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LA STORIA DEL FASCISMO

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Il Novecento può essere considerato il secolo dei totalitarismi. In Europa si affermarono tre regimi
totalitari: Il sistema comunista, il sistema nazionalsocialista di Hitler in Germania, il Fascismo di
Mussolini che era il meno totalitario tra i tre. Le motivazioni per cui si affermarono i regimi
totalitari vanno ricercate Innanzitutto nelle conseguenze della prima guerra mondiale che aveva
lasciato un trauma alla società in modo particolare agli europei. La Prima Guerra Mondiale fu
dirompente di per sé e inoltre, terminò attraverso una pace piena di difetti ed errori. Tale pace fu
firmata nel castello di Versailles e per questo chiamata pace di Versailles, anche se in realtà era
stata elaborata durante una lunga conferenza tenutasi a Parigi dopo la fine della guerra.
Con la Prima Guerra Mondiale si era scoperto il volto demoniaco della modernità, di conseguenza
la nascita dei totalitarismi fu un tentativo di ritornare all'ordine.

L'eredità della grande guerra


Il 19 gennaio 1919, all'indomani della fine della Prima Guerra Mondiale, si apre a Parigi la
Conferenza di pace volta a dare un nuovo assetto territoriale e politico all'Europa. Le trattative
furono condotte dall’americano Wilson, Il francese Clemenceau, l'inglese Lloyd George e l'italiano
Orlando. Alla conferenza però emergono sin da subito delle problematiche che non sono solo di
carattere territoriale. Difatti il nazionalismo era alle porte, vengono prodotti cinque trattati di pace,
esposti solo dai paesi vincitori. A pagare maggiormente fu sicuramente la Germania, anche se
l'Italia stessa non fu molto avvantaggiata in quanto, dopo il mancato riconoscimento di Fiume,
decise di abbandonare l'assemblea.
La Società delle Nazioni è fallita per vari motivi: Innanzitutto perché la prima potenza mondiale
cioè gli Stati Uniti, la cui presenza fu decisiva per la prima guerra mondiale, non ne ha fatto parte.
Vi fu una defezione degli Stati Uniti dalla Società delle Nazioni. Un altro motivo è che anche altri
paesi non facevano parte nella società delle Nazioni. La Società delle Nazioni non aveva una sua
forza militare (come l’ONU ai nostri giorni), senza di questa era difficile “pesare” del mondo.
Nel frattempo tra il 1919 e il 1920 scoppia quello che è conosciuto come “Biennio rosso”,
un’ondata di lotte popolari che scuote le fondamenta della vecchia Europa. Ispirandosi al modello
sovietico, il movimento operaio va oltre le rivendicazioni salariali, ma mira al controllo delle
fabbriche e alla conquista dello Stato. Il governo non era in grado di opporre un’adeguata
resistenza a questo fenomeno. Settembre del 1920 quasi 500 mila operai partecipano
all’occupazione delle fabbriche, facendo sventolare sulle officine piemontesi, ligure e lombarde la
bandiera rossa. Al giorno d'oggi è possibile vedere il Biennio rosso come una serie di eventi
violenti, disordinati, non coordinati tra loro, agitatori insurrezionali ma che comunque non
avrebbero avuto possibilità di uno sbocco rivoluzionario; ma allora vi fu una grande paura.

Le origini di Mussolini
Benito Mussolini nato da Rosa Maltoni maestra elementare, e Alessandro Mussolini, fabbro ferraio
e fervente socialista, vive un'infanzia modesta. Dapprima studia nel collegio salesiano di Faenza e
poi presso il collegio Carducci di Forlimpopoli, conseguendo nel 1901 il diploma di maestro
elementare. Iscrittosi nel Partito Socialista italiano sin dal 1900, mostra sin da subito un notevole
interesse per la politica attiva, stimolato anche dal padre il quale lo aveva chiamato “Benito”
proprio come Benito Juárez, un rivoluzionario messicano. In realtà Mussolini si chiamava: Benito
Amilcare Andrea Mussolini; “Amilcare” dal nome di un patriota italiano, “Andrea” da Andrea
Costa, primo deputato socialista italiano. L'uomo è anche esponente del socialismo violentemente
anticlericale della Romagna. Protagonista del Congresso di Reggio Emilia e assunta la direzione
dell’Avanti, alla fine del 1912 Mussolini diventa l’ascoltato portavoce di tutte le insoddisfazioni e le
frustrazioni di una società caduta in una crisi economica e ideale, trascinando sempre più le masse
verso lo scoppio di insurrezioni senza prospettive.

La nascita del Fascismo


Espulso dal Partito nel 1914, a causa delle sue posizioni interventiste a favore della guerra,
Mussolini fonda Il Popolo d'Italia, giornale ultranazionalista tecnicamente schierato a fianco
dell'intesa, rompendo così i legami con l'originaria matrice socialista. Le ragioni di questo
passaggio dal socialismo al nazionalismo furono molteplici:
- Mussolini aveva compreso le debolezze del Partito Socialista italiano;
- il resoconto delle debolezze del socialismo reale creatosi nella Russia di Lenin;
- la Prima Guerra Mondiale aveva avuto un valore socialmente dirompente;
- essendo stato interventista e avendo combattuto in guerra, sapeva di poter controllare gli ex
combattenti, che sarebbero stati una massa di manovra molto utile a livello politico. Quindi
occorreva non perdere il contatto con essi.
All’indomani della fine della guerra, la città di Fiume fu occupata dalle truppe jugoslave. Ciò sollevò
le rivendicazioni degli irredentisti italiani che guidati dal poeta-soldato Gabriele D'Annunzio il 12
settembre 1919 si muovono alla volta della città.
I governi italiani che si succedono durante il 1919 e il 1920 faticano a trovare una soluzione e
vengono schiacciati tra le trattative internazionali e le insoddisfazioni di molti italiani per quella
che viene già definita una vittoria mutilata. Il trattato di Rapallo del 12 novembre 1920, dichiara
Fiume “stato indipendente” e assegna: la Dalmazia alla Jugoslavia, tranne Zara che passa all'Italia.
Il 25 dicembre, conosciuto come il natale di sangue le navi italiane sparano colpi di cannone sulla
città, D'Annunzio e i suoi uomini sono costretti alla ritirata. La vicenda di Gabriele D'Annunzio
dimostra alle forze di destra che potevano armarsi e ribellarsi al potere costituito; questo era il
mondo nuovo che la Prima Guerra Mondiale stava producendo. D'Annunzio non fu fascista, anzi
Mussolini vide in lui un concorrente pericoloso e perciò non aiutò l'impresa Fiumana. Mussolini
pensava che D'Annunzio avrebbe organizzato una marcia su Roma al suo posto. Egli sapeva che
D'Annunzio mirava a far cadere il governo Nitti, ma riconobbe anche la debolezza della sua
impresa e il suo fallimento.
Il 23 marzo 1919 nascono i fasci di combattimento, eredi di quei fasci di azione rivoluzionaria che
tra il 1914-15 avevano intrapreso una violenta campagna per entrare in guerra. La Prima riunione
ha sede in Piazza San Sepolcro, in una sala messa a disposizione dal circolo degli industriali e dei
commercianti. I fascisti presenti furono circa un centinaio: arditi, massoni, futuristi e sindacalisti,
anarchici. Il loro unico obiettivo era condurre una lotta contro i Borghesi, i clericali e i socialisti.
Il fascismo nasce, cresce e si sviluppa là dove la democrazia è in crisi e in difficoltà. E si esprime la
ricerca di una qualche soluzione alternativa, basata su una forte accentuazione del sentimento
nazionale sulla ricerca dell’attuazione di uno stato diverso da quello liberale tradizionale. Tuttavia
tale ricerca, non ha mai portato ad una formulazione organica. Difatti non esiste una dottrina del
Fascismo paragonabile al Corpus Dottrinario del nazismo, del socialismo e del liberalismo ecc. Però
il fascismo ha improntato su di sé almeno due decenni della storia Europea.
I Fasci più che un partito si definiscono subito un movimento essenzialmente giovanile atto a
accogliere forze principalmente eterogeneo. Al tempo si parlò addirittura di “antipartito”: in cui
“parte” indicava un fattore di deleteria divisione della nazione. Inizialmente dietro di loro non si
riconosce un disegno politico coerente, manca un'ideologia di fondo e obiettivi chiari.
Il programma dei fasci di combattimento noto come Programma di San sepolcro era:
Per il problema politico:
- che l'età minima degli elettori fosse 18 anni e quello per i deputati a 25;
- l’abolizione del senato;
- una politica estera intesa a valorizzare la volontà e l’efficienza dell'Italia contro ogni
imperialismo straniero;
Per Il problema sociale:
- 8 ore effettive di lavoro per tutti i lavoratori;
- minimi di paga;
- l'affidamento delle organizzazioni proletarie, della gestione delle Industrie e dei servizi
pubblici;
- rapida sistemazione dell'industria dei trasporti;
- l'obbligo ai proprietari di coltivare le terre e l'obbligo allo stato costruire case coloniche per i
contadini; 
- sfruttamento delle ricchezze del suolo;
- incremento della marina mercantile;
- obbligo dello stato di dare alla scuola un carattere formativo;
- la riforma della burocrazia;
Per problema militare:
- l’istituzione della nazione armata;
Per il problema finanziario:
- forma di espropriazione parziale di tutte le ricchezze;
- sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose;
- abolizione di tutte le mense vescovili;
- revisione di tutti i contratti di forniture di guerra e il sequestro del 85% di tutti i profitti di
guerra;
- c’è anche l’idea di imporre una tassa sui profitti di guerra;
Le industrie belliche dovevano pagare un’imposta che fosse proporzionata ai profitti che
avevano ottenuto durante la guerra.

A mano a mano che la situazione Italiana si va deteriorando e che il fascismo si caratterizza come
forza organizzata in funzione antisocialista e antisindacale, Mussolini tiene crescenti adesioni e
favori da agrari e industriali, quindi dai ceti medi. Infatti nella valle del Po il fascismo infierisce
attraverso una serie di spedizioni punitive volte a rimettere in riga tutti coloro che ancora non si
erano adeguati. Nel 1921 si registrano 726 incursioni a giornali, case del popolo, camere del
lavoro, cooperative, leghe contadine, circoli culturali e operai, biblioteche nessuno è indenne dalla
violenza. A farne le spese maggiormente sono i socialisti e comunisti ma anche cattolici. Il successo
delle squadre è per Mussolini una sorpresa ed egli lo sfrutterà il più possibile. In un suo discorso
affermerà: <<la violenza non è per noi un sistema, né un estetismo, meno ancora uno sport, è una
dura necessità alla quale ci sottoponiamo>>.  
Il fascismo nasce come fenomeno urbano nelle città e lo squadrismo nasce contemporaneamente
al fascismo. Difatti le prime azioni squadriste sono nella città. Il fascismo però acquisterà un peso,
solamente quando da movimento urbano si trasformerà in movimento agrario, cioè quando gli
agrari dopo il fallimento d’occupazione delle fabbriche, capiranno che era venuto il momento di
riprendersi tutto quello che era stato concesso al movimento contadino dell'epoca e utilizzarono il
fascismo per i propri scopi. Gli organi dello stato non intervengono e se lo fanno si muovono
troppo lentamente senza convinzione. In molti casi sono le forze di polizia ad affiancarsi alle
camicie nere. Senza l'apporto della classe conservatrice il fascismo non ce l'avrebbe mai potuta
fare. È iniziato un processo di non ritorno, lo stato liberale è definitivamente estinto.
Il movimento era formato non da proletari ma per lo più da giovani delle classi medie, ex
Combattenti, studenti, figli della borghesia e si aveva una notevole difficoltà a vederlo come un
qualche cosa di realmente sovversivo quale era. Inoltre questo movimento, era movimento nuovo
non aveva precedenti, che a quasi tutti sembrava qualcosa di effimero destinato a esaurirsi una
volta raggiunto i suoi obiettivi, e forse possiamo capire la cecità di buona parte dell’opinione
pubblica, in modo particolare quella borghese, nei confronti dello squadrismo fascista.  
Alle elezioni politiche del 16 novembre del 1919 i fascisti, nonostante le candidature eccellenti
dello stesso Mussolini e di Filippo Tommaso Marinetti a Milano, con solo 4795 voti non avevano
ottenuto neanche un seggio. Nei due anni successivi egli tenta di radicare il partito del fascio che,
presentatosi alleato con Giovanni Giolitti alle elezioni del 15 maggio 1921, ottiene 35 seggi; di cui
uno è occupato proprio dall'uomo di Predappio che il 7 novembre dello stesso anno trasforma i
fasci di combattimento in Partito Nazionale Fascista. La situazione politica continua ad essere
caratterizzata da una forte instabilità. Il 4 luglio 1921 a Giolitti non rimane altro che rassegnare le
proprie dimissioni.
Nel giro di un anno e mezzo, si succedono tre governi uno presieduto da Ivanoe Bonomi, gli altri
rispettivamente di 156 e 90 giorni guidati dal piemontese Luigi Facta. La pericolosità e il carattere
“mortale” della crisi del primo dopoguerra stanno nel fatto che: non esiste una classe dirigente
capace di esercitare un'egemonia indiscussa come era stato per la classe dirigente liberale fino alla
grande guerra, e non esiste una classe dirigente alternativa (come sarà la classe dirigente
repubblicana dei partiti del CLN dopo 1943) che possa in qualche modo di proporsi per una
successione. Questa incertezza, questo vuoto dà alla crisi del primo dopoguerra un carattere
particolarmente pericoloso; non era scontato che si dovesse finire con il l’avvento e il
consolidamento della dettatura però ce n'erano in questo senso le premesse.

Il fallimento delle opposizioni


Di fronte al crescere della violenza fascista e all'incapacità dei governi di dare una risposta, anche
la sinistra si spacca. Al XVII congresso socialista tenutosi a Livorno nel gennaio 1921 la corrente di
sinistra guidata da Bordiga e Gramsci si stacca e fonda il Partito Comunista d'Italia, per loro
nessuna collaborazione con i governi liberali. Lo Stato borghese va abbattuto. Anche il PSI si lacera
al suo interno tra: l’ala riformista capeggiata dai socialisti Modigliani e Treves e aperta ad una
collaborazione con i governi liberali per fermare lo strapotere fascista; e l’ala massimalista che
nega invece ogni sostegno.
<<Modigliani, sebbene fosse già tardi allora, era insieme a Turati e Treves convintissimo che la
collaborazione sarebbe stata necessaria e anzi indispensabile. Essendosi reso conto che il fascismo
non era più un movimento che fosse riducibile con semplici provvedimenti di polizia. Ma questo
suo giudizio, chiaro e limpido nella sua mente, era reso inefficiente da un sentimento profondo
dell'Unità.>>
Il Partito Comunista Italiano nacque nel gennaio del 1921 durante un congresso del Partito
Socialista a Livorno, ci fu una scissione dei comunisti dal resto del partito. E questa scissione, senza
dubbio, contribuì a indebolire lo schieramento antifascista (in particolare quello socialista) nei
confronti di Mussolini e dello squadrismo che erano in ascesa. Anche i comunisti si accorsero
abbastanza presto che a Livorno le cose non erano andate bene. Perché nel loro progetto
avrebbero dovuto portarsi appresso la stragrande maggioranza del Partito Socialista, e invece
questo non fu, perché la maggioranza dei socialisti rimasero legati al vecchio partito. Quindi la
scissione, invece di essere una scissione della maggioranza fu una scissione della minoranza.
<<Io direi che in generale il mito bolscevico in Italia che ebbe tanta importanza dopo la rivoluzione
del 1917, ebbe sull'Italia conseguenze fortemente negative. Tra l'altro vorrei dire che lo stesso
“simbolo della falce e il martello”, che i socialisti adottarono alle elezioni del 1919, e che poi i
comunisti naturalmente adottarono, non era un simbolo socialista ma era il simbolo dello Stato
sovietico che Lenin aveva fatto disegnare da un pittore nel 1918, quando si era accorto che lo
Stato sovietico “esisteva, reggeva, resisteva” e io lo vedo come un emblema del fatto che il
movimento socialista italiano in tutte le sue componenti, quella socialista e quella comunista,
ebbero un rapporto di dipendenza nei confronti di Mosca che non favori il movimento operaio nei
confronti del movimento fascista in ascesa.>>
Alla Fine del Partito Socialista è bloccato, i governi liberali non sembrano avere alternative e per
l'Italia la strada del Fascismo non conosce più ostacoli. L'antifascismo si divide in vari periodi e in
vari luoghi: in una prima fase gli avversari del Fascismo sono in particolare i socialisti; e poi dopo il
21’ i comunisti e i popolari, perché l'offensiva nei confronti dei popolari è contemporanea; a
partire dalle 22’ l'offensiva continua ovviamente nei confronti delle estreme ma diventa
un’offensiva violenta contro l'antifascismo democratico liberale; infatti tra le vittime in questo
periodo vi furono Gobetti e Amendola.

La marcia su Roma
La retorica fascista riuscì a mitizzare questa marcia facendola diventare un evento mitico e
grandioso. Inoltre la marcia su Roma viene considerata anche un evento periodizzante.
Il primo febbraio 1922 le sinistre organizzano uno sciopero contro le violenze dei fascisti, ma
ottengono solo un inasprimento del comportamento squadrista.
Il 3 agosto e il 5 settembre i fascisti occupano I municipi di Milano, Genova, Livorno, Parma,
Bolzano e Trento. I comunisti organizzano bande armate di resistenza dette “Arditi del Popolo” in
strada tornano le barricate, vennero realizzate delle trincee per difendersi. Mussolini mostra,
almeno all’inizio, un atteggiamento prudente in netto contrasto con l'audacia dei capi della milizia.
Deciso a non rischiare, vuole giocare la carta della legalità per ottenere il potere, ma per questo
deve prima assicurare la classe dirigente. Soltanto in una seconda fase potrà ricorrere
all'insurrezione armata per forzare la mano al momento opportuno. Mussolini ormai sa di essere
l'ago della bilancia della politica italiana: a un anno dal suo ingresso in Parlamento, ordina
un’ambiziosa marcia su Roma con lo scopo di far capire, non solo ai politici e al re, ma anche
all'opinione pubblica quale sia la forza del Fascismo. Il 16 ottobre 1922 e siamo a Milano, i tempi
sono ormai maturi va risolta definitivamente la crisi che da mesi scuote il governo.
Capire quali fossero gli errori che partiti antifascisti commisero, ha aperto anche uno dei più grossi
di battiti autocritici nella storia dell'antifascismo. Sicuramente è stato un errore il verbalismo
rivoluzionario, perché lo stesso Partito Socialista si accomoda in un sogno rivoluzionario
totalmente verbale perché nulla viene fatto in concreto per preparare la rivoluzione; e questo ha
dato una serie di vantaggi al fascismo.
Il 22 ottobre la sollevazione è guidata dai quadrumviri: Italo Balbo, Cesare Maria de Vecchi, Emilio
De Bono e Michele Bianchi. Invece il futuro duce resta a Milano in attesa degli eventi per paura di
una repressione dell’esercito. Il 24 ottobre ha luogo la prova generale, 40.000 camicie nere
affluiscono a Napoli con ogni mezzo da ogni angolo d'Italia, tutte le squadre d'Italia vengono
mobilitate. Tra i giovani ansiosi di emulare lì l’impresa Fiumana in questa nuova Santa Battaglia per
la redenzione della patria dall'avvilimento del dopoguerra per la rivalutazione della Vittoria.
Rifioriscono sulle loro labbra le canzoni di guerra. Dal palco di Piazza del Plebiscito, la folla saluta
un ancora impacciato Benito Mussolini, e si dichiara pronta a marciare sulla capitale. Il popolo ha
un grido solo, “a Roma”. Il Progetto dei quadrumviri prevede la conquista della capitale, passando
dalla periferia.

Rappresentata dalla propaganda di regime come “la rivoluzione fascista”, ciò che avviene in realtà
il 28 ottobre 1922 è in sé una modesta e disordinata Insurrezione che si potrebbe sciogliere al
primo colpo di cannone. Il re invece, pressato da tempo da ambienti politici, economici e militari
che vedono i Mussolini “l'uomo forte in grado di riportare l'ordine nel paese”; si rifiuta di
proclamare lo stato d'assedio chiesto dal governo di Luigi Facta. Il re Vittorio Emanuele III dà
quindi l'incarico di comporre il nuovo governo fascista a Benito Mussolini, Il quale ricevuta la
notizia si reca da Milano a Roma per dare vita al nuovo governo di coalizione da lui presieduto.   
Il 16 novembre 1922 Mussolini presentando il suo governo nell'aula di Montecitorio esalterà la
marcia su Roma e pronuncerà il famoso discorso del bivacco di manipoli. Mussolini afferma:
«Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli:
potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti.
Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto.»
In pratica minaccia di aver evitato quella che viene definita “una rivoluzione delle camicie nere”.
Inoltre afferma di voler dare disciplina al paese e si augura che Dio possa assisterlo nella sua ardua
a fatica.
Alla fine di novembre le due camere accordano con larga maggioranza i pieni poteri a Mussolini
che per un anno fino al 31 dicembre 1923 diventa il dittatore legale d'Italia e pone le basi per la
conquista dello Stato. Mussolini aveva formato un governo composto non solo dai fascisti ma
anche da altre forze politiche e diversi gruppi liberali e popolari con l’obiettivo preciso di
normalizzare il paese. Però alcune premesse riguardo il partito fascista erano già state poste
all'indomani della marcia su Roma. La delega attraverso la quale il governo aveva ottenuto dal
pagamento la possibilità di operare per la riforma della burocrazia aveva in pratica dato al
fascismo la possibilità di eliminare dai ranghi della burocrazia, tutti gli avversari che erano contrari
al regime. Un altro aspetto rilevante fu la costituzione della milizia volontaria per la sicurezza
nazionale, che pur essendo una forza di polizia aveva un una struttura abbastanza anomala: nel
senso che era alle dirette dipendenze del Presidente del Consiglio, cioè Mussolini, e anche dal
partito nazionale fascista. La classe politica italiana non capì all'inizio i caratteri del Movimento
Fascista, se andiamo a vedere i documenti del 1922-23 si diceva che probabilmente Mussolini
sarebbe durato poco che il Governo era destinato a finire rapidamente. invece non fu così,
evidentemente la classe politica italiana non possedeva più gli strumenti per interpretare la
società di massa che oramai era nata e che si era caratterizzata fortemente come determinante
della situazione politica italiana.

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