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LA VITA
Di umili origini Kant nacque a Konigsberg il 22 aprile, fu educato nello spirito religioso del
pietismo presso il collegio Fridericianum. Poi studió filosofia, teologia e matematica
all'Università di Konigsberg. Fu precettore privato presso alcune famiglie benestanti. Nel
1755 divenne libero docente dell’università di Konigsberg, nel 1770 professore ordinario di
metafisica e nel 1766 sotto-bibliotecario presso la biblioteca reale. Egli seguiva uno stile di
vita caratterizzato da rigide abitudini. Simpatizzò con la guerra di indipendenza americana e
con la rivoluzione francese. Il suo ideale politico era quello di una costituzione repubblicana
fondata sul principio di libertà, d’indipendenza e di uguaglianza dei cittadini. La II edizione de
“La religione entro i limiti della sola ragione” fu censurata, tuttavia con Federico Guglielmo III
fu ripristinata la libertà di stampa. Negli ultimi anni Kant fu affetto da una debolezza senile.
Morì nel 1804.
GLI SCRITTI
Nell’attività filosofica e produzione letteraria di Kant di distinguono 3 periodi:
1) (fino al 1760) in cui prevale l’interesse per le scienze naturali;
2) (fino al 1781) in cui prevale l’interesse filosofico per l’empirismo inglese e il futuro
criticismo ( gli scritti dei primi 2 periodi sono detti del periodo pre-critico);
3) (dal 1781 in poi) in cui si delinea la filosofia trascendentale.
IL PROGETTO FILOSOFICO
Il problema generale
La “Critica della ragion pura” è un'analisi critica dei fondamenti del sapere, ossia la
scienza, sapere fondante e in continuo progresso, e la metafisica, che vuole
procedere oltre l’esperienza. Secondo Kant era necessario un riesame globale della
struttura e della validità della conoscenza, che accertasse la scientificità di questi
due campi del sapere. A differenza di Hume, Kant non dubitava della validità della
scienza, ma ne condivideva lo scetticismo metafisico. L’indagine di Kant si rivolgerà
alla matematica, fisica e metafisica, di qui le domande di Kant:
1) come è possibile la matematica pura?
2) come è possibile la fisica pura?
3) come è possibile la metafisica come disposizione naturale?
4) come è possibile la metafisica come scienza?
(L’ultima è la domanda ultima della “Critica”)
I giudizi sintetici a priori
Individuando il fondamento della scientificità fisica e matematica, sarà possibile
verificare se fondi anche la metafisica. Nella sua riflessione gnoseologica Kant parte
dallo scetticismo di Hume, al quale riconosce di aver mostrato che il principio di
causalità non ha valenza oggettiva e aver distinto le proposizioni della matematica
da quelle della fisica, arrivando però un vicolo cieco: conoscenza che quando è certa
non accresce il sapere, e quando lo accresce non è certa. Kant vuole dimostrare che
la conoscenza umana può essere universale, necessaria e feconda poiché la
conoscenza umana, in particolare la scienza, offre il tipico esempio di principi
assoluti, infatti, pur derivando in parte dall'esperienza, la scienza presuppone alcuni
principi immutabili, che Kant definisce giudizi sintetici a priori.
Giudizi poiché connettono un predicato con il soggetto, sintetici poiché il predicato
dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto, e a priori poiché trascendono
dall'esperienza. Questi differiscono dai giudizi analitici a priori e dai giudizi sintetici a
posteriori. I primi sono giudizi che trascendono dall'esperienza, in quanto analitici il
predicato esplicita ciò che è già implicitamente contenuto nel soggetto, Sono
universali e necessari ma non fecondi .Nei secondi anche se il predicato dice
qualcosa di nuovo rispetto al soggetto, si basano sull'esperienza, sono fecondi ma
non universali e necessari.mentre i giudizi sintetici a priori sono universali, necessari
e fecondi.i giudizi analitici a priori richiamano la concezione razionalistica della
scienza (Vuole partire da principi a priori per derivare tutto lo scibile) contro cui Kant
ritiene che la scienza deriva dall'esperienza; i giudizi sintetici a posteriori richiamano
l'interpretazione empiristica (fonda la scienza solo sull'esperienza) contro chi ritiene
che alla base dell'esperienza vi siano dei principi inderivabili dall'esperienza stessa.
Per Kant e la scienza si basa sull'esperienza e sui principi sintetici a priori.senza
alcun principio di fondo la scienza non potrebbe sussistere. Per Kant e l'errore di
Hume è stato quello di non cogliere la differenza tra principi sintetici e quello di
causalità.
La rivoluzione copernicana
Kant, per comprendere da dove derivino i giudizi sintetici a priori, elabora una nuova
teoria della conoscenza intesa come sintesi di materia e forma. La materia della
conoscenza e la molteplicità caotica e mutevole delle impressioni sensibili; la forma
della conoscenza e l'insieme delle modalità fisse attraverso cui la mente umana
ordina tali impressioni. Per Kant e la mente filtra attivamente i dati empirici,
attraverso forme a priori innate e comuni a tutti i soggetti pensanti. Le forme a priori
di Kant sono state paragonate a lenti colorate attraverso le quali noi vediamo la
realtà, quindi pur mutando le impressioni sensibili, le forme a priori non mutano mai.
L'esistenza in noi di tali forme spiega perché possiamo formulare dei giudizi sintetici
a priori sulla realtà senza essere smentiti dall'esperienza.questa nuova impostazione
del problema porta importanti conseguenze:
1. Kant ritiene di essere fautore della rivoluzione copernicana in filosofia, come
Copernico per spiegare i moti celesti aveva ribaltato i rapporti tra spettatori e
stelle così Kant per spiegare la scienza ribalta i rapporti tra oggetto e
soggetto, in quanto non è la mente a modellarsi in modo passivo sulla realtà,
ma è la realtà modellarsi sulle forme a priori attraverso cui la conosciamo.
2. La distinzione tra fenomeno (realtà che ci appartiene tramite le forme a priori,
un oggetto reale soltanto in rapporto al soggetto conoscente) e cosa in sé
(realtà indipendente da noi e dalle forme a priori mediante le quali la
conosciamo, è una x sconosciuta che è il necessario correlato del fenomeno).
1. La sensibilità con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente con i sensi e
ordinati con le forme a priori di spazio e tempo.
2. L'intelletto con cui pensiamo i dati sensibili attraverso i concetti puri o 12
categorie.
3. La ragione con cui cerchiamo di spiegare agevolmente la realtà attraverso le
idee di anima, mondo e Dio.
● La dottrina degli elementi che vuole scoprire gli elementi della conoscenza
puri o a priori, e che si ramifica in:
- estetica trascendentale (studia la sensibilità e le sue forme a priori di
spazio e tema su cui si fonda la matematica)
- la logica trascendentale che si sdoppia in
1. analitica trascendentale (studia l'intelletto e le sue forme a priori
o 12 categorie, su cui si fonda la fisica)
2. la dialettica trascendentale (studia la ragione, le tre idee di
anima, mondo e Dio su cui si fonda la metafisica).
● La dottrina del mondo che studia come devono essere usate le forme a priori.
L’analitica trascendentale
La II parte della dottrina degli elementi è la logica trascendentale che studia l’origine
della conoscenza a priori proprie dell’intelletto (studiato nell’Analitica trascendentale)
e della ragione (studiata nella dialettica trascendentale).
Se le intuizioni sono affezioni passive, i concetti sono funzioni , operazioni attive, che
uniscono diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune; essi
possono essere empirici, ricavati dall’esperienza, o puri, contenuti a priori
nell’intelletto, che si identificano con le categorie, le supreme funzioni unificatrici
dell’intelletto e predicati primi entro cui rientrano tutti i predicati possibili.
A differenza delle categorie aristoteliche , quelle kantiane hanno solo un valore
gnoseologico-trascendentale. Poiché pensare è giudicare, ci saranno tante categorie
quante sono le modalità di giudizio. E poiché secondo Kant la logica generale
raggruppa i giudizi secondo la quantità, qualità, relazione e modalità, fa
corrispondere ad ogni tipo di giudizio un tipo di categoria.
Kant si trova davanti al problema della “deduzione trascendentale” riguardante la
validità delle categorie. Egli usa il termine “deduzione” nel senso che allude alla
dimostrazione di legittimità di diritto di una pretesa di fatto, quindi essa riguarda il
quid iuris e non il quid facti di una questione.
La soluzione kantiana può essere articolata nei seguenti punti:
1) l’unificazione del molteplice deriva da un’attività sintetica che ha la sua sede
nell’intelletto;
2) distinguendo tra unificazione e unità, Kant identifica la suprema unità fondatrice
della conoscenza con il centro mentale unificatore che chiama “io penso”, diverso
dalla semplice categoria, senza questa autocoscienza le varie rappresentazioni non
sarebbero mie ma risulterebbero impossibili;
3) l’attività dell’io penso si attiva attraverso i giudizi;
4) i giudizi si basano sulle categorie, le diverse maniere di agire dell’io penso, le
dodici funzioni unificatrici in cui si concretizza la sua attività sintetica;
5) quindi gli oggetti non possono essere pensati senza essere categorizzati.
L’io penso è il principio supremo della conoscenza umana, ciò che rende possibile
l’oggettività del sapere. L’io di Kant non è un io creatore, esso ha un carattere
formale e finito e si limita a ordinare una realtà che gli preesiste.
Nella “Confutazione dell’idealismo” sia di Cartesio che di Berkeley, risiede la tesi
secondo cui l’interiorità non può essere concepita senza l’esteriorità. (Analitica dei
concetti).
La dottrina dei principi coincide con la teoria dell’io legislatore della natura, massima
espressione della rivoluzione copernicana che Kant attua in filosofia. La natura è
l’ordine necessario e universale alla base dell’insieme di tutti i fenomeni e tale ordine
deriva dall’io penso e dalle sue forme a priori, che però possono rivelare solo la
regolarità dei fenomeni nello spazio e nel tempo. Le leggi particolari contro le quali si
esprime questa regolarità, possono essere desunte solo dall’esperienza.
La gnoseologia di Kant va contro lo scetticismo di Hume, poiché ritiene che
l’esperienza non potrà smentire i principi della scienza.
Quindi Kant scopre la garanzia ultima della conoscenza nella mente umana,
fondando le istanze dell’oggettività nella soggettività; l’originalità di tale soluzione
consiste nell’intendere il fondamento del sapere in termini di possibilità e limiti,
conformemente al modo d’essere dell’uomo. Le categorie sono funzionanti solo in
relazione al fenomeno cioè l’oggetto della conoscenza umana e considerate di per
sé sono vuote. Quindi per Kant il conoscere non può andare oltre l’esperienza, ciò
implica che l'unico uso delle categorie è empirico. La delimitazione della conoscenza
al fenomeno rimanda alla nozione di “cosa in sé" che costituisce il presupposto del
discorso gnoseologico di Kant che affermando che l’essere si dà a noi attraverso
forme a priori, deve distinguere tra fenomeno e cosa in sé. La cosa in sé, il
noumeno, che non è oggetto di esperienza, in senso positivo è l’oggetto di
un’intuizione non sensibile; in senso negativo è il concetto di una cosa in sé, che più
che una realtà è per noi un concetto limite atto ad arginare le nostre pretese
conoscitive.
La dialettica trascendentale
Nella dialettica trascendentale Kant si domanda se la metafisica possa costituirsi come
scienza. Per dialettica trascendentale Kant intende l'analisi e lo smascheramento dei
ragionamenti fallaci della metafisica. La metafisica nasce dalla ragione che è l'intelletto, il
quale è portato a voler pensare anche senza dati, il che deriva da una nostra tendenza
innata all'incondizionato e alla totalità. Questa spiegazione fa leva su tre idee trascendentali,
proprie della ragione che è portata a unificare i dati del senso interno mediante l'idea di
animo, quelle del senso esterno mediante l'idea del mondo e i dati interni ed esterni
mediante l'idea di Dio. L'errore della metafisica sta nel voler trasformare queste 3 esigenze
di unificazione dell'esperienza in altrettante realtà, dimenticando che non non abbiamo a che
fare col noumeno ma col fenomeno. Per dimostrare l'infondatezza della metafisica, Kant
prende in considerazione la psicologia razionale che studia l'anima, la cosmologia razionale
che studia il mondo e la teologia razionale o materiale che specula su Dio.
L’articolazione dell’opera
La “Critica della ragion pratica” si divide in due parti fondamentali:
1. La dottrina degli elementi tratta dagli elementi della morale e si divide in analitica,
l’esposizione della regola della verità (etica), e in dialettica, che affronta l’autonomia
della ragion pratica legata al sommo bene.
2. La dottrina del metodo tratta del modo in cui le leggi morali possono accedere
all’animo umano.
Il culto dell’arte
l’esaltazione del sentimento procede parallelamente al culto dell’arte, vista come ciò
che precede ed anticipa il discorso logico e nello stesso tempo lo completa. L'artista
e il poeta vengono considerati degli esploratori invisibili dotati di poteri di intuizioni
superiori a quelli degli uomini comuni.
La filosofia politica
inizialmente i Romantici passano attraverso una fiamma filo-rivoluzionaria e sono
portatori di istanze individualistiche e anti-statalistiche che si traducono in forme di
radicalismo repubblicano e ribellismo anarchico o amorale. Questa fase trova un
riscontro nel tema della lotta dell’individuo contro la società. In una seconda fase i
romantici tedeschi elaborano schemi politici e sempre più statalistici e conservatori,
credendo che l’individuo sia tale solo in una comunità storica sovrapersonale e in
virtù dell’apparenza alle istituzioni tradizionali, e che il disordine delle forze umane
generi solo caos ed anarchia. Il Romanticismo perviene nel culto dell’autorità,
leggittimizzando le istituzioni assolutistico-feudali ed ergendosi contro le tendenze
riformatrici e liberaleggianti; ma il Romanticismo non può essere ridotto ad ideologia
della Restaurazione europa, infatti soprattutto fuori dalla Germania l’anima libertaria
e individualistica romantica ha continuato ad essere attiva. Uno dei concetti più
originali dello stoicismo romantico è quello di “nazione”, che è definito in termini di
elementi tradizionali come la razza, la lingua, il costume, la religione ecc. Se nel ‘700
il popolo è l’insieme di individui che vogliono vivere insieme, nell’ ‘800 la nazione è
l’insieme di individui che devono vivere insieme (non possono non farlo senza tradire
se stessi).
Dalla “Volontà generale” di Rousseau si passa allo “spirito di popolo” un principio
creativo inconscio ed extra-razionale, genio dell’evasione, che sottostà alle molteplici
manifestazioni sociali e politiche. L’universalismo degli enciclopedisti viene sostituito
da un richiamo storicistico e concreto alla pluralità irriducibile delle nazioni e delle
espressioni culturali dei popoli. Al cosmopolitismo dell’illuminismo e di Kant viene
contrapposto un nazionalismo giuridico e politico che esalta il diritto “storico” e la
politica “specifica” degli Stati; all’universalismo religioso degli illuministi viene
contrapposta la molteplicità delle religioni positive e dei loro culti; e, al
cosmopolitismo linguistico dell’illuminismo e al suo progetto di una lingua universale,
viene contrapposto il nazionalismo linguistico.
I tre principi: i tre principi della dottrina della scienza quindi sono:
1) L’io pone se stesso: io= attività auto creatrice e infinita
2) l’io pone il non io: l’io non solo pone se stesso ma oppone anche a se stesso
qualcosa che è un non-io (oggetto, mondo, natura)
3) L’io avendo posto il non io è limitato da esso. Con il terzo principio perveniamo
alla situazione concreta del mondo in cui abbiamo una molteplicità di io finiti che
Fichte chiama “divisibili”, esprimendo quindi il principio con la formula “L’io oppone
nell’io all’io divisibile un non-io divisibile”.
LA MORALE
La speculazione di Schelling accetta il principio dell’infinità che sta alla base del
soggettivismo assoluto di Fichte e del razionalismo assoluto di Hegel, ma cercando
di garantire ad esso un carattere di oggettività capace di renderlo adatto a spiegare il
mondo della natura e dell’arte. Poi dopo la svolta religiosa Schelling prende ancora
di più le distanze dai presupposti dell’Hegelismo. In generale gli studiosi individuano
nella sua filosofia più fasi: 1) iniziale momento fichtiano; 2) fase della filosofia della
natura; 3) periodo dell’idealismo trascendentale; 4) filosofia dell’identità; 5)periodo
teosofico e della filosofia della libertà; 6) filosofia positiva e della ragione.
Mentre la filosofia di Kant era una filosofia del finito, quella di Fichte era una filosofia
dell’infinito e apriva l’epoca del Romanticismo. Schelling fin dalla prima accettazione
del fichtismo cerca di volgerlo all’illustrazione e alla difesa degli interessi
naturalistico-estetici. Egli porta l’io assoluto alla sostanza di Spinoza: la sostanza
spinoziana è il principio dell’infinità oggettiva, mentre l’io di Fichte è il principio
dell’infinità soggettiva. Schelling vuole unire le due infinità nel concetto di Assoluto,
che non sia riducibile né al soggetto nè all’oggetto, essendo il fondamento dell’uno e
dell’altro. Il principio supremo è un Assoluto o Dio che è insieme oggetto e soggetto,
ragione e natura. Se per Fichte la natura è solo il teatro dell’azione morale, per
Schelling la natura ha vita, razionalità e valore in sé stessa; deve avere in sé un
principio che la spieghi in tutti i suoi aspetti, tale principio è l’Assoluto, che spiega
anche il mondo della ragione. Il valore autonomo della natura e l’Assoluto come
natura e spirito portano Schelling ad ammettere 2 possibili direzioni della ricerca
filosofica:
1- filosofia della natura: mostra come la natura si risolva nello spirito
2- filosofia trascendentale: mostra come lo spirito si risolva nella natura.
LA FILOSOFIA DELLA NATURA è una costruzione romantica che si
nutre di suggestioni disparate, che provengono sia dalla scienza dell’epoca sia dalla
cultura e filosofia del passato.
La teoria dell’arte
L’unità tra spirito e natura è più postulata che effettivamente dimostrata,e per
Schelling l’unico modo per risolvere questo nodo è rintracciare un’attività nella quale
si armonizzano completamente spirito e natura, tale attività è l’arte. Per Schelling
l’arte rivela l’Assoluto nei suoi caratteri di infinità, consapevolezza e
inconsapevolezza: nella creazione estetica l’artista è in preda a una forza
inconsapevole che lo ispira, facendo sì che la sua opera si presenti come la sintesi
di un momento inconscio (ispirazione) e un momento conscio e mediato
(esecuzione). L’intero fenomeno dell’arte, che un produrre spirituale in modo
naturale o produrre naturale in modo spirituale, è il modo migliore per comprendere
la struttura dell’Assoluto, quindi l’arte è un organo della filosofia. L’artista umano
incarna e concretizza il modo d’essere dell’Assoluto. L’esaltazione romantica del
valore dell’arte trova in Schelling la più significativa espressione filosofica. Per questi
l’idealismo di Schelling prende il nome di “idealismo estetico”.
H egel
I TEMI DELLE OPERE GIOVANILI
Finito e infinito
L’espressione "risoluzione del finito nell’infinito” vuole dire che Hegel la realtà non è
un insieme di sostanze autonome, ma un organismo unitario in cui tutto ciò che
esiste ne è parte. Questo organismo, ragione d’essere d’ogni realtà, non avendo
nulla al di fuori di sé, coincide con l’Assoluto e con l’infinito, mentre, vari enti del
mondo coincidono con il finito. Il finito, essendo solo un’espressione parziale
dell’infinito, non esiste.Il finito esiste solo nell’infinito e in virtù di esso. L’hegelismo è
una forma di monismo panteistico, cioè vede nel mondo (finito) la manifestazione di
Dio (infinito), potrebbe sembrare una sorta di spinozismo, ma per Spinoza l’assoluto
è una sostanza statica che coincide con la natura, mentre per Hegel è un soggetto
spirituale in divenire. Dire che la realtà non è sostanza ma soggetto vuol dire che
essa non è immobile e già data, ma che è un processo auto-produttivo.
Ragione e realtà
Hegel denomina il soggetto spirituale infinito, che sta alla base della realtà, idea o
ragione, termini che esprimono l’identità di ragione e realtà. Da ciò deriva il noto
aforisma “Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale”, con la prima parte
Hegel vuole dire che la razionalità non è pura astrazione, ma la forma stessa di ciò
che esiste. Con la seconda invece vuole dire che la realtà non è materia caotica, ma
il dispiegarsi di una struttura razionale, che si manifesta inconsapevolmente nel
mondo e consapevolmente nell’uomo. Con questo aforisma Hegel esprime la
necessaria identità di realtà e razionalità. Quindi la sua dottrina si configura come
una forma di panlogismo. Tale identità implica anche un’identità tra essere e dover
essere, poiché ciò che è risulta anche ciò che deve essere. Le opere di Hegel
insistono sul fatto che il mondo è ragione reale e realtà razionale che si manifesta
attraverso una serie di momenti necessari, che non possono essere diversi da come
sono; da qualsiasi punto di vista vediamo il mondo, troviamo una rete di connessioni
necessarie, che costituiscono l’articolazione vivente dell’unica idea. Hegel ritiene che
la realtà sia una totalità caratterizzata dalla necessità.
LA DIALETTICA
Per Hegel l’Assoluto è divenire e la dialettica è la legge che regola tale divenire, che
è legge autologica di sviluppo della realtà e legge logica di comprensione della
realtà.
Dalla distinzione dei tre momenti del pensiero si evince la contrapposizione tra
intelletto e ragione.
● L'intelletto è l'organo del finito, un modo di pensare statico, che immobilizza
gli enti considerandoli soltanto nella loro reciproca esecuzione.
● La ragione è un modo di pensare dinamico che coglie la concretezza del
reale. In quanto la dialettica nega le determinazioni astratte dell'intelletto,
relazionandole alle determinazioni opposte, in quanto speculativa coglie le
unità degli opposti realizzandone la sintesi. E’ l'organo dell'infinito, strumento
con il quale l'infinito viene risolto nel finito.
La dialettica consiste:
1) Nell’affermazione di un concetto astratto (tesi);
2) Nella negazione di questo concetto (antitesi);
3) Nell'unificazione di tesi e antitesi in una sintesi che è una ri-affermazione
potenziata della tesi, ottenuta con la negazione dell'antitesi: Hegel chiama
questa ri-affermazione “Aufhebung” cioè “superamento”.
Puntualizzazione sulla dialettica
La dialettica corrisponde alla totalità dei tre momenti, illustra il principio fondamentale
della filosofia di Hegel: cioè la risoluzione dell'infinito nel finito, perché ogni finito non
può esistere in se stesso, ma solo in un contesto di rapporti. La dialettica esprime il
processo con cui le varie determinazioni della realtà perdono la loro rigidezza e
diventano momenti di un'idea unica infinita.
La dialettica ha un significato ottimistico: unifica il molteplice e concilia le opposizioni,
il negativo sussiste solo come momento di farsi del positivo.
A prima vista la dialettica sembra essere un processo aperto, perché ogni sintesi è la
tesi di un’altra antitesi. Ma Hegel ritiene che così si otterrebbe un processo che toglie
allo spirito il pieno possesso di sé medesimo. Per Hegel la dialettica è la sintesi
finale esclusa, cioè ha un preciso punto di arrivo. tutti i filosofi che si rifaranno all’
hegelismo criticheranno questa idea, recuperando quella di un processo aperto.
Hegel scorge nella contraddizione la molla grazie alla quale la realtà si sviluppa.
Hegel e Kant
Hegel si oppone a Kant, che aveva costruito una filosofia del finito, con un’antitesi tra
essere e dover essere, tra realtà e ragione. Se in Kant l'essere non si adegua mai al
dover essere, in Hegel questa adeguazione è necessaria. Hegel rimprovera a Kant
anche la pretesa di voler indagare la facoltà del conoscere prima di procedere a
conoscere.
Hegel e i Romantici
Il dissenso di Hegel verso i romantici verte su due punti:
1) Contesta il primato del sentimento, dell'arte o della fede poiché l'Assoluto non
può che essere soggetto della filosofia;
2) Contesta gli atteggiamenti individualistici: l'intellettuale non deve ripiegarsi
narcisisticamente sul proprio io, ma tener d'occhio il corso del mondo.
Hegel però risulta partecipe del clima del Romanticismo, ne condivide il tema
dell'infinito, anche se ritiene che ad esso si acceda speculativamente e non per via
immediata.
Hegel e Fichte
A Fichte muove 2 accuse fondamentali:
1) Accusa Fichte di proporre una visione non soggettivistica, incapace di
assimilare adeguatamente l'oggetto al soggetto. Per Hegel Fichte ha violato il
dogma idealistico “tutto è spirito” o “tutto è soggetto”, considerando l'oggetto
(natura) come ostacolo esterno all’Io.
2) Accusa Fichte di aver ridotto l'infinito a semplice metà ideale dell'Io finito.
Secondo Hegel il progresso all'infinito del finito, che non raggiunge mai il suo
termine, è il falso o cattivo infinito o infinito negativo.
Hegel e Schelling
Critica Shelling perché concepisce l'Assoluto in modo a-dialettico, come unità
indifferenziata e statica, da cui la molteplicità deriva in modo inesplicabile. L’Assoluto
di Schelling è un abisso vuoto, un'unità astratta priva di vita e quindi incapace di dare
ragione della realtà molteplice.