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22 Ottobre 2015

Il caso Gloria Guida


Fenomenologia di una biondina che stazionava tra la terra e il cielo

Le scene con Gloria Guida che più turbano, nella Liceale, quelle pregne del maggiore pathos erotico, non sono
certo i giochetti da bambini e per bambini con i compagni di liceo – il freak Vitali che la ritrae nuda, ad esempio
– o i titillamenti sotterranei, le toccatine sottobanco, i collant che lei si aggiusta tra l’usco e il brusco. E
nemmeno gli amplessi tra le braccia dell’imbambolato Giuseppe Pambieri, il latin lover sotto i cui lombi la Gloria
nazionale viene defraudata di quella verginità della quale non le importa, peraltro, un co. Non sono neppure le
rischiose carezze sa che, gli insinuanti massaggini “capezzolari” che le pratica Ilona Staller, mentre lei le
restituisce il favore succhiandole il seno – lì sarebbe bello capire cosa è rimasto tagliato fuori dal montaggio,
poiché circolano foto più hard rispetto alla vulgata; d’altronde Gloria i pruriti omosex sullo schermo se li è
sempre tolti senza battere ciglio, con naturalezza e libertà assolute. Come semplici peccatucci di gioventù. La
vera turbativa, il groppo alla gola – e non solo – prende lo spettatore quando la macchina da presa di Michele
Massimo Tarantini s la, carezzevole e lenta, lungo i meridiani del corpo addormentato della Gloria, su
quell’epidermide che si intuisce calda del sonno. Respiro e cuore che accelerano, ansimare, patapum patapum
patapum. Zack zack. Capolinea. A capo.

Il mito adolescenziale della Guida in quei lm settanteschi – parlo degli scolastici e di quello che prima ancora
era stato il ricco lignaggio della commedia borghese, della Gloria dentro e fuori dalle famiglie disfunzionali, della
Gloria “ragazzina”, minorenne, in blue jeans – è allo zenith. E tutto sommato non conoscerà mai un nadir,
nemmeno oggi che la Guida, fattasi Guidi, ultracinquantenne, provoca resurrezioni subitanee che neppure il
Cialis. Però però… la sua è sempre stata una bellezza che si venerava intangibile, che solo tollerava di essere
guatata da lontano, ché il solo pensare di avvicinarla, di accostarsi a quella pelle di pesca, a quelle guance di
pesca, a quel solco di pesca induceva una brillazione che era altro rispetto alla pura eccitazione, al desiderio,
all’appetito sensuale nudo e crudo. La ragazzina, in quei lm, fu un avatar, incarnò un’idea platonica
dell’adolescenza; che era carne, sì, ma al tempo stesso evocava
cava una sostanza aerea, eterea, sublime, tendente a
volar via, a scappare, a sottrarsi, come il mercurio fuggitivo degli alchimisti. Manlio Gomarasca che fu il primo a
intuire come la Gloria fosse un bene puramente contemplativo ma intangibile, nel nr. 1 di Nocturno prima serie
scriveva: «Corre, ride e risplende seducente in controluce, ma non si abbandona mai completamente all’occhio
impudico della macchina da presa. […] Particolarmente intenso il momento in cui [Gloria] scopre la propria
femminilità di fronte allo specchio in bagno, mentre delicatamente si accarezza il seno ancora immaturo».
Dietro il quale periodo si intuisce che l’estensore aveva, anche lui, la tachicardia e il ato corto…

Stiamo cercando senza troppe remore o pudori di insinuare che questa gura della Gloria – quasi
arcimboldesca, poiché le sue parti carnee risultano così immediatamente evocative dei frutti più sodi e gon di
dolci e roridi umori: le pesche, le fragole, i sugosi poponi – era sì un potentissimo Ente Onanizzante, ma, al
contempo, l’altro emisfero della sua natura risiedeva nel mondo uranio, era quasi astrazione. Appunto, Idea. Ciò
rende ragione del fatto che la Gloria nei lm scolastici risulti aureolata da una corona di altezzosità, spesso
appaia scostante, nanche antipatica, per non dire stronza. Esule, plotinianamente parlando, nella carne, nella
materia, forma femminile archetipa che diventa corpo, si porta evidentemente dietro e reca dentro i vestigi di
un’antica, primigenia natura superna (banale esclamazione, guardandola: «Che angelo!») e abbassa gli occhi al
mondo con disprezzo. Un po’ ha ragione, considerata la fauna di minorati sici e mentali che le sbavano
addosso nella ginecommedia. In La liceale nella classe dei ripetenti, dove la barcaccia la rema un vogatore più
volgarmente energico di Tarantini, Mariano Laurenti, la Gloria “che non transit, non passa” – a differenza di
quella mondana – subisce l’onta delle attenzioni del teratomor co Alvaro Vitali diventato professore di musica,
di Jimmy il fenomeno come tremolante bidello, del panciuto e satiresco Lino Ban che insegna – per ossimoro
ideologico – ginnastica, e di Gianfranco D’Angelo, missino e fanatico di “Vecchio scarpone”.

Viene, non incidentalmente, da meditare su quale paese dei mostri fosse quello in cui le studentesse entravano
varcando i battenti delle aule di scuola cinematogra che. E anche sul paradosso per cui il pubblico maschile
teneva le parti di questi minus habentes, sgorbi, deformi, laidi e scoreggioni – ma il mostro mostra sempre
qualcosa, quindi qui c’è substrato fertile per sociologi e antropologi. Se su un piatto della bilancia grava l’osceno,
l’irrapresentabile rappresentato, dall’altro, in compensazione avversa, pesa il femminile in forme che verrebbe
voglia di de nire, con un neologismo, porcellanesche: a parte Gloria, in questo caso, i visetti delicati delle sue
compagne di corso, Brigitte Petronio e Luigina Rocchi, una simil-orientale scoperta da Lattuada, già reclutata da
Pasolini nel Fiore…, che un giorno cambierà il suo nome proprio nel più nobile Claudia e che, nella fattispecie,
senza troppi giri di parole, pratica un ricco pompino a un auto. Il trittico della Liceale, si completa con un
segmento in cui l’eroina seduce i professori, rmato da Laurenti e in cui Gloria canta e alla ne è incintata da un
austero professore. Chiosa il Gomarasca: «Qui ritornano le tematiche miste (dramma adolescenziale e
commedia scolastica) che avevano fatto la fortuna del primo La liceale». Esiste, a dir vero, anche un quarto
capitolo che però è spurio, La liceale, il diavolo e l’acquasanta, rmato dal genio superiore di Nando Cicero; il
quale “realizza” che nella sostanza terrena di Gloria cova il germe angelico e fa quindi intervenire un travoltesco
cherubino onde preservarla dall’accoppiamento con l’ennesimo mostro (Tiberio Murgia).

La potente simbolicità del femminile adolescenziale di Gloria si adattava a tutto, allora. Quel leggero
imbambolamento, stupefazione o afasia apparenti, che traluceva dal suo sguardo, era l’espressiva
inespressività di qualcosa in grado di adattarsi a ogni contenitore lmico. La ragazzina poteva nire nei meandri
della controcultura, come accadde nei primissimi lm di Silvio Amadio, il suo mentore, che girando La
minorenne la traghettava da contesti sadomasochisti di un collegio di suore lesbiche nel mondo allucinato e
poetico di uno scultore beat. Droga, comuni, sesso libero: Gloria ci è passata dalla a alla zeta della sua carriera
– e qui sarebbe persino pletorico citare Avere vent’anni di Fernando di Leo, che Gloria non se l’era scelta ma se
l’era trovata nel lm e ne aveva magni camente fatto di necessità virtù, poiché nella strana coppia con Lilli
Carati, giovane ma già vecchia, era Gloria ad emergere per sovrabbondanza estetica e di senso. Senso come
sensualità e come signi cato. Lei poteva essere e fu, con eguale credibilità, monaca o puttana o assassina. E la
sua posteriore, perfetta, pitagorica, sfericità, l’armonia del suo divino culo, divenne titolo e pietra angolare di un
lm. Non girò però mai un erotico puro, qualcosa che non scendesse a compromessi con la commedia,
borghese, di costume o pecoreccia. Ci andò però vicinissima, quando fece un provino con Alberto Cavallone
Cava per
un ruolo in Zelda – che poi però toccò a Franca Gonella.

   Davide Pulici

DAVIDE PULICI
Autore

Nato nel 1964. Fondatore nel 1994 di Nocturno e


attuale vice-caporedattore della rivista.

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