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Ventimiglia e la seconda guerra

mondiale: riflessioni
di Adriano Maini

Due cugini, nati in provincia di Parma, emigrati a Ventimiglia (IM),


perirono, uno alpino, l'altro del genio ferrovieri, nel rogo dell'infame
campagna di Russia voluta da Mussolini nella seconda guerra mondiale.
La famiglia dell'alpino, finito il conflitto, andò ad abitare in prossimità
delle rovine - affacciate sul fiume Roia - provocate dai terribili
bombardamenti che squassarono la città di confine, in modo particolare
quello del 10 dicembre 1943.
All'altra famiglia toccò in sorte di ricevere - a morte già avvenuta del
congiunto - una cartolina postale - uguale a decine di altre, con la sola
variante dei destinatari e del nome proprio del subordinato -,firmata dal
maggiore del Battaglione, un biglietto che augurava il Buon Natale e che
assicurava che il loro caro stava bene.
Nella zona di residenza di questa famiglia, Nervia di Ventimiglia, un anno
dopo, proprio in quel 10 dicembre 1943 già citato, una ragazzina
assistette da vicino all'inferno scatenato dagli aerei statunitensi con tale
evidente timore sì da voler spesso ricordare da insegnante adulta in
classe ai suoi allievi il tragico episodio.
Sempre in quel giorno si prodigò all'estremo per soccorrere feriti e per
dare conforto spirituale il parroco, che anni dopo dalla sua nuova
destinazione di Riva Ligure si trovò spesso in stazione con l'opportunità di
rivedere e salutare affettuosamente almeno un ferroviere, in questo caso
fratello del geniere defunto, del novero dei giovincelli da lui già conosciuti
a Nervia.

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Si affrettarono anche dal centro città madre e figlio di dieci anni in cerca
del padre che dalle parti di Nervia aveva un lavoro: per loro fortuna il
capofamiglia si era trovato oltre il punto critico, ma il bambino da grande
avrebbe rammentato i morti da lui visti con sofferta umanità ancor più
per il fatto che era destinato a frequentare tanti sopravvissuti.
Sempre da Nervia era partito per la guerra un altro ragazzo, che
conosceva quasi tutte le persone - di alcune era anche amico! - qui
menzionate e che affondò al largo dell'isola Asinara con la corazzata
Roma il 9 settembre 1943.
Finirono in trappola Ettore e Marco Bassi, padre e figlio, commercianti
ebrei di Ventimiglia, benefattori non solo degli ebrei stranieri in fuga, ma
anche benemeriti della città e del comprensorio, per essere poi falcidiati
nell'inferno degli stermini nazisti.
Ferrovieri antifascisti di Ventimiglia vennero uccisi nelle rappresaglie del
Turchino e di Fossoli, ma i più trovarono la morte nei lager tedeschi: tra
loro anche il compagno di lotta capitano Silvio Tomasi, già reduce dalla
campagna di Russia.
Da Ventimiglia qualche familiare è riuscito negli anni a recarsi in
Germania per visitare la tomba di un loro caro, deceduto quale Internato
Militare.
Una lapide nel cimitero centrale di Ventimiglia a Roverino commemora i
partigiani caduti: impressionante pensare a come furono massacrati a
Sospel dalla furia nazifascista undici garibaldini (tra i quali un
ventimigliese, Osvaldo Lorenzi; un altro ventimigliese, Sauro Bob
Dardano, era già morto con l'assalto nemico) e quattro appartenti al
maquis.
Nella strage nazista di Grimaldi perirono anche tre bambini molto piccoli;
in quella di Torri due persone molte anziane e due cinquantenni.
Sono solo alcuni esempi, uno spaccato non esaustivo: certamente è
impressionante verificare che solo la piccola città di Ventimiglia abbia
avuto centinaia e centinaia di vittime di guerra.
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