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La dittatura fascista
Riforma elettorale: Nel 1928 il regime fece una nuova riforma elettorale in base alla quale
l’elettore doveva solo respingere o approvare una lista unica nazionale di candidati scelti dal
Gran Consiglio del Fascismo che era stato reso un organo istituzionale con il potere di
esprimersi anche in merito alla successione al trono. Quindi nel 1929 invece che delle
elezioni democratiche si svolse una specie di plebiscito che, ovviamente, portò la lista unica
fascista ad ottenere la maggioranza. In questo modo il Parlamento era stato svuotato di tutte
le sue funzioni e diventava solo un’emanazione del governo. Dieci anni dopo, nel 1939, la
Camera dei deputati sarebbe stata soppressa e sostituita con la Camera dei Fasci e delle
corporazioni.
Propaganda: per accrescere il consenso Mussolini fece ampiamente ricorso alla propaganda
cioè alla promozione delle idee fasciste, delle varie azioni compiute dal governo fascista e
anche all’esaltazione di se stesso. La propaganda era condotta dal partito attraverso la
stampa, il cinema, la radio, le manifestazioni pubbliche, il controllo di tutto ciò che veniva
pubblicato o trasmesso che doveva essere preventivamente inviato all’ufficio stampa della
presidenza del consiglio dei prefetti attraverso delle comunicazioni telegrafate che si
chiamavano “veline”. La riforma della scuola elaborata dal filosofo Giovanni Gentile nel 1923
prevedeva una struttura centralizzata e gerarchica. Nel 1926 fu fondata l’Opera Nazionale
Balilla, un’istituzione che si occupava dell’istruzione ginnica e sportiva dei giovani.
L’OVRA: tra il 1927 e il 1930 fu creata l’Ovra (Opera di vigilanza e repressione
antifascista),un corpo di polizia che si occupava di perseguire coloro che erano sospettati di
essere antifascisti.
L’opposizione al Fascismo: Tra il 1925 e il 1926 l’opposizione al Fascismo si concretizzò
nella pubblicazione del Manifesto degli intellettuali antifascisti, un testo in cui venivano
spiegate le ragioni per le quali si riteneva il Fascismo un regime politico inaccettabile, che
venne firmato da molti scrittori, pittori, filosofi, critici letterari e altri intellettuali e che era stato
promosso dal filosofo Benedetto Croce. Il Manifesto era nato in risposta a quello, pubblicato
precedentemente degli intellettuali fascisti, in base ad un’idea del filosofo Giovanni Gentile, il
quale creava delle basi culturali al Fascismo e rivendicava la necessità di questo tipo di
organizzazione dello Stato e di ideologia. Negli anni seguenti e durante tutti i decenni di
affermazione del Fascismo si moltiplicarono le condanne al confino o a morte e le vittime
furono spesso illustri esponenti del mondo della politica antifascista o della cultura italiana:
tra loro ricordiamo Antonio Gramsci, intellettuale e leader del Partito Comunista; Giovanni
Amendola e Piero Gobetti che morirono per le conseguenze dei pestaggi fascisti, mentre
Filippo Turati, leader del Partito Socialista e Don Luigi Sturzo, fondatore di quello Popolare
furono costreti all’esilio. Nel 1929 in Francia un gruppo di esuli italiani fondò il gruppo
“Giustizia e Libertà” i cui fondatori furono l’artista Carlo Rosselli, che sarebbe stato in seguito
assassinato da sicari fascisti e lo scrittore Emilio Lussu. L’obiettivo del gruppo era conciliare
principi liberali e socialisti e creare una forza politica capace di rovesciare il regime fascista.