004 prese un aereo per recarsi nellOssezia del Nord, dove probabilmente avrebbe potuto svolgere un ruolo di mediatore nella vicenda degli ostaggi sequestrati in una scuola da un gruppo di integralisti islamici, ma si sent male dopo aver assunto una bevanda e non riusc a raggiungere Beslan. In seguito dichiarer di essere certa che si fosse trattato di un avvelenamento da parte dei servizi segreti russi. Dalle sue inchieste Politkovskaja trasse anche dei libri che in occidente le valsero premi e riconoscimenti.

tizio che sembrava pedinarla. E poco prima delle 17 Ania, con le borse della spesa, varca il portone del suo palazzo. C un uomo alto, vestito di scuro, nellatrio del palazzo di Ania. Un cappello da baseball gli lascia in ombra il viso. Sotto il giubbotto ha qualcosa, su cui passa spesso le dita, per controllare che sia ancora al suo posto. E una pistola Makarov 9 millimetri. Quante volte lha usata in Cecenia! Non sbagliava un colpo, con quella pistola. Ma aveva imparato anche a piantare un pugnale nella tempia di un uomo, con un gesto rapido e implacabile. Lo chiamano Aleksej, ma non il suo vero nome. Prima di diventare un killer sotto contratto ha agito nelle battaglie cecene, dove la vita non valeva niente. Ora sta aspettando, paziente. La sua complice, nel supermercato a poca distanza, deve avvisarlo con il cellulare appena vedr Ania avvicinarsi al palazzo. I minuti passano lenti, fino a quando il segnale arriva. Aleksej si sistema il berretto sulla fronte, mette la mano sotto il giubbotto. Dal suo nascondiglio vede la giornalista aprire il portone ed entrare, accostarsi allascensore. Le si para davanti. Punta la Makarov. Spara quattro colpi. Ora pu andare, il lavoro finito. Al computer di Ania, pieno di dati, di nomi, di documenti, ci penser la polizia. Lo sequestreranno, e tutti quei dati, quei nomi, quei documenti, spariranno come sparita Ania.

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Venerd 24 Novembre 2006

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Il telefono della famiglia ha continuato a squillare a lungo, ma non mai arrivata una notizia sulla sorte del tecnico militare

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uando in una casa suona il telefono e dallaltro capo del filo non risponde nessuno, ci sono i motivi per essere inquieti. Oggi, nellepoca dei cellulari e dei telefoni che rivelano il numero di chi chiama, accade meno facilmente, ma nel 1990 una telefonata muta era una telefonata inquietante. E linquietudine diventa angoscia, se quella telefonata muta arriva in una casa che sta aspettando in ansia notizie di un familiare. E langoscia diventa paura, se quel familiare appena scomparso nel nulla. Il 13 settembre 1990, alle 12 e 30, il telefono di una casa nei pressi di Velletri suona. Non si sentono voci, solo i rumori di una strada. A rispondere a quella telefonata Marisa, una donna di trentanni. Dalla sera prima aspetta di sapere qualcosa sulla sorte di suo marito Davide. Il giorno precedente, infatti, Davide andato al lavoro come sempre, in unazienda di componenti elettrici vicino ad Ariccia, apparentemente tranquillo. Lultimo che dice di averlo visto vivo un collega, che Davide ha salutato prima di allontanarsi dalla fabbrica. Erano le 17. Non torner a casa, Davide. La moglie lo aspetter a lungo, poi girer tutta la notte per gli ospedali, mentre suo padre pattuglia la strada che il giovane tecnico di solito percorre per tornare dal lavoro. Ma non c traccia della sua Golf bianca. Non c traccia di Davide. Niente. Nessun motivo per un allontanamento, n un imprevisto impegno di lavoro, n una lite familiare, n una depressione... Da casa, del resto, Davide non ha nemmeno preso vestiti per stare lontano. E la sua vita sembrava scorrere normalmente, lavoro, gite con la moglie e i due bambini, cene con parenti e amici. La notte passa senza che Da-

vide dia sue notizie. Poi, alle 12 e 30, quella telefonata muta. Chi pu esserci allaltro capo del telefono? Davide, che non ha il coraggio di parlare? Qualcuno che sa cosa sia accaduto? O forse solo una persona che ha sbagliato numero? Dopo quella telefonata, Marisa non pu che andare dai carabinieri per denunciare la scomparsa del marito. Deve essere successo qualcosa di grave, di imprevedibile. Ma linquietudine, langoscia e la paura erano pronte a moltiplicarsi. Attraverso il telefono. Perch il telefono suona ancora, il 14 settembre, alla stessa ora del giorno prima: le 12 e 30. E ancora una volta la cornetta resta muta, se si escludono i suoni di sottofondo, forse di una strada trafficata. Quando un marito sparisce e il telefono per due giorni consecutivi suona senza che nessuno parli, il cervello si mette in allarme e la memoria si mette in moto. E allora tornano alla mente episodi che normalmente sembrano insignificanti. Si cerca di ricordare quello che successo nei mesi e nei giorni precedenti allevento inspiegabile che ha sconvolto una famiglia. Un buco nella recinzione dietro casa, un improvviso incendio dell auto, e poi strane incursioni nel viale che porta allabitazione di Davide e Marisa. Prima un furgone giallo, poi una macchina con a bordo due uomini in tuta, infine altri due personaggi che analizzano mappe nello stesso luogo e dichiarano di essere funzionari ministeriali. E poi perch, a gennaio, Davide ha improvvisamente sentito lesigenza di chiedere il porto darmi? Tutti dubbi e domande senza risposta, impenetrabili come quel telefono che squilla a orari precisi. Le due chiamate misteriose hanno provocato inquietudine, angoscia e paura. Eppure nellattesa di un segnale qualsiasi che permetta di capire co-

D A V Un destino an
Per anni tutte le istituzioni negarono le s
sa successo a Davide, si desidera che il telefono squilli, anche se dovesse restare muto. E il telefono squiller ancora, dopo alcune settimane, puntuale alle 12 e 30. E il 10 ottobre e questa volta qualcuno parla, dallaltro capo del filo. Anzi, sembra aver cominciato a parlare prima ancora che venga alzato il telefono per rispondere. La persona molto cara a voi in buona compagnia. Una voce dallaccento straniero pronuncia solo quella breve frase, poi interrompe la coLA STORIA

Spar durante la guerra del Golfo


Davide Cervia scomparve nel nulla il 12 settembre 1990. Allinizio la stampa non si occup della sparizione di un semplice elettricista di provincia, ma a poco a poco emerse un aspetto inquietante della sua vita: Cervia era in realt uno dei pochi esperti italiani ed europei di guerre elettroniche, aveva seguito corsi avanzatissimi sui radar per la Marina e per alcune delle principali industrie belliche. Le indagini sono contrassegnate da ritardi, errori e veri e propri depistaggi. Inizialmente si voleva accreditare soprattutto la possibilit di una fuga damore di Cervia. Poi, quando quella pista si rivel assurda, si ammisero le sue competenze in guerre elettroniche e si sugger che Cervia fosse in Iraq, rapito o di sua volont. Si parl anche di Libia, di sistemi darma rubati dal Kgb, di oscuri traffici di armamenti e di segreti legati al caso Ustica. Ma la coincidenza tra la sparizione del tecnico di guerre elettroniche e linizio del conflitto iracheno resta la pi significativa. Unipotesi, avanzata ad esempio da Remo Mazzacurati (Perch Berlusconi non poteva perdere, Synergon 1994), che Cervia servisse urgentemente e segretamente ad alcuni paesi allineati agli Usa nella guerra a Saddam, in particolare lEgitto o lArabia Saudita. Chi cercava la verit, come il giornalista Gianluca Cicinelli (che al caso Cervia ha dedicato due libri, per Datanews e Avvenimenti), venne fatto oggetto di intimidazioni e portato ripetutamente in tribunale. Ancora oggi, a distanza di 16 anni, la sorte di Cervia un mistero. Con quel mistero, poi, si intreccer un altro episodio drammatico: nel 2002 viene trovato morto il tecnico informatico Michele Landi. Il suo apparente suicidio non ha mai convinto i familiari. E Landi, come Cervia, aveva lavorato al sistema Nato per il controllo militare dello spazio aereo. E Landi muore pochi mesi prima della seconda guerra allIraq.

Un sommergibile nellarsenale di La Spezia. In alto, a sinistra: marinai; a destra: un aereo di guerra elettronica

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Gli investigatori tentarono ostinatamente di dimostrare che si trattava di una fuga volontaria: rifiutavano la tesi del sequestro

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I D E ancora ignoto
municazione. Tre ore dopo il telefono suona di nuovo. Adesso le parole sono in una lingua incomprensibile, forse arabo. E come nella prima telefonata il discorso dellignoto interlocutore gi iniziato quando viene alzato il ricevitore. Forse sono nastri registrati. Forse. Ora il telefono ha cominciato a parlare, ma non d spiegazioni. Confonde ancora di pi, aumenta linquietudine, langoscia e la paura. Soprattutto dopo che un testimone ha dichiarato di aver visto Davide aggredito,
LINCHIESTA IN TV La scomparsa di Davide Cervia stato il primo esempio di caso affrontato con grande abilit investigativa soprattutto dalla televisione. I maggiori elementi sulla vicenda, infatti, sono venuti non dalle indagini ufficiali, ma da programmi tv. Chi lha visto?, allepoca condotto da Donatella Raffai, dedic molte puntate al caso Cervia. Saranno i giornalisti di quel programma a indagare sui misteriosi personaggi che si presentavano nei dintorni di casa Cervia prima della scomparsa di Davide. E soprattutto, sar lo staff della Raf-

o le sue competenze in guerre elettroniche

narcotizzato e caricato di forza su una vettura. Un rapimento, dunque, non una incredibile fuga volontaria, come tentavano ostinatamente di dimostrare gli investigatori. Il telefono pu essere spaventoso, se nasconde nellinvisibile qualcuno che non vuol farsi riconoscere. Trasmette suoni, il telefono, che possono terrorizzare. Una voce che parla in una lingua che non conosci impaurisce pi di una minaccia. E insinua dubbi, sospetti, pi che speranze. Il telefono continuer a ossessionare i familiari di Davide, nella loro tenace ricerca di una spiegazione alla scomparsa del loro congiunto. Il 20 gennaio 1991 squilla di nuovo il telefono, due volte. Ma non nella casa di Davide e Marisa, bens nella redazione di un programma televisivo di successo. Due telefonate anonime, due persone che si qualificano come ex colleghi di Davide. E non sono colleghi elettricisti della sua fabbrica di Ariccia. No, sono esperti molto, molto particolari. Persone in grado di operare sui pi moderni armamenti elettronici, indispensabili per il lancio di missili e per contrastare i missili nemici. Come possono essere ex colleghi di Davide? Ormai una verit venuta alla luce, nonostante la Marina e i carabinieri continuino a negarla. Perch c un segreto nella vita di Davide: in

fai a ritrovare lauto di Cervia, grazie a una lettera anonima. Anche Samarcanda di Michele Santoro ebbe un ruolo importante, rivelando per la prima volta il nome di un supertestimone. Ambigua, invece, la funzione di Linea continua , trasmissione della berlusconiana Retequattro, che cerc di accreditare la pista della fuga volontaria. Infine, la moglie di Cervia scelse la tv, il programma Rai I fatti vostri, per dichiarare di aver ricevuto lofferta di un miliardo per non cercare pi Davide.

passato, quando era sottufficiale di Marina, ha frequentato dei corsi che lo hanno reso esperto nei complessi sistemi darma per le cosiddette guerre elettroniche. Ha studiato sia in strutture militari che in industrie belliche. E stato addestrato alluso dei radar pi sofisticati sulle stesse fregate italiane che Marisa ha visto in tv partecipare alla guerra contro lIraq. Nessuno, nemmeno i familiari, lo sapevano perch i tecnici addestrati alle guerre elettroniche erano tenuti per giuramento alla riservatezza pi totale. Quelle due telefonate anonime da parte di individui che sostengono di aver partecipato agli stessi corsi di Davide confermano cos un nuovo scenario: luomo che sparito in un quieto pomeriggio di settembre possiede unabilit tecnica rara e inestimabile soprattutto nei giorni di una guerra come quella che si sta combattendo in Iraq. Quei radar, quei sistemi darma, sono preziosi nelle nuove guerre che si giocano pi a distanza, con missili e aerei, che sul campo di battaglia. Eppure a lungo istituzioni e vertici militari negheranno quella realt e solo dopo tre anni saranno costretti ad ammettere ufficialmente che, s, Davide era uno dei massimi esperti di guerre elettroniche. Nella casa di Davide il telefono ha continuato a squillare, negli anni a venire. Telefonate di solidariet, richieste di interviste, inviti a dibattiti. E poi carabinieri, magistrati, ministri e deputati: non tutti interessati a scoprire che fine ha fatto Davide, anzi spesso desiderosi di insabbiare e occultare. Inevitabile, poi, venuta la certezza che tutte le conversazioni telefoniche fossero regolarmente intercettate. Gli anni sono passati, il telefono ha continuato a squillare. Ma la telefonata cruciale, quella che annuncia una notizia definitiva sul destino di Davide, non mai arrivata.

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Da sinistra, in senso antiorario: Mons. Marcinkus, Michele Sindona, Roberto Calvi, Jorge Rafael Videla, Flavio Carboni, Tot Riina e il cadavere di Roberto Calvi

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re frammenti di tessuto e un biglietto recante la scritta N2 pregressa gamba sinistra; grosso frammento di miocardio, lingua in toto, e venti frammenti di visceri assortiti; due frammenti e un pezzo di carta recante la scritta baffi; grosso frammento di collo pi cinque altri frammenti. Questo elenco di reperti contenuto in un verbale che accompagna una scatola con undici vasi per istologia pieni di paraffina e formalina, pi cinquantotto vetrini di prelievi su una salma. Una scatola che per ventanni, fino al 2002, ha riposato in un armadio dellIstituto di medicina legale di Milano, nellarchivio generale. Quei reperti erano frammenti di un corpo importante, il corpo di un uomo celebre, morto di morte violenta. Una scritta contrassegna i reperti:

Calvi Roberto 2-11-82. Nei vasi si trovano frammenti di visceri prelevati nel corso della prima necroscopia, recita ancora il verbale medico. Quei pezzi di corpo, separati in undici vasi, appartenevano a un uomo che per anni aveva attraversato con successo la finanza italiana. Rispettato, temuto, referente di fiducia per il Vaticano, ma anche per la massoneria, capace di costruire un vero e proprio impero bancario. Prima di diventare una salma fatta a pezzi dai medici, quelluomo frequentava papi e cardinali, generali sudamericani, politici italiani di governo, imprenditori di antiche dinastie (Rizzoli) o di improvvisa fortuna (Berlusconi). Ma a un certo punto quelle frequentazioni non bastavano, e gli interlocutori pi assidui erano diventati Licio Gelli e una schiera di faccendieri, da Umberto Ortolani a Flavio Carboni. Le operazioni finanziarie si erano fatte sempre pi audaci, i giochi si erano spostati anche nellEuroipa dellest, per aiutare la Chiesa (e la Cia) a far cadere i regimi socialisti. E il sogno era quello di avere mano totalmente libera in Italia, per portare avanti affari senza regole, s e n z a controlli: abbattere la Costituzione, con il Piano di rinascita democratica di Gelli, sembrava il modo migliore per avere altro potere e altro denaro. Quando il castello di carte del Banco Ambrosiano cade in disgrazia, Calvi si trova abbandonato dai so-

Fu trovato impiccato a Londra, sotto il ponte dei Frati neri. I mattoni in tasca, le acrobazie impossibili di un suicidio dai troppi misteri

R O B E Il massone d
ci impronunciabili del suo passato. I suoi ultimi giorni, prima di diventare una salma da consegnare alle autopsie, sono i giorni di un uomo in fuga. Braccato, inseguito. Da chi, non mai stato appurato con certezza, come in tutti i misteri italiani. Sapeva troppo, questo certo. E troppi erano stati danneggiati dal fallimento clamoroso della sua banca. Si dice che nella catastrofe della sua rete di istituti di credito avrebbero perso vari miliardi boss mafiosi del calibro di Riina, Provenzano e Madonia. Da mesi Calvi gira armato, sua figlia lo ha visto mettere metodicamente una pistola nella sua valigetta nera a soffietto dove tiene i documenti pi importanti. Una valigetta destinata a scomparire, dopo la sua morte, per poi essere consegnata al missino Pisan e mostrata spettacolarmente da Enzo Biagi in tv, prima ancora che venisse consegnata agli investigatori: ma dentro ormai ci sono solo carte senza importanza, unagenda vuota, una foto di famiglia e tanti mazzi di chiavi. Aveva paura che lo ammazzassero, Roberto Calvi, se doveva portarsi una pistola nella borsa. E in ogni caLA FINANZA ANTICOMUNISTA Pochi ricordano che i finanzieri immischiati negli affari pi torbidi della storia italiana si dichiaravano fermamente anticomunisti, anzi rivendicavano le loro operazioni avventuriere in nome della lotta al comunismo. Proprio Roberto Calvi ne ha lasciato una testimonianza, nelle lettera inviata a Giovanni Paolo II il 5 giugno 1982: Sono stato io che, di concerto con autorit vaticane, ho coordinato in tutto il Sud America la creazione di numerose entit bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e lespandersi di ideologie filomarxiste. E aggiungeva, con tono intimidatorio: Sono proprio molti coloro che vorrebbero sapere da me se ho fornito armi o altri mezzi ad alcuni regimi di Paesi del Sudamerica per aiutarli a combattere i nostri comuni nemici, e se ho fornito mezzi economici a Solidarnosc o anche armi e finanziamenti ad altre organizzazioni di Paesi dellEst. E Michele Sindona, in unintervista rilasciata dopo la morte di Calvi dichiarava: Non si suicidato, stato ucciso... So soltanto che gente che detesta Gelli, me e Calvi, perch siamo accesi anticomunisti. Io solo conosco fino in fondo limpero di Calvi, io solo sono a conoscenza dei veri legami con lAmerica latina. Come lui ho tentato di stabilire un argine anticomunista ed in questo sono stato appoggiato dallambasciata statunitense.

Ascesa e fine del socio di mons. Marcinku

so sapeva di rischiare molto, tanto da convincere i suoi familiari a scappare in America, al sicuro. Cos, nel giugno 1982, decide di far perdere le sue tracce. Il pomeriggio di venerd 11 giugno prende un aereo per Venezia, poi con unauto a noleggio va verso Trieste. L incontra misteriosi personaggi che devono agevolare la sua fuga allestero, per lui difficile da quando

gli stato ritirato il passaporto, dopo larresto e la condanna per esportazione illegale di capitali. E allora ottiene da complici oscuri anche un passaporto falso, intestato a Gian Roberto Calvini. Sembra uno scherzo, la scelta di quel nome, oppure unostentazione di sicurezza e arroganza. O forse chi glielha procurato voleva metterlo nei guai. Comunque riesce a usarlo

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La bancarotta, i soldi di Cosa Nostra, lultima fuga con i documenti falsi. E il tragico presagio della morte della fedele segretaria

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E R T O del Vaticano
senza difficolt, nessuno lo ferma. Va in Austria e il 15 giugno da Innsbruck vola a Londra con un aereo privato. Non pu soggiornare negli hotel di lusso a cui abituato, e prende una stanza in un residence poco appariscente, a Chelsea. Passer le ultime notti in quella cameretta, lappartamento 881, dove far le ultime riunioni della sua vita con una corte di personaggi che appaiono amici, ma forse sanno gi che il suo destino segnato. Dopo due giorni dal suo arrivo a Londra, Calvi riceve una notizia che deve impaurirlo ancora di pi. Gioved 17 giugno, infatti, cade dal quarto piano della sede del Banco Ambrosiano la sua segretaria, che per 25 anni gli era stata al fianco, certamente depositaria a sua volta di molti segreti. Aveva un forte esaurimento nervoso, si dir, e sulla scrivania lascia un messaggio di insulti per Calvi: Che vergogna, scappato. Sia stramaledetto per tutto il male che
LA SCALATA, IL CRACK, LA CADUTA Roberto Calvi nel 1946 cominci a lavorare al Banco Ambrosiano, un istituto finanziario definito la banca dei preti. Nel corso degli anni ne scal i vertici, fino a diventarne presidente. La sua ascesa stata caratterizzata da spregiudicate operazioni allestero, tramite la creazione di fantomatici istituti di credito in Centro e Sud America. E soprattutto si avvalso di stretti legami con lo Ior, la banca del Vaticano di monsignor Paul Marcinkus. Per acquisire altro potere Calvi si iscrisse alla P2 e partecip alla scalata per conquistare il Corriere della sera. Ma il Banco Ambrosiano entr in grave crisi e nel maggio 1981 Calvi venne arrestato per esportazione clandestina di valuta e condannato a 4 anni. In libert provvisoria, tent di far fronte al crack del suo impero finanziario, ma senza esito. Agli inizi del giugno 1982 fece perdere le sue tracce. Il 17 giugno venne trovato impiccato al Blackfriars Bridge di Londra. Le prime indagini parlavano di suicidio, ma in seguito verranno indagati per la morte del banchiere esponenti mafiosi, il faccendiere Flavio Carboni e Licio Gelli. I processi non sono mai arrivati ad accertare la verit, ma la moglie di Calvi continua a sostenere la sua tesi: La massoneria ha deciso di uccidere Roberto, poi la mafia ha fatto il suo lavoro che quello di ammazzare; per anche al Vaticano faceva comodo che Calvi morisse.

cinkus, amico dei generali sudamericani

fa a tutti noi del Banco e del gruppo, della cui immagine eravamo a suo tempo cos orgogliosi. Un suicidio, apparentemente. Ma non tutti la pensano cos. Secondo me lhanno buttata di sotto, dir in seguito la moglie di Calvi in unintervista. Hanno trovato le scarpe sistema-

te per bene in ufficio. Un po strano, no? Io sono convinta che lhanno ammazzata, perch era lanello debole della catena. Roberto Calvi, invece, sa di essere lanello pi importante di quella catena e la morte della sua segretaria non certo un buon segno, comunque siano andate le cose. Facile pensare che anche lui mediti di uccidersi, in quella situazione. Del re-

sto, gi nella notte dell8 luglio 1981 aveva inscenato un suicidio in carcere: 90 pastiglie di Valium, una ferita al polso. Un gesto molto plateale che aveva lasciato tanti dubbi. E forse, anche a Londra, pi che a un vero suicidio pensa a unaltra messa in scena, per poter poi scomparire nel nulla. Qualcuno pu averlo indotto a credere che sia quella la strada giusta. Magari lo ha istruito su come allestire un finto suicidio, cosa portare con s per poi lasciare tutto su un cadavere ignoto e irriconoscibile. O forse non c stato nemmeno bisogno di quel trucco: un po di cloroformio e poi un killer abile che porta a termine il delitto. Tutti i forse sono rimasti aperti, dopo le 7 e 30 del 18 giugno, quando viene scoperto un cadavere appeso a un ponte sul Tamigi, semi immerso nellacqua. E il cadavere di Calvi: vestito con un abito leggero, senza cravatta, un orologio doro al polso, fermo alle ore 1 e 50. In tasca soldi, passaporto, fogli di carta. E soprattutto molti chili di mattoncini, uno infilato anche nei pantaloni. Servivano per appesantirsi e garantire una morte sicura nellimpiccagione, o erano un segnale allusivo, dato che i mattoni sono simbolo massonico, cos come il ponte da cui penzola il cadavere, il ponte dei frati neri (nome di una loggia di Edimburgo)? Per le prime indagini britanniche certamente un suicidio: non stato drogato, non ci sono ferite sul corpo a parte i segni sul collo lasciati dal cappio. Ma difficile pensare che un uomo non pi giovanissimo, che per di pi soffriva di vertigini, possa compiere vere e proprie acrobazie (sovraccaricato tra laltro dai mattoni), scendendo per una ripida scaletta a sei metri dalle acque del Tamigi, per poi aggrapparsi a dei tubi sospesi nel vuoto, assicurare una corda a un so-

stegno e impiccarsi. I dubbi sul suicidio cresceranno sempre pi negli anni a venire. Il corpo di Calvi diventa un oggetto da dissezionare, fino a essere frammentato in quegli undici vasi di formalina. La prima autopsia venne effettuata a Londra da un medico inglese, la seconda in Italia nel novembre 1982. Ma quel corpo doveva rimanere senza pace: oltre alle due autopsie, nel 1998 venne ordinata la riesumazione della salma. O meglio di quel che ne rimaneva, come dimostrano gli undici vasi trovati a Milano. Si scoprir che non sono presenti lesioni ossee al collo, nonostante la corda di un metro e mezzo che dovrebbe averlo impiccato. Esami e accertamenti effettuati nel 2003 parlano di segni sul collo che potrebbero essere di strangolamento e non dovuti allimpiccagione. E poi ci sono le suole delle scarpe, senza residui di zinco ramato, che invece rivestiva i tubi dellimpalcatura su cui Calvi si sarebbe arrampicato per potersi impiccare. E mani e unghie sono perfettamente pulite, mancano le tracce di silicio o calcio che dovevano rimanere presenti se Calvi avesse toccato i mattoni che aveva indosso. La carriera di un grande protagonista della finanza italiana finisce cos in un macabro sezionamento. I pezzi del suo corpo rimangono ventanni chiusi in quella scatola. Ma anche attorno a quella scatola, dove riposavano la lingua e altri brandelli di Calvi, c il mistero. Viene trovata nel 2002, sembra per puro caso, da una dottoressa che si stava occupando del trasloco dei reperti di quei locali. Una scatola abbandonata, mai messa a disposizione degli investigatori, nonostante contenesse reperti decisivi. Solo imperizia? Solo la notoria superficialit tutta italiana?

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Sul biglietto trovato in albergo scrisse: Ho dedicato cinque anni della mia vita a un pubblico che manda in finale Io, tu e le rose

remo, aveva partecipato per le insistenze della sua casa discoel cimitero di Ricaldone, grafica, e la sera del 26 gennaio vicino ad Alessandria, 1967 sal sul palco dellAriston c una lastra di marmo insieme a Dalida, sua partner bianco, con una foto ovale che canora, ma anche suo amore ritrae un giovane bruno, dagli tormentato. Proprio mentre si occhi cupi, ripreso di tre quarti. apprestava a cantare, Tenco Sotto la fotografia, solo pronunci una frase un nome, un cognoche sar spesso rime e due date: cordata, dopo Luigi Tenco N. la sua morte 21-3-1938 M. inattesa: 27-1-1967. Canto Quella lastra questa e poi stata rimossa non canto quasi quapi. Chi rantanni dopo, era allAriil 14 febbraio ston (dato 2006. Dietro che i filmati di cera una cassa di quella serata zinco, che ospitava il non esistono) vide cadavere in buona un Tenco intorpiconservazione di dito e depresso uno dei cantautori eseguire con italiani pi faDalida Ciao, mosi negli anni amore, Sessanta, un ciao. La seesponente delrata del fela scuola gestival and novese molto avanti e amato dal pubpresto arblico pi colto riv il verdete intellettuale to: Ciao, amodellepoca. re, ciao bocciata I resti di Tenco dalla giuria, otteNicola Di Bari. dovevano essere In alto: Claudio Villa e nendo solo il dodiriesumati per sco- Iva Zanicchi; in basso: cesimo posto con prire, finalmente, la Luigi Tenco e a destra, 38 voti popolari su verit su una vicen- Orietta Berti; nella 900. E non venne da che aveva lascia- pagina accanto: Dalida nemmeno ripescato dietro di s tanti con Tenco e, in alto, ta dalla commissioFabrizio De Andr dubbi, tanti sospetti. ne presieduta dal Davvero il cantautore Luigi giornalista Ugo Zatterin che Tenco, trovato morto nella not- prefer il brano La rivoluzione te tra il 26 e il 27 gennaio 1967 di Gianni Pettenati. Alla fine in una stanza dalbergo di San- dellesibizione di Tenco e Daliremo, si era suicidato dopo es- da, i fotografi immortalarono un sere stato escluso dal Festival battibecco tra i due cantanti, e della canzone? dopo la sconfitta Luigi Tenco Per rispondere a questa do- and a chiudersi nella sua stanmanda, molti decenni dopo za dalbergo, la numero 219 quella notte sanremese, il procuratore Mariano Gagliano aveva riaperto linchiesta. Nel 2003 alcuni giornalisti avevano presentano istanza alla procura della Repubblica chiedendo la riapertura del caso. Qualche anno prima, due collaboratori di una tv locale ligure erano venuti in possesso di una copia del fascicolo originale sul caso Tenco, per anni creduto perso. Avevano quindi svolto indagini sulla vicenda, e alla fine si erano convinti a presentare un esposto contro ignoti per omicidio. A quel punto, la lastra del cimitero di Ricaldone doveva essere aperta, per cercare di cancellare tutti i sospetti su un episodio cos lontano nel tempo. Quando un proiettile mise fine alla sua vita, Luigi Tenco aveva 29 anni. Nonostante detestasse il Festival di San-

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Lquesta Ie U Canto
dellHotel Savoy. Cosa sia accaduto nelle ore che passarono dal termine della serata festivaliera alla sua morte incerto. Si parl di un litigio telefonico con Dalida e di una telefonata alla fidanzata Valeria che per non lasciava presagire un gesto suicida. Tenco avrebbe bevuto almeno mezza bottiglia di grappa, in aggiunta a del Pronox, il suo tranquillante. Secondo il verbale di polizia, verso le due e trenta di notte Dalida buss alla porta della stanza 219, non sent risposta e apr, trovando Tenco a terra, appoggiato al letto. Morto. Accanto cera un biglietto: Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perch sono stanco della vita (tuttaltro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda in fiLE IPOTESI SULLA MORTE

Era un cantautore introverso, gli inqui re


IN LIBRERIA
Ada Montellanico, Quasi sera. Una storia di Tenco; Renato Tartarolo e Giorgio Carozzi, Ed ora avrei mille cose da fare; Marco Peroni e Gioacchino Lanotte, Luigi Tenco. Un miracolo breve

nale Io, tu e le rose e una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi. Arriv un medico condotto, che subito concluse di essere di fronte a un suicidio. Sulla scena non giunger mai un medico legale, ma solo i poliziotti del commissario Arrigo Molinari. Il corpo venne prima messo in una cassa, fornita dallalbergo, e trasportato allobitorio, poi il commissario Molinari decise di farlo riportare nella stanza del Savoy: si era reso conto, infatti, che bisognava scattare delle fotografie, per chiudere linchiesta pi rapidamente. Il cadavere di Tenco fu

1. Il suicidio. lipotesi accreditata subito dopo la morte del cantante e ribadita dalle nuove indagini. A motivare il gesto di Tenco, la delusione per essere stato escluso dal Festival di Sanremo, ma anche i dissidi sentimentali con Dalida. 2. Lomicidio per gelosia. Sono state fatte molte illazioni su questa possibilit. Tenco aveva fama di rubacuori. Un marito geloso o unamante tradita potrebbero aver inscenato il suicidio. 3. Lomicidio per rapina. Nella stanza dalbergo di Tenco non cera denaro contante, solo un assegno da centomila lire. Ma la sera prima il cantante aveva vinto addirittura sei milioni al Casin. Dove sono finiti? 4. Un omicidio maturato nel mondo delle scommesse. Tenco sarebbe rimasto vittima di un giro pericoloso, quello delle scommesse sui cantanti: lesistenza di quel tipo di scommesse stato segnalato, molti anni dopo, dallex commissario Molinari. 5. Una roulette russa. Lipotesi che Tenco possa essere rimasto coinvolto in un macabro gioco con la vita e abbia involontariamente messo fine alla sua esistenza. Un incidente, dunque.

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Era una morte scomoda per lo show business del festival di Sanremo, tutto andava risolto in fretta, senza dubbi, senza clamori

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nuovamente disteso nella stanza 219, in una posizione diversa, con le gambe sotto un mobile. Una pistola gli venne messa nella mano destra. Le foto potevano essere scattate. Quella morte scomoda per lo show business di Sanremo doveva diventare il pi possibile comoda: tutto andava risolto in fretta, senza dubbi, senza clamori. Il festival, del resto, proseguir regolarmente, come se nulla fosse successo. Del resto Tenco era un uomo chiuso e introverso, sempre pessimista anche nei testi delle sue canzoni: per questo parve facile concludere rapidamente che si fosse suicidato. Non ci sar nessuna autopsia sul cadavere di Tenco, quel biglietto daddio era reputato sufficiente a chiudere il caso. Dopo essere andato in pensione, il commissario Molinari dichiarer di aver ricevuto le pressioni di un alto dirigente Rai per insabbiare la vicenda. E del resto lo stesso procuratore Gagliano che riapr il caso, parler di indagini frettolose, approssimative. Ma i dubbi sul suicidio circo-

ui renti stabilirono subito che fosse suicidio

larono immediatamente. Il fascicolo originale conteneva solo poche pagine e qualche fotografia, tuttavia sufficienti a creare illazioni. In una foto si nota il foro di un proiettile sulla tempia sinistra di Tenco. Ma il cantante non era mancino: perch si sarebbe sparato usando la sinistra? Si disse che il proiettile era rimasto nel cranio di Tenco, ma alcune tracce sullo stipite della porta fecero pensare a un secondo, misterioso, proiettile. E poi la pistola. Secondo i testimoni e le foto, Tenco stringeva in mano una Beretta calibro 22. Eppure Tenco possedeva unaltra arma, una Walther Ppk calibro 7,65, comprata nel novembre 1966, regolarmente denunciata per difesa personale (non si mai appurato, tra laltro, perch il cantautore avesse acquistato quella pistola e da cosa volesse difendersi). Tanti dubbi che per rimasero senza risposta. La Walther Ppk e il biglietto daddio vennero immediatamente restituiti alla famiglia, senza nessuna perizia. Il bossolo e gli altri reperti, invece, gi nel 1968 finirono allasta, acquistati per poche lire e poi giunti nelle mani di un fan del cantante. Da allora i misteri sono rimasti intatti. E alla morte di Tenco ha fatto seguito la fine tragica di altri protagonisti della vicenda. Il marito di Dalida si suicida qualche anno dopo proprio con una Walther Ppk 7,65. La stessa Dalida si toglie la vita. Lex commissario Molinari il 2 settembre 2005 viene ucciso nella sua abitazione vicino a Savona, sembra da un rapinatore. A cancellare tutti gli interrogativi arriva la conclusione della nuova inchiesta, alla fine dellestate 2006. Il cadavere di Tenco riesumato, la famiglia consegna il biglietto e la pistola Walther Ppk calibro 7,65. Dopo le analisi di esperti di balistica, medici legali e biologi, tutto sembrerebbe chiarito. Due fori nella scatola cranica indi-

LA PREGHIERA DI FABER Senti qui cosa ho scritto stanotte. E Fabrizio De Andr inizi a declamare quella che sarebbe diventata la sua laicissima Preghiera in gennaio dedicata allamico Luigi Tenco che era andato via. Il ricordo di un compagno di strada di Faber, Cesare Romana, ed contenuto nel libro Smisurate preghiere (edito da Arcana). Il giornalista, caro amico di Fabrizio, racconta: Me lo ricordo come ieri, quel gennaio del 67. Dietro il feretro, con Fabrizio, si camminava al passo stento dei cortei. Cera Luigi, nella bara, Luigi Tenco. Fabrizio nella notte aveva scritto: Lascia che sia fiorito/ Signore, il suo sentiero/ quando a te la sua anima/ e al mondo la sua pelle/ dovr riconsegnare. A Luigi aggiunse non volevano fargli il funerale, un suicida, c voluta la dispensa del vescovo. Cos senti: Quando attraverser lultimo vecchio ponte/ ai suicidi dir/ baciandoli alla fronte/ venite in Paradiso/ la dove vado anchio/ perch non c linferno/ nel mondo del buon Dio, ti. Stanotte ho sognato di lui, zoppicava in mezzo a una processione. Cerano dei vescovi e ridevano, lui sanguinava e nessuno parlava. Mi sono svegliato e messo a scrivere. E chios: Fanculo i vescovi.

cano lentrata e luscita del proiettile. La pistola sarebbe stata appoggiata sulla tempia destra, e il proiettile sarebbe uscito dalla tempia sinistra, per poi colpire lo stipite della porta e rotolare sul pavimento. Anche il bossolo trovato risulterebbe compatibile con la Ppk del cantante. Ora la lastra di marmo di nuovo al suo posto, la cassa di zinco di nuovo sigillata. Con la chiusura di quella tomba, anche il caso Tenco sembra chiuso. Almeno ufficialmente.

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4 maggio 1998: tre cadaveri eccellenti rinvenuti nel sangue e nessuna arma. E una suora a dare lallarme che scuote il Vaticano

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l 4 maggio 1998, dentro le mura del Vaticano, una suora passa davanti a una porta aperta. Incuriosita entra nellappartamento e probabilmente grida, correndo subito via. Perch quello che vede uno spettacolo terribile. A terra ci sono due uomini, nel sangue. Ma guardando meglio c anche un terzo corpo, una donna seduta con la schiena appoggiata alla parete. Morta anche lei. Alla suora basta unocchiata per capire che in quella stanza avvenuto un eccidio, anche se non visibile nessuna arma. Sarebbe stata quella suora, la cui identit non mai stata rivelata, a dare lallarme. Un allarme che fa tremare molti, perch quei tre corpi appartengono a persone importanti. Uno degli uomini che giacciono in quellappartamento addirittura il neo comandante della Guardia svizzera, Alois Estermann, di 44 anni, promosso da appena 9 ore. La donna uccisa la moglie di Estermann, la venezuelana Gladys Meza Romero, 49 anni. E laltro uomo, presto indicato come lomicida-suicida, un vicecaporale della Guardia svizzera, Cedric Tornay di 23 anni. Un delitto inquietante, dunque, un triangolo di morte nelle stanze della cittadella che rappresenta per il mondo il cuore della cristianit. In meno di 24 ore, prima che ci sia stata unautopsia o una perizia sul luogo del crimine, la Santa Sede rende nota la sua versione ufficiale. A comunicarla ai giornali il portavoce stampa del Vaticano, Joaquin Navarro-Valls, ben noto nel lungo pontificato di papa Giovanni Paolo II. Da una prima sommaria ricognizione, possibile affermare che il comandante Estermann, la moglie e il vicecaporale Tornay sono stati uccisi con unarma da fuoco. Sotto il corpo del vicecaporale stata trovata la pistola dordinanza del medesimo. Appare subito evidente che per il Vaticano tutto si spiega con un gesto di follia compiuto da Tornay. Poco dopo le 21 del 4 maggio, Tornay avrebbe prima sparato due colpi al suo comandante, poi avrebbe sparato anche a Gladys Meza Romero, quindi si sarebbe infilato la pistola in bocca uccidendosi: il proiettile avrebbe attraversato la sca-

tola cranica conficcandosi nel muro. A poco a poco il Vaticano rivela le sue carte per dimostrare la propria tesi. Ecco che appare anche una lettera del suicida, indirizzata alla madre: Spero che tu mi perdonerai perch sono stati loro a costringermi a fare quello che ho fatto. Questanno dovevo avere lonorificenza e il colonnello me lha negata. Dopo tre anni, sei mesi e sei giorni passati a sopportare tutte le ingiustizie, lunica cosa che io volevo me lhanno rifiutata.... Tutto chiaro, dunque, una vendetta dettata dalla follia. E sono pronte le prove che descrivono Tornay come uno squilibrato. Nel suo cassetto compaiono ben 24 mozziconi di spinelli, quindi un drogato... Ma non basta: lautopsia vaticana rivela che nel cranio di Tornay era presente una cisti che premeva sul lobo frontale. Ancora, il ragazzo aveva i postumi di broncopolmonite, a ulteriore conferma di un possibile stato psicofisico alterato. Non sarebbe la prima volta, del resto, che i soldati vaticani compiono gesti sanguinosi. L8 aprile 1959 un altro comandante della Guardia svizzera era stato protagonista di un episodio analogo: il colonnello Robert Nunlist era stato colpito da 4 colpi di pistola sparati dal caporale Adolf Ruckert, che aveva poi tentato di suicidarsi, ma larma sera inceppata. Nella migliore tradizione dei delitti insoluti italiani, anche se in questo caso siamo entro le mura vaticane, il prelievo delle salme non rispett nessuna regola per preservare intatta la scena del crimine. Eppure i giudici vaticani ci terranno a specificare scrupolosamente i dettagli dellinchiesta: Dieci perizie necroscopiche, anatomo-istopatologiche, tossicologiche, balistiche, grafiche e tecnicotelefoniche affidate a illustri specialisti; cinque rapporti di polizia giudiziaria affidati allispettore generale del Corpo di vigilanza; trentotto audizioni di persone informate sui fatti; numerose richieste di informazioni e rapporti a uffici pubblici dello Stato della Citt del Vaticano e della Conferenza episcopale svizzera, nonch diversi servizi fotografici e rilievi tecnici. Tante perizie e indagini, per avvalorare una tesi gi data per certa a poche ore dal delitto, non hanno per convinto molti osservatori. A partire dalla

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Leccidio del capo della Guardia svizze ra

Una guardia svizzera. Da sinistra, in senso orario: Cedric Tornay, Gladys Meza Romero, il comandante Alois Estermann, papa Giovanni Paolo II e la basilica di San Pietro a Roma

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Tante perizie e indagini, per avvalorare una tesi gi data per certa a poche ore dal delitto, non hanno convinto molti osservatori

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I LIBRI SULLA VICENDA

ze ra, di sua moglie e di un vicecaporale Dai traffici massonici alla tesi omosessuale

e diverse ipotesi sul delitto EstermannTornay sono state divulgate da tre libri. Il primo ad avanzare dubbi sulla versione ufficiale era firmato dai Discepoli della Verit, una sigla sotto cui si celerebbe un gruppo di ecclesiastici e di laici del Vaticano. Secondo il libro (Bugie di sangue in Vaticano, Kaos Edizioni, 1999), la versione dei fatti fornita dalla Santa Sede falsa. La spiegazione del triplice delitto andrebbe ricercata nellostilit verso Alois Estermann da parte della fazione massonica del Vaticano: per impedire che un personaggio vicino allOpus Dei diventasse comandante delle guardie svizzere si sarebbe ricorsi allomicidio. In Vaticano si mormora che Alois e Gladys Estermann e Cdric Tornay sono stati uccisi da un commando formato da un killer spalleggiato da due complici. Si dice che qualcuno il commando lha visto, ma non lo testimonier mai. Nello stesso anno usc anche un libro-inchiesta dello scrittore-editore Fabio Croce (Delitto in Vaticano. La verit , Fabio Croce Editore, 1999), dove si sostiene che lomicidio-suicidio sarebbe una messa in scena: il triplice delitto sarebbe opera di un killer che doveva eliminare Estermann, depositario di troppi segreti su traffici illeciti in Vaticano. Lo stesso Croce pubblicava quasi contemporaneamente anche un libro di racconti di Massimo Lacchei (Verbum dei et verbum gay,

Fabio Croce Editore) che fece scalpore. Il libro, infatti, conteneva un racconto dove si immagina una relazione omosessuale tra due guardie svizzere. Suscit subito lattenzione dei giornali, e lautore dichiar di aver conosciuto personalmente proprio i due soldati papali uccisi e addirittura di aver passato una serata damore con Tornay. La tesi del delitto gay stata riportata anche da Andrea Pini nel suo libro Omocidi (Stampa Alternativa, 2002), ma ha suscitato le reazioni indignate della madre di Tornay. Nel 2002 un nuovo libro, ancora per le edizioni Kaos, ha pubblicato il testo integrale dellistanza di riapertura dellinchiesta sul delitto, firmata dai due avvocati della madre di Cdric Tornay (Jacques Vergs, Luc Brossolet, Assassinati in Vaticano. 4 maggio 1998. Dalla ragion di Stato alla Giustizia negata, Kaos Edizioni). La tesi esplicita: Tornay innocente. E stato assassinato. A supporto di quella tesi, gli avvocati Vergs e Brossolet citano in particolare i risultati della seconda autopsia sul corpo di Cedric Tornay, effettuata allIstituto di medicina legale di Losanna (dalla quale risulta che il foro sul cranio del ragazzo stato provocato da una pistola calibro 7 e non calibro 9,41) e la lettera che il vicecaporale della guardia svizzera avrebbe indirizzato alla madre, ritenuta una contraffazione. i. s.

madre di Tornay, la signora Muguette Baudat, che si battuta fin da subito per scoprire la verit. Aveva sentito per telefono il figlio, il giorno del delitto, ed era sereno e tranquillo. Le aveva detto daver trovato lavoro in una banca svizzera. E anche lultima fidanzata del vicecaporale dichiara che Cedric era allegro, pieno di vita. Non solo, i due ragazzi si erano lasciati un mese prima, ma erano rimasti amici e proprio per la sera del delitto lex fidanzata era stata invitata da Tornay a una festa. La lettera di Tornay alla madre, poi, viene giudicata falsa da una perizia calligrafica voluta dagli avvocati della signora Baudat. E contiene lindizio significativo di una possibile manipolazione: indirizzata alla madre, ma indicandone stranamente il cognome del secondo marito, come registrato nei documenti del Vaticano. Le contro-inchieste si sono susseguite e hanno sollevato dubbi senza risposta. La suora che ha scoperto i cadaveri (ammesso che sia mai esistita) non aveva visto larma del delitto perch era sotto il corpo di Tornay, trovato a faccia avanti sul pavimento. Ma come possibile che il colpo del proiettile sparato in bocca non abbia scagliato allindietro il giovane, facendolo cadere di spalle? Molto strano, visto che la pistola dordinanza di Tornay era una calibro 9,41, unarma potente, di grosso calibro. Quella pistola, poi, avrebbe sparato cinque proiettili: ma sono stati trovati solo 4 bossoli. Secondo un libro, Bugie di sangue in Vaticano, il triplice omicidio non nemmeno avvenuto in quellappartamento: Tornay sarebbe stato aggredito alla fine del servizio, pochi minuti prima delle 19, trascinato in divisa e armato della pistola dordinanza, in uno scantinato nel quale gli aggressori erano penetrati dallaccesso situato verso la Porta di SantAnna. Tornay sarebbe poi stato suicidato nel locale sotterraneo con una pistola silenziata calibro 7. E la sua arma di ordinanza utilizzata per uccidere i coniugi Estermann nel loro appartamento. Chi non si affida alla versione ufficiale di Navarro-Valls scava anche nella biografia dei coniugi Estermann. Per ammantare di eroismo il comandante ucciso, il Vaticano divulg la leggenda (poi risultata infondata) che Estermann, il

31 maggio del 1981, fosse stato il primo a proteggere il papa con il proprio corpo dai colpi sparati da Ali Agca. Ma sulla stampa emergono presto molti dettagli sulla promozione di Estermann a comandante: Estermann era legato alla chiacchieratissima Opus Dei e gli avversari dellorganizzazione creata da San de Balaguer non vedevano di buon occhio quella ennesima occupazione di potere. Proprio nei giorni dei funerali delle tre vittime, poi, un quotidiano tedesco pubblica una notizia esplosiva: Alois Estermann, nome in codice Werder, era un informatore della Stasi, la polizia segreta della Germania Est. Nonostante le immediate smentite vaticane, tanti fatti recenti, come lo scandalo dei vescovispia in Polonia, rendono verosimile persino quello scoop. Anche la moglie di Estermann era un personaggio di rilievo. Gladys Meza Romero, donna affascinante con un passato di modella, lavorava allambasciata del Venezuela presso la Santa Sede. Ed era in stretti rapporti con linfluente vescovo venezuelano Jos Rosalio Castillo Lara, lo stesso prelato che richieder immediatamente il trasporto e il seppellimento delle salme dei due sposi in Venezuela. Nonostante i misteri, il 5 febbraio 1999 il caso viene formalmente e definitivamente chiuso. Il Giudice istruttore del Tribunale dispone larchiviazione degli atti. Su quello che avviene in Vaticano decide solo la giustizia vaticana. Eppure le perplessit e i dubbi non sono fugati. Tuttaltro. E ci sono stranezze incomprensibili anche nei particolari meno noti della vicenda. Il Vaticano, ad esempio, sempre cos severo con i suicidi (come dimostrano le esequie negate a Piergiorgio Welby), ha fatto uneccezione davvero singolare in occasione del triplice delitto del 1998. Non solo le tre bare degli Estermann e di Tornay vennero collocate insieme, nella stessa camera ardente, ma, dopo il rito funebre per i due coniugi uccisi, la mattina del 6 maggio furono resi gli onori militari al vicecaporale Cedric Tornay da un picchetto di 40 alabardieri. La sua salma era vestita con lalta uniforme. Forse qualcuno sapeva come si erano svolti davvero i fatti.

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1947, PORTELLA DELLA GINESTRA


IVO SCANNER il 1947 e in un bar di Roma, in via del Traforo allangolo di via Rasella, ci sono delle persone intorno a un tavolino che discutono fra loro. Potrebbero essere impiegati di qualche ufficio del centro citt, dato che siamo nel cuore della Capitale, o lavoratori che prendono un caff durante un momento di pausa. Ma quelle persone non sono impiegati e non sono lavoratori in pausa. Un paio di loro sono personaggi con una lunga storia alle spalle, fascisti scampati alla Resistenza che stanno cercando di sovvertire il nuovo corso della politica italiana, attraverso varie organizzazioni come lUnione patriottica, guidata da un generale dei carabinieri. E con i fascisti c anche un rappresentante della nobilt nera di Roma, sempre disponibile a dare appoggio a qualsiasi piano eversivo. Ma insieme a quelle persone ce n una con un forte accento siciliano, che spesso usa intercalari in dialetto. Un uomo giovane, dallo sguardo un po beffardo, con un grosso anello allanulare destro. Ha una tasca della giacca piena di foglietti scritti in stampatello, con una calligrafia incerta. Si chiama Salvatore Giuliano, ma tutti lo chiamano Turiddu. E un bandito, ricercato, ma sempre capace di sfuggire alla giustizia. In quella chiacchierata al tavolino del bar di via del Traforo si decide il destino di tante persone che vivono, ignare, a moltissimi chilometri di distanza. Si decide la loro morte. In quella riunione al tavolino di un bar, molto probabilmente, si discute lorganizzazione della prima strage del dopoguerra che anticipa la strategia della tensione proseguita per vari decenni. Tra un caff e un cappuccino quegli uomini stavano progettando un massacro. In provincia di Palermo c la Piana degli Albanesi, che ospita una vallata collinosa, Portella della Ginestra. L il primo maggio 1947 circa tremila contadini, con le loro famiglie, si riuniscono per celebrare la festa dei lavoratori, ma anche la recentissima vittoria del Blocco del Popolo alle elezioni per lAssemblea Regionale. Sono contadini combattivi, impegnati nella lotta per loccupazione delle terre, contadini che sperano nei partiti di sinistra per il loro riscatto e per liberarsi dalla piaga del latifondismo. Mentre quella folla si appresta ad ascoltare i discorsi dei sindacalisti, raffiche di mitra cominciano a falciare la vallata. Provengono dalle colline, dove cecchini nascosti sparano per uccidere. Muoiono 11 persone, tra cui due bambini, altre 30 restano ferite. Chi sparava dalle colline a Portella della Ginestra? Un rap-

La prima strage del dopoguerra ha un Artefice

Il ruolo del governo americano nel massacro deciso a Roma


porto dei carabinieri parl subito di elementi reazionari in combutta con i mafiosi locali. E presto verr la conferma proprio da Salvatore Giuliano, che si vant di aver guidato lattacco a quei contadini inermi. Non sorprendeva la sua rivendicazione, dato che Turiddu era un personaggio ambiguo, disponibile per la sua ambizione a qualsiasi compromesso. Era un bandito di campagna, ma importante per chi voleva concretizzare una strategia che destabilizzasse lItalia. Perch era un bandito che controlla il territorio. Giuliano cavalcava spregiudicatamente la politica, per interesse e per megalomania. Si era fatto alfiere del separatismo siciliano, coniugandolo allanticomunismo pi estremo. Del resto, era entrato in contatto con i fascisti fin dal 1944, quando sulle montagne tra Partinico e Montelepre ricevette addestramento militare da un gruppo nazifascista della Repubblica di Sal (lo testimonia un documento del controspionaggio Usa). E si era costruito con abilit unimmagine di eroe romantico e spaccone, forse percependo il ruolo importante, gi negli anni Quaranta, dei mezzi di comunicazione di massa. Posava volentieri per servizi fotografici, come un divo, mettendosi astutamente in posa: si faceva riprendere mentre fingeva di sparare, mentre guardava lobiettivo con gli occhi torvi e i pollici infilati gagliardamente nella cintura, oppure accanto allanziana madre. Tutto per accreditare la grandezza del suo personaggio e coprire meglio gli intrighi che stava compiendo. Dopo la strage, a Giuliano spettava di aiutare lorganizzazione di un vero e proprio colpo di stato. Ma la sconfitta delle sinistre nelle elezioni del 1948 resero inutile il tentativo estremo di usare la forza per bloccare i comunisti. Cos anche Giuliano perse importanza

CONTRO I COMUNISTI Il bandito Giuliano cavalc spregiudicatamente diverse opzioni politiche, spesso in modo strumentale. E cerc di vendere il suo micropotere criminale agli Usa, in funzione anticomunista e per indebolire il primo governo postfascista. Il brano che segue fa parte della lettera che, nella primavera del 1947, Salvatore Giuliano invi al presidente degli Stati Uniti Harry Truman, chiedendo sostegno per le proprie iniziative contro il Pci e per la secessione della Sicilia: Noi vogliamo unirci agli Stati Uniti dAmerica. La nostra organizzazione ormai interamente compiuta: abbiamo gi un partito antibolscevico pronto a tutto, per eliminare il comunismo dalla nostra amata isola. Non possiamo pi tollerare il dilagare della canea rossa. Noi fortunatamente non crediamo nel paradiso che Stalin ha promesso. Noi risveglieremo la coscienza del popolo, scacciando il comunismo dalla nostra nobile terra, che fu fatta per la democrazia. Noi non permetteremo a questa gente ignobile di toglierci la libert. Signore, vi preghiamo di ricordare che centinaia di migliaia di uomini aspettano dessere liberati. Permettete, caro signore, che vi ossequi il vostro umilissimo e devoto servitore, Salvatore Giuliano.

per il disegno destabilizzatore. E le sue interviste, le sue lettere ai giornali, il suo esibizionismo cominciarono a rivoltarsi contro di lui. Era servito per il massacro di Portella, ma sapeva troppo e parlava troppo. Mano a mano che si sentiva scaricato, cominciava anche a lanciare pericolosi avvertimenti, in particolare tentando di coinvolgere il potentissimo ministro degli Interni Mario Scelba. Cos perse gli appoggi che aveva meticolosamente costruito. E anche la mafia lo riteneva ormai scomodo. Cos, il 5 luglio 1950, la storia di Turiddu fin in un cortile di Castelvetrano, in una pozza di sangue. La versione ufficiale dei carabinieri si attribu il merito dellesecuzione: Giuliano, braccato dai militari, avrebbe tentato la fuga tra le vie di Castelvetrano e una sventagliata di mitra lo

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Al centro: il poeta Buttitta a Portella della Ginestra (foto di Ferdinando Scianna). A sinistra: Salvatore Giuliano e, sotto, un dipinto di Guttuso

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IL RAPPORTO

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Turiddu doveva aiutare lorganizzazione di un colpo di Stato


ha indagato per anni tra le carte dei servizi segreti americani, inglesi, italiani e sloveni. Quello che emerge il ruolo decisivo in quella strategia terroristica, e nella stessa strage di Portella della Ginestra, del governo americano. Spulciando tra gli archivi dei servizi, si scopre un documento del Sis del 25 giugno 1947, dove si parla proprio del bar di via del Traforo che abbiamo citato: il bandito Giuliano stato pi volte segnalato, anche e soprattutto in ordine ai suoi contatti con le formazioni clandestine di Roma. Fu precisato il luogo degli incontri con i capi del neofascismo (bar sito a via del Traforo, allangolo di via Rasella). E ad appena cinquanta metri dal bar Traforo c via Due Macelli e la casa di propriet di una duchessa che ospit le riunioni di fondazione dellUnione patriottica anticomunista (Upa), unorganizzazione clandestina appoggiata nellombra dai servizi segreti americani. E per quei servizi a Roma agiva un personaggio, fra i tanti: James Jesus Angleton, nome in codice Artefice, esponente dellOss, il servizio segreto americano da cui nascer la Cia. Angleton non ha ancora trentanni quando dirige il misterioso X-2, un ufficio dellOss in Italia, e laltrettanto misterioso Oso (Office of Special Operations), una struttura ancora coperta dal segreto di Stato. Segaligno, con gli occhiali, Angleton rimarr ai vertici dello spionaggio americano per molti anni e la sua figura al centro anche del recente film di Robert De Niro The Good Shepherd. E nei documenti scoperti di recenti si scopre senza alcun dubbio il suo ruolo nel finanziamento dei gruppi eversivi che collaboravano con Giuliano. Il compito di Angleton, nellItalia degli anni 1944-1947, era quello di impedire lavanzata del Pci con ogni mezzo. La guerra fredda stava sorgendo, e per gli Usa lItalia era una zona decisiva dello scacchiere internazionale. A questo scopo servivano tutte le forze disponibili, dai superstiti fascisti ai mafiosi. Angleton si era distinto con una delle sue operazioni speciali gi nel 1945: organizz la fuga rocambolesca di Junio Valerio Borghese e di altri gerarchi fascisti, travestendoli da ufficiali americani a bordo di una jeep. Da quella decisione americana di proteggere uno dei pi spietati fascisti della Repubblica sociale nasce la nuova linea anticomunista postbellica: unire reduci del fascismo, aristocrazia nera e criminalit organizzata. Forse in quel bar di via del Traforo, allangolo di via Rasella, in quelle chiacchierate tra Salvatore Giuliano, fascisti e aristocratici, cera anche un uomo magro, di trentanni, con gli occhiali e dallaccento americano.

Tragico 1 maggio di sangue


IL RAPPORTO DELLA questura di Palermo sulla strage di Portella della Ginestra: Il primo corrente, poco prima di mezzogiorno, pervenne alla compagnia esterna dei Carabinieri una grave notizia: in contrada Portella della Ginestra, territorio di Piana degli Albanesi, era stato sparato sulla folla che celebrava la festa del lavoro in concorso con le popolazioni di S.Giuseppe Jato e Sancipirello, e vi erano diversi morti e feriti. Dai primi accertamenti si pot stabilire che la mattina, come era stato praticato lanno avanti e come si era praticato anche gli anni anteriori al periodo fascista, molti elementi delle popolazioni dei Comuni di Piana degli Albanesi, di San Giuseppe Jato e di Sancipirello, appartenenti per lo pi alle rispettive Camere del Lavoro e accompagnati anche dai familiari, si erano recati, come dintesa, a piedi, a cavallo e anche su carri, in localit Portella di Ginestra, un pianoro sito in territorio di Piana degli Albanesi, tra i monti Pizzuta e Cometa, distante circa km 5 da Piana, allo scopo di celebrare la festa del lavoro e, nel contempo, fare una scampagnata. Tutti si radunarono attorno a una specie di podio, formato da un grosso masso di Pietra e da altri sassi sovrapposti, podio da dove, gli anni anteriori al fascismo, aveva parlato alle folle radunate per lidentico scopo, il propagandista Barbato. Da esso, in attesa che giungesse loratore ufficiale sign. Pedalino della Federterra si mise a parlare Schir Giacomo di Paolo e Damiani Calogero, calzolaio, segretario della sezione del Psi di San Giuseppe Jato; ma non aveva dette che poche frasi, riscuotendo gli applausi della folla, che si sent una sparatoria. Non si comprese, da principio, di che si trattasse e molti credettero che fossero detonazioni di fuochi artificiali, in segno di giubilo. La sparatoria continu, con brevi intervalli tra una scarica e laltra. Dopo pochi minuti, accanto al sindaco di Sancipirello cadde, grondante sangue, un giovane di Piana degli Albanesi; cadevano, feriti, altri giovani ragazzi, cadevano anche animali che pascolavano l vicino. Allora si cap che si sparava sulla folla e tutti, presi dallo spavento, si sparpagliarono in diverse direzioni, oppure cercavano riparo dietro ai grossi sassi.

Gaspare Pisciotta e, in alto, una pietra commemorativa a Portella della Ginestra

avrebbe finito, mentre stringeva in pugno una pistola. Questa spiegazione della morte di Giuliano apparve subito poco convincente e presto si fece strada unaltra verit: il bandito fu ucciso nel sonno da un suo cugino (e complice),Gaspare Pisciotta. Poi venne organizzata una messinscena per accreditare la tesi del conflitto a fuoco. Ora quello che sapeva troppo era proprio Pisciotta, luogotenente di Giuliano e tra gli attentatori di Portella della Ginestra. Al processo per la strage verr condannato, ma anche a lui si doveva tappare la

Angleton detto Artefice era ai vertici dello spionaggio Usa in italia

bocca per sempre e segu la sorte del suo capo: sar ucciso misteriosamente in carcere, avvelenato secondo un copione che negli anni a venire leggeremo spesso in altre vicende oscure. Con la scomparsa di Giuliano e Pisciotta sembrava che fosse svanito anche il problema di scoprire la verit sulla strage di cui erano stati esecutori. Il processo aveva evidenziato la complicit tra latifondisti, fascisti e banditismo mafioso per fermare le sinistre con una strategia terroristica. Una strategia che funzion: la grande avanzata

delle sinistre che si era registrata in Sicilia venne bloccata. E gli effetti di quella strategia arriveranno fino ai nostri giorni, se si considera lo stato di difficolt estrema vissuto dalla sinistra in Sicilia, una regione diventata recentemente clamoroso serbatoio di voti per Forza Italia. Fascisti, latifondisti e mafiosi erano dunque i colpevoli di quella strage. Mancava un soggetto, per, sul banco degli imputati, un soggetto che solo oggi viene alla luce con chiarezza. Con il passare degli anni gli archivi dei servizi segreti di mezzo mondo hanno cominciato ad aprirsi, a desecretare documenti. E ostinati ricercatori e storici si sono messi sulle tracce di elementi nuovi per capire la verit sulla storia italiana pi oscura. Tra quei ricercatori c Giuseppe Casarrubea, che

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1977, LASSASSINIO DI GIORGIANA MASI

IVO SCANNER a primavera del 1977 a Roma una primavera violenta. Le strade della citt sono continuamente teatro di scontri tra manifestanti e polizia. E circolano tante armi, si spara. In uno di quei giorni di primavera, mentre il centro della capitale avvolto dal fumo irrespirabile dei lacrimogeni, qualcuno ha una scorta di proiettili calibro 22. Tra auto ribaltate e candelotti che volano ad altezza duomo, tra gente che scappa o che reagisce tirando sanpietrini agli agenti, qualcuno con pazienza carica e ricarica unarma con quei proiettili calibro 22. Spara pi volte. I suoi proiettili prima colpiscono un carabiniere a un polso, poi trafiggono alla schiena una ragazza che corre e unaltra che le era davanti. La persona con i proiettili calibro 22 ha compiuto la sua missione e sparisce nel nulla. E avvenuto cos uno dei tanti delitti insoluti italiani, che da trentanni aspetta una spiegazione. Non il solito omicidio in famiglia, in una villa perbene o in una casa isolata. Non il solito triangolo diabolico. E nemmeno il classico delitto politico commesso da terroristi sui loro obiettivi mirati. Qualcosa di diverso e di pi inquietante. Quella violenta primavera romana del 1977 aveva portato, il 21 aprile, alla morte di un poliziotto. Il ministro degli Interni Francesco Cossiga proib tutte le manifestazioni pubbliche a Roma. Ma gioved 12 maggio 1977 era il terzo anniversario del referendum sul divorzio, e i radicali promossero una manifestazione a piazza Navona per rilanciare una raccolta di firme sulle loro proposte di referendum. Sul palco un grande striscione: Per un nuovo 13 maggio. Per una nuova vittoria popolare. Il movimento del 77 e i vari gruppi dellestrema sinistra si accodarono per unoccasione di protesta contro le misure repressive del governo. Nonostante fosse in vigore il divieto di manifestare, decine di persone fin dalle primissime ore del pomeriggio cominciarono a fluire verso piazza Navona. Il centro di Roma era in stato di assedio: centinaia di poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa, oltre a una miriade di agenti in borghese, spesso travestiti da autonomi. Fin dalle 15 cominciarono i tafferugli. Le forze dellordine per sgombrare la zona attaccarono a colpi di manganello e calci di fucile, non vennero risparmiati i parlamentari, il primo a venire pestato fu il deputato Mimmo Pinto. Col passare dei minuti la situazione peggiorava. Le strade vennero disselciate e i sampietrini lanciati sugli agenti. Poi comparvero le prime molotov. Secondo

Cecchini nel cuore di Roma


Proiettili calibro 22 sparati da un fucile?
i testimoni dellepoca, le molotov vennero confezionate sul posto, succhiando benzina con dei tubi dalle macchine in sosta e strappando magliette per creare linnesco della bomba incendiaria. Evidentemente non si prevedeva che il livello dello scontro si sarebbe innalzato fino a quel punto. Quando per sembrava che il peggio fosse passato, avvenne invece la tragedia. Stava gi facendo buio quando, poco prima delle 20, scatt una carica imprevista tra via Arenula e Ponte Garibaldi. I dimostranti cercarono di scappare correndo. Mentre fuggiva, una ragazza di 19 anni, Giorgiana Masi, venne colpita alla schiena da un proiettile e mor durante il trasporto in ospedale. Unaltra ragazza, Elena Ascione,
REPORT Francesco Cossiga nel maggio 2005 alla trasmissione Report di Rai Tre ha alluso alla sua conoscenza della verit sulla morte di Giorgiana, ma ha aggiunto: Non lo dir mai se mi dovessero chiamare davanti allautorit giudiziaria, perch sarebbe una cosa molto dolorosa

Nessuno ha mai voluto costituire una commissione parlamentare dinchiesta


Sopra: agenti alla manifestazione del 12 maggio 77 a Roma. Al centro: manifestanti alla partenza del corteo (foto di Tano DAmico tratte da Gli anni ribelli, Editori Riuniti)

rimase ferita a una gamba. Un carabiniere, Francesco Ruggeri, risult ferito a una mano dallo stesso tipo di proiettile qualche decina di minuti prima. Gli interrogativi e la polemica sullaccaduto scattarono subito. Riferendo in parlamento Cossiga afferm: Riteniamo che non vi sia nulla da rimproverare alle forze dellordine le quali, per il ristabilimento delle condizioni di sicurezza pubblica, sono legittimate dalla legge a usare fermezza e decisione e che anche in questa occasione hanno dimostrato grande senso di responsabilit e di moderazione. E sempre in aula il sottosegretario degli Interni Nicola Lettieri sostenne che gli agenti erano dotati solo di armi regolamentari Beretta calibro 9, aggiungendo: La Questura di Roma ha precisato che le forze di polizia impegnate nella circostanza non fecero uso di armi da fuoco, salvo che per il lancio dei candelotti lacrimogeni. Purtroppo per Cossiga e Lettieri esisteva ancora un giornalismo libero che permise di smentirli clamorosamente. Il Messaggero pubblic infatti delle foto inequivocabili, dove si vedono uomini in borghese tra le forze dellordine, alcuni in giacca e cravatta, altri in jeans, maglia, fazzoletto sul volto e tascapane di Tolfa: impugnano pistole non dordinanza, lunghi bastoni non

in dotazione alle forze dellordine e persino una bottiglia. Il Partito radicale e Lotta continua diffusero anche delle immagini filmate dove si vede chiaramente un poliziotto in divisa e casco che prende la mira con la pistola, accucciato dietro una colonna, e spara. Cossiga e Lettieri, dunque, avevano mentito. Ma allora chi aveva ucciso Giorgiana Masi in

quel caldo giorno di maggio? Linchiesta venne chiusa nel 1981 con la dichiarazione di non doversi procedere per essere rimasti ignoti i responsabili del reato. Il fotografo Tano DAmico, che fece alcuni dei famosi scatti il 12 maggio, ha raccontato che alcuni mesi dopo lomicidio venne avvicinato in un bar da un ufficiale in divisa che lo salut e gli

12 MAGGIO 1977, ORA PER ORA Ore 13: Viene innalzato il palco di Piazza Navona per la manifestazione radicale; ore 14,15: Polizia e Carabinieri bloccano tutte le strade di accesso a Piazza Navona; ore 15: Partono le prime cariche nel corso delle quali viene picchiato il deputato di Dp Mimmo Pinto; ore 15,45: In Corso Vittorio avviene il primo lancio di candelotti lacrimogeni; ore 16: In Piazza della Cancelleria appaiono tra le forze dellordine i primi uomini in borghese armati di pistola o bastoni; ore 16,30: Gli scontri dilagano anche in Largo Argentina, coinvolgendo autobus e passanti; ore 17-18: Cariche e candelotti ad altezza duomo spingono i manifestanti verso il Lungotevere; ore 18: Gli scontri si intensificano e tra i dimostranti compaiono delle molotov; ore 19-19,54: I manifestanti sono dispersi in varie direzioni, la polizia e i carabinieri controllano con autoblindo Ponte Garibaldi, mentre vigili urbani armati di pistola sono visti in direzione di Piazza Belli: ore 19,55: Una carica con lancio di lacrimogeni attacca i dimostranti sul Lungotevere e Ponte Garibaldi. Cadono colpite da proiettili Giorgiana Masi e Elena Ascione. Giorgiana muore, Elena rimane ferita.

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Da sinistra, in senso orario: la polizia allontana le femministe davanti al luogo della morte di Giorgiana Masi; una perquisizione della polizia; giovani manifestanti. (foto di Tano DAmico tratte da Gli anni ribelli, Editori Riuniti)

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In cinque sappiamo la verit


La giovane fu uccisa nel terzo anniversario del referendum sul divorzio
verit nemmeno la sinistra, dato che alcuni dirigenti del Pci di allora preferirono accusare radicali e autonomi di aver sbagliato promuovendo una manifestazione non autorizzata. Massimo DAlema, allora segretario nazionale della Fgci, intervenendo su Rinascita a pochi giorni dalla morte di Giorgiana, non spese una parola per chiedere la verit su quel delitto, ma accus i gruppi estremisti, il Partito radicale e qualche altro di predisporre il terreno e la copertura politica per le provocazioni del 12 maggio ( (Liberare il movimento dallinfezione della violenza, Rinascita, 20 maggio 1977). Forse la spiegazione pi convincente stata quella dellex presidente della commissione stragi, Giovanni Pellegrino: Quel giorno ci pu essere stato un atto di strategia della tensione, un omicidio deliberato per far precipitare una situazione e determinare una soluzione involutiva dellordine democratico, quasi un tentativo di anticipare un risultato al quale per via completamente diversa si arriv nel 1992-1993. Il cecchino con i proiettili calibro 22, per, non stato mai identificato. un uomo che sostiene di sapere la verit sulla morte di Giorgiana Masi, ma di non volerla dire: Francesco Cossiga. Da quel maggio 1977 Cossiga ha lanciato periodicamente allusioni e insinuazioni, facendo intendere che Giorgiana sia stata uccisa da fuoco amico, cio proiettili sparati da altri manifestanti. A gennaio scorso, dichiara: In cinque sappiamo la verit. Non la dir in pubblico. Ma il capo della mobile mi confid di aver messo in frigo lo champagne, da bere quando sarebbe emersa la verit. Pochi giorni fa, infine, per commentare il corteo che ha deposto fiori alla targa in memoria di Giorgiana, Cossiga ha inviato una lettera: Caro Veltroni, perch non fai apporre a Ponte Garibaldi una targa: A perenne infausta memoria di Francesco Cossiga, boia, che qui fece assassinare dai suoi carabinieri Giorgiana Masi, con la complicit del compagno boia Ugo Pecchioli?. Con cordialit, Francesco Cossiga. P.S.: E poi, come potrei mai protestare contro un corteo cui partecipava la dolce, bella e gentile detective televisiva, mia amica carissima, la marchesina Federica Sciarelli?. Una lettera piena di messaggi trasversali, al fu Pci e soprattutto alla Sciarelli, compagna di scuola di Giorgiana Masi e ritenuta molto vicina allo stesso Cossiga.

chiese: Come va la questione a cui lei molto interessato, il caso di Giorgiana Masi? DAmico rispose che non aveva pi avuto modo di seguirlo, ma quellufficiale gli rispose: Non nelle azioni di ordine pubblico, ma i tiratori scelti del poligono di Nettuno si allenano con carabine di quel calibro. Salut e se ne and. Lipotesi che quei proiettili

calibro 22, piccoli e poco potenti, non siano stati sparati da una normale pistola, ma da unarma a canna lunga. Un proiettile di quel tipo sparato da una pistola non pu colpire a moltissimi metri di distanza e non pu provocare danni cos gravi (il corpo di Giorgiana fu letteralmente trapassato). Ma quel giorno chi poteva impugnare un fucile e mirare senza es-

sere notato? Su quel vero e proprio giallo nessuno volle mai investigare davvero, n si mai voluta costituire una commissione dinchiesta parlamentare. Dava troppo fastidio lo scenario in cui era avvenuto e i risvolti inquietanti. Non investig il governo, con la Dc che fece quadrato attorno a Cossiga. Non chiese con veemenza la

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LA MORTE DI PAPA LUCIANI

A sinistra: Papa Luciani con i bambini. In basso: ancora il Pontefice con a lato lo stemma papale. Sotto: Michele Sindona conosciuto come il banchiere di Dio. Nella pagina accanto, dallalto in senso orario: Jean Villot, segretario di Stato; Papa Luciani durante lAngelus; Giulio Andreotti; Paul Marcinkus, presidente dellIstituto opere religiose e Roberto Calvi, banchiere

Gli appunti del pontefice scomodo


Chi voleva eliminare Giovanni Paolo I
Alla morte di Paolo VI si apr una lotta tra i massoni dello Ior e lOpus dei
la camera da letto papale. Dopo qualche minuto la suora torna e vede che il caff ancora al suo posto. Ribatte alla porta: nessuna risposta. Entra, sposta la tenda che separa il letto dal resto della stanza. Adagiato sul fondo del letto c il papa, immobile. Il corpo tiepido. Suor Vincenza gli sente il polso, ma non ci sono pulsazioni. Nelle mani il pontefice stringe alcuni fogli con degli appunti. La suora d lallarme. Questa seconda versione sul ritrovamento del papa stata raccontata proprio da Suor Vincenza, presto allontanata dal Vaticano. Chi ha mentito? Chi ha davvero trovato per primo il papa ormai defunto? E in che posizione era il corpo del papa? Cosa stringeva tra le mani? Sembrerebbero dettagli insignificanti, ma non lo sono: immediatamente, infatti, si sollevarono dubbi sulla scomparsa di papa Luciani. Sembrava incredibile che a un mese dalla sua elezione il papa fosse morto, cos improvvisamente, dopo essere sempre apparso sorridente e sereno, senza un sintomo di malessere. Come noto i dubbi si sono accresciuti giorno per giorno, alimentati proprio dal com

IL PADRINO Nel film Il Padrino parte III, diretto da Francis Ford Coppola nel 1990, si assiste esplicitamente allomicidio di papa Albino Luciani: il pontefice viene avvelenato su ordine di una rete criminale che vede uniti mafia, politica, settori del Vaticano e della finanza

IVO SCANNER aticano, 29 settembre 1978, ore 5 e 30. Il segretario particolare del papa cerca Albino Luciani, che da 33 giorni diventato pontefice, nella cappella dove di solito a quellora si reca a pregare. Non lo trova. Si dirige alla stanza privata del Santo padre. Entra. Il papa sul letto, con la luce accesa. Nelle mani stringe un libro, lImitazione di Cristo. Non si muove. morto. Il segretario d lallarme. Questa la versione ufficiale sulla morte di Giovanni Paolo I, una morte che a distanza di quasi trentanni continua a suscitare polemiche. Riavvolgiamo la pellicola e torniamo a quella stessa mattina, ma con un altro copione. Vaticano, 29 settembre 1978, ore 5 del mattino. Suor Vincenza Taffarel, che da tempo si prende cura di papa Luciani, porta come sempre un caff leggero per il pontefice, come sempre batte due o tre volte alla porta e lascia la tazza del caff allesterno del-

portamento della Chiesa. Nonostante le circostanze straordinarie del decesso di Giovanni Paolo I, non venne effettuata alcuna autopsia. Il medico che analizz il corpo del papa parl di infarto miocardico. Si istitu una piccola commissione di cardinali che accett (pur senza avallarlo) il primo referto medico. Poi si procedette allimbalsamazione del pontefice, ufficialmente senza altri esami medici. Certo che alla morte di Luciani molti tirarono un sospiro di sollievo. Erano sfuggiti alla rimozione dal proprio inca-

rico, ad esempio, il potentissimo segretario di stato del Vaticano, cardinale Jean-Marie Villot, e il capo dello Ior, la banca del papa, monsignor Paul Marcinkus. Quando il 6 agosto 1978 era morto Paolo VI, inizi una dura battaglia per la successione, che vedeva contrapposte in particolare due fazioni: da una parte le logge massoniche vicine allo Ior e dallaltra la tentacolare Opus Dei. Il 26 agosto un conclave brevissimo elesse papa il patriarca di Venezia, Albino Luciani: nellimpossibilit di mediare tra le diverse opzioni in campo, si scelse un can-

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didato apparentemente debole, incapace di nuocere ai due schieramenti contrapposti, disponibile a lasciare mano libera a chi stava lottando per la supremazia. Un calcolo sbagliato, perch al contrario papa Luciani dimostr subito una personalit fortissima, dietro lapparenza mite e sorridente. Innanzitutto rifiut molte ritualit tradizionali (disse no allincoronazione, alla tiara e alla sedia gestatoria, abbandon il plurale maiestatis rivolgendosi alla folla in prima persona), poi si espresse contro la Chiesa delle ricchezze e per la trasparenza delle operazioni finanziarie ecclesiastiche, arrivando a sostenere che un vescovo non poteva presiedere una banca. Dopo la morte di Luciani si cercato di accreditare unimmagine del papa come di un uomo malato, debole fisicamente (altri sostengono esattamente il contrario: il medico personale del papa ha detto di non avergli mai prescritto medicinali perch non ce nera nessun motivo). Forse, se davvero Luciani era di salute fragile, si sperava cinicamente in un suo aggravamento abbastanza rapido per il carico eccessivo di lavoro (ma nessuno poteva prevedere che la sua salute sarebbe crollata in soli 33 giorni), mentre nel frattempo si aggiustavano i rapporti di forza e le spartizioni del potere curiale. O forse divenne necessario affrettarne la fine. Monsignor Maffeo Ducoli, vescovo di Belluno, alle telecamere di Giovanni Minoli ha dichiarato che sulla morte del Papa vennero date dal Vaticano comunicazioni non del tutto precise ed esatte. E ha aggiunto: In quel momento una parola, anche una sola parola, poteva far esplodere delle bombe. Proprio le menzogne sulle circostanze del ritrovamento del corpo, per, si trasformarono in bombe. Si neg che il papa fosse stato trovato morto da una suora, perch probabilmente la si riteneva unipotesi sconveniente per un pontefice. Ma per quale

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TEORIA DEL COMPLOTTO

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Marcinkus possibile mandante?


sostenitori della teoria del complotto a proposito della morte di papa Luciani hanno indicato esplicitamente un possibile mandante: monsignor Paul Marcinkus. Di Marcinkus si parlava addirittura gi nel 1970 tra le pagine del celebre La strage di Stato: La centrale di finanziamenti Usa al neofascismo italiano la Continental Illinois Bank di Cicero, Illinois, che concentra enormi capitali provenienti in massima parte dallindustria bellica americana. La Continental fornisce la copertura finanziaria alla italiana Banca Privata Finanziaria, della quale si serve Michele Sindona. La Continental, inoltre, una delle maggiori consociate dellIstituto per le Opere di Religione, la centrale della finanza vaticana il cui nuovo responsabile monsignor Paul Marcinkus, originario di Cicero. Amante della bella vita, elegante, giocatore di golf, capace di intessere rapporti con governi e politici (della sua amicizia si vantato Giulio Andreotti), Marcinkus era stato guardia del corpo di Paolo VI (si narra che proprio lui devi il pugnale di un attentatore, durante un viaggio papale nelle Filippine) prima di essere posto alla guida dello Ior. Mino Pecorelli, il giornalista misteriosamente assassinato, sul suo settimanale Op del 12 settembre 1978 pubblic lelenco di oltre 100 prelati e religiosi cattolici che sarebbero stati affiliati alla massoneria, appartenendo a una Gran Loggia Vaticana: tra i nomi cerano Marcinkus e il Segretario di Stato Jean Villot. In seguito a quellarticolo papa Luciani avrebbe ordinato uninchiesta interna. E molti testimoni ricordano che il pomeriggio precedente alla sua morte, Giovanni Paolo I ebbe un burrascoso incontro proprio con Villot. Con la morte di Luciani, monsignor Marcinkus perdeva un pericoloso avversario, ma doveva andare incontro a guai con la legge: nel 1987 la magistratura italiana emise un mandato di cattura contro di lui per il crack dellAmbrosiano, ma Marcinkus aveva passaporto diplomatico vaticano e in base ai Patti Lateranensi non si diede seguito allindagine. Marcinkus morto in Arizona il 20 febbraio 2006. I. S.

Le menzogne sul ritrovamento del corpo si trasformarono in bombe


ragione mentire sul libro che il papa teneva tra le mani? La notizia che si trattasse dellImitazione di Cristo venne data alla stampa di tutto il mondo dal gesuita Padre Francesco Farusi, ex direttore della Radio vaticana. Poche ore dopo Farusi scopr di aver dato uninformazione falsa: la verit era che il papa impugnava degli appunti, dei quali non si detto e non si dir nulla. Secondo il giornalista David Yallop, che scrisse un libro-inchiesta di successo (In nome di Dio) per dimostrare che il papa era stato ucciso, in quegli appunti cera il nuovo organigramma della curia: nei fogli ci sarebbe stata la conferma che il papa voleva rimuovere Marcinkus e proprio questa sarebbe stata la causa dellomicidio, per

TRADIZIONALISTA MA INCONTROLLABILE

In uno dei suoi primi discorsi papa Luciani disse: La propriet privata per nessuno un diritto inalienabile ed assoluto. I popoli della fame interpellano in maniera drammatica i popoli dellopulenza. Un papa che a pochi giorni dalla sua elezione pronuncia frasi del genere non poteva che dare fastidio a molti. Soprattutto a quanti avevano deciso di utilizzare la Chiesa per una vera e propria crociata contro il comunismo, con lobiettivo di dare la spallata finale ai regimi socialisti dellest europeo. Come poteva prepararsi a quella battaglia un papa che tuonava contro la propriet privata e lopulenza occidentale? Insomma, qualcuno cap che

il nuovo papa, invece di essere un remissivo pontefice di transizione, era incontrollabile. Chi lo aveva conosciuto nel corso della sua carriera ecclesiastica, del resto, aveva notato il suo carattere volitivo, addirittura irremovibile. Era un tradizionalista, non certo un rivoluzionario, ma gi nel 1968 aveva dimostrato unapertura controcorrente verso la pillola anticoncezionale. Nei suoi discorsi usava un linguaggio semplice, adatto ai mass media, capace di comunicare molto pi del suo predecessore: un ulteriore pericolo, se il papa si fosse fatto megafono di posizioni sgradite ai settori pi oltranzisti della Chiesa.

Yallop si trattava insomma della pistola fumante. A uccidere il Papa, secondo Yallop, era stato un veleno estratto da una pianta, la Digitale purpurea. Le bombe temute da monsignor Ducoli si sono moltiplicate insieme alle innumerevoli versioni sulla morte del Papa. Il teologo Gianni Gennari sostiene, sulla base delle confidenze di un alto prelato, che un medico consigli al papa di assumere un calmante e che Luciani avrebbe sbagliato la dose: lerrore avrebbe provocato una vasodilatazione e quindi il decesso. A sua volta Don Giacomo Marzorana, del Centro Papa Luciani, ha citato unennesima versione di quanto accadde quella notte: il pontefice sarebbe morto nel suo ufficio e poi trasportato nella sua stanza ormai cadavere. Le stesse gerarchie ecclesiastiche contribuiranno a complicare il quadro. Nel 1987 il Vaticano allarmato dalle polemiche crescenti assegna allo scrittore John Cornwell il compito di scrivere un libro sulla fine di Giovanni Paolo I, concedendogli libero accesso alle stanze vaticane. Cornwell sostiene che il papa mor per un grumo di sangue entrato in circolo e che il decesso avvenne tra le 21.30 e le 22.30. Ma Suor Vincenza, alle 5 del mattino, trov il corpo ancora tiepido, e quando i tecnici di medicina legale videro il corpo intorno alle 10 affermarono che la morte risaliva a 4 o 5 ore prima, in base al colorito e alla rigidit del cadavere. Inoltre Cornwell rivela che la veste da notte del papa era strappata. Perch? Luciani sarebbe morto in piedi, ca-

dendo poi in terra (tesi sostenuta anche dal periodico 30 giorni, digiorni retto da Giulio Andreotti). Il suo segretario lo avrebbe sollevato per metterlo sul letto e in quelloperazione la veste si sarebbe strappata. Ma lo strappo potrebbe avere una ragione molto pi inquietante, una lotta contro degli assassini. Tra i tanti misteri che circondano la morte di Papa Luciani, infatti, c anche quello di un libro del 1988 su una suora tedesca ritenuta veggente, Erika Holzach: la donna afferma di aver avuto una visione dove Giovanni Paolo I viene ucciso da due uomini, entrati nella sua stanza con una siringa. Sembrerebbero affermazioni assurde, basate su indimostrabili percezioni extrasensoriali, ma la prefazione al libro su suor Erika era di uno stimatissimo teologo, Hans Urs Von Balthasar. Si trattava di un messaggio trasversale per qualcuno? Allusioni in codice sono senzaltro contenute in un altro libro recente che in forma romanzesca appoggia la tesi della cospirazione, La morte del Papa (2006), scritto da Lus Miguel Rocha sulla base di documenti che gli sarebbero stati consegnati da un misterioso agente segreto. Chi non si affidata a perifrasi stata la moglie di Roberto Calvi, unaltra vittima eccellente degli intrighi di quegli anni. In unintervista a LEuropeo nellagosto 2006 la signora Calvi affermava: La mia opinione che papa Luciani labbiano ucciso. Perch non volevano che scoprisse le malefatte allinterno del Vaticano e dello Ior. Marcinkus aveva paura che il papa scoprisse i suoi segreti. Con la scomparsa di Albino Luciani, il conclave poteva finalmente sancire i nuovi rapporti di forza. Il 16 ottobre 1978, con il sostegno dellOpus Dei, Karol Wojtyla viene eletto papa.

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IL CASO VERSACE
IVO SCANNER il 15 luglio 1997. Al 1116 di Ocean Drive, una strada signorile di fronte al mare di Miami, un uomo sta facendo colazione, in una cucina grande e sontuosa. Come grande e sontuosa lintera villa, arredata con gusto bizzarro, senza limiti al lusso, le pareti tappezzate di quadri dal valore inestimabile, protetta da una cancellata di ferro istoriato. Improvvisamente un rumore inatteso scuote luomo che sta facendo colazione. Dopo un attimo un altro rumore, identico. E poi il frastuono di gente che grida. Luomo esce di corsa, vede il cancello aperto e un corpo riverso sui gradini della villa. Esconvolto: davanti a lui in una pozza di sangue c Gianni Versace, il suo compagno da oltre 15 anni. Gianni Versace, uno degli stilisti pi famosi del mondo, italiano, ma che da tempo aveva scelto di vivere a Miami. Ogni mattina Versace si recava a piedi al News Cafe, un locale a quattro isolati di distanza dalla sua villa la Casuarina sullaffollata Ocean Drive, per comprare i giornali e fare colazione. Non aveva guardie del corpo, perch non riteneva di correre rischi. Anche quel marted mattina, intorno alle 8 e 30, era uscito per la consueta tappa in quel locale. Al suo ritorno era stato avvicinato da un uomo sui ventanni, proprio mentre varcava il cancello della villa. Secondo alcuni testimoni, luomo spar un primo colpo mentre si trovava alle spalle di Versace, centrandolo alla testa. Poi gli spar di nuovo quando era a terra. Inseguito da alcuni passanti, lassassino pun-

A sinistra: Gianni Versace. A destra: la copertina del Time dedicata allomicidio dello stilista. Da sinistra, in senso antiorario: il presunto assassino Andrew Cunanan, il produttore e regista Chico Forti, e il compagno di Versace Antonio DAmico

Gianni, un mistero lungo


Certezze, ipotesi e illazioni sul delitto dello
Jackson Memorial Hospital. I medici poterono solo constatarne la morte: ucciso da due proiettili calibro .40. La polizia setacci la zona e nel vicino garage, dove qualcuno aveva visto fuggire lassassino, venne trovato un pick-up Chevrolet, parcheggiato l da quasi 5 settimane: allinterno, il passaporto di un certo Andrew Phillip Cunanan e un assegno a suo nome. La polizia conosceva bene Cunanan, dato che era sospettato per due delitti, uno dei quali commesso con una Golden Saber calibro .40. Il venticinquenne Cunanan venne subito descritto come un serial killer, possibile responsabile di altri due, se non tre delitti, nella zona di Miami. Di certo si sa che Cunanan, figlio di una famiglia cattolica di origini filippine, era vissuto a lungo a San Diego. A scuola era diventato noto per la sua omosessualit ostentata, ma era un bravo studente e si era iscritto alluniversit. Quando la sua famiglia incontr grossi problemi economici, nel 1988, Andrew raggiunse il padre nelle Filippine, ma torn presto in America e criminologi chiamano spree killer: un omicida che, spinto da rabbia e frustrazione, compie diversi assassinii a distanza di poco tempo, senza curarsi di non lasciare tracce e spesso togliendosi la vita dopo i delitti. Insomma, Cunanan era il personaggio ideale per risolvere il caso rapidamente e senza dare adito a dietrologie di nessun tipo. Scatt la caccia alluomo. LFbi promise 10.000 dollari a chiunque fornisse informazioni per arrestarlo, mentre la polizia di Miami temeva addirittura che Cunanan potesse essersi depilato e travestito da donna per sfuggire alla cattura. La caccia si concluse il 25 luglio. Il custode di una casa galleggiante, nel porto a poca distanza dalla villa di Versace, sent uno sparo provenire dallinterno dellimbarcazione e chiam la polizia. Le forze dellordine circondarono tutta la zona e restarono appostate per ben t la pistola ma senza sparare e scomparve nel parcheggio di un garage. Il compagno di Versace, Antonio DAmico, aveva sentito gli spari mentre faceva colazione e si era precipitato allesterno, trovando lo stilista morente. Unambulanza port Versace al

Cunanan era il personaggio ideale per chiudere il caso in fretta


inizi a cercare la compagnia di anziani gay benestanti. Ma col passare del tempo le sue amicizie danarose sfumarono e si trov in un periodo molto difficile, doveva vivere di espedienti, spesso millantando identit fasulle. Inoltre probabilmente temeva di aver contratto lAids. E a quel punto che sarebbe scattata in lui la sindrome dellassassinio compulsivo, diventando quello che i

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IL CASO FORTI Al delitto Versace si aggiunta unaltra vicenda oscura. Il regista e produttore italiano Chico Forti poco dopo lassassinio dello stilista acquist i diritti per la casa galleggiante dove era morto Cunanan. Il suo scopo era di girare un documentario sul delitto Versace e dedicargli un museo proprio in quellabitazione galleggiante. Ma la casa venne misteriosamente semiaffondata e le autorit di Miami decisero di distruggerla. Forti realizz comunque un video per Rai Tre, Il sorriso della Medusa, che accusava la polizia di Miami e metteva in dubbio la versione ufficiale sullomicidio Versace e il suicidio di Cunanan. Il colpo di scena avviene pochi mesi dopo: Forti arrestato con limputazione di aver ucciso il figlio di un imprenditore. Tra i suoi accusatori, proprio alcuni poliziotti di Miami. Il 15 giugno 2000 Forti stato condannato allergastolo per omicidio di primo grado.

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IL SILENZIO

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La censura di casa Versace


ianni Versace stato ammirato e vezzeggiato in vita da centinaia di personalit della moda, della politica e dello spettacolo: ma attorno alla sua tragica fine sembra calata una coltre di silenzio apparentemente inspiegabile. Lo dimostrano le difficolt incontrate dal regista James Kent per girare il suo documentario Fashion Victim: The Killing of Gianni Versace (Bbc, 2001). Kent ha raccontato al Sunday Times, il 26 agosto 2001, le peripezie che ha dovuto affrontare: quasi nessuno, nel mondo della moda o tra i vip che conoscevano Versace, ha voluto rilasciare dichiarazioni. Il regista ha scritto a 60 amici di Versace (da Elton John a Sylvester Stallone, da Richard Avedon a Karl Lagerfeld), ma ha ricevuto solo dinieghi. Naomi Campbell aveva accettato unintervista, ma il giorno dellappuntamento diede forfait. Jennifer Lopez, da parte sua, fece bloccare e gettare a terra il cameraman dalle sue guardie del corpo. La conclusione di Kent fu che era stato dannatamente pi facile riprendere gli amici di Gring, quando aveva girato un documentario sui nazisti. Lo sbarramento sembra partire proprio dalla famiglia Versace. Lo stesso Kent racconta che, mentre girava delle scene allesterno degli uffici di Versace a Parigi, si ritrov circondato da avvocati della famiglia dello stilista che gli fecero capire di non gradire le sue investigazioni. Anche la grande editoria ha dovuto fare marcia indietro quando ha cercato di gettare luce sul caso Versace. Il giorno stesso del delitto, la casa editrice Little Brown (di propriet della potente Time Warner) annunci luscita imminente di una biografia dello stilista, scritta dal giornalista Christopher Mason, Undressed: The Life of Gianni Versace. Ma il libro non stato mai pubblicato. Sul sito di Amazon, la principale ditta presente in rete per la vendita d i libri, a distanza di 10 anni c ancora la scheda di quella biografia scomoda e persino la copertina, ma con questa avvertenza: Attualmente non disponibile. Non sappiamo quando o se questo libro torner in magazzino. I. S.

polizia. Per questo ha deciso di togliersi la vita. Con la morte di Cunanan il caso Versace sembrava definitivamente risolto. Ma proprio il presunto suicidio dellassassino impediva di sapere perch lo stilista era stato ucciso. Quale motivo aveva spinto Cunanan ad appostarsi di fronte alla villa di Ocean Drive e giustiziare Versace? I tentativi di scoprire una conoscenza tra Cunanan e Versace non portarono mai a nulla di sicuro. Secondo al-

dieci anni
stilista reggino
5 ore. Poi attaccarono con i gas lacrimogeni e le truppe speciali Swat irruppero nella barca. Trovarono un uomo coricato su un letto, che indossava solo un paio di boxer. Aveva il volto devastato da un colpo di pistola calibro .40. Era Andrew Cunanan. Il capo della polizia Richard Barreto forn la sua spiegazione degli avvenimenti: Cunanan ha capito di essere in trappola, senza alcuna via di uscita. Miami Beach stata saturata di agenti e il killer sapeva che non sarebbe mai sfuggito alla caccia della
LA CLASSIFICA Nel marzo scorso il settimanale Time ha incluso il delitto Versace nella classifica dei Venticinque maggiori crimini del secolo. Accanto al rapimento del piccolo Lindbergh, al caso Black Dhalia e al processo di O. J. Simpson, compare anche lassassinio di Versace, al ventunesimo posto Lo stilista reggino ucciso a Miami il 15 luglio 1997 aveva designato nel suo testamento la nipote Allegra come erede unica dellenorme patrimonio. Allegra, nata dalla relazione di Donatella Versace col suo exmarito Paul Beck, aveva dieci anni allepoca dellassassinio dello zio, cos la gestione del patrimonio di famiglia stata assunta dalla sorella dello stilista. Gianni Versace chiamava la nipote la mia principessa, e che il legame fosse forte si capisce anche dalla reazione emotiva di Allegra alla scomparsa di Gianni: si dice infatti che i problemi di anoressia che affliggono la ragazza siano da imputare proprio alla perdita affettiva dello zio.

Si arrivati a prospettare legami tra alta moda e criminalit


cuni, i due potrebbero essersi incontrati anni prima, a San Francisco. E tra loro potrebbe esserci stata una relazione che ha fatto scattare una morbosa gelosia nel giovane filippino. Ma possibile che nessuno dellentourage di Versace avesse mai visto Cunanan? A poco a poco i dubbi sulla frettolosa versione della polizia cominciarono a crescere. Davvero Cunanan era il solito mitomane, come lassassino di John Lennon? E il profilo dello spree killer non forse diverso da quello di chi uccide una persona famosa? Ci si cominci a interrogare sui veri contorni del delitto Versace. Un investigatore privato, Frank Monte, si disse convinto che Versace fosse stato ucciso dalla mafia e che i suoi parenti sapessero la verit. Per sostenere la sua tesi pubblic anche un libro, The Spying Game, e venne portato in tribunale dalla famiglia dello stilista, che si riteneva diffamata. Il processo fece solo aumentare la popolarit del detective che ora gestisce una fiorente agenzia investigativa e continua a vendere il proprio libro, nonostante la scarsa atten-

dibilit delle sue affermazioni. Si cerc di scavare nella vita di Versace, per trovare una spiegazione al delitto. Gianni, di famiglia calabrese, con i fratelli Santo e Donatella aveva creato un vero e proprio impero, costruito negli anni del craxismo grazie anche ai legami mai nascosti con il Psi. Ma i rapporti tra i fratelli non erano idilliaci, come ha ricordato in un libro recente anche Antonio DAmico, il compagno di Versace, che oggi lamenta di non potersi nemmeno pi avvicinare alla villa dove sono custodite le ceneri di Gianni, per un veto dei familiari. Attorno alla societ di Versace giravano miliardi di lire, con importanti partecipazioni societarie in Italia e allestero (secondo il settimanale Il Mondo solo per i rapporti con i media la Gianni Versace Spa investiva circa 70 miliardi lanno). Studiando il risvolto economico del marchio Versace, altri giornalisti hanno continuato a indagare. E Mario Guarino arrivato a prospettare un torbido reticolo tra mondo dellalta moda e criminalit organizzata. Gli incredibili profitti dellindustria della moda avevano attirato lattenzione della grande finanza, ma anche di chi operava nellintreccio tra affari e politica. E le grandi mafie internazionali avevano trovato un nuovo canale per ripulire il proprio denaro. Tra tante illazioni, una cosa sicura: nonostante le certezze inossidabili della polizia di Miami, nessuna spiegazione sul delitto Versace ancora riuscita ad essere convincente.

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IL CASO TONI E DE PALO


IVO SCANNER a guerra. I servizi segreti. La P2. I neofascisti. Il traffico di armi. La strage di Bologna. Sembra un elenco delle pagine oscure dei decenni scorsi e anche dei nostri giorni. Quellelenco stato presente, con tutto il suo peso drammatico, in una delle vicende pi misteriose e purtroppo dimenticate degli anni Ottanta: la scomparsa di Italo Toni e Graziella De Palo, giornalisti. Dal 2 settembre 1980 quei due giornalisti sono svaniti, smaterializzati, evaporati. Come se non fossero mai esistiti. E con loro sono svaniti, smaterializzati, evaporati, i risultati dellinchiesta che stavano conducendo, in nome di un giornalismo che cerca sul campo le notizie, anche le pi scomode. Italo Toni nel 1980 aveva 51 anni e alle spalle una vita turbolenta, fatta di eccessi che si erano placati solo grazie alla grande passione giornalistica. Impegnato a sinistra, si era specializzato nella vicenda mediorientale e un suo reportage era apparso su Paris Match. I suoi articoli erano tra le cose migliori che offriva la catena di quotidiani provinciali Diari. Graziella De Palo, 24 anni, per quanto giovanissima aveva gi scavato senza remore nel mondo velenoso dei traffici di armi e del riciclaggio di denaro sporco, scrivendo per LAstrolabio, prestigiosa rivista della sinistra indipendente, e per Paese Sera. Entrambi avevano a cuore la questione palestinese e decisero di andare di persona nel Libano della guerra civile. Graziella, in particolare, stava seguendo una pista, annunciata in uno dei

BEIRUT
due reporter scomodi
IL FACCENDIERE Sullo scenario libanese apparve anche il faccendiere Francesco Pazienza, che effettu misteriose missioni in Medio Oriente per il Sismi. E a Beirut incontr anche il colonnello Giovannone

Scomparsi nel 1980, seguivano loschi traffici


suoi ultimi articoli, sul coinvolgimento nel traffico darmi di una nota ditta italiana e dei servizi segreti. Per organizzare il viaggio, Toni e De Palo avevano chiesto aiuto al responsabile dellufficio di Roma dellOlp, Nemer Hammad. Il 22 agosto, Graziella e Italo arrivavano a Damasco e il giorno dopo unauto di Al Fatah li port allalbergo Triumph di Beirut Ovest, controllato dai palestinesi. I due giornalisti iniziarono la loro inchiesta, ma il primo settembre sentirono il bisogno di andare allambasciata italiana. Cera qualcosa che li preoccupava e avvertirono i nostri diplomatici che volevano dirigersi nella parte meridionale del Paese, zona molto rischiosa: Se non torniamo entro tre giorni, veniteci a cercare, avrebbero detto allambasciatore. La mattina successiva unauto venne a prenderli allhotel Triumph. E da quel momento scomparvero nel nulla. Le indagini italiane cominciarono sotto i peggiori auspici. E non dopo tre giorni, come avevano chiesto i due giornalisti, ma dopo ben 25 giorni, su sollecitazione dei familiari di Graziella, che non avevano pi sue notizie. In Libano era presente dal 1972 il colonnello dei carabinieri Stefano Giovannone del Sismi (il servizio segreto militare), diventato fiduciario di Aldo Moro per la politica italiana in Medio Oriente. Ma a capo del Sismi, e quindi di Giovannone, cera Giuseppe Santovito, il cui nome di l a poco figurer tra gli affiliati alla P2, nella lista trovata il 17 marzo 1981 nella villa di Licio Gelli. E P2 significava intrecci con affari loschi, soldi sporchi, trame internazionali. Sar proprio Giovannone a indicare la prima pista per la scomparsa dei due giornalisti: Toni e De Palo sarebbero stati rapiti dai falangisti libanesi. Ma ecco

Le indagini italiane iniziarono solo 25 giorni dopo la sparizione

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IL SEGRETO Nel 1984 sul caso Toni-De Palo venne imposto il segreto di Stato. La decisione fu presa dallallora presidente del Consiglio, Bettino Craxi. Un gesto che contribu ad archiviare la vicenda. Le richieste di cancellare il segreto di Stato sono rimaste senza esito

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Dallalto in senso orario: Graziella De Palo, Italo Toni (i giornalisti misteriosamente scomparsi a Beirut nel settembre 1980), Yasser Arafat, Emilio Colombo, Giancarlo Armati, Elio Ciolini, George Habbash e Giuseppe Santovito

IL DEPISTATORE CIOLINI

Lenovit esplosive

l neofascista Elio Ciolini non si limitato a intorbidare le acque del caso Toni-De Palo. Nel 1982, detenuto per truffa in Svizzera, si invent che la strage alla stazione di Bologna era stata organizzata da una loggia massonica ed eseguita da un tedesco e da un francese per coprire unoperazione finanziaria delle partecipazioni statali italiane. Quelle false rivelazioni gli sono costate una condanna a nove anni per calunnia. Ciolini ha alternato carcerazioni, scarcerazioni e latitanze, sempre punteggiate da dichiarazioni esplosive. In unintervista da latitante disse di appartenere a un servizio per la lotta al comunismo che fa capo alla Nato (probabili, comunque, sono i suoi legami con i servizi segreti francesi). Poi nel 1992 parl di un fantomatico progetto di golpe e sue sono anche le rivelazioni su un progetto di attentato a Berlusconi e su una riunione allestero in cui la mafia avrebbe deciso la cosiddetta stagione delle stragi. Insomma, una carriera da vero esperto in depistaggi. I. S.

che scoppia il conflitto tra Giovannone e lambasciatore italiano a Beirut, Stefano DAndrea, vicino al governo centrale di Beirut e cio ai cristiano-falangisti. DAndrea da tempo rimproverava a Giovannone un eccesso di protagonismo. E ora ecco la goccia che fa traboccare il vaso: Giovannone accusa del rapimento proprio gli amici libanesi di DAndrea. Inizi cos un duello che contribu a intorbidare le acque: due versioni si fronteggiavano (sono stati i palestinesi, sono stati i falangisti), probabilmente entrambe infondate. In quei primi momenti prevalsero le posizioni di Giovannone, che trovavano il sostegno del governo, segnando la sconfitta dellambasciatore. Il ministro degli Esteri, il Dc Emilio Colombo, trasfer DAndrea a Copenaghen e present un esposto alla magistratura contro lambasciatore proprio per il suo comportamento nel caso Toni-De Palo. Nel frattempo si era affacciato sulla scena un primo, incredibile personaggio, Edera Corr. Legata alla massoneria, la Corr effettu diversi depistaggi, contattando i De Palo per dire loro di avere le prove che Graziella era viva e che erano in corso trattative per liberarla. In una conferenza stampa del marzo 1981 anche i familiari di Graziella e Italo dichiaravano di avere la certezza che i due giornalisti fossero vivi e in buone condizioni di salute, in base alle assicurazioni fornite loro dalle autorit italiane e palestinesi, e che il buon esito della vicenda vicino. A rafforzarli nella speranza Yasser Arafat in persona nel maggio dello stesso anno dichiar: Mi risulta che Graziella sia viva. Far tutto il possibile perch possa tornare a casa sana e salva. In giugno, poi, Abu Ayad, allora responsabile dei servizi di sicurezza palestinesi, confermava: LOlp ha svolto unindagine. I risultati ci danno forti speranze che Graziella sia ancora viva e bisogna cercarla nel settore falangista del Libano. Ayad sosteneva di avere quella speranza dopo linterrogatorio di elementi neonazisti, anche italiani, arrestati dai servizi di sicurezza palestinesi. Le famiglie dei due giornalisti si rivolsero anche a monsignor Hilarion Capucci, larcivescovo pi vicino alla resistenza palesti-

Il colonnello dei carabinieri Stefano Giovannone del Sismi sapeva intessere rapporti di collaborazione sia con i governi locali, sia con i palestinesi: aveva una guardia del corpo palestinese ed era ricevuto spesso al quartier generale dellOlp. Incarnava, tra gli uomini dei servizi, il ponte verso i palestinesi, prezioso per la politica estera italiana dellepoca. Accusato di aver rivelato informazioni segrete sul caso Toni-De Palo, Giovannone ha sempre negato, dicendo di aver solo eseguito gli ordini. Da parte di chi, e con quali scopi, non dato saperlo.

nese, ma senza esito. Nel novembre 1982 ecco il colpo di scena. I giornali riportano indiscrezioni sullindagine condotta dal sostituto procuratore Giancarlo Armati. Una presunta guerrigliera dellOlp di origine italiana avrebbe rivelato al giudice che Italo Toni lavorava per i servizi segreti ed era in Libano per spiare le fortificazioni palestinesi del sud e passare le informazioni agli israeliani. Per questo sarebbe stato rapito e ucciso da una formazione combattente dellOlp. Graziella De Palo, invece, sarebbe rimata prigioniera e avrebbe perso la vita sotto i

Allambasciata dissero: Se non torniamo entro 3 giorni venite a cercarci

LA FALSA RIAPPARIZIONE Edera Corr era partita per il Libano poco dopo la scomparsa di Toni e De Palo, il 3 ottobre 1980. Cosa dovesse fare in Libano resta un mistero. Ma per qualche giorno il suo nome si intrecci, anzi si sovrappose, a quello di Graziella De Palo. Venne infatti segnalata in un albergo del settore falangista di Beirut una giornalista italiana di nome Graziella De Palo e con un aspetto molto simile alla ragazza scomparsa. La donna sosteneva di voler intervistare Bashir Gemayel, ma non era la De Palo miracolosamente riapparsa, bens Edera Corr. Dopo aver lasciato quella traccia inquietante, per avvalorare la tesi che Graziella si trovava nel settore falangista della citt, la donna divent protagonista di un altro depistaggio. Il 6 ottobre avvert lambasciatore DAndrea di aver ricevuto una telefonata in cui si afferma che i cadaveri dei due giornalisti si trovano allospedale americano. DAndrea la mattina dopo and a controllare nella camera mortuaria e non trov riscontro alle parole della Corr. Persino il capo del Sismi, il generale Santovito, dichiar di aver accertato di persona, recandosi in Libano, che tra i cadaveri nellospedale americano non cerano i corpi di Graziella e Italo, salvo ammettere poi di aver mentito per ragioni di Stato. I. S.

bombardamenti israeliani. Niente pi falangisti come responsabili, allora, ma guerriglieri palestinesi. A supporto di quella tesi ecco arrivare il secondo personaggio grottesco della vicenda, dopo la Corr, il neofascista Elio Ciolini, sedicente supertestimone della strage di Bologna. Ciolini rifer di aver appreso che i due giornalisti avevano assistito per caso, a Beirut, a una riunione tra un ministro italiano, un terrorista neofascista, un dirigente della Oto Melara e alcuni leader palestinesi. Quindi sapevano troppo e sarebbero stati eliminati. Quelle indimostrabili tesi della presunta guerrigliera e del depistatore neofascista diventeranno per una sorta di verit assoluta. Degli intrecci affaristici attorno al traffico darmi si perse ogni memoria. La soluzione pi facile era attribuire ai palestinesi la responsabilit del duplice sequestro di persona e in particolare al Fronte democratico per la liberazione della Palestina (Fdlp), lala marxista dellOlp. Si cercher di incastrare George Habbash, uno dei leader carismatici della resistenza palestinese, ma senza riuscire a trovare prove contro di lui. Fin in carcere, invece, il colonnello Giovannone con laccusa di aver violato segreti di Stato, ma lunico che subir una condanna sar lappuntato dei carabinieri Damiano Balestra, addetto allufficio cifra dellambasciata italiana a Beirut: avrebbe passato al colonnello Giovannone i telex della Farnesina. Sono passati 27 anni dalla scomparsa dei due giornalisti e ancora si attende di sapere la verit. Ma non sono mai finite le speculazioni e i tentativi di depistaggio. Lultima triste boutade sul caso Toni-De Palo di un anno fa ed firmata da una figura simile a tante altre incontrate in questa vicenda intricatissima. Si chiama Dimitri Buffa, stato giornalista di La Padania, poi candidato nelle liste del Partito radicale, infine insignito del titolo di Cavaliere dOnore dei Principi Salomonici di Shekal dal Presidente dellIstituto Culturale della Comunit Islamica Italiana, Abdul Hadi Palazzi. Buffa ha scritto nellagosto 2006 un articolo su Lopinione per sostenere che la strage di Bologna stata compiuta dallOlp. E per avvalorare la sua tesi ecco ricomparire la vicenda dei due giornalisti scomparsi a Beirut tanti anni fa: Buffa non ha dubbi, Toni e De Palo sono stati fatti morire di lupara bianca dai palestinesi di Habbash e Arafat, perch seguivano unindagine giornalistica che aveva ad oggetto il traffico di armi tra Olp e Brigate rosse. Lennesimo polverone senza prove, lennesimo diversivo.

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IL CASO PETRONE

A sinistra: Benedetto Petrone. A centro pagina: piazza Prefettura il giorno dopo lomicidio

LAMBIENTE

Cera aria di violenza, di tragedia imminente


GIANFRANCO CARBONE icordo gli anni settanta a Bari, citt tradizionalmente di destra. Sono gli anni della ristrutturazione capitalistica, in cui i poteri forti si confrontano duramente: la potente lobby del mattone, con la borghesia bottegaia e quella delle professioni. Tutti ampiamente rappresentati da una Dc i cui leader nazionali, Moro, Donat Catten, Fanfani, Andreotti sembrano lontani e Vito Lattanzio il leader locale pi potente, quello che ha le code alla porta del suo studio e dispensa lettere di raccomandazione e affari. Segno evidente dello scontro tra le correnti e i potentati democristiani laumento delle percentuali elettorali del Msi, terzo partito in citt dopo Dc e Pci che passa inspiegabilmente dal 15% al 21% nel 1972. Verr ridimensionato a conclusione dei giochi. Poi c unaria di violenza, di tragedia imminente. La strategia strisciante delle intimidazioni delle aggressioni nelle vie pi frequentate ed eleganti della citt, off limits per i giovani di sinistra. Strategia della tensione e teorema degli opposti estremismi, ad avvalorare nella maggioranza benpensante lidea che non esista alternativa al potere consolidato delle caste. Sono anche gli anni del movimento operaio e di quello studentesco che sperimentano ununit dazione che supera vecchi schemi e antiche separatezze tra intellettualit e lavoro manuale. Operai e studenti uniti nella lotta si grida nei cortei. La Destra impone ovunque, da Milano a Reggio Calabria un clima di scontro civile senza precedenti. A Bari i neofascisti caricano cortei di liceali di giorno e di notte assaltano militarmente le scuole occupate. Sono gli anni in cui da una nota sezione barese del Msi partono le spedizioni punitive contro studenti e democratici. Contemporaneamente e negli stessi luoghi, si va saldando un legame con la malavita organizzata, dimostrato da inchieste di Pubblici ministeri coraggiosi. Spaccio e ideologia si fondono, picchiatori fascisti sono reclutati per azioni criminali. La citt apparentemente sonnecchia ma schierata. Non sta con comunisti e capelloni, fautori di disordine sociale. Anni duri: necessaria la mobilitazione e limpegno del movimento sindacale, dei Partiti comunista e socialista e dei tanti gruppi extraparlamentari che

allinterno dei quartieri popolari fanno argine a un clima di odio crescente verso ogni tentativo di democratizzazione della vita della citt. Qualcosa sembra cambiare con le elezioni del 75 e del 76 ma il clima di violenza aumenta in maniera esponenziale. Il 1977 vede le strade del centro, specie quelle a ridosso della citt vecchia diventare sempre pi infrequentabili, ronde armate di neofascisti scorazzano indisturbate a poca distanza da questura, prefettura, comando dei vigili urbani. Il punto di partenza e di organizzazione la sede provinciale del Msi l a due passi. C un invisibile confine tra la citt borghese ed affarista e il borgo antico, insieme operaio e sottoproletario. Gli eleganti mazzieri fascisti sono le guardie di confine. Guardo la foto di Benedetto, gli eroi son tutti giovani e belli canta Guccini. La notte in cui fu ucciso, ero di turno in ospedale. La voce dellarrivo del corpo di un giovane operaio ucciso dai fascisti si sparse immediatamente anche tra i lavoratori delle corsie. Ricordo che alle sei del mattino eravamo l, in piazza Prefettura, con un gruppo di infermieri smontati dal turno di notte, arrivati spontaneamente insieme a centinaia di altri cittadini a segnalare che la misura era colma. Lassassinio di Benny sembra rappresentare un punto di svolta. La citt sembra svegliarsi dal suo torpore e si mobilita in difesa di una agibilit democratica fino ad allora negata. Tre giorni di grandi manifestazioni sino al funerale e la deposizione di una lapide che diverr ufficiale solo anni dopo. Non furono giorni normali. Segnarono una voglia di partecipazione i cui segni non si sono spenti a distanza di trenta anni. Dellinchiesta non ricordo o meglio non voglio ricordare: ufficialmente la morte di Benny stata la conclusione tragica di una rissa tra opposti estremisti. La coscienza della Citt sa che non cos. Qualcosa davvero cambiato da quel 28 novembre, forse solo il necessario a evitare il ripetersi del dispiegarsi della violenza. Oggi siamo in una fase analoga: i cosiddetti poteri forti della citt si riorganizzano, modificando le sfere di influenza dei comitati daffari. Forse quella sera di novembre di trenta anni fa, ci ha fornito una dose di anticorpi sufficiente a non commettere errori di sottovalutazione. Perch il giovane operaio comunista, Benedetto Petrone, non sia morto invano.

A Bari mai cercati i mandanti de


IVO SCANNER nni di piombo, anni di violenza politica, anni di vittime innocenti a destra e a sinistra, anni terribili. Cos vengono ormai raccontati gli anni Settanta, e il 1977 in particolare. La storia rimaneggiata oggi per dimenticare la complessit di quel periodo ha un solo obiettivo: riabilitare la destra e descrivere gli scontri anche violentissimi di quegli anni come una sorta di gazzarra tra facinorosi, tutti uguali, tutti aggressori e vittime allo stesso modo. Troppo facile, perch ci sono delitti commessi in quegli anni che non possono essere ridotti a scontri tra opposte fazioni. Ci furono morti programmate, decise a tavolino, per eliminare persone scomode. E il caso di un delitto che ha lasciato un segno profondo nella generazione che si affacciava alla politica negli anni Settanta: lassassinio di Benedetto Petrone. La sera di luned 28 novembre 1977 un gruppo di fascisti armati di mazze, catene, cacciaviti e coltelli esce dalla sede del Movimento sociale italiano-destra nazionale di Bari: sono stati avvisati della presen-

In carcere solo il
za di alcuni rossi nel centro cittadino. Scatta laggressione. I giovani della Fgci obiettivo dellagguato cercano di fuggire, ma uno di loro, il diciottenne Benedetto Petrone, non riesce ad allontanarsi in fretta, perch invalido e zoppica. Nei pressi di Piazza Massari, a pochi metri dal portone di ingresso della prefettura, i fascisti lo accerchiano e lo pugnalano. Un altro ragazzo della Fgci, Francesco Intran, di 16 anni, tenta di aiutarlo, ma viene ferito gravemente. Benedetto muore prima di arrivare in ospedale. Il giorno dopo in piazza Prefettura si riuniscono migliaia di persone, tra rabbia e dolore. Nonostante gli inviti del Pci alla calma, molti manifestanti,

Il delitto Petrone sconvolse Bari e la Gazzetta del Mezzogiorno dedic ampio spazio, allepoca, alla vicenda. Nonostante uno sciopero nazionale per la libert di stampa, i sindacati ottennero una dispensa per la Gazzetta, in modo da consentire unedizione speciale di quattro pagine sui funerali di Benedetto. E il giornale simpegn a devolvere il ricavato delle vendite alla famiglia Petrone. Ma oggi siamo in pieno revisionismo storico e anche a la Gazzetta hanno deciso di pentirsi. Il sito Internet del quotidiano, infatti, riporta una ricostruzione degli avvenimenti, a firma Nicola Mascellaro, dove si legge che gli articoli della stessa Gazzetta sul caso Petrone erano cos grondanti di quella tipica retorica di sinistra, da far impallidire la miglior edizione straordinaria... de lUnit. E si arriva quasi a giustificare i missini che sfasciarono una decina di autovetture di dipendenti de la Gazzetta, accusata di essere organo del regime al servizio del Pci. Laccusa -scrive Mascellaro- dopotutto, non totalmente infondata. Da qualche tempo il giornale, sia pure con molta misura, non lesinava lodi al Pci di Berlinguer.

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violente. Solo i funerali di Petrone sospendono momentaneamente i disordini. Benny, come veniva chiamato amichevolmente Benedetto, diventa un simbolo. Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un tipico ragazzo proletario dellepoca. Gli studi sospesi per aiutare la famiglia povera, Benny lavorava come operaio precario, in anni in cui il precariato si affacciava per la prima volta potentemente nella societ italiana. Aveva trovato nella politica e nel Pci il luogo dove impegnarsi ed era sempre presente nei cortei della sinistra barese, ben riconoscibile, con la voce forte per gridare slogan e landatura claudicante per i postumi di una poliomielite. La sua foto che circol sui giornali, sfocata, in atteggiamento un po guevariano, rimane indimenticata. Fin dalle prime indagini laccoltellatore di Benedetto Petrone viene individuato in Giuseppe Piccolo: ha 23 anni, originario di Avellino, noto tra i fascisti di Bari, ufficialmente residente a Roma, iscritto al Fronte della giovent. Viene trovata larma del delitto in una sezione missina e contro Piccolo emesso un ordine di cattura per omicidio, tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di coltello di genere proibito. Finiscono agli arresti anche altri aderenti al Fronte della giovent, ma Giuseppe Piccolo fa perdere le sue tracce, riparando allestero appena gli investigatori giungono a lui. Dopo nemmeno un anno la sua fuga si concluder in Germania, arrestato sotto falso nome per rapina. La strategia difensiva sar quella di dichiararlo infermo di mente. Verr condannato nel 1981, ma morir in carcere tre anni dopo, suicida. Apparentemente giustizia stata fatta, lassassino di Benny stato scoperto e condannato. In realt il delitto Petrone uno dei tanti gialli senza colpevole della storia italiana. E finito in carcere solo il killer. Ma i mandanti non sono mai stati processati. Eppure gli indizi per scoprire i responsabili cerano tutti. La responsabilit principaA sinistra: la targa che ricorda Benny Petrone

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GIUSEPPE PICCOLO

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IL DOCUMENTARIO Il regista Francesco Lopez e il centro di produzione cinetelevisiva Oz film stanno lavorando da tempo a un documentario su Benedetto Petrone. Nonostante le difficolt economiche, il documentario Memoria di una generazione dovrebbe essere pronto probabilmente per la primavera del 2008. Unanticipazione visibile al sito www.bennyvive.it

Lassassino fu protetto per anni


IL 17 NOVEMBRE 1978 la polizia criminale della Germania Federale segnala alle autorit del nostro paese larresto di un italiano, Vito Vaccaro, accusato di aver ucciso una donna nel corso di una rapina. Presto per emerge la verit: sotto il falso nome di Vito Vaccaro si nasconde il latitante Giuseppe Piccolo, lassassino di Benedetto Petrone. Ma evidentemente Piccolo gode di forti protezioni ed estradarlo in Italia non sar facile. Il 3 maggio 1979, infatti, le autorit di Berlino sospendono la pratica di estradizione: la motivazione che lomicida sarebbe incapace di intendere e di volere e non pu essere trasferito in Italia. Finalmente il primo ottobre 1979 Piccolo venne estradato dalla Germania e rinchiuso nel manicomio giudiziario di Barcellona Pozzo, in provincia di Messina. Ci vorranno per quasi due anni prima che si concluda il processo per il delitto Petrone, dove sono imputati anche altri 7 neofascisti. Il 23 marzo 1981 il pubblico ministero chiede per Piccolo 26 anni di reclusione: gli faranno lo sconto, e la sentenza emessa tre giorni dopo lo condanner a 22 anni. Ma non arriver a concludere la pena: il 21 agosto 1984, Giuseppe Piccolo si uccide nel carcere di Spoleto. IVO SCANNER

llomicidio
non solo autonomi, si dirigono verso le sedi organizzative dei fascisti baresi: assaltano la sede della Cisnal, la Federazione provinciale di via Piccinni, la sezione Msi Passaquindici, i bar dove si ritrovano i fascisti e i negozi gestiti da squadristi. Per due giorni la tensione resta altissima in citt, la polizia effettua cariche indiscriminate e

killer

le ovviamente ricade sul Msi, dove ai massimi vertici locali sedeva allora Pinuccio Tatarella, poi beatificato come grande esponente della destra addirittura moderata. Ma nel 1977 non trovava disdicevole dirigere un partito dalle cui sedi muovevano squadre armate per ferire e uccidere gli avversari. Nello stesso edificio e nelle stesse stanze dove Tatarella faceva riunioni con i suoi camerati si aggregavano i neonazisti, si custodivano mazze e coltelli, si partiva per dare lezioni ai comunisti e ai democratici in generale. Il comune aveva pi volte chiesto la chiusura della sezione del Msi-Dn Passaquindici (dedicata ad Andrea Passaquindici, un caduto della Folgore), per le continue provocazioni e gli atti di teppismo, ma invano. In quelle sedi del partito da cui nascer An i ragazzi vengono istruiti non tanto al fascismo, quanto allesperienza nazista e al mito della Rsi di Sal. Il loro simbolo la croce celtica, il loro covo lo chiamano con una sigla, AP15 (cio Andrea Passaquindici), e le loro squadracce si autodefiniscono SS (Squadra di Sorveglianza). E il posto giusto per reclutare killer contro la sinistra. Le sedi missine erano certamente anche un approdo per psicopatici, ma non si pu liquidare il delitto Petrone come opera di un malato di mente: Piccolo non era un ragazzino esaltato qualsiasi o un semplice pazzo, perch ottenne protezione per anni, fino a quando divenne inutile, chiuso in cella, e lo si lasci al

La storia rimaneggiata oggi serve a riabilitare la destra

suo destino di suicida. Il delitto del 28 novembre 1977 un delitto preparato e in qualche misura annunciato. Le aggressioni a militanti di sinistra si erano moltiplicate, nelle settimane precedenti. E si scoprir che lo stesso Piccolo aveva frettolosamente cambiato casa, poco prima del crimine. Ma se i responsabili diretti del delitto sono missini, i mandanti sono anche altri. Perch uccidere Benedetto Petrone, un ragazzo comunista di 18 anni che si sforzava di non parlare in dialetto e suonava la chitarra, un ragazzo apparentemente innocuo? Perch era un punto di riferimento per tanti ragazzi che combattevano contro poteri illegali ben precisi della citt di Bari. Benny si era distino nelle lotte per difendere Bari vecchia, in un periodo di speculazione edilizia: si doveva sfollare ulteriormente la zona dai suoi abitanti, per trasferirli forzosamente verso le zone industriali, e trasformare cos Bari vecchia in un business cambiandole anche il nome in borgo antico. E accanto ai poteri delledilizia e della rendita fondiaria urbana, lattivit dei giovani comunisti dava fastidio anche alla criminalit organizzata, in particolare quella dedita al racket delle bische. Qualcuno decise di alimentare un gruppuscolo di picchiatori e lo indirizz. E questa la verit che non mai emersa, n al processo n negli anni di detenzione di Giuseppe Piccolo. Chi chiese la morte di Benny non ha mai pagato.

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IL CASO MUSA SADR


IVO SCANNER n passaporto con due visti per la Francia e lItalia. E tutto quello che rimane, a distanza di quasi trentanni, di uno dei massimi leader politico-religiosi degli sciiti libanesi, limam Musa Sadr. La sua scomparsa avvenne il 31 agosto 1978 e da allora non si saputo pi nulla della sua sorte. Un giallo, un mistero, che si colloca tra una miriade di intrighi internazionali e dove lItalia ha giocato indubbiamente un ruolo. Perch le ultime tracce di Sadr sono su un volo Alitalia per Roma. Musa Sadr era il leader degli sciiti del Libano e con il suo movimento Amal aveva una posizione decisiva nella complicata vicenda medioorientale. Le sue tesi per la laicizzazione del Libano erano accompagnate da un pragmatismo che metteva al primo posto gli interessi della comunit sciita. Per questo si opponeva alla guerra civile in Libano e voleva allontanare dal suo paese le presenze straniere, comprese quelle palestinesi. A questo scopo effettuava continui viaggi nei diversi paesi arabi, per incontri ai massimi livelli. Tra Sadr e Mohammar Gheddafi non correvano buoni rapporti, per il protagonismo del colonnello libico nelle vicende medioorientali, ma da tempo voleva incontrarlo, secondo alcuni per convincerlo a limitare le sue ingerenze in Libano, secondo altri solo per ottenere finanziamenti. Il presidente algerino Hawari Boumedienne, che desiderava una riappacificazione tra Sadr e Gheddafi, si fece carico di organizzare un incontro tra i due in Libia. E cos che il 24 agosto 1978 il governo libico invita ufficialmente in Libia limam Musa Sadr e due suoi collaboratori, il giovane sceicco Mohamad Yacoub e il giornalista di Beirut Abbas Badr Al Din. Il giorno dopo sono in Libia, ma devono attendere per ottenere un appuntamento con Gheddafi. Nel frattempo Sadr incontra dei funzionari governativi e rilascia interviste. Il 30 agosto parlando con un giornalista del Kuwait ribadisce le sue posizioni: i fratelli arabi si devono unire contro le minacce di Israele. Il 31 agosto alle 13 e 30 Musa e i suoi due accompagnatori escono dallhotel per recarsi finalmente in visita a Gheddafi, come confidano ad alcuni giornalisti:

A sinistra: unimmagine dellimam Musa Sadr. A centro pagina: manifesto del gruppo Amal con limmagine di Musa Sadr. La scritta in arabo significa imam della nazione e della resistenza. A sinistra: la bandiera del Libano. Nella pagina accanto: il logo del gruppo Amal e, in basso, il cortile interno di una moschea

IPOTESI RAPIMENTO Nonostante Musa Sadr venga considerato dagli sciiti alla stregua di un martire, come se fosse morto, sulla sua sorte ci sono opinioni divergenti. Il figlio dellimam, Sadr al-Din Sadr, un fermo sostenitore della tesi di un rapimento a opera di Gheddafi. A suo parere, tra laltro, suo padre sarebbe ancora in Libia, vivo ma prigioniero. Sadr al-Din Sadr ha affermato che alcuni prigionieri politici libici, liberati dopo anni di detenzione, avrebbero visto una lettera di Musa Sadr, dove veniva spiegato che si trovava in condizioni di prigionia. LIran ha definito il rapimento Sadr una questione nazionale, e lex presidente iraniano Mohammad Khatami stato uno dei pi ostinati nel chiedere la verit sulla vicenda.

l imam perduto

La Libia e

Si opponeva alla guerra civile in Libano e non voleva presenze straniere

lultima volta in cui vengono visti. Salgono su unautomobile di stato e da quel momento spariscono nel nulla. Per 5 giorni di Musa e dei suoi due compagni di viaggio non si hanno pi notizie. Musa non telefona n ai familiari, n ai collaboratori. E nessuno sembra cercarli. Sadr doveva presenziare, il primo settembre, alle celebrazioni per il nono anniversario della presa del potere da parte di Gheddafi. Ma non si presenta. Solo il 6 settembre da Beirut vengono chieste notizie di Sadr alle autorit libiche. Non ottenendo risposta, il governo libanese il 10 settembre avanza una richiesta ufficiale di spiegazioni alla Libia. Si apprende cos che Sadr e i suoi due compagni sarebbero partiti per Roma il 31 agosto, a bordo del volo Alitalia 881. A quel punto si moltiplicano le voci incontrollate sul destino dellimam. Si dice che sia stato rapito ad Amsterdam, che si tro-

SullAlitalia le sue ultime tracce


CHI Nato in Iran il quattro giugno 1928, Musa Sadr (o Moussa al Sadr) figlio di un imam e si laureato nel 1956 alluniversita di Teheran. Dopo aver studiato con alcuni prestigiosi ayatollah in Iraq, si trasferisce nel sud del Libano nel 1956 e diventa immediatamente uno dei leader pi carismatici della comunit sciita. Unendo politica e religione, riesce a conquistare molti consensi con tesi populiste che mirano al riscatto degli sciiti libanesi, allepoca marginalizzati e poverissimi. Il nemico di tutti noi, musulmani, cristiani e tanti altri, affermava, sono la povert e lignoranza; la nostra vittoria la convivenza pacifica, vivere insieme nelle rispettive diversit. Sadr era sostenitore del dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani, decisivo nella intricata situazione politica del Libano. Si opponeva alle incursioni israeliane, ma non simpatizzava per i palestinesi: riteneva che in Libano si giocasse una guerra degli altri. Il 20 gennaio 1975 fonda il movimento Amal (in arabo speranza, ma acronimo di Distaccamenti della resistenza libanese). Dopo la sua misteriosa scomparsa diventato unicona sia per Amal che per Hezbollah che ogni anno ne celebrano il ricordo con grandi manifestazioni.

vi in Iran per partecipare allinsurrezione islamica, oppure in Siria, in Irak, a Malta. Addirittura una delle voci lo vuole sul lago di Como, nelle mani di agenti libici. Secondo cablogrammi delle ambasciate americane di Parigi, Teheran e Beirut, limam dopo la data della scomparsa era stato a colloquio con layatollah Khomeini in Iraq oppure con il presidente Assad in Siria, e le fonti diplomatiche davano quelle notizie come provenienti dalla moglie stessa di Sadr. Sempre le ambasciate americane daranno una versione drammatica della scomparsa dellimam: durante una lite con funzionari libici sarebbe stato ucciso accidentalmente. In Libano, intanto, la sparizione di Sadr aveva gettato nella disperazione i suoi seguaci. No-

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Pazienza lanciava anche un altro sasso: il rapimento dellimam sarebbe avvenuto in Italia, per fare un piacere a Gheddafi. Sulla vicenda dellimam libanese esistono diversi appunti del Sismi, da cui emerge che i servizi italiani giocarono su vari tavoli. Fu proprio il Sismi a fornire al regime libico le informazioni necessarie per c hiedere il nostro paese e la Libia cerano enormi interessi economici, in particolare le importazioni di greggio. Per tre volte la magistratura italiana si occupata della scomparsa di Sadr, archiviando sempre linchiesta. La verit giudiziaria delle prime due inchieste era che limam e i suoi compagni non arrivarono mai in Italia dalla Libia, e che non cerano loro tracce nemmeno in altri paesi. Chi viaggi al suo posto sul volo Alitalia? Perch il suo passaporto stato ritrovato proprio in Italia? La terza indagine, riaperta nellottobre del 2004, aveva lo scopo di accertare se limam e i suoi compagni fossero davvero arrivati a Roma dalla Libia e siano quindi scomparsi in territorio italiano. Il capo del pool antiterrorismo Franco Ionta arriv a una conclusione che ribaltava le tesi delle due precedenti indagini: limam arriv effettivamente in Italia. Ma anche quellinchiesta venne chiusa. Il mistero di Musa Sadr non mai stato risolto.

nostante non si sapesse il suo destino, venne subito considerato un martire, e il responsabile della sua scomparsa era indicato senza mezzi termini in Gheddafi. La vicenda port infatti alla rottura diplomatica tra Iran e Libia e mise anche in crisi i rapporti tra Gheddafi e lOlp. Per i libici la sparizione era avvenuta in Italia, dove limam si era recato clandestinamente, proprio quando doveva incontrare Gheddafi. E secondo i libici la sparizione dellimam sarebbe legata alla situazione iraniana, dove lo Sci stava per essere deposto dalla rivoluzione khomeinista. Viceversa gli sciiti libanesi e iraniani hanno sempre accusato la Libia di aver orchestrato il rapimento, per togliere di mezzo un protagonista scomodo, accusato tra laltro dai libici di essere al soldo della Cia. Ma perch Gheddafi avrebbe dovuto rischiare lisolamento e trasformarsi in nemico giurato degli sciiti facendo scomparire limam Sadr in un modo cos plateale? Certo che lItalia veniva coinvolta in un episodio oscuro. Dopo la sparizione di Sadr, lAmbasciatore italiano a Tripoli incontr esponenti del governo libico che fecero una richiesta esplicita: una Commissione sulla scomparsa dellimam, composta di esperti dei due Paesi. Chi si occup inizialmente del caso Sadr in Italia? Ovviamente i servizi segreti, che in quegli anni erano sotto il controllo della P2 e si trovavano immischiati in trame di ogni tipo. Basti ricordare che il faccendiere Francesco Pazienza frequentava assiduamente la direzione del Sismi, con ruoli mai chiariti. Proprio Pazienza, negli interrogatori cui venne sottoposto nel 1994, parl dei rapporti tra i servizi italiani e la Libia. E insinu la sua verit, come sempre torbida e destabilizzante: il disastro di Ustica e la strage di Bologna sarebbero stati due segnali al governo italiano in relazione proprio alla scomparsa dellimam Sadr. E per

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In Italia se ne occuparono i servizi segreti, allora controllati dalla P2


lapertura di un processo. Ma nello stesso tempo la conclusione dei servizi fu che limam si trovava prigioniero in Libia. La vicenda in Italia non poteva essere ignorata, perch tra

Quando nel 1979 vennero arrestati alcuni pescatori italiani in acque territoriali libiche, il nostro governo decise di utilizzare un ufficiale che aveva gi svolto missioni riservate in Libia, il generale Roberto Jucci. Allepoca del sequestro Moro Jucci era generale di brigata del Sios, il servizio di controspionaggio dellEsercito, e aveva collaborato con Francesco Cossiga, allora ministro dellInterno, per la costituzione di uno speciale gruppo di teste di cuoio. Nel 1979 Cossiga, presidente del Consiglio, incaric personalmente Jucci di condurre le trattative con la Libia. Il generale contatt il rappresentante a Roma dei servizi libici e prima di partire per la Libia si consult con il Direttore del Sismi, il generale Giuseppe Santovito il cui nome sar trovato negli elenchi della P2. Ufficialmente Jucci doveva svolgere le trattative per la liberazione dei pescatori italiani, in realt aveva il compito di chiarire la situazione venutasi a creare in seguito alla scomparsa di Musa Sadr. Conclusi con successo i negoziati per la liberazione dei pescatori, il generale Jucci consegn a Cossiga una relazione che conteneva un allegato sulla scomparsa dellimam: di questutimo documento si persa stranamente ogni traccia.

AMAL Nata nel 1975 durante lacuirsi della crisi libanese, Amal la milizia armata musulmana del Movimento dei diseredati creato nel 1974 dallimam sciita Musa al-Sadr. La sua base sociale rappresentata soprattutto dai rifugiati interni sciiti del sud del Libano. Gode dellappoggio dei governi dellIran e della Siria. Al contrario di altre organizzazioni armate, professa esclusivamente lautodifesa

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giallo del mese


Il corpo del manager stato rinvenuto dopo una settimana dalla morte. I vestiti erano intatti, il viso e le mani divorate dagli animali

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una bottiglia di whisky in cima a una collina, a nord di Roma, nei dintorni di Sacrofano. E in piedi, quasi vuota, perfettamente chiusa, appoggiata sul terreno tra lerba che costeggia campi di grano. Marca Laphroaig, celebre whisky scozzese di malto. E una bottiglia di whisky importante, misteriosa, decisiva. Perch accanto a quella bottiglia c un cadavere. Ha il viso, il collo e una mano divorati da morsi di animali. Sulla tempia destra una grossa ferita per un colpo di pistola sparato a contatto, come scriveranno i periti. Il corpo disteso sulla schiena, le gambe incrociate. E non il cadavere di un barbone, morto magari di freddo dopo unubriacatura. E il cadavere di un uomo che occupa da giorni le pagine dei quotidiani. E un manager molto noto, un uomo che stato alto dirigente statale per poi prestare le sue consulenze a grandi enti e banche. Ed sparito dal 18 febbraio 1993, dopo essere entrato allimprovviso nelle indagini sulle tangenti Enimont. Ufficialmente nulla di gravissimo, un colloquio con i giudici e la notizia che un magistrato vuole ascoltarlo su alcuni documenti delle Partecipazioni statali spariti e trovati a casa sua. Ma qualcosa lo preoccupava al punto da decidere di non dormire nella propria abitazione, il giorno prima della scomparsa, chiedendo ospitalit a un amico, lingegnere socialista Vittorio Cavallari. La mattina dopo si era recato nello studio del senatore Giulio Andreotti: forse sperava in un appoggio, conoscendo linfluenza ben nota di Andreotti sulla procura di Roma. Ma quellappoggio non laveva ottenuto. E probabilmente era convinto di non poter pi sfuggire n ai magistrati n ad altre persone preoccupate dei tanti segreti di cui era venuto a conoscenza in ventanni di attivit. Il suo comportamento nei giorni precedenti alla scomparsa, per, non faceva prevedere che volesse farla finita. Certo, le lettere che lascer sembrano scritte da

un uomo terrorizzato, ma tra le ultime persone che lo hanno visto vivo pochi lo descrivono come una persona sullorlo del suicidio. Anzi, qualcuno lo trova perfettamente normale. Il custode della sua villa, ad esempio, si dice certo che fosse tranquillo, per niente preoccupato. E un altro testimone, illustre, lo conferma. Giulio Andreotti, che ha visto il manager proprio il giorno della sua scomparsa, non nota nessuna agitazione nelluomo che ha di fronte. Eppure poche ore dop o quelluomo sarebbe morto, per un colpo di pistola nella tempia. Il manager non d pi sue notizie dal pomeriggio del 18 febbraio, tuttavia la sparizione, stranamente, viene resa pubblica solo cinque giorni dopo. E subito i familiari affacciano lipotesi del suicidio. S, temiamo un gesto disperato. Mio padre stava male, aveva paura, si portato dietro la sua pistola. Credo che non abbia retto..., dice il figlio ai giornali. Una delle piste che si seguono prima del ritrovamento del corpo, in realt, quella della fuga. Per sottrarsi ai magistrati, e forse anche ad altri rischi, il manager poteva aver scelto di scappare allestero. Sul suo cadavere, infatti, oltre alla patente, ai documenti e alle carte di credito verr trovato anche il passaporto. Perch portarlo con s nel momento del suicidio? Dopo aver evitato di presentarsi davanti ai magistrati, il manager era andato in una trattoria, scrivendo per ore sul suo block notes una decina di lettere che invier a diversi destinatari: la exmoglie, i figli, due giornalisti di LEspresso e Panorama, e altri conoscenti. Lettere piene di amarezze e di accuse alla magistratura. In una delle lettere, poi, accenna a un colloquio avuto con una persona mai identificata che lo avrebbe turbato. Chi era quella persona e cosa gli aveva detto di tanto terribile? Certo che dopo molte telefonate, dopo lincontro con Andreotti e con quello sconosciuto interlocutore, il manager ha cambiato il suo comportamento: ha liquidato bruscamente i suoi avvo-

S E R La bottiglia d
cati e non si presentato agli appuntamenti importanti della giornata. Poi il manager scompare nel nulla. Lultimo testimone lo vede a bordo della sua Audi 80, mentre scrive un ennesimo biglietto che lascia sul cruscotto insieme ad altre tre lettere. Sembra quasi, dir qualcuno, che il manager abbia fatto di tutto per essere notato, perch molte persone potessero raccontare di averlo visto mentre scriveva i messaggi daddio di un suicida. Prima di allontanarsi sulla collina, a poche centinaia di metri dalla sua villa, dove verr trovato cadavere, il manager ha preso una bottiglia di whisky, ultimo tassello per avvalorare il gesto disperato di un uomo distrutto. Ma proprio quella bottiglia di whisky, rimasta miracolosamente in piedi per una settimana, solo uno dei tanti elementi che portano a sollevare dubbi sul suicidio del manager. Quella bottiglia, e quel manager, sarebbero rimasti sulla collina dal 18 al 25 febbraio, quando il corpo viene scoperto da due carabinieri a cavallo. Ma nessuno, durante le ricerche, li ha visti. Gli elicotteri che hanno sorvolato la zona non se ne sono accorti, anche se il corpo in uno spazio aperto, visibilissimo. E le pattuglie che battono i campi circostanti non lo trovano. Anche lauto della vittima viene scoperta solo quattro giorni dopo la
LA MADRE DI TUTTE LE TANGENTI La fine misteriosa di Sergio Castellari appartiene alla lunga scia di sangue che ha caratterizzato la vicenda Enimont, quella che Antonio Di Pietro defin la madre di tutte le tangenti. Per dodici anni Castellari era stato direttore generale delle Partecipazioni statali, poi si era dimesso, in polemica con il governo che non gli dava garanzie sul suo futuro professionale. Da allora era diventato consulente dellEni e della Deutsche Bank. Ma il 12 febbraio 1993 il suo nome era entrato nelle indagini sulle tangenti Enimont. Quando scompare, il 18 febbraio 1993, Castellari ha 63 anni. Una settimana dopo viene trovato cadavere, apparentemente per suicidio. Nelle lettere che lascia alla famiglia, a conoscenti e giornalisti, Castellari accusava la magistratura di averlo ricattato chiedendogli di confessare per evitare il carcere. Quello di Sergio Castellari non lunico suicidio eccellente nella vicenda Enimont. Lo seguiranno nella stessa fine Gabriele Cagliari, il 20 luglio 1993, e tre giorni dopo Raul Gardini. Ma altri risvolti, ancora pi inquietanti, sono emersi nel corso delle indagini. Le tangenti per le quali i magistrati tenevano sottocchio Castellari potevano non essere solo relative a Enimont, ma anche ad altri scandali internazionali. Castellari, inoltre, poteva dare fastidio a chi conosceva il suo ruolo in una vicenda che riguarda il traffico di uranio. Negli anni in cui lItalia aveva deciso lembargo di prodotti nucleari verso Iran e Iraq, allepoca in guerra tra loro, qualcuno aveva invece progettato di aggirare l embargo e fornire agli iraniani quattro potenti generatori a vapore. E tra le carte di Castellari vennero trovati proprio dei documenti relativi a un contratto per lacquisto di materiale nucleare da parte di un grande gruppo industriale italiano.

Lex direttore delle Partecipazioni stata

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Un suicidio? Niente impronte sulla pistola, infilata nella cintura e con il cane alzato, n sul mozzicone di sigaro trovato accanto alle sue gambe

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LE QUATTRO IPOTESI Ipotesi 1: Castellari si suicidato. Il funzionario si sarebbe ucciso per non andare in carcere, incapace di reggere alla vergogna. E la tesi sostenuta dalla famiglia e quella apparentemente pi fondata. Ma le troppe contraddizioni e misteri attorno alla vicenda hanno fatto sollevare molti dubbi su questa versione. Persino i medici legali hanno detto di non poter escludere il delitto. Ipotesi 2: Castellari stato spinto al suicidio. Qualcuno (interessato alla vicenda Enimont o ai traffici di uranio) ha terrorizzato il manager, al punto di convincerlo a compiere un gesto estremo. E forse le stesse persone lo hanno assistito quando si sparato. Ipotesi 3: Castellari stato suicidato. Qualcuno lo ha ucciso simulando un suicidio, per impedirgli di parlare nei colloqui imminenti con i magistrati. E forse Castellari ha incontrato i suoi assassini convinto che lo potessero aiutare in una fuga allestero. Ipotesi 4: La simulazione. E lipotesi pi fantasiosa, paradossale. Il corpo trovato non quello di Castellari e le mutilazioni al volto sono state inferte ad arte per permettere allex dirigente delle Partecipazioni statali di fuggire e cambiare identit.

G I O a del mistero
scomparsa del manager. Si trovava in una stradina perfettamente visibile proprio dalla sua villa: nessuno, per, laveva notata. Proprio come era accaduto a unaltra auto legata a un mistero italiano, lauto di Davide Cervia, lesperto di radar militari sparito nel nulla tre anni prima. Quella bottiglia di whisky importante, misteriosa, decisiva, perch rappresenta uno dei grandi enigmi attorno alla morte del manager che le sta accanto. Il corpo del manager doveva trovarsi l, sulla collinetta, da una settimana. Ma in quei giorni nella zona il vento soffiava forte, la pioggia era stata torrenziale. Eppure quella bottiglia rimasta in piedi, diritta, immobile. Nemmeno gli animali che hanno devastato il corpo del manager lhanno fatta cadere. Del resto, la bottiglia non lunica cosa strana su quella collina. Come la bottiglia rimasta intatta, cos gli abiti che indossa il cadavere (il giaccone verde, la giacca di tweed, le calze in tinta, la camicia bianca, gli stessi vestiti con cui stato visto dagli ultimi testimoni), non sembrano aver sofferto della lunga esposizione alle intemperie. E poi la pistola, una grossa Smith and Wesson 38: ha il cane caricato ed incredibilmente inserita nella cintura della vittima. Come ha fatto un suicida a ricaricarla dopo lo sparo mortale e a riporla nella cin-

statali era indagato per il caso Enimont

ta? Anche lipotesi che nella caduta il cane si sia alzato e la pistola si sia infilata nella cintura sembra incredibile. Ma non impossibile, rendendo cos ancora pi complicato accertare la verit. Quella bottiglia di whisky ha unaltra, ennesima, stranezza. Non ci sono impronte digitali, non c traccia di saliva come se chi ha bevuto lo avesse fatto con un bicchiere, cos come non ci sono impronte sulla pistola. E tutto troppo pulito e ordinato, sulla collina vicino a Sacrofano. Gli animali che hanno sfigurato il viso della vittima non hanno toccato i vestiti n altre parti del corpo. E persino le suole delle scarpe non sono infangate. Ma non c solo la botti-

glia di whisky vicino al corpo del man a g e r . Sullerba, tra le gambe del cadavere, viene trovato il mozzicone di un sigaro olandese, laltra met in una tasca. E anche quel sigaro contiene dei misteri. Quando verr analizzato, mesi dopo, si scoprir che non ci sono tracce del Dna del manager. Anzi, i giornali riporteranno con clamore che probabilmente la saliva rimasta sul tabacco appartiene a una donna. Ci sono tante cose, dunque, sul luogo di quello strano suicidio. E quella bottiglia di whisky, pulita, senza impronte, straordinariamente in piedi, non davvero lunico mistero sulla collina vicino a Sacrofano.

Appuntamenti

Sono pubblicate in questo spazio le iniziative segnalate dalla Direzione nazionale del Pdci

Il ritrovamento di Castellari. Da sinistra, in senso orario: Andreotti, Di Pietro, Gardini e Cagliari

LAZIO Roma 16 gennaio, Teatro Quirino, via delle Vergini 7 - Forum sullo Spettacolo; ore 10 introduce Vincenzo Cal, direzione Pdci Roma, presiede Paola Pellegrini, responsabile Cultura Pdci, interventi dapertura: Marco Giorgietti, direttore generale Eti, Fabio Nobile, Segretario Pdci Roma, ore 11 intervengono: Albanese, Buccellato, Brancati, Buontempo, Comencini, Consani, Cortellesi, Crozza, DAlfonso, Ghini, Haber, Laurito, Lizzani, Mafai, Ovadia, Pellegatta, Placido, Piccioni, Sbordoni, Scaparro, Scola, Storti, Testa, Tranfaglia; ore 13.30 pausa; ore 14.30 ripresa lavori, presiede Alfio Cortonesi, responsabile Cultura Pdci Roma, intervengono: Amidei Migliano, Feriaud, Gobbi, Mancini, Mastropietro, Peliti, Petronio; ore 17 conclude Oliviero Diliberto, interverr il Ministro dei Beni Culturali Francesco Rutelli ABRUZZO LAquila 9 gennaio ore 17,30 Palazzetto dei Nobili - Dibattito sulla situazione del Medio Oriente, intervengono Maurizio Musolino, giornalista de la Rinascita, Fulvio Grimaldi, regista, Stefano Chiarini, giornalista del Manifesto

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1978: IL CASO FAUSTO E IAIO


IVO SCANNER re ragazzi sono in piedi sul marciapiede e si trovano a 5-6 metri da me. Contemporaneamente un altro giovane leggermente piegato e si comprime lo stomaco con entrambe le mani. Odo tre colpi attutiti che l per l sembrano petardi tanto che penso che quel gruppo di quattro persone sta scherzando. Non vedo alcuna fiammata di arma da fuoco. I tre giovani sul marciapiede scappano velocemente mentre quello che piegato su se stesso cade in terra. Solo allora comprendo che successa una cosa pazzesca e mi avvicino al giovane caduto. Scorgo la fisionomia di un ragazzo steso per terra in una pozza di sangue. Posso senzaltro affermare che quello che cade per primo Lorenzo Iannucci mentre quello gi steso a terra Fausto Tinelli. Nessuno dei due ragazzi pronuncia alcuna parola, neppure uninvocazione di aiuto. Altrettanto fanno gli assassini che fuggono nel silenzio, avviandosi verso via Leoncavallo. Queste parole sono state pronunciate agli investigatori da Marisa Biffi, una semplice passante destinata a diventare testimone oculare di uno dei delitti pi inquietanti degli anni Settanta, lassassinio di Fausto Tinelli e Lorenzo (Iaio) Iannucci. La scena descritta dalla testimone avvenne la sera di sabato 18 marzo 1978, in una strada della periferia industriale di Milano: via Mancinelli, quartiere Casoretto. Fausto e Iaio sono due ragazzi di 18 e 19 anni, uno studente, laltro un giovane lavoratore, entrambi frequentano il centro sociale Leoncavallo, punto di riferimento della sinistra extraparlamentare, come veniva definita allora. Quella sera sono tranquilli, si incontrano alle 19 e 30 in unosteria vicino al centro sociale e poi si incamminano per andare a cena a casa di Fausto. Hanno deciso di assistere a un concerto dopo aver mangiato, che si terr pi tardi al Leoncavallo. Ma non arriveranno mai n a cena n ascolteranno mai quel concerto. Mentre camminano verso via Monte Nevoso, dove abita Fausto, improvvisamente cambiano strada e si dirigono in una via secondaria, poco illuminata. L un killer in impermeabile bianco li uccide entrambi. Anche se i testimoni lo descrivono meno che ventenne, non un killer sprovveduto: per uccidere avvolge larma, una 7,65 con silenziatore, in un sacchetto

di plastica per non lasciare i bossoli sullasfalto. Spara otto colpi e centra i corpi di Fausto e Iaio. Insieme al killer ci sono altri due giovani, a volto scoperto, mentre due complici sono appostati poco distante. Spariscono tutti nel nulla, non si sa nemmeno come, se a bordo di auto, di moto o semplicemente a piedi. Quellesecuzione spietata sconvolge la citt e lItalia, in un momento che gi altamente drammatico. Il giorno del delitto, infatti, non un giorno qualsiasi. Aldo Moro stato rapito dalle Br due giorni prima, e proprio in quello stesso 18 marzo, quando avviene lassassinio di Fausto e Iaio, arrivano

Una spietata esecuzione


Due ragazzi del Leoncavallo
ai giornali la foto di Moro prigioniero e il primo comunicato brigatista. La disperazione dei familiari, degli amici e dei compagni di Fausto e Iaio non riesce a darsi una spiegazione di un delitto cos spietato. Gli investigatori in quei primi giorni lanciano solo pesanti insinuazioni senza alcun riscontro: Fausto e Iaio potrebbero essere stati uccisi da una

Linchiesta porta alla destra eversiva, ma nessuno pagher per quelle morti

faida dellestrema sinistra o per faccende di droga. Poi, cinque giorni dopo il delitto, una telefonata anonima allAnsa annuncia che in una cabina telefonica del quartiere Prati a Roma c un volantino: Comunicato numero

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AFFARI SPORCHI

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IL GUP A disporre larchiviazione dellinchiesta sullomicidio di Fausto e Iaio, con decreto del 6 dicembre 2000, fu Clementina Forleo (nella foto) - allepoca Giudice delle udienze preliminari del Tribunale di Milano - salita recentemente alla ribalta anche per una dura polemica con Armando Spataro, il primo magistrato che si occup del caso Fausto e Iaio

La vicenda di Mauro Brutto


ALLASSASSINIO DI FAUSTO e Iaio legata unaltra morte misteriosa, quella di Mauro Brutto, giornalista dellUnit di Milano. E lui a seguire la vicenda di Fausto e Iaio per il suo quotidiano. E scava nei retroscena, mette in discussione le indagini, incontra i familiari dei due ragazzi uccisi. La sua convinzione che si siano sovrapposti interessi della destra neofascista di Milano e Roma con quelli dei trafficanti di droga e persino di apparati dello Stato. Del resto, Brutto esperto di affari sporchi: si occupato di mafia, sequestri di persona e riciclaggio di denaro, tanto che ha ricevuto diverse minacce di morte. Pochi mesi dopo lomicidio di Fausto e Iaio, in novembre, sfugge a un agguato: gli sparano tre colpi di pistola, proprio a pochi passi da via Mancinelli. Ma la sua vita non durer a lungo. Sa di essere in pericolo e cerca di consegnare, senza riuscirci, i documenti sulle sue inchieste a un colonnello dei carabinieri. Chiede anche il porto darmi, compra una pistola e, a meno di trentanni, stipula unassicurazione sulla vita. Il 25 novembre 1978, mentre esce da un bar vicino alla redazione dellUnit, viene investito da una Simca 1100 bianca. Lauto scompare nel nulla, Brutto muore, il suo borsello che conteneva documenti evidentemente preziosi viene ritrovato vuoto. Due inchieste si occuperanno della morte di Brutto, ma entrambe archivieranno lepisodio come omicidio colposo, un semplice incidente compiuto da un pirata della strada. I. S.

In alto: un murales dedicato alla memoria dei due ragazzi. Nella pagina accanto, in alto a sinistra: Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci. In basso: Aldo Moro

uno. Sabato 18 marzo una nostra brigata armata di Milano ha giustiziato i servi del sistema Tinelli Fausto e Iannucci Lorenzo, con questo gesto vogliamo vendicare la morte di tutti i camerati assassinati dagli strumenti della reazione e delle sovversione. Esercito nazionale rivoluzionario - brigata combattente Franco Anselmi. Sembra una grottesca imitazione dei c o mu n i c a t i brigatisti e la sigla che firma il volantino compare per la prima volta. Ma appare subito una rivendicazione attendibile. Franco Anselmi era un giovane neofascista, morto pochi giorni prima durante una rapina in unarmeria di Roma. Camerata dei fratelli Fioravanti e di Francesca Mambro, si era gi distinto in diverse azioni violente e diventer un simbolo per i terroristi di destra: la brigata Franco Anselmi firmer diverse

I due stavano lavorando a un dossier sullo spaccio di droga a Milano

rivendicazioni di omicidi, rapine e attentati, fino al 1982. Si affaccia cos unipotesi precisa: una vendetta dellestrema destra per i diversi morti neofascisti caduti nelle piazze e nelle strade italiane in quel periodo. Ma Fausto e Iaio sarebbero stati uccisi a caso, solo perch frequentatori del Leoncavallo? In realt il volantino li accusa di essere servi del sistema e questa allusione rimanda allattivit politica dei due ragazzi: da tempo stavano lavorando con il Leoncavallo a un dossier sullo spaccio di stupefacenti a Milano, indicano i nomi di circa 200 spacciatori e rivelando le collusioni tra spaccio e personaggi dellestrema destra. Eliminarli, allora, poteva essere un messaggio di vendetta che univa gli interessi dei protagonisti dello spaccio e dei fascisti. Ma scavando pi a fondo si pu arrivare a un altro movente. Il delitto farebbe parte della strategia della tensione e prospetterebbe un omicidio politico molto complesso, con risvolti apparentemente insospettabili. Se si tratt di una vendetta di spacciatori, perch avvenne proprio il 18 marzo? Chi ha vissuto quellanno di grande tensione, il 1978, ricorda bene che nei primi giorni del rapimento Moro le citt erano sotto stretto controllo

Dellassassinio di Fausto e Iaio si occup anche la Commissione parlamentare dinchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, nella seduta del primo marzo 2000. Durante laudizione del giudice Spataro, il senatore Alfredo Mantica di Alleanza nazionale insinu che la morte di Fausto e Iaio fosse legata al covo Br di via Monte Nevoso 8 dove venne trovato il memoriale Moro. Fausto Tinelli, infatti, abitava al numero 9 di quella via, nel palazzo di fronte al covo. Tanto bastava al senatore di An per sostenere che luccisione di Fausto e Iaio era un avvertimento alle Brigate rosse da parte di qualcuno che voleva dimostrare di sapere tutto di loro e del covo di via Monte Nevoso.A parere di Mantica, il comunicato delle Br dove si rendeva onore a Fausto e Iaio vittime di sicari di Stato dimostrerebbe la sua tesi: Fausto e Iaio frequentavano un circolo sociale, il Leoncavallo; certamente non fanno parte delle Br, ma dellacqua in cui i pesci si muovono. I. S.

di polizia, cerano posti di blocco ovunque, agenti armati che pattugliavano le strade. Chi poteva essere cos avventato da scegliere proprio un giorno cos a rischio per commettere unesecuzione a Milano? Se lo ha fatto perch sapeva di godere di coperture, di essere imprendibile. Evidentemente uccidere due militanti di sinistra in un momento tanto terribile per lItalia aveva limmediato effetto di accrescere il caos e la tensione. E qualcuno era interessato proprio a questo. Molti indizi e le dichiarazioni di alcuni pentiti portarono a indagare sulla destra romana, dove il crimine politico si intrecciava con i banditi della Magliana e i servizi segreti. Tre

fascisti della capitale, Massimo Carminati, Claudio Bracci e Mario Corsi saranno tutti prosciolti, fino alla definitiva archiviazione del caso, nel 2000, con queste motivazioni: Pur in presenza dei significativi elementi indiziari a carico della destra eversiva e in particolare degli attuali indagati, appare evidente allo stato la non superabilit in giudizio del limite appunto indiziario di questi elementi, e ci soprattutto per la natura de relato delle pur rilevanti dichiarazioni. In altre parole, linchiesta porta indiscutibilmente ad accusare i fascisti, ma non trova le prove per condannarli. Nessuno ha pagato per la morte di Fausto e Iaio.

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IL GIALLO DEL MESE

IVO SCANNER l 27 aprile 1970 un agente speciale dellFbi, Richard W. Held, scrive al direttore della sua organizzazione, il temuto J. Edgar Hoover: Si richiede il permesso dellUfficio di rendere pubblica la notizia che Jean Seberg, notissima attrice cinematografica, incinta di (omissis) del Black Panthers Party (Bpp) (omissis) dandone notizia a giornalisti di gossip di Hollywood e nella zona di Los Angeles. Si ritiene che la possibile pubblicazione della vicenda della Seberg possa metterla in difficolt e servire a La misteindebolire la riosa morte sua immagine dellattrice pubblica. di Fino allultimo Ai pi giorespiro di vani, a meno Godard. che non siaChe aveva no cinefili, il un difetto: nome di Jean sosteneva Seberg dice poco, ma negli i movimenti per i dianni Sessanta ritti civili e nella prima met dei Settanta il suo volto era uno dei pi celebri del cinema internazionale. Ma aveva un difetto: era fin da ragazza una sostenitrice dei movimenti per i diritti civili e contro il razzismo. Tanto bastava allFbi di Hoover per considerarla una pericolosa comunista, una minaccia allo stile di vita americano. Dallesigenza di distruggere la rossa Seberg nasce lidea

la fine di unicona

Jean Seberg
DISSIDENTI Il Counter Intelligence Programme (Cointelpro) era un progetto dellFbi di J. Edgar Hoover, attivo tra il 1956 e il 1971, che usava la tecnica della diffamazione contro i dissidenti, i comunisti, il movimento per i diritti dei neri. Tra le provocazioni del Cointelpro, una falsa lettera su carta intestata dellFbi in cui si affermava che un leader delle Black Panther, Raymond Hewit, era un informatore, affinch i suoi compagni lo ritenessero un traditore
In alto, e a sinistra: Jean Seberg. In basso: Alberto Bevilacqua

Spiata dallFbi perch rossa


di diffondere una notizia falsa sfruttando lamicizia dellattrice con Hakim Jamal e Raymond Hewit, seguaci di Malcolm X ed esponenti delle Pantere nere. Il 6 maggio 70 ecco la risposta di Hoover al suo agente speciale: Per proteggere la fonte sensibile dellinformazione da un possibile coinvolgimento e per assicurare il successo del tuo piano, lUfficio ritiene che sarebbe meglio attendere approssimativamente altri due mesi fino a che la gravidanza della Seberg sia evidente a tutti. Ma lagente non aspetta il tempo suggerito dai suoi superiori e loperazione di disinformazione ha subito successo: il Los Angeles Times il 19 maggio nella rubrica di Joyce Haber pubblica il pettegolezzo creato ad arte dallFbi. La Haber non cita mai il nome di Jean Seberg, rendendo ancora pi sordido il trabocchetto. La chiama Miss A, la definisce bellissima e bionda, giunta a Hollywood qualche anno prima, recente interprete di un musical di successo, sposata a un fascinoso europeo, amica intima di rivoluzionari di colore. Per il lettore dellepoca non cerano dubbi sullidentit della misteriosa attrice. E il pezzo si concludeva con lo scoop esplosivo: Miss A aspetta un figlio da un dirigente delle Pantere nere. La notizia rapidamente ripresa da Newsweek e amplificata dalla stampa di destra: negli Usa di quegli anni, una

donna bianca che partorisce un figlio negro fa scandalo. Il 3 giugno 1970 lagente speciale Held invia al suo direttore copia dellarticolo apparso sul Los Angeles Times: la missione compiuta. Intanto, Jean Seberg traumatizzata. E al settimo mese di gravidanza e forse sono i sonniferi per poter dormire in quei giorni di scandalo che contribuiscono ad anticipare le doglie: d alla luce una bambina prematura che muore due giorni dopo, l8 settembre 1970. E la bambina bianca. Per smentire definitivamente la provocazione orchestrata dallFbi, Jean indice una conferenza stampa mostrando ai giornalisti il corpo della neonata e anche al funerale pretende una bara scoperchiata, perch tutti vedano che la bimba non di colore. Appoggiata dal marito di allora, Romain Gary, lattrice fa anche causa a tre giornali, vince e ottiene pubbliche scuse. Ma secondo Gary la perdita del figlio influ molto sulla psiche di Jean, inducendola a intenti suicidi. La diffamazione aveva lasciato il segno e Jean Seberg trova tutte le porte chiuse a Hollywood. Deve cos tornare in Europa, dove appare in numerosi film italiani, francesi, inglesi e spagnoli. Ma sulla sua carriera ormai pesava quello scandalo, mentre in America le Pantere nere venivano distrutte metodicamente e i suoi amici morivano spesso misteriosamente. Lo stesso Hakim Jamal viene ucciso nel 1973. Il telefono di Jean era intercettato, le stanze dalbergo che la ospitavano erano ispezionate in sua assenza, veniva sempre pedinata. LFbi intimidiva persino i fan che le chiedevano autografi, interrogandoli e perquisendoli. Per Jean Seberg era inevitabile la

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BELLA E ANTICONFORMISTA Jean Seberg era odiata dai reazionari americani perch incarnava la donna non conformista, detestavano la sua immagine di spirito libero per certi versi molto trasgressiva. Aveva i capelli biondi tagliati corti, alla maschietta, a incorniciare un volto innocente per sottolineare unandroginia e unambiguit sessuale dirompente per gli anni Sessanta. Il suo viso ingenuo e pulito faceva contrasto con i personaggi a volte torbidi che interpretava. Figlia di un farmacista dellIowa, nata il 13 novembre 1938, ancora adolescente Jean incontra il regista Otto Preminger che la fa esordire in Saint Joan (1956) e la dirige ancora accanto a Deborah Kerr e David Niven in Bonjour Tristesse (1957), tratto da un romanzo di Franoise Sagan e girato in Francia. Il film diede inizio al mito dellattrice presso il pubblico francese, un successo che esplose nel 1959 con Fino allultimo respiro di Jean-Luc Godard. Da allora la sua carriera si consolid e Jean Seberg apparve in decine di film a fianco di grandi star internazionali, diventando unicona degli anni Sessanta. Ma non rinunciava allimpegno politico, culminato nel fatidico 1968. La Cia era preoccupata delle sue attivit e ne inser il nome nel Security Index, iniziando a pedinarla. In nessuno dei documenti riservati che sono stati resi pubblici si d conto di attivit illegali dellattrice, ma lFbi non smise mai di intercettare le conversazioni private dellattrice con gli esponenti del Black Panther Party. Proprio pochi giorni prima della morte di Jean, lFbi aveva reso pubblici i documenti che rivelavano loperazione di discredito inscenata contro lattrice (ma che erano gi in possesso dei legali della Seberg da tre anni). Lattrice rimase scomoda anche dopo la morte: sembra che The United States Information Agency (Usia), lagenzia governativa che curava limmagine americana allestero, abbia ostacolato in tutto il mondo la riprogrammazione dei suoi film. I. S.

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Il ricatto allattrice incinta


l grande nemico di Jean Seberg era J. Edgar Hoover, direttore dellFbi per 40 anni. Esperto in ricatti, anche contro i presidenti degli Stati Uniti, Hoover considerava lattrice un pericolo per la sicurezza nazionale, a causa dei suoi legami con le Pantere nere. In un documento scriveva: Jean Seberg ha fornito appoggio finanziario al Bpp (Black Panther Party) e dovrebbe essere neutralizzata. Per rovinarle la carriera, Hoover utilizz quindi il famigerato Counter Intelligence Programme (Cointelpro), che permetteva allFbi di inscenare provocazioni contro i dissidenti. Diversi documenti riservati dellFbi, resi pubblici in base al Freedom Of Information Act, rivelano che Hoover ordinava di utilizzare lettere anonime per accusare esponenti delle Pantere nere di omosessualit o di aver rubato fondi del partito. Nel maggio 1970, lFbi di Los Angeles autorizza un suo agente a inviare una lettera sotto falso nome a una rubrica di gossip del Los Angeles Times, per diffondere la notizia che Jean aspetti un figlio da un esponente del Black Panther Party. Lagente speciale che architett loperazione contro Jean Seberg era Richard W. Held. Questo il testo del suo memorandum a Hoover: Si propone linvio a giornalisti delle seguente falsa lettera: Stavo proprio pensando a te e mi sono ricordato che ti devo un favore. Dunque ero a Parigi la settimana scorsa e mi sono imbattuto in Jean Seberg, che era incinta. Pensai che lei e Romaine fossero tornati insieme, ma mi ha confidato che il bambino di (omissis) delle Black Panthers, un (omissis). Pensavo che ne potresti fare uno scoop prima degli altri. Stai bene e a presto. Baci, Sol. Le precauzioni consuete devono essere prese dalla Divisione di Los Angeles per evitare lidentificazione dellUfficio come fonte della lettera se sar data lapprovazione. In seguito Held divenne Sac (Special Agent in Charge) a San Francisco, ed stato accusato anche di un attentato ai danni di unattivista di Earth First. Held si ritir poi dallFbi e divenne capo della sicurezza per la Visa International. IVO SCANNER

A destra: JeanPaul Belmondo con lattrice e la locandina di Fino allultimo respiro. In basso: Edgar Hoover. Sotto: una manifestazione delle Pantere nere

depressione. Dal 1975 non lavora pi. Poi, nellagosto 1979, quando Jean non ha ancora compiuto 41 anni, improvvisamente si perdono le sue tracce. La sera di sabato 8 settembre 1979 un poliziotto fuori servizio nota una Renault coperta di foglie e polvere, a rue du General Appertin, in un quartiere residenziale vi-

cino agli Champs-lyses. Apre lo sportello e trova un corpo raggomitolato sul sedile posteriore. E una donna bionda, Jean Seberg. Ha la pelle macchiata da bruciature di sigaretta. Vicino al cadavere in avanzato stato di decomposizione ci sono molti flaconi vuoti di medicine e una bottiglia di acqua minerale. I medici diranno che la morte risaliva a molti giorni prima, probabilmente subito dopo la scomparsa nel nulla dellattrice. Ufficialmente si trattava di suicidio per overdose di barbiturici. Lautopsia rivel che nel sangue dellattrice il livello di alcol era dell8 per cento per litro. Ma gi

il 6 per cento di alcol provoca il coma. Nessuna bottiglia di alcolici venne trovata sullauto o nei dintorni: se la donna era gi cos intossicata come aveva fatto a guidare e a parcheggiare la sua auto? Molti, da allora, sono convinti che Jean Seberg sia stata suicidata. Su tutta la vicenda sceso il silenzio, troppo scomodo ricordare un episodio tanto oscuro e drammatico. Ma pochi giorni fa, a quasi trentanni dalla tragedia, ci sono state delle rivelazioni, in Italia, che potrebbero riaprire il caso. Sul Magazine del Corriere della sera, il 27 marzo scorso, il regista e scrittore Alberto Bevilacqua ha parlato della morte annunciata di Jean Seberg. Lattrice nel 1971 aveva recitato in un film di Bevilacqua, Questa specie damore, a fianco di Ugo Tognazzi e Fernando Rey, e il regista avrebbe raccolto delle sue confidenze clamorose: Stanno per uccidermi, mi ripeteva Jean. Mi parlava di quanti complottavano contro di lei, per la sua appartenenza a gruppi eversivi, fra questi Le tigri nere. Io lascoltavo e non le credevo. Pensavo a una sua mania di persecuzione. Non

ritenevo verosimili le mostruosit che prospettava. Mi ripeteva: Mi troveranno morta magari sotto un ponte, magari imbottita di droga, io che non ho mai preso nessuna droga. Unatroce fine che avvenne come me laveva descritta, sotto un ponte di Parigi. Il nostro Bevilacqua confonde tigri con pantere e non rinuncia a usare il linguaggio Oggi, dopo della Cia descrivendole quasi 30 come gruppi anni, le rivelazioni di eversivi, cos Bevilacqua come sbaglia sulle paure quando scrive dellattrice: che lattrice Stanno per stata trovata morta sotto uccidermi, un ponte. Ma diceva. Mi troveranno le memorie di Bevilacqua imbottita sono molto di droga importanti, perch rivelano per la prima volta che Jean Seberg temeva di essere uccisa. E descriveva con cura proprio il metodo che sarebbe stato scelto: non un colpo di pistola, non un finto incidente, ma la somministrazione di s o s t a n z e micidiali.

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IL GIALLO DEL MESE


RILEVAMENTI Spiaggia di Capocotta, sul litorale romano, 1953. Durante i rilievi di carabinieri e polizia, alcuni giornalisti partecipano attivamente alle indagini, sono Italo Fasan (lultimo a destra nella foto), assieme al collega Lucchi, cronisti, tra i fondatori di Paese Sera, storica testata nata nel 1949. Il caso Montesi fu uno dei casi dellepoca in cui la scena del crimine era aperta al contributo anche della stampa

IL LINGUAGGIO Il caso Montesi provoc anche dei cambiamenti importanti nel linguaggio politico italiano. Innanzitutto cre il termine capocottari, evocando la zona di Capocotta dove sarebbero avvenuti i festini a base di sesso e droga al centro del processo. Se la propaganda politica dei comunisti aveva gi coniato il termine forchettoni per etichettare il clientelismo e laffarismo democristiano, ora cera un epiteto nuovo e ancora pi tagliente. Gian Carlo Pajetta, dirigente e deputato del Pci, lanciava dagli scranni di Montecitorio quel grido che suonava come unaccusa a unintera classe dirigente:Capocottari!. E proprio con il caso Montesi viene coniato il concetto di questione morale, grazie a un editoriale in prima pagina su lUnit del 17 febbraio 1954 firmato da Pietro Ingrao, allora direttore del quotidiano: Collegate allaffare Montesi, in una successione drammatica, sono venute le rivelazioni, o almeno le denunce, circa un torbido settore di affari equivoci, di traffici di droga, di corruzione, che sconfinava nel mondo politico ufficiale. E il caso giudiziario si mutato in una seria questione morale. I. S.

Un omicidio che sconvolse gli scenari politici


IVO SCANNER ocaina. Politica corrotta. Amicizie scomode tra ministri e imputati. Spionaggi oscuri e depistaggi di poliziotti e carabinieri. Moralisti che in realt nascondono segreti inconfessabili. Magistrati che diventano star. Ragazze disposte a tutto. Questione morale. Sono passati 55 anni, ma il caso Montesi contiene ingredienti che potrebbero essere di oggi. Anticipati con pi di mezzo secolo di anticipo. Un delitto senza colpevoli, come tanti degli anni a venire, che ebbe come vittima una ragazza romana di 21 anni. Tutto comincia l11 aprile 1953, quando il cadavere di Wilma Montesi viene trovato sulla spiaggia di Torvajanica, a pochi chilometri da Roma. I genitori la cercavano da due giorni. La ragazza semisvestita, priva in particolare del reggicalze che allora tutte le donne portavano e che Wilma indossava il giorno della

Montesi: caso irrisolto di un delitto moderno


scomparsa, come confermano i familiari. Lautopsia rivela che la ragazza morta per annegamento, nientaltro. I genitori pensano subito al suicidio, ma nel giro di pochi giorni si ricredono: forse qualcuno ha I giornalisti non si acucciso Wilma. contentaEppure la querono delle stura di Roma frettolose ha unaltra idea, che fa- spiegazioni r scalpore. degli inquirenti e coLa ragazza sarebbe mor- minciarono a indagare ta in seguito rivelando a un malore, ben presto provocato da una sindrome i retroscena premestruale, mentre faceva un pediluvio nelle acque del mare per guarire unirritazione cutanea al calcagno. La tesi del pediluvio, a suo modo grottesca, era un tentativo maldestro per chiudere immediatamente le indagini. Ma tanta fretta e una spiegazione cos assurda non convincono i giornalisti, che si trasformano da subito in investigatori. Ed ecco che circolano le prime voci: un personaggio noto sarebbe implicato nella morte di Wilma Montesi. Chi sia, allinizio un mistero. Poi cominciano le soffiate. E il figlio di un ministro. Un giornale satirico di destra pubblica una vignetta allusiva: un piccione che ha nel becco un reggicalze. Una vignetta apparentemente incomprensibile, se non fosse che nel 1953 c un alto dirigente democristiano che si chiama Attilio Piccioni e che ha un figlio, Piero, molto noto nel mondo dei salotti romani. Ed ecco che la politica entra nel giallo. Il quotidiano ufficiale del Pci, lUnit, e il fiancheggiatore Paese sera cominciano a chiedere chiarezza. Ed un altro periodico vicino ai comunisti, Vie Nuove, che per primo ha il

coraggio di fare esplicitamente il nome di Piccioni. Ma lestablishment giornalistico e politico ha la consegna del silenzio, perch incombono le elezioni. A due settimane da quellarticolo su Vie Nuove, infatti, si tengono le importanti elezioni politiche che vedono sconfitta la legge truffa maggioritaria voluta da Alcide De Gasperi. Dopo la disfatta si apre, cos, una lotta nella Dc per la supremazia nel partito, e Attilio Piccioni uno dei favoriti. A quel punto, il caso Montesi diventa occasione per la battaglia interna alla Democrazia cristiana, da parte di chi vede la possibilit di bloccare la scalata di Piccioni ai vertici del partito. Incominciano a muoversi soggetti oscuri, dentro le istituzioni e le forze dellordine, non pi per insabbiare i risvolti inquietanti del delitto Montesi, ma per amplificarli. A dare il la ci pensa un giovane giornalista in cerca di successo, Silvano Muto. Ha appena

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A sinistra: Wilma Montesi, che, al ritrovamento del corpo, fu chiamata dai giornali la ragazza della battigia; a destra: il marchese Ugo Montagna. In basso da sinistra: Anna Maria Moneta Caglio e unimmagine del corpo della vittima; sotto: il musicista Piero Piccioni

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varato una nuova rivista e sul primo numero colloca una bomba: nella vicenda Montesi, sostiene, centrano la droga, i festini a sfondo sessuale e i nobili, o ricchi e i faccendieri che frequentano una tenuta di caccia a Capocotta, proprio nei dintorni di Tor Vajanica. La tesi semplice: Wilma si sentita male durante un festino a base di cocaina e sesso, chi era presente, preso dal panico, lha portata sulla spiaggia e lha lasciata sul bagnasciuga. Basta una scintilla per far scoppiare la bomba. Ed ecco il nome di chi orchestrerebbe le serate allegre di Capocotta. E un marchese, gi spia fascista e pregiudicato, si chiama Ugo Montagna. E a incastrarlo c una ragazza, Anna Maria Moneta Caglio, che stata sua amante e che probabilmente vuole vendicarsi di essere stata lasciata. Ma racconta con dovizia di particolari un sottobosco corrotto, intrecciato con la politica. A convincerla a parlare sono alcuni gesuiti ai quali si rivolge. I gesuiti non perdono tempo e avvisano due potenti dc dellepoca, Amintore Fanfani e Giulio Andreotti. Fanfani, che vuole bloccare lascesa del suo rivale Piccioni, punta sullarma dei carabinieri, mentre la polizia di stato rema contro, grazie alle amicizie autorevoli del marchese Montagna, allispirazione di altre correnti del partito democristiano e allappoggio del potente ministro degli Interni, Mario Scelba. Ormai larchiviazione del caso Montesi impossibile, perch la Caglio, soprannominata il cigno nero dai giornali per il suo collo sinuoso, in tribunale fa nomi e cognomi. E il processo per diffamazione contro Silvano Muto inaugura invece lunghi anni di indagini. A Muto e Caglio si aggiunge, nel dipingere a fosche tinte lambiente frequentato da Piccioni, anche unaltra ragazza, pi intellettuale del cigno nero, ma di certo pi confusa, Adriana Bisaccia. E lei la fonte che ha dato le notizie esplosive a Muto. Tra tante fantasie e invenzioni, per, ormai sembra certo che ci sia qualcosa di vero. Lambiente torbido che viene descritto trover riscontri anche nel processo, per quanto senza che mai si giunga alle prove di una responsabilit nella morte di Wilma Montesi. Per quasi quattro anni si susseguono le polemiche e le manovre. Mentre polizia e carabinieri stilano appunti riservati che seminano veleni a uso delluna o dellaltra fazione in gioco, in Parlamento il

LETTERATURA Del caso Montesi si occuparono alcune firme eccellenti. Il clamore intorno a quella vicenda varc i confini italiani e scrissero sul processo il saggista Hans Magnus Enzensberger, la poetessa Ingeborg Bachmann e il romanziere Gabriel Garcia Marquez.Anche linventore del commissario Maigret, Georges Simenon, disse la sua su Epoca. E tra gli italiani, firmarono reportage sulla vicenda, tra gli altri, giornalisti di fama come Enzo Biagi Ugo Zatterin

Le ragazze perdute che costellano il caso Montesi sembrano prefigurare le veline di oggi, pronte al compromesso per la scalata sociale

caso Montesi diventa oggetto di scontro tra maggioranza e opposizione, con socialisti e comunisti in prima linea per impedire che tutto finisca sotto silenzio. Quando a Piero Piccioni viene ritirato il passaporto, il padre si dimette da ministro. E Fanfani ha campo libero nel partito. Del resto, molti osservatori hanno sostenuto che fu proprio Fanfani a trarre vantaggio da tutta la vicenda e al suo ruolo accenn persino Aldo Moro nel suo memoriale dalla prigione delle Brigate rosse. Ma anche il Pci paga un prezzo allintensificarsi dei duelli sul delitto Montesi. Lavvocato di Silvano Muto Giuseppe Sotgiu, vicino ai comunisti e presidente della Provincia di Roma. Per neutralizzarlo, si orchestra un altro scandalo che oggi si definireb-

be a luci rosse: viene fotografato mentre con la moglie esce da una casa dappuntamenti. Lo si accusa di avere coinvolto in giochi erotici un minorenne e anche se verr scagionato (il ragazzo aveva gi raggiunto la maggiore et) la sua immagine politica distrutta. Con tutti questi colpi di scena e tutti questi intrighi, lattenzione che i giornali dedicano al caso Montesi non ha precedenti. La televisione ancora ai primi passi ed blindata dalla stretta osservanza governativa, quindi tutta linformazione sul delitto passa attraverso la carta stampata. A ogni seduta del processo la gente si affolla davanti al tribunale e il giudice istruttore Raffaello Sepe diventa popolarissimo. Per la prima volta lopinione pubblica italiana del dopoguerra si trova clamorosamente di fronte un sistema di potere dove la legge non uguale per tutti, dove chi ha le conoscenze giuste viene ricevuto dal capo della polizia e aiutato a stornare da s ogni sospetto. Non importa che sia davvero innocente, di certo gode di privilegi che i giornali di allora (ormai in gara per le rivelazioni pi eclatanti) non esitano a evidenziare. Come avviene ancora nei nostri anni, pur di trovare un colpevole facile si trascurano altre piste e si finisce per non accertare la verit. Cos, nellostinazione della pista Montagna-Piccioni, vennero sottovalutati altri filone delle indagini. Si liquid frettolosamente la posizione di Maurizio dAssia, un rampollo di casa Savoia frequentatore di Capocotta e visto da alcuni testimoni nella zona del delitto. E sembr troppo torbida una pista che portasse a Giuseppe Montesi, lo zio di Wilma, legato da una passione

segreta per la ragazza e privo di un alibi convincente per il giorno del delitto. Cos, tutti gli imputati saranno assolti, al processo che si tiene a Venezia nel 1957. A subire una condanna (per calunnia) sono solo Bisaccia, Caglio e Muto, i grandi accusatori. Chi ha ucciso Wilma Montesi resta senza nome. Proprio come in tante vicende dei nostri giorni, politica e cronaca nera si intrecciano gi allora con il mondo dello spettacolo. Non solo Piero Piccioni era unartista, un musicista che dopo lo scandalo arriver a grande notoriet, ma la sua fidanzata dellepoca era addirittura Alida Valli, lattrice italiana che trionfava a Hollywood. Proprio Alida Valli forn a Piccioni un alibi per il giorno del delitto. E le ragazze perdute che costellano tutto il caso Montesi sembrano prefigurare le veline di oggi, pronte a qualsiasi compromesso pur di ottenere una scalata sociale. E con il miraggio finale dellingresso in politica, proprio come adesso: Anna Maria Moneta Caglio, in unintervista a Epoca del 27 gennaio 1957, affermava di avere un grande desiderio, quello della carriera politica. A distanza di 55 anni, dunque, le anticipazioni contenute nel caso Montesi sono molte. Due cose, per, sono cambiate radicalmente. In Italia non c pi una sinistra parlamentare in grado di impedire gli insabbiamenti. E non c pi quel senso etico della politica che, per uno scandalo che travolse il figlio, indusse alle dimissioni il ministro democristiano Attilio Piccioni. Oggi, viceversa, gli scandali sembrano paradossalmente portare fortuna.

cco come,nel 1957,Georges Simenon raccont al settimanale Epoca in che modo avrebbe descritto la fine di Wilma Montesi in un romanzo: Nel romanzo farei della ragazza il tipo moderno di buona famiglia, disposta a passare un pomeriggio divertente in compagnia di un giovane bello, elegante, ricco, artista, ma pensando sempre al sicuro e tranquillo matrimonio con un fidanzato serio. Wilma gioca a interpretare uno spogliarello: si toglie la giacca, prima, poi la gonna, le calze, il reggicalze, il busto. Vuol rimanere pi libera. Il giovane, immaginiamolo musicista, siede al pianoforte e improvvisa un ritmo. Wilma balla, chiede una sigaretta. Il suo amico gliene offre una alla marihuana, gliela accende. Spera, forse, che la droga allenti i freni inibitori della ragazza, che la faccia cedere. Il cuore di Wilma, invece, non resiste. Il giovane terrorizzato, non sa che cosa fare. Tenta, con ogni mezzo, di svegliare la ragazza: spera ancora che si sia addormentata. Poi, di colpo, si rende conto di quello che gli capitato. Afferra il telefono, chiede aiuto a un amico. Che cosa vuoi fare?, gli rispondono allaltro capo del filo, buttala in mare e non pensarci pi. Nessuno lha vista venire da te? Nessuno sa che la conosci? E allora di cosa hai paura? Il giovane tenta di rivestire la ragazza, ma non ci riesce. La polizia e i medici sanno che non c nulla di cos difficile quanto rivestire un cadavere. Allora la prende cos com, la mette sul sedile posteriore della sua auto e corre verso la spiaggia. Cerca una barca per trasportare il corpo al largo, ma non la trova. Per timore che qualcuno possa vederlo, abbandona il corpo di Wilma sulla battigia e torna subito a casa. I. S.

Racconta Simenon

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