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ITALIANO – La casa in collina, Cesare Pavese

Biografia
Come scrive Armanda Guiducci, «S. Stefano fu il luogo della sua memoria e immaginazione; il luogo reale
della sua vita, per quarant'anni, fu Torino».
Trascorse gli anni di liceo tra i primi amori adolescenziali e le amicizie, come quella con Tullio Pinelli, a cui
farà leggere per primo il dattiloscritto di Paesi tuoi e scriverà una lettera prima del suicidio.
L'anno seguente (1926) fu scosso profondamente dalla tragica morte di un suo compagno di classe, Elico
Baraldi, che si era tolto la vita con un colpo di rivoltella. Pavese ebbe la tentazione di emulare quel gesto,
come testimonia la poesia inviata il 9 gennaio 1927 all'amico Sturani. «Sono andato una sera di dicembre/
per una stradicciuola di campagna/ tutta deserta, col tumulto in cuore./ Avevo dietro me una rivoltella.»

Intanto si immergeva sempre più nella vita cittadina, e così scriveva all'amico Tullio Pinelli:
«Ora io non so se sia l'influenza di Walt Whitman, ma darei 27 campagne per una città come Torino. La
campagna sarà buona per un riposo momentaneo dello spirito, buona per il paesaggio, vederlo e scappar
via rapido in un treno elettrico, ma la vita, la vita vera moderna, come la sogno e la temo io è una grande
città, piena di frastuono, di fabbriche, di palazzi enormi, di folle e di belle donne (ma tanto non le so
avvicinare).»
Incominciò in modo sistematico, per guadagnare, l'attività di traduttore, alternandola all'insegnamento
della lingua inglese e alla pubblicazione, a partire dal novembre 1930.
Nel 1933, per poter insegnare nelle scuole pubbliche si arrese, pur malvolentieri, alle insistenze della sorella
e di suo marito e si iscrisse al partito nazionale fascista, cosa che rimprovererà più tardi alla sorella Maria
in una lettera del 29 luglio 1935, scritta dal carcere di Regina Coeli: "A seguire i vostri consigli, e l'avvenire e
la carriera e la pace ecc., ho fatto una prima cosa contro la mia coscienza".
Nel 1935 Pavese, intenzionato a proseguire nell'insegnamento, si dimise dall'incarico all'Einaudi e
incominciò a prepararsi per affrontare il concorso di latino e greco ma, il 15 maggio, una delazione dello
scrittore Dino Segre portò agli arresti di intellettuali aderenti a "Giustizia e Libertà". Venne fatta una
perquisizione nella casa di Pavese, sospettato di frequentare il gruppo di intellettuali a contatto con
Ginzburg, e venne trovata, tra le sue carte, una lettera di Altiero Spinelli detenuto per motivi politici nel
carcere romano. Accusato di antifascismo, Pavese venne arrestato e incarcerato dapprima alle Nuove di
Torino, poi a Regina Coeli a Roma e, in seguito al processo, venne condannato a tre anni di confino a
Brancaleone Calabro, dove conobbe Vincenzo De Angelis. Ma Pavese, in realtà, era innocente, poiché la
lettera trovata era rivolta a Tina Pizzardo, la "donna dalla voce rauca" della quale era innamorato. Tina era
però politicamente impegnata e iscritta al Partito comunista d'Italia clandestino e continuava ad avere
contatti epistolari con Spinelli, le cui lettere pervenivano a casa di Pavese che le aveva permesso di
utilizzare il suo indirizzo.
Fra il 27 novembre del 1936 e il 16 aprile del 1939 completò la stesura del suo primo romanzo breve tratto
dall'esperienza del confino intitolato Il carcere

Nel 1943 Pavese venne trasferito per motivi editoriali a Roma, dove gli giunse la cartolina di precetto ma, a
causa della forma d'asma di origine nervosa di cui soffriva, dopo sei mesi di convalescenza all'Ospedale
militare di Rivoli, venne dispensato dalla leva militare e ritornò a Torino, che nel frattempo aveva subito
numerosi bombardamenti e che trovò deserta dai numerosi amici, mentre sulle montagne si stavano
organizzando le prime formazioni partigiane.

Nel 1943, dopo l'8 settembre, Torino venne occupata dai tedeschi e anche la casa editrice venne occupata
da un commissario della Repubblica sociale italiana. Pavese, a differenza di molti suoi amici che si
preparavano alla lotta clandestina, si rifugiò a Serralunga di Crea, piccolo paese del Monferrato, dov'era
sfollata la sorella Maria. A dicembre, per sfuggire a una retata da parte dei repubblichini e dei tedeschi,
chiese ospitalità presso il Collegio Convitto dei padri Somaschi di Casale Monferrato dove, per sdebitarsi,
dava ripetizioni agli allievi. Leggeva e scriveva apparentemente sereno. Il 1º marzo, mentre si trovava
ancora a Serralunga, gli giunse la notizia della tragica morte di Leone Ginzburg avvenuta sotto le torture nel
carcere di Regina Coeli. Il 3 marzo scriverà: «L'ho saputo il 1º marzo. Esistono gli altri per noi? Vorrei che
non fosse vero per non star male. Vivo come in una nebbia, pensandoci sempre ma vagamente. Finisce che
si prende l'abitudine a questo stato, in cui si rimanda sempre il dolore vero a domani, e così si dimentica
e non si è sofferto».
Egli cercò di isolarsi dagli amici rimasti ma poco dopo decise di iscriversi al Partito comunista
incominciando a collaborare al quotidiano l'Unità. Tentava va con quel legame anche disciplinare, di
rompere l'isolamento, di collegarsi, di camminare assieme agli altri. Era l'ultima risorsa alla quale si
aggrappava per imparare il mestiere di vivere».

La casa in collina
Cesare Pavese pubblica il romanzo La casa in collina nel 1949 insieme con Il carcere nel volume unico Prima
che il gallo canti. Se Il carcere risale al periodo tra il 1938 e il 1939 e rievoca l’esperienza del confino
dell’autore a Brancaleone Calabro tra il 1935 e il 1936, La casa in collina indaga le conseguenze
psicologiche e sociali del secondo conflitto mondiale e della Resistenza, cui Pavese stesso non partecipa,
rifugiandosi, come il protagonista, in campagna. In entrambe le opere la narrazione è dunque fortemente
intrisa di elementi autobiografici, che fanno trasparire alcune costanti della poetica di Pavese: il legame
disarmonico tra l’intellettuale e la realtà, il rapporto complesso con il mondo rurale delle Langhe
contrapposto a quello della città, il ruolo della memoria individuale.

RIASSUNTO
Protagonista e narratore delle vicende è Corrado, un docente torinese che per sfuggire ai bombardamenti
che imperversano nella città si è trasferito in collina presso una donna, Elvira, e la madre di lei. Le colline
torinesi sono abitate da schietta gente del luogo e da persone di città che, come lui, hanno bisogno di un
rifugio. Così, malgrado Corrado prediliga la solitudine e l’isolamento, si unisce ai frequentatori di
un’osteria, le Fontane,che scopre essere gestita da un suo amore del passato, Cate, che ha un figlio,
Corrado (chiamato da tutti Dino), che, per motivi anagrafici, potrebbe essere addirittura suo figlio. Corrado
infatti anni addietro aveva interrotto la relazione con Cate per scansare le responsabilità di un rapporto
maturo ed anche adesso, di fronte alla tragedia della guerra, vive con apparente indifferenza le vicende
storiche che accadono intorno a lui.
Corrado si unisce al gruppo dell’osteria e, pur non scoprendo mai la verità circa la paternità di Dino, inizia
a trascorrere molto tempo con lui. Nel frattempo il protagonista si interroga anche sul suo amore per Cate,
che forse non si è del tutto estinto, e sul suo impegno storico e civile in un drammatico frangente storico,
dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Tuttavia Corrado non esterna mai le proprie idee e non si risolve
mai all’azione, osservando da spettatore la barbarie della guerra, che devasta il mondo delle Langhe,
strettamente legato ai ricordi infantili di Corrado.
La situazione è sconvolta da una retata dei nazisti, che all’osteria arrestano Cate e gli altri amici di
Corrado, che, di ritorno da Torino, riesce fortunosamente a salvarsi assieme a Dino. Rifugiatosi prima da
Elvira, innamorata di lui, e poi in un collegio a Chieri (nei pressi di Torino), Corrado affida Dino alle cure
delle due donne. Il ragazzo in seguito raggiungerà il protagonista al collegio ma presto sceglie di arruolarsi
nelle fila partigiane. Corrado, insicuro e incapace di affrontare l’impegno di una scelta, decide di tornare al
paese natale e alla sua “casa in collina”. Durante il viaggio di ritorno, incappa in un’imboscata partigiana e
la vista dei cadaveri dei fascisti gli suggerisce amare e disilluse riflessioni sul senso della guerra,
dell’esistenza umana e della sua crisi esistenziale che, nella conclusione del romanzo, non è destinata a
risolversi.
Nella Casa in collina Pavese tratta una volta ancora quel dissidio tra la solitudine contemplativa
dell’intellettuale e la presa di posizione storica ed ideologica che gli eventi storici richiederebbero. Pavese
avverte profondamente questo dissidio per motivi autobiografici e lo traspone, attraverso la scelta della
narrazione in prima persona, nella figura di Corrado. Il protagonista, debole e irresoluto, è preso
all’interno di una serie di antitesi (contrapposizioni) tra cui non sa decidersi. La prima di queste è quella tra
la città e la collina: se Torino è devastata dai bombardamenti, inizialmente la campagna delle Langhe si
presenta come un luogo sicuro e protetto, in cui Corrado può rivivere i ricordi dell’infanzia o l’amore
passato con Cate. Tuttavia, ben presto la Storia nullifica questa opposizione: dopo l’8 settembre, con lo
scoppio della guerra civile tra nazifascisti e partigiani, anche il mondo della campagna è attraversato dalla
violenza e tutti sono chiamati a scelte drastiche e radicali. In questo senso, è significativa l’assenza di
Corrado nel momento cruciale della retata e il suo successivo disimpegno, con la scelta di rimanere
nascosto da Elvira prima e nel collegio poi.
La seconda antitesi è appunto quella tra chi si impegna (mostrando un legame attivo tra sé e il mondo
esterno) e chi, come Corrado, è vittima del dubbio e dell’incertezza. Bisogna notare che questa crisi
riguarda sia la vita privata che quella pubblica di Corrado. Se egli infatti non sa decidersi ad aderire alla
lotta partigiana contro i repubblichini, sul piano personale è succube di tormenti analoghi. Corrado infatti
non sa se Dino è davvero figlio suo, ma prova ad identificarsi in lui e a svolgere un ruolo paterno nei suoi
confronti. Assai significativa in questo caso la decisione finale di Dino di abbandonare la sicurezza del
collegio per entrare tra i partigiani, abbandonando Corrado nella sua incapacità di agire. In secondo
luogo, quando rivede Cate il protagonista si domanda se il loro amore sia davvero finito, ma non fa nulla
per riallacciare davvero il loro legame; dopo la retata, Corrado non saprà più nulla del destino della donna.
In terzo luogo, Corrado preferisce quasi sempre la solitudine al rapporto con gli altri e con il mondo: prova
ne è prima il suo rifugio nel microcosmo familiare della casa di Elvira e della madre e poi la scelta di
autoescludersi da tutto ritornando alla “casa in collina”.
Ultima e più profonda antitesi è quella tra l’uomo e la Storia, di cui la guerra è una metafora assai evidente
ed esplicita. Qui la crisi interiore di Corrado diventa una più ampia riflessione dell’autore sul significato
dell’esistenza umana, in relazione con il valore della nostra vita e il senso della morte, specie quella di
natura violenta. Corrado non riesce e non sa risolvere questo enigma, come testimoniano le ultime righe
del romanzo: (ultima pag: Ci sono dei giorni … per loro la guerra è finita davvero)

La conclusione del romanzo


Le riflessioni di Corrado e il senso che esse danno a tutta La casa in collina diventano particolarmente
significative nell’ultimo capitolo, quando Corrado è ormai solo e ha perduto gran parte dei propri punti di
riferimento nelle altre figure della narrazione. I pensieri del protagonista vanno con insistenza al significato
della violenza e della guerra: ( È qui che la guerra mi ha preso…giustificare chi l’ha sparso.)

La conclusione appare così un esame di coscienza del protagonista, che, da intellettuale e letterato,
osserva l’insensata sofferenza della guerra, senza prenderne parte attivamente e senza trovare una
giustificazione alle morti che il conflitto sta causando. Corrado da un lato comprende la dolorosa
condizione umana, ma dall’altro si rammarica della propria impotenza e dell’impossibilità di fermare la
sofferenza collettiva. Ed è qui che si realizza il paradosso della riflessione: forse, quando tutti avranno
preso parte alla lotta e non ci saranno più differenze tra chi ha combattuto e chi no, allora si riuscirà a
trovare la pace agognata (desiderata). Corrado riflette anche sulla sua continua fuga da un conflitto
inevitabile e il suo tentativo di vivere una vita tranquilla: (E se non fosse che la guerra…E verrà il giorno
che nessuno sarà fuori della guerra.)

Il personaggio di Corrado appare, soprattutto in queste ultime pagine, come l’alter ego dello scrittore, che,
attraverso La casa in collina, analizza se stesso, i propri incubi e le proprie paure. Ma il destino del
protagonista può essere interpretato anche in chiave universale:diventa simbolo dell’uomo moderno e
dell’insensatezza della morte, emblematizzata dai cadaveri sulla strada, che diventano per Corrado
simboli della colpa e della vergogna.

Corrado, fuggiasco, che cerca nella meditazione e nel rapporto con l’osteria Alle Fontane un senso al suo
forse non scelto disimpegno.
Cesare/Corrado vuole narrare la guerra come idea, come impegno, la guerra civile, i bombardamenti che,
per la prima volta, non risparmiano le città, la guerra che termina solo per chi muore, la guerra che
continua, che è sempre presente, che non cessa con la fine del romanzo, il quale termina alle soglie del
suo ultimo difficile inverno.

Definita da Calvino questa conclusione «un’intuizione poetica che non solo serve a lasciare aperta la
vicenda di Corrado, ma che ne allarga il senso».

Personaggi

Corrado: è un professore di scienze sulla quarantina, insegna a Torino, ma vive a pensione sulle colline
circostanti. La sua indole è schiva (appartato, chiuso, introverso, riservato, ritroso, timido) e la guerra
accentuerà una simile predisposizione alla solitudine: egli stesso dichiara come il cane Belbo sia il suo
unico “confidente sincero”. Al suo carattere acuto e riflessivo non sfugge come rimanere in disparte sia già
una connivenza con il fascismo. Ma egli, rifiutata la via dell’impegno diretto, si sforza di mettere da parte la
propria logica e di non incedere nei rimpianti sulle numerose occasioni perdute.
Cate: In collina Corrado ritrova Cate, la ragazza con cui aveva avuto una storia finita male otto anni prima. Il
primo incontro con la donna avviene di notte ed è la sua voce “un poco scabra, provocante, brusca” e
renderla immediatamente riconoscibile, nonostante il buio. Cate è una donna rigida e autonoma, a volte
scontrosa. Lavora in ospedale e alleva da sola il figlio, nei cui confronti si dimostra affettuosa e protettiva. Si
distingue dal protagonista, potendo contare su “uno scopo, volontà d’indignarsi, un’esistenza tutta piena e
tutta sua”.
Dino: Il figlio di Cate. In realtà si chiama Corrado e il protagonista non riuscirà a sapere se si tratti di suo
figlio o meno. Il bambino anima la vita timorosa di Corrado con una ventata di fiducia ed entusiasmo, ma
con lui, come con gli altri adulti, si innervosisce a ricevere troppe cure e attenzioni. Cresciuto all’ombra di
ideali d’avventura e socialismo, vede la prospettiva di partecipare alla guerra come un gioco da affrontare
con coraggio.
Elvira e la madre: Corrado vive nella casa di due donne, Elvira e sua madre: se la vecchia è più silenziosa e
calma, la figlia quarantenne viene descritta come una zitella agitata e lamentosa, forse segretamente
innamorata del suo pensionante. La loro premura e curiosità, il loro desiderio di vedere la vita di Corrado
limitata alle mura di casa loro, vengono avvertite dal protagonista come un pesante inconveniente. Quello
che è certo, nonostante appaiano bigotte e a volte irritanti per le loro attenzioni eccessive, è la loro lealtà
verso il protagonista.
Fonso: All’osteria delle Fontane, oltre a Cate e al bambino, Corrado inizia a frequentare la compagnia che
abitualmente si riunisce là. In particolare conosce Fonso, un fattorino diciottenne, cinico e burlone; è lui a
introdurre nelle discussioni il tema della lotta di classe e finirà per unirsi ai partigiani. Altri assidui
frequentatori sono NANDO e GIULIA, interessati di politica e disposti a fare la propria parte a costo di
comportarsi con incoscienza.
Riassunto

A guerra ancora in corso il protagonista, di cui solo in un secondo momento scopriremo il nome, ripercorre
gli avvenimenti susseguitisi nei mesi precedenti. Intorno a lui, la guerra. Una guerra inizialmente scandita
da ritmi precisi e comportamenti altrettanto chiari: uno su tutti fare in modo di trovarsi al sicuro in
occasione dei bombardamenti notturni. Così, chi non può abbandonare la città confida nei rifugi; chi, come
Corrado, ne ha la possibilità, finito il lavoro sale in collina, dove il fragore delle incursioni aeree può ancora
essere percepito come un evento lontano. Il protagonista cerca però di sottrarsi alla casa delle sue donne,
madre e figlia di cui è ospite, e alla loro presenza capace di diventare opprimente; si aggira spesso nei
frutteti o nei boschi, con la sola compagnia del cane Belbo. È così che una sera i due possono cogliere
l’inusuale richiamo di voci ancora desiderose di cantare, nonostante i drammi circostanti, e seguire quei
suoni fino alle Fontane. Là, vicino ad un’osteria, fra giovani disposti a dormire all’aria aperta pur di
allontanarsi dalla città, avviene al buio l’incontro con Cate. Il riaffiorare della vergogna per come aveva
chiuso la storia avuta con lei non impedisce a Corrado di ritornare alle Fontane, assecondando il desiderio
di rivederla e finendo per legarsi alla compagnia che lassù si radunava.

Ad incuriosire Corrado in modo particolare è quel bambino che scopre portare il suo stesso nome: si ferma
ad osservarlo, cercando indizi che possano confermare o smentire si tratti di suo figlio; non riesce mai a
ottenere da Cate la verità. Alle passeggiate nei boschi con Dino si alternano le chiacchierate all’osteria,
immancabilmente dedicate alle sorti della guerra e accompagnate dall’ascolto di radio Londra.

Emerge la “strana immunità” di Corrado alla realtà circostante, si tratta delle persone più vicine o dei
grandi eventi bellici difficili da interpretare: a causare un simile atteggiamento, stando a quanto suggerisce
Cate, è la sua paura costante, generalizzata, capace di mantenere intatta la sua solitudine anche quando è
circondato da persone attive e vivaci. Nel frattempo lo scenario bellico si trasforma: l’arresto di Mussolini
e l’armistizio provocano un “formicolio” e un’instabilità in precedenza sconosciuti. Corrado sente
traballare il mondo su cui era basata tutta la sua vita, che pure gli incuteva terrore e rancore.

C’è chi capisce di dover prendere posizione davanti all’ambigua sorte della nazione: il collega di scuola
Castelli, deciso di sospendere l’insegnamento per non dover prestare il proprio servizio professionale alla
Repubblica di Salò, viene fatto prigioniero. I giovani abituati a ritrovarsi alle Fontane si organizzano per
favorire la resistenza: partecipano a comizi in città, allargano la loro rete di conoscenze, in collina
nascondono armi. Il clima di estrema provvisorietà e il movimento generale, però, non suscitano alcuna
risposta attiva nel protagonista: «Sai tante cose, Corrado … e non fai niente per aiutarci» commenta seria
Cate.

La prima ad essere imprigionata nel gruppo delle Fontane è Giulia, finché una retata nazista non cattura
tutti coloro che si trovavano all’osteria. Non rimangono liberi che Corrado e il bambino.

Per il protagonista comincia una vera e propria fuga, destinata ad assumere tonalità sempre più disperate
e solitarie. Trova rifugio, aiutato dalle due donne, presso un collegio gestito da preti. Là, pietrificato dal
terrore all’idea di uscire, ritrova un sollievo momentaneo lavorando come assistente e interessandosi allo
studio dei ragazzi più giovani.

La presenza di Dino continua a essere un’àncora verso l’esterno, una spinta per il protagonista a prendersi
cura di qualcuno. Il bambino, infatti, inizialmente ospitato dalle due donne, bisognoso di protezione viene
accolto nel collegio dove si trova Corrado, che può così vigilare su di lui senza dare nell’occhio. Ma quando,
approfittando di un’assenza del protagonista, Dino scappa per raggiungere Fonso e i gruppi partigiani per
cui nutriva una malcelata simpatia, anche l’ultimo legame del protagonista con la società scompare. Le
pagine finali del romanzo sono occupate dal suo viaggio verso le Langhe, verso quel paese natio dove
nessuno sarebbe mai andato a cercarlo e dove poteva contare sull’appoggio della famiglia. Una volta
arrivato Corrado non ha altra possibilità che convivere alla meglio con la propria vigliaccheria, tristezza e
solitudine, ignaro della sorte degli altri e incapace di trovare risposte per quanto era accaduto e stava
ancora accadendo.

Analisi e Commento

Il romanzo La casa in collina può essere considerato un’espressione della lacerante tensione dell’autore
verso la maturità, verso una propria realizzazione nella società di cui è osservatore. Infatti, se da un lato la
realtà a lui circostante si esprime attraverso un indistinto e opprimente “cianciare stupirsi esclamare”,
d’altra parte l’incontro con il gruppo delle Fontane sembra costituire uno stimolo per Corrado verso
l’impegno, la presa di posizione, l’azione in prima persona.

Sono necessari Cate e Dino per smuovere la sostanziale indifferenza del protagonista. Le parole della
donna ne dipingono il carattere incapace di dare confidenza, di prendersi a cuore qualcuno o qualcosa; ma
nello stesso tempo la presenza di lei e del bambino lasciano presagire la possibilità di un’alternativa, di
un’apertura.

Lo stesso protagonista, del resto, ammette la singolare incoscienza dei giorni passati a camminare nei
boschi con Dino o a parlare di politica all’osteria; si rende conto di come la sua vita solitaria sia stata
improvvisamente invasa da “un senso d’avventura”. Nonostante l’estrema tensione portata dalla guerra
Corrado riesce a essere partecipe di un’allegria non ancora infranta.

Il paesaggio estivo si fa scenario accogliente per un momento di relativo benessere, segnato però
dall’instabilità e destinato, come il clima, a capovolgersi. I momenti vissuti sulle colline sopra Torino, pure
animati di speranza, preludono a una situazione che si farà sempre più invivibile.

Con la cattura di Cate e ancor più con la sparizione del bambino, ogni ottimismo crolla definitivamente,
lasciando a quell’inquietudine presente sin dall’inizio la possibilità di fluire incontrastata, di portare Corrado
a rinchiudersi ancor più nella propria solitudine, rivalutando quanto era avvenuto sino a quel momento. Per
il protagonista ogni mossa in cui non aveva protetto se stesso diventa un atto irresponsabile, quasi da
rimpiangere.

Si crea così un solco invalicabile e definitivo fra “chi arrischia, chi agisce davvero”, che inevitabilmente “non
ci pensa” e un Corrado fin troppo consapevole dei propri pensieri e della sua personale e egoistica
necessità: “chiedevo un letargo, un anestetico, una certezza di essere ben nascosto. Non chiedevo la pace
del mondo, chiedevo la mia”. Si esplicita qui un atteggiamento della scrittura di Pavese messo in luce da
Guglielmi, l’ambizione della sua poetica a una conciliazione: «a un rasserenamento della memoria nella
ragione e a una salvezza della ragione attraverso la memoria». Ma una simile conciliazione rimane
impossibile e ogni intervento attivo in un mondo devastato dalla guerra non può essere
contemporaneamente osservato con consapevolezza e portato avanti.

L’unico movimento ormai possibile per Corrado, dopo aver fatto capolino al di fuori della propria
solitudine, è la fuga: verso la terra di origine, l’oblio, il tentativo di accantonare anche le domande
insolvibili della guerra, il fastidio e la vergogna.

I fatti storici citati, dai bombardamenti su Torino all’inizio della Resistenza, sono lo sfondo necessario alle
vicende del protagonista, ma, per via della sua decisione di assecondare la propria paura, vengono quasi
messi da parte. La scrittura di Cesare Pavese «insieme narrativa e lirico-drammatica» ha l’abilità di creare,
anche attraverso un’esperienza personale calata in un paesaggio contrassegnato da elementi locali, il
simbolo di un dramma esistenziale destinato a risultare più profondo persino della situazione storica
contingente.

Dino: sicuro, determinato, non come corrado


Cadaveri fascisti lo fanno riflettere, ci si rende conto che è stata una guerra civile
Temi principali
• La storia di una solitudine individuale di fronte all'impegno civile
• La contraddizione da risolvere tra vita in campagna e vita in città nel caos della guerra
• Il superamento dell'egoismo attraverso la scoperta che ogni caduto somiglia a chi resta e gliene
chiede ragione
• Insomma, in questo libro l'autore vuole presentare in modo realistico e completo ciò che comporta la
guerra. Questo è l'argomento fondamentale di tutto il racconto, attorno al quale si svolge la vicenda di
Corrado, personaggio principale del romanzo che è un professore di quarant'anni che si rifugia in collina
tutte le sere per sfuggire ai bombardamenti sulla città di
Torino.
• Corrado considera la collina, ovvero la natura, come un luogo che dà fiducia e speranza, probabilmente
per questo motivo dopo l'arresto dei suoi amici delle Fontane decide di ritornare nelle
Langhe. Il protagonista pensa di trovare pace interiore e tranquillità nei luoghi dell'infanzia, ma purtroppo si
trova davanti ad una situazione molto diversa dalle sue aspettative.(trova cadaveri di fascisti, uccisi dai
partigiani)
• Tutti i personaggi vengono messi a contatto con la dura e crudele realtà della guerra sia con la perdita dei
propri cari, sia con la vista del sangue e di corpi senza vita di sconosciuti, descritti nel libro con freddo e
distaccato realismo. Anche se non vogliono, devono fare i conti con la guerra.
• Corrado alla fine del libro si rende conto che non avrebbe più rivisto le colline delle corse e dei giochi, del
rapporto intenso con la natura, ma quelle dove si organizzava la Resistenza, dove si moriva per un ideale
che lui per tanto tempo aveva represso e dove l'orrore della morte incombeva su tutti, superando le
divisioni politiche
• Messaggio conclusivo, che ci sentiamo di condividere fino in fondo: solamente quando tutte le persone si
renderanno conto dell'inutilità, dell'ingiustizia della guerra, essa potrà finalmente finire e tutti piangeranno
gli uomini caduti in guerra, senza distinzione alcuna.

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