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Tema sui Totalitarismi

La definizione di totalitarismo fu coniata dagli storici del XX secolo per riferirsi a quei
regimi, che miravano non soltanto ad imporre la loro volontà e visione sul piano politico,
ma a invadere la società nel suo complesso, fino a giungere ai settori più personali della
vita dei cittadini. Questa definizione ben descrive il regime totalitario di destra quale fu il
nazionalsocialismo, ma anche il regime fascista.
Se si mettono a confronto i due regimi, si possono evidenziare analogie e differenze che
caratterizzarono i due sistemi politici e le dinamiche che portano alla proclamazione del
Terzo Reich in Germania e del Ventennio fascista in Italia.
Fascisti e nazisti giunsero al potere a causa delle profonde divisioni all'interno delle classi
dirigenti dei rispettivi paesi e della volontà di importanti settori economici e sociali di uscire
dalla lunga crisi politica. 
Al termina della prima Guerra Mondiale, il fascismo e il nazismo apparivano come
movimenti che univano gruppi diversi di dissidenti politici e culturali senza imporsi come
partito, solo in una seconda fase, dopo il 1921 per il Partito Nazionale Fascista, e dopo il
1925 per il Partito Nazionalsocialista tedesco, i movimenti si consolidarono come partiti
veri e propri. Entrambe i movimenti rifiutavano l’ordine politico liberale e parlamentare,
esaltavano l’istinto e la violenza nella vita politica. Bisogna analizzare le dinamiche
dell’ascesa di entrambe i movimenti e dei rispettivi leader per capirne la carica eversiva.
Il termine ‘fascio’ derivava dai Fasci di azione rivoluzionaria, mentre l’espressione
‘movimento fascista’ apparve nel 1915 su Il Popolo d’Italia per definire un’associazione di
tipo nuovo, l’‘antipartito’. Proponeva riforme istituzionali, economiche e sociali molto
radicali. I fascisti esaltavano l’attivismo delle minoranze, praticavano la violenza e la
‘politica della piazza’ per sostenere le rivendicazioni territoriali dell’Italia e combattere il
bolscevismo. Dopo la sconfitta elettorale del 1919 il fascismo diventò un’organizzazione
politica della ‘borghesia produttiva’ e dei ceti medi che non si riconoscevano nei partiti
tradizionali e nello Stato liberale.
Il fascismo fu artefice di una violenta offensiva antiproletaria condotta da squadre armate
organizzate militarmente (squadrismo) che nel giro di pochi mesi distrussero gran parte
delle organizzazioni proletarie nelle province della Valle Padana. La crescita del
movimento, dopo il 1920, fu rapida e la borghesia agraria diede un sostanzioso contributo
a questo sviluppo, mentre quella industriale fu più esitante a sostenerlo. La classe operaia
rimase in gran parte refrattaria alla propaganda fascista. Ai ceti medi apparteneva la
grande maggioranza dei dirigenti dei Fasci e dei capi dello squadrismo, come pure gran
parte dei militanti e si consideravano i legittimi rappresentanti della ‘nuova Italia’ cui
spettava assumere la guida del paese.
Nel congresso di Roma del 1921 Mussolini riuscì a far accettare definitivamente il suo
ruolo di ‘duce’ e la trasformazione del movimento in Partito nazionale fascista (PNF). Dallo
squadrismo, il PNF derivò l’organizzazione e l’ideologia, assumendo definitivamente il
carattere di ‘partito milizia’. La cultura politica degli squadristi rifiutava il razionalismo e
assumeva, come forma superiore di coscienza politica, la fede nei miti di una religione
laica fondata sul culto integralista della patria, sul senso comunitario del cameratismo,
sull’etica del combattimento e sul principio della gerarchia. Essi si ponevano al di sopra
delle leggi in nome della pretesa superiorità della loro etica politica: chi si opponeva al
fascismo era considerato un ‘nemico della nazione’, contro il quale era lecita qualsiasi
forma di violenza.
Nel 1922, con oltre 200.000 iscritti, un esercito privato, associazioni femminili e giovanili,
sindacati con circa mezzo milione di aderenti, il PNF era la più forte organizzazione del
paese. Esso esercitava un dominio incontrastato in gran parte dell’Italia settentrionale e
centrale, operando come un vero e proprio ‘antistato’.
Il consolidamento del Fascismo al potere avvenne attraverso diverse fasi. Fino
all’uccisione di G. Matteotti (10 giugno 1924), Mussolini attuò una politica di coalizione con
gli altri partiti, assimilando le forze affini come l’Associazione nazionalista (assorbita dal
PNF nel 1923), servendosi dei mezzi legali di repressione contro i partiti antifascisti e
contenendo la violenza squadrista. Nello stesso tempo, decise di togliere al PNF qualsiasi
autonomia per sottoporlo alle sue direttive. Con l’istituzione della Milizia volontaria per la
sicurezza nazionale, legalizzò la milizia fascista, ponendola sotto il suo diretto comando.
Queste misure non bastarono però a disciplinare il partito, né a frenare l’anarchico
illegalismo dei capi squadristi che continuavano a spadroneggiare nelle province.
Negli anni ‘30, il regime assunse sempre più il carattere di una dittatura personale fondata
sul mito del Duce, sul partito unico e su una complessa rete organizzativa per
l’inquadramento e la mobilitazione delle masse. Il mito di Mussolini, personalità
carismatica con straordinarie doti di demagogo, fu il fattore principale del consenso che la
maggioranza degli Italiani manifestò verso il regime, soprattutto negli anni fra il 1929 e il
1936
Fra il 1936 e il 1939, forte del successo della conquista dell’Etiopia (1935-36) e della
fondazione dell’impero che segnò il momento culminante del consenso degli Italiani al
regime, il fascismo accelerò il processo totalitario.
La scalata al potere del Terzo Reich partì invece da una situazione di grave crisi
economica tedesca, perché a causa della Grande depressione la Germania non riceveva
più i prestiti dagli Stati Uniti e la situazione economica continuava a peggiorare. Nel popolo
tedesco cresceva la rabbia contro il governo, incapace di risolvere la crisi e per questi
motivi il Partito nazista di Adolf Hitler, fondato nel 1920, guadagnò consenso. Fu in questo
contesto che Hitler mise a punto la strategia per la conquista del potere. Sebbene il Partito
nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi (NSDAP) esistesse già dal 1921, fino al 1930 non
ebbe grande fortuna. Hitler propose ai Tedeschi il suo progetto politico con il libro Mein
Kampf scritto nel 1924 in prigione, dopo una condanna per partecipazione a un tentato
colpo di stato. Approfittando della debolezza delle istituzioni della Repubblica di Weimar e
del clima venutosi a creare nel paese, Hitler conquistò rapidamente l’appoggio delle classi
medie spaventate, impoverite e umiliate, cui promise innanzi tutto il lavoro, mentre ai
borghesi e ai tradizionalisti cristiani si presentò come il baluardo della lotta al comunismo,
e al principio del Male stesso. La propaganda nazista si basava su manifesti elettorali
degli anni ’20 che presentavano il partito come l’erede della lotta di San Giorgio contro il
drago, simbolo del male, o contro il serpente. I nazisti raffiguravano il Male come
espressione dello spirito ebraico. Il Male è l’Ebreo, ed è l’Ebreo che alimenta tutti i mali del
mondo: il comunismo, il capitalismo, le religioni, e tutte le condizioni negative della vita dei
Tedeschi.
Si diffuse così un forte antisemitismo e Hitler guadagnò il consenso di ex combattenti,
reduci e militari, ma anche di politici e industriali. Hitler organizzò gruppi di volontari armati,
le squadre d’assalto (SA), per aggredire gli avversari politici e mantenere l’ordine nella
società. Alle elezioni legislative del settembre 1930 il partito nazionalsocialista passò da 12
a 107 deputati, e divenne il primo partito alle elezioni del 1932. Nelle campagne elettorali
vennero largamente sfruttati temi razzisti. A fine gennaio 1933 Hitler venne nominato
Cancelliere, a capo di un governo di coalizione. Il mese successivo accusò il Partito
Comunista di aver incendiato il Reichstag, il parlamento tedesco, proclamò l’emergenza e
impose la legge marziale. Furono internati 4000 membri del partito comunista a Dachau, il
primo di molti futuri campi di concentramento. Il maresciallo Goering fondò per Hitler un
nuovo corpo di polizia segreta politica, la Gestapo, che si andò a sommare alle Camicie
Brune e alle SS, le ‘squadre di protezione’, scelte fra gli elementi di élite delle SA. Nel
1933 le SS assunsero anche il controllo della Gestapo e reclutarono altre centinaia di
migliaia di uomini scelti. Appena conquistato il potere, il nazismo instaurò
un’organizzazione totalitaria, che controllava e indirizzava ogni aspetto della vita delle
persone, eliminando idee e comportamenti non conformi all’ideologia nazista. A questo
scopo venivano utilizzate la disciplina militare e la repressione poliziesca, l’educazione dei
giovani all’obbedienza e al sacrificio di sé, la propaganda tramite tutti i mezzi
d’informazione e di intrattenimento.
Si può affermare che il regime nazista dava ai Tedeschi benessere materiale, orgoglio
nazionale, senso di appartenenza a una comunità invincibile, spietata ma fortissima, che
sapeva superare la paura. Questo elemento forse è stato sottovalutato nel tentare di
capirne la carica eversiva; probabilmente i Tedeschi si sottomettevano all’ideologia
nazista, per paura, dopo quindici anni di sconfitte, grande povertà, umiliazioni
internazionali, guerre interne. Hitler poteva ormai contare su una popolazione tedesca
obbediente, unita, forte e spietata, che aveva fatta propria l’ideologia nazista. Il nazismo
era vissuto come 'la volontà organizzata della nazione’ che aiuta se stessa, lavorando
unita per uno stesso scopo, tirando dalla stessa parte, come un solo corpo, coltivando
cameratismo e solidarietà senza differenza di classe, di ruolo e di età. Nel 1935 le leggi di
Norimberga tolsero la cittadinanza agli Ebrei perché non erano di sangue tedesco, e in
pochi anni venne tolta a loro ogni protezione, dignità, beni e possibilità di spostarsi. Un
processo che doveva portare allo sterminio attraverso tappe graduali per renderlo più
accettabile e necessario agli occhi dei tedeschi. A questo scopo si intensificò la
propaganda che fu denominata con il termine “sanitaria” per indicare che la razza ebrea
costituita un pericolo biologico, un problema sanitario da debellare. La propaganda che
portò tutta la società tedesca a credere di dover “far pulizia” degli Ebrei, fu il mezzo che
più aiutò Hitler nel suo folle disegno e che portò all’annuncio dello sterminio fisico di
massa che verrà organizzato e praticato dal 1942.
Il Fascismo di Mussolini e il Nazismo di Hitler oltre ad essere alleati in una politica
espansionistica, ebbero in comune l’ostilità verso le forme democratiche, una volontà di
potere e di forza che annientava tutti quelli che si opponevano a loro disegno politico.
Rappresaglie, terrore e stragi caratterizzarono il governo delle due menti folli che
segnarono il XX° secolo. Nazismo e Fascismo erano regimi legati oltre che da un’intesa
evidente tra i due leader Hitler e Mussolini anche da un’alleanza conosciuta come “Asse
Roma-Berlino” del 24 ottobre 1936. Quest'accordo anche se genericamente prevedeva la
difesa del "sacro patrimonio della civiltà europea" e consolidò, per la prima volta, un chiaro
allineamento italiano in politica estera.
I rapporti tra i due regimi furono però altalenanti e vedevano più che altro il Fascismo
seguire il Nazismo che era diventato un modello da imitare fino alla promulgazione anche
in Italia nel 1938 delle leggi razziali. Il pieno accordo tra Italia e Germania fu testimoniato
in occasione dell'annessione mediante pressioni politiche dell'Austria al Reich, nel marzo
del 1938. Mussolini, affermò che con l'annessione si era realizzato un sacrosanto principio
di autodeterminazione dei popoli.
Ci sono però delle differenze tra i due regimi, il nazismo nacque innanzitutto razzista e
antisemita, e della persecuzione contro gli ebrei e contro il comunismo fece uno dei cardini
della sua politica; il fascismo, invece, non nacque antisemita, né esaltò la razza,
antisemitismo e razzismo divennero attributi successivi in seguito alla stretta alleanza fra
Hitler e Mussolini. Il Nazismo fu sicuramente un regime totalitario estremo sotto ogni
punto di vista; il fascismo ebbe più il carattere negativo di una controrivoluzione sociale, a
sfondo agrario e antindustriale che quello di una reazione violenta guidata da un'ideologia
razzista, come era il nazismo.
Se ci soffermassimo solo sugli aspetti più immediati ed esteriori è indubbio che si trovino
sostanziali analogia, visto che in entrambi i casi parliamo di regimi che esaltavano il
concetto di nazione con ampio ricorso a miti e credenze risalenti al passato: come il culto
della romanità fatto proprio dai fascisti o quello della razza ariana professato dai nazisti;
altri tratti comuni, sono gli apparati repressivi e propagandistici che miravano
all’allineamento delle masse e all’eliminazione violenta di ogni forma di dissenso, entrambi
i regimi possedevano una figura carismatica di vertice (il Duce ed il Führer), oggetto di un
autentico culto della personalità, che finiva per sconfinare in una sorta di deificazione del
“capo”.

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