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I fasci di combattimento → Il movimento dei Fasci di combattimento fu fondato il 23 marzo 1919, in piazza San Sepolcro a
Milano, da Benito Mussolini. Nel centinaio di persone che parteciparono alla fondazione dei Fasci, troviamo ex socialisti,
repubblicani, sindacalisti rivoluzionari, ex arditi, futuristi (fra i quali anche Marinetti).
Questo era un primo elemento che caratterizzava il fascismo delle origini: l'esaltazione dell'azione, dell'atto di forza
esemplare, e il disprezzo della politica intesa come confronto di idee e di forze sociali.
Le loro caratteristiche = Per i fascisti, conclusa vittoriosamente la guerra contro Il nemico esterno, occorreva continuare
quella contro il "nemico interno", i socialisti, i pacifisti, i borghesi. → Fasci di combattimento: al tascio, simbolo di concordia,
unità e forza, fu aggiunta l'espressione "di combattimento", che richiamava l'esperienza della guerra. Altra caratteristica era
quella di proporsi come ‘antipartito’ cioè come movimento che rifiutava la logica dei partiti. → partiti antifascisti = si usava
spesso anche la violenza.
Il loro programma aveva un’aspirazione antidemocratica e antisociale → prima azione dei fasci fu quella dell’incendio
della sede milanese dell’ “avanti” il quotidiano socialista nel 1919.
Lo squadrismo → I fascisti si dividono in associazioni paramilitari. I fasci paramilitari avevano a capo rappresentanti
istituzionali del partito fascista, chi si occupava della manovalanza erano probabilmente criminali e colpivano chi non la
pensava come loro, generando un clima di terrore e di rispetto.
Nel 1920 il fascismo ebbe una presenza politica assolutamente marginale. Negli stessi mesi, però, incominciavano a
prendere una certa consistenza e visibilità le squadre d'azione, cioè la milizia armata del movimento, dove le squadre
fasciste compivano inizialmente azioni dimostrative o di aggressione e rappresaglia contro i socialisti. Ma fu con l'autunno
del 1920 che lo squadrismo assunse un carattere più organizzato, e ciò avvenne nelle campagne padane. Si moltiplicarono
le spedizioni armate contro esponenti e sedi del movimento sindacale e socialista. Erano i proprietari terrieri, gli agrari, a
organizzare e finanziare le squadre di "camicie nere", talvolta dirigendo di persona le azioni.
Una violenza terroristica si abattè sull’Italia = le squadre fasciste erano composte soprattutto da giovani: ex combattenti, ex
ufficiali arditi, studenti, disoccupati al soldo degli agrari. Essi agivano con efficacia: sapevano maneggiare le armi
(l'avevano imparato in guerra) e si muovevano rapidamente da un borgo all'altro su camion, preferibilmente di notte;
prelevavano dalle loro case i militanti sindacali e politici, uccidendoli o bastonandoli, terrorizzando i loro familiari;
costringevano i sindaci e i consiglieri comunali socialisti a dimettersi. Questa violenza aveva anche un forte contenuto
simbolico: mirava a intimidire, deridere, svergognare l'avversario, e, nello stesso tempo, ad attirare nuovi proseliti.
La marcia su Roma
Il 28 ottobre 1922 colonne di “camicie nere” fasciste affluiscono a Roma da tutta Italia.
La manifestazione doveva essere pacifista e vedeva l’adunata a piazza Venezia, dove c'era la sede del partito fascista, e
dove Mussolini si affacciava e parlava alle masse vestito da militare, dando esagerata enfasi ai suoi discorsi. Mussolini
rimane a Milano pronto a scappare in Svizzera in caso di fallimento. Nel 1923 però Vittorio Emanuele III, scioglie le camere,
poiché si rifiutò di proclamare lo stato d’assedio e incaricò Mussolini di creare un nuovo governo. Giunto al potere, il partito
fascista inizia a governare in maniera autoritaria. → con questo atto il sovrano non aveva difeso le istituzioni poiché
assegnò il mandato governativo con la minaccia delle armi.
Successivamente, Mussolini decise allora di creare la milizia volontaria e la milizia paramilitare per la sicurezza nazionale,
legalizzando di fatto lo squadrismo e trasformandolo in forza armata del regime. Nello stesso periodo nacque anche il
gran consiglio fascista, dove si decidono le linee guida dell’esercito italiano.
Legge Acerbo
Nel 1923 venne attuata la Legge Acerbo, legge elettorale maggioritaria, la quale stabiliva che alle nuove elezioni chi avesse
ottenuto almeno il 25% dei voti e comunque la maggioranza relativa avrebbe preso due terzi dei seggi disponibili.
Delitto Matteotti
Nelle elezioni del 1924 il partito nazionale fascista sale al potere.
Giacomo Matteotti denuncia le violenze accusando Benito Mussolini come capo delle squadre fasciste.
Da lì a qualche giorno viene rapito e ucciso, per poi essere ritrovato in un parco vicino a Roma.
Vengono riscontrate percosse e colpi di arma da fuoco (è stato di fatto giustiziato).
C'è un indignazione generale.
Nel 1925 Mussolini si assume la completa responsabilità morale di questo assassinio, nonostante fosse stato il gran
consiglio fascista a commettere l'accaduto, questo perché davanti all'opinione pubblica i fascisti erano ritenuti colpevoli da
tutti.
Leggi fascistissime
Negli anni seguenti alla morte di Matteotti si avviò nel 1925 la fascistizzazione dello stato e della società civile, cioè la
subordinazione al potere fascista non solo delle istituzioni e dell'amministrazione pubblica, ma anche di tutte le forme di
organizzazione sociale. A partire dalla seconda metà degli anni venti il fascismo divenne, in altri termini, una dittatura
totalitaria.
Vengono promulgate tra il 1925 e il 1926 le leggi fascistissime ispirate da quelle di Alfredo Rocco. Esse mettevano che
mettono fuori legge tutti i partiti tranne quello fascista e distruggono ogni forma di libertà politica e di espressione. La
stampa, il cinema e la radio vengono sottoposte ad una forte censura ed il parlamento viene privato di ogni potere. Fu
inoltre reintrodotta la pena di morte sia per chi commetteva crimini gravi sia per chi veniva ritenuto traditore della patria e
fu istituito il Tribunale speciale per la difesa dello stato (novembre 1926), formato da ufficiali della Milizia volontaria per la
sicurezza nazionale e delle forze armate, contro le cui deliberazioni non era ammesso ricorso.
I patti lateranensi
Nei rapporti con la chiesa cattolica, io fascismo operò per raggiungere una conciliazione tra stato e chiesa che sanasse la
frattura del 1871.
L'11 febbraio 1929 la Santa sede e il governo italiano sottoscrissero i patti lateranensi, composti da tre documenti: un
trattato, con il quale la Santa sede riconosceva la sovranità dello stato italiano, con Roma capitale, e lo stato riconosceva
la sovranità pontificia sulla Città del Vaticano; la convenzione finanziaria con cui lo stato versava al Vaticano una somma a
titolo di indennità; il Concordato, destinato a regolare i rapporti fra stato e chiesa.
Quota 90
Mussolini decise, annunciandolo con il discorso di Pesaro del 1926, la rivalutazione della lira: nel 1927 il cambio con la
sterlina venne fissato a circa 90 lire (da qui il nome).
Ma la rivalutazione della moneta ebbe importanti conseguenze di lungo periodo.
Esse infatti danneggiarono l’agricoltura specializzata di esportazioni e le industrie esportatrici perché ne rese i prodotti
meno competitivi all’estero, ma nel contempo risultavano vantaggiosi per la grande industria.
Stato imprenditore
Quando anche in Italia si fecero sentire le conseguenze della crisi del 1929, con la riduzione della produzione industriale e
del commercio estero e l'aumento della disoccupazione. Il regime reagì alla crisi intensificando con nuovi strumenti il suo
ruolo di direzione dell'economia.
L'operazione più importante fu la creazione, nel 1933, dell'Istituto per la ricostruzione industriale. Attraverso l'Iri, lo stato
diventò proprietario di oltre il 20% dell'intero capitale azionario nazionale: lo stato si trovò così a essere di gran lunga il
maggior imprenditore e banchiere italiano.
Radio e cinematografo
Il fascismo fu pienamente consapevole dell'importanza politica dei mezzi di comunicazione di massa, quali la radio e il
cinematografo. La radio, in particolare, fu un'arma fondamentale nella propaganda del regime. Grazie alle iniziative di
ascolto organizzato e collettivo, anche le aree rurali e i cittadini meno abbienti (un apparecchio radiofonico costava molto,
all'epoca) venivano raggiunti dall'informazione di regime, in particolare dai vibranti discorsi con cui il Duce parlava agli
italiani. Un grande sviluppo conobbe anche il cinematografo, che alla fine degli anni trenta era ormai divenuto un consumo
popolare, con oltre 400 milioni di biglietti venduti ogni anno. I film di diretta propaganda politica rimasero sempre una
minoranza, perché il fascismo comprese benissimo che il pubblico va al cinema non per essere educato o indottrinato, ma
per divertirsi.
Il rapporto fra scuola e indottrinamento ideologico trovò la sua massima manifestazione nella scuola elementare,
considerata un momento fondamentale nella formazione del nuovo italiano fascista. Risale al 1929 l'adozione del libro
unico di testo per le scuole elementari (mentre i manuali per la scuola secondaria erano sottoposti a controllo preventivo).
Nei libri di testo, ovviamente, dominava la propaganda dei valori del fascismo: patria, religione, ordine, razza, Impero. I
bambini erano immersi in un'atmosfera ideologica che passava attraverso riti (la preghiera per la patria e per il Duce),
simboli (in ogni classe il crocifisso era affiancato dalle fotografie del re e di Mussolini), immagini (i quaderni, i giornali
murali, i diari). Nel 1931 il fascismo impose ai docenti universitari di sottoscrivere un giuramento di fedeltà al regime: solo 12
professori su oltre 1200 si rifiutarono; qualcun altro si dimise per non dover né aderire né rifiutare. Alcuni firmarono per
convinzione, altri per opportunismo, per pavidità, per paura di perdere il posto, o con il più nobile intento di conservare la
loro cattedra per poter continuare a insegnare secondo principi di libertà.
La Riforma Gentile
Altrettanta attenzione fu dedicata alla scuola, il cui ordinamento fu stabilito con la riforma scolastica varata nel 1923 dal
ministro dell'Istruzione, il filosofo Giovanni Gentile, e definita da Mussolini «la più fascista delle riforme». La riforma Gentile
costruì una scuola fortemente selettiva e basata sulla supremazia della cultura umanistica su quella tecnico-scientifica,
testimoniata dal primato del liceo classico, ambito privilegiato nella formazione della classe dirigente, unico indirizzo di
studi da cui si potesse accedere a tutte le facoltà universitarie.
Graditi ai cattolici furono l'inserimento obbligatorio della religione nella scuola elementare e l'istituzione dell'esame di stato
finale (effettuato da commissari esterni alle scuole), perché parificata scuola pubblica e scuola confessionale.
La politica estera → Le aspirazioni coloniali dei nazionalisti portano, senza alcuna dichiarazione di guerra, all'invasione
dell'Etiopia (1935), uno Stato indipendente, appartenente alla Società delle Nazioni. Francia e Gran Bretagna condannano
l'invasione e adottano sanzioni nei confronti dell'Italia consistente nel divieto di esportare merci a scopo bellico.
Dopo sette mesi in cui gli etiopi, sotto la guida del negus Hailé Selassié, resistono agli attacchi, il 5 maggio 1936 le truppe
italiane comandate dal maresciallo Badoglio entrarono in Addis Abeba. La conquista dell'Etiopia non produce risvolti
economici positivi per il nostro paese, ma si traduce in un enorme successo politico di Mussolini. L'avvicinamento alla
Germania e il varo della legislazione antisemita (1938) suscitano però dissensi tra la popolazione, diffidente anche a causa
della politica dell'autarchia, orientata all'autosufficienza dello Stato dall'estero mediante la riduzione di esportazioni e
importazioni.
Le leggi razziali
Nel 1936 Mussolini cerca di allearsi con la Germania di Hitler, che si concretizza con un accordo definito Asse Roma-Berlino.
Nell'estate 1938 prese avvio una martellante campagna di stampa, in cui supposti "intellettuali" illustrarono i fondamenti
pseudoscientifici del razzismo. Seguì una legislazione discriminatoria nei confronti degli ebrei, culminata nel decreto-legge
del 17 novembre 1938, "Provvedimenti per la difesa della razza italiana". → Questa legislazione prevedeva: il divieto di
matrimoni misti, cioè fra ebrei e - "ariani"; l'esclusione degli ebrei dal servizio militare e dalle cariche pubbliche,
dall'insegnamento, dal possesso o dalla direzione di aziende; l'esclusione dei giovani ebrei dalla scuola pubbliche
dall'università; il divieto di commerciare libri i cui autori o editori fossero ebrei. Un insieme di provvedimenti che mirava, da
un lato, a escludere gli ebrei dalla comunità nazionale, dall'altro a provocarne l'emigrazione colpendo le opportunità di
istruzione e lavoro e riducendo al minimo i diritti di cittadinanza. Gli ebrei non furono le uniche vittime della legislazione
razziale: infatti nel 1936-37, dopo la conquista dell'Etiopia, erano già stati approvati provvedimenti legislativi che
decretarono l'inferiorità giuridica delle popolazioni coloniali e proibivano il meticciato, cioè l'unione fra italiani e donne
indigene. → numerosi intellettuali e scienziati ebrei emigrarono negli Stati Uniti.
Nel 1939 l’Italia occupa l’Albania, perché c’era uno sbilanciamento di potenza a favore della Germania, che aveva avviato
un’aggressiva politica estera.