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Immanuel Kant

Immanuel Kant nasce nel 1724 a Könisberg che all’epoca era la capitale della Prussia orientale, da una
famiglia estremamente numerosa che comprendeva circa undici figli. Riceve una formazione di
impronta pietista, il pietismo era una corrente protestante e nel 1740 si iscrive all’università
interessandosi alla fisica di Newton e alla matematica. Tra il 1747 ed il 1754 attraversa un periodo di
forte disagio economico perché entrambi i genitori muoiono e si trova a doversi impiegare come
istitutore presso una famiglia nobile del posto, e nel 1755 diventa libero docente all’università dove lui
aveva studiato. Inizialmente i suoi studi sono di carattere fisico e naturalistico quindi la sua prima
esigenza formativa è quella di essere vicino agli interessi di questo tipo. Nel 1770 Kant diventa docente
ordinario grazie ad una dissertazione intitolata “La forma ed i principi del mondo invisibile e
intelligibile” opera che va sotto il nome di dissertazione che é considerato il punto di partenza della sua
riflessione psicologica e che è principalmente improntata sulla necessità di fondare in modo
trascendentale le scienze matematiche e fisiche. la sua riflessione viene spiegata poi in modo migliore
nelle sue opere considerate come le tre critiche, dove con il termine critica si intende l’indagine. La
prima che va sotto il nome di critica della ragion pura viene pubblicata nel 1787, la critica della ragion
pratica nel 1788 e la critica del giudizio nel 1790. Sono tre analisi di ambiti filosofici diversi che sono la
conoscenza, i suoi limiti ed i suoi traguardi; l’etica e infine l’estetica e come il bello agisce sull’uomo.
Kant morirà nel 1804 per motivi di salute, ma ha lasciato una traccia indelebile nella storia della
filosofia per i suoi studi che hanno una caratteristica di dare molta fiducia all’uomo quindi un pensiero
razionale e laico che sottolinea l’importanza degli aspetti dell’uomo a prescindere dalla sua dipendenza
da religione , metafisica ed altro. Per quanto riguarda la formazione del suo pensiero filosofico
solitamente viene diviso in due parti: una fase considerata precritica ed una fase successiva chiamata
la frase critica. In un primo periodo si occupa di fisica fino ai primi anni 60 del 700, interessandosi a
concetti esposti da Leibniz, Newton. Successivamente inizia il periodo durante il quale fonda le basi
della riflessione. che sfocerà poi nelle tre grandi opere: questa riflessione filosofica è in realtà una
messa in discussione della logica aristotelico scolastica che secondo lui non porta nuove conoscenze,
ma si limita a confermare quelle già acquisite, una critica quindi alla logica formale che è una disciplina
astratta priva di riferimenti alla realtà.; secondo Kant infatti solo l’analisi esperienziale della realtà, la
scienza di Newton, la geometria possono darci risposte e dare senso alla ricerca. Questa critica alla
logica astratta è implicitamente anche una critica alla metafisica che secondo lui non è altro che
fantasia che non può essere provata, per lui la metafisica non ha valore a meno che non si accetti
l’esperienza come punto di partenza e strumento di conferma dei propri principi. La sua riflessione
parte proprio dal presupposto secondo cui la metafisica tradizionale non ha più alcun valore, quindi
quello che deve essere preso in esame dalla filosofia è la scienza oggettiva e comunicabile. Tuttavia
non abbandona del tutto la metafisica, ma acquisisce per lui una funzione diversa da quella
tradizionale, diventa importante ai fini di scoprire quali sono i limiti dell’intelletto umano distinguendo
ciò che l’uomo può arrivare a conoscere e quello che invece non potrà mai raggiungere e che quindi é
destinato ad essere un ambito che va oltre l’esperienza e la realtà. Ë proprio questo l’ambito di
riflessione al quale Kant si dedicherà partendo dalla sua prima grande opera che è propedeutica alle
tre critiche, all’interno della quale appaiono due concetti importanti che sono il concetto di fenomeno e
noumeno. Il fenomeno è per Kant la realtà così come ci appare, il risultato dell’organizzazione dei dati
sensibili da parte della nostra capacità conoscitiva mentre il noumeno è l’oggetto in sé al quale l’uomo
non può pervenire. questi due concetti iniziano ad apparire nella dissertazione all’interno della quale
Kant distinguendo tra conoscenza sensibile e intellettuale, propone l’idea dell’esistenza di una realtà
che ci appare così come noi la vediamo e di una realtà che ci sfugge che é il noumeno che l’uomo non
potrà mai raggiungere. Questo ragionamento ci introduce poi agli argomenti più importanti della
filosofia Kantiana che sono il concetto dell’a priori, ognuno di noi vede la realtà come la propria forma
mentis ce la fa vedere. Kant è il filosofo dei famosi occhiali verdi, metaforicamente secondo lui l’uomo
guarda la realtà attraverso un paio di lenti e si preoccupa di più di come l’uomo conosce anziché di
come la realtà é veramente cosa che non ci è data sapere. Si vantava di aver operato una rivoluzione
in termini copernicani della conoscenza in quanto al centro della sua dissertazione non c’é la natura ma
c'è l’uomo, così come Copernico ha tolto alla Terra il ruolo di centralità mettendoci il sole. É l’uomo che
organizza il mondo a seconda della visione che ne ha.

Critica della ragion pura


La critica della ragion pura rappresenta e fonda la filosofia kantiana che si contraddistingue ed è
chiamata anche criticismo. Il criticismo kantiano è una sintesi tra il razionalismo cartesiano e
l’empirismo inglese di John Locke . Il razionalismo cartesiano era strettamente legato all’idea che
l’uomo possiede una mente che può arrivare ovunque perché al suo interno ci sono le due idee, tra cui
l’idea di Dio e rappresenta quindi la convinzione che la mente umana sia l’unico organo di verità.
Dall’altra parte l’empirismo di John Locke rappresentava l’idea che l’uomo fosse un foglio bianco sul
quale si scriveva la conoscenza a partire dall’esperienza. Da una parte troviamo la fiducia totale nella
ragione umana, dall’altra la fiducia nell’esperienza; il criticismo kantiano è una sintesi tra queste due
idee. Kant sottolinea infatti quando nell’ambito della conoscenza umana siano fondamentali certe
forme a priori, capacità conoscitive innate, ma dall’altra parte l’esperienza. Il criticismo é anche
chiamato la filosofia del limite, del finito proprio perché il filosofo tedesco critica la ragione nel suo uso
conoscitivo etico ed estetico. La critica della ragion pura si propone di sottolineare i limiti entro i quali si
pone la ragione umana. Il titolo allude all’indagine delle forme a priori della nostra mente, cioè le
conoscenze che tutti possediamo a prescindere dalla nostra esperienza (ragion pura). Al suo interno
troviamo una descrizione molto dettagliata sulla struttura della nostra mente e di come noi arriviamo
ad avere delle conoscenze, una spiegazione sulle vere conoscenze e alla fine anche i limiti di
quest’ultima. Con critica intendiamo infatti l’analisi della ragione che si assume la responsabilità di se
stessa. Secondo l’ottica kantiana la nostra ragione impone le leggi al mondo e non viceversa, noi
conosciamo la realtà per come la vediamo. La nostra mente funziona da filtro che ci fa percepire la
realtà in modo soggettivo e quindi diverso da ogni altro individuo. Kant dirà che la nostra mente ordina
il mondo, il nostro pensiero è fondamentale ai fini della comprensione della realtà. Questa critica è
anche chiamata rivoluzione copernicana perché l’ottica kantiana mette l’uomo al centro della
dimensione conoscitiva con le sue capacità e conoscenze a priori, come Copernico aveva fatto
mettendo al centro dell’Universo il Sole e non più la Terra. Questa critica è anche una svolta per quanto
riguarda la metafisica, fino a quel momento la metafisica aveva un ruolo predominante nello studio
della filosofia, per Kant però la metafisica assume un altro valore diventando qualcosa di
completamente diverso. Nell’esordio della sua opera si domanda se la metafisica sia una scienza e
risponderà chiaramente di no in quanto quest’ultima si occupa di limiti e esula dalla dimensione
esperienziale ed oggettiva. La metafisica non può dunque essere una scienza, ma un ambito che studia
la legittimità o meno di determinate idee, quelle di anima di Dio e di mondo. Lui darà alla metafisica
una ragione d’essere completamente diversa, per lui sarà diventa di studio che si occupa di andare
oltre ai limiti della conoscenza umana. Famosa anche la metafora del naufrago: Kant parla di un uomo
che vive in un’isola deserta, ma non si accontenta e si avventura sempre in mare aperto alla ricerca di
nuovi orizzonti, del superamento dei propri limiti; l’isola rappresenta la realtà che conosciamo
(fenomeno) mentre l’oceano rappresenta la realtà indipendente da noi che ci risulta inconoscibile alla
quale noi cerchiamo sempre di arrivare (noumeno).
Kant elabora poi la teoria dei giudizi, dove con giudizio intendiamo un’affermazione. Il filosofo distingue
nella conoscenza l’a priori e l’a posteriori che fondano il nostro modo di vedere la realtà.
Ci sono tre categorie diverse di giudizio:

1. Giudizi analitici a priori: affermazioni che hanno un valore universale e necessario e non
derivano dall’esperienza e non aggiungono niente alla conoscenza. L’attributo del soggetto è
contenuto nel soggetto stesso e ne da la sua identità. (Punto di vista del razionalismo)
2. Giudizi sintetici a posteriori: accrescono il sapere, ma non hanno carattere universale e
necessario, dipendono infatti dall’esperienza. (Punto di vista dell’empirismo)
3. Giudizi sintetici a priori: affermazioni che estendono la conoscenza e sono basate su principi
puri. Tutto ciò che ha a che fare con la causa, lo spazio ed il tempo ha carattere universale e
necessario (sintesi tra empirismo e razionalismo). Questi giudizi sono il fondamento delle
discipline quali la matematica, la fisica e geometria.

La critica della ragion pura è articolata in diverse sezioni

● Dottrina degli elementi, parte principale e più estesa dell’opera e si occupa di definire le forme a
priori della conoscenza
● Dottrina del metodo

La dottrina degli elementi è ulteriormente suddivisa in estetica trascendentale e logica trascendentale


La prima si occupa di conoscenza sensibile e studia lo spazio ed il tempo come forme a priori della
sensibilità. La logica si concentra sulla conoscenza intellettuale

Estetica trascendentale
L’estetica trascendentale si occupa della conoscenza sensibile infatti il termine estetica significa
sensazione. Si occupa anche delle forme a priori della sensibilità, attraverso una trattazione metafisica.
Le forme a priori sono l’elemento nell’oggetto che permette la conoscenza sensibile= spazio e tempo.
Possono essere paragonate a due applicazioni che devono essere attivate, ma anche a degli scaffali
che noi rompiamo di libri.
Le forme a priori sono simili a scaffali vuoti, i dati sensibili sono come libri sparsi, le forme a priori
accolgono i dati sensibili in un certo ordine prestabilito: realtà che ci rappresentiamo.

Logica trascendentale
Per Kant conoscere significa ricevere i dati fenomenici: l’intuizione sensibile é la conoscenza sensibile.
L’intelletto ha invece il compito di passare tali dati, cioè di rielaborarli tramite proprie forme specifiche
(concetti o categorie)
L’analitica trascendentale si occupa dei concetti a priori, organizzando le intuizioni unificandole sotto
una comune rappresentazione. É così che l’intelletto formula i giudizi. I concetti puri dell’intelletto sono
denominati categorie. Corrispondono alle 10 categorie di Aristotele e sono modi di classificare le
intuizioni sensibili. Possiamo paragonare i libri ai dati sensibili: quelli collocati a casaccio nella libreria
corrispondono alla sensibilità, quelli organizzati secondo argomento, grandezza ecc corrispondono
invece all’intelletto.

Analitica trascendentale
All'Interno dell'analitica trascendentale troviamo il paragrafo "Deduzione trascendentale", dove Kant
vuole trovare una giustificazione razionale del valore e della funzione delle categorie dell'intelletto. Per
dire che queste categorie sono valide e ci fanno conoscere il mondo, Kant si inventa l'IO PENSO. Egli lo
definisce come il principio unificatore e supremo della nostra conoscenza, una sorta di
autoconoscenza. L'Io penso è un centro attivo, un controllore della nostra mente che regola e dá ordini
alle categorie. Ha una funzione prettamente gnoseologica e conoscitiva: è lui il fondamento del nostro
intelletto. É l'attivitá della mente deputata ad unificare e classificare tutti i dati sensibili per arrivare ad
i concetti. Per Kant, quindi, la soggettivitá diventa oggettivitá: arriviamo ad un determinato concetto
grazie alle forme a priori stimolate dalle esperienze (soggettive).

Dialettica trascendentale
L'ultima parte della critica della ragion pura è la dialettica trascendentale,che si occupa di una terza
facoltá della nostra mente: la ragione. Kant dice che la nostra mente non si accontenta mai e si sforza
sempre di superare i limiti della conoscenza, entrando in ambiti metafisici e cadendo successivamente
in errore. La mente, infatti, si fiderá di cose che non hanno valore scientifico e la sua ambizione la
trarrá in inganno. Secondo Kant quindi i concetti di anima e di Dio sono errori perché non si puó fare
esperienza di queste idee. La dialettica è un riferimento ai sofisti che la usavano per convincere e
persuadere in campo politico. Secondo Kant la dialettica é lo studio degli abusi da parte della nostra
mente, che ambiziosamente si getta in ambiti che non hanno un valore scientifico. Anima, mondo e
Dio sono idee meta empiriche ( che vanno oltre l'esperienza e non sono legittime). Psicologia,
cosmologia e teologia sono discipline legate a queste tre idee e kant le smonta dal punto di vista
razionale, perché non tangibili. Hanno un valore regolativo e orientano l'uomo in modo che non si
perda, ma hanno valore scientifico. Per quanto riguarda la psicologia Kant afferma che la tradizione
filosofica ha fatto avvicinare l'anima all'io penso (Cartesio), ma questo è sbagliato in quanto l'io penso
ha una funzione conoscitiva. Egli quindi distrugge i ragionamenti dei suoi predecessori legati a queste
idee e le prove per dimostrare l'esistenza di Dio.

Critica della ragion pratica


La riflessione della filosofia kantiana non è finita con lo studio della conoscenza con la parte dedicata
alla gnoseologia, ma si estende anche all'ambito etico-morale e quello estetico. Nello specifico questa
critica si occupa di svolgere un'indagine intorno al comportamento morale dell'uomo.
Prima di quest'opera Kant scrive la "fondazione della metafisica dei costumi" nel 1785. Kant si propone
di fondare, quindi cercare e capire, se esiste una metafisica dei costumi, riferendosi all'etica e alla
morale (metafisica= studio dei principi primi della nostra mente). È quindi un'opera che studia i principi
primi per quanto riguarda l'etica, in cui Kant attacca il relativismo morale. Questo perché rifiuta il
presupposto dei sofisti (ogni uomo agisce alle circostanze, al momento, al tempo) secondo il quale
tutto è subordinato ad un contesto. Kant rinuncia a tutto questo per cercare proprio il suo punto di
vista, che è quello della morale a priori, un'etica che prescinde dal contesto e dall'esperienza. Cerca di
capire che cosa fa sí che l'uomo agisca moralmente e bene. La morale Kantiana si fonderá non tanto
sul concetto di utile, ma su quello del dovere. Studierá l'uso puro della morale universale, cioè l'idea
che in ogni uomo esista un uso puro della morale etica indagando sulla motivazione dell'atto umano.
La struttura della critica della ragion pratico è molto simile a quello della critica precedente. Al centro
della riflessione troviamo la volontá e ció che la induce a compiere certe scelte. Con la prospettiva della
rivoluzione copernicana. La nostra volontá è libera e razionale ed é la volontá che fa partire la nostra
motivazione a comportarci in un determinato modo. Il bene, oggetto della morale, non lo troviamo
nella realtá, ma nell'uomo.
L'imperativo categorico è il principio universale morale dell'uomo. É un ordine, l'espressione di un
comando della nostra ragione che è valido universalmente in quanto tale. Non si deve fare qualcosa "a
causa di" o "in vista di", ma solo perché si deve; infatti è il principio del dovere per il dovere. Solo
quando il dovere é fine a sé stesso ci porta ad agire moralmente. Kant distingue l'imperativo categorico
dalle massime e dagli imperativi ipotetici.
Le massime sono dei principi soggettivi validi esclusivamente a livello individuale, per esempio tutto
quello che riguarda la persona nella sua soggettivitá, scelte personali di vita. Gli imperativi ipotetici
sono dei precetti pratici legati ad una determinata condizione o effetto desiderato che si presentano
nella forma "se vuoi… allora devi". L'imperativo categorico è invece l'espressione del formalismo e
finalismo della morale kantiana, iscritta in un principio di libertá e volontá. É una sorta di voce della
coscienza. Si esprime attraverso 3 formulazioni che rivelano l'autonomia della morale dell'uomo, che è
frutto della nostra volontá razionale.
1. Dice che l'uomo deve comportarsi in modo che la norma che ci ispira possa valere in ogni
tempo e quindi sia qualcosa di universale.
2. Dice che nessuno deve trattare gli altri e sé stesso come mezzi, ma come fine, quindi si parla di
rispetto della dignitá personale e altrui.
3. Dice che è necessario agire in modo che la volontá possa istituire una legislazione universale,
proprio perché finalizzato all'umanitá stessa.
L'etica è totalmente a carica del singolo, infatti egli è autonomo. Non è un'etica eteronoma, cioè non si
ricava dall'esterno. La morale kantiana è proprio incentrata sulla motivazione interiore, Kant non ci
dice cosa fare per fare del bene, ma ci dice che caratteristiche deve avere la nostra azione.
La volontá é legislatrice universale perché in caso contrario sarebbe diretta da altro e non sarebbe
libera. L'imperativo morale dunque è:
CATEGORICO e non ipotetico, non dipende da uno scopo
FORMALE e non contenutistico, non dice cosa fare ma solo che caratteristiche deve avere la nostra
regola d'azione
UNIVERSALE e non particolare, deve avere valore per tutti e non solo per alcuni
RAZIONALE e AUTONOMO, deriva dalla ragione e non dai sentimenti, dall'abitudine, dall'educazione
ecc…

Il dovere fine a sé stesso é riconducibile all'uomo virtuoso e al concetto di virtú nella filosofia greca.
L'uomo virtuoso era l'espressione migliore dell'essere uomo, l'uomo che si comporta bene perché è
uomo e agisce secondo ragione. In un filosofo illuminista rivediamo il concetto che ci riporta ad un
pensiero laico, agnostico, un pensiero che contribuisce al soggetto e solo al soggetto la responsabilitá
totale dell'azione morale.
Kant trova una totale incompatibilitá tra dovere e piacere, porta quindi alle estreme conseguenze
un'idea antiedonistica e antiutilitaristica di morale. Se la morale é ispirata al dovere, essa non puó
avere niente a cha fare con il piacere: "La dignitá del dovere non ha a che fare con il godimento della
vita".
Queste porta Kant a postulare (immaginare senza dimostrare) un luogo che lui chiama "regno dei fini",
dove l'uomo che obbedisce alla legge morale puó entrare, incontrarsi con gli altri uomini e realizzare
sia la sua condizione di uomo morale che la sua condizione di felicitá. É un luogo soprasensibile, un
luogo immaginario che crea Kant per far raggiungere la felicitá all'uomo. Ne parla nell'ultima parte
della ragion pratica chiamata dialettica. Come nella dialettica della ragion pura (idee meta empiriche),
kant si propone di inserire l'uomo in un sopramondo spirituale, sottratto dagli interessi mondani, che
obbedisce a leggi e valori e realizza l'uguaglianza tra tutti gli uomini in quanto esseri ragionevoli
orientati per il bene dell'umanitá.
In questo luogo coesistono virtú e felicitá ed è un luogo che non puó essere dimostrato dove l'uomo
puó dimostrare nella maniera piú profonda la sua "santitá". É in questo luogo che Kant propone 3
postulati:
1. la libertá dell'uomo; se l'uomo non fosse libero non potrebbe agire secondo gli imperativi
categorici. Dobbiamo ricordare che ad essere morale é la libera intenzione e non l'azione.
2. l'immortalitá dell'anima; é garanzia da parte dell'uomo di raggiungere questa sorta di
perfezione.
3. l'esistenza di Dio; che consente e garantisce la corrispondenza tra la virtú e la felicitá. Kant non
si preoccupa in realtá dell'esistenza o non esistenza di Dio, ma fa della religione un fatto
esclusivamente personale. La morale e l'agire morale hanno una prioritá rispetto alla religione. I
postulati della morale la rendono possibile all'infinito. Viene prima l'autonomia della morale,
rispetto ad una scelta di fede. La morale é a priori, é una fiducia profonda nella razionalitá
umana.

Critica del giudizio


Kant si occupa prevalentemente di estetica e teologia. L'estetica è la dottrina, l'ambito filosofico che si
riferisce allo studio delle sensazioni in relazione alla bellezza e all'arte. La teologia è l'ambito che invece
si riferisce alle finalitá della natura. La problematica della critica del giudizio ruota intorno al bello,
sentimento con il quale l'uomo sente, percepisce la bellezza della natura, ma fa anche esperienza delle
sue finalitá. Si intende quindi quella facoltá di giudizio che sta nel mezzo alla capacitá conoscitiva e la
capacitá etica. In ambito estetico comincia a fare una distinzione tra i giudizi determinanti e i giudizi
riflettenti. Con i giudizi determinanti indicia quei giudizi che sono conoscitivi scientifici e che sono quelli
studiati nella Critica della ragion pura. Sono quelli che determinano gli oggetti fenomenici mediante le
forme a priori spazio-tempo e le categorie. Il giudizio riflettente, a priori anch'esso, è un giudizio di tipo
"sentimentale", perché é una proposizione che corrisponde ad una riflessione sugli oggetti giá costituiti
dai giudizi determinanti. É un sentire la natura attraverso le nostre esigenze (di carattere universale) di
armonia e di finalitá. Quindi il giudizio riflettente è un qualcosa a cui non perveniamo su quegli oggetti
e fenomeni che ci appaiono e conseguentemente sono la natura.
I giudizi riflettenti si dividono a loro volta in giudizi estetici e giudizi teologici. Il giudizio estetico ha la
finalitá di tipo oggettivo in quanto é l'espressione del nostro sentire nei confronti del mondo. É un
punto di vista soggettivo e non concettuale. Kant esprime e sottolinea l'esistenza di 3 ambiti che
riguardano il giudizio estetico: sentimento del piacere, giudizio del bello ed il sublime. Il
sentimento del piacevole é legato a qualcosa che io considero bello in quanto mi dá piacere a livello
personale, é quindi soggettivo. Il bello invece ha valore oggettivo e universale. Non si riferisce
all'aspetto esteriore di una persona, ma alla natura; Kant è convinto dell'esistenza dell'a priori estetico
e parla di una bellezza che deve essere condivisa da tutti gli uomini. Il bello é ció che piace senza la
rappresentazione di uno scopo. Il sublime è per Kant un sentimento ambivalente (doppio) nei confronti
della natura smisurata e sconvolgente. Di fronte alla natura matematica (sublime matematico) e
dinamica (sublime dinamico) l'uomo si sente doppiamente coinvolto: è allo stesso tempo attratto e
impaurito. Per quanto riguarda il giudizio ideologico Kant si occupa di metafisica, come aveva giá fatto
alla fine delle altre due critiche. Kant pensa la natura secondo cause finali dicendo che ha in sé le
ragioni del proprio muoversi ed agire. La natura ha un proprio fine interno che per Kant corrisponde
all'uomo. L'uomo dá senso al mondo e ne é lo scopo in quanto essere morale dotato di libera volontá, il
compito di quest'ultimo é la realizzazione del sommo bene.

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