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Repubblica

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"Il Cremlino paga gli opinionisti nei talk show


italiani", allarme dei Servizi. Così la
propaganda russa entra nella nostra tv
di Tommaso Ciriaco , Giuliano Foschini

Il ministro degli Esteri russo


Sergei Lavrov durante l’intervista di domenica 1° maggio su Rete4

Il sospetto del Copasir che chiederà agli autori dei talk show chi sceglie gli ospiti. Il caso del Primo
maggio con Lavrov e Solovyev in onda nello stesso momento

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09 Maggio 2022 Aggiornato alle 10:55 2 minuti di lettura

Dietro la presenza di opinionisti stranieri nei talk show italiani non ci sarebbe soltanto il
giornalismo. O il caso. Ma "un'operazione di disinformazione organizzata e pensata a monte da
uomini del governo russo". E' questo il sospetto del Copasir, il Comitato parlamentare per la
sicurezza della Repubblica, che ha programmato nei prossimi giorni una serie di audizioni: il
direttore dell'Aisi, Mario Parente (l'11 maggio). L'amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes
(il 12). E il presidente dell'Agcom, Giacomo Lasorella (il 18).

Il sospetto non nasce per caso ma da una serie di circostanze emerse nel corso delle ultime
audizioni. C'è la certezza che alcuni degli opinionisti stranieri chiamati dai talk show italiani siano a
libro paga del governo di Putin. C'è il caso di Nadana Fridirkhson, presenza fissa in alcuni
programmi (è stata recentemente a Carta Bianca), che lavora per la tv del ministero della Difesa
russa. Ma sono arrivate dai nostri servizi informazioni dello stesso tipo per almeno altre tre persone.
Come si è spiegato nel corso degli incontri al Copasir, la questione evidentemente non riguarda la
necessità sacrosanta di un contraddittorio. Ma attiene alla delicata questione della propaganda. Il
punto di partenza sono le parole di Josep Borrell, l'Alto rappresentante dell'Unione europea per le
politiche di sicurezza.

Nello spiegare il motivo per cui si era deciso di mettere al bando Russia Today e l'agenzia Sputnik
aveva spiegato che, dal loro punto di vista, erano "armi nell'ecosistema di manipolazione del
Cremlino", che "bombardano le menti e gli spiriti: l'informazione è il combustibile della
democrazia. Se l'informazione è di cattiva qualità, anche la democrazia è di cattiva qualità". "Se
dunque si è deciso di chiudere Russia Today e Sputnik" ragiona una fonte della nostra intelligence,
"per una questione di sicurezza nazionale, per quale motivo permettiamo che altre persone pagate
da Mosca vengano a portare gli stessi concetti nelle nostre tv?".

Il terreno è scivoloso. Perché, evidentemente c'è di mezzo la libertà di informazione. Ma secondo il


Copasir cruciale: non fosse altro perché è stato lo stesso comitato, per primo, in piena pandemia a
sollevare il caso delle operazioni russe in Italia in tema di disinformazione, L'intenzione ora è di
procedere per gradi. Per il momento verrà ascoltato soltanto il management della televisione
pubblica. Per capire l'altra faccia della medaglia. Perché se da un lato c'è Mosca che decide
messaggio e volti, dall'altra c'è anche chi gli opinionisti li sceglie e li invita. Bene: esiste una lista?
C'è qualcuno, magari in ambasciata, che offre i contatti? Gli autori dei singoli programmi si
muovono autonomamente o c'è una regia? C'è una circostanza, infatti, che non è sfuggita: il primo
maggio scorso contemporaneamente in prima serata in Italia sono andate due intervista. Quella al
ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov (Rete 4) e quella al giornalista amico di Putin Vladimir
Solovyev (La 7). Due voci ufficiali di Putin entrambi sotto sanzioni da parte dell'Italia e della Ue.

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