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KANT

Immanuel Kant (1724-1804) nacque e trascorse tutta la vita a Konigsberg dove


divenne poi professore di logica e metafisica all’università.

Iter Filosofico di Kant


1. Fino al 1760 è evidente come i suoi scritti mostrano un particolare interesse
per le scienze naturali. In questa prima fase, Kant si dedica a ricerche sul
cosmo basate sulla fisica newtoniana.
2. In una seconda fase (precedente alla pubblicazione della Critica della ragion
pura nel 1781), Kant si avvicina a quello che è il pensiero filosofico
dell'empirismo inglese di Locke. In questa seconda fase, Kant sviluppa
questioni altamente filosofiche:
- si oppone alla metafisica tradizionale che lui definisce “un abisso
senza fondo”
- delinea quindi una nuova metafisica intesa come scienza dei limiti
della ragione umana. La ragione viene poi intesa come una facoltà, i
cui poteri risultano, però, essere limitati dall’esperienza pratica.
3. Dalla seconda fase caratterizzata da un interesse per la filosofia e
l’avvicinamento, da parte del filosofo tedesco, all’empirismo inglese si arriva
alla concezione critica dello spazio e del tempo nella dissertazione del 1770.
In essa Kant fornisce una nuova visione circa i concetti di spazio e tempo e
distingue tra:
- conoscenza sensibile: è dovuta alla ricettività o passività del
soggetto ed ha per oggetto i fenomeni (cioè le cose che appaiono al
soggetto conoscente). La sensibilità non coglie gli oggetti quali sono
ma quali ci appaiono, li coglie come fenomeni, forme della sensibilità; è
l’oggetto della conoscenza sensibile.
- conoscenza intellettuale: è una facoltà attiva del soggetto e si
propone l’intento di cogliere i noumeni, ossia le cose così come esse
sono di per sé, nella loro natura intelligibile.

Nella conoscenza sensibile si deve distinguere:


- la materia, cioè l’oggetto della sensazione che sarebbe una modificazione
degli organi di senso e pertanto testimonia la presenza della cosa da cui è
causata
- la forma, cioè la legge, indipendente dalla sensibilità, che ordina la materia
sensibile.

La forma della conoscenza sensibile è poi costituita dallo spazio e dal tempo che
sono intesi come intuizioni pure in quanto precedono ogni conoscenza sensibile e
sono indipendenti da essa. Spazio e tempo sono quindi condizioni soggettive e
necessarie alla mente umana per ordinare i dati sensibili.

La conoscenza sensibile, a seconda del fatto che essa possa essere anteriore o
posteriore all'intervento dell’intelletto, si distingue in:
- apparenza
- esperienza→ è una forma di conoscenza riflessa: dall’apparenza
all’esperienza si va attraverso la riflessione e gli oggetti dell'esperienza sono i
fenomeni.

Circa la conoscenza intellettuale, in questa sua prima fase kant crede ancora che
essa possa avere la possibilità di cogliere le cose come uti sunt, ossia come sono
nel loro ordine intelligibile ( i noumeni), a differenza della sensibilità che le
percepisce uti apparent cioè come appaiono.

L’intelletto è quindi presentato come una facoltà capace di andare al di là del


fenomeno e di conoscere le cose come appaiono, come noumeni, (che sono
l’oggetto della conoscenza dell’intelletto), oltre i limiti della sensibilità (questa
concezione cambierà nell’analitica).

Dopo la dissertazione del 1770 Kant ha l’obiettivo di definire le capacità, nonché i


limiti, della ragione umana, scrivendo 3 libri:
● CRITICA DELLA RAGION PURA, dedicato alla conoscenza.
● CRITICA DELLA RAGION PRATICA, dedicato alla morale.
● CRITICA DEL GIUDIZIO, dedicato al giudizio estetico.

Criticismo come filosofia limite


La filosofia kantiana, chiamata criticismo, si presenta come un’indagine critica che
la ragione compie su sé stessa (sia giudice sia imputato), per individuare i propri
limiti e le proprie legittime possibilità.

Kant fa infatti della critica lo strumento della filosofia e con ”critica” si intende
interrogarsi programmaticamente sul fondamento di determinate esperienze
umane, chiarendone:
- le possibilità (intese come le condizioni che ne permettono l’esistenza)
- la validità (intesa come i titoli di legittimità o non-legittimità che le
caratterizzano)
- i limiti (cioè i confini di validità)

L’indagine critica della ragione deve quindi rispondere a tre domande principali:
● Che cosa posso sapere? Prima critica. Ambito teoretico.
● Che cosa devo fare? Seconda critica. Ambito pratico.
● Che cosa posso sperare? Seconda critica. Ambito religioso.

A questi interrogativi Kant vuole dare una risposta di valenza universale, superando
il rischio di relativismo e scetticismo a cui la riflessione di Hume aveva aperto la
strada.

Ed ecco come il criticismo di Kant si configuri come una vera e propria filosofia del
limite: impegnata cioè a stabile (all’interno dei vari ambiti della vita umana) quelle
che sono le colonne d’Ercole che non devono essere oltrepassate
Il criticismo di Kant si distingue poi sia dall’empirismo che dall’illuminismo di cui
Kant è sostanzialmente figlio.
- dall’empirismo in quanto Kant spinge più a fondo l’analisi critica e rifiuta gli
esiti scettici
- dall’illuminismo in quanto porta di fronte al tribunale della ragione la
ragione stessa. Tuttavia, Kant rimane figlio dell’illuminismo in quanto ritiene
che i confini della ragione possano essere tracciati dalla ragione stessa.

CRITICA DELLA RAGION PURA

La critica della ragione pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere; il sapere
all’epoca si articolava in scienza (matematica e fisica) e metafisica, quindi
indagherà su di queste.

Secondo Kant c’era la necessità di un riesame globale della struttura e della


validità della conoscenza, per dimostrare la scientificità di questi due campi del
sapere.
Kant respinge lo scetticismo scientifico di Hume, in quanto secondo lui la validità
della scienza era un dato di fatto di cui non aveva senso dubitare, ma condivide lo
scetticismo metafisico.
La scienza e la metafisica venivano considerate in modo diverso, in quanto la
scienza era un sapere fondato e in continuo progresso, mentre la metafisica non era
basata su qualcosa di certo.

PROBLEMA CONOSCENZA

La ricerca sui fondamenti del sapere della scienza e della metafisica si basa su 4
domande fondamentali, a cui la Critica cercherà di dare risposta;

● Come è possibile la matematica pura?


● Come è possibile la fisica pura?
● Come è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?
● È possibile la metafisica come scienza?

- Per la matematica e la fisica non mette in discussione la validità scientifica,


si tratta di indagare le condizioni della loro validità universale (chiarire le
condizioni che le rendono possibili come scienze)
- Per la metafisica si tratta di capire se esistano le condizioni di tale validità e
scientificità o se sia una pseudo-scienza. (se esistano condizioni tali che
possano legittimare le sue pretese di porsi come scienza)
I Giudizi sintetici a Priori
Per dimostrare se la metafisica sia possibile o meno, Kant parte dall’analisi di
quelle discipline la cui scientificità è indubitabile; infatti, una volta individuato il
fondamento della scientificità della matematica e della fisica, sarà possibile verificare
se esso fondi anche la metafisica.

In accordo con Hume, afferma che il principio di causalità su cui si fonda la


conoscenza umana, è solo soggettivo e non oggettivo. Invece, le proposizioni della
matematica sono universali e necessarie perché esprimono relazioni tra idee,
mentre quelle della fisica, basandosi sul reale, sono solo probabili.

Kant è convinto che la conoscenza umana, e in particolare la scienza, abbia dei


principi assoluti, ovvero verità universali e necessarie. Infatti, pur derivando e
dipendendo dall’esperienza, la scienza presuppone alla propria base alcuni principi
immutabili che sono i “pilastri” su cui essa si regge.
Questi principi sono per Kant i giudizi sintetici a priori:
- Giudizi perchè connettono un predicato con un soggetto
- Sintetici perché il predicato dice qualcosa di nuovo e di più rispetto al
soggetto
- A priori perchè, essendo universali e necessari, non possono derivare
dall’esperienza

Quindi per Kant i giudizi fondamentali della scienza non sono né giudizi analitici a
priori né sintetici a posteriori.

Per impostare la propria indagine Kant distingue i diversi tipi di giudizio:

● Giudizi analitici a priori, cioè giudizi infecondi (non arricchiscono la


conoscenza) perché il predicato non amplia la nozione del soggetto, il
predicato è già implicito nel soggetto si tratta solo di farlo emergere attraverso
un’analisi.
- Sono universali e necessari perché non dipendono dall’esperienza, si
fondano su principi logici di identità e di non contraddizione. (ogni
corpo è esteso)
● Giudizi sintetici a posteriori, cioè giudizi fecondi (arricchiscono la
conoscenza) perché il predicato aggiunge alla nozione del soggetto i dati
dell’esperienza, il predicato infatti non è implicito nel soggetto, viene aggiunto
ad esso come elemento nuovo.
- Sono contingenti perché l’esperienza può falsificarli, non può
garantire che ciò che si è verificato in passato si verifichi in futuro. (il
fuoco brucia)
● Giudizi sintetici a priori, cioè giudizi fecondi perché il predicato non deriva
dalla nozione del soggetto per analisi.
- Sono universali e necessari perché la loro validità non dipende
dall’esperienza.
- Sono giudizi sintetici perché il predicato aggiunge qualcosa al
soggetto, a questo genere di giudizi ci sono le operazioni aritmetiche o
il principio di causalità secondo il quale ogni mutamento ha una sua
causa.

Secondo Kant, ribadiamo, solo i giudizi sintetici a priori fondano la possibilità


della scienza, cioè una conoscenza universale e necessaria in grado di arricchirsi
con l’esperienza.

Per quanto riguarda i principi della scienza, secondo Kant essi sono sia sintetici
(fecondi), sia a priori (universali e necessari). In particolare:
- i Giudizi Analitici a Priori richiamano la concezione razionalistica della
scienza, che pretendeva di partire da alcuni principi a priori (idee innate) per
derivare da essi tutto lo scibile
- I Giudizi Sintetici a Posteriori richiamano invece l’interpretazione
empiristica della scienza, che si fondava soltanto sull’esperienza.

Pertanto, contro il razionalismo Kant ritiene che la scienza derivi


dall'esperienza. Tuttavia, contro l’empirismo, crede che alla base
dell’esperienza stessa vi siano dei principi inderivabili dall’esperienza.

La scienza Kantiana, quindi, risulta essere doppiamente feconda:


- sia perché gode dell’esperienza
- sia perché si basa su principi sintetici a priori che risultano essere la base
della scienza stessa, cioè l’elemento che le conferisce stabilità e universalità.
Per Kant, senza alcuni principi assoluti di fondo la scienza non esisterebbe.

La Rivoluzione copernicana
Una volta appurato che il sapere poggia su giudizi sintetici a priori, Kant si domanda
da dove essi provengano visto e considerato che non derivano dall'esperienza.

Per rispondere a questa domanda, Kant elabora una nuova teoria della
conoscenza intesa come una sintesi di materia e forma, vale a dire di un
elemento a posteriori di un elemento a priori. Dunque:
● con materia della conoscenza si intende la molteplicità caotica e mutevoli
delle impressioni sensibili che provengono dall’esperienza (parte
empirica di tale pensiero)
● con forma della conoscenza si intende, invece, l’insieme delle modalità
fisse attraverso cui la mente umana ordina queste impressioni sulla
base di determinati rapporti (parte razionale)

Per Kant, la mente filtra ciò che proviene dall’esperienza attraverso forme innate e
comuni a tutti gli uomini. Tali forme sono quindi a priori rispetto l’esperienza e hanno
validità universale e necessaria (tutti gli uomini le possiedono).
La dottrina kantiana della conoscenza si configura, quindi, come una sintesi tra
empirismo e innatismo;
- del primo condivide l'idea secondo cui tutti i contenuti della conoscenza
derivano dai sensi (Locke) e perché tali contenuti non possono garantire
alcuna universalità e necessità (Hume),
- del secondo accoglie la convinzione che il processo conoscitivo non possa
ridursi a una raccolta e che debba esserci nella nostra mente qualcosa di
innato; la sua soluzione consiste nel riconoscere che i contenuti della
conoscenza sono a posteriori e le forme sono presenti a priori.
La mente umana riceve passivamente con la sensibilità (=componente
passiva) i dati empirici e poi li elabora attivamente con il pensiero
(=componente attiva)

Questa nuova visione, viene vista da Kant come una sorta di rivoluzione
copernicana che lo stesso Kant si vantò di aver fatto in filosofia. Infatti, così come
Copernico, per spiegare i moti celesti, aveva ribaltato i rapporti tra Terra e Sole, allo
stesso modo Kant, per spiegare la scienza, ribalta i rapporti tra soggetto ed
oggetto, affermando che non è la mente che si modella in modo passivo sulla
realtà, ma è la realtà che si modella sulle forme a priori attraverso cui la
percepiamo.
Questa nuova ipotesi gnoseologica produce anche una distinzione tra:
- fenomeno, inteso come la realtà quale ci appare tramite le forme a priori
che sono proprie della nostra struttura conoscitiva. Fenomeno non è quindi
un’apparenza bensì un oggetto che risulta essere reale quando è nel rapporto
col soggetto. Pertanto il fenomeno è in un certo senso oggettivo: vale allo
stesso modo per tutti gli intelletti uguali al nostro.
- la cosa in sé è invece la realtà indipendente da noi e dalle forme a priori
attraverso cui noi la conosciamo.

Le facoltà della conoscenza e la partizione della Critica della ragion


pura:
Kant distingue tre facoltà conoscitive essenzialmente:
- La sensibilità, intesa come la facoltà con cui intendiamo intuitivamente
gli oggetti attraverso i sensi. Questi ultimi risultano poi essere ordinati
tramite forme a priori dello spazio e del tempo.
- L’intelletto è la facoltà attraverso cui pensiamo i dati sensibili tramite i
concetti puri o le categorie
- La ragione è la facoltà attraverso cui, andando oltre l’esperienza, si cerca di
spiegare globalmente la realtà mediante le idee di “anima”, “mondo” e
“Dio”.

Sulla base di questa tripartizione della facoltà conoscitiva in generale, è basata


anche la divisione della Critica della ragion pura che si divide in:
- la dottrina degli elementi;che studia gli elementi formali della conoscenza
(che kant definisce come “puri” o “a priori”)
- la dottrina del metodo; il cui scopo è determinare il metodo della
conoscenza, cioè come devono essere usate queste forme a priori della
conoscenza

A sua volta, la dottrina degli elementi si divide in:


- estetica trascendentale: che studia le forme a priori della sensibilità
(spazio e tempo)
- logica trascendentale:che studia le forme a priori del pensiero discorsivo
e a sua volta si divide in:
1. analitica trascendentale: studia le forme a priori dell'intelletto (le
categorie)
2. dialettica trascendentale: studia le forme a priori della ragione (le
idee)

Il concetto Kantiano di "trascendentale" e il senso complessivo


dell’opera.
Per trascendentale, gli scolastici medievali definivano le proprietà universali che
tutte le cose hanno in comune. Kant, tutto sommato, si collega a questa definizione,
sebbene connetta il concetto di trascendentale con quello di “forma a priori”,
riferendosi pertanto non ad una proprietà ontologica della realtà in sé quanto
piuttosto a una condizione gnoseologica che rende possibile la conoscenza della
realtà fenomenica.
C’è da specificare, però, che in Kant, il trascendentale non si identifica con gli
elementi a priori, ma piuttosto con il loro studio filosofico:

“Chiamo trascendentale ogni conoscenza che si occupi, in generale, non tanto


di oggetti, quanto del nostro modo di conoscere gli oggetti, nella misura in cui
questo deve essere possibile a priori”

Trascendentali, quindi, non sono le forme a priori quanto piuttosto le discipline


filosofiche relative ad esse (estetica trascendentale, analitica trascendentale ecc..)

Risulta quindi ora chiaro il titolo dell’opera: Critica della ragion pura:
Posto che:
- per ragione si intende la facoltà conoscitiva in generale
- per ragion pura si intende quella che contiene i principi per conoscere
qualcosa prettamente a priori
→ Il titolo dell’opera può essere letteralmente inteso come: “esame critico generale
della validità e dei limiti che la ragione umana possiede in virtù dei suoi
elementi puri a priori”
La Critica si presenta quindi come un’analisi delle effettive possibilità
conoscitive dell’uomo e della più o meno potenza della ragione. Quest’ultima, di
fronte al tribunale della critica (così lo chiamo Kant), è sia giudice che giudicate.
Difatti, la critica è della ragione:
- sia nel senso che la ragione è l’argomento di critica
- sia nel senso che essa mette in atto la critica stessa
ESTETICA TRASCENDENTALE
L’estetica è la teoria della conoscenza sensibile che si occupa delle forme a priori
della sensibilità, cioè la facoltà con cui il soggetto, attraverso i sensi, riceve
passivamente i concetti percettivi detti anche intuizioni empiriche, immediate e
derivanti dall’esperienza;
Egli definisce questa sensibilità come “ricettiva” perché non genera i propri
contenuti, ma li accoglie come intuizioni dalla realtà o dall’esperienza. Essa è anche
attiva, poiché organizza il materiale delle sensazioni (intuizioni empiriche) tramite
lo spazio e il tempo, che diventano quindi le forme a priori della sensibilità (intuizioni
pure).

La Teoria dello spazio e del tempo


Kant distingue:

● Senso esterno: sensazione la quale accogliamo i dati derivanti dagli oggetti


esterni.
● Senso interno: facoltà attraverso la quale accogliamo i dati che provengono
dall’interno di noi stessi.

Riprende la dissertazione e osserva che le intuizioni empiriche vengono ricevute già


organizzate in spazio e tempo:
● Lo spazio, cioè la forma a priori del senso esterno che rende possibile la
percezione sensibile degli oggetti esterni al soggetto, i quali vengono colti
come se fossero collocati in una ben precisa posizione l’uno rispetto all’altro.
● Il tempo, cioè la forma a priori del senso interno che rende possibile la
percezione dei nostri stati interiori, i quali vengono colti come se fossero l’uno
successivo all’altro.

I dati del senso esterno ci giungono esclusivamente attraverso il senso interno; di


conseguenza, il tempo è anche la forma del senso esterno, cioè la maniera
universale attraverso cui percepiamo tutti gli oggetti.
Quindi, anche se non tutte le cose sono nello spazio (es. sentimenti), tutte le cose
sono nel tempo.

Kant spiega l’apriorità dello spazio e del tempo sia con argomenti teorici generali
(esposizione metafisica) sia con argomenti tratti dalle scienze matematiche
(esposizione trascendentale)
( APRIORITA’ → carattere particolare di ciò che prescinde (non dipende) dall'esperienza.)

Esposizione metafisica
Nell’esposizione metafisica, Kant esponendo la propria posizione, confuta sia la
visione empiristica (che considerava spazio e tempo come nozioni tratte dall’esperienza
→ Locke), sia la visione oggettivistica (che considerava spazio e tempo come entità a sé
stanti o recipienti vuoti → Newton), sia la visione concettualistica (che considerava
spazio e tempo come concetti esprimenti i rapporti tra le cose → Leibniz)
● Contro l’interpretazione empiristica, Kant afferma che spazio e tempo
non possono derivare dall’esperienza, poiché per fare l’esperienza stessa
dobbiamo già presupporre l’esistenza dello spazio e del tempo
● Contro l’interpretazione oggettivistica, Kant sostiene che se spazio e
tempo fossero veramente recipienti vuoti, questi dovrebbero esistere anche
quando in essi non vi fossero oggetti; ma così non è, poiché non si può
immaginare la loro esistenza autonoma, ma sono bensì quadri mentali a
priori entro cui connettiamo i dati fenomenici.
Essi sono:
- ideali o soggettivi rispetto alle cose in se stesse
ma sono anche
- reali e oggettivi rispetto all’esperienza
→ idealità trascendentale e realtà empirica dello spazio e del tempo

● Contro l’interpretazione concettualistica, infine, secondo Kant spazio e


tempo non possono essere considerati come concetti, poiché hanno una
natura intuitiva e non discorsiva; questo perchè, non astraiamo il concetto di spazio
dai vari spazi, ma conosciamo i vari spazi come parti di un unico spazio → quindi
esiste la rappresentazione originaria di spazio —> questa è un’intuizione pura o a
priori.

Spazio e tempo vengono definiti anche intuizioni pure o a priori perché rendono
possibile qualsiasi percezione sensibile.
Spazio e tempo possono essere paragonati a un paio di occhiali con lenti colorate
che ci danno una visione del mondo modificata, sono inamovibili perché secondo
Kant non abbiamo alcuna possibilità di vedere il mondo come è in sé, al di là delle
lenti: le cose in sé, i noumeni, sono inaccessibili alla conoscenza umana.
Spazio e tempo dipendono dal soggetto conoscente, in quanto non esistono al di
fuori di esso, essendo le forme a priori attraverso cui esso riceve i dati sensibili.
Spazio e tempo sono uguali in tutti i soggetti umani e garantiscono una conoscenza
oggettiva della realtà.

Esposizione trascendentale
Nell’esposizione trascendentale, Kant giustifica l’apriorità del tempo e dello spazio
tramite considerazione sulla matematica, trovandone una fondazione filosofica.
Per Kant, l’aritmetica e la geometria sono le scienze sintetiche a priori per
eccellenza. Sono sintetiche (e non analitiche) in quanto ampliano le nostre
conoscenze mediante costruzioni mentali che vanno oltre ciò che è già noto.
Ad esempio, un’operazione matematica è sintetica e non analitica, poiché lo
svolgimento di questo non può essere per via analitica ma solo sintetica, ovvero
mediante un calcolo.
Inoltre, la matematica è a priori (e non a posteriori), in quanto i teoremi geometrici e
aritmetici sono validi indipendentemente dall’esperienza.
Le costruzioni sintetiche a priori della matematica si appoggiano nelle intuizioni di
spazio e tempo, infatti la geometria si basa sull'intuizione pura di spazio per
dimostrare a priori le proprietà delle figure, mentre l’aritmetica determina
sinteticamente a priori la proprietà delle serie numeriche, basandosi sull’intuizione
pura di tempo e successione. Essendo a priori, la matematica è anche universale e
necessaria, e valida per tutti allo stesso modo.

DOMANDA: Perchè la matematica vale anche per la natura?


Quindi, se le matematiche sono una costruzione della nostra mente, perché valgono
anche per la natura? E perché con esse possiamo anticipare delle proprietà che
sono effettivamente così anche nella realtà?
La risposta è che, le matematiche possono venir applicate agli oggetti
dell’esperienza fenomenica poichè questa, essendo intuita nello spazio e nel
tempo (cardini della matematica) , ha già in sé una struttura geometrica e aritmetica.
In altre parole, se la forma a priori di spazio con cui ordiniamo la realtà è di tipo
euclideo, allora i teoremi della geometria euclidea varranno anche per l’intero mondo
fenomenico.

ANALITICA TRASCENDENTALE

La logica trascendentale ha come oggetto di indagine “l’origine, l’estensione e la


validità oggettiva” delle conoscenze a priori che sono proprie dell’intelletto
(analitica trascendentale) e della ragione (dialettica trascendentale).

Per Kant sensibilità e intelletto sono indispensabili alla conoscenza, poiché “i


pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche”.

Cosa sono i concetti? le categorie


Essendo le intuizioni “affezioni” (ovvero passive), i concetti sono invece “funzioni”,
ovvero operazioni attive che consistono nell’ordinare, o unificare, diverse
rappresentazioni sotto una rappresentazione comune.
I concetti possono essere:
● Concetti empirici, che derivano dall’unificazione della molteplicità dei dati
sensibili. (ricavati dall’esperienza)
● Concetti puri, o categorie, cioè le forme a priori dell’intelletto che non
derivano dall’esperienza, che rendono possibile l’unificazione del molteplice
sensibile (concetti empirici).

I concetti puri sono le categorie, ovvero concetti basilari della mente che
costituiscono le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto. Le categorie
coincidono poi con i predicati primi, ovvero sono “contenitori” entro cui rientrano tutti i
predicati possibili.

Le categorie kantiane hanno un significato esclusivamente gnoseologico-


trascendentale, in quanto rappresentano dei modi di funzionamento
dell’intelletto, che non valgono quindi per la cosa in sé ma soltanto per il fenomeno.
Kant vuole formulare una tavola completa di queste categorie; lo fa sulla base del
fatto che “pensare è giudicare”, e di conseguenza ci saranno tante categorie quante
sono le modalità di giudizio. Poiché la logica generale raggruppa i giudizi secondo
la quantità, la qualità, la relazione e la modalità, Kant fa corrispondere ad ogni tipo di
giudizio un tipo di categoria (--> tavola)

TAVOLA DELLE CATEGORIE


QUANTITA’ QUALITA’ RELAZIONE MODALITA’

unità realtà inerenza e sussistenza possibilità-impossibilità

pluralità negazione causalità e dipendenza esistenza-inesistenza

totalità limitazione comunanza necessità-contingenza

Dopo aver formulato la tavola, Kant deve giustificare la validità e l’uso di questa;
questo problema prende il nome di “deduzione trascendentale”.
La concezione kantiana di deduzione allude alla dimostrazione della legittimità di diritto di
una pretesa di fatto. → la deduzione delle categorie non consiste nel provare che esse sono
adoperate nella conoscenza scientifica, ma nel giustificare la legittimità e i limiti di tale uso
→ determinare il diritto della ragione a impiegarle.

Il problema quindi è: che cosa ci garantisce, di diritto, che la natura (che non è
creata da noi) obbedirà alle categorie, che sono forme soggettive della nostra
mente? Per lo spazio e il tempo questo problema non sussisteva, poiché un oggetto
non può apparire o essere percepito dall’uomo se non attraverso queste forme, ma
per le categorie, non è per nulla evidente che gli oggetti debbano sottostare a esse.

Le soluzioni sono:
1. l’unificazione del molteplice deriva da un’attività sintetica dell’intelletto
(La sintesi è, invece, l'unificazione che l'intelletto compie di due
intuizioni empiriche in sé prive di relazioni.)
2. Kant individua l’unità fondatrice della conoscenza nell’io penso. Senza
questa autocoscienza le rappresentazioni non sarebbero mie e
risulterebbero impossibili.
3. L’attività dell’io penso si attua tramite i GIUDIZI che sono i modi con cui
viene pensato il molteplice dell’intuizione
4. i giudizi si basano su CATEGORIE che sono i diversi modi di agire
dell’io penso (12 funzioni unificatrici della sua attività sintetica)
5. QUINDI, gli oggetti non possono essere pensati senza venire
categorizzati

Quindi il ragionamento mostra che:


- poiché tutti i pensieri presuppongono l’io penso
- e poiché l’io penso pensa tramite le categorie
- ne segue che tutti gli oggetti pensati presuppongono le categorie
→ quindi la realtà o la natura obbedisce necessariamente alle forme a priori del nostro
intelletto.

L’io penso è quindi il principio supremo della conoscenza umana, e di


conseguenza ogni realtà deve sottostare a questo per rientrare nel campo
dell’esperienza. Esso è anche ciò che rende possibile l’oggettività (cioè
l’universalità e la necessità) del sapere → senza l’io penso saremo chiusi nel cerchio
della soggettività individuale, potendo stabilire solo connessioni particolari e contingenti.

Bisogna però specificare che l’io penso di Kant non è un io creatore, in quanto ha
solamente un carattere formale, e quindi finito, che si limita a ordinare una realtà che
già preesiste.
Kant confuta infatti l’idealismo, sia quello “problematico” di Cartesio, sia quello
“dogmatico” di Berkeley. Questa confutazione risiede nella tesi che l’interiorità non
può essere concepita senza l’esteriorità, in quanto l’esperienza interna dipende
da qualcosa che si trova al di fuori di essa.

Schemi trascendentali
Con la deduzione trascendentale, Kant ha mostrato in generale come l’intelletto
condizioni la realtà fenomenica tramite le categorie, mentre con la dottrina dello
schematismo trascendentale mostra come ciò possa avvenire in concreto.

DOMANDA: Se le categorie non sono proprietà delle cose, ma concetti puri o a


priori, per quale ragione esse dovrebbero valere per le cose? Se la facoltà e
l’intelletto sono due facoltà eterogenee, quale sarà l’elemento mediatore che fa
sì che l’intelletto possa applicare alle intuizioni i propri concetti a priori?

Kant risolve il problema dicendo che l’intelletto, non potendo agire direttamente
sugli oggetti della sensibilità, agisce direttamente su di essi tramite il tempo, che
è il medium universale attraverso cui tutti gli oggetti sono percepiti → Se il tempo
condiziona gli oggetti, allora l’intelletto, condizionando il tempo, condiziona anche gli
oggetti.

Questa facoltà prende il nome di immaginazione produttiva. Per Kant, lo schema è


la rappresentazione intuitiva di un concetto, e viene distinto dall’immagine; ad
esempio, lo schema di “cane” non coincide con l’immagine particolare di questo o
quel cane, ma è una regola su cui la mia immaginazione si riferisce con un’immagine
generale di un cane, non specifica e non particolare. Questi schemi, che
corrispondono alle categorie, sono gli schemi trascendentali.

Gli schemi trascendentali sono le regole attraverso cui l’intelletto condiziona il


tempo in conformità ai propri concetti a priori. Si può anche dire che gli schemi
trascendentali sono le categorie “calate” nel tempo, ovvero le categorie tradotte in
linguaggio temporale.
● categorie di relazione: lo schema è la permanenza nel tempo ( possiamo
pensare qualcosa come sostanza a patto che permane nel tempo)
● categorie di modalità:
● categorie di quantità: lo schema è il numero ovvero la loro addizione nel
tempo
● categorie di qualità: il loro schema è la “cosalità” (assenza, presenza nel
tempo)

Il modo in cui le categorie vengono applicate è illustrato dallo schematismo


trascendentale, cioè la struttura mentale che fa da mediatrice tra i dati sensibili e
una categoria, permettendone l’applicazione coerente, tramite l’intuizione pura del
tempo al cui interno si collocano gli oggetti della conoscenza. Gli schemi possono
essere considerati come le regole per l’applicazione delle categorie.

I Principi dell’intelletto puro


Dopo aver chiarito perché gli oggetti, pur non essendo creati dalla mente, si
costituiscano già nell’esperienza in sintonia con il nostro modo di pensarli, Kant si
focalizza sui principi dell’intelletto puro, ovvero alle regole di fondo tramite cui
avviene l’applicazione delle categorie agli oggetti.

I principi dell’intelletto puro sono le enunciazioni generali che possiamo


formulare a priori sulle cose e si identificano con le leggi supreme dell’esperienza e
con le proposizioni di fondo del sapere scientifico.
Ci sono quattro gruppi, che corrispondono alle quattro categorie:
❖ assiomi dell’intuizione: tutti i fenomeni intuiti sono quantità estensive
❖ anticipazioni della percezione: ogni realtà percepita ha una quantità
intensiva, ossia un grado
❖ analogie dell’esperienza: l’esperienza è possibile solo mediante una trama
necessaria basata sulle categorie di sostanza, causa e azione reciproca
❖ postulati del pensiero empirico in generale: possibile, reale o necessario
sono, rispettivamente, ciò che si accorda con le condizioni formali, materiali e
universali dell’esperienza

La dottrina dei principi coincide con la teoria dell’io legislatore della natura; infatti,
se per natura in generale intendiamo la “conformità a leggi dei fenomeni”, cioè
quell’ordine necessario e universale che sta alla base dell’insieme di tutti i fenomeni,
risulta evidente che tale ordine non deriva dall’esperienza, bensì dall’io penso e dalle
sue forme a priori.
L’io penso e le categorie quindi riguardano solo la natura in generale, mentre le
leggi particolari possono essere desunte solo dall’esperienza.

GLI AMBITI D’USO DELLE CATEGORIE E IL CONCETTO DI


NOUMENO
L’originalità della soluzione kantiana della rivoluzione copernicana consiste
nell’intendere il fondamento del sapere in termini di possibilità e di limiti, cioè
conformemente al modo d’essere di quell’ente pensante finito che è l’uomo.
Le categorie, costituendo la facoltà logica di unificare il molteplice della sensibilità,
funzionano soltanto in rapporto al materiale che esse organizzano, ovvero in
connessione con le intuizioni spazio-temporali a cui si applicano.
Considerate di per sé, cioè senza essere riempite di dati provenienti dal senso
esterno o interno, sono vuote.
Di conseguenza, per kant il conoscere non può estendersi al di là
dell’esperienza, in quanto una conoscenza che non si riferisce ad un’esperienza
possibile non è una conoscenza, ma un pensiero vuoto.

Si distingue quindi il pensare e il conoscere, escludendo l’uso trascendentale delle


categorie e implicando che il loro unico uso possibile sia quello empirico, per il quale
vengono riferite solo ai fenomeni, ossia gli oggetti di un’esperienza determinata.
Viene inoltre usata la definizione di “cosa in sé", che si distingue dal fenomeno.

Kant sottolinea anche che l’ambito della conoscenza umana è limitato al fenomeno,
poiché la cosa in sè (il noumeno) non può essere oggetto di esperienza. Il noumeno
è quindi un concetto-limite che serve ad arginare le nostre pretese conoscitive,
infatti da un lato circoscrive le pretese della sensibilità, ricordandoci che ciò che ci
viene dato nell’intuizione spazio-temporale non è la realtà in assoluto, e dall’altro
circoscrive le arroganze dell’intelletto, ricordandoci che esso non può conoscere le
cose in sé, ma solo pensarle nella loro possibilità.

● Soggetto in sé, o soggetto noumenico, inteso come cosa in sé e in quanto


tale inconoscibile, è necessario presupporne l’esistenza in quanto il senso
interno riceve da esso dei dati.

Dialettica trascendentale
Di come sia possibile il sapere scientifico, ciò viene esplicitato nell’estetica e
nell’analitica di Kant. Nella seconda parte della logica trascendentale, (ovvero la
dialettica) Kant si preoccupa invece del problema della metafisica e se essa possa
essere o meno classificata come scienza e disposizione naturale.

In particolare, parlando di dialettica trascendentale, Kant intende l’analisi e lo


smascheramento dei ragionamenti fallaci della metafisica.

La genesi della metafisica e delle sue idee:


La metafisica è figlia della ragione, così come quest’ultima, a sua volta agli inizi,
corrisponde all’intelletto stesso, il quale, essendo la facoltà logica che unisce i dati
sensibili attraverso le categorie è molto spesso portato a voler pensare senza dati.
Kant dice poi che se l'intelletto risulta essere limitato, la ragione è tendente al
incondizionato e alla totalità così come ha una sua tendenza nel superamento
del limite.
La ragione vuole quindi occuparsi di superare conoscenza empirica e lo fa con tre
idee trascendentali, proprie della ragione stessa:
- anima → idea totalità assoluta fenomei interni
- mondo → idea totalità assoluta fenomeni esterni
- dio → totalità di tutte le totalità
Razionalmente non possono conoscerle perché non posso avere esperienza
empirica.

L’errore che fa ragione e metafisica è quello di trattare le idee come cose invece che
come esigenze conoscitive (idee regolative). L’errore in cui tende a cadere la
ragione consiste nell’illudersi che attraverso i sillogismi si possano attingere verità
non riconducibili all’esperienza.
Ora, riprendendo il discorso delle idee trascendentali (anima, mondo e Dio), a
queste tre idee corrispondono tre pseudo-scienze:
- psicologia razionale
- cosmologia razionale
- teologia razionale o naturale

La critica della psicologia razionale e della cosmologia razionale


Kant ritiene che l’anima sia oggetto della psicologia razionale, ramo della metafisica
che trasforma erroneamente l’io penso in sostanza.
Difatti, la psicologia si edifica su un paralogismo, cioè un ragionamento fallace che
consiste nel vedere l’io penso come una sostanza, trasformandolo così in una
realtà apparente che si chiama anima.

Stesso discorso vale per la cosmologia razionale, poiché noi non possiamo
conoscere sperimentalmente la totalità assoluta dei fenomeni esterni, allora anche il
discorso sulla cosmologia razionale, che pretende di far uso della nozione di mondo
(Inteso come la totalità assoluta dei fenomeni cosmici) è destinato a fallire.

Antinomie
Quando si parla di cosmologia razionale si intende lo studio del cosmos cioè
dell’ordine da un punto di vista razionale e non empirico. quindi costruire il concetto
di mondo da un punto di vista a priori. Kant si domanda quale sia l’idea di mondo
che esce dalla metafisica e cosa possiamo dire su questo in maniera razionale. Ne
tira fuori 4 antinomie: le regole con cui si costruisce questo discorso, ma che
producono due discorsi antitetici ma entrambi validi e accettabili. La ragione va
quindi in conflitto.
Le prime due antinomie sono dette essere statiche (o matematiche; cioè si
occupano di questioni fuori dal tempo e sono quantitative ma non temporizzabili) e
riguardano visone senza considerare divenire. Le altre due, dinamiche, sì.
Kant nota inoltre che mentre le tesi sono figlie del pensiero metafisico e del
razionalismo, le antitesi sono tipiche dell'empirismo e della scienza.
1. Prima Antinomia riguarda i confini dello spazio e del tempo
- tesi: Lo spazio è finito secondo il tempo e lo spazio
- antitesi: Lo spazio è infinito secondo il tempo e lo spazio
2. Seconda Antinomia: Problema continuo e discreto; o penso la realtà come
insieme di elementi semplici (e ci arrivo concettualmente e non
sperimentalmente), oppure no:
- Tesi: Tutto nel mondo consta del semplice
- Antitesi: Non vi è nulla di semplice, tutto è composto
3. Terza Antinomia: Problema della libertà e dunque determinismo e
indeterminismo. Ricordiamo che determinismo→ posizione per la quale tutti eventi
naturali sottostanno a delle regole necessarie e quindi non vi è possibilità di
intervento.
- Tesi: Vi sono nel mondo delle cause con libertà
- Antitesi: Non c’è libertà, tutto accade per le leggi della natura
4. Quarta Antinomia: problema della più o meno esistenza di un essere
assolutamente necessario nel mondo
- Nella serie delle cause cosmiche vi è un certo essere necessario
- Nella serie delle cause cosmiche non vi è un certo essere
necessario, tutto è contingente
La critica alle prove dell’esistenza di Dio:
La teologia razionale ha come oggetto Dio che per Kant è l'ideale della ragion pura
cioè il supremo “modello” personificato di ogni realtà o perfezione che i filosofi
hanno sempre inteso come l’Essere da cui derivano e dipendono tutti gli esseri.
Poichè, però, questa idea non ci dice nulla circa la sua più o meno esistenza, ci sono
sempre state una serie di prove dell’esistenza di Dio che Kant raggruppa in tre
classi:
1. Prova ontologica
2. Prova cosmologica
3. Prova fisico-teologica

� Prova ontologica (priori): Tale prova riale ad Anselmo e Kant la rivede in


forma Cartesiana: Dio in quanto essere perfetto, non può mancare di
esistenza e quindi esiste necessariamente.
Kant confuta che non è possibile passare dal piano logico a quello ontologico
questo perché l’esistenza è qualcosa che possiamo conoscere solo per via empirica.
Pertanto, quando definiamo l’essenza ci troviamo sul piano concettuale, quando
parliamo di esistenza sul piano reale.
Ma poiché l’esistenza risulta essere approvata solo per via empirica, la prova
ontologica o è impossibile non contraddittoria:
- Impossibile: se vuole derivare da un’idea una realtà
- Contraddittoria: se nell’idea del perfettissimo rientra già quella dell’esistenza
che è quella che dovrebbe dimostrare.
� Prova cosmologica (posteriori): Questa prova si basa sulla distinzione
tra contingente e necessario “se qualcosa esiste deve anche esistere
un essere assolutamente necessario” .
- Il primo limite di questa prima tesi sta nell’uso illegittimo del principio di
causa in quanto pretende di partire dagli enti eterocausati (contingenti) per
arrivare, oltre l’esperienza, all’ente incausato (necessario). Tuttavia il principio
di causa, dice Kant, connette tra di loro i fenomeni e pertanto non può
connettere i fenomeni con qualcosa di trans-fenomenico.
- Il secondo limite sta nel fatto che; una volta che ci si è innalzati all’idea del
necessario (sebbene non si sappia con esattezza che cosa esso sia), si arriva
a sostenere che l’idea di necessario coincida con quella del
perfettissimo. In questo modo si pretende di aver dimostrato la realtà. Ed
ecco come anche la prova cosmologica finisce per implicare la logica di quella
ontologica in quanto da meri concetti puri, si vuole arrivare ad affermare delle
esistenze.

� Prova fisico-teologica (posteriori): Questa prova è quella più comune a


tutti tant’è che gli stessi illuministi affermavano che non può esistere un
orologio senza orologiaio. Tuttavia, per Kant, anche questa prova risulta
essere figlia di forzature logiche e dell’utilizzo mascherato dell’argomento
ontologico.
- Per prima cosa essa parte dall’esperienza dell’ordine del mondo
pretendendo di arrivare subito all’idea di una causa ordinante trascendente
senza tener conto, però, che l’ordine della natura potrebbe essere anche una
sua conseguenza (della natura). Per dire il contrario che quindi l’ordine non
proviene dalla natura) bisogna pensare dio sia come causa dell’ordine del
mondo sia come Creatore. Ma ciò è vero fintanto che si identifichi la causa
ordinante con l’essere necessario creatore, che sarebbe la prova cosmologica
che abbiamo già visto essere non valida perché ricade a sua volta in quella
ontologica.
- Seconda cosa, noi sappiamo che nell’universo vi è una qualche gradazione
d’ordine, la quale, però, risulta essere relativa ai nostri parametri mentali e
pertanto non è né infinita né priva di imperfezioni. Pertanto non possiamo
avvalerci del diritto di affermare che la causa del mondo è infinitamente
perfetta, buona ecc. E se ciò avviene è perché noi identifichiamo la causa
ordinante con l’idea della realtà perfettissima di cui parla argomento
ontologico

E’ importante affermare che Kant non è ateo bensì agnostico in quanto ritiene che la
ragione umana non possa dimostrare né l’esistenza di dio né la sua non-esistenza.

La funzione regolativa delle idee:


Per Kant, sebbene le idee della ragion Pura non possono avere un uso costitutivo (in
quanto non servono a conoscere alcun oggetto possibile), possono e devono però
avere una funzione regolativa.
Difatti, ogni idea è una regola che spinge la ragione a dare al suo campo d’indagine
(cioè l’esperienza), oltre che la massima estensione, anche la massima unità
sistematica.

Le idee quindi cessano di valere dogmaticamente e valgono solo problematicamente


come condizioni che impegnano l’uomo nella ricerca naturale.

La nuova concezione della metafisica:


Alla vecchia metafisica dogmatica, Kant ne propone una nuova scientifica o critica
intesa come scienza dei concetti puri. Tale scienza abbraccia quindi tutte quelle
conoscenze che possono essere ottenute indipendentemente dall’esperienza,
partendo quindi dal fondamento delle strutture razionali della mente umana.

Per Kant esiste poi:


- Metafisica della natura→ studia i principi a priori della conoscenza della natura
- Metafisica dei costumi→ studia i principi a priori dell’azione morale.
→ La metafisica kantiana è quindi una scienza dei principi a priori del conoscere o
dell’agire.

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