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LA CRITICA DELLA RAGION PURA

Una delle opere più importanti della storia della


filosofia è la critica della ragion pura di Kant.
Quest’opera chiude in qualche modo l’età moderna, è
la sintesi di tutte le conquiste del pensiero moderno
ed è la conclusione teorica più alta dell’Illuminismo,
con la Critica della ragion pratica e soprattutto con la
critica del giudizio aprirà l’età romantica, quindi Kant è
definito con duplice volto, un aspetto rivolto
all'illuminismo del 700 e l’altro rivolto all’800 con il
romanticismo.
L’illuminismo era stato l’esaltazione della luce della
ragione e aveva accusato di oscurantismo tutta la
storia precedente, l’autorità della tradizione, della
religione e della politica erano state considerate come
forme di superstizione ed erano state condannate
dall’illuminismo.
Con Kant si istituisce un tribunale in cui la ragione è
giudice e imputato al tempo stesso.
Kant dunque non riconosce alcuna autorità al di sopra
della ragione, la sua filosofia è dunque il culmine
dell’illuminismo, questa filosofia però assume un
carattere particolare ovvero il criticismo, denominato
così poichè significa valutazione critica delle capacità
conoscitive della ragione, infatti critica della ragion
pura significa bilancio critico delle facoltà conoscitive
della ragione, pura invece significa che Kant valuta la
forza della ragione di per se stessa.
Con Kant la filosofia non si occupa più del mondo
reale, della natura, dell’oggetto bensì si occupa del
soggetto conoscente, quindi dall’oggetto si passa al
soggetto conoscente ovvero l’essere umano e delle
sue capacità che conosce l'oggetto ovvero la natura.
Questo passaggio continua per tutta l’età moderna.
Kant sbocca una crisi che aveva portato a una stallo
della scienza che si era formato nei due secoli
precedenti, che si fondava o sull’empirismo o sul
razionalismo, che arrivati verso la fine del 700
falliscono.
L’empirismo fallisce perché sfocia nello scetticismo
ovvero a credere che non ci sia alcuna verità, per la
scienza questo è inconcepibile perché il suo obiettivo è
quello di arrivare a verità universali e necessarie, che
tutti quanti possano condividere.
L'empirismo si fondava sulle conoscenze concrete dei
sensi, basato dunque sulla conoscenza sensibile che
però poi risulta fallire in quanto varia da individuo a
individuo, sempre mutevole e non permette dunque di
giungere all’universale, obiettivo della scienza.
Allora l’empirismo si era capovolto in scetticismo. Il
razionalismo invece si fonda sulle idee innate, e sul
metodo deduttivo, dall’universale al particolare, ma
come si fa a sostenere verità innate senza alcuna
esperienza, se i concetti prescindono dalla realtà
materiale come si possono applicare a quest’ultima?
Questo rileva Kant è dovuto a un atto di fede, ed ecco
che il razionalismo cade nel dogmatismo (verità non
dimostrata).
Kant riesce a sintetizzare gli elementi positivi
dell’empirismo e del razionalismo liberandosi di quelli
negativi.
Kant critica l'empirismo e il razionalismo e per
impostare la propria indagine comincia con il
distinguere diversi tipi di giudizio, dove per giudizio si
intende una proposizione che attribuisce un predicato
a un soggetto e che perciò può essere vera o falsa. I
giudizi sono gli elementi attraverso i quali esprimiamo
le nostre conoscenze.
Gli empiristi utilizzavano il giudizio sintetico a
posteriori, sintetico perchè unisce due elementi che di
per se stessi sono separati (il tavolo è rosso). A
posteriori perché posso esprimere il giudizio solo dopo
l’esperienza. Secondo Kant il giudizio sintetico a
posteriori ha un vantaggio, in quanto la sinteticità
comporta l’accrescimento della conoscenza e questo
serve alla scienza, però essendo a posteriore ha una
debolezza ovvero si basa sull'esperienza che risulta
essere soggettiva, individuale.
Il giudizio dei razionalisti è analitico a priori, l’esempio
che Kant riporta è il tavolo è esteso, il giudizio è
analitico poiché si tratta di proposizioni in cui il
predicato è ricavato dal soggetto per analisi, cioè
esplicitando quanto già implicitamente contenuto in
esso.
Come afferma Cartesio le cose sono res extensa, sono
dunque dotate di una caratteristiche implicita:
occupano uno spazio, è a priori perchè posso
esprimerlo attraverso un ragionamento, senza fare
riferimento all’esperienza. Il fatto che sia analitico è
negativo poiché nel predicato non si fa altro che
ripetere qualcosa già contenuto nel soggetto e quindi
non arricchiscono la conoscenza, è vantaggioso però
perchè a priori in quanto si fonda su strutture della
ragione che sono presenti in ogni uomo e sono dunque
universali.
Kant in base a ciò introduce i giudizi sintetici a priori,
sintetici poiché produttivi di nuova conoscenza, e sono
a priori perché non dipendono dall’esperienza.
La domanda che sintetizza l'obiettivo della critica della
ragion pura deriva proprio dalla ricerca dei giudizi
sintetici a priori: come sono possibili i giudizi sintetici a
priori?
La risposta di Kant al problema è un cambiamento
radicale di prospettiva filosofica ovvero la famosa
rivoluzione copernicana, Kant afferma come Copernico
ha rivoluzionato astronomia, io sono il rivoluzionario
della filosofia. La rivoluzione copernicana di Kant
consiste nel passaggio dell’oggetto al soggetto.
l’importanza di Copernico non sta nel aver sostituito il
sole alla terra ma nell'aver sostenuto che il movimento
degli oggetti celesti non dipende dagli astri stessi,dagli
oggetti celesti ma dal soggetto osservante, che sta
sulla terra che gira su stessa e proietta il suo
movimento soggettivo sugli astri.
Il parallelo con Copernico consiste nel fatto che come
Copernico sostiene che il movimento dei corpi celesti
dipende dal soggetto Kant sostiene che la legge della
natura non dipende dall'oggetto bensì dal soggetto.
A questo punto subentra l'accusa di Kant a tutta la
filosofia precedente di dogmatismo.
Ciò comporta delle conseguenze, ovvero che la
soggettività diventa universalità, fino a Kant la
soggettività era associata all'individualità, l'oggettivo
invece con l’universale.
Kant invece afferma il contrario, il soggettivo è
universale, per soggettivo intende la ragione che è
uguale in tutti gli uomini, ecco perchè si è capovolta la
prospettiva filosofica.
Un’altra conseguenza è che se il soggetto applica le
forme della ragione ai contenuti che sono nella natura
la conoscenza è sempre composto da due ingredienti,
un contenuto che viene all’esterno, che Kant chiama
dato, questo contenuto si presenta sempre con una
forma che gli viene data dalla ragione, ciò implica che
la conoscenza è fenomenica, ovvero acquisita
tramite l’esperienza.
Ogni conoscenza quindi per Kant inizia con
l’esperienza ma non si riduce ad essa perché gran
parte del nostro processo conoscitivo consiste nel
filtrare l’esperienza stessa tramite le nostre strutture
conoscitive, uguali in tutti gli uomini.
Kant articola un discorso molto complesso e ampio su
quali sono le forme che l’uomo applica ai contenuti,
ricordiamo che la conoscenza è sempre contenuto che
mi viene dato più la forma cioè un elemento di
organizzazione che applico io.
Queste diverse forme che l’uomo applica alla realtà si
manifestano nelle sue tre facoltà superiori, chiamate
tutte e tre ragione e sono l’intuizione, l’intelletto e la
ragione in senso stretto.
Queste funzionano con delle forme che applichiamo al
contenuto, le forme dell’intuizione sono lo spazio e il
tempo. Kant dice la prima forma di organizzazione
della realtà è comune a tutti gli uomini ed è
l’inquadramento nello spazio e nel tempo, che sono
delle forme trascendentali a priori dell’esperienza.
ovvero le forme a priori delle intuizioni, dell’intelletto e
della ragione sono tutte trascendentali a priori ossia
che non derivano dalla realtà sensibile , ma non si
tratta come per i razionalisti di un'idea o di un
contenuto che ho in testa, bensì si tratta di un
meccanismo di organizzazione.
Kant afferma che lo spazio è una relazione spaziale
che viene introdotta dal soggetto, la collocazione
spaziale è universale, qualunque essere umano
colloca le cose nello spazio alla stessa maniera di
qualunque essere umano. Lo spazio dunque non
deriva dall’esperienza, non è un idea della mia mente
ma è la forma trascendentali a priori delle esperienze
esterne.
Allo spazio segue il tempo che è la forma
trascendentale a priori delle esperienze
interne,attraverso il quale percepiamo i nostri stati
interiori come se fosse l’uno successivo all’altro.
Dalla concezione dello spazio e del tempo emerge
come per Kant la sensibilità non ci presenta gli oggetti
in quanti tali ma filtrati dalle nostre forme a priori: il
soggetto vedo la realtà attraverso delle lenti colorate
inamovibili, secondo Kant i noumeni, le cose in sé,
sono inaccessibili alla conoscenza umana.
Quando un oggetto viene inquadrato nello spazio e nel
tempo viene rielaborato dall’intelletto, se una cosa non
è stato inquadrata nello spazio e nel tempo non può
passare all’elaborazione fatta dall’intelletto.
L’intelletto individua 12 forme a priori che prendono il
nome di categorie o concetti, che per i razionalisti
erano idee a priori mentre per gli empiristi si
costruivano per astrazione dai dati sensibili.
Per Kant invece le categorie sono meccanismi di
unificazione della realtà.
Kant analizza tutti i tipi di giudizi, e sostiene che tutti i
giudizi si possono riunire in 12 tipi di giudizi, ci sono
dunque 12 meccanismi di congiunzione di soggetto e
predicato.
Le 12 categorie sono: l’esistenza, la negazione, la
casualità e la reciprocazione sono tra le più importanti.
A questo punto Kant si preoccupa del fatto le categorie
non sono qualcosa di materiale e dunque potrebbe
cadere egli stesso nell'accusa di dogmatismo, in realtà
poiché in parte della critica della ragion pura che
prende il nome di schematismo trascendentale, Kant
dimostra che tutte le categorie sono degli schemi
temporali, per esempio l’esistenza è la presenza
puntuale nel tempo, la casualità è una successione
temporale e così via, tutte le esperienze esterne e
interne sono tutte inquadrate nella forma del tempo e
dunque il tempo diviene il ponte di collegamento tra il
mondo materiale e il mondo mentale.
Kant riesce dunque a evadere dall’accusa di
dogmatismo.
A questo punto Kant afferma che esistono delle
scienze che sono perfettamente valide e che si
possono coltivare,e sono la matematica e la fisica,
perché la matematica si divide in geometria e
aritmetica.
La geometria si fonda sulla forma a priori dello spazio,
l’aritmetica si fonda sulla forma a priori del tempo, la
successione temporale da vita alla successione dei
numeri.
La fisica si fonda sulle categorie di sostanza e
casualità, cerca i rapporti di causa effetto tra i
fenomeni, è dunque una scienza.
Però la metafisica non è una scienza. Perché si
propone di studiare tre realtà che sono il mondo nella
sua interezza, l’anima e Dio, tre entità che non si
presentano mai nello spazio e nel tempo e dunque ad
esse non si possono applicare le categorie e dunque la
metafisica non è possibile come scienza.
La ragione in senso stretto ha la pretesa di cogliere la
totalità, di afferrare il mondo, l’anima e dio.
La ragione è un organo sintetico che pretende di
cogliere insiemi globali.
La ragione funziona con tre idee, che sono appunto
anima, mondo e dio.
Sono tre meccanismi di unificazione dei dati, come
se l’intelletto fornisse tante tessere di un mosaico, la
ragione prendesse queste tessere creando dei mosaici
complessivi, la sintesi di tutte le esperienze interne e
esterne.
Kant sottolinea che la metafisica che pretende di
studiare questi tre oggetti fa un errore fondamentale,
ovvero scambia queste tre idee come tre cose, da
luogo a tre branche della metafisica: la cosmologia
razionale, psicologia razionale e teologia razionale,
che ritiene tutte e tre sbagliate, perché cambiano le
idee che sono delle regole di unificazione
dell’esperienza, allora Kant articola ulteriormente
questa critica sostenendo che è presente anche una
debolezza che si mostra attraverso l'analisi storica,
ovvero se consideriamo la cosmologia razionale, sono
2500 anni che sul mondo si dicono le cose più
opposte, le scienze singole, che si occupano di
problemi limitati prima o poi oi giungono a delle
conclusioni univoche, la metafisica del cosmo invece
arriva da 2500 anni a delle contrapposizioni tra tesi,
elenca le antinomie della cosmologia razionale. Kant
delinea una dialettica a due termini, tesi e antitesi.
Per quanto riguarda la psicologia razionale, che è la
parte della metafisica che si occupa dell'anima compie
un ragionamento sbagliato più precisamente un
paralogismo, cioè prende una funzione che Kant
chiama io penso, un insieme di tutte le categorie della
ragione e lo fa divenire un sostantivo, il soggetto
anima. Anche qua la psicologia razione non giunge a
una tesi universale per alcuni è materiale, immateriale,
immortale o mortale e così via.
Non si tratta quindi di una scienza.
Per quanto riguarda la teologia razionale, ci sono due
strade per raggiungere la dimostrazione dell’esistenza
di Dio: le 5 vie di San TOMMASO o anche dette prova
cosmologica dove si parte dal sensibile e si arriva
all’essere supremo. oppure la prova ontologica di
sant'anselmo ripresa da cartesio, la quale dimostra
l'esistenza dell’ente perfetto analizzando la sua
essenza, ovvero DIO in quanto ente perfetto possiede
tutte le definizioni e dunque anche l’esistenza. Kant
illustra la propria concezione con l’esempio dei 100
talleri: un conto è avere la nozione di 100 talleri e un
altro è avere realmente 100 talleri nelle tasche.
Ma l’esistenza per Kant è una delle 12 categorie, e si
può applicare come categorie solo a qualcosa che si è
già manifestato nello spazio e nel tempo, Dio non lo fa,
allora non gli si può applicare la categoria
dell’esistenza.
Ma ciò che è interessante è che comunque non è
possibile attribuire a Dio la non esistenza, perché la
negazione anche è una categoria.
Si può dire che nella critica della ragion pura Kant non
è ateo, ma agnostico,non conoscendolo non può
affermare la sua esistenza.
In questo modo apre un’altra strada, ossia Dio come
oggetto di fede, ma in fondo apre una strada ancora
più interessante la dimostrazione di Dio e dell’anima
come esigenze dell’uomo morale.
La Critica della ragion pura si conclude con il fatto che
la teologia e la metafisica non sono una scienza, ma
Kant rivela che la Metafisica viene dalla ragione in
senso stretto, dalla facoltà più elevata dell’uomo, Kant
parla di un illusione trascendentale, ovvero la ragione
ha l’illusione trascendentale di poter cogliere Dio.
Kant afferma che non lo può cogliere perché Dio
sfugge a un fatto conoscitivo, però rimane il fatto che
questa esigenza di totalità, di anima mondo nasce
dalla facoltà più elevata dell’uomo cioè la ragione.
Bisogna dunque trovare una strada per giustificare
questa esigenza, questa strada Kant cerca di
delinearla nella critica della ragion pratica.
Kant conclude affermando che del finito è possibile la
scienza, dell’infinito non è possibile la scienza.
Kant afferma che l’uomo ha una potenza nella
conoscenza, la ragione umana è forte però solo nella
conoscenza del finito, l’infinito non lo riesce ad
affrontare la ragione, che sarà tema della critica della
ragion pratica.
LA CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Secondo Kant, la ragione non ha soltanto un uso
teorico, in base al quale conosce gli oggetti,ma anche
un uso pratico con il quale determina la volontà
volgendo all'azione morale. è questo il tema affrontato
nella Critica Della Ragion Pratica la seconda grande
opera di Kant.
Infatti l'intento di Kant stavolta è criticare la Ragion
Pratica nella sua dimensione empirica,ovvero quando
rimane troppo legata all'esperienza e non prevale la
sua parte pura. In parole povere Kant vuole criticare il
comportamento dell'uomo quando risulta troppo
condizionato dall’istinto e dalla sensibilità e non segue
invece la morale.
Cosa intende Kant quando parla di morale?Secondo il
filosofo in ogni uomo esiste una legge morale a priori,
che sia dunque universale cioè valida per tutti,
necessaria cioè sempre valida in ogni momento della
storia e in ogni luogo, autonoma cioè che sia sciolta
da condizionamenti dall’istinto e della sensibilità,con
ciò si prolifera un’indipendenza dell’uomo dalle
circostanze materiali,ossia il fenomeno. Si sta aprendo
una nuova strada al noumeno, inconoscibile nella
Critica della ragion pura, poiché Kant afferma che io
sono autonomo rispetto al mondo materiale. Inoltre la
morale kantiana è intenzionale,perchè la ragione mi
indica una strada,io nonostante la mia natura, devo
mettere tutte le forze, devo avere l’intenzione di
perseguire la scelta indicata dalla ragione. Se poi
nonostante l’intenzione non riesco a compiere l’azione
buona, risulterò essere comunque buono, poiché ho
adeguato la volontà alla ragione.
Secondo Kant tale morale deve fondarsi su dei principi
pratici universali ovvero validi per tutti e questi sono:
● Soggettivi e prendono il nome di massime,sono

delle regole su cui ognuno di noi regola il proprio


agire.
● le singole azioni concretamente compiute da un
individuo.
● Infine vi sono le leggi considerate oggettive, hanno
cioè carattere di universalità e sono valide per
chiunque.
La Critica Della Ragion Pratica si basa proprio
sulla convinzione che ogni uomo, grazie alla
propria ragione, sia in grado di riconoscere la
legge morale, ovvero una legge che è capace di
guidare il comportamento in modo stabile
Indipendentemente dalle situazioni.
La legge morale non vale soltanto per l'uomo ma
anche per qualsiasi altro essere dotato di ragione,
l'uomo però possiede un corpo e una sensibilità ed è
spinto da impulsi e istinti ad agire in vista della
conservazione della vita e della ricerca del piacere.
Dunque gli essere umani sono sottoposti non soltanto
alla legge della ragione ma anche alla legge della
natura e molte delle loro scelte nascono proprio da un
conflitto tra l'una e l'altra.L'uomo non obbedisce
spontaneamente alla legge morale ed è per questo
che essa gli si presenta come un imperativo,è dunque
necessario uno sforzo da parte del soggetto. Kant
individua due tipi di imperativi:
● Gli imperativi ipotetici o strumentali: così chiamati
perché sono esprimibili per mezzo di un giudizio
ipotetico. Tali imperativi sono dettati dalla ragione,
che non indica i fini che devono essere perseguiti
bensì i mezzi necessari per conseguirli. Gli
imperativi ipotetici sono una sorta di calcolo
razionale, il quale ci indica ciò che dobbiamo fare
per ottenere un piacere o utile. Questo non sono
assoluti e non indicano dei comandi morali. Si
divindono in:imperativi dell’abilità, ossia quelli che
indicano una capacità resa possibile da uno
strumento, e imperativi della prudenza, questi
possono dare l’impressione di essere morali ma in
realtà non lo sono,che sono dei consigli per
perseguire il proprio ideale di vita (devi risparmiare,
per poter avere una vecchiaia serena).
● Gli imperativi categorici: impongono un
comportamento in modo assoluto.Tale imperativo è
quindi universale e necessario, cioè vale per ogni
uomo in qualunque circostanza, ed è puramente
formale in quanto non impone alcun
comportamento specifico. Ha un valore morale.
Per Kant gli imperativi categorici hanno il valore di
una legge dunque la legge morale kantiana dovrà
fondarsi sugli imperativi categorici.
In sintesi la legge morale è universale e
necessaria,in quanto è dettata dalla ragione
(riconoscibile da tutti gli uomini),è autonoma in
quanto non deriva da nessun comando esterno e
solo da esse deriva ciò che bene e ciò che è male,
è formale,ovvero valida a prescindere da fini
particolari e concezioni specifiche del bene ed è
rigorosa.
In virtù il suo carattere universale, necessario e
formale l'imperativo categorico è
fondamentalmente uno solo.
Tuttavia Kant ne fornisce tre diverse formulazioni:
● «agisci in modo che la massima della tua
volontà possa sempre valere nello stesso
tempo come principio di una legislazione
universale». Che esprime il carattere
universale della legge. Invita gli uomini ad
agire nei confronti del nostro prossimo nello
stesso modo in cui vorremmo che egli si
comportasse con noi.
● <<Agisci in modo da trattare l'umanità,
così nella tua persona come nella
persona di ogni altro, sempre nello
stesso tempo come un fine e mai
semplicemente come un mezzo>>. In
questa seconda formula la ragione,
riconosce sé stessa come oggetto della
moralità. L’imperativo ordina infatti di
rispettare l'uomo in quanto essere
razionale, riconoscendolo come una
persona e non come una cosa. Si fa
riferimento all’ideale di Fratellanza.
● <<Agisci in modo tale che la volontà, in
base alla massima, possa considerare
contemporaneamente se stessa come
universalmente legislatrice>>. In questo
caso si vuole sottolineare l’autonomia del
soggetto morale, il quale è certo sottoposto
al potere della legge ma ne è
contemporaneamente l'autore. Ciò è
riportato nella Dottrina degli imperativi.
Come si evince dalle tre formulazioni
dell'imperativo categorico non esistono
azioni buone o cattive in sé: ciò che le rende
tali e l'intenzione con cui vengono compiute.
Sulla base di ciò Kant propone un criterio
per giudicare se un comportamento sia
morale o meno.Per lui non è sufficiente che
un'azione sia compiuta secondo il dovere ma
bisogna che sia compiuta per il dovere, non
conta quindi il contenuto ma la forma
(esempio banale: aiuto un anziano ad
attraversare la strada perché agisco per il
dovere, non per una ricompensa).
I sentimenti non devono avere alcuna parte
nel motivare l'azione morale perché
quest'ultimi risultano essere oggettivi e in
quanto tali potrebbero compromettere
l'universalità che deve caratterizzare la
moralità.
Inoltre secondo Kant l'uomo con la morale è
libero, pone di per sé la propria legge morale
e può svincolarsi da tutti i condizionamenti
del mondo fisico,è proprio attraverso una
morale che lui scopre la sua libertà.
La legge morale prescrive il dovere e implica
la possibilità di adempirlo,ma è anche vero
che quest'ultima è comunque un imperativo
categorico il quale va soddisfatto in maniera
assoluta e totale, ciò che il dovere impone di
conseguire è dunque la santità. In Kant
questa parola non ha un significato religioso,
indica piuttosto la perfetta e totale della
volontà alla legge morale.
Ma a causa dei limiti della sua natura non
potrà mai conseguire tale forma di
perfezione morale, l'unico modo per uscire
dalla contraddizione consiste nell'ammettere
l’immortalità dell'anima.
La santità costituisce per Kant il bene
supremo, cioè il bene più alto a cui la
volontà deve tendere, che però non ci
conduce alla felicità nonostante ne risultiamo
degni.
L'essere umano è infatti razionale e sensibile
pertanto gli risulta difficile accettare una
situazione in cui la perfetta moralità non si
accompagna alla felicità.
Per questo l'obiettivo morale ultimo
dell'uomo è un mondo in cui la perfetta virtù
sia unita alla perfetta felicità e questo
costituisce per Kant il bene sommo,cioè il
Bene pieno e perfetto che consiste
nell'unione di virtù e felicità.
La libertà dell'uomo, l'immortalità dell'anima
e l'esistenza di Dio sono considerati da Kant
come I postulati(i postulati sono verità
indimostrabili, che senza le quali non si
possono ammettere altre verità)etici della
ragione pratica,queste tre servono proprio
per dare una spiegazione alla vita morale. La
libertà, assente nella critica della ragion pura
poiché l’uomo per conoscere acquisisce solo
il dato e poi lo rielabora attraverso la ragione,
ma senza il dato non può compiere la
conoscenza, dunque in questa prima critica
l’uomo risulta essere passivo e privo di
libertà , è importante perché secondo Kant
se non c’è la libertà di scegliere tra bene e il
male, allora non c’è morale, e quindi il
dovere senza libertà non sarebbe una scelta
ma un obbligo . Il secondo postulato è
l’immortalità dell’anima, l’uomo vuole far
prevalere il bene intenzionale, nonostante
prevalga sempre il male, e quindi ha
l’esigenza di una prosecuzione della sua vita
in maniera indefinita, di una possibilità
d’azione immortale per tentare di adeguare
la realtà al bene. L’ultimo postulato è Dio,
secondo Kant per l’uomo morale la virtù e la
felicità non coincidono, quindi quest’ultimo
accetta le umiliazioni ma postula un Dio
giusto che ricompensa la virtù con la felicità.
In virtù di tali postulati l'uomo acquisisce la
certezza della propria libertà,immortalità e
dell'esistenza di Dio pur senza poterne mai
avere propriamente conoscenza.Ne emerge
così una fede morale, cioè una credenza
religiosa in quanto fondata non su una
rivelazione Divina ma sul razionalismo della
morale.
A questo punto Kant si trova davanti a un
dualismo tra la critica della ragion pura e
pratica, perchè nella prima l’uomo è fermo al
fenomeno e ha una visione del mondo
meccanicistica, inoltre è privato della libertà,
nella seconda con i tre postulati si avvicina al
mondo noumenico e acquista la libertà, in
più si pone il fine del bene(finalismo). La
contraddizione tra le due è che nella prima la
natura non presente nessun fine,
quest’ultima invia solo dei dati all’uomo, che
poi li rielabora, nella seconda c’è l’uomo
morale che si pone il fine del bene. Nella
terza critica Kant cerca un modo per
superare questa contraddizione.

LA CRITICA DEL GIUDIZIO(1790)


La terza opera di Kant conosciuta come la
critica del giudizio costituisce una sorta di
ponte fra le prime due.
L’uomo è in bilico tra due mondi, quello della
natura è quello della morale. Nel primo non
esisteva la libertà in quanto tutto è
determinato dal meccanismo delle leggi
naturali, nel secondo invece, l’uomo è libero.
La terza opera di Kant riesce a far dialogare i
due mondi mediante una terza facoltà:il
sentimento, che esprime un giudizio
intermedio tra il giudizio conoscitivo e quello
pratico. Grazie a questo l'uomo riesce a
vivere e pensare quella finalità negata nella
realtà della scienza e solo postulata nel
campo della morale. Kant sottopone al
tribunale della ragione il sentimento.
Apre la critica del giudizio chiarendo che
esistono due tipi di giudizi diversi:un giudizio
determinante, analizzato da Kant nella
critica della ragion pura, ovvero i giudizi
sintetici a priori,che rendono possibile la
conoscenza del mondo della natura
attraverso le forme a priori dello spazio e del
tempo, e un giudizio riflettente, analizzato
nella critica del giudizio, ossia quello che
riflette sul rapporto che si crea tra soggetto
che formula il giudizio e oggetto del giudizio
stesso. Questi giudizi esprimono l’esigenza
di una finalità, che è scaturita da un
sentimento. Egli si chiede come avviene
questo finalismo, e come risposta offre due
modi, dividendo i giudizi riflettenti a loro volta
in due tipi:
● I giudizi estetici che hanno per oggetto
la bellezza ed esprimono un modo
soggettivo.Sono a loro volta divisi in
giudizio empirico e puro. Il giudizio
empirico implica un piacere soggettivo
derivante dai sensi, perciò individuale.
Mentre il giudizio estetico puro deriva
dalla contemplazione della forma di un
oggetto.
● Giudizi teleologici che prendono in
considerazione l’ordine della natura ed
esprimono il modo oggettivo.
Primo dei giudizi riflettenti è il giudizio
estetico ovvero ciò che reputiamo bello
genera in noi un sentimento di piacere.
Ricordiamo che per i razionalismo il bello
era qualcosa di perfetto, di armonia dei
sensi, mentre invece per gli empiristi il
bello non è una caratteristica dell’oggetto
ma un effetto, cioè il piacere che
l’oggetto provoca sul soggetto. La
bellezza per Kant non è ciò che piace,
ma si basa su un criterio che viene
elaborato dai giudizi estetici o di gusto,
attraverso delle categorie di qualità,
quantità, modalità e relazione:
● ciò che ci piace universalmente senza concetto,
cioè il bello è bello per tutti a prescindere dai
gusti individuali(quantità). Questo perché è un
giudizio che non dipende dall’intelletto ma dal
sentimento.
● È oggetto di un piacere disinteressato: una cosa
è bella solo perché è bella(qualità).
● Manifesta una finalità senza uno scopo.L'oggetto
del nostro piacere è bello solo per noi e esiste
solo per generare in noi un senso di armonia.
(Relazione)
● È oggetto di un piacere considerato necessario.
Cioè ci sentiamo obbligati a provare piacere
davanti a un certo oggetto bello.(Modalità)
Com'è possibile che il sentimento del bello sia
universale? La risposta di Kant è che in tutti gli
uomini esiste un senso comune del gusto,ovvero
un'identica struttura mentale che ci permette di
sentire che l'oggetto è in accordo con le nostre
esigenze, generando in noi un senso di armonia
e di serenità.Infatti la bellezza secondo Kant non
è una proprietà dell'oggetto ma nasce solo da un
accordo tra il soggetto e l'oggetto. Egli crea un
autonomia del bello dalla conoscenza e dalla
pratica. In particolare per quanto riguarda la
pratica, il bello è indipendente dal piacevole e
dall’utile e al bene, non posso giudicare
un’opera d’arte, ad esempio, in base a se è
morale o meno. Egli articola il bello in aderente e
libero, dove per bello libero si intendono ad
esempio ornamenti decorativi, qualcosa che non
si riferisce a nessuna realtà, il bello aderente è
più difficile da cogliere nella sua purezza, è
quello che aderisce ad un immagine.Nel giudizio
estetico rientra anche il sublime,è una forma di
bellezza che affianca il bello, non genera
soltanto piacere ma anche paura e sgomento, è
infatti il sentimento che l'uomo prova dinanzi alla
grandiosità della natura attraverso il sublime
l'individuo è in grado di scoprire la sua
grandezza spirituale.
Il giudizio teleologico consiste nell'attribuire un
fine al bello e al biologico. Nel bello colgo una
finalità soggettiva,perché l’oggetto bello sembra
essere fatto apposta per suscitare in
me(soggetto) un senso di armonia. Quindi il
bello e il sublime vertono al soggetto, e derivati
da giudizi riflettenti estetici con una finalità
soggettiva. Invece nel giudizio teleologico il
giudizio è di finalità oggettiva, perchè
nell’oggetto biologico, ossia l’organismo, le
singole parti, ossia gli organi, vertono al fine di
tenere in vita l’organismo stesso. Kant intuisce
che la natura nel suo complesso è tutta quanta
un organismo vivente, allora in essa le parti
sono funzionali al tutto, tutta la natura è fatta con
il fine di far vivere l’uomo. Ma l’uomo si pone il
fine del bene, quindi la natura sembra favorire la
ricerca del bene da parte dell’uomo. La natura si
concilia con l'uomo, la critica della ragion pura
con la critica della ragion pratica, nella terza
critica Kant sta rendendo accessibile il noumeno
da un altro punto di vista, non quello conosciuto,
ma attraverso il giudizio riflettente, conosce una
realtà superiore. Ma tale finalità che noi
consideriamo oggettiva in realtà risponde
soltanto ad un'esigenza soggettiva dell’uomo di
trovare un senso,una spiegazione a ciò che è
intorno a noi.Il giudizio teleologico è universale
quando tutti gli uomini sentono l'esigenza di
scorgere un fine di ciò che esiste e di ricondurlo
al disegno di un Dio. Ma la teologia ricorda Kant
non ha nessun fondamento scientifico
nonostante risponda ad un bisogno dell'uomo di
colmare la spiegazione deterministica della
realtà.

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