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REGIME FASCISTA IN ITALIA

TRASFORM. POLITICHE NEL DOPOGUERRA


- Ascesca di nuovi partiti:
Nel difficile clima del dopoguerra, caratterizzato da grave crisi
economica e malessere sociale, i partiti politici avrebbero potuto
rappresentare un elemento di equilibrio all'interno della società
italiana. Invece, non furono capaci di rappresentare le istanze delle
forze sociali in fermento, per risolvere i problemi del paese.
le forze liberali, formate nel periodo risorgimentale, non erano
riuscite ad avviare un partito moderno eh si trovavano impreparate
ad affrontare la situazione.
Dopo la guerra, il ruolo di protagonista della scena politica italiana
sembrò spettare a 2 partiti di massa:
- Quello SOCIALISTA
- Quello di ispirazione CATTOLICA.

- Partito popolare:
Il PARTITO POPOLARE ITALIANO fu fondato da Don Luigi Sturzo nel
gennaio 1919, con l’appoggio di papà Benedetto XV ➔ Così veniva
superata in modo definitivo la stagione del “non expedit”, attraverso il
quale Pio IX aveva vietato la partecipazione dei cattolici alla vita politica
italiana.
Il nuovo partito prevedeva:
- Ampliamento del suffragio universale con il voto alle donne
- Decentrare la gestione amministrativa (in contrasto con il
centralismo statale dell’epoca liberale e giolittiana)
- Riforma agraria x riscuotere l’interesse dei ceti rurali, considerati
una salvaguardia contro la diffusione delle idee socialiste
Per aiutare le popolazioni delle campagne era stato fondato anche un
sindacato di ispirazione cattolica, la Confederazione italiana dei
lavoratori.
L'attenzione nei confronti della questione operaia era minore, perché il
il proletariato era orientato al socialismo ➔ Nonostante questo, però,
il partito di don Sturzo voleva tutelare i diritti di tutte le classi popolari
senza entrare in conflitto con le altre, nella convinzione che i valori
cattolici potessero far nascere un integrazione armonica dei vari
interessi.
Il partito popolare era anche laico: era un partito di cattolici e non
cattolici, indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche.
I popolari entrarono da subito in competizione con i socialisti, i quali
erano anzi clericali e teorizzavano la lotta di classe. nonostante questo,
avevano sfere d'azione diverse: L'uno nelle campagne e l'altro nelle
città.
I popolari non incontrarono il favore dei liberali, che giudicavano il loro
programma troppo avanzato e gli accusavano di “bolscevismo bianco”.

- Mussolini e i Fasci di combattimento:


Chi si approfittò abilmente di questa fase complessa della politica
italiana fu BENITO MUSSOLINI il quale, dopo essere stato espulso dal
partito socialista per le sue posizioni interventiste, fondò il quotidiano
“Il popolo d'Italia” ➔ Con quest'ultimo condusse la sua campagna a
favore della partecipazione dell'Italia alla guerra e attraverso cui
criticava la debolezza del governo e sosteneva l'ordine interno contro i
disordini che agitavano il paese.
Riuscì a raccogliere intorno a sé simpatizzanti di varia estrazione sociale
e diverso orientamento politico e attraverso il loro appoggio fondò i
FASCI DI COMBATTIMENTO il 23 Marzo 1919.

LA CRISI DELLO STATO LIBERALE


- Il mito della “vittoria mutilata”:
Oltre a difficoltà economiche e sociali, L'Italia doveva affrontare anche
un diffuso senso di frustazione e delusione riguardante l'esito della
guerra.
Alla conferenza di pace di Parigi, L'Italia era stata relegata ad una
posizione di secondo piano e aveva subito una sconfitta diplomatica.
Inoltre, le posizioni dei ministri Orlando e Sonnino furono
contraddittorie:
- Da una parte, i rappresentanti italiani avevano chiesto il rispetto del
patto di Londra, che assegnava il nostro paese parte della Dalmazia
(In violazione del principio di nazionalità, perché era abitata
prevalentemente da slavi)
- dall'altra, L'Italia aveva rivendicato la città istriana di Fiume, poiché
la popolazione era costituita in maggioranza da nostri concittadini e
si era programmata italiana.

Il presidente americano Wilson, ma anche Francia ed Inghilterra si


opposero alle aspirazioni dei nostri rappresentanti sulle regioni dalmate,
in quanto non vedevano di buon occhio un aumento delle influenze
italiana sull adriatico. di fronte a queste pressioni, Orlando e Sonnino
abbandonarono temporaneamente i lavori ➔ Le conseguenze furono
disastrose, perché quando si dovevano decidere, le sorti delle colonie
tedesche e se furono spartite tra le altre potenze e l'Italia venne ignorata
➔ Nell’ opinione pubblica quindi si diffuse il mito della VITTORIA
MUTILATA e, negli ambienti nazionalisti, prese avvio l'idea di riprendere
le armi per correggere le storture dei trattati di pace.

- D’Annunzio e l’impresa di Fiume:


Nel giugno 1919, il governo Orlando cadde e fu sostituito da un
ministero liberale retto da Francesco Saverio Nitti.
Egli prese un accordo con le altre potenze vincitrici un accordo in base
al quale Fiume sarebbe stata evacuata dalle truppe italiane e affidata a
reparti anglo-francesi.

Questa decisione irritò gli ambienti nazionalisti e il poeta Gabriele


D'Annunzio si fece interprete di questi sentimenti ➔ Partì alla testa di
centinaia di volontari armati, ai quali si unirono più di un migliaio tra
ufficiali e soldati. Raggiunse la città di Fiume, senza incontrare
resistenze delle forze anglo-francesi, la occupò e proclamò
l'annessione all'Italia.
Nitti assunse una posizione ambigua, in quanto non era né contrario né
favorevole a questo evento. ➔ l'occupazione della città continuò
indisturbata x mesi, tanto che nel 1920 D'Annunzio instaurò un piccolo
stato autonomo chiamato “Reggenza italiana del Carnaro”.
- La riforma elettorale e le elezioni del 1919:
Nitti fece approvare dal Parlamento una riforma elettorale che
prevedeva l'estensione del suffragio universale maschile a tutti i
cittadini che avessero compiuto 21 anni.
La sua intenzione era di fare concessioni a socialisti e cattolici e di
aprire lo stato alla partecipazione democratica. ➔ Il presidente del
Consiglio era infatti convinto che, per avviare l'Italia verso un concreto
progresso sociale, bisognasse eliminare le grandi coalizioni liberali e
moderate (basate su trasformismo e corruzione elettorale) e formare
partiti politici solidi, capaci di realizzare le riforme volute dal paese.

La riforma elettorale entrò in vigore con le elezioni politiche del 16


novembre 1919, le prime del dopoguerra. I risultati evidenziarono la
crisi del liberalismo a vantaggio dei partiti di massa
- i socialisti conquistarono 156 seggi contro i 52 del 1913;
- i cattolici, che si presentavano per la prima volta alle urne, ne
ottennero 100.

Insieme socialisti e popolari detenevano 256 seggi su 508: per la prima


volta nella storia dell’Italia unita, i liberali avevano perso la
maggioranza assoluta ed erano ormai privi di compattezza. Anche il
movimento fascista, nato da poco, si era presentato alle elezioni, ma
non aveva ottenuto nemmeno un seggio.

- Il biennio rosso (1919-1920)


Privati di una solida maggioranza in Parlamento, i giovani liberali
dovettero fronteggiare la difficile situazione sociale del paese.
Dal 1919 e per tutto il 1920 la Penisola fu scossa da forti conflitti sociali:
- i lavoratori chiedevano la riduzione della giornata lavorativa e
l'aumento dei salari,
- gli industriali, aggravati dalle pesanti tasse imposte dal governo e
dalla difficoltà a ottenere prestiti dalle banche, rifiutavano ogni
concessione.
 Scoppiarono scioperi e manifestazioni nelle industrie e nelle
campagne, che mettevano in fermento il mondo del lavoro. Erano
così ampi e diffusi che gli storici hanno chiamato gli anni 1919-1920
“BIENNIO ROSSO".

- Agitazioni operaie e contadine:


Nel gennaio 1919, gli operai nei settori industriali ottennero (con pari
salario) una riduzione dell'orario lavorativo settimanale (8 ore
giornaliere, più un riposo settimanale).
In questo frangente furono riconosciute come interlocutrici le
commissioni interne, primo strumento democratico nelle fabbriche.

Le agitazioni aumentarono tra agosto e settembre 1920, quando circa


mezzo milione di lavoratori metalmeccanici aderenti al sindacato Fiom
(Federazione impiegati operai metallurgici) occuparono oltre 600
fabbriche dove organizzarono produzione e lavoro secondo le forme
dell'autogestione. ➔ A partire da quello della Fiat di Torino, in molti
stabilimenti si diffusero consigli di fabbrica che si rifacevano al modello
dei soviet russi; i lavoratori andarono oltre le rivendicazioni salariali
ponendo la questione del potere operaio in fabbrica: "Fare come in
Russia" era la parola d'ordine di quei giorni.
La lotta si estese anche alle campagne, dove i contadini attendevano
ancora le promesse fatte loro durante la guerra.
Al Nord e al Centro i braccianti erano organizzati a livello locale
- in leghe rosse (di ispirazione socialista)
- in legge bianche (di ispirazione cattolica).
A loro volta, esse erano riunite in federazioni più ampie come la
Federazione dei lavoratori della terra, che comprendeva leghe dell'Italia
settentrionale, ma con rappresentanze importanti anche in Lazio, Puglia e
Sicilia.

Con scioperi e boicottaggi, i braccianti rivendicarono aumenti salariali e


una maggiore stabilità occupazionale. Nel Mezzogiorno, dove prevaleva
il latifondo, i contadini erano in generale meno organizzati dal punto di
vista sindacale e reclamarono la ridistribuzione delle terre con
l'occupazione dei terreni incolti.
- Trattato di Rapallo e indipendenza
dell’Albania:
Sul piano diplomatico, il governo Giolitti riuscì a risolvere la delicata
questione di Fiume ➔ Il 12 novembre 1920 venne firmato con il regno dei
Serbi, Croati e Sloveni il TRATTATO DI RAPALLO, in base al quale Fiume
veniva dichiarata "città libera", cioè non soggetta né all'autorità italiana
né a quella slava, in cambio del controllo da parte dell'Italia di alcune isole
della Dalmazia.

Di fronte a tale iniziativa, D'Annunzio si rifiutò di abbandonare la città


occupata ➔ a quel punto Giolitti dette ordine all'esercito di muovere
contro Fiume (20 dicembre) ➔ dopo gli scontri del "Natale di sangue",
D'Annunzio annunciò la resa: la città si svuotò dei volontari e infine anche
il poeta e i suoi più stretti collaboratori si ritirarono (18 gennaio 1921).

Il comportamento di Giolitti era stato determinato dalla volontà di


eliminare delle pericolose tensioni: la stessa aspirazione che lo aveva
indotto a riconoscere ufficialmente l'indipendenza dell'Albania, il cui
controllo avrebbe significato avere maggior peso specifico nel
Mediterrano.

La scelta suscitò ostilità tra i nazionalisti e i militanti del nascente


fascismo, che accusavano il governo di eccessiva accondiscendenza nei
confronti degli alleati e in particolare del presidente americano Wilson ➔
secondo i nazionalisti, non era possibile che il principio di
autodeterminazione dei popoli dovesse essere rispettato solo dall'Italia.

A questo punto, I liberali, lacerati da dissidi interni e attaccati dalle forze


di destra e di sinistra, non esercitavano più un ruolo di primo piano,
mentre il fascismo diventava di giorno in giorno sempre più aggressivo.
L’ASCESA DEL FASCISMO
- Violenze fasciste:
Il movimento fascista raccolse sempre più consensi. Mussolini orientò il
movimento in senso conservatore, accentuando il suo carattere
antisocialista e trovando l'appoggio dei ceti possidenti e della grande e
media borghesia.

Mussolini aveva dato vita alle squadre d'azione o "SQUADRACCE" ➔


erano delle formazioni paramilitari (riconoscibili dall’uniforme in
camicia nera) che bloccavano con violenza gli scioperi degli operai e dei
braccianti, assalivano le cooperative e le leghe operaie, le sedi dei
partiti e dei giornali socialisti.

La situazione precipitò il 21 novembre 1920, giorno in cui a Bologna i


fascisti attaccarono palazzo d'Accursio, sede del Comune, mentre si
stava insediando la nuova giunta socialista. Dalle finestre un gruppo di
socialisti armati rispose con un lancio di bombe che fece una decina di
vittime. ➔ La reazione fascista divenne incontenibile: lo squadrismo
(l’attività violenta del fascismo contro i suoi avversari politici) che
inizialmente era diffuso nel Nord, dilagò anche nelle regioni centrali.
Il governo e le istituzioni locali non reagirono per bloccare tali
violenze, anzi in più di un'occasione si mostrarono del tutto
indifferenti, favorendo un clima di diffusa illegalità.

- Successo elettorale dei fascisti:


Nel frattempo Giolitti, per risanare il bilancio statale, aveva avviato delle
riforme che prevedevano l' aumento della pressione fiscale sui ceti
abbienti ➔ Questo causò il malcontento delle destre verso le la politica
del presidente del consiglio, il quale decise di sciogliere anticipatamente
le camere ed indire delle nuove elezioni per il maggio 1921.

Per bloccare l'avanzata dei 2 partiti di massa (socialista e cattolico) e


ottenere la maggioranza, i liberali giolittiani costituirono delle alleanze
elettorali aperte ai vari gruppi politici ➔ In questa coalizione, definita
“blocco nazionale”, entrarono a far parte Nazionalisti e fascisti,
democratici, radicali e riformisti.

I risultati elettorali, però, evidenziarono l'errore di calcolo politico di


Giolitti ➔ il blocco nazionale raggiunse una maggioranza molto stretta e,
all'interno della coalizione, i liberali furono penalizzati.

I fascisti raggiunsero un numero di voti molto elevato rispetto agli anni


precedenti ed entrarono in Parlamento con 35 deputati, tra i quali
Mussolini.

Allora ci fu la caduta del ministero Giolitti e nel giro di un anno si


succedettero 3 governi (il 1° guidato dall ex socialista riformista Ivanoe
Bonomi e I successivi dal giolittano Luigi Facta).

- Basi sociali del fascismo:


Le ragioni del successo vanno ricercate nel comportamento dei ceti
medi, soprattutto della piccola borghesia la quale, cercava una sponda
per rivendicare un proprio spazio sociale.

i fascisti ebbero anche il sostegno della grande borghesia agraria e


industriale, secondo la quale le occupazioni delle fabbriche delle terre
erano state un attentato alla proprietà privata.

Inoltre i ceti possidenti erano convinti di poter strumentalizzare il


movimento fascista in senso anzi socialista per poi liquidarlo con
facilità.
Una simile convinzione fu anche quella dei liberali, i quali erano
convinti che l' estremismo fascista si sarebbe placato con il tempo,
dopo aver messo a tacere la violenza proletaria.

- Nasce il Pnf:
Entrato in Parlamento, Mussolini riprese in mano le redini di un
movimento che gli era in parte sfuggito di mano.
nel novembre 1921, in occasione del terzo congresso nazionale dei
fasci, Mussolini fondò il Partito nazionale fascista (Pnf), dandogli
un’organizzazione centralizzata.
Mussolini si riconfermò leader incontrastato del movimento e attuò
una strategia dal duplice volto:
- da un lato, continuò a sostenere il ricorso alla violenza squadrista
- dall’altro, iniziò ad utilizzare i mezzi legali offerti dai meccanismi
parlamentari.

Dunque, di fronte alla debolezza del governo facta, i fascisti


intensificarono le aggressioni agli avversari politici e si proclamarono gli
unici in grado di riportare stabilità ed ordine.

- La nuova scissione socialista:


L'ascesa del fascismo fu favorita anche dagli in campo incapacità del
partito socialista di opporvisi con una strategia efficace, a causa delle sue
divisioni interne.
Solo di fronte al moltiplicarsi delle azioni illegali e violente dei fascisti, i
parlamentari socialisti decisero di dare la propria disponibilità per una
collaborazione governativa, ma ormai era troppo tardi.
La conseguenza fu un'altra scissione, maturata durante il congresso di
Roma, quando la maggioranza massimalista espulse dal partito i
riformisti, i quali costituirono il PARTITO SOCIALISTA UNITARIO.

Ne derivò un ulteriore indebolimento del Psi, alla cui direzione viene


chiamato prima Giacinto Menotti Serrati, poi Pietro Nenni.
A ricoprire il ruolo di segretario del partito socialista unitario fu chiamato
Giacomo Matteotti, una personalità di grande statura politica e morale.

- Marcia su Roma:
Mussolini era ormai consapevole che il fascismo dominava le piazze ➔
Nacque così l'idea di una marcia su Roma, cioè un'azione di forza, un
colpo di Stato che avrebbe permesso ai fascisti di ottenere il governo e la
conquista del potere. ➔ La notte tra 27-28 ottobre 1922, Più di 25.000
camicie nere ma le armate affluì rono verso la capitale, guidate da un
quadrumvirato, formato dai più diretti collaboratori di Mussolini (Italo
Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono e Cesare Maria De Vecchi),
mentre il capo rimase a Milano ad attendere nuovi sviluppi.

Di fronte a questa prova di forza al di fuori della legge, il presidente del


consiglio facta si preparò a resistere con l'aiuto del l'esercito, ma Vittorio
Emanuele III, nel timore di una guerra civile o per le simpatie di Mussolini,
si rifiutò di firmare il decreto che proclamava lo stato d'assedio.

 Facta diede le dimissioni e si aprì una crisi di governo.

La mattina del 30 ottobre Mussolini giunse a Roma e in poche ore


presentò la lista dei ministri ➔ FINE DELL’ITALIA LIBERALE.

- La politica economica:
Giunto al governo, Mussolini si era avvicinato ancora di più alla classe
capitalistico borghese, ma anche a quelle industriali agrarie, avvicinandosi
ad un indirizzo economico di stampo liberista ➔ Dal 1922-1923 iniziò una
fase favorevole di espansione economica in numerosi paesi europei,
Dettata soprattutto dagli influenza dell'economia statunitense.

Il nuovo governo fascista e il ministro delle finanze Alberto De Stefani


assecondarono questa situazione e iniziarono con:
- l'abolizione di alcune tasse,
- il riordinamento delle imposte sugli scambi,
- l'istituzione di un imposta generale sui redditi,
- la stipulazione di trattati commerciali con Francia, Germania,
Austria, Unione Sovietica e Svizzera.

 I risultati furono positivi ➔ RIDUZIONE DEL DISAVANZO DELLO


STATO e SVILUPPO DI INDUSTRIA ED AGRICOLTURA.
 Anche se sancirono il potere delle grandi concentrazioni
capitalistiche a svantaggio della classe popolare: quest'ultima
infatti fu colpita da una politica austera e da una riduzione di salari.
- La legge Acerbo e le elezioni politiche del
1924:
Siccome il fascismo disponeva ancora di un numero esiguo di deputati,
Mussolini decise di indire nuove elezioni per il 6 Aprile 1924, dopo
aver fatto approvare il 18 novembre 1923 una nuova legge elettorale
➔ la Legge Acerbo ➔ essa re introduceva il sistema maggioritario e
prevedeva un forte premio di maggioranza per il partito che avesse
raccolto più voti.

Questa iniziativa era basata sulla certezza di Mussolini di poter


ottenere molti consensi, convinzione motivata da 3 ragioni:
1. Il clima di violenza che regnava nel paese
2. l'appoggio di autorevoli uomini politici
3. il fatto che gran parte della popolazione, a messa da poco alle
votazioni quindi priva di esperienza, poteva essere facilmente
convinta dalla propaganda fascista.

inoltre per assicurare il successo alla lista, chiamata listone nazionale,


Mussolini volle che le operazioni elettorali si svolgessero sotto il segno
dell' intimidazione, incaricando i suoi incaricati di violare il segreto delle
urne e commettere brogli nello spoglio delle schede ➔ In questo modo la
lista di Mussolini arrivò a conquistare il 64,9% dei voti, cioè più di 370
seggi.

- Delitto Matteotti e secessione


dell’Aventino:
L'opposizione (composta da socialisti, comunisti, repubblicani, liberali e
popolari, guidati da Alcide De Gasperi) protestò e chiese la
l'annullamento delle elezioni in quanto fondate su illegalità e violenza.

La denuncia più vigorosa di queste illegalità e di questi soprusi fu


pronunciata dal deputato e segretario del partito socialista unitario:
Giacomo Matteotti.
In risposta il 10 giugno 1924 Matteotti fu aggredito in pieno giorno
mentre usciva di casa da 5 fascisti convinti di interpretare la volontà di
Mussolini. Fu caricato a forza su un'auto e fu assassinato. Il suo
cadavere fu ritrovato alcune settimane dopo in un bosco alle porte di
Roma.

La scomparsa di Matteotti ebbe un forte impatto sull opinione pubblica


e ci fu molta indignazione nel paese. ➔ L'opposizione decise di non
partecipare più ai lavori parlamentari finché il governo non avesse
chiarito il suo coinvolgimento in questa tragica vicenda ➔ Iniziò così la
protesta detta SECESSIONE DELL'AVENTINO, in ricordo della protesta
attuata in una Roma antica dalla plebe contro le prepotenze dei Patrizi.

Questa iniziativa sul piano morale però non ebbe risultati, perché il
fascismo continuava a godere dell' appoggio del re, dell'esercito e della
borghesia.
Inoltre l'assenza delle opposizioni e dei lavori parlamentari garanti a
Mussolini la possibilità di distruggere definitivamente le istituzioni
democratiche: Vittorio Emanuele III respinse la protesta dell’Aventino
e Mussolini riprese in mano la situazione, dando vita ad un governo
composto solo di fascisti il 1 luglio 1924.

- Discorso del 3 gennaio 1925:


Approfittando della debolezza delle opposizioni, il 3 gennaio 1925, in un
discorso alla Camera, Mussolini rivendicò a se ogni responsabilità di
quanto accaduto a Matteotti ➔ Questo atto rappresentò l' avvio di un
regime autoritario basato sulla soppressione di ogni libertà
costituzionale e sull uso della forza contro ogni forma di opposizione e
dissenso.

Nei giorni successivi ci furono delle misure repressive contro gli avversari
politici: Furono chiusi circoli associazioni politiche antifasciste e furono
arrestati i socialisti e comunisti.

LA COSTRUZIONE DELLO STATO FASCISTA


- Le “Leggi fascistissime”:
Il passaggio da sistema democratico a regime autoritario si ebbe con la
promulgazione delle cosiddette “Leggi fascistissime” ispirate dallo
giurista Alfredo Rocco e finalizzate a rafforzare il governo e abolire la
separazione dei poteri legislativo esecutivo giudiziario.

i principali elementi innovativi introdotti furono:


- La carica di presidente del Consiglio dei ministri fu trasformata in
quella di segretario di Stato, il quale veniva nominato direttamente
dal re ed era responsabile del proprio indirizzo di governo solo di
fronte al re e non più di fronte al Parlamento
- al governo vennero riconosciute ampie facoltà di emanare le leggi
- il potere del governo fu aumentato a livello locale: I prefetti ora
potevano sciogliere associazioni, enti, istituti, partiti, gruppi e
organizzazioni politiche. Il consiglio comunale e il sindaco furono
eliminati e subentrò il Podestà di nomina governativa, chieda solo
esercitava le funzioni di sindaco, giunta e consiglio comunale
- tutti i deputati dell'opposizione furono dichiarati decaduti e venne
sancito lo scioglimento dei partiti e dei movimenti di opposizione al
fascismo
- fu stabilito l'obbligo per tutti i dipendenti pubblici di iscriversi al
partito fascista, altrimenti sarebbero stati licenziati
- fu istituito il confino come sanzione principale nei confronti di
soggetti ostili al regime
- fu istituito un tribunale speciale per la difesa dello Stato, e
ripristinando anche la pena di morte
- venne soppressa definitivamente la libertà di opinione e di stampa,
infatti molti giornali furono costretti a non pubblicare più e gli altri
furono sottoposti ad un rigido controllo politico e di polizia.

- La riforma elettorale e il plebiscito del


1929:
Nel maggio 1928 ci fu la riforma elettorale, in base alla quale l'elettore
era chiamato ad approvare OA respingere, per la Camera dei deputati,
una lista unica nazionale di 400 candidati designati dal gran consiglio del
fascismo.

Addirittura il gran consiglio divenne un organo costituzionale, al quale


spettava il compito di esprimere un parere sulla successione al trono e
aveva anche il compito di nominare il capo del governo.

in base alla nuova in base alla nuova legge elettorale, il 24 Marzo 1929 si
svolse una CONSULTAZIONE PLEBISCITARIA, invece delle regolari elezioni
politiche ➔ I cittadini dovevano limitarsi a votare con un sì o con un no
l'unica lista compilata dal governo, sapendo che il loro voto non era più
segreto o libero, in quanto la scheda del si era facilmente riconoscibile
dall'esterno perché tricolore, mentre quella del no era bianca e chi la
depositava nell'urna diventava bersaglio di violenze ➔ Questo spiega i
risultati delle votazioni.

La camera dunque non aveva più il suo ruolo di Votare le leggi in modo
autonomo e libero: Ora il suo compito era quello di collaborare con il
governo e addirittura nel 1939 la Camera dei deputati fu soppressa e
sostituita dalla Camera dei fasci e delle corporazioni.

- La propaganda e il culto della personalità:


Per accrescere il consenso e consolidare il regime, Mussolini, utilizzò una
martellante propaganda attuata dalle organizzazioni di partito, dalla
stampa, dal cinema e dalla radio ➔ Si trattava di una vera e propria
manipolazione del popolo italiano, in modo tale da ottenere un'
obbedienza cieca, assoluta e totalizzante al nuovo regime, continuamente
esaltato.

Mussolini prestò particolare attenzione al culto della propria immagine


➔ si fece chiamare “DUCE”, per sottolineare il suo ruolo di guida, di capo
assoluto della nazione e per richiamare al mondo della Roma antica,
considerato dal regime fascista il periodo di massima espressione della
grandezza italiana.
Sulle facciate degli edifici pubblici e delle abitazioni private comparvero
delle gigantesche iscrizioni che inneggiavano al Duce, indicato come il
Salvatore della patria, il restauratore dell'ordine, l'uomo della
provvidenza. Uno dei motti più emblematici era “Mussolini ha sempre
ragione”.

- Il ricorso ai mezzi di comunicazione:


Il regime utilizzo con abilità e spregiudicatezza gli strumenti della
propaganda, utilizzando anche gli sviluppi della tecnologia.

Alla stampa il fascismo dedicò Particolare attenzione attraverso un'opera


di fascistizzazione dei giornali, realizzata con operazioni economico
finanziarie tese a instaurare il controllo politico di tutte le testate ➔ Tale
controllo avveniva con la pratica delle cosiddette veline, cioè delle
comunicazioni Telegraph a te dall'ufficio stampa della presidenza del
consiglio ai prefetti e trasmesse da questi alle redazioni dei giornali, che
indicavano quali notizie bisognava pubblicare e specificavano persino i
titoli e il tipo di commento da far seguire.

il regime capì che anche la radio sarebbe stata efficace ➔ Così Mussolini
sperimentò la radiodiffusione di un suo discorso.

Negli anni 30, l’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) intraprese un’
attività di trasmissione e diffusione capillare su tutto il territorio nazionale
➔ Le voci dei ministri e dei vari gerarchi si fecero sentire ad ogni
inaugurazione di una nuova stazione radio e quest'ultima divenne uno
strumento per ottenere consenso ➔ Dunque il regime ne promosse l'
ascolto, installando apparecchi nei luoghi pubblici in modo tale che tutti
potessero ascoltare, e aumentando anche il numero di ore di
trasmissione.
I compiti di propaganda erano affidati ai radio giornali, ale rubriche di
informazione politica e alle radiocronache delle grandi manifestazioni del
regime.

Il cinema Fu un altro grande canali di propaganda ➔ nacque così


l’Istituto Luce per la produzione di documentari e cinegiornali, che
esaltavano le imprese del duce e I successi dell’italia fascista, attraverso
voci enfatiche.
- Il controllo totale della società:
Questa propaganda era rivolta soprattutto alle giovani generazioni ➔ Il
regime fascista capisce subito che è il campo dell'istruzione era il più
importante a cui imporre la propria ideologia. Proprio per questo infatti
attuò una riforma della scuola, elaborata dal più importante intellettuale
fascista, il filosofo Giovanni Gentile, il quale prevedeva una struttura
centralizzata e gerarchica e dava all'organizzazione scolastica un impronta
militarista.

L'opera fu completata nel 1926 con la creazione dell’ Opera nazionale


Balilla, un'istituzione para scolastica preposta alle istruzioni ginnico
sportiva e pre militare dei ragazzi dai 6 ai 18 anni.

I professori universitari furono chiamati a giurare fedeltà al regime, solo


13 rifiutarono di farlo e per questo persero la loro cattedra.

I giovani universitari furono inseriti nei gruppi universitari fascisti,


attraverso i quali il regime voleva formare la futura classe dirigente
fascista.

inoltra V il ministero della cultura popolare, il quale completò l'opera di


fascistizzazione, attraverso l'introduzione della censura e di un rigido
controllo della stampa.

- Repressione e antifascismo:
Ogni atto di dissenso (anche modesto) o qualsiasi comportamento
considerato deviante poteva costare l' emarginazione, la privazione di
casa e lavoro, violenze fisiche e psicologiche e condanne al confino o al
carcere ➔ fu creata nel 1930 l’OVRA (polizia politica segreta), per
reprimere gli antifascisti.

Fu Mussolini a decidere di introdurre questo termine invece del termine


“polizia”; non vi è una spiegazione ufficiale a questa scelta, ma tutto ciò
portava ad alimentare il timore e l'inquietudine anche per l'assonanza con
il termine “piovra”.

nonostante questo clima di intimidazione, l'opposizione al fascismo


continuava a farsi sentire per mezzo di opere scritte e diffuse
clandestinamente o attraverso movimenti perseguitati con durezza ➔
Una delle più forti resistenze intellettuali fu legata alla figura di
Benedetto Croce, il filosofo liberale autore del manifesto degli
intellettuali antifascisti, il quale denunciava la deriva autoritaria del
regime riaffermava la libertà di pensiero e l'autonomia di giudizio cui si
deve ispirare l'attività intellettuale.

a partire dal 1927, però, ogni forma di opposizione al regime venne


soffocata e per condurre la lotta antifascista restarono solo due
alternative: l’esilio o la clandestinità

LA POLITICA SOCIALE ED ECONOMICA


-Le corporazioni:
In questo periodo, si posero le basi per un ordinamento fondato sulle
CORPORAZIONI, in modo tale da realizzare la rivoluzione fascista in
campo sociale. Le corporazioni erano dei veri e propri organi dello Stato
fascista e riunivano i datori di lavoro e i lavoratori di tutte le categorie di
produzione. Esse:
- servivano a controllare le forze produttive
- risolvere eventuali problemi tra capitale e lavoro ;
- erano fondate sul principio di collaborazione fra classi sociali
- erano in opposizione alla lotta di classe socialista.

Tutto questo, però, doveva anche essere utile a raggiungere degli


interessi nazionali, fissati dalla politica economico-sociale del regime
➔ infatti, tutte le questioni furono decise dall'alto ed erano risolte a
beneficio delle classi padronali ➔ furono ostacolate le rivendicazioni
dei lavoratori.
L’ordinamento delle corporazioni du sancito ufficialmente dal 1927 con
la Carta del lavoro dello Stato fascista, ma fu attuato concretamente
con molto ritardo, nel 1934 e i princìpi della carta iniziarono ad avere
valore giuridico solo nel 1942, quando vennero inseriti nel Codice
civile.

- Dal liberismo al protezionismo:


Anche la politica economica subì dei cambiamenti radicali. Dal 1925 il
ministro delle Finanze Giuseppe Volpi abbandono il liberismo
economico del suo predecessore e attuò una politica economica
basata sul PROTEZIONISMO:
- rese più aspri i dazi sui cereali
- ostacolò l’investimento dei capitali esteri in Italia
- aumentò le tariffe doganali
- riconosce al ministro delle finanze la facoltà di fissare dei diversi
divieti che di volta in volta potevano essere opportuni
➔ Questa strategia mirava a limitare la dipendenza
dall’estero ed era anche un' esigenza di prestigio nazionale, visto
che il risanamento economico avrebbe contribuito alla
stabilizzazione definitiva del regime.

- Rivalutazione della lira:


Il Governo fascista si impegnò anche ad una rivalutazione della lira,
impegnandosi a riportarla sul mercato dei cambi a quota 90 nei
confronti della sterlina ➔ questo serviva a difendere il paese dal
rischio di inflazione, a rassicurare i ceti medi (i cui risparmi
sarebbero stati tutelati) e a ridurre i costi delle importazioni di
materie prime (i cui prezzi in lire diminuivano).
Una rivalutazione così alta, però, non corrispondeva alla reale
capacità produttiva dell'Italia, dunque causò dei grandi scompensi:
1. Rallentamento della produzione
2. limitazione della richiesta di merci
3. calo delle esportazioni
4. minori guadagni
5. freni allo sviluppo delle imprese industriali e agricole
 Tutto questo portò ad un ristagno e ad una riduzione dei flussi
commerciali, tanto che molte imprese aziendali furono costrette
ad un taglio dei salari del 10/20%.
Tuttavia la situazione migliorò e fu parzialmente risolta all'inizio del 1929,
grazie a degli incentivi statali rivolsi alla produzione industriale e agricola.

- Economia autarchica
Tutto questo venne applicato particolarmente con l'imposizione dell’
AUTARCHIA, soprattutto dal 1937. Questa politica si prefiggeva di
mettere l'Italia in condizione di produrre da sola tutto ciò che gli
occorreva, in modo tale da raggiungere un autosufficienza economica:
cioè la capacità di soddisfare autonomamente le esigenze della
popolazione, senza dipendere dalle importazioni di materie prime e di
manufatti dall'estero. ➔ Questa economia di isolamento contribuì a
potenziare l'apparato industriale del paese, ma ebbe degli effetti
negativi per quanto riguarda la vita dei cittadini, perché molto spesso
si preferiva la produzione nazionale anche quando forniva delle merci
di minore qualità e di prezzo più alto.

- Le battaglie del fascismo:


Nell'ambito dell'autarchia rientravano molte battaglie del fascismo,
tese a raggiungere determinati obiettivi. Si parlava di:
- Battaglia del grano ➔ campagna di sviluppo della produzione di
cereali;
- Battaglia della palude ➔ risanamento di zone incolte e malsane;
- Battaglia demografica ➔ provvedimenti a favore dell’aumento
della popolazione, con la convinzione che la potenza militare di una
nazione dipendesse dal n° di cittadini idonei nelle armi.

Soprattutto in merito alla battaglia demografica, fu introdotto uno


strumento per sostenere la natalità: l’OMNI (Opera Nazionale Maternità
e Infanzia) che, migliorando l'assistenza sociale e medica, doveva
contribuire ad abbassare i tassi di mortalità infantile. Furono anche
favorite le famiglie numerose, attraverso una serie di incentivi.
- Lavori pubblici:
Il fascismo attuò anche LAVORI DI PUBBLICA UTILITÀ, x migliorare le
condizioni di vita, garantire impiego ai disoccupati e modernizzare il
paese.
- Costruzione di case, strade, ponti, acquedotti, impianti idroelettrici,
ferrovie, porti, stadi e servizi pubblici
- Lavori di irrigazione, risanamento di territori malsani e di bonifica ➔
Paludi Pontine (Agro Pontino)
- Potenziamento della Marina mercantile
- Creazione dell aviazione civile
- Realizzazione di colonie marine e montane per i figli dei lavoratori
- Assistenza a madri e fanciulli
- Realizzazione di organizzazioni sportive
- Istituzione dell' AGIP (Azienda Generale Italiana Petroli) x
incoraggiare le ricerche petrolifere ➔ che assumerà un ruolo
fondamentale nella vita economica del paese solo dopo la fine del
fascismo.

POLITICA ESTERA E LEGGI RAZZIALI


- L’avventura coloniale:
Mussolini vuole dare inizio ad una politica di espansione in Africa ai
danni dell Etiopia, uno stato indipendente retto dal negus, cioè il re:
voleva completare la conquista del corno d'africa, dove già vi erano
delle colonie italiane (Eritrea e Somalia).
Il suo scopo era quello di affermarsi in una delle poche aree rimaste
ancora indipendenti dalle potenze occidentali, in modo da dimostrare
a livello internazionale la solidità interna del regime fascista. Nelle sue
intenzioni vi era anche quella di trasferire una parte della manodopera
italiana in cesso nei territori conquistati, ricchi di materie prime.

Un'impresa del genere però era anacronistica, cioè fuori dai tempi: Il
colonialismo infatti si avviava al tramonto e i popoli colonizzati
avevano ormai l'esigenza di libertà ed indipendenza; inoltre era
un'impresa con delle conseguenze imprevedibili, dato che questa
conquista non poteva lasciare indifferenti la Francia, l'Inghilterra e la
Società delle Nazioni.

Il 3 ottobre 1935 Mussolini Approfitto di un attacco di bande etiopi


che contro un presidio italiano, per aprire le ostilità senza
dichiarazione di guerra ➔ Ordinò alle truppe presenti in Eritrea e in
Somalia di superare il confine, utilizzando come motivazione la
missione civilizzatrice dell’Italia e il suo diritto ad avere un “posto al
sole” (cioè un impero coloniale come le altre potenze).

Dopo questa iniziativa, la società delle Nazioni dichiaro l'Italia


colpevole di aggressione e applico nei suoi riguardi delle sanzioni
economiche (blocco della fornitura delle armi, rifiuto di prestiti di
qualsiasi genere, divieto di acquistare merci italiane). Tuttavia Stati
Uniti e Germania continuavano a rifornire l'Italia e questo servì ad
esaltare la prova di fermezza e di resistenza offerta dal regime.

- Vittorio Emanuele III imperatore d’Etiopia:


La campagna militare fu più lunga del previsto a causa della guerriglia
scatenata dalla popolazione locale e della vastità del territorio
dell’Etiopia, privo di strade e percorso da catene montuose che
sbarravano ogni penetrazione.
I marescialli Pietro Badoglio e Rodolfo Graziani, utilizzarono anche
armi bandite dalle confezioni internazionali (gas asfissianti),
dimostrando una spietata brutalità.
Il 9 giugno 1936, Mussolini annunciò la fine della guerra e la nascita di
un “impero dell’ Africa orientale italiana” ➔ Vittorio Emanuele terzo
diventava anche imperatore d'etiopia e il Duce raggiunse il massimo
del consenso e della popolarità, dimostrando che la violenza poteva
essere imposta facilmente anche sul piano internazionale.

- Avvicinamento Italia-Germania:
Questa guerra causò l'uscita dell'Italia dalla società delle Nazioni e il suo
isolamento in ambito europeo ➔ Allora Mussolini cercò un alleanza con
la Germania di Hitler, concretizzata il 24 ottobre 1936 con un accordo
definito dallo stesso Mussolini “Asse Roma-Berlino”.
Questo accordo non era una vera e propria alleanza, ma prevedeva
l'impegno comune a lottare contro il pericolo bolscevico e una
consultazione reciproca sulle questioni internazionali.
Così il fronte alleato della 1 guerra mondiale venne infranto e l'Europa si
ritrovò divisa in due blocchi contrapposti.

- Leggi razziali:
Nel 1937, ci fu L'emanazione della prima LEGISLAZIONE RAZZIALE DEL
FASCISMO indirizzata alle popolazioni africane delle colonie italiane, x
scoraggiarne le relazioni con gli italiani, in modo da evitare ogni forma
di contaminazione.
Il 15 luglio 1938 fu pubblicato un Manifesto di difesa della razza, che
dichiarava in modo esplicito l' adesione del fascismo alle teorie razziste
➔ furono emanate dunque delle leggi per la difesa della razza che
avevano come obiettivo la discriminazione e la persecuzione degli
ebrei. Esse prevedevano:
- Esclusione dalle scuole pubbliche
- divieto di matrimonio con gli italiani
- divieto di possedere aziende, attività commerciali e beni immobili
- divieto di prestare servizio nelle forze armate e nell'amministrazione
statale
- limitazioni all'esercizio di lavori e professioni in qualsiasi campo e, se
ha messo, andava svolto solo con persone di razza ebraica
- divieto di svolgere attività di notaio e giornalista e altri incarichi che
comportassero funzioni di pubblico ufficiale.

Molti scienziati ed intellettuali ebrei emigrarono quindi negli Stati Uniti


(Enrico Fermi ed Emilio Segrè).
L'insegnamento in scuole riservate agli ebrei non venne proibito, ma
alcuni illustri insegnanti ebrei furono costretti a lasciare la loro cattedra
nelle università pubbliche (Benvenuto Aronne Terracini e Attilio
Moligliani).
- Antisemitismo:
Riguardo alla triste politica antisemita del regime fascista, Molti
studiosi concordano nel sostenere che l'adozione da parte di Mussolini
di una politica discriminatoria contro gli ebrei fu una scelta autonoma e
indipendente dall’influenza tedesca.
La decisione di Mussolini sulla questione della razza ebraica fu
determinata da una serie di circostanze interne al paese, cioe:
- Il fatto che alcune personalità ebraiche erano contrarie alle guerre
d'etiopia e di Spagna
- le critiche alla politica economica del regime mosse da industriali e
uomini d'affari ebrei
- il sospetto dell'esistenza di una internazionale ebraica alleata dei
comunisti
- infine, il duce era convinto Duce per rendere granitica l'alleanza
Italo-tedesca fosse necessario allineare la politica dei 2 regimi in
tutti i campi (tra cui anche quello dell’antisemitismo).

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