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M.R. Tabellini, P. Fertitta, F. Tozzi, Le opere e il tempo [G.B.

Palumbo Editore]

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Modulo 3 Da Virgilio a Dante Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

Unit di apprendimento Il mito di Orfeo ed Euridice

i un mito, nato anchesso in Grecia come la maggior parte dei miti che permangono nellimmaginario della cultura occidentale, che racconta di un eroe che riesce ad entrare vivo nelloltremondo per riportare in vita la sposa che la morte gli aveva strappato. Glielo concedono gli di, non perch commossi dal suo dolore altrimenti dovrebbero concederlo a tutti coloro che soffrono quando perdono chi amano , ma perch ammaliati dal suo canto. Limpresa delleroe per non riesce perch egli non sar capace di rispettare il patto che gli era stato imposto: non voltarsi mai a guardare il volto della donna che lo seguiva nel cammino verso la luce finch non fosse uscito dal mondo degli Inferi. Orfeo, questo il nome delleroe, invece si volt, proprio quando la luce del mondo era vicina. Quale fu la causa del gesto sconsiderato? Fu per troppo amore? Fu un errore umano: un cedimento di debolezza, un attimo di follia? Fu perch niente vince la morte, neppure lincanto dellarte? Il racconto del cantore Orfeo e della sua sposa Euridice deriva da una fiaba antichissima. stato Virgilio a conferirle altezza poetica: grazie al poeta latino diventata uno dei miti pi fortunati, nella letteratura, nella musica, nella pittura. La fiaba antica ha svelato i tanti temi che sottende: lamore e la morte, il potere e i limiti dellarte, il viaggio nelloltremondo, il divieto e la disubbidienza. Sono le ambivalenze che il mito rivela a motivarne la sua continua elaborazione: da un lato il fascino e leternit dellarte, dallaltro la legge di vita e morte che larte non capace di modificare; da un lato il potere persuasivo della parola e dellarte, dallaltro linettitudine dellartista nel modificare la realt. In questa unit ripercorreremo la elaborazione del mito dalle origini al nostro tempo.

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Virgilio

La demenza di Orfeo e il rimprovero di Euridice


Lopera Georgiche Sono unopera in versi di Publio Virgilio Marone, scritta tra il 36 e il 29 a.C., divisa in quattro libri dedicati rispettivamente al lavoro nei campi, allarboricoltura, allallevamento del bestiame e allapicoltura. Si tratta di un poema didascalico sul lavoro dei campi che viene indicato come esempio di virt civile. In tal senso le Georgiche sono affini alle Opere e i giorni del greco Esiodo. Di particolare importanza il IV libro in cui si parla di apicoltura. Lorganizzazione delle api diviene metafora dellideale sociale. Apicoltore Aristeo, involontario colpevole della morte della giovane Euridice. Le pagine dedicate allamore di Orfeo ed Euridice inauIl testo La ninfa Euridice muore per il morso di un serpente, lo sposo Orfeo gurano la fortuna del mito in Occidente. (Per saperne sfida il regno dei morti e, grazie alarmonia del suo canto, ottiene dagli di pi su Virgilio e sulle di delloltremondo il privilegio di riportare lamata nel mondo dei vivi, Georgiche, vedi on line ma a patto che durante il cammino non si volti a guardarla. Orfeo tra25). sgredisce al divieto e perde Euridice per sempre. Stravolto dal dolore rifiuta il rapporto con le donne e le folli baccanti, sentendosi respinte, lo uccidono e ne fanno a pezzi il corpo. La testa, gettata nel fiume Ebro, trasportata dalle acque verso il mare continua a invocare il nome di Euridice. da
Virgilio, Georgiche, Tutte le opere. Versione, introduzione e note di E. Cetrangolo, Sansoni, Firenze 1975

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1 demenza: irragionevolezza, follia. 2 Mani: divinit dellOltretomba. 3 immemore: dimentico dellordine ricevuto. 4 Averno: il lago dAverno uno dei luoghi infernali. Per sineddoche, cio la parte per il tutto, si intende linferno intero. 5 il naufrago viso mi nasconde il sonno: ordina: il sonno (della morte) mi nasconde il volto naufrago (cio che si perde nellabisso come un naufrago nel mare). 6 vane: inutili, cio inutilmente. 7 il nocchiero dellOrco: Caronte. 8 Stige: la barca del nocchiero

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La strada lunga di paure ormai compiuta, Euridice saliva allaria della terra dietro ai passi di Orfeo- era questa la legge di Proserpina quando una demenza,1 perdonabile se i Mani2 perdonassero, ferm lincauto amante: e si volse immemore3 a guardare lei che pareva attesa ombra su lorlo della luce. Allora tutta si disperse quella dura fatica; rotti furono i patti dellabisso e fu tre volte udito per gli stagni di Averno4 un orrido fragore. Il breve dono di lei era una voce: Quale follia, Orfeo, questa che miseri ci perde? Ecco la morte indietro mi richiama e il naufrago viso mi nasconde il sonno.5 Addio: mi riporta la notte alle sue rive grandi e vane6 tendo verso te, ahi non pi tua, le mani. E poi sbito sparve sciolta come fumo lieve nellaria; e pi non vide lui che vaghe ombre toccava, lui che voleva parlare della luce. N il nocchiero dellOrco7 volle mai pi che passasse qualcuno lo stagno. Che fare? Ove andare or che la sposa era stata due volte rapita? Come commuovere i Mani piangendo, come gli Dei cantando? Ella gi fredda ormai nella barca di Stige8 navigava. E dicono chegli la pianse sotto una rupe alta per sette mesi continui dov dello Striamone9
mitologia greca e romana, gli altri sono Cocito, Acheronte, Flegetonte e Lete. La geografia fluviale dellInferno pagano stata ripresa da Dante nella Divina Commedia. 9 Striamone: fiume della Tracia.

che attraversa il fiume che porta al mondo dei morti. Lo Stige uno dei cinque fiumi del mondo degli Inferi secondo la

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Virgilio La demenza di Orfeo e il rimprovero di Euridice

515 10 crudo: crudele. 11 Iperbrei: terra fredda allestremo nord delle terre conosciute. 12 Tanai: un fiume. 13 i campi Rifi: i Rifei sono una catena montuosa. 14 linutile dono di Dite: la concessione sprecata di riportare alla vita e alla luce Euridice. 15 Le madri dei Cconi: Le donne dei Ciconi. I Ciconi erano una popolazione che viveva nel sud-est della Tracia; le loro madri erano seguaci del dio Bacco (o Dioniso), il dio della forza vitale. Orfeo, che dopo aver perso per la seconda volta Euridice, non aveva voluto pi congiungersi con nessuna don-

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pi sola la riva; e narrava il dolore tra gli antri ammansendo col canto le tigri e muovendo le querce. Cos un usignolo infelice tra lombre del pioppo lamenta i suoi figli perduti, che un crudo10 aratore gli tolse implumi dal nido; e piange la notte e sul ramo compie il suo flebile verso ed empie di meste note i luoghi dintorno. Amore non pi, nozze non pi lo attraevano. Ma solo errava tra i ghiacci Iperbrei11 e lungo le rive nevose del Tanai,12 tra i campi Rifi13 sempre coperti di gelo, piangendo la morta Euridice e linutile dono di Dite.14 Le madri dei Cconi,15 per tanta piet16 disprezzate, tra lorgia di Bacco notturna, sbranato sparsero il giovane ai campi. I gioghi dellEbro17 portavan la testa staccata dal candido collo; e la voce, la lingua ormai fredda, chiamava Euridice, mentre il respiro fuggiva, Euridice misera. E la riva del fiume rispondeva Euridice.
fese dal disprezzo delluomo. 16 piet: dolore. 17 i gioghi dellEbro: i gorghi del fiume Ebro.

na, viene ucciso e sbranato dalle baccanti invasate dal dio, of-

Leggere le immagini

Gustave Moreau fu un artista francese (1826-1898) che ritrasse soggetti del mondo mitologico con uno stile personalissimo e con una visione onirica e simbolica. La testa mozza di Orfeo poggiata su una lira retta dalla fanciulla, coperta da una veste lunga e raffinata e a piedi nudi. Il volto delleroe diafano nella morte. Il profilo parallelo a quello della ninfa. Latmosfera di estrema malinconica dolcezza. Il dipinto si divide in due parti simmetriche e contrapposte: a sinistra dominano i toni scuri della montagna sullo sfondo su cui si stagliano in primo piano i due volti illuminati. A destra la forte luminosit del cielo si riflette su un paesaggio di fiumi e di monti che si perdono in lontananza in pi piani prospettici.
Gustave Moreau, Ragazza tracia con la testa di Orfeo, 1865. Muse dOrsay, Parigi.

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Virgilio La demenza di Orfeo e il rimprovero di Euridice

Lautore Publio Virgilio Marone nacque nel 70 avanti Cristo ad Andes, un piccolo villaggio
sulle rive del Mincio, presso Mantova. Secondo i biografi antichi, la sua famiglia sarebbe stata modesta: il padre dicono faceva il vasaio oppure il bracciante agricolo. Ma in realt, se Virgilio pot frequentare le scuole migliori e dedicarsi alla poesia per tutta la vita, la sua famiglia doveva essere abbastanza ricca, forse proprietaria di terreni. I biografi raccontano di presagi eccezionali che avrebbero accompagnato la nascita di Virgilio come segni premonitori della sua grandezza: la madre, ad esempio, avrebbe sognato di partorire un ramo di alloro, simbolo della poesia, che avrebbe messo radici diventando presto un albero rigoglioso. Virgilio comp i primi studi a Cremona, fino ai diciassette anni, che per gli antichi segnavano lentrata nella maggiore et. Continu poi gli studi a Milano, a Roma, infine a Napoli, dove segu gli insegnamenti del filosofo Sirone, noto maestro di filosofia epicurea (vedi Modulo 1, Lucrezio, on line 7). Gli eventi storici che seguirono alla morte di Giulio Cesare (44 a.C.) lo toccarono direttamente. Nel periodo delle guerre civili fra Ottaviano e Antonio, infatti, chiunque avesse dei terreni correva il rischio che gli venissero confiscati per essere distribuiti ai veterani di guerra. Fu quello un periodo di particolare ansia per Virgilio, che lo rappresent nelle Bucoliche. Virgilio per sarebbe uscito indenne grazie allappoggio di personaggi influenti. A Roma, Virgilio fu ammesso nel circolo di Mecenate, uno dei pi stretti collaboratori di Augusto, illuminato protettore delle arti. In onore di Mecenate, compose le Georgiche, che celebravano il lavoro dei campi. A partire dal 29, si dedic allEneide, con lintento di celebrare la storia di Roma e della famiglia di Augusto: la gens Iulia, discesa da Iulo, figlio di Enea. Lavor al suo capolavoro per undici anni. Qua e l lasciava dei versi provvisori, che definiva puntelli (tibicines in latino), in attesa di trasformarli in colonne del suo edificio poetico. A cinquantanni, Virgilio decise di fare un viaggio in Grecia e in Asia Minore, per dedicarsi alla revisione della sua opera. Incontrato Augusto ad Atene, lo volle accompagnare in una gita a Megara, ma si sent male per una forte insolazione. La fatica del viaggio di ritorno in Italia aggrav le sue condizioni. Mor poco dopo essere sbarcato a Brindisi, il 21 settembre del 19 avanti Cristo. Fu sepolto a Napoli, sulla via per Pozzuoli. Sulla sua tomba fu inciso un epigramma che, tradotto in italiano, suona cos: Mantova mi ha messo al mondo, i Calabri [gli antichi abitanti della Puglia meridionale] mi hanno strappato alla vita, ora Napoli conserva i miei resti; ho cantato i pascoli, i campi, gli eroi. Partendo per la Grecia, Virgilio aveva chiesto allamico Vario di bruciare lEneide se gli fosse capitata qualche disgrazia: tanto grande era lesigenza di perfezione del poeta. Ma Augusto si assunse la responsabilit di non rispettare la sua volont: dobbiamo quindi alla saggezza del principe se anche noi possiamo leggere lEneide. Augusto, infatti, affid agli amici del poeta Vario Rufo e Plozio Tucca il compito di pubblicare il poema, senza rimaneggiare nulla. Cos, in alcuni passi troviamo ancora una sessantina di versi incompiuti (detti puntelli), che rimangono anche nelle edizioni di oggi, quasi a serbare la traccia materiale della mano del poeta.

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Virgilio La demenza di Orfeo e il rimprovero di Euridice

Guida alla lettura


Le forme
Quello di Orfeo un tipico racconto folclorico, una favola incentrata sul meccanismo del divieto, cui segue la trasgressione, quindi la punizione. Orfeo trasgredisce al divieto di voltarsi indietro a guardare Euridice: proibito il contatto con il mondo dei morti; ci comporta la catastrofe. Grazie alla versione indimenticabile di Virgilio, la favola, di per s schematica, segner profondamente larte occidentale, non solo nella letteratura, ma nella musica e nella pittura. buio, e per sempre? La fanciulla descrive ci che le accade: il sentirsi risucchiare allindietro, il sonno della morte che avanza, loscurit che la circonda mentre tende invano le mani. Il divieto di Caronte che nega un secondo passaggio chiude ogni possibilit di ritorno alla vita. Dopo una breve focalizzazione su Orfeo: che fare? dove andare? come commuovere i Mani? Lattenzione si rivolge per lultima volta su Euridice, gi fredda sulla barca dello Stige. Il poeta torna infine su Orfeo che, ormai solo, canta in luoghi deserti e freddi come fredda Euridice. Il mondo animale e il mondo vegetale rispondono al suo canto. Il senso di corrispondenza con gli elementi naturali sottolineato dalla similitudine fra il canto di dolore del poeta e quello di un usignolo che ha perso i suoi piccoli per colpa di un crudele aratore che gli ha distrutto il nido. A questo punto segue il racconto della morte di Orfeo, sbranato dalle Baccanti. Il motivo del terribile finale attribuito al rifiuto di Orfeo ad unirsi ad altre donne per fedelt alla memoria della moglie. Sentendosi disprezzate, le donne invasate dal dio Bacco lo sbranano con ferocia e spargono i pezzi del suo corpo. Gli ultimi quattro versi ci descrivono la testa mozzata del poeta che, trascinata dai gorghi del fiume, ripete il nome di Euridice.

I temi
Il racconto virgiliano dolce e struggente. I primi sette versi ci introducono al momento culminante della vicenda: Euridice segue il suo sposo nel cammino verso la luce, sino allimprovviso e tragico errore di Orfeo. Il motivo del gesto individuato da Virgilio in una improvvisa demenza che coglie leroe incauto e immemore; il senso fatale della perdita sottolineato dal fatto che linfrazione avviene proprio sullorlo della luce, quando limpresa era quasi compiuta. Il contrasto luce-oscurit metafora dellopposizione vita-morte. La rottura del patto sancita da un triplice fragore di tuono. Dolore e stupore nelle ultime parole che Euridice pronuncia al suo sposo: quale follia lo aveva portato al gesto irreparabile che la condannava a tornare nel

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Ovidio

Un gesto damore
Lopera Metamorfosi Ovidio, circa trenta dopo, racconta nelle Metamorfosi (vedi Modulo 1, p. 40) la sua versione sul mito, diversa da quella virgiliana non nel resoconto dei fatti, ma nellinterpretazione del gesto. Nessuna colpa di Orfeo, nessun rimprovero da parte di Euridice. E di che cosa potrebbe lamentarsi Il testo Nella elaborazione di Ovidio, la figura di Euridice solo unombra muta. una donna, se non di essere amata? Il sentimento Orfeo lunico protagonista che commuove col canto tutto e tutti, mendellamore una fonte tre Euridice riesce appena a pronunciare un addio, cos flebile da essere ispiratrice di tutta la poea fatica percepito. Lassenza di dialogo tra i due amanti sottolinea la sia di Ovidio. barriera invalicabile tra il mondo dei morti e quello dei vivi. Orfeo per Ovidio il poeta e come tale simbolo del valore della poesia, della sua capacit di controllo sul mondo. da
Ovidio, Metamorfosi, a cura di P . Bernardini Marzolla, Einaudi, Torino 1994

1 Grave lauspicio: la narrazione di Ovidio ha inizio con i presagi inquietanti che offuscano il giorno delle nozze. Il dio Imeneo, che nella mitologia greca e romana presiedeva i matrimoni, partecipa cupo in volto senza pronunziare le consuete parole augurali. Si allontana anzi tempo dalla cerimonia risalendo in cielo col mantello color zafferano, come lo disegna liconografia mitica greca, e con la fiaccola daugurio spenta. 2 Niadi: le Niadi erano ninfe che presiedevano alle acque dolci della terra, fiumi, sorgenti, fontane, laghi e paludi; si diceva che possedessero facolt guaritrici. 3 Mor, morsa da un serpente: le Niadi non riuscirono a salvare Euridice dal veleno mortale del serpente che le aveva morso un piede mentre ella stava fuggendo dalla corte insistente dellapicultore Aristeo. 4 Rdope: monte della Tracia, patria di Orfeo. 5 Stige: vedi nota 9 de Le Georgiche di Virgilio, p. 2 di questo on line. 6 porta del Tnaro: si diceva che presso la foce del Tnaro, nella regione della Laconia, una

Grave lauspicio;1 gravissimo quello che accadde. E infatti la sposa novella, mentre vagava per i prati in compagnia di una schiera di Niadi,2 mor, morsa al tallone da un serpente.3 Dopo averla debitamente pianta sulla terra, il poeta del Rdope,4 per non lasciare nulla dintentato, nemmeno nellaldil, os discendere fino allo Stige5 attraverso la porta del Tnaro,6 e avanzando tra folle svolazzanti, tra i fantasmi dei defunti onorati di sepoltura, si present a Persfone7 e al signore dello spiacevole regno delle ombre.8 E facendo vibrare le corde della lira,9 cos prese a dire cantando: O di del mondo che sta sottoterra, dove tutti veniamo a ricadere, noi mortali creature, senza distinzione, se posso parlare e se mi permettete di dire la verit, senza i rigiri di chi dice il falso, io non sono disceso qui per visitare il Tartaro10 buio, n per incatenare i tre colli ammantati di serpenti del mostro della stirpe di Medusa.11 La ragione del mio viaggio mia moglie, nel cui corpo una vipera calpestata ha iniettato veleno troncandone la giovane esistenza. Avrei voluto poter sopportare, e non posso dire di non aver tentato. Ma Amore12 ha vinto! questo un dio ben noto lass, sulla terra; se anche qui, non so, ma spero di s; e se non menzogna quanto si narra di un antico ratto,13 anche voi foste uniti da Amore. Per questi luoghi paurosi, per i silenzi di questo immenso regno dellabisso, vi prego, ritessete il filo
caverna immettesse nel regno dei morti. 7 Persfone: era la sposa di Ade (Plutone per i Latini), re degli Inferi. Secondo il mito Persefone, figlia di Zeus e della dea dellagricoltura Demetra, era stata rapita da Ade e portata nelloltremondo, ma Demetra ottenne da Zeus che la figlia ritornasse sulla terra nelle stagioni Primavera e Estate. 8 signore delle ombre: Ade, il dio degli Inferi. 9 lira: strumento musicale a corde, che accompagnava nellantichit il canto dei poeti. Lo strumento era formato da due braccia unite da una traversa; le corde, tese parallele nello spazio interno delle due braccia, erano legate alla traversa. 10 Tartaro: genericamente la parola designa lInferno. In origine la parola indicava la buia voragine dove Zeus aveva rinchiuso i Titani, un oltretomba distinto dallAde, destinato agli uomini. 11 tre colli Medusa: anche il mito di Medusa viene raccontato nelle Metamorfosi. Medusa era una delle Gorgoni, tre sorelle i cui nomi erano Steno, Euriale e Medusa, dallaspetto mostruoso tale da impietrire per il terrore chiunque le guardasse. Il mito narra che Perseo, che aveva il compito di tagliare la testa a Medusa, riusc nellimpresa guardandone limmagine in uno specchio per evitare di rimanere pietrificato dallo sguardo. Ovidio narra che Medusa era stata una donna di grande bellezza e dagli splendidi capelli. Il dio Poseidone approfitt di lei allinterno di un tempio dedicato alla dea Minerva, la quale, per non lasciare impunito il fatto empio, trasform gli splendidi capelli della donna in orridi serpenti. 12 Amore: scritto con la A maiuscola personificato nel dio dellamore. 13 ratto: rapimento.

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Ovidio Un gesto damore

14 vallata dellAverno: la valle dove si trova il lago dAverno uno dei luoghi infernali. Per sineddoche, cio la parte per il tutto, si intende lInferno intero. 15 le donne dei Cconi: vedi nota 15 delle Georgiche di Virgilio, p. 3 di questo on line. Le Baccanti, dette anche Menadi, vestite con pelli di animali, celebravano il dio cantando e danzando per monti e foreste. Orfeo, che dopo aver perso per la seconda volta Euridice, non aveva voluto pi congiungersi con nessuna donna, viene visto da un gruppo di Baccanti mentre vaga nei boschi accompagnando il suo canto con la lira. Le donne invasate e frenetiche, offese dal disprezzo delluomo, lo uccidono. 16 apollineo: seguace di Apollo. 17 impera la Furia impazzita: solo la Follia, personalizzata dalla maiuscola e rafforzata dallaggettivo, domina il campo. 18 flauti berencizii dalla canna storta: Berecinto un monte della Frigia consacrato alla dea Cibele. Il flauto berecintio il flauto frigio, un tipo di flauto incurvato allestremit. 19 ululati bacchici: le urla delle donne invasate dal dio. 20 Dradi: erano le ninfe custodi dei boschi. 21 Lesbo: unisola greca dellEgeo nordorientale, che divenne famosa per aver dato i natali, nel VII secolo a.C., alla poetessa Saffo. 22 Febo: un altro nome che identifica il dio Apollo.

prematuramente spezzato della vita di Euridice! Tutti quanti vi spettiamo di diritto e dopo un breve soggiorno di sopra, presto o tardi, ci affrettiamo verso questa sede, che la stessa per tutti. Qui tutti siamo diretti, questa lultima nostra dimora, e il vostro dominio sul genere umano non ha poi pi fine. Anche costei sar vostra quando avr compiuto fino in fondo il giusto percorso della sua vita: vi prego solo di ridarmela in prestito. Ma se il destino mi nega questa grazia per la mia consorte, io non voglio riandarmene, no. Cos godrete della morte di due!. Piangevano le anime esangui mentre egli dice queste cose e accompagnava le parole col suono della lira. [] E n la consorte del re, n il re stesso degli abissi ebbero cuore di opporre un rifiuto a quella preghiera; e chiamarono Euridice. Era essa tra le ombre nuove, e venne avanti con passo lento, per la ferita. Orfeo del Rdope la prese per mano, e insieme ricevette lordine di non volgere indietro lo sguardo finch non fosse uscito dalla vallata dellAverno.14 Vana altrimenti sarebbe stata la grazia. Si avviarono attraverso muti silenzi per un sentiero in salita, ripido, buio, immerso in una fitta e fosca nebbia. E ormai non erano lontani dalla superficie, quando, nel timore che lei riscomparisse, e bramoso di rivederla, egli pieno damore si volt. E subito essa riscivol indietro, e tendendo le braccia cerc convulsamente di aggrapparsi a lui e di essere riafferrata, ma nullaltro strinse, infelice, che laria sfuggente. E gi di nuovo morendo non ebbe parole di rimprovero per il marito (e di che cosa avrebbe dovuto lamentarsi, se non di essere amata?), e gli disse per lultima volta addio, un addio che a stento giunse alle sue orecchie. E riflu di nuovo nellabisso. []
XI

Con questo canto Orfeo, il poeta di Tracia, ammaliava le selve e lanimo delle bestie, e attirava anche le pietre. Quandecco che le donne dei Cconi,15 con i petti deliranti coperti di pelli danimali, dallalto di un colle lo scorsero mentre associava il canto al tocco delle corde. E una di esse, scuotemdo la chioma nellaria, grid: Eccolo, eccolo, colui che ci disprezza!, e contro la bocca melodiosa del cantore apollineo16 lanci il suo bastone, il quale, essendo in cima fasciato di frasche, gli lasci un segno, ma non lo fer. Unaltra usa come proiettile un sasso, ma questo, mentre ancora vola, rimane estasiato dai soavi concenti, della voce e della lira, e gli cade dinanzi ai piedi, quasi a chieder perdono di quellardire folle. Ma ormai la sconsiderata battaglia cresce e divampa sfrenata, impera la Furia impazzita.17 In verit, tutte le armi avrebbero potuto essere ammansite dal canto; ma il gran clamore e i flauti berecinzii dalla canna storta,18 e i tamburelli e i battimani e gli ululati bacchici19 sommersero il suono della lira. E cos alla fine i sassi si arrossarono del sangue del poeta, che non si udiva pi. [] Gli uccelli afflitti ti piansero, Orfeo, ti piansero le schiere di animali selvatici, e i sassi duri, e le selve che spesso avevano seguito il tuo canto: gli alberi, deposte le loro chiome, rimasero rasi, in segno di lutto. E dicono anche che i fiumi crebbero a furia di piangere, e che le Niadi e le Dradi20 misero manti neri sui loro veli e andarono con i capelli scompigliati. Le membra giacciono sparse qua e l.Tu, fiume Ebro, accogli la testa e la lira. Ed ecco (prodigio!), mentre filano via in mezzo alla corrente, la lira suona un non so che di triste, la lingua morta mormora tristemente: triste leco risponde dalle sponde. E portate finalmente al mare lasciano il fiume della loro Tracia, e vanno ad arenarsi sulle coste di Lesbo,21 dove la citt di Metimna. Qui, un feroce serpente si avventa contro la testa sbattuta su quella spiaggia straniera, contro i capelli grondanti di stille rugiadose; ma allultimo istante Febo22 interviene, e blocca il serpente che si appresta a mordere, congelandone in pietra le fauci spalancate, indurendolo cos com, a bocca aperta.

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Ovidio Un gesto damore

Lombra di Orfeo discende sottoterra. Egli riconosce uno per uno i luoghi che gi ha visto una volta e, cercandola per i campi delle anime pie, ritrova Euridice, e la abbraccia appassionatamente. E qui passeggiano insieme: a volte, accanto; a volte, lei lo precede e lui la segue; altre volte Orfeo che cammina davanti, e ormai senza paura di perderla, si gira indietro a guardare la sua Euridice.

Lautore Publio Ovidio Nasone nacque a Sulmona, in Abruzzo, nel 43 a.C. da unagiata famiglia di cavalieri. Il padre lo
mand giovanissimo a Roma per studiare retorica. Nonostante gli ottimi studi, Ovidio non tent la via della politica, ma si dedic completamente alla letteratura, diventando presto un poeta di vastissimo successo grazie alla composizione di opere di carattere erotico che rispondevano al gusto della societ brillante dellepoca augustea, che egli frequentava amabilmente, senza bisogno di appoggiarsi alla protezione delle famiglie influenti. Proprio allapice del successo, mentre stava lavorando alle Metamorfosi, lo coglie, nell8 d.C., un improvviso provvedimento punitivo da parte dellimperatore Augusto, il quale condanna il poeta al confino a Tomi, sul mar Nero. I motivi della condanna rimangono oscuri, ma forse sono da collegare agli scandali che qualche anno prima avevano turbato la casa imperiale. Fatto sta che Ovidio fu costretto ad allontanarsi da Roma. Dal suo confino di Tomi Ovidio continu a scrivere, lamentandosi di essere costretto a vivere in una regione inospitale, i cui abitanti nemmeno conoscevano il latino n la grande civilt di cui il poeta era stato il cantore. Nonostante le numerose richieste di grazia, Ovidio non riusc a tornare, e mor a Tomi nel 17 o nel 18 dopo Cristo.

Guida alla lettura


I temi e le forme
Nel decimo libro Ovidio racconta la sfida di Orfeo alloltremondo e riporta direttamente le parole del canto col quale leroe si rivolge ai signori dellAde. Il suo discorso si basa su un argomentare lucido e inattaccabile. Due i punti di forza: la forza dellamore che non accetta la perdita e la morte prematura. Il regno dei morti la sede destinata a tutti gli umani, ma perch andarci prima del tempo? Lui in fondo chiede solo che Euridice gli sia data in prestito per restituirla alla morte quando sar il momento. Al canto di Orfeo tutte le anime che popolano linferno piangono commosse. Il re e la regina degli Inferi, altrettanto commossi, concedono la grazia e chiamano Euridice. Sembra che nulla possa ostacolare la potenza persuasoria del canto. Assieme alla sposa e alla possibilit di riportarla alla luce Orfeo riceve un ordine, ma trasgredisce non per demenza o furore, ma per eccesso damore. Si volta perch teme di non vederla e perch brama di rivederla. Per questo nessuna lamentela della donna che muore per la seconda volta. Nellundicesimo libro il canto di Orfeo ammalia le selve, le bestie, le pietre. Non riesce ad ammansire la furia delle baccanti perch le loro urla selvagge impediscono la percezione del suo canto. Alla morte di Orfeo tutta la natura in lutto. Nel finale i toni tragici si stemperano: nella morte i due sposi si ricongiungono, passeggiano insieme nei luoghi delloltretomba e Orfeo pu volgersi a guardare la sua amata ogni volta che vuole.

Lavorare sui testi


Riassumi la vicenda mitica come viene raccontata
dai due poeti.

Perch, secondo te, Orfeo trasgredisce allordine


avuto?

Indica eventuali differenze che nel racconto dei fatti


hai trovato nelle due versioni.

Secondo te la figura della donna mortificata o meno nella versione ovidiana rispetto a quella virgiliana? Commenta e motiva la tua risposta.

In che consiste la forza del canto di Orfeo? I toni ti sono sembrati pi dolci in Virgilio o in Ovidio? I toni ti sono sembrati pi vivaci in Virgilio o in Ovidio? Lorrore delluccisione di Orfeo stemperata da unimmagine di grande forza emotiva in entrambi i testi: la testa mozzata che ripete il nome dellamata. Come racconta Virgilio questa scena e quanto spazio le d? Come racconta Ovidio questa scena e quanto spazio le d?

Perch, secondo Virgilio, Orfeo trasgredisce allordine avuto?

Perch, secondo Ovidio, Orfeo trasgredisce allordine avuto?

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Il mito di Orfeo
Quando nasce il mito di Orfeo nella letteratura greca?
Nella letteratura greca arcaica e classica i riferimenti ad Orfeo sono rari, nonostante il mito oralmente fosse conosciuto e diffuso; non se ne fa nessun accenno ad esempio allinterno dei poemi omerici n in Esiodo. Tra i testi pi antichi abbiamo un frammento di una tragedia di Eschilo incentrata per sulla uccisione di Orfeo.

Nel mito Orfeo sempre visto come un eroe positivo?


No, il personaggio di Orfeo si presta allambiguit. Nel Simposio il filosofo Platone (V-IV sec. a.C.) critico sulleroe Orfeo che giudica un sofista, che utilizza la parola per persuadere gli altri non per affermare verit. Secondo Platone Euridice gli stata negata dagli di perch il suo eros (sentimento damore) era falso come il suo logos (la sua parola, il suo canto).

Chi invece nel mondo greco lo ha esaltato come un eore positivo?


Nel periodo ellenistico Apollonio Rodio (III sec. a. C) inserisce il personaggio di Orfeo nel poema Argonautiche. Nel poema di Apollonio, Orfeo partecipa al viaggio sulla nave Argo che porter il mitico Giasone alla conquista del vello doro. Grazie al suo canto gli argonauti riuscirono a superare indenni lisola delle sirene perch il canto di Orfeo aveva offuscato la melodia ammaliatrice delle sirene.

La fama di Orfeo si lega ad una tragica vicenda damore e di morte


Non limpresa sulla nave Argo a dare limmortalit letteraria al personaggio di Orfeo, quanto la tragica vicenda damore e morte che lo lega alla ninfa Euridice. La giovane sposa muore a causa delle avances di Aristeo, uno dei tanti figli di Apollo, che, innamorato non corrisposto, continuava a dimostrarle eccessive attenzioni. Un giorno la fanciulla, correndo per sfuggire al suo corteggiatore, mise inavvertitamente il piede su un serpente dal morso velenoso.

Lo sguardo negato
Orfeo non si rassegn alla perdita, penetr negli Inferi incantando i guardiani del regno dei morti con la sua musica. La regina degli Inferi Persefone, commossa e sedotta dal suo canto, persuase il dio Ade a consentire ad Orfeo di riportare Euridice sulla terra. Ade accett, ma ad un patto: Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino alla porta degli Inferi senza voltarsi mai allindietro. Proprio vicino alluscita dagli Inferi, Orfeo per non riusc a resistere al dubbio e si volt, per vedere Euridice scomparire e tornare tra le tenebre per sempre.

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La vendetta delle donne


Disperato per la perdita, non volle pi congiungersi ad alcuna donna. Le Baccanti della Tracia, seguaci del dio Dioniso, si vendicarono assalendolo e facendolo a pezzi. La sua testa venne gettata nel fiume. La testa di Orfeo continu a cantare trasportata dalla corrente fino al mare, per approdare infine allisola di Lesbo, dove fu sepolta nel santuario di Apollo. A Lesbo nacque Saffo, e con lei la poesia lirica. Il corpo di Orfeo venne seppellito dalle Muse ai piedi dellOlimpo. La sua lira venne invece infissa nel cielo e form la costellazione della Lira.

Il mito di Euridice c anche nella Commedia di Dante?


Dante, oltre a Virgilio, considerava Ovidio il suo autore, tanto da gareggiare virtualmente con lui quando si trattava di descrivere delle metamorfosi infernali: conosceva quindi benissimo le Metamorfosi di Ovidio. Dante nomina una volta sola Orfeo: lo scorge insieme agli altri poeti antichi, nel limbo (Inf. IV 140). Ma in tutta lopera dantesca assente il mito di Euridice, la sposa di Orfeo ineluttabilmente respinta indietro nelloscurit degli Inferi. Euridice una specie di antimodello di Beatrice (la riecheggia anche nel nome), di cui Dante non parla mai, forse per esorcizzare una perdita della donna amata che a lui sarebbe insopportabile: perch Dante non vuol perdere la sua donna, la vuol piuttosto ritrovare. E infatti cos : Dante, al contrario di Orfeo, con la sua poesia riuscito ad andare nelloltremondo, dove ha ritrovato Beatrice per sempre, e lha resa immortale.

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Il bassorilievo la rappresentazione artistica pi antica del mito. Si tratta di una copia det romana di un originale greco risalente al V secolo a.C. I tre personaggi sono accomunati da una grande tristezza. Orfeo ed Ermes sono ai lati di Euridice che, col capo velato e lunga veste drappeggiata, guarda lamato per lultima volta. Il dio la tiene per mano, accingendosi ad accompagnarla indietro nelloltretomba. Ermes (Mercurio per i latini) era un dio psicopompo, aveva cio il compito di condurre agli inferi le anime dei defunti.
Ermes, Euridice e Orfeo, bassorilievo marmoreo. Museo Archeologico di Napoli.

Leggere le immagini
Si tratta di un grande mosaico a tessere nere, bianche, beige, marroni, verdi, rosse e grigie di pi di sei metri per cinque. Il mosaico riporta al centro un grande pannello con Orfeo che ammansisce gli animali. Orfeo seduto su una roccia, indossa una corta tunica di colore verde scuro, un breve mantello (clamide) ed un berretto rossi come gli stivali sui calzari aderenti. Nella mano sinistra tiene una lira a quattro corde, formata da due corna di gazzella su un guscio di tartaruga. Dietro di lui un albero, sui cui rami corti appollaiato un uccello, costituisce lunico elemento del paesaggio naturale, mentre il cantore circondato da ben diciannove animali: un uccello, un cane, una scimmia, un pappagallo, un toro, un leone, un serpente, un leopardo, un cervo, una tartaruga, una lucertola, una volpe, una lepre, una cicogna, un pavone, un antilope, una tigre, uno struzzo ed un corvo. Tutto il mondo animale rende omaggio alluomo poeta e musico.
Orfeo cantore tra le fiere, mosaico, fine II-inizio III secolo d.C. Museo Archeologico Regionale di Palermo.

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Il melodramma
Orfeo non solo poeta n solo suonatore di lira; il suo mito mostra lindissolubile legame tra musica e parole, segno del bisogno profondo, antropologico, desprimere nel canto sentimenti ed emozioni e di raccontare: la letteratura nasce legata alla musica, col canto degli antichi aedi, dei poeti lirici, del coro tragico, e anche la nostra tradizione poetica delle origini ce ne segnala in pi modi il legame (basti pensare a forme metriche quali la canzone, il sonetto, la ballata della Scuola poetica siciliana). Questo spiega la straordinaria fortuna musicale del mito dOrfeo sino ai nostri giorni. Tra le prime opere in musica che raccontano il mito la Favola dOrfeo di Angelo Ambrogino detto il Poliziano (1454-1494) composta nel 1480 a Mantova per uno spettacolo a corte. Lambientazione campestre. Ade e Persefone sembrano una coppia di signori rinascimentali. La scena conclusiva uno sfrenato e festoso baccanale, che stravolge il senso tragico della favola originaria. Lopera di Poliziano larchetipo di una nuova forma di intrattenimento teatrale che, dal Seicento, diventer molto in voga nelle corti, formato da danza, musica e poesia. Proprio allalba del Seicento nacque infatti un nuovo genere musicale: il melodramma, cio uno spettacolo teatrale (-dramma) cantato e musicato (melo-). Il primo melodramma della storia fu dedicato nel 1600 proprio ad Euridice, la sposa sfortunata di Orfeo (volume di Narrativa, on line 63), su musica di Jacopo Peri e libretto di Ottavio Rinuccini; ma anche il primo grande compositore di melodrammi, Claudio Monteverdi (1567-1643), dedic un melodramma ad Orfeo, nel 1607. Non un caso che la nascita del melodramma si leghi alla figura mitica di Orfeo che basa la sua forza sullintreccio indissolubile di parola, canto e musica. Meno di dieci anni dopo, nel 1616, avremo Orfeo dolente, melodramma di Domenico Belli, e cos via sino al capolavoro settecentesco di Christoph Willibald Gluck, Orfeo ed Euridice (1762) su libretto di Ranieri de Calzabigi di cui famosa laria Che far senza Euridice, dove andr senza il mio bene?. La ripresa del mito di Orfeo nel Settecento dovuta a Gluck (1714-1787) e Calzabigi importante perch, musicalmente, segna lavvio della riforma dellopera in musica, avvicinabile alla riforma che Goldoni nello stesso periodo attua per il teatro comico (vedi volume di Poesia, Modulo 6, p. 348). Il fascino del canto di Orfeo e della dolorosa storia damore ha continuato a ispirare compositori nei secoli successivi. Per citare una delle opere in musica pi conosciute del Novecento, ricordiamo Orfeo, balletto di Igor Stravinskij, composto nel 1947.

La copertina del libretto del melodramma di Monteverdi rappresentato a Mantova nel 1609.

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Ranieri De Calzabigi

Orfeo ed Euridice e il lieto fine


Lopera Orfeo ed Euridice Il melodramma Orfeo ed Euridice di Gluck-Calzabigi and in scena nel 1762 al Burgtheater di Vienna per lonomastico dellimperatore Francesco I. Lazione inizia davanti alla tomba di Euridice. Motore di tutta la vicenda Amore, a cui si deve anche il merito del lieto fine, assente nel mito originario. Orfeo entra in un Ade terrificante, connotato da una danza macabra di Furie e Spiriti, ma non tragico, perch anche gli esseri infernali sembrano condividere i principi illuministici della Il testo Sono stati antologizzati scene tratte dal II atto e dal III atto. Le anime cultura dellepoca. I sovrainfernali costituiscono il coro che a mano a mano viene ammansito dal ni dellAde rappresentano canto melodioso di Orfeo. Pi il tono del canto di Orfeo si fa appassioil programma politico ilnato, pi il canto del coro si addolcisce. Orfeo, ammansite le anime inluminato degli imperatori dAsburgo che dichiarano fernali, riesce a convincere i signori dellInferno di riportare Euridice alla vita. Euridice di considerare il potere co- segue Orfeo che, ubbidiente al vincolo del divieto, non si volta a guardarla. La donna me un compito ricevuto in interpreta questo comportamento come un atto di disamore e si rifiuta di seguire eredit, da assolvere per luomo. Orfeo, che ha anche lobbligo di non rivelare nulla allamata, non resiste alle suppliche e ai rimproveri di lei e si volta a guardarla, condannando Euridice per il bene di tutti. la seconda volta alla morte. Orfeo disperato vorrebbe morire per ricongiungersi con la sua sposa, ma interviene il dio Amore che risolve lazione drammatica in un lieto fine, rovesciando il senso del mito. Poich Orfeo era stato fedele ai princpi dAmore, il dio dellAmore gli restituir Euridice in modo che la felicit dei due amanti diverr segno della sua gloria. da
sito www.librettidopera.it

Personaggi ORFEO contralto EURIDICE soprano AMORE soprano Pastori e Ninfe Furie e spettri nellinferno Eroi ed Eroine negli Elisi Seguaci dOrfeo

ATTO II Scena I
ORFEO

Deh! placatevi con me. Furie, larve,1 ombre sdegnose


CORO

No
ORFEO
1 larve: fantasmi. 2 barbaro: il dolore viene definito barbaro perch, come fosse fuori da ogni regola civile, egli non riesce a contenerlo.

Vi renda almen pietose il mio barbaro2 dolor.

CORO

(raddolcito e con espressione di qualche compatimento) Misero giovine! Che vuoi, che mediti? Altro non abita

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Ranieri De Calzabigi Orfeo ed Euridice e il lieto fine

che lutto e gemito in queste orribili soglie funeste.


ORFEO

Mille pene, ombre sdegnose, come voi sopporto anchio; ho con me linferno mio,3 me lo sento in mezzo al cor. Ah qual incognito affetto flebile, dolce a sospendere vien limplacabile nostro furor!4

CORO (con maggior dolcezza)

ORFEO Men tiranne, ah! voi sareste

al mio pianto, al mio lamento, se provaste un sol momento cosa sia languir damor.5
CORO

(sempre pi raddolcito) Ah quale incognito affetto flebile, dolce a sospendere vien limplacabile nostro furor! Le porte stridano su neri cardini e il passo lascino sicuro e libero al vincitor.6

3 linferno mio: metaforicamente la grande pena damore di Orfeo viene paragonata alle pene che le ombre patiscono nel mondo infernale. 4 Ah qual incognito nostro furor: un ritornello che si ripeter pi volte. Le ombre sottolineano come la dolcezza del pianto damore, sentimento a loro sconosciuto, abbia la capacit di frenare la loro furia che non conosceva piet. 5 se provaste languir damor: solo chi ha esperienza damore pu capire la sofferenza di chi ama. 6 al vincitor: Orfeo chiamato vincitore perch ha ottenuto quel che voleva: entrare nel mondo infernale per riprendere la sua amata. 7 Sogno? Veglio? Deliro?: una climax.

ATTO III Scena I


ORFEO

(ad Euridice, che conduce per mano sempre senza guardarla) Vieni: segui i miei passi, unico amato oggetto del fedele amor mio.
EURIDICE

(con sorpresa) Sei tu! Minganno? Sogno? Veglio? Deliro?7


ORFEO

(con fretta) Amata sposa, Orfeo son io, e vivo ancor; ti venni fin negli Elisi a ricercar; fra poco il nostro cielo, il nostro sole, il mondo di bel nuovo vedrai.

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EURIDICE

(sospesa) Come! ma con quale arte?8 ma per qual via?


ORFEO

Saprai tutto da me; (con premura) per ora non chieder pi, meco taffretta, e il vano importuno timor dallalma sgombra: ombra tu pi non sei, io non son ombra.
EURIDICE

Che ascolto! e sar ver? Pietosi numi, qual contento mai questo! Io dunque, in braccio allidol mio, fra pi soavi lacci dAmore e dImeneo,9 nuova vita vivr!
ORFEO

S, mia speranza; ma tronchiam le dimore,10 ma seguiamo il cammin.Tanto crudele la fortuna con me, che appena io credo di possederti; appena so dar fede a me stesso.
EURIDICE

8 con quale arte?: con quale artificio? 9 Imeneo: Imeneo la divinit che presiedeva alle nozze. 10 tronchiam le dimore: Rompiamo gli indugi, affrettiamoci. 11 riveggo: rivedo. 12 tannoia: Euridice rimprovera Orfeo di essersi stancato di lei nellattimo stesso in cui lha rivista. 13 oh legge crudel!: Orfeo lamenta lobbligo di non poter svelare nulla a Euridice. Tra parentesi sono gli a parte: cio le espressioni che il personaggio non rivolge allaltro ma a se stesso. 14 mai taffanna lieto momento: Euridice non riesce a comprendere come mai Orfeo sia cos teso in un momento tanto lieto. 15 il cimento: a parte Orfeo dice che la vera prova questa.

(mesta e risentita, ritirando la mano da Orfeo) E un dolce sfogo del tenero amor mio, nel primo istante che tu ritrovi me, chio te riveggo,11 tannoia,12 Orfeo!
ORFEO

Ah! non ver, ma sappi senti (oh legge crudel!)13 bella Euridice, inoltra i passi tuoi.
EURIDICE

Che mai taffanna in s lieto momento?14


ORFEO

(Che dir! lo preveddi; ecco il cimento.)15


EURIDICE

Non mi abbracci! non parli! (tirandolo perch la guardi) Guardami almen. Dimmi: son bella ancora qual era un d? vedi: che forse spento il roseo mio volto? Odi: che forse soscur quel che amasti e soave chiamasti splendor de sguardi miei?

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ORFEO

(Pi che lascolto, meno resisto: Orfeo coraggio.)16 Andiamo, mia diletta Euridice; or non tempo di queste tenerezze; ogni dimora fatale per noi.
EURIDICE

Ma uno sguardo solo


ORFEO

sventura il mirarti.
EURIDICE

Ah infido!17 E queste son laccoglienze tue! mi nieghi un sguardo, quando dal caro amante e dal tenero sposo aspettarmi io dovea gli amplessi e i baci!
ORFEO

(sentendola vicina, prende la sua mano e vuol condurla) (Che barbaro martir!) Ma vieni e taci.
EURIDICE

(ritira la mano con sdegno) Chio taccia! e questo ancora mi restava a soffrir! dunque hai perduta la memoria, lamore, la costanza, la fede! E a che svegliarmi dal mio dolce riposo, or che hai pur spente quelle a entrambi s care dAmore e dImeneo pudiche faci!18 Rispondi, traditor.
ORFEO

Ma vieni e taci. [Duetto19]


ORFEO
16 Pi che lascolto Orfeo coraggio: anche questi versi costituiscono un a parte. 17 Ah infido: Euridice non pu capire perch Orfeo abbia definito sventura il guardarla, e dice di non potersi fidare di lui. 18 E a che svegliarmi faci: a che valso svegliarla dal sonno della morte se doveva spegnere le luci dellamore nuziale, che erano state care ad entrambi? 19 Duetto: il duetto un brano musicale per due voci soliste, con o senza accompagnamento strumentale. Il termine indica interpretazioni vocali a due che cantano alternandosi.

Vieni: appaga il tuo consorte.


EURIDICE

No: pi cara a me la morte, che di vivere con te.


ORFEO

Ah crudel!
EURIDICE

Lasciami in pace
ORFEO

No: mia vita, ombra seguace verr sempre intorno a te.


EURIDICE

Ma perch sei s tiranno?

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ORFEO

Ben potr morir daffanno, ma giammai dir perch. [Insieme20]


ORFEO

Grande, o numi, il dono vostro, lo conosco e grato sono ma il dolor, che unite al dono, insoffribile per me.
EURIDICE

Grande, o numi, il dono vostro, lo conosco e grata sono ma il dolor, che unite al dono, insoffribile per me. []
ORFEO

Che affanno! Oh come mi si lacera il cor! Pi non resisto; smanio, fremo, deliro21 ah mio tesoro! (si volta con impeto e la guarda)
EURIDICE

(alzandosi con forza e tornando a cadere) Giusti di, che mavvenne. Io manco io mo ro (more)
ORFEO

20 Insieme: il termine indica interpretazioni vocali a due che cantano insieme. 21 smanio, fremo, deliro: una climax. 22 Aria: in campo musicale per aria si intende un brano, quasi sempre per voce solista, articolato in strofe o sezioni. Nella storia dellopera essa si contrappone al recitativo e rappresenta un momento in cui la forma musicale prende il sopravvento sullazione e sul dialogo.

Ahim! dove trascorsi! Ove mi spinse un delirio damor! (le saccosta con fretta) Sposa! Euridice! (la scuote) Euridice! Consorte! ah pi non vive, la chiamo in van, misero me, la perdo, e di nuovo e per sempre! oh legge! oh morte! oh ricordo crudel! non ho soccorso, non mavanza consiglio. Io veggo solo (oh fiera vista!) il luttuoso aspetto dellorrido mio stato; saziati sorte rea, son disperato. [ Aria22]
ORFEO

Che far senza Euridice! Dove andr senza il mio ben! Euridice! Oh dio! rispondi, io son pure il tuo fedel. Euridice! Ah! non mavanza pi soccorso, pi speranza n dal mondo, n dal ciel!

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Che far senza Euridice! Dove andr senza il mio ben!


Orfeo senza Euridice decide di morire per ricongiungersi con la sua sposa, ma interviene il dio Amore che risolve lazione drammatica in un lieto fine, rovesciando il senso del mito. Poich Orfeo era stato fedele ai principi dAmore, il dio dellAmore gli restituir Euridice e la felicit dei due amanti gli dar eterna gloria.
AMORE

Mi desti prova di tua nobil f;23 pi non sarai, per mia gloria, infelice: Euridice ti rendo! Essa risorga e sia congiunta a te. [] ATTO III Scena III
CORO

Trionfi Amore, e il mondo intero serva allimpero della belt.


EURIDICE

La gelosia strugge e divora; ma poi ristora la fedelt. E quel sospetto che il cor tormenta, alfin diventa felicit.
CORO

23 f: fedelt.

Trionfi Amore, e il mondo intero serva allimpero della belt.

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Questo dipinto rappresenta con particolare intensit lepisodio dello sguardo fatale che condanna Euridice agli inferi per sempre, ma con uninversione di parti: non Orfeo a volgere lo sguardo verso Euridice, ma la donna che, abbracciando con passione il suo uomo, sembra chiedergli di guardarla, mentre questi, turbato e con gli occhi chiusi, tenta di sottrarsi allo sguardo e di allontanarla da s. Frederick Leighton (18301896), stato uno scultore e pittore inglese le cui opere, preferibilmente a soggetto storico, biblico e mitologico, sono tra gli esempi artistici pi raffinati dellOttocento inglese.
Frederick Leighton, Orfeo ed Euridice, 1864. Leighton House Museum, Londra.

Gli autori Il librettista Ranieri Simone Francesco Maria de Calzabigi (1714-1795)


stato un poeta e librettista italiano. Inizi a dedicarsi allattivit librettistica nel 1743 a Napoli. A causa del suo coinvolgimento in un processo penale, fu costretto a lasciare la citt per Parigi, dove conobbe Pietro Metastasio, poeta e librettista italiano. Nel 1761 lasci la Francia per la citt di Vienna, capitale dellimpero degli Asburgo, dove conobbe il compositore Christoph Willibald Gluck. Per Gluck scrisse tre libretti dopera (di cui Orfeo ed Euridice il pi famoso) e contribu attivamente, grazie alla scrittura di libretti dalto valore poetico, alla riforma del melodramma gluckiana. Il compositore Christoph Willibald Gluck (1714-1787) stato un compositore tedesco. Conosciamo poco della sua formazione: probabilmente segu lezioni di organo e di clavicembalo presso il collegio dei Gesuiti di Komatau, dove impar anche a suonare il violino e il violoncello. Quello che certo che, per seguire la sua passione per la musica, fugg da casa guadagnandosi da vivere come cantore e suonatore ambulante nelle chiese e nelle piazze. Lavor come compositore a Praga, a Vienna, a Milano, a Londra. Nel 1752 ritorn a Vienna dove, chiamato a dirigere unimportante orchestra, tranne qualche intervallo di vita parigina, rimase fino alla morte. Orfeo ed Euridice, su libretto di Calzabigi, fu la sua opera di maggior successo.

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Guida alla lettura


Le forme
La musica in un melodramma assume la parte pi autorevole, ricca di suggestioni, ma il significato affidato al testo, parole tradotte in musica attraverso il canto, che diviene un mezzo cui affidare il piacere dellinvenzione fantastica e il coinvolgimento emotivo e sentimentale del pubblico. Vi sono le voci soliste di Orfeo ed Euridice (rispettivamente contralto e soprano), che cantano in dialoghi, duetti e arie, la voce di Amore (soprano) che come il deus ex machina del teatro antico tutto risolve, e la voce del coro. Euridice assume un ruolo decisivo. Poich Orfeo non solo non guarda Euridice, ma non pu dirle del divieto, Euridice, pensando che lui sia rimasto deluso e disamorato nel rivederla, si rifiuta di seguirlo: No, pi cara a me la morte, che di vivere con te; segue un duetto in cui i due sposi cantano le stesse parole, ma con significato diverso: Grandi, o Numi, il dono vostro, Lo conosco e grato/grata son, Ma il dolor che unite al dono, insoffribile per me. Orfeo per esprimerle il suo amore si volta, lamore decreta la morte di Euridice. Qui abbiamo la celebre aria Che far senza Euridice? (che verr citata nel racconto di Gesualdo Bufalino Il ritorno di Euridice, vedi p. 25 di questo on line). Ma imprevedibilmente sar sempre lamore a decretare la vita. Interviene il dio Amore che risolve lazione drammatica nel lieto fine, riconoscendo la fedelt di Orfeo ai princpi stessi dellamore. Latto e lopera si concludono col canto di trionfo di Amore.

I temi
Nel brano proposto dellatto II, si coglie il passaggio dalla furia implacabile delle ombre infernali alla compassione nello sfumare della violenza del No iniziale sino alla resa le porte si aprano al passo del vincitor. La dolcezza del canto ha vinto la furia. Il sentimento damore vince su ogni altro sentimento. Nellatto III di scena limpossibilit di comunicare: i due sposi intrecciano un drammatico dialogo, nel quale

Lavorare sul testo


Per comprendere Riassumi il contenuto dei brani letti. Sottolinea i versi in rima. Che cosa un ritornello? Trova nei versi un ritornello. Da chi pronunciato?

Cosa unaria? Fai la parafrasi dellaria


Che far senza Euridice! Dove andr senza il mio ben! Euridice! Oh dio! rispondi, io son pure il tuo fedel. Euridice! Ah! non mavanza pi soccorso, pi speranza n dal mondo, n dal ciel! Che far senza Euridice! Dove andr senza il mio ben!

Metti in costruzione diretta i seguenti due versi:


Mille pene, ombre sdegnose, come voi sopporto anchio

Lespressione in costruzione diretta ha secondo te


la stessa forza emotiva?

Le didascalie indicano in successione come il coro


si addolcisca sempre pi. Mostra nel testo da quali elementi ricavi la maggiore dolcezza.

Elenca gli argomenti portati da Orfeo per convincere


gli spiriti infernali.

Per interpretare Per quale motivo Amore premia Orfeo? Che differenza c tra Amore e amore?

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Dino Buzzati

Un poema a fumetti
Lopera Poema a fumetti Nellera della piena modernit la geografia dellAde assume i connotati di una citt industriale, una Milano paradossalmente priva di caos, nel Poema a fumetti di Dino Buzzati, un fumetto dai contenuti profondi che contrastano con la leggerezza del genere. Fu lo stesso Buzzati, anche abile pittore, a disegnare nel 1969 le strisce a fumetti del suo poema. Protagonisti del mito moderno sono Orfi un Il testo Una fredda notte di marzo Orfi vede un tass fermarsi dinanzi a una micantautore, lunico poeta capace di incanto nelsteriosa villa proprio di fronte alla sua casa, in via Saterna, una immalepoca della modernit, e ginaria via del centro di Milano. Dal tass scende Eura che entra nella Eura, la sua ragazza. villa attraversando una porta chiusa senza aprirla, come uno spirito. da
D. Buzzati, Poema a fumetti, Mondadori, Milano 2007

In alto la bocca di Orfi grida il nome della fanciulla che sembra non sentirlo e che continua il suo fatale andare. La porta chiusa non un ostacolo per lei. Il suo viso, come la sua immagine, viene risucchiato allinterno.

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Dino Buzzati Un poema a fumetti

Lindomani Orfi, venuto a conoscenza della morte improvvisa di Eura, si reca a tarda notte di fronte la porta che Eura aveva attraversato, portando con s la chitarra per sentirsi pi forte. Un uomo, che poi scompare, gli vieta lingresso, ma Orfi chiede col suo canto alla porta di aprirsi. Perch?. Gli ripete pi volte una voce doltretomba. Perch l dietro c lei / se c lei io non ho paura / anche se tutti sanno / che di notte o di giorno / di l non esiste ritorno. La porta si apre e Orfi entra in un moderno Ade, che non altro che una Milano riprodotta: un aldil popolato dal suo mondo. Una donna senza veli lo accompagna nel paese della morte, definita la vecchia signora che distrugge i piaceri e disperde le liete compagnie. Il diavolo custode una giacca vuota che gli chiede di cantare un canto che ricordi ai morti tutto ci che essi non hanno pi.

La tavola divisa in due. Nella parte superiore la giacca, morbida come se fosse indossata da un corpo inconsistente, e nella parte inferiore le domande che la giacca pone ad Orfi, il suo invito ad affacciarsi a guardare dalla finestra e, tra le parole, delineato il profilo della citt conosciuta con i suoi simboli: il Castello Sforzesco, le guglie del Duomo, case, ciminiere, grattacieli. Sembra che tra il mondo conosciuto e loltretomba non ci sia differenza.

Il canto di Orfi si dispiega lungo sessantasette pagine; canta le delusioni, le angosce, le paure che accompagnano i vivi nel loro cammino: bassezze e nobilt che albergano nel cuore di tutti, consce e inconsce. E il suo canto svela che la dimensione autentica della vita sta proprio nella consapevolezza della fine; ogni cosa acquista senso solo nella coscienza che dovr finire, ribaltando linterpretazione di Pavese:

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l la consapevolezza della morte toglieva senso alla vita, qui il senso della vita lo si coglie proprio attraverso la consapevolezza della morte. Orfi in virt del suo canto viene lasciato passare nellinferno e gli vengono concesse ventiquattro ore per trovare Eura: uno spazio di tempo in un mondo senza tempo. Trovatala, la perde, ma non per suo errore o per sua volont; sar Eura a non volerlo seguire perch appartenente ormai ad una dimensione altra. Nessun patto, nessun divieto. La morte morte e non si vince.Trascorso inesorabilmente il tempo, Orfi si ritrover vivo in via Saterna, dinanzi alla sua casa. Dinanzi a lui lo stesso uomo della sera prima gli dice di non tormentarsi perch quello che ha visto solamente sogno. Orfi per si ritrova stretta nella mano una piccola ma reale testimonianza: lanello sfuggito a Eura nel tentativo disperato di trascinarla con s.

Limmagine molto suggestiva. Scaduto il tempo, Orfi trascinato verso lalto da un vortice che crea un movimento a spirale sullo sfondo della citt infernale. Stringe la mano di Eura, ma il corpo della fanciulla resta fuori dal vortice e sembra porre resistenza a seguirlo.

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La pagina presenta due immagini in successione. Nella prima immagine le mani sono ancora unite, nella seconda le mani che si separano segnano il momento tragico del distacco, della perdita definitiva. Ma un oggetto passato da una mano allaltra, dal mondo dei morti a quello dei vivi, a dimostrazione che non si trattato di un sogno.

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Lautore Dino Buzzati (1906-1972) nacque a S. Pellegrino, vicino Belluno, da una famiglia dellagiata borghesia. La famiglia risiedeva a Milano e la villa presso Belluno era luogo di vacanza, amato e sempre ricordato. Segu gli studi di Giurisprudenza per volont del padre, docente di Diritto internazionale, ma le sue grandi passioni erano la pittura e la scrittura. Allet di 22 anni intraprese la carriera giornalistica presso il Corriere della Sera, dove rimase tutta la vita, non sottraendosi mai agli incarichi del semplice cronista o al lavoro di redazione, pur divenuto scrittore di fama. Nel 1939, agli inizi della prima guerra mondiale, fu inviato speciale in Etiopia, e lanno successivo scrisse e pubblic il romanzo Il deserto dei Tartari, il suo capolavoro narrativo, un romanzo dallatmosfera allucinata in cui il protagonista vive nellattesa dellaggressione di un nemico inesistente. Nel 1958 vinse il prestigioso premio Strega con un libro di racconti, dove risultava evidente la capacit di concentrare nel breve spazio di un racconto atmosfere enigmatiche e inquiete. Si dedic anche al disegno e alla pittura, sempre inseguendo la sua vena surreale.

Guida alla lettura


Le forme
La novit del poema di Buzzati sta nel mezzo formale, il fumetto, un fumetto colto, con disegni originali e surreali dai toni tenui. Abbondano nel fumetto le nudit di corpi femminili, ma anche Dante popola lInferno di anime lasse e nude.

I temi
La novit del poema di Buzzati sta nella conclusione: Eura rimane nel mondo dei morti non pi a causa del gesto di Orfi, ma perch lei stessa ad accettare la legge della morte. Orfi rappresenta lartista il cui destino la solitudine. La sua impresa fallisce perch larte impotente di fronte lineluttabilit della morte.

Lavorare sul testo


Per comprendere e interpretare Descrivi ci che vedi nella prima immagine. Il muro scalcinato. Quale potrebbe esserne il significato simbolico secondo te? ogni caso di esprimere la tua personale interpretazione e la tua sensazione.

Perch lAde ha i contorni della citt dove Orfi vive? Nellimmagine del vortice le linee curve contrastano
con i disegni lineari e geometrici dello sfondo. Ci d allimmagine A movimento B staticit

Perch lingresso allAde ha il diminutivo porticina? Quale potrebbe esserne il significato?

Sotto limmagine appare la scritta come fosse stata uno spirito. Si tratta di una similitudine vera o falsa?

Cosa manca alla mano di Eura nellimmagine finale? Per interpretare Scrivi un breve racconto che leghi le immagini le
une alle altre.

Nelle immagini Orfi ha sempre con s la sua chitarra. Cosa rappresenta la chitarra per lui, e cosa rappresenta per il lettore? Si tratta comunque in

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Gesualdo Bufalino

Il ritorno di Euridice
Il ruolo dellartista, il suo potere dincanto e la sua inettitudine sono ancora una volta oggetto dindagine nel racconto leggero e ironico di Gesualdo Bufalino. Il racconto usc per la prima volta su la Repubblica il 17 luglio 1984, nella rubrica Racconti destate. Venne poi inserito nella raccolta Luomo invaso, pubblicata nel 1986. Lambigua e colta versione di Bufalino fa della vicenda di Orfeo ed Euridice il luogo ideale per una riflessione sullarte, autenticit o finzione, e sullartista, vate incantatore o adorabile buonannulla.

Il testo

da
G. Bufalino, Luomo invaso, Bompiani, Milano 2001

Era stanca. Poich cera da aspettare, sedette su una gobba dellargine, in vista del palo dove il barcaiolo1 avrebbe legato lalzaia.2 Laria era del solito colore sulfureo,3 come dun vapore di marna4 o di pozzolana,5 ma sulle sponde sincanutiva in fiocchi laschi6 e sudici di bambagia. Si vedeva poco, faceva freddo, lo stesso fiume7 non pareva scorrere ma arrotolarsi su se stesso, nella sua pece pastosa, con una pigrizia di serpe.8 Un guizzo dali inatteso, un lampo nero, sorse sul pelo dellacqua e scomparve. Lacqua gli si richiuse sopra allistante, lo inghiott come una gola. Chiss, il volatile, comera finito quaggi, doveva essersi imbucato sottoterra dietro i passi e la musica del poeta. Il poeta Era cos che chiamava il marito nellintimit, quando voleva farlo arrabbiare, ovvero per carezza, svegliandosi al suo fianco e vedendolo intento a solfeggiare con grandi manate nel vuoto una nuova melodia. Che fai componi? Lui non si sognava di rispondere, quante arie si dava. Ma comera rassicurante e cara cosa che si desse tante arie, che si lasciasse crescere tanti capelli sul collo e li ravviasse continuamente col calamo di giunco che gli serviva per scrivere, e che non sapesse cuocere un uovo Quando poi gli bastava pizzicare due corde e modulare a mezza voce lultimo dei suoi successi per rendere tutti cos pacificamente, irremissibilmente felici Poeta A maggior ragione, stavolta. Stavolta lei sillab fra le labbra la parola con una goccia di risentimento. Sventato dun poeta, adorabile buonannulla Voltarsi a quel modo, dopo tante raccomandazioni, a cinquanta metri dalla luce Si guard i piedi, le facevano male. Se mai possa far male quel poco daria di cui sono fatte le ombre. Non era delusione, la sua, bens solo un quieto, rassegnato rammarico. In fondo non aveva mai creduto sul serio di poterne venire fuori. Gi lingresso un cul di sacco9 a senso unico, un pozzo dalle pareti di ferro le era parso decisivo. La morte era questo, n pi n meno, e, precipitandovi dentro, nellattimo stesso che sera aggricciata10 dorrore sotto il dente dello scorpione,11 aveva saputo chera per sem-

1 barcaiolo: Caronte, traghettatore delle anime infernali anche nella Divina Commedia di Dante. 2 alzaia: grossa fune che serve per rimorchiare barche e barconi dalla riva di fiumi. 3 colore sulfureo: giallastro. 4 marna: roccia sedimentaria

formata da calcare e argilla, di colore grigio-giallastro. 5 pozzolana: roccia formata da lapilli e ceneri vulcaniche, di colore grigio o bruno rossastro. 6 laschi: morbidi. 7 lo stesso fiume: lo Stige, uno dei tre fiumi che cingeva-

no il mondo infernale, come lAcheronte e il Cocito. 8 arrotolarsi con una pigrizia di serpe: il fiume richiama metaforicamente limmagine di un serpente. Lacqua scorre lenta, pigra. Anche Virgilio parla di tarda unda acque lente, pigre (Georgiche, IV 479-480).

9 cul di sacco: modo di dire metaforico per indicare un vicolo cieco, una strada senza uscita. 10 sera aggricciata: era rabbrividita. 11 scorpione: si tratta di un serpente secondo la versione di Virgilio e di Ovidio.

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Gesualdo Bufalino Il ritorno di Euridice

pre, e che stava nascendo di nuovo, ma alla tenebra e per sempre.12 Allora sera avvinta agli uncini malfermi della memoria, sera aggrappata al proprio nome, pendulo per un filo allestremit della mente, e se lo ripeteva, Euridice, Euridice, nel mulinello vorticoso, mentre cascava sempre pi gi, Euridice, Euridice, come un ulteriore obolo13 di soccorso, in aggiunta alla moneta piccina che la mano di lui le aveva nascosto in bocca allatto della sepoltura. Tu se morta, mia vita, ed io respiro? Tu se da me partita per mai pi non tornare ed io rimango? Cos aveva gorgheggiato lui con la cetra in mano e lei da quella monodia sera sentita rimescolare. Avrebbe voluto gridargli grazie, riguardarselo ancora amorosamente, ma era ormai solo una statuina di marmo freddo, con un agnello sgozzato ai piedi, coricata su una pira di fascine insolenti. E nessun comando che si sforzasse di spedire alle palpebre, alle livide labbra, riusciva a fargliele dissuggelare14 un momento. Della nuova vita, che dire? E delle nuove membra che le avevano fatto indossare? Tenui, ondose, evasive come veli Poteva andar meglio, poteva andar peggio. I giochi con gli aliossi,15 le partite di carte a due, le ciarle donnesche16 con Persefone17 al telaio; le reciproche confidenze a braccetto per i viali del regno, mentre Ade18 dormiva col capo bendato da un casco di pelle di capro Tutto era servito, per met dellanno almeno, a lenire luggia19 della vita di guarnigione.20 Ma domani, ma dopo? Guard lacqua.Veniva, onda su onda (e sembravano squame, scaglie di pesce), a rompersi contro la proda.21 Scura, fradicia acqua, vecchissima acqua di stagno, battuta da remi remoti.Tese lorecchio: il tonfo delle pale sudiva in lontananza battere lacqua a lenti intervalli, doveva essere stufo, il marinaio, di tanti su e gi Mille e mille anime serano raccolte, frattanto, e aspettavano. Anche a mettersi in fila, sarebbero passate ore prima che giungesse il suo turno. Non ci sono precedenze per chi ritorna? si chiese con un sorriso, bench non avesse fretta, ormai che cera, di rincasare. Erano mille e mille, le anime, e aspettavano tremando di freddo e starnazzando, con una sorta dimpazienza affamata. Il fuoco che brillava in mezzo a loro, va a sapere come avevano fatto ad accenderlo, ad attizzarlo, con che pietre focaie22 e pigne di pino. E vi si scaldavano attorno, laria di fiume nociva ai corpi spogliati. Sorrise ancora. Come se i reumi avessero ancora corso, fra i morti. Bench a lei sarebbe piaciuto lo stesso consolarsi le palme a quella fiamma, mescere la sua voce un pigolio al pigolare degli altri. Non lo fece, non savvicin al bivacco,23 preferiva restare sola a pensare. Poich un disagio, lo stesso che lascia un cibo sbagliato, le faceva male sotto una costola, e lei sapeva che non era il cruccio della vita ripersa, della risurrezione andata a male, era un altro e curioso agrume, un rincrescimento,
gioco di bambini che un gioco dazzardo. Gli strumenti di gioco erano costituiti da tre piccole ossa: le rotule di agnelli. Esse si facevano essiccare al sole e poi potevano essere usate per il gioco. Si lanciavano in aria e, a secondo delle posizioni che assumevano cadendo, decidevano la vincita o la perdita dei giocatori. 16 ciarle donnesche: chiacchiere fra donne. 17 Persefone: vedi nota 7 da Ovidio, p. 6 di questo on line. 18 Ade: il dio delloltretomba, figlio di Crono e Rea, fratello di Zeus e Posidone. Combatt e vinse i Titani. Detto anche Plutone. Per estensione il suo nome designa loltretomba. 19 uggia: noia, tedio. 20 vita di guarnigione: vita sempre uguale, regolata come in una caserma. 21 proda: sponda. 22 pietre focaie: variet di pietra che, sfregata con forza luna con unaltra, produce scintille. 23 bivacco: luogo dove le anime sostavano in attesa di essere traghettate.

12 stava nascendo di nuovo, ma alla tenebra e per sempre: la morte vista come una nascita al contrario. Se la nascita significa uscire alla luce per iniziare una vita che ha una durata. La morte significa entrare nelle tenebre e restarci per leternit. 13 obolo:: antica moneta greca di poco valore. Si riteneva che fosse il prezzo richiesto da Caronte per il passaggio verso il regno dei morti. Ecco perch, secondo la tradizione, la monetina si poneva sotto la lingua del morto allatto della sepoltura. 14 dissuggellare: schiudere. 15 i giochi con gli aliossi: gli aliossi sono dei piccoli ossicini, per la precisione ossa triangolari della caviglia, che gli antichi Greci e poi i Romani usavano per le loro divinazioni. Si gettavano in aria gli ossicini e si leggeva il futuro. Con landare del tempo questa arte magica diventata un gioco, sia un

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Gesualdo Bufalino Il ritorno di Euridice

incapace per ora di farsi pensiero, ma ostinato a premere dentro in confuso, come preme un bambino non nato, putrefatto nelle viscere, senza nome n sorte. E lei non sapeva come chiamarlo, se presagio, sospetto, vergogna Ricapitol la sua storia, voleva capire. A ripensarci, sera innamorata di lui tardi e di controvoglia. Non le garbava, allinizio, che le altre donne gli corressero dietro a quel modo, insieme alle bestie, alle belve. Doveva essere un mago, quelluomo, un seduttore dorecchi, un accalappiatopi da non fidarsene. Con leterno strumento a tracolla, la guardata indiscreta, la parola ciarlatana. Poi, una sera di molta luna, trovandosi in un boschetto ad andare, trasognata secondo il suo costume, coi piedi che le passeggiavano qua e l, temerari con tante angui24 latenti nellerba, a un certo punto, dentro il fitto dalberi dove sera cercata una cuccia di buio, un filo di musica sera infilato, via via sempre pi teso e robusto, fino a diventare uno spago invisibile che la tirava, le circondava le membra, gliele liquefaceva in un miele umido e tiepido, in un rapimento e mancamento assai simile al morire. N sera svegliata prima che le grosse labbra di lui, la potenza di lui, le si fossero ritirate lentamente di dosso. Lo am, dunque. E le nozze furono di gala, con portate a non finire e crateri di vino nero. Turbate da un solo allarme irrisorio: quella torcia che, sebbene Imene lagitasse con entrambe le mani, non savvivava ma continuava a eruttare tuttintorno pennacchi di brutto fumo.25 Dopo di che cerano stati giorni e notti celesti. Lui sapeva parole che nessun altro sapeva e gliele soffiava fra i capelli, nei due padiglioni di carne rosea, come un respiro recondito, quasi inudibile, che per dentro di lei cresceva subito in tuono e rombo damore. Era un paese di nuvole e fiori, la Tracia dove abitavano, e lei non ne ricordava nientaltro, nessuna sodaglia26 o radura27 o petraia,28 solo nuvole in corsa sulla sua fronte e manciate di petali, quando li strappava dal terreno coi pugni, nel momento del piacere. Giaceva con lui sotto unampia coppa di cielo, su un letto di foglie e di vento, mirando fra le ciglia in lacrime profili dalberi vacillare, udendo un frangente29 lontano battere la scogliera, una cerva bramire nel sottobosco. Si asciugava gli occhi col dorso della mano, li riapriva. Lui glieli chiudeva con un dito e cantava. Ecco gi si fa sera, ora negli orti loro dei vespri simbruna, la luna selargisce dai monti,30 palpita intirizzita fra le dita verdi dellaraucaria31 Euridice, Euridice! E lei gli posava la guancia sul petto, vi origliava uno stormire di radici, e battiti, anche, battiti lunghi dun cuore danimale o di dio. Lo aveva amato. Anche se presto aveva dubitato desserne amata altrettanto. Troppe volte lui seclissava su per i gioghi del Rodope32 in compagnia dun popolo di fanciulli che portavano al polso una fettuccia rossa;33 o scendeva gi a valle, verso la marina, pavoneggiandosi del suo corteo dusignoli stregati,34 stregato lui stesso dalle cantilene che gli nascevano. Senza dire mai dove andava, senza preoccuparsi di lasciarla a corto di provviste, deserta daffetto, esposta ai salaci approcci di un mandriano35 del vicinato. Si fosse degnato di adontarsene, almeno, di fare una scenata. Macch. Si limitava, tanto per la forma, a intonare un lamento dellamor geloso, di cui, dopo un minuto, sera gi scordato. Quand cos, una si disamora, si lascia
(1899): Fresche le mie parole ne la sera. / ti sien come il frusco che fan le foglie. / del gelso ne la man di chi le coglie. / silenzioso e ancor sattarda a lopra lenta. / su lalta scala che sannera . / contro il fusto che sinargenta. / con le sue rame spoglie . / mentre la Luna prossima a le soglie. / []. 31 araucaria: una specie arborea. 32 Rodope: monte a nord della Tracia. 33 fettuccia rossa: come il segno distintivo del poeta. 34 dusignoli stregati: usignoli una metafora. I giovani cantori sono ammaliati dal canto di Orfeo. 35 mandriano: si riferisce al corteggiamento di Aristeo, che nel mito era s un allevatore, ma di api.

24 angui: serpenti. 25 quella torcia brutto fumo: lepisodio raccontato da Ovidio. 26 sodaglia: terreno sassoso o incolto. 27 radura: spazio aperto in un bosco o in una foresta. 28 pietraia: terreno pietroso. 29 frangente: onda. 30 Ecco gi si fa sera la luna selargisce dai monti: i versi del canto di Orfeo fanno eco a una poesia di Gabriele dAnnunzio La sera fiesolana

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36 la mala striscia: quella del crudele serpente. 37 ferie: il periodo che trascorreva con la madre, sulla terra, nei campi. 38 abbronzata: perch il sole, che non pu penetrare nel mondo degli Inferi, aveva dato colore al suo viso. 39 ligustri: arbusti sempreverdi con fiori bianchi a grappoli. 40 asfodeli: pianta erbacea con fiori banchi a grappolo e foglie lineari, che i Greci consideravano sacra ai morti. Nelloltretomba le ombre dei defunti vagavano nel prato di questi fiori. 41 narcisi: sono fiori che fioriscono sulla terra in primavera. 42 coniugali granelli di melagrana: in Oriente la melagrana era considerata simbolo di fertilit, tanto che durante i matrimoni i suoi chicchi venivano lanciati in aria come gesto di augurio. 43 focose: le arance sono definite focose per via del loro colore. 44 squittivano: lo squittio il suono che fanno i topi. 45 infernale: la definizione ironicamente scontata. Come

andare, sicch, negli ultimi tempi, lei sera trascurata, si faceva vedere in giro con le chiome secche, male truccata, con la pelle indurita dai rovi, dalle tramontane. E sebbene ad Aristeo rispondesse sempre no e poi no, non lo diceva con la protervia di prima, ma blandamente, accettandone, addirittura, ora una focaccia di farro, ora un rustico mazzolino. Salvo a scappare, appena quello dimostrasse cupamente nei pomelli qualche porpora di vino o di desiderio. Finch era morta cos, mentre gli scappava davanti, pestando con piante veloci la mala striscia36 nellerba. Maledetta erba Il pensiero le si volse di nuovo a Persefone. Un fiore di ragazza, ma sfortunata. Che anche lei sera messa nei guai per volere andare a spasso nei prati. Unamica a mezzo servizio, purtroppo, ma cos bella quando tornava dalle ferie,37 abbronzata,38 con le braccia colme di primavera, di ligustri39 a fasci, di giacinti, amaranti, garofani E se li metteva fra i capelli, quellora o due che duravano; indi nei portafiori, dove sostinava a innaffiarli con acqua di Stige, figurarsi; decidendosi a buttarli nellimmondizia solo quando decisamente puzzavano Sfortunata ragazza. Cara, tuttavia, a uno sposo, a una madre. E che poteva permettersi di viaggiare, di alternare gli asfodeli40 con i narcisi,41 i coniugali granelli di melagrana42 con le focose43 arance terrene, di essere a un tempo gelo e vampa, orbita cieca e raggiante pupilla, femmina una e dea trina! Un clamore la riscosse. La barca era apparsa di colpo, correva sulla cima dei flutti come per il repentino puntiglio di un conducente in ritardo. E dalla riva le anime applaudivano, squittivano,44 tendevano le mani, qualcuno lanciava segnali impugnando un tizzone acceso. Euridice si lev in piedi a guardare. La scena era, come dire, infernale.45 Con quella prora in arrivo sulle onde bigie, e questi riverberi di fuoco nebbioso, sotto cui la folla sembrava torcersi, moltiplicarsi. E si protendevano tutti, pronti a balzare. La chiatta46 fu subito piena, straripava di passeggeri, stretti stretti, con le braccia in alto per fare pi spazio. Un grappolo di esclusi tent ancora un assalto, afferrandosi a una gomena.47 Ricaddero in acqua, riemersero a fatica, fangosamente. Un posto solo era rimasto vuoto, proibito, uno stallo di legno accanto al vecchio nocchiero. Euridice, Euridice! chiam il vecchio nocchiero. Riapr gli occhi. Una lingua dacqua fredda le lambiva le caviglie. La barca era immobile, ora, beccheggiava a met della corrente. Vide davanti a s la schiena nuda e curva del vecchio, ispida di peli bianchi. Da un buco del fasciame una lingua dacqua era entrata e il vecchio era curvo a vuotarla e ad incerare la falla. Che barca vecchia. Quante cicatrici, sulla vela, e rammendi dago maldestro. Ero pi brava io, a cucire, pens. Sono stata una buona moglie. Lo amavo, il poeta. E lui, dopotutto, mi amava. Non avrebbe, se no, pianto tanto, rischiato tanto per voragini e dirupi, fra Mani48 tenebrosi e turbe di sogni49 dalle unghie nere. Non avrebbe guadato acque, scalato erte, ammansito mostri e Moire,50 avendo per sola armatura una clamide51 di lino, e una semplice fettuccia rossa legata al polso.52 N avrebbe saputo spremere tanta dolcezza di suoni davanti al trono dellinvisibile Ade Il peso contro il costato doleva, ora, ma lei non ne aveva pi paura, sapeva cosera. Era una smemoratezza che le doleva, di un particolare dellavventura recente,
definire altrimenti una scena dellInferno? 46 chiatta: grosso natante usato per traghettare persone lungo fiumi, laghi o canali. 47 gomena: grossa fune usata per ormeggio o per rimorchio delle imbarcazioni. 48 Mani: erano divinit degli Inferi. 49 turbe di sogni: folle di fantasmi. 50 Moire: le Moire erano divinit legate al regno dei morti, Ad esse era connessa lesecuzione del destino assegnato a ciascuna persona e quindi erano la personificazione del destino ineluttabile. Erano tre: Cloto, che filava lo stame della vita; Lachesi, che lo svolgeva sul fuso e Atropo che, con le cesoie, lo recideva. La lunghezza dei fili corrispondeva alla lunghezza della vita degli uomini. 51 clamide: tunica. 52 fettuccia rossa legata al polso: segno distintivo del poeta.

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Gesualdo Bufalino Il ritorno di Euridice

53 Lete: nella mitologia grecoromana, fiume delloltretomba le cui acque, una volta bevute, cancellavano il ricordo della vita terrena. Lo si ritrova nelloltretomba dantesco. 54 Menippo: scrittore e filosofo greco (III secolo a.C.). Fu autore di satire, imitate da Luciano di Samosata che, nei Dialoghi dei morti, lo introdusse spesso come personaggio, famoso per il suo sarcasmo. Menippo era giunto nellAde con una bisaccia di lupini e e di fave. 55 fool: buffone, burlone. 56 E Tantalo dinutile piombo: Tantalo era condannato nelleternit degli Inferi a non poter n cibarsi n bere, nonostante fosse circondato da cibo e acqua. Tantalo, infatti, era legato ad un albero carico di ogni qualit di frutti, in mezzo ad un lago la cui acqua arrivava fino al suo mento. Ma non appena Tantalo provava a bere il lago si asciugava, e non appena provava a prendere un frutto i rami si allontanavano. Sisifo per aver osato sfidare gli di, venne condannato per

una minuzia che aveva o visto o intuito o capito in un baleno e che il Lete53 sera provvisoriamente portato via. Come una rivelazione da mettere in serbo per ricordarsene dopo. Se ne sarebbe ricordata a momenti, certo, appena la sorsata di Lete avesse finito di sciogliersi, innocua ormai, nel dedalo delle sue vene. Era questa la legge, anche se lei avrebbe preferito un oblio di tutto e per sempre, al posto di questa vicenda di veglie e stupori, di queste temporanee vacanze della coscienza: come chi, sonnambulo, lascia il suo capezzale e si ritrova sullorlo dun cornicione Ripens al suo uomo, al loro ultimo incontro. Ci ripens con fierezza. Poich il poeta, era venuto qui per lei, e aveva sforzato le porte con passo conquistatore, e aveva piegato tutti alla fatalit del suo canto. Perfino Menippo,54 quel buffone, quel fool,55 aveva smesso di sogghignare, sera preso il calvo capo fra le mani e piangeva, fra le sue bisacce di fave e lupini. E Tantalo aveva cessato di cercare con la bocca le linfe fuggiasche, Sisifo di spingere il macigno per forza di poppa E la ventosa ruota dIssione, eccola inerte in aria, come un cerchio dinutile piombo.56 Un eroe, un eroe padrone era parso. E Cerbero57 gli sera accucciato ai piedi, a leccargli con tre lingue i sandali stanchi Ade dalla sua nube aveva detto s. Rivide il sguito: la corsa in salita dietro di lui, per un tragitto di sassi e spine, arrancando col piede ancora zoppo del veleno viperino. Felice di poterlo vedere solo di spalle, felice del divieto che avrebbe fatto pi grande la gioia di riabbracciarlo fra poco Quale Erinni,58 quale ape funesta59 gli aveva punto la mente, perch, perch sera irriflessivamente60 voltato? Addio! aveva dovuto gridargli dietro, Addio!, sentendosi la verga doro di Ermete61 picchiare piano sopra la spalla. E cos, risucchiata dal buio, lo aveva visto allontanarsi verso la fessura del giorno, svanire in un pulviscolo biondo Ma non s da non sorprenderlo, in quellistante di strazio, nel gesto di correre con dita urgenti alla cetra e di tentarne le corde con entusiasmo professionale Laria non li aveva ancora divisi che gi la sua voce baldamente intonava Che far senza Euridice?,62 e non sembrava che improvvisasse, ma che a lungo avesse studiato davanti a uno specchio quei vocalizzi63 e filature,64 tutto gi belle pronto, da esibire al pubblico, ai battimani, ai riflettori delle ribalta65 La barca era tornata ad andare, gi lattracco sintravedeva fra fiocchi laschi e sporchi di bruma. Le anime stavano zitte, appiccicate fra loro come nottole di caverna. Non sudiva altro rumore che il colpo uguale e solenne dei remi nellacqua. Allora Euridice si sent dun tratto sciogliere quellingorgo nel petto, e trionfalmente, dolorosamente cap: Orfeo sera voltato apposta.
leternit a spingere un masso dalla base alla cima di un monte. Tuttavia, ogni volta che Sisifo raggiungeva la cima, il masso rotolava nuovamente alla base del monte. Ogni volta, e per leternit, Sisifo avrebbe dovuto ricominciare da capo la sua scalata. La pena di Issione era quella di essere legato ad una ruota di fuoco che girava senza sosta. Ovidio nelle sue Metamorfosi descrive la loro punizione e nel X libro (vv. 4144), ricorda la sospensione delle loro pene dovuta al dolce canto di Orfeo, che il passo cui si richiama Bufalino. 57 Cerbero: il cane a tre teste guardiano dellInferno. 58 Erinni: nella mitologia greca le Erinni (le Furie della mitologia romana) sono le personificazioni della vendetta. 59 ape funesta: ape dal veleno mortale. una metafora. 60 irriflessivamente: irrazionalmente. 61 Ermete: Ermete o Hermes era un dio che rivestiva anche il ruolo di psicopompo, ovvero di accompagnatore dello spirito dei morti nellaldil. Il mito racconta che fosse lunico dio oltre ad Ade e Persefone che avesse il potere di entrare ed uscire dagli inferi senza problemi. 62 Che far senza Euridice?: sono i versi della famosa aria del melodramma di Gluck (1762). Orfeo ed Euridice (vedi brano a p. 18 di questo on line). 63 vocalizzi: melodie o frammenti melodici eseguiti cantando su una o pi vocali. 64 filature: intrecci di note. 65 riflettori delle ribalta: allepoca di Orfeo ed Euridice i riflettori certo non esistevano ma le luci della ribalta unespressione usata in senso figurato per indicare la vita nel mondo dello spettacolo.

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Leggere le immagini

Alberto Savinio, Orfeo, 1929 ca.

Alberto Savinio (1891-1952), scrittore e pittore italiano, fu sempre affascinato dal personaggio di Orfeo. Era proprio lambiguit sottesa nella figura di Orfeo ad affascinarlo: Orfeo scrive Savinio attraverso Euridice amava se stesso; per meglio dire amava Euridice in se stesso. Perch Orfeo era artista. Era lartista. E lartista luomo solo per eccellenza. Come dice anche il suo nome che deriva dal greco orfans e dal latino orbus: il Solitario. Questo dipinto, tutto giocato sui toni dellazzurro che ricordano il mare, ritrae una metamorfosi metaforica: la testa di Orfeo trasformata in una lira, perch tutto il suo pensiero mirava allarmonia della musica.

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Gesualdo Bufalino Il ritorno di Euridice

Lautore Gesualdo Bufalino, scrittore siciliano (1920-1996), durante la sua lunga carriera di insegnante di Italiano e Storia nella scuola secondaria, scrisse prosa e versi, ma pubblic il suo primo libro, Diceria delluntore, soltanto nel 1981. Il romanzo ottenne subito grande successo di critica e di pubblico e vinse il premio Campiello, un importante premio letterario. Da quellanno la pubblicazione di romanzi e racconti si sussegu intensa sino a quando, nel 1996, un grave incidente stradale mise tragicamente fine alla vita dello scrittore.

Guida alla lettura


Le forme
Il narratore onnisciente focalizza la narrazione sul personaggio di Euridice. Il tempo della narrazione comincia quando tutto gi avvenuto, con Euridice in attesa di tornare indietro nel regno eterno dei morti. La prima digressione descrittiva riguarda il paesaggio infernale: i colori sono spenti, il grigio giallastro dello zolfo e delle rocce vulcaniche, qua e l variegato da un bianco sudicio come di bambagia sporca. Gli elementi oggettivi del paesaggio fanno tuttuno con le sensazioni soggettive di stanchezza e di pigrizia, o meglio, di risentimento, o di quieto e rassegnato rammarico. La parola poeta si ripete pi volte, come allinizio del secondo e del terzo capoverso E attraverso la parola poeta (era cos che chiamava il marito nellintimit) scorre allindietro lorologio della narrazione, ma non in maniera lineare, piuttosto in una continua altalena tra il presente, quello dellombra e della morte, e la ricostruzione del passato. Lavvio allattivit conoscitiva parte dal disagio fisico, da un dolore sotto una costola, lo stesso che lascia un cibo sbagliato, perch ogni forma di conoscenza parte dai sensi. Per capire le motivazioni profonde di queste sensazioni Euridice ha bisogno di ricapitolare la sua storia damore. Ed ecco la voce narrante onnisciente seguire Euridice intenta a leggere i ricordi dellamore e del disamore, dellestasi e delle miserie quotidiane. La voce narrante descrive il discorrere con la mente da parte di Euridice lungo le due fasi dellattesa e del viaggio sino allapprodo, per la seconda e definitiva volta, nel mondo dei morti. Nella prima fase, quella dellattesa, il processo conoscitivo procede per esclusione. Nella seconda fase, quella del viaggio, il dolore fisico c ancora, ma lei ora sa cos. qualcosa che lacqua del Lete le aveva momentaneamente cancellato dalla memoria, ma che presto avrebbe ripreso forma, legata a un gesto, che lei aveva o visto o intuito o capito in un baleno e che il Lete si era provvisoriamente portato via: Le citazioni letterarie sono tantissime vanno da Virgilio, a Ovidio, Dante, dAnnunzio, Calzabigi.

I temi
Orfeo il poeta per eccellenza, nel senso originario del termine, dal greco poiein, fare, produrre, colui che fa, colui che crea. linventore della poesia e della musica. Ma nelle cose pratiche e quotidiane rivela tutta la sua inettitudine: Il racconto di Bufalino critica sottile alla pretesa dellarte di cantare la vita. Ma dopo la ricostruzione della vita con Orfeo filtrata dalla memoria, anche la vita stessa appare solo illusione, o finzione, come larte. Se finora ci si era chiesto se il gesto di Orfeo nascesse da troppo amore per Euridice o da un eccesso damore di s, in questo racconto anche la dimensione autentica dellamore affidata ad Euridice sembra vacillare. Euridice amava veramente il suo Orfeo? O era pronta al tradimento se la mala striscia sullerba non avesse morso il suo piede? Proprio nellattimo dellapprodo, Euridice sente sciogliere quellingorgo nel petto e trionfalmente (perch il suo processo di conoscenza lha portata alla scoperta della verit) ma dolorosamente (perch si tratta di una scoperta dolorosa) capisce che Orfeo sera voltato apposta. Orfeo era sceso nellAde per riappropriarsi non dellamore ma dellentusiasmo di poeta cantore. Quello di Bufalino un Orfeo che cerca il dolore per farne pretesto di canto e occasione di spettacolo e di successo. Egli si voltato apposta, per eternare il suo dolore nelle forme dellarte. Il gesto proibito di guardare Euridice necessario per trasformare la vita in arte. Ma nella prospettiva di Euridice latto di voltarsi appare meschino come appaiono meschine le ragioni che lo hanno ispirato.

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Lavorare sul testo


Per comprendere Individua nelle sequenze iniziali del racconto gli elementi caratterizzanti il luogo in cui si svolge lazione e descrivilo.

Per quale ragione Orfeo si era voltato apposta per


guardare Euridice?

A quale tempo verbale legato laspetto narrativo


del racconto?

La lingua Il racconto viene narrato in terza persona da parte


di un narratore onnisciente, che conoscendo i pensieri e le parole del suo personaggio, spesso li riproduce ricorrendo alla tecnica del discorso indiretto libero, ad esempio: Sventato dun poeta, adorabile buonannulla Individua le forme di discorso indiretto libero presenti nel testo.

A quali sensazioni fisiche assimilata la sofferenza


morale di Euridice per il gesto di Orfeo?

La storia damore di Orfeo e Euridice viene ricostruita dalla voce narrante con focalizzazione zero o focalizzando sul personaggio di Euridice?

Nel racconto sono presenti numerose metafore e


similitudini. Evidenziane alcune.

La catabasi (discesa agli Inferi) di Orfeo nellAde


si rif alla versione di Virgilio nelle Georgiche e di Ovidio nelle Metamorfosi. Evidenzia quali analogie e differenze vi siano secondo te con luna e/o laltra delle versioni.

Per scrivere Il racconto di Bufalino si presta ad essere drammatizzato. Prova a trasformarlo in un lungo monologo di Euridice che diviene cos protagonista e io narrante. Inserisci le parti descrittive come didascalie che spiegano gli elementi della scena. Una scena sar costituita da un breve dialogo con Caronte.

Il tempo del racconto caratterizzato da digressioni


riflessive e descrittive da parte della voce narrante, che ne determina una regressione verso fatti della storia antecedenti rispetto allavvenimento in corso di narrazione (flashback). Individuale e ricostruisci i diversi piani temporali: passato/presente.

Su Internet potrai trovare moltissimi dipinti di grandi


artisti dedicati al mito di Orfeo e Euridice, opere musicali, il testo della canzone Euridice di Roberto Vecchioni che potresti anche ascoltare su youtube. Prova a costruire un ipertesto sul tema con le indicazioni che puoi trovare on line per la costruzione di un ipertesto.

Per interpretare Orfeo era stato secondo te in vita un buon marito? Quando e come Euridice scopre la verit sul gesto
di Orfeo?

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