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FASCISMO & MUSSOLINI

La nascita del fascismo


Introduzione → La nascita del Partito popolare italiano, il primo partito politico italiano di ispirazione cattolica, fondato dal
sacerdote Luigi Sturzo; nel marzo, la fondazione dei Fasci di combattimento, a opera di Benito Mussolini; a novembre, le
prime elezioni politiche con il sistema proporzionale.
Nel 1912 Mussolini fonda i fasci rivoluzionari (ideologia liberale di destra) che avevano una forte componente nazionalista.
Il fascismo, nazionalsocialismo e franchismo volevano il potere e la predominanza del proprio popolo. Chi torna dalla
guerra si rende conto di far parte del proletariato, questo nuovo stato sociale. → l'esperienza del fronte aveva fatto
conoscere alle grandi masse il pensiero comunista della rivoluzione russa in cui il ceto dei contadini e degli operai ovvero il
proletariato doveva diventare padrone della propria democrazia.

I fasci di combattimento → Il movimento dei Fasci di combattimento fu fondato il 23 marzo 1919, in piazza San Sepolcro a
Milano, da Benito Mussolini. Nel centinaio di persone che parteciparono alla fondazione dei Fasci, troviamo ex socialisti,
repubblicani, sindacalisti rivoluzionari, ex arditi, futuristi (fra i quali anche Marinetti).
Questo era un primo elemento che caratterizzava il fascismo delle origini: l'esaltazione dell'azione, dell'atto di forza
esemplare, e il disprezzo della politica intesa come confronto di idee e di forze sociali.
Le loro caratteristiche = Per i fascisti, conclusa vittoriosamente la guerra contro Il nemico esterno, occorreva continuare
quella contro il "nemico interno", i socialisti, i pacifisti, i borghesi. → Fasci di combattimento: al tascio, simbolo di concordia,
unità e forza, fu aggiunta l'espressione "di combattimento", che richiamava l'esperienza della guerra. Altra caratteristica era
quella di proporsi come ‘antipartito’ cioè come movimento che rifiutava la logica dei partiti. → partiti antifascisti = si usava
spesso anche la violenza.
Il loro programma aveva un’aspirazione antidemocratica e antisociale → prima azione dei fasci fu quella dell’incendio
della sede milanese dell’ “avanti” il quotidiano socialista nel 1919.
Lo squadrismo → I fascisti si dividono in associazioni paramilitari. I fasci paramilitari avevano a capo rappresentanti
istituzionali del partito fascista, chi si occupava della manovalanza erano probabilmente criminali e colpivano chi non la
pensava come loro, generando un clima di terrore e di rispetto.
Nel 1920 il fascismo ebbe una presenza politica assolutamente marginale. Negli stessi mesi, però, incominciavano a
prendere una certa consistenza e visibilità le squadre d'azione, cioè la milizia armata del movimento, dove le squadre
fasciste compivano inizialmente azioni dimostrative o di aggressione e rappresaglia contro i socialisti. Ma fu con l'autunno
del 1920 che lo squadrismo assunse un carattere più organizzato, e ciò avvenne nelle campagne padane. Si moltiplicarono
le spedizioni armate contro esponenti e sedi del movimento sindacale e socialista. Erano i proprietari terrieri, gli agrari, a
organizzare e finanziare le squadre di "camicie nere", talvolta dirigendo di persona le azioni.
Una violenza terroristica si abattè sull’Italia = le squadre fasciste erano composte soprattutto da giovani: ex combattenti, ex
ufficiali arditi, studenti, disoccupati al soldo degli agrari. Essi agivano con efficacia: sapevano maneggiare le armi
(l'avevano imparato in guerra) e si muovevano rapidamente da un borgo all'altro su camion, preferibilmente di notte;
prelevavano dalle loro case i militanti sindacali e politici, uccidendoli o bastonandoli, terrorizzando i loro familiari;
costringevano i sindaci e i consiglieri comunali socialisti a dimettersi. Questa violenza aveva anche un forte contenuto
simbolico: mirava a intimidire, deridere, svergognare l'avversario, e, nello stesso tempo, ad attirare nuovi proseliti.

Partito nazionale fascista (pnf)


Mussolini nel novembre 1921, trasformò il vecchio movimento dei Fasci nel Partito nazionale fascist (Pnf). Il programma del
Pnf era molto lontano da quello del 1919: prevedeva uno stato forte e la limitazione dei poteri del parlamento; esaltava la
nazione e la competizione fra le nazioni; proponeva la restituzione all'industria privata di servizi essenziali gestiti dallo stato,
come le ferrovie e i telefoni; invocava il divieto di sciopero nei servizi pubblici. Era un programma di impronta conservatrice
e nazionalista, che raccoglieva le aspirazioni della borghesia e dei ceti medi e, al tempo stesso, li rassicurava.
Inoltre, per la prima volta in Italia nasce un partito di massa militarmente organizzato, il partito-milizia → fenomeno del
tutto nuovo.
Partito comunista
A ottobre del 1922 c'è un nuovo Congresso del partito socialista. La sinistra si divide in due parti e nasce un nuovo gruppo.
da una parte c'è l'anima rivoluzionaria più vicino a quella comunista e dall'altra parte c'è quella pacifista. → Mentre il
fascismo si consolidava, il Partito socialista si indeboliva a causa di ulteriori divisioni. Al congresso di Livorno del gennaio
1921 un gruppo di dirigenti dell'ala sinistra del partito se ne distaccò dando vita a una nuova formazione politica, il Partito
comunista d'Italia.
Nel 1922 prende vita una nuova formazione politica, il Partito socialista unitario con a capo Giacomo Matteotti.

La marcia su Roma
Il 28 ottobre 1922 colonne di “camicie nere” fasciste affluiscono a Roma da tutta Italia.
La manifestazione doveva essere pacifista e vedeva l’adunata a piazza Venezia, dove c'era la sede del partito fascista, e
dove Mussolini si affacciava e parlava alle masse vestito da militare, dando esagerata enfasi ai suoi discorsi. Mussolini
rimane a Milano pronto a scappare in Svizzera in caso di fallimento. Nel 1923 però Vittorio Emanuele III, scioglie le camere,
poiché si rifiutò di proclamare lo stato d’assedio e incaricò Mussolini di creare un nuovo governo. Giunto al potere, il partito
fascista inizia a governare in maniera autoritaria. → con questo atto il sovrano non aveva difeso le istituzioni poiché
assegnò il mandato governativo con la minaccia delle armi.
Successivamente, Mussolini decise allora di creare la milizia volontaria e la milizia paramilitare per la sicurezza nazionale,
legalizzando di fatto lo squadrismo e trasformandolo in forza armata del regime. Nello stesso periodo nacque anche il
gran consiglio fascista, dove si decidono le linee guida dell’esercito italiano.

Legge Acerbo
Nel 1923 venne attuata la Legge Acerbo, legge elettorale maggioritaria, la quale stabiliva che alle nuove elezioni chi avesse
ottenuto almeno il 25% dei voti e comunque la maggioranza relativa avrebbe preso due terzi dei seggi disponibili.

Delitto Matteotti
Nelle elezioni del 1924 il partito nazionale fascista sale al potere.
Giacomo Matteotti denuncia le violenze accusando Benito Mussolini come capo delle squadre fasciste.
Da lì a qualche giorno viene rapito e ucciso, per poi essere ritrovato in un parco vicino a Roma.
Vengono riscontrate percosse e colpi di arma da fuoco (è stato di fatto giustiziato).
C'è un indignazione generale.
Nel 1925 Mussolini si assume la completa responsabilità morale di questo assassinio, nonostante fosse stato il gran
consiglio fascista a commettere l'accaduto, questo perché davanti all'opinione pubblica i fascisti erano ritenuti colpevoli da
tutti.

Leggi fascistissime
Negli anni seguenti alla morte di Matteotti si avviò nel 1925 la fascistizzazione dello stato e della società civile, cioè la
subordinazione al potere fascista non solo delle istituzioni e dell'amministrazione pubblica, ma anche di tutte le forme di
organizzazione sociale. A partire dalla seconda metà degli anni venti il fascismo divenne, in altri termini, una dittatura
totalitaria.
Vengono promulgate tra il 1925 e il 1926 le leggi fascistissime ispirate da quelle di Alfredo Rocco. Esse mettevano che
mettono fuori legge tutti i partiti tranne quello fascista e distruggono ogni forma di libertà politica e di espressione. La
stampa, il cinema e la radio vengono sottoposte ad una forte censura ed il parlamento viene privato di ogni potere. Fu
inoltre reintrodotta la pena di morte sia per chi commetteva crimini gravi sia per chi veniva ritenuto traditore della patria e
fu istituito il Tribunale speciale per la difesa dello stato (novembre 1926), formato da ufficiali della Milizia volontaria per la
sicurezza nazionale e delle forze armate, contro le cui deliberazioni non era ammesso ricorso.

Strumenti di repressione - OVRA


Viene istituita l'Ovra la polizia politica, di cui Mussolini aveva negato l’esistenza nel discorso tenuto il 3 gennaio del 1925. Il
suo compito era quello di allontanare i dissidenti politici al confine.

Legge elettorale del 1928


Nel 1928 avvenne un'elezione nella quale l’elettore potesse solamente approvare o respingere una lista di 400 candidati
designati da organi fascisti.
Il corporativismo fascista
Le corporazioni erano organismi che rappresentavano e riunivano i prestatori d’opera dei diversi settori economici e
produttivi con l'obiettivo di regolare i rapporti di lavoro “nel supremo interesse della nazione". Attraverso le corporazioni, lo
stato, rappresentante della collettività nazionale, doveva dirigere la vita economica collettiva.
In questo modo, si sarebbe superato il conflitto sindacale.
Inoltre, il corporativismo fu concepito dal fascismo addirittura come una nuova forma di rappresentanza politica, destinata
a sostituire quella democratica.
Questo principio fu attuato nel 1939, quando la Camera dei fasci e delle corporazioni sostituì la Camera dei deputati: era
l'atto conclusivo dello smantellamento del sistema parlamentare compiuto dal regime fascista.

I patti lateranensi
Nei rapporti con la chiesa cattolica, io fascismo operò per raggiungere una conciliazione tra stato e chiesa che sanasse la
frattura del 1871.
L'11 febbraio 1929 la Santa sede e il governo italiano sottoscrissero i patti lateranensi, composti da tre documenti: un
trattato, con il quale la Santa sede riconosceva la sovranità dello stato italiano, con Roma capitale, e lo stato riconosceva
la sovranità pontificia sulla Città del Vaticano; la convenzione finanziaria con cui lo stato versava al Vaticano una somma a
titolo di indennità; il Concordato, destinato a regolare i rapporti fra stato e chiesa.

Problemi della stabilità della lira


Tra il 1925 e il 1930 cominciarono a emergere difficoltà economiche, dovute a una serie di fattori: la debolezza dei consumi
interni; lo squilibrio della bilancia dei pagamenti (valore
delle esportazioni inferiore a quello delle importazioni); la svalutazione della lira rispetto alle altre monete, in particolare
alla sterlina (si arrivò nel 1925 a un cambio di 150 lire per sterlina); la ripresa dell'inflazione.
Il fascismo non poteva accettare che questo accadesse: affermando a chiare lettere che «la sorte del regime è legata a
quella della lira», Mussolini indicava l'assoluta priorità della stabilizzazione economica e finanziaria per la stabilità del
regime, sia all'interno sia all'estero.

Quota 90
Mussolini decise, annunciandolo con il discorso di Pesaro del 1926, la rivalutazione della lira: nel 1927 il cambio con la
sterlina venne fissato a circa 90 lire (da qui il nome).
Ma la rivalutazione della moneta ebbe importanti conseguenze di lungo periodo.
Esse infatti danneggiarono l’agricoltura specializzata di esportazioni e le industrie esportatrici perché ne rese i prodotti
meno competitivi all’estero, ma nel contempo risultavano vantaggiosi per la grande industria.

Stato imprenditore
Quando anche in Italia si fecero sentire le conseguenze della crisi del 1929, con la riduzione della produzione industriale e
del commercio estero e l'aumento della disoccupazione. Il regime reagì alla crisi intensificando con nuovi strumenti il suo
ruolo di direzione dell'economia.
L'operazione più importante fu la creazione, nel 1933, dell'Istituto per la ricostruzione industriale. Attraverso l'Iri, lo stato
diventò proprietario di oltre il 20% dell'intero capitale azionario nazionale: lo stato si trovò così a essere di gran lunga il
maggior imprenditore e banchiere italiano.

La battaglia del grano


Si spinge la parte di popolazione composta da contadini a coltivare il più possibile per raggiungere l'autarchia. L'Italia
agricola fu oggetto di diverse iniziative, orchestrate con grande clamore dal regime. La prima fu la battaglia del grano
(ancora una metafora militare), lanciata nel 1925 con l'obiettivo di aumentare la produzione agricola tanto da rendere il
paese autosufficiente in questo settore.
Lo stato promosse con incentivi economici il rinnovamento tecnologico e il miglioramento delle tecniche agricole.
L'obiettivo fu pressoché raggiunto, poiché la produzione agricola crebbe in misura rilevante e l'importazione di grano,
ostacolata dall'introduzione di alte barriere doganali, diminuì notevolmente.

Controllo dell’informazione e della cultura


Alla repressione del dissenso e alla legislazione liberticida, il fascismo affiancò una vasta gamma di iniziative volte a
ottenere il consenso della popolazione e ad irreggimentare la vita sociale entro organizzazioni controllate dallo stato. Un
punto fondamentale di tale strategia fu il controllo dell'informazione, ottenuto sia proibendo la stampa antifascista, sia
controllando la grande stampa quotidiana, sia esercitando la censura su pubblicazioni, trasmissioni radiofoniche,
spettacoli cinematografici e teatrali. Attraverso il ministero della Cultura popolare (istituito nel 1937) vennero posti sotto
controllo tutti gli aspetti della vita culturale, che coinvolgono milioni di italiani, dalle letture per l'infanzia al teatro, dal
cinema all'opera lirica.

Radio e cinematografo
Il fascismo fu pienamente consapevole dell'importanza politica dei mezzi di comunicazione di massa, quali la radio e il
cinematografo. La radio, in particolare, fu un'arma fondamentale nella propaganda del regime. Grazie alle iniziative di
ascolto organizzato e collettivo, anche le aree rurali e i cittadini meno abbienti (un apparecchio radiofonico costava molto,
all'epoca) venivano raggiunti dall'informazione di regime, in particolare dai vibranti discorsi con cui il Duce parlava agli
italiani. Un grande sviluppo conobbe anche il cinematografo, che alla fine degli anni trenta era ormai divenuto un consumo
popolare, con oltre 400 milioni di biglietti venduti ogni anno. I film di diretta propaganda politica rimasero sempre una
minoranza, perché il fascismo comprese benissimo che il pubblico va al cinema non per essere educato o indottrinato, ma
per divertirsi.

Il fascismo e i giovani → ideologia e scuola


Attraverso il partito, il regime dedicò grande impegno e attenzione alla "fascistizzazione" dei giovani, che avvenne grazie a
una pluralità di enti, associazioni e organizzazioni che inquadravano milioni e milioni di giovani di ambo i sessi, dall'infanzia
alla giovinezza matura: l'Opera nazionale Balilla, i Giovani fascisti, i Gruppi universitari fascisti (Guf). Queste organizzazioni
(con le loro componenti femminili) svolgono attività ricreative, ginniche, assistenziali; nel 1937, esse confluirono in un'unica
organizzazione, la Gioventù italiana del littorio, che contava otto milioni di aderenti e dipendeva direttamente dal segretario
del Pnf. Nel 1941-42, il 99,9% degli studenti delle scuole
superiori risultava iscritto a qualcuna di queste organizzazioni. Insieme ad altri interventi, come per esempio le colonie
estive al mare o in montagna, le organizzazioni giovanili svolsero un'azione massiccia e capillare di inquadramento e di
indottrinamento.

Il rapporto fra scuola e indottrinamento ideologico trovò la sua massima manifestazione nella scuola elementare,
considerata un momento fondamentale nella formazione del nuovo italiano fascista. Risale al 1929 l'adozione del libro
unico di testo per le scuole elementari (mentre i manuali per la scuola secondaria erano sottoposti a controllo preventivo).
Nei libri di testo, ovviamente, dominava la propaganda dei valori del fascismo: patria, religione, ordine, razza, Impero. I
bambini erano immersi in un'atmosfera ideologica che passava attraverso riti (la preghiera per la patria e per il Duce),
simboli (in ogni classe il crocifisso era affiancato dalle fotografie del re e di Mussolini), immagini (i quaderni, i giornali
murali, i diari). Nel 1931 il fascismo impose ai docenti universitari di sottoscrivere un giuramento di fedeltà al regime: solo 12
professori su oltre 1200 si rifiutarono; qualcun altro si dimise per non dover né aderire né rifiutare. Alcuni firmarono per
convinzione, altri per opportunismo, per pavidità, per paura di perdere il posto, o con il più nobile intento di conservare la
loro cattedra per poter continuare a insegnare secondo principi di libertà.

La Riforma Gentile
Altrettanta attenzione fu dedicata alla scuola, il cui ordinamento fu stabilito con la riforma scolastica varata nel 1923 dal
ministro dell'Istruzione, il filosofo Giovanni Gentile, e definita da Mussolini «la più fascista delle riforme». La riforma Gentile
costruì una scuola fortemente selettiva e basata sulla supremazia della cultura umanistica su quella tecnico-scientifica,
testimoniata dal primato del liceo classico, ambito privilegiato nella formazione della classe dirigente, unico indirizzo di
studi da cui si potesse accedere a tutte le facoltà universitarie.
Graditi ai cattolici furono l'inserimento obbligatorio della religione nella scuola elementare e l'istituzione dell'esame di stato
finale (effettuato da commissari esterni alle scuole), perché parificata scuola pubblica e scuola confessionale.

Fascismo e il rapporto con la famiglia e la donna


L'idea che gli interessi superiori dello stato-nazione debbano orientare i comportamenti delle persone ispirò una politica
profondamente conservatrice nei confronti della famiglia e della donna. La famiglia doveva garantire alla patria una
popolazione numerosa e sana, ed essere al tempo stesso un fattore di ordine e di stabilità sociale. Perciò il fascismo
sostenne un modello di famiglia patriarcale, fondata su precise gerarchie - il primato del capofamiglia, la sottomissione
della donna all'uomo - e sul rispetto dei ruoli tradizionali → Nella visione fascista della famiglia «gli uomini erano
procreatori e le donne riproduttrici; gli uomini erano impiegati nel mercato del lavoro, le donne svolgevano i lavori
domestici; gli uomini erano creatori, le donne allevatrici; gli uomini combattevano, le donne assicuravano la tenuta del
fronte interno».
Tale visione nasceva dalla cultura profondamente antifemminista che caratterizzava il fascismo sin dalle origini, associata
a un idea di virilità e di mascolinità fondata sullo stereotipo del maschio "guerriero" e conquistatore.
Sta qui l'origine del contraddittorio atteggiamento del fascismo nei confronti della donna: da un lato, infatti, esso operò per
"mobilitare" anche le donne, riconoscendo ed esaltando il ruolo della maternità nella potenza della nazione e favorendo
l'inserimento delle donne nella vita pubblica del regime, attraverso le organizzazioni femminili di massa; dall'altro identificò
la donna con la sua funzione riproduttiva e sostenne la rigida differenziazione dei ruoli sessuali nella
famiglia e nella società, combattendo ogni forma di eguaglianza di genere (ricordiamo, per esempio, l’ esclusione delle
donne dall'insegnamento di storia e filosofia nei licei disposto nel 1926).

Impresa d’Etiopia → politica estera e politica interna


La politica interna → Il fascismo crede di individuare il corporativismo la terza via tra capitalismo e socialismo. Il
corporativismo fascista, i cui principi generali sono enunciati, nel 1927, nella Carta del lavoro, vengono poi istituzionalizzati
con la creazione delle corporazioni (1934), raggruppamenti imprenditori e lavoratori nelle diverse categorie, e con la
fondazione della Camera dei fasci e delle corporazioni (1939), che sostituisce la Camera dei deputati.
Nel 1925, intanto, lo Stato è già passato a una linea protezionistica, puntando sulla deflazione, sulla stabilizzazione della lira
e su un maggiore coinvolgimento del settore pubblico in campo economico (Stato imprenditore). L'intervento statale
maggiore si ha in campo industriale e creditizio con la creazione dell'IMI (Istituto mobiliare italiano) e dell'IRI (Istituto per la
ricostruzione industriale): il primo ha il compito di sostituire le banche nel sostegno all'industria; il secondo, avvalendosi di
fondi statali, rileva le partecipazioni industriali dalle banche in crisi, acquisendo il controllo di alcune importanti imprese.

La politica estera → Le aspirazioni coloniali dei nazionalisti portano, senza alcuna dichiarazione di guerra, all'invasione
dell'Etiopia (1935), uno Stato indipendente, appartenente alla Società delle Nazioni. Francia e Gran Bretagna condannano
l'invasione e adottano sanzioni nei confronti dell'Italia consistente nel divieto di esportare merci a scopo bellico.
Dopo sette mesi in cui gli etiopi, sotto la guida del negus Hailé Selassié, resistono agli attacchi, il 5 maggio 1936 le truppe
italiane comandate dal maresciallo Badoglio entrarono in Addis Abeba. La conquista dell'Etiopia non produce risvolti
economici positivi per il nostro paese, ma si traduce in un enorme successo politico di Mussolini. L'avvicinamento alla
Germania e il varo della legislazione antisemita (1938) suscitano però dissensi tra la popolazione, diffidente anche a causa
della politica dell'autarchia, orientata all'autosufficienza dello Stato dall'estero mediante la riduzione di esportazioni e
importazioni.

Le leggi razziali
Nel 1936 Mussolini cerca di allearsi con la Germania di Hitler, che si concretizza con un accordo definito Asse Roma-Berlino.
Nell'estate 1938 prese avvio una martellante campagna di stampa, in cui supposti "intellettuali" illustrarono i fondamenti
pseudoscientifici del razzismo. Seguì una legislazione discriminatoria nei confronti degli ebrei, culminata nel decreto-legge
del 17 novembre 1938, "Provvedimenti per la difesa della razza italiana". → Questa legislazione prevedeva: il divieto di
matrimoni misti, cioè fra ebrei e - "ariani"; l'esclusione degli ebrei dal servizio militare e dalle cariche pubbliche,
dall'insegnamento, dal possesso o dalla direzione di aziende; l'esclusione dei giovani ebrei dalla scuola pubbliche
dall'università; il divieto di commerciare libri i cui autori o editori fossero ebrei. Un insieme di provvedimenti che mirava, da
un lato, a escludere gli ebrei dalla comunità nazionale, dall'altro a provocarne l'emigrazione colpendo le opportunità di
istruzione e lavoro e riducendo al minimo i diritti di cittadinanza. Gli ebrei non furono le uniche vittime della legislazione
razziale: infatti nel 1936-37, dopo la conquista dell'Etiopia, erano già stati approvati provvedimenti legislativi che
decretarono l'inferiorità giuridica delle popolazioni coloniali e proibivano il meticciato, cioè l'unione fra italiani e donne
indigene. → numerosi intellettuali e scienziati ebrei emigrarono negli Stati Uniti.
Nel 1939 l’Italia occupa l’Albania, perché c’era uno sbilanciamento di potenza a favore della Germania, che aveva avviato
un’aggressiva politica estera.

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