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SCHOPENHAUER

1. Le Vicende Biografiche E Le Opere

Schopenhauer nacque a Danzica (Polonia) nel 1788, da padre banchiere e


madre scrittrice. Da giovane viaggiò tra Francia e Inghilterra, e in seguito alla
morte del padre frequentò l'Università di Gottinga, dove ebbe come maestro
di filosofia Schulze. Sulla formazione di Schopenhauer influirono le dottrine
di Platone e di Kant.

Nel 1811 assistette alle lezioni di Fichte e nel 1813 si laureò a Jena con una
tesi intitolata “Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente”.

Visse a Dresda e nel 1820 prese ad insegnare all'Università di Berlino, ma


senza ottenere molto successo.

L’epidemia di colera del 1831 lo costrinse a lasciare la città e si stabilì a


Francoforte, dove rimase fino alla sua morte nel 1860.

Nel periodo in cui abitò a Dresda si dedicò alla composizione dello scritto
“Sulla vista e i colori” (1816), in difesa delle dottrine scientifiche di Goethe,
con il quale aveva stretto amicizia, e preparò per la stampa la sua opera
principale, “Il mondo come volontà e rappresentazione”.

AI 1836 e 1841 risalgono “Sulla volontà nella natura” e “I due problemi


fondamentali dell’etica”. La fortuna per la sua filosofia, di indirizzo cupo e
apertamente anti-idealistico, arrivò solo nel 1848, con l'avvento del
pessimismo in Europa.

2. Le Radici Culturali

Schopenhauer costituisce il punto di incontro tra diverse esperienze


filosofiche, come quella di Platone, quella di Kant, dell’Illuminismo, del
Romanticismo, dell’idealismo, ma anche della spiritualità indiana.

Di Platone attrae Schopenhauer soprattutto la teoria delle idee, queste ultime


intese come forme eterne sottratte alla dolorosa fugacità del nostro mondo.

Da Kant, invece, prende l'impostazione soggettivistica della gnoseologia.

Dell’Illuminismo lo interessano il filone materialistico e quello dell’ideologia.

Da Voltaire trae lo spirito ironico e brillante e la tendenza a smascherare le


credenze tramandate.

Dal Romanticismo Schopenhauer ricava alcuni temi di fondo del suo


pensiero, come l’irrazionalismo, la grande importanza attribuita all’arte e alla
musica, e soprattutto il tema dell’infinito e del dolore. Però, mentre il
Romanticismo vuole risolvere il negativo nel positivo (Dio, storia,
progresso…), Schopenhauer ha una visione pessimistica della realtà, di cui è
uno dei maggiori teorici.

Invece l’idealismo, indicato dal filosofo con la formula “filosofia delle


università”, per Schopenhauer è una “bestia nera” che è al servizio di
interessi volgari, quali successo e potere, e si propone di giustificare le
credenze che tornano utili alla Chiesa e allo Stato.

Se Schopenhauer quasi salva Fichte e Schelling per la loro originalità, bolla


Hegel come un falsario della verità, un ciarlatano pesante e stucchevole.
Schopenhauer vuole assolutamente la libertà della filosofia e contesta la
divinizzazione dello Stato fatta da Hegel.

Nell’universo spirituale di Schopenhauer un posto di rilievo spetta alla


sapienza dell’antico Oriente. Il rapporto tra Schopenhauer e la tradizione
filosofico-religiosa dell’India è stato variamente dibattuto e costituisce tuttora
un problema aperto. Tuttavia è bene ricordare che si può parlare di una
sintonia tra il filosofo e la tradizione indiana, infatti Schopenhauer:

a) è stato il primo filosofo occidentale a tentare il recupero di alcuni motivi


del pensiero dell’estremo Oriente;

b) ha preso da essi una serie di immagini e di espressioni suggestive

c) è stato un ammiratore della sapienza orientale

3. Il “velo di Maya”

Schopenhauer imposta la sua filosofia partendo dalla distinzione kantiana tra


il “fenomeno” e il “noumeno”, ovvero tra la “cosa così come appare” e la
“cosa in sé”. Ma, a differenza di Kant, la concezione di Schopenhauer è
differente. Infatti se per Kant il fenomeno era la realtà accessibile alla mente
umana, mentre il noumeno era un concetto-limite o una incognita, per
Schopenhauer il noumeno è quella realtà che si “nasconde” dietro
l'ingannevole macchinazione del fenomeno e il fenomeno è parvenza,
illusione e sogno, ovvero ciò che nell'antica sapienza indiana era denominato
“velo di Maya”. Il velo di Maya è quel velo che copre gli occhi degli umani
nascondendo loro la realtà delle cose e che deve essere s-coperto, sollevato
dal filosofo.

Mentre per il criticismo il fenomeno è l'oggetto della rappresentazione ed


esiste fuori dalla coscienza, il fenomeno di cui parla Schopenhauer è la
rappresentazione stessa ed esiste solo dentro la coscienza.

La rappresentazione ha due aspetti essenziali e inseparabili: il soggetto


rappresentante e l’oggetto rappresentato.

Essi sono come due facce della stessa medaglia, che non possono esistere
l’uno senza dall’altro e che hanno eguale importanza. Di conseguenza se il
materialismo è falso perché nega il soggetto e lo riduce all’oggetto o alla
materia, l'idealismo lo è altrettanto poiché compie il tentativo opposto e
quindi nega l'oggetto riducendolo al soggetto.

Così, come il criticismo, anche Schopenhauer ritiene che la nostra mente si


basi su delle forme a priori ma, a differenza di Kant, Schopenhauer ammette
solo tre forme a priori: spazio, tempo e causalità. Quest'ultima è l'unica
categoria sia in quanto le altre sono riconducibili in essa, sia perché la realtà
stessa dell'oggetto si risolve completamente nella sua azione causale su altri
oggetti.

La causalità assume forme diverse a seconda degli ambiti in cui opera,


manifestandosi come necessità fisica, logica, matematica e morale, ovvero
come:

- principio del divenire (che regola i rapporti tra gli oggetti naturali);

- principio del conoscere (che regola i rapporti necessari tra le premesse e le


conseguenze);

- principio dell’essere (che regola i rapporti spazio-temporali e le


connessioni aritmetico-geometriche);

- principio dell'agire (che regola le connessioni tra un'azione ed i suoi


perché).

Schopenhauer paragona le forme a priori a vetri sfaccettati, attraverso i quali


la visione si deforma. Il filosofo, inoltre, considera la vita come un sogno,
cioè un tessuto di apparenze.

Cercando precedenti sapienti giunti alla stessa considerazione, egli cita:

a) la filosofia dei Veda, per cui l'esistenza comune è una sorta di illusione
ottica;

b) Platone, il quale dice spesso che gli uomini non vivono che in un sogno;

c) Pindaro, che afferma che “l'uomo è il sogno di un’ombra”;

d) Sofocle, che paragona gli individui a statue, ritratti e ombre leggere;

e) Shakespeare, che dice “noi siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”;

f) Calderon de la Barca, autore del dramma “La vita è un sogno”.

AI di là del sogno, però, esiste la realtà, sulla quale l'uomo non può fare a
meno di interrogarsi, perché l'uomo è, a differenza degli altri esseri viventi,
un animale metafisico. L’uomo è cioè orientato verso l’infinito, è portato a
stupirsi della propria esistenza e ad interrogarsi sull'essenza ultima della vita.

4. Tutto È Volontà

Schopenhauer presenta la propria filosofia come un'interpretazione alla


filosofia di Kant, infatti egli sostiene di aver trovato una via d'accesso al
noumeno, che invece Kant aveva negato.

Allora verrebbe spontaneo chiedersi: ma se la mente è chiusa, come


possiamo squarciare il velo di Maya? Come possiamo raggiungere la cosa in
sé?
Beh, se noi fossimo solo conoscenza e rappresentazione, in effetti, non
potremmo mai uscire dal mondo fenomenico. Ma dato che non siamo solo
rappresentazione, ma anche corpo, non ci limitiamo a vederci dal di fuori, ma
“ci viviamo anche dal di dentro”, godendo e soffrendo. Ed è proprio grazie a
questa esperienza che l'uomo può strappare il velo del fenomeno ed
afferrare la cosa in sé. Ci accorgiamo che la cosa in sé del nostro essere,
non è altro che la brama o la volontà di vivere, cioè un impulso prepotente e
irresistibile che ci spinge ad esistere e ad agire.

In altre parole noi siamo volontà di vivere e il nostro stesso corpo ne è la


manifestazione esteriore, proprio come il nostro apparato digerente è la
volontà di nutrirsi. E l'intero mondo fenomenico non è altro che il modo in cui
la volontà si manifesta o si rende visibile a se stessa nella rappresentazione
spazio-temporale. Da ciò il titolo del capolavoro di Schopenhauer: “Il mondo
come volontà e rappresentazione”.

Per esprimere il concetto di questa supremazia della volontà, Schopenhauer


dice che il rapporto tra volontà e intelletto, tra volontà e corpo, tra volontà e
fenomeno, è lo stesso che intercorre tra servo e padrone, tra l'uomo e lo
strumento, tra cavaliere e cavallo, tra il cuore e il cervello.

Schopenhauer afferma poi che la volontà di vivere è anche la cosa in sé


dell’universo, ovvero l'essenza segreta di tutte le cose.

5. Dall’essenza Del Mio Corpo All'essenza Del Mondo

Ma come arriviamo ad affermare che la volontà è l'essenza del mondo


intero? Come si arriva dalla mia essenza all'essenza del mondo?

Quando vivo il mio corpo, io non lo rendo un oggetto tra gli altri oggetti, ma
lo sottraggo alla sua fenomenizzazione, cioè smetto di usare spazio,
tempo e causalità. Mi privo di quegli strumenti che individuano gli oggetti, i
fenomeni come un insieme di cose distinte tra loro. Infatti, l'essenza del mio
corpo non è soltanto “del mio corpo”, poiché ha perso i limiti
dell'individualità. Per questo si parla di:


- “fenomeni” al plurale, dato che questi operano spazio e tempo

- e di “noumeno” al singolare, poiché questo non opera né spazio né


tempo


Una volta individuata la volontà come essenza noumenica del mio corpo, so
che questa essenza non si riferisce solo al mio corpo, bensì all'essenza
dell'intera realtà. 

Inoltre l’io, per Schopenhauer, è la corrispondenza tra coscienza, volontà
e corpo, e l’individuo va valutato nella sua interezza, con la conseguente
scoperta dell’uomo nella pienezza delle sue facoltà.

6. Caratteri E Manifestazioni Della Volontà Di Vivere

La volontà di vivere, che sta al di là del fenomeno, presenta caratteri


contrapposti a quelli delle rappresentazioni, perché si sottrae alle loro forme
a priori, che sono spazio, tempo e causalità. La volontà, ovvero l'essenza
segreta del mondo, è:


- inconscia perché è un impulso inconsapevole e quindi la consapevolezza


e l'intelletto ne costituiscono soltanto delle possibili manifestazioni
secondarie

- unica perché esiste al di fuori dello spazio e del tempo, i quali dividono,
diversificano e individuano gli oggetti. Ciò vuol dire che la volontà si trova
al di là del principio di individuazione (un ente esiste nella sua individualità
come un essere distinto nei confronti di tutti gli altri enti)

- eterna ed indistruttibile perché, essendo al di fuori del tempo, la volontà


non ha né inizio né fine

- Ed infine la volontà è anche una forza libera e cieca, cioè un'energia senza
causa, senza un perché e senza uno scopo, essendo oltre la forma della
categoria della causalità

• Inoltre la volontà indica il concetto più generale di energia o impulso


irrazionale. Ad esempio, noi possiamo chiedere ad un uomo perché voglia
“questo” o “quello”, ma non perché voglia in generale.

C’è da dire anche che la volontà primordiale non ha alcuna meta oltre se
stessa. Questo vuol dire che tutti gli esseri viventi non vivono per altro
motivo se non per vivere e continuare a vivere. Schopenhauer dice che
questa è l'unica

crudele verità, anche se gli uomini, credendo in Dio, hanno cercato di


nasconderla a se stessi, di finalizzare e di trovare un senso per la loro vita.

Ma Dio, nell'universo doloroso di Schopenhauer, non può esistere: l’unico


assoluto è la volontà stessa, che, non a caso, presenta le caratteristiche
che da sempre i filosofi hanno attribuito a Dio.

Schopenhauer ritiene che la volontà di vivere si manifesti nel mondo


fenomenico attraverso due fasi:

a) nella prima fase, la volontà di vivere si manifesta attraverso le idee, che


sono forme immutabili, a-spaziali, a-temporali ed archetipi del mondo

b) nella seconda fase, si manifesta nei vari individui del mondo naturale. Gli
individui non sono altro che la molteplicità delle idee, immersa nello
spazio e nel tempo. Ciò vuol dire che tra gli individui e le idee esiste un
rapporto di copia-modello.


Il mondo delle realtà naturali è strutturato, a sua volta, in una serie di “gradi”
disposti in ordine ascendente:

il grado più basso è costituito dalle forze della natura, i gradi superiori dalle
piante e dagli animali.

Questa sorta di “piramide cosmica” raggiunge l’apice con l’uomo, in cui la
volontà è auto-consapevole. Ma l'uomo, che ha più coscienza rispetto agli
altri esseri viventi, ha, di contro, meno sicurezza, perché la ragione è meno
efficace dell'istinto. Per Schopenhauer, infatti, l'uomo è un “animale
malaticcio”.
7. Il Pessimismo

La vita è dolore per essenza. Volere significa desiderare e desiderare


significa trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa. Ciò
che gli uomini chiamano godimento o gioia, non è altro che una cessazione
di dolore poiché, perché ci sia piacere bisogna per forza che ci sia uno stato
precedente di dolore.

La sofferenza universale

La volontà non caratterizza solo l’uomo ma è una caratteristica che


accomuna tutti gli esseri viventi. La differenza sta nella percezione di essa;
l’uomo sta al di sopra dell’animale poiché il grado di consapevolezza
dell’uomo è maggiore. Il cosiddetto uomo-genio invece, sarà al di sopra
dell’uomo comune ed il suo grado di consapevolezza sarà ancor più grande.
Le formiche giganti dell’Australia quando vengono uccise e quindi divise,
testa e coda continuano a muoversi ed a lottare fra loro per la sopravvivenza
= attaccamento alla vita. La volontà cessa solo con la morte definitiva.

L’illusione dell’amore

A testimonianza della forza della volontà, il filosofo dice che l’uomo vive di
illusioni. L’illusione più grande è caratterizzata dall’amore. Il fine dell’amore è
solo l’accoppiamento. Se l’amore è un puro strumento per perpetuare la vita
della specie, allora non c’è amore senza sessualità. Per queste ragioni
l’amore viene inconsapevolmente avvertito come peccato e vergogna. Non è
nell’amore il trionfo individuale del soggetto, la volontà si serve dell’amore
per alimentare se stessa.

8. La Critica Alle Varie Forme Di Ottimismo

Schopenhauer fa della tecnica dello smascheramento uno degli aspetti


principali del suo filosofare.

Rifiuto dell’ottimismo cosmico

La polemica di Schopenhauer contro le ideologie trova uno dei bersagli


preferiti nell’ottimismo cosmico che circolava nelle filosofie e religioni
occidentali dell’epoca. mondo come organismo perfetto

governato da Dio.

Questa visione per Schopenhauer risulta falsa poiché la vita è una


esplosione di forze irrazionali ed il mondo è il teatro dell’illogicità e della
sopraffazione.

Da qui nasce la polemica tra Hegel e Schopenhauer: quest’ultimo aveva


definito Hegel un ciarlatano, un filosofo che si pone a favore di uno Stato,
non può che parlare a favore di quello Stato. Schopenhauer contesta ad
Hegel il fatto che la sua filosofia sistematica giustificasse una cosa negativa.
Schopenhauer dice che il mondo deve essere considerato così come si
presenta ai nostri occhi e non deve essere giustificato.

Rifiuto dell’ottimismo sociale

Un’altra menzogna contro cui si scaglia è la tesi della bontà della


socievolezza dell’uomo. Secondo Schopenhauer la regola dei rapporti umani
è costituita dal conflitto e dal tentativo di sopraffazione reciproca. Di
conseguenza, se gli uomini vivono insieme, non è tanto per simpatia, ma
soprattutto per bisogno (Hobbes).

Gli uomini sono invidiosi gli uni degli altri, i rapporti non sono mai amichevoli
poiché, quando uno soffre, l’altro è contento; quando uno è contento, l’altro
è invidioso. Schopenhauer sviluppa un pessimismo antropologico e sociale e
viene accusato di misantropia. Il misantropo è colui che odia l’uomo e che
non è in sintonia con gli altri. Questa accusa è infondata poiché egli parla di
un sentimento di pietà che è alla base del compatire.

Rifiuto dell’ottimismo storico

Un altro aspetto della dottrina di Schopenhauer è la polemica contro ogni


forma di storicismo. Secondo il filosofo, la storia è un ripetersi in forma
diversa degli stessi errori, essa non serve a niente. Dalla scienza si può
trovare beneficio, la storia non ci insegna nulla. L’autentico compito della
storia sarà quello di offrire all’uomo la coscienza di sé e del proprio destino.

9. Le Vie Della Liberazione Dal Dolore

Come abbiamo già detto, la vita per Schopenhauer è sostanzialmente


dolore. Egli afferma che l’esistenza, in virtù del dolore, risulta una cosa che si
impara mano mano a non volerla. Si potrebbe pensare che Schopenhauer
metta capo ad una filosofia del suicidio ma egli invece, rifiuta e condanna il
suicidio per due motivi: è un atto di forte affermazione della volontà ed
esprime soltanto una manifestazione fenomenica della volontà di vivere.
Secondo Schopenhauer la vera risposta al dolore del mondo consiste nella
liberazione dalla stessa volontà di vivere. Il filosofo dimostra che la voluntas
tende a farsi noluntas, cioè negazione progressiva di se medesima.

Schopenhauer articola l’iter salvifico dell’uomo in tre momenti:

1) arte
2) morale
3) ascesi
1) L’arte è conoscenza libera e disinteressata che si rivolge alle idee, il
soggetto che contempla le idee è il puro soggetto del conoscere, il puro
occhio del mondo.

L’arte sottrae l’individuo alla catena infinita dei bisogni e dei desideri
quotidiani.

Tra le arti spicca la tragedia che costituisce l’auto-rappresentazione del


dramma della vita. Un posto a sé occupa la musica poiché non riproduce le
idee ma si pone come immediata rivelazione della volontà a se stessa. Ogni
arte è liberatrice ma la funzione liberatrice dell’arte è pur sempre temporanea
e parziale. Essa costituisce un conforto alla vita.

2) La morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo. L’etica


costituisce infatti un tentativo di superare l’egoismo e di vincere quella lotta
degli individui tra loro che costituisce l’ingiustizia e che rappresenta una delle
maggiori fonti di dolore per l’uomo. L’etica deriva da un sentimento di pietà o
di compassione attraverso cui avvertiamo come nostre, le sofferenze degli
altri. Non è la conoscenza a produrre la moralità ma è la moralità a produrre
la conoscenza.

La morale si concretizza in due virtù:

- giustizia: è un primo freno all’egoismo, ha un carattere negativo poiché


consiste nel non fare il male e nell’essere disposti a riconoscere agli altri ciò
che siamo pronti a riconoscere a noi stessi;

- carità: si identifica con la volontà positiva e attiva di fare del bene al


prossimo.

Ai suoi massimi livelli la pietà consiste nel far propria la sofferenza di tutti gli
esseri passati e presenti, e nell’assumere su di se il dolore cosmico.

3) La morale rimane pur sempre all’interno della vita e presuppone un


qualche attaccamento a essa. Schopenhauer persegue una liberazione
totale dall’egoismo, dall’ingiustizia e dalla volontà di vivere. Questa
liberazione si raggiunge con l’ascesi. L’ascesi è l’esperienza verso la quale
l’individuo si propone di estirpare il proprio desiderio di esistere, di godere e
di volere. Il primo gradino dell’ascesi è costituito dalla castità perfetta, altre
manifestazioni sono: rinuncia ai piaceri, umiltà, digiuno, povertà, sacrificio e
auto-macerazione. La soppressione della volontà di vivere, di cui l’ascesi
rappresenta la tecnica, è l’unico atto di libertà che sia possibile all’uomo.

Nei mistici del cristianesimo l’ascesi si conclude con l’estasi, nel misticismo
ateo di Schopenhauer il cammino verso la salvezza mette a capo al nirvana
buddista, ovvero all’esperienza del nulla. Un nulla, non è il niente, bensì una
negazione del mondo stesso. Se per l’asceta schopenhaueriano il mondo è
un nulla, il nirvana è un tutto.

La teoria orientalistica dell’ascesi costituisce la parte più debole e


contraddittoria del sistema di Schopenhauer.

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