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Alla fine della Prima Guerra Mondiale, gli Stati Uniti non risultano essere troppo impoveriti:
superata una piccola recessione post bellica, la potenza industriale degli Stati Uniti arriva a
superare addirittura la Gran Bretagna. Negli anni 20 infatti, si segnala una notevole fase di
sviluppo e produzione che prende il nome de “i ruggenti anni venti”, anche i consumi
secondari iniziano a diffondersi in numerose fasce della popolazione, e un tale benessere
economico non può che portare ad un aumento del consenso verso il sistema capitalistico.
Tuttavia, dopo le elezioni presidenziali del 20, si segna il ritorno del potere repubblicano che
voterà a favore di un rifiuto verso la Società delle Nazioni (a dispetto del volere di Wilson),
attuerà una politica isolazionista, al fine di difendere il proprio bottino di guerra, e
proibizionista. Il proibizionismo non farà che alimentare il contrabbando gestito dalla mafia
americana col giro di sostanze e bevande altrimenti invendibili, decretando il successo di Al
Capone. Questo tipo di politica, che decretò l’aumento della criminalità organizzata, fu la
conseguenza di una situazione sociale che per alcune fasce, come quella dei più umili
proletari o gli uomini di colore, era deplorevole, non essendoci misure di distribuzione equa
del reddito. I più poveri,accusati di far spesso uso di bevande alcoliche, vennero ritenuti un
cattivo esempio, quindi il consumo di alcool e altre sostanze fu limitato. Il tutto si inserisce
nel contesto del “Red Scare”, cioè la diffusione della paura per il comunismo russo e il
timore che potesse propagarsi anche in altri stati.
A tre anni dal crollo della borsa, gli Stati uniti si trovarono in preda ad una situazione di crisi
enorme, alla quale si riuscì a venirne a capo dopo le elezioni nel ‘33 del presidente
Roosevelt, il quale attuò immediatamente la politica del “New Deal”. Il provvedimento in
questione si basava su un aumento di inflazione controllata, quindi su una limitazione del
potere e dei condizionamenti legati alla finanza per ridare centralità allo stato anche
nell’ambito economico. Infatti, con la politica deflazionistica che caratterizzò gli anni seguenti
alla guerra e con un disinteresse della politica rispetto al mondo del mercato, si era giunti ad
una svalutazione della moneta e ad una crisi certa. Ma con il nuovo “capitalismo
democratico”, il capitalismo venne regolamentato con una serie di riforme sociali e l’attività
economica iniziò a sottostare alla mediazione dello Stato. Con l’aumento controllato del
debito pubblico la moneta riottiene potere d’acquisto, ma rimane da risolvere il problema
legato alla disoccupazione: per questo, lo stato inizia ad investire in grandi opere pubbliche,
così da dare maggiore fonte di guadagno ai lavoratori, mentre con l’abrogazione del
proibizionismo il commercio illegale viene colpito. Ciò porta all’investimento in industrie
inerenti la produzione di alcool, e quindi a nuovi posti di lavoro. Ma il grande impegno dello
stato non solo accresce il lavoro, porta anche ad un maggiore impegno da parte delle
industrie per quanto riguarda il rispetto dei lavoratori. Con norme che puntano al rispetto
dell'individuo e alla tutela del lavoratore, negli Stati Uniti si avvia un processo di
democratizzazione, diversamente dagli altri stati europei che si stavano avviando verso
l’autoritarismo.
Inizialmente, il governo adottò una politica liberista a favore di una riconversione del sistema
economico post bellico per ridare slancio all’industria. Molte politiche per la tutela dei
lavoratori, e le leggi scomode alla borghesia che sosteneva il fascismo, vengono abolite
assieme le imposte sull’eredità, mentre all’insegna dei valori di forza e potere il 4 novembre
viene istituita la Festa delle Forze armate, per celebrare la vittoria italiana nel 1918. Le
prassi di repressione non cessano, inizia una fascistizzazione dello stato: nel dicembre del
1922 fu istituito il Gran consiglio del fascismo, organo del PNF che avrebbe dovuto guidare il
governo; nel 1923 le Camicie Nere vengono statalizzate e assumono il nome di “Milizie
Volontarie per la Sicurezza Nazionale”, col fine di poter controllare i ras, l’ordine tra le
gerarchie e contare su un corpo militare diverso dall’esercito di cui lui era a capo.
Nel 1923 viene creata la legge elettorale detta Legge Acerbo, che assegna i due terzi dei
seggi della Camera a quel partito o coalizione che avesse ottenuto il 25% dei voti. Così, alle
elezioni del 1924 i fascisti si presentarono col listone nazionale che comprendeva cattolici
conservatori e liberali e ottenne il 66% dei voti, la legge Acerbo risultò essere superflua.
Il giorno dopo le elezioni (30 maggio), Matteotti denuncia le violenze dei fascisti avvenute
durante le elezioni, quindi denuncia le violenze tra i partiti, le violenze fisiche, le camicie nere
e i loro assalti elettorali, la distruzione di voto, questi episodi avvengono in tutta Italia e
influenzano le elezioni. Dopo ciò, il 10 giugno 1924, Matteotti viene rapito e ucciso da una
squadra fascista. A questo punto, la stampa e le persone iniziano a nutrire dubbi verso il
fascismo, nascono diverse manifestazioni antifasciste, e anche in Parlamento si cerca di
fare qualcosa: dopo l’omicidio Matteotti, l’opposizione decide di non radunarsi in Parlamento
e di astenersi dai propri compiti, proclamando la Seccessione dell’Avventino. L'obiettivo era
quello di stimolare il sovrano a prendere provvedimenti e che sfiduciare Mussolini, ma alla
fine tutto sarà solo una semplice protesta morale. Di fatto, Vittorio Emanuele III non si
opporrà al fascismo ( un po’ per paura e un po’ perché in buoni rapporti con Mussolini).
Il 3 gennaio 1925, dopo una serie di contrasti interni, Mussolini tenne il suo discorso alla
Camera dove si prese carico del delitto Matteotti, assumendo su di sé tutta la responsabilità
“politica, morale, storica” di quanto era caduto: ebbe così inizio la dittatura fascista con una
serie di provvedimenti repressivi per le associazioni antifasciste.