Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Ultima parte
Dopo di esso stabilite vicinanze o lontananze tra Ginia e Pavese nel finale del
libro
https://www.youtube.com/watch?v=r9uIGSZA_Yo (min 26: 08 a 37: 56)
f. È, La bella estate, il racconto della scoperta della vita e della città, a
cui Pavese arriva subito dopo la sanguigna vicenda rurale di Paesi tuoi,
laddove il fuoco appiccato a una casa da Talino ci richiama il rogo –
accidentale – della casa in Tobacco Road (1932) di Erskine Caldwell
nella profonda America rurale.[7] (Non è però Caldwell, e nemmeno
Steinbeck o Faulkner, l’autore americano che più “gravava sulle spalle”
di Pavese al tempo di Paesi tuoi, ma James Cain, con il suo ritmo della
narrazione, come lo scrittore stesso avrebbe dichiarato).[8] È, La bella
estate, la scoperta da parte di Ginia, ragazza sedicenne che lavora in un
atelier di moda, della città e della vita. All’atmosfera del libro si
possono collegare queste annotazioni che nel proprio diario Pavese
verga sotto la data del 25 dicembre 1937: “Ricordi come i tuoi sogni di
case operaie e limpide, i tuoi corsi alberati su un prato, la tua città
fredda sotto le montagne, le insegne al neon rosso di fronte alla piazza
delle montagne, le domeniche erranti verso questa piazza, sui selciati, e
poi il tuo lacerante sogno di compagnie piemontese-internazionali, di
ragazze che vivono sole e lavorano, di plebea eleganza e serenità e poi
tutte le tue poesie del primo anno; si sono annichilati per sempre col 9
aprile? Non c’è tutta la tua giovinezza nel cinema e nella piazza
Statuto? morta, morta assolutamente?”.[9]
Ecco la “bella estate” come festa, e la vita come una “festa mobile” (per
dirla con Hemingway, un autore per certi aspetti non così lontano da Pavese,
al di là delle pose vitalistiche dell’americano). Ed ecco anche le donne che
vivono sole, prefigurate dalla pagina diaristica citata prima. Ma, per dirla con
Piccioni, il racconto di Pavese sembra configurarsi come un “diario dei fatti
altrui”,[11]per quel distacco che l’autore vuole mantenere (per esempio, con
l’uso della terza persona). E Pavese stesso è consapevole del carattere quasi
diaristico di molti suoi racconti, carattere che cerca di sconfessare nella
costruzione più complessa degli altri due romanzi della trilogia.
[7] Cfr. Erskine Caldwell, La via del tabacco (1932) , tr. it. di Maria Martone,
Einaudi, Torino 1953, 1995: vedi in particolare, per il rogo della casa, le pp.
194 sgg. fino alla fine del romanzo.
[13] Gioanola cit., p. 223.
[14] In una nota del proprio diario, alla data del 26 novembre 1949, Pavese
qualifica La bella estate come “naturalismo” e gli altri due romanzi come
“realtà simbolica” (Il mestiere di vivere cit., p. 342).