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LA FOSSA DI PALMANOVA
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La zona di Palmanova aveva fornito molti uomini alle
formazioni di montagna, altri ne coprivano il fianco con sa-
botaggi in pianura e ne aiutavano il sostentamento organiz-
zando sussistenze e rifornimenti.
Ed ecco che i soliti coraggiosissimi fascisti, incapaci di
snidare dalle valli quei quattro straccioni di banditi (che
anzi gliele suonarono sode) si riducono a sfogare la loro
rabbia Sllli Resistenti catturati isolatamente o addirittura
su innocui cittadini.
Un episodio fra quelli riferiti dall'autore resta partico-
larmente impresso nella mente: quello del povero generoso
vecchio, il quaie vedendo che il partigiano Feresin, a lui sco-
nosciuto, fugge e che i fascisti gli sparano addosso da tutte
le parti, senza pensarci un attimo con gesto sublime gli dà
la sua bicicletta e, mentre Feresin riesce a fuggire, viene
subito crivellato sul posto dai fascisti inferociti. Questo oscu-
ro vecchietto (per la storia: Rosin Antonio) meriterebbe di
essere ricordato nelle scuole accanto ai Martiri dell'indipen-
denza.
Scorrendo i documenti riprodotti in appendice, mi sono
particolarmente soffermato su uno di essi in quanto mi ri
cordava con improvviso struggimento Tribuno (Mario Ma-
dotti) comandante della brigata garibaldina del Piancavallo
e, dopo l'unificazione con la va Brigata Osoppo, Comandante
della Brigata mista lppolito Nievo operante nella Val Cel-
lina e valli laterali.
Ritrovare il nome di Tribuna nella lettera gongolante
con cui il Comando fascista di Palmanova, il 9 febbraio 1945,
ne annunciava la cattura in •seguito a delazione, mi ha fatto
r ivivere l'indimenticabile esperienza che al Piancavallo, Claut,
Cimolais, Barcis, ho avuto nel Comando unificato Osoppo-
Garibaldi (Brigata l. Nievo A) accanto a tre uomini straor-
dinari ognuno nel suo particolare modo: i garibaldini Tri-
buna e Riccardo, il primo irruento e fracassone, temerario e
trascinatore, il secondo chiuso, fortemente politicizzato, ca-
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rico di tensione e passione politica, anche se un po' dida-
scalico; e l'osavano Ma so (la medaglia d'oro Pietro Maset)
militare d'alto stampo, abile organizzatore, coraggioso e lea-
le, pieno di fascino e di ascendente, che cercava onestamente
di informarsi di politica anche se visibilmente vi era poco
portato.
Purtroppo nessuno di essi è sopravvissuto, tutti e tre
scomparsi in modo diverso proprio negli ultimi mesi di
lotta.
Ebbene, rileggendo quella lettera in cui i fascisti di Pal-
manova, tutti eccitati comunicano al comando superiore di
aver catturato un « generale comunista» ripensai come, in-
dipendentemente dai rapporti di forze, i fascisti non potesse-
ro vincere: non capivano niente dei rapporti umani, ·l a loro
psicologia era ad un livello elementare; nella loro preziosa
preda essi vedevano il « generale ,, (chissà le risate che Tri-
buna, con il suo anarchico impeto, avrebbe fatto se avesse
potuto leggere la lettera) e non capivano niente invece dei
valori umani, della forza trascinante ed impetuosa che Tri-
buna aveva dentro di se - pur fra umani errori e manche-
volezze - del lievito e della sferza che egli rappresentava
per i suoi partigiani; e come questo, non il fantasioso gallo-
ne generalizio, lo rendesse ai fascisti pericoloso nemico.
T'rasferito aMe carceri di Udine, ove forse poteva sal-
vare la pelle, non si rassegnerà ad una tnanquilla prigionia,
ma cercherà di organizzare un gruppo di compagni per una
evasione mancata che pagherà con la fucilazione, una ven-
tina di giorni prima della Liberazione .
.Pressappoco negli stessi giomri, un colpo in fronte di un
cecchino stroncava Maso mentre nei pressi di Malga Ciamp
(ai limiti del Pian Cavallo) inseguiva i tedeschi che avevano
tentato un rastrellamento di sorpresa.
Renzo Biondo
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AI LETTORI
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sangue la terra friulana per la rinascita della Patria avvilita
e per l'affermazione dei valori umani della libertà e della
giustizia, Gloria ed Onore"·
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Per oltre 16 anni Ercole Miani, fondatore dell'Istituto,
ha lavorato con esemplare impegno civile, purezza di senti-
menti e modestia, per la diffusione degli studi di storia con-
temporanea regionale e per l'affermazione degli ideali di
libertà e giustizia espressi dal Risorgimento e dalla Resi-
stenza.
Eroe umile ed autentico della prima guerra mondiale-
a cui partecipò con fede mazziniana, dando prova di straor-
dinario coraggio e di fraterna solidarietà con i suoi fanti -
Miani rifiutò di abbandonare il fronte quando, dopo le ese-
cuzioni di Battisti e ·di Filzi, i comandi impartirono disposi-
zioni cautelative per i volontari del Trentina e della Venezia
Giulia. Più volte decorato per audaci imprese in cui si of-
friva volontario non per dimostrazione di eroismo ma per
risparmiare vite umane e per intima coerenza morale, veniva
promosso capitano a soli 24 anni. Con pochi volontari con-
quistava, sotto il fuoco della nostra artiglieria da lui richie-
sto, il munito caposaldo che sbarrava l'avanzata delle nostre
provatissime fal'lterie sulla Bainsizza, evitando ulteriori eca·
tombi e guidava la colonna affidata al suo comando, in luogo
di ufficiali più anziani ed elevati di grado, fino a raggiunge-
re il punto di estrema penetrazione dell'offensiva dell'ago-
sto 1917. Egli sospendeva l'avanzata solo dopo ripetuti e tas-
sativi ordini dei Comandi.
Nella lotta antifascista e nella Resistenza, Ercole Miani
dimostrò lo stesso coraggio antiretorico, la stessa insoffe-
renza agli autoritarismi ed alle sopraffazioni gerarchiche
che avevano informato il suo combattentismo.
Risoluto avversario dell'occupatore tedesco in cui ritro-
vava il nemico « risorgimentale», oppositore intransigente
del collaborazionismo opportunistico dei gruppi dirigenti del
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nazionalfascismo giuliano, convinto assertore di un'Italia
rinnovata con l'apporto determinante dei ceti popolari, fu
uno dei protagonisti maggiori del movimento di liberazione
a Trieste. Catturato e crudelmente seviziato dalla polizia fa-
scista, sbalordiva gli aguzzini con il suo stoicismo, come te-
stimoniano i suoi compagni di carcere e di sofferenza.
Anche di questo, come delle sue azioni di guerra, non
voleva che si parlasse mai, rifiutando seccamente ogni pro·
posta di ricompensa ed adoperandosi invece con affettuosa
sollecitudine per il riconoscimento dei partigiani.
Da questi brevi cenni emergono le ragioni della Sua pre-
ziosa opera di promotore ed organizzatore degli studi sto-
rici nel dopoguerra. Dall'esperienza di una vita di lotte, sa-
crifici e povertà, sorretta da un entusiasmo morale profondo
e da un senso di dignità umana che sposa la causa degli op-
pressi e rze testimonia le sofferenze e i diritti, scaturisce il
forte impegno culturale e civile di Ercole Miani che indica
ai giovani la strada difficile della verità e della giustizia.
Idealmente Egli riposa su quel bastione di Palmanova.
Queste pagine erano già stampate quando è giunta noti-
zia che anche CandiJdo Gmssi ci ha lasciati: « Verdi », uno
dei fondatori delle Brigate Osoppo che poi comandò nelle
giornate insurrezionali, al termine di un lungo tirocinio par-
tigiano sui monti del Friuli dove aveva vissuto per quasi 20
mesi alla testa dei suoi uomini da cui seppe farsi amare non
solo per il coraggio ma per il suo tratto schietto e cordiale.
Amico e fratello partigiano dal cuore generoso, fu questo
forse il connotato più saliente dell'uomo, vissuto senza iat-
tanze, senza far pesare la cultura di cui era dotato e che pose
anzi al servizio della sua terra ricca di storia 'e di documenti
d'arte. Ufficiale di complemento, insegnante, saggista e pit-
tore, comandante partigiano, era per tutti solo « Verdi » e
non il « professore » o il « superiore ».
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Con Ercole Miani si occupò di valorizzare la caserma di
l'almanova, luogo di sofferenza e di martirio. Li vediamo as-
,·ieme in quel cortile assolato, discutere e poi fermarsi ogni
tanto in silenzio a guardare la terra, i posti dove si uccideva,
le celle ormai mute e imbiancate. Era solo ieri.
L'Istituto Regionale per la Storia del Movimen-
to di Liberazione nel Friuli - Venezia Giulia
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AVVERTENZA
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affinchè resti documentala l'opera di tremen-
<< ...
da oppressione compiuta dagli invasori in com-
butta con pochi traditori italiani contro il nobi-
le popolo nostro che silenziosamente nella vita
civile o in armi sulla montagrta preparava la via
della riscossa e dell'onore ... »
(dal verbale di una sentenza del
Tribunale del Popolo eli Udine)
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CAPITOLO I
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di Osoppo, i cui 500 volontari, comandati prima dall'udinese
Girolamo Nodari e poi dal patriota modenese Licurgo Zanni-
ni, resistettero a 6.000 assedianti fino al 12 ottobre.
Contro Palmanova le trurppe austriache del Nugent in-
fierirono con bombardamenti e con crudeli rappresaglie e
saccheggi verso la popolazione civile, anticipando violenze
ed occupazioni che avrebbero insanguinato la terra friula:na
nei drammatici eventi del 1917-'18 ·e del 1943-'45.
La scrittrice friulana Caterina Percoto (S. Lorenzo di
Soleschiano, 1812-1887) così descriveva, ·n ell'aprile del 1848,
i fatti accaduti nell'Udinese e nella Bassa:
« Dalla finestra della mia camera io ho veduto le fiam-
me che consumavano questo villaggio fdi Jalmiccol e le so-
stanze dei suoi abitanti: qui e colà in diversi punti ho ve-
duto contemporaneamente gli incendi di altri vinaggi ridotti
per la stessa colpa [di sentirsi e di dichiararsi italiani], alla
stessa deplorabile condiz-ione. Udiva le grida efferate e il
briaco urlare dei soldati lanciati a saccheggio.
Udiva più dappresso, sotto Ie mie finestre, i gemiti dei
tapini, scampati alla strage, colla sola vita e coi bambini in
collo, e venuti a ricovero nella mia villetta, udiva dalla lor
bocca gli orrori di quella notte spaventosa, gli animali rapiti,
le povere masserizie e le sostanze saccheggiate, il denaro c
gli effetti di qualche valore predati, e dalle mani sanguinose
del soldato assassino deposti in salvo per intanto a Gorizia
sul Monte di Pietà! ... che in •questa occasione si dimostrò
veramente pietoso! .. .
Udiva, e in seguito più di cento testimoni me lo han
ripetuto, i Sacerdoti insultati, i sepolcri aperti, contaminate
le ossa dei morti, e le sante reliquie; gli altari e le immagini
mutilati, poste le mani sacrileghe sui sacri vasi - dimanda-
te a questi poveri contadini testimoni di quella notte, e dei
dì susseguenti, ad una voce vi diranno, che la profanazione
e il dileggio furono spinti fino ad ungersi gli stivali coll'Olio
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.11110, perfino a far mangiare ai cavalli le consacrate parti-
' o le! ...
lo n on ho veduti quest'ultimi eccessi, ma vedo co' miei
occhi le pietre sepolcrali spezzate, sull'altare e sulle sacre
i11 tmagini, le vestigia potenti della mano dei barbari, i rima-
st tgli dei quadri abbruciati ancora appesi alle pareti del
ll·mpio, gli stendardi e i pennoni che conservano ancora in-
torno al loro fusto qualche brandello di seta arsiccio uscito
da ll e vampe.
Vedo scoperohiata al sole la stanza dove fu lasciato in-
~~:polto Antonio Busetto, un vecchio di 70 anni, che fu truci-
dato, perchè essendo sordo non rispose ai brutali che gli do-
mandavano denaro ! E l'albero ai cui piedi molti giorni dopo
consumò il suo martirio un villico ! ... Una mano di soldati
voleano forzarlo a bestemmiave il Pontefice. Egli credette
invece dovere di religione di benedirlo. Fu spogliato nudo,
legato a quel tronco e battuto tante volte sulla bocca, quan-
te egli gridava: << Viva Pio IX ,, finchè sotto a quei colpi fu
l'atto spirare.
Mentre scrivo questi fatti, urna turba di tapini mi cir-
condano, e chi mi addita la casa dove i soldati colle faci,
appiccarono dapprima l'incendio, chi il sito dov'era schierata
la cavalleria colle armi abbassate, ad impedire che i meschi-
ni fuggissero. Una vecchia mi siede dappresso con un brac·
cio infranto, col volto sfigurato dal calcio del fucile. Maria
Masini detta Fabbro che accorse a riparare un suo figliuolo
impotente di 5 anni, che lo si batteva sul letto dove fu tro-
vato, fu battuta pur essa mentre in ginocchio domandava
misericordia ! ...
Questi ed altri mille che la penna rifugge da più oltre
narrare, sono orrori facilmente imputa bili ad un esercito
formato di masse raccolte in paesi ignoranti, e sgraziatamen-
te ancora nella notte della barbarie; ma che diremo della
disciplina militare di un tale esercito? Che dei capi pure
educati, che non le hanno saputo impedire simili sfrena-
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tezze, che non hanno protestato contro, ne In nessuna ma-
niera punite, e forse le avranno ,e ssi stessi comandate? Poi-
chè fu un ufficiale quello che a Sevegliano regalava ad un
villico che gli aveva medicato il cavallo, il letto di Cirillo Ga-
spardis calzolaio, a cui fu tutto saccheggiato perfino gli stra-
menti del mestiere; a Pradamano fu un ufficiale quello
che si appropriava l'uniforme dello studente Andreoli. Due
ufficiali, che nella notte del bombardamento di Udine, a
Cussignacco dov'erano accampati, e dove tutto il giorno sac-
cheggiarono, nell'osteria di Coto, vedendo in lagrime la pa·
drona di casa, e saputo che la ragione dell'immenso dolor
suo, era l'avere una figlia maritata in città, la trascinarono
così piangente e desolata fuori dalla casa, e l'obbligarono
ad onta dei replicati deliqui a cui soggiacque, ad assistere
a quella scena d'orrore, confortandola col dire che fra po·
che ore Udine dovea esser ridotta ad un mucchio di rovine,
e tutti gli abitanti passati a fil di spada! ... e finalmente era
di mano di un generale un rescritto, col quale si instituiva
possessore di una casa e di alcuni fondi in Jalmicco, il villi-
co Domenico Bergamasco, che li tenea in affitto dal baron
Codelli di Gorizia. E si loda un esercito che non rispettò nè
le sacrosante leggi dell'umanità, nè i diritti di proprietà, nè
tampoco i proprii capitolati, e ve lo dicano Udine e Palma,
nè le istituzioni civili del suo governo; poichè arbitrariamen-
te ordinava ai nostri comuni, carri e genti per proprio servi·
gio, arbitrariamente citava al suo tribunale quelli che SO·
spettava avversi, e senza forma di processo emanava le sue
sentenze ... » (2).
<< Ricorsi » del destino, 1in questa terra di invasioni, di
resistenze, di massacri ... da Atti·la in qua!
Sui monti, nei boschi e negli antri i rifugi segreti degli
(2) CATERI NA PERCOTO, Non una sillaba olt re il vero, 1888, Nozze Tacco-
ni-Pravisani, Bibl. Comun . Udine.
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illllichi invasi, sui coUi i castelli e le torri dominicali, alla
Bassa gli approdi delle isole e della laguna ... OSOPPO, sui
primi monti; nel centro della pianura, PA:LMANOVA.
La città fu fondata da Venezia per difendersi contro i
Turchi e gli imperiali (7 ottobre 1593, anniversario della vit-
toria di Lepanto). Secondo il refìerto d'un suo Provveditore,
« si può dire che abbia dato l'anima a tutta questa parte del
Friuli», sia pure ingoiando oltre venti milioni di ducati:
riuscì << una delle più forti piazze che l'arte potesse formare
per chiudere agli stranieri l'adito all'Italia ». Nel •1599 il
Provveditore Marcantonio Memmo poteva così scrivere al
Senato: " La fortezza di ·P alma nella Patr:ia del Friuli è riu-
scita chiara e famosa per tutte le parti del mondo, laonde
da paesi lontanissimi si vedono ogni giorno persone di mol-
la qualità venire a considerarla ed ammirarla come propu-
gnacolo di tutta Italia e dello Stato di questa Serenissima
Repubblica » (3).
Nel tempo della Resistenza, Palmanova con ·l a sua << fos-
sa » di martiri e di torturati diverrà il simbolo più luminoso
del sacrificio partigiano del ifriuli.
(3) PIO PASCIIINI, Storia del Friuli, IDEA, Udine, 1936, vol. III.
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si cammina sull'erba dei bastioni... Insieme con coman-
danti, ci accompagnano alcuni «reduci» che hanno ancora
nei polsi i segni dell'impiccagione al chiodo: sul loro volto
passano ricordi e impressioni violente nell'emozione di ri-
trovavsi, vivi, dopo venticinque anni, in questi luoghi di do-
lore e di martirio.
Poco o nulla è mutato, alla << Caserma Piave », da allora ...
Ma oggi nel grande cortile sotto gli alberi giocano come
bimbi e uccelli i nuovi soldati d'Italia: sotto i portici arriva
il sole della primavera e s'incivettano di verde intenso i ba-
stioni della città-fortezza che domina tutta la pianura della
Bassa. ·
E i morti sembrano .fiorire in questa luce della Libertà.
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CAPITOLO II
IL « LITORALE ADRIATICO»
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tiva di militanti po'l.itici del Partito d'Azione e del .p ,cJ., di
ufficiali e sottufficiali del disciolto esercito, di civili e di
qualche animoso •sacerdote, i primi reparti partigiami {Udine,
Attimis, Treppo Grande, Gemona, Verzegnis, zona del Collio
lungo l'Isonzo). Il gruppo di GL, promosso dal 'Partito d'A·
zione, si fonderà successivamente con i gruppi « autonomi "•
dando vita alle Brigate '« Osoppo » che si affiancheranno al·
le << Garibaldi~Friuli », sorte subito dopo 1'8 ·settembre da
alcuni nuclei attestatisi sulle Prealpi Giulie (4).
Alla 'metà di settembre si scontrava coi tedeschi una for-
mazione degli operai dei cantieri navali di Monfalcone orga-
nizzata da militanti comunisti e amtifascisti come Osrelio
Modesti e Mario Fantini. Con il nome di Brigata << Proletaria >>
affirontò i tedeschi con entusiasmo, ma scarsa preparazione
militare e poche armi.
Nella <<battaglia odi Gori:zJia >>, la <<Proletaria>> ·f u sopraf-
fatta, il Modesti restò gravemente ferito, gli improvvisati re-
parti si sciolsero. Compiutosi questo primo tentativo insur-
rezionale, il moVI.imento antina:zJista si ililsediò sulle alture
prealpine dove Mario Liz2lero (poi commisswio di tutte le
Divisioni Gariballdi-Friuli), Giaointo Calligar.is fondatore del
Battaglione .f riuli e caduto nella lotta, 'Ma11io Fantini, Gio-
vanni Padoan (poi comandante e commissario della Divisio-
ne Garibaldi-Natisone), Mario Modotti, Mario 'Foschiani (en-
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11 il m bi caduti, Gino Lizzero, Lino Argenton, Vincenzo Marini
,.li allr i militant~ comunisti, operai, giovani antifascisti, ex
111ili tari, <Costituirono ri primi nuclei armati da cui sorgeranno
l1• Brigate Garibaldi-Friuli.
La breve ma generosa v-icenda della << Proletaria >> si in-
lll'sla dunque nel processo di formazione del movimento par-
'' 11iano italiano nel FDiuli orientale e nella •B assa Friulana le
t 11i origini politiche risalgono alla cospirazione operaia mon-
1.d onese, goriziana, triestina degli anni trenta, menvre un
precedente militare si Ditrova in quel piccolo << Distaccamen-
lo Garibaldi » .formatosi ancora prima dell'8 settembre in
'>t'no ai reparti del 'IX Corpus sloveno, nella •s elva di Tarnova.
Dal fallimento del tentativo insurreZJionale con la tempo-
ranea disgregazione degli improvvisati battaglioni operai,
111vano appellatisi alle autorità militari << badogliane » ri.nun-
t'iatarie, fu tratta una preziosa esperienza organizzativa e
po1itica. L'.i mpossibilità di affrontare i tedeschi in campo
aperto ed in scontri frontali senza solide strutture militari,
adeguato armamento e senza un diretto appoggio alleato,
l'esempio dei vicini part•igiani sloveni e la prospettiva di una
lotta lunga che esigeva l'appoggio popolare e il passaggio ad
una guerra partigiana vera e propria, indussero i promotori
del movimento di resistenza a consolidare i gruppi armati
su lle alture ed a creare nuclei di sabotaggio, di proselitismo
· di appoggio in pianura.
Così sorgeranno i GAP (Gruppi di Azione ·P artigiana) a
cui accorDeranno numerosi i giovani contadini e operai della
Bassa, stimolati dalla stessa spontaneità aggressiva dei pri-
mi nuclei armati promossi dal PCI o sorti per iniziativa in-
dividuale.
Soltanto in data 22 settembre ·1943 il comunicato di guer-
ra vedesco dava la prima notizia del moVlimento, Ìil1 questi
termini: << Nella zona or.i entale del Veneto, nell'Italia e nel-
la Slovenia, ribelli sloveni, insieme con gruppi comunisti
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italiani e bande irregolari delle legioni croate hanno tentato
d'impadronirsi del potere sfruttando il tradimento di Bado-
glio. Truppe· germaniche, appoggiate da unità nazionali fa-
sciste e da volontari, hanno occupato le principali località
e i centri di comunicazione ed attaccano i ribelli datisi al
furto ed al saccheggio» ( 5 ).
In data 15 ottobre (il giorno stesso della dichiarazione
di guerra alla ·G ermania da parte di Badoglio) da Trieste
veniva diffuso un comunicato, pubblicato su1la stampa il
giorno successivo: «Nella zona d'operazioni Litorale Adria-
tico comprendente le provincie di Trieste, Lubiana, Gorizia,
Friuli, !stria e Quarnaro unitamente ai territori incorporati
di IS ussak, Buccari, Concanera, Castua e Veglia, il Gauleiter
e Governatore del Reich dott. Rainer ha assunto tutti i po-
teri pubblici civili quale Supremo Commissario nella zona
d'operazioni Litorale Adriatico ».
« Tutte le autorità e gli uffici pubblici di questa zona sot-
tostanno al Supremo Commissario ».
«Le funzioni civHi finora esercitate dalle forze armate
tedesche sono passate agli uffici del Supremo Commissaria-
to » ( 6 ) .
'Da notarsi che il comunicato portava la data del Jo ot-
tobre 1943 e il luogo di emissione Klagenfurt.
Il comando della SS Polizia del Litorale venne affidato
al Grueppen-Fuehrer SS Odilo Lotario Globocnik, nato a
Trieste nel 1904 da padre sloveno (modesto funzionario delle
ferrovie I.R.) e da madre ungherese. Trasferitosi in Austria
nel 1923 aveva aderito, come il Rainer con il quale trascorse
anche un periodo in carcere, al movimento nazista facendo
(5) Cfr. in particolare << Il Piccolo >> del 4 ottobre 1943 e del 12 otto-
bre 1943 con i resoconti di fonte tedesca sugli scontri di settembre-ot-
tobre 1943 nelle province orientali.
(6) << Il Piccolo >> e << Il Popolo del Friuli » del 16 ottobre 1943.
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rapida carriera, fino a diventare il braccio destro di Eichmann
e il « favorito» di Himmler. Comandante della SS e Polizia
del Governatorato di Lublino, Globocnik aveva personalmen-
te diretto le operazioni di massacro degli ebrei polacchi, or-
ganizzando anche gigantesche speculazioni a proprio favo-
re con i beni deUe vittime ed esponendosi ad accuse specifi-
che che nemmeno Himmler riuscì ad evitargli. Da ciò pro-
babilmente il suo trasferimento nel Litorale (1).
La separazione deile province giuliane, friulane e tDen-
1ine dallo Stato italiano, non fu un provvedimento di emer-
~r c nza destinato a una breve durata, ma l'attuazione di un
progetto già preparato e deciso nel corso dell'estate 1943 fra
i Gauleiter austriaci Hofer e Rainer in accordo con Goebbels
(che ne fu un « influente ·sostenitoDe ») e con l'approvazione
di Himmler e Hitler e •s uscitò solo qualche rassegnata la·
vnanza da rparte del neogovermo .fascista repubblichino di
Salò e penose giustificazioni dello stesso Mussolini ( 8 ).
Nel « Litorale » i tedeschi applicarono . nello spazio di
due o tre mesi, provvedimenti di inequivocabi·le significato
<~nlitaliano e annessionistico: la nomina diretta .dei Prefet-
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ti e Podestà, cacciando quelli inviati da Salò; la radicale mo-
difica della legislazione italiana; la proibizione di richiami
alle armi da parte delle autorità fasciste; il divieto di stabile
soggiorno per gli italiani provenienti da altre regioni; l'allonta-
namento di reparti di Salò (come la X MAS) dopo un tem-
poraneo impiego contro i partigiani; il controllo delle Prefet-
ture e dei Comuni da parte di propri « •Consiglieri » affianca-
ti ai Prefetti e Podestà; l'istituzione di propri Tribunali e di
una procedura penale analoga a quella tedesca; la chiamata
dei giovani a•l servizio di guerra nella Wehrmacht e nella Todt;
la ·sottomissione ai comandi germanici di tutte le forze mi-
litari italiane; il controllo di tutte le attività economiche e
del traffico commercia·l e col -resto d'Italia ( « Duce-Italien » ),
nonchè la spogliazione dei beni ebraici, delle società di na-
vigazione statali e degli istituti culturali per mezzo della
Società « Adria » creata dai tedeschi. Da parte del Rainer
e della stampa ufficiale nazista (Adria-Zeitung), si dichiarò
ripetutamente che la Venezia Giulia era stata maltrattata
dallo Stato italiano e ohe non era terra italiana ma un « mi-
scuglio di popoli »; si organizzarono manifestazioni folklori-
stiche filo-germaniche e si pubbl.icò, in luogo della Gazzetta
Ufficiale, il Bollettino del Supremo Commissariato in ben
quattro lingue (italiano, sloveno, croato, tedesco), nonchè
periodici in lingua italiana, slava, tedesca ed anche friula-
na (9 ).
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!Subito dopo l'insediamento poJitico i nazisti si preoc-
l' Uparono di dare al «Litorale,, una organizzazione militare
« autonoma », costituendo, sotto l'egida delle SS, formazioni
di difesa locale e sottomettendo al proprio comando le racco-
gliticce forze fasciste sorte dopo 1'8 settembre per iniziativa
di elementi fanatici o di ufficiali del disciolto Esercito, po-
stisi al servizio dell'invasore. Già il 25 novembre 1943 si ebbe
la prima notizia della costituzione della Milizia per la Difesa
Territoriale (•M,D.T.) che pubblicò reiterati inviti all'arruo-
lamento «volontario » e minacce contro i ... «renitenti».
In data 7 dicembre 1943, con l'ordinanza n. 8 pubblica-
ta sul '« Verordnungs » venne prevista, con l'art. 3, la costi-
tuzione «di formazioni autonome per la Difesa Territoriale»
(che inquadrerà, oltre alla milizia italiana e slava, anohe i
orpi delle Guardie Civiche posti sotto il Comando delle SS).
L'art. 4 del·l a successiva ordinanza n. 10 del 7 dicembre 1943,
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assegnava tali unità, comprendenti la Milizia fascista delle
vecchie <<Legioni» (cui fu proibito di assumere sia le deno-
minazioni nazionali che quelle nuove di Guardia Nazionale
Repubblicana), al comando delle SS del Globoonik.
In una relazione del comandante del Vo Reggimento
<<FriuLi», Milizia per la Difesa Territoriale (già 63a Legione),
·si legge che << 1'8 \Settembre 1943, con i pochi uomini del co-
mando la Legione ha tenuto testa alla marea dissolvitrice .e
saccheggiatrice, contribuendo, come lo dimostrano gli atti
ufficiali dell'epoca, a mantenere l'ordine pubblico nel Capo-
luogo e nella Provincia mediante la sollecita costituzione di
Presidi in tutti i più importanti centri abitati, come quelli
di Udine, Pordenone, Codroipo, Sacile, Brugnera, Polcenigo,
\1aniago, Valvasone, Gemona, Tolmezzo, Fagagna, Corninr
Tricesimo, Cividale, Spessa, Villa Santina, Osoppo, Palmano-
va, S. Giorgio di Nogaro, Palazzolo dello Stella, Precenicco,
Rivignano, Ronchis, Pocenia, Muzzana, Teor, Varmo, Aiello,
Cervignano, Torviscosa, Porpetto, Bagnaria Arsa, ecc. ecc.
e che nel mese di Ottobre assommavano già una forza di ol-
tre 700 uomini >> (IO).
Nei mesi successivi si formeranno aUri battaglioni im-
piegati nel Carso con sede di comando a Trieste e altri nella
regione alpina friulana e nelle valli del Natisone in funzione
di << lotta antiribelli >>.
La formazione fascista denominata S.o Reggimento
M.D.T. fu organizzata dal colonnello Attilio De Lorenzi (nato a
Palmanova nel 1890 e recentemente scomparso) in << cinque
battaglioni armati e dislocati nelle seguenti zone operative:
32
il 1" a Trieste con alcune compagnie distaccate nella Bassa
11 iulana, .delle quali una a Palmanova, dove vennero istituite
lt• speciali camere di tortura contro gli arrestati; il 2° a Gemo-
''" al comando del magg. 'Del Giudice Emilio con uno specia-
li' servizio politico inv•estigativo al comando del cap. Caroi
l·:varisto; il 3° in Valcellina al comando del magg. Aita Ga-
spare che veniva fucilato dai partigiani a Cordenons dopo
la liberazione; il 4° a Udine, prima al comando del cap. Gino
('ovre e poi dal cap. Pozzi Walter Bruno; il 5° pure con
-.cde a Udine, al comando del Ten. Col. Ramolfo; oltre una
t'Ompagnia autonoma di bande nere a Pordenone comandata
dal cap. Vettorini ohe è stato pure fucilato dai patrioti dopo
la liberazione e infine un battaglione di complementi, costi-
tuito dai giovani rastrellati •e obbligati a far parte della mi-
l izia » (1 1).
Nei paesi occupati, riferì .i n una •s ua deposizione il te-
ste Kitzmi.iller, già interprete e rivestito .di delicate funzioni
presso il comando di polizia germanica e che verso .il finire
della guerra rese dei servigi al movimento della Resistenza
in Friuli, le due organizzazioni « GESTA:PO » (polizia segre-
ta di stato) e << KRIPO » (polizia crimina-le) vennero unifica..
te nella << 1SIPO » {polizia di sicurezza). Il << SIPO » era suddi-
viso in cinque gruppi nei quali venne inserito anche il ser-
vizio SD (Servizio Informazioni). L'<< UPI » (Ufficio Politdco
Investigativo delia Milizia) aveva rapporti di col·l aborazione
attiva con il << SIPO »: a Udine esso dipendeva dal S.o reg-
gimento M.D.T.
«A Udine la piramide gerarchica finiva al De Lorenzi »,
il quale << per le operazioni e l'impiego delle forze della mi-
lizia doveva prendere ordini dal maggiore tedesco von Alven-
sleben, comandante di tutte le polizie della provincia di Udi-
ne». << La provincia di Udine aveva 8J1Q comandi di sicurezza
33
3
tedeschi che dipendevano dal comando che aveva sede aUdi-
ne nel palazzo centro» (12).
Elementi del 5.o reggimento della Milizia entreranno così
a far parte del Centro di repressione partigiana di Palmano-
va, macchiandosi di crimini nefandi ed eccedendo in zelo di
fronte ai comandi tedeschi da cwi dipendevano. E proprio lo
stesso comandante del Reggimento rriferirà IIlella citata rela-
zione sui ripetuti, « particolari» elogi, ricevuti dai suoi uomi-
ni da parte << del .Comando germanico delle SS e del Coman-
do superiore della M.D.T. >> in più occasioni nella lotta con-
tro i « banditi >>, chiedendo la concessione al Reggimento
della denominazione di «Reparto M,, ( 13).
Un quadro generale delle forze di occupazione nel Lito-
rale Adriatico è dato dallo studioso sloveno Stanko Petelin
in un suo libro sulla liberazione del Litorale Sloveno. Egli
si è servito di documenti tedeschi e jugoslavi dell'Archivio
Militare di Belgrado, oltre che di rapporti del IX Korpus
sloveno e delle deposizioni al processo di Lubiana (contro
Rainer e soci nel 1947) del generale Ludwig Klibler Coman-
dante del 97.o C.d'A. dislocato fra il Tagliamento e Fiume.
Il Petelin calcola a 74.000 le truppe nazifasciste nella re·
gione giuliana nella quale egli include anche il settore Udine-
Tarvisio, zona d'operazione dei reparti partigiani italiani.
Secondo i suoi calcoli, nel febbraio 1945 erano presenti
nel << Litorale Adriatico ,, 31.839 tedeschi della Wehrmacht,
11.300 uomini di polizia, 1.500 gendarmi, 277 agenti della Ge-
stapo, circa 12.000 italiani di cui 2.300 « fascisti >> (probabil-
mente le squadre delle federazioni e i reparti speciali, ma
non è chiaro se egli comprende tra gli italiani anohe i batta-
glioni della X MAS, che elenca in precedenza e provenienti da
altre regioni d'Italia, battaglioni poi trasferiti in gran parte
34
oltre il Tagliamento per ordine nazista); oltre 17.000 fra cet-
llici, serbi ed «altri».
Nel febbraio del 1945, secondo dati di fonte tedesca che il
l'llclin riporta a confronto, le truppe collaborazioniste di
\aria nazionalità dipendenti dal comando SS di Globocnik
rrl·l Litorale Adriatico, assommavano a oltre 25.000 complessi-
\amente. A ciò bisogna aggiungere i cosacchi e caucasici, che
il Pctelin calcola a 10.000, cifra questa che è però inferiore
,tlla realtà e che - •s econdo dati di fonte italiana, sia parti-
pinna che fascista- oscillava, compresi i civili al seguito, fra
r ìO.OOO e i 40.000 ( 14 ).
Ques ti brevi cenni possono servire a dare un'idea dell'ap-
parato repressivo germanico nei «nuovi>> territori ormai in-
quadrati nel III Reich e del suo carattere composito sia
~ otto il profilo etnico, per la presenza di reparti e formazioni
politico-militari di varia nazionalità, che organizzativo, poli-
ti •sco ed operativo, per la sua particolare articolazione mobi-
lt·, « territoriale >> e fissa, con compiti diversi ma tutti ri-
volti a fronteggiare il delinearSIÌ. di una resisten2'!a tenace, ag-
•rcssiva ·e diffusa, cui partecipa, in varia misura, tutta la po-
polazione delle province friulane e giuliane.
35
CAPITOLO III
PARTIGIANI DELLA BAISSA
36
l .il Garibaldi-Osoppo inquadrava la Brigata GAP « Bruno
Montina >> (dal nome di un parmgiano caduto) comandata da
Vinioio Fontanot, tre brigate garibaldine SAP (.Squadre di
1.ione Patriottiche) costituite per organizzare l'afflusso dei
l'lllpre più numerosi volontari, e i battaglioni della ILa Di-
1·isione «Osoppo>>.
Una storia dei G.A.P. della Bassa non è mai stata fatta.
<;rnve lacuna che qui potremo soltanto in parte colmare con
qualche cenno, raccolto da .f onte diretta e di prima mano,
l hL' servirà a dare un'idea dell'imponente contributo milita-
Il', organizzativo, logistico oltre che politico e morale dato
.!Ila lotta ed in certri casi alla sopravvivenza delle stesse for-
lllazioni della montagna, da questi gruppi partigiani che, ope-
' ando con audacia e spesso allo « scoperto>> in casa del ne-
llli co, furono oggetto di accanite e feroci repressioni pagando
11110 dei più alti cont•r ibuti di sacrifici e di samgue sofferti
dalla Resistenza italiana.
Il << centro di represSiione >> nacque appunto col compito
preciso di stroncare il movimento <<gappista».
Sorti per iniziativa dei fratelli Licio e Vinicio Fontanot
(il primo eroicamente caduto), che organizzarono subito
dopo 1'8 settembre •s quadre armate di operai dei cantieri
11avali di Monfalcone, ingl'ossatisi per l'apporto di giovani
dl'l Cervignanese inquadrati nel << Fronte della Gioventù,; e
p 'r l'attivtismo di antifìascisti come Ilario Tonelli, Detalmino
Liva, Giuseppe Pezzani ed altri, 1i G.A.P. si articolarono rapi-
damente, disarmando presicli della Guardia Civica, attaccan-
do le comunicaz;ioni, eliminando sprie e seviziatori fascisti e
11azisti, smistando viveri e munizioni in montagna, infiltran-
do nella DHesa territoriale (Landschutz) creata dai nazisti
l'lcmenti fidati e sabotatori, alcuni dei quali renderanno pre-
l.iosi serwizi.
Nell'ambito dei G.A.P. della Bassa il monfalconese Sil-
vio MarcuzZJi ( << Montes >>) creò un servizio di antendenza per
37
le brigate della montagna che nell'estate del 1944 si esten-
derà fino alla provincia di Venezia (Portogruaro-S. Donà)
ed oltre, diventando la più grande intendenza partigiana
d'Italia. L'intendenza si .impegnò a fondo nei rifornimenti
sia ai reparti italiani della Carnia e delle Prealpi Giulie che
del IX Korpus sloveno. Con la sua attività mil~tare e logisti-
ca, « Montes » riuscì anche ad evitare le complicazrioni orga-
nizzative e politiche, che potevano nascere dalla calata in pia-
nura per l'incetta di viveri di reparti sloveni, la cui zona ope-
rativa era povera di risorse alimentari, e riuscì anche a pro-
muovere la costituzione di un comando unificato « Osoppo-
Garibaldi» nella Bassa Friulana (III.a zona opera1Jiva).
'Impossibile qui riassumere l'attività militare del movi-
mento «gappista>>, dagli scontri con le truppe tedesche a
Merna nel settembre 1943 alle centinaia di attacchi e sabo-
taggi a caserme, autocolonne, fiino alla battaglia insurrezio-
nale dell'aprile 1945. Le perdite in caduti, feriti, imprigionati,
deportati furono fra le più alte avute in Italia. Caddero co-
mandanti come « Montes >>, ucciso sotto le torture, come Li-
cio Fontanot, suicidatosi in carcere piuttosto che parlare,
come De Ponte, atrocemente straziato. Centinaia di fucila-
zrioni ,e impiccagioni e feroci rastrell'amenti costellarono que-
sto itinerario partigiano così iintenso e sanguinoso, che incon·
trò la solidarietà e l'appoggio politico-morale delle popola-
zioni 'S U cui l'ira nemica si scatenò ind!iscriminata, culminan-
do negli eccidi di Terzo d'Aquileia e Cervignano nei giorni
della lriberazione.
Al centro della feroce opera di repressione fu appunto
Palmanova nel cui terdtorio fin dall'autunno 1943 reparti
fascisti e nazisti si ,e rano distinti per azioni crudeli, fra cui
la fucilazione dii un gruppo di militari russi ex prigionieri,
rei di un tentativo di diserzione, e l'incendio a Strassoldo
della casa della famiglia Bolzicoo e la deportazione del capo-
fìamiglia.
38
A Palmanova, in nn primo tempo, si insediò un reparto
di S tedesche ed italiane, quest'ultime al comando del te-
Jll'llte Odorico Borsatti. Più tardi, verso la metà del 1944, si
i11s •d iò un altro reparto al comando dell Hauptsturmfi.ihrer
l'ilkibusch, che aveva alle sue dipendenze anche vari elemen-
li italiani (giuliani e friulani): in tutto una cinquantina di
11omini, più un reparto della X Mas.
In quell'ambiente si 'Svolse tutta la triste vicenda delle
bande » ant~partigiane che 'hanno d.l nome di Borsatti e di
lluggiero e che, attraverso il cap. SIS Pakibusch, s•i collegano
.11 Comando dello spietato Gruppenfi.ihrer Odilo Globocnik:
11l'l suo nome, già legato al massacro degli ebrei polacchi, si
mmpie anche il martirio dei patrioti friulani.
L'estate del 1944 segnò la massima espansione del parti-
pianesimo della Bassa friulana, con un'd!ntensità operativa e
logis tica .forse mai più raggiunta. L'insci.dia continua dei parti-
•iani lasciò nei comandi tedeschi ed in quelli vassalli fasci-
si i un'impressione profonda. La stasi autunnale sul fronte-
sud, le sfavorevoli condizioni ambientali della stagione che
privava ·i partigiani del pur precario riparo della vegetazio-
11<.:, il rafforzamento dei presidi nemici irradiatisi da Udine e
Palmanova - famoso per le sue efferatezze diverrà il repar-
to fascista distaccato a Palazzolo - l'afflusso di grosse forze
11azifasciste e russo-cosacche rin Friuli, la stessa crisi della
" montagna» investita ed invasa dal nemico che potè così
potenziare i suoi ser•vizi in pianura, tutto ciò ebbe conse-
guenze negative per ri G.A.P. e le brigate della 'Bassa. Sulle
formazioni si riversò massiccia e spietata la reazione nemica,
favorita anche dalle delazioni fasciste e dalla facilità di iden-
tificare i << terroristi» residenti nei vari paesi e scopertisi
troppo durante l'estate.
La « clandestinità » cinesistente costò cara ai partigiéliili.
nomi dei comandanti, anche di quelli minori, e dei reparti
39
grandi e piccoli erano ormai noti da tempo. Adesso era pos-
sibile colpirli date le condizioni createsi ed il clima di intimi-
dazione feroce diffuso fra la popolazione con centinaia di
irruzioni, arresti, devastazioni e saccheggi nei paesi e nelle
frazioni più piccole. ·Fu una « caccia all'uomo » condotta con
spedizioni improvvise, con squadre fasciste travestite da par-
tigiani, con rastrellamenti minuzios>i. Già nell'estate erano
stati presi Licio Fontanot, suicidatosi, ucciso Bruno Mon-
tina, catturato lvo Spanghero, mentre era fallito dopo uno
scontro a fuoco l'arresto di « Montes ».
« Montes » fu preso in autunno assieme a Ermanno Cle-
mente ( « Bosch »), Li va fu catturato assieme a Ilario Tonelli.
Fu catturato anche il rcommi:ssario Enrioo Da Ponte («Poi-
do») . F.u arrestato il colonnello Dessy e la stessa sorte subì
il col. Eugenio Morra (O ttavio) comanda n te della I l. a -Divi-
sione « Osoppo ».Con il loro arresto e quello di Ilar>io Tonelli,
il comando della << Garibaldi-Osoppo » di pianura fu decapi-
tato. Il commissario divisinnale Romano Fumis cadrà nel
marzo 1945. Del mart•i rio di << Montes » parlano i documenti
che seguono. L'osavano Morra, dopo lung'hi interrogatori in-
tervallati da preparativi di esecuzione, fu deportato a Dachau
e sopravvisse. Tonelli, torturato a lungo riuscì a fuggire con
l'aiuto di un collaboratore partigiano in servizio nella stessa
caserma di .Palmanova, il 'F inotti. Un altro collaboratore, il
maresciallo dei carabinieri Costanzo ·c he agi·va a Torviscosa,
fu preso, mentre il <<gappista» Ezio De Stefano fu ucciso. Le
testimonianze e i documenti che seguono riportano i partico-
lari drammatici deNe vicende qui sommariamente riassunte.
Con gli arresti, le esecuzioni, le deportaz,ioni dell'inverno
'44-'45, l:e formazioni << gappiste >> furono disarticolate, spesso
isolate malgrado gli sforzi d-i Vinicio Fontanot e Domenico
Piccardi che caddero nelle mani nemiche. Fu il periodo del-
le iniz,iative autonome di singoli gruppi coraggiosi: il repar-
to di Spartaco Padovan ( << Diego >> ) nel Monfakonese, la squa-
40
d1<1 di Giuseppe Feresin nel Cervignanese, un battaglione co-
'''"n da to da Giacomo Mol'ello (<< Franz >>), ·P ietro Sardino
1 • Ma rino>>), Valerio Bergamasco (<<Gastone>>) nel comune
d1 La tisana, un gruppo guidato tda Francesco Brovedani
( (,,iorgio >> ) e da Dante Papais (<<Athos >>) nella zona di Ri-
' ignano.
In quel periodo turbinoso di paura e di violenza, con i
I.Jscis ti imperversant>i dappertutto e i partigiani braccati ca-
" per casa, scovati dai precari rifugi, un pugno di uomini
I'IIÌda to da Gelindo Citossi, chiamato << Romano il Mancino>>,
l i dò il nemico con avventurosa audacia, restituendogli col-
l"> su colpo, sfuggendo alle imboscate, spostandosi continua-
lllt'n te e seminando i•l terrore . Con Citossi erano i <<gappisti>>
piu audaci ed ·a nche ex militari che avevano disertato dalle
l i le tedesche. Col nome di << !Diavoli rossi >> che evocava remi-
III SCenze salgariane, circondati da una fama accresciuta a
di smisura dai fascisti impauriti ed esasperati, gli uomini del
< •tossi condussero una guerriglia accanita servendosi spesso
di carri agricol•i mascherati e carichi di armi ed attaccando
il nemico anche in pieno giorno. Fu ancom Citossi a realiz-
:o~re una delle azioni più spettacolari: l'assalto alle carceri
di Udine del febbraio 1945 conclusosi con la Hberazione di
11 11merosi partigiani in parte ·destinati alla fucilazione e in
parte alla deportazione.
A-nche nella fase 'i nsurrezionale la zona di Palmanova fu
.11 centro di vicissitudini drammatiche, determinate dagli in-
lt·nsi movimenti militari delle truppe naziste in ritimta sot-
lo la pressione angloamericana ed attaccate in campo aperto
dai partigiani, e dall'int•r eooiarsi di eventi politici e nazia·
11 a li carichi di tensioni.
Sarà proprio •il Btg. <<!Diavoli rossi >>, insieme con il Btg.
cur e>> del Fronte della Gioventù e con gruppi locali, a libe-
' i \l'e Palmanova il 28 aprile 1945.
41
CAPITOLO IV
« UNA MISSIONE DI GUERRA»
42
il CLN triesti:no, privato dei collegamenti con la Brigata Ga-
l i baldi-Trieste, inquadrata nel IX Korpus e da esso control-
lo la anche politJicamente, e ·d ecimato dagli arresti della poli-
l.Ìa nazista che soppresse alcuni dei suoi migliori esponenti
(dai comunisti Luigi Frausin e Zeffirmo Pi:soni, agli « a2lionri-
lt » Gabriele •F oschiatti, Mario Maovaz, Umberto Felluga, al
dvmocristiano Paolo Reti), rendeva estremamente diffioHe
l'azione organizzativa e militare del Comitato, specie in una
1 i l là come Trieste dove ·la sorvegldanza nazifasdsta era ocu-
43
cevto punto dl CLN di Trieste, perduti alcuni dei suoi pm
coraggiosi « corrieDi » col CLNAI di Milano, fra cui il Maovaz,
atrocemente torturato ed elillllinato e il Reti, fucilato e cre-
mato alla Risiera (un altro patriota, Costant·~no Picot, che
da solo era riuscito ad oltrepassare il konte per raggiunge-
re Roma era stato fermato e internato dagli a,lleati), potè
contare tuttavia sul tenente Vil1licio Lago che dal vicino
Friuli si oollega~a col CLN (l).
I nazist·i .diedero al Lago una cacoia spietata avendo !in-
dividuato l'esi.s tenza di una radio-t·r asmittente nella Bassa.
Più volte furono sul punto di catturarlo e nel dicembre 1944,
arrestarono una de1le più coraggiose collaboratrici della
«missione», l'insegnante uddnese Ceciloia Deganutti della
<<Osoppo» che, trasfer.i ta a Trieste, fu crude~mente quanto
inutilmente seviziarta c poi uccisa nel campo di sterminio
della Risiera. ~lla sua memoria fu decretata la medaglia
d'oro.
Arrestato e ucciso fu anche il partigiano Domenico La-
groteria, custode dell'azienda di Torvis·c osa dove Lago ope-
rava.
Vinicio Lago cadde nei giorni della Liberazione proprio
sulla strada di Palmanova, durante una confusa sparatoria
che investì la macchina in oui si trovava. Alla sua memoria
44
fu decretata la medaglia d',a rgento per la sua volontaria
« miss~one di guerra » in 'C ui assolse << brillantemente i com-
piti ricevuti>> ( 2 ). Sotto la loggetta del Municipio di Palma-
nova lo ricorda una lapide, il cui testo fu dettato dal poeta
Biagio Marin. Lago concludeva così, come migliaia di altri pa-
trioti, il suo breve ma intenso itinerario umano, esempio dii
nobile impegno civile e morale prima ancora che militare.
45
CAPITOLO V
46
Ma le più massicce azioni repressive cominceranno più
tardi con la costituzione del «Centro di repressione delle
forze partigiane >>. I documenti a nostra disposizione ci im-
mettono nel vivo dell'azione repressiva che toccò i vertici di
un'inaudita ferocia. La << fossa>> dei martiri di Palmanova si
inquadra così in un particolare aspetto della Resi·stenza friu-
lana appena abbozzato nella storiografia della guerra di libe-
razione (2).
I protagonisti di queste efferatezze sono Odorico Borsat-
ti di Pola (n. 1921), Ernesto Ruggiero di Napoli (n. 1905), Re-
migio Rebez di Trieste (n. 1913). Giacomo Rotigni di Ber-
gamo (n. 1926), Alessandro Munaretto di Sacile (n. 1919),
Giovanni Bianco di Cuneo (n. 1920) e Quinto Cragno, Gio-
vanni Turrin, Alessandro Bilia, Giovanni Stacco, Angelo Ro·
gazzo, Giuseppe Coccolo ed altri ancora, talora assieme a
militari germanici della Polizia della 'SS, del capitano Paki-
busch, del ten. Pagliazzotti e del ten. Romolo Cella.
Dalle risultanze dei procedimenti penali emerge un qua-
dro raccapricciante e disumano di violenze e di atrocità.
IL PROCESSO BORSATTI.
47
processi si celebrarono successivamente- come vedremo -
davanti a Corti straordinarie d'Assise, sulla base della legi-
slazione italiana allora vigente.
L'importanza del processo del maggio '45, conclusosi con
sentenza di condanna a morte, eseguita, risiede soprattutto
nella prima ricostruzione dei .f atti •e mersi nel dibattimento,
che rese di pubblico dominio le ·e fferatezze del <<Centro»,
scoprendo un capitolo di storia dolorosa e ammonitrice, che
le sucoessive inchieste avrebbero approfondito.
Odorico Borsatti fu imputato di aver prestato servizio
nelle Forze Armate tedesche della SS, quale comandante di
un plotone a cavallo, portando .Je armi contro le formazioni
partigiane in varie località del Friuli; e per aver cagionato
con sevizie la morte dei patrioti Silvio Marcuzzi (<<Montes »),
Severino Stacul ( << Lupo ») e altri a Palmanova, e di Vittorio
Tempo a Gonars.
Nel documento giudiziario il fatto appare in questi ter-
mini: ( 1) <<Verso la fine dell'anno 1944 cominciarono a circo-
lare in Friuli voci sempre più insistenti di atrocità spavente-
voli commesse a carico di arrestati politici nella caserma di
cavalleria di Palmanova comandata dal ten. di SS Borsatti
Odorico. Tali voci si concretarono in fatti specifici: si par-
lò di camera di tortura dove i patrioti venivano sottoposti
a •s upplizi degni del peggiore medioevo, al fine di ·e storcere
loro confessioni sulla dislocazione e sulla formazione delle
varie unità; si parlò di esecuzione in massa di patrioti senza
alcuna formalità; si parlò di morti violente a seguito delle
torture ... >>.
<<Non sarà vano, sia pure succintamente ·r iguardare gli
atti nefandi compiuti dal •B orsatti nelle sue funzioni di boia
e di aguzzino dei tedeschi, al.ifinchè resti documentata l'opera
48
comuniCATo
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. . ~ulll ~lo .. l.)tua4ollo ,_
a. ~ ~.... lo Oi \/Ilio S..IIN a.N • Arco
a. oMoboftl MM1o .. l * - frllluno
D. SinkiMI .,....., .. 5eolo al ~ • o.no
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49
4
gatti, che dopo essere stato ferocemente torturato, fu finito
dal Borsatti e dai suoi sgherri a colpi di pistola (teste Pla-
senzotti). Piì.1 tremenda fu la fine del commissario politico
« Poldo » : egli fu legato con gli arti estremi a due cavalli
posti in direzione opposta e poi squartato dagli stessi, inci-
tati con la frusta ad allontanarsi l'uno dall'altro (testi Feresin
Galliano e Tonelli Ilario). In un solo giorno dieci patrioti
sconosciuti furono fucilati da un plotone comandato dal
Borsatti in rappresaglia dell'uccisione di ufficiali della Mas
(teste Tonelli Bario).
Nel verbale delle deposizioni, il Borsatti parla di « con-
tatti » coi partigiani e perfino di certe sue << benemerenze »
patriottiche. Asserisce che la sua << attività antipartigiana si
limita alla seconda metà di ottobre e al mese di novembre
a Palmanova» e che dopo la sua costituzione e il suo trasfe·
rimento (15 dicembre 1944 ), il cap. Pakibusoh aveva pro-
ceduto a sevizie su arrestati: perciò << le voci hanno attribuito
a me - dice - atrocità commesse da altri».
Le testimonian2'ie a suo carico sono però inchiodanti:
BROVEDANI Francesco della <<Garibaldi» racconta che
nel luglio 1944 a Torviscosa il Borsatti uccise un partigiano
della Brigata << Osoppo >>. Prese poi di·eci cittadini, puntò con-
tro di essri. la mitragliatrice e disse che, all'ordine del fuoco,
dovevano cadere e fingersi morti. Così essi fecero. Il Borsatti
li lasciò in terra per tre ore e quando si rialzarono tre di
essi erano impazziti.
BULLA Salvatore della ·<< Garibaldi >>: << Dal compagno
Bos che era in carcere con << Montes >> e che era riuscito
1
ad evadere, seppi che il << Montes >> era morto urlando sotto le
sevizie inflittegli durante la prigionia >>.
·FERESIN Galliano della << Garibaldi >>: << Il compagno
"Poldo" a quanto appresi dal sergente Forgetti venne legato
con le mani alle gambe e quindi squartato da due cavalli >> .
50
LIV A Detalmino della << Garibaldi » : << Stetti cinque me-
si nel carcere di Udine e da Cucci e Sergio seppi che Bos
era stato preso con 4()<> di febbre; tradotto a Palmanova fu
denudato e messo in una cella il cui pavimento era sparso
d'acqua e calce viva, tanto che ne ebbe i piedi corrosi. Io vidi
il Bos con i piedi corrosi e lo stesso Bos mi disse che
<< Montes >> era morto per le percosse ricevute, egli lo aveva
sentito urlare. 'Da Sergio seppi anche che lui, Cucci e Falce
erano stati lasciati per cinque giorni legati ad un palo e fu-
rono torturati dall'imputato che faceva loro sfiorare i piedi
sulla calce viva>>.
51
« Montes » .e '« Poldo » non uscirono mai dal carcere di Pal-
manova. Dal maresciallo Forgetti venne narrato che« Poldo »,
legato con le man:i e le gambe fu squartato da due cavalli».
52
CAPITOLO VI
LA « 'BANDA RUGGIERO »
53
di uomini, comandato dal capitano Ruggiero Ernesto per
coadiuvare il capitano .P akibusch nella lotta antipartigiama.
Il reparto stette a Palmaìllova, nella caserma Piave, fino al
19 aprile 1945 e ad esso si aggregò il sergente Rebez Remigio
della X Mas il quale era stato lasciato dai suoi superiori nella
stessa caserma per combattere i partigiani. Durante tale
periodo, innumerevoli e ·f eroci delitti furono commessi nel
territorio dei mandamenti di Palmanova, Udine, Codroipo,
Latisana, Cervignano, Monfalcone e Gradisoa dal reparto che
meglio potrebbe denominarsi, come in seguito l'ha denomina-
to la popolazione della zona, « banda Ruggiero ». Furono arre-
state e imprigionate circa 500 persone, e molte centinaia di
esse furono percosse e seviziate perchè dessero le informazio-
ni che gli •a guzzini •v olevano sull'entità e dislocazione delle
forze partigi'a ne e sulle loro armi.
I prigionieri erano alloggiati in celle distinte secondo il
trattamento che dovevano subire. Vi era la cella detta « del
Paradiso » che era quella destinata a coloro che dovevano es-
sere giustiziati, vi era •l a cella della tortura e così via di se-
guito fino ai cameroni dove il trattamento era più umano.
Le sevizie erano di vario tipo ... ».
In altra parte del documento (2) si parla di << torture
raccapriccianti inferte con feroci percosse date su ogni parte
del corpo spesso sulle più sensibili servendosi dei più sva-
riati mezzi, come bastoni, grossi pezzi di legno, spranghe di
ferro, cinghie, guinzagli, nervi di bue, filo di ferro spinato,
scarpe .chiodate, pugni ricoperti di guanti ferrati, ecc.; con
ustioni prodotte da sigarette accese, tizzoni ardenti, polvere
pirica, spari a bruciapelo con cartuccie senza pallottola; con
conficcamento di aghi sotto •l e unghie; con impiccagioni per
le mani passate dietro il dorso protratte fino a più ore; col
buttare addosso alle vittime, fatte spogliare da ogni indu-
(2) Nel capo di imputazione della sentenza della Corte d 'Assise, cit.
54
mento, secchi di acqua gelida e di acqua molto calda; col
fare trangugiare alle stesse notevoli quantitativi di acqua o
dense soluzioni di sale e mescolanze di acqua salata, orina
e olio; con lo stringere loro con pinze i genitali; col calpe-
stare con scarpe chiodate Le varie parti del corpo e persino
coll'asportare loro con morsi brani di carne (padiglioni degli
orecchi, naso, guancie, ecc.); cagionando mediante fucila-
zione, impiccagione o in altro modo la morte a più di cin-
quanta persone ... ,_
«La più comune [del<le sevi,ZJie], quella inf.l<i:tta a centinaia
di prigion~eri, era quella di legare i polsi della vittima, quasi
sempre nuda anche nei mesi del rigido inverno friulano, con
una oorda, dopo averle fatte mettere le mani dietro la schie-
na, e di sospendere la vittima con la stessa corda ad un gros-
so gancio infisso sul muro, fasciandola n per ore ed ore e spes-
so percuotendola mentre trovavasi in tale posizione e .Jancian-
doie addosso secchi di acqua gelata, alternata a volte, con
acqua calda e, ancora, costringendola a bere dense soluzioni
di sale (depos. dott. Zamparo e ing. Buiatti). In seguito a tali
sevizie morirono in pochi giorni nelle stesse prigioni Malabar-
ba Costante e Fumis Romano, nonostante la loro robustezza
fisica. Oltr'e duecento persone (teste Feresin Giuseppe) furo-
no sommariamente giustiziate.
Le esecuzioni venivano eseguite trasportando di notte
con un automezzo in aperta campagna le vittime designate,
che venivano appositamente prelevate dalle prigioni, e spa-
r ando contro le stesse come selvaggina, dopo averle fatte
scendere dall'automezzo ed allontanare di alcuni passi spes-
so col miraggio della libertà. I cadav,eri quasi sempre ve-
nivano lasciati suHa strada, come risulta dai numerosi rin-
venimenti segnalati dai carabinieri all'Autorità Giudiziaria
(teste maresciallo Sala) ma non tutti sono stati rinvenuti. Al-
cuni, come quelli di Milocco Luigi e Fogagnolo Antonio, fu-
rono sepolti nei bastioni della caserma, dove dovettero essere
55
stati uccisi, e rinvenuti alcuni mesi dopo la liberazione. In-
fine, quando eseguivano le loro cosidette azioni di polizia, i
militi del Ruggiero r·a pinavano tutto ciò che trovavano nelle
case dei presunti partigiani, come attestano numerosi testimo-
ni.
Tali e tanti furono i delitti commessi dalla banda che
il 19 aprile 1945 gli stessi tedeschi, come ha dichiarato il Rug-
giero nel suo interrogatorio del 23 giugno 1945 all'ignaro fun-
zionario della Questura di Napoli, arrestarono il Ruggiero e
la sua banda denunciandoli a un tribunale tedesco .. ».
Il teste Feresin Giuseppe (Eolo) che fu comandante del
GAP di Cervignano, nél!rra in un suo memoriale (3) che «dai
registri da lui sequestrati nella caserma Piave dopo la libera-
zione e depositati presso la Polizia di Cervignano risultava
che il Ruggiero aveva fatto arrestare 543 partigiani o presun-
ti tali e di questi soltanto 312 erano ritornati alle loro case.
Accanto al nome di oiascurn arrestato rvi era un timbro in
corsivo col nome di Ruggiero a cui seguiva la firma dello
stesso. Accanto a div·e rsi nomi si notava una croce e in fondo
era scritto « morto in •s eguito a tentata fuga». Si trattava di
giustiziati ai quali, secondo quanto raccontò al Feresin H mi-
lite Cragno dopo il suo arresto, si sparava addosso dopo aver-
li incoraggiati a fuggire quando venivano fatti scendere dal-
l'automezzo che li trasportava in campagna per l'esecuzione ».
Alle oltre cinquanta persone uccise (tra le quali Milocco,
Fogagnolo, Malabarba e Fumis e il maestro Moraitti Alessan-
dro, impiccato da Rebez a Strassoldo 1'11 novembre 1944),
si aggiungono il partigiano « Stalin » non meglio identificato
ucciso da Munaretto in quel di Porpetto il 28 novembre 1944,
De Stefano Ezio ucciso a Torviscosa il 23 dicembre 1944,
58
Julita Luigi ucciso in Trivignano il 4 gennaio 1945, Bertossi
Secondo ucciso a Privano 1'11 febbraio 1945, Franzot Dioni-
sio e Dozzo Arrigo uccisi a Joannis il 12 febbraio 1945, Tonini
William ucciso a Castions di Strada il 12 febbraio 1945, Me-
rct Otello ed Alvise Italo uccisi a Palmanova il 15 febbraio
1945, Fovato Aldo e Medeossi Umberto uccisi in Aquileia il
15 febbraio 1945, Cudin Giuseppe e un altro non identificato
uccisi in Aquileia in un giorno non precisato del febbraio
1945, Valeri Gentile e Malner Mario uccisi a Saciletto il 24
febbraio 1945, Cidin Ferruccio e Zor~enon Ugo uccisi in Aiel-
lo il 25 febbraio 1945, Rosin Antonio ucciso a Campolongo il
7 marzo 1945, Castellarin Igino ucciso a IS. Stefano di ,P a•l ma-
nova il 18 marzo 1945, Cappelletto Idilio, Federigo Antonio,
Paravan Derno, De Santi Giorgio uccisi a .Pradatti di Cervigna-
no il 22 marzo 1945; Cernig Angelo ucciso a Palmanova il 7
aprile 1945, Bean Corrado, Innocenti Fulvio, Cipriotti Renato,
Bonetti Ottone, Taverna Archildo, Amato Giuseppe, Maran
Ego, Bonito Giovanni uccisi a Ronchi di Terzo di Aquileia il
9 aprile 1945, Grattoni Guerrino, Nonino Rino, Marano Ro-
meo uccisi in Trivignano il 27 dicembre 1944, Clochiatti Ugo
ucciso da Stocco in Palazzolo del Friuli il 7 gennaio 1945.
Un quadro particolareggiato delle « attività,, esterne del-
la banda Ruggiero-Rebez è nel memoriale di Giuseppe Feresin
già ricordato. In esso il comandante gapista scrive che il
Rebez ai primi di ottobre del 1944 si buscò un colpo di pi-
stola da «Argo» (Tomasin Armando), un corriere garibaldi-
no che era stato fermato da lui mentre da Cervignano anda-
va verso Visco. Rebez fu portato all'ospedale e non lo si vi-
de fino al novembre oqua:ndo a Strassoldo furono fucilati
nove supposti partigiani {8 novembre) e impiccato il maestro
Alessandro Moraitti (.U novembre) come rappresaglia per la
uccisione del co. Giorgio di Strassoldo. Il giorno 6 novembre
fu arrestato Trigatti, fuoilato a Palmanova il 28 novembre.
Per tentata fuga fu ferito anche un certo IF ogagnolo ricove-
57
rato poi in ospedale da dove lui e il Milocco furono prelevati,
sevizia ti nelle carceri e poi uccisi.
Ai primi di dicembre « comparve in scena » un altro
<< attore » Ernesto Ruggiero. << Ed ecco questo snaturato dar-
mi più larvoro di dieci Rebez messi assieme». In quel tempo
fu arrestato << Malabarba » e seviziato selvaggiamente da Re-
bez << sino a che gli morì tra le mani >>.
Poi i fatti di Torviscosa il 22 dicembre: rastrellamento
con arresto del radiotelegrafista e uccisione di << IS amos »
(De Stefano Ezio) ed altri portati a Palmanova da Malisana.
E i fatti di Fauglis, di S. Giorgio di Nogaro, Gonars, Ca-
stions e dintorni.
Nel gennaio del 1945 con il freddo e la neve l'attività
della SS si limitò a <<qualche rara comparsa» ad Alture e
ad Aquileia. Nella primavera cominciò la lunga serie delle
azioni: rastrellamenti in località Cartona (Ruda), in loca-
lità Ronc'his e Boscat (,A quileia) e Moruzzis (S. Martino).
A Castions di Strada fu ucciso Tonini William ( << To-
varis ») catturato H 12 febbraio; il 14 assalto al Boscat (tre
morti, due ~feriti e mancanti << Pedro » e << Mario »). L'indo-
mani Ruggiero, Pagliazzotti, Rotigni, Cella, ,P iccini, Rebez,
Munaretto e altri arrestarono un certo << Ragno » il quale
confessò che sul fienile erano nascosti dei partigiani. Nella
perquisizione fatta sforacchiando il fieno con le baionette
trovarono << Aramis ». In località Pantiera, sempre in Aqui-
leia trovarono << Spaccatutto » e << Boris », quest'ultimo fug-
gito otto giorni prima da Palmanova. Boris sparò contro
il ten. 'Cella che stramazzò a terra. << Quasi contemporanea-
mente partirono alcune ra~fiche e Boris e Spaccatutto non
erano più ». IDa quella casa asportarono tutto quello che gli
capitava <tra le mani.
L'indomani furono fucilati << Raffaele» dell'Intendenza,
e un altro << iniconoscibile » a Chiopfi.s.
Il giorno 15 febbraio Feresin seppe dell'arresto di << Pe-
dro » e << Mario » che dai tedeschi furono consegnati a Rug-
58
giero insieme con altre persone della casa dove furono tro-
vati. << Pedro » e <<Mario>> portati a Palmanova <<non dove-
vano più uscire che per andare a morire ».
Altri tre partigiani furono uccisi sulla strada di S. Stefa-
no e alt•r i .due a Latisanotta. << Intanto gli arresti si sussegui-
vano con ritmo accelerato» perfino fra le stes•s e file della
<< Landsohutz ». E il Rebez e gli altri facevano diverse appari-
zioni nel Cervignanese anche presentandosi nelle famiglie in
veste di partigiani.
A Saciletto, dove il 23 febbraio ci fu uno scontro fra i
partigiani e la banda di Rebez, furono fucilati << Pedro » e
<< Mario ». << U Rebez spingeva "Pedro" inna111zi a sé con la
canna del proprio mitra coadiuvato da Cragno (suppongo),
mentre "Mario" fu preso per braccio da Bianco e Coccolo
col mitra nella ·sch~ena. Il primo a sparare fu il Rebez, poi
colui che aveva il mitra nella schiena di "Mario", indi an-
cora alcune raffiche».
Il 24 furono uccisi ad Alture, Cidin Ferruccio << dall'oc-
chio di vetro» e Zorzenon Ugo; e dopo una retata furono
portati a Palmanova tre o quattro del paese. <<Arresti si
perpetrarono intanto in diversi paesi... Una ventina circa »
- continua Feresin nella seconda parte del suo memoriale,
dove racconta particolarmente la sua cattura nel bunker di
Alture presso il fiume.
Interessante la scena dell'incontro con Pakibusch nel-
la descrizione del gapista e la <<impressione » che egli ebbe
dei rapporti fra il tedesco e Ruggiero.
<< Quando una porta si aprì, tutti si levarono in piedi,
scattando sull'attenti, un grande uomo sorridente in divisa
da capitano della SS tedesca veniva avanti. Allora Ruggiero
presentò ironicamente: "Capitano, ho l'onore di presentarvi
il Bianchin, grandissimo ooma111dante della G.A.P.".
L'altro, sempre sorridente, mi stese la mano ed io fin-
gendo di non vedere mi rivolsi al Ruggiero dicendo: - Non
esageriamo, capitano. Vi ho già detto che io non faccio parte
59
della G.A.P.- Ma visto che la mano del tedesco era sempre
tesa, misi •l a mia nella sua, questi la strinse dicendo: - Pa-
kibusch.
Guardai in .faccia quell'uomo cercando di leggervi quai-
cosa di anorma,le sapendo ohe questi d mandava ridendo
alla fossa. Confesso che quel viso mi fece veramente paura.
Quello che mi colpì pure era il constatare il modo con
cui Pakibusch trattava R!uggiero. Il lucidascarpe di Vene-
zia era tenuto maggiormente in considerazione. Non aVrei
mai creduto che sri potesse andare tanto in basso sino a
leccargli i piedi ad un tedesco e ringraziarlo nello stesso
tempo .pel favore che ti faceva . Ruggiero si era abbassato
sino a tal punto. Senza carattere, senza un po' d'amor pro-
prio, era uno straccio nelle mani del tedesco».
Feresin poi riuscirà a fuggire sulla strada di Tapoglia-
no con la bici di un vecchio che fu freddato sul colpo; si
nascose nel Fossalon, mentre veniva cercato a Grado e si
procedeva a torture e a rappresaglie: in località di Ronchis
di Aquileia si fucilò sei partigiani. ·Il giorno 9 aprile accadde
questo, il giorno 11 aprile tutta ,l a 'S quadra di Palmanova fu
arrestata [dai tedeschi stessi] ».
Questa è una delle testimonianze di primo piano in que-
sta storia di dolore: ba tutta la semplicità (e la potenza) di
un racconto epico popolare.
Il quadro si completa con le deposizioni dei protagoni-
sti e con le testimonianze delle vittime.
60
CAPITOLO VII
GLI INTERROGATORI
(l) Arch. Reg., Busta CXIII/4595. Ved . qui « Appendice >>, pag.
118 e segg.
61
/
semplicemente delle legnate alle quali rimanevo del tutto
estraneo, non rientrando nei miei compiti. Devo specificare
che non è vero che subii un processo da parte dei tedeschi
per sevizie inflitte ai partigiani, ma fui soltanto oggetto di
inchiesta nella quale potei dimostrare di essere del tutto
estraneo alle procedure condotte contro i partigiani cattu-
rati. Rimasi a Palmanova al servizio delle ISS fino al 19 aprile
'45 e di lì mi recai, per l'inchiesta su riferita, a Udine, dove
il 27 del mese riscossi lo stipendio dal comando e, vista la
situazione, in abiti civili mi allontanai per rientraTe in que-
sta città [Napoli].
Nego di aver preso parte o inflitto torture ai partigiani
catturati che erano di nazionalità slava e italiana, anzi affer-
mo che, in mia presenza, non si sono verificate azioni del
genere. Come già detto, Ja mia attiwtà di collaborazionista
si es'J"licava nell'effettuare con Ie SIS le operazioni che porta-
vano alla cattura dei partigiani che erano tutti comunisti.
Non mi sono macchiato di alcuna nefandezza e le de-
nuncie a mio carico sono da attribuirsi al fatto che la mi-
lizia era odiata, giacchè le popolazioni del posto erano quasi
tutte delle formazioni partigiane ».
62
tano... Dimenticavo - prosegue - ancora tre fucilazioni
che 'io però non ho preso parte ... Tutti questi ohe venivano
ammazzati per le strade erano per atti di rappresaglia >> per
uccisione di tedeschi. Ricorda il fatto di quello di Fauglis
preso e percosso nel corridoio dell'ospedale di Palmanova
alle due di notte. « Io visto il suo mutismo feci minaccie
senza però farci del male. Rotigni perduta la pazienza fe-
ce portar fuori dalla camera l'ammalato e nel corridoio Ro-
tigni da una parte e Cella dall'altra cominciarono prima a
pugni e poi con i calci della pistola >>. Ricorda « l'affare di
Strassoldo >> {l'impiccagione del maestro Moraitti).
« Ed ora, cari signori, vi racconto il mio più grande de-
litto, quando preso Mirco aveva in tasca uno scritto con il
quale si doveva presentare a Udine da un medico Quidam
per una visita. !Domandato chi era questo medico disse che
non lo conosceva però dopo qualche giorno il Mirco stesso
disse che nella frazione di Zellina aveva appuntamento con
un commissario che poteva sapere che era il dottor Quidam >>.
Saputo che Quidam era il prof. Pieri dell'ospedale di Udine,
si presentò da lui. « Io spiegai che mi dovevo far visitare e
che io ero quello in cui comprovava il nome sul foglietto, il
professore mi voleva immediatamente visitare allora presi
una scusa che un ferito l'avevamo fuori dell'ospedale in
una macchina, dissi che nottetempo è stato ferito dai fede-
rali. Questo si apprestava ad uscire con la sua macchina co-
sì disse che nel passa·r e guarderà il ferito. Da quel momento
io abbandonai il professore perchè ad arrestarlo ci pensò
il maresciallo tedesco ...
Riguardo la cattura di << Tribuno >>, io presi parte (a Bi-
cinicco ore 23.30). Coloro che entrarono in casa erano il ten.
Cella, il ten. Pagliazzotti, il serg. maggiore Z!anchetta e il serg.
Vetere. Il mio incarico era di appartarmi dietro la casa con
4 uomini in -caso di una tentata fuga. Quando fu preso il
<< Tribuno >>, entrai pure io nella casa. Assieme ad un altro
63
giovane della SD e la cognata e la soreHa ci dirigemmo a
Palmanova. Venne immediatamente interrogato dal Pagliaz-
zotti, Cella, io, Vetere ed altri due. U più simpatico gH ero
io, forse perchè quasi paesano o forse perchè gli offrii delle
sigarette. Ci parlò molto, ma solamente della montagna, co-
sa che a noi non ci interessava, quando finito .mi ringraziò
dandomi la mano. Non so precisare chi l'avesse fatto impic-
care o chi gli avesse fatto del male. So solamente che poi
inviato a Udine per essere trasferito in Germania. Seppi più
tardi che il "Tribuna" assieme ad altri 29 furono fucilati
a Udine per opero di Forgetti •e di Bma, uno che una volta
faceva parte della milizia di Palmanova e poi alle bande nere.
Il caso è successo così: il Tribuna assieme ad altri complot-
tava per una fuga era tutto a posto quando il Forgetti ven-
ne a sapere il fatto. Questo tempestivamente si mette in
comunicazione con la SD e fanno appena in tempo per far
evitare la fuga. E' da notarsi che la fiucilazione avvenne una
ventina di giorni prima 1del collasso».
64
Palmanova - Carceri della Caserma Piave. Cella di tortura come fu rinvenuta nel 1945.
Palmanova - Caserma Piave . I bastioni delle esecuzioni.
Palmanova - Caserma Pi ave. Il cortile col porticato dove erano situ ate
le celle .
nelle ca·r ceri della caserma e di notte venivano trasportati
'I l
111 macchina nelle località indicate dove venivano uccisi ed
01bbandonati senza documenti di identità. Io facevo servi-
zio, quasi sempre Ìln borghese, nei seguenti paesi: Gonars,
Castions di Strada, Morsano, Porpetto, Castello. Quasi sem-
pl'c assiem e al brig. Stocco in borghese, disarmati, alle
volte, con una dichiarazione di appartenenza alle forma-
zioni gar ibaldine - avevamo anche addosso la tessera della
Milizia - su istruzione e indicazione del cap. Ruggiero anda-
vamo nelle vél!rie località per assumere informazioni circa il
movim en to dei partigiani lasciando capire - senza ·dil'lo -
che eravamo anche noi dei partigiani ».
65
5
fuoco contro di lui con •l a pistola. Ci siamo accorti poi che
mentre Feresin fuggiva tm vecchio gli aveva dato una bici-
cletta. Io e il milite Bianco abbiamo spa·r ato contro il vec-
chio alcun colpi di Sten e pistola uccidendolo. Il ten. Pa-
gliazzotti prese 1il portafoglio del vecchio e lo conservò».
66
CAPITOLO VIII
LE TESTIMONIANZE
68
dia nte corda stretta ai polsi, braccia passate dietro il dorso
l' completamente nudi, da eseguirsi nella cella numero l.
Rimasi impiccato cinque ore». Continua: <<Fui sganciato e
'pinto con brutalità verso l'entrata della cella. La corda pas-
'o al di sopra della porta e venne fissata all'esterno sul ca-
lcnaccio. Risultai così appeso a una forma di tavolaccio mo-
bile con i piedi ben alti sul pavimento e le mani oltre il bor-
do superiore. E s'iniziò il calvario. La porta veniva spinta
çon energia dal Piccini che pareva impazzito di gioia per
l'originale trovata. Le mani mi si sarebbero spezzate dalla
violenza della chiusura della porta, se non avessi cercato di
f'rcnare la spinta con i p~edi, 1le ginocchia ed anche la testa.
Non so quanto abbia potuto durare il lugubre cigolìo dei
cardini . Ad un certo punto cessò, perchè il serg. Vetere, giun-
lo poco prima sul luogo, richiamò il :Piccini, ritenendo trop-
po bestiale il trattamento che mi si faceva. Quella sera il
Piccini riprese il gioco della porta e con esso proseguì la
ridda di calci e pugni e vergate ... ».
69
rante la notte gli uomini di guardia (fra cui anche due ra-
gazzini di quattordici-quindici anni) mi dissero un mucchio
di improperi. Verso le diciotto dell'll gennaio venni con-
dotto in una stanzetta della « Palazzina» della caserma. Udii
la voce del ten. Cella che raccomandava di "non toccarmi il
viso". !Dopo pochi minuti entrò il sottotenente Rotigni che
mi affibbiò una terribile nerbata nel ginocchio delia gamba
destra. Sotto il dolore mi curvai ma ricevetti altri colpi sul-
la schiena e sulla testa. Mi concess·e ro 30 secondi, ogni 5
minuti di bastonate, per parlare. Dopo mezz'ora, visto che
nulla concludevano, aumentarono le sevizie con l'intervento
del Rebez ohe adoperò i pugni e le scarpe Chiodate. Il Ro-
tigni, deposto il nerbo, si ·s ervì di randelli di legno di circa
1,30 cm. di diametro che servivano per tenere acceso il fuoco
e me li spezzava quanti erano sulla testa. Mi fecero mettere
le mani sulla tavola e mi colpirono le dita, mi gettarono per
terra ed il Rebez, salitomi sul petto e il Rottigni sul ventre,
mi tempestarono di scarpate. P.reso dalla stufa un tizzone
il Rotigni mi passò la lfiamma sul viso, sul collo e sul brac-
cio sinistro, producendomi diverse scottature».
70
~are. Spinse il moschetto attraverso lo spioncino e mi as-
,~·stò dei tremendi colpi che mi lacerarono la carne, !ascian-
domi dei segni che ancor oggi si possono vedere. Ma al bruto
parve poco tutto ciò, prese il manico di una ramazza con il
braccio tutto dentro il pertugio della porta, colpì alla cieca.
Dci colpi tremendi mi caddero un po' dovunque sul capo.
Specialmente alcuni sulla testa mi lasciarono traccia in for-
llla di capogiri che mi durarono alcune settimane».
71
con 10 uomini comandava il plotone d'esecuzione. Era l'unico
graduato del -camion che portava i patrioti al posto della
loro morte. Quando fui arrest'clto a :Saciletto, fu lui ad int'er-
rogarmi e mi portò a Palmanova, a Tapogliano scappai {il
7 marzo '45 con la bicicletta del Rosin). Fui ferito da quat-
tro pallottole, ma riuscii a scappare perchè un vecchio mi
diede una bicicletta (Rosin Antonio). Il milite Bianco, visto
ciò, sparò col mitra contro il vecchio c'be, ferito, fu ucciso
dal Coccolo ... ».
72
1 i tr-ovavamo in quel periodo nelle celle di ·Palmanova, solo
H 11 • sono usciti vivi: io e i miei compagni che, per interessa-
llll'l1to di un certo ·Pizzul, proprietario dell'albergo "Al pelle-
FIi no" di Gradisca, fummo trasferiti nelle carceri di Gorizia
1lovc rimanemmo fino al 28 aprile >>.
VENCO Anna Maria di S. Giorgio di Nogaro racconta
di una sparatoria avvenuta il 28 novembre fra un gruppo di
partigiani e altre persone in borghese che avevano dichia-
1.t lo di esser·e partigiani sfuggiti alle 'SS. <<!Uopo mezz'ora
~ono venuti militari germanici da S. Giorgio di Nogaro ac.
t ompagnati dai cinque falsi partigiani per rastrellare la .fat-
73
ANTONMZZI Virginia in Dozzo di Monfalcone: « Rin-
tracciai il cadavere di mio figlio insieme a quello del F·r an-
zotto a Joannis di Ajello nel cimitero dov.e era stato sepolto.
Il cadavere recava segni di varie ferite di mitra alla testa
ed era privo del bulbo oculare ».
74
111iliti, Coccolo e Turrin gettarono della polvere p1nca alla
quale appiccavano il fuoco. 1Sparavano poi contro di loro a
bruciapelo con cartucce senza pallottola».
75
che vivo. Gli tolsi la tuta che era a brandelli e vidi che alle
regioni lombari aveva profonde ferite da morso che lascia-
vano vedere le ossa e in tutto il corpo macchie ecchimoti-
che. Parlando a stento mi raccontò che, mentre era impic-
cato, il Rebez cercava di fargli confessare il luogo dove era-
no depositate le merci dell'Intendenza della "Garibaldi'' e
che nel frattempo urn milite della X Mas gli aveva morso per
otto volte la schiena. Alle 22 il Cerniz fu nuovamente portato
alla cella n. l e impiccato. Il Feresin Dante che era nella st~s
sa raccontò poi che, poco dopo, 'quando il Cerniz fu slegato,
stramazzò al suolo senza dar più segno di vita. Di lui non si
seppe più nulla ».
76
parola: << Mi disse: "Mamma, mi hamo fatto del male, ho
pl'rd uto le mani. Prega per me». Fu ~ icondotto a Palmanova
da dove scomparve il 15 febbraio '4i. La sua salma non fu
1 invenuta.
77
chie immettendovi poi corrente elettrica. L'organizzatore di
tutte queste infamie era il capitano Ruggiero che nei con-
fronti del pubblico e specialmente dei parenti delle vittime
sapeva diabolicamene fingere umanità e considerazione».
78
venivano genitori o parenti a portarci la biancheria i repub-
hlich ini gli promettevano e li convincevano: siccome loro
domandavano la roba sporca di ritorno si scusavano dicen-
do così: "Quella ci occorre perchè li facciamo lavorare e poi
l:1 rob a la laviamo noi". E allora ritornavano a casa senza
parlare ma non convinti.
Nel cuore dell'inverno ci facevano dormire lì nel sporco,
-.enza p aglia, senza coperte, ò passato dal giorno che mi cat-
llll-arono fino al 6 marzo il giorno in cui mi portarono a
Udine in via Spalato dove m'è toccato d'assistere al processo
dei trenta compagni che in seguito furono giustiziati, poi il
22 m arzo mi spedirono per la Germania».
79
perchè tutti i fermati per ragioni politiche, su disposizione
della SD, dovevano essere posti in carcere mandamentale
e non presso il Comando Brigata Nera ... » ( 4 ).
80
CAPITOLO IX
LA SENTENZA
81
6
la scelta compiuta. Dato e non concesso che il fascismo re-
pubblicano fosse sorto o << risorto » per coerenza alla fedeltà
ad un giuramento e per difendere l'onore nazionale macchia-
to dal « tradimento » monarchico e la propria terra dagli in-
vasori stranieri, la sua scelta fìilonazista assumeva nelle pro-
vince orientali il significato di un gesto di disperazione per
sopravvivere in 'qualsiasi modo, anche a costo di servire co-
me un vassallo minore e dn. forma militarmente e politica-
mente degradante, una potenza straniera ostile all'Italia.
La violenza nazista nelle nostre province non può oggi
meravigliare, conoscendo il fosco retroterra ideologico, raz-
ziale e politico da cui rampollava ed il programma di an-
nessioni e conquiste territoriali di cui era strumento. Que-
ste terre dovevano appartenere al III0 Reich e non solo ogni
opposizione doveva essere stroncata ma anche l'inserimento
deHe superstiti popolaziooi indigene doveva attuarsi, previa
una oocurata discriminazione nazionale e razziale. Si propo-
neva addirittura, come s'i legge in un telegramma del Gaulei-
ter Rainer al Reiduninister Ribbentrop, da Klagenfurt il 9
settembre 1943 (e si tenga presente la data che conferma la
preesistenza dei disegni annessionisti nazisti), una riparti-
ZJione amministrativo-territoriale articolata in un « margra-
viato » di Gorizia e Gradisca e di un Friuli propriamente
detto. Esso è definito come terra «non italiana>>, con una
popolazione di circa l milione di abitanti (300.000 per Gorizia
e Gradisca) :di cui 300.000 sloveni, solo 150.000 « italiani >> e
550.000 « Furlanern >>, questi ultimi differenti dal ceppo ita-
liano per lingua e razza in quanto appartenenti ai « romanci >>
delle Alpi Retiche che in Svizzera - nota i'l R.ainer - si
chiamano « grigioni >>, in Tirolo « ladini >>, in Friuli «friulani>>
e di cui moltissimi auspioherebbero l'amministrazione te-
desca (1). 111 che spiega l'a'VVersione dimostrata, subito e
82
·l'llZa infingimenti, dai m1~sti verso gli « dtaliani » di queste
province e il loro «interesse » verso la cultura ladina del
Friuli (2).
La partecipazione diretta di i tali ani, fra cui friulani e
l'iulianri, a questo mostruoso apparato poli2liesco, repressivo
1' politico, suscita ancor oggi sdegno e dolore.
83
litare assume aspetti particolarmente spregevolL Organiz-
zazioni armate - come quella di ,P almanova - che pre-
tendevano di considerarsi forze dell'ordine in lotta contro
la illegalità e il «banditismo>>, annoveravano anche una folta
presenza di autentici mercenari, privi di un sia pur rozzo idea-
le, di relritti social<i e anche di pregiudicati e transfughi di luo-
ghi di pena, financo di violenti pskopatici, ai quali la divisa
fascista o nazista appariva un mezzo di immunità e forniva
l'occasione per sfogare i loro istinti malati. In questo essi
erano simili agli « Einsatzgruppen » incaricati di << bonifi-
care » le ·r etrovie tedesche od agli aguzzini dei campi di ster-
minio germanici.
Sotto il profilo politico-nazionale gli uomini di. Palmano-
va, servendo i tedeschi, servivano il nemico e tradivano la
patria e non solo sul piano ideologico. !Ohi fra di loro, per
passati ricoperti uffki militari, per un certo livello di cui·
tura scolastica, per l'estrazione professionale e sociale, era
in grado di compiere autonomamente una scelta politica
per quanto assurda od errata essa fosse, si macchiava di
colpe inescusabili autorizzando o tollerando bestiali violen·
ze a favore di un regime di occupazione straniero, che da
tempo chiaramente operava per inserire le nostre terre nel
nesso statale germanico.
Sotto l'aspetto strettamente giuridico, che pur non basta
a definire ed a qualificare storicamente tali responsabilità,
non poteva dunque trattarsi di mera << collaborazione politi·
ca », come fu sostenuto da alcuni difensori, in quanto <<i fatti
accertati a carico dei maggiori responsabili e cioè degli im-
putati Ruggiero, Rotigni e Rebez, nonchè di Munaretto, di
Bianco, Cragno e Turrin concretano in primo luogo gli estre-
mi obbiettivi e soggettivi del reato di collaborazione milita-
re ... », collaborazione spinta fino al crimine mercenario
più efferato.
<< Infatti - prosegue il documento della s·e ntenza giudi-
84
1 i aria - quale poteva essere lo scopo dei continui rastrel-
l.llncnti di partigiani e di altre pe11sone politicamente sospette,
dl'lle sevizie e torture inflitte ai catturati con inaudita fero-
l ia, e delle sommarie fucilazioni, se non quello di indebolire
86
lltiziativa seviziando .l e vittime con brutale malvagità allo
ll'SSO .fine delittuoso, in cui si ravvisa appunto la volontarie-
l 1 dell'azione criminosa.
« Ai rastrellamenti ed aliresti, seguirono normalmente le
l'Vizie, tortur·e ed uccisioni.
<< Queste valfl!l1o consi·derate quali reati a se stanti che con-
87
CAPITOLO X
IL MARTIROLOGIO DI ,PALMANOVA
I
PATRIOTI TRUCIDATI DALLA« BANDA BORSATTI ,
88
l.t caserma e nelle adiacenze. - Dieci patrioti sconosciuti fu.
l ilnti nel cimitero di Strassoldo. - Un <<Osavano>> ucciso a
l'orviscosa nel luglio 1944. - Il <<Moro » di :Sevegliano ucciso
11l'l settembre 1944. - BECCIA Giovanni (Cfr. più avanti). ·
l N ORI Elio (Cfr. più avanti).
II
ELENCO PARZIALE DI PATRIOTI TRUCIDATI A PALMANOVA
89
Castions di Strada 12 febbraio 1945. - CIANI Luigi, studente,
ferito il 27 dicembre 1944 sfuggendo al rastrellamento di
Merlana, ucciso a Grado, 3 gennaio 1945. - GRATTONI Guer-
rino. anni 17, bracciante, ucciso a Medana di Trivignano,
27 dicembre 1944. - NONINO R:ino, anni 17, contadino, ucci-
so a Trivignano, 27 dicembre 1944 in località Merlana. - MA-
RANO Romeo, anni 18, contadino, ucciso a Trivignano, 27
dicembre 1944 in località Merlana. - BEAN Corrado, anni
32, fabbro, da S. Camnan d'Isonzo, arrestato nell'aprile 1945
nei dintorni di Ruda, ucoiso ad Aquileia H 9 ap["ile 1945. INNO-
CEtNTI Fulvio, anni 20, opel'aio, di Ronchi dei Legionari,
era partigiano a Palmanova, ucciso ad A!quileia il 9 aprile 1945.
- CIPRIOTTI Renato « Aramis >>, anni 23, impiegato, di Ron-
chi dei Legionari, ucciso ad Aquileia il 16 febbraio 1945. In-
tendenza Brigata « Montes », catturato a Ronchi di Terzo il
15 febbraio 1945. - BONETTIG Ottone «Arno», anni 27, con-
tadino, di Aquileia, ucciso ad Aqui·l eia il 9 aprile 1945. - TA-
VERNA Archildo «Fernando», anni 30, meccanico, Brigata
Martelli, catturato a Zellina di S. 'Giorgio di Nogaro il 24
marzo 1945, prigioniero a Palmanova, ucciso il 9 aprile 1945
a Terzo di Aquileia. -AMATO Giuseppe « Dik », Div. Garibal-
di « Montina », arrestato il 24 marzo 1945 in località Zabo-
ga di S. Giorgio dri Nogaro; torturato a Palmanova, ucciso a
Terzo d'Aquileia i·l 9 aprile 1945. - MARAN Ego «Guido» di
anni 18, di S. Giorgio di Nogaro, marinaio, catturato a Zelli-
na di S. Giorgio il 24 marzo 1945, torturato a Palmanova, uc-
ciso il 9 aprile 1945. - << STALIN », prigioniero russo evaso da
un campo di concentramento, ucciso in località Venco, il 27
novembre 1944. - ,FRANZOT Dionisio << Diabolo », anni 18,
prigioniero e torturato a Palmanova, ucciso in località Joannis
di Aiello il12 febbraio 1945.- DOZZO Arrigo, anni 20, da Mon-
falcone, prigioniero a Palmanova, ucciso in località Joannis
di Aiello il 12 febbraio 1945. -FOGAGNOLO Antonio « Jano-
sich »,anni 18, da Ferrara, catturato il 9 novembre 1944, ucci-
so a Palmanova il 22 febbraio 1945.- CLOCCHIATTI Aldo, an-
90
111 23, fabbro, da Pozzuolo, ucciso a Pozzuolo mentre tenta di
'''1-!Sire dal municipio duraiD.te una perquisizione 11 7 gennaio
l'lo! .'> . - BELLINA Giovanni. - BONITO Giovanni « Nino », da
11 il'ste, Div. Garibaldi-Natisone, arrestato alla Cartona di
l 11da il 7 gennaio 1945, ucciso a Terzo di A:quileia il 9 apri-
l · 1945. - << LAMPO » da Staranzano, ucciso a Palmanova nel
'"·" zo 1945. - INDRI Elio, anni 20, manovale, ucciso a P al·
111anova il 9 ottobre 1944. - MEDEOSSI Umberto, << Boris »,
.11111i 18, bracciante, da Terzo di Aquileia, sorpreso in località
llm·et di Terzo dai militi di Palmanova, ucciso sul posto il
l 'i febbraio 1945. - NOVATTI Aldo, << 'S paccatutto », da Ron·
1 lti dei Legionari, sorpreso ~n località Baret di Terzo dai
91
manova, scomparso dalla caserma il 15 febbraio 1945. La
salma non è stata rinvenuta. - MERET Otello, «Bill», anni
25, contadino, da Rivignano, arrestato il 3 gennaio 1945, de-
tenuto per 22 giorni a Palazzolo, torturato dai militi del ca-
pitano Venier, poi prigioniero a Palmanova, fucilato il 15
marzo 1945. Salma mai rinvenuta. - CUDIN Giuseppe, << Ro-
binson >>, anni 20, garibaldino, operaio, da Rivignano, arrestato
il 12 gennaio 1945, torturato, fucilato nel cimitero di Terzo
d'Aquileia il 16 febbraio 1945. - BASSO Matteo, <<D'Artagnan»,
da Paesana di ·Cuneo, della Brigata GAP <<Bruno Montina »,
anni 19, operaio, catturato a Teor il 29 dicembre 1944, prigio-
niero a Palmanova, fucilato nelle oarceri di Udine il 9 apri-
le 1945. - VAI.;ERI Gentile, << Pedro », anni 22, da Terzo di Aqui-
leia, autista, arrestato il 14 febbraio 1945, torturato a Pal·
manova; ucciso a Saciletto il 24 marzo 1945, ore 17. - MAL-
NER Mario, <<Franco "• anni 18, da Monfalcone, meccanico,
arrestato ad Aquileia il 15 febbraio 1945, fucilato il 24 marzo
1945, ore 17 a Saciletto.- DE STEFANO Ezio, << Vamos "• da
Cervignano, ucciso a Torviscosa il 23 dicembre 1944.- ROSIN
Antonio, da Tapogliano, ucciso per aver dato una bicicletta
a un partigiano inseguito e ferito il 7 marzo 1945. - DE SAN-
TI Giorgio, di anni 21, da Milano, fucilato il 22 marzo 1945
a Cervignano, località Pradatti, per rappresaglia in seguito
all'uocisione della famiglia Padovan. - FEDERIGO Antonio,
anni 18, da S. Giorgio di Nogaro, mugnaio, fucilato a Cervi-
gnano in località Pradoti per rappresaglia per l'uccisione
della famiglia Padovan. - CAUSI Ugo, anni 38 da Fogliano,
meccanico, fucilato a Chiopris-Viscone il 4 marzo 1945. -
ZORZENON Firmino, << Deo "• anni 41 da Fogliano, colori-
tore, fucilato a Chiopris-V:isoone il 4 marzo 1945. - BECCIA
Giovanni, << Karchof "• da Ronchis di Latisana ,arrestato il
26 febbraio 1945, torturato a Palmanova, fucilato alle car-
ceri di Udine il 9 aprile 1945. - CASTELLARIN Igino, <<Ma-
cario », anni 21, da Ronchis di Lalisana, operaio, arrestato
il 26 febbraio 1946, fucilato a S. Stefano il 18 marzo 1945. -
1
92
l <lLi\.NGELO Aldo, «Mara t>>, anni 25 da Viterbo, arrestato
1 lkr tiolo il 6 marzo 1945, fucilato a S. Stefano il 18 marzo
93
CAPITOLO XI
94
l,dcone . - FABRISIN Giovanni, di anni 55, da 1Saciletto, pn-
plonicro a Palmanova nel marzo 1945. - FABRI•S IN Luigi, di
.11t11i 23, da Saciletto, prigioniero a Palmanova nel marzo
11145. - POZZETTO Luigi, da Saciletto, prigioniero a Palmano-
'" nel marzo 1945.- tBERGAMASCO Giacomo, da Saciletto. -
ll l OVAZ Vinicio, di anni 21, da Monfalcone, arrestato al-
l.t Cartona di Ruda il 7 marzo 1945, torturato. - GIRARDI
< .uido, di anni 18 da Monfalcone, arrestato il 18 marzo 1945. -
MONAI Giovanni, di anni 32, da Teor, arrestato il 10 genna-
111 1945. - DREOSSI Walter, d~ .anni 32, da Faugl:is, meccani-
m, a Palmanova per tre mesi torturato. - FRAUSIN Giuseppe,
di anni 33, da Monfalcone, prigioniero nel marzo 1945. - PA-
I>OVAN Marcello, di anni 32, da Monfalcone, prigioniero nel
tnarzo 1945. - 'MA:GRIN Giovanni, « Riso», di anni 41, da
Monfalcone, prigioniero nel marzo 1945. - BENCICH Giusep-
P ·, di anni 47, da Monfalcone, prigioniero nel marzo 1945,
lorturato. BUIATTI ing. Natale, di anni 35, vice comandante
d •Ile formazioni garibaldine del Friuli, torturato dal 16 al
\0 marzo 1945. - FACCA 'Pasquale, « Toti », di anni 30, da Sa-
q·ado. - PA•SUT Antonio, di anni 43, da Cervignano, prigio-
tti cro nell'aprile 1945. - !BUR<BA Oreste, << Robert », di anni
5, da Teor, meccanico, Intendenza Brigata « Montes ». - CO-
<rOI Egidio, da Muzzana, mugnaio, prigioniero e torturato a
Palmanova nel gennaio-febbraio 1945. - ZANETTI Giuseppe,
ilrrestato a Malisana il 21 gennaio 1945, prigioniero per 8
giorni, torturato. - TODERO SILVIO, da Cervignano, fatto-
rino, arrestato il 6 aprile 1945, torturato. - MARIZZA Luigi,
da Cervignano, pastaio, arrestato il 6 aprile 1945, liberato il
29 aprile 1945. - MAZZON Ugo, da Teor, arrestato il 13 set-
tembre 1944 a Sedegliano, torturato, riesce ad evadere dalla
·aserma di Borsatti dopo 3 giorni. - ARTEMIO Giulio, «Lo-
reto ''• da Rivignano, della Brigata «Osoppo», prigioniero
nel gennaio-febbraio 1945. - POZZAR !Davide, di anni 52, da
Terzo di Aquileia, non patriota, prigioniero e torturato nel
febbraio 1945. - POZZAR Terenzio, di anni 21, da Terzo di
95
Aquileia, prigioniero e torturato nel febbraio 1945. - FORE·
STO Giovanni, da Cervignano, staffetta garibaldina, prigio-
niero nel marzo-aprile 1945. - BELLUZZO Italo, da Pravisdo-
mini, torturato, prigioniero nel marzo-aprile 1945. - MARIZ-
ZA Armando, da Gradisca d'Isonzo, arrestato il 15 febbraio
1945, torturato. - D'~GOSTINO Livio, di anni 19, da Pozzuo-
lo del 'F riuli, elettricista, arrestato il 7 gennaio 1945, a Pal-
manova per 3 mesi. - BERLASSO Tarcisio, di anni 20, da
Pozzuolo del Friuli, contadino, a!'restato il 7 gennaio 1945,
a Palmanova per due mesi. - PARON Cesare, << Nanos », anni
22, da Perteole, catturato il 23 marzo 1945 a Villa Vicentina,
<< trattamento speciale>> a Palmanova. - MILETTI Guido, da
Monfalcone, prigioniero nel marzo-aprile 1945. - LIBANORE
Narciso, di anni 36, da Monfalcone, prigioniero per 10 gior-
ni. - IURISSEVICH Giovanna, << Fiumana ». di anni 27 da
Ronchi dei Legionari, arrestata il 17 gennaio 1945 a Fiumi-
cello, per 45 giorni a Palmanova, torturata. - fONOVICH
Bruno, di anni 32, da Monfalcone, arrestato il 7 marzo 1945,
prigioniero 20 giorni. - PRESSACCO Celio, di anni 30, secon-
da 'D ivisione <<Osoppo» 13.a Brigata Btg. <<Del Din », arre-
stato a Palmanova 1'11 gennaio 1945, per 17 giomi.- GIGANTE
Giovanni, di anni 23, da Ronchis di Latisana, a!'restato il 26
febbraio 1945. - CAM!ILOTTO Osvaldo, arrestato nel rastrel-
lamento di Ronchis di Latisana il 26 febbraio 1945, torturato,
restò a Palmanova 11 giorni. - ·P EOGIANI Giovanni, non par-
tigiano, arrestato a Ronohis di Latisana il 26 febbraio 1945,
detenuto 12 giorni. - COLAUTTO Ettore, di anni 20, arresta-
to a Ronchis di Latisana il 26 febbraio 1945, torturato, dete-
nuto a Palmanova 12 giorni, poi a Udine. - GALETTI AnseJ.
mo, di anni 23, arrestato a Ronchis di Latisana il 26 febbra-
io 1945, detenuto 12 giorni. - TREPPO Nella, << Meris », della
formazione <<Diavoli Rossi » da Tarcento, arrestata ai Ca·
sali Venco di IS. Giorgio di Nogaro, il 27 novembre 1944, a
Palmanova fino al 5 gennaio 1945, poi a Udine, poi in Ger-
mania. - PINATTO Antonio, di anni 25, da Carlino, arrestato
96
l >H novembre 1944, torturato.- ZUCCO Mario, «D'Artagnan»,
d 1 Ronchi dei Legionari, a Palmanova nel febbraio 1945 , tor-
'"' o~ lo. - ZAMPARO Dr. Alfonso << Liviano », da Gonars, I.a
l ltvisione Osoppo-Friuli Btg. «Italia>>. - ORSARIA Olinto,
l'1ral », di anni 31, da Gonars, contadino, arrestato il 19 di ·
,,.,nbre 1944. - MARCUZZI Volveno, anni 19, da Trivignano,
llll'çcanico, garibaldino GAP, torturato. - OONTIN Odilo, di
11111i 23, da Trivignano, impiegato. - ZANELLO Egidio, di an-
Ili 44, da Talmassons, contadino. - CASTELLARIN Sergio, di
11111i 23, da Gradisca d'Isonzo, arrestato il 15 .febbraio 1945,
lnl'lurato. - CA:STELLARIN Arrigo, di anni 36, da Gradisca
d 'lsonzo, arrestato il 15 febbraio 1945, torturato. - BLASON
ttgusto, di anni 35, da Gradisca d'Isonzo, arrestato il 15 feb-
lllaio 1945, torturato. - GIA'COMETTI Libero, di anni 34, da
<.radisca d'Isonzo, arrestato il 15 febbraio 1945. - DE VIT
Alfredo, « Agro», di anni 21 da Gradisca d'Isonzo, arrestato
d 15 febbraio 1945, torturato. - LUCHSICH Candido, da Gra·
cl1sca d'Isonzo, arrestato il 15 febbraio 1945.- DI BLAS Gen-
ll<lro, di anni 35, auestato il 19 dicembre 1944, detenuto fino
:ti 10 marzo 1945. - MATURRO Luigi, di anni 23, da Monfal-
' one, meccanico, arrestato a Jalmicco il 24 ottobre 1944, fu-
l i lato, riesce nonostante le ferite ad evadere durante la not-
97
7
detenuto 6 giorni, torturato. - TOMADIN Giacomo, di anni
57, da Campolongo al Torre, bracciante, torturato. - COSO-
LO Mario, di anni 33, da Pieris, arrestato il 21 gennaio 1945,
detenuto prima a Palmanova, poi a Udine fino al 21 marzo
1945. - LORENZUT Albano, di anni 23, da S. Pier d'Isonzo,
torturato a Palmanova. - ZANUTTA Igino, di anni 31, da Ma·
rano Lagunare, a Palmanova per 23 giorni. - ZUCCO Liliana,
di anni 20, da Ronchi dei Legionari, arres tata il 18 marzo
1945, per 5 giorni a Palmanova. STOFFOLO Alberto, di anni
22, da Fauglis, per 2 mesi a Palmanova. - IOAN Augusto, dJ
anni 26, da Fauglis, per 2 mesi a 'Palmanova. - CARGNELLO
Gerolamo, di anni 34, da Porpetto, per 17 giorni a Palmano-
va. - VOLPONI Marcello, << Tito », di anni 21, da S. Giorgio
di Nogaro, torturato. - GRANDO Gianna, di anni 20, da Lati-
sana, arrestata il 9 aprile 1945, a Palmanova 20 giorni, tortu-
rata. - PERESIN IDante, di anni 35, da Fiumicello, falegname,
torturato. - CLEMENTIN Ermenegildo, di anni 56, da Villa
Vicentina, torturato. - GIGANTE Orlando, di anni 25, da
Teor, operaio, torturato. - BOTTO' Ettore, di anni 34, da
Teor, contadino, torturato, a Palmanova 18 giorni. - GALLET
Egidio, di anni 41, da Fiumicello, bracciante. - BEVILACQUA
Ferruccio, di anni 25, da Monfalcone, a Palmanova nel mar-
zo-aprile 1945. - D'~GOSTINI Lino, anni 19, da Pozzuolo del
1F riuli, 2 mesi a Palmanova. - TONDON Angelo, di anni 24, da
Fauglis, 8 giorni a Palmanova. - iBUDAI Ciro, di anni 25, da
Fauglis. - CICUTO Ennio, anni 20, da IS. Giorgio al Taglia-
mento, partigiano GAP 2.a zona, torturato.
Dall'elenco rinvenuto dal Feresin mancano altri nomi-
nativi fra cui quelli di RIABEZ da Cervignano, di Giulio
CAR!DARELLI, Marcello PIV.A, !Sergio BAADASCHIA, Erme-
negildo SPONTON, dell'impiegato dell'Agenzia n. l della
98
ICI di Torviscosa, GRADENIGO, di 'Giovanna TODERO,
Il tlo CIOLLI, Angelo SINA, Rodolfo J3RUMAT, Pietro PA-
11\N, Rodolfo FOGAR.
99
APPENDICE
LA SENTENZA E LE DEPOSIZIONI
Anno 1946
SENTENZA N. 120
Reg. Gen . N. 76/46
Udienza del 5.10.1946
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la Sezione Speciale eli Corte d'Assise di Udine, composta dai Sigg.:
ROTA dott. cav. co. Giuseppe Presidente
AMODlO dott. cav. Eduardo Consigliere
Garlatli Guido Giudice Popolare
Romeo Antonio ))
Pierotti Cesare )) ))
Natali Nello )) ))
ha pronunciato la seguen te
SENTENZA
nella causa penale contro:
103
3) REBEZ Remigio fu Francesco e di Morassi Elisabetta nato il 19 apri-
le 1915 a Trieste, residente a Muggia, via Montalbano n. 14.
Dete11uto presente
4) MU ARETTO Alessandro di Giuseppe Antonio e di Missaglia Giusep-
pina nato a Sacile 1'8 ottobre 1919 ivi residente.
Detenuto presente
5) BIANCO Giovanni fu Giovanni e di Bcnasa Anna nato il 12 giugno
1920 in Busca (Cuneo).
Detenuto prese11te
6) CRAGNO Quinto fu Anselmo c di Cum Elisabetta, nato il 14 agosto
1919 a Basiliano, ivi residente.
Detenuto presente
7) TURRlN Giovanni fu Giu eppe c di Moret Verginia, nato il 3 marzo
1922 a Cordenons (Udine), ivi residente.
Detenuto prese11te
IMPUTATI
I PRIMI NOVE
del delitto di cui all'art. 5 D.L.L. 27-7-1944 n. 519 in relazione all'art. Sl
c 58 C.P.M .G. per avere - in territorio dei mandamenti di Palmanova,
Udine, Codroipo, Latisana, Cervignano, Monfalcone e Gradisca dai primi
giorni del novembre 1944 fino ad un giorno imprecisato verso la metà
aprile 1945 quali militari di un reparto della guardia nazionale repub-
blicana e il Rebez quale addetto a tale reparto di stanza a Palmanova
in gruppi assai spesso superiori a dicci armati e quasi sempre superiori
104
o1 cinque, talora assieme a militari germanici della polizia SS c con i
t riminali di guerra tedeschi cap. Pakibusch e ten. Pagliazzotti, nonchè
m n il già condannato all'ergastolo Coccolo Giuseppe, con il defunto
t.· n. Cella Romolo ed altri non ancora sufficientemente identificati -
~ l re ttamente collaborato con il tedesco invasore favorendolo nei suoi
di segni militari e politici col combattere le formazioni partigiane ed
d movimento di resistenza anti-nazifascista, col perseguitare gli apparte-
II L' nli alle formazioni ed al movimento predetto in ogni maniera e cioè
m i privare della libertà centinaia e centinaia eli persone (art. 605 C.P.)
~o tto ponendo moltissime di esse tra cui Monai Giovanni, Contin Odilo,
Murcuzzi Volveno, Facca Pasquale, Castellarin Arrigo, Castellarin Sergio,
Ma rizza Armando, Blason Augusto, Giacornetti Libero, De Vit Alfredo,
ll rcossi Walter, Milocco Luigi, Fogagnolo Antonio, Bubero Sabino, Bo-
lld ti Ottone, Fabbro Duilio, Boccia Giuseppe, Pettenel Silvio, Zorzenon
IJgo, Ciclin Ferruccio, Zucco Mario, Dozzo Arrigo, Franzot Vitalino,
Cip riotti Renato, Tomadin Giacomo, Lorenzut Giuseppe, Blaserna Car-
lo, lugovaz Vinicio, Bonito Giovanni, Carrese Luciano, Girardi Guido,
Ca ppelletti ldilio, Budai Ciro, Volponi Mat·cello, Frausin Giuseppe, In-
!locenti Fulvio, Malabarba Costante, Cernig Angelo, Basso Matteo, Ber-
tossi Secondo, Feresin Dante, Toclero Silvio, Marizza Luigi, Bottò Et-
tore, Valeri Gentile, Malner Mario, Zorzenon Firmino, Possar Davide,
l'ossar Terenzio, Buiatti Natale, Zamparo Alfonso, Paron Cesare, Cicuto
l ~n nio , Battistella Sante, Battistella Onorio e Carbino Sebastiano a vio·
ll• nze inaudite e cagionando loro lesioni anche gravi (art . 583-582 C.P. -
'R5 C.P.) e persino la morte (come a Milocco Luigi, Fogagnolo Antonio,
Ma labarba Costante e Fumis Romano) - art. 575 e 577 n. 4 C.P. -
mediante torture raccapriccianti (art. 61 n. 4 C.P.) inferte con feroci
percosse date su ogni parte del corpo spesso sulle più sensibili, ser-
vendosi dei più svariati mezzi come bastoni, grossi pezzi eli legno, spran-
~ h e eli ferro, cinghie, guinzagli, nervi di bue, filo di ferro spinato,
scarpe chiodate, pugni ricoperti eli guanti ferrati, ecc.; con ustioni pro-
do tte da sigarette accese, tizzoni ardenti, polvere pirica, spari a bru-
l ia pelo con cartucce senza pallottola; con conficcamento eli aghi sotto
h.: unghie, con impiccagioni per le mani passate dietro il dorso protratte
lino a più ore; col buttare addosso alle vittime, fatte spogliare da
og ni indumento, secchi eli acqua gelida c di acqua molto calda; col
la re trangugiare alle stesse notevoli quantitativi di acqua o dense solu-
tioni eli sale e mescolanza di acqua salata, orina c olio; con lo strin-
l(l.!re loro con pinze i genitali ; col calpes tare con scarpe chiodate in
va rie parti del corpo e persino coll'asportare loro con morsi brani eli
l'Urne (padiglioni degli orecchi, naso, guancie, ecc.); cagionando median-
ll.! fucilazione, impiccagione o in a ltro modo la morte (art. 575 e 81 cap.
105
l
C.P.) a più di cinquanta persone tra le quali, oltre alle quattro già
nominate, a Moraitti Alessandro (impiccato da Rebez a Strassoldo 1'11
novembre 1944, al partigiano « Stalin » non meglio identificato (ucciso
da Munaretto in quel di Porpetto il 28 novembre 1944), a De Stefano
Ezio (ucciso a Torviscosa il 23 dicembre 1944), a Julitta Luigi (ucciso in
Trivignano il 4 gennaio 1945), a Bertossi Secondo (ucciso a Privano 1'11
febbraio 1945), a Franzot Dionisio ed a Dozzo Arrigo (uccisi a Joannis il
12 febbraio 1945), a Tonini William (ucciso a Castions di Strada il 12
febbraio 1945), a Moret Otello e D'Alvise Italo (uccisi a Palmanova il 15
febbraio 1945), a Fovato Aldo e Medeossi Umberto (uccisi in Aquileia il
15 febbraio 1945), a Cudin Giuseppe e ad un altro non identificato
(ucciso in Aquileia in un giorno non precisato del febbraio 1945), a
Valeri Gentile e Malner Mario (uccisi a Saciletto il 24 febbraio 1945),
a Rosin Antonio (ucciso a Campolongo il 7 marzo 1945), a Castellarin
Igino (ucciso a S. Stefano di Palmanova il 18 marzo 1945), a Cappelletti
Idilio, Federigo Antonio, Paravan Demo, De Santi Giorgio (uccisi a
Pradat di Cervignano il 22 marzo 1945), a Cernig Angelo (ucciso a Pal-
manova il 7 aprile 1945), a Bean Corrado, Innocenti Fulvio, Cipriotti Re-
nato, Bonetti Ottone, Taverna Archildo, Amato Giuseppe, Maran Ego,
Bonito Giovanni (uccisi a Ronchi di Terzo di Aquileia il 9 aprile 1945),
a Grattoni Guerrino, Nonino Rino e Maran Romeo (uccisi in Trivigna-
no il 27 dicembre 1944), Clocchiatti Ugo (ucciso da Stocco in Palazzolo
del Friuli il 7 gennaio 1945); depredando per rappresaglia ed anche a
scopo di lucro (e cioè impossessandosi per procurare a se stessi e al
reparto un ingiusto profitto, con violenze alle persone - art. 628 C.P.
- e con violentazione della tranquillità e della sicurezza delle popola-
zioni - art. 419 C.P. - di beni di ogni genere anche in quantitativi
notevoli come viveri, indumenti, biancheria, coperte, denaro, oggetti
preziosi, bestiame, foraggio, biciclette, ecc.) durante i rastrellamenti
od altre operazioni del genere, le abitazioni da loro visitate ed asportan-
do anche di dosso agli arrestati oggetti personali e tutto ciò in danno
di centinaia di persone tra cui: Bertolazzi Giacomo, Marangoni Nerino,
Ottaviano Graziano, Pasqualini Silvio, Birri Carlo, Barbieri Tarcisio,
Ferro Luigino, Del Mestre Valentino, Marcuzzi Volveno, tutti da Tri-
vignano; Ciarù Guido da Menarolo - Milocco Edoardo da Fauglis - Batti-
stella Sante e Garbino Giuseppe da Palmanova - Pampaluna, Palson Au-
gusto, Collesan Sergio, Castellarin Arrigo, De Vi t Alfredo, Giacometti Li-
bero da Gradisca, Cogoi Egidio da S. Giorgio di Nogaro, Tinon Elio,
Valussi Anita, Zanello Egidio, Olivo Erminia, Tonini Armando tutti da
Talmassons - Bradaschia Caterina da Cervignano - Bubero Sabino da
Scodavacca - Cargnello Albino da Porpetto - Todaro Silvio da Cervigna-
no - Berlasso Tarcisio da Pozzuolo - Presacco Celio da Rivignano, ecc.
106
ROGAZZO Angelo - in libertà provvisoria.
imputato del reato di collaborazione politica e di concorso con gli
imputati predetti nel reato stesso - art. 5 D.L.L. 27.7.1944 n. 159 -
58 C.P.M.G. 110 C.P. per avere, in territorio dei mandamenti di Pal-
manova, Cervignano e Codroipo nell'autunno 1944 e al principio dello
inverno 1945 come ufficiale della Landschutz di Cervignano, talvolta
in unione al reparto della G.N.R. di stanza a Palmanova, fatto opera di
persecuzione contro patrioti e persone ostili al nazifascismo e preso
parte a depredazioni (saccheggi e rapine) commesse in Talmassons -
Cervignano - Castions di Strada ed altrove in danno di Valussi Deanno
Anita, Zanello Egidio, Bradaschia Caterina, Tagon Alessandro ed altri.
In esito all'odierno pubblico dibattimento, sentiti il P.M. e la difesa,
nonchè gli imputati che per primi ed ultimi ebbero la parola, si os-
serva:
In fatto ed in diritto
107
alternata a volte con acqua calda e, ancora, costringendola a bere dense
soluzioni di sale (dep. dott. Zamparo a fol. 71 vol. Jo e ing. Buiatti a
fol. 84 vol. Jo). In seguito a tali sevizie morirono in pochi giorni nelle
stesse prigioni Malabarba Costante e Fumis Romano, nonostante la loro
robustezza fisica. Oltre duecento persone (teste Feresin Giuseppe co-
mandante della G.A.P. in vol. VII confermato a fol. 290 vol. 4° e in di-
battimento) furono sommariamente giustiziate (vedi anche certificati di
morte in vol. 6o e le fotografie dei cadaveri in vol. So). Le esecuzioni
venivano eseguite trasportando di notte con un automezzo in aperta
campagna le vittime designate, che venivano appositamente prelevate
dalle prigioni e sparando contro le stesse come selvaggina, dopo averle
fatte scendere dall'automezzo ed allontanare di alcuni passi spesso col
miraggio della libertà. I cadaveri quasi sempre venivano lasciati sulla
strada, come risulta dai numerosi rinvenimenti segnalati dai carabinieri
all'Autorità giudiziaria (vol. So, teste maresciallo Sala a fol. 176 vol. 4o)
ma non tutti sono stati rinvenuti. Alcuni, come quelli di Milocco Luigi e
Fogagnolo Antonio, furono sepolti nei bastioni della caserma, dove do-
vettero essere stati uccisi e rinvenuti alcuni mesi dopo la liberazione.
Infine, quando eseguivano le loro cosiddette azioni di polizia, i militi
del Ruggiero rapinavano tutto ciò che trovavano nelle case dei presunti
partigiani, come attestano numerosi testimoni. Tali e tanti furono i
delitti commessi dalla banda che il 19 aprile 1945 gli stessi tedeschi
- come h~ dichiarato il Ruggiero nel suo interrogatorio del 23 giugno
1945 all'ignaro funzionario della Questura di Napoli (F. 4, vol. Io)- arre-
starono il Ruggiero e la sua banda denunciandoli a un tribunale tede-
sco. Dopo la liberazione si è proceduto a carico dei maggiori respon-
sabili, o almeno di quelli che potettero essere identificati e dopo la
sommaria istruzione furono citati a giudizio davanti a questa Sezione
Speciale di Corte d'Assise per rispondere del reato in rubrica il ca-
pitano Ruggiero Ernesto, Rotigni Giacomo e il serg. Rebez Remigio,
Munaretto Alessandro e Stocco Giovanni, i militi Bianco Giovan-
ni, Cragno Quinto, Turrin Giovanni, Piccini, Bilia Alessandro
e Rogazzo Angelo. In dibattimento è stato stralciato il procedi-
mento contro Piccini per la sua mancata identificazione e si è proceduto
in contumacia del latitante tenente Rotigni e del Ragazzo in libertà
provvisoria. I fatti risultati a carico di ciascuno degli imputati possono
riassumersi come segue:
108
commessi. Ma che non solo non li ignorava, ma vi abbia spesso parteci-
pato o li abbia- almeno nella grande maggioranza- ordinati, è risulta-
to anche dalle dichiarazioni fatte in fine di dibattimento dagli imputati
Stocco e Turrin, oltrechè da numemse testimonianze. Egli personal-
mente ordinò di torturare in sua presenza Battistella Sante, padre di
12 figli e del tutto estraneo al movimento partigiano, soltanto per sa-
pere dove si trovava un capo dei partigiani (fol. 48 vol. Jo e f. 138
vol. 4° e in verb. dib.). Ordinò che fosse inflitto il « trattamento spe-
cia le ••, e cioè che fossero sottoposti a torture, a Paron Cesare (f. 286,
vol. 4o), a Feresin Dante (f. 219, vol. 4o e in verb. dib.), a Marizza Luigi
(f. 224, vol. 4°) e a Blaserna Carlo (f. 152, vol. 4o) oltre a tanti altri che
sarebbe troppo lungo enumerare. Assistette di persona al le sevizie in-
flitte a Volponi Marcello (f. 190, vol. 4°) al quale, facendo roteare la pi-
stola che aveva in mano disse anche parole di minaccia. Il teste Fe-
resin Giuseppe narra nel suo memoriale (f. 2 retro, vol. 7o) che dai re-
gistri da lui sequestrati nella caserma Piave dopo la liberazione e de-
positati presso la polizia di Cervignano, risultava che il Ruggiero aveva
fatto arrestare 543 partigiani o presunti tali e di questi soltanto 312
erano ritornati alle loro case. Accanto al nome di ciascun arrestato vi
era un timbro in corsivo col nome di Ruggiero a cui seguiva la firma
dello stesso. Accanto a diversi nomi si notava una croce e in fondo
era scritto « morto in seguito a tentata fuga». Si trattava di giustiziati
ai quali, secondo quanto raccontò a l Feresin il milite Cragno dopo il
suo arresto, si sparava addosso dopo averli incoraggiati a fuggire quan-
do venivano fatti scendere dall'automezzo che li trasportava in cam-
pagna per l'esecuzione. Il teste Todero Silvio narra (fol. 222, vol. 4o)
che il Ruggiero ordinò che fosse seviziato e gli disse per intimorirlo che
sarebbe stato ucciso come il partigiano « Pedro » e cioè Va leri Genti le
che era stato pochi giorni prima, sommariamente giustiziato in aperta
campagna. Da numerosissime altre testimonianze risulta che il Rug-
giero era effettivamente il capo di una banda di torturatori e di assassi-
ni più che il comandante di un reparto militare. Del resto, i suoi
rapporti in atti (fol. 10, 91, 178, 179, 181, 183, 184 e 185, vol. Jo) sono al-
trettante confessioni dei misfatti da lui compiuti. Nel rapporto in data
17 marzo 1945 (f. 185) si legge che, catturato il partigiano Santi Giorgio
(che quattro giorni dopo fu sommariamente giustiziato nel solito modo)
costui « sottoposto a duro trattamento sul posto stesso, dopo due ore
circa, confessava ... ». Infine il Rebez nel suo memoriale (fol. 22, vol. Io)
narra che « le fucilazioni erano tutte ordinate tassativamente dal capi-
tano». Pertanto il Ruggiero deve rispondere, per avervi partecipato di
persona e per aver determinato i suoi dipendenti a commetterli, di
tutti i delitti commessi dalla sua banda.
109
2) ROTIGNI - E' risultato da numerose testimonianze (testi Facca,
fol. 31, vol. Io - Castellarin, fol. 35 - Blason, fol. 55 - Milocco, fol. 66 - Ti-
non, fol. 90 - Cargnello, fol. 175 - maresciallo Sala, fol. 176 - Cudin,
fol. 232 - D'Agostini, fol. 275 - Budai, fol. 287 - Cicuto, fol. 293 ed altri),
oltrechè dalle dichiarazioni dei coimputati e specialmente da quelle fatte
da Stocco e da Turrin in fine di dibattimento, che il Rotigni era tra i
più feroci seviziatori della banda e partecipava personalmente alle ese·
cuzioni sommarie dei partigiani prigionieri prelevati dalle celle della
caserma e condotti a tal fine in campagna. Pertanto anche costui deve
rispondere dei reati commessi dalla banda.
3) REBEZ - Impossibile sarebbe citare le testimonianze a carico del
Rebez tanto sono numerose. Si può affermare, senza timore di esagera·
re, che in quasi tutte è menzionato il Rebez come il più feroce aguzzino
della banda, la belva della caserma Piave.
Del resto, il suo lungo memoriale (vol. Io, fol. 15 e 39), in cui il
Rebez espone minutamente l'attività da lui svolta dal 1943 al 1945, co·
stituisce, più che un'autodifesa, un elemento di prova a suo carico e
una esplicita confessione dei suoi misfatti.
Egli seviziò Fogagnolo Antonio e Milocco Luigi persino all'ospedale
civile di Palmanova, dove si trovavano degenti per ferite cagionate loro
dalla banda Ruggiero (testi Turco e D'Ambrosia) e li fece ritrasportare
nelle prigioni della caserma, nonostante le loro condizioni, per ucciderli
qualche giorno dopo sui bastioni della caserma. Risulta, tra l'altro, (teste
Feresin vol. 4o pag. 288), che egli partecipò direttamente all'impiccagio·
ne del maestro elementare Moraitti a Strassoldo per rappresaglia in
seguito all'uccisione del conte di Strassoldo della X Mas . Egli inferse
le sevizie a Malabarba e a Fumis che decedettero in cella in seguito
ad esse. Egli partecipò a quasi tutte le sommarie esecuzioni capitali
degli arrestati. Rapinava, seviziava, uccideva per il gusto di rapinare,
di seviziare, di uccidere. Rebez, come ha attestato il maresciallo dei
carabinieri Sala (fol. 178 retro, vol. 4o), era il boia della banda. Disu·
mano al punto di far dubitare delle sue facoltà mentali se non fosse
sempre, come è apparso in dibattimento, presente a se stesso, calmo,
logico nelle risposte, se pure beffardo nonostante l'immane cumulo del·
le accuse.
4) MUNARETTO - Il Munaretto, come hanno dichiarato i coimpu-
tati Stacco e Turrin in fine di dibattimento e come risulta dal rapporto
dei carabinieri in atti (fol. 87, vol. 1°), era il « fine poliziotto>> della
banda. Non si è potuto accertare se egli partecipasse o meno alle fu-
cilazioni dei prigionieri. Il teste Eolo (fol. 90, vol. 4o), ha affermato di
aver saputo dallo Stacco che vi partecipava e costui in un primo tem-
po lo ba ammesso e poi lo ba escluso.
110
-
Certo è che partecipò alle sevizie di Volponi Marcello (depos. in
clibatt.), di Todero Silvio (fol. 221, vol. 4<>), di Marizza Luigi (fol. 224,
vol. 4<>), di Corbino Sebastiano (depos. in dibattimento) e di tanti altri
Ira cui il dott. Zamparo (fol. 71, vol. Io). E' risultato anche che egli
u(;<.:ise, senza alcun motivo, sulla soglia della sua casa, il pensionato
lulita Luigi. Sebbene il teste Barbiero Valentino (fol. 126, vol. 4o),
.tbbia dichiarato di aver visto che lo Iulita fu ucciso da un tedesco,
dalle testimonianze della vedova e del figlio dello Iulita nonchè da quel-
la di Pasqualini Silvio (fol. 123, vol. 4o) risulta che il Munaretto, da
'olo o in concorso col tedesco, sparò contro lo Iulita, uccidendolo.
111
8) BILLA- Il Bilia colpì qualche volta lo Zamparo mentre trovavasi
nella cella della tortut-a della caserma Piave (fol. 71 , vol. Io) ed eseguì
arresti c perquisizioni, ma non è ,- ;~ultnto che abbia pat-lecipato a
sevtzie e alle fucilazioni sommarie dci prigionieri nè che sia stato in-
dotto da motivi di lucro a collaborare con i tedeschi.
112
L
Del resto, tra i catturati, seviziati e ucc1s1, vi erano uomini di
ogni ce to c condizione, sui quali non poteva gravare il sospetto di es-
sere dediti al brigantaggio o alla malavita in genere.
Giova ancora rammentare che si era alla fine del 1944 e al principio
del 1945, quando cioè i tedeschi ed i loro alleati fascisti stavano per-
dendo continuamente terreno ed erano in continua ritirata. La zona in
cui operava la banda Ruggiero era divenuta per conseguenza una dei
punti nevralgici delle retrovie di grande importanza strategica ed era
esposta a pericoli di accerchiélill1enti, data la vicinanza del mare. Urgeva
pertanto sgomberare la zona dall'elemento partigiano eliminando un
grave pericolo per l'esercito tedesco e la milizia repubblicana. Così si
~piega la ragione dell'accanimento con il quale da parte del Ruggiero
c conso rti veniva condotta la lotta contro il movimento di resistenza
c s i può anche comprendere la ragione per cui il Rebez, sergente della
X• Mas, fu inviato a Palmanova mentre la X• Mas era di stanza a
Como.
Dunque trattasi, nella specie, di collaborazione militare per eccel·
lenza e non già di mero favoreggiamento elci disegni politici del ne-
mico sul territorio da esso occupato o invaso, ipotesi questa prevista
da ll'art. 50 C.P.M.G., la quale - come figura minore del reato di col-
laborazione - è assorbita comunque da quello più grave di collaborazio-
ne bellica. Assumono inoltre gli imputati che essi ag ivano per ordine
dell'ufficiale tedesco Pakibusch e non di loro iniziativa . Neppure questa
a ffermazione trova conferma nelle risultanze dell'istruttoria e del di-
bat timento. E' provato invece - per le numerose testimonianze escusse
in merito- che nella caserma Piave di Palmanova imperava il Ruggiero
assistito dai suoi gregari e dal Rebez che, quale serg. della X• Mas -
pur collaborando strettamente col reparto del Ruggiero - era però
gerarchicamente indipendente (dipendeva cioè da « se stesso», come
ebbe a rispondere ad analoga domanda del P.M. al dibattimento).
Il Pakibusch invece assisteva raram ente agli interrogatori degli
arres tati. Fu notata la sua presenza in occasione di qualche rastrella-
mento ed arresto ma non risulta che fosse presente alle sevizie a cui
venivano sottoposte le vittime per opera del Ruggiero e dei suoi uomini
c alle fucilazioni o che desse ordini in proposito.
Non sussiste pertanto la discriminante della coercizione, ciò che
vale non solo per il Ruggiero, p e r il Rotigni c il Rebez, ma anche per
il Munaretto e gli altri coimputati Bian co, Cragno e Turrin , in quanto
anch'essi agirono sovente di loro iniziativa seviziando le vittime co n
brutale malvagità allo stesso fine delittuoso in cui s i ravvisa appunto la
volontarietà dell'azione criminosa.
113
•
Ai rastrellamenti ed arresti, seguirono normalmente le sevizie,
torture ed uccisioni.
Queste vanno considerate come reati a sè stanti, che concorrono
materialmente col reato di collaborazione militare. Infatti, malgrado lo
strettissimo nesso fra il primo ed i secondi questi non sono necessa·
riamente un elemento costitutivo, nè sono una circostanza aggravante
del primo. Sussiste pertanto un concorso materiale di reati, di cui de-
vono rispondere gli imputati nella misura di cui ciascuno di essi è
concorso a commetterli.
Nel capo d'imputazione sono stati contestati agli imputati Rug·
giero, Rebez, Rotigni, Munaretto, Bianco, Cragno e Turrin, oltre alla
collaborazione col nemico: il reato di cui all'art. 60S cod. pen ., per ave·
re privato della libertà personale centinaia di persone; il reato di cui
all'art. 582 e 595 stesso co. per avere sottoposto gli arrestati a vio-
lenze inaudite e cagionando loro lesioni anche gravi ; quello di cui agli
art. 575 e 577 n . 4 e 61 n. 4 C.P. per avere, mediante torture raccapric-
cianti causato la morte a Milocco, Fogagnolo, Malabarba e Fumis; indi
il reato continuato di cui all'art. 575 e 81 C.P. per avere cagionato me-
diante fucilazione, impiccagione o in altro modo la morte di più di 50
persone, oltre alle quattro già nominate.
Il reato di cui all'art. 605 C.P. può ritenersi compreso e assorbito
nel reato di collaborazione bellica. Poichè tutti i predetti facevano par-
te della banda, essi coscientemente e volontariamente concorsero in
varia guisa alla consumazione del reato di cui agli articoli 582 e 585
C.P. con l'aggravante dell'art. 61 n. 4 stesso Codice, avendo cagionato
ai colpiti lesioni anche gravi, di cui molti portano tuttora i segni nei
polsi, dovuti alla legatura con corda delle mani dietro la schiena e su
altre parti del corpo, constatati dalla Corte all'atto dell'escussione degli
offesi. Di omicidio aggravato in persona del Malabarba e del Fumis,
deve invece rispondere soltanto il Ruggiero, il quale non poteva igno-
rare il trattamento usato dai suoi gregari alle due vittime e ne sarebbe
penalmente responsabile anche se lo avesse soltanto tollerato e non
impedito, nonchè il Rebez ed il Rotigni che ne furono gli esecutori ma-
teriali.
Il fine di uccidere appare evidente per la ferocia con la quale i
delinquenti si accanirono contro i predetti. Non lè provato che siano
stati uccisi nello stesso modo e con gli stessi mezzi il Milocco e il
Fogagnolo. Risulta, per contro, che essi - dopo essere stati picchiati e
seviziati - subirono la sorte riservata agli altri cinquanta, che cioè fu-
rono fucilati.
Come è stato già osservato, dalle sommarie fucilazioni che rive-
stono gli estremi dell'omicidio - considerato però dalla Corte non qua-
114
le reato continuato ma quale reato plurimo - devono rispondere il
Ruggiero, quale capobanda, nonchè il Rebez quale esecutore materiale
della maggior parte delle fucilazioni o impiccagioni, eseguite col con-
corso del Rotigni e di altre persone già punite o rimaste sconosciute,
come risulta dalle dichiarazioni dei coimputati Bianco e Turrin e dei
testi Petenel (uccisione Zorzenon), Bonettig (uccisione di Bonetti Ot-
tone), Feresin (uccisione del maestro Moraitti, di Cudin, Valeri e Zor-
zenon), Pozzar (uccisione di Cipriotti), Galet (uccisione di Cernig).
Non è punibile l'uccisione del partigiano « Stalin , attribuita al Mu-
naretto, in quanto tale evento si è verificato durante un conflitto ar-
mato in cui lo « Stalin , fu il primo a sparare e dopo di lui il Munaretto
che lo colpì mortalmente. Costui invece deve rispondere dell'uccisione
dello Iulita, come già detto, ed il Bianco, a sua volta, dell'uccisione
del vecchio Rosin.
E' stato già osservato che la prova della partecipazione degli im-
putati Cragno, Turrin, Bilia e Stocco alle sommarie fucilazioni non è
stata raggiunta.
Nè risulta provato che il Bilia e lo Stocco abbiano inflitto ai cattu·
rati maltrattamenti o sevizie. Per cui, nella attività criminosa del Bilia
e dello Stocco non ricorrono gli e6tremi obiettivi e soggettivi della
forma più grave del reato di collaborazione, ma bensì di quello meno
grave e cidè: favoreggiamento dei disegni politici del nemico, previsto
dall'art. 59 C.P.M.G., per il quale è concessa amnistia in virtù dell'art.
3 D.P. 22 giugno 1946 n. 4, dato anche che costoro non hanno commesso
altri delitti quali fatti di strage o saccheggi.
Dell'amnistia deve beneficiare pure il Rogazzo colpevole di semplice
collaborazionismo politico.
Infine va affermata la responsabilità degli imputati Ruggiero, Ro-
tigni, Rebez, Munaretto, Bianco, Cragno e Turrin in ordine alle rapine
ascritte ai medesimi nell'ultima parte del capo d'imputazione, com-
messe in occasione dei rastrellamenti ed arresti operati dalla banda
nelle diverse località, come ne fanno prova le risultanze processuali. In
tali fatti però non si possono ravvisare gli elementi costitutivi del reato
di saccheggio di cui all'art. 419 C.P. contestato nel capo d'imputazione,
ma soltanto gli estremi del reato di rapina aggravata a sensi dell'art.
628 ultimo capo del C.P. trattandosi di azioni isolate ed occasionali,
commesse dai giudicabili facendo uso di violenze, minacce con armi;
mentre il saccheggio presuppone una pluralità e contemporaneità di
atti criminosi contro la proprietà, tali da mettere in pericolo la tran-
quillità delle popolazioni e l'ordine pubblico.
115
Data l'intensità del dolo dimostrata dal Ruggiero, dal Rebez e dal
Rotigni e in considerazione degli atti di brutalità e crudeltà da essi com-
piuti a danno delle loro vittime, del cinismo ributtante e dell'assoluta
mancanza di sensibilità morale e di pentimento manifestati dai primi
due anche durante il processo, la Corte non ritiene di concedere ai pre-
detti le attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis C.P . Si possono invece
concedere tali attenuanti agli altri quattro imputati, sia perchè costoro
si dimostrarono molto meno perversi e crudeli, sia perchè agirono co-
munque sotto l'influenza dei primi, dato anche il rapporto di subordina-
zione in cui essi si trovavano rispetto ai medesimi. Per il reato di cui
all'art. 5 D.L.L. 27.7.1944 n. 159 in relazione all'art. 51 C.P.M.G. va appli-
cata la pena di morte mediante fucilazione stabilita della legge militare.
La condanna alla pena capitale va pronunciata, pertanto, nei con·
fronti degli imputati Ruggiero, Rotigni e Rebez.
Ricorrendo a favore degli altri giudicabili le attenuanti generiche
di cui all'art. 62 bis C.P., la Corte, in base all'art. 65 n. l C.P., ritiene
di irrogare le seguenti pene, commisurate secondo il grado di respon-
sabilità dei colpevoli e precisamente al Munaretto anni 30 di reclusione,
al Bianco anni 27 e al Cragno e al Turrin anni 24 di reclusione ciascu-
no, oltre alla loro condanna in solido al pagamento delle spese proces-
suali come per legge.
Le pene detentive come sopra inflitte sono ridotte di un terzo per
effetto del condono stabilito dall'art. 9 D.P. 22 giugno 1944 e quindi per
il Munaretto ad anni 20, per il Bianco anni 18 e per gli ultimi due ad
anni 16 ciascuno.
Poichè la pena capitale assorbe necessariamente le pene detentive
per i reati concorrenti, la Corte si ritiene dispensata dall'obbligo di de-
terminare le pene che dovrebbero infliggersi ai colpevoli per gli altri
reati, la maggior parte dei quali comporterebbe comunque l'ergastolo.
I beni dei condannati sono soggetti a confisca in virtù dell'art. 9 D.L.L.
27.7.1944 n . 159.
La sentenza di morte va pubblicata a norma dell'art. 36 C.P.
P. Q. M.
dichiara
116
agli art. 61 n. 4 e 585 C.P., 575 con l'aggravante di cui all'art. 577 n. 4
C.P. e 628 C.P.
MUNARETTO Alessandm, colpevole del reato di cui all'art. 5 D.L.L.
27.7.1944 n. 159 in relazione all'art. 51 C.P.M.G. nonchè di più reati di cui
all 'art. 582 C.P. con l'aggravante di cui agli articoli 61 n. 4 e 585 C.P.
nonchè ancora del reato di cui all'art. 575 in persona di Iulita Luigi
c 628 C.P.
BIANCO Giovanni, colpevole del reato eli cui all'art. 5 D.L.L. 27.7.1944
n. 159 in relazione all'art. 51 C.P.M.G. nonchè di più reati di cui al·
l'art. 582 C.P. con l'aggravante eli cui agli art . 61 n. 4 e 585 C.P. nonchè,
ancora, del reato di cui all'art. 575 C.P. per concorso dell'omicidio in
persona di Rosin Giuseppe e 628 C.P.
o r d n a
dichiara
117
ne all'art. 58 C.P .M.G. così modificata la rubrica, perchè estinto per
amnistia e ordina la scarcerazione degli stessi se non detenuti per altra
causa.
Udine, 5 ottobre 1946
IL PRESIDENTE IL CANCELLIERE
{f.to: Rota) (f.to: G. Ledda)
Depositata in Cancelleria il 17 ottobre 1946
IL CANCELLIERE
(f.to: G. Ledda)
Copia conforme all'originale per uso di ufficio
Udine, 29 ottobre 1946
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di polizia. Nell'ottobre, col resto del t>attaglione, rientrai a Udine e il
primo novembre dal comando del reggimento venne ordinato di metter-
cni con 40 uomini a disposizione di un capitano delle SS, PAKIBUSCH, a
Palmanova. In detto paese coadiuvai il predetto ufficiale nelle azioni
di ras trellamento e cattura dei partigi<~ni che si eseguivano nella zona
di giurisdizione molto ampia.
Il mio compito specifico consisteva nel circondare le zone da ra·
\[rc llare che bloccavo con pattuglie d.i militi, mentre le operazioni di
1 a llura venivano materialmente eseguHe dal nucleo SS. In dette ope-
' .tzioni si ebbero diversi scontri con i partigiani con perdite da ambo
il• parti. Io con i miei uomini avevo inoltre la consegna della Caserma
1 hc fungeva anche da carcere ed alla :SOrveglianza ed amministrazione
dt•gli arrestati, provvedevo io con i m~liti. Dei relativi interrogatori e
procedure se ne interessava l'ufficiale: tedesco con i suoi collabora-
lclli, fra i quali ricordo un tale REBE:t. sergente della X Mas.
Ho assistito a diversi interrogatori, nè si sono avuti in mia presen-
" sevizie o torture, semplicemente d(Cile legnate alle quali rimanevo
dl'l tutto estraneo, non rientrando nei I(liei compiti.
Devo specificare che non è vero che subii un processo da parte dei
lc·dcschi per sevizie inflitte ai partigiaJ{li, ma fui soltanto oggetto d'in·
'hicsta nella quale potei dimostrare dli essere del tutto estraneo alle
wocedure condotte contro i pat·tigiani catturati.
Rimasi a Palmanova al servizio deJIIe SS fino al 19 aprile '45 e di
Il mi recai, per l'inchiesta su riferita, ;a Udine, dove il 27 del mese ri-
' 1 ossi lo stipendio dal comando e - visita la situazione - in abiti civili
nli allontanai per rientrare in questa ,città ..
A d.r. (a domanda risponde): « Ne~o di aver preso parte o inflitto
lurture ai partigiani catturati che eranco di nazionalità slava e italiana,
c111i affermo che, in mia presenza, nom si sono verificate azioni del
.-nere.
Come già detto, la mia attività di c•ollaborazionista si esplicava nel-
J'l'ffettuare con le SS le operazioni che portavano alla cattura dei par-
ill!iani, che erano tutti comunisti.
A d.r.: « Non mi sono macchiato dli alcuna nefandezza e le denun·
',,. a mio carico sono da attribuirsi al fatto che la milizia era odiata,
1,1cchè le popolazioni del posto erano qlUasi tutte delle formazioni par-
lll•iane ».
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ufficio ed egli mi disse: « Questo sarà il vostro ufficio (eli voi italiani),
il vostro lavoro consisterà nell'interrogare i partigiani ».
Eravamo circa alla fine eli novembre e, come stabilito dal capitano,
alle nove precise mi presentai in ufficio.
Per primo, sarebbe stato interrogato il Tonelli. Io, in precedenza,
avevo già ricevuto ordini in rmerito agli interrogatori c consigli su co-
me mi dovevo comportare. Non ricordo bene se picchiai il Tonelli, ma
posso assicurare di non averlo « appeso», Poi fu la volta del Medeos-
si: per questo interrogatorio impiegai circa tre ore, senza però permet-
termi eli toccare l'arrestato.
In seguito, venne interrogata una signora che poi seppi che real-
mente faceva da staffetta e portava da mangiare al marito; mi spiacc
non ricordarne il nome, ma vi assicuro che nulla di male le è stato
fatto.
Indi mi venne condotto il Tigre, lui dice che l'ho picchiato; non
nego, se così afferma, vuoi dire che sarà vero. Il Raspi, che era stato
presente, ve lo potrà dire .
Nel frattempo, ne avrò <<i mpiccati •• dico al massimo cinque, ammet-
tiamo sei, ma voi dovete convenire che tale compito non era mio e se
qualcuno asserisce che io ordinavo le esecuzioni, posso dire che, durante
gli interrogatori, lasciavo la cella per recarmi dal capitano per dare spie-
gazioni in merito e lui decideva sulla sorte dei prigionieri. Molte volte
dovevamo ucciderli, anche se - a nostro parere - erano innocenti.
E' da notare che del mio ufficio faceva parte pure il ten. Rotigni.
Quando si chiamava uno per interrogarlo, prima si cercava d~ con-
vincerlo a parlare, se poi non parlava, gli si facevano presenti le tor-
ture cui poteva andare incontro. Se invece questi si decideva a par·
!are, nessuno di noi gli avrebbe fatto nulla di male.
Asserisco che parecchie volte ripresi il ten . Rotigni per troppa mal-
vagità verso i partigiani, questi mi imponeva il silenzio rispondendomi
che fino a prova contraria in ufficio comandava lui pcrchè tenente.
Riguardo alle fucilazioni erano tutte ordinate tassativamente dal ca-
pitano, La prima avvenne a Privano e le altre avvennero tra Gonars e
Morsano, in tutto ne furono eseguite sei. Poi ci fu la fucilazione eli
<< Pedro ,, e di un altro, fu cilato nei pressi di Saciletto (eravamo in IO) ;
poi, a Chiopris, fu la volta di << Leo ,, e << Raffaele •, anche a questa
esecuzione presi parte pure io (eravamo in 12); chi comandava era un
maresciallo tedesco.
Indi, fu la volta di altri due, vicino a Scodavacca, che sarebbero:
il primo Ugo e l'altro - quello dall'occhio di vetro - Giordano. Assie·
me a loro avrebbe dovuto essere ucciso pure <<Orso,, ma a me fece
compassione perchè troppo giovane c in caserma - come scusa -
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dissi al capitano che il ragazzo ci era utile, in quanto, per mezzo di
lui si doveva andare a prelevare un altro elemento molto importante.
Fui presente pure alla fucilazione di quattro persone davanti alla casa
del Padovan, io però mi fermai con il ten. tedesco in una casetta poco
distante da Cervignano.
Dimenticavo ancora tre fucilazioni che io però non ho preso parte.
A Latisanotta venne fucilato « Diabolo » ed un altro che non ricordo .
Ad Aquileia vennero ammazzate due persone dal ten. Rotigni, per rap·
presaglia, in quanto la stessa notte fu ucciso il ten. Cella. Poi, a Mer-
lana e Trivignano ci furono tre uccisioni, delle quali una compiuta dal
De Puppo contro uno che tentava la fuga saltando dalla finestra. Poi
vennero uccise altre due persone- a Menarola, non a Merlana - dal
ten. Cella e dal Rotigni ed a sparare è stato pure il cap. Pakibusch.
Tutti questi che venivano ammazzati per le strade erano per atti di rap-
presaglia in quanto a Privano furono ammazzati uno o due tedeschi, tra
Gonars e Morsano altri due, a Chiopris un agente della Landschutz di
Palmanova e a Scodavacca altri due tedeschi.
Il tenente Rotigni, assieme a qualcun altro, ha ammazzato lo Jano-
sich ed un'altra persona di Fauglis di cui non ricordo il nome. Vi
faccio presente che, proprio a riguardo di quest'ultima, alle 2 (due) not·
te, io, il Rotigni c il Cella, andammo a prelevare all'ospedale di Pal-
manova - dove era ricoverata - perchè sapevamo che era a cono-
scenza di molte cose e noi - la mattina seguente- dovevamo partire
per Fauglis.
Io, visto il suo mutismo, feci minaccie senza però farci del male.
Rotigni, perduta la pazienza, fece portar fuori dalla camera l'ammalato
c nel corridoio, Rotigni da una pare e Cella dall'altra cominciarono pri-
ma a pugni e poi con il calcio della pistola.
Dopo alcun tempo venne ricoverato all'ospedale un altro giovane
di Rivignano che a sua volta scappava e, per non perdere tempo, il
capitano Rotigni fece portare i suddetti due uomini in caserma, dove
li fece ammazzare.
Non ci furono altri morti, a ll'infuori del padre eli quel ragazzo di
Trivignano, della cui morte io ne eb bi notizia appena qui in prigione.
So che alle suddette az ioni parteciparono solamente il Bianco ed il
Munaretlo assieme ai militi tedeschi di stanza in tali località. Non so
precisare dove sia stato seppellito Fumis. Non so se sia morto perchè
« impiccato •• e poi bagnato oppure perchè fosse stato avvelenato, come
dite voi.
Dimenticavo eli precisare l'affare del conte di Strassoldo. Il mae·
s tra Moraitti Alessandro era ricercato dal nostro Comando per l'ucci-
sione di due militi (il figlio Giorgio Strassoldo e un suo commilitone
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Sperapane Luigi), avvenuta nella vilia del Conte, nella notte del 5 no-
vembre 1944. Dopo l'interrogatorio venne formato un Tribunale compo-
sto da: col. Buttazzoni N in o, cap. Ugo Franchi, ten. Bertozzi ed altri 6
ufficiali. Dopo mezz'ora il maestro venne condannato a morte mediante
impiccagione, per tradimento. lo ero certo che avessero agito così per
fargli prendere paura ...
Ed ora, cari signori, vi racconto il mio pitl grande delitto, quando
pt-eso << Mirko », aveva in tasca uno scritto con il quale si doveva pre-
sentare a Udine da un medico« Quidam »per una visita. Domandato chi
era questo medico, disse che non lo conosceva, però, dopo qualche
giorno il « Mirko » stesso disse che nella frazione di Zellina aveva ap-
puntamento con un commissario che poteva sapere chi era il dottor
« Quidam >>.
Così, il giorno dell'appuntamento, ci recammo dal commissario, il
quale ci disse che il << Quidam >> era il prof. Pieri. Rimasi di stucco,
perchè non lo avrei mai pensato. Anzi, quando me ne andai, assieme
ad un maresciallo tedesco, ero pienamente convinto che fosse una
<< gaffe>>, invece era tutto il contrario. Giunti dal prof. Pieri, io spiegai
che mi dovevo far visitare e che io ero quello di cui comprovava il
nome sul foglietto. Il professore mi voleva immediatamente visitare,
allora presi una scusa che un ferito l'avevamo fuori dell'ospedale, in
una macchina, dissi che nottetempo è stato ferito dai federati, questo
si apprestava ad uscire con la sua macchina, così disse che nel passare
quarderà il ferito. Da quel momento io abbandonai il professore, per·
chè ad arrestarlo ci pensò il maresciallo tedesco ... Ripeto che io ero
pienamente convinto che il prof. Pieri non avesse nulla a che fare con
il dott. << Quidam >>.
Riguardo la cattura di << Tribuna>>, io presi parte (a Bicinicco ore
20,30). Coloro che entrarono in casa erano il ten. Cella, il ten. Pagliazzot-
ti, il serg. magg. Zanchetta e il serg. Vetere. Il mio incarico era di ap-
partarmi dietro la casa con quattro uomini, in caso di una tentata
fuga. Quando fu preso il << Tribuna>> entrai pure io nella casa. Assieme
ad un altro giovane del S.O. (Sicherheit Dienst) e la cognata e la so-
rella ci dirigemmo a Palmanova. Venne immediatamente interrogato dal
Pagliazzotti, Cella, io, Vetere ed altri due. Il più simpatico gli ero io, for-
se perchè quasi paesano, o forse perchè gli offrii delle sigarette. Ci parlò
molto, ma solamente della montagna, cosa che a noi non ci interessava,
quando finito mi ringraziò dandomi la mano. Non so precisare chi lo
avesse fatto impiccare o chi gli avesse fatto del male. So solamente che
poi inviato a Udine .per essere trasferito in Germania. Seppi più tardi
che il << Tribuna>> assieme ad altri 29 furono fucilati a Udine per opera
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di Forgeti e di Billa, uno che una volta faceva parte della milizia di
Palmanova e poi alle « bande nere"·
Il caso è successo così: il « Tribuno " assieme ad altri, complottava
per una fuga, era tutto a posto, quando il Fo:rgetti venne a sapere il
fatto. Questo tempestivamente si mette in comunicazione con la S.D.
e fanno appena in tempo per far evitare la fuga. E' da notarsi che la
fuc ilazione avvenne una ventina di giorni prima del « collasso >>.
MUNARETTO Alessandro
« ... Verso il dicembre dell'anno scorso su indicazione di tale Bru·
gnola TuJlio da Menarola di Trivignano (ucciso dai partigiani il 1° feb-
braio scorso) una sera, una pattuglia di militi in borghese composta
da Rotigni, Rebez, da me e altri 5, 6, è andata a Menarola di Trivi-
gnano per un rastrellamento, perchè il Brugnola aveva riferito che la
popolazione stava preparando pacchi dono per i patrioti della mon-
tagna.
Giunti nella località, è stato trovato il cap. Ruggiero col cap. Paki·
busch ed altri militi in divisa. Sotto la tettoia sono stati trovati 7, 8 di
ques ti pacchi contenenti vestiario usato. Io non ho sparato, non ho
arrestato nessuno nè ho preso roba. L'indomani ho saputo che il cap.
Pakibusch aveva ucciso due partigiani, un certo Nonino ed un altro
che non so. Ho saputo dal cap. Ruggiero che il milite Guido aveva
ucciso a Merlana, nella stessa sera, un certo Grattoni Guerrino (?) per-
chè non aveva obbedito all'ingiunzione di fermarsi. Quando è stato uc-
ciso a S. Stefano di S. Maria la Longa il fascista Rossi Luciano, credo
nel mese di marzo, dopo alcuni giorni, per ordine del col. De Lorenzi,
come rappresaglia, sono stati prelevati di notte dalla caserma « Piave>>
3 partigiani detenuti, trasportati in camion nei pressi della casa abitata
dal Rossi e uccisi con armi da fuoco. Nel mese di febbraio ho parteci-
pato al rastrellamento di Bicinicco dove sono stati arrestati circa 15
individui, poi rilasciati. Circa le varie uccisioni, avvenute in località
diverse della Bassa Friulana (2 morti ad Aiello, l a Privano, 3 a Ca-
stions di Strada, 3 ad Aquileia, ecc. ecc.) posso dire che venivano ef-
fettuate per ordine della S.D. (Sicherheits Dienst) della Milizia di Pal-
manova come rappresaglia per uccisioni di tedeschi o fascisti. Si faceva
così: venivano prelevati, per ordine del capitano Pakibusch, 1-2-3 parti-
giani della Garibaldi rinchiusi nelle carceri della Caserma e di notte
venivano trasportati in macchina nelle località indicate dove venivano
uccisi ed abbandonati senza documenti di identità. Io facevo servizio,
quasi sempre in borghese, nei seguenti paesi: Gonars, Castions di Stra-
da, Morsano, Porpetto, Castello. Quasi sempre assieme al brig. Stacco
in borghese, disarmati, alle volte, con una dichiarazione di appartenenza
123
alle formazioni garibaldine - avevamo anche addosso la tessera della
Milizia - su istruzione e indicazione del cap. Ruggiero, andavamo nelle
varie località per assumere info·r mazioni circa il movimento dei parti-
giani lasciando capire - senza dirlo - che eravamo anche noi dei par-
tigiani.
3
TESTIMONIANZE E DEPOSIZIONI A CARICO DEGLI IMPUTATI
ALLEGATE AL FASCICOLO PENALE
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tura mi sono state fratturate due coste e per cinque giorni ho spu-
tato sangue. La D.S. (Sicherheits Dienst) di Udine, visto che i carnefici
oltrepassavano i limiti concessi dalla « be lva teutonica », ci fçce passare
alle dirette dipendenze della stessa S.D. di Palmanova».
125
Sebastiano erano il primo impiccato per il collo fino all'esaurimento
dietro la porta della stalla, il secondo dietro il pagliaio percosso a san-
gue ... >>.
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Questa volta parlai a lungo delle mie convinzioni politiche, del mio
sentimento religioso, della famiglia, della Patria e del suo martirio.
Ammisi di avere un fratello comandante di formazioni patriottiche ma
di non sapere nulla, da lungo tempo, della sua esistenza. Il ten. Cella
orclinò che fossi portato nella sala della collettività. Ma la buona spe-
ranza ebbe breve durata. Dopo un paio d'ore, entrò da solo come una
furia il milite Piccini che, in un primo momento si scagliò contro un
certo Camiello, che fu ri dotto grondante di sangue e poi tramortito
con potenti colpi della mano, armata da una grossa pistola. Indi mi
ordinò di precederlo, indicandomi la via della cella di tortura. Fui sgan-
ciato e spinto con brutalità verso l'entrata della cella. La corda passò
al di sopra della porta e venne fissata all'esterno sul catenaccio. Ri-
sultai così appeso a una forma di tavolaccio mobile con i piedi ben
alti sul pavimento e le mani oltre il bordo superiore. E s'iniziò il cal-
vario. La porta veniva spinta con energia dal Piccini che pareva impaz-
zito di gioia per l'originale trovata. Le mani mi si sarebbero spezzate
dalla violenza della chiusura della porta, se non avessi cercato di fre-
nare la spinta con i piecli, le ginocchia ed anche con la testa. Non so
quanto abbia potuto durare il lugubre cigolìo dei cardini. Ad un certo
punto cessò, perchè il serg. Vetere, giunto poco prima sul luogo, richia-
mò il Piccini, ritenendo troppo bestiale il trattamento che mi si faceva.
Quella sera il Piccini riprese il gioco della porta e con esso proseguì
la r idda di calci e pugni e vergate ...
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Il sergente Tun·in da Pordenone entrava allora in cella e sentii che ne
constatava la morte con que te parole: « L'è giazzo ''· Dopo di che ve-
niva chiusa la cella c solo dopo due giomi il cadavere veniva rimosso ...
Non essendosi da me ottenuto quello che si voleva, fu deciso di
impiccarmi e fui lasciato appeso 5 ore nelle condizioni sopradescritte,
non senza che mi fossero gettati addosso alcuni secchi d'acqua. Poi
fu dato l'ordine che ogni giorno venissi impiccato per almend due ore,
finchè non avessi parlato. Effettivamente per due mattine subii que-
ste torture finchè, per il precipitare degli avvenimenti politici c militari,
si decise di sospendere nei miei riguardi l'applicazione di tali siste-
mi ... ».
128
stufa un tizzone, il Rotigni mi passò la fiamma sul viso, sul collo e sul
braccio sinistro, producendomi diverse scottature.
BE LLUZZO Italo << Luciano >> - n. a Meduno di Livenza nel maggio 1924 ·
r esid. a Pravisdomini
« Appartenevo alla Brigata << Gap Friuli » 2.a zona ed operavo nei
dintorni di Cervignano. Fui preso a Torviscosa dal serg. della X Mas
Reb ez e condotto a Palmanova il 6.4.45. Fui « impiccato >> dal milite
Turri n Giovanni , carceriere. La stessa sorte toccò ad altri compagni,
predsamente a Paron Cesare << Nanos >>, Bevilacqua Ferruccio << Mirko >>
ed altri che non ricordo ... >>.
129
9
buia e senz'aria. Si usciva per 10 minuti soltanto alla mattina. Si dor-
miva per terra su poca paglia. Non esistevano recipienti fecali. Il 3 o 4
gennaio venni interrogato dal tenente Rotigni e sergente Rebez.
Fui ripetutamente, per circa un'ora e mezza, bastonato con un legno da
ardere e frustato con un nervo in tutto il corpo. Entrambi mi colpi-
rono con calci e pugni, tanto che riportai la rottura di due denti. Fu-
rono talmente gravi le sevizie e le torture subite che caddi svenuto;
fui portato in infermeria dove il dottor Borrutti, chiamato d 'urgenza, mi
fece due iniezioni. Appena ripresi i sensi, fui ricondotto nella cella sot-
terranea e qui lasciato fino al 16.2.45, giorno in cui fui portato a
Udine, nel carcere di via Spalato. Da lì partii, il 24 febbraio, per
Dachau ».
130
..
a Palmanova. La sera, verso mezzanotte, vennero a prenderrni in cella
c - subito fuori dell'uscio - elementi delle Brigate nere mi percossero
r ipetutamente al capo col nervo di bue fin quando, dopo una ventina
di colpi, caddi a terra svenuto. La seconda notte lo stesso
trattamento ... Poichè non volevo parlare, il Rebez disse a Turrin Gio·
vanni e a certo Del Prete (poi giustiziato dai partigiani): « Portatelo
a lla cella n . l. Trattamento speciale ». Mi condussero alla cella n. l
dove c'era il pavimento lordo di sangue, macchie di sangue sul muro
c un pezzo di cervello attaccato al muro, che il Turrin mi disse essere
stato del « Montes •• (partigiano ucciso fra torture a Palmanova). Mi
fecero denudare fino alla cintola e, messe le mani dietro la schiena,
mi legarono i polsi con una corda sottile, appesero questa a un gancio
del muro e, toltomi lo sgabello da sotto i piedi, mi lascia rono appeso.
Mi la nciarono addosso un secchio di acqua fredda, mi costrinsero a
bere un'intera gavetta di acqua intensamente salata, mi colpirono con
~:alci, col calcio del moschetto alla testa e alle spalle. Durante gli 8
l{iorni passati in quel carcere ho sentito continue grida ed urli stra-
tianti di compagni torturati. Di 33 partigiani che ci trovavamo in quel
periodo nelle celle di Palmanova solo 8 ne sono usciti vivi: io e i
miei compagni che, per interessamento di un certo Pizzul, proprietario
dell'a lbergo « Al Pellegrino » di Gradisca, fummo trasferiti nelle car-
rct; di Gorizia dove rimanemmo fino a l 28 aprile >>.
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diversi spari. Sul momento credetti che avessero provato le armi, ma
uscita, vidi tutti che scappavano e il russo che, appena uscito dalla
stalla, stramazzava al suolo e spirava quasi subito. Corsi ad avvertire
il Carniello il quale, assieme al Bagnariol accorreva verso la fattoria,
ma i due, ancora prima di arrivarvi presero a spararsi tra loro e il
Bagnariol riuscì a dileguarsi. Poi il Carniello col Fritz si erano allon-
tanati, invitandomi a fare altrettanto, ma io non volli abbandonare
la fattoria. Dopo mezz'ora sono venuti militari germanici da S. Giorgio
di Nogaro accompagnati dai cinque falsi partigiani per rastrellare la
fattoria: hanno sparato a lungo e hanno perquisito la casa. Hanno por·
tato via bestiame, attrezzi di campagna e quanto si trovava in casa>>.
132
di rivelare la località dove si trovavano gli altri miei compagni. Io dissi
che ero disposto a morire. Aggiunse che prima occorreva torturarmi.
Risalimmo sul camion e tornammo a Palmanova. Mi fu riservato il
« trattamento speciale» alla cella n. 2. Venni portato poi alla cella 13
denominata « Paradiso», dove trovai Zucco Mario « D'Artagnan », Lo-
renzut Albano di S. Pier d'Isonzo, Sinicieli Benito, successivamente
fucilato a Udine nelle carceri, Mario Cosolo di Pieris, Zorzenon Firmino
« Deo ,, di Fogliano, Causi Ugo di Fogliano, gli ultimi due vennero con-
dotti lo stesso giorno fuori della cella e fucilati dal Rebez tra Viscone e
Chiopris. Un compagno (Zucco Mario) mi disse che in detta cella, quin-
dici giorni prima, erano in 37 e 23 erano stati uccisi. In detta cella ri-
masi 3 giorni. Il terzo, militi SS e cosacchi ci prelevarono, conducendoci
alle carceri di Udine».
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« Marat >> e « Nino >> e di condurli sul camion con cui i militi dovevano
recarsi in rastrellamento. Seppi successivamente che gli stessi patrioti
erano stati uccisi lo stesso giorno chi a Fanghis, chi a S. Giorgio di
Nogaro, chi a Castello ... >>.
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figlio Romeo che fu portato in auto a Trivignano, dove doveva venire
arrestato anche il Grattoni Guerrino. Costui, volendosi sottrarre all'ar-
resto si diede alla fuga, ma fu raggiunto dai colpi dei carnefici e uc-
ciso. Mio figlio fu portato a Merlana e giuclicato da un Tribunale im-
provvisato, composto dal capitano germanico SS di Palmanova, da al-
tri 2 federali e da 2 ufficiali italiani. Venne condannato a morte e fu·
cilato sul posto. La sera stessa venne gravemente ferito anche il Ciani
Luigi (commissario di una formazione partigiana) che, mentre veniva
portato alla fucilazione, era riuscito a fuggire ».
135
appartenenti alla brigata, fermo che fu eseguito da un reparto di ma-
rina di stanza sul posto_ Intervenne poi un tenente tedesco SS, in so-
stituzione del cap. Pakibusch, che provocava la >liberazione dei fermati
facendoli passare alle sue dipendenze. Cessarono, quasi del tutto le tor-
ture e le uccisioni anche perchè tutti i fermati per ragioni politiche,
su disposizione della SD, dovevano essere posti in carcere mandamentale
e non presso il Comando Brigata Nera ... >>.
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compagnato all'interrogatorio: era in tali condizioni da dover essere
sorretto. Dopo un'ora e mezzo venne riaccompagnato alla cella n. l e
nuovamente torturato. Verso le otto di sera fu portato nella cella dove
mi trovavo io. Era più morto che vivo. Gli tolsi la tuta che era a
brandelli e vidi che, alle regioni lombari, aveva profonde ferite da
morso che lasciavano vedere le ossa e in tutto il corpo macchie
ecchimotiche. Parlando a stento, mi raccontò che, mentre era im-
piccato, il Rebez cercava di fargli confessare il luogo dove erano depo-
sitate le merci dell'intendenza della Garibaldi e che nel frattempo un
milite della X MAS gli aveva morso per 8 volte la schiena. Alle 22 il
Cerniz fu nuovamente portato alla cella n. 1 e impiccato. Il Feresin
Dante, che era nella stessa cella, raccontò poi che, poco dopo,
quando il Cerniz fu slegato, stramazzò al suolo, senza dar più segno
di vita. Di lui non si seppe più nulla ».
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ALFREDI Ortensia in D'ALVISE - resid. a Rivignano - anni 43
« Sono la madre del patriota D'Alvise Italo, arrestato dai militi
repubblicani il 12.1.'45 a Rivignano. Fu portato a Palmanova e 15 giorni
dopo fu ricondotto qui a Rivignano vestito da milite e accompagnato
da altri due militi. Tutti tre scesero dalla corriera e si diressero in cam-
pagna. Avvertita di ciò corsi dietro a mio figlio e, sebbene i militi che
lo accompagnavano mi scacciassero, riuscii a scambiare con lui alcu-
ne parole. Mi disse: « Mamma mi hanno fatto del male, ho perduto le
mani . Prega per me ». Fu ricondotto a Palmanova e, da un suo com-
pagno di detenzione, Giulio Artemio «Loreto» (osovano da Rivignano),
ho saputo che scomparve dalla caserma il 15.2.'45. La sua salma non fu
rinvenuta».
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VALER! Giovanni - resid. a Terzo di Aquileia - anni 54
<< Sono il padre di Valeri Gentile << Pedro » appartenente alle forma·
zioni garibaldine. II 14.2.45, durante un rastrellamento nella zona di
Aquileia, venne fermato e rinchiuso, con altre 20 persone, nella Ca-
serma della Guardia di Finanza di Aquileia. Il 16.2, verso mezzogiorno,
riuscii a vederlo con l'aiuto di un militare germanico. Dopo un paio di
ore Io rividi... la sua fisionomia era tutta alterata, aveva la
faccia gonfia e presentava segni evidenti di violenza. Seppi che era sta-
to ferocemente bastonato dal Rebez. La sera, con altri due-tre fu tra-
sportato a Palmanova. Il 25 febbraio, alle 17, mio figlio ed un certo
Malner « Franco » da Monfalcone, furono fucilati in una località fra
Cervignano e Saciletto. Ho saputo da un contadino della zona che i due
giovani furono fatti scendere dall'automezzo e invitati a scappare. Men-
tre fuggivano, furono sparati dei colpi di mitra prima in alto, poi
addosso ai fuggitivi che caddero colpiti a morte. Due giorni dopo potei
recuperare la salma. Oltre alle ferite d'arma da fuoco, aveva su tutto
il corpo - ma specialmente sul petto e sulle gambe - segni di sevi-
zie. Il primo ed il secondo dito del piede sinistro avevano l'unghia
strappata''·
139
sin,, (Carniello Giovannj da Porpetto) che dopo la liberazione venne
giustiziato dai partigiani>>.
140
cuffia nelle orecchie, immettendovi poi corrente elettrica. L'organizza·
tore di tutte queste infamie era il capitano Ruggiero che nei confronti
del pubblico e specialmente dei parenti delle vittime, sapeva diabolica-
mente fingere umanità e considerazione ... ».
VOLPONI Marcello
<< Relazione riguardo il comportamento e il trattamento speciale
che ebbi dal 26 gennaio scorso (1945) in poi, nelle luride indimenticabili
prigioni di Palmanova.
Il giorno 26, fu il giorno in cui il famigerato REBEZ - assieme ad
altri ufficiali della Repubblica - mi catturò a Gonars. Siccome io ero
ricercato, incominciarono ad interrogarmi sul posto picchiandomi co-
me a loro piaceva; non riuscendo a ricavare da me ciò che desidera-
vano, mandarono a chiamare il famoso capitano Venier di S. Giorgio
il quale, appena giunto sul posto, cercò di intimorirmi col suo modo
brutale ma io non parlavo e allora dissero fra di loro: « Lo porteremo
a Palmanova e gli daremo trattamento speciale» e così fu. Mi carica-
rono sulla macchina e con me si divertirono durante tutto il tragitto,
finchè non fummo arrivati a Palmanova. Erano le 3 del mattino q uan-
do mi portarono nella famosa cella. Dalle 3, quando mi rinchiusero,
rimasi lì solo, dopo che per la strada - a causa del cattivo tempo -
ero tutto inzuppato d'acqua, fino alle 11,30 allorchè venne il REBEZ e
mi chiamò, per l'interrogatorio, nel suo ufficio. Era ancora insan-
guinato del sangue dei nostri eroi che precedentemente aveva giusti-
ziati. Lui si sedette e incominciò prima col farmi vedere la frusta e
poi mi disse: << P ada, bandito» ed io, con il mio fare, incominciai a
recitare la parte che da !ungi avevo preparato. Io non parlai nè lì, nè
altrove. Allora lui mi disse: << Spogliati! ». Io mi spogliai e lui incomin-
ciò, da quel momento, a preparare il mio martirio; mi picchiarono con
la sedia, con la frusta, con il calcio della rivoltella e su di me si ri-
versarono i presenti come un'orda selvaggia; io perdetti i sensi e caddi
a terra svenuto, allora mi presero per i capelli e mi alzarono diverse
volte; intanto il sangue mi correva per la fronte e per più parti del
corpo, vedendo che io tenevo duro, mi minacciò di impiccarmi. Io pen-
sai che l'impiccagione fosse regolare, cioè per il collo, e, contento, gli
dissi senza esitare: « Impiccatemi! ». Allora il sergente boia sghignazzò
e, con un gesto d'aguzzino, disse: « Vieni! ». Lo seguii e mi portò nella
cella n. l. Prese la corda, mi legò i polsi dietro la schiena e poi, aiutato
dai suoi allievi, mi appese al chiodo sospeso da terra; mi dettero una
altra scarica di legna te e mi dissero sghignazzando: << Arrivederci,
bandito».
141
Nudo come natura mi fece, lì appeso, a poco a poco sentivo il
morso della corda che mi stringeva e che non mi lasciava circolare il
sangue. Incominciai a sentire tormenti atroci e ,dopo due ore, non ne
potevo più. Allora mi lagnavo e dicevo loro, gridando ad alta voce:
« Incoscienti, vigliacchi, assassini .... ,, e, per vedere se potevo toccar
loro il cuore, dicevo: « Sono innocente, sono innocente, ma loro
venivano allo sportello e sghignazzavano come tanti pazzi, facevano co-
sì perchè non comprendevano il danno che arrecavano all 'umanità.
Due ore dopo venne il REBEZ che, con aria beffarda, mi disse:
« Be', come va?"· A me colavano i sudori come torrenti e non sapevo
cosa fare. Il chiodo era troppo alto e non potevo battervi contro la te-
sta perchè, dal dolore che avevo, mi sarei suicidato. Allora dissi al RE-
BEZ: « Sergente, vi supplico, per favore spara temi! , e lui, con un tono
affermativo di beffa, rispose: « E' troppo bello morire, ti faremo smar-
rire lentamente" ·
Non ne potevo più, mi abbandonai e persi i sensi. Intanto aprirono
la porta e vennero dentro, mi gettarono addosso due secchi d'acqua
fredda e di nuovo giù botte. Domandai da bere: non mi risposero. Di
nuovo chiesi loro un po' d'acqua e loro invece mi frustavano e inco-
minciarono a picchiarmi di nuovo. Nel frattempo, venne un repubbli-
chino con una gavetta in mano e mi disse: « Bevi! "· Avevo una sete
che non ne potevo più, appena mi porse il recipiente alle labbra bevvi
avidamente due sorsate ma, appena ne gustai il sapore, rigettai imme-
diatamente.
Vedendo questo, i carnefici incominciarono a colpirmi ripetutamen-
te in tutte le parti del corpo; avevo la temperatura alta e per di più, in
supplemento alle percosse, la sete che mi tormentava. Ero sfinito, mi
pareva che, di momento in momento, la mia vita si stroncasse. Le mani,
legate com'erano sostenevano tutto il peso del corpo che penzolava
come uno straccio. Intanto la corda aveva solcato i miei polsi, i sudori
mi correvano per il corpo come torrenti in piena. Persi i sensi una
seconda volta e di nuovo mi gettarono due secchi d'acqua; rinvenni e
chiesi da bere: presero il recipiente che avevano in parte e, per forza,
dovetti bere - invece di una - due gavette. Il liquido era formato
così: sale, urina, olio e acqua . Questo, pur facendo smorfie, lo dovetti
bere in pochi minuti poi, con calci e pugni e con il calcio del fucile,
mi rovinarono la testa completamente e mi ruppero una costola. Que-
sto fu il saluto, cioè terminarono di divertirsi, lasciando però ordine al
carceriere che, di tanto in tanto, mi gettasse dell'acqua. Questo eseguì
gli ordini e, dopo lunghe 18 ore, infine mi slegarono ed io caddi a
terra in quella sporcizia, un repubblichino trasse una tuta da un sec-
chio d'acqua e me la indossò. Io avevo perduto completamente il tatto
142
delle mani e, per un mese intero, dovettero aiutarmi a mangiare e
persino in gabinetto doveva venire uno con me.
Dal 26 gennaio, sino alla notte del 13 febbraio, stetti nella cella
n. 2. Il giorno 13 febbraio era il mio compleanno e, verso le ore 10, mi
presero, assieme agli altri compagni nella cella della morte (cella n. 8)
sempre in attesa di essere condotti fuori, al supplizio. Ogni sera verso
le dieci e anche più tardi venivano dentro i nostri persecutori, prima ci
mettevano uno per uno in giro intorno al muro, poi come al solito ci
malmenavano, poi quando erano soddisfatti ne prendevano 3-4 e anche
più e li portavano in camera di tortura. Là era il poso famoso dove
trasformavano i nostri compagni. Noi aspettavamo la fine miserabile
che quelli ci avevano assegnato, eravamo tutti senza documenti e sa-
pendo che in quel modo che loro ci lasciavano noi avevamo fatto dei
cartelli con la scritta del Nome, Cognome e Indirizzo.
Poi con la macchina li portavano fuori, li finivano, e poi abbando·
navano le salme dei nostri eroi sempre spesso e volentieri vicino ai ci-
miteri, affinchè la colpa ricadesse sui partigiani, poi mettevano sui
giornali: « Si sono rinvenute le salme di sconosciuti vilmente assassi-
nati dai fuorilegge », ben sapendo quello che ci era progettato di farci,
noi si era sempre fieri di aver servito e continuavamo la lotta tacendo,
molto spesso cantavamo inni partigiani ad alta voce, e ciò irritava
molto i nostri avversari, e qua ntunque ci perseguitassero noi continua-
vamo ugualmente. Lì non ci lasciavano tagliare i capelli nè la barba e
persino ci privavano dell'acqua da bere e da lavarsi, si era pieni di pi-
docchi, non ci portavano la biancheria che i famigliari ci mandavano:
quando venivano i genitori o parenti a portarci la biancheria i repub-
blichini gli promettevano e li convincevano: siccome loro domanda-
vano la roba sporca di ritorno si scusavano dicendo così: « Quella ci
occorre perchè li facciamo lavorare e poi la roba la laviamo noi >>. E
allora ritornavano a casa senza parlare ma non convinti.
Nel cuore dell'inverno ci facevano dormire sul pavimento sporco,
senza paglia, senza coperte, ho passato da !giorno che mi catturarono f,i-
no al 6 marzo il giorno in cui mi portarono a Udine in via Spalato,
dove m'è toccato di assistere al processo dei trenta compagni che in
seguito furono giustiziati, poi il 22 marzo mi spedirono in Germania.
ll
l
143
II
DOCUMENTI FA!SCI:STI
l
TELEGRAMMA
(dicembre 1943)
Indicazioni di urgenza
Di Stato
Pel Prefetto
Destina tari o :
Podestà
Destinazione:
Palmanova
Testo:
6511 Gab - Comandante militare germanico settore difesa territoriale
sarà costì domenica ventisei ad ore quindici et trenta per accordi circa
situazione guardia difesa territoriale punto Convocate per detta ora
tutti iscritti et siate presente riunione
Prefetto
De Beden
12 gennaio 1944-XXII
Al Comandante di Polizia dell'Ordine - via Portanuova
e p.c.: all'Eccellenza il Prefetto
Udine
144
l'organizzazione della Difesa Territoriale nel Comune di Palmanova, in
considerazione della particolare situazione locale.
Il Comun:: di Palmanova si compone del Capoluogo e di due fra-
zioni: Ialmicco c Sottoselva. Il capoluogo è circondato da una cintura
di fortificazioni costruite in antico dalla Repubblica Veneta. Tale cintu-
ra lascia adito a tre sole porte; nell'interno della cintura sorgono, insie-
me alle abitazioni civili, la maggior parte degli stabilimenti militari (ca-
serme, alloggiamenti ed ampi magazzini).
Viceversa le frazioni sono composte da case sparse nella campagna
e ne viene di conseguenza che le frazioni sono maggiormente esposte
al pericolo di atti di violenza eli partigiani o di comuni delinquenti, men-
tre il Capoluogo è forse maggiormente ·s oggetto al pericolo di incursioni
aeree.
Così stando le cose, avrei ritenuto opportuno costituire, anzichè
un unico nucleo di difesa, con s·e de a Palmanova, tre nuclei collegati,
ma separati, il primo per il Capoluogo, il secondo per la frazione di
Ialmicco, il terzo per la frazione di Sottoselva, in modo che ciascuna
delle frazioni, nell'attesa di rinforzi che potrebbero tardare, possa di-
sporre di una difesa immediata, atta ad effettuare una prima reazione.
Salvo, pertanto, la Vostra approvazione, avrei costituito i tre nuclei
composti come risulta dagli allegati elenchi e proporrei, conseguente-
mente, salvo Vostri ordini contrari, tre capi, anzichè due per permet-
tere a ciascuno dei tre nuclei di fuzionare immediatamente, e, quando il
pericolo minacci in più punti, anche separatamente . Il capo del nucleo
eli Palmanova, naturalmente riassumerebbe in se l'unità dell'organizza-
zione, che nel suo complesso dipenderebbe da lui.
Sarò grato alla Vostra cortesia di un cenno eli approvazione del
mio operato, o, comunque, delle opportune istruzioni.
Il Commissario Prefettizio
(Riva)
3
RELAZIONE SUL FATTO DEL 28.11.1944
145
10
Il signor tenente ROTIGNI aveva disposto il servizio di appostamen-
to in Castello, servizio che era durato sino al giorno 27 u.s., la sera del
quale è rientrato in sede lasciando sul posto me e gli altri due militi
in borghese. Alle ore 19 arriva a Castello il capitano RUGGIERO Erne-
sto - comandante della Compagnia - in macchina e lasciava lungo la
strada due altri militi in borghese: IADICICCO Elpidio e BAGNARIOL
Bruno. Questi mi raggiungevano al luogo di appuntamento precedente·
mente fissato. Con essi mi sono recato nella frazion e di Corgnolo, ove
abbiamo sequestrato il tabacco della popolazione civile, agendo co·
me veri partigiani perchè, da informazioni ricevute, sapemmo che do-
veva recarsi a sequestrarlo una banda di quattro partigiani e due don-
ne alle dipendenze del Romano. Non avendo una forza superiore, ne
la possibilità di tempo di poter informare tempestivamente il nostro
Comando o uno germanico, credetti di agire in tal guisa per salvare
il tabacco; infatti esso fu da noi prelevato e consegnato al Vice Com-
miss. prefettizio di Porpetto, tale DIBERT Ernesto.
Dopo circa mezz'ora da questa operazione si presentarono alla ri-
vendita soltanto le due donne, ma non poterono fare il loro colpo.
Su informazioni assunte, il mattino del 28, io e i militi: ladicicco,
Bagnariol, De Puppo e Casagrande, ci siamo diretti alla volta di S. Gior·
gio di Nogaro a piedi. Strada facendo , in una famiglia abbiamo seque-
strato delle biciclette, spacciandoci per partigiani. Le abbiamo prese in
casa di un partigiano, tale CARNIELLO Giovanni (avente nome di batta·
glia «Rasin») di Porpetto. Ad esso abbiamo lasciato dei buoni per rice-
vuta: « Buono di ricevuta per una bicicletta sequestrata dal gruppo
Bixio, con la firma del capogruppo a nome « Sandra » e in testa eravi
scritto: « Brigata d'assalto Garibaldi - lo Btg. - 1° Nucleo - 2• Campa-
gnia " ·
Abbiamo dovuto effettuare questo sequestro perchè mi pervenne la
segnalazione che la banda di Martello era in zona tra S. Giorgio di
Nogaro e Carlino, in casa isolata.
Ci recammo nella casa indicata e vi trovammo: 3 partigiani, una
signorina partigiana, 2 ragazze ed una donna.
Uno di questi partigiani era un ex milite, tale Carniello Giovanni,
avente nome di battaglia << Rasin », un russo chiamato << Stalin », un
rumeno chiamato << Fritz »; la partigiana certa Treppo Nella, chiamata
«Meri»; due signorine (non partigiane): Scolz Vanda di Luigi e Venco
Anna di Fioravante ed una vecchia certa Molisan Giuditta di Leonardo,
in più c'era un ragazzo di circa 10 anni, figlio di quest'ultima. Questi
ultimi erano: la Venco, figlia della proprietaria della casa, la Scolz una
sua amica, la Molisan, serva della Venco. Subito il << Rasin » mi rico-
nobbe per uno della Milizia ed io, affrontando la situazione, sorriden-
146
do, gli andai incontro, col saluto comunista, dicendogli che ero scap-
pato dalle file della Milizia e mi ero arruolato con i partigiani del
Carso già da un pezzo, unito ai camerati che avevo con me c che
facevo parte della Garibaldi - Brigata d'assalto - l. Btg_, 2.a Compagnia
-Gruppo« Sandra''· Egli mi credette e mi accolse cameratescamente.
Intavolammo conversazione e mi confidò che, verso le 11,30-12 ore,
dovevano arrivare in quella casa: << Martello », << Romano », << Raffaele»
ed altri, con lo scopo di preparare un colpo di mano sulla stazione fer-
roviaria di S. Giorgio di Nogaro, che avrebbe dovuto avvenire alle ore
16 dello stesso giorno. Questo colpo doveva essere effettuato anche con
la nostra collaborazione, essendo io stato invitato dal « Rasin » a par-
teciparvi ed avendo senz'altro accettato.
Nel frattempo, entrammo nella stalla per trascorrere il tempo. Il
<< Rasin », unito al milite Bagnariol, andò ad un casolare poco distante
per procurare della carne, la << Meri » uscì per prendere il pane, restam·
mo io, i militi De Puppo, Casagrande, Iadicicco ed i partigiani Stalin
e Fritz. Dopo poco rientrò << Meri » con sguardo torvo (la stessa sen·
sazione l'ebbero anche i miei camerati) che avesse avuto uno sguardo
d'intesa con i due partigiani; essa aveva le mani nelle tasche del cap-
potto, un po' sporgenti, a guisa di chi impugna una pistola in tasca,
si era avvicinata a me, mettendomisi leggermente dietro. Erano circa
le 9. Guardai i miei camerati: ci comprendemmo. Con mossa fulminea
afferrai il braccio della ragazza tirandogli fuori la mano di tasca, con
la destra impugnai la pistola ed intimai agli altri: << Mani in alto! ». A
questa mia mossa, << Stalin » alzò le mani, ma fece un passo indietro ed
estrasse la sua pistola, però il camerata De Puppo fu più lesto di lui e
gli sparò due colpi al petto; il russo, pur colpito, aprì il fuoco, ma con
mano vacillante ed imprecisa, uno dei suoi colpi, diretto a me, am-
mazzò un vitello, io gli sparai ancora altri due colpi che lo colpirono,
indi, barcollando, uscì dalla stalla e cadde riverso al suolo. Nell'istante
della sparatoria, i due camerati Iadicicco e Casagrande vennero a col-
luttazione con « Fritz » il quale, dato un pugno al Casagrande, lo aveva
costretto in ginocchio ed a quest'ultimo si era inceppata la pistola
ma l'intervento energico e forte di ladicicco salvò il camerata. Il
<< Fritz », riuscito a svincolarsi dalla mischia ed approfittando della
confusione, se la diede a gambe - quasi certamente ferito, perchè
furono riscontrate chiazze di sangue nel posto della lotta, mentre nes-
suno dei due militi risultavano feriti -. In questo frattempo, si senti·
rono rumori in fienile, immaginando che altri partigiani fossero na-
scosti nello stesso e potessero, con moschetto o mitra, intervenire nella
lotta, afferrai la ragazza per il braccio e, unito ai camerati Iadicicco e
Casagrande, lasciai la casa, dirigendomi di corsa sino al passaggio a
147
livello. Transitava in quel momento una locomotiva che si dirigeva
verso la stazione di S. Giorgio, puntandole contro la pistola, l'obbligam-
mo a fermarsi, montammo su tutti e quattro e raggiungemmo la sta-
zione. Mi diressi da un sottufficiale germanico; questi fu premuroso
e cortese ad accompagnarci al Comando Germanico del luogo. Colà,
un sottotenente germanico comandante, non credette al mio racconto,
nè valsero le tessere di riconoscimento e la dichiarazione scritta in te-
desco che autorizzava a vestire l'abito civile. Egli fu indeciso per un
lungo periodo di tempo, quasi lenendoci come prigionieri. In seguito
alle mie energiche e vibranti insistenze, decise di mandare sul posto
una pattuglia di uomini suoi, accompagnati dal Iadicicco, tenendo me,
Casagrande e la partigiana come ostaggi. Insistetti ancora e riuscii
a fargli telefonare a Palmanova, al comando della SS, eravamo arrivati
alle ore 11 circa.
Il milite Bagnaria! Bruno, che era andato col « Rasin >> in un caso-
lare distante circa un Km., sentendo la sparatoria, con lo stesso, si
diresse dove eravamo noi, ma, arrivati in prossimità del luogo, visto
il russo disteso morto, avuta la sensazione che i suoi camerati non era-
no più sul posto e visto il « Rasin » che scappava (anche lui forse aveva
avuto la stessa sensazione nei riguardi dei suoi compagni), gli aveva
lanciato contro, una dietro l'altra, due bombe a mano, ma questi
ugualmente si era dileguato, attraverso cespugli e vegetazione, così il
Bagnariol aveva raggiunto, attraverso la campagna, il Comando Ger-
manico.
F_to: Il Comandante della Pattuglia
P .... C .... C ... _
(V. Brig. MUNARETTO Alessandro)
Il Comandante di Compagnia
Cap.no E. Ruggiero
148
4
GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA
63o BTG. O.P.- 2a Compagnia
Palmanova, lì l dicembre 1944 - XXII
N. 760/18 di prot.
OGGETTO: Fatto d'armi del 28-11-XXII
149
5
GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICANA
63o Btg. O.P. - 2a Compagnia
150
pe, PICCINI Antonio, SPESSOTTO Antonio, BRAVIN Eraclio, POSOC-
CO Luigi, BRAIT Guido e V. Brig. GUARRASI Corrado, è sopraggiunta,
finita la prima fase di combattimento. I militi sono stati divisi in pat-
tuglie per frugare la boscaglia adiacente al paese.
Ad un tratto si è visto scappare in bicicletta, prendendo la strada
che porta in paese il bandito « Rasin » (CARNIELLO) accompagnato
da un bassino (uomo basso) con i capelli ricci, bruno, anch'esso in bi-
cicletta. Il V. Brig. MUNARETTO e il milite IADICICCO si son dati
all'inseguimento di essi, indi è seguita una sparatoria da ambo le parti.
Un colpo di pistola dei banditi ha colpito lo IADICICCO abbattendolo;
il S. Ten. CELLA col serg. della X MAS, il Brig. RECUPERO, i militi
COCCOLO, BRAVIN, CIANI, BIANCO, provenienti da un'altra strada,
accelerando l'andatura hanno oltrepassato il posto dove lo IADICIOCO
era caduto, proseguendo a loro volta all'inseguimento del « Rasin ''· In
una svolta quest'ultimo, con un suo compagno bandito, abbandonata
la bicicletta, si lanciavano in un portone aperto, raggiunta una finestra
della casa la scavalcavano e si buttavano per la campagna, quindi nel
corso d'acqua antistante. L'inseguimento è proseguito per un pezzo
ma non è stato possibile rintracciarli nel groviglio della sterpaglia.
Il comandante della ssa ha ordinato che venisse incendiata la
casa che ha permesso ai banditi di sottrarsi alla cattura, perchè il pa-
drone di detta casa si è reso responsabile di questa mancata cattura
avendo detto al S. Ten. CELLA Romolo - assicurandolo con giuramen-
to - che i banditi non erano entrati nel portone di casa sua, quindi
ha fatto perdere degli istanti preziosi in modo da aumentare la di-
stanza tra inseguiti e inseguitori. Quando il S. Ten. CELLA, spingendo
da parte questo proprietario, è entrato nel cortile, ha visto - unito ai
suoi uomini - che i due banditi saltavano da una finestra della casa
stessa e si gettavano nella boscaglia.
Quale comandante di Compagnia, sento il dovere di segnalare un
elogio a tutti i dipendenti, sottufficiali, militi, che da alcuni giorni non
conoscono riposo nè di giorno nè di notte ed in qualsiasi momento sono
sempre pronti ad offrirsi col loro ardimento e fede purissima. Il lavoro
intelligente, assiduo ed ardimentoso, svolto dal nucleo in abito civile,
ha portato alla cattura di tutta una organizzazione partigiana della
« Garibaldi» nel paese di Fauglia ed ha dato informazioni per effettuare
ulteriori rastrellamenti sicuri nella zona.
Il milite IADICICCO Elpidio, bellissima tempra di camicia nera,
ardita in ogni situazione, è stato nel mio reparto dal gennaio di questo
anno. Era uno di quei militi che ha voluto sempre, volontario, parteci-
pare a qualsiasi azione pericolosa non conos..:endo altro ideale che
151
quello di rimettere la Patria grande come una volta . Egli, col sacri-
l
ficio della sua vita, ha stimolato ancor più nell'animo dei suoi ca-
merati la fede purissima e la scuola dell'ardire. Propongo con rap-
porto a parte, il milite suddetto per la medaglia d'argento al valor mi-
litare alla memoria.
IL COMANDANTE DI COMPAGNIA
f.to: Cap.no E. RUGGIERO
p.c.c.
L'Ufficiale Superiore Addetto
Der Sicherungskommandant in Palmanova
Der Sicherungskommandant in S. Giorgio di Nogaro
152
\ MUNARETTO e dai militi NADIN e ASILLI partivano per Trivignano
per mettersi a disposizione della Compagnia Germanica di quel posto.
Il giorno seguente, la compagnia germanica, coadiuvata dalla pat-
tuglia nostra, effettuava un rastrellamento, durante il quale restava fe-
rito il milite NADIN Giovanni, colpito alla gamba destra con una pal-
lottola che perforava il muscolo ed altre due di striscio allo stesso arto;
i colpi provenivano dalla campagna buia.
Il 26 corrente mese, in seguito ad informazioni assunte dal nucleo
in borghese nei .giorni precedenti, sull'esistenza di una banda di sette
o otto armati nella zona: Gonars - Castions - Bicinicco - Felettis - Mor-
tegliano, è stata intrapresa un'azione di rastrellamento in grande stile,
appoggiata da 5 compagnie tedesche.
Trenta legionari della 2• Compagnia al comando dello scrivente
e 20 della ]a al comando del Capitano Venier, sono stati distribuiti
a cinque compagnie tedesche in nuclei di IO ciascuna, comandati ri-
spettivamente da un ufficiale ogni nucleo di 10.
L'azione ha avuto inizio alle ore 13 del 26 e termine alle ore 5,30
del 27 corrente mese.
Sono stati fermati nella zona di operazione 16 sospetti partigiani.
Il 29 corrente 15 ne sono stati rilasciati perchè uno solo è risultato ap-
partenente alla « Garibaldi ».
Il 28 gennaio c.a., in seguito a confessione di due partigiani sulle
possibilità di sorprendere un reparto della GAP nel cinema di Rivigna-
no, un reparto di 30 uomini al Comando del S. Tenente CELLA Romolo
è partito autocarrato alle ore 13,30 per Rivignano. Sono stati control-
lati i documenti di tutti gli spettatori, ma non si sono trovati i ban-
diti che si ricercavano. Il reparto ha fatto ritorno alle ore 19.
Alle ore 19,45 lo stesso reparto, sempre comandato dal S. Tenente
CELLA Romolo, è partito autocarrato per Tapogliano.
Il servizio di informazioni aveva fatto conoscere che ad una festa
da ballo, indetta per il 28 aprile nelle scuole locali, il parroco si era
opposto, prendendosi le chiavi del locale per proibire detto ballo, non
autorizzato da alcuna autorità competente. Un gruppo di partigiani
si era presentato a lui ed a mano armata si era fatto consegnare le
chiavi affinchè il ballo avesse luogo.
Circondate le scuole e fatta irruzione in sala, è stata trovata una
pistola automatica buttata in un angolo ed altri documenti partigiani
che si volevano occultare; sono stati fermati 15 elementi banditi, in
153
massima parte della GAP di Mon[alconc, lra i quali figura un certo
BAGGIOLI Gianni con nome di ballaglia « Tigre» che è capitano della
polizia partigiana della 3• zona; nel gruppo vi sono anche tre donne di
Monfalcone.
Hanno preso parte a questa azione, ollre alla Milizia, 20 militari te-
deschi del presidio di Aiello.
Nella stessa azione, si è fatta irruzione in casa del bandito TOMA-
SIN Armando, ma questi è riuscito a scappare nudo dalla finestra.
Si sono lasciati in casa lre militi per poterlo catturare al suo eventuale
rientro, ma sino al mattino, non ha fatto ritorno.
Il reparto è rientrato alle 4,30 del 29 corrente mese.
Il 29 gennaio c.a., una p a t tu glia formata da: i sottotenenti CELLA
Romolo, ROTIGNI Giacomo, un sottotenente tedesco, un maresciallo del-
la polizia tedesca ed il Sergente REBEZ, è partita con due auto per
Monfalcone alle ore 20,30, per catturare due capi-banditi colà residenti,
ma questi non sono stati trovati nè in casa, nè nei luoghi dove abitual-
mente andavano qualche volta a dormire. La pattuglia ha fatto ritorno
alle ore 3,30 del 30 corrente.
Durante questo mese sono state fermate 113 persone indiziate o
sospette, rilasciate 55, non risultando delitti a loro carico.
Sono state inviate, durante il mese, 57 pattuglie cicliste sia del
nucleo in borghese, sia di militari in uniforme, in perlustrazione nella
zona.
Gli ufficiali, sottufficiali e truppa hanno, come sempre, avuto
grande slancio e spirito di abnegazione per lo svolgimento del faticoso
servizio dovuto alla esiguità della forza presente. Il loro morale è al-
tissimo, così anche le condizioni fisiche. Faccio presente, per spirito
di equità, una giusta lagnanza e risentimento di tutti i militari dipen-
denti nei confronti del trattamento economico ed assistenziale che
gode la Landschutz, superiore al nostro. La Landschutz, che non svolge
alcuna attività, nè di giorno, meno ancora di notte, che non ha alcuna
fede perchè è più con i partigiani che con la Patria - vedi il grande
numero di capi e gregari catturati perchè risultanti appartenenti a
bande di partigiani - gode di un trattamento economico molto supe-
riore a quello della Milizia, è assistita con spettacoli ricreatori, spacci
cooperativa ed altro.
IL CAPITANO COMANDANTE
(RUGGIERO Ernesto)
154
7
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8
GUARDIA NAZIONALE REPUBBLICA A
63o Btg. O.P. - 2° Compagnia
Palmanova, lì 16 febbraio 1945 - XXIII
N. 977 j9 a di pro t.
OGGETTO: Relazione sul rastrellamento effettuato nelle paludi di
Aquileia.
AL COMANDO DEL 1o BTG. M.D.T. <<FRIULI ••
P.d.C. 849
e, per conoscenza:
AL COMANDO DEL So BTG. M.D.T. << FRIULI,
P.d.C. 849
In seguito ad informazioni avute dal nucleo in civile sulla pre-
senza di elementi banditi nella zona delle paludi di Aquileia, il 15 c.m.,
alle ore 17, partiva un nucleo di questo distaccamento per Aquileia.
Detto nucleo era così composto: comandante della SS germanica
locale, Io scrivente; S. Tenente CELLA, S. Ten. ROTIGNI, Vice Brig.
IURLARO, un sottotenente tedesco, due tedeschi della SS e l'addetto
alla SS Rebez.
Detto nucleo, in collaborazione con la compagnia tedesca di Aqui-
leia, operava un rastrellamento nella zona: Ronchi di Aquileia e paludi.
Tre volte è venuta a conflitto coi banditi, uccidendo complessiva-
mente 7 di loro. Perdite nostre: S . Tenente CELLA Romolo. I banditi
uccisi sono: MEDEOSSI Umberto, (<< Boris »), SPACCATUTTO nome
eli battaglia << Aramis » e gli allri che momentaneamente non sono stati
identificati, i cui nomi verranno comunicati con successivo rapporto.
Sono stati catturati vivi altri 6 bandjti fra i quali uno slavo con nome
di battaglia <<Franco», uno di Monfalcone nome di battaglia «Ragno >>,
Petronio e gli altri non ancora interrogati.
Sono state catturate le seguenti armi: due pistole Berretta calibro
9, assegnate dal comandante della SS a questo distaccamento, una pi-
stola inglese, due pistole Beretta calibro 9, un mitra e due fucili, non-
chè bombe a mano americane; assegnate tutte queste ultime al presi-
dio tedesco di Aquileia.
Sulla morte gloriosa del S. Ten. CELLA si segnala quanto segue:
E' stato un episodio di rastrellamento, precisamente in un casale a
circa 6 krn. a sud-est di Aquileia. Un partigiano, precedentemente cat-
turato, ha confessato che in detto posto vi doveva essere una pattu-
glia di tre elementi, precisamente: TOPO, SPACCATUTTO, MEDEOSSI
156
Siamo andati sul posto. Con una spallata abbiamo sfondato la porta
della stalla e hanno fatto irruzione in essa i seguenti clementi: coman-
dante della SS germanica; S. Tenente CELLA, capitano RUGGIERO; S.
Ten. ROTIGNI , un sottotcncnte tedesco, un milite della SS, un addetto
alla SS, il Serg. REBEZ. Si son trovati due sdraiati sulla paglia, ad essi
il S . Ten. CELLA ha intimato energicamente: «Mani in alto!», indi
si è slanciato con violenza addosso ad uno di essi, sul MEDEOSSI, que-
sti - fulmineamente - con una pistola tirava tre colpi e, quasi a bru-
ciapelo, uno di essi colpiva al petto il S. Ten. CELLA, abbattendolo.
Ne è seguita una sparatoria di circa IO minuti, durante la quale i due
banditi sono stati crivellati di pallottole.
Nel dolore per la morte del camerata ed ottimo collaboratore CEL-
LA Romolo, con coscienza faccio proposta della medaglia d'argento alla
memoria al camerata stesso, proposta che sarà fatta con motivazione
in separata nota.
IL COMANDANTE DI COMPAGNIA
(Cap.no E. RUGGIERO)
P.d.C. 849
e, p.c.:
AL COMANDO DEL Io BTG. M.D.T. « FRIULI >>
P.d.C. 849
157
Diamante Luigi ed il Sergente X MAS Rebez. Questi , spacciandosi per
partigiani - il ten. Rotigni si qualificò comandante di divisione -
riusci rono a venire a contatto con tutta una intera banda e precisa-
mente: « TOTI », comandante della Brigata « Isonzo ••; << AGRO>>, co-
mandante della GAP locale, << ROLANDO », comandante del battaglione
<< Sergio Simenko », << CENSOR >> e <<CANDIDO>>, comandanti rispet-
tivamente delle due compagnie dipendenti dal suddetto battaglione,
<< FAUSTO », intendente, << ORSO >>, viceintendente e infine un certo
<< CASTELLANI », componente dell'intendenza. Ultimate le trattative,
la esigua ma arditissima pattuglia , tirava fuori. le armi facendo alzare
le mani a questi pezzi grossi e li catturava.
An;namento catturato: pistole 12, mitra l, moschetti 2, il tutto
consegnato al comandante della SS di Palmanova , Hauptsturmftihrer
Pakibusch.
Come si rileva, il colpo è stato magistrale per la retata di quasi
tutto lo stato maggiore della brigata • Isonzo ••, compreso il comandan-
te. Per dovere di ufficale propongo un elogio speciale a tutti i compo-
nenti la pattuglia che, con il loro ardimento, intelligenza e spirito di
abnegazione, hanno inferto un altro grave colpo ai banditi comunisti.
IL COMANDANTE DI COMPAGNIA
(Cap.no E. RUGGIERO)
10
158
di FERESIN, infatti dopo lunghe ricerche riuscì ad individuare tutta
la banda composta di 10 persone ed armata in massima parte di armi
automatiche, che trovavasi in riva al fiume Aussa intenta alla pesca.
Data la superiorità numerica il capo pattuglia non credette di affron-
tarli e senza essere visti i quattro compagni si diressero al Comando
tedesco di Saciletto ove presero rinforzi, ma giunsero sul posto con
lieve ritardo per cui i banditi, finita la pesca, se ne erano andati.
La pattuglia proseguì la sua missione percorrendo i paesi di Per-
teole - Scodovacca - Mortesins - Ruda. Sulla strada tra Perteole e Sco-
dovacca, precisamente in prossimità della fabbrica d'amido hanno
riconosciuto tre banditi, dei quali due hanno alzato le mani ferman-
dosi, un terzo sparando si è dato alla fuga; due dei legionari lo hanno
inseguito facendo fuoco, precisamente COCCOLO c ZANOLIN, ma dopo
movimentata rincorsa questi è riuscito a occultarsi nella boscaglia per
cui veniva perso di vista . I due banditi catturati sono: MILOCCO BRU-
NO cl. 1926 e BERGANTIN ALFREDO cl. 1912, entrambi appartenenti
alla GAP.
Informazioni assunte dalla pattuglia stessa segnalavano un altro
bandito in Saciletto dandone anche notizia dell'alloggio. I quattro legio-
nari si disposero in appostamento, infatti la mattina seguente alle
ore 5 riuscivano a catturarlo; questi è CIDIN FERRUCCIO con nome
di battaglia « Giordano » cl. 1911, regolarmente armato.
Quest'ultimo bandito è importantissimo essendo l'intendente ge-
nerale fra la montagna e i paesi di approvvigionamento. E' colui che ha
fatto il colpo al Molino di Molinaris in Cervignano dal quale ha aspor-
tato 90 quintali di pasta e frumento.
In seguito alla sua cattura questo comando è riuscito a recuperare,
quasi per intero, il magazzino dell'intendenza della « Garibaldi», che
attualmente tiene in custodia il Comandante della « SS » Hauptsturrn-
ftihrer Pakibusch.
Per dovere di Ufficiale tributo vivo elogio a queste ardite camicie
nere che non hanno chiesto nè riposo nè alimentazione pur di acciuffare
simili banditi. Particolare elogio è da tributarsi alla giovanissima Ca-
micia Nera COCCOLO Giuseppe che sprezzante di qualsiasi pericolo da
solo ha fatto alzare le mani al grande intendente. Pistole ricuperate
n. 3.
Il Comandante di Compagnia
(Cap.no E. Ruggiero)
F. Ruggiero
159
11
160
III
!DOCUMENTI PARTIGIANI
161
11
Io stesso fui, sia pure da lontano, testimone di questo fatto. Ac-
cadde così: mi trovavo in quel paese per raccogliere dati riguardanti la
fucilazione eli 8 persone, il giorno 8, quando vidi - dalla strada di
Palmanova - arrivare un camion pieno di militi della X• Mas . Temen-
do qualche rastrellamento, mi buttai in campagna. Con me furono
Rocco e Lampo. A circa 300 metri mi fermai. Ero sempre provvisto di
binocolo quando dovevo girare in aperta campagna e, salito sopra un
albero proprio oltre il fiume e dietro il cimitero, vidi che il camion si
era fermato nella piazzetta. Nel frattempo arrivò un'altra macchina.
Sentii delle forti grida, puntai il binocolo e vidi che alcuni uomini, in
divisa della Xa Mas, spingevano con forza davanti a loro un giovane
vestito in borghese. Non conoscevo quel giovane. Dapprima, non capii
bene ciò che volevano fare, ma quando vidi che un milite sciolse una
corda, compresi subito: lo volevano impiccare. Cercai affannosamente
di poter riconoscere qualcuno dei militi ma essi mi erano lutti sco-
nosciuti.
Ricordo soltanto questo: uno della X• Mas; più alto di tutti - che
pareva si desse molto da fare in quella triste faccenda e di cui mi
è rimasta una strana impressione - lo dovetti incontrare alcuni mesi
dopo e precisamente il 7 marzo 1945, giorno del mio arresto: quello
era il REBEZ. Il giovane era il maestro Alessandro MORAITTI. Sentivo
le sue grida talmente distinte che potrei ripetere quello ch'egli implo-
rava.
Spinto il prigioniero con la forza - come dissi - sotto l'albero,
che era leggermente inclinato verso il Fiume, e fatta passare la corda
oltre un ramo, fecero il nodo scorsoio. Dovettero lottare in tre o
quattro per riuscire a mettergli la corda attorno al collo (tra quelli
che si davano da fare, c'era anche il Rebez), infine il poveretto dovette
cedere. Fu un attimo: quasi contemporaneamente udii due spari di
pistola, Cosa era accaduto? ... Si era rotta la corda e, non appena il
disgraziato cadde a terra, gli spararono due colpi alla schiena; poi, ben-
chè morente, lo impiccarono un'altra volta. Fu in questo che vidi il
Rebez la prima volta, pur non conoscendolo ancora.
Durante il primo interrogatorio ch'io feci al Rebez a Cervignano,
questi disse di essere stato presente, anzi uno dei più vicini al Moraitti,
ma di non aver preso parte all'esecuzione. Ciò non è vero, anch'egli
si dava da fare, come dissi, intorno al maestro. Nello stesso giorno mi
pervenne il rapporto dalla zona di Gonars che diceva che un compagno,
Trigatti Elio, era stato catturato il giorno 6 dalla Milizia di Palmanova
e che il giorno 28 dello stesso mese fu in Palmanova fucilato. In quel
periodo di tempo, nel carcere di Palmanova si trovava un certo Foga-
162
gnolo che per aver tentato la fuga fu ferito - dice il Rebez - dal
tenente Cella, indi portato all'ospedale ove già erano ricoverati e pianto-
nati alcuni feriti partigiani-
Un giorno, e precisamente il 12 o 13 dicembre, il tenente Rotigni, il
Cella ed il Rebez, andarono a prelevare due uomini all'ospedale: pre-
sero il Fogagnolo e il Milocco e, benchè feriti, li portarono alle carceri
e, dopo averli seviziati, li uccisero. Questi provvedimenti erano derivati
dal fatto che la sera precedente un partigiano ferito era fuggito dal-
l'ospedale. Il Rebez nega di aver ucciso lui i due partigiani, asserendo
di essersi trovato allora a Trieste in licenza di convalescenza; cosa as-
surda, giacchè il giorno 11 settembre egli era già in servizio, come
attesta la sua presenza all'impiccagione del maestro MoraittL Da notare
che alcuni giorni prima, quando il Rebez si recò col Rotigni ed il Cella
a prelevare i feriti, all'ospedale interrogò i feriti stessi, somministrando
a qualcuno una buona dose di botte {dalle testimonianze degli infer-
mieri già citati da codesta Corte).
Tralascio di riportare tutte le perquisizioni ed i rastrellamenti
avvenuti tra un periodo e l'altro dall'arresto dei suddetti compagni,
sarebbe storia troppo lunga. Mi limiterò soltanto a riportare quei fatti
che maggiormente terrorizzarono questa zona e che lasciarono in noi
un'impronta difficilmente cancellabile.
In questo periodo - e cioè ai primi di dicembre - un'altro attore
comparve in scena. Tra i tanti assassini che si sono rivelati in questi
tempi, approfittando della loro libertà d'azione per sfogare i loro
istinti criminali, non credo che nessuno possa eguagliare questo, nep-
pure il Rebez che uccise molte persone a sangue freddo: questi ri-
sponde al nome di Ernesto RUGGIERO_
Come dissi, questi, nei primi mesi di dicembre, con il grado di
tenente si presentò volontario alla SS di Palmanova ed a Pakibusch, già
comandante tedesco di quella piazza, dicendogli: « Comandante, nella
certezza che voi libererete l'Italia dal giogo straniero, vengo a mettermi
a vostra disposizione affinchè possiate contare sulla mia fedeltà e sul
mio servizio », Fu assunto senz'altro ed alcuni giorni dopo, promosso
capitano. (Giannini, ex maresciallo della D.T. di Palmanova, fu testi-
mone). Ed ecco questo snaturato darmi più lavoro di dieci Rebez mes-
si assieme. Non c'erano rastrellamenti nè perquisizioni a cui lui non
partecipasse in un modo o nell'altro. Aveva ottenuto da Pakibusch la
massima fiducia ed era il padrone dispotico di quella fortezza. Da re-
gistri sequestrati e da me depositati alla Polizia di Cervignano, risulta
che egli fece arrestare 543 partigiani, di cui soltanto 312 ritornarono al-
le loro famiglie. Io ero elencato con il numero 409 e, ad ogni arresto,
163
veniva aumentato un numero. VALER! Gentile aveva il numero 386,
di altri non mi ricordo. Tutti questi ordini di arresto, portavano un
timbro in corsivo con il nome di << Ernesto Cap. RUGGIERO >> e se-
guiva la firma. Accanto a diversi nomi si notava una croce, ciò signifi-
cava che quelli erano ormai nel regno dei Cieli. In fondo poi, c'era
scritto: « Morto in seguito a tentata fuga». Questo per me era una
cosa inspiegabile.
Appena ebbi arrestato il CRAGNO, volli sapere perchè aggiungevano
il famoso detto « Morto in seguito a tentata fuga» ai nomi di tutti i
fucilati, benchè sapessero d'essere stati loro stessi a fucilarli.
CRAGNO rispose: << In primo luogo perchè quando si doveva fuci·
lare qualcuno che era ignaro della sorte che lo attendeva, il suo ese-
cutore gli diceva: « Senti, a me dispiace farti del male, tu mettiti a fug-
gire ed io sparo in alto, così nessuno crederà ch'io t'abbia salvato ». In-
vece, quando il disgraziato prendeva la rincorsa, gli si scaricava alla
schiena una raffica di mitra e la sua fuga era bell'e finita. In secondo
luogo, perchè un domani si potesse giustificare il loro operato. Doppia-
mente infame quest'atto, giacchè sapevano di dover un giorno rende-
re conto alla giustizia di questi crimini; consapevoli di commettere un
assassinio, cercavano di parare il colpo prima ancora che la giustizia
avesse preso nella sua rete l'infame colpevole. Questa asserzione di
CRAGNO mi fu riconfermata dal REBEZ dopo il suo arresto.
Ed ora veniamo al MALABARBA.
Non essendo stata mia zona d'azione il luogo del suo arresto, non
posso precisare con esattezza il giorno del suo arresto, so soltanto che
un giorno egli, dopo essere stato arrestato e tradotto a Palmanova,
verme ricoverato all'ospedale, tante erano le botte ricevute per tre volte.
In seguito, fu portato dall'ospedale alla caserma della SS, dove rice-
vette tante di quelle botte che morì tra le mani dei suoi aguzzini. Chi
lo picchiava era il REBEZ, chi comandava e dirigeva gli atti era il
RUGGIERO.
La moglie del Malabarba un giorno si presentò al RUGGIERO per
intercedere per suo marito; RUGGIERO promise la sua salvezza purchè
lei confessasse ciò che sapeva ed essa confessò. Avendo il marito ne-
gato tutto, fu più volte passato alla tortura sino a che morì (testimone
oculare il sergente della « Landschutz » Enrico ZANELLA abitante a
Palmanova, via Cappuccini n. 29). La moglie del MALABARBA, abba-
stanza leggera, dopo la morte del marito, mi diede molto da sospet-
tare riguardo la sua condotta. Nego che il MALABARBA si sia impos-
sessato del denaro requisito. Non mi risulta fondata una cosa simile.
164
La prima azione commessa dal RUGGIERO di cui io venni a cono-
scenza, avvenne a Torviscosa. Il giorno 22 dicembre 1944 si perpetrò
un rastrellamento in quel paese. Fu in questo giorno che scoprirono la
nostra radio trasmittente ed arrestarono il radiotelegrafista. Furono
proprio il capitano RUGGIERO e Pakibusch a dirigere l'operazione
(allego relazione firmata da REBEZ). Trovarono la radio ed arresta-
rono, come dissi, il radiotelegrafista. Esasperati per il fatto di non aver
potuto catturare nessun altro, uno dei nostri e cioè « Samos , (De Ste-
fano Ezio) - la cui moglie credo abbia già fatto denuncia- fu ucciso
in casa. Il RUGGIERO si recò a Torviscosa altre due volte per per-
petrare arresti ed il Rebez per altre tre.
In una di queste, e precisamente la seconda volta che il RUGGIERO fu
a Torviscosa, in località Malisana, diresse pure l'operazione nella qua-
le furono arrestati alcuni dei nostri che in seguito furono portati a
Palmanova (allego dichiarazione del REBEZ). Tralascio dal descrivere
i fatti di Fauglis avendo io stesso interrogato i testi ed inoltrato in
Questura gli atti riguardanti. Ciò vale pure per i fatti di S. Giorgio di
Nogaro, Gonars, Castions e dintorni, tanto più che, nel periodo di
lotta partigiana quella non era zona che a me riguardava, pertanto
ciò che appresi non erano fatti contestati da me stesso come i sopra
e i sottoscritti.
Nel mese di gennaio, dato il freddo intenso e la neve caduta, l'at-
tività della SS era un po' diminuita, come del resto pure l'attività par-
tigiana. Facevano qualche rara comparsa - come per esempio ad Al-
ture e ad Aquileia - senza però arrecarci danni notevoli. Fu dopo
lo scioglimento della neve che si manifestò, più brutale che mai, l'istin-
to di quei bruti. Più svanivano le speranze d'una vittoria, più sentivano
il bisogno di vendicarsi e così incominciò la lunga serie di rastrella-
menti: in località Cartona (Ruda), in Aquileia, località Ronchis e Bo-
scat, a S. Martino, località Moruzzis, tanto per citarne qualcuno. In tutti
questi rastrellamenti furono perpetrati degli arresti e, giacchè quasi
tutti gli arrestati vennero fucilati, spiegherò in seguito chi fu arrestato
in un dato luogo, chi nell'altro.
Comincerò da William TONINI (« Tovaris ») ucciso a Castions di
Strada (il REBEZ s'era dimenticato di metterlo sulla lista degli uccisi),
dove fu catturato il 12 febbraio. Il 19 dello stesso mese, mi trovavo
con 30 uomini circa in località Boscat (Aquileia) quando, alla sera (ore
22), fummo assaliti da più di 300 tedeschi. La sentinella diede l'allarme
e, malgrado questo, dovemmo lasciare tre uomini sul terreno e due
rimasero feriti. Tutti i superstiti dovevano ritrovarsi in un dato luogo,
già prestabilito. All'appello, oltre ai morti, mancavano '' Pedro » e
165
« Mario "· Mandai tutti gli uomini a dormire ai loro distaccamenti e
dissi loro di attendere ordini.
I tedeschi telegrafarono subito a Palmanova ed alla mattina verso
le 4 circa, il cap. RUGGIERO col ten. PAGLIAZZOTTI, il ROTIGNI, il
CELLA, il PICCINI, il REBEZ, il MUNARETTO ed altri, si presenta·
rono in località Ronchis di Aquileia e arrestarono un certo << Ragno»,
un nostro compagno che ci tradì. Infatti egli disse che nel fienile era-
no ancora nascosti dei partigiani. Fu chiesto al padrone dello stabile
se ciò fosse vero: egli negò, ma RUGGIERO insistette, allora tutta
quella masnada si mise a perforare il foraggio con le baionette, quando,
ad un dato momento, si sentì un urlo: una baionetta aveva passato
da parte a parte la guancia del compagno << Aramis »; questi fu porta-
to a Palmanova. Non seppi quale fine fece. Poco mancò che ammazzas-
sero il padrone dello stabile. Poi << Ragno», per avere salva la vita, si
fece portare in macchina in località << P;:ntiera » sempre in Aquileia
ove sapeva dormivano altri partigiani suoi amici. Infatti REBEZ, RUG-
GIERO, BIANCO, COCCOLO, ROTIGNI, CELLA, PICCINI ed altri, ap-
pena arrivati, circondarono la casa.
ROTIGNI, CELLA, REBEZ e BIANCO, salirono la scala del fie-
nile dove dormivano (eravamo al mattino del 15) << Spaccatutto, e « Bo-
ris , col mitra accanto e la pistola fuori dal fodero. A causa del ru-
more provocato dai militi, << Boris , si svegliò di soprassalto e si vide
alcuni mitra puntati addosso. Oramai conosceva la sua sorte: otto
giorni prima era scappato dalle carceri di Palmanova. Volle vendere
la sua pelle più cara che gli fosse stato possibile: afferrò la pistola e
sparò - quasi a bruciapelo - al primo che gli si parò davanti. Questi
stramazzò colpito a morte: era il tenente CELLA. Quasi contempora-
neamente partirono alcune raffiche di mitra e << Boris » e << Spaccatut-
to , non erano più.
Asportarono loro tutto ciò che capitava sotto gli occhi. L'indomani,
oltre a questo, dal rapporto seppi che << Raffaele , dell'intendenza, ay
sieme ad un altro partigiano che era irriconoscibile, fu fucilato pro-
prio dal REBEZ e da alcuni altri a Chiopris. Interrogato da me il
REBEZ confermò il fatto.
Nello stesso giorno, 15 febbraio, appresi la notizia dell'arresto da
parte dei tedeschi di << Pedro, e << Mario "• mancanti all'appello la
sera precedente. Sempre il giorno 15, << Pedro >> e « Mario » furono, in
Aquileia, consegnati dai tedeschi a RUGGIERO ed in caserma, alla pre-
senza di cinque o sei arrestati - inquilini dello stabile ove fummo at-
taccati - incominciò l'interrogatorio.
Povero << Pedro »!. .. Rebez lo reclamava per proprio conto; Rug-
giero invece diceva: <<No, questo me lo prendo io!» ... Avevano pro-
166
prio sete di « Pedro » e non vedevano l'ora di arrivare a Palmanova.
Infatti, verso le 10 del mattino « Pedro ,, e « Mario» furono portati
colà e non dovevano più uscire che per andare a morire.
Un altro rapporto mi pervenne in quei giorni: tre dei nostri fu-
rono trovati morti sulla strada a S. Stefano ...
L'indomani due ne vennero uccisi a Latisanotta per vendicare la
spia uccisa dai nostri i giorni precedenti.
Intanto gli arresti si susseguivano a ritmo accelerato . La bile di
Ruggiero era al colmo. Sapeva che pure tra i suoi c'era qualcuno che
lavorava per noi ma non riusciva a sapere chi fosse. Un giorno propose
l'arresto di quattro giovani della « Landschutz "• sospetti di collabora-
zione con i partigiani (per quanto ciò fosse vero non aveva delle pro-
ve) ma il capitano tedesco loro comandante si oppose e Ruggiero dovet-
te stare zitto.
Arrivammo così agli ultimi di febbraio. Ruggiero, con la sua banda,
faceva diverse apparizioni nel Cervignanese ed io avevo fatto piantonare
tutte le strade dei dintorni con la speranza di poterli acchiappare
tutti assieme. Un giorno mi scapparono, essendo io arrivato col grosso
della forza (20 uomini) dieci secondi dopo che questi erano passati.
(Non credo abbia importanza per voi questa spiegazione). L'indomani eli
questo fatto dovetti portar via di casa mia moglie col bambino; te-
mevo per loro. Li portai a Saciletto in casa di Giacomo Bergamasco, il
figlio di questi era ricercato perchè partigiano: egli era con me.
Verso le tre del mattino mentre nel «bunker» stavo meditando,
essendo appena rientrato da una azione, all'esterno sentii dei passi.
Presi il mitra, uscii dal nascondiglio ed attesi fermo dietro un albero.
Ero in aperta campagna: era buio pesto. Vidi un'ombra che indecisa
veniva avanti lentamente: puntai, ma non avevo l'anima di ammazzarlo,
così rimasi interdetto col mitra spianato. Passarono un paio di secon-
di che mi parvero un'eternità e sentii chiamare: « Pep! Pep! ». Dio mio!
Riconobbi la voce: era mia moglie! Feci un salto avanti e gridai: « E il
bambino? ». « Lui sta bene, non aver paura ». Mi pareva di impazzire.
« Entra! » mi disse lei, calma, ed io ancora oggi mi chiedo come non
ho fatto fuoco quella mattina.
« Dai Bergamasco, dove dormivo, un'ora fa vennero a cercare di
• Gigi ». Si presentarono per partigiani dicendo che lo conoscevano be-
ne e che avevano bisogno di parlargli, ma il padre non aveva mangiato
la foglia. Figurati se fossero venuti in camera e avessero trovato me c
il bambino. Certo sarebbero stati guai. Buono che credettero al vec-
çhio e se ne andarono promettendo di ritornare domani» .
Quelli erano: Ruggiero, Rebez, Pagliazzotti, Biondo e Piccini. L'in-
domani attesi, nella certezza però d'attendere inutilmente, senonchè,
167
verso le dieci, vidi quattro in divisa repubblicana che si erano fermati
proprio dinanzi alla casa dei Bergamasco. Io credetti che fossero loro.
Mandai subito << Argante >> ad avvertire gli altri ed io, intanto feci un
giro per la campagna ed uscii proprio tra i quattro. Quelli alle spalle
si misero a gridare, quelli davanti buttarono le biciclette in mezzo alla
strada e puntarono i moschetti. Che dovevo fare? Guai se mi avessero
preso o ferilo. Mi buttai a terra in mezzo alla strada e feci partire
alcuni colpi di pistola. Anch'essi spararono, ma quei due che ricevet-
tero i primi colpi non risposero più. Mi venne perforata la giacca e
fui ferito di striscio, ma sarei stato ammazzato certamente se « Ar-
gante >> non fosse venuto in mio aiuto e non mi avesse aiutato a far
fuggire gli altri ... Quando giunsero i rinforzi, ormai era tutto finito e
l'indomani mattina, giorno 24 febbraio, nello stesso posto vidi arrivare
un camion. Io mi trovavo sotto gli alberi con alcuni cervignanesi per
l'allarme.
Gettai un'occhiata sul camion, poco mancò che mi tradissi: tra le
SS che c'erano in macchina vidi « Pedro >> c « Mario >>. La macchina si
fermò a circa 5 metri da noi. Io attraversai la strada e andai nella casa
dirimpetto. Avevo tutte le possibilità di fuggire senza essere visto e sen-
za dire nulla a nessuno. Volli salire in alto; da lì vidi persino scendere
Rebez, poi Bianco, indi Coccolo ed un altro che mi è sembrato Cragno,
ma non son sicuro. Poi scorsi « Pedro » ed infine « Mario>>. Il Rebez
spingeva « Pedro >> innanzi a sè con la canna del proprio mitra, coadiu-
vato da Cragno (suppongo), mentre « Mario >> fu preso per braccio da
Bianco e Coccolo col mitra nella schiena.
Il primo a sparare fu il Rebez, poi colui che aveva il mitra nella
schiena di « Mario >>, indi ancora alcune raffiche .
Appena caduti questi, mi inoltrai in campagna temendo qualche
rastrellamento.
L'indomani Cidin e Zorzenon furono uccisi pure dal Rebez, Bianco,
Coccolo ed altri due che non ricordo con esattezza (darò spiegazioni
esaurienti).
Dal l marzo alla fine, so tutto a memoria.
Come dissi sul quaderno prima, il giorno 24 .2.1944 furono uccisi ad
Alture CIDIN Ferruccio e ZORZENON Ugo. Non era in noi cessato
l'orgasmo per la fine eli « Pedro » che, vet·so le 10 del mattino udimmo
(io e 5 o 6 altri compagni) il rumore d'un camion. Noi ci ritirammo
nel tinello dell'osteria S. Biagio in Alture stesso .
Da notare che proprio in Alture io tenevo la sede permanente; sede
per modo di dire: un bunker, una sede in piena campagna, ma la fe-
deltà assoluta degli abitanti di quella frazione . Era quasi un semestre
168
che, soltanto saltuariamente, mi allontanavo per qualche giorno da quei
dintorni e se fosse accaduto un avvenimento d'una certa entità, non
sarebbero trascorsi pochi minuti che ne sarei stato messo al corrente
anche se il fatto fosse accaduto a Cervignano che dista quattro chilo·
metri circa.
Dunque, io dietro le gelosie della finestra ho potuto notare un ca·
mion pieno di militari, ma essendo questo passato troppo velocemente
e poichè la strada era troppo vicina alla finestra, non potei distinguere
con precisione se ci fossero dei borghesi a bordo. Appena passata la
macchina, nello stanzino entrò la figlia dell'oste pallida e tremante e
disse: « Tra quei militi ho visto quello dall'occhio di vetro ed un'altro
che è dei vostri ma che non conosco il nome».
Chiesi quanti militi fossero in tutto, disse: « Una ventina».
« E armati? ... Come? ... », ma lei non sapeva darmi spiegazioni, tan·
ta era la paura. Dissi agli uomini di lasciare subito il locale, tanto più
che alcuni secondi dopo sentii che la macchina si fermava. M'arrabbiai
con me stesso per aver lasciato il binoccolo nel bunker, infatti, a tre·
cento metri fuori da Alture, sulla strada che porta ad Aiello, vidi fer·
ma la macchina. Mentre gli uomini abbandonavano l'abitato, io mi av·
vicinai alla chiesa e, spostandomi a destra verso la campagna, potei
ancora avvicinarmi di 150 metri circa. Tra quel parapiglia, ancora una
volta vidi il Rebez spingere innanzi con forza un uomo. Lo conobbi:
era Ferruccio dall'occhio di vetro, l'altro invece camminava innanzi
senza sforzo apparente, sembrava rassegnato. Era Ugo ZORZENON . Tra
costoro, non potei fare a meno di notare un ragazzo tanto giovane da
sembrare un bambino, quello stesso che il giorno precedente spingeva
avanti «Mario». Era COCCOLO, assieme ad uno vestito in tuta mec·
canica blu, era Bianco, assieme ad altri due che non riconobbi. Ciò
che maggiormente mi colpì, fu la resistenza che fece Ferruccio; gridava
ed implorava aggrappandosi ad uno del gruppo che lo spingeva, non
so precisare a chi si fosse aggrappato. Lo trascinarono quasi di peso
per altri 10 o 15 metri e poi spararono mentre, ancora aggrappato,
chiedeva grazia. Nel cadere, strappò ad uno un anello del cinturone
cosicchè questi ritornò col cinturone penzoloni sino al camion. Il Zorze·
non si lasciò sparare come fosse cosa che a lui non riguardasse. Appe·
na quelli furono partiti, mi misi a correre sul posto e per tre o quattro
minuti rimasi solo sul posto, prima che qualcuno osasse avvicinarsi.
Accanto a Ferruccio, vidi a terra l'anello del cinturone che strappò
al suo assassino.
Lo diedi al maresciallo dei carabinieri che alcuni minuti dopo venne
per le indagini. (Vorrei sapere se quelle indagini hanno dato buon esi·
to). Tralascio dal descrivere l'impressione che fece su tutti noi questo
169
fatto . Tutti i « Gappisti » venivano passati per le armi; ormai non v'era
via d'uscita: quando ti arrestavano eri bell'e fritto.
Intanto ad Alture i fascisti fecero una bella retata e portarono a
Palmanova tre o quattro del paese, neppure io ormai dormivo con la
sicurezza di alcuni giorni prima. Vennero per un rastrellamento as-
sieme ai tedeschi. Io avevo appena iniziato la costruzione di un bun-
ker e lo dovetti far saltare prima che arrivassero sul posto.
Non so se a questa operazione abbiano partecipato i quattro che
conosco e cioè: Ruggiero, Rebez, Coccolo e Bianco. Arresti si perpetra-
rono intanto in diversi paesi, sono fatti che tralascio di scrivere avendo
già gli interessati sporto denuncia. Una ventina circa.
Ed eccoci arrivati al 7 marzo, giorno del mio arresto. Questo avven-
ne come tutte le cose che vengono per nuocere e cioè imprevisto. Fu
cosl. La sera del giorno 6 marzo, mi ritirai tardi da una azione eseguita
sulla ferrovia. Alcuni lavori da sbrigare ancora al lume di candela e
verso le quattro del mattino presi sonno. Mi pareva di essermi appena
addormentato, che dall'esterno sentii chiamare: « Qui! Qui, Brich! Qui!>>.
Ero in mezzo ai campi a 400 metri da Alture ed altrettanti da Saciletto.
Un piccolo bosco occultava il mio rifugio e bisognava guadare un
fiume se non perfettamente pratici del luogo. Tutt'intorno alti olmi e
vimini coprivano il rifugio abbastanza bene. Ad un tratto, come dissi,
dall'esterno sentii chiamare un nome di cane. Sulle prime credetti fos-
sero alla caccia e, frettolosamente, cercai di occultare nel miglior modo
possibile, l'entrata che si trovava dalla parte del fiume. Mentre, ancora
in mutandine, cercavo di otturare il foro d'entrata, udii una scarica di
mitra e contemporaneamente dei sibili vicino agli orecchi. Mi gettai
bocconi a terra, udii ancora una raffica, questa volta un po' più alta.
Allungai la mano per spostare un po' il fieno e vedere quello che ac-
cadeva fuori. Figuratevi! Fuori c'era una ventina di militi tedeschi che
aveva circondato il mo rifugio. Ero preso! .. . Essi mi videro e si misero
a gridare: «Fuori tutti! Fuori tutti!, ed io, sempre in mutandine, uscii.
Non posso precisare quanti mi furono intorno. Io dissi loro: « Sono
solo! E' inutile che cerchiate più! Un tedesco fece partire ancora una
raffica all'interno del bunker. Io ra bbrividii, dentro c'erano tritolo e
bombe: avremmo potuto saltare tutti in aria.
Trovarono alcune bombe, il mitra, qualche moschetto, ma il più lo
potè asportare il padrone del campo mentre noi a ndavamo verso il mu-
lino. Appena uscito dal mio rifugio riconobbi il Ruggiero e dissi: << Vi
chiamate Ruggi ero, nevvero? », ed egli : « Che t'importa? », mentre gli
altri gridavano (Rebez e Pagliazzotti): << Chi sei? Chi sei? », ed io: << Fe-
resin Bianchin da Cervignano ». Non avevo finilo di dire il nome che
tutti si misero a gridare dalla contentezza.
170
Uno gesticolava, l'altro rideva!... E si passavano la voce l'uno con
l'altro elicendo: « Abbiamo preso Bianchin! Abbiamo preso Bianchin! ».
E Rebez: « Caro il mio Bianchin, finalmente! ... ». Poi disse: « Qua la
mano! ... ». Ma io, fingendo di non vedere e sempre con le mani in alto
sotto il mitra di Ruggiero e Pagliazzotti, elissi a quest'ultimo: « Perch~
mi volete portare a Palmanova? Ormai avete vinto voi; su, coraggio,
sparate qui, mi seccherebbe fare il pagliaccio in giro per paesi! ... ''·
E mi misi - sempre con le m ani in alto - innanzi ad un grosso olmo,
sempre in riva al fiume.
Ruggiero elisse: << Non lè mica fesso lui! No, no, caro mio, sarebbe
troppo comodo morire così per un tuo pari! Vedi? - seguitò - Noi
non operiamo di notte come fate voi, simili alle talpe; noi marciamo
alla luce del sole perchè sappiamo la giustezza del nostro agire e non
abbiamo le coscienze nere come le vostre che v'è necessario dormire
di giorno, chè di notte non lo potrete! ... ».
Non replicai, anche perchè in quell'attimo un tedesco mi diede un
colpo in testa facendomi per qualche istante barcollare. Mi fu imposto
di vestirmi, mi seccava. Sapevo che, se non mi uccidevano sul posto,
sarei stato beffato e deriso da tutta quella masnada che mi avrebbe
portato in giro di paese in paese. Mentre mi vestivo, si perlustravano
il bunker ed i dintorni; non si rinvenne un gran che. Riguardo al ma-
teriale nascosto nel rifugio, non seppi dove andò a finire.
Il Rebez, contento come una Pasqua, benchè avessi rifiutato la sua
mano, mi prese sottobraccio esaltando tutto quello che sapeva sul mio
conto: << Ma sai che questo era fatto proprio bene? E quest'altro anco·
ra? ... ». E così via dicendo, seguiti da Ruggiero, Pagliazzotti e altri, arri-
vammo nel mulino dei Di Bert di Saciletto. Come questi conoscessero
quella strada senza essere guidati da qualcuno dei nostri, mi lasciò
sconcertato. M'avevano tradito! L'incontro con la famiglia Di Bert un
po' mi commosse, ero quasi di casa, ed ero da essi considerato come
eli famiglia. Il cap. Ruggiero mi chiese se conoscessi il Di Bert: negai.
Mi portarono in casa. Qui mi presentarono il Bianco. Appena lo vidi,
lo riconobbi subito per quello che il giorno 25 vestiva la tuta blu e che
uccise Zorzenon, ancora oggi vestiva quella tuta. Questi disse: << Addio,
compagno, non mi conosci?». Io dissi di no. << Non ti ricordi eli avermi
vis to in montagna? Anch'io ero lassù ma poi mi hanno preso e, che
vuoi, bisogna arrangiarsi ».. Sempre più inorridivo al pensare con quali
uomini avevo a che fare.
Intanto mi fecero sedere, mi diedero da fumare ed anche una tazza
di latte su mia richiesta. E qui incominciò l'interrogatorio. « Dove si
trovano i tuoi comandanti? Dov'è << Petronio »? E gli altri?».
Dissi loro: << Parleremo a Palmanova ». « Va bene » di~>.<;ero.
171
Io vol evo guadagnare tempo per riflettere se avessi potuto escogi-
tare qualche sotterfugio per poter scappare o farla finita una buona
volta. Ed essi insinuarono: « Se con noi sarai leale, sincero e ci farai
prendere tutti i tuoi compagni, vedrai che non avrai a pentirtene ».
« Parola di Ruggiero - disse Ruggiero - che non ti torceremo un
capello se tu non ci obbligherai ». Non risposi ancora. Intanto imma-
ginavo come avrei dovuto fare per levarmi da questa brutta situazione.
Quando mi misero sul camion trovai Raffaele Simonetti di Alture. Ci
guardammo, ma non aprimmo bocca. A Palmanova vidi nel corridoio
Bergamasco Giacomo ed altri.
Tutti attesero fuori, mi fecero passare per primo.
Notai un andirivieni frettoloso nei corridoi e sentii che dicevano
sempre: « Questa volta è Bianchin ».
Quando una porta si aprì , tutti si levarono in piedi scattando sul-
l'attenti, un grande uomo, sorridente in divisa da capitano della SS
tedesca veniva avanti . Allora Ruggiero presentò ironicamente: « Capita-
no, ho l'onore di presentarvi il Bianchin, grandissimo comandante del-
la G.A.P. ••. L'altro, sempre sorridente, mi stese la mano ed io, fin-
gendo di non vedere mi rivolsi al Ruggiero dicendo: « Non esageriamo,
capitano. Vi ho già detto che io non faccio parte della G.A.P. Ma, visto
che la mano del tedesco era sempre tesa , misi la mia nella sua e questi
la strinse, dicendo: « Pakibusch » . Guardai in faccia quell'uomo, cercan-
do di leggervi qualcosa di anormale, sapendo che questi ci mandava ri-
dendo alla fossa. Confesso che quel viso mi fece vera mente paura.
Quello che mi colpì pure era il constatare il modo con cui Pakibusch
trattava Ruggiero. Il lucidascarpe di Venezia era tenuto maggiormente
in considerazione. Non avrei mai creduto che si potesse andare tan
to in basso sino a leccargli i piedi ad un tedesco e ringraziarlo, nello
stesso tempo, per il favore che ti faceva. Ruggiero s'era abbassato si-
no a tal punto. Senza carattere, senza un po' d'amor proprio, era
uno straccio nelle mani del tedesco. Presenti all'interrogatorio furono
i soliti maggiori responsabili delle stragi di Palmanova e cioè Rug-
giero, (dopo la presentazione Pakibusch se ne andò) Pagliazzotti, Re-
bez, Bianco, Coccolo, Piccini.
Ruggiero disse: « Senti Feresin , tu non sei uno stupido ed avrai
compreso che con noi non si scherza, ma avrai anche compreso che
noi sappiamo pagare bene coloro che ci aiutano. Guarda Bianco qui
presente, per esempio. Esso fu partigiano quanto te ed ora vedi? Egli
stesso è qui per interrogarti ••- Il Bianco sostenne il mio sguardo con
una indifferenza da fare invidia ad un Macchiavelli. Capii che quello
era più forte di Ruggiero, benchè caporale maggiore.
172
Io, nel frattempo, avevo fatto il mio piano e dissi: « Chiedete, ca-
pitano ed io sarò franco, parlerò purchè voi mi salviate la vita. Pensate
che anch'io ho una moglie con bambini. Dite cosa volete sapere>>.
« Bravo! Vedrai che avrai tutto da guadagnare».
« Primo: dove possiamo trovare i tuoi compagni? Dov'è « Petro-
nio »? Dov'è « Argo»? Dov'è << Eolo»? Dov'è << Nullo»?.
Al nome di << Eolo » rimasi a bocca aperta, quello era il mio nome
di battaglia. Credetti ad una finta sua, ma invece non era così. Essi
credevano che il mio nome fosse << Bianchin ». Da qui l'equivoco, ed io
ne approHttai.
Dissi loro: << Sentite, io non so con precisione dov'è la sede, ma so
che questa sera stessa tutto il Comando 3• zona ha una riunione a Ta-
pogliano. Vi interverranno tutti i comandanti che io conosco perfet-
tamente, se voi verrete con me sulla strada che da Campolongo porta
a Tapogliano e ci mettiamo in postazione, man mano che loro arri-
vano - un o due alla volta - li potete arrestare tutti senza fare il
minimo scalpore». << Senti Feresin - disse Ruggiero - se tu fai que-
sto avrai da noi un trattamento speciale e, dimmi chi è questo <<Eolo»?
Donde viene? ». Benchè credessi d'arrossire un poco, me la cavai ab-
bastanza egregiamente dicendo che questi era da poco tra noi e che
non sapevo ancora dove si trovasse.
<< Bene, - disse - ora ti daremo da mangiare e, verso le 16, andrai
con tutti questi - ed accennava ai presenti - ad attendere sulla stra-
da di Campolongo e se tutto va bene non avrai di che lamentartene ».
Ed io aggiunsi: << Perchè non ne avrò il tempo ». Non so se egli
capì, ma non disse verbo.
Mi portarono in cella. Dieci minuti dopo mi diedero un gavetta di
minestra che mangiai tutta. Io stesso mi meravigliavo di poter essere
così calmo dopo la decisione presa. Eppure avevo già il mio piano.
Sapevo che << Petronio » era a Latisana ad ispezionare la seconda
zona, sapevo che non un partigiano quel giorno o quella sera doveva
venire a Tapogliano, sapevo infine che, se non avessi cantato mi avreb-
bero << impiccato» e non potevo assicurare che sotto l'<< impiccagione»
avrei taciuto. E allora? Cosa avrei fatto? Avrei tradito. Ma poi, quale
rimorso! Ed infine, la SS mi avrebbe ucciso lo stesso e sarei stato un
traditore pei nostri. Tanto valeva la pena dar loro da intendere di
portarli sul posto ad arrestare i nostri e simulare una fuga, così avreb-
bero sparato e sarebbe tutto finito lì, almeno avrei evitato le torture e
l'onta del tradimento. E così feci.
Verso le 5 del pomeriggio, con una macchina, mi portarono alla
volta di Tapogliano; con me furono: Pagliazzotti, Rebez, Bianco e
173
Coccolo, tutti armati di mitra, tranne il Coccolo che aveva due « Beret-
ta >>: una per ogni tasca del cappotto.
Appena arrivati, feci !or notare che era pericoloro circolare con le
armi in mia compagnia, essendo io conosciuto e loro no e che sarebbe
stato meglio nasconderle, cosa che fecero mettendole sotto il cappotto
e non soltanto, ma per non dare nell'occhio, Rebez e Pagliazzotti ci pre·
cedettero di una trentina di metri, !asciandomi in compagnia di Coc-
colo alla sinistra e Bianco alla destra. Non potei scappare appena fer·
mata la macchina, essendosi questa fermata nella corte del Conte Pace
e sul cancello c'erano due tedeschi di guardia. Ma, appena usciti di lì,
e precisamente sul crocevia, diedi un pugno a Coccolo che credevo il
più pericoloso e mi diedi alla fuga. Ero un po' eccitato in quel mo·
mento, perchè intravvidi la possibilità di salvezza, ma non avrei credu·
to che quei banditi avessero potuto credermi con tanta facilità e la·
sciarmi quasi incustodito.
Appena partito, sentii due colpi accelerati e, quasi contemporanea-
mente, dei forti bruciori alle spalle, poi un braccio, il sinistro, mi cadde
penzoloni, riportai un'altra ferita all'avambraccio con forte emorragia.
Intanto mi si inseguiva. Tralascio, avendo già deposto questo fatto in
altro memoriale. Per un mese mi dettero una caccia spietata e dalla
deposizione di alcuni troverete che diversi furono impiccati e bastonati
per sapere dove mi nascondessi.
Un giorno vennero nel Fossalon dove sapevano mi trovavo. Io,
sempre all'erta, li vidi da lontano col binocolo. Feci appena in tempo
a rompere l'ingessatura del braccio e buttarmi in mare prima che ve-
nissero in casa. Credettero ch'io mi fossi rifugiato a Grado e fecero
pure qui dei sopraluoghi all'ospedale. Quando ritornarono con la mac-
china da Grado, due dei nostri li aspettavano sulla strada di Aquileia,
due soltanto; nella macchina si trovavano sei persone di cui due rima-
sero ferite: il Labinaz (un traditore) e il Pagliazzotti mentre rimase
morto un altro traditore. La macchina fu abbandonata in mezzo alla
strada, mentre gli altri si sparpagliarono. Nel periodo in cui fui ferito,
fu arrestato « Fumis >> che seppi poi avvelenato; per rappresaglia del
fatto della macchina in località di Ronchis di Aquileia, furono fucilati
dei partigiani.
Vi presero parte diretta: Remigio Rebez, Ruggiero, Bianco, Coccolo,
Piccini, Turrin, Cragno ed altri.
Il giorno 9 aprile accadde questo, il giorno 11 aprile tutta la squadra
di Palmanova fu arrestata, come dissi nei verbali a parte.
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2
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3
SILVIO MARCUZZI << Montes ,, - Medaglia d'Oro al V.M.
<< Animatore del popolo oppresso seppe trascinarlo alla riconquista
della libertà che fu supremo ideale della sua ardente esistenza. La
lotta clandestina lo ebbe fin dall'inizio assertore ed organizzatore intel-
ligente e valoroso e alla sua capacità fu affidato l'ai'duo compito di ar-
mare e vettovagliare i combattenti, che neHa aspra vita della montagna
diuturnamente rinnovavano epiche gesta di valore. Catturato dalla po·
tizia nazifascista, mantenne il contegno dei forti e il supremo spregio
per la sublime risposta che oppose alle barbare torture ed alle crudeli
sevizie che gli furono inflitte, finchè sfinito dalle sofferenze esalava
l'estremo anelito immolando la sua esistenza al supremo ideale per cui
aveva tanto lottato ».
Monfalcone - Basso Friuli
Settembre 1943 - novembre 1944
4
DA UNA << MEMORIA » DI EUGENIO MORRA
(Arch. Reg. CXXXIV /5788)
<< Alle ore 16 del 4 novembre 1944 a S . Stefano Udinese, nel men-
tre mi apprestavo a partire per Udine per prender parte alla sera ad
una riunione del C.L.N. ed il mattino seguente recarmi in montagna a
conferire con il maggiore inglese Stevenson ed il comando della l.a di-
visione<< Osoppo "• la casa dove ero ospitato fu circondata dalle SS del
tenente Borsatti che mi catturò. Il tenente Borsatti ebbe l'ingenuità
di comunicarmi, in contradditorio alla mia dichiarazione di non essere
l'Ottavio che lui cercava, i nomi esatti e l'indirizzo di tutti i coman-
danti dei battaglioni della 2.a divisione << Osoppo ». Mia moglie assiste-
va al colloquio e nel !asciarla, baciandola, le sussurai all'orecchio: sa
tutto avvisa Caiselli che avvisi tutti.
176
Non appena mi condussero via, netlo stato d'animo in cui si può
pensare che lei si trovava, mia moglie inforcò la bicicletta e si recò a
Pavia d'Udine dal conte Caiselli , che fa~cva parte di quel battaglione e
fece l'ambasciata . Questi nella notte girò in motocicletta con rischio
notevole tutta la Bassa friulana ed ir..fClrmò tutti del mio arresto invi-
tandoli ~ nascondersi ; cosa che essi fecero subito di modo che quando
il tenente Borsatti si presentò all'alba d.el 5 per arrestarli non ne trovò
nemmeno uno.
Questo fu un fatto importantissim() perchè, o ltre che aver evitata
la cattura di parecchi comandanti parti~nani, nessuno fu arrestato dopo
di me e ciò permise di salvarmi dalla fll.cilazione per tre volte ordinata
in seguito.
Fui condotto a Palmanova aHa caserma Piave, attrezzata a pri-
gione dal Borsatti, e subito da lui intertogato nel suo ufficio. Per quan-
to egli insistesse io non feci nessuna dichiarazione e negai tutto quello
che lui diceva a mio carico. Lo lasciai parlare ed egli parlò a lungo
tutto fiero per aver egli catturato un itnportante capo partigiano, così
lui diceva, cattura che aveva comunicata ai suoi superiori. Lo strano
colloquio durò sino alle 23, ora in cui egli mi disse che ero certo scosso
per l'arresto subito e che l'indomani a !Gente più calma avrei ammesso
quanto egli già sapeva.
A me premeva farlo parlare per sat:>ere tutto quanto già sapeva e
conoscere la sua mentalità onde regola.rmi in conseguenza. Dalla sua
voce ebbi conferma che nulla sapeva citca la mia attività informatrice,
sulla presenza di stazioni radio, sul COltJando unico e sui miei contatti
con il C.L.N. e altre formazioni partigiane. Egli sapeva soltanto che
ero il comandante della 2.a divisione « Osoppo ».
Mi condussero nella stanza destinatami la quale era stata lavata
per bene ma tuttavia aveva ancora abbondanti macchie di sangue ed
io ben sapevo quale era il trattamento che Borsatti usava ai suoi
ospiti .
Il mattino seguente verso le ore lO vennero a prendermi e mi
condussero dal Borsatti. Egli era tutto corrucciato e mi disse che ri-
tornava allora da un giro nel quale non aveva potuto prendere nep·
pure uno dei Comandanti partigiani inclicatimi la sera prima; ce l'ave-
va specialmente con due di essi ritenencloli responsabili di non so che
cosa. Questa notizia, per me importantissima, mi dimostrò che l'avver-
timento di mia moglie aveva funzionato e che potevo dare il via alla
tesi difensionale che nella notte avevo Studiato nel dettaglio.
Finito il suo sfogo incominciò ad interrogarmi. Per un po' finsi
di resistere e quindi inscenai la commeclia di aver bisogno di sfogarmi
e di dire tutta la verità ed ammisi tutto quello che lui già sapeva, tanto
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tutti erano in salvo, parlando celermente in modo da dare l'impressio-
ne di essere veritiero tanto che lui ebbe a dirmi di calmarmi e di an-
dare piLL adagio perchè lo stenografo non cc la faceva. Finito questo
sfogo mi chiese quale era l'efficienza della divisione e quali rapporti
avevo con il C.L.N. La domanda era prevista e risposi subito in velo-
cità che la mia era una divisione che nulla aveva a che fare con i par-
tigiani, che essa aveva assunto il nome di « Osoppo » essendo questo
un nome storico per il Friuli, che era ancora in via di costituzione ed
attualmente aveva ben pochi aderenti dei quali solo pochissimi armati
con vecchi fucili e qualche pistola, che oltre ai nomi dei comandanti
di battaglione io non conoscevo quello degli altri che da essi dipen-
devano e che la formazione era sorta da una mia idea personale al di
fuori di qualsiasi idea politica al solo scopo di mantenere l'ordine
specie nei paesi allorchè le forze tedesche fossero state chiamate verso
il sud dell'Italia. Circa i contatti con il C.L.N. ammisi (cosa non vera)
di essere stato avvicinato lw1go la strada che percorrevo per recarmi
a Udine da delle persone le quali volevano convincermi a prendere con-
tatto con il C.L.N. ma io avevo sempre rifiutato volendo restare indi-
pendente al di fuori di ogni movimento antitedesco essendo preoccu-
pato soltanto della tranquillià della zona . Insistendo il Borsatti per-
chè dicessi il nome e l'aspetto fisico di queste persone che mi si pre-
sentavano a nome del C.L.N. feci i nomi dei miei zii e cugini residenti a
Genova, cioè Giacomo, Paolo, Ernesto ed Arrigo, e descrissi le loro reali
caratteristiche fisiche in modo che nei previsti successivi interrogatori
non potessi sbagliare ed essere preso in fallo.
Questa mia favola sembrò convincerlo, almeno in parte se non del
tutto, ed egli si lasciò andare ad un lungo racconto delle sue peripe-
zie in Italia e in Germania al seguito di un generale mio amico che lui
diceva di stimare molto e che mi assomigliava. Io lasciavo dire.
Alla fine mi fece condurre nella stanza assegnatami nella quale non
vi era che una branda. Mai mi fu dato il modo di lavarmi, il vitto mi
era portato ogni giorno da mia moglie. La finestra era tappata ed una
forte lampada, sempre accesa, in modo che non sapevo se era giorno
o notte.
Il 6 novembre altro interrogatorio ancora più amichevole. Mi disse
che i suoi superioi'i avevano apprezzato le idee informatrici della mia
divisione e che avevano deciso di mettermi in libertà purchè mi impe-
gnassi a riunire i miei dipendenti in luogo a mia scelta e dove egli sa-
rebbe venuto per parlar loro. Pensavo che mi aveva preso per un im-
becille e capii, era assai facile, quale tranello mi tendeva . Risposi che
se tale proposta mi fosse stata fatta prima di catturarmi avrei potuto
prenderla in considerazione (sarei andato subito in montagna) ma ora
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era cosa inattuabile perchè, come lui stesso mi aveva detto, i miei di-
pendenti si erano eclissati e se non li aveva trovati lui tanto meno li
avrei potuto trovare io. Di più il vedermi rimesso in libertà da lui,
la di cui fama circa il trattamento fatto ai suoi prigionieri era notissi-
ma, avrebbe generato dei sospetti e reso impossibile quanto lui mi pro-
poneva; perciò io rinunciavo alla libertà offertami.
Egli allora si mise a raccontarmi nei più minuti particolari come
aveva catturato Montes (noto capo di G.P.A.) della « Garibaldi» e man-
dò uno a chiamarlo. A me vennero i sudori freddi perchè con Montes
avevo avuti vari colloqui ed egli sapeva benissimo che io ero il coman-
dante unico delta « Osoppo >> e della « Garibaldi >> di pianura. Se egli
aveva parlato o lo faceva ora cadeva completamente la mia difesa.
Dopo vario tempo comparve Montes; mi fece tanta pena! Era tma larva
di uomo sanguinante da ogni parte, specie dalla testa, lacero, scalzo,
completamente assente e stralunato, non credo che mi abbia ricono-
sciuto. Stette avanti a me per qualche tempo e poi fu riportato via.
Io rimasi esterefatto e Borsatti non nascose la compiacenza per l'aver-
mi mostrato come era capace di ridurre un uomo.
In quel mentre si udirono degli scoppi. Borsatti si alzò, prese un
mitra ed uscì gridando degli ordini in tedesco. Subito due SS mi si
misero di fronte con il mitra puntato avanti al mio petto. Stetti così
per circa mezz'ora, sino a quando Borsatti ritornò, Egli aveva pensato
ad un attacco di partigiani per liberare i prigionieri, invece gli scoppi
erano stati provocati da dei muli che erano andati sul campo minato
che circondava la caserma Piave dalla parte dei bastioni.
Passai qualche giorno senza subire interrogatori.
Un pomeriggio Borsatti tutto eccitato entrò nella mia stanza e si
mise a passeggiare in su e in giù. In un angolo stavano due SS. Non
capivo cosa stesse per succedere.
Ad un tratto Borsatti si fermò davanti a me a gambe larghe e mi
disse: Ho una brutta notizia da darle. Questa notte i suoi hanno am-
mazzato un capitano tedesco ed il conte di Strassoldo (che faceva servi-
zio presso un comando tedesco a Gorizia) venuti a Strassoldo per una
partita di caccia. Domattina tutti coloro che sono quì saranno fucilati a
Strassoldo, lei sarà impiccato in Piazza a Palmanova. Detto questo se
ne andò.
Figuriamoci come passai quella notte. Stavo origliando per capire
ogni rumore ma nulla avvenne. Seppi molto tempo dopo che il Coman-
do della SS aveva procastinata l'esecuzione voluta dal Borsatti a quando
sarebbe arrivato a Palmanova un battaglione repubblichino avendo
Borsatti poche forze per opporsi ad un attacco partigiano per impe-
dire l'esecuzione. Essa ebbe poi luogo vari giorni dopo.
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Nel pomeriggio sentii un gran rumore di comandi e dei passi avvi-
cinarsi alla porta della mia stanza e mi allarmai. Dopo lungo sferra-
gliare di catenacci la porta si aprì e comparve un elegantissimo uffi-
ciale tedesco •s eguito da vari altri, che, venutimi incontro, mi stese la
mano e mi disse che era il generale comandante delle SS della zona,
pare risiedesse a Gradisca. Io rimasi di stucco, quale onore! Poi, sempre
a mezzo dell'interprete, mi disse di sapere che ero un valoroso ufficiale,
che era lieto di conoscermi e tanti altri fronzoli. Alla fine diede ordine
di trasferirmi ad Udine.
Dopo un'ora vennero a prendermi e mi fecero stare seduto al centro
di un autocarro circondato da una ventina di SS volti all'esterno con
i mitra pronti. L'autocarro si avviò verso Udine preceduto e seguito
da una automobile munita di mitragliatrice. Era evidente che temevano
un attacco partigiano per liberarmi. Rilevai con piacere perchè dimo-
stravano eli considerare molto i partigiani ma ebbi meno piacere nel
notare che davano troppa importanza alla mia persona ... "·
1-4-45 Pasqua
« Caro Marietto,
avevo fatta una lettera per te e una per mamma tua il giorno della
condanna del 14-3-45 la quale con il terribile pensiero di !asciarvi era
scritta molto triste e con molto rimpianto. Ora sono passati 19 giorni
dal giorno fatale e la speranza di vedere la fine dell'odiato tedesco e Io
sterminio del fascismo si fa sempre più viva in me.
Però oggi il parroco delle carceri nella sua visita ci disse che ci sa-
ranno un po' eli graziati ed io con mente serena so di non essere tra
quelli. Mi considerano un lottatore, ossia pericoloso per loro perciò da
eliminare. Conscio della mia fine dopo un'agonia di 20 giorni ti vo-
glio esprimere le mie ultime volontà.
La spia che mi mandò alla morte iè a Bicinicco perciò rintracciala
e vendicami. Ricorda che a Palmanova mi hanno fatto molto soffrire
tra impiccagioni e maltrattamenti.
180
Sono molto orgoglioso che dai IO interrogatori non abbia tradito
nessuno. Di più non posso scrivere lo saprai un giorno da quelli che mi
sono stati vicini nel soffrire.
Sono orgoglioso di avere appartenuto alle gloriose Brigate Garibaldi
e di essere un comunista. Voglio che cresca sano e forte affinchè possa
entrare nella ultra gloriosa Armata Rossa e servire la causa del proleta-
riato come feci io.
Sasso (l) tuo zio avrà cura di le, seguilo che riconosco in lui un
bravo compagno.
Per mama tua sii il braccio destro, amala, stimala che ne ha il me·
rito. Io l'ho amata tanto, l'ho amata quanto ho amato la mamma mia.
L'ultimo mio grido sarà a morte il fascismo e l'invasore, libertà ai
popoli.
Fa esattamente quello che furono le mie ultime volontà; io ne sarò
felice.
Addio Mario - tuo padre - Mario Modotti Tribuno >>.
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INDICE
Badoglio Pietro 28
Baggioli Gianni 62, 154
Bagnariol Bruno 131, 132, 146
" Barba » 70, 129
Barbieri Tarcisio 106
Barbiero Valentino 111
Barbizeu lvan 56, 90, 106, 115,
131, 146, 147
Basso Matteo 92, 105, 137
Battistella Onorio 105
DEI NOM I
183
Blason Augusto 72, 97, 105, 110, « Candido» (vedi Lacisch Candi-
130 do - « Rolando »)
Bieser Natale 99 Cappelletto Idilio 57, 7-1, 91, 105,
Boccia Giuseppe 105 106, 134
Bolzicco famiglia 38 Cappelletto Luigi 74, 134
Bonèhi Ottone 57, 90, 93, 105, 106, Carbino Sebastiano 105
115 Cardarelli Giulio 98
Bonettig 115 Cargnello Albino 106
Bonito Giovanni 57, 74, 75, 91, Cargnello Gerolamo 98, 110
105, 106, 134, 136 Cargnelutti Francesco 25, 176
Carità banda 5
« Boris » (vedi Medeossi Umber- « Carlo» (vedi Zorzenon Ugo)
to) Carmelandi Bartolomeo 93
Borrutti dott. 71, 130 Carminati Rodolfo 90
Borsatti Oodorico 5, 39, 47, 48, 49, Carniello Giovanni 129., 132, 140,
50, 51, 52, 53, 70, 75, 81, 88, 119, 146, 151
129, 136, 175, 177, 178, 179 Carnier Pier Arrigo 35
Bortolussi Lorenza 176 Caroi Evaristo 33
« Bos »o« Bosch »(vedi Clemen- Carrese Luciano 94, 105
te Ermanno) Casagrande Giuseppe 145, 146, 147
Boschian Mario 47 « Castellani» (vedi Castellani Ser-
Bosco Vittorio 99 gio « Raoul >>)
Botto' Ettore 98, 105, 137 Castellani Sergio 72
Bradaschia Caterina 105, 107 Castellarin Arrigo 97, 105, 106, 130
Bradaschia Sergio 98 Castellarin Igino 57, 92, 106
Brait Guido 64, 151 Castellarin Sergio 97, 105, 110,
Bravin Eraclio 151 130, 158
« Bricca di Teor» (vedi Comisso Cattarossi Domenico 176
Albina) Causi Ugo 92, 133
Brovedani Francesco 41, SO Cella Romolo 47, 53, 58, 63, 64,
Brumat Rodolfo 99 70, 81, 105, 128, 139, 151
Brugnola Tullio 123, 134 « Censor >> (vedi Marizza Arman-
Brusa Carlo 99 do)
Bubero Sabino 105, 106 Cernig Angelo 57, 75, 76, 91, 105,
Budai Ciro 98, 105, 110 106, 111, 115, 136, 137
Buiatti Natale 55, 69, 95, 105, 108, Chiusi Enrico 99
111, 127 Ciani Guido 106, 135
Bulla Salvatore, 49, SO, 88 Ciani Luigi 90, 135
Burba Creste 95 Ciani Napoleone 99
Busetto Antonio 21 Ciani Orlando ISO
Buttazzoni Nino 122, 161 Ciardi - conte 73, 132
Cicuto Ennio 49, 52, 88, 98, 105,
IlO, 139
Calligaris Giacinto 26 Cidin Ferruccio 57, 59, 71, 91, 105,
Calvi Pier Fortunato 19 120, 130, 132, 159, 168, 169
Camiello 127 Cio Ili I tal o 99
Camilotti Osvaldo 96, 111 Cipriotti Renato 57, 58, 68, 90, 105,
Canciani Sergio 73, 89, 132 106, 115, 125, 133, 167
184
Citossi Gelindo 41, 68, 145, 147, Deakin Frederik William 29
150 De Beden Riccardo 46, 144
Clemente Ermanno 40, 51, 175 De Castro Nerino 99
Clementin Ermenegildo 98 Deganutti Cecilia 44, 81
Clocchiatti Aldo 90, 112 Del Bianco Antonio 99
Clocchiatti Ugo 57, 106 Del Bianco Giovanni 99
Coceani Bruno 29, 30 Del Col Antonio 99
Coccolo Giuseppe 47, 59, 65, 72, Del Giudice Emilio 33
75, 87, 105, 111, 130, 131 Della Corte Gaetano 99
Codelli - barone 22 Del Mestre Valentino 106
Cogoi Egidio 95, 106 De Lorenzi Attilio 32, 33, 64, 123
Colangelo Aldo 93, 134 De Ponte 38
Colautto Ettore 96 Del Prete, sergente 66, 67, 72, 73,
Collesan Sergio 106 124
Collotti Enzo 29, 30, 35 « Deo »(vedi Zorzenon Firmino)
Collotti Gaetano 6 De Puppo Luigi 121, 145
Colonnello G.A. 26, 36, 47, 52 De Roja Emilio (don) 176
Coloricchio Giunio 99 De Santi Giorgio 57, 92, 106
Comar Adelchi 99 Dessy Carlo 36, 40
Comisso Albina 53, 66, 67 De Stefano Ezio 40, 56, 58, 92,
Comisso Bruno 99 106
Comisso Giovanni 99 De Vit Alfredo 72, 97, 105, 106,
Conti Elio 176 111, 130, 158, 173
Contin Odilio 71, 97, 105, 129 << Diabolo » (vedi Franzot Dioni-
Corbino Sebastiano 111 sio)
Cosolo Mario 94, 98, 133 Diamante Luigi 158
Costanzo - maresciallo 40 Di Bert Ernesto 146, 171
Covre Gino 33 Di Blas Gennaro 97
Cragno Quinto 47, 56, 59, 84, 86, << Dick >> (vedi Amato Giuseppe)
87, 104, 108, 109, 111, 112, 113, « Dick >> (vedi Dalla Pozza Gio-
114, 115, 116, 117, 137, 164 vanni)
« Cucci» (vedi Tonelli Guido) << Diego >> (vedi Padovan Sparta-
Cudin Giuseppe 57, 92, 106, 115, co)
133, 138, 140 << Dino >> (vedi Bertossi Secondo)
Dolceti Amadio 99
D'Adda Rino 120 Doman Giuseppe 93
D'Agostini Erino 10 Dorigo Liana 99
D'Agostino Lino 96, 98, 110 Dozzo Arrigo 57, 68, 90, 105, 106,
Dalla Pozza Giovanni 36 125, 133
D'Alvise Italo 76, 91, 106, 138, 140 Dreossi Walter 95, 105
D'Ambrosia 110 '' Duilio >> (vedi Fumis Romano)
Dal Molin Luigi 99
D'Andrea Luigi 99
Da Ponte Emilio 40, 50, SI, 52, 88 « Egone >> 175
« D'Artagnan >> (vedi Basso Mat-
Eichmann Adolf 29
« Eolo>> (vedi Feresin Giuseppe)
teo)
<< D'Artagnan >> {vedi Zucco Ma- « Ermes» (vedi D'Alvise Italo)
rio) Esposito Giovanni 29, 30
185
Fabbris Ottone 94 Franzot Vitalino 68, 90, 105, 125,
Fabbro Duilio 94, 105, 139 133
Fabrisin Giovanni 95 Frausin Giuseppe 74, 95, 105, 111,
Fabrisin Luigi 95 136
Facca Pasquale 72, 95, 105, 110, Frausin Luigi 43
111, 130 « Fritz >> 131, 132, 146, 147
Facini Luigi 103 « Fulmine ,, (vedi Cicuto Ennio)
« Falce » 51 '' Fumis ,, 174
Falco B 175 Fumis Romano 36, 40, 55, 56, 89,
Fantin Luigia 99 105, 108, 110, 114, 121
Fantini Mario 26, 181
« Fausto , (vedi Giacometti Libe- Gaietti Anselmo 96
ro) Gallet Egidio 98, 115
Federigo Antonio 57, 92, 106 Garbuino Giuseppe 106, 125
Felluga Umberto 43 Garbuio Onorio 68, 125
Feno Vania 99 Garbuio Sebastiano 68, 126
Feresin Dante 76, 98, 105, 109, 111, Garlatti Guido 103
137 Gaspardis Cirillo 22
Feresin Galliano 50 « Gastone ,, (vedi Bergamasco Va-
Feresin Giuseppe 7, 41 , 55, 56, 57, lerio)
58, 59, 60, 65, 66, 71, 89, 99, 108, Gattesco Giovanni 158
109, 110, 111, 115, 130, 159, 161, Giacometti Libero 72, 97, 105, 106,
170, 171, 172, 173. 130, 158
« Fernando , (vedi Taverna Ar- Giannini maresciallo 169
childo) Gigante Giovanni 96
Ferro Luigino 106 Gigante Orlando 93, 98
Filzi Fabio 11 Gigante Vincenzo 43
Finotti 40 « Gigi >> (vedi Milocco Luigi)
« Fiumana » (vedi Jurissevich « Giorgio » (vedi Brovedani Fran-
Giovanna) cesco)
Fogagnolo Antonio 55, 56, 57, 90,
105, 108, 110, 114, 121, 126, 163 « Giordano >> (vedi Cidin Ferruc-
cio)
Fogar Galliano 26
Follar Rodolfo 99 Giorgi Angela 99
Fonovich Bruno 96 « Giovanni >> (vedi Bonito Gasto-
Fontanot Licio 37, 38, 40 ne)
Fontanot Vinicio 37, 40 Girardi Giudo 95, 105
Foresto Giovanni 96 Globocnik Odilo Lotario 6, 28, 29,
Forgetti sergente 50, 52, 64, 122 31 , 32, 35, 39, 81
Foschiani Mario 26 Goebbe1s Joseph 29
Foschiatti Gabriele 43 Gorschek Maria 99
Fovato Aldo 57, 106 Gradenigo 99
Franchi Ugo 122, 161 Grando Gianna 66, 67, 98, 124, 125
« Franco » (vedi Malner Mario) Grassi Candido 12
Franco Augusto 70, 129 Grattoni Guerrino 57, 64, 90, 106,
« Franz » (vedi Morello Giacomo) 123, 134, 135
Franzot Dionisio 57, 74, 106, 121 Grillo Giuseppe (don) 175
186
Guarrasi .Corrado 151 << Loreto , (vedi Artemio Giulio)
Gueli Giuseppe 6 Lucchin Osvaldo 91
« Guido ,, (vedi Maran Ego) Lucchini Giuseppe 99
Luchsich Candido 72, 97, 130
« Luciano » (vedi Belluzzo Italo)
Himmler Heinrich 6, 29 « Lupo , (vedi Stacul Severino)
Hitler Adolf 29
Hofer Franz 29
<< Macario » (vedi Castellarin Igi-
nio)
«Karchof , (vedi Beccia Giovan- Magrin Giovanni 95, 111, 136
ni) Malabarba Costante 55, 56, 58, 89,
Kitzmueller 33 105, 108, 110, 114, 140, 164
Koch banda 5 Malner Mario 57, 58, 59, 71, 77, 92,
Kuebler Ludwig 34 105, 106, 130, 139, 166, 167, 168,
169
Iacumin Salvatore 99 Maovaz Mario 43, 44
Iadicicco Elpidio 146 Maran Ego 57, 90, 106
Iamnik Marcello 99 << Marat » (vedi Colangelo Aldo)
Indri Elio 70, 73, 75, 89, 90, 91, Marangoni Nerino 97, 106
129' 132' 136 Marangoni Romeo 97
Innocenti Fulvio 57, 74, 75, 90, Marano Alfredo 134
105, 106, 136 Marano Romeo 57, 90, 106, 134, 135
Ioan Augusto 98 Marouzzi Silvio 36, 37, 38, 40, 48,
Iugovaz Vinicio 74, 95, 105, 111, 49, 50, 51, 52, 72, 75, 88, 131, 136,
134 175, 176, 179
Iurissevich Giovanna 96, 152 Marcuzzi Volveno 15, 97, 105, 106,
Iurlaro Luigi 156 130
<< Maria , 53, 125
Marin Biagio 45
«Janosich , (vedi Fogagnolo An· << Mario , (vedi Malner Mario
tonio) << Franco »)
Julita Luigi 57, 91, 106, 111, 115, Marini Vincenzo 27
117 << Marino , (vedi Sardino Pietro)
Marizza Armando %, 105, 130, 158
Lacisch Candido 158 Marizza Luigi 95, 105, 109, 111
Lago Vinicio 42, 44 << Marmo » (vedi Fabbris Ottone)
Lagroteria Domenico 44 << Martello » (vedi Tonelli Ilario)
<< Lampo , (vedi Tinon Elio) Maserati Ennio 44
Ledda - cancelliere 118 Maset Pietro 8
Leschiutta banda 6 Masini Maria (detta Fabbro) 21
Libanore Narciso 96 << Maso , (vedi Maset Pietro)
Liva Detalmino 37, 40, 49, 51, 88 Mattius Benedetto 99
<< Liviano , (vedi Zamparo Alfon- Maturro Luigi 97
so) Mautino Ferdinando 26
Lizzero Gino 27 Mazzon Ugo 93, 95
Lizzero Mario 26 Medeossi Umberto 57, 58, 62, 90,
Lorenzut Albano 94, 98, 133 91, 106, 120, 139, 156, 157, 166
Lorenzut Giuseppe 105 Memmo Marcantonio 23
187
M1 ' ll'f l .tl1l.1 l 111 Nodari Girolamo 20
1\.h 11 l lll1 Ilo ~7. 92, 138 Nogara mons. Giuseppe 175
M1· 1b (vedi Treppo Nella) Nonino Rino 57, 64, 90, 106, 123,
Miani Ercole 11, 12, 13, 43 134
« Mikros » (vedi don Grillo Giu· Novachig Dante 67, 97, 1ll , 124
seppe) Novatti Aldo 58, 91, 139, 156, 166
Mikui Metod 44 Nugent generale 20
Miletti Guido 96 << Nullo » (vedi Bergamasco luigi)
« Milan» (vedi De Santi Giorgio)
« Milo» (vedi Paravano Derno)
Milocco Bruno 159 Olivo Erminia 106
Milocco Edoardo 68, 106, 126 Olivo Ottaviano 75
Milocco Luigi 55, 56, 58, 89, 105, Orsaria Olinto 97
108, llO, 114, 126, 163, 167 « Orso» (vedi Raspi Lelio)
Minuzzi Federico 58, 166 Ottaviano Graziano 97, 106
« Mirko » (vedi Bevilacqua Fer·
ruccio) Pace Marino 174
Moda Romina 99 Pacor Mario 25
Modesti Ostelio 26
Modotti Mario 7, 8, 26, 63, 64, 122, Padoan Giovanni 26
123, 155, 180, 181 Padovan (famiglia) 121
Molisan Giuditta 146 Padovan Marcello 95, 121 , 136
Monai Giovanni 69, 95, 105, 128, Padovan Spartaco 40
175 Pagliazzotti tenente 47, 58, 63, 64,
« Montes » (vedi Marcuzzi Silvio) 66, 105, 122, 167, 171, 173
Montina Bruno 40 Pakibusch Hauptsturmftihrer 5,
Moraitti Alessandro 56, 57, 63, 89, 47, so. 54, 59, 60, 61, 62, 64, 79,
106, 110, llS, 121, 161, 162, 163 81, 86, 105, 107, 113, 119, 135, 136,
Morello Giacomo 41 150, 163, 172
Moret Otello 106 Pahor Antonio 99
« Moro» 70, 89, 129 Palascovich Giorgio 99
Morra Eugenio 40, 176 Palson Augusto 106
Munaretto Alessandro 47, 53, 58 , Pansarini Virgilio 99
64, 66, 84, 86, 87, 104, 106, 108, Paravan Derno 57, 73, 91, 106, 132,
110, 112, 113, 114, 115, 116, 117. 133
145, 148 « Paolo » (vedi Bianchi Gastom~ )
Muratori Daniele 10, 75, 99, 136 Palorcovich Giorgio 99
Mussolini Benito 29 Papais Dante 41
Paron Cesare 71, 96, 105, 109, 129
Nadalin Romolo 99 Parussin Ottaviano 99
Nadin 153 Pasian Pietro 99
« Nanos » (vedi Pa ron Cesare) Paschini Pio 23
Natali Nello 103 Pasqualini Silvio 97, 106, 111
Nigris Mario 99 Pastore Cosimo 99
« Nino » (vedi Bonito Giovanni) Pasut Antonio 75, 95, 136
« Nino » (vedi Carmelandi Barto· Peccia 132
lomeo) « Pedro » (vedi Valeri Gentile)
188
Peggiani Giovanni 96 Raspi Lelio 62, 67, 97, 120, 124,
Percoto Caterina 20, 22 158
Perussin Ottavio 99 Rebez Remigio 5, 47, 53, 54, 56,
Petenel Silvio 73, 97, 105, 115, 132 57, 58, 59, 61, 62, 65, 68, 70, 71,
Petelin Stanko 34, 35 72, 73, 74, 75, 76, 77, 81, 84, 86,
« Petronio » 171, 173
87, 104, 106, 107, 108, 109, 110,
112, 113, 114, 115, 116, 117, 119,
Pezzani Giuseppe 37 128, 130, 135, 137, 141' 161, 163,
Piccardi Domenico 40 166, 167, 171, 172
Piccini Antonio 58, 66, 69, 76, 108, Recupero Giuseppe ISO, 151
127, 137, 151, 167 Reggio Rocco 162
Picot Costantino 44 Reitlinger Gerald 29
Pieri Gino 47, 63, 122 Reti Paolo 43, 44
Pierotti Cesare 103 Riabez 98
Pinatto Antonio 96 Ribbentrop Joachin 82, 83
« Pirat •• (vedi Orsaria Olinto)
« Ribentrap >> 124
Pisoni Zeffirino 43
« Riccardo •• 7
Pittis Ercole 99 « Rino >> (vedi Franco Augusto)
Piva Marcello 98 <<Riso>> {vedi Magrin Giovanni)
Pizzul 73, 131 Riva, commissario prefettizio 46,
Plasenzotti Ugo 49, 50, 52, 88 145
Podestà Giobatta 99 << Robert >> (vedi Burba Oreste)
« Poldo •• (vedi De Ponte Emilio)
<< Robinson >> (vedi Cudin Giusep-
Poliakov Leon 29 pe)
Ponte Giovanni 99 << Rocco •• {vedi Reggio Rocco)
Ponte Luigi 99 Ragazzo Angelo 47, 104, 107, 108,
Posocco Luigi 151 112, 117
Pozzar Davide 95, 105, 115 << Rolando •• (vedi Gattesco Gio-
Pozzar Terenzio 95, 105 vanni)
Pozzetto Luigi 95, 133 «Romano il Mancino) (vedi Ci-
Pozzi Walter Bruno 33 tossi Gelindo)
« Premoli •• (vedi Fabbro Duilio) Romeo Antonio 103
Pressacco Celio 96, 106, 140 Rosin Antonio 7, 57, 72, 92, 106,
Puntin Francesco 139 111, 115, 117, 130
Rossi Luciano 64, 122
« Quidam •• (vedi Pieri Gino) Rota Giuseppe 53, 86, 87, 103, 118
Rotigni Giacomo 47, 52, 53, 58,
62, 63, 65, 70, 71, 73, 81, 84, 86,
« Raffaele>> 58, 120, 147, 166 87, 103, 108, 110, 112, 113, 114,
<<Ragno>> (vedi Minuzzi Fed~ri 115, 116, 117, 130, 145
co) Ruggiero Ernesto 5, 39, 47, 53, 54,
Rainer Friedrich 28, 29, 30, 34, 82, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 65, 66, 68,
83 69, 71, 78, 81, 84, 85, 86, 87, 94,
Ramolfo ten. colonnello 33 103, 107, 108, 109, 110, 111, 112,
<< Rasin •• (vedi Carniello Giovan- 113, 114, 115, 116, 117, 128, 140,
ni) 152, 160, 169, 166, 167, 171, 172
189
« Sagoma» (vedi Trentin Leo) Todero Silvio 95, 105, 106, 109, 111
Sala Teodoro 29, 31, 44 Tomadin Giacomo 98, 105
Sala Vittorio 55, 79, 94, 108, 110, Tomasini Armando 57, 154, 161
135 Tondon Angelo 98
« Samos » (vedi Di Stefano Ezio) Tonelli Guido 51, 62
« Sandra •• (vedi Zulian Mario) Tonelli Ilario 15, 36, 37, 40, 49, 50,
Santi Giorgio 109 51, 62, 88, 120, 147, 148, ISO
Sardina Pietro 41 Tonello Augusto 99
« Sasso>> (vedi Fantini Mario) Tonello Natale 99
Schneider-Bosgard SS 31 Tonini Armando 106
Seah Vanda 131 Tonini William 57, 58, 73, 91, 106,
Scolz Wanda 146 132, 165
Self Francesco 140 << Toti >> (vedi Facca Pasquale)
« Sergio» 51
<< Tovaris >>(vedi Tonini William)
Simonetti Raffaele 172
<< Tremolo >> 52
Simonetti Stelio 93
Sina Angelo 99 Treppo Nella %, 131, 146
Siniciali Benito 93, 133 << Tribuna>> (vedi Modotti Mario)
Solari Fermo 26 Trigatti Elio 50, 52, 57, 88, 93, 162
• Spaccatutto » (vedi Novatti Al- Tubaro Bruno 66
do) Turco 110
Spanghero Ivo 40 Turrin Giovanni 47, 71, 72, 75, 84,
Sperapane Luigi 122 86, 87, 104, 108, 109, 110, 111, 112,
Spessotto Antonio 151 113, 114, 115, 116
Sponton Ermenegildo 98
Stacul Severino 48, 49, 88, 93 « Ugo >> (vedi Zorzenon Ugo)
« Stalin >> (vedi Barbizeu Ivan)
Stevenson maggiore 176 Valeri Gentile 57, 58, 59, 71, 77,
Stacco Giovanni 47, 65, 73, 104, 92, 105, 106, 109, 115, 130, 139,
106, 108, 109, 110, 111, 112, 115, 164, 165, 166, 167, 168
117, 123 Valeri Giovanni 77, 139
Staffolo Alberto 98 Valussi Anita 106, 107
Strassoldo Giorgio 110, 121, 179 « Vamos>> (vedi De Stefano Ezio)
Stuhlpfarrer Karl 83 Venco Anna 73, 131, 146
Venier - capitano 137, 160
Tagon Alessandro 106 Venturini Beppino 99
Taverna Archildo 57, 75, 90, 106 Versolato Isidoro 99
Teghil Fernando 99 Vetere Giuseppe 63, 64, 69, 122
Teghil Giobatta 99 Vettorini banda 6, 33
Tempo Vittorio 48, 49, 88 «Vinco>> (vedi Cernig Angelo)
Tessari Teodolfo 26 Violin Bruno 168
«Tigre>> (vedi Baggioli Gianni) Virgili Dino 31, 83
Tinon Elio 73, 91, 94, 106, 110, 111, • Volontà>> (vedi Pezzani)
132, 162 Volponi Marcello 78, 98, 105, 109,
<< Tito •• (vedi Volponi Marcello) 111, 124, 141
Todero Giovanna 99 Vuga Francesco 35
190
Weidlich - capitano 31 Zanolin Angelo 158
Wirth Christian 81 Zannini Licurgo 20
Wollsegger barone 31 Zanotta Attilio 99
Zanutta Igino 98
Zorzenon Firmino 92, 105, 115,
Zamparo Alfonso 55, 68, 70, 97, 133
105, 108, 111, 112, 124, 126, 129 Zorzenon Ugo 57, 59, 71, 91, 105,
Zanchetta Giovanni 63, 122 120, 130, 132, 168, 169, 171
Zanella Enrico 77, 140, 164 Zucchi Carlo 19
Zanello Egidio 97, 106, 107, 111 Zucco Liliana 98
Zanetti Giuseppe 96 Zucco Mario 68, 97, 105, 125, 133,
Zangrandi Ruggero 25 137
191
INDICE
Prefazione pag. 5
Ai lettori . 9
Avvertenza 15
Cap. I - « Ricorsi>> del destino )) 19
Cap. II - Il '' Litorale Adriatico>> 25
Cap. III - Partigiani della Bassa 36
Cap . IV - « Una missione di guerra >> 42
Cap. V - Il centro di repressione delle forze partigiane 46
Cap. VI - La « Banda Ruggiero >> 53
Cap. VII - Gli interrogatori )) 61
Cap. VIII - Le testimonianze 67
Cap. IX - La sentenza 81
Cap. X - Il martirologio di Palmanova 88
I - Patrioti trucidati dalla « Banda Borsatti >>
II - Elenco parziale di patrioti trucidati a Pal-
manova
Cap. XI - Un elenco di prigionieri e eli torturati 94
APPENDICE
I - Documenti giudiziari \03
II - Documenti fascisti )) 144
III - Documenti partigiani )) 161
Indice dei nomi 183
Finito di stampare nello Stab. Tip. Del Bianco - Udine - giugno 1970
LOTTA POLITICA E RESISTENZA NEL FRIULI E VENEZIA GIULIA
A cura dell'Istituto regionale per la storia del movimento di libe-
razione nel Friuli e Venezi a Giulia.
Saggi e documenti:
N. 1 C. Ventura: LA STAMPA A TRIESTE 1943-
1945 (lire 400)
N. 2 C. Silvestri: DALLA REDENZIONE AL FA-
SCISMO (lire 1000)
N. 3 E. Apih : DAL REGIME ALLA RESISTENZA -
V. GIULIA 1922-1943 (lire 500)
N. 4 G. Fogar: SOTTO L'OCCUPAZIONE NAZI-
STA NELLE PROVINCIE ORIENTALI (lire
1000)
N. 5 F. Vuga: LA ZONA LIBERA DI CARNIA E
L'OCCUPAZIONE COSACCA (li re 600)
N. 6 T. Sala: LA CRISI FINALE NEL LITORALE
ADRIATICO 1944-1945 (lire 600)
N. 7 E. Maserati: L'OCCUPAZIONE JUGOSLA-
VA DI TRIESTE (lire 1000)
N. 8 G. Fogar : DALL'IRREDENTISMO ALLA RE-
SISTENZA NELLE PROVINCIE ADRIATICHE:
GABRIELE FOSCHIATTI (lire 1000)
N. 9 G. Padoan: ABBIAMO LOTTATO INSIEME -
PARTIGIANI ITALIANI E SLOVENI AL CON-
FINE ORIENTALE (lire 1000)
N. 10 P. Cresta: UN PARTIGIANO DELL'OSOPPO
AL CONFINE ORIENTALE (lire 1000)
N. 11 D. Virgili: NAZISTI E FASCISTI IN FRIULI -
LA FOSSA DI PALMANOVA (liro 1300) .