L4.500)Fs's50
| RACCONTA
STORIE wi
Una raccolta dei pili bei racconti di tutti i tempi e di tutto il mondoSOMMARIO DEL N.1
GOBBOLINO, IL GATTO
DELLA STREGA... Pag. 2
Povero Gobbolino, ci teneva
tanto a diventare un gatto di
casa, accoccolato
tranquillamente vicino al comino
@ giocare con i bambini.. Ma
non @ cos facile quando si nasce
gotti di srega
seguirti doppertutio,
i guai sembrano
UA LEPRE E
LATARTARUGA... Pag. 8
Scritte come lezioni di vita per i
popolo aieniese le classiche
favole di Esopo piacciono
cancore ai piccoli e ai grand
per lo chiorezza e
della loro morale.
UALBERO:
DELLE SCARPE Pag. 10
E stoto menire assisteva
al'operazione, tradizionale in
Comovaglia, di seppellre uno
scarpa sotto una pianta di
rabarbaro che Penny Ayers, note
scrittrice inglese, ha avuto lidea di
Sctivere una storia.
Realizzazione: Studio Editoriale srl
Gruppo Walk Over
Ditezione editoriale: Elena Quare:
Redasione: Rossella Cesarett, Ani
Dal Pezzo, Silvana Koon.
‘Ant Director: Liliana Biroldi
Utfieio grafico Lorena Bellagente, Fio-
angela Casella
Sourvieria: Adele Pigola
IMlustrazioni
Gli elf e il ealzolaio: R. Hook - Padron
‘Tigre: G. Chapman - Aldo in Arcadia:
M. Livi ultima fetta dl
cobalong: Ve Ambrus.-Gobbolino,
~ gatto della nave: F. Phillips - La volpe
Ingorda: M. Livingstone - Sindbad e la
valle dei diamanti: M. Co
Vi pagitacet: K, Mat
| VESTITI NUOVI
DELL'IMPERATORE ... Pag. 15,
Lo storia dell imperatore vanitoso
@ dei suoi vestiti invisibili @ una
delle pid famose scritte da
Christian Andersen.
| BERRETTI
DANOTIE ROSSI... Pag. 22
Lo coratteristica che hanno le
scimmie di imitare tutto cid che
vedono @ il nocciolo di questa
divertente storiello.
ALDO IN ARCADIA... Pag. 24
Le awenture del piccolo Aldo
del suo aspiropolvere volante.
vorco
DELLA FORESTA ... Pag. 27
Uatfascinante storia di un
orco codardo, terrorizzato
do un rag
2 originaria della
ndinavia
LA CASSETTA ;
Registrazione effettuata negli
(usic Hall - Milano
Gianni Buseagl
‘Coordinamento e supervisione tecnica:
Enzo Valenti
Produzione: IFP Movieservice srl - Mi
LE COPERTINE
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Stampa: GEA/SGN, Milano
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Sip.A.- Aderente A.D.N. - Via G. Carca-
no 2, Milano - Tel. 02/8498141E* una notte buia e tempestosa,
quando due gattini misero per la
prima volta il loro freddo nasino fuori
dalla grotta in cui erano nati. Era cosi
buio che Gobbolino riusciva a mala
pena a vedere la sua gattina gemella
Sutica che era nera come la notte.
«Tu cosa farai da grande?» chiese
Gobbolino.
«Oh, io diventerd la gatta di una
strega come la mamma» miagold
Sutica. «Impareré tutte le magie, saprd
cavalcare una scopa, riuscird a
trasformare i topi in ranocchi e volerd di
notte nel vento fra i pipistrelli facendo
Mii-ii-aauuu! E tutti diranno: Quella é
Sutica la gatta della strega!»
Gobbolino per un po’ se ne stette
zitto e pensieroso, poi disse: «Io invece
voglio diventare un gatto di casa.
Mi acciambellerd vicino al fuoco e fard
le fusa. E quando i bambini torneranno
da scuola, mi tireranno le orecchie,
mi faranno il solletico e scherzeranno
con me. Io custodiré la casa, dard
la caccia ai topi e stard vicino
al bambino pid piccolo.
Tutti mi chiameranno: Gobbolino, il
gatto di casa.»
«Ma tu non vudre
«Io no» fece Gobbolino. «Voglio
essere buono cosi tutti mi vorranno
bene. Alla gente non piacciono i gatti
delle streghe.»
Aveva appena finito di parlare
quando un raggio di luna lo illumino.
Sutica soffid: «Ma tu non sei tutto nero,
una delle tue zampe é bianca!»
Tutti sanno che i gatti delle streghe
sono neri dalla testa ai piedi e che i loro
occhi sono verdi come l'erba. Nel buio
della profonda grotta nessuno si era
accorto di nulla, ma ora il raggio di luna
aveva messo in luce la zampina sinistra
di Gobbolino che era bianca come un
bianco calzino. E i suoi begli occhietti
rotondi erano... blu!
«Mamma! Gobbolino ha un calzino
bianco! E i suoi occhi sono blu! E lui
vuole diventare un gatto di casa!»
ee
SMamma gatta si affaccio
all'ingresso della grotta e la strega,
dietro di lei.
Riempirono Gobbolino di nocehini,
gli tirarono le orecchie, la coda
e lo scaraventarono nell'angolo pitt buio
e umido della grotta fra i rospi della
strega. Pid tardi il gattino senti la strega
che diceva alla sua mamma: «Sutica, si,
diventera una vera gattina di strega,
Ma di Gobbolino che ne faremo?,
Quando la luna fu alta nel cielo,
la strega e la sua gatta montarono sulla
opa mettendo i due gattini dietro di
loro in un sacco, Volavano cosi veloci
che il piccolo Gobbolino occhieggiando
da un buco vedeva le stelle filar via
come una cascata di diamanti. Guardar
git gli faceva girare la testa e, mentre
Sutica miagolava di gioia, lui tremaya
tutto e lacrime di terrore gli cadevano’
sulla zampina bianca.
Per piacere
evi» gridava. Ma fe
tava. Finalmente, la scopa atterro
a Montagna dell’Uragano. La viveva
una vecchia e brutta strega che
acconsenti subito a tenere co
66 Sutica
per insegnarle a diventare una vera
di strega, ma rifiutd di prendere
con sé anche Gobbolino: «Chi I
visto un gatto di strega con v
bianca! Nessuno lo vorra!»
Sutica era cosi contenta che quasi quasi
si dimenticava di salutare
il suo fratellinoE fu cosi che Gobbolino fece
il viaggio di ritorno sulla scopa dietro
mamma gatta e alla sua strega,
itaréno cinquanta grotte, ma
nessuna delle streghe lo volle accettare’
per via délla sua zampina bianea eé dei
suoi occhi blu. Come arrivaroho a Gasa,
il povero micino fu di nuevo
scaraventato fra i rospi
La mattina, quando si sveglio,
Gobbolino si ritrové solo. La strega e la
sua mamma se ne erano andate. «E se
non tornano piii, che ne sara di me?»
miagolava Gobbolino. Ma tutto
a un tratto gli venne un’idea.
«Posso andare a cercare una bella casa
in cui vivere felice per’sempre!»
La grotta della strega era situata al
margine della foresta, vicino al fiume,
Gobbolino si lavé il musinGjjsi leeco
accuratamente il pelo e trotterelld
attraverso i campi fino a quando
la foresta scomparve in lontananza,
Di fronte a lui si snodava un fiume
gorgogliante pieno di pesci colorati
che gli fecero ve
in bocca,
Ma ecco che vide una bella trota
rosa, dorata e blu, nuotare lentamente
verso di lui, Gobbolino tremd
di eccitazione e sollevo.una zampina.
in quell’attimo la trota lo vide e, con un
fran colpo di coda, schizzd lontano.
uilibrio e precipitd nell’acqua,
On un gran tonfo. Subito si mise
fuotare come solo sanno farlo i gatti
fe streghe. Nuotd e nuoto e il fiume
@sportava sempre pit lontano dalla
grotta in cui era nato. Continud
uotare fino a che il fiume costeggid
luna distesa di terreno coltivato.
Dei ragazzi stavano giocando sulle rive.
«Guardate, guardate!!» gridarono,
Laggid nell'acqua c’é un gattino!»
«Affoghera» gridd una bambina«Presto, presto, tiriamolo fuori!» —
I ragazzi corsero vicino all’acqua
con un bastone e tirarono su
un Gobbolino bagnato fradi:
«Che meravigliosi pai blul»
«Ha tre zampe nere...
«E una é fiknchttstmal »
I ragazzi lo presero in braccio
e lo portarono alla fattoria
per farlo vedere alla loro mamma.
La cucina era proprio come Gobbolino
laveva sognata! C’erano tante pentole
lucide sulla credenza, un bel fuoco
allegro nel camino e un bambino
nella culla.
«Eh, che gatto fortunato sono!»
pensd Gobbolino. «Ora mi sono
davvero sistemato e potré essere un gatto
di casa per sempre!»
La moglie del fattore lo prese in
grembo e lo asciugd con un panno
caldo, «Di dove vieni micino? Come hai
fatto a cascare nel fiume? Potevi
affogare, sai?»
«Miao», fece soddisfatto
Gobbolino.
Quando il suo pelo fu ben asciutto,
la moglie del fattore gli diede una
ciotola colma di latte caldo, E quando
lei si allontand per andare a mungere le
mucche, Gobbolino giocd con i
ragazzi. I gatti delle streghe conoscono
un sacco di trucchi e, anche se
Gobbolino voleva diventare un gatto
di casa, i trucchi li sapeva fare.
Sealer? scintille b! dai baffi
Mentre continuava ad esibirsi, entrd
il fattore che vide i suoi trucchi, ma non
disse niente. I ragazzi furono mandati a
letto e il gattino si acciambellé in una
scatola sotto il tavolo di cucina.
Si era da poco addormentato
facendo le fusa, quando...
Toc, toc, toc! Un folletto stava
curiosando attraverso i vetri
della finestra. Gobbolino si tird su e.
«Chi va la?».
e sbadig!
«Lasciami entrare, gattino» disse
il folletto.Gobbolino si mise a sedere e lo fissd
insospettito.
«Che bella cucina! Che piatti puliti!
Che bella culla! E che calduccino,
Non mi lasci entrare?»
Ma Gobbolino rimaneva seduto e
continuava a scrutarlo. II folletto
comincio a sbatacchiare la finestra.
«Tutti uguali, voi gatti domestici.
al calduccio e al sicuro.
E guarda me, tutto solo e al freddo
qua fuori!»
Quando Gobbolino senti queste
parole, si ricordd di quando anche lui
era solo e sperduto. Trotterelld fino
alla finestra, «Puoi entrare a riscaldarti
un pochino», disse,
Il folletto salt dentro lasciando le.
impronte dei suoi piedi sudici e bagnati
su tutto il pavimento della cuc
«Come stai? Come sta la tua famiglia?»
chiese, dando uno strattone alla coda
di Gobbolino.
3S
«La mia mamma se n’é andata con
la mia padrona la strega!», rispose
Gobbolino. «E la mia gemellina Sutica
sta facendo il tirocinio dalla strega
della Montagna dell’Uragano.
E non lo so come stanno.»
«Aha!» ghigno il folletto. «Allora
tu sei il gatto di una strega, eh?»
«Oh, no, non pid. Proprio oggi sono
diventato un gatto di casa e lo sard per
sempre, per sempre.»
Il folletto rise rumorosamente e
fece una capriola. Rovescié il lavoro a
maglia che stava sopra una seggiola
e la lana si impiglid intorno alle gambe
del tavolo.
«Oh, stai attento!» grid Gobbolino.
Ma il folletto, senza ascoltarlo, corse
alla dispensa e si chiuse dentro. E
mentre il gattino si affannava tra ferri e
gomitoli cercando di tirare su i punti,
quel briccone saltd fuori dalla dispens:
si era mangiato tutta la panna.a
aS
«Beh, io me ne vado! Buonanotte Quando Gobbolino senti queste
gattino della strega!» disse il folletto parole salto fuori dalla sua scatola e con
saltando fuori dalla finestra. un balzo si slancid fuori nei campi
Gobbolino ritorné alla sua scatola __ di fieno, verso la collina.
e si riaddorments. II mattino seguente, «Jeri mattina ero un gatto di strega»
presto presto, la moglie del fattore scese
in cucina. Ma cosa videro i suoi occhi!
Il suo lavoro a maglia tutto imbrogliato,
tutta la panna rubata dalla dispensa.
E sul pavimento seritte col latte
spiccavano queste parole; ‘
Gobbolino é un gatto di strega!
«Guarda che pasticcio!» strilld
la donna,
«Te l'avevo detto» disse il fattore
«@ un gatto di strega ; pud combinare
solo.guai peat oneis Lepre prendeva come sempre in giro
lo Tartaruga a causa della sua
lentezza: «Sei cosi lenta che potresti anche
fare a meno di muoverti del tutto.»
«E vero», ammise la Tartaruga. «Perd arrivo
sempre dove voglio andare! Quindi ti sfido
a fare una corsa con me.»
«Stai sicuramente scherzando, stupido
macinino sgangherato», sghignazzé la
Lepre «ma se insisti...»
Fu cosi che tutti gli animali si dettero
appuntamento per assistere alla Grande
Corsa. La Talpa alzé la bandierina d’awvio
dicendo: «Pronti, Attenti, Vial»
Lo Lepre sfreccid via awolgendo la
Tartaruga in una nuvola di polvere. E
mentre la Tartaruga cominciava a muoversi
pian pianino, si era gid persa di vista.
E inutile» disse la Cavalletta. «La povera
Tartaruga non ha nemmeno una possibilita
di vincere.»
8
Intanto la Lepre guardandosi indietro
pensava: «Quella stupida Tartaruga &
cosi lenta che io non posso certamente
perdere. Perché devo affrettarmi tanto?
Saré meglio che faccia un riposino...»
Si sdraid al sole e si addormentd sognando
applausi e premi,Per tutta la mattinata la Tartaruga
prosegui pian piano.
Molti animali, vinti dalla noia, se ne
andarono a cosa proprio quando lei, verso
mezzogiorno, stava arrivando al punto
in cui la Lepre dormiva; ma non si fermo
e continu ad avanzare.
Ma con suo grande scorno, chi vide da
lontano? Proprio la sciocca Tartaruga che
piano piano attraversava la linea
del traguardo mentre la bandierina veniva
abbassata. La Tartaruga aveva vinto!
Impietrita dallo stupore la Lepre poteva
sentire le acclamazioni e gli applausi.
Dopo un bel po’ la Lepre si sveglid e
stiracchid le zampe. II sole era gid basso
nel cielo. Guardando dietro di sé
scoppid in una risate. «Ancora nessun
segno di quella stupida Tartaruga!»
Con un gran balzo si lancid verso la linea
d'arrivo per andare a titirare il premio.
«Non vale» si lagnd la Lepre.
«Sicuramente mi hai ingannata! Tutti
sanno che io sono molto pit veloce di te,
vecchio macinino sgangherato!»
«Eh!» disse la Tartaruga voltandosi, «ma
io te l'avevo detto che arrivo sempre
dove vogtio. Sono lento, ma sicuro.»G* e Marina si divertivano a
guardare il loro babbo che stava
zappando il giardino. Era un lavoraccio
faticoso e il babbo dopo che aveva
affondato la vanga diverse volte
si fermd per asciugarsi il sudore,
«Guarda, guarda, papa ha tirato
fuori una vecchia scarpa»
disse Marina
«Che cosa ne farai babbo?» chiese
Gigi.
«La sotterrerd proprio qui» rispose
il signor Martino. «La mia nonna
raccontava che se si pianta una scarpa
vecchia sotto una pianta di
rabarbaro crescera molto meglio.»
Marina ridacchid. «Cos'é
crescera, la scarp:
«Beh, se cresce vorra
dire che per cena
rpe
E la piantd. A primavera avanzata,
ci fu un gran temporale che rovind la
pianta di rabarbaro e, quando il signor
Martino ando a raccogliere i rametti
spezzati, vide che nell’aiuola stava
crescendo una piantina nuova, Non la
strappd perché prima voleva vedere di
cosa si trattava.
«Non ho mai visto una cosa simile»
disse Gigi a Marina.
Era proprio una pianta curiosa
che ben presto estese le sue radici dove
prima c’erano quelle del rabarbaro,
Cresceva benissimo e la primavera
seguente era grande come un alberello.
In autunno comincid a metter fuori dei
frutti un po’ verdastri e un po’ biancastri
dalla forma tutta bitorzoluta,
«Quella frutta mi fa venire in mente
qualcosa» disse il signor Martino.
E tutto a un tratto si batté la mano
sulla fronte: «Ecco cosa mi fa venire
in mente: delle scarpe, si, proprio
delle scarpe attaccate al ramo!»
«Davvero, sembrano proprio delle
scarpe» disse Gigi stupefatto
toccando i frutti.
«Avete detto scarpe?» intervenne
la signora Trippoloni, una loro vicina,
sporgendosi oltre la siepe.
«Si, proprio cosi, il nostro albero fa
le scarpe!»
«Proprio quello che ci vuole per il
mio Robertino che ormai @ abbastanza
grande da poterle portare» disse la
signora Trippoloni, «Posso venire a
dare un'occhiata?»
«Ma certamente, venga a vedere.»La signora Trippoloni andd sotto
l'albero con il piccino in braccio e gli alzd
un piedino per vedere se entrava nel frutto.
«No, ancora non entra» disse Gigi,
«torni domani, signora Trippoloni.»
La signora tornd il giorno seguente
ma i frutti erano ancora troppo piccoli.
Pass6 una settimana e i frutti
cominciarono a maturare e a prendere
un bel colorino lucido, marrone dorato,
e finalmente un giorno il piede di
Robertino poté entrarci comodament
Il signor Martino, allora, comunicd
a tutti quanti che chi voleva un paio
di scarpine per il suo bambino poteva
venire a coglierle dall’albero.
La voce si sparse nel villaggio
e, il giorno dopo, c’era una gran folla
di mamme con i loro bambini
al cancello del giardino per vedere
lo stupefacente albero delle scarpe.
Una volta entrate, alzavano
i bambini fino ai rami per provare
se i piedini potevano entrare nei frutti.
Quelle mamme arrivate dopo, si
sedevano sull’erba con i loro bambini
mentre Gigi e Marina andavano e
venivano portando paia di frutti da
provare fino a che ogni bambino ebbe le
sue scarpe e tutti i frutti furono esauriti.
Alla fine della giornata l'albero era
completamente spoglio.
Una delle mamme, la signora
Bianchi che aveva tre gemelli, si affrettd
appena tornata a casa a mostrare le
scarpine a suo marito, «Guarda, le ho
colte dall’albero del signor Martino, me
le ha date gratis; vedi la pelle @ dura
come il cuoio, ma dentro sono soffici.
Proprio quello che ci vuole per i piedini
dei nostri bambini; non sono una
meraviglia?»
Il signor Bianchi fissd a lungo
i piedi dei suoi bambini e poi disse:
«Togli loro le scarpe, mi é venuta
un’idea!»
11Fu cosi che, dopo qualche anno,
davanti alla casa del signor Bianchi
apparve un cartello:
Produzione nostrana di scarpe.
«Ecco perché faceva tanto mistero
di quel campetto dietro casa sua» disse 4
il signor Martino ai suoi familiari
«Ora capisco tutto. Le scarpe che noi gli
abbiamo regalato per i suoi bambini
lui le ha piantate e ora quella vecchia. =
volpe ha dozzine di alberi di scarpe.»
Pareva proprio che il signor
Bianchi avrebbe fatto un sacco di soldi.
Quell’autunno assunse tre donne per
cogliere i frutti e per assortirli in paia di
differenti misure. Poi le scarpe
venivano avvolte in carta velina,
impacchettate in scatole e spedite
in citta dove venivano vendute
a ventimila lire il paio.
Il signor Martino affacciandosi
alla finestra una mattina, vide il signor
Bianchi uscire dal garage con una
macchina nuova fiammante.
«lo non ho mai pensato di sfruttare il
mio albero delle scarpe per fare soldi»
disse alla moglie
«Eh, caro, tu non sei mai stato
un gran commerciante» rispose lei
gentilmente, «comunque io sono
contenta che tutti i bambini del villaggi6
abbiano potuto avere le scarpe gratis.»
Un giorno Gigi e Marina
stavano camminando nei campi vicino
al frutteto del signor Bianchi che era
cintato da un alto muro, perché la gente
non potesse guardare dentro,
12Dail'alio del muro apparve
‘do, un loro amico, Con un salto
balzd dalla loro parte e si avvicind
y ai due fratelli,
«Ciao Riccardo, che ci fai nell’orto
dei Bianchi?»
Il ragazzo strizz6 l’occhio:
«Vedrete.»
E corse tutto intorno nell’erba
raccogliendo frutti-scarpa fino
= ad averne le braccia piene.
, «Sono tutti frutti caduti a terra
=, dagli alberi di scarpe dei Bianchi:
S77, li porterd alla mia nonna e lei mi
preparera un’altra torta di frutti-scarpa.»
«Una torta?» chiese Marina, «Non
ho mai immaginato che si potesse
mangiarli; che sapore hanno?»
«Beh, la buccia é troppo dura,
ma l’interno del frutto, cotto
con parecchio zucchero, @ buonissimo.
La mia nonna ne fa degli ottimi dolci,
venite a provarne un pezzo.»
Gigi e Marina aiutarono
Riccardo a portare i frutti a casa della
nonna e mangiarono un bel pezzo di torta.
i, 11 gusto era davvero squisito, pid
aromatico delle mele e con un non so
che di esotico. A Gigi e Marina
piacque molto e quando tornarono a
casa andarono in giardino a cogliere
dei frutti-scarpa per cuocerli,
Li misero in pentola con il miele
e 'uva sultanina.A
ts BN
Anche il signor Martino e sua
moglie dissero che erano squisiti. Dopo
aver finito il suo piatto il babbo
comincid a ridacchiare,
«Ehi, mi é venuta un’idea
meravigliosa!»
Il giorno seguente riempi il
bagagliaio della sua vecchia macchina
di scatoloni pieni di frutti-scarpa, andd
al mercato della citta vicina e parlé a
lungo con un fruttivendolo. Dopo un po’
davanti alla bottega spiccava un cartello
con questa scritta: Frutti dell’albero
delle scarpe a cinquecento lire il chilo.
Una gran folla si radund davanti
al negozio.
«Ma guarda un po'» dicevano, «io
ho pagato ventimila lire per due
di questi frutti-scarpa
per il mio bambino e qui li vendono
a cinquecento lire il chilo!»
Intanto il fruttivendolo strillava a
gran voce: «Solo cinquecento lire il
chilo, gettate la buccia e gustate il
saporito frutto! Squisiti per fare le torte,
ottimi al forno, deliziosi crudi!»
«Jo di sicuro non torner® pid in quel
negozio di frutti-scarpa a pagarli
ventimila il paio» diceva un'altra donna.
14
Insomma, una gran confusione.
Il fruttivendolo era il pid felice: il suo
portafogli era gonfio di quattrini.
Il mattino seguente, quando il signor
Martino tornd in citta, passd davanti
al negozio di scarpe e vide che sotto
al cartello che recava la scritta: Scarpe
nostrane che crescono con i vostri
ragazzi, ce n’era un altro con scritto:
Ribassi straordinari! Un paio di scarpe
per cinquecento lire!
E cosi furono tutti contenti: la gente
del villaggio continud a ricevere da
Martino le scarpe gratis, e quelli
della citté le pagavano solamente
cinquecento lire il paio. E tutti
potevano mangiare i frutti, se lo
desideravano. L'unico a non essere
contento era il signor Bianchi, che
guadagnava molto meno di prima.
«Credi che abbia agito male verso il
signor Bianchi?» chiese Martino a sua
moglie.
«Credo proprio di no. Dopo tutto la
frutta @ fatta per essere mangiata, no?»
«E poi», disse Marina «non era
questo che ci dicesti quando piantasti
quella vecchia scarpa? Ci avevi
promesso scarpe stufate per cena...!»-
«Be dirglielo all'Imperatore»
strillava il Cancelliere.
«Non ci sono piii monete nel forziere!
Le ha spese tutte in vestiti!»
Ma il soldato che era di guardia
alla porta della camera da letto
dell'Imperatore non lo voleva lasciare
entrare.
«Mi dispiace sua signoria, ma
I'Imperatore in questo momento é nel
suo guardaroba: sta scegliendo qualcosa
da indossare, Lei non pué entrare.»
In quello stesso istante la porta si
spalancd e apparve I'Imperatore seguito
dal Primo Ministro. «Ti dico che oggi
non posso assolutamente ricevere
nessuno. Non ho uno straccio decente
da mettermi addosso. Oh, Cancelliere,
lei qui! Aumenti le tasse del dieci per
cento. Bisogna per forza che io possa
farmi un altro vestito nuovo!»
«Maesta, ma lei ha gia cosi tanti
vestiti, Io non posso aumentare le tasse
un’altra volta. Il popolo non pud
assolutamente pagare piil niente.»
«Non me ne importa» disse
l'Imperatore. «Voglio un altro vestito.
Io sono I'Imperatore e posso avere tutto
quello che mi pare!»
Nessuno poteva replicare a simili
parole e quando pia tardi due stranieri
arrivarono ai cancelli del palazzo
dicendo di essere dei sarti, furono
ammessi subito alla presenza
dell'Imperatore.I due sarti affermarono di essere
capaci di cucire gli abiti pid belli
con le stoffe pit preziose e delicate
di tutto il mondo.
«Dov'é questa stoffa? Fatemela
vedere subito! La voglio vedere subito!»
ordind I'Imperator
«Ancora non abbiamo cominciato a
tesserla, Maesta» disse uno dei sarti.
«Se vostra Maesta ci fornira la materia
prima, un telaio e una grande sala
chiara, ci metteremo subito all'opera.
Noi forniamo solo la nostra abilita e,
naturalmente, la magia.»
«La magia? La magia? Che magia?»
gridé eccitato I'Imperatore.
«Chiunque sia stupido 0 meschino,
9 incapace, o indegno di occupare un
posto in ques
vedere la tela the noi tesseremo.»
«Davvero?» mo I'Imperatore.
«Stupefacente! Meraviglioso!
Comincerete subito! E che sia tutto
pronto per domani, quando attraverserd
la citta col mio corteo, Cancelliere, date
immediatamente a questa gente tutto
cid di cui ha bisogno!». girando
la schiena, risali le scale e si diresse
al suo diletto guardaroba.I sarti vennero condotti in una
comoda e grande sala del palazzo
affinché cominciassero la loro opera al
telaio. Ma invece tutto quello che fecero
fu sedersi appoggiando i piedi sulle
seggiole regali, E quando furono portate
loro le materie prime — seta e lana
finissima, perle e teletta d’oro — essi
fecero sparire tutto dalla vista.
Intanto |'Imperatore si era seduto
nella sala del trono pensando alle
meravigliose stoffe che nascevano.
sotto le mani dei due abili sarfi. Poi, un
sorriso maligno»gli illuminé il volto e
penso: «Ora si che riuscird a scoprire
quale dei miei ministri é meschino,
stupido o incapace per il suo lavoro.»
E mando a chiamare il Cancelliere
«Vai a chiedere quando saranno
pronti gli abiti. Poi torna qui e dimmi
come sono. Naturalmente potrebbe
darsi che tu non riesca a vedere
niente...»
Il Cancelliere buss alla porta della
sartoria e uno dei sarti gli apri. «Avanti,
avanti Cancelliere, come lei pud vedere
abbiamo quasi finito.»
In mezzo alla stanza il grande telaio
troneggiava completamente vuoto.
11 Cancelliere apri tanto d'occhi,
«Povero me» pensd «sono forse uno
stupido? Un meschino? O un
incapace? Non vedo nulla, che orrore!»»
«Uuh, uuh, bello, si, molto grazioso
davvero» mormord, «mi piace molto
il disegno.»«Si vede subito che lei @ un uomo di
buon gusto» disse uno dei sarti. «Dica
all'Imperatore che i suoi abiti saranno
pronti domani matt
abbiamo bisogno di a
1 Cancelliere torné dall'Imperatore
tutto tremante e quasi in lacrime.
«Allora, allora, come sono le
stoffe?»
«Superbe, Sire, io... non ho mai
visto niente di simile.»
L'Imperatore si fregd le mani
allegramente al pensiero dei bellissimi
abiti e di averci azzeccato concedendo
fiducia al Cancelliere.
«Bene, bene. Ora mandate
l'Arcivescovo a dare un’occhiata.»
E anche |'Arcivescovo venne
mandato a vedere la stoffa magica sul
telaio. Dopo di lui fu la volta del Primo
Ministro e poi del Comandante
dell'Esercito. Tutti spalancarono
gli occhi davanti al telaio vuoto e
pensarono che era terribile non riuscire
a vedere nessuna bella stoffa.
«Sono forse un meschino?» si
chiese ]'Arcivescovo, -
«Sono forse uno stupido?» si chiese
il Primo Ministro.
«Sono forse I'uomo sbagliato per
comandare |'Esercito?» si chiese
il Comandante in capo.
18E per nascondere i loro dubbi tutti
&i profusero in complimenti alzando
le mani al cielo.
«Io ho ammirato soprattutto
le frange» diceva l'Arcivescovo.
«Ma che colori straordinari» diceva
il Primo Ministro.
«Eccellente, si proprio di prima
qualita» diceva il Comandante
dell'Esercito.
Infine I'Imperatore scese per andare
a misurarsi gli abiti. Ma quando entrd
nella stanza rimase paralizzato
dalla paura,