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 Lettere al direttore

Foto Ansa

come nasce il furore nazionalista

Verità e balle sul nazismo ucraino. La vita e il


mito di Stepan Bandera
Adriano Sofri 24 lug 2023


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L’ammirazione per il fascismo, l’antisemitismo, l’alleanza cercata e rinnegata col nazismo. Un


padre prete giustiziato dai sovietici, tre sorelle deportate in Siberia, due fratelli morti ad Auschwitz,
lui avvelenato dal Kgb. La storia

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Kyiv

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Un anno e mezzo dopo, certi luoghi comuni vengono ripetuti tal quali. Fra i più comuni, il nome di
Stepan Bandera e quello dei suoi seguaci, i “banderovtsy” - banderiti. E’ l’evocazione più
proverbiale del “nazismo” ucraino. Bandera è stato, negli anni fra le due guerre e poi nel corso della
Seconda guerra, il leader più di spicco dell’indipendentismo nazionalista ucraino. La sua ideologia
si è largamente ispirata al fascismo italiano, e ha poi cercato nel legame con il nazismo
tedesco, che aveva dalla sua la maggior potenza e l’egemonia sui territori della Polonia e
dell’Europa centrale, l’occasione necessaria alla formazione di uno Stato ucraino, che non
avrebbe mai trovato. La connotazione fascista del nazionalismo radicale ucraino è certa, ma non
basta a rendere conto del mito di Bandera e della sua reviviscenza. Quel mito è cresciuto ed è durato
in alcuni per la caratterizzazione fascista, in altri nonostante. Lo stesso Bandera, assassinato da un
agente del Kgb sovietico nel 1959, a Monaco di Baviera, quando era diventato un oltranzista
atlantista nella Guerra fredda, si adoperò per aggiustare la storia propria e del suo movimento.
Aveva 50 anni quando morì avvelenato, nel terzo attentato dei servizi sovietici. Prima della Seconda
guerra, aveva trascorso alcuni anni nelle carceri polacche. Negli anni della Seconda guerra, quelli
dell’alleanza iniziale con la Germania nazista, “non c’era mai”: li trascorse in gran parte in un lager
tedesco, sia pure in una prigionia attenuata – un modo per tenerlo a bada e insieme a disposizione.
Suo padre fu condannato a morte da un tribunale sovietico e fucilato nel 1941. Due suoi fratelli
morirono nel campo di Auschwitz. Un terzo in Ucraina nel 1944. Due sue sorelle furono deportate
in Siberia, una terza in Kazakistan. Questi dettagli rendono l’idea di una storia problematica e
stretta fra condizionamenti inesorabili.

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