filosofia è la critica della ragion pura di Kant. Quest’opera chiude in qualche modo l’età moderna, è la sintesi di tutte le conquiste del pensiero moderno ed è la conclusione teorica più alta dell’Illuminismo, con la Critica della ragion pratica e soprattutto con la critica del giudizio aprirà l’età romantica, quindi Kant è definito con duplice volto, un aspetto rivolto all'illuminismo del 700 e l’altro rivolto all’800 con il romanticismo. L’illuminismo era stato l’esaltazione della luce della ragione e aveva accusato di oscurantismo tutta la storia precedente, l’autorità della tradizione, della religione e della politica erano state considerate come forme di superstizione ed erano state condannate dall’illuminismo. Con Kant si istituisce un tribunale in cui la ragione è giudice e imputato al tempo stesso. Kant dunque non riconosce alcuna autorità al di sopra della ragione, la sua filosofia è dunque il culmine dell’illuminismo, questa filosofia però assume un carattere particolare ovvero il criticismo, denominato così poichè significa valutazione critica delle capacità conoscitive della ragione, infatti critica della ragion pura significa bilancio critico delle facoltà conoscitive della ragione, pura invece significa che Kant valuta la forza della ragione di per se stessa. Con Kant la filosofia non si occupa più del mondo reale, della natura, dell’oggetto bensì si occupa del soggetto conoscente, quindi dall’oggetto si passa al soggetto conoscente ovvero l’essere umano e delle sue capacità che conosce l'oggetto ovvero la natura. Questo passaggio continua per tutta l’età moderna. Kant sbocca una crisi che aveva portato a una stallo della scienza che si era formato nei due secoli precedenti, che si fondava o sull’empirismo o sul razionalismo, che arrivati verso la fine del 700 falliscono. L’empirismo fallisce perché sfocia nello scetticismo ovvero a credere che non ci sia alcuna verità, per la scienza questo è inconcepibile perché il suo obiettivo è quello di arrivare a verità universali e necessarie, che tutti quanti possano condividere. L'empirismo si fondava sulle conoscenze concrete dei sensi, basato dunque sulla conoscenza sensibile che però poi risulta fallire in quanto varia da individuo a individuo, sempre mutevole e non permette dunque di giungere all’universale, obiettivo della scienza. Allora l’empirismo si era capovolto in scetticismo. Il razionalismo invece si fonda sulle idee innate, e sul metodo deduttivo, dall’universale al particolare, ma come si fa a sostenere verità innate senza alcuna esperienza, se i concetti prescindono dalla realtà materiale come si possono applicare a quest’ultima? Questo rileva Kant è dovuto a un atto di fede, ed ecco che il razionalismo cade nel dogmatismo (verità non dimostrata). Kant riesce a sintetizzare gli elementi positivi dell’empirismo e del razionalismo liberandosi di quelli negativi. Kant critica l'empirismo e il razionalismo e per impostare la propria indagine comincia con il distinguere diversi tipi di giudizio, dove per giudizio si intende una proposizione che attribuisce un predicato a un soggetto e che perciò può essere vera o falsa. I giudizi sono gli elementi attraverso i quali esprimiamo le nostre conoscenze. Gli empiristi utilizzavano il giudizio sintetico a posteriori, sintetico perchè unisce due elementi che di per se stessi sono separati (il tavolo è rosso). A posteriori perché posso esprimere il giudizio solo dopo l’esperienza. Secondo Kant il giudizio sintetico a posteriori ha un vantaggio, in quanto la sinteticità comporta l’accrescimento della conoscenza e questo serve alla scienza, però essendo a posteriore ha una debolezza ovvero si basa sull'esperienza che risulta essere soggettiva, individuale. Il giudizio dei razionalisti è analitico a priori, l’esempio che Kant riporta è il tavolo è esteso, il giudizio è analitico poiché si tratta di proposizioni in cui il predicato è ricavato dal soggetto per analisi, cioè esplicitando quanto già implicitamente contenuto in esso. Come afferma Cartesio le cose sono res extensa, sono dunque dotate di una caratteristiche implicita: occupano uno spazio, è a priori perchè posso esprimerlo attraverso un ragionamento, senza fare riferimento all’esperienza. Il fatto che sia analitico è negativo poiché nel predicato non si fa altro che ripetere qualcosa già contenuto nel soggetto e quindi non arricchiscono la conoscenza, è vantaggioso però perchè a priori in quanto si fonda su strutture della ragione che sono presenti in ogni uomo e sono dunque universali. Kant in base a ciò introduce i giudizi sintetici a priori, sintetici poiché produttivi di nuova conoscenza, e sono a priori perché non dipendono dall’esperienza. La domanda che sintetizza l'obiettivo della critica della ragion pura deriva proprio dalla ricerca dei giudizi sintetici a priori: come sono possibili i giudizi sintetici a priori? La risposta di Kant al problema è un cambiamento radicale di prospettiva filosofica ovvero la famosa rivoluzione copernicana, Kant afferma come Copernico ha rivoluzionato astronomia, io sono il rivoluzionario della filosofia. La rivoluzione copernicana di Kant consiste nel passaggio dell’oggetto al soggetto. l’importanza di Copernico non sta nel aver sostituito il sole alla terra ma nell'aver sostenuto che il movimento degli oggetti celesti non dipende dagli astri stessi,dagli oggetti celesti ma dal soggetto osservante, che sta sulla terra che gira su stessa e proietta il suo movimento soggettivo sugli astri. Il parallelo con Copernico consiste nel fatto che come Copernico sostiene che il movimento dei corpi celesti dipende dal soggetto Kant sostiene che la legge della natura non dipende dall'oggetto bensì dal soggetto. A questo punto subentra l'accusa di Kant a tutta la filosofia precedente di dogmatismo. Ciò comporta delle conseguenze, ovvero che la soggettività diventa universalità, fino a Kant la soggettività era associata all'individualità, l'oggettivo invece con l’universale. Kant invece afferma il contrario, il soggettivo è universale, per soggettivo intende la ragione che è uguale in tutti gli uomini, ecco perchè si è capovolta la prospettiva filosofica. Un’altra conseguenza è che se il soggetto applica le forme della ragione ai contenuti che sono nella natura la conoscenza è sempre composto da due ingredienti, un contenuto che viene all’esterno, che Kant chiama dato, questo contenuto si presenta sempre con una forma che gli viene data dalla ragione, ciò implica che la conoscenza è fenomenica, ovvero acquisita tramite l’esperienza. Ogni conoscenza quindi per Kant inizia con l’esperienza ma non si riduce ad essa perché gran parte del nostro processo conoscitivo consiste nel filtrare l’esperienza stessa tramite le nostre strutture conoscitive, uguali in tutti gli uomini. Kant articola un discorso molto complesso e ampio su quali sono le forme che l’uomo applica ai contenuti, ricordiamo che la conoscenza è sempre contenuto che mi viene dato più la forma cioè un elemento di organizzazione che applico io. Queste diverse forme che l’uomo applica alla realtà si manifestano nelle sue tre facoltà superiori, chiamate tutte e tre ragione e sono l’intuizione, l’intelletto e la ragione in senso stretto. Queste funzionano con delle forme che applichiamo al contenuto, le forme dell’intuizione sono lo spazio e il tempo. Kant dice la prima forma di organizzazione della realtà è comune a tutti gli uomini ed è l’inquadramento nello spazio e nel tempo, che sono delle forme trascendentali a priori dell’esperienza. ovvero le forme a priori delle intuizioni, dell’intelletto e della ragione sono tutte trascendentali a priori ossia che non derivano dalla realtà sensibile , ma non si tratta come per i razionalisti di un'idea o di un contenuto che ho in testa, bensì si tratta di un meccanismo di organizzazione. Kant afferma che lo spazio è una relazione spaziale che viene introdotta dal soggetto, la collocazione spaziale è universale, qualunque essere umano colloca le cose nello spazio alla stessa maniera di qualunque essere umano. Lo spazio dunque non deriva dall’esperienza, non è un idea della mia mente ma è la forma trascendentali a priori delle esperienze esterne. Allo spazio segue il tempo che è la forma trascendentale a priori delle esperienze interne,attraverso il quale percepiamo i nostri stati interiori come se fosse l’uno successivo all’altro. Dalla concezione dello spazio e del tempo emerge come per Kant la sensibilità non ci presenta gli oggetti in quanti tali ma filtrati dalle nostre forme a priori: il soggetto vedo la realtà attraverso delle lenti colorate inamovibili, secondo Kant i noumeni, le cose in sé, sono inaccessibili alla conoscenza umana. Quando un oggetto viene inquadrato nello spazio e nel tempo viene rielaborato dall’intelletto, se una cosa non è stato inquadrata nello spazio e nel tempo non può passare all’elaborazione fatta dall’intelletto. L’intelletto individua 12 forme a priori che prendono il nome di categorie o concetti, che per i razionalisti erano idee a priori mentre per gli empiristi si costruivano per astrazione dai dati sensibili. Per Kant invece le categorie sono meccanismi di unificazione della realtà. Kant analizza tutti i tipi di giudizi, e sostiene che tutti i giudizi si possono riunire in 12 tipi di giudizi, ci sono dunque 12 meccanismi di congiunzione di soggetto e predicato. Le 12 categorie sono: l’esistenza, la negazione, la casualità e la reciprocazione sono tra le più importanti. A questo punto Kant si preoccupa del fatto le categorie non sono qualcosa di materiale e dunque potrebbe cadere egli stesso nell'accusa di dogmatismo, in realtà poiché in parte della critica della ragion pura che prende il nome di schematismo trascendentale, Kant dimostra che tutte le categorie sono degli schemi temporali, per esempio l’esistenza è la presenza puntuale nel tempo, la casualità è una successione temporale e così via, tutte le esperienze esterne e interne sono tutte inquadrate nella forma del tempo e dunque il tempo diviene il ponte di collegamento tra il mondo materiale e il mondo mentale. Kant riesce dunque a evadere dall’accusa di dogmatismo. A questo punto Kant afferma che esistono delle scienze che sono perfettamente valide e che si possono coltivare,e sono la matematica e la fisica, perché la matematica si divide in geometria e aritmetica. La geometria si fonda sulla forma a priori dello spazio, l’aritmetica si fonda sulla forma a priori del tempo, la successione temporale da vita alla successione dei numeri. La fisica si fonda sulle categorie di sostanza e casualità, cerca i rapporti di causa effetto tra i fenomeni, è dunque una scienza. Però la metafisica non è una scienza. Perché si propone di studiare tre realtà che sono il mondo nella sua interezza, l’anima e Dio, tre entità che non si presentano mai nello spazio e nel tempo e dunque ad esse non si possono applicare le categorie e dunque la metafisica non è possibile come scienza. La ragione in senso stretto ha la pretesa di cogliere la totalità, di afferrare il mondo, l’anima e dio. La ragione è un organo sintetico che pretende di cogliere insiemi globali. La ragione funziona con tre idee, che sono appunto anima, mondo e dio. Sono tre meccanismi di unificazione dei dati, come se l’intelletto fornisse tante tessere di un mosaico, la ragione prendesse queste tessere creando dei mosaici complessivi, la sintesi di tutte le esperienze interne e esterne. Kant sottolinea che la metafisica che pretende di studiare questi tre oggetti fa un errore fondamentale, ovvero scambia queste tre idee come tre cose, da luogo a tre branche della metafisica: la cosmologia razionale, psicologia razionale e teologia razionale, che ritiene tutte e tre sbagliate, perché cambiano le idee che sono delle regole di unificazione dell’esperienza, allora Kant articola ulteriormente questa critica sostenendo che è presente anche una debolezza che si mostra attraverso l'analisi storica, ovvero se consideriamo la cosmologia razionale, sono 2500 anni che sul mondo si dicono le cose più opposte, le scienze singole, che si occupano di problemi limitati prima o poi oi giungono a delle conclusioni univoche, la metafisica del cosmo invece arriva da 2500 anni a delle contrapposizioni tra tesi, elenca le antinomie della cosmologia razionale. Kant delinea una dialettica a due termini, tesi e antitesi. Per quanto riguarda la psicologia razionale, che è la parte della metafisica che si occupa dell'anima compie un ragionamento sbagliato più precisamente un paralogismo, cioè prende una funzione che Kant chiama io penso, un insieme di tutte le categorie della ragione e lo fa divenire un sostantivo, il soggetto anima. Anche qua la psicologia razione non giunge a una tesi universale per alcuni è materiale, immateriale, immortale o mortale e così via. Non si tratta quindi di una scienza. Per quanto riguarda la teologia razionale, ci sono due strade per raggiungere la dimostrazione dell’esistenza di Dio: le 5 vie di San TOMMASO o anche dette prova cosmologica dove si parte dal sensibile e si arriva all’essere supremo. oppure la prova ontologica di sant'anselmo ripresa da cartesio, la quale dimostra l'esistenza dell’ente perfetto analizzando la sua essenza, ovvero DIO in quanto ente perfetto possiede tutte le definizioni e dunque anche l’esistenza. Kant illustra la propria concezione con l’esempio dei 100 talleri: un conto è avere la nozione di 100 talleri e un altro è avere realmente 100 talleri nelle tasche. Ma l’esistenza per Kant è una delle 12 categorie, e si può applicare come categorie solo a qualcosa che si è già manifestato nello spazio e nel tempo, Dio non lo fa, allora non gli si può applicare la categoria dell’esistenza. Ma ciò che è interessante è che comunque non è possibile attribuire a Dio la non esistenza, perché la negazione anche è una categoria. Si può dire che nella critica della ragion pura Kant non è ateo, ma agnostico,non conoscendolo non può affermare la sua esistenza. In questo modo apre un’altra strada, ossia Dio come oggetto di fede, ma in fondo apre una strada ancora più interessante la dimostrazione di Dio e dell’anima come esigenze dell’uomo morale. La Critica della ragion pura si conclude con il fatto che la teologia e la metafisica non sono una scienza, ma Kant rivela che la Metafisica viene dalla ragione in senso stretto, dalla facoltà più elevata dell’uomo, Kant parla di un illusione trascendentale, ovvero la ragione ha l’illusione trascendentale di poter cogliere Dio. Kant afferma che non lo può cogliere perché Dio sfugge a un fatto conoscitivo, però rimane il fatto che questa esigenza di totalità, di anima mondo nasce dalla facoltà più elevata dell’uomo cioè la ragione. Bisogna dunque trovare una strada per giustificare questa esigenza, questa strada Kant cerca di delinearla nella critica della ragion pratica. Kant conclude affermando che del finito è possibile la scienza, dell’infinito non è possibile la scienza. Kant afferma che l’uomo ha una potenza nella conoscenza, la ragione umana è forte però solo nella conoscenza del finito, l’infinito non lo riesce ad affrontare la ragione, che sarà tema della critica della ragion pratica. LA CRITICA DELLA RAGION PRATICA Secondo Kant, la ragione non ha soltanto un uso teorico, in base al quale conosce gli oggetti,ma anche un uso pratico con il quale determina la volontà volgendo all'azione morale. è questo il tema affrontato nella Critica Della Ragion Pratica la seconda grande opera di Kant. Infatti l'intento di Kant stavolta è criticare la Ragion Pratica nella sua dimensione empirica,ovvero quando rimane troppo legata all'esperienza e non prevale la sua parte pura. In parole povere Kant vuole criticare il comportamento dell'uomo quando risulta troppo condizionato dall’istinto e dalla sensibilità e non segue invece la morale. Cosa intende Kant quando parla di morale?Secondo il filosofo in ogni uomo esiste una legge morale a priori, che sia dunque universale cioè valida per tutti, necessaria cioè sempre valida in ogni momento della storia e in ogni luogo, autonoma cioè che sia sciolta da condizionamenti dall’istinto e della sensibilità,con ciò si prolifera un’indipendenza dell’uomo dalle circostanze materiali,ossia il fenomeno. Si sta aprendo una nuova strada al noumeno, inconoscibile nella Critica della ragion pura, poiché Kant afferma che io sono autonomo rispetto al mondo materiale. Inoltre la morale kantiana è intenzionale,perchè la ragione mi indica una strada,io nonostante la mia natura, devo mettere tutte le forze, devo avere l’intenzione di perseguire la scelta indicata dalla ragione. Se poi nonostante l’intenzione non riesco a compiere l’azione buona, risulterò essere comunque buono, poiché ho adeguato la volontà alla ragione. Secondo Kant tale morale deve fondarsi su dei principi pratici universali ovvero validi per tutti e questi sono: ● Soggettivi e prendono il nome di massime,sono
delle regole su cui ognuno di noi regola il proprio
agire. ● le singole azioni concretamente compiute da un individuo. ● Infine vi sono le leggi considerate oggettive, hanno cioè carattere di universalità e sono valide per chiunque. La Critica Della Ragion Pratica si basa proprio sulla convinzione che ogni uomo, grazie alla propria ragione, sia in grado di riconoscere la legge morale, ovvero una legge che è capace di guidare il comportamento in modo stabile Indipendentemente dalle situazioni. La legge morale non vale soltanto per l'uomo ma anche per qualsiasi altro essere dotato di ragione, l'uomo però possiede un corpo e una sensibilità ed è spinto da impulsi e istinti ad agire in vista della conservazione della vita e della ricerca del piacere. Dunque gli essere umani sono sottoposti non soltanto alla legge della ragione ma anche alla legge della natura e molte delle loro scelte nascono proprio da un conflitto tra l'una e l'altra.L'uomo non obbedisce spontaneamente alla legge morale ed è per questo che essa gli si presenta come un imperativo,è dunque necessario uno sforzo da parte del soggetto. Kant individua due tipi di imperativi: ● Gli imperativi ipotetici o strumentali: così chiamati perché sono esprimibili per mezzo di un giudizio ipotetico. Tali imperativi sono dettati dalla ragione, che non indica i fini che devono essere perseguiti bensì i mezzi necessari per conseguirli. Gli imperativi ipotetici sono una sorta di calcolo razionale, il quale ci indica ciò che dobbiamo fare per ottenere un piacere o utile. Questo non sono assoluti e non indicano dei comandi morali. Si divindono in:imperativi dell’abilità, ossia quelli che indicano una capacità resa possibile da uno strumento, e imperativi della prudenza, questi possono dare l’impressione di essere morali ma in realtà non lo sono,che sono dei consigli per perseguire il proprio ideale di vita (devi risparmiare, per poter avere una vecchiaia serena). ● Gli imperativi categorici: impongono un comportamento in modo assoluto.Tale imperativo è quindi universale e necessario, cioè vale per ogni uomo in qualunque circostanza, ed è puramente formale in quanto non impone alcun comportamento specifico. Ha un valore morale. Per Kant gli imperativi categorici hanno il valore di una legge dunque la legge morale kantiana dovrà fondarsi sugli imperativi categorici. In sintesi la legge morale è universale e necessaria,in quanto è dettata dalla ragione (riconoscibile da tutti gli uomini),è autonoma in quanto non deriva da nessun comando esterno e solo da esse deriva ciò che bene e ciò che è male, è formale,ovvero valida a prescindere da fini particolari e concezioni specifiche del bene ed è rigorosa. In virtù il suo carattere universale, necessario e formale l'imperativo categorico è fondamentalmente uno solo. Tuttavia Kant ne fornisce tre diverse formulazioni: ● «agisci in modo che la massima della tua volontà possa sempre valere nello stesso tempo come principio di una legislazione universale». Che esprime il carattere universale della legge. Invita gli uomini ad agire nei confronti del nostro prossimo nello stesso modo in cui vorremmo che egli si comportasse con noi. ● <<Agisci in modo da trattare l'umanità, così nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine e mai semplicemente come un mezzo>>. In questa seconda formula la ragione, riconosce sé stessa come oggetto della moralità. L’imperativo ordina infatti di rispettare l'uomo in quanto essere razionale, riconoscendolo come una persona e non come una cosa. Si fa riferimento all’ideale di Fratellanza. ● <<Agisci in modo tale che la volontà, in base alla massima, possa considerare contemporaneamente se stessa come universalmente legislatrice>>. In questo caso si vuole sottolineare l’autonomia del soggetto morale, il quale è certo sottoposto al potere della legge ma ne è contemporaneamente l'autore. Ciò è riportato nella Dottrina degli imperativi. Come si evince dalle tre formulazioni dell'imperativo categorico non esistono azioni buone o cattive in sé: ciò che le rende tali e l'intenzione con cui vengono compiute. Sulla base di ciò Kant propone un criterio per giudicare se un comportamento sia morale o meno.Per lui non è sufficiente che un'azione sia compiuta secondo il dovere ma bisogna che sia compiuta per il dovere, non conta quindi il contenuto ma la forma (esempio banale: aiuto un anziano ad attraversare la strada perché agisco per il dovere, non per una ricompensa). I sentimenti non devono avere alcuna parte nel motivare l'azione morale perché quest'ultimi risultano essere oggettivi e in quanto tali potrebbero compromettere l'universalità che deve caratterizzare la moralità. Inoltre secondo Kant l'uomo con la morale è libero, pone di per sé la propria legge morale e può svincolarsi da tutti i condizionamenti del mondo fisico,è proprio attraverso una morale che lui scopre la sua libertà. La legge morale prescrive il dovere e implica la possibilità di adempirlo,ma è anche vero che quest'ultima è comunque un imperativo categorico il quale va soddisfatto in maniera assoluta e totale, ciò che il dovere impone di conseguire è dunque la santità. In Kant questa parola non ha un significato religioso, indica piuttosto la perfetta e totale della volontà alla legge morale. Ma a causa dei limiti della sua natura non potrà mai conseguire tale forma di perfezione morale, l'unico modo per uscire dalla contraddizione consiste nell'ammettere l’immortalità dell'anima. La santità costituisce per Kant il bene supremo, cioè il bene più alto a cui la volontà deve tendere, che però non ci conduce alla felicità nonostante ne risultiamo degni. L'essere umano è infatti razionale e sensibile pertanto gli risulta difficile accettare una situazione in cui la perfetta moralità non si accompagna alla felicità. Per questo l'obiettivo morale ultimo dell'uomo è un mondo in cui la perfetta virtù sia unita alla perfetta felicità e questo costituisce per Kant il bene sommo,cioè il Bene pieno e perfetto che consiste nell'unione di virtù e felicità. La libertà dell'uomo, l'immortalità dell'anima e l'esistenza di Dio sono considerati da Kant come I postulati(i postulati sono verità indimostrabili, che senza le quali non si possono ammettere altre verità)etici della ragione pratica,queste tre servono proprio per dare una spiegazione alla vita morale. La libertà, assente nella critica della ragion pura poiché l’uomo per conoscere acquisisce solo il dato e poi lo rielabora attraverso la ragione, ma senza il dato non può compiere la conoscenza, dunque in questa prima critica l’uomo risulta essere passivo e privo di libertà , è importante perché secondo Kant se non c’è la libertà di scegliere tra bene e il male, allora non c’è morale, e quindi il dovere senza libertà non sarebbe una scelta ma un obbligo . Il secondo postulato è l’immortalità dell’anima, l’uomo vuole far prevalere il bene intenzionale, nonostante prevalga sempre il male, e quindi ha l’esigenza di una prosecuzione della sua vita in maniera indefinita, di una possibilità d’azione immortale per tentare di adeguare la realtà al bene. L’ultimo postulato è Dio, secondo Kant per l’uomo morale la virtù e la felicità non coincidono, quindi quest’ultimo accetta le umiliazioni ma postula un Dio giusto che ricompensa la virtù con la felicità. In virtù di tali postulati l'uomo acquisisce la certezza della propria libertà,immortalità e dell'esistenza di Dio pur senza poterne mai avere propriamente conoscenza.Ne emerge così una fede morale, cioè una credenza religiosa in quanto fondata non su una rivelazione Divina ma sul razionalismo della morale. A questo punto Kant si trova davanti a un dualismo tra la critica della ragion pura e pratica, perchè nella prima l’uomo è fermo al fenomeno e ha una visione del mondo meccanicistica, inoltre è privato della libertà, nella seconda con i tre postulati si avvicina al mondo noumenico e acquista la libertà, in più si pone il fine del bene(finalismo). La contraddizione tra le due è che nella prima la natura non presente nessun fine, quest’ultima invia solo dei dati all’uomo, che poi li rielabora, nella seconda c’è l’uomo morale che si pone il fine del bene. Nella terza critica Kant cerca un modo per superare questa contraddizione.
LA CRITICA DEL GIUDIZIO(1790)
La terza opera di Kant conosciuta come la critica del giudizio costituisce una sorta di ponte fra le prime due. L’uomo è in bilico tra due mondi, quello della natura è quello della morale. Nel primo non esisteva la libertà in quanto tutto è determinato dal meccanismo delle leggi naturali, nel secondo invece, l’uomo è libero. La terza opera di Kant riesce a far dialogare i due mondi mediante una terza facoltà:il sentimento, che esprime un giudizio intermedio tra il giudizio conoscitivo e quello pratico. Grazie a questo l'uomo riesce a vivere e pensare quella finalità negata nella realtà della scienza e solo postulata nel campo della morale. Kant sottopone al tribunale della ragione il sentimento. Apre la critica del giudizio chiarendo che esistono due tipi di giudizi diversi:un giudizio determinante, analizzato da Kant nella critica della ragion pura, ovvero i giudizi sintetici a priori,che rendono possibile la conoscenza del mondo della natura attraverso le forme a priori dello spazio e del tempo, e un giudizio riflettente, analizzato nella critica del giudizio, ossia quello che riflette sul rapporto che si crea tra soggetto che formula il giudizio e oggetto del giudizio stesso. Questi giudizi esprimono l’esigenza di una finalità, che è scaturita da un sentimento. Egli si chiede come avviene questo finalismo, e come risposta offre due modi, dividendo i giudizi riflettenti a loro volta in due tipi: ● I giudizi estetici che hanno per oggetto la bellezza ed esprimono un modo soggettivo.Sono a loro volta divisi in giudizio empirico e puro. Il giudizio empirico implica un piacere soggettivo derivante dai sensi, perciò individuale. Mentre il giudizio estetico puro deriva dalla contemplazione della forma di un oggetto. ● Giudizi teleologici che prendono in considerazione l’ordine della natura ed esprimono il modo oggettivo. Primo dei giudizi riflettenti è il giudizio estetico ovvero ciò che reputiamo bello genera in noi un sentimento di piacere. Ricordiamo che per i razionalismo il bello era qualcosa di perfetto, di armonia dei sensi, mentre invece per gli empiristi il bello non è una caratteristica dell’oggetto ma un effetto, cioè il piacere che l’oggetto provoca sul soggetto. La bellezza per Kant non è ciò che piace, ma si basa su un criterio che viene elaborato dai giudizi estetici o di gusto, attraverso delle categorie di qualità, quantità, modalità e relazione: ● ciò che ci piace universalmente senza concetto, cioè il bello è bello per tutti a prescindere dai gusti individuali(quantità). Questo perché è un giudizio che non dipende dall’intelletto ma dal sentimento. ● È oggetto di un piacere disinteressato: una cosa è bella solo perché è bella(qualità). ● Manifesta una finalità senza uno scopo.L'oggetto del nostro piacere è bello solo per noi e esiste solo per generare in noi un senso di armonia. (Relazione) ● È oggetto di un piacere considerato necessario. Cioè ci sentiamo obbligati a provare piacere davanti a un certo oggetto bello.(Modalità) Com'è possibile che il sentimento del bello sia universale? La risposta di Kant è che in tutti gli uomini esiste un senso comune del gusto,ovvero un'identica struttura mentale che ci permette di sentire che l'oggetto è in accordo con le nostre esigenze, generando in noi un senso di armonia e di serenità.Infatti la bellezza secondo Kant non è una proprietà dell'oggetto ma nasce solo da un accordo tra il soggetto e l'oggetto. Egli crea un autonomia del bello dalla conoscenza e dalla pratica. In particolare per quanto riguarda la pratica, il bello è indipendente dal piacevole e dall’utile e al bene, non posso giudicare un’opera d’arte, ad esempio, in base a se è morale o meno. Egli articola il bello in aderente e libero, dove per bello libero si intendono ad esempio ornamenti decorativi, qualcosa che non si riferisce a nessuna realtà, il bello aderente è più difficile da cogliere nella sua purezza, è quello che aderisce ad un immagine.Nel giudizio estetico rientra anche il sublime,è una forma di bellezza che affianca il bello, non genera soltanto piacere ma anche paura e sgomento, è infatti il sentimento che l'uomo prova dinanzi alla grandiosità della natura attraverso il sublime l'individuo è in grado di scoprire la sua grandezza spirituale. Il giudizio teleologico consiste nell'attribuire un fine al bello e al biologico. Nel bello colgo una finalità soggettiva,perché l’oggetto bello sembra essere fatto apposta per suscitare in me(soggetto) un senso di armonia. Quindi il bello e il sublime vertono al soggetto, e derivati da giudizi riflettenti estetici con una finalità soggettiva. Invece nel giudizio teleologico il giudizio è di finalità oggettiva, perchè nell’oggetto biologico, ossia l’organismo, le singole parti, ossia gli organi, vertono al fine di tenere in vita l’organismo stesso. Kant intuisce che la natura nel suo complesso è tutta quanta un organismo vivente, allora in essa le parti sono funzionali al tutto, tutta la natura è fatta con il fine di far vivere l’uomo. Ma l’uomo si pone il fine del bene, quindi la natura sembra favorire la ricerca del bene da parte dell’uomo. La natura si concilia con l'uomo, la critica della ragion pura con la critica della ragion pratica, nella terza critica Kant sta rendendo accessibile il noumeno da un altro punto di vista, non quello conosciuto, ma attraverso il giudizio riflettente, conosce una realtà superiore. Ma tale finalità che noi consideriamo oggettiva in realtà risponde soltanto ad un'esigenza soggettiva dell’uomo di trovare un senso,una spiegazione a ciò che è intorno a noi.Il giudizio teleologico è universale quando tutti gli uomini sentono l'esigenza di scorgere un fine di ciò che esiste e di ricondurlo al disegno di un Dio. Ma la teologia ricorda Kant non ha nessun fondamento scientifico nonostante risponda ad un bisogno dell'uomo di colmare la spiegazione deterministica della realtà.