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FILOSOFIA

KANT
Secondo Kant l’intera ricerca della conoscenza umana ruota attorno a tre domande:
- Cosa posso sapere (critica alla ragion pura)
- Cosa devo fare (critica alla ragion pratica)
- Cosa posso sperare (critica del giudizio)
Alla prima domanda viene dedicata la Critica della Ragion Pura di Kant. Secondo lui infatti la
ragione umana tende naturalmente alla metafisica, non accontentandosi dei sensi e
dell’esperienza in generale. Cercando di dare risposte, la ragione tende però a domande insolubili
quali l’esistenza di Dio, l’immortalità dell’anima ecc…
Questo sapere di chiedere troppo non basta alla ragione per discostarsi da questi problemi, di
conseguenza non si può archiviare la metafisica, perché l’uomo continuerà sempre a farsi queste
domande. Invece la metafisica deve essere elevata a regina delle scienze ed indicare fondamenti e
confini del sapere umano. Il problema della metafisica si ripropone anche con la matematica e la
fisica: come possiamo considerare quelle leggi che abbuiamo scoperte come universali?
Kant prevede due fazioni:
- Gli empiristi: che basano la conoscenza sui sensi, ma che non possono mai dare per
universale una legge, perché cosa gli fa pensare che quella cosa si ripeterà all’infinito?
- I razionalisti: che però tendono a mischiare le loro esperienze con le loro astrazioni
metafisiche.
Kant riformula tutti i possibili gradi di conoscenza, partendo dalla minima, il giudizio (verbo e
predicato).
I giudizi possono essere, in base all’origine:
- A posteriori: Ovvero derivati da un’esperienza che ci ha permesso di conoscere. A questi è
impossibile dare validità universale.
- A priori: conoscenze che sono assolutamente indipendenti dai sensi. Sono quindi pure e
universali.
Inoltre è possibile suddividere i giudizi in base al criterio di verità:
- Analitici: Ovvero che mostrano soltanto una connessione di un predicato già incluso nel
soggetto (uno scapolo non è ammogliato). Di conseguenza sono tutti a priori.
- Sintetici: Ovvero che estendono la nostra conoscenza, connettendo due elementi che non
avevano altri legami prima. Tutti i giudizi a posteriori sono sintetici.
Per la scienza devono però esistere giudizi sintetici a priori.
La matematica è un esempio lampante di giudizi sintetici a priori, incrementano la nostra
conoscenza e hanno validità universale.
Per poter considerare una scienza della terra bisogna ammettere che alcune sue conoscenze non
derivano dall’esperienze ma da giudizi sintetici a priori.
Kant per studiare questi giudizi sintetici a priori deve quindi rivalutare il ruolo dell’uomo nella
natura, non solo come soggetto passivo ma anche come soggetto attivo.
Viene quindi spostato il perno della teoria della conoscenza dall’oggetto al soggetto.
Di conseguenza si distingue tra materia e forme della conoscenza:
- La materia è data dall’esperienza sensibile e sono i contenuti (l’input).
- La conoscenza deriva dai modi di operare sui contenuti da parte dell’uomo per strutturarla.
Il contenuto dipende dall’oggetto, mentre la conoscenza dipende dal soggetto.
Unisce razionalisti ed empiristi. Le forme generano oggettività perché sono le stesse in ogni uomo,
ma quello che cambia è il materiale sensibile. L’unica limitazione dell’oggettivazione sta nei confini
in cui l’uomo può conoscere e solo lui, non altre entità.
Il tema della verità si traduce nell’analisi delle forme a priori che si trovano nel soggetto umano.
La metafisica diventa filosofia trascendentale intesa come filosofia di ciò che riguarda il conoscere
a priori.
La critica della ragione pura si divide in:
- Dottrina trascendentale degli elementi (analizza le forme a priori):
o Estetica trascendentale (forme a priori della sensibilità);
o Logica trascendentale (analisi delle facoltà del pensare):
 Analitica trascendentale (pensare applicato ai sensi, nell’intelletto);
 Dialettica trascendentale (pensare applicato ad enti sovrasensibili, ragione);
- Dottrina trascendentale del metodo (analizza applicazione metodi di conoscenza).
ESTETICA TRASCENDENTALE:
I sensi sono alla base del processo conoscitivo, da loro si origina la sensazione, ovvero dati in arrivo
dai sensi. La sensibilità è assolutamente passiva e fornisce le prime rappresentazioni di oggetti,
dette intuizioni. A queste intuizioni si legano quelle di spazio e tempo, che sono intuizioni pure e
non a posteriori. Queste sono quindi le prime modalità soggettive ma universali.
Questa presenza in noi di spazio e tempo non ci permette di sapere come le cose sono in sé
(noumeno), ma solo di conoscerle in relazione a noi (fenomeno). La scienza studia quindi i
fenomeni e non i noumeni.
La presenza di ideali come spazio e tempo sono però necessari per permetterci una conoscenza
universale.
Il concetto legherà poi e sintetizzerà il molteplice offerto dalle intuizioni sensibili. Il giudizio quindi
riconduce dai particolari all’universale, e lo farà a priori o a posteriori. Per permettere i giudizi a
priori deve agire l’intelletto, perché pensa e non intuisce.
La maggior parte dei concetti sono empirici, ricavati a posteriori. Per poter invece dare dei giudizi a
priori, devono esistere i concetti puri. Questi concetti puri sono per Kant le categorie, ovvero
funzioni del pensiero con cui l’intelletto unifica e dà ordine al materiale sensibile.
Se esistono concetti puri allora esistono giudizi puri:
- Per quantità (Tutti gli A sono B);
- Per qualità (A è B);
- Per relazione (se A allora B);
- Per modalità (è necessario che A sia B).
Essendo i giudizi una sintesi tra predicato e soggetto a questi giudizi corrispondono altrettanti
concetti puri.
Nella deduzione trascendentale ci si chiede come è possibile che le intuizioni sensibili debbano
essere pensate sotto le categorie?
Innanzi tutto sappiamo che non c’è un oggetto conoscibile in sé, ma solo un oggetto conosciuto da
un “io”. Tutto quello che sento passa dall’io penso unico in me e che individue e rende unici i dati
sensibili.
Le categorie ci permettono di definire un oggetto d’esperienza, senza di esse tutto quello che
percepiremmo sarebbe frutto di associazioni soggettive e quindi le scienze non potrebbero
esistere.
Per esempio senza il concetto di causa, non potremmo mai attribuire un cambiamento di
temperatura ad una pietra al sole, ma soltanto una temperatura soggettiva (caldo, freddo...) in
base al nostro tatto. Attraverso l’io penso abbiamo potuto unificare le intuizioni in u unica unità di
coscienza che poi ci ha permesso, con la giusta categoria, di pensare a quel calore e non soltanto
sentirlo. Le categorie non scoprono qualcosa, ma ci permettono di convertire una percezione in un
fatto.
Ora Kant deve spiegare quali categorie vengono applicate ogni volta e perché. Introduce lo
schematismo. Lo schema raccoglie le intuizioni prima che l’intelletto agisca con i concetti. Viene
prodotto dall’immaginazione, che è il punto medio tra sensibilità ed intelletto. Diversamente
questo schema agisce su concetti puri ed impuri.
Su quelli impuri elabora a posteriori, tramite il ricordo. Su quelli puri invece agisce a priori con
schemi trascendentali, che indicano procedure e regole per pensare il molteplice sensibile. Sono
quindi delle regole di applicazione delle categorie alle intuizioni sotto la determinazione del
tempo. Se una cosa permane nel tempo si usa la categoria di sostanza, se è in successione quella
di causa ed effetto ecc…
Gli schemi trascendentali applicano le categorie alla sensibilità e generano giudizi puri, generali e
fondamentali (si basano sul tempo che è puro). Questi sono i principi puri dell’intelletto, ovvero i
giudizi sintetici a priori.
Kant, nella dialettica, si muove ora ad analizzare la metafisica tradizionale e in particolare la
ragione. Quest’ultima viene vista come facoltà umana che tende a qualcosa di assoluto.
La Ragione, volta alla ricerca del fine ultimo umano, arriva a creare delle idee, come Dio e l’anima,
che non centrano niente con i sensi.
La ragione spinge l’intelletto a trovare una somma unità, una sintesi suprema di tutte le cose, che
genera un sapere presunto ma illusorio. La ragione guarda all’intelletto senza nessuna intuizione
ed opera solo con sillogismi.
Le massime idee a cui si avvicina la ragione sono 3:
- L’anima: rappresentazione di tutti i fenomeni interni al soggetto. Qui il problema sta nel
considerare l’io penso come un oggetto, come una sostanza, cosa che non è. Per colpa di
un paralogismo (dove si sbaglia il significato di soggetto) si considera l’io penso sostanza.
- Il mondo: rappresentazione di tutti i fenomeni esterni al soggetto. Questa idea genera
antinomie, ovvero un conflitto interno alla ragione stessa, le antinomie sono 4:
o 1° antinomia della quantità: il mondo è delimitato nello spazio e nel tempo. Però
può essere anche senza inizi e senza confini.
o 2° antinomia della qualità: ogni sostanza è formata da una quantità minuscola ed
indivisibile. Però può anche essere che ogni sostanza può essere divisa all’infinito.
o 3° antinomia dinamica: oltre alle leggi universali esiste la libertà. Però si può anche
dire che l’uomo non ha libertà.
o 4° antinomia: Esiste un ente superiore, come si può dire che non esiste ente
superiore.
- Dio: Kant demolisce tutte le prove sull’esistenza di Dio smontando la prova teleologica,
cosmologica, ontologica.
FICHTE
Secondo le idee di quegli anni non si riteneva reale il noumeno dato che non essendo
rappresentabile non poteva essere considerato reale.
Il dato sensibile deve essere pensato come prodotto dell’io stesso, determinato dalle forme a
priori dell’io. Ora l’io di Fichte è infinito e creativo. In Kant invece l’io dava solo forma ad un
insieme di dati amorfi, per Fichte l’io invece per un certo verso è in grado di creare il dato
sensibile. Reale è solo quello che può essere reale per noi. L’io è autocoscienza.
L’io empirico è limitato dal non-io (l’oggetto) che però viene prodotto dall’io assoluto
inconsciamente.
HEGEL
La filosofia hegeliana viene chiamata filosofia dell’infinito e dell’assoluto. Per Hegel infatti
l’assoluto è sia oggetto che soggetto della filosofia perché è allo stesso tempo il principio di
razionalizzazione del reale e il principio di realizzazione del reale.
Il punto di partenza della filosofia di Hegel l’identità tra pensiero ed essere. Lo scopo è riconoscere
come questo reale, apparentemente irriducibile e non conforme alla ragione sia in verità
razionale, ideale, infinito. L’assoluto deve invece acquisire concretezza e per farlo deve
riconoscersi nel reale. L’assoluto che non si ritrova nel reale è vuoto, formale. Invece il reale che
non si può considerare razionale è il nulla, esistente ma privo di senso.
Ciò che è razionale è reale, ciò che è reale è razionale.
Di conseguenza cambia anche il ruolo della filosofia, che deve solo distinguere la realtà che è
razionale e la razionalità che informa il reale. La filosofia deve essere come la nottola di Minerva,
ha il compito di spiegare ciò che è non di indicare ciò che sarà.
L’assoluto, la ragione deve riconoscersi come reale. La ragione è già realtà, solo che non ne è
consapevole. Deve innanzi tutto scontrarsi con ciò che non si lascia ridurre alla realtà.
La verità deve, per essere tale concretamente e non solo astrattamente, superare la propria
negazione, la prova del fuoco della realtà.
I due cardini di Hegel saranno quindi circolarità (identità dall’inizio alla fine) e dialettica
(superamento dei propri limiti).
La dialettica è il percorso che l’assoluto effettua per giungere alla sua verità, è suddiviso in 3 fasi:
Tesi, Antitesi, Sintesi.
L’intelletto determina la tesi, fissa i concetti e distingue rigidamente le cose dalle altre.
La ragione rende fluidi i concetti negandoli e rovesciandoli nelle loro antitesi, rimuovendo la
finitezza che frenava i concetti nella tesi.
Ancora la Ragione opererà la sintesi, unendo e sintetizzando i due momenti precedenti, arrivando
ad una consapevolezza superiore.
Diventeranno poi in un sistema più articolato:
Idea, dove la razionalità è in sé.
Natura, dove l’idea si incontrerà con la natura e l’idea è per sé.
Spirito, dove l’idea è in sé e per sé. La ragione qui si riconosce realizzata nella realtà.
La ragione è l’insieme organico di tutte le determinazioni logiche del reale. Questa ragione o idea
ha bisogno di ritrovarsi nella realtà, per poter avere coscienza di sé. Inizierà dalla natura, ma
questa, per colpa dei suoi limiti non potrà bastare. Raggiungerà un luogo adatto nella realtà
umana, ma solo in quella esterna alla natura, ovvero lo spirito, inteso comre produttore di cultura,
diritto, la storia, l’arte ecc..
Perciò l’assoluto è lo spirito.
La filosofia dell’assoluto che Hegel esplicita è prima di tutto una filosofia circolare, si parte da
un’idea per giungere ad una forma potenziata di essa (spirito). Punto di partenza e di arrivo
coincidono: in entrambi i casi si ribadisce l’identità tra pensiero e realtà, soltanto che all’inizio è
solo qualcosa di astratto, mentre alla fine è concreta e realizzata. È una circolarità graduale e
ascendente, viaggiando su cerchi concentrici sempre più ampi. Infatti ogni sintesi sarà poi la nuova
tesi, che viaggerà verso una antitesi e poi una nuova sintesi.
Il sistema hegeliano è un sistema concentrico che comprendendo sempre più realtà porterà
all’assoluto. In questo modo l’assoluto si ritroverà in tutte le forme di realtà, ma in modi diversi.
Per Hegel l’immediato non è vero, perché ancora privo di caratteristiche. Per Hegel infatti nulla
esiste o è vero se non messo in relazione con il suo opposto, che lo aiuta a determinarsi.
Viene modificato il principio di non contraddizione: da due opposti sorge la verità. La verità quindi
non è propria di una realtà, ma è collegata a tutte le altre realtà sotto e sovra stanti.
Esempio: la bontà in sé (tesi) isolata da qualcosa che la nega non può esser vera. Solo chi ha
conosciuto il male o è stato tentato da esso (antitesi) e poi l’ha sconfitto è un vero buono. Buono
cioè è chi conoscendo il male, lo supera e sceglie il bene (sintesi).
Il superamento della antitesi è chiamato Aufhebung che significa togliere, superare ma anche
conservare ciò che si è superato.
Tutto è vero per Hegel, ciò che non è vero non è, però sono cose vere in modi diversi, in
proporzioni diverse.
L’idea deve trovare piena realizzazione di sé, e per farlo deve riflettersi nella realtà effettiva.
Per prima cosa si rintraccia nella natura che però deve essere abbandonata dall’idea per via dei
suoi limiti. Se l’idea è concetto allora si dovrà riconoscere in un’altrettanta realtà concettuale,
ovvero quella umana. La progressione dello spirito è articolata in 3 momenti:
- Spirito soggettivo (tesi): lo spirito è ancora in sé. Qui la filosofia comprende fenomenologia,
antropologia e psicologia.
Lo spirito soggettivo qui si innalzerà per lasciare emergere facoltà più spirituali.
Lo spirito soggettivo è lo spirito dell’uomo come individuo:
o Il primo grado è l’anima(tesi), ancora connesso al corpo e suo principio vivificatore.
o Il secondo è la coscienza (antitesi);
o Il terzo grado è lo spirito (sintesi) con il quale si raggiunge la libertà.
- Spirito oggettivo (antitesi): Lo spirito negli istituti umani.
La libertà finora raggiunta è solo individuale, bisogna passare ad una visione più oggettiva.
o Primo momento è il diritto astratto (tesi): non può esistere un diritto astratto, che
presupponga dei diritti ma senza dei doveri da rispettare, c’è quindi una mancanza
da colmare. Da qui si parla di contratto, visto come un accordo tra individui che
hanno bisogno di regolarsi esteriormente, perché mantengono valori discostanti.
o Secondo momento è la moralità (antitesi): nella moralità si ha un passaggio da una
concezione esteriore di libertà ad una interiore. Con le persone in grado di
inquadrare il proprio e l’altro agire come giusto o sbagliato ecc… la moralità bilancia
il diritto assoluto che peccava di esteriorità.
o L’ultimo momento è l’eticità (sintesi): dove l’eticità porta al culmine l’oggettività:
 Famiglia (tesi): il superamento tra diritto e moralità si supera naturalmente.
Tutta via la famiglia è un’unità spirituale accidentale dove la fine ha
carattere naturale, è quindi ancora limitata.
 Società civile (antitesi): Perdita di quell’unità naturale ed immediata della
famiglia. Diventa un’unione di più famiglie con gli stessi bisogni. L’egoismo
familiare però porterà a conflitti di interesse che non potranno essere
superati.
 Stato (sintesi): la società civile troverà la propria verità solo ad un livello
superiore. Nello Stato avremo la conciliazione dei conflitti, dove l’armonia
viene dall’interno. Lo Stato recupera quello che nella famiglia c’era
inconsapevolmente e lo fa in modo consapevole.
Lo Stato deve ergersi basandosi su un’unità spirituale, sul senso di comunità
e non su una condivisione dei bisogni. Lo Stato fonda i cittadini ed il diritto e
non il contrario. Il modello migliore è la monarchia costituzionale
- Spirito assoluto (sintesi): momento in cui l’idea si riconosce nella realtà, oggetto ora di arte,
religione e filosofia.
Lo Spirito qui giunge alla sua completa autocoscienza. L’idea torna a sé stessa ma
potenziata. Lo spirito assoluto si dispiega in 3 momenti:
o Arte (tesi) primo momento in cui lo spirito si conosce come assoluto, limitato
dall’immediatezza:
 Arte simbolica: qui si ha solo un accenno simbolico dell’assoluto;
 Arte Classica: qui invece si ha la rappresentazione della cosa più spirituale
ma sempre dentro la natura: l’uomo;
 Arte Romantica: l’arte si emancipa dalla natura e diventa sempre più libera
manifestazione della realtà.
L’arte è immediata e per questo superata.
o La religione(antitesi): nella religione abbiamo una rappresentazione meno naturale
e più spirituale. La differenza con il concetto filosofico sta nel non riuscire a cogliere
il divino in modo unitario. È giusto parlare di Dio, ma non di avvicinarlo alla realtà
sensibile con quel contorno che crea la Religione.
o La filosofia (sintesi): Qui lo spirito giunge a sapere di se stesso.
LA STORIA:
Anche per Hegel gli eventi accadono per un motivo. Osservando la presenza della ragione (simile a
Dio) e alla astuzia della ragione (la Divina Provvidenza). Chi non segue queste idee non è in grado
di comprendere come il male sia soltanto preparatorio ad un bene successivo e come l’individuo
finito sia parte integrante di un progetto più ampio e non solo un essere insignificante. L’astuzia
della ragione utilizza gli individui cosmico-storici per attuare i propri piani: per esempio Napoleone
è stato usato per conquistare l’Europa e aumentare la consapevolezza dello spirito con ideali
rivoluzionari. Il susseguirsi di popoli è basato sul fatto che il loro momento storico indica una fase
dello spirito. Quando questa fase verrà superata dallo spirito allora quel popolo inizierà il proprio
declino e ascenderà un altro. Il successo storico di un popolo coincide con il momento di massima
oggettivazione dello spirito di quell’epoca.
SCHOPENHAUER
L’autore di riferimento per Schopenhauer è Kant, Da cui riprende il dualismo noumeno vs
fenomeno, rivisto però in un nuovo modo. Per Schopenhauer il fenomeno è illusione, è inganno, è
un velo di Maya che nasconde, illude e inganna.
Il fenomeno poi è situato dentro al soggetto non fuori dalla coscienza come dice Kant. In più il
noumeno per Kant Era il raggiungibile, ora è modo tramite cui l’uomo può fare esperienza.
Il mondo è rappresentazione di una relazione tra soggetto e oggetto, l’uno non può vivere senza
l’altro.
Rendendo inseparabili questi due Schopenhauer smonta e materialistiche riducono soggetto a
oggetto e gli idealisti che riducono oggetto a soggetto.
Schopenhauer vuole così tornare a Kant, ma raddrizzando il tiro sulle forme a priori, per lui infatti
vengono applicate solo le forme di spazio, tempo, causalità.
Spazio e tempo sono forme a priori della sensibilità per il principio di individuazione.
La casualità e forma priori dell’intelletto.
Per Schopenhauer conoscenza e rappresentazione alterano la verità. Per raggiungerla bisogna
sottrarsi alla causalità, al tempo, lo spazio, questo è il forte distacco che prende Schopenhauer da
Kant. L’accesso alla verità noumenica viene mediato dall’esperienza del proprio corpo, vivendo il
nostro corpo possiamo trovare il noumeno. Il corpo infatti ci metto in contatto con
quell’esperienza originaria come il dolore, la sofferenza o in generale la volontà di vivere. Tutto il
nostro corpo è manifestazione ed espressione della volontà di vivere. di conseguenza il mondo
fenomenico solo per sbaglio può essere considerato con un valore autonomo, esso infatti
espressione della volontà di vivere che ci domina e caratterizza tutto l’essere, per questo può
essere considerata come essenza universale. Se abbiamo detto che la volontà di vivere è il
noumeno, Allora essa sfuggirà allo spazio e al tempo sarà quindi eterna ed unica, infinita. In
quanto unica la volontà è presente in ogni forma vivente.
La volontà di vivere si sottrae anche al principio di causalità Questo spiega come sia senza causa e
senza uno scopo ovvero irrazionale. Non essendo quindi razionale Possiamo definire la volontà di
vivere come inconscio perché domina tutti gli esseri e cieca perché non ha nessun fine a parte
l’auto potenziamento infinito.
La volontà e quindi interessata soltanto a sé stessa, è un volere per il volere.
L’assenza di uno scopo nella volontà mostra come l’universo sia quindi senza senso. La volontà
non si manifesta direttamente ma attraverso le idee che sono i fondamenti di base dei fenomeni.
Di conseguenza le idee sono il punto intermedio tra la volontà e il mondo fenomenico. Le forme
ideali sono dei gradi di oggettivazione della volontà:
Al grado più basso ci sono le forze che animano la natura.
Successivamente abbiamo il mondo vegetale e animale.
Infine l’uomo è il punto in cui la volontà trova il suo massimo grado di oggettivazione e dove
guadagna piena consapevolezza di sé. Facendo così però l’uomo, consapevole della sua situazione,
cercherà di annientarla e ad emanciparsi.
Questa situazione sostiene una visione pessimistica della vita e del mondo.
La volontà si origina da una mancanza che coincide con uno stato di infelicità. Questa situazione di
infelicità è doppia nell’uomo perché contemporaneamente è consapevole della propria infelicità.
Si potrebbe dire che il desiderio arriva soddisfarsi, ma Schopenhauer spiega come al
raggiungimento di un desiderio ne sorga un altro e così via all’infinito. Inoltre dopo la gioia
immediata sopraggiunge la noia, proprio per questo Schopenhauer descrive la vita umana come
un pendolo che oscilla costantemente tra il dolore e la noia. Un’altra obiezione potrebbe nascere
osservando come la tensione potrebbe essere rivolta soltanto ai momenti di piacere ma
Schopenhauer non considera questo piacere come un vero e proprio piacere, anzi lo descrive
come un piacere negativo, infatti questo piacere non è in grado di risolvere per sempre il nostro
dolore e in più può sorgere solo da una situazione di dolore.
La vita dell’uomo immerso nel dolore che può essere solamente lenito e attenuato da un
illusorio piacere falso, solo il dolore esiste di per sé mentre il piacere nasce come contrasto a
questo dolore.
Da questo pensiero sorge la domanda: anche l’amore è illusione?
L’amore è un inganno della volontà che utilizza questo potere per autopropagarsi. L’uomo non
ama, ma semplicemente è mosso dalla volontà di vivere e dal suo intento di propagare la specie.
Non esiste quindi l’amore ma soltanto il desiderio sessuale comandato dalla volontà di vivere per
permettere la propria continuazione. Essendo la volontà di vivere presente in tutta la natura, tutto
soffre compresa la storia. La distruzione infatti regna nella natura, nella storia e nella società. È
impossibile parlare di progresso perché la storia ripetere il medesimo copione di dolore e di
infelicità. Viene quindi sfatato anche il mito di Dio perché se il mondo è sofferenza allora non può
esistere un dio buono che l’abbia creato. L’unica cosa accettata da Schopenhauer della religione è
la redenzione vista come negazione della volontà di vivere.
La prima conclusione che si può azzardare e il suicidio ma questo è vista come l’ultimo disperato
atto di volontà dell’individuo e quindi sarebbe una vittoria della volontà di vivere. Per liberarsi
dalla volontà di vivere bisogna intraprendere un processo graduale negare prima le idee e poi il
mondo fenomenico fino a convertire la voluntas in noluntas. Per Schopenhauer esistono tre vie di
diversa efficacia per liberarsi dalla volontà:
Uno dei primi gradi per allontanarsi dalla volontà è l’arte che intanto rifiuta il mondo fenomenico e
innalza il soggetto alla contemplazione delle idee. Le diverse arti corrisponderanno a diverse idee.
La superiorità spetta alla musica.
Un altro modo per liberarsi è quello morale, Schopenhauer vuole che gli uomini Facciano leva sulla
propria compassione cercando di porre fine al dolore creato da altri esseri umani. Se la vita è
sofferenza perché aumentarla facendosi del male da soli? Per arrivare a questa conclusione la
morale si divide in giustizia che si oppone all’egoismo e in carità che invece spinge ad aiutare la
vita altrui. I limiti della morale sono quelli di non poter eliminare definitivamente il dolore ma
soltanto di limitare gli effetti.
L’ultimo punto è rappresentato dall’ascesi ovvero dalla completa e perfetta negazione della
volontà di vivere. Bisogna quindi vivere ma senza volontà e senza prendervi parte diventando casti
e rinunciando ad ogni sorta di piacere, abbandonando la propria individualità raggiungendo uno
stato di serenità e il nulla.
KIRKEGAARD
Kirkegaard accusa Hegel di non uscire mai dall’ambito logico e di trascurare il singolo e le sue
esperienze. La realtà per Kirkegaard non è universalità, ma è invece particolarità. Alla realtà
effettiva ci si arriva mediante libertà. La realtà ha carattere libero e non necessario. Veramente
reale è un questo singolo uomo, non il concetto di uomo. La filosofia di Kirkegaard si basa su
singolarità ed esistenza. Su questo si basa anche la religione cristiana: il Dio cristiano è effettivo,
vivente, non logico e basta.
Sulla libertà si basa Kirkegaard, nella libertà tutto è possibile ed ugualmente possibile. Se la vita
quindi è una scelta, l’angoscia è la connotazione emotiva dell’esistenza umana, ovvero quella
sensazione che si prova davanti al nulla che può diventare tutto.
Quindi:
se tutto è possibile allora siamo liberi di fare le nostre scelte.
Ma se tutto è possibile dobbiamo prenderci le nostre responsabilità e saper usare bene le nostre
possibilità.
Se poi tutto è possibile allora il nostro destino e la nostra sorte sono estremamente vacillanti.
Proprio per questo imploriamo un assoluto a cui affidarci.
Ciò che salva l’uomo è la fede, “per Dio tutto è possibile”, così cade quella concezione di angoscia.
Esistono 3 stadi di vita, uno che non porta all’altro. Se ci si vuole “spostare” bisogna fare un salto:
- Don Giovanni (stadio estetico): qui si passa la vita da seduttore, che non prende mai
posizione, che vive il mondo in maniera irresponsabile. Quella del seduttore può essere una
conquista, raggiunta tanto per la conquista in sé e non per il possesso. Egli vive
nell’immediato. Fa della sua vita un’opera d’arte. Vita che poi finisce in noia e
insoddisfazione.
- Marito (stadio etico): si parla di un ruolo, come quello del giudice, che ruotano attorno a
responsabilità e rispetto della legge. La vita di un marito-giudice è quella di fare sempre le
stesse scelte perché presi da un forte senso di responsabilità. La vita etica però impone di
accettare ogni aspetto della vita, anche i peggiori. In questi momenti l’uomo avverte il
pentimento.
- La fede (stato religioso): ogni nostro progetto di vita termina con disperazione, noia o
pentimento. Siamo quindi impossibilitati ad essrre noi stessi. Non possiamo infatti essere
noi stessi fino in fondo, perché siamo esseri finiti, ma non possiamo nemmeno non volere
essere noi stessi.
L’unica soluzione è la fede in Dio, che impone il riconoscere la nostra insufficienza e la
nostra dipendenza da Dio. La salvezza autentica ce l’abbiamo solo davanti a Dio, che
dobbiamo seguire come Abramo.
SPOSITIVISMO E COMTE:
Dopo la seconda metà dell’800 inizia un forte periodo di sviluppo con invenzioni e scoperte.
Tutto ciò è esaltato dall’imperante positivismo di cui Comte è l’iniziatore.
Nasce l’evoluzionismo:
Charles Darwin afferma la finita dell’uomo con gli animali. L’uomo era immerso nella natura e non
elevato. L’uomo perde autonomia centralità e purezza. Spencer teoria di Darwin alla società,
difendendo e appoggiando l’idea di Comte, Pubblicando un’opera sulla teoria generale del
progresso umano, che implicava uno sviluppo senza crisi ne rotture.
Positivismo è una parola resa famosa da Comte Ma creata dal suo maestro Saint-Simon,
esponente del socialismo utopistico che voleva opporsi al capitalismo (che invece metteva gli
uomini a sfruttare gli uomini).
Il socialismo però non si basava su dei veri dati ma solo sulle aspirazioni umanitarie per migliorare
la vita dell’uomo.
Più ampiamente Saint-Simon voleva creare una filosofia sociale che si esprimesse con leggi
universali proprio come le scienze naturali, per questo può essere considerato il grande padre
della sociologia. Saint-Simon si considera positivo proprio per questo suo progetto di ricomporre il
sapere con un unico metodo di ricerca e lo stesso fine di aiutare l’uomo a migliorare le sue
condizioni.
Il positivismo vuole costruire un sapere positivo che deve basarsi su fatti accertati e sui dati
utilizzando poi il metodo sperimentale. Questo sapere sarà utile perché migliora la vita dell’uomo
e organico perché uguale per ogni suo campo.
Ci si baserà quindi sul modello fisico-matematico.
Il positivismo rifiuta ogni concezione metafisica, perché è impossibile accertare ciò che essa dice. Il
positivismo va contro l’idealismo tedesco ma ha con esso dell’affinità come l’esaltazione della
scienza l’ideale di un sapere organico e l’idea di progresso e di progressività della storia anche se
però qui non si riconosce nessun soggetto assoluto o spirito.
La storia vede succedersi epoche organiche dove le istituzioni sono ben salde E tutto è unito ed
epoche critiche dove ci sono spinte contrastanti che possono portare a dei disagi.
COMTE:
Il positivismo di Comte Non solo appoggia la teoria di conoscenza generale, ma propone nuovi
valori per l’uomo e la società, fondati su cose concrete, certe, che possono organizzare la società e
renderla adulta, positiva.
Il continuo voler riorganizzare pone l’attenzione sul profondo cambiamento dopo un periodo di
rivoluzioni.
Secondo il filosofo francese dalle origini fino ad adesso l’uomo ha sviluppato tre metodi conoscitivi
diversi:
Lo stadio teologico dove la realtà si spiega tramite fantasia immaginando l’esistenza di forze
esterne attraverso la mitologia.
Lo stadio metafisico comprende il periodo in cui gli uomini dicono di sapere la natura ma si basano
su concetti astratti e non verificati include filosofi come Platone, Aristotele, Sant’Agostino,
Tommaso D’Aquino ed Hegel.
Nello stadio positivo si studiano le leggi della natura ma con ragione scientifica, ci si basa quindi su
osservazioni e ragionamenti.
Per compito ora la filosofia deve diventare positivo, ovvero deve riconoscere che l’unica vera
conoscenza e quella fornita dalle scienze. Deve quindi essere eliminata la metafisica è che bisogna
concentrarsi sulla scoperta delle grandi leggi della natura. Tutti i fenomeni Devono essere spiegati
con delle leggi naturali invariabili. Il compito del filosofo è quello di promuovere quello spirito
scientifico è positivo che consente all’umanità di ottenere risultati decisivi e la conoscenza del
mondo e gli permettono di dominarlo. Alle tradizionali discipline scientifiche, Comte affianca la
sociologia, intesa come studio dei fenomeni sociali e suddivisa in statica sociale, rivolta cioè ad
individuare le funzioni permanenti della comunità umana, e in dinamica sociale, finalizzata a
rintracciare le trasformazioni nel tempo di tale comunità.
NIETZSCHE
Nietzsche matura una disaffezione verso il mondo classico, accademico.
Con l’opera “La Nascita della Tragedia” Nietzsche mostra il suo parere discordante ricerca di
ambire a comprendere il percorso della tradizione culturale occidentale, capire la sua decadenza e
come rinnovarla. Questo però non è tanto un saggio ma un’opera per mostrare il proprio pensiero
Nietzsche esci da quella tipica visione della Grecia di Socrate come serena, armoniosa ecc…
Utilizzando ciò che ha preso da Schopenhauer mostra il tre il tema di una visione della Grecia fuori
dagli schemi e dalla concezione tradizionale. Nella sua opera cerca di riprendere due categorie
l’apollineo e il dionisiaco in rapporto costante tra loro.
L’apollineo fonda il mondo sull’autocontrollo, sulla ragione, reprimendo impulsi e istinti.
L’elemento apollineo, Scultura e poesia epica nell’arte, incarna la voglia di elevare gli elementi
tragici e il caos in equilibrio, il disordine in simmetria.
La visione classica della Grecia vede l’apollineo come valore assoluto della loro cultura, in realtà
via un elemento opposto: il dionisiaco.
Il dionisiaco rappresenta la voglia di liberarsi e di smarrirsi. In arte musica e poesia lirica, rimanda
alla visione dell’esistenza come caos, tragedia e alla capacità di abbracciare tutto ciò, perché non
è possibile attribuire ad essa armonia ed equilibrio, che non le appartengono.
L’apollineo e il dionisiaco non nascono però indipendentemente, l’apollineo nasce come risposta
gli impulsi dionisiaci primitivi, per rendere la vita accettabile e comprensibile.
Secondo Nietzsche, l’equilibrio tra questi due mondi da origine alla tragedia, è un canto dionisiaco
scaricato su un mondo apollineo.
Le tragedie di Eschilo e Sofocle erano dalla combinazione di apollineo e dionisiaco. I filologi però
non accettavano la visione di Nietzsche per cui la tragedia era morta suicida da questi due ultimi
autori.
Con Euripide infatti nelle opere è più presente l’apollineo e il dionisiaco è questo l’inizio della
decadenza della cultura occidentale. Ad Euripide si aggiunge la colpa di Socrate ovvero quella di
aver rimosso la possibilità di una visione tragica dell’esistenza rimuovendo quindi il dionisiaco.
Per Nietzsche la ricerca di equilibrio e di armonia che effettua Socrate sono simbolo di
indebolimento e di decadenza. Esiste però un ritorno al tragico con il dramma musicale di Wagner.
Così l’arte si contrappone alla razionalità. Questa è l’unica metafisica che Nietzsche approva,
quella dell’artista, per cui solo nell’estetica e nella tragedia si giustifica il mondo. È lo so seconda
opera Nietzsche critica e denuncia lo storicismo, perché la storia guarda dall’alto il passato con
superiorità in modo che il passato resti inoffensivo e antiquato.
Nietzsche però per lo più va contro il positivismo: se tutto è caratterizzato da una legge universale
gli uomini sono allora passivi.
Nietzsche denuncia la sua epoca perché è troppo legata al passato e che non permette nessuna
iniziativa la vita ha bisogno di un oblio per liberarsi dal passato e riprogettare il futuro.
Dal 1879 inizia la seconda fase di Nietzsche, quella illuministica, nata dal distacco di Nietzsche
con Schopenhauer e Wagner. Questo distacco lo porta a considerare come impossibile la rinascita
della tragedia. La “scienza” è l’unica via di comprensione del mondo. Per scienza Nietzsche
intende però l’analisi critica e dissacrante, non la scienza positiva, Che deve smascherare il mondo
delle nostre rappresentazioni. Nietzsche apprezza la scienza perché permette un modello di
pensiero privo di dogmi, ovvero di teorie assolute, e fanatismi.
Proprio per questo si definisce illuminista questa fase ovvero nel volersi liberare da degli assoluti,
dai metafisici e dai religiosi per poter vedere meglio il mondo.
Nietzsche definisce spirito libero quell’uomo che si stacca dei valori e cerca la verità senza
illusioni, con spirito scettico, proprio come lui stesso si libera da Schopenhauer e Wagner. Nasce
qui la sua idea di una vita che ha valore in sé e che va vissuta con audacia, coraggio e
responsabilità detta filosofia del mattino.
Nietzsche vuole demistificare la metafisica, la morale è il cristianesimo. Vuole creare una dottrina
che possa trasformare gli uomini. Per farlo deve distruggere ciò su cui si basa la tradizione
contemporanea occidentale, deve quindi decostruire le idee e i sentimenti. 
Contrappone due dimensioni antologiche: l’essere stabile delle assenze trascendenti essere
mutevole delle cose del mondo sensibile. Questa dicotomia ha generato due mondi: quello reale
falso e quello trascendentale vero. Il mondo trascendente è però una favola questa
contrapposizione, come quella apollineo e dionisiaco è segno di decadenza.
Nietzsche vuole analizzare la morale, discuterne i fondamenti e ricostruire nella tradizione,
indagando la genealogia dell’origine dei nostri giudizi morali. Questo significa voler mostrare come
i valori della moralità non siano di origine morale, ma umana e che quindi non sia assoluta e
universale, che dietro ciò cioè ci sia un processo storico.
Dice non vuole proporre nuovi valori, ma negare qualsiasi morale già l’origine psicologica dei valori
mette in dubbio l’universalità e l’indubitabilità voluta e mostra come non siano altro che proiezioni
di bisogni umani. Inoltre, i valori etici, sono il risultato di considerazioni utilitaristiche con tendenza
al dominio. 
E la sua ricostruzione Nietzsche delinea due sistemi di valori:
 La morale dei signori tipica espressione del dominio aristocratico, incentrata su criteri come
la nobiltà la forza la distanza da ciò che è comune, questo era per loro il buono.
 La morale degli schiavi è proprio della cassa sacerdotale e si basa su valori antichi vitali e
come l’uguaglianza la pietà e l’amore per il prossimo. 
Come l’uomo represso l’impulso dionisiaco così l’uomo ha rifiutato la morale aristocratica
considerando ora arrogante l’amore di sé, il desiderio di dominare e la fierezza. La morale degli
schiavi e quindi la morale dei deboli che nutrono odio verso ciò che è nobile perché incapace di
sopraffare i forti. Il risentimento dei deboli trasforma la forza, la nobiltà, la vita in valori negativi.
Questo risentimento caratterizza la religione ebraica. L’ebraismo proclamato l’uguaglianza di tutti
gli uomini in quanto creature di Dio esprimendo quindi il risentimento dei deboli e degli inferiori
incapace a sostenere la tragicità dell’esistenza.
Anche il cristianesimo, come sviluppo dell’ebraismo, arriva ad identificare tutti gli uomini nella colpa
del peccato. Il cristianesimo si basa sul risentimento e sul desiderio di rivincita dei deboli creando
una morale basata su valori antichi vitali quali il sacrificio e il senso di colpa.
Il cristianesimo è per Nietzsche la sua più grande obiezione perché annulla l’istinto e assertore
della vita e lo rende disgusto e nausea verso l’esistenza.
Essendo il cristianesimo così legata la nostra civiltà la critica di Nietzsche comprende tutta la
società.
A Cristo Nietzsche contrappone Dionisio, entrambi infatti sono dei martiri. In Dionisio la vita
giustifica la sofferenza. In Cristo la sofferenza mette sotto accusa la vita si crea quindi un’antitesi
che mette Dionisio contro Cristo, da una parte si accetta totalmente la vita, dall’altra la si nega
completamente. 
Con il racconto dell’uomo folle ti annuncia la morte di Dio Nietzsche vuole portare l’attenzione su
quello che Dio rappresenta, Ovvero ogni metafisica e ogni cosa trascendente, la sua morte e
quindi equivale al tramonto dei valori e alla fine di un fondamento ultimo un assoluto che apre
nell’uomo un vuoto spaventoso.
Nasce così il nichilismo.
Il primo nichilismo e quello passivo caratterizzato dalla disperazione, l’uomo non riesce ad
abbandonare l’idea che l’esistenza il mondo debbano avere un senso. Il vuoto lasciato dalla morte
di Dio viene quindi colmato con la fede nella scienza nell’umanità e del progresso. Questi valori
sono però dei surrogati illusori e mistificati. La nuova filosofia di Nietzsche, detta filosofia del
martello, deve distruggere le tutte le certezze e negare qualsiasi valore del mondo. 
Finché si proverà tappare dei buchi con altri valori nulla sarà cambiato. Bisogna arrivare al punto di
rifiutare qualsiasi valore ovvero trasvalutare i valori.
Si passa quindi al nichilismo attivo. L’uomo quindi può considerare sé stesso come fondamento di
ogni valore e diventa necessario dire sì alla vita. Il mondo non ha senso, ma il singolo individuo a
darne uno. 
Il superuomo è definito da Nietzsche come la conclusione della maturazione dello spirito libero, e
l’uomo del coraggio e della libertà, del rischio e dell’esperimento, colui che sopporta la fine dei
fondamenti e che annuncia una dionisiaca affermazione della vita. 
Il superuomo non viene visto come un’evoluzione dell’uomo normale.
Il superuomo è colui che si distingue perché riceve con entusiasmo e senza paura l’annuncio della
morte di Dio poiché Dio è morto il superuomo si rivolge alla terra con entusiasmo e fervore
rimanendo fedele alla vita. 
Il superuomo poi desidera l'eterno ritorno dell’uguale ovvero quella concezione per cui ogni cosa è
destinata a riproporsi identica a sé stessa di conseguenza ciascuno è chiamato a vivere la propria
vita da protagonista dei propri valori, perché ciò che decide e fa lo ripeterà in eterno. 
Il nichilismo attivo e la trasmutazione dei valori affermano la volontà di potenza, che per Nietzsche
è qualcosa di complicato di articolato.
Schopenhauer davanti al dolore ha risposto con la negazione della volontà è da qui che, per
Nietzsche, traggono origine gli ideali cristiani, il risentimento, la negazione.
La volontà di potenza è formata da forze attive che affermano la vita e forze reattive che la
negano. La vita è caratterizzata dalla volontà di potenza, ovvero un impulso che accresce la vitalità
del proprio essere, finché non viene bloccata e ostacolata da forze reattive che la negano. È qui
che si rifà alla contrapposizione Dionisio e Cristo. 
Alle forze reattive del cristianesimo, della filosofia di Schopenhauer e di tutte le filosofie
idealistiche, Nietzsche contrappone l’affermazione suprema della vita, ovvero il dire sì alla vita.

FREUD
Freud suddivide la personalità in 3 livelli:
- Es: ovvero l’insieme caotico delle pulsioni. È la zona più profonda della psiche e risponde
soltanto al principio del piacere, che impone la soddisfazione dei desideri a tutti i costi.
- Io: è la parte della personalità a metà tra l’inconscio e il conscio che risponde al principio di
realtà, che cioè frena le pulsioni oppure le lascia andare, considerando prima le
conseguenze e la fattibilità.
- Super-Io: anch’essa è a metà tra inconscio e conscio, ma risponde al principio del dovere. In
poche parole cerca di frenare l’io secondo i principi di giusto/sbagliato, lecito/illecito ecc…
corrisponde alla voce genitoriale.

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