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_1. L'analisi logica degli argomenti avanzati a favore dell'esistenza di Dio può
senza dubbio ricevere un arricchimento dal confronto con gli argomenti avanzati
a favore dell'inesistenza di Dio. Una prima banale osservazione in proposito è
che tanto negli argomenti del primo tipo - che chiameremo teisti - quanto negli
argomenti del secondo tipo - che chiameremo ateisti - è riconoscibile una
differenza strutturale tra argomenti a priori (privi di premesse fattuali) e
argomenti a posteriori (in cui tali premesse compaiono essenzialmente ).
Seguendo un' utile convenzione terminologica chiameremo argomenti ontici
tutti gli argomenti cosi caratterizzati: (i) la premessa asserisce che un certo
insieme di proprietà soddisfa un certo insieme di condizioni (ii) la conclusione
asserisce che esiste qualcosa che esemplifica quell' insieme di proprietà. Gli
argomenti ontici verranno detti ontologici se la conclusione dell' argomento
asserisce l'esistenza di una o più divinità _.
Come è noto, gli argomenti ontici che mirano a dimostrare l'esistenza di oggetti
astratti (per esempio l'esistenza di un insieme di cardinalità più che numerabile)
stabiliscono la conclusione mostrando che la proprietà in questione è
consistente, cioè non contraddittoria. Ma nel caso degli argomenti ontologici la
mera consistenza non è di solito ritenuta sufficiente a stabilire la conclusione. A
differenza degli enti matematici, la divinità è di solito ritenuta un ente concreto,
non un ente astratto. Se invece della contrapposizione tra enti astratti e concreti
consideriamo quella tra enti fittizi ed enti reali allora è altrettanto chiaro che la
divinità non è un ente fittizio ma un ente reale. Come vedremo nell' ultimo
paragrafo, il problema di definire correttamente la nozione di esistenza di un ente
reale non è banale e condiziona la validità stessa di molti argomenti teisti e
ateisti.
Gli argomenti ontologici non esauriscono la classe degli argomenti a priori,
anche se ne rappresentano il prototipo. Si pensi a un argomento come questo:
(4) Necessariamente tutto ciò che un arcangelo può dire è vero
(5) Un arcangelo può dire che Dio esiste
(6) E' vero che Dio esiste
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Quanto all'onniscienza, è ben noto che essa pone problemi ai logici quando
attribuita non solo a Dio ma a qualsiasi soggetto conoscente ideale_ . Appare
inoltre esserci una difficoltà intrinseca nello stesso concetto di "insieme di tutte
le verità" , confrontabile con quelle generata dal concetto di "insieme di tutti
gli insiemi"_ .
Una fonte di difficoltà è data non solo dalle singole prefezioni divine ma dal
loro rapporto. E' stato sostenuto, per esempio, che l'onnipotenza implica
l'onniscienza: se Dio non fosse onnisciente, non potrebbe scegliere tra i vari stati
di cose quelli che desidera attuare o impedire: la sua libertà d'azione sarebbe
limitata dalla sua ignoranza_ . In tal caso qualsiasi contraddizione implicita nel
concetto di onniscienza diventa automaticamente una critica al concetto di
onnipotenza. Stando così le cose, potrebbe esserci onniscienza senza
onnipotenza. L'idea di un Dio parzialmente potente è stata a volte sostenuta (p.es.
da Stuart Mill), ma non coincide con quella condivisa dal teismo classico. Si può
addirittura sostenere che Dio, potendo creare ogni stato di cose logicamente
possibile, potrebbe anche creare uno stato di cose che sfugge al suo stesso
dominio, trasformando quindi se stesso da ente onnipotente a ente con sovranità
limitata.
E' degno di nota che un argomento ateista praticabile consiste proprio nel
negare la compatibilità tra onnipotenza e onniscienza. Anche concedendo che
onnipotenza e onniscienza sono proprietà indipendenti e singolarmente coerenti,
si può sostenere che l'insieme di proprietà {Esistenza Necessaria, Onnipotenza,
Onniscienza} non è esemplificato da nessun ente in quanto è incoerente. Per fare
un esempio, si potrebbe sostenere che, se Dio è onnipotente, può creare un libro
cos lungo da non essere in grado di leggerlo, e quindi non è onnisciente. Un
esempio molto più convincente di questa stessa difficoltà è prodotta dalla
presenza del libero arbitrio degli uomini o del "libero arbitrio" dell'elettrone. Se
Dio è onnipotente può creare
( o di fatto ha già creato!) enti il cui movimento è essenzialmente imprevedibile, e
quindi tali da rendere impossibile in linea di principio a sua stessa onniscienza.
_2. Rispetto agli argomenti a priori, gli argomenti teisti o ateisti dotati di
premesse fattuali appaiono meno stringenti perchè dipendenti da premesse fattuali
dotati di maggiore o minore plausibilità. Naturalmente, se la premessa fattuale è
incontrovertibile, anche l'argomento eredita questa qualità. Non è facile trovare
una premessa fattuale incontrovertibile se l' asserto in questione è di tipo
generale.
Si guardi per esempio questo argomento ateista.
(7) Se Dio esiste, allora esiste qualcosa di perfetto
(8) Non esiste nulla di perfetto
(9) Dio non esiste.
Qui la premessa fattuale (8) è altamente plausibile ma ha il difetto di non essere
ottenuta dall'osservazione diretta ma per estrapolazione induttiva. Come è noto,
però, ci varie regole induttive che autorizzano conclusioni con diverso grado di
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_3. Nel capitolo del suo Primary Philosophy dedicato all'esistenza di Dio
Michael Scriven distingue diciassette argomenti teisti a posteriori. In tredici
di questi la forma dell'argomentazione consiste nel concludere che l'esistenza di
Dio è la migliore spiegazione dei fatti enunciati nelle premesse, mentre in altri
quattro l'esistenza di Dio è considerata come la migliore spiegazione di
"alleged facts"_ .
Gli "alleged facts" enumerati sono: il consensus gentium, l'occorrenza di
miracoli, la rivelazione di Dio ad alcuni individui privilegiati, la maggiore
felicità dei convertiti. Gli argomenti basati su queste premesse vanno posti
dunque sullo stesso piano degli argomenti con premesse opinabili visti nel
paragrafo precedente. Quelli che Scriven qualifica semplicemente come fatti sono
invece dati empirici di cui nessuno può ragionevolmente dubitare, quali per
esempio il fatto che qualcosa si muove e il fatto che alcune evidenti ingiustizie
non sono mai risarcite nel corso della vita. Trattandosi di premesse
incontrovertibili, la loro presenza garantisce la tenuta dell' argomento
complessivo.
Gli argomenti a posteriori considerati nel paragrafo precente e in questo
danno forza alla tesi che, se un argomento è logicamente corretto, la sua
plausibilità risulta, in senso lato, proporzionale alla plausibilità delle sue premesse
fattuali. Ciò che intendiamo sostenere nelle pagine seguenti è però che è che ci
sono limiti entro cui questa proporzionalità cessa di valere : se la premessa fattuale
è "eccessivamente certa", al punto di essere collocabile sullo stesso piano delle
verità logico-analitiche, questo status non rafforza l' argomento a posteriori ma
lo distrugge. La linea comune ai più diffusi argomenti teisti a posteriori ,
infatti, consiste nell'arrivare alla conclusione che Dio esiste presentandola
come la miglior spiegazione di un certo insieme di dati di fatto incontrovertibili.
Ma se tali dati di fatto risultano autoevidenti o logicamente certi, per ciò
stesso non hanno bisogno di nessuna spiegazione naturale o sovrannaturale _ .
Andiamo tuttavia con ordine, seguendo la linea espositiva di Scriven. L'
argomento teistico a posteriori pi frequentato è l'argomento cosmologico. L'
argomento cosmologico in effetti costituisce una famiglia di argomenti di uguale
struttura, le cui premesse asseriscono alcuni fatti generali circa il mondo.
Per semplicità seguiremo Scriven nel distinguere due versioni diverse dell'
argomento cosmologico, una causale e una non-causale.
La versione causale più citata corre così.
(24)Tutto ciò che conosciamo è causato da qualcosa di diverso da sè.
(25)Non può esserci una catena infinita di cause
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Quindi
(26) Il mondo come un tutto è causato da qualcosa di diverso da sè.
Ma, per (25), la catena di cause deve terminare con una Causa Prima non
causata o autocausata (Dio).
L'asserto (24) è il cosiddetto Principio di Causalità, che oggi nessuno può
sottoscrivere senza restrizioni alla luce del Principio di Indeterminazione di
Heisenberg. Ma supponiamo pure, per amore di discussione, che il principio
valga per la sfera dei macrofenomeni. C' è indubbiamente qualcosa di strano in
un argomento che parte dalla premessa asserente che tutto ha una causa diversa da
se stesso per concludere che c'è qualcosa che è o privo di causa o è causa di se
stesso, che è per l'appunto la negazione della premessa. Si può osservare che
sarebbe analogamente strano un argomento che partisse dalla premesse eraclitea
che tutto scorre per concludere che c'è qualcosa che non scorre.
Per il teista la conclusione dell'argomento causale è invece resa cogente dalla
seconda premessa (25) , secondo cui non può esistere una catena infinita di
cause. Ma la premessa (25) è in effetti opinabile. Come è stato ripetutamente
osservato, non c'è nessuna contraddizione nel fatto che possa esistere una catena
infinita di cause. Si noti che questo potrebbe sostenere non solo entro un
intervallo infinito di tempo ma anche entro un intervallo finito: ogni piccolo
movimento di una palla da bigliardo in un intervallo finito I è causa del
movimento successivo della stessa palla, e ha un senso preciso dire tanto che ci
sono infiniti movimenti della biglia entro I e anche infinite cause entro I.
La via d'uscita del teista alla critica sopra esposta potrebbe essere quella di
sostituire un enunciato generico come "Tutto ha una causa diversa da sè" con
"Ogni fatto naturale ha una causa diversa da sè". Questo ci lascia liberi di
concludere senza contraddizione che esiste un ente sovrannaturale che è causa del
mondo. Resta comunque, se non la contraddizione, la delusione per il risultato
dell'argomento. Come Scriven osserva, spiegare il mistero dell'origine
dell'universo con l'intervento di un ente sovrannaturale sostituisce un mistero
con due misteri e cioè: 1)il mistero circa la causa (provenienza, origine) della
Causa Prima 2)il mistero circa i motivi e i modi della creazione dal nulla_ .
C'è poco da aggiungere al molto che è stato scritto sull' argomento della
Causa Prima, ma forse può essere utile un commento: chi volesse sostenere a
oltranza la bontà dell'argomento della Causa Prima dovrebbe in primo luogo
esplicitare correttamente il concetto di relazione causale. La nozione di causa si
segnala per essere pervasiva ma anche sfuggente, intuitiva ma anche mal
-definita. Il primo ostacolo che si incontra nella definizione delle relazioni causali
è il problema dei relata causali, cioè della definizione della sorta di enti tra cui
è detta appropriatamente intercorrere la relazione causale. Se ci si chiede quali
sono tali oggetti e si opera una ricognizione sul linguaggio ordinario e
scientifico si incontrano almeno le seguenti risposte possibili: oggetti fisici, forze,
proposizioni, fatti, eventi singolari(token-eventi), eventi generici (tipi di eventi),
aspetti, variabili . Il criterio per scegliere come relata una classe di enti piuttosto
che un'altra è dato dalla maggiore o minore capacità di parafrasi che questa
garantisce. Da un esame comparativo di questi concetti risulta plausibile
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credere che gli enti che rendono possibili le parafrasi più efficaci sono gli eventi
singolari, e questo spiega la scelta preferenziale di questi relata da parte di molti
epistemologi contemporanei _.
Una volta acclarato che gli eventi singolari sono gli enti sortalmente corretti
per le relazioni causali, si apre il non facile problema di definire questi oggetti e
di distinguerli da enti affini come i fatti e gli stati di cose. La teoria più condivisa
degli eventi oggi è quella di J. Kim _. In virtù di questa concezione un evento
singolare è una tripla [Pn , an , t] dove Pn è un predicato a n posti, an è una n-pla
di oggetti, t è l'istante di inizio. Questa nozione si può generalizzare a [Pn , an , I
] dove Pn e an sono come sopra mentre I è un intervallo. La nozione di
occorrenza di un evento, anzichè essere assunta come primitiva, si può definire in
termini della verità dell'enunciato Pnan e dell' esistenza degli enti della n-pla in
questione: in particolare, asserire che un evento occorre implica asserire l'esistenza
reale, nel periodo I, di almeno uno degli enti a1.... an, mentre la non-occorrenza
di un evento è implicita nell' inesistenza di tali enti. In tal modo si pone in
evidenza l' importanza di disporre di una nozione di esistenza reale, come
contrapposta a nozioni più deboli di esistenza, su cui torneremo
dettagliatamente in seguito.
Dalle considerazioni precedenti segue dunque che qualsiasi relazione causale
intercorre tra eventi singolari che hanno inizio nel tempo, coinvolgono un
insieme finito di enti e hanno proprietà definite.
Una seconda precisazione necessaria circa le relazioni causali riguarda la
presenza di un ritardo temporale tra causa ed effetto. Per una serie di motivi che
non ha importanza evidenziare qui, ci sono ragioni molto forti per stipulare che,
se l'evento singolare A è causa dell'evento singolare B, l' istante iniziale di A
precede strettamente l'istante iniziale di B.
Una volta definite le proprietà distintive delle relazioni causali, resta solo da
aggiungere che la più grave fonte di confusione è dovuta al fatto che nel
linguaggio ordinario c'è una pluralità di nozioni causali apparentemente
scollegate. Queste nozioni, tuttavia, hanno un nocciolo comune costituito dal
fatto che ciascuna relazione causale (a due posti) implica che l'antecedente è
conditio sine qua non del conseguente. Nel caso della relazione tra due eventi A
e B effettivamente verificati questo rapporto prende le forma di un condizionale
controfattuale di questa forma:
(27) Se non si fosse verificato A non si sarebbe verificato B .
Fissate queste premesse teoriche, cerchiamo di riconsiderare l'affermazione
secondo cui un ente sovrannaturale è causa dell' universo. Perchè questa
affermazione abbia un senso è giocoforza parafrasarla in un' affermazione
implicante un controfattuale circa due eventi singolari distanziati da un certo gap
temporale. Ora, anche trascurando ogni considerazione circa la natura
dell'evento -causa, non è concepibile la riduzione dell'universo a un token evento
o una congiunzione finita di token-eventi. Dire che l'universo è un token-evento
è un errore categoriale perchè presuppone una collocazione spazio-temporale
dell'universo, mentre l'universo è per l'appunto qualcosa che consente di dare una
collocazione spazio-temporale ai token-eventi. Con una prospettiva leggermente
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(52)asserisce che c'è qualcosa che ha un'esistenza reale, e quindi qualcosa esiste
attualmente - e, come si ricorderà, questa è precisamente la premessa
dell'argomento cosmologico nella versione "alla Locke".