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IL PROBLEMA GENERALE

La “Critica della ragion pura” è sostanzialmente un’analisi critica dei fondamenti del sapere,
della scienza e della metafisica.

Agli occhi di Kant, la scienza e la metafisica si presentavano in modo diverso.


La prima appariva come un sapere fondato e in continuo progresso, mentre la seconda,
con il suo voler andare oltre l’esperienza non sembrava affatto aver trovato il cammino
sicuro della scienza.

Hume aveva minato alla base non solo i fondamenti della metafisica a anche quelli della
scienza attraverso l’analisi del principio di causalità. Secondo Kant, c’era bisogno di un
riesame globale della struttura e della validità della conoscenza. Kant respinge lo
scetticismo scientifico di Hume, ritenendo che il valore della scienza sia ormai un dato di
fatto di cui non ha senso dubitare mentre ne condivide lo scetticismo metafisico. Se Hume
vedeva nella metafisica la semplice illusione di conoscere razionalmente ciò che ci proviene
dall’esperienza, Kant le riconosce invece una certa nobiltà e importanza.
La ricerca Kantiana sui fondamenti del sapere assume la forma concreta di un’indagine
rivolta da un lato alla matematica e alla fisica e dall’altro alla metafisica, lungo due percorsi
in un certo senso paralleli.
Le domande fondamentali a cui la Critica cercherà di rispondere sono:
● Come è possibile la matematica pura?
● Come è possibile la fisica pura?
● Come è possibile la metafisica in quanto disposizione naturale?
● Come è possibile la metafisica come scienza?

Nel caso della matematica e della fisica si tratta di giustificare una situazione di fatto mentre,
nel caso della metafisica si tratta di scoprire se esistano condizioni tali che possano
legittimare le sue pretese di porsi come scienza.

I GIUDIZI SINTETICI A PRIORI


Per rispondere all’ultima domanda Kant deve partire dall’analisi di quelle discipline la cui
scientificità è indubitabile. Una volta individuato il fondamento della scientificità della
matematica e della fisica, sarà possibile verificare se esso fondi anche la metafisica.

Il punto di partenza della riflessione Kantiana è lo scetticismo radicale di Hume:


Kant mostra che il principio di causalità, ovvero il fondamento della conoscenza umana,
non ha alcuna base oggettiva, essendo piuttosto l’oggetto di una “credenza” soggettiva, a
sua volta generata dall’abitudine e da una sorta di “istinto” che consente all’uomo di
orientarsi nella vita pratica.

Kant intendeva mostrare che la conoscenza umana può essere universale e necessaria
ma allo stesso tempo feconda. La Critica della ragion pura si apre con questa ipotesi:

“benché ogni nostra conoscenza cominci con l’esperienza, da ciò non segue che essa derivi
interamente dall’esperienza. Potrebbe avvenire che la nostra stesso conoscenza empiristica
sia un composto di ciò che riceviamo mediante le impressioni e di ciò che la nostra facoltà
conoscitiva vi aggiunga da sé sola.”
Questa ipotesi risulta convalidata dall’esistenza di giudizi sintetici a priori.
Kant è convinto che la conoscenza umana e in particolare la scienza, offra il tipico esempio
di principi assoluti, cioè verità universali e necessarie che valgono ovunque e sempre allo
stesso modo. La scienza presuppone anche alcuni principi immutabili che sono i pilastri su
cui essa si regge. Kant denomina i principi di questo tipo “giudizi sintetici a priori”:
● Giudizi perché consistono nel connettere un predicato con un soggetto;
● Sintetici perché il predicato dice qualcosa di nuovo e di più rispetto al soggetto;
● A priori perché non possono derivare dall’esperienza.

Dal punto di vista di Kant, i giudizi fondamentali della scienza non sono quindi né giudizi
analitici a priori, né giudizi sintetici a posteriori.
● I primi sono giudizi che vengono enunciati a priori in quanto in essi il predicato non
fa che esplicitare quanto è già contenuto nel soggetto. Pur essendo universali e
necessari, i giudizi analitici a priori sono infecondi perché non ampliano il nostro
patrimonio conoscitivo.
● I secondi sono giudizi in cui il predicato dice qualcosa di nuovo rispetto al soggetto,
aggiungendosi a quest’ultimo in virtù dell’esperienza, cioè a posteriori. Pur
essendo fecondi, questi giudizi sono privi di universalità e necessità perché poggiano
esclusivamente sull’esperienza.

I principi della scienza secondo kant sono al tempo sintetici (fecondi) e a priori (universali e
necessari) e quindi irriducibili alle due classi precedenti. Questa teoria sottintende un
confronto con le scuole filosofiche precedenti:
● I giudizi analitici a priori richiamano la concezione razionalistica della scienza che
partiva dalle idee innate per delineare il modello di sapere universale e necessario
ma sterile;
● I giudizi sintetici a posteriori richiamano invece l’interpretazione empiristica della
scienza che partiva dall’esperienza per delineare il modello di un sapere fecondo ma
non universale e necessario.
Kant ritiene contro il razionalismo che la scienza derivi dall’esperienza ma ritiene anche
contro l’empirismo che alla base dell’esperienza vi siano dei principi che non derivano
dall’esperienza stessa. Nella visione di Kant, la scienza risulta feconda in un duplice senso:
sia per quanto riguarda la materia che deriva dall’esperienza, sia per quanto riguarda la
forma che deriva dai giudizi a priori.
L’errore di Hume è stato quello di non cogliere la differenza tra i giudizi sintetici e il principio
di causalità che altro non è che un giudizio sintetico a priori.
I giudizi sintetici a priori rappresentano la spina dorsale della scienza, ovvero l’elemento che
le conferisce stabilità e universalità. Senza alcuni principi assoluti di fondo la scienza non
potrebbe sussistere.

LA “RIVOLUZIONE COPERNICANA”
Così come Copernico per spiegare i moti celesti aveva ribaltato i rapporti tra la terra e il
sole, anche Kant per spiegare la scienza aveva ribaltato i rapporti tra soggetto ed
oggetto, affermando che non è la mente che si modella in modo passivo sulla realtà ma la
realtà che si modella sulle forme a priori attraverso cui la percepiamo quindi l’uomo non è
più spettatore passivo di fronte alla natura ma imprime ad essa l’ordine e le leggi da lui
stabilite.
Questa nuova ipotesi gnoseologica comporta anche una distinzione tra:
● Il fenomeno è la realtà che ci appare tramite le forme a priori che sono proprie della
nostra struttura conoscitiva. Esso possiede una peculiare oggettività che consiste nel
fatto di valere allo stesso modo per tutti gli altri intelletti strutturati come il nostro;
● La cosa in sé è la realtà considerata indipendente da noi e dalle forme a priori
mediante le quali conosciamo.

LA FACOLTÀ’ DELLA CONOSCENZA E LA PARTIZIONE DELLA


CRITICA DELLA RAGION PURA
Per Kant le facoltà della conoscenza sono 3:
● La sensibilità è la facoltà con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente attraverso i
sensi e ordinati tramite le forme a priori dello spazio e del tempo;
● L’intelletto è la facoltà mediante la quale pensiamo i dati sensibili tramite i concetti
puri, o le categorie;
● La ragione è la facoltà attraverso cui cerchiamo di spiegare globalmente la realtà
mediante le idee di “anima”, “mondo” e “Dio”.

La critica della ragion pura si divide in due parti:


1. La dottrina degli elementi;
2. La dottrina del metodo.

La dottrina degli elementi studia le forme a priori delle facoltà conoscitive e si divide in:
● Estetica trascendentale che studia le forme a priori della sensibilità su cui si fonda
la matematica;
● Logica trascendentale che studia le forme a priori del pensiero;

La logica trascendentale si divide in:


● Analitica trascendentale che studia le forme a priori dell’intelletto su cui si fonda la
fisica;
● Dialettica trascendentale che studia le forme a priori della ragione su cui si fonda la
metafisica.

Il termine trascendentale non è nuovo ma viene utilizzato già nella scolastica per
denominare quelle proprietà universali che eccedono le categorie in senso aristotelico.
Kant riprendere questa tradizione terminologica e connette il concetto di trascendentale con
quello di forma a priori che non esprime una proprietà ontologica della realtà in sé ma una
condizione gnoseologica che rende possibile la conoscenza della realtà fenomenica.
Questo non significa che il trascendentale coincida con la a priori, inteso come come
opposto all’empirico ma il principale significato di trascendentale è quello che lo identifica
non con gli elementi a priori in quanto tali ma con uno studio filosofico degli stessi.
Di fronte al tribunale della critica, la ragione diventa giudice e giudicato.

L’ESTETICA TRASCENDENTALE
L’estetica trascendentale studia la sensibilità e le sue forme a priori. La sensibilità per Kant
è ricettiva cioè non genere i propri contenuti ma li accoglie per intuizioni dalla realtà esterna
o dall’esperienza interna (intuizioni empiriche). Tuttavia la sensibilità non è soltanto
ricettiva ma è anche attiva, cioè organizza il materiale delle sensazioni (intuizioni empiriche)
tramite lo spazio e il tempo che sono forme a priori ossia intuizioni pure della sensibilità.
● Lo spazio è la forma del senso esterno, quella rappresentazione a priori a
fondamento di tutte le intuizioni esterne, del disporsi delle cose l’uno accanto all’altro;
● Il tempo è la forma del senso interno cioè quella rappresentazione a priori che sta a
fondamento dei nostri stati interni e del loro disporsi l’uno dopo l’altro.

E’ solo dal senso interno che ci giungono i dati del senso esterno. Essi vengono interiorizzati
e sebbene ogni cosa non è nello spazio, ad esempio i sentimenti, ogni cosa è nel tempo in
quanto tutti i fenomeni in generale, ossia tutti gli oggetti dei sensi, cadono nel tempo.
Spazio e tempo sono a priori e nell’esposizione metafisica Kant confuta:
● La posizione empirista di Locke che considerava lo spazio e il tempo come
nozioni tratte dall’esperienza
Contro gli empiristi, Kant afferma che lo spazio e il tempo non possono derivare
dall’esperienza perché stanno prima dell’esperienza stessa.

● La visione oggettiva di Newton che considerava spazio e tempo come entità a sé


stanti
Contro l’oggettivismo, Kant ritiene che qualora spazio e tempo fossero degli assoluti a se
stanti dovrebbero continuare ad esserci anche senza gli oggetti. Per Kant quindi non sono
contenitori in cui si trovano gli oggetti, ma quadri mentali a priori entro cui connettiamo i dati
fenomenici. Pur essendo ideali o soggettivi rispetto alle cose in sé, sono invece reali e
oggettivi rispetto all’esperienza ossia alle cose che appaiono fenomenicamente.

● La visione concettualistica di Leibniz che considerava spazio e tempo come


oggetti esperimenti rapporti tra le cose.
Contro il concettualismo, Kant afferma che non possono essere considerati dei concetti
perché hanno natura intuitiva e non discorsiva.

Infine, pur allontanandosi dall’oggettivismo di Newton, Kant vi si avvicina per la dottrina


dello spazio e del tempo come coordinate assolute dei fenomeni, riprendendo da Newton il
carattere di assolutezza che fa sì che vengano considerati condizioni a priori del conoscere
così come in realtà, per Kant spazio e tempo sono intuizioni pure.

Nell'esposizione trascendentale, Kant giustifica lo spazio e il tempo mediante la


considerazione della geometria e dell’aritmetica come scienze sintetiche a priori per
eccellenza:
● Sintetiche perché ampliano la nostra conoscenza con costruzioni mentali che
vanno oltre il noto;
● A priori perché valgono indipendentemente dall’esperienza.

Il punto di appoggio delle costruzioni sintetiche a priori della matematica, secondo Kant,
risiede nelle intuizioni di spazio e tempo. Kant afferma che le matematiche si possono
applicare agli oggetti dell’esperienza fenomenica perché quest’ultima possiede già una
configurazione matematica e geometrica.
ANALITICA TRASCENDENTALE
La seconda parte della dottrina degli elementi è la logica trascendentale che ha come
oggetto di indagine la validità oggettiva delle conoscenze a priori, propria dell’intelletto e
della ragione. Sensibilità ed intelletto sono indispensabili alla conoscenza poiché:
● Senza sensibilità nessun oggetto ci verrebbe dato;
● Senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato.

Nell’analitica trascendentale rispondiamo alla domanda “cosa sono i concetti?”:


● I concetti sono funzioni o operazioni attive che consistono nell’ordinare o unificare
diverse rappresentazioni.
I concetti possono essere:
● Empirici, costruiti con materiali ricavati dall’esperienza;
● Puri cioè contenuti a priori nell’intelletto.
I concetti puri sono identificati con il termine categoria, che Kant riprende da aristotele, per
indicare quei concetti basilari della mente che costituiscono le supreme funzioni unificatrici
dell’intelletto. Kant introduce quattro tipi di categorie, ossia quantità, qualità, relazione e
modalità. Esse sono riconducibili ai predicati primi cioè i grandi contenitori dove rientrano i
predicati possibili. A differenza delle categorie aristoteliche, che hanno valore sia
ontologico che gnoseologico, ossia le categorie che per aristotele erano “leges entis”, in
Kant le categorie hanno una portata gnoseologica trascendentale cioè sono modi di
funzionamento dell’intelletto ossia “leges mentis” che non valgono per le cose in sé ma per
il fenomeno. Kant nel redigere la tavola delle categorie rimprovera ad Aristotele il non
essersi servito di un filo conduttore perché come pensare è giudicare ci saranno tante
categorie quante sono le modalità di giudizio. Le categorie per Kant entrano in azioni in
tutti i giudizi o in tutte le proposizione dove si concretizza il nostro pensiero.
Kant sosteneva che la sostanza oggettiva risulta a noi inconoscibile e la chiamerà Noumeno.
Essa è comune a tutti gli uomini quindi universale. Pur essendo non conoscibile di per se, noi
riusciamo però, grazie ai fenomeni che mostra, ad unificarli nei concetti.

DEDUZIONE TRASCENDENTALE
La deduzione trascendentale deve giustificare l’esistenza delle categorie e il loro uso in
quanto sono indipendenti dalla realtà ma nello stesso tempo la ordinano. Kant afferma che
l’uso delle categorie deve essere dedotto, in quanto, dedurre significa dimostrare la
legittimità di una questione di fatto. Il compito della critica è proprio quello di mettere sotto
giudizio al tribunale della ragione l’intera conoscenza umane e dimostrare il suo
funzionamento.
Le categorie sono concetti a priori attraverso i quali l’uomo è capace di conoscere, dunque,
la loro appartenenza alla sfera del pensiero va giustificata. Kant introduce:
● L’io penso, un luogo in cui tutti i processi conoscitivi avvengono cioè una condizione
necessaria alla conoscenza.

La condizione necessaria alla conoscenza è possedere un luogo dove le informazione


vengono ordinate e questa viene detta sintesi della conoscenza.
Altrettanto necessario è che ci sia un soggetto in grado di pensare per conoscere.
Ammesso che ci sia un luogo in ogni soggetto pensante (l’io penso), capace di far
conoscere le informazioni, ordinando le percezioni esterne, arriviamo alla conclusione che
esso sia la coscienza del conoscere cioè l’autocoscienza o appercezione trascendentale.

La dottrina dello schematismo trascendentale cerca di rispondere al problema di come


l’intelletto possa applicare le categorie agli oggetti sensibili e come sia possibile che questi
gli obbediscano. Bisogna dedurre (giustificare) la pretesa legittima dell’intelletto di applicare
le categorie (concetti puri a priori) agli oggetti sensibili (fenomeni) che hanno natura diversa.
La teoria dello schematismo riprende e sviluppa il discorso sull’io penso, come struttura
generale che deve accompagnare le nostre rappresentazioni intellettuali.
Nell’estetica trascendentale, Kant affermava che tutto cade nel tempo, dunque, esso
condiziona gli oggetti sensibili. L’intelletto, condizionando il tempo, condiziona
indirettamente anche gli oggetti sensibili. La mediazione tra gli oggetti della sensibilità e
l’attività sintetica svolta dall’intelletto è resa possibile da:
● L’immaginazione produttiva, una facoltà intermedia posta a metà strada tra la
sensibilità e l’intelletto, la cui funzione è quella di produrre schemi trascendentali,
ossia delle rappresentazioni intuitive di un concetto di natura temporale.

Gli schemi trascendentali sono regole medianti le quali l’intelletto condiziona il tempo in
conformità ai propri concetti a priori. Essi permettono di tradurre in termini temporali le
forme, i concetti puri dell’intelletto, in modo che questi possano essere applicati ai fenomeni.
Esiste un parallelismo tra lo schema trascendentale ed una corrispondente categoria.
Ad ogni categoria corrisponde uno schema temporale ben preciso.

DIALETTICA TRASCENDENTALE
La dialettica trascendentale analizza il tentativo della ragione di andare oltre i limiti
dell’esperienza. Kant si domanda se la metafisica sia possibile come scienza e benché
precedentemente era giunto alla conclusione che la matematica e la fisica sono discipline
scientifiche, per la metafisica non era riuscito a trovare nessuna risposta.

La dialettica nel linguaggio Kantiano assume una connotazione negativa, infatti, significa
ragionamento fallace cioè il tentativo dell’uomo di dare una visione complessiva della realtà.
Kant afferma che l’uomo è fatto per andare oltre l’esperienza e lo fa tramite la ragione e le
idee.
Le idee sono alla base del ragionamento e rappresentano il tentativo dell’intelletto di
unificare tutta l’esperienza in una totalità. Le principali idee sono:
● L’idea di Io, che unifica tutta l’esperienza interna;
● L’idea di mondo, che unifica tutta l’esperienza esterna;
● L’idea di Dio, che unifica tutta l’esperienza generale.

Ognuna di queste idee contiene delle contraddizioni che porteranno Kant ad affermare che
la metafisica non può essere considerata scienza.
I processi analitici e deduttivi che portano Kant a definire la metafisica una non scienza
sono:
● L’idea di Io che ha origine da un paralogismo cioè un falso ragionamento. Il
paralogismo su cui si poggia questa idea è quello di considerare l’io penso come
sostanza;
● L’idea di mondo il quale se interpretato come una totalità si cade in contraddizione.
Le contraddizioni sono chiamate antinomie e sono di due tipi:
1. Matematiche, che si riconducono alle categorie di quantità e qualità;
2. Dinamiche, che si riconducono alle categorie di relazione e modalità;
● L’idea di Dio come esistenza scientificamente dimostrabile. Kant individua tre prove
dell’esistenza di Dio:
1. La prova ontologica a priori: Dio è ciò di cui non esiste niente di maggiore, si
presuppone la sua esistenza ma non è dimostrabile con il ragionamento,
dunque, non può essere dedotta in quanto non è un predicato.
2. La prova cosmologica: dire che tutto ciò che esiste ha una causa prima
indipendente da tutto non è valida in quanto bisogna fare un salto fuori
dall’esperienza. La causa prima non è dimostrabile, è solo supposizione.
3. La prova fisico-teologica: per dimostrare un essere primo da cui tutto deriva,
è necessario accertare l’esistenza di una causa prima e ciò non è accertabile.

Da queste tre prove si deduce che è impossibile conoscere un essere superiore in ambito
teologico ma si potrebbe ammettere come postulato morale.
Con la dialettica trascendentale si arriva alla conclusione che la metafisica non è possibile
come scienza.

I PRINCIPI DELL’INTELLETTO PURO


L’io penso, dunque è il luogo in cui le categorie ordinano i dati sensibili, ossia, creano la
conoscenza che è il processo di sintesi di ogni soggetto pensante.
I presupposti della conoscenza scientifica sono i principi sintetici dell’intelletto puro che ci
permettono di dire che la nostra conoscenza è scientifica. Per parlare di conoscenza
scientifica dobbiamo partire dal presupposto che la natura sia regolata dal determinismo
cioè che tutti i fenomeni avvengono secondo un rigoroso meccanicismo in modo
matematico e necessario. I fenomeni avvengono senza una finalità e sono legati tra loro in
modo necessario. Vengono introdotti due concetti fondamentali della filosofia:
1. Il fenomeno come cosa per me, ciò che del mondo io posso arrivare a conoscere;
2. Il noumeno come cosa in sé, ciò che non posso conoscere e va presupposto come
esistente ed è un limite per la nostra conoscenza.

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