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SCHOPENHAUER

LA VITA
Il primo grande contestatore della filosofia hegeliana fu Schopenhauer, seguito da Kierkegaard.
Ciò che accomunò questi due filosofi fu la critica del sistema hegeliano, tuttavia tra i due vi erano
degli elementi che li distinguevano l'uno dall'altro. Per esempio, per Schopenhauer era possibile
una filosofia come metafisica, mentre per Kierkegaard no.
Schopenhauer nacque all’interno di una ricca famiglia borghese a Danzica, attualmente in Polonia
ma, che allora apparteneva la Prussia. Il padre di Schopenhauer era un ricco commerciante e
desiderava che il figlio seguisse la sua stessa strada. Data la sua ricchezza, Schopenhauer fece
molti viaggi con la propria famiglia, che gli permisero di approfondire quelle tematiche esistenziali
che caratterizzarono il suo pensiero filosofico, ad esempio: il problema del dolore, Il mistero della
morte e dell'eternità, la grandezza della natura.
Tutti questi temi lo avvicinarono ad un grande personaggio letterario: Leopardi. Schopenhauer
Infatti considerava quest’ultimo come un fratello spirituale e, nella sua biblioteca, aveva anche
alcuni dei suoi testi.
La vita di Schopenhauer fu caratterizzata da un evento traumatico: la morte del padre per suicidio,
Schopenhauer identificò come causa di ciò sua madre. Questa era molto più giovane rispetto a suo
padre, era una scrittrice di romanzi che avevano avuto un certo successo. Sua madre però fu
fondamentale per la sua formazione culturale, perché lo introdusse in un ambiente particolare in
cui incontrò Goethe, quest'ultimo influenzò il pensiero filosofico di Schopenhauer.
Inoltre, grazie alla madre, non dovette rispettare la promessa che fece al padre – ovvero quella di
diventare anche lui commerciante. Infatti dopo la morte del padre, Schopenhauer si era iscritto in
una scuola per commercianti, ma fu la madre a fermarlo. Di conseguenza, egli poté intraprendere
studi più vicini alla sua indole: si iscrisse liceo classico e, poi, alla facoltà di filosofia, dove seguì le
lezioni di Fichte, delle quali però rimase molto deluso.
Laureatosi in filosofia (con la tesi intitolata: Sulla quadruplice radice del principio di ragion
sufficiente, ispirata al pensiero di Leibnitz), Schopenhauer iniziò ad insegnare a Berlino, nello
stesso periodo, anche Hegel insegnava. Schopenhauer decise allora di tenere le proprie lezioni
contemporaneamente a quelle di Hegel, tuttavia, mentre l’aula di Hegel era stracolma di studenti,
l’aula di Schopenhauer era quasi sempre vuota. Ciò fu motivo di delusione per Schopenhauer che
decise di lasciare l'università di Berlino. Egli giustificò il mancato apprezzamento delle sue lezioni
dicendo che la sua filosofia era riservata solamente a pochi, mentre quella di Hegel era destinata
alla massa. Schopenhauer criticava duramente la filosofia di Hegel, considerando Hegel una sorta
di sofista, di mercificatore della filosofia, affermando che la sua filosofia fosse falsa ed
ingannevole.
Dopo aver lasciato Berlino, viaggiò e si trasferì a Francoforte, dove viveva solo con il suo cane e la
sua governante. Chiamò il suo cane Atman che significa Anima (che si ricollegava alla filosofia
indiana).
Schopenhauer fu una sorta di misogino, aveva infatti un rapporto particolare con gli altri. Secondo
un aneddoto buttò giù dalle scale una vicina troppo curiosa, in seguito, fu costretto a pagarle
un'indennità per i danni che le aveva causato.
Schopenhauer fu un filosofo reazionario, cioè conservatore. Quando scoppiarono i moti
rivoluzionari, si rivelò contrario ad essi.  Si racconta che abbia invitato a casa sua un soldato
prussiano, dandogli il monocolo che utilizzava a teatro, in modo da poter sparare ai manifestanti
con più precisione. Schopenhauer era ricco e non aveva bisogno di lavorare, infatti, quando morì,
lasciò tutti i suoi averi agli orfani e alle vedove dei soldati morti durante i moti rivoluzionari.
I MODELLI DI ISPIRAZIONE
I modelli culturali di Schopenhauer furono Goethe, Kant e Platone. Inoltre Goethe aveva scritto la
teoria dei colori da cui Schopenhauer aveva preso spunto per scrivere la Teoria sui colori (mentre
Goethe riteneva che i colori fossero fisici, Schopenhauer li reputava fisiologici, ciò significava che
essi dipendessero dalla retina del soggetto che li coglieva).

Un altro modello culturale di Schopenhauer furono le dottrine orientali, in modo particolare gli
antichi testi filosofico-religiosi indiani, i cosiddetti “Veda” e gli “Upanishad”. Infatti Schopenhauer,
subendo il fascino della cultura orientale, definì i suoi testi “l’unica consolazione della sua vita”.
Schopenhauer visse una vita alquanto monotona, concludendo la propria giornata con la lettura di
testi filosofici e religiosi indiani o buddhisti.
Nella cultura orientale, egli trovò:
La consapevolezza che la vita fosse un'illusione, cioè il carattere illusorio dell’esistenza; la
possibilità di liberare l'uomo del dolore, cioè una sorta di emarginazione dal dolore.
Esistono due teorie riguardanti il rapporto tra la cultura orientale e la filosofia di Schopenhauer:
alcuni studiosi sottolinearono l'influenza della cultura orientale su Schopenhauer, come se molte
delle sue opere derivassero dallo studio dei testi orientali e da una sorta di dipendenza da questi.
Altri studiosi, invece, affermarono il contrario.

Per quanto riguarda Platone, Schopenhauer riprese la sua teoria delle idee. per Platone le idee
sono modelli eterni, Allo stesso modo le vede Schopenhauer, per il quale le idee sono qualcosa che
va aldilà di quella che lui stesso definisce Principio di individuazione.
Tuttavia, il filosofo che lo influenza più di tutti è Kant. Addirittura, Schopenhauer si considera
l'unico erede della filosofia kantiana. Inoltre crede di aver superato il dualismo tra fenomeno e
noumeno che Kant in persona non era riuscito a risolvere. Tuttavia il significato che Schopenhauer
aveva dato al fenomeno e al noumeno non era lo stesso di quello che aveva dato Kant.

IL MONDO COME VOLONTÀ E RAPPRESENTAZIONE


Quest'opera fu un vero e proprio fallimento. Venne scritta nel 1818, ma fu pubblicata nel 1819.
Inizialmente non ebbe grande successo, ma nel 900 Schopenhauer divenne oggetto di attenzioni
da parte dei più grandi studiosi e filosofi del tempo, per il suo linguaggio, i temi affrontati ed il suo
pessimismo.
Il capolavoro di Schopenhauer iniziava con la seguente frase:
<< Il mondo è una mia rappresentazione >> ciò significava che il mondo esistesse in quanto
rappresentazione del soggetto.
IL MONDO COME FENOMENO – IL VELO DI MAYA
Per Schopenhauer, il mondo esiste come rappresentazione del soggetto.
Pur riprendendo il concetto di fenomeno, proprio della filosofia di Kant – di cui Schopenhauer si
definisce erede e continuatore – egli ne dà una definizione diversa, risolvendo il dualismo tra
fenomeno e noumeno: mentre in Kant il fenomeno è una ricerca, conoscenza certa; in
Schopenhauer, il fenomeno rappresenta un’illusione, il cosiddetto velo di Maya.
Nella filosofia indiana, il velo fu posto da Maya tra gli uomini e l’essenza autentica della realtà.
“Il velo ingannatore, che avvolge gli occhi dei mortali e fa loro vedere il mondo, non può dirsi né
che esista né che non esista”. Tale velo ingannatore, permette di vedere solo delle illusioni. Il
mondo è dunque un’illusione perché non si sa se esso corrisponda alla verità o meno.
Maya rassomiglia al sonno; rassomiglia al riflesso del Sole sulla sabbia che il pellegrino da lontano
scambia per acqua (miraggio); rassomiglia alla corda gettata per terra che sembra un serpente.
Una frase celebre di Schopenhauer evidenzia l’illusorietà della vita: “La vita e i sogni sono pagine di
uno stesso libro. Sfogliare questo libro in maniera ordinata significa vivere, sfogliarlo in maniera
disordinata significa sognare”.
Il noumeno Kantiano – pensabile, ma non conoscibile – diventa, per Schopenhauer, assolutamente
conoscibile quando l’uomo squarcia il velo di Maya e capisce che la radice noumenica, la matrice
di tutto è la volontà (principio metafisico unico, assoluto e in causato, non ha uno scopo, se non
quello di affermare sé stessa) questa volontà è unica, ma ha diversi gradi di oggettivazione.

Nella filosofia di Schopenhauer è possibile rintracciare il carattere di apparenza facendo


riferimento al Mito della Caverna di Platone – che parlava anch’egli di dualismo tra un mondo
apparente ed un mondo autentico – in cui a spezzare le catene ed a rendersi conto di quale sia la
vera realtà è proprio il filosofo, considerato da Schopenhauer l’unico in grado di squarciare il velo
di Maya e di cogliere l’essenza noumenica della realtà. Questa rappresentazione esiste in quanto
unione indissolubile di due elementi: il soggetto che conosce e l’oggetto che viene conosciuto.
A questo punto, Schopenhauer critica sia l’idealismo che il realismo. Il primo poiché riduce
l’oggetto al soggetto ed il secondo perché riduce il soggetto all’oggetto. Per Schopenhauer, essi
devono coesistere affinché vi sia la rappresentazione fenomenica. Essa è possibile grazie alle
forme a priori. Schopenhauer è concorde con Kant nell’affermare che, sul piano della conoscenza
sensibile, l’uomo ordina gli oggetti e le sensazioni nello spazio e nel tempo. Poi, però, per
conoscere l’oggetto, affinché vi sia rappresentazione fenomenica – mentre per Kant è necessario
applicare le forme a priori dell’intelletto, che sono le 12 categorie – per Schopenhauer esiste
un’unica categoria: il principio di causalità (le cose secondo un rapporto di causa ed effetto).
Ciò significa che la rappresentazione è unitaria perché tutti gli uomini sono dotati delle medesime
forme a priori.
I QUATTRO AMBITI DEL PRINCIPIO DI CAUSALIATÀ
La rappresentazione degli oggetti attraverso lo spazio ed il tempo – qui ed ora – costituisce il
cosiddetto principio di individuazione, ovvero la capacità dell’uomo di individuare gli oggetti come
distinti e separati (grazie all’ordine nello spazio e nel tempo). Secondo Schopenhauer, nel mondo,
tutto è regolato dal principio di causalità: conosciamo le cose, pensiamo, agiamo secondo tale
principio, in un mondo inteso come fenomeno, illusione, apparenza, sogno, parvenza.
Il principio di causalità agisce in quattro ambiti diversi:
1. Principio del divenire (necessità fisica): spiega i rapporti di causa ed effetto tra gli oggetti
naturali.
2. Principio del conoscere (necessità logica): regola i rapporti logici tra premesse e
conseguenze.
3. Principio dell’essere (necessità matematica): ordina i rapporti spazio-temporali ed i
rapporti tra enti geometrici e matematici.
4. Principio dell’agire (necessità morale o etica): una determinata azione è il risultato di una
determinata motivazione.

IL MONDO COME NOUMENO


Al di là del velo di Maya, vigeva il principio metafisico will zum leben (= “volontà di vivere”).
L’uomo capiva che tutto fosse volontà di vivere attraverso il corpo, che, da una parte era oggetto
tra gli oggetti (e dunque fenomeno); dall’altra era impulso, pulsione di vivere, (il termine
“pulsione” venne inizialmente usato da Schopenhauer ed ebbe un importante significato nel
pensiero di Freud), istinto di sopravvivenza, voglia di vivere. Sotto questo punto di vista,
Schopenhauer fu un rivoluzionario, in quanto i filosofi prima di lui riconoscessero come principio
assoluto la ragione universale, il logos – mentre Cartesio diceva: “cogito ergo sum”; Schopenhauer,
invece, dichiarava: “voglio, dunque sono” – Schopenhauer affermava che l’uomo fosse
caratterizzato dalla volontà di vivere e, di conseguenza, quest’ultimo fu considerato una sorta di
burattino, zimbello nelle mani della volontà di vivere. Essa era un principio assoluto, unico,
increato, eterno, che si sottraeva alle forme a priori di spazio e tempo della conoscenza
fenomenica ed anche al principio di causalità e non aveva altro fine che quello di continuare ad
affermare sé stessa.
Schopenhauer, a tal proposito, negò l’esistenza dell’amore, in quanto l’uomo fosse destinato a
soffrire. L’amore era perciò unione di due infelicità, per creare una terza infelicità; l’unico scopo
della volontà era dunque quello di creare altre volontà.
La volontà era in realtà unica, ma aveva diversi gradi di oggettivazione (le piante, gli animali, gli
uomini erano gradi di oggettivazione della volontà di vivere, ed in tutte era presente l’istinto di
sopravvivenza. L’uomo venne definito “animale metafisico” in quanto fosse cosciente della propria
volontà. Egli era però un animale debole e malaticcio perché ciò che egli acquisiva in
consapevolezza, lo perdeva con l’istinto. Più l’uomo conosceva, più era destinato a soffrire.
IL PESSIMISMO
Schopenhauer fu il filosofo pessimista per eccellenza, afferma che: <<La vita è un pendolo che
oscilla costantemente tra due estremi: la noia e il dolore>>. Schopenhauer è anche il padre
dell’irrazionalismo, poi ripreso da Nietzsche e Freud (disse che l’uomo non è padrone di sé stesso
neanche in casa propria, pensa di avere comportamenti razionali, ma in realtà ogni
comportamento è frutto dell’inconscio, qualcosa di cui l’uomo non è consapevole). Il suo
pessimismo aveva diverse forme:
 Pessimismo cosmico: la forza che muove il tutto, il principio metafisico, la matrice, la
radice noumenica è una forza oscura e razionale, che è la volontà di vivere. Questa volontà
genera dolore, che riguarda tutto il mondo.
 Pessimismo storico: se per Hegel la storia è il regno della ragione, che progredisce
diventando positiva (aveva infatti una visione ottimistica, da cui deriva il cosiddetto
“ottimismo filosofico”) perché, per Hegel, nella realtà vigeva la ragione. Di conseguenza la
storia era “il regno dell'ordine razionale”. Al contrario, per Schopenhauer – che aveva una
visione pessimistica – il principio della realtà era irrazionale, quindi nella realtà non vi era
razionalità; per Schopenhauer la storia non era altro che il regno del caos, del disordine,
dell’irrazionale e parlava della storia come di un inferno.
 Pessimismo antropologico o sociale: se per Rousseau, l’uomo era naturalmente buono;
per Schopenhauer l’uomo è naturalmente malvagio, egli lo definisce un “diavolo che vuole
sopraffare gli altri uomini”. Gli uomini si coalizzano solo per raggiungere un obiettivo
comune, per bisogno. Utilizza la metafora dei porcospini: in inverno, tendono a stare vicini
per proteggersi dal freddo, tuttavia devono mantenere una certa distanza gli uni dagli altri
per evitare di pungersi vicendevolmente.
L’uomo, essendo anche lui un aspetto della volontà, è destinato a soffrire. Desidera
incessantemente e, quando non può ottenere ciò che desidera, soffre. Oppure quando ottiene ciò
che desidera ha un momento di felicità che però è fugace, transitorio, destinato a passare,
effimero quindi il piacere è soltanto cessazione dal dolore, non vi è piacere se non vi è dolore.
Invece può esistere il dolore senza il piacere. L’uomo continua a desiderare altro e quindi a soffrire
ancora.
La teoria del piacere in Schopenhauer è simile alla teoria del piacere in Leopardi. Il piacere dipende
dalla mancanza di dolore e il dolore dipende dal fatto che l’uomo è volontà e desiderio.
Dal pessimismo si può, però, uscire. Egli non considera il suicidio come negazione della volontà di
vivere, bensì lo considera desiderio di vivere una vita differente. Il suicidio è in questo senso un
inno alla vita, riconosciuto come una delle vie d’uscita dal pessimismo:
1. Arte: La contemplazione di un’opera d’arte distoglie l’uomo dal suo dolore.
2. Compassione: che per s. ha un significato particolare: significa “soffrire insieme
all’altro”, in quanto il dolore accomuni e la consapevolezza di ciò può donare sollievo.
Attraverso la compassione l’uomo è in grado di superare la sua malvagità e di aiutare gli
altri (S. parla di “pietas” = mettersi al servizio degli altri).
3. Ascesi: indica con il termine “Nirvana” (proprio della filosofia orientale), che è stato
raggiunto da Buddha. Il Nirvana è il nulla, che non è il niente, bensì il tutto; l’armonia
con il tutto. Lo si raggiunge attraverso delle pratiche ascetiche, che sono una rinuncia al
volere. Si deve pertanto passare dalla voluntas alla noluntas (sopprimere ogni volere o
desiderio).
Schopenhauer era un gran cazzone, poiché dicesse una cosa nella sua filosofia, ma ne praticava
un’altra nella sua vita. Di fatti, si racconta che andasse a mignotte, sebbene sostenesse che, per
raggiungere il Nirvana, si dovessero abbandonare i contatti fisici del tutto!

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