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GUILLAUME SBALCHIERO,
giovane scrittore, ne ha raccolto in
queste otto conversazioni le confidenze
e i pensieri.
Monica Bellucci
Guillaume Sbalchiero
Incontri clandestini
eISBN 9788858690185
In copertina:
Fotografia © Juan Aldabaldetrecu Studio
Art Director: Francesca Leoneschi
Graphic Designer: Luigi Altomare / the
WorldofDOT
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Incontri clandestini
Apparizione
«CHOC
Adolescente, circa quattordici anni,
un film, Malèna: sogni d’infanzia, le
grida della gente, e lei, al centro,
corpo tanto adorato, tanto umiliato,
carne silenziosa, eloquente, non molte
battute, e tuttavia una parola udibile,
sensibile, pienamente tangibile, là, in
fondo agli occhi.
MOVIMENTO
Poi l’esplorazione minuziosa,
attenta, del suo percorso, quel
desiderio di rinnovamento constatato
film dopo film, ruolo dopo ruolo, il
rifiuto della stagnazione, un movimento
sotto maschere diverse (innamorata,
tormentata, spiritosa, violenta…) per
uno stesso viso, multiforme eppure
unico, mirabilmente colto nella
Passione di Cristo di Mel Gibson, senza
trucco, ambivalente, tra dolore e
schegge di luce, solidamente terreno e
indiscutibilmente etereo.
ORIZZONTI
E poi ancora osservazioni,
riflessioni su aspetti disparati (il
trattamento mediatico; la
rappresentazione del suo corpo – dal
vampirismo in Coppola all’offerta in
Philippe Garrel; l’oscillazione tra
tragicità e leggerezza; il rapporto con
gli uomini; la femminilità…), qualche
pista, molte domande, nessuna
sentenza, nessun giudizio, intuizioni
ancora confuse, lei che guarda nella
luce (o rivelatrice o ingannevole),
sentendo anche uno sfasamento, una
distanza, una ritrosia, uno stare ai
margini e al tempo stesso esposta, un
funambolismo dell’istante, una perenne
tensione nonostante i tentativi di
dissimulazione, molti dei commentatori
tutto questo non lo vedono,
ossessionati dal corpo, dalla bellezza,
dall’immagine, dimenticando la
complessità, il velo, quel che non viene
detto e che forse si scoprirà contro
l’immediatezza, col tempo, in un luogo
protetto: un libro».
Guillaume Sbalchiero
*
Ovvero?
La «grande lezione»?
Ho un rapporto completamente
differente con le donne. Sono sempre
stata al centro di un mondo femminile.
Zie, nonne molto forti, una madre
onnipresente… tutto un universo molto
protettivo.
In realtà le donne non mi
spaventano. Al contrario, mi
affascinano. E se alcune mi hanno già
tradita, continuo a provare
compassione nei loro confronti.
E sul piano professionale? Come
guarda alle altre attrici?
E gli attori?
Lei è qui.
Difficile a credersi, il progetto
sembra interessarla, ignoro perché,
anche a lei la ragione sfugge ancora.
Le spiegazioni verranno forse dopo, nel
corso degli incontri, del dialogo che
desidero intrecciare con lei; ho
cominciato oggi tra il serio e il
confidenziale, perenne via di mezzo,
morsi d’ombra e sapore di luce
(reminiscenza di quell’apparizione –
vampiresca – nel Dracula di Coppola)
di uno stesso corpo, di una stessa voce,
che lascia agli occhi e alla bocca la
voglia di scavare, rintracciare,
dolcemente, senza forzare, tutti quei
bagliori, questa ambivalenza, questa
complessità, che ha come uniche armi
la sua visione e i suoi errori: conscia
delle differenze ma tendente alla
condivisione.
*
Il perdono è una teoria magnifica,
ma una realtà difficilmente praticabile.
Si può davvero imparare? È un valore
che insegna alle sue due figlie?
[…]
Morti e resurrezioni
GUILLAUME SBALCHIERO : Molti
artisti di ogni genere non esitano a
prestare il loro nome e la loro
immagine a sostegno di una causa,
mischiandosi a volte anche con la
politica, come Bono, George Clooney o
Bruce Springsteen. Pensa che sia un
dovere degli artisti? È stata spesso
sollecitata a prendere posizione? È
attiva in qualche associazione? Come
concepisce l’idea dell’impegno?
MONICA BELLUCCI: Nel 2010,
incinta della mia seconda figlia, sono
stata invitata a realizzare un libro
fotografico. È un bell’oggetto, e i
ricavi delle vendite, anche se non
conosco le cifre esatte, sono stati
devoluti a due associazioni: una,
l’A .G .O .P., aiuta i bambini malati di
cancro, l’altra Paroles de femmes, lotta
contro le ingiustizie e le
discriminazioni di genere. Ma non mi
piace molto esporre le mie posizioni,
c’è un rischio di strumentalizzazione.
Rifiuto categoricamente di cadere nel
gioco politico, perché è molto difficile
avvicinarsi a questa sfera senza
diventare partigiani. Non ho alcuna
voglia di entrare in quell’ambiente, mi
sentirei soffocare.
Quindi a volte accetto volentieri di
«usare» la mia celebrità per attirare
l’occhio dei media e dell’opinione
pubblica su questioni umanitarie.
Queste associazioni non hanno sempre
accesso ai media, mentre per me è più
semplice… Ne ho discusso con una
rappresentante dell’Unicef. Mi aveva
confidato che senza l’aiuto di
personaggi famosi, i loro risultati
sarebbero stati ben più modesti.
È un peccato, ma purtroppo è la
realtà: i famosi trascinano. Ma non mi
faccio illusioni: penso di avere un
impatto minimo. Non credo di
cambiare il mondo. Provo soltanto, nel
mio piccolo, a dare una mano.
Impegnarsi in nome dei valori senza
esserne lo strumento.
Come si è forgiata la sua coscienza
civile?
Soffro di un sentimentalismo
eccessivo. Perdono molto. Troppo…
Alcune persone ne hanno approfittato.
Adesso provo a essere sentimentale
senza cadere nella trappola del
sentimentalismo.
È un’evoluzione progressiva o un
mutamento improvviso?
Meno «vuota»?
Al di là di un talk-show domenicale,
della copertina di una rivista, di
un’intervista, Monica dice la sua, con
discrezione, imparando l’etichetta
(«artista impegnata»), le regole e gli
equilibri della politica, più vicina a
una sensibilizzazione che alla
militanza, preferendo lasciar parlare
per lei le sue scelte artistiche, i suoi
personaggi, i suoi film, piuttosto che
dilungarsi con discorsi prolissi, anche
quando tutto intorno, senza sosta,
microfoni e telecamere si alzano, avidi
di una reazione, di un commento
sull’attualità, certi che gli artisti, in
quanto tali – dal momento che i
governanti, disertori, non rispondono
più –, avranno una parola, sì, LA
PAROLA , ma troppo spesso, purtroppo,
senza accordargli lo spazio sufficiente,
perché il pensiero deve essere reattivo,
l’opinione immediata, a qualunque
costo: l’artista deve sapere.
Ancora oggi?
E riesce a conciliarle?
«Questione dell’IO
Rimbaud diceva: “Io è un altro”.
Definirsi esattamente, tracciare con
precisione i propri contorni, la propria
consistenza, mi sembra difficile,
inconcepibile se non per frammenti,
briciole, pezzi raccolti che forse
formano un tutto, un essere che guardo
avanzare, inciampare, rialzarsi,
sempre stupito, come estraneo, senza
essere del tutto in grado di nominarlo,
di chiamarlo “Io”; ecco perché il
“Lui”, indispensabile riflesso di un
tremito, di un’altezza incerta,
procedimento molto discutibile, si crea
una distanza, ma questa non è mai, in
nessun momento, l’obiettivo.
SLANCIO
Questo libro, lo so, nasce da uno
sconvolgimento, emozione che perdura
di fronte al suo sguardo e alla sua
voce, questa miscela di sicurezza e
fragilità contenuta, pudore e
partecipazione, segreto e gusto di
esporsi: un’ambivalenza,
un’ambiguità, una bellezza non
semplicemente di carne, indiscutibile,
ma di un atteggiamento, di un pensiero,
di una parola. Una singolarità lontana
a priori, inaccessibile (io sono uomo,
lei donna; io anonimo, lei celebre; io
non ho costruito nulla, lei ha una
carriera…), forme dissonanti ma un
dialogo di fondo, passerelle accennate,
noi che ci avviciniamo…
Nell’attesa impaziente delle sue
parole…
Cordialmente,
Guillaume.»
«Realizzare la propria
femminilità»
GUILLAUME SBALCHIERO : Senza
nessun giudizio sulla sua vita
sentimentale e sperando di non essere
troppo indelicato, posso domandarle:
come si sente in relazione al suo
divorzio?
Un’immagine abbastanza
femminile… Mi vesto come mi piace,
non esco trasandata né con i capelli
sporchi. Mi prendo cura di me, del mio
corpo, per semplice rispetto della mia
persona. Può essere che sia legato alle
mie origini italiane. A quella tradizione
che vuole che una donna non si
trascuri…
Quest’apparenza può confondere,
mettere a disagio. Penso però che sia
una distanza che viene meno col
dialogo. Le persone che mi conoscono,
o che mi hanno avvicinata, sanno
interpretare il mio sguardo a tratti
infantile, la mia fascinazione per la
bellezza, la mia voglia di gioia: è quel
côté da «donna trofeo», così ben
incarnato da Catherine Deneuve nel
film di François Ozon, e che non
considero necessariamente una
debolezza. Essere un’attrice non
cambia niente: senza questo mestiere,
agirei allo stesso modo.
Quale personaggio le piacerebbe
incarnare?
Vivere è alleggerirsi.
Settimo incontro
*
Di un’artista anche, che accoglie,
che resiste: gioco eterno, filo teso, un
offrirsi al girotondo sempre però
pronta a ritirarsene presto, così
Monica dura perché non cede mai
completamente, ambigua come lo sono
solo poche altre, impossibile da
cogliere davvero tanto rifiuta
l’etichetta, la teorizzazione (che parole
usare per questo movimento?!), il
traboccare della sua energia, di quella
vitalità – a dispetto a volte delle scelte
azzardate, dei progetti criticabili, delle
apparenti rinunce – impresse su
ognuno dei personaggi, non riuscendo
nessuna maschera a coprirle il viso,
esso stesso maschera plurima,
definitivamente inesauribile, ribelle.
L’artista non acconsente: si
moltiplica.
Filmografia scelta