La forma della conoscenza sensibile è poi costituita dallo spazio e dal tempo che
sono intesi come intuizioni pure in quanto precedono ogni conoscenza sensibile e
sono indipendenti da essa. Spazio e tempo sono quindi condizioni soggettive e
necessarie alla mente umana per ordinare i dati sensibili.
La conoscenza sensibile, a seconda del fatto che essa possa essere anteriore o
posteriore all'intervento dell’intelletto, si distingue in:
- apparenza
- esperienza→ è una forma di conoscenza riflessa: dall’apparenza
all’esperienza si va attraverso la riflessione e gli oggetti dell'esperienza sono i
fenomeni.
Circa la conoscenza intellettuale, in questa sua prima fase kant crede ancora che
essa possa avere la possibilità di cogliere le cose come uti sunt, ossia come sono
nel loro ordine intelligibile ( i noumeni), a differenza della sensibilità che le
percepisce uti apparent cioè come appaiono.
Kant fa infatti della critica lo strumento della filosofia e con ”critica” si intende
interrogarsi programmaticamente sul fondamento di determinate esperienze
umane, chiarendone:
- le possibilità (intese come le condizioni che ne permettono l’esistenza)
- la validità (intesa come i titoli di legittimità o non-legittimità che le
caratterizzano)
- i limiti (cioè i confini di validità)
L’indagine critica della ragione deve quindi rispondere a tre domande principali:
● Che cosa posso sapere? Prima critica. Ambito teoretico.
● Che cosa devo fare? Seconda critica. Ambito pratico.
● Che cosa posso sperare? Seconda critica. Ambito religioso.
A questi interrogativi Kant vuole dare una risposta di valenza universale, superando
il rischio di relativismo e scetticismo a cui la riflessione di Hume aveva aperto la
strada.
Ed ecco come il criticismo di Kant si configuri come una vera e propria filosofia del
limite: impegnata cioè a stabile (all’interno dei vari ambiti della vita umana) quelle
che sono le colonne d’Ercole che non devono essere oltrepassate
Il criticismo di Kant si distingue poi sia dall’empirismo che dall’illuminismo di cui
Kant è sostanzialmente figlio.
- dall’empirismo in quanto Kant spinge più a fondo l’analisi critica e rifiuta gli
esiti scettici
- dall’illuminismo in quanto porta di fronte al tribunale della ragione la
ragione stessa. Tuttavia, Kant rimane figlio dell’illuminismo in quanto ritiene
che i confini della ragione possano essere tracciati dalla ragione stessa.
La critica della ragione pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere; il sapere
all’epoca si articolava in scienza (matematica e fisica) e metafisica, quindi
indagherà su di queste.
PROBLEMA CONOSCENZA
La ricerca sui fondamenti del sapere della scienza e della metafisica si basa su 4
domande fondamentali, a cui la Critica cercherà di dare risposta;
Quindi per Kant i giudizi fondamentali della scienza non sono né giudizi analitici a
priori né sintetici a posteriori.
Per quanto riguarda i principi della scienza, secondo Kant essi sono sia sintetici
(fecondi), sia a priori (universali e necessari). In particolare:
- i Giudizi Analitici a Priori richiamano la concezione razionalistica della
scienza, che pretendeva di partire da alcuni principi a priori (idee innate) per
derivare da essi tutto lo scibile
- I Giudizi Sintetici a Posteriori richiamano invece l’interpretazione
empiristica della scienza, che si fondava soltanto sull’esperienza.
La Rivoluzione copernicana
Una volta appurato che il sapere poggia su giudizi sintetici a priori, Kant si domanda
da dove essi provengano visto e considerato che non derivano dall'esperienza.
Per rispondere a questa domanda, Kant elabora una nuova teoria della
conoscenza intesa come una sintesi di materia e forma, vale a dire di un
elemento a posteriori di un elemento a priori. Dunque:
● con materia della conoscenza si intende la molteplicità caotica e mutevoli
delle impressioni sensibili che provengono dall’esperienza (parte
empirica di tale pensiero)
● con forma della conoscenza si intende, invece, l’insieme delle modalità
fisse attraverso cui la mente umana ordina queste impressioni sulla
base di determinati rapporti (parte razionale)
Per Kant, la mente filtra ciò che proviene dall’esperienza attraverso forme innate e
comuni a tutti gli uomini. Tali forme sono quindi a priori rispetto l’esperienza e hanno
validità universale e necessaria (tutti gli uomini le possiedono).
La dottrina kantiana della conoscenza si configura, quindi, come una sintesi tra
empirismo e innatismo;
- del primo condivide l'idea secondo cui tutti i contenuti della conoscenza
derivano dai sensi (Locke) e perché tali contenuti non possono garantire
alcuna universalità e necessità (Hume),
- del secondo accoglie la convinzione che il processo conoscitivo non possa
ridursi a una raccolta e che debba esserci nella nostra mente qualcosa di
innato; la sua soluzione consiste nel riconoscere che i contenuti della
conoscenza sono a posteriori e le forme sono presenti a priori.
La mente umana riceve passivamente con la sensibilità (=componente
passiva) i dati empirici e poi li elabora attivamente con il pensiero
(=componente attiva)
Questa nuova visione, viene vista da Kant come una sorta di rivoluzione
copernicana che lo stesso Kant si vantò di aver fatto in filosofia. Infatti, così come
Copernico, per spiegare i moti celesti, aveva ribaltato i rapporti tra Terra e Sole, allo
stesso modo Kant, per spiegare la scienza, ribalta i rapporti tra soggetto ed
oggetto, affermando che non è la mente che si modella in modo passivo sulla
realtà, ma è la realtà che si modella sulle forme a priori attraverso cui la
percepiamo.
Questa nuova ipotesi gnoseologica produce anche una distinzione tra:
- fenomeno, inteso come la realtà quale ci appare tramite le forme a priori
che sono proprie della nostra struttura conoscitiva. Fenomeno non è quindi
un’apparenza bensì un oggetto che risulta essere reale quando è nel rapporto
col soggetto. Pertanto il fenomeno è in un certo senso oggettivo: vale allo
stesso modo per tutti gli intelletti uguali al nostro.
- la cosa in sé è invece la realtà indipendente da noi e dalle forme a priori
attraverso cui noi la conosciamo.
Risulta quindi ora chiaro il titolo dell’opera: Critica della ragion pura:
Posto che:
- per ragione si intende la facoltà conoscitiva in generale
- per ragion pura si intende quella che contiene i principi per conoscere
qualcosa prettamente a priori
→ Il titolo dell’opera può essere letteralmente inteso come: “esame critico generale
della validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi
elementi puri a priori”
La Critica si presenta quindi come un’analisi delle effettive possibilità
conoscitive dell’uomo e della più o meno potenza della ragione. Quest’ultima, di
fronte al tribunale della critica (così lo chiamo Kant), è sia giudice che giudicate.
Difatti, la critica è della ragione:
- sia nel senso che la ragione è l’argomento di critica
- sia nel senso che essa mette in atto la critica stessa
ESTETICA TRASCENDENTALE
L’estetica è la teoria della conoscenza sensibile che si occupa delle forme a priori
della sensibilità, cioè la facoltà con cui il soggetto, attraverso i sensi, riceve
passivamente i concetti percettivi detti anche intuizioni empiriche, immediate e
derivanti dall’esperienza;
Egli definisce questa sensibilità come “ricettiva” perché non genera i propri
contenuti, ma li accoglie come intuizioni dalla realtà o dall’esperienza. Essa è anche
attiva, poiché organizza il materiale delle sensazioni (intuizioni empiriche) tramite
lo spazio e il tempo, che diventano quindi le forme a priori della sensibilità (intuizioni
pure).
Kant spiega l’apriorità dello spazio e del tempo sia con argomenti teorici generali
(esposizione metafisica) sia con argomenti tratti dalle scienze matematiche
(esposizione trascendentale)
( APRIORITA’ → carattere particolare di ciò che prescinde (non dipende) dall'esperienza.)
Esposizione metafisica
Nell’esposizione metafisica, Kant esponendo la propria posizione, confuta sia la
visione empiristica (che considerava spazio e tempo come nozioni tratte dall’esperienza
→ Locke), sia la visione oggettivistica (che considerava spazio e tempo come entità a sé
stanti o recipienti vuoti → Newton), sia la visione concettualistica (che considerava
spazio e tempo come concetti esprimenti i rapporti tra le cose → Leibniz)
● Contro l’interpretazione empiristica, Kant afferma che spazio e tempo
non possono derivare dall’esperienza, poiché per fare l’esperienza stessa
dobbiamo già presupporre l’esistenza dello spazio e del tempo
● Contro l’interpretazione oggettivistica, Kant sostiene che se spazio e
tempo fossero veramente recipienti vuoti, questi dovrebbero esistere anche
quando in essi non vi fossero oggetti; ma così non è, poiché non si può
immaginare la loro esistenza autonoma, ma sono bensì quadri mentali a
priori entro cui connettiamo i dati fenomenici.
Essi sono:
- ideali o soggettivi rispetto alle cose in se stesse
ma sono anche
- reali e oggettivi rispetto all’esperienza
→ idealità trascendentale e realtà empirica dello spazio e del tempo
Spazio e tempo vengono definiti anche intuizioni pure o a priori perché rendono
possibile qualsiasi percezione sensibile.
Spazio e tempo possono essere paragonati a un paio di occhiali con lenti colorate
che ci danno una visione del mondo modificata, sono inamovibili perché secondo
Kant non abbiamo alcuna possibilità di vedere il mondo come è in sé, al di là delle
lenti: le cose in sé, i noumeni, sono inaccessibili alla conoscenza umana.
Spazio e tempo dipendono dal soggetto conoscente, in quanto non esistono al di
fuori di esso, essendo le forme a priori attraverso cui esso riceve i dati sensibili.
Spazio e tempo sono uguali in tutti i soggetti umani e garantiscono una conoscenza
oggettiva della realtà.
Esposizione trascendentale
Nell’esposizione trascendentale, Kant giustifica l’apriorità del tempo e dello spazio
tramite considerazione sulla matematica, trovandone una fondazione filosofica.
Per Kant, l’aritmetica e la geometria sono le scienze sintetiche a priori per
eccellenza. Sono sintetiche (e non analitiche) in quanto ampliano le nostre
conoscenze mediante costruzioni mentali che vanno oltre ciò che è già noto.
Ad esempio, un’operazione matematica è sintetica e non analitica, poiché lo
svolgimento di questo non può essere per via analitica ma solo sintetica, ovvero
mediante un calcolo.
Inoltre, la matematica è a priori (e non a posteriori), in quanto i teoremi geometrici e
aritmetici sono validi indipendentemente dall’esperienza.
Le costruzioni sintetiche a priori della matematica si appoggiano nelle intuizioni di
spazio e tempo, infatti la geometria si basa sull'intuizione pura di spazio per
dimostrare a priori le proprietà delle figure, mentre l’aritmetica determina
sinteticamente a priori la proprietà delle serie numeriche, basandosi sull’intuizione
pura di tempo e successione. Essendo a priori, la matematica è anche universale e
necessaria, e valida per tutti allo stesso modo.
ANALITICA TRASCENDENTALE
I concetti puri sono le categorie, ovvero concetti basilari della mente che
costituiscono le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto. Le categorie
coincidono poi con i predicati primi, ovvero sono “contenitori” entro cui rientrano tutti i
predicati possibili.
Dopo aver formulato la tavola, Kant deve giustificare la validità e l’uso di questa;
questo problema prende il nome di “deduzione trascendentale”.
La concezione kantiana di deduzione allude alla dimostrazione della legittimità di diritto di
una pretesa di fatto. → la deduzione delle categorie non consiste nel provare che esse sono
adoperate nella conoscenza scientifica, ma nel giustificare la legittimità e i limiti di tale uso
→ determinare il diritto della ragione a impiegarle.
Il problema quindi è: che cosa ci garantisce, di diritto, che la natura (che non è
creata da noi) obbedirà alle categorie, che sono forme soggettive della nostra
mente? Per lo spazio e il tempo questo problema non sussisteva, poiché un oggetto
non può apparire o essere percepito dall’uomo se non attraverso queste forme, ma
per le categorie, non è per nulla evidente che gli oggetti debbano sottostare a esse.
Le soluzioni sono:
1. l’unificazione del molteplice deriva da un’attività sintetica dell’intelletto
(La sintesi è, invece, l'unificazione che l'intelletto compie di due
intuizioni empiriche in sé prive di relazioni.)
2. Kant individua l’unità fondatrice della conoscenza nell’io penso. Senza
questa autocoscienza le rappresentazioni non sarebbero mie e
risulterebbero impossibili.
3. L’attività dell’io penso si attua tramite i GIUDIZI che sono i modi con cui
viene pensato il molteplice dell’intuizione
4. i giudizi si basano su CATEGORIE che sono i diversi modi di agire
dell’io penso (12 funzioni unificatrici della sua attività sintetica)
5. QUINDI, gli oggetti non possono essere pensati senza venire
categorizzati
Bisogna però specificare che l’io penso di Kant non è un io creatore, in quanto ha
solamente un carattere formale, e quindi finito, che si limita a ordinare una realtà che
già preesiste.
Kant confuta infatti l’idealismo, sia quello “problematico” di Cartesio, sia quello
“dogmatico” di Berkeley. Questa confutazione risiede nella tesi che l’interiorità non
può essere concepita senza l’esteriorità, in quanto l’esperienza interna dipende
da qualcosa che si trova al di fuori di essa.
Schemi trascendentali
Con la deduzione trascendentale, Kant ha mostrato in generale come l’intelletto
condizioni la realtà fenomenica tramite le categorie, mentre con la dottrina dello
schematismo trascendentale mostra come ciò possa avvenire in concreto.
Kant risolve il problema dicendo che l’intelletto, non potendo agire direttamente
sugli oggetti della sensibilità, agisce direttamente su di essi tramite il tempo, che
è il medium universale attraverso cui tutti gli oggetti sono percepiti → Se il tempo
condiziona gli oggetti, allora l’intelletto, condizionando il tempo, condiziona anche gli
oggetti.
La dottrina dei principi coincide con la teoria dell’io legislatore della natura; infatti,
se per natura in generale intendiamo la “conformità a leggi dei fenomeni”, cioè
quell’ordine necessario e universale che sta alla base dell’insieme di tutti i fenomeni,
risulta evidente che tale ordine non deriva dall’esperienza, bensì dall’io penso e dalle
sue forme a priori.
L’io penso e le categorie quindi riguardano solo la natura in generale, mentre le
leggi particolari possono essere desunte solo dall’esperienza.
Kant sottolinea anche che l’ambito della conoscenza umana è limitato al fenomeno,
poiché la cosa in sè (il noumeno) non può essere oggetto di esperienza. Il noumeno
è quindi un concetto-limite che serve ad arginare le nostre pretese conoscitive,
infatti da un lato circoscrive le pretese della sensibilità, ricordandoci che ciò che ci
viene dato nell’intuizione spazio-temporale non è la realtà in assoluto, e dall’altro
circoscrive le arroganze dell’intelletto, ricordandoci che esso non può conoscere le
cose in sé, ma solo pensarle nella loro possibilità.
Dialettica trascendentale
Di come sia possibile il sapere scientifico, ciò viene esplicitato nell’estetica e
nell’analitica di Kant. Nella seconda parte della logica trascendentale, (ovvero la
dialettica) Kant si preoccupa invece del problema della metafisica e se essa possa
essere o meno classificata come scienza e disposizione naturale.
L’errore che fa ragione e metafisica è quello di trattare le idee come cose invece che
come esigenze conoscitive (idee regolative). L’errore in cui tende a cadere la
ragione consiste nell’illudersi che attraverso i sillogismi si possano attingere verità
non riconducibili all’esperienza.
Ora, riprendendo il discorso delle idee trascendentali (anima, mondo e Dio), a
queste tre idee corrispondono tre pseudo-scienze:
- psicologia razionale
- cosmologia razionale
- teologia razionale o naturale
Stesso discorso vale per la cosmologia razionale, poiché noi non possiamo
conoscere sperimentalmente la totalità assoluta dei fenomeni esterni, allora anche il
discorso sulla cosmologia razionale, che pretende di far uso della nozione di mondo
(Inteso come la totalità assoluta dei fenomeni cosmici) è destinato a fallire.
Antinomie
Quando si parla di cosmologia razionale si intende lo studio del cosmos cioè
dell’ordine da un punto di vista razionale e non empirico. quindi costruire il concetto
di mondo da un punto di vista a priori. Kant si domanda quale sia l’idea di mondo
che esce dalla metafisica e cosa possiamo dire su questo in maniera razionale. Ne
tira fuori 4 antinomie: le regole con cui si costruisce questo discorso, ma che
producono due discorsi antitetici ma entrambi validi e accettabili. La ragione va
quindi in conflitto.
Le prime due antinomie sono dette essere statiche (o matematiche; cioè si
occupano di questioni fuori dal tempo e sono quantitative ma non temporizzabili) e
riguardano visone senza considerare divenire. Le altre due, dinamiche, sì.
Kant nota inoltre che mentre le tesi sono figlie del pensiero metafisico e del
razionalismo, le antitesi sono tipiche dell'empirismo e della scienza.
1. Prima Antinomia riguarda i confini dello spazio e del tempo
- tesi: Lo spazio è finito secondo il tempo e lo spazio
- antitesi: Lo spazio è infinito secondo il tempo e lo spazio
2. Seconda Antinomia: Problema continuo e discreto; o penso la realtà come
insieme di elementi semplici (e ci arrivo concettualmente e non
sperimentalmente), oppure no:
- Tesi: Tutto nel mondo consta del semplice
- Antitesi: Non vi è nulla di semplice, tutto è composto
3. Terza Antinomia: Problema della libertà e dunque determinismo e
indeterminismo. Ricordiamo che determinismo→ posizione per la quale tutti eventi
naturali sottostanno a delle regole necessarie e quindi non vi è possibilità di
intervento.
- Tesi: Vi sono nel mondo delle cause con libertà
- Antitesi: Non c’è libertà, tutto accade per le leggi della natura
4. Quarta Antinomia: problema della più o meno esistenza di un essere
assolutamente necessario nel mondo
- Nella serie delle cause cosmiche vi è un certo essere necessario
- Nella serie delle cause cosmiche non vi è un certo essere
necessario, tutto è contingente
La critica alle prove dell’esistenza di Dio:
La teologia razionale ha come oggetto Dio che per Kant è l'ideale della ragion pura
cioè il supremo “modello” personificato di ogni realtà o perfezione che i filosofi
hanno sempre inteso come l’Essere da cui derivano e dipendono tutti gli esseri.
Poichè, però, questa idea non ci dice nulla circa la sua più o meno esistenza, ci sono
sempre state una serie di prove dell’esistenza di Dio che Kant raggruppa in tre
classi:
1. Prova ontologica
2. Prova cosmologica
3. Prova fisico-teologica
E’ importante affermare che Kant non è ateo bensì agnostico in quanto ritiene che la
ragione umana non possa dimostrare né l’esistenza di dio né la sua non-esistenza.