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Abbiamo già incontrato Immanuel Kant nel parlare dell’illuminismo tedesco, di cui lui fu il
massimo esponente. Questa figura si pone in una linea (riconducibile a quella di Cartesio) che avvia
la seconda rivoluzione della filosofia moderna. Kant inaugura una rivoluzione anche del
linguaggio filosofico, molto più tecnico e che richiede un uso estremamente preciso e rigoroso.
La filosofia di Kant è talmente nuova che deve usare nuovi strumenti, strumenti linguistici,
coniando nuovi termini filosofici.
Biografia
Kant nasce nel 1724 a Königsberg, l’attuale Kaliningrad.
Königsberg è una regione della Prussia orientale, all’epoca di Kant era un territorio di lingua,
cultura e costumi tedeschi. Adesso dopo gli sconvolgimenti della prima ma soprattutto della
seconda guerra mondiale, sono stati inglobati dalla Russia. L’antica Königsberg ad oggi non esiste
più a causa degli avvenimenti della seconda guerra mondiale.
Tra il 1740 e il 1747 completa il ciclo di studi a Königsberg, ha una formazione scientifica.
Nel 1755 consegue la “libera docenza”; un particolare titolo di studio che consentiva di insegnare
all’università previa chiamata dell’università stessa.
Rimane all’università fino al 1770.
Nel 1770 pubblica la “dissertatio de mundi sensibilis atque intelligibilis forma et principiis” cioè
“dissertazione sulla forma e sui principi del mondo sensibile e intelligibile”. È un’opera scritta in
latino perché era per motivi accademici.
Negli 11 anni tra le due opere Kant studia in silenzio, sono anni appunto di studio e di silenzio.
Nel 1781 Kant pubblica la critica della ragion pura; è l’opera che Kant dedica alla critica della
conoscenza, la scienza. Filosofia della conoscenza
Nel 1784 Kant pubblica uno scritto sull’illumismo
Nel 1788 pubblica la critica della ragion pratica; viene dedicata al tema morale, perciò tratta di
filosofia morale
Nel 1790 pubblica la critica del giudizio; affronta il tema della ragione e della sua critica, ma si
tratta piuttosto della ragione estetica, legata al bello e all’arte.
Negli ambienti filosofici europei per qualche anno Kant non ebbe un grande successo, poiché le
persone non riuscivano a capire che cosa Kant volesse dire, responsabile di questa incomprensione
è il linguaggio che Kant usa, poiché opera una rifondazione del linguaggio filosofico; tutti i termini
tradizionali della filosofia vengono stravolti.
Kant vede la ragione dell’uomo che è in grado di conoscere, essendo in grado di giungere ad una
conoscenza universale, è anche una ragione che cerca il bene, è anche la ragione che è in grado di
emozionarsi di fronte al bello. Non esiste soltanto una forma di ragione, ma esiste una ragione che è
plurale e assume delle forme diverse a seconda che debba giudicare di scienza, di morale o di arte.
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Egli era un uomo estremamente metodico, abitudinario. Una vita poco ricca di eventi esteriori, tutta
l’emozione della vita del filosofo si condensa nella svolta del suo pensiero che avviene nel 1770.
La prima parte dell’opera è composta dalla trattazione della conoscenza sensibile; Kant ci dice che
la nostra sensazione è una facoltà ricettiva; noi attraverso i sensi riceviamo delle impressioni
sensibili, cioè delle modificazioni dei nostri sensi tramite degli oggetti.
La nostra sensazione ci restituisce le cose esterne non per come esse sono, Kant ridimensiona la
sensazione, dicendoci che ciò che viene veicolato attraverso i sensi è ciò che appare, non ciò che è.
Kant vuole dire che (non esplicitamente nella dissertatio, ma più esplicitamente nella critica della
ragion pura) è che tutti gli oggetti esterni che noi siamo in grado di conoscere, noi li conosciamo
solo come fenomeni (ciò che appare, ciò che ci si presenta), ma che noi in relata non conosciamo
cosi come è in se, ma soltanto come ci appare.
Kant alla critica della ragion pura fa una prefazione alla prima edizione.
Spesso nelle opere di filosofia è nella prefazione che il filosofo esprime il concetto a cui vuole
arrivare. Nella prefazione fanno una sintesi di ciò che hanno approfondito, arrivando alla
conclusione, andando a collocare il loro tentativo dentro alla storia filosofica che lo ha preceduto
(come se misurasse quello che ha fatto rispetto a ciò che lo ha preceduto). Kant scrive una
prefazione dove non solo ci dice quale era la sua intenzione filosofia e cosa ha realmente portato a
termine, ma si confronta anche con tutto ciò che lo ha preceduto.
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Metafisica; si intende un sapere assoluto e definitivo tale da conferire unita e fondamento ad ogni
altro sapere.
Questa è una definizione classica, quasi aristotelica; la metafisica come regina delle scienze, come
sapere più elevato e in grado di fondare tutti gli altri saperi. La metafisicai così intesa, a giudizio di
Kant si presenta come necessaria ed impossibile.
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La metafisica nella sua storia ha cercato i principi assoluti al di la della fisica ed ha cercato di
fondare tutte le altre scienze, anche quello che proviene dall’esperienza.
La metafisica quindi è diventata il tentativo di ricercare dei principi assoluti metafisici che Kant
ritiene essere “principi di pura ragione”.
La metafisica per Kant è un “sapere di ragion pura”, poiché se la metafisica è in grado di fondare
ogni sapere su principi assoluti, allora la metafisica è in grado di dire che il nostro sapere deriva da
una fonte che è la nostra ragion pura, non l’esperienza. Questo perché dall’esperienza sensibile non
si può avere una coscienza universale, necessaria e certa, per avere quest’ultimo servono principi
metafisici eterni.
Per Kant la metafisica è il tentativo di affermare che ogni nostra conoscenza deriva da una fonte che
è la ragione pura, non l’esperienza sensibile.
I metafisici razionalisti come Cartesio, dall’altra parte hanno gli empiristi, che hanno sostenuto che
ogni nostra conoscenza deriva dall’esperienza, non dalla ragion pura come per i razionalisti.
Locke arriva a dire che ogni nostra idea in ultima istanza arriva dall’esperienza sensibile, questa è
una polemica di Locke nei confronti di Cartesio.
Questo è un capovolgimento dei razionalisti metafisici, che sostengono che ogni nostra conoscenza
arriva da principi puri di ragione, gli empiristi sostengono che ogni nostra conoscenza deriva
dall’esperienza.
Come i razionalisti hanno il rischio di diventare dogmatici, gli empiristi rischiano di cadere nello
scetticismo.
Kant non sostiene nessuna delle due posizioni, sostiene che occorre chiamare la ragione in
tribunale, e di fronte ad una giuria imparziale bisogna interrogare la ragione stessa a riguardo
delle possibilità di una conoscenza pura di ragione.
Perciò Kant scrive la critica della ragion pura; si tratta di discernere quali possibilità ci sono che la
ragione abbia una conoscenza pura.
La posizione di Kant
Kant ritiene che gli empiristi abbiano ragione nell’affermare che ogni nostra conoscenza comincia
con l’esperienza sensibile; all’inizio di ogni nostra conoscenza vi è e deve esserci un’esperienza
sensibile. Ma i razionalisti hanno ragione nel fatto che nella nostra ragione ci sono degli elementi
che non derivano dall’esperienza sensibile, ma dalla ragion pura.
Perché si possa realmente parlare di conoscenza occorre che intervenga l’intelletto con i suoi
concetti.
La novità deriva dall’esperienza sensibile (il rinnovamento della conoscenza), dall’intelletto deriva
il carattere di universalità necessità.
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Kant pensava ad una ragione plurale, che non era solo ragion pura, ma anche ragion pratica.
Alla metafisica Kant associa l’uso puro di ragione, quell’uso che ha la pretesa di fare a meno
dell’esperienza sensibile.
Quando Cartesio vuole dimostrare l’esistenza di dio, fa un uso puro di ragione, non facendo alcun
riferimento ai sensi.
Kant nella critica della ragion pura di pone il problema della conoscenza, il pensiero e la
conoscenza sono due cose diverse, Dio è al di la della conoscenza, poiché Dio non ci appare.
Kant entra più nello specifico nel tema filosofico e ci dice che questa rivoluzione copernicana in
filosofia riguarda il soggetto e l’oggetto della conoscenza; è necessario che il soggetto conoscente si
ponga in un rapporto produttivo (di produzione) rispetto all’oggetto conosciuto. Perciò al soggetto
della conoscenza deve essere attribuito un ruolo attivo, di produzione dell’oggetto conosciuto. Non
esiste un oggetto di conoscenza separato dall’opera produttiva del soggetto della conoscenza.
La posizione di Kant è nuova riguardo alla posizione che aveva la filosofia in questo argomento
prima di Kant. Kant fa riferimento ad un celebre enunciato della filosofia medievale, che a suo
giudizio riassume la posizione della filosofia che lo ha preceduto rispetto al rapporto tra soggetto
conoscente e oggetto conosciuto: “Veritas est: adeaquatio intellectus ad rem” (Adeguamento
dell’intelletto alla cosa).
Nel contesto della filosofia medievale questo enunciato è una definizione nominale di verità
(veritas est).
Noi possiamo dire di conoscere una verità quando avviene un adeguamento tra l’intelletto e la cosa,
in primo piano c’è la res. L’adeguamento deve essere dell’intelletto nei confronti della res
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(l’oggetto). Questo significa che prima viene una res che possiede in sé delle qualità primarie e
secondarie.
Questo è un punto di vista gnoseologico (discorso sulla conoscenza) di tipo realistico: prima
viene la res, possiamo dire di conoscere una cosa quando il nostro intellectus si adegua a quelle
proprietà che sono nella cosa, ovvero quando le rispecchia. La conoscenza è un rispecchiamento,
l’intellectus è come una parete dell’intelletto in cui vengono ad imprimersi le qualità primarie e
secondarie di una cosa.
L’intellectus è il soggetto della conoscenza, che ha un ruolo e una funzione del tutto passiva, la res
ha un ruolo attivo, avendo in sé delle proprietà che rispecchia sull’intellectus.
I concetti sono delle funzioni del soggetto che unificano (danno coerenza e ordine) il molteplice
dell’intuizione sensibile, rendendo il materiale che proviene dai sensi, oggetto di conoscenza.
Per Kant l’intelletto possiede in se dei concetti puri che Kant chiama categorie, si tratta di concetti
puri in numero finito, come noi sentiamo tramite 5 sensi, non 6 o 8, anche i concetti puri sono un
numero finito. Questa è chiamata soggettività trascendentale, il modo in cui noi conosciamo, che è
uguale per tutti. Se noi possiamo conoscere in modo universale e necessario, è soltanto per il
soggetto conoscitivo, cioè il soggetto trascendentale che è lo stesso in ognuno di noi.
Noi tutti conosciamo allo stesso modo.
Le due parti della critica della ragion pura che parlano della ragione e dell’intelletto sono l’estetica
trascendentale e la analitica trascendentale.
La parte della critica della ragion pura in cui Kant tratta dell’intelletto e delle categorie la chiama
analitica trascendentale.
Il pensiero di Kant viene sempre chiamato dagli studiosi; filosofia critica trascendentale.
Tutto quello di cui parla Kant a riguardo delle sensazioni viene chiamato trascendentale, una
conoscenza di ordine storico non riguarda invece il nostro modo di conoscere.
L’estetica trascendentale
È quella parte della critica della ragion pura in cui Kant tratta della sensibilità.
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Questo sapere non riguarda il bello o il gusto, la parola estetica sta a significare la sensibilità, la
percezione sensibili, la semplice sensazione.
Kant ci parla di intuizione sensibile (Kant usa il termine “intuizione”, già utilizzato dalla tradizione
filosofica dandogli però un significato diverso).
Kant riferisce l’intuizione ai sensi, Kant parla di intuizione sensibile, egli ritiene che l'intuizione è
l’apprensione immediata di un contenuto.
Non c’è in Kant una facoltà più nobile, Kant sostiene che il senso (tatto, udito, gusto, olfatto) è
tanto importante quanto l’intelletto.
Il senso secondo Kant è una facoltà ricettiva, cioè che riceve delle modificazioni dall’esterno.
Ciò che l’intuizione sensibile veicola in noi è un “materiale indeterminato”, cioè che non ha una
forma, ma suscettibile di essere determinato, cioè di ricevere una forma. A dare una forma, una
determinazione, un’ordine a questo materiale è l’intelletto con le sue categorie.
Quando Kant parla delle sensazioni parla di due componenti; una del soggetto conoscenze che ci
appartiene, un’altra che i sensi veicolano dall’esterno.
Kant ci dice che quando abbiamo una sensazione noi l’abbiamo in uno spazio e in un tempo, queste
ultime due sono le forme pure o a priori dell’intuizione sensibile.
La sensazione deve essere configurata da due dimensioni; lo spazio e il tempo.
Lo spazio e il tempo è come se fossero l’ascissa e l’ordinata di ogni nostra sensazione.
Noi siamo portati a ritenere che lo spazio e il tempo siano al di fuori di noi, per Kant invece lo
spazio e il tempo sono strutture trascendentali, che quindi appartengono al
soggetto trascendentale. Ogni nostra sensazione è individuata dallo spazio e
dal tempo.
Kant distingue;
- un senso interno, che riferisce al tempo, è la dimensione del tempo in noi
- un senso esterno, che riferisce allo spazio.
Queste ultime sono espressioni metaforiche
Estetica trascendentale
L’estetica trascendentale è la sezione della critica della ragion pura in cui Kant espone una teoria
generale della sensibilità, trattando del senso e delle sensazioni. Con trascendentale si intende un
particolare tipo di conoscenza che riguarda il nostro modo di conoscere. La conoscenza
trascendentale è la conoscenza che riflette sul proprio modo di conoscere; designa un certo ordine
delle nostre conoscenza, tutte le nostre conoscenze che riguardano il nostro modo di conoscere.
Contiene dunque una teoria della sensibilità, Kant analizza il senso, cioè il modo in cui noi
arriviamo ad avere delle sensazioni. Kant ritiene che le nostre sensazioni siano delle modificazioni
dei nostri sensi operate da agenti esterni.
Kant per esprimere questa modalità per cui i nostri sensi vengono modificati usa la definizione di
“intuizioni sensibili”, una modalità di conoscenza immediata.
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È l’intelletto che con i suoi concetti puri si ripeta sul senso; l’intelletto elabora forma e struttura il
materiale che arriva dall’intuizione sensibile, formando la conoscenza. Le intuizioni sensibili
arrivano ad essere conoscenza solo tramite l’intelletto.
“L’intuizione senza concetto è cieca, il concetto senza intuizione è vuoto”
Noi abbiamo vera conoscenza soltanto quando avviene una interazione tra senso ed intelletto.
L’interazione consiste nell’intuizione sensibile che fornisce una moltiplica di sensazioni che non
sono ancora strutturate, determinate, formate.
Il materiale dell’intuizione sensibile viene unificato in una struttura determinata, che è l’oggetto di
conoscenza.
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