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Esistono altri mondi ed esseri razionali1

Michele Corioni Largomento ontologico nella versione di Gdel2

La prova ontologica dellesistenza di Dio costituisce un punto di vista interessante per riflettere sulla ricerca di Dio. In questo articolo manterremo volutamente lambiguit del genitivo contenuto nellespressione ricerca di Dio. Un po alla maniera di Heschel3 vorremmo suggerire che, accanto al processo umano di approccio alla divinit (genitivo oggettivo), ve n uno specificatamente divino di approccio allumanit (genitivo soggettivo). In questo modo ogni strategia razionale, che apparentemente tesa allindagine su uno o laltro degli aspetti inerenti il divino, potrebbe altres illuminare qualche aspetto dellumano, per cos dire, teologicamente rilevante. Potremmo chiederci, infatti, cosa rappresenta largomento ontologico nel rapporto uomoDio? Che tipo di terreno quello sul quale lincontro col divino muove da categorie cos spiccatamente razionali? Se fossimo Dio (e spero mi si perdoni
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H. Wang, On Physicalism and Algorithmism: Can machines think?, in Philosophia Mathematica, vol. I, n. 2, 1993, p. 120. Citando il Nachlass di Gdel, scritti del 1960.
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Devo ringraziare profondamente il prof. Sandro Ratto e tutta lequipe medica e infermieristica del reparto di Neurologia dellOspedale Galliera di Genova. E grazie alle loro cure se, in un momento in cui potevo temere per la mia stessa vita, ho potuto ristabilirmi, pensare e tornare a scrivere. Inoltre devo un ringraziamento particolare al Prof. Sandro Ratto per il suo ben argomentato scetticismo nei confronti di una prova matematica dellesistenza di Dio. E per il fatto che questo scetticismo non gli impedisse di credere fermamente. In Dio.
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A. J. Heschel, God in search of man: A Philosophy of Judaism, Farrar, Straus and Giroux, New York 1955; tr. it. Dio alla ricerca delluomo: una filosofia dellEbraismo, Borla, Torino 1971.

larroganza dellipotesi) perch dovremmo seguire questa via allincontro con luomo? Penso che questo approccio potrebbe sembrare eccessivamente contorto ai filosofi e ai logici, ma lo ritengo in un certo qual modo in linea con lopinione di Anselmo, per il quale neque enim quaero intelligere ut credam, sed credo ut intelligam. Ora, poich dobbiamo proprio a lui la prima formulazione dellargomento ontologico, dobbiamo anche assumerne il contesto e le convinzioni di fondo. Nel corso della sua storia questo argomento stato avulso da questo principio gnoseologico, anche da parte dei suoi sostenitori. Da parte dei critici, invece, stato spesso presentato come un ragionamento profondamente quanto sottilmente errato. Ma per Anselmo largomento si fonda sulla constatazione che ogni movimento della conoscenza parte da un atto, che lui chiama fede. Nella conoscenza di Dio questa la fede nel dato rivelato, ma nella conoscenza in generale si tratter di un dato pi generale che, nellatto stesso di costituirci in quanto parte della realt, fornisce anche il contenuto pi ampio di conoscenza. Nel capitolo II del Proslogion Anselmo espone il suo argomento:
E davvero noi crediamo che tu sia qualcosa di cui non si possa pensare il pi grande (aliquid quo nihil maius cogitari possit). O forse non vi una tale natura, perch "disse l'insipiente in cuor suo: Dio non esiste"? Ma certamente quel medesimo insipiente, quando ascolta ci che dico, cio "qualcosa di cui non si pu pensare nulla di pi grande", comprende ci che ode, e ci che comprende nel suo intelletto (in eius intellectu est), anche se egli non intende che quella cosa esista. [...]. Ma, certamente, ci di cui non si pu pensare qualcosa di pi grande non pu essere nel solo intelletto (non potest esse in solo intellectu). Se infatti almeno nel solo intelletto, si pu pensare che esista anche nella realt (esse in re), il che maggiore (quod maius est). Se dunque ci di cui non si possa pensare il maggiore nel solo intelletto, quello stesso di cui non si pu pensare il maggiore ci di cui si pu pensare il maggiore. Ma evidentemente questo non pu essere. Dunque ci di cui non si pu pensare il maggiore esiste, senza dubbio, sia nell'intelletto sia nella realt4.

Possiamo schematizzarlo in questo modo:


(1) Dio =def id (x) quo nihil maius cogitari possit (P) (2) P(x) vero in intellectu, cio esiste un oggetto ideale che rende vero P (3) P(x) falso in intellectu (4) Demostrandum: P(x) vero in re, cio esiste un oggetto reale che rende

vero P
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Anselmo di Canterbury, Proslogion, cap. II, Bompiani, Milano 2002, pp. 306s.

(5) Se P(x) falso in re allora P(x) vero in intellectu (6) Ma da (3) segue che P(x) vero in re.

Le obiezioni cui si espone limpianto argomentativo di Anselmo sono di almeno due tipi: (a) davvero P(x) vero in intellectu? E lobiezione di Gaunilone: davvero la definizione data ci permette di dire che esista un ente ideale che soddisfa la propriet di non potersi pensare nulla di maggiore? In effetti Anselmo pone fra le premesse del suo ragionamento il fatto che tutti, credenti e non, possiedono lidea di Dio su cui lui intende far leva. La questione, al di l del fatto che lidea si trovi effettivamente nella testa di qualcuno, se P(x) sia una nozione possibile. (b) Anselmo lega lessere ideale e quello reale. Il legame talmente forte da implicare che, se P(x) non reale, allora non nemmeno vero a livello ideale. E tuttavia, di nuovo, Anselmo considera un dato indubitabile levidenza ideale di P(x) (e della falsit di P(x)). Kordig5 ha compiuto una rilettura interessante dellargomento di Anselmo, che si basa sullinterpretazione della definizione (id quo maius, abbreviata IQM) come se contenesse unidea di obbligatoriet deontica. Largomento viene cos a svilupparsi in questo modo: Dio=defIQM (1)O(IQM)
(2) O(IQM)M(IQM)

[O=obbligatorio] [M=possibile]

(3)M(IQM) Cio: dalla definizione IQM deve esistere; se deve esistere allora pu esistere; ma deve esistere (per definizione), quindi pu esistere. (4)M(IQM)
(5) M(IQM)L(IQM)

[L=necessario]

(6)L(IQM) Cio: (5) se pu esistere allora necessario che esista. Infatti per assurdo: se non necessario che esista, allora si d il caso che M (IQM), il che in contraddizione con (4). Quindi (6) L(IQM), poich si d il caso che [M(IQM) (IQM)]. Non possibile che Dio possa esistere e possa non M esistere, cio impossibile che Dio sia contingente. Quindi necessario che esista. Anselmo interpreta questa conclusione attribuendo preminenza valoriale allesistenza necessaria sullesistenza contingente. Linterpretazione di Kordig si basa sul passaggio (di per s problematico) dal deve deontico (O)
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C. R. Kordig, A Deontic Argument for Gods Existence, in Nous, 15, 1981, pp. 207s.

al deve aletico (L). Kordig sostiene che si possa estrarre loperatore deontico dalla definizione proposta da Anselmo (IQM) e che da questo, per via deduttiva, si possa giungere alla necessitazione metafisica. Il passo chiave (anchesso problematico) quello che dallobbligatorieta conduce, per implicazione, alla possibilit metafisica (2). Largomento ontologico ricompare con Cartesio, senza che queste obiezioni trovino risposte esaurienti:
[] lidea di un essere pi perfetto del mio: manifestamente impossibile che mi venisse dal nulla; ma neanche poteva venirmi da me, perch una derivazione e dipendenza del pi perfetto dal meno perfetto non implica minore contraddizione di una derivazione di qualcosa dal nulla. Restava solo che fosse stata messa in me da una natura davvero pi perfetta di quel che io non fossi, anzi che avesse in s tutte le perfezioni di cui potevo avere idea cio, per spiegarmi con una parola sola, che fosse Dio.6

Cartesio enfatizza maggiormente limmagine di unidea che viene da qualcosa. Lidea un dato che non pu essere incausato. Poich si tratta dellidea dellEns Perfectissimus, la causa deve essere proporzionata. Ma permane il dubbio che lessere perfettissimo sia effettivamente pensabile. Potrebbe darsi il caso, infatti, che tale idea non sia altro che un agglomerato di termini come il ben pi celebre quadrato rotondo. Il problema con Leibniz diventa quello di determinare con precisione la possibilit dellidea di un oggetto in grado di soddisfare il predicato di essere perfettissimo. A Cartesio Leibniz rimprovera a pi riprese di non essere stato in grado di dimostrare la possibilit di Dio. Una volta dimostrata la possibilit di Dio Leibniz (e, in seguito, Gdel) ritengono percorribile il passaggio alla necessitazione. A questo punto i critici dellargomento ontologico possono obiettare sul passaggio dalla possibilit alla necessitazione. Qui la critica si fa efficace e, forse, qui largomento arriva al suo limite estremo. Ma, indubbiamente, largomento ontologico a quella frontiera in grado di giungere. A noi interessa il percorso dellargomento ontologico, la via che ci spinge a percorrere, almeno fin dove ci permette di percorrerla, perch questo tipo di argomento sembra condurci appena al di qua della possibilit di percepire ldea di unintensit di essere oltre la quale non ne pensabile una maggiore7. Questa idea tale da darci limpressione di poterla toccare, ma anche limpressione di non essere altro che flatus vocis. Resta questo il mistero dellargomento ontologico, il capitolo della filosofia occidentale che pi si avvicina alla contemplazione dellen sof cabalistico, lorizzonte delleternit,
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R. Cartesio, Discorso sul metodo, sez. IV, Mondadori, Milano 2008, p. 39.

S. Vanni Rovighi, Studi di filosofia medievale I: da S. Agostino al XII secolo, Vita e Pensiero, Milano 1978, p. 32.

come traducevano i latini, il limite estremo fra la comprensione intellettuale e loggetto compreso, che tanto grande (o perfetto) da travalicare i limiti delloggettualit. Leibniz cominci a trattare dellargomento ontologico nello scritto Quod Ens Perfectissimus existit (1676). In esso la prima mossa consiste nel definire il concetto di perfezione dal punto di vista formale. Non viene proposto alcun esempio di perfezione, bens viene detto ci che una qualit devessere per rientrare nella classe delle perfezioni. Le perfezioni sono qualit semplici e assolute, cio prive di limiti. Secondo Leibniz tutte le perfezioni sono compatibili, il che significa che possono essere soddisfatte insieme dallo stesso oggetto. La dimostrazione di questa tesi condotta per assurdo. Si ipotizzi, ad esempio, che A e B siano perfezioni incompatibili. Allora ognuna limiter laltra, contro la definizione di perfezione come qualit senza limiti. Perci o non v che una perfezione, o, effettivamente, le perfezioni sono compatibili fra loro. Uno dei punti dubbi dellargomentazione di Anselmo e di Cartesio nasceva dalla difficolt di ideare un ente soggetto (Dio) in grado di soddisfare la propriet di essere perfettissimo. Leibniz si concentra sulle propriet dellipotetico oggetto divino, trova che siano pensabili tutte insieme e ne conclude che il soggetto di dette propriet possibile. Poich lesistenza una perfezione, Dio ne gode necessariamente. Cio esiste. Leibniz fece anche un tentativo di impostare largomento ontologico a prescindere dal concetto di perfezione. E possibile, infatti, che la dimostrazione per assurdo della compatibilit delle propriet non sia convincente. Si potrebbe sostenere, per esempio, che non v nessuna perfezione, contro lassunto iniziale. Perci ci si dovrebbe impegnare in unulteriore dimostrazione sullesistenza delle qualit illimitate (perfezioni). Nello scritto intitolato De la dmonstration cartesienne de l'existence de Dieu du R. P. Lami (1701) Leibniz propone una prova a partire dallessenza. Essenza di una cosa ci che fa la possibilit di quella cosa. Esistere per la propria essenza significa esistere in virt della propria possibilit. Dio, lEns a se, sarebbe lunico ente ad avere il privilegio di esistere necessariamente in quanto possibile. Lintensit dessere che lo costituisce permetterebbe il passaggio modale dal possibile al necessario nella forma del passaggio dalla potenza allatto, essendo in s e luna e laltro. La versione di Gdel dellargomento ontologico richiama molto da vicino limpostazione di Leibniz. Come Leibniz, infatti, si propone di dimostrare che Dio - inteso come oggetto che soddisfa la propriet di essere divino (God-like) possibile e, perci, necessario. Ugualmente uno dei punti chiave dellargomentazione il concetto di perfezione, che Gdel chiama propriet positiva. Largomento ontologico occup Gdel dal 1941 al 1970. Alla fine ne venne una formulazione in grado di soddisfare pienamente le esigenze del
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logico moravo, sebbene egli stesso non volle che venisse pubblicata. Temeva, come ricorda leconomista O. Morgenstern, al quale Gdel mostr la prova, che si pensasse a lui come ad un credente, [...] mentre [era] solo impegnato in una ricerca logica8. Nonostante questa affermazione sappiamo, da altre fonti, che Gdel aveva una concezione molto aperta e possibilista su questioni di varia natura metafisica quali la sopravvivenza dellanima, la parapsicologia, la demonologia e lesistenza di entit immateriali9. La prova di Gdel, espressa in linguaggio formalizzato, occupa poche righe. La riportiamo in tutto il suo tecnicismo, dal momento che ne avremo bisogno per capirla e commentarla10: (1) Assioma 1 (2) Assioma 2 (3) Definizione 1 (4) Definizione 2 (5) Assioma 3 P( ).P( )P( . ) P( ) ) P( G(x) ( )[P( ) (x)] (Dio) Ess.x ( ){ (x)N(y)[ (y) (y)]} (Essenza di x) P( )NP( ) P( )N P( ) (6) Teorema (7) Definizione (8) Assioma 4 (9) Teorema G(x)GEss.x E(x) ( )[ Ess.xN( x) (x)] (Esistenza necessaria) P(E) G(x)N( y)G(y) ( x)G(x)N( y)G(y) M( x)G(x)MN( y)G(y) (M=possibilit) M( x)G(x)N( y)G(y) (10) Assioma 5 P( ). N :P( ), che implica x = x positivo x x negativo
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K. Gdel, La prova matemativa dellesistenza di Dio, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 23.

S. Feferman, La vita e le opere di Gdel, in K. Gdel, Scritti scelti, Bollati Boringhieri, Torino 2011, pp. xxv.
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K. Gdel, La prova matematica dellesistenza di Dio, op. cit., pp. 61s.

La prova, dunque, costituita da tre definizioni, cinque assiomi e due teoremi. Definizioni. Definizione di Essere Divino (3): Un essere divino (G) se ha per qualit essenziali tutte e solo le propriet positive (P); Definizione di essenza (4): unessenza di x se, per tutti gli , x include se include ; Definizione di esistenza necessaria (7): x esiste necessariamente se ogni elemento della sua essenza esiste necessariamente. Assiomi. Assioma 1 (1): Se n propriet sono positive, allora lo anche linsieme di quelle n propriet; Assioma 2 (2): Se una propriet positiva, allora il suo contrario non positivo; Assioma 3 (5): Se una propriet positiva, allora lo necessariamente; Assioma 4 (8): Lesistenza necessaria (E) una propriet positiva; Assioma 5 (10): Se una propriet positiva implica necessariamente unaltra propriet, allora anche questultima positiva. Teoremi. Teorema 1 (6): Se un essere divino (G), allora lesistenza necessaria gli appartiene per essenza. Teorema 2 (9): Se un Essere Divino esiste, allora esiste necessariamente; se possibile che lEssere Divino esista, allora possibile che esista necessariamente; quindi Dio esiste necessariamente. La strategia argomentativa di Gdel imperniata sul concetto di propriet positiva (P): Il presupposto essenziale per la prova ontologica che la necessit di una propriet positiva sia positiva11. LEssere Divino di cui intendiamo dimostrare lesistenza necessaria, infatti, definito come il possessore di tutte e sole le propriet positive (3). La forza del concetto P sta nel fatto che si esclude possa esistere una propriet positiva appartenente a nulla. Linsieme di P non pu essere vuoto. Qualsiasi cosa sia una propriet positiva, se qualcosa lo , allora quel qualcosa . Ma qualcosa come una propriet positiva, intesa secondo le condizioni poste dagli assiomi di Gdel, possibile? Le condizioni richieste sono quattro: (a) che lintersezione di n
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Ivi, p. 71.

propriet positive a sua volta una propriet positiva; (b) che non si d una propriet positiva che non si applichi a nulla; (c) che la propriet essere un Essere Divino positiva; (d) che le propriet positive sono tutte le propriet che un Essere Divino possiede. Fra le propriet positive (o perfettivi) Gdel comprende anche lesistere necessario. Contrariamente alla received view inaugurata da Kant, per il quale cento talleri reali non contengono assolutamente nulla di pi di cento talleri possibili12, Gdel ritiene che ci sia qualcosa di intrinsecamente preferibile in cento talleri reali. Intrinsecamente preferibile non solo per il loro possibile proprietario, ma addirittura per i cento talleri stessi. Come possibile giustificare questa tensione ad essere? E di questo, infatti, che si tratta nella prova ontologica, al di l di un mero esercizio del pensiero. I critici seri (Kant fra questi) su questo argomento non fanno dellironia. Non si impauriscono se la prova pare dare adito allo spettro dellEns perfectissimus. Che parli di Dio , probabilmente, laspetto pi contingente di questa argomentazione. Dopo aver introdotto il concetto di propriet positiva, Gdel deve far s che questo concetto si applichi anche alla nozione di esistere necessariamente. Questo non un passaggio complicato, dal momento che abbastanza intuitivo il fatto che esistere in maniera necessaria positivo, rispetto allesistere contingente. Rammentiamo che positivo da intendersi come senza vincoli di grado. Lesistenza contingente vincolata dal suo stesso essere causata ed esposta alla sua cessazione in ogni momento. Se ragioniamo in termini di semantica dei mondi possibili, esistenza contingente significa esistenza limitata ad alcuni mondi possibili, mentre esistenza necessaria significa esistenza in tutti i mondi possibili. Loperatore di necessit (N nella notazione gdeliana) non nientaltro che un quantificatore che opera su una variabile particolare, cio luniverso di discorso chiamato mondo. Dire necessario che come dire in tutti i mondi vero che. Se x esiste necessariamente possiamo dire che in tutti i mondi possibili vero dire che x esiste. Il ragionamento di Gdel procede secondo tre passaggi:
(1) N( x)(Gx)N( y)(Gy) (2) M( x)(Gx)MN( y)(Gy) (3) M( x)(Gx)N( y)(Gy)

(1) Se Dio necessario, allora Dio esiste necessariamente. Questo lemma non deriva dalla definizione di Dio, come per Hartshorne e Findlay13, bens
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I. Kant, Critica della ragion pura, Dialettica trascendentale, Cap. III, Sez. IV, Laterza, RomaBari 2010, p. 382.
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C. Hartshorne, The logico f perfection and other essays in neoclassical metaphysics, Open Court, Lasalle 1962; J. N. Findlay, Can Gods existence be disproved?, in A. Plantinga (ed.), The ontological argument, from St. Anselm to contemporary philosophers, Anchor-Doubleday,

dallassioma 4, per il quale lesistenza necessaria una propriet positiva (P(E)). La derivazione da (2) a (3) possibile tramite un assioma del sistema di logica modale S5, per il quale MNpNp: se possibile che p sia necessario, allora p necessario. In altri termini: se in qualche mondo vero che p vero in tutti i mondi, allora p vero in tutti i mondi. Con questo assioma Gdel intende dimostrare che se il concetto di esistenza necessaria coerente, allora esistono cose per cui esso vale14. Il fatto che ha sempre complicato lapproccio allargomento ontologico losservazione, esplicitata da Kant, che
[] il concetto di un essere assolutamente necessario un concetto puro della ragione, cio una semplice idea, la cui realt oggettiva ben lungi dallessere provata dal fatto che la ragione ne ha bisogno []15.

In altri termini, che la ragione abbia un certo bisogno, non implica che loggetto atto a soddisfare questo bisogno sia qualcosa di reale. Quando lesistenza o la non esistenza di qualcosa diventa un problema, si pensa che per risolverlo sia necessaria unindagine esclusivamente empirica. Unindagine che faccia ricorso alla sola ragione pu, al massimo, decidere della validit di unidea, della plausibilit o consistenza di un concetto. Nel caso della prova ontologica diremmo che abbiamo, al massimo, dimostrato la possibilit di unidea, lidea di Dio. Ma il problema irrisolto ancora quello di passare dalla consistenza (possibilit) di unidea al rinvenimento di un oggetto che goda di esistenza reale rispondente allidea in questione. In altri termini, come possiamo intuire quello che Leibniz chiamava il privilegio di Dio di dover esistere in quanto pu farlo? Al di l dei sistemi logici utilizzati per formalizzare le nostre intuizioni sul mondo, ci che determinante per la comprensione dellargomento ontologico - come per ogni altra questione ontologica - linterpretazione che guida la ricerca filosofica. Nel caso di Gdel tracce della sua interpretazione si trovano nelle annotazioni a margine della prova, rinvenute fra gli inediti:
Il concetto filosofico fondamentale la causa. Essa investe: volont, forza, piacere, Dio, tempo, spazio. Laffermazione dellessere la causa del mondo. La prima creatura: allessere si aggiunge laffermazione dellessere. Da ci segue inoltre che si produrranno tanti esseri quanti ne sono possibili - e questo la

Garden City (N. Y.) 1965.


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K. Gdel, La prova matematica dellesistenza di Dio, op. cit., p. 66. I. Kant, Critica della ragion pura,op. cit., p. 379.

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base ultima della diversit. differenza]16.

[] [Propriet = causa della

La propriet la causa della differenza fra le cose. Linsieme degli individuisostanze costituisce un tutto indifferenziato, al punto che - per lidentit degli indiscernibili - si potrebbe affermare lunicit della sostanza, come Spinoza nella Proposizione 14 dellEtica17. Ma lazione di versificatrice delle propriet introduce la possibilit degli esseri, fra i quali ci sono gli esseri razionali, capaci di conoscenza. Ci che cercavamo allinizio di questo articolo era di immaginare il lato divino di questa ricerca di Dio (il significato soggettivo di questo genitivo), di questa prova (tentativo) nota come argomento ontologico. Questo tipo di argomentazione alla ricerca di una rappresentazione totale della struttura. Potremmo chiamarla autorappresentazione della struttura, in grado di dare comprensibilit a due lati che, generalmente, si direbbe siano irrappresentabili contemporaneamente. Come intu Wittgenstein:
Per tracciare un limite al pensiero, noi dovremmo poter pensare ambo i lati di questo limite (dovremmo, dunque, poter pensare quel che pensare non si pu)18.

Laspetto pi affascinante dellargomento ontologico, quello che al di l di ogni confutazione lo vede risorgere nellinteresse dei filosofi pi diversi, la capacit della prova ontologica di comprendere in un unico plesso argomentativo i due limiti di un pensiero che alla base della realt nella sua totalit.

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K. Gdel, La prova matematica dellesistenza di Dio, op. cit., pp. 69s.

17

Oltre Dio non si pu n dare n concepire alcuna sostanza, B. Spinoza, Etica, Bollati Boringhieri, Torino 2004, p. 15.
18

L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, Einaudi, Torino 1998, p. 23.

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