Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
IL DIAVOLO CUSTODE
Traduzione di Donatella Brindisi, Tiziana Lo Porto,
Marcella Uberti Bona
Titolo originale:
Le second souffle
Prefazione
Libro I
Il secondo fiato
Memorie liberate
Devo partire dal presente, con la sua tristezza, tornare nostalgico al passato,
lamentarmi di un futuro senza speranza? Non posso n apprezzare ci che
stato, n proiettarmi verso ci che sar. Tutto qui e ora.
La linea di frattura delle mie ossa e del mio respiro potrebbe essere il giorno
dell'incidente. Il 23 giugno 1993 precipito nella paralisi. Il 3 maggio 1996,
giorno di san Filippo, muore Batrice.
Non ho pi passato, non ho futuro, sono un presente di dolore. Batrice
non ha pi n passato n futuro, dolore sempre presente. Per un futuro c':
quello dei nostri figli, Laetitia e Robert-Jean.
Prima dell'incidente ero un uomo immerso nel mondo, pieno di voglia di
fare e di lasciare la propria impronta. Dal giorno dell'incidente sono ostaggio
dei pensieri. Del pensiero della morte di Batrice, del pensiero del dolore.
Da queste macerie sono riaffiorati alla mia memoria ricordi bui e opachi.
Nelle mie notti di caff il bruciore dell'handicap e del lutto hanno reso ancora
pi torbide le loro immagini.
in fondo a me stesso che ho ritrovato il riflesso degli assenti. Dai miei
silenzi sono riaffiorati istanti di felicit dimenticati. La mia vita ora si dispiega da
sola in una successione di immagini.
Durante i primi mesi, la tracheotomia mi aveva reso muto. Un amico mi
aveva installato un dispositivo sulla testa, collegandolo allo schermo di un
computer. L'alfabeto sfilava sullo schermo; io fermavo il cursore, e veniva
visualizzata una lettera. A poco a poco queste lettere formavano parole, frasi,
mezze pagine. Il meglio erano la scelta dei vocaboli e quello sforzo estenuante:
sbagliare non mi era concesso. Il peso di ogni lettera ancorava la frase sempre
pi in profondit; io ne assaporavo la precisione.
Per un mio compagno di lotta, che purtroppo mancato, la penna erano i
battiti di una palpebra{vi}.
Le parole mi soffocano quando penso a quelli che sono morti senza parlare,
7
talvolta desiderata, quando raggiunger Batrice. Lascer coloro che amo per
ritrovare colei che ho tanto amato. Anche se il suo paradiso non esiste, so che
lei l, perch ci credeva e perch lo voglio io. Immagino noi due, alleggeriti
delle nostre sofferenze, stretti in un morbido abbraccio, gli occhi chiusi per
l'eternit, i biondi capelli di lei che fremono in mezzo a un fruscio di ali di seta.
Batrice, che sei nei cieli, salvami.
I miei sensi
Ero qualcuno. Adesso sono un paralitico; parte dei miei sensi sparita. E
tuttavia agli atroci crampi della paralisi si mescola la voluttuosa memoria dei
sensi scomparsi. Rammentare, centimetro per centimetro, ricordo dopo
ricordo, le percezioni di un corpo nebulizzato gi sopravvivere. Ricostruire
una cronologia nel caos delle sensazioni defunte, partendo dalla mia attuale
immobilit, riappropriarmi del passato, accordare due vite finora dissociate.
*
Il corpo s'infiamma di un confuso rossore. Il semplice ricordo mi
intorpidisce. La mente non c' pi. Sono invaso solo da sensazioni lontane.
Nello splendente sole di Casablanca, ho sette, forse otto anni. Io e i miei fratelli
frequentiamo la scuola cattolica Charles-de-Foucauld. Durante la ricreazione
alcuni bambini giocano a pallone in mezzo al cortile, sollevando polvere che gli
si appiccica a gambe e braccia e tinge dello stesso bianco lattiginoso i calzoncini
e le camicie blu scuro. Tutt'intorno, lungo i muri, altri bambini si distribuiscono
in gruppi di venditori o giocatori. Io sono venditore; Alain, mio fratello
gemello, che ha un'ottima mira, giocatore. Il giocatore dovrebbe toccare con
un nocciolo di albicocca un altro nocciolo posto tra le gambe del venditore.
Scelgo uno spazio sotto il muro di cinta, in faccia al sole del mattino. Mi piace
farmi arrostire dal sole. Aspetto il tiro, gli occhi semichiusi fissi sul mio
nocciolo. Conto fino a tre. Brivido di piacere. Intorpidito dalla tiepida polvere
del cortile, chiudo gli occhi. Quando torno in me, la mia classe rientrata, altri
alunni stanno giocando. Mi alzo, sconvolto, raccolgo la mia scorta di noccioli in
un fazzoletto. Corro sempre pi veloce, il corpo infuocato. Per la prima volta
avverto uno strano calore tra le gambe. lo sfregamento o la paura della
maestra cattiva? Fatto sta che laggi, in basso, sta succedendo qualcosa. Busso,
desolato, la maestra sbraita e io resto l impalato, nello spiraglio della porta
9
aperta.
*
Arrossisco ancora, da solo nel mio letto, rievocando quei primi turbamenti.
*
Qualche tempo dopo siamo in Olanda. Mio padre lavora per un gruppo
petrolifero anglo-olandese. Io e i miei fratelli, insieme alla nostra sorellina
Valrie e a Christina, la governante, abitiamo al primo piano. Christina molto
bella, con i capelli rossi, gli occhi verdi e le lentiggini che scorgo sulle parti
nude del suo corpo. il periodo delle minigonne. Sta stirando la biancheria sul
pianerottolo. Resto a osservarla a lungo; avverto di nuovo questo imbarazzo
sotto la cintura, arrossisco e non oso abbassare lo sguardo sui miei orribili
calzoncini inglesi di flanella grigia. Ha forse ammiccato, Christina? Sono
spacciato. Lei, perfida, fa uno strano movimento: gira intorno all'asse da stiro
per venire dalla mia parte, mi volta le spalle, si china in avanti: lo fa davvero per
raccogliere qualcosa? Se avessi saputo, e se avessi potuto, l'avrei presa l su due
piedi. Ma sono rimasto con le braccia penzolanti, il respiro corto, e il resto...
meno corto! La vista di quel posteriore messo in bella mostra dura un'eternit.
Molto tempo dopo l'ho rivista in alcune fotografie. L'ho trovata meno bella,
denti distanziati, carne molliccia, ginocchia ossute. Tutta questione di punti di
vista!
*
Stanotte ho respirato profondamente per liberarmi dei dolori che mi
isolano. Mi sono tornate in mente alcune immagini, belle per la loro semplicit.
La sofferenza resta.
*
Ho quindici anni. Voglio impressionare i miei compagni. Entro in una
farmacia piena zeppa di gente. Quando arriva il mio turno faccio: Vorrei una
confezione... e, bisbigliando: di preservativi. La farmacista mi chiede di
ripetere. Incastrato, e gi paonazzo, obbedisco. Misura? chiede ancora quella,
ironica. Scappo via.
Naturalmente si riferiva alla grandezza della confezione.
*
10
Dev'essere notte. Non ci sono infermiere. Le luci rosse, verdi e bianche dei
macchinari lampeggiano. Io svanisco. poi sopraggiunge una piacevole
sensazione. Era da quasi un anno che non avvertivo questo delizioso desiderio
di stringermi senza fine a Batrice. Sono travolto dalle immagini dei nostri
corpi che si fondono. All'improvviso il neon mi acceca: Batrice si chinata su
di me. Nel giro di pochi minuti ha compreso l'emozione che mi ha rapito e che
le indico ammiccando con gli occhi; le chiedo di informarne il dottore. Lei
ride, corre verso il corridoio. Rientra insieme al medico, che appare nervoso.
Ausculta l'oggetto di quella ridarella. Negativo. Emozioni fantasma. Dormi,
angelo mio.
Il culo dell'angelo
piedi, riflesso nelle persiane ancora chiuse. Ero un bell'uomo. Non resta molto.
Il sangue scende nelle dita dei piedi, ridivento angelo. Abdel mi adagia sul
materasso antidecubito. Marcelle inizia quella che, sorridendo, chiama la
piccola toilette. Toglie il penilex per prendersi cura della bestia. Batrice lo
chiamava affettuosamente Toto. Sento che Marcelle ride. Toto ha
un'erezione. Marcelle non riesce a rinfilare il penilex.
Al centro di riabilitazione di Kerpape i tetraplegici sono gli aristocratici;
occupiamo il primo posto, cos vicini a Dio. Guardiamo gli altri con sufficienza.
Siamo i tetra. Ma tra di noi siamo i girini{viii}, perch il girino, come il
tetraplegico, non ha n gambe, n braccia, solo una coda che scodinzola.
13
Prima parte
Infanzia dorata
Sono nato
che quando ti cercano in prigione non puoi far dire che non sei in casa...
Il clan crso dei Perfettini, che dall'epoca dell'esilio in Russia difende gli
interessi dei Pozzo sull'isola, si mobilita in favore del nonno. una delegazione,
armata fino ai denti, sale a Parigi. Fa irruzione alla Sant. Il patriarca, Philippe,
chiede al duca la lista delle persone da far fuori. Il nonno consiglia loro di
lasciar perdere e tornarsene a casa. uscendo, sorpreso e deluso, il vecchio
Philippe si rivolge alla duchessa, preoccupato: Sar mica affaticato, il duca?
E cos il nonno abbandona ogni attivit politica per ritirarsi nelle sue
propriet: la dimora parigina, il castello in Normandia, la montagna in Corsica e
palazzo Dario a Venezia. Mantiene una brillante corte di oppositori di
qualunque regime. Muore quando io ho quindici anni. Non credo di aver mai
aderito a nessuno dei suoi brillantissimi slanci. Mi sembravano di un'altra epoca.
In compenso, mi ricordo di una serata a Parigi, nella sala da ballo tutta
scintillante di diamanti.
Sono un bambino. Con la testa arrivo all'altezza dei posteriori di questo bel
mondo. Perplesso, sorprendo la mano del caro nonno su un sedere notevole,
che non quello della sua signora.
La storia della dinastia Vog risale alla notte dei tempi. Come dice nonno
Pozzo a nonno Vog (i due patriarchi si detestano): Almeno il mio, di titolo,
cos recente che posso dimostrarne l'autenticit! Robert-Jean de Vog non
ribatte.
Nonno Vog, ufficiale di carriera, ha fatto entrambe le guerre mondiali: la
prima a diciassette anni, la seconda come prigioniero politico a Ziegenhain,
arrestato e condannato a morte in quanto membro della Resistenza. un
uomo coraggioso e dalle profonde convinzioni. Da buon discendente dei
cavalieri medioevali, concepisce i privilegi ereditari come contropartita dei
servizi resi alla societ: nel Medioevo era la difesa; nel XX secolo lo sviluppo
economico. Sposa la ragazza pi bella della sua generazione, un'erede degli
champagne Met et Chandon. Negli anni Venti abbandona la carriera militare
per assumere la guida di quell'azienda, che dirige e sviluppa considerevolmente
fino al 1973, anno in cui va in pensione dopo aver trasformato una piccola
impresa famigliare in impero.
Deve questo straordinario risultato solo alla forza del suo carattere e delle
sue idee. Alla fine della sua vita le raccoglie in un libricino intitolato Alerte aux
patrons{ix}, che ancora oggi il mio libro da comodino.
Naturalmente, Robert-Jean de Vog molto criticato nel suo ambiente. Lo
chiamano addirittura il marchese rosso, e lui replica: Non sono marchese,
ma conte. Non rinnega il colore politico. I finanzieri che gli succedono ne
15
con la camicia
Quando compio otto anni vengo ammesso, insieme ai miei fratelli, nel
salotto parigino di Granny. Bravissima violinista, dopo il matrimonio non ha
17
Molto presto, mio padre si fa un'idea precisa su ognuno dei suoi figli, e la
esprime con una certa durezza, nonostante la sua profonda bont. I suoi giudizi
sono asciutti: Reynier non portato per gli studi. Entrer nel collegio
dell'cole des Roches, l'unico, in Francia, organizzato secondo il modello
anglosassone: i pi anziani insegnano ai compagni a badare a se stessi; in primo
piano ci sono lo sport e tutte le attivit diverse da quelle intellettuali. Reynier lo
frequenta senza grandi risultati, non ama lo sport, ma sviluppa la passione per il
disegno che ha ereditato da nostra madre. Alain segue Reynier alle Roches per
fare quello che riuscir. A lungo nostro padre ha esitato sulle capacit
intellettuali del mio gemello, che manifesta una sorta di mutismo. Quanto a me,
mi spedisce a seguire la trafila che era stata la sua e quella di suo padre, dal
momento che sono il meno coglione dei tre. Ho otto anni quando mi porta
con s a Parigi, dove passo l'esame di ammissione al liceo Montaigne. Il giorno
dei risultati, mio padre mi tiene per mano mentre cerca il nostro nome sul
tabellone. Ho diritto a un Bene: sono ammesso e quindi lascio la mia famiglia.
La rivedr solo durante le vacanze.
liane de Compigne, sorella di mio padre, suo marito Philippe e i loro tre
figli abitano nel palazzo di famiglia parigino. Mia zia mi ospita durante i week
end e ogni gioved pomeriggio. Per recarmi da loro prendo il bus ai Giardini
del Lussemburgo. Il mio posto preferito la piattaforma posteriore. Il
passatempo pi bello: le vie sfilano, rimandandomi il calore e l'odore delle
marmitte di scarico; il controllore si appoggia indolente al corrimano, il
berretto sollevato, la mano sul campanello della fermata. I Compigne
diventano la mia seconda famiglia. Mi trovano una sistemazione nel locale
guardaroba, nel sottotetto. Dormo in un letto che si apre cadendo gi da un
armadio a muro. Scopro un'altra Francia.
Philippe de Compigne avrebbe potuto appartenere alla cerchia del
condottiero trecentesco Bertrand Du Guesclin; la sua famiglia risale
quell'epoca. un tipo marziale, amante della caccia. Da quando si sposato
divide il suo tempo tra Parigi, dove dirige una piccola fabbrica di scatole di
lusso, e la sua povera signoria di La Chaise, quel che resta di un villaggio
aggrappato a un castello in rovina. Ha sistemato alcune stanze, che sembrano
pi che altro delle tane. Il castello sorge nel bel mezzo di duemila ettari di
foresta, dove Philippe trascorre la maggior parte della sua esistenza cacciando
in solitudine.
morto in mezzo ai suoi animali: si rifiutava di curare il proprio corpo.
M'insegna a sparare e il piacere delle lunghe attese in solitudine, tra gli alberi.
sempre lui a insegnarmi la pesca alla mosca, altro sport solitario, tutto
19
*
Quando compie dodici anni Franois riceve da zio Philippe una Citroen
2CV delle Poste color giallo arancio, acquistata a un'asta del demanio pubblico.
Per parecchi anni la brava Titine la nostra compagna di giochi.
Quattordicenne, abbozzo grandi derapate nei viali fangosi del bosco. Pi tardi
ho ritrovato delle foto di quella macchina: accanto si vedono gli adolescenti
che eravamo, trionfanti, in posa con le mani in tasca, un mozzicone in bocca,
intorno alla nostra carrozza. Il mondo nostro. Siamo ragazzi viziati.
Dalla mia camera intravedo quella della signorina che si occupa dei figli di zio
Cecco, fratello minore di mio padre, e di sua moglie Tania (un'attrice, pi nota
come Odile Versois). Per tre anni quella governante per me la donna pi
bella del mondo. La immagino, spiandola attraverso il vetro opaco del suo
bagno. Mi accompagna nei sogni per tutto il resto della notte. Una sera, pazzo
di desiderio, in punta di piedi scendo i due piani che ci separano. Giunto in
fondo al corridoio, entro nella sua stanza. Sta andando a letto. Intuisco il suo
corpo nella trasparenza della camicia da notte. Resto confuso, sconvolto. Tutto
mortificato le dico: Ho mal di testa. Lei mi porge un'aspirina. Risalgo in
camera mia con la coda tra le gambe.
Durante la settimana risiedo al Bossuet, un collegio tenuto da religiosi
nerovestiti. celebriamo la messa ogni mattina, consumiamo i pasti nel refettorio
e la sera studiamo in sale di lettura sorvegliate. Seguiamo le lezioni al liceo
Montaigne, poi al Louis-le-Grand. ogni tanto servo messa, senza entusiasmo.
una mattina con alcuni compagni rubo tutte le ostie non ancora consacrate. Il
tempo di arrivare ai nostri banchi, e le abbiamo divorate tutte. Entusiasmo
generale quando l'anziano padre canonico si appresta a celebrare l'Eucarestia, e
punizione collettiva.
Il superiore del Bossuet, il canonico Garand, ha pi di ottant'anni. stato
professore di mio nonno ed era gi direttore ai tempi di mio padre.
Appostato a una finestra del settimo piano, munito di gavettone e
circondato dai compagni, prendo la mira sul superiore. Attraversa il cortile.
Forse torna da una meditazione sulle incertezze della vita. Sss... plaf! Traiettoria
perfetta: il proiettile esplode e inonda la sottana. Attentato riuscito!
Informato della prodezza, mio padre non si oppone alla mia espulsione. Ha
gi deciso di ritirarmi dal Bossuet: ha saputo che trascorro gran parte del mio
tempo in un bar dove mi chiamano il re del flipper.
Mi spediscono all'cole des Roches, dove raggiungo i miei fratelli. Sto
terminando la terza superiore. Sviluppo subito una coscienza politica contro i
21
23
Mio padre acquista una barca di dodici metri. All'epoca delle nostre prime
traversate fino in Corsica ho dieci anni. Ci accompagna nostra madre,
terrorizzata dagli elementi. Ritrova la tranquillit nei porti del mare dai mille
sorrisi, come Socrate chiamava il Mediterraneo.
Un'estate effettuiamo la traversata sotto un forte mistral. Il mare,
spumeggiante, urta la poppa svasata della barca prima di frangersi sul ponte.
Mio padre mantiene la rotta grazie a un fiocco da tempesta. Quando siamo nei
paraggi di Calvi riesco ad alzarmi e a liberarmi dai miasmi della ciurma
ammucchiata nella stiva. Facciamo un ingresso trionfale nel porto. Manovriamo
orgogliosi intorno a nostro padre per attraccare al molo, dove alcune persone,
sbalordite, contemplano questo equipaggio uscito dalla tormenta, mentre mio
padre insiste perch l'ormeggio sia fatto a vela. Anno dopo anno le distanze si
allungano. Scopriamo tutta la Corsica, poi la Sardegna, l'isola d'Elba, la costa
italiana e infine il mare Ionio, con l'isola di Zante. Qui troviamo un cimitero
che raccoglie una cinquantina di tombe di nostri antenati, ingaggiati come
mercenari al servizio di Venezia. Quel ramo della nostra famiglia si estinse
all'epoca di un'invasione turca. Un incaricato del camposanto mantiene queste
tombe in buono stato, apparentemente senza ragione. Restiamo quasi un'ora in
questo cimitero, dove due secoli della nostra famiglia ci sfilano davanti. Tutte
queste vite si riassumono in un nome e alcune date su una pietra. Alcune sono
state lunghe - ci si immagina un patriarca che riposa orgoglioso - altre brevi bambini morti precocemente. Di quella visita conservo una sensazione di
vertigine, di un tempo che corre via, cadenzato dalle generazioni e stretto in un
cimitero comune.
Quattro anni dopo mio padre acquista una barca pi grande, un magnifico
sedici metri in fibra di vetro, con due alberi e due cabine, che lascia la sua scia
di schiuma sulle lunghe distanze. Ora partiamo da La Rochelle,
circumnavighiamo l'Europa passando da Gibilterra, ci immergiamo nel
Mediterraneo fino in Turchia per poi tornare in Portogallo.
Queste lunghe traversate esercitano sui ragazzi che eravamo un'influenza
destinata a durare negli anni. L'autorit di mio padre vi si afferma con una forza
terrificante. A volte, durante le manovre pi difficili, esplode in sfuriate
spaventose. Reagiamo ognuno a suo modo: Alain, livido, si chiude in un totale
mutismo; Reynier esplode, ci pianta l, in piena tempesta, il viso coperto da
24
anche dopo ha conservato il rigore di quel culto e una totale indifferenza nei
confronti del proprio corpo.
L'eredit e lo stile di vita di queste due grandi famiglie -una grande in passato,
l'altra in anticipo sui tempi - si sono combinati. In me il senso del dovere si
mescola in modo peculiare a un certo distacco nei confronti del mio ambiente.
Una specie di laboriosa superbia. Anche dopo le tragedie, anche nella mia
immobilit, sono queste le forze che si muovono in me.
26
Seconda parte
Batrice
Rinascita
Tutto comincia dal giorno del nostro incontro: abbiamo vent'anni. Un corso
universitario a Reims. Siamo entrambi l per caso: lei perch segue suo padre
prefetto, io perch non seguo i miei genitori all'estero.
Batrice e io abbiamo fatto quasi tutti gli studi universitari insieme. La facolt
di Diritto e Scienze economiche di Reims ha sede in un vecchio edificio che
accoglie anche un ospizio per anziani. A sinistra dell'ingresso ci sono loro. A
destra noi studenti. Tra i due pensionati c' la cappella. La coprono con un
baldacchino nero ogni volta che uno degli ospiti di sinistra lascia questo
mondo. Come passatempo, tutte le mattine ci osservano passare, rimpiangendo
il tempo che fu. La distanza tra noi immensa: loro non aspettano pi niente,
noi tutto.
Nel 1969 la nostra una facolt di estrema sinistra. Frequento poco i corsi.
Trascorro la maggior parte del tempo nel piccolo caff l vicino. gestito da
un alcolista pentito e da sua moglie, agghindata con una parrucca mora e un
completo rosa shocking. Si sincerano che le partite a flipper o a dadi siano
innaffiate pi da limonate che da birre. Qualche volta, in occasione delle
assemblee, vado in facolt (che in sciopero) a votare per alzata di mano la
continuazione del movimento. Il tempo passa senza che succeda niente
d'importante. Ripeto il primo anno. Mi sarei potuto trascinare cos per tutto il
resto degli studi.
Un giorno noto una ragazza alta e bionda. La sua andatura, insieme
all'uniforme costituita allora da jeans, dolcevita aderente e sigaretta, non la fa
passare inosservata. L'indomani i residenti dell'ospizio sono pi numerosi
all'ingresso: gli studenti stanno combinando qualcosa. La bella l, con dei
compagni muniti di rotoli di carta. Ferma gli studenti perch firmino una
petizione. Mi avvicino al suo splendore, lei m'invita a firmare per interrompere
lo sciopero: lo faccio subito, arrossendo. Divertita, mi porge un rotolo affinch
anch'io possa raccogliere le firme. Da quel giorno non ci siamo mai lasciati. Da
27
28
Kiss machine
31
Batrice
Mentre siamo in attesa del nostro primo figlio, al quarto mese Batrice ha
delle perdite. Non ricordo pi in quale ospedale fossimo, ormai li confondo
tutti. Rivedo il giovane professore, si chiama Pariente. Di questo sono certo.
Con grande gentilezza ci dice che non c' da preoccuparsi per il prossimo
bimbo. Piango, al capezzale di Batrice. Ma davvero per la sua sofferenza?
lei che mi consola. Viviamo a Parigi, in una casa popolare, a Porte d'Orlans;
Batrice ha gi ripreso di buona lena la sua vita da studentessa.
Alla gravidanza successiva, le perdite cominciano il terzo mese. Mi
consegnano il feto in una boccetta di vetro, chiedendomi di portarlo a un
laboratorio. Come mai ricordo che si trovava in mezzo al Bois de Boulogne?
Mi vedo entrare in un reparto. Mi riceve una donna in bianco. Poso la boccetta
sul banco. La donna non ha l'aria d'esserne sorpresa. Me ne vado, turbato.
Iniziano a farci analisi i tutti i tipi. Mi spediscono in un laboratorio
specializzato per fare un esame dello sperma. Sposo novello, resto incerto
quando l'infermiera mi porge una provetta vuota e mi indica una porta. Entro,
pensando di trovarci un dottore. Dietro la porta invece c' una toilette piena di
riviste pornografiche.
Dopo un'eternit di vergogna, compiuto il mio dovere, restituisco la
provetta.
L'esito delle analisi soddisfacente. Terminiamo Scienze Politiche con
successo e decidiamo di prepararci per l'NA.
Batrice ha venticinque anni. A marzo di nuovo incinta. Questa volta la
gravidanza progredisce bene.
Il bimbo deve vivere, ma Batrice ha un'embolia. Resiste. Sembra che il feto
non abbia riportato conseguenze. Lei vuole questo figlio, a costo della sua
stessa salute. Il primario la difende duramente dal collega che vorrebbe
somministrarle un anticoagulante, rischiando di provocare malformazioni. La
discussione avviene nel corridoio, si sente tutto quello che dicono. Ba
demoralizzata. Ma com' possibile che due dottori si dimentichino che nel
letto 21 c' una donna bella, intelligente, che ama e che, fuori da questa
prigione, perfettamente in grado di tener loro testa? Quando finalmente pu
rimettersi in piedi, si accorge di essere persino pi alta di loro.
Io sono l. La stanza sempre piena di fiori. Ci sono libri, frutta, musica, e un
frigorifero pieno.
32
35
Cherubino!
Fra tanto dolore e follia, una telefonata ci annuncia che una bimba ci aspetta
a Bogot. Stiamo pranzando in un ristorante francese stracolmo, a Chicago, e
Batrice sprofonda tra i singhiozzi. Deve andare alla toilette per rendersi di
nuovo presentabile.
Non mi resta nulla di quelle settimane, se non la vergogna per la mia fuga.
Poi arriva il giorno in cui Batrice, a Bogot, depone Laetitia tra le mie braccia.
una magnifica bimba di tre mesi che mi guarda con gli occhioni stupiti, forse
preoccupati. Ritrovo, ritroviamo il nostro respiro comune. Batrice si china
sulla mia spalla, sopra la bimba, e tutto riprende. Bisogna tirarsi su. Laetitia
una meraviglia. Batrice ha riscoperto il piacere di amarci. Ritrovo il calore del
suo corpo straziato.
Sono nominato direttore finanziario della filiale francese di un grande
gruppo farmaceutico americano. il nostro ritorno a casa, dapprima timido,
poi trionfale, con la figlia promessa. Abbiamo lasciato la Francia cinque anni
prima. Sistemo le mie donne nel palazzo di famiglia: Batrice torna alla vita,
Laetitia diventa ogni giorno pi bella. Lavoro senza sosta con Andr, il mio
giovane capo che presto diventa nostro amico. Il mio stipendio di due volte
inferiore a quello americano, ma che avventura! Quando lavoriamo a casa, nel
week end, Andr porta sempre regali per Laetitia.
*
Batrice ha trentatr anni. uno splendore.
36
Operazione cuore
39
La Pitance
41
Terza parte
Il salto dell'angelo
Le ali spezzate
Beatrice viene seguita dai medici a domicilio, tranquilla nella sua bella
Pitance. Io mi sveglio tutti i giorni alle sei e mezzo per andare a correre. Esco
di casa, trotterellando costeggio il muro dell'abbazia e imbocco la prima
stradina che s'inerpica, incorniciata dai mostri scolpiti nei doccioni. Li guardo
con la coda dell'occhio. Durante la salita Radowski, il nostro bassotto, guaisce.
A destra c' una grande distesa pianeggiante, costeggiamo la chiesa e risaliamo
ancora per arrivare al bosco. Ho gi le gambe a pezzi.
Il sentiero ridiscende sulla sinistra, riprendo un po' fiato. Radowski ha
duecento metri di vantaggio su di me. Mi aspetta in fondo al viale.
Imbocchiamo il sentiero di terra argillosa che s'inerpica all'interno della
Champagne separando le collinette dai boschi. Da qui siamo a strapiombo sulla
Marne che serpeggia in mezzo alla vallata, spesso avvolta nella nebbia. Siamo
sul tetto del mondo. All'inizio corro cento metri e mi fermo. Ogni giorno la
distanza di allunga; passato un mese, riesco a compiere un anello di tre
chilometri senza fermarmi, attraversando boschi e vigneti. Dopo un po' fare
due volte quello stesso giro non mi basta pi. Cos, un giorno, in fondo alla
vigna, invece di tornare indietro, mi addentro nel bosco, sulla destra, lungo un
sentiero impervio e scivoloso. In pochi mesi lo percorro senza fermarmi. Dieci
chilometri ogni mattina. Adesso Radowski a seguire me.
Poco tempo dopo un amico inizia a venire con me. Chiacchiera e non si
stanca; io risparmio le forze. Nel weekend percorriamo venti chilometri, poi
trenta. Una rinascita. Alto quanto un soldo di cacio, mio figlio di sette anni mi
trotterella accanto senza fatica.
Oggi lo vedo partire con leggerezza e resistenza. Gli ho regalato il piacere
dello sforzo sulle lunghe distanze.
Ho corso in tutti i continenti.
Faccio cinquanta chilometri ogni weekend. Batrice a letto, le gambe
insanguinate. Le porto la colazione col pane fresco preso sulla via del ritorno.
42
44
Voli conturbanti
per mantenere i loro carcerieri. Dopo inaudite avventure, scappiamo dal Tibet per stabilirci
tutti a New York. La guerra sembra cessare. Di colpo, A.B., presidente e direttore generale
del movimento, invade i nostri uffici con una caterva di gorilla. gentilissimo. S'interessa ai
lavori di Emmanuel e del nostro amico. Alle sue spalle, una donna rinsecchita dal forte
accento spagnolo gli urla delle atrocit. A.B. esige di avere la maggioranza della nostra societ.
Educato rifiuto. Tagliano la gola alla vecchia madre. Il nostro amico tibetano - di cui mi sfugge
il nome - se ne va con un sorriso di compassione dopo aver fatto harakiri in versione tibetana.
I sopravvissuti vengono fatti prigionieri. La guerra ricomincia.
Sono sospeso dentro una gabbia, appesa al soffitto della camera da letto di Isabelle Diange,
l'amante di A.B. circondata di giovani drogati; si tengono festini a luci rosse sulle note della
musica ammaliante di un protetto di A.B. Di tanto in tanto, azionata da un sistema di
carrucole, la mia gabbia scende fino a sopra il letto di Diange che mi aspetta, generosamente a
gambe aperte. La penetro senza uscire dalla gabbia. Mio Dio, come riesco a farlo? Ogni tanto
mi lanciano delle noccioline. Lei fa sesso con un altro, un bravissimo cantante. A.B. furioso
e soprattutto rovinato. Di colpo, una gigantesca esplosione. Segue un pesante silenzio. La
rovina di A.B. deve aver sprigionato un certo particolare atomo. Il suolo disseminato di
cadaveri. Sono blu, senza ferite visibili, se non una smorfia mostruosa sul viso. Sono morti di
freddo, e questo freddo adesso travolge i sopravvissuti. Ritrovo Batrice e i bambini; scappiamo
via in treno, in cerca di calore. Davanti a noi c' seduto A.B., meno blu, che indossa una
pesante pelliccia. I paesaggi sono tutti spogli e gelati.
I morti vengono gettati dalle finestre. Di l a poco Batrice non riscalda pi i suoi; ha
occhiaie e labbra viola. Faccio suonare l'allarme, la porta si apre sulla neve ghiacciata; i
bambini seguono in fila indiana. Trovo un capanno d'argilla, circondato da una marea di legna
tagliata. Restiamo qualche annetto intorno al fuoco. Nonostante il freddo persistente, il tempo
va migliorando. Un giorno nostro figlio, che nel frattempo s' trasformato, scopre dalla finestra
un fiorellino bianco. Un bucaneve. Dovremo aspettare tre anni prima che la terra si ricopra di
giunchiglie gialle, il colore preferito di Batrice. Torniamo a Parigi.
*
Non cambiato niente, sono di nuovo nel mio letto d'ospedale. Un giorno
mi sembra di veder entrare nella sala Reynier in lacrime. Piange per me, per lui
o per questi fatti orrendi? Non lo so, non pi tornato.
Riprendo consapevolezza delle dinamiche dell'incidente.
Chi quest'uomo che mi sottrae Ba portandola in una baita?
Mia cugina Catherine mi presenta una coppia di ricercatori.
Sono entrambi magri, sembrano abitati da una profonda tristezza.
Hanno costruito un complesso sistema elettronico che permette di ricostituire le cellule
midollari. Hanno portato solo una parte di questa macchina incredibile che rigenera talloni e
48
piedi.
Voglio provarla subito. Mi avvolgono il tallone sinistro in una guaina di plastica bianca; da
l partono diversi fili, collegati rapidamente dai due scienziati a una scatola che sembra un
caricabatterie. Quando tutto pronto, aspettano il mio segnale. Non ho pi niente da perdere.
Via. All'inizio non sento niente, poi arriva un leggero formicolio. S'intensifica, diventa
pizzicore, degenera in sfrigolio. Nell'attimo in cui sento puzza di carne bruciata, interrompono
il contatto. Rimettono la guaina nella custodia. La giovane donna mi massaggia il tallone con
un unguento verdastro. Non vola una mosca. La cugina Catherine ha l'aria inebetita. Sento
un fremito a un dito del piede; in un attimo riesco a piegare tutte e cinque le dita e ad attivare
il piede intorno al tallone.
Incredibile!
Com' possibile che nessuno conosca la vostra tecnica?
Siamo in fase sperimentale risponde la giovane ricercatrice. Non abbiamo messo a punto
il prototipo completo per tetraplegici, ma da qui a sette o otto settimane dovremmo presentarlo
alla Commissione ospedaliera di Parigi.
*
Il tempo scorre; faccio partecipe Batrice dell'inquietudine che mi procura il
silenzio dei due ricercatori. Armata di pazienza, Batrice capisce che tramite
Catherine ho incontrato due persone. Ritorna l'indomani e mi dice che
Catherine non sa di cosa io stia parlando.
Arrossisco come quando, da bambino, venivo sorpreso a mentire. Mi sento
soffocare. Batrice cerca di consolarmi dicendo che approfondir la questione
con Catherine.
*
La sera l'infermiere mi spiega che hanno modificato la terapia e aumentato il
Prozac.
L'indomani fatico a svegliarmi; mi sento stordito. Anche il piede sinistro non
reagisce pi.
*
Batrice cerca di risvegliare il mio interesse raccontandomi storie di famiglia,
leggendomi giornali, accendendo la tv sul canale dell'ospedale, ma inutile.
*
Una sera, mentre sono l che guardo i due ricercatori argomentare con
49
veemenza in tv, mi sveglio dal letargo. All'inizio non capisco di cosa parlino; ho
l'impressione che non sia una diretta, che le immagini video vengano trasmesse
all'interno di un programma. Sono ancora pi magri. Ce l'hanno con la
Direzione ospedaliera di Parigi che impedisce loro di parlare. Cerco di ottenere
dalla capoinfermiera una copia della cassetta mandata in onda. Lei fa finta di
non capire. Per non ho sognato. L'infermiere che spinge il carrello me lo
conferma: l'ha appena visto anche lui sullo schermo.
La sera mi aumentano ulteriormente le dosi. I miei momenti di lucidit si
fanno sempre pi rari. Possono guarirci, tutti noi che gemiamo respirando
grazie alle nostre tracheotomie. Tutta questa gente che passa mesi e mesi
all'ospedale ritrover la libert.
Una sera fatico a respirare; l'aria della macchina non arriva pi nella trachea;
chiamo l'infermiere spingendo il pulsante con la testa. Non viene nessuno.
Insisto. Invano. Morir soffocato.
Devo aver perso conoscenza. Quando apro gli occhi si sta facendo giorno;
tra un'ora il personale si dar il cambio. Devo resistere fino all'arrivo
dell'infermiere con il carrello. Quando entra nella stanza, si precipita, capisce la
situazione e ristabilisce la circolazione dell'aria.
Dormo tutto il giorno. La notte, nel letto di vetro vicino, mettono una
ragazza dai lunghi capelli neri. Urla dal dolore. Da quel che riesco a vedere, non
ha pi le gambe. Le iniezioni la fanno zittire. In fondo alla sala comune si
spegne una luce, poi un'altra. Riaccendono la prima.
Le luci si accendono e si spengono intorno a me. Il gioco s'interrompe
quando si spegne la mia lampada.
Controllo con lo sguardo: il respiratore continua a funzionare; dev'essere
collegato a una presa indipendente. La ragazza dai capelli neri e altri due
pazienti muoiono.
Niente di tutto questo deve uscire da qui. L'impressione di essere vittima di
un complotto non mi abbandona pi. Ogni volta che lo staff medico mantiene
il silenzio pi assoluto in mia presenza, io mi sento in colpa. Ho la sensazione
di minacciarli senza volerlo. Hanno fatto fuori i ricercatori, resto l'unico
testimone delle loro prodezze.
*
Uso il computer per trasmettere un messaggio a Ba. Due ore dopo,
spossato, ho terminato il mio SOS. Mi addormento. Mi stupisco, svegliandomi
da una notte tanto tranquilla.
Ba arriva, le faccio segno di prendere il dischetto dal computer e di leggerlo
50
Sono nel mio letto d'ospedale, immobile. Batrice qui che mi parla dei
bambini. I singhiozzi mi soffocano. Batrice mi chiede se mi fa male.
Non posso rispondere al tuo messaggio, perch devo avere fatto qualcosa
di sbagliato e ho cancellato il contenuto del dischetto.
Tutto trema. Entro in un profondo mutismo. Alla fine, una notte, saturo di
sensi di colpa, incapace di accettare il mio stato, terrorizzato dalla follia che mi
travolge, decido di farla finita. Ma difficilmente un tetraplegico in grado di
suicidarsi.
Riesco a stringere il tubo d'ossigeno che ho intorno al collo. Spingo la testa
all'indietro. Perdo conoscenza. Mi sveglia un intenso bagliore. Gli infermieri,
allertati dall'allarme della macchina, mi ricollegano al tubo, come se non fosse
accaduto niente. Da quel momento comincia il silenzio.
52
Kerpape
virus; adesso tetra come me; di giorno ha sempre freddo e non si schioda dai
termosifoni. In estate, quando il sole batte sui vetri, lo trovi dietro una delle
finestre, madido di sudore ma gelato. I tetra hanno questo problema: lo
sfasamento termico. Nonostante le bruciature neurologiche che mi consumano
in superficie, spesso ho freddo alle ossa. Mi sembra di essere una bistecca
surgelata che ha appena fatto un rapido giro su una padella rovente e che si
mangia con tutte le croste di ghiaccio. Molti fumano per riscaldarsi; quelli che
hanno il sondino fumano dal buco aperto in gola.
Quante camicie, pantaloni, coperte, ho bruciato con la sigaretta, fino a
sentire, io insensibile, odore di carne alla griglia!
Abbiamo dato soprannomi a tutti gli inservienti e gli infermieri: i Jaja del mio
cuore, Dimmi un po' Madie, Cricri, Do, Marie-Laine, Jo e gli altri, Annick dai
baci focosi, Candida Brigitta, Yo-yo profumata, Beatitudine, Sophie la Rossa,
Sorella Franoise, Louis il Druido, Jojo il Pap, Jol il Quintale, Jean-Paul il
Medico, Busnel il Grande Capo.
Tutti degli angeli.
I tetra non hanno pi pettorali. Respirano a fatica dal diaframma. Mi ci sono
voluti mesi per controllare i riflessi necessari a questo tipo di respirazione;
alcuni non ci riescono. Restano per sempre collegati a una macchina.
L'acqua della piscina a 33 gradi, per non farci sentire freddo. Mi sembra di
essere un cosmonauta senza peso. Niente mi trattiene, potrei ritrovarmi a testa
in gi senza poter reagire. Due boe mi tengono le braccia, un'altra mi sostiene il
collo. Il dolore sembra attenuarsi; galleggio, l'acqua mi carezza il viso. Il rumore
dei bambini risuona; mi abbandono a un dolce torpore.
All'ora dei pasti, in mensa, vengono fuori le personalit forti; le storielle
divertenti viaggiano da un capo all'altro della sala. Ogni giorno c' un paziente
che sbaglia strada: si riempie i polmoni invece di riempirsi lo stomaco. Si
rischia di morire. Il personale medico si precipita. Gli altri aspettano in silenzio.
Quando la situazione torna alla normalit, le risate riprendono pi di prima.
Sono tutti consapevoli della loro fragilit. Ognuno rispetta la sofferenza
dell'altro. Tra noi c' una fratellanza sincera. A due riprese, la mia sedia partita
senza che riuscissi a controllarla. Ho spinto il tavolo contro il muro. Un grido
di paura ha rimbombato nella sala, ma nessuno s' fatto niente.
I nostri figli vanno a scuola a Larmor-Plage. Fanno parte della grande
famiglia di Kerpape.
Che tristezza tutti quei giovani solitamente innamorati, fidanzati, sposati da
poco, che si ritrovano soli. Sono soprattutto gli uomini ad abbandonare le
donne andate a male. Ma a volte sono le donne a crollare.
54
Idilli si intrecciano tra le sedie a rotelle. C' una ragazza alta e curva che
stata abbandonata dal fidanzato. Sono certo che met della sala innamorata di
lei. triste.
Non sostiamo mai al piano dei traumi cranici. Ho visto passare in silenzio
una donna, i suoi quattro bambini piccoli e il marito. Di colpo l'uomo s' messo
a urlare, a fare dei gesti violenti; non era pi lui. La madre piangeva, i bambini
le si sono aggrappati addosso. Hanno dovuto portarlo via. I traumi cranici sono
l'inferno. Apparentemente non cambia nulla, il carattere a cambiare.
In ospedale ho scoperto la miseria del dolore, la solitudine degli storpi,
l'esclusione dei vecchi, degli improduttivi, la perdita d'innocenza di tanti
giovani. Fino a quando l'incidente mi far intravedere l'immensit di questa
sofferenza, ne sar protetto! Ci sono giovani che passano un anno al centro.
Non hanno n televisore, n radio, n visite. Si nascondono per piangere il
loro sgomento, la colpa, il senso estremo di ingiustizia.
Cyril soffre di una malattia involutiva che non si riesce a identificare. Muore
lentamente sulla sua povera sedia. Una sera d spettacolo. Siamo tra noi. Cyril
in scena. Ridiamo fino alle lacrime dei suoi sketch. Con gesti resi irregolari
dall'enorme sforzo che fa, si cimenta in uno spogliarello. Finisce nudo sulla
sedia a cui ha tolto tutti gli accessori, anche le ruote, perch il Servizio sociale
non pu pagarglieli.
Ridiamo, la sera tardi, con Cyril e gli altri. Batrice mi sta incollata, sul mio
lettino. Mi si addormenta sulla spalla. Non siamo mai stati cos sereni. Gli amici
si occupano dei bambini.
Avremmo sofferto meno se non ci avessero svegliato.
Batrice stremata. Non mi lascia da sedici mesi. La sua malattia sembra
essersi fermata. Ma una bugia; pi Batrice si prende cura di me, pi pesante
sar il conto che finir per pagare.
A Kerpape sto bene. Batrice amica di tutti, i nostri figli si dividono tra i
pazienti. Continuo a seguire gli affari. Prendo delle decisioni; mi sembra di
essere al comando. Batrice deve riposarsi. Deve cambiare ambiente, ritrovare
i suoi punti di riferimento. Ma lei non vuole lasciarmi. Insisto. Accetta di
passare tre settimane in Corsica. Per lei un disastro, come lo per me. Non
ho elaborato il lutto del mio corpo, resisto solo quando c' lei. Mi prende la
depressione. Mi barrico a letto. Perdo l'uso della parola.
Non ho ancora dato un senso all'incidente. Dalla partenza di Batrice, un
silenzio preoccupante s'impossessa di me. Gli psicologi cercano di tirarmi su.
Sono andato a sfracellarmi per risparmiarmi le ultime sofferenze di Batrice?
Ho offerto la mia testa su un piatto al gruppo che, per la prima volta in
55
56
Arriva Abdel
volta gli ho visto sul viso lacrime di frustrazione. I suoi genitori avevano pi di
dieci figli. A tre anni l'hanno regalato a uno zio paterno che non ne aveva. In
Algeria era, a quanto pare, una tradizione. Lui non l'ha mai accettato. Scontroso
e solitario, dentro la nostra famiglia si sente accolto.
Ce l'ha col mondo intero. alto un metro e settanta e, per compensare, ha
sviluppato una forza straordinaria. Colpisce tutti quelli che gli mancano di
rispetto, uomini o donne: Le donne non si picchiano dice. Ma quella l non
doveva darmi dello sporco arabo.
Certo, omette il fatto che ha accelerato mentre la donna di cui parla
attraversava sulle strisce pedonali, che poi ha inchiodato, n che la donna non
ha risposto alle sue avances.
Alcune donne lo rifiutano, ma sono stupito dalla quantit di donne facili. Ne
ho viste anche che gli scrivevano il numero di telefono sulla mano in presenza
dei mariti, cosa che sembra non turbarlo affatto. Una ha accettato le sue
avances mentre era in compagnia di madre e figlia. Va detto che Abdel uno
spasso e possiede un'innocente sfrontatezza che probabilmente fa scattare in
loro l'istinto materno, anche se ha l'aria di un diavoletto.
Un pomeriggio, al telefono, una donna urla e singhiozza. La calmo e le
chiedo di dirmi qual il suo problema. Non credo alle mie orecchie. Ha
conosciuto Abdel quel pomeriggio. Gli ha chiesto di invitarla al ristorante.
Non c' problema ha risposto lui. Sorprendente, dal momento che Abdel si
rifiuta di intrattenere le sue conquiste.
S' fermato per caso accanto al cimitero Pre-Lachaise e le ha chiesto un
aperitivo. La ragazza, che non doveva essere alla prima esperienza, mi
descrive accuratamente l'esercizio a cui s' dovuta prestare per soddisfare il
bisogno impellente del nostro demonietto. una volta accontentato, lui le ha
chiesto di prendere qualcosa dal portabagagli... e quando lei scesa ripartito a
razzo, piantandola per strada. Le prometto che gli far un discorsetto.
Abdel rincasa. Gli racconto con tono di biasimo ci che ho appena sentito.
Gli ci vogliono dieci minuti per riaversi dalle risate e chiude il discorso dicendo
che ha risparmiato un pranzo e un aperitivo. Mi racconta altre storie come
questa, fin quando, scoraggiato, non lo interrompo.
Solo una lo terrorizza, ed la mia cara Laetitia. Quando in camera sua
devo chiamarla per telefono, per non costringere Abdel a bussarle alla porta.
Mai, mi dice, una ragazza l'ha trattato come ha fatto lei una volta; e questo non
pu che fargli bene.
Quanto ai suoi rapporti con gli uomini, li riduce alla legge del pi forte.
convinto che in questo mondo marcio, bisogna essere pi marci degli altri.
58
60
Testimoni
Dopo tre mesi in rianimazione, quando Batrice porta i bambini nella mia
stanza, Laetitia fa di tutto per accertarsi del fatto che io l'abbia riconosciuta,
dato che la tracheotomia mi costringe al silenzio. Si impegna in un gioco
surrealista. Si intrufola dietro i membri della famiglia chini sul mio letto di vetro
e gli fa le orecchie da asino o le smorfie. Stupito, seguo quel suo darsi da fare
finch non trova nei miei occhi la scintilla del riso che la mia bocca affollata di
tubicini non pu offrirle.
I rimorsi esistono. Sono inutili e logorano per sempre. Se avessi potuto
evitare quella giornata del 23 giugno, non avrei stancato cos tanto Batrice,
turbato i bambini, lacerato Laetitia e reso fragile Robert-Jean. Quanto si sono
dati da fare, perch io non gettassi la spugna! Era qualcosa al di l delle forze di
mia moglie e dell'et dei miei figli. Da quel giorno partito il mio presente.
*
Sono su un letto fluidizzato che mi d l'impressione di galleggiare; un getto
d'aria calda muove delle biglie microscopiche che mi mantengono in
levitazione. Il calore, il ronzio del respiratore, l'assenza di punti di riferimento
temporali mi sottraggono alla realt. Sono assente da sei settimane, sei
settimane in cui il mio cervello andato in pappa. E tutto per cicatrizzarmi il
culo!
Le piaghe da decubito sono il flagello della nostra condizione. Basta che un
oggetto, un mobile, entri in contatto con il nostro corpo per quindici minuti noi non lo sentiamo - e la carne si apre. Ci vogliono mesi di cure meticolose
perch si richiuda. Pi volte ho avuto il piacere di trovarmi delle piaghe ai
talloni, ai gomiti, alle ginocchia, all'osso sacro. Erano cos profonde, le ossa
erano cos scoperte, che hanno dovuto operare per evitare infezioni croniche.
Le piaghe ti vengono anche negli ospedali. Per quanto mi abbiano accudito,
massaggiato, rigirato pi volte al giorno per tre mesi al centro di rianimazione,
sono bastati quindici giorni di terapia intensiva perch le piaghe si
manifestassero. Ci sono voluti nove mesi a Kerpape per bloccare questo primo
attacco.
*
61
Non ho molto tempo da offrirle, cara signora. Credo assai poco in Dio.
Quanto all'handicap, le mie riflessioni sull'argomento sono quelle di un
neonato.
Ma come rifiutare? Non ho voglia di discutere. La conferenza fra tre mesi;
con un po' di fortuna, le circostanze mi verranno in aiuto.
Mi piacerebbe partecipare con mia moglie, che da quindici anni soffre
anche lei di un male. Grazie alla sua fede, insieme raggiungiamo una media
discreta!
Che titolo vorreste dare al vostro intervento?
Mi assale la fatica, non ho pi riferimenti, solo un'ispirazione: Il secondo
fiato.
Benissimo, lo annunceremo come il secondo fiato di Philippe e Batrice
Pozzo di Borgo.
No, sar il secondo fiato di Batrice e Philippe.
sorpresa, ma io insisto. Ho la sensazione che dando voce a
quest'intuizione lei mi abbia permesso di rimettere il piede nella staffa.
Perch Batrice e Philippe? Nella mia infinita debolezza, sento che la
malattia di Batrice mi permette di adattarmi all'handicap con insolita facilit.
Mi assento ma non mi scoraggio. Non n senso di colpa verso una donna che
ha sofferto e resistito quindici anni, n orgoglio inopportuno che mi costringe
a uguagliarla. No, questa fiducia che ha nel profondo di s. Fintanto che c'
ancora energia, la nostra vita bella e sarebbe spiacevole non apprezzarla.
questo stesso sguardo che, dopo un mese di coma, mi accoglie al risveglio.
Come fare a esprimere il secondo fiato senza cominciare da Batrice? Poco a
poco, la vita, la sofferenza, le vere gioie, il piacere di parlare, la bellezza, mi
sono entrati dentro. Quante notti passate sdraiato accanto a lei, a pensare al
mondo, come se fosse lei la mia chiave di accesso alla verit.
Batrice uno splendore. Io la accompagno meglio che posso.
Non vedo segno della sua malattia. sempre cos bella, elegante, sorridente,
ottimista, attenta. Ma non riesce pi a salire le scale e, ogni tre mesi, resta
sdraiata per un'eternit. Fa in modo che tutto sembri normale. A volte, nei
momenti di grande fatica, urla la propria disperazione di non essere considerata
malata. Ce l'ha col mondo intero. Di fatto, ce l'ha con se stessa per la sua sete
di vita. Si lascerebbe andare del tutto. In quei momenti, le offro la mia spalla
perch posso abbandonarsi, e ricomincia.
La sera della conferenza, la sua calma e il suo sorriso esprimono tutta la sua
filosofia. Guardo questa sala di cinquecento persone sedotte dalla sua forza.
Nessuno tira su col naso o tossisce. Una folla attenta. Ecco la sua vita, nata dal
64
65
I cipressi di Batrice
Batrice viene ricoverata per l'ultima volta. Carmelitana dei tempi moderni,
abita in una sorta di bolla di plastica trasparente. Per accedervi devo
attraversare una prima stanza di decontaminazione, vestirmi dalla testa ai piedi
di biancheria sterilizzata. Lei in fondo al corridoio. Tre porte ancora. Una
sedia asettica m'attende. Restiamo due mesi senza poterci avvicinare, con solo
una reciproca visione sfocata e deformata dalla plastica.
Batrice contrae una setticemia generalizzata. Non pu pi n bere n
mangiare; nemmeno l'acqua varca pi le sue labbra. Dimagrisce riducendosi a
pelle e ossa, tenuta su dalle pillole, il muco che le riempie la bocca. Durante
questo periodo delicato, la raggiungo dall'altra parte della tenda che garantisce
l'asepsi.
l che dice a suo padre: Sai, pap, ho visto Cristo. M'ha detto: 'Asciugati la
bocca sul mio mantello, di un tessuto che cancella ogni sporcizia'. Paziente,
prende un'altra pillola. Ho cancellato ogni sporcizia.
Avvolgiti nel mio mantello di tenerezza.
Batrice vive le sue ultime esperienze terrene alla luce di questa salda
speranza, in questa attesa attiva.
Tre giorni prima della fine, la liberano dalla sua bolla di plastica. Troppo
tardi. Ha gli occhi gi chiusi. Quasi non vive pi. vengono i nostri figli, prima
l'una, poi l'altro, a turno sulle mie ginocchia. Singhiozzano mentre parlo loro di
lei; poi escono coi loro camici sterilizzati.
Sia fatta la Tua volont sono le sue ultime parole.
Le ha pronunciate ed sprofondata ancora di pi nel suo letto.
Mi hanno autorizzato a portarla a casa. Le infermiere la rivestono con il suo
tailleur color terra. La sistemiamo vicino al camino sul letto col baldacchino
dove amava riposare. Abdel piange. Per tre giorni, parenti e amici la
circondano. Gli occhi arrossati dal pianto, Cline, la ragazza alla pari, riempie di
cibo una tavola per sostenerci tutti. Mio padre organizza il funerale. Mi dice, in
lacrime, che lei gli ha insegnato a pregare. Abdel va a riprendere le sue cose in
ospedale: ci sono scritti e lettere.
Teneva un diario.
Da ogni evento raccontato trapela la dolcezza, l'amore per la sua famiglia, la
fede in Dio, la fiducia nella guarigione. Con ostinazione, s'impegnava a vivere
fino a quando il suo piccolo Robert-Jean non avesse compiuto diciotto anni.
66
testa esploder: gli occhi si sono gi ritorti, il corpo s' incurvato; da tempo ho
smesso di parlare. In una manovra disperata, taglio ogni cosa. Sparisco
nell'incoscienza con un'unica ossessione: resistere ancora una volta per i nostri
cari figli.
La prima volta che mi sono sentito solo nel mio letto stato il giorno in cui
la madre di Batrice mi ha annunciato che non c'era pi niente da fare,
checch ne dicessero i medici. Pi niente. Non resta niente dell'incredibile
presenza di Batrice, solo un dolore costante in fondo alla gola. Pi niente
dell'uomo d'azione, spezzato non dall'handicap ma dall'assenza. Sopravvive
soltanto l'angoscia per i nostri bambini. Resto a letto. La casa sfugge; Cline, la
ragazza alla pari, non fa pi niente, nemmeno io faccio pi niente. Solo poche
persone continuano a frequentare il nostro trio. I suoceri, certo, la cognata
Anne-Marie, qualche vecchia amica che la depressione lascia senza parole.
Il resto della famiglia alquanto discreto, anestetizzato dal nostro silenzio e
dal proprio pudore. I soli rumori quotidiani sono quelli dei bambini; alle nove e
dieci, la telefonata piena di entusiasmo e compassione di zia Eliane, il baccano
di Abdel, l'attivit mattutina delle aiuto infermiere - eppure, per alcune di loro,
non apro pi neanche gli occhi - e Sabrya, certo.
Amo Batrice. Col passare dei giorni, ritrovo i suoi scritti di dolore. Al di l
di qualche bozza di lettera che m'ha scritto al tempo dei miei lunghi soggiorni
all'estero, non resta che questo dolore. Quasi venticinque anni di vita comune,
una felicit inaudita, insolente, che ci siamo gustati innocenti e superbi. E ora
tutto ci che resta sono poche pagine disastrose, di solitudine, di dubbi.
Alla morte di sua madre, Laetitia ha letto i suoi scritti; ne rimasta sconvolta.
Ho trovato questi frammenti di orrore scarabocchiati con pena, sparsi su fogli
volanti e su due quadernetti, uno verde e l'altro rosso. Se almeno non li avessi
mai visti! Listano a lutto i nostri momenti di felicit.
*
Leggere una di quelle pagine mi fa restare a letto per giorni. Ero accecato
dall'orgoglio, non me ne rendevo conto. Occupano praticamente tutti i miei
pensieri. Di giorno me le faccio attaccare con lo scotch sul vassoio inclinato sul
mio letto; di notte, la loro presenza sul comodino accanto a me
insopportabile. Vorrei girarmi dall'altra parte, l dove Batrice dormiva, ma solo
la testa s'inclina a sinistra per lasciar scorrere le lacrime.
Non hanno mai date precise. Messe una dopo l'altra, riempiono a fatica una
ventina di pagine. Ogni parola un grido di disperazione. Ci sono passaggi che
rimandano a episodi che m'erano passati di mente. Riguardano la lacerazione di
69
una bellezza che non riuscita a generare che aborti e nati morti, l'inquietudine
di una donna piena di un cancro invisibile, cos bella agli occhi di tutti ma che
sapeva di marcire dentro; lo spossamento di un essere che avrebbe tanto
voluto e che non ha potuto. Allo stremo delle forze, ha dovuto subire l'ultimo
affronto quando colui che ancora amava s' fracassato la nuca su una terra che
avrebbe voluto dolce per i suoi ultimi giorni. Da amante sofferente diventata
una Piet rinchiusa in un corpo sfasciato. Lei, la crocifissa, mi ha resuscitato.
Suprema ironia. sepolta sotto il suo sorriso. Io mi sono dato come un bel
diavolo per sottrarmi alle sue gambe sanguinanti, al suo sangue andato a male, al
suo sforzo di cui avevo vergogna. Surfavo sulle strade. Per poi tornare sempre
a riprenderla tra le mie braccia sul suo immenso letto. Sorrisi amari per una
grazia che riuscita a dissimularne le lacrime, lei che da anni meritava
compassione.
*
Ho deciso di ripartire per Crest-Voland, di ritrovare il luogo in cui mi sono
sfracellato e, come per esorcizzare l'incidente, di rivolare l da seduto. Che
ragazzata! I miei veri amici sono quei pazzi volanti che Ba non apprezzava
affatto. Sono pieni di sensi di colpa, vorrei rassicurarli. Muoio dalla voglia di
seguire una corrente ascendente che mi porti a cinque o seimila metri
d'altitudine. L parlerei a mia moglie a voce alta, come mi capita talvolta di
notte. Nel fulgore della montagna avrei l'impressione di esserle pi vicino. Mi
capita di avere la sensazione oscura di volerla raggiungere, cos come dopo
l'incidente ho avuto quella di lasciarla. Irragionevole e infantile.
Ciononostante mi rallegro all'idea di vedere Abdel su un volo a due, che urla
a chi vuole sentirlo che non ha mai voluto salire.
I miei amici hanno approntato un sedile speciale che si gonfia non appena il
volo prende velocit e che dovrebbe ammortizzare i miei atterraggi. Yves,
aggrappato dietro, tiene i comandi. Abbiamo deciso che seguir le istruzioni
che gli trasmetter con dei movimenti della testa. Testa a sinistra, giri secondo
l'angolo indicato; testa in basso, freni; testa in alto, molli il freno. Facciamo tre
voli. Al decollo, a spingerci tutta la squadra, che ci fa prendere velocit.
Reclinando leggermente la testa verso il basso faccio segno a Yves che per
decollare bisogna dare un colpo ai freni.
Ritrovo la sensazione del volo, concentrata dentro la testa; con il resto del
corpo non sento niente. Sorvoliamo i nostri soliti percorsi. A un certo punto
Yves mi urla che sto rischiando: siamo troppo vicini alla foresta. Ma io so che,
sfiorando quasi le cime degli alberi, avremo bollicine a sufficienza per
70
71
Anima crsa
74
*
Stasera mi chiudo in me stesso. Cerco di percepire i confini del mio corpo
attraverso il dolore: la testa sta abbastanza bene, anche se un po' compressa, il
viso e il collo prudono per le allergie, le spalle sono cronicamente contratte.
Quella di destra soffre di una decalcificazione dovuta al trauma della caduta.
Per sei mesi hanno tentato di curarla con delle iniezioni di calcio che ogni sera
mi procuravano febbri e nausee, prima di rincretinirmi. Il medico ha detto:
Lei deve aver fatto proprio una brutta caduta. Era una battuta o la
considerazione distaccata di uno specialista che non vede al di l delle proprie
radiografie? Questa spalla a volte mi fa soffrire da morire. Quando capita,
nessuno pu toccarmi. Non respiro pi, chiudo gli occhi, so che passer, che
devo aspettare un minuto o due. Non importante, abbiamo passato di
peggio. S, s, passa, ve l'assicuro; no, non toccatemi, non toccatemi la spalla!
Tutti i nervi mi vanno in tilt a partire dalle spalle. Ci sono attimi in cui brucio al
punto che chiedo di essere lasciato al buio. Penso alla vergine folle di Rimbaud:
Soffro sul serio, Signore, un po' di frescura, per favore.
Ho letto nella Bibbia: Donami la forza di lottare contro le sofferenze che
posso sopportare; donami la pazienza di accettare quelle che non posso
cambiare, e non dimenticarti di donarmi la saggezza di sapere distinguere le
une dalle altre.
*
Sono sdraiato nella notte della mia stanza, attraversata dal rassicurante odore
dei preparativi in cucina. Domani riceviamo quaranta crsi della montagna; da
parecchio i Pozzo non ricevono come dei signori. Abdel s' fatto carico
dell'organizzazione; ha previsto un montone allo spiedo. Nel primo pomeriggio
sceso a scegliere un montone da un pastore qui vicino; sorpreso dalla
magrezza del gregge, ha ripiegato su una femmina di trentadue chili. Ritorna,
scarica la bestia. Ha tre zampe legate, la quarta libera. Va a cercare i coltelli.
Non sono sicuro di voler restare. Penso a Batrice; l'ho vista in quella pecora;
ho visto me stesso in quella pecora. Lei condannata, io paralizzato. La bestia
cerca di strisciare sul pavimento con la quarta zampa, ma non riesce che a
ribaltarsi. Quante volte ho sognato di sfuggire alla mia paralisi? Quante volte mi
sono sognato sano, che sollevavo Batrice dai suoi letti d'ospedale per
riportarla da me, nel nostro letto, e lei mi si spegneva tra le braccia! Il macellaio
l'ha tenuta fino alla fine. Le ha dato il colpo di grazia. Come ha potuto
sopportare tante torture senza lamentarsi mai?
75
76
Le Sanguinaires
Sdraiato sulla schiena, nella stessa posizione da quasi tre giorni, ho smesso di
soffrire. Tengo gli occhi chiusi. Sento martellare in lontananza. Non ci posso
credere: non ho pi male. Alle sette chiamo Abdel; si alza come un automa,
non dorme da tre giorni. Abdel, metta Schubert, per favore; fatico a
respirare; che importa, non ho pi male. Abdel mi serve la colazione.
Abdel, le dispiacerebbe leggermi un salmo, per favore? Dio buono, c'
un percorso di congedo per coloro che soffrono. Non lo so, sono spossato.
Fatico ad afferrare parole cos certe del proprio significato.
Gioved sera comincia la festa. Ceniamo, poi ci riuniamo nel gigantesco
salone per ascoltare i cantori di Alata. Nei loro canti c' una gran pena.
Sonorit arabe, note acute e voci bassissime rispondono alle vibrazioni della
montagna e alle urla delle poiane che la sorvolano vorticosamente. Sono
stanco, ma non riesco a decidermi a lasciare la sala. Cantano per me, per
Batrice. Gli ho chiesto di cantare il Salve Regina, i dolori della Vergine. Le voci
si levano e io mi chiudo in me stesso. Batrice adorava questo canto. Cantano
guardandomi, la mano sinistra contro l'orecchio. L'emozione mi spossa. Se ne
vanno, non ho assaggiato quasi nulla, non ho parlato, non ho ascoltato niente
tranne questa polifonia crsa. Un pastore mi stringe la mano, inchinandosi.
notte fonda, Abdel mi mette a letto, tremo di febbre. Dormo poco.
Per la prima volta dal mio arrivo in Corsica - sono gi passati dieci giorni decido di accompagnare i bambini in spiaggia. Mia cugina Barbara, suo marito
Philippe e i loro sei figli sono al solito posto dei Pozzo, una cala che occupano
da trent'anni. Barbara ricama all'ombra della tettoia, come Granny vent'anni fa.
Passa il pomeriggio sorvegliando le truppe. Mi metto accanto a lei. Rivedo le
spiagge della mia infanzia.
Il mio amico Franois rimasto paralizzato per colpa di un'onda piccola
proprio come queste. Faceva il bagno con i figli piccoli e la moglie; i bambini
giocavano in acqua. Un'onda un po' pi forte delle altre li ha spinti. Si sono
rialzati tutti con grandi risa; tutti tranne Franois, rimasto con la faccia
sott'acqua. Hanno pensato che scherzasse. Quando si sono accorti che non
respirava pi l'hanno portato a riva: aveva la prima e la seconda vertebra
cervicale fratturate. Grazie alla fede e all'amore dei suoi ha resistito sette anni
senza muoversi dal letto. I medici non ci credevano.
Poi morto.
77
Il cervello mi scoppia. Non vedo pi niente, soffoco. Per tre ore, Abdel
litiga con le tubature. Di tanto in tanto il catetere si libera, la pressione
scende, il cervello respira. Comincia a farsi avanti l'idea che tutto finito, fino a
quando una nuova scossa mi annichilisce.
Abdel passa la notte a purgare con delle siringhe lo sporco dalla mia vescica.
La mattina sudo, il letto bagnato, i dolori ritornano. Voglio raggiungere
Batrice, non reagisco pi. Abdel chiama un'ambulanza. Non c' soluzione,
bisogna aspettare, subire, non ribellarsi, riprendersi quando c' una tregua,
lasciarsi andare quando torna la crisi.
In ospedale c' un solo medico per il fine settimana. il caos. Le infermiere
sono contente di avere un Pozzo. Negli anni sono state ricevute al castello, e
via dicendo. Il medico parla di operare, Abdel fa resistenza passiva. Mi
mettono in osservazione. Non smetto di sudare a grandi gocce. Alle otto,
nuovo allarme. Il medico mi rimanda in ambulanza sui monti. Abdel mi mette
a letto. La notte terribile. L'indomani mattina esitiamo pi volte prima di
tornare in ospedale. Infine Abdel chiama perch ci diano un catetere di
diametro maggiore. Sudo sempre, ma rimane una condizione sopportabile per
una buona mezza giornata.
Nel frattempo arriva mia sorella Alexandra con suo figlio. Resto a letto, non
sono in grado di accoglierla. Alle due del mattino ho un attacco improvviso.
Non ricordo di aver mai sofferto cos tanto, un dolore inutile, come quello di
una donna che partorisce un bambino morto.
Per il nostro primo figlio, Batrice serrava le mascelle dal dolore e dalla
rabbia. Io urlo. Alexandra si sistema in una stanza in cima alla torre. Laetitia
con lei e singhiozza. Abdel impedisce a chiunque di entrare nella mia stanza. Si
d da fare per sbloccare la situazione. Un'ora dopo sono libero. Tremo tutto,
non riesco nemmeno pi a chiudere la bocca. Abdel preoccupato, non riesco
a parlare, cerco di evitare di mordermi, con tutto questo tremare. Respiro a
scatti. Ci vogliono diverse ore prima che il mio corpo rinsavisca. L'indomani
mattina, Abdel mi lascia dormire. All'una, come previsto, arrivano i nostri
cugini di Bastia. Chiedo ad Abdel di mettermi seduto.
La Corsica alla deriva, dice Antoine. La cosa lo rende triste. Seguo la
conversazione in modo distaccato. Alexandra lo ascolta. La cosa mi permette
di riposarmi in questa maledetta sedia a rotelle, dietro il cappello e gli occhiali
da sole, avvolto in una djellaba. Mi gira la testa, grandi gocce scorrono sotto il
cappello. Hlne, la moglie di Antoine, lo fa notare. Ci tengo a restare
comunque sino alla fine, per rispetto dei miei amici del Nord. Hlne una
donna delicata, un viso grazioso poggiato su un collo magro e allungato;
79
qualche anno prima ha subito un intervento alla mammella che l'ha guarita dal
cancro. Ha seguito gli ultimi mesi di Batrice con coraggio e compassione.
Guarda il mondo coi suoi occhi profondi. bella e silenziosa. Suo marito
analizza la situazione gustando il cinghiale crso preparato da Franoise.
Aspetto lo scalpellino. Vorrei che la lastra provvisoria sulla tomba di Batrice
venisse sostituita con un marmo rosa della Corsica. Lo scalpellino arriva, con la
sua testolina rinsecchita, la sua grande barba rossa e il suo carattere eccentrico.
Sono ventott'anni che si occupa di pietre tombali. La sua serenit e il suo senso
dell'umorismo portano una ventata di freschezza. Gli parlo dei miei ricordi di
bambino, dei suoi colleghi di un tempo, fuori dal cimitero marino di Ajaccio.
All'epoca erano in una cinquantina, a farsi concorrenza. Oggi lui l'ultimo
rimasto in Corsica. Ne va fiero, ma non tramander il suo sapere al figlio:
Tagliare pietre un mestiere senza futuro.
*
Alla fine la lastra provvisoria verr rimpiazzata da una composizione a
mosaico realizzata su mia richiesta da mia sorella Alexandra. Raffigura dei
crisantemi gialli e degli iris viola, l'assortimento preferito di Batrice.
80
Sabrya
Batrice giace sul letto. Tra pochi istanti i becchini la porteranno via.
La depressione mi travolge. I mesi passano. Ho smesso di combattere.
venuto il momento di lasciar andare Batrice.
Quando ballava mi faceva girare la testa; pi in l, l'ho sorretta malgrado
avesse le gambe coperte di piaghe. I nostri ritmi sono mai stati in sincrono?
In questa corsa sfrenata, non ho saputo essere all'altezza della sua precaria
energia.
*
Stamattina, come ogni mattina, per due ore venuta a occuparsi di me
un'infermiera. Questa non la conosco. Dice di chiamarsi Sabrya, che in arabo
significa pazienza. Ha l'et di Batrice quando l'ho conosciuta. L'ho scambiata
per lei. Eppure bruna, ha gli occhi a mandorla, lo sguardo nero, vellutato e
tenero. Ha la pelle opaca, color albicocca, dal tocco di pesca.
Ogni mattina l'aspetto. Quando la sento arrivare chiudo le palpebre. Lascio
che sia lei ad aprire i miei occhi arrossati dal dolore e dall'insonnia. Lo fa da
mesi.
Mi rade; il suo viso si avvicina al mio. Chiudo gli occhi, mi concentro sulle
sue mani delicate che mi distendono le rughe della notte. M'inebrio del suo
profumo; vorrei che mi restasse accanto fino a quando non vado a dormire.
Un giorno mi dirai che un po' mi ammiri. Avvicinati, voglio dirti una cosa.
No, lo so cosa mi vuoi dire.
S, Sabrya, vieni qui. Un giorno mi dirai che un po' mi vuoi bene. Con il tuo
bel sorriso. Vuoi andartene? No, Sabrya, dammi ancora una sigaretta, ancora
tre minuti, per favore, Sabrya.
No, devo andare, ho altri pazienti.
Sabrya, un altro bacio, per favore. Voglio dartene un altro dietro
l'orecchio.
No, non dietro l'orecchio, mi fa troppo il solletico, solo sulla guancia.
Si china su di me. Una volutt deliziosa, profumata. Mi dice che ha venti
profumi. Non sento nessuna differenza, sempre lo stesso odore.
Un giorno me lo dirai, se mi ami un po'.
Promesso, ti faccio un segno.
81
parola sul mio sogno. Le mormoro tenerezze: Adoro i riccioli naturali che hai
dopo la piscina, quelli che tu detesti perch ti senti troppo etnica. Te ne
accorgi che passi un'ora al giorno a stirarti i capelli all'indietro? Certo, ti libera il
viso, ma adesso lascia che i riccioli vengano gi. S, lo so che hai un seno
minuscolo e ridicolo, e i cuscinetti di cellulite; ti donano. I pantaloni ti
modellano. Vedo il tondo delle tue ginocchia, il tuo braccio intorno alla mia
testa e sento la dolcezza. M'interrompe scoppiando a ridere mentre un'auto ci
sorpassa.
83
meglio.
Vivono tutti insieme ormai da tempo. Cos li ha sorpresi vedermi turista di
passaggio, pronto a ripartire. Ho promesso di tornare.
*
Aspetto Sabrya nella hall. Mi sono riposato tutta la mattina. Nell'ingresso,
altre tre sedie a rotelle circondano la ragazza alla reception, una bionda
portoghese. Arriva Sabrya con un vestito a fiori colori pastello, trasparente fino
a sopra le ginocchia rotonde. Porta scarpe beige con il tacco. Una bretella del
reggiseno bianco le attraversa la spalla scura.
I capelli sono pettinati all'indietro. Mi vede subito, mantiene il suo sorriso
per gli altri, dice buongiorno a tutti con la sua voce infantile e allegra. Ci
avviamo in direzione del parco di Buttes-Chaumont. Guido la sedia a rotelle
aiutato da una palla da tennis sistemata sotto il mento e collegata direttamente
al motore e alle ruote posteriori. Sabrya cammina alla mia destra. Mi preoccupo
di regolare l'inclinazione della palla in modo che lei mi possa stare accanto.
D'una allegria contagiosa, i capelli che brillano al sole, ride di tutte le
sciocchezze che dico. Quando esagero mi fa l'occhiolino, come se desse un
buffetto amichevole a una mano che non pi morta. Entriamo nel parco.
Giro la testa all'indietro, la guardo negli occhi e le dico stupidaggini amorose.
Di tanto in tanto lei batte i piedi: Basta, basta, continuando a ridere, oppure:
Philippe, adesso basta!
Durante la sosta, non ho pi male. Le chiedo i baci del giorno prima. Me ne
d con parsimonia all'angolo degli occhi. Arriviamo infine in cima al parco, a
una terrazza di ristorante. Sistema la sedia vicino alla mia e mi siede accanto. I
nostri visi sono vicini. Non smettiamo di guardarci negli occhi. Un bambino
boccoloso si avvicina senza fare caso a noi.
Sabrya, devo dirti delle cose, tra un po' ce ne andiamo sotto un albero e tu
mi aiuti.
Il suo sguardo si fa cupo.
Dimmi, Philippe.
No, tra un attimo, sono troppo agitato.
Un ragazzo prende l'ordinazione; lascia dei tovaglioli sul tavolo dietro di noi,
non li tocchiamo. Continuiamo a scambiarci tenerezze, a ridere. Sabrya
appoggia un braccio sul mio. Poi vuole sapere.
Ci allontaniamo, spostandoci sotto un albero. Bambini giocano sull'erba,
cigni poltriscono sullo stagno a cui conduce un sentiero di fiori. Ho liberato la
palla da sotto il mento. Sabrya mi si siede sulle ginocchia, mettendomi le
86
sognato. Sabrya distesa nuda accanto a me. I nostri due corpi sono orientati
nella stessa direzione. Si piega in posizione fetale. Immagino la dolcezza delle
sue gambe, immagino di posare la testa tra i capelli che le partono dalla nuca
delicata. Mi sono addormentato dentro i suoi profumi, dentro questo sogno.
Passer con me gli anni che ci restano, avremo un sacco di bambini. Durer
fino alla fine dei tempi. Parler coi miei figli, rider insieme a Laetitia. RobertJean sar un po' innamorato di lei.
L'ho sognata felice con questo curioso personaggio di un altro mondo.
Chiudo gli occhi al sole. Nell'arancione delle mie palpebre, la vedo che
m'accompagna. Non la mia compagna, ma la mia compagnia, che avr il
diritto di baciare dietro le orecchie mormorandole i miei dolci sogni.
Ovviamente, dovr amarmi. Ma su questo non possiamo farci niente; o
succede o non succede. Forse non succeder mai.
88
Orizzonte
L'amico arrivato, come quelli passati questi ultimi tre giorni, come le
telefonate a cui non ho risposto.
andato via, dopo avermi ricostruito i suoi ultimi vent'anni senza che io
dicessi una parola. Non sapeva che altro dire; c'erano giorni della sua vita che
prendevano minuti interminabili e poi liquidava un anno in pochi secondi.
Resto tutto serio in fondo al mio letto.
Oggi passato Marc, il kinesiterapeuta; non ho nemmeno seguito i
movimenti che faceva a questo corpo inerte. Ha cercato di farmi ridere.
Alain de Polignac, principe amico, mi ha raccontato la champagne. Non me
la ricordo pi.
Abdel mi ha acceso una sigaretta. Il bruciore nei polmoni una delizia.
La frescura dell'acqua del torrente di Vizzavona, sopra Ajaccio, m'invade
come quando ci bagnavamo, bambini, o pi tardi, nudi, con Batrice. Il
bruciore e la morsa del freddo si confondono.
Aspetto l'oscurit.
Col passare dei giorni e delle settimane, ho perso il filo della memoria, il
passato s' appiattito. inerte, come me.
Il brioso, l'irrequieto, l'ambizioso, il goloso, non ha pi voglia. Colpa mia.
L'ho ucciso. Il futuro non pu essere che peggiore. Nessun'altra donna mi
stringer tra le braccia. Io sono brutto, lei se n' andata. Staccate la spina! Non
chiedetemi niente, non ho pi la forza.
Il corpo non reagisce pi. 34 gradi di temperatura, sessanta di pressione.
Alzo la testa, giro lo sguardo. Di tanto in tanto le infermiere cercano di farmi
una doccia. L sprofondo nel buio. Non voglio pi uscire.
Sono a letto. L'allergia mi divora di nuovo il viso. Ascolto la mia stazione
radio preferita, le Variazioni Goldberg, meravigliose.
Se finisco di raccontare questa storia forse perch c' una donna al mio
fianco e ho ritrovato il mio secondo fiato. La sua presenza mi riporta nel
mondo degli umani.
Devo essere ricoverato. Al risveglio ho gi freddo.
90
Canti dell'ora
93
Libro II
Il diavolo custode
Pater noster
musicale.
Dolce sposa,
prima di tutto un pensiero per chi ci ha lasciato: la mia cara suocera che
aveva saputo prendersi cura con tanto coraggio di sua figlia Batrice, Granny,
mio padre il duca, che se ne andato dopo aver conosciuto la sua nipotina
Wijdane.
Sessant'anni! Avevo dimenticato. Non si mescolano carne e 'vegetali' questo un gioco di parole di Abdel - quindi sono quarantadue anni da
normale e diciotto di invalidit, e questi ultimi valgono sette ciascuno, come
per i cani. Fate voi il conto!
Ringrazio Abdel che mi ha aiutato quando sono uscito dall'ospedale,
vent'anni fa. Molto presente nel periodo della morte di Batrice, mi ha
accompagnato in quegli anni difficili, insieme ai miei figli, salvandomi la vita
numerose volte, sino a portarmi in Marocco, dove ho avuto la rivelazione di
Khadija.
Ho ritrovato il gusto della felicit.
Abdel il diavolo custode trasformatosi, dopo tanto vagare, in un
improbabile sostegno alla mia vita. Questo desperado, ostile a tutti, ribelle a tutto,
oggi sposato e padre di tre figli. Ha fondato una ditta dove si toglie il gusto
malizioso di ingabbiare tutti quei polli che per troppo tempo l'hanno fatto
correre.
96
Il ragazzaccio
Il poliziotto gli chiede di accostare. Io, con gli occhi chiusi, faccio la mia
parte. Siamo a 205 spiega Abdel. un'emergenza, il signore nel pieno di
una crisi ipertensiva.
Dal mio angolo faccio partire qualche lamento. Abdel mi solleva una mano e
la fa ricadere, per mostrare che sono paralitico.
Se non lo intubiamo subito gli scoppier la testa dice, esibendo la mia
tessera da disabile. Esitazione e consulto tra colleghi. Tornano con le loro
motociclette, lampeggianti accesi, e ci fanno strada a tutta velocit verso
l'ospedale di Vernon. Che spasso si entusiasma Abdel.
All'ospedale uno degli agenti chiama i medici di guardia. Abdel sistema i
cuscini antidecubito sulla barella e mi estrae dalla vettura sotto gli occhi
sbalorditi dei poliziotti.
Non avete un guanciale per sostenergli la testa? chiede al barelliere. E al
medico: Bisogna inserire un catetere sottopubico, un blocco della vescica.
Mi schiaffeggia per riattivare la circolazione. I poliziotti salutano e se ne
vanno, ma Abdel non risponde, troppo indaffarato: Abdel, cerchi di non
esagerare gli sussurro, e pi forte: Abdel, cos' successo? Ho mal di testa.
Ah, finalmente si sta riprendendo, signor Pozzo! Allora non niente,
dev'essersi sbloccato con il trambusto del viaggio.
Poi, rivolto all'infermiere: Potrebbe aprirmi la portiera?
E mi risistema a bordo.
Per la cronaca, riuscimmo poi a raggiungere il cantiere allestito dalla
squadra di Abdel nella splendida scuderia del XVIII secolo di mia propriet.
Le antiche boiserie erano state divelte e servivano come combustibile per
cuocere l'agnello mechoui nel grande camino, anch'esso d'epoca. Per contro, gli
infissi nuovi non resistevano alle intemperie e gi si imbarcavano, e una
persona sana non avrebbe mai potuto salire al primo piano senza sbattere la
testa contro il soffitto della rampa successiva. Ma per lei non c' problema,
no? E per gli altri, troveremo qualche carrozzella extra!
Non si poteva accedere direttamente dalla sala da pranzo alla cucina,
bisognava passare da fuori, mentre nel mio bagno la porta era stata montata a
rovescio e la carrozzella non ci passava. E l'elenco potrebbe continuare! Chiusi
immediatamente il cantiere.
Al ritorno fu la solita storia. Abdel, ma cosa fa, dorme? Non vede che
quasi addosso alla macchina davanti?
Non si preoccupi!
E, per l'ennesima volta, Abdel riusc a tamponare un'automobile che aveva
rallentato davanti a lui.
100
101
Le cappuccine di Rivire-du-Loup
prestazioni.
Il giorno dopo, partenza all'alba per percorrere mille chilometri a passo di
lumaca. Abdel inserisce il regolatore di velocit e sonnecchia per tutta
quell'interminabile autostrada. Ci troviamo ora su una provinciale innevata che
costeggia il San Lorenzo; si fatta notte e Abdel si perso, perch non capisce
le indicazioni degli autoctoni. Alla fine, dal nulla, a strapiombo sul fiume, sbuca
un lungo edificio in legno. Parcheggiamo e una vecchia suora cappuccina, vede
Abdel?, il cui ordine impone voti di povert, e di castit Abdel!, ci accoglie in
saio e sandali in mezzo alla neve. vi sono altre vetture parcheggiate, pi
modeste; la monaca sembra sorpresa dalla nostra vettura e dagli occupanti.
Abdel apre la carrozzella e mi estrae dal sedile; momento di panico della santa
donna quando sono colto da una serie di spasmi muscolari. La madre superiora
non ha mai avuto a che fare con pellegrini della nostra confraternita; annuncia
le regole da osservare rigidamente: silenzio, ala riservata alle donne, e qui lancio
ad Abdel uno sguardo eloquente, e orari. La camera di Abdel sormontata da
un cartello: Qui abita Dio.
Normale commenta Abdel. La faccenda non inizia sotto i migliori auspici.
Il programma della giornata spartano: sveglia alle sette (per noi alle cinque
e mezzo), e luci spente alle dieci e mezzo di sera.
Abdel si annoia; non sa pi a che santo votarsi, o a che seno poppare, come
direbbe lui. Il luogo isolato, la neve alta, e la visibilit ridotta da una densa
nebbia che durer per tutto il nostro soggiorno. Non osa quindi allontanarsi
pi di tanto, anche per timore che io possa avere dei mancamenti, cosa che
succeder a pi riprese. Di giorno ammazza il tempo e di notte corre la
cavallina. Non sono certo i divieti e le porte chiuse a fermarlo.
Noi pazienti siamo circa una cinquantina. Sin dalla prima riunione mi
rendo conto che questi uomini e queste donne di tutte le et sono degli invalidi
della vita. Dietro un'apparenza normale si nascondono drammi che risalgono
spesso all'infanzia: incesti, pedofilia, a volte subita da parte del parroco, stupri e
altro ancora. Ho visto gente anziana sciogliersi in lacrime: ci erano voluti pi di
cinquant'anni per riconoscere la propria ferita. Resto colpito dallo spirito di
compassione che regna ovunque. Queste persone non soffrono fisicamente,
ma di dover convivere con i loro segreti. Ci troviamo tra perseguitati; basta che
uno solo inizi a confessarsi perch tutti gli altri lo seguano. Finalmente
comprendo la ragione delle decine di scatole di fazzoletti di carta sparse in ogni
punto del salone; per chi ha problemi psicologici, come pane benedetto.
Disteso sulla mia scomoda carrozzella, ricoperto da un lenzuolo bianco con
cui Abdel ha deciso di abbigliarmi (confessa di essere rimasto impressionato da
103
105
Torno dal Canada privo di fede quanto lo ero all'andata, ma convinto che
noi tutti, credenti e non credenti, cerchiamo la Speranza.
Dio un interrogativo che non mi ossessiona per nulla. Non ne ho il
carattere, n la disposizione di cuore o d'anima. Forse la solidariet, la fraternit
della nostra condizione potrebbe condurmi a condividere i riti o
l'appartenenza a una comunit, quella dei disabili o quella dei credenti. E
perch no?
La Fede di Batrice ormai nell'eternit; io, il disabile, scopro la speranza
nelle nostre miserie, nei piccoli nulla di ogni istante che contengono la
possibilit del meglio.
Gioite, handicappati, perch la speranza in voi.
La Speranza dice Dio, ecco una cosa che mi lascia di stucco.
Persino me.
Davvero sorprendente.
Che quei poveri piccoli vedano come va il mondo, e continuino a credere
che domani andr meglio [...]
Ma il difficile sperare. (A voce bassa e con vergogna.)
Il facile invece, la discesa, disperare, questa la grande tentazione.{x}
107
Le consolatrici
Io devo il mio sentirmi ancora integro alle donne e alla loro immensa
capacit di consolazione.
Abdel ama le donne bene in carne, e dopo l'uso me le propone con tanto di
note e commento.
Non il mio tipo, Abdel.
E so di cosa sto parlando perch, mio malgrado, ho goduto di un regalo di
Abdel.
La musica riempiva la stanza buia, i dolori neurologici il mio corpo. Abdel si
affaccia alla porta: Ho un'aspirina per lei, e scompare per lasciar entrare quelli
che chiamerebbe due airbag. Buona notte.
Si chiama Aicha e mi raggiunge senza troppe cerimonie, completamente
nuda. Si raggomitola contro la mia spalla. Non scambieremo una parola per
tutta la notte. piena di attenzioni e non sembra turbata dal mio stato. La sua
presenza mi tranquillizza. Infine mi addormento.
Una sontuosa cavallerizza mi monta e mi riporta in scuderia qualche mese
dopo, sfiancato. Una donna abbandonata mi dedica cure materne eccessive e
troppo a lungo.
Un vicino, dopo aver letto il mio libro, mi invia una cortigiana; Abdel muore
dal ridere dietro la porta mentre la massaggiatrice mi manipola le orecchie,
oltre al resto.
Gli incontri con una mulatta, figlia di una principessa del Mali e di un
marinaio svedese, hanno accompagnato le mie notti in bianco. Lei stessa si
stupiva delle mie esigenze.
Una grande valchiria agitata mi guida; mi propone della polverina. Si distende
e ondeggia interminabilmente, ebbra alla deriva. Si addormenta, rannicchiata.
E alla fine Clara. Ha conosciuto Batrice a Larmor-Plage quando ero in
ospedale in Bretagna. Mi chiama a Parigi in un giorno di disperazione. Rester
per la notte, poi per quindici giorni, poi per due anni a intermittenza. Nella sua
innocenza ho ritrovato tutte le verit della mia anima smarrita. Mi ha fatto
dimenticare la sgradevolezza dei miei appetiti. Le parlo tanto; concentrata sulle
parole che s'infiltrano tra noi, m'interrompe con un bacio. Le sue attenzioni mi
ubriacano.
Il mio abbandono seduce la sua solitudine. Ritrova i suoi sogni d'adolescente;
gli anni del tradimento si cancellano e lei di nuovo spera. S'insinua tra gli
108
annessi meccanici della mia condizione per soddisfarsi con frammenti della mia
apparenza. Il suo candore mi commuove e l'abbandono dei suoi sensi al mio
corpo disfatto instilla una riconoscenza dolcemente triste. Presto il respiro
della sua quiete segna il tempo delle mie notti riconfortate.
La guardo nel suo tailleur blu Savoia e sogni d'amore sfiorano il mio
sfinimento. Lei mi accompagna lungo i vialetti del parco. Non sa dove
collocarsi rispetto al mio corpo. Alzo la testa per vederla. Mi bacia, con gli
occhi chiusi.
Stanotte la pulsazione del cuore nel mio collo ha il ritmo delle immagini di
lei; sento che i nostri giochi si fanno pi languidi. Una nuova pigrizia rallenta i
corpi. Lei si spande come una nuvola. La sua mano accarezza lenta il seno
pesante. Ci ritroviamo nel suo slancio, reso estremo dalla mia attenzione
partecipe. Si trattiene sino a condividere la mia paralisi; l'onda impercettibile
sino al sospiro nel suo sguardo. Rannicchiata, finalmente appagata, le labbra
dischiuse, mi sorride affinch io non pianga, mormorando tenerezze. Accetta
gli spasmi muscolari come un pegno dei miei ardori. Da questo corpo
sradicato, ecco un nuovo codice amoroso.
Le sue assenze non provocano reazioni in me. Confesso la mia impotenza e
torno ad aspettare. Smetto di mangiare. Fatica dell'inutilit.
Le scriver.
*
Clara,
sdraiato. Temo il tuo silenzio definitivo. La tua bellezza acquisterebbe un
senso nuovo, non un desiderio, ma un dolce legame con i nostri giorni smarriti.
Aspiro a questa tranquilla continuit.
Inventiamoci un avvenire plausibile. Tu saresti distesa al mio fianco, i corpi
distanti, una compagna senza effusioni, presenza impalpabile. E se questa
distanza infima diventasse intollerabile, verresti a posare la testa sul mio collo;
forse il tuo corpo sul mio, insensibile. Chiuderesti gli occhi sul freddo
abbraccio e ti culleresti di nuovo nel rimpianto dei sensi.
Come pretendere questo viaggio esitante? Tristezza dell'immaginazione.
Riportami al centro. Obbedir.
109
Scontro di civilt
Abdel non vuole dover niente a nessuno; io, per forza di cose, sono pi
conciliante, perch dipendo dagli altri. Non sia categorico; non tutto bianco
o tutto nero, Abdel, ci vogliono le sfumature per capire la realt.
Adora le provocazioni. A mio fratello, che un informatico, spiega che c'
un errore in un suo programma; Abdel non sa neppure come si accende un
computer! Prova la gioia del sobillatore.
Davanti a un gruppo di disabili dice a uno di loro, appeso a dei sostegni: Per
un handicappato pi facile trovare lavoro che per un arabo. Silenzio
sconcertato. Ma sto scherzando!
E tutta la sala scoppia a ridere.
Filosofia abdeliana: va tutto in merda. La morte una fatalit, e il resto
solo commedia. E soprattutto, niente impegno politico: Non serve a niente,
sono tutti marci!
E i giovani musulmani che si fanno ammazzare per la libert e la giustizia?
S, ma non sono la libert e la giustizia del vostro mondo, dove tutti
imbrogliano, le periferie bruciano, si lasciano morire i vecchi da soli, c' sesso
dappertutto e tutti pensano solo al loro interesse; allora io penso al mio, mi
arrangio meglio che posso, e se a qualcuno non va bene, peggio per lui.
C' del vero. Rilancio: Ma Abdel, lei un perfetto esempio di occidentale!
Pensare solo al proprio interesse un modo di servire gli interessi della
borghesia. Pi uno pensa solo a se stesso e non agli altri, pi diventa
vulnerabile.
Rimane perplesso.
Si incupisce di fronte ai quadri astratti che colleziono. Un lusso da 'piccoli
grandi borghesi'. Se ci vuole l'interprete per capirci qualcosa, vuol dire che c'
un problema.
Un giorno, a una mostra di Zao Wou-Ki, io rimango estasiato davanti a
queste tracce che sopravvivranno all'artista: Posso lasciare tracce diverse, io, se
vuole!
Ha ragione, Abdel, arte per l'arte, senza impegno, come praticamente
tutta l'arte contemporanea. Ma alcuni di questi artisti riescono a commuovere, a
diventare un punto di riferimento, a risultare accessibili; persino a lei, Abdel.
Accessibili a quel prezzo? Altroch se commuovono! E non abbiamo certo
gli stessi valori!
110
Il pianista sfiora i tasti. Sto con i miei assenti; bisogna tornare, rimanere a
testa alta anche se tutto mi vuole piegare. Infine il sollievo della posizione
orizzontale; scende il buio, abitato.
Sino a quando?
Rivedere qualcuno come te, cara Clara. Quei momenti fuggevoli
accompagnano le mie assenze.
112
Rien ne va plus!
riprenderci l'automobile.
Deve trattarsi sicuramente di un conoscente di Abdel che ha abusato della
sua fiducia. L'uomo tumefatto discolpa Abdel di fronte alla polizia, per evitare
ulteriori rappresaglie. La sera stessa ritrovo un Abdel trionfante. Abdel, cos'
questo macello? Non dovremmo offrire i nostri servizi a dei malviventi, e
dovremmo invece trattare con i guanti le ricche signore.
Non sa quanto ha ragione. L'altroieri ho dovuto darmi da fare per
soddisfare una cliente decisamente grassa!
Sono orripilato, e anche inquieto.
Dopo aver fatto il punto con Laurence, dopo aver verificato che il trenta
per cento del parco vetture in riparazione e dopo essermi sorbito la litania
dei reclami, annuncio la chiusura della societ. Questo scherzo durato sei
mesi e mi costato molto caro.
Con un pizzico d'incoscienza suggerisco ad Abdel di pensare a un progetto
pi adatto a lui. Non ci mette molto prima di ripresentarsi con una proposta:
Dobbiamo andare alle aste con metodo di estinzione di candela vergine,{xiv} e
comprare appartamenti occupati; si trovano delle buone occasioni.
Ci credo, con gli affitti bloccati!
Questo non un problema.
Abdel mi issa sino alla sala d'aste. Silenzio dei banditori e dei partecipanti alla
nostra comparsa. Al primo appartamento che ci interessa reclino la testa per
comunicare la mia offerta, come facevo da Drouot per l'acquisto di opere
d'arte. Vista la mancanza di reazioni del banditore, Abdel si alza di scatto
imprecando e alzandomi il braccio, cosa che provoca una serie di spasmi
generalizzati: Guardate, ha fatto un rialzo! Grande successo di pubblico.
Torneremo per vari giorni di seguito e acquisteremo cinque appartamenti in
quartieri di moda. Abdel gestisce: invia i suoi sgherri a far sloggiare gli
inquilini, s'incarica delle migliorie necessarie e riempie gli immobili.
La contabilit non esiste, non ci sono guadagni; rivendo.
*
Clara,
lascia perdere tutta questa confusione, dammi una forma semplice e frugale
tratta dal nocciolo dei nostri ricordi. Imponi i tuoi limiti alla mia dispersione,
inquadrami nei tuoi gesti, circondami con le tue intenzioni, ricostruiscimi dalle
mie rovine. Disintegrato, senza spessore, cosa posso proporti?
Come mi piacerebbe sentire la tua mano sulla fronte, la tua bocca capace di
resuscitare una parte di me, una parte ridotta, ma densa.
115
Ogni giorno le tue lettere mi rendono la libert, amo ritrovare, nelle tue
parole, le sensazioni. Questo corpo atono mi rifiuta i momenti trascorsi:
esploriamo allora quelli presenti.
Sommiamo i domani per comporci un passato e avremo una memoria
comune, un nuovo orizzonte.
116
Un mondo in gestazione
Invalidi, in piedi!
*
Clara,
non ho pi lasciato andare la mia anima alla bellezza del mondo. Le mie
carni vanno in rovina. Mi sono perso lungo la strada, dal primo fervore
all'abbandono in cui vivo adesso. Sono indifferente a tutto. Ritroviamo quella
risorsa che indovino, fresca, al tuo fianco.
Reclamo i tuoi sogni. Prestameli; ti offrir il mio io intermittente. Vorrei
ricominciare, abolire il tempo greve della sofferenza e della rinuncia.
Se mi darai forma potremo andare avanti, cos come siamo.
118
Giochi di ruolo
pesantezza della sua corsa. La donna sbava vorace verso la sua progenie e con
le braccia in avanti grida il mio nome dietro a quel piccolo che insegue una
bambina, con l'uccello gi rigido.
La visione si allarga su creature agitate, alcune si fermano per partorire a
gambe larghe, altre lottano fra loro, altre ancora si abbracciano. La Terra, cinta
dalla luna frenetica, gira intorno al sole con occhi languidi; il bell'astro arrossisce
per un'altra stella. Ho infine scoperto la legge universale del desiderio. Il
membro dell'uomo alimenta il latte della madre.
Come sono contento di essere salace. Non offenderti; grazie a te ritrovo la
Commedia.
120
Il padrino generoso
ipocriti, per mettersi a urlare. I maschi si dileguano nel freddo del giardino e le
femmine, meno eccitate, attaccano a spettegolare.
Zio, la festa stata davvero un pensiero gentile. Per fortuna non c'erano i
miei genitori. Meglio non inviargli fotografie della serata. Mi abbraccia
affettuoso e raggiunge gli amici. Abdel mi riporta nei miei appartamenti.
Incrocio la maliarda, avvolta nella pelliccia e scortata dal manager, un
autentico pappone.
Abdel li accompagna all'uscita.
Hanno una bella Mercedes, che gliene pare della carrozzeria?
Abdel, mi sembrava di averle chiesto qualcosa di buon gusto.
Ma guardi che non mica una puttana.
Bene, allora lo spiegher lei a John, e nel frattempo grazie per l'aiuto. Mi
metta a letto.
Esigo una suite per violoncello di Bach. Il giorno dopo un amico, un
principe, l'unico a farsi vivo: Un peccato non essere stati invitati!
122
Lo sballo chiacchierone
124
Ospitalit marocchina
127
La citt in rosa
Una marocchina accarezza, con aria distratta, la coscia di uno straniero, triste
creatura persa in un illusorio altrove. Questo bel popolo finir forse per
rovinarsi nella nostra societ senza punti di riferimento? Qui tutte le case sono
munite di antenne paraboliche e delle loro bugie.
Sapete che qui il tempo praticamente non esiste? Un incontro casuale decide
il da farsi. Una lunga fantasticheria accompagna l'ombra delle palme. Dio
decider per tutti quando sar il momento. Perch rincorrere gli istanti? Piccoli
niente scandiscono questo tempo discontinuo.
Una cicogna sale lentamente nell'aria pigra.
*
Baster soffrire tutti insieme nella riprovazione muta degli di per rimanere
innocenti? Esiste un'et indefinita che il male non potr raggiungere? Il regno
dell'indolore canceller i martiri.
Mi sono tenuto al fianco donne senza parole affinch il loro profumo mi
tenesse in vita.
Sento una debole speranza nello sguardo impietoso di un bambino. Il suo
interrogativo il pegno della mia esistenza. Accenniamo a un sorriso, vorrei
aiutarlo. Come osano proporgli il bisogno, il paradiso dei bisognosi, come
unico orizzonte? La frugalit il tuo vero tesoro.
*
Amare l'altro senza nome, senza che affiorino preoccupazioni, sopravvivere
nell'atonia del deserto sulla tomba del nomade? Qui nessuno ha vissuto, le ere
sono trascorse come l'azzurro slavato del suo sepolcro; le rughe nascoste dalla
maschera, sino alla caduta improvvisa dell'ultima sabbia. Rabbrividisco sotto il
sole bruciante; cicogne si sparpagliano qua e l in cielo; non troppo tardi.
*
I grappoli gonfi della buganvillea, la cascata scarlatta delle rose rampicanti, il
sussurro della fontana di mattonelle smaltate color ocra, l'ombra tremolante
degli ulivi saranno l'incanto dei miei giorni.
E smetter di ribellarmi.
128
130
Lalla Khadija
L'ho vista mentre la folla si disperdeva sotto le cateratte del cielo. Scivola
sulla piazza tra i calessi abbandonati. I nitriti dei cavalli imbizzarriti a volte
coprono i tuoni. Il viale delle palme s'inchina al suo passaggio noncurante.
Sembra scivolare, minuta, indifferente alla tormenta. I gagliardetti del palazzo
reale schioccano nel vento. Un raggio di sole la inonda di luce. Una bambina le
tende la mano, e spariscono.
Alcune persone si arrischiano a tornare in piazza; un cieco riprende la sua
litania. Un mercante d'acqua maledice il temporale. Devo essermi sognato
quell'improbabile istante. Una grazia si mescolata al presente. Da allora,
attendo il suo ritorno.
*
Febbri e bruciori mi mettono fuori combattimento. Un amico preoccupato
per il mio silenzio da recluso m'invita a casa sua. Mi perdo, disteso presso la
fontana del cortile. Lunghe dita fresche mi accarezzano il viso; una melopea mi
incanta. La bella con la bambina risale il viale dei cavalli imbizzarriti. Il sorriso
finalmente svelato, si chiama Khadija, ha gli occhi neri. La manina di sua figlia
Sabah si posa sulle mie dita. Le sorrido. Buongiorno, sono il padrino.
Figlia d'Egitto e del Sudan, ha ereditato il profilo arcuato dagli antichi
bassorilievi. Ha raccolto Sabah sulle rive del fiume. Tesseva con le sue lunghe
mani le fibre del cactus sabra del deserto, quando fu rapita da un re almoravide
che mor sotto le mura di Marrakesh.
La bella del deserto e la bambina del fiume sono ogni giorno al mio
capezzale. Racconto storie ai neri occhi stupiti. Non capisce, ma sorride;
Khadija la aiuta con qualche parola. Chiedo a Sabah di cantarmi delle canzoni.
A volte riconosco una filastrocca francese e balbetto insieme a lei le parole che
riesco a ricordare. Sabah ride. Di ritorno da scuola mi mostra il quaderno,
scritto in khat{xviii} arabi o alfabeto latino. Le faccio i complimenti per quanto
diligente. Un giorno mi ha chiesto quando guarir. Ci vorr del tempo, e tu
potrai aiutarmi. Khadija la fa sedere al tavolo per disegnare. Mi prende la
mano, all'inizio non dice niente.
Khadija posa la testa delicata nell'incavo della mia spalla dolente. La sua
mano leggera mi sfiora la guancia. Le bacio la fronte e chiudo gli occhi sul suo
131
132
L'Odissea
E quanto bella!
Essaouira, agosto 2011
133
{i }
Quasi amici (2011), lm di ric Toledano e Olivier Nakache, interpretato da Franois Cluzet e Omar Sy, si ispira
alla storia dellincontro tra me e Abdel.
{i i }
{i i i }
{i v}
Circa un terzo dei tetraplegici sore di disturbi neurologici che si manifestano so o forma dei cosidde bruciori
fantasma, pi o meno for a seconda dei sogge , delle loro condizioni e dei fa ori clima ci. In questo sono un
vero campione: da quasi vent'anni nella scala del dolore oscillo ininterro amente tra 6 e 9,5/10. A 10 non si pi di
questo mondo!
{v}
possibile inviare donazioni a: Simon de Cyrne, 12 rue de Mar gnac, 75007 Paris; tel: 0033 (0)1 82 83 52 33,
www.simondecyrene.org
{vi }
{vi i }
Esplorazione re ale digitale: al ma no, dopo aver svuotato il sacche o per l'urina, la prima tappa consiste nel
me ermi su un anco, inlare un guanto, cospargere l'indice di crema e inserirmelo l dove sapete. Sono nato con
un gran culo, ma quelle l, a dire il vero, ne abusano. Chiudo gli occhi mentre mi rovistano. Grazie a tu e le
Marcelle, Berthe, Pauline, Catherine, Isabelle, Sabrya, Sandrine... per il loro ta o e la loro gen lezza. Io sono quello
che mantengono in vita con la punta dell'indice.
{vi i i }
Gioco di parole intraducibile tra ttra e ttard, che in francese signica testardo, ma anche (come in
questo caso) girino.
{i x}
{x}
Charles Pguy, Il portico del mistero della seconda virt, Mondadori, Milano, 1993.
{xi }
Jos Mariano de Larra, Figaro au cimetire (l'autore si suicid l'anno seguente, a 26 anni).
{xi i }
Jean-Paul Sartre.
{xi i i }
{xi v}
La vendita alla candela vergine una forma di aggiudicazione par colare che consiste nel fare rialzi d'oerta per
il tempo in cui due candele si consumano.
{xv}
Polisensualismo: culto del corpo, ricerca delle comodit, moltiplicazione delle sensazioni.
{xvi }
Chiamo in questo modo la carrozzella a mano, facilmente ripiegabile per riporla nel bagagliaio di un'automobile.
{xvi i }
Taguia: copricapo degli Gnawa membri di una confraternita religiosa del Sud magrebino; discenden degli
schiavi neri africani. Praticano un rito di possessione sincretico.
{xvi i i }
{xi x}
Douar: villaggio.
134